Grice e Caffarelli: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale estetica – synaesthesia -- consentimento – scuola di Ravenna – filosofia emiliana -- filosofia
italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The
Swimming-Pool Library (Faenza). Filosofo
emiliao. Filosofo italiano. Faenza, Ravenna, Emilia-Romagna. Grice: “You’ve
gotta love Caffarelli; he philosophised on all that I’m interested in, notably
“il bello,” whih he relates to art, communication, love – and the rest of it!” Figlio di
Colombo ed Edvige Regoli, e una figura singolare nel panorama culturale
faentino della prima metà del Novecento. Frequenta la Scuola di musica di
Faenza ed il Liceo musicale di Bologna, dove consegue il diploma di
composizione. Direttore della Scuola di musica e autore dei poemi scenici
"Galeotus" e "Kisa Gotami".
Gli anni tra la fine del secolo e lo scoppio del primo conflitto mondiale
sono un periodo di intensa e tormentata ricerca interiore, caratterizzata
dall'allontanamento dalle credenze religiose tradizionali. Gli esiti
mistico-esoterici della sua ricerca accentuarono progressivamente il suo
isolamento e la sua solitudine. In ambito locale ebbe stretti rapporti con i
cattolici "autonomisti" della Lega democratica nazionale murriana e
postmurriana, collaborando a diverse iniziative pubblicistiche quali l'Azione
di Donati e Cacciaguerra, la «Rivista bibliografica», «La Rivolta ideale». Partecipa al concorso della Casa Sonzogno di
Milano per opere liriche da far rappresentare Teatro alla Scala con un lavoro
dal titolo Galeotus, " poema scenico in 4 azioni per la musica",
grazie al quale acquisì una discreta fama presso il panorama musicale italiano Si avvicina agli ideali antroposofici di Steiner,
diventando uno dei primi e principali esponenti di questa corrente in Italia.
La sua piena adesione alla dottrina steineriana trova espressione ne
"L'arte nel mondo spirituale”, vero e proprio manifesto di un'estetica
antroposofica. Di analoga ispirazione furono il poema musicale "Adonie"
e il dramma "Ikhunaton". Molto
attento alle rinnovazioni culturali della sua epoca, collabora con Pratella, e
partecipa alle attività del Cenacolo Baccarini dove conobbe Campana. Organista
presso la cattedrale di Faenza. Oltre alla sua attività musicale si segnalano
anche traduzioni dal tedesco e saggi filosofici. Volle donare il suo archivio e
la sua biblioteca alla Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza che li
conserva tuttora. Il Comune di Faenza acquisì il fondo. La loro acquisizione
completa avvenne anche grazie alla volontà di Silvestrini, dell'associazione
faentina Amici dell'arte. Testimonianze coeve parlano di "una decina fra
bauli e casse pieni di manoscritti che si trovano in un disordine
impressionante". A tale donazione si aggiunse anche il pianoforte
utilizzato da Caffarelli, tuttora conservato presso la biblioteca. Partendo dalla antroposofia musicale sviluppa
un sistema armonico comprendente la tavolozza dei dodici suoni della scala
cromatica e che egli chiama sistema dodecamorfo, secondo il quale la musica
deve divenire immagine e manifestazione traendo le sue fonti in una sfera
spirituale. Così egli afferma nel saggio L'arte nel mondo spirituale. La musica
non e una esteriore costruzione di un tema piacevole ma intreccio di suoni-forze,
rapporti di suoni-forme, ricami di suoni-movimenti-archetipi. Tende a crear
forme espansive, delle quali il nucleo germinale è suono archetipo. Così
prosegue nel suo Saggio sull'Armonia sintetica. In questo senso è possibile
considerare il ciclo epta-fonico accordale come il generatore del susseguente
ciclo ultra-epta-fonico, precisamente come la gamma epta-fonica diatonica
genera il ciclo cromatico, e perché l'analogia sia piena, come la gamma dia-tonica
di sette suoni ne genera altri cinque cromatici, così il ciclo epta-fonico accordale
genera altri cinque accordi ultra-eptafonici e cromatici, che sono la sua completa
espansione materiale. L'accostamento che noi facciamo di queste profonde parole
al mondo armonico non è arbitrario e fantastico, ma implicito nella natura
stessa delle cose. E di nuova purissima luce illumina il mondo armonico, e
svela così nuovi rapporti e nuove possibilità, che il mondo dei suoni ci appare
essere un sistema, come un universo di suoni, che nella generazione e nella
vita ri-specchia fedelmente le leggi cosmiche e le manifesta come vita sonora. Musica
Messa in Mib per cori virili a tre voci ed organo, Galeotus. Silfo: commento
musicale per orchestra al poemetto in prosa di Arturo Onofri. Le anime orfane:
canto per violoncello e pianoforte. Triodia seconda. L' arte nel mondo
spirituale: tre saggi come introduzione a una conoscenza spirituale-cosmica
dell'arte (Montanari, Faenza). Saggio sull'Armonia Sintetica. Doppia
generazione delle armonie. L'armonia come co-espressione Disegno storico sulla evoluzione della Sonata,
Il segreto di Boito. Gli orizzonti esoterici dell'arte. Beethoven e la Gioia
(in "I nostri quaderni. Esoterismo
e fascismo. Il movimento antroposofico italiano durante il regime fascista, in
Esoterismo e Fascismo. Un enigma esistenziale. Accepting an invitation to say
something upon this subject, I am assured I may speak freely, without any
fear of being mis- understood by my American readers. This assurance is
based upon the fact that in the United States there is no Established
Ohurch. Unfortunately the basis of the assurance is too narrow for all
its issues. Not only are there in England " political dis-
senters," there are also "religious nonconformists." The
latter are not necessarily the former, nor are the former necessarily
the latter, though it is only fair to state that there are many who
might be called politico-religious dissenters. In order to make this
distribution of classes clear to American readers, it should be stated
that the religious non-conformists in particular do not necessarily make
a vital question of Ohurch establishment. They object to the doctrines,
creed, ceremonies, and sacerdotal profes- sions of the Episcopal Ohurch.
Were that church disestablished to-morrow, religious non-conformity would
still entertain its objections to Anglicanism as defined and insisted
upon in the Book of Oommon Prayer. Religious non-conformists look
upon that book as a compromise between popery and Protestantism ;
they have carefully considered all the comments which have been made upon
doubtful words, and they have given due value to the pleadings of men
who, being nominally stanch Protestants, have yet given their "
unfeigned assent and consent" to the doctrines in the Book of Common
Prayer ; yet, having done so they feel that the plain and natural
interpretation of the words of the latter lead to the conclusion that the
Prayer Book is distinctly more papal than Protestant. There are many
religious non-conformists in England who look upon the hierarchy as entirely
inconsistent with the simplicity of the conception of the Christian
Ohurch which is given in the New Testament. They are unable to accept all
the pompous and regal titles which are claimed by the clergy of various
degrees; they are overwhelmed by such distinctions as, "Most
Eeverend," "Eight Reverend Father," "Very Eeverend,"
"Eight Eeverend Lord Bishop " of London or Winchester ; feeling
that such designations are inconsistent, as I have said, with the
sim- plicity of apostolic spirit and custom. Then again, religious
non- conformists are strongly antagonistic to the sacerdotal claims
which are not illogically set up by many of the English clergy. Not a few
clergymen in England insist that they alone have received valid and
authoritative ordination, and under this im- pression they reject the
claims of the entire non-conformist ministry to be regarded as in any
sense divinely sanctioned. The clergy now more particularly in view are
not unwilling to be friendly with dissenting ministers in a
non-professional capacity ; on the contrary, the personal and social
manners of such clergy- men are often distinguished by the highest
consideration and courtesy ; but let a dissenting minister suggest that
even one of the least sacerdotal clergymen should occupy a
non-conformist pulpit, and conduct a non-conformist service of the
simplest and least pretending kind, and the clergyman will fly off as if
he had been stung by fire. The clergyman has what he calls a "
professional conscience " or an " ecclesiastical conscience ;"
in the keeping of this self-created conscience in his relation
toward dissenters he is most fastidious, whilst many dissenters
wonder how he can accommodate that same discriminating conscience to
not a few of the things plainly insisted upon in the Book of Common Prayer.
Eeligious non-conformists, not a few, are unable to accept the
Thirty-nine Articles of the Church of England as they should be
grammatically construed. Others of them think they find in the Book of
Common Prayer the doctrine of regeneration by baptism. Others, again, are
quite unable to accept the Burial Service, because it seems to make no
discrimination between those who died in known sin and those who died as
professed believers in the Lord Jesus Christ; the Prayer Book looks upon
them all as men whose resurrection to Eternal Life is assured and
undisputed. Whether religious non-conformists are right in all their
interpre- tations and inferences is not the immediate question before me
; it is enough to state as a matter of fact that such
interpretations and inferences do keep out of the Church of England many
who have not finally made up their minds upon the political
question of Church Establishment. On the other hand there are great
numbers in England who are, in the clearest sense of the term, "
political dissenters." The term has often been used as a stigma, and
it has been accepted as such by those to whom it has been applied. The
stigma, however, has not been regarded as an argument, nor has it, in the
slightest degree, mitigated the hostility which is entertained by
those who believe that the State ought not to be called upon to
main- tain any form of religion. Amongst the political dissenters
are found not a few really earnest Christian men whose political
oppo- sition is stimulated by their simple and ardent piety.
Speaking of the religio-political dissenter, I may say that he starts his
argu- ment from a distinct conception (right or wrong) which he has
formed of the nature and scope of the Christian Church. He says in effect
: The Ohurchof Christ is a spiritual institution : the object of that
Church is the conversion and salvation of man. Its conse- quent purpose'
or duty is the spiritual education and edification of souls : it proceeds
upon a recognition of the supremacy and sover- eignty of the individual
conscience : under these circumstances it is not only absurd, but profane
for the State — necessarily a com- plex body — ^representing all
varieties of religious opinion and cer- tainly representing many who are
unbelievers in Christian doctrine — to attempt, in any form, or in any
degree, to rule a distinctively spiritual institution. Eeligious
dissenters have been shocked by the idea that Papists, Jews, Infidels,
and Agnostics, should have any official part or lot in deciding affairs
which belong to the Protestant branch of the Church of Christ. They are
fully aware of all the interpretations and glosses which have been put
upon this action, yet, in this case, as in the other, after giving full
considera- tion to them, they cannot but feel that the Christian Church
is tainted by the touch — however guarded and even generous — of an
unchristian hand. The time was when payment was demanded from dissenters,
as from others, in support of the Established Church of England. That
time has gone by, but no credit is due to the Church itself for its
expiration. For many years a desperate battle was fought about this
question of church rates, and the battle ended in what may be regarded,
without offense, as a vic- tory on the non-conformist side. I allude to
this fact, because it is often said that surely the Church, which has
given up its claim to this species of taxation, has a right to believe
and to teach and to propagate whatever it may believe to be true.
In this contention there is an obvious sophism ; any voluntary body
of Christians may logically elect to stand upon this ground and its claim
cannot be j ustly or successfully disputed. But an Established church is
not a voluntary body ; it distinctly and perhaps proudly claims to be a
national corporation ; it uses the national name ; its designation is
nationally inclusive ; every man, therefore, in the nation has a right to
protest against what he may believe to be a misuse of his name. In theory
the Church of England claims every Englishman as a member. As a matter of
fact, probably one-half of the English population should be reckoned
as wholly outside the establishment ; — some because of distinct
con- scientious conviction ; some because of simple religious
hostility, and others on the ground of religious indifference; yet, still
as a matter of mere statistics, there remains the fact that fully
one-half of the inhabitants of England are not included in what is
called the National Church. Is not this, then, plainly a contradic-
tion in terms ? Ought a church to claim to be the whole, when it is
obviously only a part ? Would the Church be content with non-conformists
who describe England as a non-conformist nation ? Yet, in view of facts
of the most obvious and sugges- tive kind the Church goes on calmly
claiming to be the Church of the Nation, the Church of the whole people,
and in so arrogantly ignoring facts it can hardly be wondered at that
non- conformists should answer the arrogant claim with resentment
not always, perhaps, well controlled or happily expressed. The
social influence of the Established Church in England is often very
insidious and very baleful. Dissenters, though osten- sibly recognized,
often have to explain and almost to apologize for their existence. The
ignorance of the common run of Church people respecting non-conformists
and non-conformity is simply astounding. That there are Church of England
dignitaries and others who are perfectly conversant with the whole
history of non- conformity is, of course, indisputable ; but, speaking of
the aver- age Churchman, I should say that his knowledge of English
dis- sent is of the barest possible kind. A very zealous member of
the Established Church once took up a Congregational Hymn-book in
my study, and having perused it a few minutes exclaimed with unfeigned
astonishment: " Why, I see here several of our hymns !" The
hymns in question were the compositions of James Montgomery, Charles Wesley,
Isaac "Watts, and Phillip Doddridge, yet the hymns of these
historical non-conformists were quietly assumed to be " Our
hymns" in the sense of the Established Church ! This incident,
trivial enough in itself, is quoted as indicative of an amount of
ignorance which would be simply incredible to an enlightened American
reader. Even where dissenters are tolerated they are seldom really
understood by English Churchmen. It is next to impossible to get out of
the mind of the English Church- man the impression that the dissenter is
secretly bant upon robbing the Established Church. The Churchman feels
convinced that if the dissenter could only possess himself of the
endowments of the Church he would be quite satisfied. The Churchman
may be argued down upon every point and may be put to the very
humiliation of silence by logic and by fact, yet, there will linger in
his mind the more or less unconscious persuasion that every dis- senter
is a heretic and a felon. I have hardly ever known an in- stance in which
the average English Churchman has grasped the moral position of the
English dissenter. A vicar of good stand- ing in London lately published
a pamphlet on the question of dis- establishment, in the course of which
he pensively inquires, " If the Church were destroyed, who would
baptize your children, who would marry you, who would oflSciateat the
interment of your de- ceased ?" The absurdity of these inquiries
would be simply farcical if they did not indicate something deeper and
deadlier than them- selves. No dissenter wishes to destroy
the Church. No non-conform- ist is seeking to limit the spiritual
influence of the Anglican Church, or any of its institutions. It would
appear as if the men in question were under the impression that if they
were disen- dowed they would, of necessity, be silenced. They give the
im- pression to those who are outside that they only preach the
Gos- pel and administer the sacraments because they enjoy the protec-
tion and the emoluments of the State. If a Church were dises- tablished,
what is to hinder those men preaching as zealously as ever ? And if the
Church were disendowed what is there to pre- vent those men marrying and
burying people, as occasion might arise ? Here again creeps in the
influence of the sacerdotal argu- ment, which leads the untrained mind to
accept the sophism that nothing is religiously valid that is not
sanctioned by a certain official process. Suggestions of this kind cannot
but have a very unhappy effect upon the general thinking of the Anglican
com- munity. The impression cannot always be put into words, but it
affects the thought and habit and action of the religious public to an
unlimited and often undefinable extent. Dissenters are every- where
regarded as the enemies of the Church, than which there can be no greater
misjudgment and no greater calumny. Dissent- ers are among the first to
recognize, in the most cordial and em- phatic manner, the noble service
rendered by the clergy and laity of the Church of England. Their
liberality, their zeal, their sym- pathy with the people, their
fearlessness in visiting the abodes of poverty and the abodes of disease,
are all recognized with deep emotion and unfeigned gratitude by the
dissenters of England. Those dissenters are filled with the conviction
that if the Church of England were disestablished and disendowed, and
thus put upon an apostolic basis, not one of these characteristic
features need be in the slightest degree depleted of energy and
beneficence. If any American readers are under the impression that
English dissent- ers have in view the destruction of the English Church,
I should be thankful if my word could be accepted that the dissenters
of England only wish to liberate the Church from State bonds and
not in any degree to interfere with its spiritual enthusiasm and
activity. I have spoken of the social influence of the
establishment being insidious and baleful. In illustration of this
opinion I may say that I had not been many days in this country until
I cut out of an American paper the following announcement :
" Here is an advertisement from an English paper: "
'To Let. — St. Katharine's, Verulam Road. One of the prettiest residences
in Hitchen. Nine rooms, cellars, large garden. £50. Dissenters not eligible.'
" Let any unprejudiced man read this advertisement and
say whether there is not in it a spirit calculated to sow dissension
in the national mind. Three thousand miles away from the action of
such a spirit, American readers may be able to contemplate the scene with
equanimity, and, perhaps, with some measure of amusement. But let
Americans be given to understand that the great steamships sailing from
the port of New York are open to all the community, except those who
belong to a certain religious persuasion say Episcopalians, Congregationalists,
Presbyterians let the
Episcopalians of this country feel that anybody may avail themselves of
those ships but Episcopalians, then they will be able to express proper
feeling in proper terms. Nor may this advertisement be regarded as in any
degree exceptional or singular. The spirit of this advertisement
penetrates English society through and through. I have known farms
engaged, and the leases drawn up, and all the documents ready for
signature, when a question has been asked regarding the religious
position of the incoming tenant, and on its being discovered that he was
a dissenter all the negotiations have been pronounced null and void.
There are many villages and hamlets in England where a Wesleyan
Metho- dist may not hold a prayer meeting, even in his own house,
and this is made absolute, not by some general verbal agreement,
but by definite legal covenant. Can it be wondered at, then, that
it should be felt by dissenters that the social influence of the
estab- lishment is often insidious and baleful ? People who suffer
from the puncture of these thorns are more likely to know how sharp
they are than those who look upon the suffering from a comfort- able
distance. There are mercantile situations in England which are not open
to dissenters. There are high educational positions, as head masters and
governors, that are not open to non-conformists. In this way the spirit
of religious persecution is still rampant. Lord Selborne, in his recent
defense of the Church of England, has pointed out the direction in which
his own thoughts are run- ning. Whilst a tolerant and eminently amiable
man, yet his lord- ship has put it on record that, in his opinion, Mr.
Gladstone is endangering the continued existence of the Church of England
by inviting into his Cabinet men who have made Disestablishment an
item in the new Liberal programme. Is not this religious perse- cution ?
Is not this the very spirit of the Inquisition ? Is it not herein
suggested that Mr. Gladstone should first ask every man eligible for a
cabinet position whether he is a Churchman or a dissenter ?
The advertisement in the above instance pronounces a dis- senter
ineligible for the tenancy of a beautiful villa ; other ad- vertisements
pronounce dissenters ineligible for certain educa- tional official
positions ; Lord Selborne, an ex-Lord Chancellor of Great Britain,
pronounces dissenters who have the courage of their convictions
ineligible for cabinet service ! If this is not re- ligious persecution
the term needs to be redefined. In the face of facts of this kind it is
somewhat galling to be exhorted to "let bygones be bygones." The
dissenter is perfectly willing to adopt this maxim and to follow this
policy, but he rightly insists that the bygones should be gone in reality
and not in pretense. The tree is not gone so long as the root remains.
Not a single concession has ever been made to English dis- senters
in a spontaneous and cordial manner on the part of the English Church.
Church rates have been abolished. University Tests have been superseded,
churchyards have been opened for the general use of the parish, and many
penalties and disabilities have been swept away, but, in every instance,
the action has been begun, continued, and completed by dissenters
themselves. Thus the Church is being gradually disestablished in England
; piece by piece the old fabric is being taken down. I cannot but
regret this piecemeal disestablishment. So long as persecution was
allowed to retain concrete forms and to operate in a way which could be
felt without metaphysical exposition, there was hope that the people
would rise in religious indignation and demand the eradication and not
the mere disbranching of the evil. Eng- lish dissenters, however, have
acted on the policy of a gradual and almost imperceptible
disestablishment, so that now the Church is brought to about the last
degree of attenuation, so much so, indeed, that Churchmen are asking on
every hand, " What have dissenters to complain of ? what grievances
have they to state ? under what penalties do they suffer ?" All
these questions show that the interrogators have no idea of the
funda- mental and eternal principle upon which non-conformity takes
its stand, namely, the principle of liberty of conscience and
freedom of action in all matters relating to religious life and
conviction. Dissenters are opposed to the idea that the State should have
any- thing whatever to do with religion, in the way of directing,
con- trolling, or patronizing it. It is, therefore, not a question of
in- tolerance, persecution, or penalty, however feeble or small
these may be ; the question is infinitely greater, penetrating, as
it does, to the very heart of things and insisting that a right
con- ception of the Kingdom of Christ upon earth is inconsistent
with political Cffisarism and worldly criticism and patronage.
It may be asked whether the opposition to the Church of England is
organized, or whether it is left to the expression of general sentiment.
In reply to this inquiry I have to say that there is an institution known
by the name of " Society for the Liberation of Religion from State
Patronage and Control" which is supported by a large number of the
most able and most gener- ous British non-conformists. This Society has
been in existence about forty years, and has been characterized in all
its action by the highest intelligence, determination, and munificence. I
am afraid, without having official records at hand, to say how much
money has been contributed to the funds of this Society, but I am certain
that, taking the whole period of its existence, the sum has been worthy
of the great cause which the contributors have espoused. Perhaps I may
speak the more freely of this Society, because I am neither a member of
it nor a subscriber to its funds. The name of the Society indicates
clearly that the interest of its members begins in religion, rather than
in politics. When we read of a society for the emancipation of slaves we
justly infer that originators and supporters of the society have studied
the question of slavery, and are deeply interested in the subject
of human liberty ; so, when we read of the liberation of religion,
we naturally conclude that those who are interested in that service
are those deeply convinced of the nature and obligation of relig- ious
doctrine and life. Such a society, therefore, I could heart- ily join,
were its action faithful to its name. I do not join the existing society
because it has not shrunk from inviting to its platform men whom I know
to be merely political in their sym- pathies and purposes, and whom I
also know to be hostile to every form of religion, whether established or
non-established. I am prepared to accept the charge of being in some
degree narrow- minded in this matter, but my narrow-mindedness absolutely
pre- vents me from co-operating with men in the liberation of
religion, whose often avowed object I know to be the destruction of
religion. Certainly, as citizens, such men are at liberty to carry out
their convictions, but they ought to be members of a society for the
Liberation of the State from the control and patronage of religion. Under
some such designation as this their society would be legitimate, and
their relation to it would be logical, natural, and necessary. I simply
point out this distinction to indicate why some Englishmen, who are
zealous non-conformists, and even political dissenters, are not connected
with the Libera- tion Society. The words "Liberation Society"
are not the whole title of the Society ; if they were, they would be perfectly
sufficient to cover the whole ground ; but, from my point of view, the
posi- tion which is given to " religion" in the title of the
Society should prevent co-operation within the limits of that Society and
under its noble watchword with men who openly live by denouncing
religious doctrine and service of every kind. Having thus delivered
my mind on this matter, I am free to say that the Liberation Society is
from end to end of its history inspired by an honest and lofty purpose.
Its officers, its lectur- ers, its agents are in the overwhelming
majority of instances men whom the Christian churches of England delight
to honor; The Liberation Society is now acknowledged to be a political
factor in contemporaneous English history. Statesmen quietly, and
some- times openly, inquire what the Liberation Society will do in
such and such cases. Even conservative statesmen cannot ignore the
growing power of English non-conformity in the cities, villages, and
hamlets of the country. Much of this is due to the action of the
Liberation Society, whose lecturers have gone everywhere ex- pounding
sound Christian doctrine with regard to Church Estab- lishments, and
circulating in great abundance literature adapted to popular use.
So much for what may be called organized opposition to the
Established Church. But, beyond this, there is an opposition of what I
cannot but consider a more vital and more influential char- acter. Every
non-conformist chapel is, in reality, a non-conform- ist argument. In
nearly every village in England non-conformity makes its institutional
sign. Here is the Primitive Methodist Chapel, yonder is the
Congregational Chapel, further on is the Wesleyan or Presbyterian Chapel,
and the very appearance of these buildings excites inquiry and stimulates
discussion. For my part, I am more hopeful of influences of this kind
than of influences that are critical, controversial, and openly
hostile. Growth is sometimes better than attack. Sometimes men do
not know exactly what course their action is taking, or to what
issue it is tending, so that many who imagine themselves to be
simply living a quiet Christian life, without taking any part or lot in
ecclesiastical politics, are all the time doing a constructive work, the
proper issue of which is the overthrow of Church Establish- ments, and
the inauguration of a healthy religions spontaneity and independence.
Many men, who would hardly allow themselves to be called dissenters, are
thus, indirectly, upholding the cause of dissent. So that, in this way
and in that, some openly, some controversially, some silently, some
influentially, the great work of propagating right ideas regarding the
Christian Church is pro- ceeding rapidly and surely in England.
All this I have written in no merely controversial spirit, but
simply with a desire to give a frank expression to my own convictions
and, I believe, to the convictions of many of the English people. If I
change the point of view and look upon the Church of England with
Christian eyes, I should claim to be among the foremost to recognize, as
I have already said, the great work which the Church of England is
doing. I can never forget the obligations of Christian England to
the English Church. He would be, not only an unjust man, but
utterly blind, who denies that the erudition, the zeal, the personal
liberality, of the English Church are worthy of the devoutest com- mendation.
I may be permitted to add as an English Congrega- tional minister that
probably no minister in England preaches to more English clergymen than I
myself do, in connection with the noonday service held every Thursday in
the City Temple, London. The personality of the reference will be
forgiven for the sake of the object which I have in view, which is to
indicate that on every hand I have received the broadest and kindest
encouragement from clergymen of the Established Church. In speech, in
writing, in published articles, they have done everything in their power
to encourage me in my service. Yet, this very kindness brings into
strongest contrast the point to which I have already referred, namely,
that not one of these clergymen would be allowed by his bishop to preach
in my pulpit. Clergymen have accepted invita- tions to preach there. Our
arrangements have actually proceeded to the point of public
advertisement. They have even gone to the very morning of the day on
which the service was to be rendered, and at the eleventh hour the bishop
has interposed and forbidden the fulfillment of the engagement. On two
occasions, the Bishop of London has done this in my own case. Now, this
is no ques- tion of Establishment or Disestablishment. This is purely
an Episcopal and sacerdotal question, and the Episcopal injunction
would just be as prompt and resolute as it is to-day, were Dises-
tablishment to take place instantly. Circumstances of this kind
justify me In saying that the Established Church question may be viewed from
either of two points, either from the point of Episcopacy, amounting
almost to Papacy, and from the point of political dissent or
Disestablishment. Al- together the Church life of England is in a very
disturbed and undesirable state. Even courtesy itself is often streaked
by sus- picion. The most cordial social relations are often felt to
be reserved and restrained in a sense that can hardly be expressed
in words. That the Church of England will be disestablished within
a comparatively brief, period is my firm conviction. I hope noth- ing
will be done by violence, but that we shall accept the pro- cesses of
education which, though often slow, are sure. Every Board School that is
founded helps the education of society, and my conviction is that we only
need larger, freer education in or- der to liberate men from the
superstitions and fantasies which have so much to do with the maintenance
of mechanical religion. Joseph Parker, D.D., Minister of the
City Temple, LondonLamberto Pietro Gaetano Caffarelli. Lamberto Caffarelli.
Keywords: l’armonia come co-espressione, armonia virile, coro virile. Boito,
eptafornia, cromatismo, sistema dodecamorfo, saggi filosofici, teoria
dell’armonia, armonia ultra-eptafonica, armonia cromatica, armonia
dodecamorfica, coro virile, armonia virile, armonia come co-espressione virile.
Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Caffarelli” – The Swimming-Pool Library.
Grice e Caffo: all’isola -- la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’ego et dell’alter
-- l’altruismo – scuola di Catania – filosofia siciliana -- filosofia italiana
– Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library
(Catania).
Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Catania,
Sicilia. Grice: “I love Caffo; he has philosophised on most things *I* did! My
favourite has to be his ‘bestiary’: “A is for ‘Animal’” – and that’s all the
bestiary we need! He has also explored ‘altruism,’ and is in general concerned
with a conceptual analysis of my basic key expressions: ‘communicazione’
(‘l’origine della communicazione umana’), ‘logica e linguaggio’ (one of the
five questions of philosophy, for him), etc. – He has dialogued with
syntacticians, as I did, when I met Chomsky!” -- Grice: “Caffo is a Griceian in the sense
that he considers, like I do, there is a continuum between non-human animal and
human animal – indeed, he is so into this, that he calls his ism ‘animalism,’
which I suppose is o-kay; perhaps we would differ on the implicatura of the
term: which seems to be that ‘umano’ is JUST ‘animale’ -- Urmson and Hare loved to play witht his:
“There is an animal in the backyard.” “I don’t see it.” “You won’t – it’s a
bacteria.” “There is an animal in the backyard.” “I don’t see it.”
“It’s Aunt Lucy.”” Si è laureato in filosofia alla Università degli Studi di
Milano e ha conseguito il dottorato, sempre in Filosofia, presso l’Università
degli Studi di Torino dove, sotto la guida di Maurizio Ferraris, ha poi anche
lavorato al Laboratorio di Ontologia diretto da Tiziana Andina. È noto
soprattutto per le sue teoria sugli Animal Studies, il postumano contemporaneo,
e l’antispecismo (“debole” nella sua versione), per cui è stato anche criticato
da alcuni media. Ne La vita di ogni giorno (edito da Einaudi nel ) si è invece
occupato di filosofia in senso più ampio e divulgativo proponendo una
"alternativa filosofia". In Fragile umanità. Il postumano
contemporaneo (Einaudi, ), "si interroga su quale possa essere il nuovo
paradigma di vita destinato a sostituire l'Homo Sapiens". Dal insegna Ontologia presso la Facoltà di
Architettura del Politecnico di Torino; insegna anche alla Nuova Accademia di
Belle Arti di Milano, alla Scuola Holden e al Made Program della Accademia di
Belle Arti Rosario Gagliardi a Siracusa. È collaboratore de La Lettura, scrive
saltuariamente anche sulle pagine culturali de La Sicilia, L'Espresso, il
manifesto e il Corriere della Sera. Ha un blog su The Huffington Post. Dirige
la rivista Animot: l’altra filosofia ed è opinionista di varie trasmissioni
televisive, come Tagadà o Porta a Porta.
Per le sue posizioni antispeciste, interviene spesso su reti televisive
e radiofoniche italiane e straniere, oltre che in festival culturali. La sua
teoria dell'antispecismo debole è dibattuta nella stampa specializzata. Ha
pubblicato le sue ricerche su riviste filosofiche quali The Monist, Journal of
Animal Ethics, Domus, Rivista di Estetica. È stato definito da Maurizio
Ferraris «il più promettente, versatile e originale tra i giovani filosofi italiani».
A Milano ha co-fondato il caffè letterario Walden. Nel è entrato a far parte, appoggiandone il
progetto, nell'Advisory Panel italiano di Diem25. Nel febbraio, conduce assieme
a Margherita D'Amico un programma radiofonico su Rai Radio 3, intitolato "L'umanità
e altri animali". Ha partecipato come speaker alla edizione del FestivalFilosofia di Modena con una
lectio sull'antropocentrismo e le "persone non umane". È co-curatore
del Public Program della Triennale di
Milano. Altre opere: “Soltanto per loro,
Roma, Aracne); “Azione e natura umana” Rimini, Fara); “La possibilità di
cambiare, Milano-Udine, Mimesis); “Flatus Vocis, Novalogos, Aprilia); “Adesso
l'animalità, Perugia, Graphe); “Il maiale non fa la rivoluzione, Casale
Monferrato, Sonda); “Margini dell’umanità, illustrazioni di Tiziana Pers,
Milano-Udine, Mimesis); “Il bosco interiore, Casale Monferrato, Sonda); “Del
destino umano. Nietzsche e i quattro errori dell'umanità” Prato, Piano B); “La
vita di ogni giorno, Torino, Einaudi); “Fragile Umanità. Il postumano
contemporaneo, Torino, Einaudi); "28 anni. O della filosofia
giovanile", in H. D. Thoreau, La Disobbedienza Civile, Einaudi, Torino); Vegan.
Un manifesto filosofico, Torino, Einaudi); “Il cane e il filosofo. Lezioni di
vita dal mondo animale, Milano, Mondadori); Dopo il COVID 19. Punti per una
discussione, Milano, Nottetempo); Quattro Capanne. O della semplicità, Milano,
Nottetempo); Un'arte per l'altro. L'animale nella filosofia e nell'arte, Firenze,
goWare, Edizione cartacea: Graphe, Perugia); “Radicalmente liberi: A partire da
Marco Pannella, Milano-Udine, Mimesis); “Così parlò il postumano, a cura di. E.
Adorni, Aprilia, Novalogos);“A come Animale, Milano, Bompiani);“Manifesto per
gli animali, Roma-Bari, Laterza);“Costruire Futuri. Migrazioni, città,
immaginazioni, Milano, Bompiani);“A partire da Tiziano Terzani, con prefazione
di Angela Terzani, Pordenone, Safarà);“Intromettersi, Elèuthera, Milano. Antispecismo.
Specismo. quando esse stesse costituiscono oggetto di valutazione. Per
l'analisi di queste circostanze sotto l'aspetto del valore morale, Meinong si
serve di una simbolica assai semplice, distinguendo il bene e il male, secondo
che siano propri del soggetto o di altri soggetti, rispettivamente colle lettere
g e u, r e u; e le appetizioni egoistiche, altruistiche e neutrali colle
lettere e, a, n, s e sono del soggetto, colle lettere n, q e v se appartengono
ad altri soggetti. I valori egoistici risultano perciò espressi con le
lettere i neutrali colle lettere: Ta е e
201 96, Un Pla, 7 Ja, rn
Uca Uy : Non tutte le circostanze che accompagnano
l'attuazione di uno scopo della volontà, hanno importanza pel
valore morale. E intanto è certo,che esse in generale entrano a far
parte del fenomeno,non in quanto sono reali,ma in quanto il soggetto le ritiene
tali. È sempre il lato subbiettivo che interessa nel giudizio
morale. gli altruistici con le lettere: Tv e Siccome
Meinong non si propone di dare una teoria compiuta dei fatti concomitanti del valore,
ma solo di analizzare taluni casi speciali, così, per evitare
complicazioni, quando adopera i simboli senza l'indice intende significare i
valori egoistici. Questi simboli possono esprimere beni, ma anche le
volizioni ad essi riferentisi. Per indicare le volizioni Meinong adopera
gli stessi segni fra parentesi. Infine per semplificare il calcolo
egli suppone,di regola,che la circostanza concomitante sia sempre una sola,la
quale insieme alla volizione formi ciò che egli chiama binomio della volizione.
Se le circostanze sono più, allora si forma un polinomio La precedenza della
lettera in un polimonio o binomio indica il valore principale desiderato o
attuato. Tra lo scopo dellla volizione e l'oggetto della valutazione conco
mitante possono correre le seguenti relazioni. Identità: ciò che il vero
artista crea non soddisfa lui sol tanto, egli apparirà sempre in qualche modo
come un beneficatore di tutta una sfera di uomini. Coesistenza di più
qualità di una stessa cosa o anche di più cose : per esempio, un tale vuol
comprare un piano che ha un bel tono, ma il piano ha anche una cattiva
meccanica; o un cane da guardia molto vigile, il quale però morde; o una
macchina che lavora bene, ma che fa rumore e fumo, ecc. Nesso causale,
nelle sue due forme: a) lo scopo è causa di conseguenze valutabili; chi, per
esempio, promuove il movimento e l'industria dei forestieri, mira ad arricchire
il paese, ma anche lo demoralizza; b) lo scopo non si può raggiungere che come
ef fetto di dati valori morali ; per esempio, un fabbricante per [In che
modo ifatti concomitanti del valore sono connessi collo scopo della
volizione? Siccome ogni scopo di voli zione è anche un oggetto di
valutazione,la domanda può formu larsi,in termini generali, così:come dei
valori possono entrare in connessione tra loro? Si noti però che la
connessione deve sta bilirsi prima del cominciamento della
volizione deve tenerne conto.,giacchè questa escluse. Le
coesistenze casuali restano naturalmente Ora torniamo alla domanda
principale: in che modo il valore morale di una valutazione dipende dai valori
concomitanti,e,in caso di binomio, dal valore concomitante? Noi abbiamo
distinto quattro categorie di valori, g, T, u e u, le quali si applicano anche
ai fatti concomitanti. Però il casou si può omettere, perchè non
accadràmai, chesi voglia un proprio non -valore per sè stesso. Rimangono
così tre possibilità, le quali, liberamente combinate, dànno XII casi cheono
la tavola dei valori. Per l'esame di questi casi bisogna pensare, che ad un
oggetto di volizione si aggiungano gli altri come fatti concomitanti, e
osservare le variazioni di valore che questo intervento produce. La
volizione positivamente altruistica è data dalla formula (Y). Il momento più
importante è qui l'associazione della circostanza concomitante u, il proprio
danno. È evidente che l'aggiunta di questo secondo momento accresce il valore
di (i) e di tanto, quanto più grande sarà il sacrificio proprio. Indicando il
valore con W, si avrà dunque: Se invece si aggiunge v, il danno altrui,
sia di persone estranee al rapporto (quando per beneficare uno si danneggia
altri), sia dello stesso beneficato (quando il beneficio produce pure un male
al beneficato ), allora il valore della volizione con questa circostanza
concomitante diventerà minore. E la formula sarà W (ru)< W (Y). W
(r)> WY. guadagnare di più deve migliorare la condizione materiale
dei suoi operai. Se la circostanza concomitante è pure in favore del
beneficato, allora la formula sarà indubbiamente W (ru)> W (Y).
Invece l'aggiunta del vantaggio proprio al bene altrui nè dimi nuisce,nè
aumenta il valore. Quindi si avrà La volizione egoistica è espressa dalla
formula (9), la modificazione più grave qui si ha, quando al caso (g) si aggiunge
la circostanza del male altrui v. Allora si avrà: W (gu)< W
(9). Se la circostanza concomitante è invece r, il valore della voli
zione egoistica si eleva. La formula diverrà quindi: W (gr)> W
(9). Che poi alla volizione egoistica si aggiunga la circostanza
secondaria di un altro proprio vantaggio o anche di un proprio danno, non
modifica il valore di (g). Si avranno quindi le due eguaglianze W (99)= W (g)=
0 W (uu)< W (u). Così pure si aumenta il non-valore, se oltre
al danno principale si aggiungono altri danni. Epperò W (UU)< W (U).
Per quanto il caso sia inusitato, si può prevedere anche, che al male altrui
si associ una qualche conseguenza buona, indiretta, e W (49) =
Wr. W(gu) = W(g)= 0. 3. La volizione altruistica negativa o
anti-altruistica è espressa con la formula (u).Se per attuare il danno
altrui, si fa anche il danno proprio u, questa circostanza aggrava il
male e aumenta il non-valore. Si avrà quindi: Il fatto concomitante
della propria utilità non aggiunge, nè toglie al valore della volizione
principale anti-altruistica. Si avrà quindi l'eguaglianza: W (ug) = W
(u). La somma dei risultati ottenuti si può disporre nel seguente
quadro: W (rr) > W (v)? W (gr)> W (9)? W (ur)> W (u)? W(rg)=W(T)
W(99)=W(9)=0 W(ug)=WU) W (ru) < W ( ) W (UU) < W U )
W(ru)>W() W (uu)< W U ) Da questo quadro si rileva che le
circostanze concomitanti con segno negativo non sono più feconde di effetti di
quelle con segno positivo. Di queste ultime, g non modifica nulla, e r non dà
risul tatisicuri, come indica il punto interrogativo. L'influenza dei fatti
concomitanti si può dunque riassumere così, agisce aumentando debolmente il
valore; g non modifica nulla; u diminuisce grandemente il valore; u opera
secondo lo scopo della volizione ora au mentando, ora diminuendo e ora non
modificando il valore. Si è già detto che sarebbe unilaterale il voler
giudicare del valore morale di una volizione dallo scopo; che però, in quanto
lo scopo prende parte alla determinazione del valore, l'altruismo positivo è
buono, l'egoismo è indifferente, l'altruismo negativo è cattivo. Ora è
importante constatare, che il senso in cui i tremo menti valutativi
operano sui fatti concomitanti è completamente lo stesso. La validità della
tavola dei valori, dianzi tracciata, ma pure prevista. Allora il
non-valore si ridurrà, nel modo indicato dalla ineguaglianza: W (ur)>
W (u). g W(gu) < W(9) W (gu)= W (9) = 0. subisce variazioni, se
cambia la qualità della volizione ?-- intendendo per qualità la differenza
tra appetizione e repulsione, che però non deve equipararsi a una
contrapposizione logica tra affermazione e negazione, i cui termini si
escludano a vicenda, ma considerarsi come una doppia possibilità
psicologica, di cui l'una abbia altret tanta realtà indipendente, quanto
l'altra. si possono fare le seguenti sostituzioni, che aiutano a trovare
il corrispondente valore nella tavola relativa alle volizioni (1): (T)=
(non—-1) = (U) (U) = (non--V)= (Y) (ū) = (non- u )= (g). Lo stato subbiettivo
di rappresentazioni e di predisposizioni anteriore alla volizione è indicato
da Meinong con la parola “progetto’. E siccome in questo stato abbiamo sup
posta anche la cognizione delle circostanze concomitanti valutabili, così al
polinomio o al binomio della volizione corrisponde un polinomio o un binomio
del progetto. Per indicare questi stati Meinong adopera gli stessi simbolisenza
la parentesi. Osservando le volizioni in rapporto agli stati pre-disposizionali,
l'analisi delle valutazioni dei fatti concomitanti può rendersi più
esatta. Si ponga, per esempio, un binomio iniziale vu, che esprima il mio
desiderio di far male, al momento opportuno, a una persona, ma che non mi
sia possibile evitare, ciò facendo, conseguenze dannose per me, u. Se il desiderio
di non danneggiarmi prevale, al lora non si avrà più il binomio (uu),
ma l'altro (ūr), il quale dice che la volizione è risultata nel senso di NON
VOLERE IL MALE PROPRIO, (U) (ū) Un'analisi delle nolizioni mostra,
che esse si comportano egual mente come la volizione, solo che si
applicano di regola ai valori y, u ed u, ritenendosi assurdo il non volere il
proprio van taggio g. Indicando le nolizioni con (T) g pur
ammettendo che questa volizione abbia per circostanza conco mitante y, cioè il
bene altrui. In forma positiva la volizione fi nale sarà (gr).E così da una
situazione iniziale negativa vu si riesce nella opposta gr. Meinong chiama
coordinati fra loro due binomi di progetti,dai quali procedano due volizioni
formalmente concordanti. Anche i binomi di queste volizioni saranno coordinati
fra loro. Egli si ferma ad esaminare più a lungo la coppia dei binomi ru - gu,
dei binomi, cioè, che hanno la maggiore importanza pra tica.Il primo esprime
l'altrui bene col proprio danno, il secondo il bene proprio col danno
altrui. Nel primo rientrano, nel senso massimale,tutte le occasioni
in cui si può affermare la grandezza morale di un uomo ; nel senso
minimale i casi della più comune fedeltà al proprio dovere.La sezione
di linea dei valori morali che comprende il meritorio e il corretto è tutta
espressa da questo binomio; laddove la sezione che va dal punto
d'indifferenza al tollerabile e al riprovevole cor risponde alla negazione di
questo binomio. Nel binomio gu sono espressi tutti i casi che vanno dal
più sano egoismo alle negazioni più delittuose dell'altruismo. Reciproca
mente, la rinuncia a siffatte volizioni va dal semplicemente dove roso
all'eroico. Le volizioni che procedono da questi due binomi comprendono
adunque tutte le quattro classi di valori, caratterizzati in principio. I due
binomi anzidetti suppongono un conflitto fra l'interesse proprio e l'altrui. È
evidente che dalla grandezza di questi interessi, dalla portata di g e di Y,
dipende il valore morale della valutazione (I momenti u eu s'intendono compresi
nella ne gazione di g e y. Intanto è certo, che il valore egoistico in cui g
è congiunto con u,W (gu), si trova sempre al disotto del zero della scala, ed
ha segno negativo ; mentre il valore altruistico in cui ècongiuntoconu,W
(ru), si trova al disopradel zero ed ha segno positivo. Ciò posto, la
funzione valutativa tra i termini dei due binomi si può scoprire agevolmente
con una semplice osservazione. Sacrificare un piccolo interesse proprio a un grande
interesse altrui, ha un valore positivo minore,che il sacrificare a un piccolo
inte resse altrui un grande interesse proprio. D'altra parte chi
non pospone a un grande interesse altrui un piccolo interesse proprio
produce un non-valore morale più basso,che non colui il quale per una utilità
propria rilevante non tien conto di utilità altrui tras curabili. Questo
primo abbozzo di una legge del valore si può esprimere nelle due
formule: Y nelle quali C e C'indicano le costanti proporzionali sconosciute,
condizionate dalla qualità delle unità g e r. Nell'applicazione di queste
formule all'esperienza si rendono necessarie talune modificazioni.
Seponiamoivalorireg egualiailimiti e0,alloraical coli diventano molto
esatti: - limW(gu)= - 00. L'esperienza non è però sempre
d'accordo con queste formule. Ognuno ammetterà, chel'adoperarsi nell'interess
ealtruisi accosti al punto morale d'indifferenza, quanto più grande è
quest'inte resse; e che il trascurarlo divenga nella stessa misura riprovevole,
supposto costante e limitato l'interesse proprio da sacrificare. È W
(ru)= C e - W(gu) =-CY 1 per 9 9
12 perr = perr= 0 O lim W (gu) lim W (gu) = 0 lim W
(gu) = 0 per g = 0 (1) lbid., limW(ru)= 0, limW(ru) = 0, lim
W (ru)= 0, limW(Yu) = 0, pure evidente,che la trascuranza di un interesse
altrui diviene tanto più indifferente, quanto più irrilevante è questo
interesse. Epperò non si ammetterà da tutti, che il valore
dell'altruismo di venga allora infinito (come nella 2a formula).
Osservando però bene, questi casi non rientrano nel campo della
morale.Si con trasterà pure che il valore del sacrificio di un bene
proprio per l'altrui, cresca colla grandezza del bene sacrificato (formula
terza), ma l'esperienza prova che l’esitazione al sacrificio si fa
maggiore quanto più grande è il bene cui si sta per rinunziare.Invece èda
riconoscersi che non è esatta la quarta formula,perchè non sipuò
negare ogni valore al bene che si fa ad altri, solo perchè non si determina un
conflitto con un bene proprio. Le formule anzidette si debbono mitigare
nella loro assolutezza, perchè si accostino di più alla realtà.Per far
ciò basta attenuare il valore di g, il che si può ottenere aggiungendo
a g ogni volta una costante c o c '. с ( lim W (ru) = C, lim W (gu)
= - 'C ( 1). Si avranno così le formule: Queste formule non
modificano i limiti funzionali dianzi otte nuti, ponendo y = 0,T = 0 0 g = 00;
cambia bensì la formula delquarto limite, perocchè se g= 0: Y. Sin qui
abbiamo considerato l'una variabile indipen dente dall'altra. Che
avverrà però, se le variazioni si compiranno in entrambe le variabili
congiuntamente, supponendo che reg rimangano uguali fra loro per grandezza di
valore ? Sostituendo a g il simbolo y, le formule diverranno:
Y T W(ru)=09+W(ru)=C W(gu)=-6 T W(gu)=
9td rto с Ć rto' dal che risulta, che il
non-valore deve crescere e diminuire nello stesso senso di reg, e il valore in
senso contrario. Consultando l'esperienza,si può riscontrare agevolmente
che un oggetto,per esempio un dono,abbia lo stesso valore per chi lo dà
e per chi lo riceve.Ora si domanda,regalare di più avrà un valore
più alto o più basso del regalare di meno ? Senza dubbio più alto.E se
si contrapponga vita a vita, chi sacrifichi la propria per con servare
quella di un altro, suscita di fatto grande ammirazione. Questo èperò
il contrario di ciòche quelle formule esprimono. Oc corre adunque correggere
le formule e per far ciò Meinong intro duce un esponente di g,più
grande dell'unità, e lo indica colle lettere k e k'. Le due formule
diverranno così (rimettendo g al posto di r): Sicchè si avranno i
seguenti limiti: A questo punto le nozioni dei limiti non hanno più
bisogno,se condo il Meinong, di alcun'altra correzione. Solo per
semplicità di espressione ponendoC= 1ek= 2 la formula del binomio di verrà:
È questa la formula principale, cui Meinong si riferirà nelle discussioni
seguenti. Le due volizioni staranno, secondo la formula principale or ora
W (ru)- C e Y gl'+ c perr= 9 g?+1 e 900 pery 9 = 0
W (gu) = - C' Y W (ru)= ghto Y limW(ru) = 00
limW(gu) = 0 limW(ru) = 0 lim W(gu)=0. Preliminarmente egli ne ricava
alcune conseguenze. Ogni pro getto offre a colui,che dovrà reagire con
una volizione, la doppia possibilità di fare o di tralasciare.
W(gu)= Y g?+ 1 ricavata,in un rapporto di reciprocità negativa,per
ciò che ri guarda il loro valore morale. In secondo luogo, siccome le
volizioni di grande valore (positivo o negativo) o sono meritorie o
riprovevoli, e quelle di piccolo valore o corrette o tollerabili, così potrà
dirsi in generale che: quanto più distanti sono il numeratore e il
denominatore di quella formula nella scala dei numeri, tanto più il valore
della volizione sarà indicato dalle parti estreme superiore o inferiore della
linea dei valori;quanto più vicini sono invece quei numeri,tanto più l'indice
del valore cadrà verso il punto di mezzo di detta linea. La formula si applica
inoltre anche ai casi di volizioni, i cui scopi non siano accompagnati da
circostanze concomitanti. Basta ri durla così: W () = =
W(g)=0(1). UU. Mentre laprima coppia esprime ilcaso di conflitto d'interessi,
la caratteristica della seconda è la concordanza degl'interessi propri
con gli altrui (positivi e negativi). Se il progetto offre l'occasione di
congiungere con la mia utilità l'altrui, o se mi rappresenta un pericolo
altrui nel quale scorgo un pericolo mio,la volizione corrispondente sarà
espressa con (gr). V'è però anche la rappresentazione del desiderio di un
male altrui, cui si associa anche la previsione di un danno proprio. La corri
spondente volizione sarà espressa con (uu). Il conflitto qui non esiste fra
g er, ma fragev,cio è frage Meinong passaoraadesaminare,piùbrevemente,
un'altra coppia di binomi : (gr ge-Y Questa riflessione ci fa
subito applicare al caso attuale la formula principale del primo
binomio,così: gø+1 g1 -Y W(vu)= q*+ ( r)= ) Siccome
l'azione sarà tanto più riprovevole,quanto più grande sarà il proprio
sacrificio in ragione del danno che si vuol produrre, si può togliere y dal
denominatore ;la formula precedente si cambia quindi in quest'altra:
-(go+ 1)r. Mantenendo anche in questo caso il principio della reciprocità
negativa dei due binomi, l'altro binomio diverrà epperò la seconda
formula principale così ottenuta sarà: (g. Le costanze rilevate in
queste formule dimostrano sufficientemente, che il valore morale è in
relazione tanto con lo scopo principale della volizione, quanto con i fatti
valutabili con comitanti . Questa relazione di dipendenza è però un
dato ultimo e irriducibile? o non è essa stessa funzione di un dato ancora
più pro fondo ? Noi potremo dire di avere scoperto questo dato, quando
osserveremo quel momento particolare della volizione valutata, che,
cresciuto, accresce il valore, diminuito, lo diminuisce. Ora in questa
scoperta l'empiria aiuta più che ogni riflessione teorica. Essa ci dice,
che nelle valutazioni morali ciò cui si mira è il carattere permanente
del soggetto della volizione, la sua ca pacità o disposizione intrinseca
a sentire il bene e il male degli altri. In altri termini non la volizione
per sè stessa, ma l'animo (die
Gesimung) che in essa si rivela, è il vero oggetto della valu tazione
morale.Questo dato empirico,suggerito dalla comune espe rienza, dev'essere ora
dalla teoria esattamente analizzato. (g°+1) W (gr)= W (gr)=
+1) = W (uu) W (uu)= - (g°+ 1). E anzitutto va messo in
relazione con le due formule principali ottenute nelle precedenti
analisi. In quanto alla prima, che si applica ai conflitti tra diversi og
getti egoistici e altruistici di volizione,basta domandare,in chegrado e misura
il bene altrui ci sta a cuore. Per ogni volizione si può così stabilire
il valore subbiettivo dell'oggetto corrispondente. Se vi ha conflitto, vincerà
il valore subbiettivo più grande. La de cisione fra interesse proprio e
altrui (egoistico) seguirà quindi in ogni caso la parte che ha il più grande
valore pel soggetto. Se questo opta per Y, ciò vuol dire che l'interesse
altrui gl'importa più del proprio; e, viceversa, se optaperg,vuol direche, almeno
in questo caso,gli preme più l'interesse proprio che l'altrui. Se ora
poniamo che lo stesso valore y venga preferito in ogni caso da un soggetto a un
più grande g, e da un altro a un più piccolo g, ciò si può spiegare solo
ammettendo una diversità sub biettiva fra i due individui, una diversa
disposizione costante dei loro sentimenti. Quanto più grande è il valore g
costantemente sacrificato,tanto più ilrelativo soggetto è disposto
aisentimenti simpatici. Se, invece, il valore y vien trascurato per un più pic
colo g, si deve concludere che il soggetto della volizione è più in differente
ai valori altruistici. Da queste considerazioni possiamo concludere, che
nelle risolu zioni altruistiche la benevolenza e nelle egoistiche
l'indifferenza dipendono dalla grandezza dell'importanza soggettiva dire di g,
come era affermato nella prima formula principale dei valori e dei non-valori
morali. La benevolenza e l'indifferenza per l'altrui bene e male è adunque
quel momento, parallelamente al quale variano le grandezze dei valori e dei non
-valori morali:essi sono pertanto il vero oggetto della valutazione morale. L'esame
della seconda formula dà pure analoghi ri sultati. Chi opera in danno
altrui non s'interessa evidentemente al bene degli altri,ma si comporta a
riguardo di esso almeno con indifferenza. La volizione (U) segnala però più
che l'indifferenza, il bene altrui sembra avere un valore negativo, e il male
un valore positivo.V'è dunque qui un conflitto nel senso della prima
formula, con risultato conforme al valore preponderante, ch'è in tal caso
quello anti-altruistico.Quanto più grande è poi il sacrificio di bene
proprio fatto per realizzare v,tanto più valore ha v pel soggetto,e tanto più
grande è pure la malevolenza che questo sente. Il valore g sembra in tal caso non
il bene proprio sacrificato, ma ildannoaltrui raggiunto. La malevolenza è
inoltre tanto più grande quanto più per arrecare un piccolo danno si
sacrifica un grande valore proprio. Se invece vincono i valori egoisti ci si deve
ammettere, che la malevolenza non era comparativamente tanto grande,massime se
basta un piccolo g a scongiurare un rilevante u, val quanto dire a ri durlo
indifferente Sebbene le analisi sin qui fatte siano assai incom plete, pure
bastano, secondo Meinong, per farsi idee abbastanza chiare su alcuni
punti essenziali. E anzitutto se ne ricava,che è caratteristico di ogni
valutazione morale l'esser fondata sopra una specie di misurazione dei
valori altruistici dagli egoistici. L'importanza dei fenomeni
binomiali,dei quali ci siamo sin qui occupati,consiste in ciò,che dall'esito
della decisione si ricava quanto valga pel soggetto il bene o il male di un
altro. C'è però nella parola altruismo un doppio significato, che dà
luogo ad equivoci, l'uno positivo e attuale, l'altro disposizionale. Nel
primo senso l'altruismo si distingue per la proprietà di non essere
suscettibile di aumento, mentre nell'altro è aumentabile indefinitamente. In
modo analogo può distinguersi un egoismo attualmente dato e non
aumentabile, da un egoismo che può crescere senza limiti. Gli oggetti di
valutazioni morali si possono, dopo l'anzidetto, ridurre in quattro
classi: l'altruismo positivo è un bene, il negativo è un male, la mancanza
dell'altruismo positivoèunmale, la mancanza del negativo è un bene. Il
carattere comune delle volizioni,che costituisce l'oggetto della valutazione
morale si può esprimere colla parola “ partecipazione, o “ simpatia, (Anteil).
Nelle valutazioni morali adunque si mira alla capacità, manifestantesi nella
volizione,di partecipare all'utile e al danno degli altri. Questa
disposizione simpatica non è ancora il carattere, ed è soggetta anche a
variare. E anzi notevole, che per il giudizio morale di una volizione è
indifferente, se la di sposizione altruistica del soggetto sia stata
passeggiera o sia permanente -- Perchè, però, la simpatia sia veramente
morale,occorre che sia imparziale. Qui entra in azione il momento della
giustizia. Quando tre persone in uno stato di uguali bisogni, ricevono l'uno r,
l'altro 2 x, il terzo nulla, allora noi siamo meno inclini ad a m mirare l'atto
altruistico corrispondente. Una sola volizione non è per sè stessa nè
giusta, nè ingiusta, ma diventa tale se confrontata con altrevolizioni.Di
queste una serve di caso normale. Per giustizia si può quindi intendere essen
zialmente la concordanza col valore normale. Il caso più puro di simpatia o di
partecipazione è quello in cui si fa astrazione tanto dallo stato particolare
dell'io,quanto dalla persona altrui individualmente presa. Questa simpatia
assoluta, impersonale,universale,non legata a particolari circostanze di tempo
e di luogo forse non esiste, ma in ogni caso serve come guida ideale per
misurare i valori morali. Si può quindi definitivamente concludere che:
oggetto delle valutazioni morali è la simpatia im personale, che si manifesta
nelle volizioni, per il bene e il male del prossimo. Stabilita la simpatia come
la proprietà degli atti morali, tutta una massa di azioni, nelle quali questo
momento non è direttamente in quistione,non rientrerebbe nella detta
categoria. Intanto nella terminologia corrente l'opposizione tra buono e
cattivo comprende anche valutazioni, nelle quali il criterio della
simpatianonentra. Si dice, per esempio, buona la subordinazione all'autorità,
si approva in certi casi la menzogna convenzionale, si tollera la mancanza a
promesse non solenni, ecc. Tutte queste valutazioni sono dette da Meinong
quasi-morali. I giudizi del valore sono qui praticamente incerti e
mutevoli, Esaurita così l'indagine sull'oggetto della valutazione,
Meinong passa a esaminare i problemi che si riferiscono al soggetto del valore
morale. L'ego e l'alter sono pure qui i due soggetti, che la esperienza
contrappone: l'uno l'agente, l'altro il termine della volizione.
Cominciamo dall'ego. Abbiamo ragioni per ammettere che le valutazioni morali a
noi note siano solo concepite nei riguardi del l'agente? No,perchè l'ego non
può sostituirsiall'alternelvalutare ciò che gli giova di più.Questi lo
saprebbe meglio. Si può ricorrere alle funzioni della coscienza, ma anche
queste variano da persona a persona, e anche nella stessa persona. Il principio
dell'interesse beninteso è quindi sottoposto a gravi variazioni
individuali. Neppure l'alter come tale ha diritto ad essere considerato
come soggetto del valore, in tutte le sue determinazioni individuali e
variabili Da questa analisi Meinong conclude che il vero soggetto del valore
morale dev'essere un terzo disinteressato e neutrale. Come tale il
soggetto non è uno solo, ma sono indeterminatamente molti ; in quanto
anzi si vuol comprendere la totalità dei disinteressati in unico
concetto, si può parlare di un soggetto collettivo, il quale sarà
precisamente la collettività circostante – “dieumgebende Gesammtheit”. Il
soggetto imparziale e disinteressato della valutazione morale è adunque la
collettività. Il valore morale è un valore umano e concreto.Le
quistioni del valore sono quistioni di fatto. E un fatto è che l'uomo normal
mente attribuisce valore alla simpatia e non -valore alla disposi zione
contraria ad essa.L'uomo,come tale,è,dunque,indefinitivo, il vero soggetto
delle valutazioni morali laddove quelli sinora esaminati si distinguevano per
una grande squisitezzae sicurezza. Ma anche alle volizioni quasi-morali si
può applicare il metodo di misurazione, che si serve dell'ipotesi
ausi liare del conflitto, e segnatamente la comparazione con la forza di
motivazione dei valori egoistici. Anche i valori morali si possono considerare
come valori propri e come valori traslati. Non solo i valori propri sono
fondati sulla estimazionecollettiva,ma i valori morali in generale costituiscono
pure, in un certo senso, dei valori traslati per la collettività. La
dimostrazione di questo fatto è di grandissimo interesse pratico, perocchè
conferma,che il soggetto del valore morale è di fatto la collettività, e che
i dissidenti sono individui insufficientemente o erroneamente orientate. Oggetto
delle valutazioni sono le disposizioni dell'animo. Che le disposizioni
interiori abbiano un valore traslato nessunomette in dubbio, etantomeno, sidubiterà,
che questo valore varî secondo il termine correlativo delle dispo
sizioni, cioè secondo l'oggetto cui tendono.Il valore dei sentimenti
simpatici e antipatici segna quello delle volizioni, e questo segna il valore
delle azioni. Cominciamo da queste. Dato un individuo E, il quale sia sul
punto di agire favorevol. mente o sfavorevolmente riguardo a un individuo A, si
domanda, se un terzo individuo X, affatto estraneo al rapporto E A, epperò
neutrale, possa provare interesse all'azione di E. La risposta non può essere
che affermativa, e ciò per varie ragioni.Anzitutto pel sentimento generico di
simpatia umana, che non può mancare qui di manifestarsi, tanto più che
gl'interessi egoistici di X non sono in quistione;inoltre perchè l'attività
buona consolida e aumenta in E una disposizione al bene, che potrà poi giovare
ad altri in dividui B, C e persino anche eventualmente a X ; inoltre perchè
l'azione buona è un esempio che provoca,per la legge dell'imitazione, disposizioni
analoghe in altri a fare il simile, il che aumenta le probabilità generiche
buone, favorevoli anche per X. Adunque ciò che accade tra E ed A non può
lasciare indifferente X, il quale attribuirà valore positivo a un'azione
altruistica, e valore nega tivo a un'azione egoistica di E. Dall'azione
passiamo al sentimento,cioè all'animo,che essa rivela. Non c'è dubbio, che
nella maggior parte dei casi il valore della volizione è il presupposto del
valore dell'azione. Un atto accidentale non esercita tanta influenza
indiretta (anche in rapporto all'imita zione),quanto un atto
volontario.Passando dalla volontà alle dispo sizioni dell'animo, che in quella
si manifestano, è pure evidente che la volontà buona è dipendente da
disposizioni costanti del soggetto, le quali sono naturalmente quotate, come
valore traslato, più al tamente di un atto momentaneo, sebbene voluto. E
poichè il contenuto della volontà buona è la simpatia per altrui beni o
mali, così il vero valore traslato dell'atto di E riguardo ad A, risiede per X
nella quantità di simpatia che l'atto manifesta. Con una serie di considerazioni infine il
Meinong riesce a sta bilire, che nel terzo individuo X, neutrale e
disinteressato, può scorgersi il rappresentante della collettività, cioè il
vero soggetto della valutazione morale. Compiuta questa indagine intorno
all'oggetto e al soggetto del valore, Meinong affronta il problema del
dovere,della imputazione e della libertà. Le indeterminatezze del
concetto del dovere, si teoretiche che pratiche, possono eliminarsi, secondo il
Meinong, considerandolo sotto l'aspetto del valore. Non solo,ma questa indagine
cifarebbe conoscere una sufficiente a spiegare definitivamente i fenomeni
del dovere morale. Nel dovere morale è caratteristico l'oggetto
deldovere. Morale è quel dovere che ha per oggetto una volizione morale. Ciò
cheha un valore morale positivo costituisce il campo del dovere m o rale
positivo, mentre il non -valore dà luogo al dovere negativo.
Caratteristico è pure, che il dovere morale ha diversa intensità secondo la
qualità morale del suo oggetto. Il dovere più reciso ed energico si
afferma nel campo del cor retto, il più energico non-dovere nel campo
del riprovevole; più debole è il non -dovere che si riferisce al tollerabile,
e almeno altrettanto debole è forse il dovere del meritorio. L'intensità
non resta però costante nel seno di ciascuna di queste categorie;
si può invece ingenerale affermare, che pei valori positiv il'intensità
del dovere decresce, a misura che aumenta la grandezza del valore vera
causa morale, pei valori negativi la forza del non-dovere cresce colla
grandezza del non-valore. Questa funzione tra intensità del dovere e valore ci
dice,che i dovere è un fenomeno del valore e consiste precisamente nel
va lore della volizione morale, qualificata tale non in rapporto al sog getto
agente, ma in rapporto alla collettività. Esso dipende cioè non dal valore
delle disposizioni d'animo del soggetto (W), ma dalla valutazione collettiva
(w), la quale determina e impone al sog getto agente un valore attuale.
Notevole è che mentre il valore disposizionale sentito dall'agente può
spingerlo al più grande sa crificio per un ideale,il valore attuale imposto
dalla collettività si contenta di piccoli sacrifici, sicchè i doveri sociali
si possono compiere con un piccolo sforzo. Chi adempie al suo dovere quoti
diano, puro e semplice, attua per la società un valore importan tissimo,
incomparabilmente più grande dello sforzo che gli costa. Il vero bisogno
sociale di moralità si limita a che si faccia ciò ch'è corretto, e si
tralasci ciò ch'è riprovevole ; il contrario rappre senta un pericolo
sociale. Donde deriva il carattere autoritativo del dovere? Premesso che
ogni dovere si riferisce al futuro, si può osservare che esso con siste in un
particolare caso di decisione proposto personalmente all'individuo agente da
una valutazione collettiva. Si noti infine, che al campo del corretto corrisponde
il dovere – “Pflicht” -- come determinazione più particolare del “Sollen”
nel senso più rigoroso della parola, e che il termine correlativo del
dovere è il diritto. Mentre nel dovere l'interesse morale è rivolto
al futuro, l'imputazione riflette essenzialmente il passato, e partico
larmente le azioni compiute. I casi nei quali non ha luogo alcuna
imputazione sono quelli in cui non c'è stata volizione,epperò le azioni
in cui il momento psichico manca o non è costituito da una volizione.
Gli atti istintivi possono rientrare nella categoria dell'imputabile, se sta in
potere della volontà l'evitarli; casi in cuic'è statavolizione,ma è accaduto
cosa diversa dalla voluta, o almeno prevista; l'errore conta qui tanto quanto
l'ignoranza o l'insufficienza intellettuale; casi in cui c'è stata
volizione e previsione del risultato, ma o la volizione non riguarda un fatto
moralmente valutabile,o si è agito in uno stato di necessità (per costrizione
esterna,fisica o psichica). Se la costrizione non era assolutamente
irresistibile,invece di soppressione, c'è attenuazione della responsabilità. I
casi nei quali l'imputazione si attenua si possono schema tizzare così.
L'occasione, cioè il complesso delle circostanze che hanno influito sulla
volizione.Quanto più grande è stata, per esempio, la tentazione, tanto
più piccola la colpa. Nel concetto d'influenza si comprende anche la
suggestione, la quale in certi gradi può persino sopprimere la
responsabilità. I momenti intrasubbiettivi, che si possono suddividere in
varie categorie: i rapporti personali fra il soggetto agente e l'altro
soggetto, cui l'azione si è riferita; l'opinione che si ha della
imputabilità del soggetto; il passato psichico dell'agente; Tutti questi
momenti si applicano, oltre che alla imputabilità, alla calcolazione del
merito di un'azione. Il punto centrale, cui il problema
dell'imputabilità o del merito di un'azione si riferisce, è la spontaneità morale
dell'agente. In com pendio si può dire: chi pone il problema della
imputabilità di un'azione, cerca di conoscere due cose: in quale misura
l'azione sia proceduta dalla disposizione d'animo (Gesinnung) del
soggetto, e come questa disposizione sia in realtà. le differenze subbiettive, dipendenti dal
temperamento; il tempo, in rapporto sia alla durata dell'azione,sia allo
intervallo trascorso fra l'azione e l'imputazione (prescrizione). Il
processo della imputazione morale non è però soltanto intel lettuale ;
consiste anche in una reazione emozionale, con la quale lo spettatore
imparziale X si investe quasi della condizione di A danneggiato o
favorito da E. La collettività, rappresentata da X, reagisce quindi, dal
lato emozionale, come A. Nell'imputazione intellettualmente concepita, oggetto
della valutazione è la persona lità di E, in quanto il suo atto può
considerarsi come una emana zione diretta (per la spontaneità morale) di
questa personalità. Pervenuto a questi risultati nel caratterizzare l'im
putazione, Meinong osserva di non avere fatto uso del concetto della
libertà. E segno, egli dice, che questo momento non ha per la teoria
dell'imputazione quell'importanza, che gli si suole attri buire. Nel
concetto della libertà in senso non soltanto morale, ma ge nerale, c'è una
negazione: ciò ch'è negato è qualche cosa di av verso e di spiacevole, vale
a dire un non-valore. Dove manca qualche cosa di prezioso, c'è una lacuna, non
c'è libertà. La libertà che si riferisce alla vita morale è stata distinta:
in libertà dell'agire e in libertà del volere. Per libertà d'agire si
è intesa la libertà fisica di fare o non fare. Si dànno le seguenti
eventualità: 1. io tento un'azione, ma un ostacolo esterno la impedisce.
Io non tento, perchè un ostacolo, come nel caso 1, lo impedirebbe. Io tento e
riesco: e così affermo la mia libertà di agire; 4. io non tento, ma se
tentassi non troverei alcun ostacolo, allora la mia libertà di fare è
ipotetica, e diviene una facoltà. Questa casistica si può applicare anche
alla libertà del volere, sostituendo al tentativo di fare il tentativo
di volere. Lo stato d'animo predisposizionale della volontà è allora il
de siderio : 1. io desidero, ma non posso volere. Io non desidero, ma se
desiderassi non potrei volere. Io desidero, e poichè non trovo alcun ostacolo,
voglio anche : è questo il caso della libertà del volere o del
decidersi; 4. io non desidero, ma se desiderassi non troverei
difficoltà anche a volere. Qui la volontà diviene ipotetica, e, se
combinata con altri casi simili, diventa libertà di scelta.Abbiamo così
iquattro casi possibili di libertà:libertà dell'agire, libertà del
decidersi, libertà come facoltà, e libertà di scelta. La libertà si
può definire,in una parola, come desiderio di vo lere secondo la propria
inclinazione. Libertà significa allora tanto quanto spontaneità e, così
definita, si ricollega con tutti i momenti della valutazione morale di già
determinati. L'etica è la scienza, così conclude il Meinong, che esamina il
valore che l'uomo ha per l'uomo, e più particolarmente il valore che l'uomo ha
nel suo modo di comportarsi con l'uomo. Notevole è in questa definizione il
momento della universalità,che distinque il campo dei fatti morali. Il senso
comune tende nelle valutazioni morali a rendersi indipendente dalle
peculiarità indi viduali e dalle circostanze eccezionali: esso pretende di
tenere una uguale misura per tutti. Quella definizione dice pure che
ciascun uomo può essere soggetto di valori morali,non meno che oggetto di
valutazione; nessuno può dirsi neutrale nelle valutazioni morali. Non può pero
mai accadere, che il soggetto e l'oggetto del valore s'identifichino. Non
che non si possano valutare le proprie volizioni, ma non sipuò identificare il
vero soggetto del giudizio etico con sè stesso. Voler porre accanto a un'etica
sociale un'etica indi viduale è perciò inammissibile. Anche quando
l'interesse etico è ri volto al proprio io, la collettività è parte
interessata in queste valutazioni, e non le si può perciò negare la funzione
di vero sog getto del valore morale. Si è attribuito all'etica un
carattere normativo; ciò non deve indurre a credere, che questa scienza possa
di propria assoluta autorità imporre precetti al volere e all'agire degli
uomini. In quanto disciplina pratica,essa può dare " norme,, non in
nome proprio, ma presupponendo posti i fini che si vogliono attuare. Solo
che l'etica non trova,come lealtre scienzepratiche,ivalorigià definiti, ma li
deve ricercare e fissare. Essa diviene quindi normativa nel senso che,
laddove la riflessione ingenua rimane inerte, l'etica scorge valori e
non-valori,e dove la riflessionein. genua valuta in un dato modo, l'etica
lavora a precisare,eacor reggere queste valutazioni. Con le sue deduzioni e
dimostrazioni essa può infatti chiarire errori ed anomalie del valore,
che sfug. gono all'occhio non esercitato o indifferente.Ma pure non bisogna
dimenticare che i problemi del valore sono problemi di fatto,che l'etica è una
scienza empirica, e che l'empiria ha sempre l'ultima parola nelle statuizioni
morali. costituisc Leonardo Caffo.
Keywords: l’altruismo, disobbedienza, “Homo sapiens sapiens”, homo, uomo,
umano, humanus, Anthropos, aner, maschio, vir, virilita. Specismo,
anti-specismo, sub-specismo, homo sapiens sapiens. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Caffo” – The Swimming-Pool Library.
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