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Wednesday, January 8, 2025

GRICE ITALO A-Z C CAFF

 

Grice e Caffarelli: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale estetica – synaesthesia  -- consentimento  – scuola di Ravenna – filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Faenza). Filosofo emiliao. Filosofo italiano. Faenza, Ravenna, Emilia-Romagna. Grice: “You’ve gotta love Caffarelli; he philosophised on all that I’m interested in, notably “il bello,” whih he relates to art, communication, love – and the rest of it!” Figlio di Colombo ed Edvige Regoli, e una figura singolare nel panorama culturale faentino della prima metà del Novecento. Frequenta la Scuola di musica di Faenza ed il Liceo musicale di Bologna, dove consegue il diploma di composizione. Direttore della Scuola di musica e autore dei poemi scenici "Galeotus" e "Kisa Gotami".  Gli anni tra la fine del secolo e lo scoppio del primo conflitto mondiale sono un periodo di intensa e tormentata ricerca interiore, caratterizzata dall'allontanamento dalle credenze religiose tradizionali. Gli esiti mistico-esoterici della sua ricerca accentuarono progressivamente il suo isolamento e la sua solitudine. In ambito locale ebbe stretti rapporti con i cattolici "autonomisti" della Lega democratica nazionale murriana e postmurriana, collaborando a diverse iniziative pubblicistiche quali l'Azione di Donati e Cacciaguerra, la «Rivista bibliografica», «La Rivolta ideale».  Partecipa al concorso della Casa Sonzogno di Milano per opere liriche da far rappresentare Teatro alla Scala con un lavoro dal titolo Galeotus, " poema scenico in 4 azioni per la musica", grazie al quale acquisì una discreta fama presso il panorama musicale italiano  Si avvicina agli ideali antroposofici di Steiner, diventando uno dei primi e principali esponenti di questa corrente in Italia. La sua piena adesione alla dottrina steineriana trova espressione ne "L'arte nel mondo spirituale”, vero e proprio manifesto di un'estetica antroposofica. Di analoga ispirazione furono il poema musicale "Adonie"  e il dramma "Ikhunaton". Molto attento alle rinnovazioni culturali della sua epoca, collabora con Pratella, e partecipa alle attività del Cenacolo Baccarini dove conobbe Campana. Organista presso la cattedrale di Faenza. Oltre alla sua attività musicale si segnalano anche traduzioni dal tedesco e saggi filosofici. Volle donare il suo archivio e la sua biblioteca alla Biblioteca Comunale Manfrediana di Faenza che li conserva tuttora. Il Comune di Faenza acquisì il fondo. La loro acquisizione completa avvenne anche grazie alla volontà di Silvestrini, dell'associazione faentina Amici dell'arte. Testimonianze coeve parlano di "una decina fra bauli e casse pieni di manoscritti che si trovano in un disordine impressionante". A tale donazione si aggiunse anche il pianoforte utilizzato da Caffarelli, tuttora conservato presso la biblioteca.  Partendo dalla antroposofia musicale sviluppa un sistema armonico comprendente la tavolozza dei dodici suoni della scala cromatica e che egli chiama sistema dodecamorfo, secondo il quale la musica deve divenire immagine e manifestazione traendo le sue fonti in una sfera spirituale. Così egli afferma nel saggio L'arte nel mondo spirituale. La musica non e una esteriore costruzione di un tema piacevole ma intreccio di suoni-forze, rapporti di suoni-forme, ricami di suoni-movimenti-archetipi. Tende a crear forme espansive, delle quali il nucleo germinale è suono archetipo. Così prosegue nel suo Saggio sull'Armonia sintetica. In questo senso è possibile considerare il ciclo epta-fonico accordale come il generatore del susseguente ciclo ultra-epta-fonico, precisamente come la gamma epta-fonica diatonica genera il ciclo cromatico, e perché l'analogia sia piena, come la gamma dia-tonica di sette suoni ne genera altri cinque cromatici, così il ciclo epta-fonico accordale genera altri cinque accordi ultra-eptafonici e cromatici, che sono la sua completa espansione materiale. L'accostamento che noi facciamo di queste profonde parole al mondo armonico non è arbitrario e fantastico, ma implicito nella natura stessa delle cose. E di nuova purissima luce illumina il mondo armonico, e svela così nuovi rapporti e nuove possibilità, che il mondo dei suoni ci appare essere un sistema, come un universo di suoni, che nella generazione e nella vita ri-specchia fedelmente le leggi cosmiche e le manifesta come vita sonora. Musica Messa in Mib per cori virili a tre voci ed organo, Galeotus. Silfo: commento musicale per orchestra al poemetto in prosa di Arturo Onofri. Le anime orfane: canto per violoncello e pianoforte. Triodia seconda. L' arte nel mondo spirituale: tre saggi come introduzione a una conoscenza spirituale-cosmica dell'arte (Montanari, Faenza). Saggio sull'Armonia Sintetica. Doppia generazione delle armonie. L'armonia come co-espressione  Disegno storico sulla evoluzione della Sonata, Il segreto di Boito. Gli orizzonti esoterici dell'arte. Beethoven e la Gioia (in "I nostri quaderni.  Esoterismo e fascismo. Il movimento antroposofico italiano durante il regime fascista, in Esoterismo e Fascismo. Un enigma esistenziale. Accepting an invitation to say something upon this subject,  I am assured I may speak freely, without any fear of being mis-  understood by my American readers. This assurance is based  upon the fact that in the United States there is no Established  Ohurch. Unfortunately the basis of the assurance is too narrow  for all its issues. Not only are there in England " political dis-  senters," there are also "religious nonconformists." The latter  are not necessarily the former, nor are the former necessarily the  latter, though it is only fair to state that there are many who  might be called politico-religious dissenters. In order to make  this distribution of classes clear to American readers, it should  be stated that the religious non-conformists in particular do not  necessarily make a vital question of Ohurch establishment. They  object to the doctrines, creed, ceremonies, and sacerdotal profes-  sions of the Episcopal Ohurch. Were that church disestablished  to-morrow, religious non-conformity would still entertain its  objections to Anglicanism as defined and insisted upon in the  Book of Oommon Prayer. Religious non-conformists look upon  that book as a compromise between popery and Protestantism ;  they have carefully considered all the comments which have been  made upon doubtful words, and they have given due value to the  pleadings of men who, being nominally stanch Protestants, have  yet given their " unfeigned assent and consent" to the doctrines in  the Book of Common Prayer ; yet, having done so they feel that the  plain and natural interpretation of the words of the latter lead to  the conclusion that the Prayer Book is distinctly more papal than  Protestant. There are many religious non-conformists in England  who look upon the hierarchy as entirely inconsistent with the  simplicity of the conception of the Christian Ohurch which is  given in the New Testament. They are unable to accept all the  pompous and regal titles which are claimed by the clergy of various degrees; they are overwhelmed by such distinctions as, "Most  Eeverend," "Eight Reverend Father," "Very Eeverend," "Eight  Eeverend Lord Bishop " of London or Winchester ; feeling that  such designations are inconsistent, as I have said, with the sim-  plicity of apostolic spirit and custom. Then again, religious non-  conformists are strongly antagonistic to the sacerdotal claims  which are not illogically set up by many of the English clergy.  Not a few clergymen in England insist that they alone have  received valid and authoritative ordination, and under this im-  pression they reject the claims of the entire non-conformist  ministry to be regarded as in any sense divinely sanctioned.  The clergy now more particularly in view are not unwilling to be  friendly with dissenting ministers in a non-professional capacity ;  on the contrary, the personal and social manners of such clergy-  men are often distinguished by the highest consideration and  courtesy ; but let a dissenting minister suggest that even one of  the least sacerdotal clergymen should occupy a non-conformist  pulpit, and conduct a non-conformist service of the simplest and  least pretending kind, and the clergyman will fly off as if he  had been stung by fire. The clergyman has what he calls a  " professional conscience " or an " ecclesiastical conscience ;" in  the keeping of this self-created conscience in his relation toward  dissenters he is most fastidious, whilst many dissenters wonder  how he can accommodate that same discriminating conscience to  not a few of the things plainly insisted upon in the Book of Common Prayer. Eeligious non-conformists, not a few, are unable to  accept the Thirty-nine Articles of the Church of England as they  should be grammatically construed. Others of them think they  find in the Book of Common Prayer the doctrine of regeneration  by baptism. Others, again, are quite unable to accept the Burial  Service, because it seems to make no discrimination between those  who died in known sin and those who died as professed believers  in the Lord Jesus Christ; the Prayer Book looks upon them all as  men whose resurrection to Eternal Life is assured and undisputed.  Whether religious non-conformists are right in all their interpre-  tations and inferences is not the immediate question before me ;  it is enough to state as a matter of fact that such interpretations  and inferences do keep out of the Church of England many who  have not finally made up their minds upon the political question  of Church Establishment. On the other hand there are great numbers in England who are,  in the clearest sense of the term, " political dissenters." The term  has often been used as a stigma, and it has been accepted as such  by those to whom it has been applied. The stigma, however, has  not been regarded as an argument, nor has it, in the slightest  degree, mitigated the hostility which is entertained by those  who believe that the State ought not to be called upon to main-  tain any form of religion. Amongst the political dissenters are  found not a few really earnest Christian men whose political oppo-  sition is stimulated by their simple and ardent piety. Speaking  of the religio-political dissenter, I may say that he starts his argu-  ment from a distinct conception (right or wrong) which he has  formed of the nature and scope of the Christian Church. He says  in effect : The Ohurchof Christ is a spiritual institution : the object  of that Church is the conversion and salvation of man. Its conse-  quent purpose' or duty is the spiritual education and edification of  souls : it proceeds upon a recognition of the supremacy and sover-  eignty of the individual conscience : under these circumstances  it is not only absurd, but profane for the State — necessarily a com-  plex body — ^representing all varieties of religious opinion and cer-  tainly representing many who are unbelievers in Christian doctrine  — to attempt, in any form, or in any degree, to rule a distinctively  spiritual institution. Eeligious dissenters have been shocked by the  idea that Papists, Jews, Infidels, and Agnostics, should have any  official part or lot in deciding affairs which belong to the Protestant  branch of the Church of Christ. They are fully aware of all the  interpretations and glosses which have been put upon this action,  yet, in this case, as in the other, after giving full considera-  tion to them, they cannot but feel that the Christian Church is  tainted by the touch — however guarded and even generous — of an  unchristian hand. The time was when payment was demanded  from dissenters, as from others, in support of the Established Church  of England. That time has gone by, but no credit is due to the  Church itself for its expiration. For many years a desperate  battle was fought about this question of church rates, and the  battle ended in what may be regarded, without offense, as a vic-  tory on the non-conformist side. I allude to this fact, because it  is often said that surely the Church, which has given up its  claim to this species of taxation, has a right to believe and to  teach and to propagate whatever it may believe to be true. In this contention there is an obvious sophism ; any voluntary body  of Christians may logically elect to stand upon this ground and its  claim cannot be j ustly or successfully disputed. But an Established  church is not a voluntary body ; it distinctly and perhaps proudly  claims to be a national corporation ; it uses the national name ;  its designation is nationally inclusive ; every man, therefore, in  the nation has a right to protest against what he may believe to  be a misuse of his name. In theory the Church of England  claims every Englishman as a member. As a matter of fact,  probably one-half of the English population should be reckoned as  wholly outside the establishment ; — some because of distinct con-  scientious conviction ; some because of simple religious hostility,  and others on the ground of religious indifference; yet, still as a  matter of mere statistics, there remains the fact that fully one-half  of the inhabitants of England are not included in what is called  the National Church. Is not this, then, plainly a contradic-  tion in terms ? Ought a church to claim to be the whole,  when it is obviously only a part ? Would the Church be content  with non-conformists who describe England as a non-conformist  nation ? Yet, in view of facts of the most obvious and sugges-  tive kind the Church goes on calmly claiming to be the Church  of the Nation, the Church of the whole people, and in so  arrogantly ignoring facts it can hardly be wondered at that non-  conformists should answer the arrogant claim with resentment  not always, perhaps, well controlled or happily expressed.   The social influence of the Established Church in England is  often very insidious and very baleful. Dissenters, though osten-  sibly recognized, often have to explain and almost to apologize for  their existence. The ignorance of the common run of Church  people respecting non-conformists and non-conformity is simply  astounding. That there are Church of England dignitaries and  others who are perfectly conversant with the whole history of non-  conformity is, of course, indisputable ; but, speaking of the aver-  age Churchman, I should say that his knowledge of English dis-  sent is of the barest possible kind. A very zealous member of the  Established Church once took up a Congregational Hymn-book in  my study, and having perused it a few minutes exclaimed with  unfeigned astonishment: " Why, I see here several of our hymns !"  The hymns in question were the compositions of James Montgomery, Charles Wesley, Isaac "Watts, and Phillip Doddridge, yet the  hymns of these historical non-conformists were quietly assumed to  be " Our hymns" in the sense of the Established Church ! This  incident, trivial enough in itself, is quoted as indicative of an  amount of ignorance which would be simply incredible to an  enlightened American reader. Even where dissenters are tolerated  they are seldom really understood by English Churchmen. It is  next to impossible to get out of the mind of the English Church-  man the impression that the dissenter is secretly bant upon  robbing the Established Church. The Churchman feels convinced  that if the dissenter could only possess himself of the endowments  of the Church he would be quite satisfied. The Churchman may  be argued down upon every point and may be put to the very  humiliation of silence by logic and by fact, yet, there will linger  in his mind the more or less unconscious persuasion that every dis-  senter is a heretic and a felon. I have hardly ever known an in-  stance in which the average English Churchman has grasped the  moral position of the English dissenter. A vicar of good stand-  ing in London lately published a pamphlet on the question of dis-  establishment, in the course of which he pensively inquires, " If  the Church were destroyed, who would baptize your children, who  would marry you, who would oflSciateat the interment of your de-  ceased ?" The absurdity of these inquiries would be simply farcical  if they did not indicate something deeper and deadlier than them-  selves.   No dissenter wishes to destroy the Church. No non-conform-  ist is seeking to limit the spiritual influence of the Anglican  Church, or any of its institutions. It would appear as if the men  in question were under the impression that if they were disen-  dowed they would, of necessity, be silenced. They give the im-  pression to those who are outside that they only preach the Gos-  pel and administer the sacraments because they enjoy the protec-  tion and the emoluments of the State. If a Church were dises-  tablished, what is to hinder those men preaching as zealously as  ever ? And if the Church were disendowed what is there to pre-  vent those men marrying and burying people, as occasion might  arise ? Here again creeps in the influence of the sacerdotal argu-  ment, which leads the untrained mind to accept the sophism that  nothing is religiously valid that is not sanctioned by a certain  official process. Suggestions of this kind cannot but have a very unhappy effect upon the general thinking of the Anglican com-  munity. The impression cannot always be put into words, but it  affects the thought and habit and action of the religious public to  an unlimited and often undefinable extent. Dissenters are every-  where regarded as the enemies of the Church, than which there  can be no greater misjudgment and no greater calumny. Dissent-  ers are among the first to recognize, in the most cordial and em-  phatic manner, the noble service rendered by the clergy and laity  of the Church of England. Their liberality, their zeal, their sym-  pathy with the people, their fearlessness in visiting the abodes of  poverty and the abodes of disease, are all recognized with deep  emotion and unfeigned gratitude by the dissenters of England.  Those dissenters are filled with the conviction that if the Church  of England were disestablished and disendowed, and thus put upon  an apostolic basis, not one of these characteristic features need be  in the slightest degree depleted of energy and beneficence. If any  American readers are under the impression that English dissent-  ers have in view the destruction of the English Church, I should  be thankful if my word could be accepted that the dissenters of  England only wish to liberate the Church from State bonds and  not in any degree to interfere with its spiritual enthusiasm and  activity.   I have spoken of the social influence of the establishment  being insidious and baleful. In illustration of this opinion I  may say that I had not been many days in this country until I  cut out of an American paper the following announcement :   " Here is an advertisement from an English paper:   " 'To Let. — St. Katharine's, Verulam Road. One of the prettiest residences  in Hitchen. Nine rooms, cellars, large garden. £50. Dissenters not eligible.' "   Let any unprejudiced man read this advertisement and say  whether there is not in it a spirit calculated to sow dissension in  the national mind. Three thousand miles away from the action  of such a spirit, American readers may be able to contemplate  the scene with equanimity, and, perhaps, with some measure of  amusement. But let Americans be given to understand that the  great steamships sailing from the port of New York are open to  all the community, except those who belong to a certain religious  persuasion  say Episcopalians, Congregationalists, Presbyterians   let the Episcopalians of this country feel that anybody may avail themselves of those ships but Episcopalians, then they will  be able to express proper feeling in proper terms. Nor may this  advertisement be regarded as in any degree exceptional or singular.  The spirit of this advertisement penetrates English society through  and through. I have known farms engaged, and the leases drawn  up, and all the documents ready for signature, when a question  has been asked regarding the religious position of the incoming  tenant, and on its being discovered that he was a dissenter all the  negotiations have been pronounced null and void. There are  many villages and hamlets in England where a Wesleyan Metho-  dist may not hold a prayer meeting, even in his own house, and  this is made absolute, not by some general verbal agreement, but  by definite legal covenant. Can it be wondered at, then, that it  should be felt by dissenters that the social influence of the estab-  lishment is often insidious and baleful ? People who suffer from  the puncture of these thorns are more likely to know how sharp  they are than those who look upon the suffering from a comfort-  able distance. There are mercantile situations in England which  are not open to dissenters. There are high educational positions,  as head masters and governors, that are not open to non-conformists.  In this way the spirit of religious persecution is still rampant.  Lord Selborne, in his recent defense of the Church of England,  has pointed out the direction in which his own thoughts are run-  ning. Whilst a tolerant and eminently amiable man, yet his lord-  ship has put it on record that, in his opinion, Mr. Gladstone is  endangering the continued existence of the Church of England by  inviting into his Cabinet men who have made Disestablishment an  item in the new Liberal programme. Is not this religious perse-  cution ? Is not this the very spirit of the Inquisition ? Is it not  herein suggested that Mr. Gladstone should first ask every man  eligible for a cabinet position whether he is a Churchman or a  dissenter ?   The advertisement in the above instance pronounces a dis-  senter ineligible for the tenancy of a beautiful villa ; other ad-  vertisements pronounce dissenters ineligible for certain educa-  tional official positions ; Lord Selborne, an ex-Lord Chancellor  of Great Britain, pronounces dissenters who have the courage of  their convictions ineligible for cabinet service ! If this is not re-  ligious persecution the term needs to be redefined. In the face  of facts of this kind it is somewhat galling to be exhorted to "let bygones be bygones." The dissenter is perfectly willing to adopt  this maxim and to follow this policy, but he rightly insists that  the bygones should be gone in reality and not in pretense. The  tree is not gone so long as the root remains.   Not a single concession has ever been made to English dis-  senters in a spontaneous and cordial manner on the part of the  English Church. Church rates have been abolished. University  Tests have been superseded, churchyards have been opened for  the general use of the parish, and many penalties and disabilities  have been swept away, but, in every instance, the action has been  begun, continued, and completed by dissenters themselves. Thus  the Church is being gradually disestablished in England ; piece  by piece the old fabric is being taken down. I cannot but regret  this piecemeal disestablishment. So long as persecution was  allowed to retain concrete forms and to operate in a way which  could be felt without metaphysical exposition, there was hope  that the people would rise in religious indignation and demand  the eradication and not the mere disbranching of the evil. Eng-  lish dissenters, however, have acted on the policy of a gradual  and almost imperceptible disestablishment, so that now the  Church is brought to about the last degree of attenuation, so  much so, indeed, that Churchmen are asking on every hand,  " What have dissenters to complain of ? what grievances have  they to state ? under what penalties do they suffer ?" All these  questions show that the interrogators have no idea of the funda-  mental and eternal principle upon which non-conformity takes its  stand, namely, the principle of liberty of conscience and freedom  of action in all matters relating to religious life and conviction.  Dissenters are opposed to the idea that the State should have any-  thing whatever to do with religion, in the way of directing, con-  trolling, or patronizing it. It is, therefore, not a question of in-  tolerance, persecution, or penalty, however feeble or small these  may be ; the question is infinitely greater, penetrating, as it  does, to the very heart of things and insisting that a right con-  ception of the Kingdom of Christ upon earth is inconsistent with  political Cffisarism and worldly criticism and patronage.   It may be asked whether the opposition to the Church of  England is organized, or whether it is left to the expression of general sentiment. In reply to this inquiry I have to say that  there is an institution known by the name of " Society for the  Liberation of Religion from State Patronage and Control" which  is supported by a large number of the most able and most gener-  ous British non-conformists. This Society has been in existence  about forty years, and has been characterized in all its action by  the highest intelligence, determination, and munificence. I am  afraid, without having official records at hand, to say how much  money has been contributed to the funds of this Society, but I am  certain that, taking the whole period of its existence, the sum has  been worthy of the great cause which the contributors have  espoused. Perhaps I may speak the more freely of this Society,  because I am neither a member of it nor a subscriber to its funds.  The name of the Society indicates clearly that the interest of its  members begins in religion, rather than in politics. When we  read of a society for the emancipation of slaves we justly infer  that originators and supporters of the society have studied the  question of slavery, and are deeply interested in the subject of  human liberty ; so, when we read of the liberation of religion, we  naturally conclude that those who are interested in that service  are those deeply convinced of the nature and obligation of relig-  ious doctrine and life. Such a society, therefore, I could heart-  ily join, were its action faithful to its name. I do not join the  existing society because it has not shrunk from inviting to its  platform men whom I know to be merely political in their sym-  pathies and purposes, and whom I also know to be hostile to  every form of religion, whether established or non-established. I  am prepared to accept the charge of being in some degree narrow-  minded in this matter, but my narrow-mindedness absolutely pre-  vents me from co-operating with men in the liberation of religion,  whose often avowed object I know to be the destruction of  religion. Certainly, as citizens, such men are at liberty to carry  out their convictions, but they ought to be members of a society  for the Liberation of the State from the control and patronage of  religion. Under some such designation as this their society  would be legitimate, and their relation to it would be logical,  natural, and necessary. I simply point out this distinction to  indicate why some Englishmen, who are zealous non-conformists,  and even political dissenters, are not connected with the Libera-  tion Society. The words "Liberation Society" are not the whole title of the Society ; if they were, they would be perfectly sufficient  to cover the whole ground ; but, from my point of view, the posi-  tion which is given to " religion" in the title of the Society should  prevent co-operation within the limits of that Society and under  its noble watchword with men who openly live by denouncing  religious doctrine and service of every kind.   Having thus delivered my mind on this matter, I am free to  say that the Liberation Society is from end to end of its history  inspired by an honest and lofty purpose. Its officers, its lectur-  ers, its agents are in the overwhelming majority of instances men  whom the Christian churches of England delight to honor; The  Liberation Society is now acknowledged to be a political factor in  contemporaneous English history. Statesmen quietly, and some-  times openly, inquire what the Liberation Society will do in such  and such cases. Even conservative statesmen cannot ignore the  growing power of English non-conformity in the cities, villages,  and hamlets of the country. Much of this is due to the action of  the Liberation Society, whose lecturers have gone everywhere ex-  pounding sound Christian doctrine with regard to Church Estab-  lishments, and circulating in great abundance literature adapted  to popular use.   So much for what may be called organized opposition to the  Established Church. But, beyond this, there is an opposition of  what I cannot but consider a more vital and more influential char-  acter. Every non-conformist chapel is, in reality, a non-conform-  ist argument. In nearly every village in England non-conformity  makes its institutional sign. Here is the Primitive Methodist  Chapel, yonder is the Congregational Chapel, further on is the  Wesleyan or Presbyterian Chapel, and the very appearance of  these buildings excites inquiry and stimulates discussion. For  my part, I am more hopeful of influences of this kind than of  influences that are critical, controversial, and openly hostile.  Growth is sometimes better than attack. Sometimes men do not  know exactly what course their action is taking, or to what issue  it is tending, so that many who imagine themselves to be simply  living a quiet Christian life, without taking any part or lot in  ecclesiastical politics, are all the time doing a constructive work,  the proper issue of which is the overthrow of Church Establish-  ments, and the inauguration of a healthy religions spontaneity and  independence. Many men, who would hardly allow themselves to be called dissenters, are thus, indirectly, upholding the cause of  dissent. So that, in this way and in that, some openly, some  controversially, some silently, some influentially, the great work  of propagating right ideas regarding the Christian Church is pro-  ceeding rapidly and surely in England.   All this I have written in no merely controversial spirit, but  simply with a desire to give a frank expression to my own  convictions and, I believe, to the convictions of many of  the English people. If I change the point of view and look  upon the Church of England with Christian eyes, I should  claim to be among the foremost to recognize, as I have already  said, the great work which the Church of England is doing.  I can never forget the obligations of Christian England to the  English Church. He would be, not only an unjust man, but  utterly blind, who denies that the erudition, the zeal, the personal  liberality, of the English Church are worthy of the devoutest com-  mendation. I may be permitted to add as an English Congrega-  tional minister that probably no minister in England preaches to  more English clergymen than I myself do, in connection with the  noonday service held every Thursday in the City Temple, London.  The personality of the reference will be forgiven for the sake of  the object which I have in view, which is to indicate that on every  hand I have received the broadest and kindest encouragement from  clergymen of the Established Church. In speech, in writing, in  published articles, they have done everything in their power to  encourage me in my service. Yet, this very kindness brings into  strongest contrast the point to which I have already referred,  namely, that not one of these clergymen would be allowed by his  bishop to preach in my pulpit. Clergymen have accepted invita-  tions to preach there. Our arrangements have actually proceeded  to the point of public advertisement. They have even gone to the  very morning of the day on which the service was to be rendered,  and at the eleventh hour the bishop has interposed and forbidden  the fulfillment of the engagement. On two occasions, the Bishop  of London has done this in my own case. Now, this is no ques-  tion of Establishment or Disestablishment. This is purely an  Episcopal and sacerdotal question, and the Episcopal injunction  would just be as prompt and resolute as it is to-day, were Dises-  tablishment to take place instantly.   Circumstances of this kind justify me In saying that the Established Church question may be viewed from either of two points,  either from the point of Episcopacy, amounting almost to Papacy,  and from the point of political dissent or Disestablishment. Al-  together the Church life of England is in a very disturbed and  undesirable state. Even courtesy itself is often streaked by sus-  picion. The most cordial social relations are often felt to be  reserved and restrained in a sense that can hardly be expressed in  words. That the Church of England will be disestablished within  a comparatively brief, period is my firm conviction. I hope noth-  ing will be done by violence, but that we shall accept the pro-  cesses of education which, though often slow, are sure. Every  Board School that is founded helps the education of society, and  my conviction is that we only need larger, freer education in or-  der to liberate men from the superstitions and fantasies which  have so much to do with the maintenance of mechanical religion.   Joseph Parker, D.D.,  Minister of the City Temple, LondonLamberto Pietro Gaetano Caffarelli. Lamberto Caffarelli. Keywords: l’armonia come co-espressione, armonia virile, coro virile. Boito, eptafornia, cromatismo, sistema dodecamorfo, saggi filosofici, teoria dell’armonia, armonia ultra-eptafonica, armonia cromatica, armonia dodecamorfica, coro virile, armonia virile, armonia come co-espressione virile. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Caffarelli” – The Swimming-Pool Library.

 

Grice e Caffo: all’isola -- la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’ego et dell’alter -- l’altruismo – scuola di Catania – filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza, pel Gruppo di Gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool Library (Catania). Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Catania, Sicilia. Grice: “I love Caffo; he has philosophised on most things *I* did! My favourite has to be his ‘bestiary’: “A is for ‘Animal’” – and that’s all the bestiary we need! He has also explored ‘altruism,’ and is in general concerned with a conceptual analysis of my basic key expressions: ‘communicazione’ (‘l’origine della communicazione umana’), ‘logica e linguaggio’ (one of the five questions of philosophy, for him), etc. – He has dialogued with syntacticians, as I did, when I met Chomsky!” --   Grice: “Caffo is a Griceian in the sense that he considers, like I do, there is a continuum between non-human animal and human animal – indeed, he is so into this, that he calls his ism ‘animalism,’ which I suppose is o-kay; perhaps we would differ on the implicatura of the term: which seems to be that ‘umano’ is JUST ‘animale’ --  Urmson and Hare loved to play witht his: “There is an animal in the backyard.” “I don’t see it.” “You won’t – it’s a bacteria.” “There is an animal in the backyard.” “I don’t see it.” “It’s Aunt Lucy.”” Si è laureato in filosofia alla Università degli Studi di Milano e ha conseguito il dottorato, sempre in Filosofia, presso l’Università degli Studi di Torino dove, sotto la guida di Maurizio Ferraris, ha poi anche lavorato al Laboratorio di Ontologia diretto da Tiziana Andina. È noto soprattutto per le sue teoria sugli Animal Studies, il postumano contemporaneo, e l’antispecismo (“debole” nella sua versione), per cui è stato anche criticato da alcuni media. Ne La vita di ogni giorno (edito da Einaudi nel ) si è invece occupato di filosofia in senso più ampio e divulgativo proponendo una "alternativa filosofia". In Fragile umanità. Il postumano contemporaneo (Einaudi, ), "si interroga su quale possa essere il nuovo paradigma di vita destinato a sostituire l'Homo Sapiens". Dal  insegna Ontologia presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino; insegna anche alla Nuova Accademia di Belle Arti di Milano, alla Scuola Holden e al Made Program della Accademia di Belle Arti Rosario Gagliardi a Siracusa. È collaboratore de La Lettura, scrive saltuariamente anche sulle pagine culturali de La Sicilia, L'Espresso, il manifesto e il Corriere della Sera. Ha un blog su The Huffington Post. Dirige la rivista Animot: l’altra filosofia ed è opinionista di varie trasmissioni televisive, come Tagadà o Porta a Porta.  Per le sue posizioni antispeciste, interviene spesso su reti televisive e radiofoniche italiane e straniere, oltre che in festival culturali. La sua teoria dell'antispecismo debole è dibattuta nella stampa specializzata. Ha pubblicato le sue ricerche su riviste filosofiche quali The Monist, Journal of Animal Ethics, Domus, Rivista di Estetica. È stato definito da Maurizio Ferraris «il più promettente, versatile e originale tra i giovani filosofi italiani». A Milano ha co-fondato il caffè letterario Walden. Nel  è entrato a far parte, appoggiandone il progetto, nell'Advisory Panel italiano di Diem25. Nel febbraio, conduce assieme a Margherita D'Amico un programma radiofonico su Rai Radio 3, intitolato "L'umanità e altri animali". Ha partecipato come speaker alla edizione  del FestivalFilosofia di Modena con una lectio sull'antropocentrismo e le "persone non umane". È co-curatore del Public Program  della Triennale di Milano.  Altre opere: “Soltanto per loro, Roma, Aracne); “Azione e natura umana” Rimini, Fara); “La possibilità di cambiare, Milano-Udine, Mimesis); “Flatus Vocis, Novalogos, Aprilia); “Adesso l'animalità, Perugia, Graphe); “Il maiale non fa la rivoluzione, Casale Monferrato, Sonda); “Margini dell’umanità, illustrazioni di Tiziana Pers, Milano-Udine, Mimesis); “Il bosco interiore, Casale Monferrato, Sonda); “Del destino umano. Nietzsche e i quattro errori dell'umanità” Prato, Piano B); “La vita di ogni giorno, Torino, Einaudi); “Fragile Umanità. Il postumano contemporaneo, Torino, Einaudi); "28 anni. O della filosofia giovanile", in H. D. Thoreau, La Disobbedienza Civile, Einaudi, Torino); Vegan. Un manifesto filosofico, Torino, Einaudi); “Il cane e il filosofo. Lezioni di vita dal mondo animale, Milano, Mondadori); Dopo il COVID 19. Punti per una discussione, Milano, Nottetempo); Quattro Capanne. O della semplicità, Milano, Nottetempo); Un'arte per l'altro. L'animale nella filosofia e nell'arte, Firenze, goWare, Edizione cartacea: Graphe, Perugia); “Radicalmente liberi: A partire da Marco Pannella, Milano-Udine, Mimesis); “Così parlò il postumano, a cura di. E. Adorni, Aprilia, Novalogos);“A come Animale, Milano, Bompiani);“Manifesto per gli animali, Roma-Bari, Laterza);“Costruire Futuri. Migrazioni, città, immaginazioni, Milano, Bompiani);“A partire da Tiziano Terzani, con prefazione di Angela Terzani, Pordenone, Safarà);“Intromettersi, Elèuthera, Milano. Antispecismo. Specismo. quando esse stesse costituiscono oggetto di valutazione. Per l'analisi di queste circostanze sotto l'aspetto del valore morale, Meinong si serve di una simbolica assai semplice, distinguendo il bene e il male, secondo che siano propri del soggetto  o di altri soggetti, rispettivamente colle lettere g e u, r e u; e le appetizioni egoistiche, altruistiche e neutrali colle lettere e, a, n, s e sono del soggetto, colle lettere n, q e v se appartengono ad altri soggetti.  I valori egoistici risultano perciò espressi con le lettere  i neutrali colle lettere:  Ta  е  e  201  96,  Un  Pla,  7  Ja,  rn  Uca   Uy : Non tutte le circostanze che accompagnano l'attuazione di uno scopo della volontà, hanno importanza pel valore morale. E intanto è certo,che esse in generale entrano a far  parte del fenomeno,non in quanto sono reali,ma in quanto il soggetto le ritiene tali. È sempre il lato subbiettivo che interessa  nel giudizio morale.  gli altruistici con le lettere:  Tv  e  Siccome Meinong non si propone di dare una teoria compiuta dei fatti concomitanti del valore, ma solo di analizzare taluni casi  speciali, così, per evitare complicazioni, quando adopera i simboli senza l'indice intende significare i valori egoistici.  Questi simboli possono esprimere beni, ma anche le volizioni ad essi riferentisi. Per indicare le volizioni Meinong adopera gli  stessi segni fra parentesi.  Infine per semplificare il calcolo egli suppone,di regola,che la circostanza concomitante sia sempre una sola,la quale insieme alla volizione formi ciò che egli chiama binomio della volizione. Se le circostanze sono più, allora si forma un polinomio La precedenza della lettera in un polimonio o binomio indica il valore principale desiderato o attuato. Tra lo scopo dellla volizione e l'oggetto della valutazione conco mitante possono correre le seguenti relazioni. Identità: ciò che il vero artista crea non soddisfa lui sol tanto, egli apparirà sempre in qualche modo come un beneficatore di tutta una sfera di uomini.  Coesistenza di più qualità di una stessa cosa o anche di più cose : per esempio, un tale vuol comprare un piano che ha un bel tono, ma il piano ha anche una cattiva meccanica; o un cane da guardia molto vigile, il quale però morde; o una macchina che lavora bene, ma che fa rumore e fumo, ecc.  Nesso causale, nelle sue due forme: a) lo scopo è causa di conseguenze valutabili; chi, per esempio, promuove il movimento e l'industria dei forestieri, mira ad arricchire il paese, ma anche lo demoralizza; b) lo scopo non si può raggiungere che come ef fetto di dati valori morali ; per esempio, un fabbricante per [In che modo ifatti concomitanti del valore sono  connessi collo scopo della volizione? Siccome ogni scopo di voli zione è anche un oggetto di valutazione,la domanda può formu larsi,in termini generali, così:come dei valori  possono entrare in connessione tra loro? Si noti però che la connessione deve sta  bilirsi prima del cominciamento della volizione  deve tenerne conto.,giacchè questa  escluse.  Le coesistenze casuali restano naturalmente  Ora torniamo alla domanda principale: in che modo il valore morale di una valutazione dipende dai valori concomitanti,e,in caso di binomio, dal valore concomitante?  Noi abbiamo distinto quattro categorie di valori, g, T, u e u, le quali si applicano anche ai fatti concomitanti.  Però il casou si può omettere, perchè non accadràmai, chesi voglia un proprio non -valore per sè stesso. Rimangono così tre possibilità, le quali, liberamente combinate, dànno XII casi cheono la tavola dei valori. Per l'esame di questi casi bisogna pensare, che ad un oggetto di volizione si aggiungano gli altri come fatti concomitanti, e osservare le variazioni di valore che questo intervento produce. La volizione positivamente altruistica è data dalla formula (Y). Il momento più importante è qui l'associazione della circostanza concomitante u, il proprio danno. È evidente che l'aggiunta di questo secondo momento accresce il valore di (i) e di tanto, quanto più grande sarà il sacrificio proprio. Indicando il valore con W, si avrà dunque:  Se invece si aggiunge v, il danno altrui, sia di persone estranee al rapporto (quando per beneficare uno si danneggia altri), sia dello stesso beneficato (quando il beneficio produce pure un male al beneficato ), allora il valore della volizione con questa circostanza concomitante diventerà minore. E la formula sarà W (ru)< W (Y).  W (r)> WY.  guadagnare di più deve migliorare la condizione materiale dei suoi operai. Se la circostanza concomitante è pure in favore del beneficato, allora la formula sarà indubbiamente W (ru)> W (Y).  Invece l'aggiunta del vantaggio proprio al bene altrui nè dimi nuisce,nè aumenta il valore. Quindi si avrà La volizione egoistica è espressa dalla formula (9), la modificazione più grave qui si ha, quando al caso (g) si aggiunge la circostanza del male altrui v. Allora si avrà:  W (gu)< W (9).  Se la circostanza concomitante è invece r, il valore della voli zione egoistica si eleva. La formula diverrà quindi:  W (gr)> W (9).  Che poi alla volizione egoistica si aggiunga la circostanza secondaria di un altro proprio vantaggio o anche di un proprio danno, non modifica il valore di (g). Si avranno quindi le due eguaglianze W (99)= W (g)= 0  W (uu)< W (u).  Così pure si aumenta il non-valore, se oltre al danno principale si aggiungono altri danni. Epperò W (UU)< W (U).  Per quanto il caso sia inusitato, si può prevedere anche, che al male altrui si associ una qualche conseguenza buona, indiretta,  e  W (49) = Wr.  W(gu) = W(g)= 0.  3. La volizione altruistica negativa o anti-altruistica è espressa  con la formula (u).Se per attuare il danno altrui, si fa anche il  danno proprio u, questa circostanza aggrava il male e aumenta il non-valore.  Si avrà quindi: Il fatto concomitante della propria utilità non aggiunge, nè toglie al valore della volizione principale anti-altruistica. Si avrà quindi l'eguaglianza:  W (ug) = W (u).  La somma dei risultati ottenuti si può disporre nel seguente quadro:  W (rr) > W (v)? W (gr)> W (9)? W (ur)> W (u)? W(rg)=W(T) W(99)=W(9)=0 W(ug)=WU) W (ru) < W ( ) W (UU) < W U )  W(ru)>W()  W (uu)< W U )  Da questo quadro si rileva che le circostanze concomitanti con segno negativo non sono più feconde di effetti di quelle con segno positivo. Di queste ultime, g non modifica nulla, e r non dà risul tatisicuri, come indica il punto interrogativo. L'influenza dei fatti concomitanti si può dunque riassumere così, agisce aumentando debolmente il valore; g non modifica nulla; u diminuisce grandemente il valore; u opera secondo lo scopo della volizione ora au mentando, ora diminuendo e ora non modificando il valore.  Si è già detto che sarebbe unilaterale il voler giudicare del valore morale di una volizione dallo scopo; che però, in quanto lo scopo prende parte alla determinazione del valore, l'altruismo positivo è buono, l'egoismo è indifferente, l'altruismo negativo è cattivo. Ora è importante constatare, che il senso in cui i tremo  menti valutativi operano sui fatti concomitanti è completamente lo stesso. La validità della tavola dei valori, dianzi tracciata,  ma pure prevista. Allora il non-valore si ridurrà, nel modo indicato dalla ineguaglianza: W (ur)> W (u).  g W(gu) < W(9)  W (gu)= W (9) = 0. subisce variazioni, se cambia la qualità della volizione ?-- intendendo per qualità la differenza tra appetizione e repulsione, che però non deve equipararsi a una contrapposizione logica tra affermazione e negazione, i cui termini si escludano a vicenda, ma considerarsi  come una doppia possibilità psicologica, di cui l'una abbia altret tanta realtà indipendente, quanto l'altra.  si possono fare le seguenti sostituzioni, che aiutano a trovare il corrispondente valore nella tavola relativa alle volizioni (1):  (T)= (non—-1) = (U) (U) = (non--V)= (Y)  (ū) = (non- u )= (g).  Lo stato subbiettivo di rappresentazioni e di predisposizioni anteriore alla volizione è indicato da Meinong con la parola “progetto’. E siccome in questo stato abbiamo sup posta anche la cognizione delle circostanze concomitanti valutabili, così al polinomio o al binomio della volizione corrisponde un polinomio o un binomio del progetto. Per indicare questi stati Meinong adopera gli stessi simbolisenza la parentesi. Osservando le volizioni in rapporto agli stati pre-disposizionali, l'analisi delle valutazioni dei fatti concomitanti può rendersi più esatta.  Si ponga, per esempio, un binomio iniziale vu, che esprima il mio desiderio di far male, al momento opportuno, a una persona,  ma che non mi sia possibile evitare, ciò facendo, conseguenze dannose per me, u. Se il desiderio di non danneggiarmi prevale, al  lora non si avrà più il binomio (uu), ma l'altro (ūr), il quale dice che la volizione è risultata nel senso di NON VOLERE IL MALE PROPRIO, (U) (ū)  Un'analisi delle nolizioni mostra, che esse si comportano egual mente come la volizione, solo che si applicano di regola ai valori y, u ed u, ritenendosi assurdo il non volere il proprio van  taggio g. Indicando le nolizioni con (T)  g  pur ammettendo che questa volizione abbia per circostanza conco mitante y, cioè il bene altrui. In forma positiva la volizione fi nale sarà (gr).E così da una situazione iniziale negativa vu si riesce nella opposta gr. Meinong chiama coordinati fra loro due binomi di progetti,dai quali procedano due volizioni formalmente concordanti. Anche i binomi di queste volizioni saranno coordinati fra loro. Egli si ferma ad esaminare più a lungo la coppia dei binomi ru - gu, dei binomi, cioè, che hanno la maggiore importanza pra tica.Il primo esprime l'altrui bene col proprio danno, il secondo il bene proprio col danno altrui.  Nel primo rientrano, nel senso massimale,tutte le occasioni in  cui si può affermare la grandezza morale di un uomo ; nel senso  minimale i casi della più comune fedeltà al proprio dovere.La  sezione di linea dei valori morali che comprende il meritorio e il corretto è tutta espressa da questo binomio; laddove la sezione  che va dal punto d'indifferenza al tollerabile e al riprovevole cor risponde alla negazione di questo binomio.  Nel binomio gu sono espressi tutti i casi che vanno dal più sano egoismo alle negazioni più delittuose dell'altruismo. Reciproca mente, la rinuncia a siffatte volizioni va dal semplicemente dove roso all'eroico.  Le volizioni che procedono da questi due binomi comprendono adunque tutte le quattro classi di valori, caratterizzati in principio. I due binomi anzidetti suppongono un conflitto fra l'interesse proprio e l'altrui. È evidente che dalla grandezza di questi interessi, dalla portata di g e di Y, dipende il valore morale della valutazione (I momenti u eu s'intendono compresi nella ne gazione di g e y. Intanto è certo, che il valore egoistico in cui g è congiunto con u,W (gu), si trova sempre al disotto del zero della scala, ed ha segno negativo ; mentre il valore altruistico in cui  ècongiuntoconu,W (ru), si trova al disopradel zero ed ha segno  positivo. Ciò posto, la funzione valutativa tra i termini dei due binomi si può scoprire agevolmente con una semplice osservazione. Sacrificare un piccolo interesse proprio a un grande interesse altrui, ha un valore positivo minore,che il sacrificare a un piccolo inte  resse altrui un grande interesse proprio. D'altra parte chi non  pospone a un grande interesse altrui un piccolo interesse proprio produce un non-valore morale più basso,che non colui il quale per una utilità propria rilevante non tien conto di utilità altrui tras curabili.  Questo primo abbozzo di una legge del valore si può esprimere nelle due formule:  Y  nelle quali C e C'indicano le costanti proporzionali sconosciute, condizionate dalla qualità delle unità g e r. Nell'applicazione di queste formule all'esperienza si rendono necessarie talune modificazioni.  Seponiamoivalorireg egualiailimiti e0,alloraical coli diventano molto esatti:  - limW(gu)= - 00.  L'esperienza non è però sempre d'accordo con queste formule.  Ognuno ammetterà, chel'adoperarsi nell'interess ealtruisi accosti al punto morale d'indifferenza, quanto più grande è quest'inte resse; e che il trascurarlo divenga nella stessa misura riprovevole, supposto costante e limitato l'interesse proprio da sacrificare. È  W (ru)= C  e  -  W(gu) =-CY  1  per 9  9  12  perr = perr= 0  O  lim W (gu) lim W (gu) = 0  lim W (gu) = 0  per g = 0  (1) lbid.,  limW(ru)= 0, limW(ru) = 0, lim W (ru)= 0, limW(Yu) = 0, pure evidente,che la trascuranza di un interesse altrui diviene  tanto più indifferente, quanto più irrilevante è questo interesse. Epperò non si ammetterà da tutti, che il valore dell'altruismo di  venga allora infinito (come nella 2a formula). Osservando però  bene, questi casi non rientrano nel campo della morale.Si con  trasterà pure che il valore del sacrificio di un bene proprio per l'altrui, cresca colla grandezza del bene sacrificato (formula terza),  ma l'esperienza prova che l’esitazione al sacrificio si fa maggiore quanto più grande è il bene cui si sta per rinunziare.Invece èda riconoscersi che non è esatta la quarta formula,perchè non sipuò  negare ogni valore al bene che si fa ad altri, solo perchè non si determina un conflitto con un bene proprio.  Le formule anzidette si debbono mitigare nella loro assolutezza,  perchè si accostino di più alla realtà.Per far ciò basta attenuare  il valore di g, il che si può ottenere aggiungendo a g ogni volta una costante c o c '.  с  ( lim W (ru) = C, lim W (gu) = - 'C ( 1). Si avranno così le formule:  Queste formule non modificano i limiti funzionali dianzi otte nuti, ponendo y = 0,T = 0 0 g = 00; cambia bensì la formula delquarto limite, perocchè se g= 0: Y. Sin qui abbiamo considerato l'una variabile indipen  dente dall'altra. Che avverrà però, se le variazioni si compiranno in entrambe le variabili congiuntamente, supponendo che reg rimangano uguali fra loro per grandezza di valore ?  Sostituendo a g il simbolo y, le formule diverranno:  Y  T  W(ru)=09+W(ru)=C  W(gu)=-6  T  W(gu)=  9td  rto  с  Ć  rto'  dal che risulta, che il non-valore deve crescere e diminuire nello stesso senso di reg, e il valore in senso contrario.  Consultando l'esperienza,si può riscontrare agevolmente che un  oggetto,per esempio un dono,abbia lo stesso valore per chi lo dà e  per chi lo riceve.Ora si domanda,regalare di più avrà un valore  più alto o più basso del regalare di meno ? Senza dubbio più alto.E  se si contrapponga vita a vita, chi sacrifichi la propria per con  servare quella di un altro, suscita di fatto grande ammirazione.  Questo èperò il contrario di ciòche quelle formule esprimono. Oc corre adunque correggere le formule e per far ciò Meinong intro  duce un esponente di g,più grande dell'unità, e lo indica colle lettere k e k'.  Le due formule diverranno così (rimettendo g al posto di r):  Sicchè si avranno i seguenti limiti:  A questo punto le nozioni dei limiti non hanno più bisogno,se  condo il Meinong, di alcun'altra correzione. Solo per semplicità di espressione ponendoC= 1ek= 2 la formula del binomio di verrà:  È questa la formula principale, cui Meinong si riferirà nelle discussioni seguenti. Le due volizioni staranno, secondo la formula principale or ora  W (ru)- C e Y  gl'+ c  perr= 9  g?+1  e  900 pery 9 = 0  W (gu) = - C'  Y  W (ru)=  ghto  Y  limW(ru) = 00 limW(gu) = 0 limW(ru) = 0 lim W(gu)=0.  Preliminarmente egli ne ricava alcune conseguenze. Ogni pro  getto offre a colui,che dovrà reagire con una volizione, la doppia possibilità di fare o di tralasciare.  W(gu)=  Y g?+ 1  ricavata,in un rapporto di reciprocità negativa,per ciò che ri guarda il loro valore morale.  In secondo luogo, siccome le volizioni di grande valore (positivo o negativo) o sono meritorie o riprovevoli, e quelle di piccolo valore o corrette o tollerabili, così potrà dirsi in generale che: quanto più distanti sono il numeratore e il denominatore di quella formula nella scala dei numeri, tanto più il valore della volizione sarà indicato dalle parti estreme superiore o inferiore della linea dei valori;quanto più vicini sono invece quei numeri,tanto più l'indice del valore cadrà verso il punto di mezzo di detta linea. La formula si applica inoltre anche ai casi di volizioni, i cui scopi non siano accompagnati da circostanze concomitanti. Basta ri durla così:  W () = =  W(g)=0(1). UU. Mentre laprima coppia esprime ilcaso di conflitto d'interessi, la caratteristica della seconda è la concordanza degl'interessi propri  con gli altrui (positivi e negativi). Se il progetto offre l'occasione di congiungere con la mia utilità  l'altrui, o se mi rappresenta un pericolo altrui nel quale scorgo un pericolo mio,la volizione corrispondente sarà espressa con (gr). V'è però anche la rappresentazione del desiderio di un male altrui, cui si associa anche la previsione di un danno proprio. La corri spondente volizione sarà espressa con (uu).  Il conflitto qui non esiste fra g er, ma fragev,cio è frage Meinong passaoraadesaminare,piùbrevemente, un'altra coppia di binomi :  (gr  ge-Y Questa riflessione ci fa subito applicare al caso attuale la formula  principale del primo binomio,così:  gø+1  g1 -Y  W(vu)= q*+  ( r)=  ) Siccome l'azione sarà tanto più riprovevole,quanto più grande sarà il proprio sacrificio in ragione del danno che si vuol produrre, si può togliere y dal denominatore ;la formula precedente si cambia quindi in quest'altra:  -(go+ 1)r.  Mantenendo anche in questo caso il principio della reciprocità negativa dei due binomi, l'altro binomio diverrà  epperò la seconda formula principale così ottenuta sarà:  (g. Le costanze rilevate in queste formule dimostrano sufficientemente, che il valore morale è in relazione tanto con lo scopo principale della volizione, quanto con i fatti valutabili con comitanti .  Questa relazione di dipendenza è però un dato ultimo e irriducibile? o non è essa stessa funzione di un dato ancora più pro fondo ? Noi potremo dire di avere scoperto questo dato, quando osserveremo quel momento particolare della volizione valutata, che,  cresciuto, accresce il valore, diminuito, lo diminuisce.  Ora in questa scoperta l'empiria aiuta più che ogni riflessione  teorica. Essa ci dice, che nelle valutazioni morali ciò cui si mira  è il carattere permanente del soggetto della volizione, la sua ca  pacità o disposizione intrinseca a sentire il bene e il male degli  altri. In altri termini non la volizione per sè stessa,  ma l'animo (die Gesimung) che in essa si rivela, è il vero oggetto della valu  tazione morale.Questo dato empirico,suggerito dalla comune espe rienza, dev'essere ora dalla teoria esattamente analizzato. (g°+1)  W (gr)=  W (gr)=  +1)  =  W (uu)  W (uu)= - (g°+ 1). E anzitutto va messo in relazione con le due formule principali ottenute nelle precedenti analisi.  In quanto alla prima, che si applica ai conflitti tra diversi og getti egoistici e altruistici di volizione,basta domandare,in chegrado e misura il bene altrui ci sta a cuore. Per ogni volizione si  può così stabilire il valore subbiettivo dell'oggetto corrispondente. Se vi ha conflitto, vincerà il valore subbiettivo più grande. La de  cisione fra interesse proprio e altrui (egoistico) seguirà quindi in ogni caso la parte che ha il più grande valore pel soggetto. Se questo opta per Y, ciò vuol dire che l'interesse altrui gl'importa più del proprio; e, viceversa, se optaperg,vuol direche, almeno in questo caso,gli preme più l'interesse proprio che l'altrui. Se ora poniamo che lo stesso valore y venga preferito in ogni caso da un soggetto a un più grande g, e da un altro a un più piccolo g, ciò si può spiegare solo ammettendo una diversità sub biettiva fra i due individui, una diversa disposizione costante dei loro sentimenti. Quanto più grande è il valore g costantemente sacrificato,tanto più ilrelativo soggetto è disposto aisentimenti simpatici. Se, invece, il valore y vien trascurato per un più pic colo g, si deve concludere che il soggetto della volizione è più in differente ai valori altruistici.  Da queste considerazioni possiamo concludere, che nelle risolu zioni altruistiche la benevolenza e nelle egoistiche l'indifferenza dipendono dalla grandezza dell'importanza soggettiva dire di g, come era affermato nella prima formula principale dei valori e dei non-valori morali. La benevolenza e l'indifferenza per l'altrui bene e male è adunque quel momento, parallelamente al quale variano le grandezze dei valori e dei non -valori morali:essi sono pertanto il vero oggetto della valutazione morale. L'esame della seconda formula dà pure analoghi ri  sultati. Chi opera in danno altrui non s'interessa evidentemente al bene degli altri,ma si comporta a riguardo di esso almeno con indifferenza. La volizione (U) segnala però più che l'indifferenza, il bene altrui sembra avere un valore negativo, e il male un valore positivo.V'è dunque qui un conflitto nel senso della prima formula, con risultato conforme al valore preponderante, ch'è in tal caso quello anti-altruistico.Quanto più grande è poi il sacrificio di bene  proprio fatto per realizzare v,tanto più valore ha v pel soggetto,e tanto più grande è pure la malevolenza che questo sente. Il valore g sembra in tal caso non il bene proprio sacrificato, ma ildannoaltrui raggiunto. La malevolenza è inoltre tanto più grande quanto più per arrecare un piccolo danno si sacrifica un grande valore proprio. Se invece vincono i valori egoisti ci si deve ammettere, che la malevolenza non era comparativamente tanto grande,massime se basta un piccolo g a scongiurare un rilevante u, val quanto dire a ri durlo indifferente Sebbene le analisi sin qui fatte siano assai incom plete, pure bastano, secondo Meinong, per farsi idee abbastanza  chiare su alcuni punti essenziali. E anzitutto se ne ricava,che è caratteristico di ogni valutazione  morale l'esser fondata sopra una specie di misurazione dei valori altruistici dagli egoistici. L'importanza dei fenomeni binomiali,dei  quali ci siamo sin qui occupati,consiste in ciò,che dall'esito della decisione si ricava quanto valga pel soggetto il bene o il male di un altro.  C'è però nella parola altruismo un doppio significato, che dà luogo  ad equivoci, l'uno positivo e attuale, l'altro disposizionale. Nel  primo senso l'altruismo si distingue per la proprietà di non essere  suscettibile di aumento, mentre nell'altro è aumentabile indefinitamente. In modo analogo può distinguersi un egoismo attualmente dato  e non aumentabile, da un egoismo che può crescere senza limiti. Gli oggetti di valutazioni morali si possono, dopo l'anzidetto,  ridurre in quattro classi: l'altruismo positivo è un bene, il negativo  è un male, la mancanza dell'altruismo positivoèunmale, la mancanza del negativo è un bene.  Il carattere comune delle volizioni,che costituisce l'oggetto della valutazione morale si può esprimere colla parola “ partecipazione, o “ simpatia, (Anteil). Nelle valutazioni morali adunque si mira alla capacità, manifestantesi nella volizione,di partecipare all'utile e al danno degli altri. Questa disposizione simpatica non è ancora il carattere, ed è soggetta anche a variare. E anzi notevole, che per il giudizio morale di una volizione è indifferente, se la di  sposizione altruistica del soggetto sia stata passeggiera o sia permanente -- Perchè, però, la simpatia sia veramente morale,occorre che sia imparziale. Qui entra in azione il momento della giustizia. Quando tre persone in uno stato di uguali bisogni, ricevono l'uno r, l'altro 2 x, il terzo nulla, allora noi siamo meno inclini ad a m mirare l'atto altruistico corrispondente.  Una sola volizione non è per sè stessa nè giusta, nè ingiusta, ma diventa tale se confrontata con altrevolizioni.Di queste una serve di caso normale. Per giustizia si può quindi intendere essen zialmente la concordanza col valore normale. Il caso più puro di simpatia o di partecipazione è quello in cui si fa astrazione tanto dallo stato particolare dell'io,quanto dalla persona altrui individualmente presa. Questa simpatia assoluta, impersonale,universale,non legata a particolari circostanze di tempo e di luogo forse non esiste, ma in ogni caso serve come guida ideale per misurare i valori morali. Si può quindi definitivamente concludere che: oggetto delle valutazioni morali è la simpatia im personale, che si manifesta nelle volizioni, per il bene e il male del prossimo. Stabilita la simpatia come la proprietà degli atti morali, tutta una massa di azioni, nelle quali questo momento non è direttamente in quistione,non rientrerebbe nella detta categoria. Intanto nella terminologia corrente l'opposizione tra buono e cattivo comprende anche valutazioni, nelle quali il criterio della simpatianonentra. Si dice, per esempio, buona la subordinazione all'autorità, si approva in certi casi la menzogna convenzionale, si tollera la mancanza a promesse non solenni, ecc.  Tutte queste valutazioni sono dette da Meinong quasi-morali. I giudizi del valore sono qui praticamente incerti e mutevoli, Esaurita così l'indagine sull'oggetto della valutazione, Meinong passa a esaminare i problemi che si riferiscono al soggetto del valore morale.  L'ego e l'alter sono pure qui i due soggetti, che la esperienza contrappone: l'uno l'agente, l'altro il termine della volizione.  Cominciamo dall'ego. Abbiamo ragioni per ammettere che le valutazioni morali a noi note siano solo concepite nei riguardi del l'agente? No,perchè l'ego non può sostituirsiall'alternelvalutare ciò che gli giova di più.Questi lo saprebbe meglio. Si può ricorrere alle funzioni della coscienza, ma anche queste variano da persona a persona, e anche nella stessa persona. Il principio dell'interesse beninteso è quindi sottoposto a gravi variazioni individuali.  Neppure l'alter come tale ha diritto ad essere considerato come soggetto del valore, in tutte le sue determinazioni individuali e variabili Da questa analisi Meinong conclude che il vero soggetto del valore morale dev'essere un terzo disinteressato e neutrale. Come  tale il soggetto non è uno solo, ma sono indeterminatamente molti ;  in quanto anzi si vuol comprendere la totalità dei disinteressati in  unico concetto, si può parlare di un soggetto collettivo, il quale  sarà precisamente la collettività circostante – “dieumgebende Gesammtheit”. Il soggetto imparziale e disinteressato della valutazione morale è adunque la collettività.  Il valore morale è un valore umano e concreto.Le quistioni del valore sono quistioni di fatto. E un fatto è che l'uomo normal mente attribuisce valore alla simpatia e non -valore alla disposi  zione contraria ad essa.L'uomo,come tale,è,dunque,indefinitivo, il vero soggetto delle valutazioni morali laddove quelli sinora esaminati si distinguevano per una grande  squisitezzae sicurezza. Ma anche alle volizioni quasi-morali si può  applicare il metodo di misurazione, che si serve dell'ipotesi ausi  liare del conflitto, e segnatamente la comparazione con la forza di motivazione dei valori egoistici. Anche i valori morali si possono considerare come valori propri e come valori traslati. Non solo i valori propri sono fondati sulla estimazionecollettiva,ma i valori morali in generale costituiscono pure, in un certo senso, dei valori traslati per la collettività. La dimostrazione di questo fatto è di grandissimo interesse pratico, perocchè conferma,che il soggetto del valore morale è di fatto la collettività, e che i dissidenti sono individui insufficientemente o erroneamente orientate. Oggetto delle valutazioni sono le disposizioni dell'animo. Che le disposizioni interiori abbiano un  valore traslato nessunomette in dubbio, etantomeno, sidubiterà,  che questo valore varî secondo il termine correlativo delle dispo  sizioni, cioè secondo l'oggetto cui tendono.Il valore dei sentimenti  simpatici e antipatici segna quello delle volizioni, e questo segna il valore delle azioni. Cominciamo da queste.  Dato un individuo E, il quale sia sul punto di agire favorevol. mente o sfavorevolmente riguardo a un individuo A, si domanda, se un terzo individuo X, affatto estraneo al rapporto E A, epperò neutrale, possa provare interesse all'azione di E. La risposta non può essere che affermativa, e ciò per varie ragioni.Anzitutto pel sentimento generico di simpatia umana, che non può mancare qui di manifestarsi, tanto più che gl'interessi egoistici di X non sono in quistione;inoltre perchè l'attività buona consolida e aumenta in E una disposizione al bene, che potrà poi giovare ad altri in dividui B, C e persino anche eventualmente a X ; inoltre perchè l'azione buona è un esempio che provoca,per la legge dell'imitazione, disposizioni analoghe in altri a fare il simile, il che aumenta le probabilità generiche buone, favorevoli anche per X. Adunque ciò che accade tra E ed A non può lasciare indifferente X, il quale attribuirà valore positivo a un'azione altruistica, e valore nega tivo a un'azione egoistica di E. Dall'azione passiamo al sentimento,cioè all'animo,che essa rivela. Non c'è dubbio, che nella maggior parte dei casi il valore della  volizione è il presupposto del valore dell'azione. Un atto accidentale non esercita tanta influenza indiretta (anche in rapporto all'imita zione),quanto un atto volontario.Passando dalla volontà alle dispo sizioni dell'animo, che in quella si manifestano, è pure evidente che  la volontà buona è dipendente da disposizioni costanti del soggetto, le quali sono naturalmente quotate, come valore traslato, più al tamente di un atto momentaneo, sebbene voluto.  E poichè il contenuto della volontà buona è la simpatia per altrui beni o mali, così il vero valore traslato dell'atto di E riguardo ad A, risiede per X nella quantità di simpatia che l'atto manifesta.  Con una serie di considerazioni infine il Meinong riesce a sta bilire, che nel terzo individuo X, neutrale e disinteressato, può scorgersi il rappresentante della collettività, cioè il vero soggetto della valutazione morale. Compiuta questa indagine intorno all'oggetto e al  soggetto del valore, Meinong affronta il problema del dovere,della imputazione e della libertà.  Le indeterminatezze del concetto del dovere, si teoretiche che pratiche, possono eliminarsi, secondo il Meinong, considerandolo sotto l'aspetto del valore. Non solo,ma questa indagine cifarebbe conoscere una  sufficiente a spiegare definitivamente i fenomeni del dovere morale.  Nel dovere morale è caratteristico l'oggetto deldovere. Morale è quel dovere che ha per oggetto una volizione morale. Ciò cheha un valore morale positivo costituisce il campo del dovere m o rale positivo, mentre il non -valore dà luogo al dovere negativo.  Caratteristico è pure, che il dovere morale ha diversa intensità secondo la qualità morale del suo oggetto.  Il dovere più reciso ed energico si afferma nel campo del cor  retto, il più energico non-dovere nel campo del riprovevole; più debole è il non -dovere che si riferisce al tollerabile, e almeno altrettanto debole è forse il dovere del meritorio. L'intensità non  resta però costante nel seno di ciascuna di queste categorie; si  può invece ingenerale affermare, che pei valori positiv il'intensità del dovere decresce, a misura che aumenta la grandezza del valore  vera causa  morale, pei valori negativi la forza del non-dovere cresce colla grandezza del non-valore. Questa funzione tra intensità del dovere e valore ci dice,che i  dovere è un fenomeno del valore e consiste precisamente nel va lore della volizione morale, qualificata tale non in rapporto al sog getto agente, ma in rapporto alla collettività. Esso dipende cioè non dal valore delle disposizioni d'animo del soggetto (W), ma dalla valutazione collettiva (w), la quale determina e impone al sog getto agente un valore attuale. Notevole è che mentre il valore disposizionale sentito dall'agente può spingerlo al più grande sa crificio per un ideale,il valore attuale imposto dalla collettività si contenta di piccoli sacrifici, sicchè i doveri sociali si possono compiere con un piccolo sforzo. Chi adempie al suo dovere quoti diano, puro e semplice, attua per la società un valore importan tissimo, incomparabilmente più grande dello sforzo che gli costa. Il vero bisogno sociale di moralità si limita a che si faccia ciò ch'è corretto, e si tralasci ciò ch'è riprovevole ; il contrario rappre  senta un pericolo sociale. Donde deriva il carattere autoritativo del dovere? Premesso che  ogni dovere si riferisce al futuro, si può osservare che esso con siste in un particolare caso di decisione proposto personalmente all'individuo agente da una valutazione collettiva.  Si noti infine, che al campo del corretto corrisponde il dovere – “Pflicht” -- come determinazione più particolare del “Sollen” nel senso più rigoroso della parola, e che il termine correlativo del dovere  è il diritto. Mentre nel dovere l'interesse morale è rivolto al  futuro, l'imputazione riflette essenzialmente il passato, e partico larmente le azioni compiute.  I casi nei quali non ha luogo alcuna imputazione sono quelli in cui non c'è stata volizione,epperò le azioni in  cui il momento psichico manca o non è costituito da una volizione. Gli atti istintivi possono rientrare nella categoria dell'imputabile, se sta in potere della volontà l'evitarli;  casi in cuic'è statavolizione,ma è accaduto cosa diversa  dalla voluta, o almeno prevista; l'errore conta qui tanto quanto l'ignoranza o l'insufficienza intellettuale;  casi in cui c'è stata volizione e previsione del risultato, ma o la volizione non riguarda un fatto moralmente valutabile,o si è agito in uno stato di necessità (per costrizione esterna,fisica o psichica). Se la costrizione non era assolutamente irresistibile,invece di soppressione, c'è attenuazione della responsabilità. I casi nei quali l'imputazione si attenua si possono schema tizzare così. L'occasione, cioè il complesso delle circostanze che hanno influito sulla volizione.Quanto più grande è stata, per esempio,  la tentazione, tanto più piccola la colpa. Nel concetto d'influenza si comprende anche la suggestione, la quale in certi gradi può  persino sopprimere la responsabilità. I momenti intrasubbiettivi, che si possono suddividere in varie categorie: i rapporti personali fra il soggetto agente e l'altro soggetto, cui l'azione si è riferita;  l'opinione che si ha della imputabilità del soggetto; il passato psichico dell'agente;  Tutti questi momenti si applicano, oltre che alla imputabilità, alla calcolazione del merito di un'azione.  Il punto centrale, cui il problema dell'imputabilità o del merito di un'azione si riferisce, è la spontaneità morale dell'agente. In com pendio si può dire: chi pone il problema della imputabilità di un'azione, cerca di conoscere due cose: in quale misura l'azione  sia proceduta dalla disposizione d'animo (Gesinnung) del soggetto, e come questa disposizione sia in realtà.  le differenze subbiettive, dipendenti dal temperamento;  il tempo, in rapporto sia alla durata dell'azione,sia allo intervallo trascorso fra l'azione e l'imputazione (prescrizione).  Il processo della imputazione morale non è però soltanto intel  lettuale ; consiste anche in una reazione emozionale, con la quale lo spettatore imparziale X si investe quasi della condizione di A  danneggiato o favorito da E. La collettività, rappresentata da X,  reagisce quindi, dal lato emozionale, come A. Nell'imputazione intellettualmente concepita, oggetto della valutazione è la persona lità di E, in quanto il suo atto può considerarsi come una emana zione diretta (per la spontaneità morale) di questa personalità. Pervenuto a questi risultati nel caratterizzare l'im  putazione, Meinong osserva di non avere fatto uso del concetto  della libertà. E segno, egli dice, che questo momento non ha per  la teoria dell'imputazione quell'importanza, che gli si suole attri buire.  Nel concetto della libertà in senso non soltanto morale, ma ge nerale, c'è una negazione: ciò ch'è negato è qualche cosa di av verso e di spiacevole, vale a dire un non-valore. Dove manca qualche cosa di prezioso, c'è una lacuna, non c'è libertà.  La libertà che si riferisce alla vita morale è stata distinta: in libertà dell'agire e in libertà del volere.  Per libertà d'agire si è intesa la libertà fisica di fare o non fare. Si dànno le seguenti eventualità:  1. io tento un'azione, ma un ostacolo esterno la impedisce. Io non tento, perchè un ostacolo, come nel caso 1, lo impedirebbe. Io tento e riesco: e così affermo la mia libertà di agire; 4. io non tento, ma se tentassi non troverei alcun ostacolo,  allora la mia libertà di fare è ipotetica, e diviene una facoltà. Questa casistica si può applicare anche alla libertà del  volere, sostituendo al tentativo di fare il tentativo di volere.  Lo stato d'animo predisposizionale della volontà è allora il de siderio :  1. io desidero, ma non posso volere. Io non desidero, ma se desiderassi non potrei volere. Io desidero, e poichè non trovo alcun ostacolo, voglio anche : è questo il caso della libertà del volere o del decidersi;  4. io non desidero, ma se desiderassi non troverei difficoltà  anche a volere. Qui la volontà diviene ipotetica, e, se combinata con altri casi simili, diventa libertà di scelta.Abbiamo così iquattro casi possibili di libertà:libertà dell'agire, libertà del decidersi, libertà come facoltà, e libertà di scelta.  La libertà si può definire,in una parola, come desiderio di vo lere secondo la propria inclinazione. Libertà significa allora tanto quanto spontaneità e, così definita, si ricollega con tutti i momenti della valutazione morale di già determinati. L'etica è la scienza, così conclude il Meinong, che esamina il valore che l'uomo ha per l'uomo, e più particolarmente il valore che l'uomo ha nel suo modo di comportarsi con l'uomo. Notevole è in questa definizione il momento della universalità,che distinque il campo dei fatti morali. Il senso comune tende nelle valutazioni morali a rendersi indipendente dalle peculiarità indi viduali e dalle circostanze eccezionali: esso pretende di tenere una  uguale misura per tutti. Quella definizione dice pure che ciascun uomo può essere soggetto di valori morali,non meno che oggetto di valutazione; nessuno può dirsi neutrale nelle valutazioni morali. Non può pero mai accadere, che il soggetto e l'oggetto del valore  s'identifichino. Non che non si possano valutare le proprie volizioni, ma non sipuò identificare il vero soggetto del giudizio etico con sè stesso. Voler porre accanto a un'etica sociale un'etica indi viduale è perciò inammissibile. Anche quando l'interesse etico è ri volto al proprio io, la collettività è parte interessata in queste valutazioni, e non le si può perciò negare la funzione di vero sog getto del valore morale.  Si è attribuito all'etica un carattere normativo; ciò non deve indurre a credere, che questa scienza possa di propria assoluta autorità imporre precetti al volere e all'agire degli uomini. In quanto disciplina pratica,essa può dare " norme,, non in nome  proprio, ma presupponendo posti i fini che si vogliono attuare. Solo che l'etica non trova,come lealtre scienzepratiche,ivalorigià definiti, ma li deve ricercare e fissare. Essa diviene quindi  normativa nel senso che, laddove la riflessione ingenua rimane inerte, l'etica scorge valori e non-valori,e dove la riflessionein. genua valuta in un dato modo, l'etica lavora a precisare,eacor reggere queste valutazioni. Con le sue deduzioni e dimostrazioni  essa può infatti chiarire errori ed anomalie del valore, che sfug. gono all'occhio non esercitato o indifferente.Ma pure non bisogna dimenticare che i problemi del valore sono problemi di fatto,che l'etica è una scienza empirica, e che l'empiria ha sempre l'ultima parola nelle statuizioni morali. costituisc  Leonardo Caffo. Keywords: l’altruismo, disobbedienza, “Homo sapiens sapiens”, homo, uomo, umano, humanus, Anthropos, aner, maschio, vir, virilita. Specismo, anti-specismo, sub-specismo, homo sapiens sapiens. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Caffo” – The Swimming-Pool Library.

 

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