Grice e Reghini: la ragione conversazionale -- numero
tri-angolare, numero qua-drato, numero pi-ramidale -- l’implicatura del numero
sacro crotonese, e il simbolismo duo-decimale del fascio littorio etrusco – la
scuola di Firenze -- filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo italiano. Firenze, Toscana. Grice: “It’s
difficult to call Reghini a philosopher; yes, he was interested in Pythagoras –
but to what extent can, in spite of Russell, number GROUND a whole philosophy?”
Studia a Pisa. Insegna a Roma. Promotore
della setta di Crotone, è affiliato a vari gruppi dell'esoterismo italiano. Entra
nella società teo-sofica e ne fonda la sezione romana. Fonda a Palermo la biblioteca
di teo-sofia filo-sofica. È iniziato a Memphis di Palermo, rito massonico di
supposta origine egizia. Entra a Firenze nella loggia Lucifero, dipendente dal
Grande Oriente. Adere al martinismo papusiano, diretto da SACCHI, verso le
carenze della cui maestranza e pubblicistica apporta una demolizione
magistrale. È chiamato d’ARMENTANO, che lo avvia allo studio della scuola di
Crotone. Entra nel supremo consiglio universale del rito filosofico italiano,
dal quale però si dimise, non havendo infatti un'alta opinione dello stato
della massoneria in Italia. Insignito del XXXIII massimo grado del rito scozzese
antico e accettato, entra a far parte come membro effettivo del supremo consiglio,
di cui è cancelliere e segretario. Gl’anni della grande guerra vedeno
discepoli e maestri della schola italica pitagorica partire volontari per il
fronte. Non rimase inerte innanzi al sorgere dell’istanze interventiste. Partecipa
attivamente alla manifestazione romana del maggio, culminata in Campidoglio, tesa
ad ottenere la dichiarazione di guerra. Accolto nell'accademia militare di
Torino come allievo ufficiale di Genio, parte volontario per il fronte,
ottenendo sul campo il grado di capitano di Genio. Lui ed il suo maestro ARMENTANO
creano a Roma l'associazione pitagorica, che riprende le fila di precedenti
esperienze e si richiama operativamente al sodalizio pitagorico. Fonda e anima
varie riviste, con interventi sagaci e ricchi di dottrina. Scrive sul papiniano
“Leonardo”, dando vita ad “Atanór, Ignis, e UR, con COLAZZA, EVOLA (si veda) come direttore, PARISE, ed ONOFRI.
Contrasti d'idee e caratteriali prevalser nel rapporto di collaborazione fra lui
ed EVOLA, provoca la scelta evoliana di allontanamento di questi, assieme a PARISE,
dalla rivista “UR” -- rivista sórta a esprimere al pubblico della cultura
l'intento dell'occulto Gruppo di Ur -- dove il maestro fiorentino pubblica con
l'eteronimo di ‘Pietro Negri’. E se ne ha anche strascichi giudiziari. Infatti
EVOLA tenta di farlo incriminare per affiliazione massonica -- affiliazione che
costituiva reato dopo l'imposizione di scioglimento dell’associazioni segrete decretata
dal regime fascista. Ma il potere giudiziario opta infine per un accordo tra i
due onde evitare uno scandalo. Per via del condizionamento repressivo fascista
volto all'emarginazione di tanti esponenti dell'esoterismo italiano – ARMENTANO
parte per il Brasile --, ormai isolato si ritira dalle attività pubbliche e a
Budrio si dedica all'insegnamento nel circolo quirico filopanti, alla
meditazione in chiave pitagorica delle scienze matematiche. Ottenne
riconoscimenti dei lincei e dall'accademia
per la sua opera sulla restituzione della geo-metria pitagorica. Il Crepuscolo
dei Filosofi regalato dal suo autore, Papini all’amico Arturo al suo ingresso
nella loggia fiorentina ‘Lucifero.” Nel fronte-spizio una dedica ad inchiostro,
scolorito dal tempo, ‘Al fratello R. il suo PAPINI’ in R., pitagorico, su il manifesto Rito filosofico italiano, Massa, “Pagine
esoteriche” (Finestra, Trento). In questa qualità firma il decreto del suo
scioglimento (riprodotto in Sessa, I sovrani grandi commendatori e storia del supremo
consiglio d'Italia del rito scozzese antico ed accettato, Palazzo Giustiniani
(Bastogi, Foggia), in seguito all'approvazione alla camera dei deputati del
progetto di legge sulla disciplina delle associazioni, presentato da MUSSOLINI,
mirante allo scioglimento della massoneria. Iacovella, "Il barone e il pitagorico”,
Vie della Tradizione, Cfr. la recensione fatta ne da Guénon. Altri saggi: ““Parola
sacra e parola di passo dei gradi”; “Il mistero massonico” (Atanor, Roma); “Geo-metria
pitagorica” (Basilisco, Genova); “Il numero sacro nella tradizione pitagorica”;
“Il numero sacro e la geo-metria pitagorica”; Il fascio littorio, ovvero il simbolismo duo-decimale”;
Il fascio etrusco” (Basilisco, Genova); “Il numero sacro nella tradizione crotonese”
(Ignis, Roma); “Del numero”; Prologo Associazione culturale Ignis, Dell'equazione
indeterminata di secondo grado con due incognite” (Archè/pizeta); “Della soluzione
dell'equazione di tipo Pell x2-Dy2=B e del loro numero” (Archè/pizeta); “Il
numero tri-angolare, il numero qua-drato, il numero pi-ramidale a base tri-angolare, il numero piramidale a
base qua-drata” (Archè/pizeta); “Dizionario filologico” (Associazione culturale
Ignis"), Cagliostro, ("Associazione culturale Ignis"), “Considerazioni
sul rituale dell'apprendista libero muratore” (Phoenix, Genova); “Paganesimo, scuola
di Crotone, Massoneria” (Mantinea, Furnari, Messina); “Per la restituzione
della massoneria crotonese italica (Raffaelli, Rimini); “La tradizione crotonese
massonica” (Melita, Genova); “Trascendenza
di spazio e tempo”, Mondo Occulto (Napoli, ASEQ). Cura “De occulta philosophia”
di AGRIPPA (Fidi, Milano); I Dioscuri,
Genova; La Sapienza pagana e crotonese (La Cittadella. I Libri del Graal. Geminello Alvi, R., il
massone pitagorico che ama la guerra, Corriere della Sera; Paradisi, Il pitagorico
che sogna l’impero, L’Indipendente, Luca, "Un intellettuale neo-pitagorico
tra massoneria e fascismo" (Atanòr, Roma); Parise, "Nota su R.",
in calce a “Considerazioni sul rituale dell'apprendista libero muratore” (Phoenix,
Genova); Sestito, “Il figlio del sole” (Ancona, Associazione Culturale Ignis); Via
romana agli Dei Amedeo Rocco ARMENTANO, Evola
Parise, Schiavone, a metà strada tra fascismo e massoneria, su archivio storico.
Centro Giorgi Scuola Normale Superiore di Pisa, Breve biografia su mathematica.
Boni, Omaggio su rito simbolico; Un pitagorico dei nostri tempi; Bizzi, La
Tradizione occidentale. Grandi massoni. Illustre matematico e anti-fascista --
grande oriente. Pitagorico, su ilmanifesto. Derivo
l’espressione di «corrente tradizionalista romana» dal po¬ deroso
(e ponderoso) lavoro di P. DI VONA, Evola e Guénon. Tradizione e civiltà,
Napoli, in cui, nel VI cap., intitolato appunto Il tradizionalismo romano, l’A.
studia la «corrente romana del tradizionalismo, ad opera di R., Evola e GIORGIO.
È evidente che col termine «corrente» noi non intendiamo riferirci (se
non in singoli casi, che ben preciseremo) ad una linea di pensiero omogenea,
bene organizzata in un gruppo unitario e compatto dalle caratteristiche
comuni, ideologicamente e politicamente parlando, ma ad una tendenza che
potè as sumere aspetti e sfaccettature diverse, come proprio i casi
di R., Evola e GIORGIO (e non sono certo gli unici) sono a dimostrare.] zioni
e che non mancherà di ulteriori sviluppi. In questa sede sarà
sufficiente fare rapido riferimento a quell’epoca gravida di grandi e decisive
trasformazioni che fu il Rinascimento italiano. È soprattutto nel corso del XV
secolo che tradizioni oc¬ culte, sopravissute per secoli nel più grande
segreto, paiono ricevere nuova linfa e l’impulso ad una nuova
manifestazione dal contatto con personalità dell’Oriente europeo di altissima
rilevanza intellettuale, come quella di PLETONE, il grande
rivitalizzatore della filosofia platonica negli ultimi anni dell’Impero
d’Oriente e fondatore di un cenacolo esoterico a Mistra, la medievale erede
dell’anti¬ ca Sparta, all’interno del quale, oltre a conservare
testi dell’antichità pagana (come le opere dell’impe¬ ratore Giuliano,
che vi venivano trascritte), si celebravano veri e propri riti e si elevavano
inni in onore degli dèi olimpici. La figura e la funzione di PLETONE
sono ancora troppo poco note in generale e, in Italia, non ancora
studiate. In genere, ci si limi- [Cfr. ad esempio: R. DEL PONTE, Sulla
continuità della tradizio¬ ne sacrale romana, Arthos; vedi anche:
SIMMACO, Relaziones sull’altare della Vittoria, con un’introduzione di R. del
Ponte su Simmaco e isuoi tempi. Edi¬ zioni del Basilisco, Genova] Si
tenga conto che nel sud del Peloponneso sono attestati, a livello
popolare, culti nei confronti degli dèi classici. In lingua italiana
mancano ancora del tutto studi approfonditi.] ta a citare, a proposito di lui,
la sua partecipazione al Concilio di Firenze e l’istituzione
dell’Accademia Platonica Fiorentina, che ebbe sede nella villa di Careggi
(o delle Cariti, o Muse), concepita da Cosimo il Vecchio e realizzata da Lorenzo
il Magnificosu suggestione del Pletone. Ma gli effetti dovettero essere
ancora più interessanti e gravidi di conseguenze, se si considerino i legami,
ad esempio, PLETONE e MALATESTA. Signore di Rimini: colui che ne sottrarrà il
cadavere agl’Ottomani, i quali avevano occupato Mistra, onde deporlo
pietosamente in un’arca marmorea del suo famoso Tempio Malatestiano. Lo
stesso Malatesta dovette pure essere in rapporto con la ben nota
Accademia Romana di Pomponio Leto, propugnatore, scrive Pastor, del
romanesimo nazionale antico. Il capo [Ci si dovrà pertanto limitare a
rimandare a: KIESZKOWSKI, Studi sul platonismo del Rinascimento in
Italia, Sansoni, Firenze; FENILI, Bisanzio e la corrente
tradizionale del Rinascimento, in Vie della Tradizione, (ci viene
comunicato ora, che a cura dello stesso P. Fenili è in corso di stampa
un’antologia di brani di Pletone, dal titolo Paganitas, lo squarcio nelle
tenebre, per Basala Editore di Roma). Di recente, ci è capitato di leggere in
un’insolita pubblicazione, una rivistina satirica di sinistra, un reportage da
Mistra singolarmente informato e documentato su PLETONE e la sua scuola
(cfr. .LOSARDO, La repubblica dei Magi. Da Sparta alla Firenze, in
Frigidaire. Per mezzo del Platina (definito da Pomponio pater sanctissi-
mus), 1 ’Accademia Romana intratteneva rapporti col Malatesta, il quale
dell’Accademia Romana, riporta il von Pastori spregia la religione
cristiana ed usciva in violenti discorsi contro i suoi seguaci venera il genio
della città di Roma. Quale rappresentante di queU’umanesimo, che
gravitava verso il paganesimo, si schierarono ben presto attorno a Pomponio un
certo numero di giovani, spiriti liberi dalle idee e dai costumi mezzo
pagani. Gli iniziati consideravano la loro dotta società come un
vero collegio sacerdotale alla foggia antica, con alla testa un pontefice
massimo, alla quale dignità fu elevato Pomponio Leto. Si noti che
sembra certa l’adesione alla cerchia del Leto del principe Francesco
Colonna, Signore di Palestrina, l’antica Praeneste, dai più ritenuto
l’autore della celeberrima Hypnerotomachia Poliphili, un testo molto
citato, ma molto poco letto e soprattutto compreso, dove, in ogni modo,
una sapienza ermetica si sposa all’esaltazione, non tanto filosofica. E notoriamente
nemico dei papi e ammiratore del movimento pagano di Mistra (cfr. F.
Masai, Pléthon et le platonisme de Mistra, Paris] L’opera del Masai è a
tutt’oggi la più completa esistente sulla dottrina e la figura di PLETONE).
Si noti che Platina e allievo a Firenze d’Argiropulo, discepolo di Pletone, e
che un altro antico discepolo, Bessarione, si prodigò per la liberazione
da Castel Sant’Angelo dei membri dell’ACCADEMIA ROMANA, dopo che furono
accusati dal papa Paolo II — non senza fondamento — di paganesimo. 11
Masai si domanda se l’Accademia Romana non fosse in qualche modo una filiale di
quella di Mistra. PASTOR, Storia dei Papi, Roma] quanto mistica, del
mondo della paganità romano¬ italica, culminante nella visione di Venere
Genitrice. Se si rifletta al fatto che Francesco Colonna, realizzatore dell’imponente palazzo
gentilizio eretto sulle rovine del tempio di Fortuna Primigenia (ancora
oggi ben identificabili nelle strutture originali), vantava discendenza
diretta dalla gens Julia e quindi da Venere, si potrà allora intravedere
come l’apporto vivificante della corrente sapienziale reintrodotta in
Italia da PLETONE si fosse incontrato col retaggio gentilizio di una
tradizione antichissima, gelosamente custodi¬ to nel silenzio dei secoli
col tramite di alcune famiglie nobiliari italiane, in ispecie laziali,
generosamente fruttificando: nel senso di spingere ad un rin¬ novamento
tradizionale non solo l’Italia, ma persino, ad un certo momento, lo stesso
papato, se avventi [Risulterà forse sorprendente apprendere come i Colonna
possedessero ancora fino ai nostri giorni il feudo originale di Giulio Cesare,
Boville (Frattocchie d’Albano). É visibile nel giardino Colonna al
Quirinale l’aitare antico dedicato al Vediove della gens Julia (notizie
ricavate da: P. COLONNA, I Colonna, Roma). Tolomeo 1 Colonna
ostentava il titolo di Romanorum consul excellentissimus e Julia stirpe
progenitus -- cfr.FEDELE, s.v. Colonna, Enciclopedia Italiana. Ha compiuto
un’attenta analisi deWHypnerotomachia Poliphili (editio princeps, presso
Manuzio) come opera di COLONNA, M. CALVESI, Il sogno di Polifilo prenestino,
Roma. Si veda anche: OLIMPIA PELOSI, Il sogno di Polifilo: una quéte
dell’umanesimo, ed. Palladio. Ambesi, in considerazione della dimensione
iniziatica dell’opera di COLONNA, la considera come un’anticipazione cifrata
del movimento dei Rosacroce (/ Rosacroce, Milano). ne che poco mancò che
salisse al soglio pontificio quel BASSARIONE che e discepolo diretto
di PLETONE (si veda) Pletone, da lui giudicato, come scrisse in una
lettera privata ai figli del maestro dopo la sua morte, il più grande dei Greci
dopo Platone. Ma altri tempi tristi dovevano giungere, tempi in cui
sarebbe stato più prudente tacere, come dimostra il bagliore delle fiamme in
Campo dei Fiori, il corpo, ma non l’animo, di BRUNO (si veda) rivivificatore generoso, ma impaziente,
di dottrine orfico-pitagoriche, che trovavano analoga eco — frutto di una
linfa non mai del tutto estinta nell’Italia Meridionale — nella
poesia e nella prosa dell’irruente frate calabrese CAMPANELLA (si veda),
lui pure oggetto di odiose persecuzioni. Bisogna giungere sino
all’unità d’Italia, parzialmente realizzatasi con la fine della millenaria
usurpazione temporale dei papi, per trovare una situazione mutata. A
questo punto bisogna chiarire una volta per tutte, con la maggiore
evidenza, che dal punto di vista del tradizionalismo romano l’unità
d’Italia — indipendentemente dai modi con cui [Si dovrà ricordare che BESSARIONE
(si veda) raccolse cum pietate nel suo studio le opere e i manoscritti
del maestro, in particolare alcuni frammenti apertamente pagani delle Leggi,
dotandone poi la Biblioteca Marciana da lui fondata, a Venezia.] potè in
effetti verificarsi (modi spesso arbitrari e prevaricatori della dignità
e delle sacrosante autonomie di diverse popolazioni italiche) e dall’azione
di certe forze sospette (Carboneria, massoneria e sette varie) che
per i loro fini occulti poterono agevolarla — era e rimane condizione
imprescindibile e necessaria per ritornare alla realtà geopolitica dell’Italia
au- gustea (e dantesca): quindi per propiziare il rimanifestarsi nella
Saturnia tellus di quelle forze divine che ab origine a quella realtà
geografica — consacrata dalla volontà degli dèi indigeti — sono legate.
È un dato che si dovrà tenere ben presente, per meglio intendere
certi fatti che avremo modo di esporre in seguito. Intanto è
nell’aria qualcosa di nuovo e antico insieme, che verrà avvertito dalle anime
più sensibili. Fra queste, il grande PASCOLI (si veda)i, con un
equilibrio ed una compostezza veramente classici, valendosi di una sensibilità
non inferiore a quella con cui in quegli stessi anni conduceva l’esegesi
di certi lati occulti della dantesca Commedia, con il seguente sonetto (e
col corrispondente testo in esametri latini, da noi non riprodotto) celebrava
in una semplice aula scolastica la solennità. L’aratro è fermo: il toro
d’arar sazio, leva il fumido muso ad una branca d’olmo; la vacca
mugge a lungo, stanca, e n’echeggia il frondifero Palazio. Una mano
sull’asta, una sull’anca del toro, l’arator guarda lo spazio: sotto
lui, verde acquitrinoso il Lazio; là, sul monte, una lunga breccia
bianca. È Alba. Passa l’Albula tranquilla, sì che ognun ode un
picchio che percuote nell’Argileto l’acero sonoro. Sopra il
Tarpeio un bosco al sole brilla, come un incendio. Scende a larghe
ruote l’aquila nera in un polverio d’oro. É un fatto nuovo di
ordine archeologico il punto di riferimento importante ed essenziale per il
secolo che sta per aprirsi: la scoperta nel foro da parte da BONI (si veda) (un
nome che non dovremo scordare) del cippo arcaico sotto il cosiddetto
Lapis Niger, in cui l’iscrizione in caratteri antichi del termine RECHI ( =
regi) attesta documentariamente l’effettiva esistenza in Roma della monarchia
e, con quanto ne consegue, la sostanziale fondatezza della
tradizione annalistica romana, trasmessa nel corso di innumerevoli
generazioni, dai primi Annales Maximi dei pontefici sino a LIVIO (si veda) e,
al termine del- [PASCOLI (si veda), Antico sempre nuovo. Scritti vari di
argomento latino, Zanichelli, Bologna. Il lettore esperto potrà
notare come in pochi versi il poeta abbia saputo sapientemente
concentrare particolari nomi evocativi di determinate realtà primordiali
dell’Urbe.] l’Impero d’Occidente, alle ultime gentes sacerdotali ed a
quegli estremi devoti raccoglitori e trasmettitori della sapienza delle
origini, come poterono essere un Macrobio ed un Marziano Capella nel V
secolo. È come se, fisicamente, una parte di tradizione romana si
esponesse improvvisamente alla luce del sole a smentire l’incredulità e
l’ipercriticismo della scuola tedesca, che, in nome di un presunto
realismo scientifico, aveva respinto in blocco le più antiche
memorie patrie, e soprattutto dei suoi squallidi seguaci italiani, come
quell’Ettore Pais che nella sua Storia di Roma (ristampata innumerevoli
volte fino in piena epoca fascista) aveva negato ogni tradizione da
una parte, costruendo dall’altra fantastici castelli in aria, senza
alcuna base, né storica, né filologica. Risulta che BONI (si veda)
fu in corrispondenza con un altro principe romano, pioniere degli
studi islamici e deputato al parlamento nei banchi della sinistra:
Leone Caetani duca di Sermoneta, principe di Teano, marito di una
principessa Colonna. Suo nonno, Michelangelo Caetani, era stato
l’au¬ tore di un fortunato opuscolo di esegesi dantesca, dove si
sosteneva l’identità d’ENEA col dantesco messo del cielo che apre le
porte della Città di Dite con l’aurea verghetta degl’iniziati d’Eleusi:
quello stesso che nel 1870, già vecchio e quasi cieco, fu il latore a
Vittorio Emanuele II dei Cfr. M[. CAETANI di SERMONETA, Tre chiose nella
Divina Commedia di Dante Alighieri, II ed., Lapi, Città di Castello] risultati
del plebiscito che sanciva l’unione di Roma all’Italia.
Proprio Leone Caetani sarebbe stato l’autorevole tramite attraverso
cui si sarebbero manifestate all’interno della Fratellanza Terapeutica di
Myriam (operativa proprio negli anni della scoperta del Lapis Niger)
fondata da Giuliano Kremmerz (cioè Ciro Formisano di Portici) — che la
definì talvolta come Schola Italica — determinate influenze
derivanti dall’antica tradizione romano-italica se, come
scrive l’esoterista DAFFI (si veda), alias il conte Libero Ricciardelli --
(è lui il misterioso Ottaviano, altro riferimento alla gens Julia! -- autore nella rivista Commentarium diretta dal
Kremmerz di un articolo sul dio Pan e di una lettera di congedo
dalla redazione in cui egli riafferma in tali termini la proti?) Sotto
tale pseudonimo si nasconde persona veramente autorevole, autorevolissimo
collega di ricerche ermetiche di Kremmerz tanto da potere essere ritenuto
portavoce di sede superiore Don Leone CAETANI (si veda). Duca di
Sermoneta, Principe di Teano (M. DAFFI, Giuliano Kremmerz e la Fr+Tr+ di
Myriam, a cura di G.M.G., Alkaest, Genova). Gli scritti firmati d’Ottaviano in
Commentarium sono tre: La divinazionepantéa, Per BORRI (si veda), Gnosticismo e
iniziazione. In quest’ultimo scritto, consistente in una lettera di congedo
come collaboratore della rivista, si rimanda all’opera di un altro personaggio
che, come Ottaviano, dove riconnettersi allo stesso ambiente iniziatico
gravitante alle spalle dell’organismo kremmerziano: l’avvocato Giustiniano
Lebano, autore di un curioso libretto intitolato Dell’Inferno: Cristo vi
discese colla sola anima o anche col corpo? (Torre Annunziata), in cui
nuovamente si accenna al RAMOSCELLO DORATO del segreto, ossia la voce
mistica di convenzione che ENEA presenta a Proscrpina. ] pria fede
pagana: non sono che pagano e ammiratore del paganesimo e divido il mondo
in volgo e sapienti volgo, che i miei antenati simboleggiavano nel cane e lo
pingevano alla catena sul vestibolo del Domus familiæ con la nota scritta: Cave
canem; cane perché latra, addenta e lacera. Comincia l’attività pubblicistica
ed iniziatica di R.. La sua importanza fra i più autorevoli esponenti
europei della tradizione, e del filone romano-italico in particolare,
risiede certamente non tanto nel tentativo, vano e fatalmente destinato
all’insuccesso, per quanto disinteressato, di rivitalizzare la massoneria
al suo interno, quanto nell’attenzione da lui portata allo studio
ed [OTTAVIANO, Gnosticismo e iniziazione. Tentativo che si concretizzò
soprattutto con la creazione del Rito Filosofico Italiano, fondato da R.,
FROSINI (si veda) ed altri (vi e accolto come membro onorario Crowley),
ma dall’esistenza effimera, dal momento che si fuse con la massoneria di
Rito Scozzese Antico ed Accettato di Piazza del Gesù. R. segue le sorti e
le direttive di Piazza del Gesù di Raoul Palermi, molto favorevole nei
confronti del fascismo, sino ai provvedimenti contro le società segrete. PAPINI
(si veda) dedica alcune pagine nel
contempo pungenti e commosse a R. di cui e amico negli, cosi concludendo: R. vive,
povero e solitario, una vita di pensiero e di sogno: anch’egli difese e
incarnò, a suo modo, il primato dello spirituale. Nessuno di quelli che
lo conobbero potrà dimenticarlo» (Passato remoto, ed. L’Arco, Firenze] alla
riscoperta della tradizione classica e romana, che gli era stato dato in
compito di rivitalizzare «in segreto», così come egli stesso si esprime
in una lettera inviata ad AGABITI (si veda) e pubblicata nell’Ultra: sai bene
come il nostro lavoro, puramente metafisico e quindi naturalmente esoterico,
sia rimasto sempre e volontariamente segreto. In tal modo R. ben
si inseriva nel filone della corrente tradizionalista romana, in quella
sua variante che si può legittimamente definire orfico-pitagorica), col
contributo di numerosi scritti, soprattutto sulla numerologia pitagorica,
sparsi fra molti articoli e opere impegnative, come Per la resti¬
tuzione della geometria pitagorica; rist.), I numeri sacri della
tradizione pitagorica massonica, Aritmosofia R., La tradizione itala, Ultra. Allo
stesso modo, di tradizione ermetica egizio-ellenistica si potrebbe
parlare per il filone essenzialmente seguito dalla corrente kremmerziana.
È chiaro come nessuna di queste correnti possa preten¬ dere di
identificarsi con il filone centrale deWa tradizione romana (come
vorrebbero, ad esempio, certi continuatori del Reghini dei nostri
giorni), rappresentandone, semmai, corollari concentrici ed espressioni
validissime, ma essenzialmente periferiche. Il nucleo della tradizione
romana è altra cosa: può includere tutto ciò, ma al tempo stesso ne è al
di sopra nella sua essenza originaria. Per cercare di comprendere la
cosa, si dovrà riflettere sul simbolismo e sulla funzione del dio Giano,
non per caso divinità unica e propria della sacra terra laziale.] ed il
tuttora inedito Dei numeri pitagorici. Con questa attività egli avrebbe
perseguito la missione affidatagli da un’antica scuola iniziatica di tra¬
dizione pitagorica della Magna Grecia allorché, ancora giovane e studente
a Pisa, fu avvicinato da colui che sarebbe divenuto il suo maestro
spirituale: ARMENTANO (si veda), ufficiale dell’esercito all’epoca
in cui lo conosce R. Ad ARMENTANO (si veda) appartene [Per il
quarantesimo anniversario della scomparsa del R. è stata edita una
raccolta di suoi scritti vari: Paganesimo, pitagorismo, massoneria, ed.
Mantinea, Fumari, cur. Associazione Pitagorica, un gruppo costituitosi con un
poco iniziatico atto notarile (sic), ma che vanta diretta discendenza dal
gruppo di R.. La raccolta è stata purtroppo eseguita con dilettantismo,
senza criteri ed inquadramenti storico-filologici e gli scritti
reghiniani (uno addirittura incompleto) non seguono nè un ordine logico, nè
cronologico. Il saggio sull’nterdizione pitagorica delle fave si potrà leggere
ora completo in Arthos. DIOGENE LAERZIO ricorda come il pensiero di Pitagora di
CROTONE in Calabria avesse trovato accoglienza presso gl’itali della Magna
Grecia. Come dice Alcidamante tutti onorano i sapienti. Così i Pari
onorano Archiloco, che pur era blasfemo, e i Chii Omero, che era d’altra
città e gl’itali Pitagora -- Die fragmente der Vorsokratiker, a cura di Diels-Kranz;
Bari. Per alcune notizie su Armentano (ed una sua foto), cfr. SESTITO, A.R.A.,
il Maestro, in Ygieia, bollettino interno dell’Associazione Pitagorica. Di
Armentano si vedano le Massime di scienza iniziatica, commentate dal Reghini in
vari numeri d’Atanòr ed Ignis. Negli anni Trenta Armentano lasciò l’Italia per
il Brasile, dove morì. È sintomatico come anche Ottaviano in quel periodo
si sarebbe allontanato dall’Italia stanziandosi a Vancouver in Canada] quella
misteriosa «torre in mezzo al mare. Una vedetta diroccata, su di uno scoglio
deserto dove, con gran dispiacere di Sibilla Aleramo, il giovane
protagonista del romanzo Amo, dunque sono (Mondadori, Milano), Luciano {alias PARISE
(si veda), avrebbe dovuto diventare mago in compagnia di un amico non
nominato, vale a dire proprio R. Fu proprio nella torre di Scalea,
in Calabria, che R. rivide il testo della traduzione italiana
deirOccw//flr Phylosophia di Agrippa, a cui premise un ampio saggio di
quasi duecento pagine su E.C. Agrippa e la sua magia. Vi scriveva, fra l’altro.
E perciò, in noi, il senso della romanità si fonde con quello
aristocratico e iniziatico nel renderci fieramente avversi a certe
alleanze, acquiescenze e deviazioni. Forse si avvicina il tempo in cui
sarà possibile di rimettere un po’ a posto le cose, e noi speriamo
che ci venga consentito, una qualche volta, di riportare alla luce qualche
segno dell’esoterismo romano. Quanto alla permanenza di una “tradizione
romana”, si vorrà ammettere che se una tradizione iniziatica romana
pagana ha potu¬ to perpetuarsi, non può averlo fatto che nel più assoluto
mistero. Non è quindi il caso di interloquire con affermazioni e
negazioni» SALERAMO, Amo, dunque sono, cit., p. 15. Cfr. Luciano, Luciano, e tu
vuoi essere mago! M’hai detto d’aver già operato fantastiche cose,
fantastiche a narrarsi, ma realmente accadute». R., E.C. Agrippa e la sua
magia, in: AGRIPPA, Il 1914 è un anno molto importante, sotto
diversi aspetti, per i tentativi di rivivificazione della tradizione itala.
Nella Salamandra, in un articolo dal titolo fortunato, poi ripreso da Evola,
Imperialismo pagano, il R. coglie occasione, scagliandosi contro il
parlamentarismo ed il suffragio universale che favoriva cattolici e
socialisti, di riaffermare l’unità e l’immutabilità della tradizione pagana in
Italia, che, sempre ricollegata nella sua visione al pitagorismo, si
sarebbe trasmessa attraverso le figure di alcuni grandi iniziati sino ai nostri
giorni. Dalle pagine d’Ultra, precisa in un importante articolo
dottrinario, che LA LINGUA LATINA e la razza romana non sono le cause
della superiorità metafisica, essa appare connaturata al luogo, al
suolo, all’aria stessa. Roma, Roma caput mundi, la città eterna, si
manifesta anche storicamente come una di queste regioni magnetiche della terra.
Se noi parleremo del mito aureo e solare in Egitto, Caldea e Grecia prima di
occuparci della sapienza romana, non è perché questa derivi da
quella, ché il meno non può dare il più. Lm Filosofia occulta o la
Magia, voi. I, rist. Mediterranee, Roma. L’articolo fu poi ripubblicato in
Atanòr, oggi nella ristampa anastatica a cura dell’omonima casa editrice di
Roma. R., Del simbolismo e della filologia in rapporto alla sapienza
metafisica, in Ultra] Intanto, nella notte del solstizio d’inverno, si era
verificato un insolito episodio, gravido di future conseguenze: in
seguito a misteriose indicazioni, nei pressi di un antico sepolcro
sull’Appia Antica era stato rinvenuto, a cura di Ekatlos,
accuratamente celato e protetto da un involucro impermeabile, uno scettro
regale di arcaica fattura e i segni di un rituale. Ed il rito —
riporta Ekatlos — e celebrato per mesi e mesi, ogni notte, senza sosta. E
noi sentimmo, meravigliati, accorrervi forze di guerra e forze di
vittoria; e vedemmo balenar nella sua luce le figure vetuste ed auguste degl’eroi
della razza nostra romana; e un segno che non può fallire e sigillo per
il ponte di salda pietra che uo¬ mini sconosciuti costruivano per essi
nel silenzio profondo della notte, giorno per giorno. Il significato, le
vere intenzioni e le origini di tali [Lasciamo ogni responsabilità circa
l’identificazione d’Ekatlos con il principe Leone Caetani, già da noi
incontrato, all’anonimo autore -- si tratta, peraltro, certamente di
Mutti, fanatico integralista islamico -- di una postilla alla parziale
traduzione francese della rivista evoliana «Krur» (TRANSILVANUS, A propos
de l’article d’Ekatlos, seguito da una Note sur Leone Caetani, in: J. EVOLA,
Tous les écrits de «Ur» & «Krur» [Krur], Arché, Milano). Ancor più lasciamo
all’autore di tali tristi note (in cui ancora una volta si dimostra come
tra fanatismo religioso e via iniziatica esista un divario invalicabile)
la pesante responsabilità delle poco ragguardevoli espressioni usate nei
confronti del benemerito principe romano. EKATLOS, La Grande Orma: la
scena e le quinte, in Krur, in: GRUPPO di UR, Introduzione alla Magia,
Roma] riti pongono un problema», osserva VONA (si veda), ma il loro fine
immediato fu esplicito, e come tale è stato dichiarato. Esso fu compiuto
nel dovuto modo da un gruppo che si propose di dirigere verso la
vittoria italiana la Grande Guerra. Ma l’episodio ha un seguito. Il
giorno in cui cade la festa romana del Tubilustrium, o consacrazione
delle trombe di guerra e fondato a Milano, nella famosa riunione di
Piazza Sansepolcro, il primo FASCIO di Combattimento, piu tardi denominato
Partito Nazionale Fascista. Fra gli astanti vi fu chi, emanazione dello
stesso gruppo che aveva riesumato l’antico rituale, preannuncio a
Benito Mussolini: «Voisarete Console d’Italia». E fu la stessa persona
che, qualche mese dopo la Marcia su Roma, vestita di rosso, offrì al capo
del governo un’arcaica ascia etrusca, con «le dodici verghe di betulla
secondo la prescrizione rituale legate con strisce di cuoio rosso» Con tale
atto dal sapore sacrale, come è evidente. [VONA, Evola e Guénon. EKATLOS. La notizia è riportata con
altri particolari nel «Piccolo» di Roma. Particolare curioso: la sera
stessa del 23 maggio Mussolini parti in aereo alla volta di Udine, onde
potere inaugurare il giorno dopo, nell’anniversario dell ’entrata in guerra, il
monumentale cimitero di Redipuglia, alla presenza del Duca d’Aosta. La
sera, sulla via del ritorno verso Roma, l’aereo fu costretto, da un
inspiegabile guasto, ad un atterraggio di fortuna nei pressi di
Cerveteri, cioè l’antica etrusca Cere, donde forse proveniva l’arcaico
fascio.] le correnti più occulte portatrici della tradizione romana avrebbero
voluto propiziare una restaurazione in senso «pagano» del fascismo.
Altri episodi concomitanti concorrono a rafforzare questa supposizione. E
rappresentata sul palatino la tragedia Rumori: Romae sacrae origines, col
beneplacito e la presenza plaudente di MUSSOLINI. La tragedia -- o,
meglio, alla latina, il carmen solutum -- risulta opera di un certo Ignis
(pseudonimo sotto cui si celerebbe l’avvocato Musmeci Ferrari Bravo), che
risulta godere di appoggi assai influenti, come quello di SOFFICI (si veda) Soffici,
e appare, specialmente in quel terzo carmen che fu recitato, più che una
semplice rappresentazione scenica, un vero e proprio atto rituale: un rito di
consacrazione, certamente denotante nell’autore, o nei gruppi restati
nell’ombra di cui egli era emanazione, una conoscenza non solo filologica
della tradizione romana (si pensi che in intermezzi scenici vengono
cantati, al suono di flauti, i versi ianuli e iunonii dei Fratres
Arvales), ma anche di certi suoi lati occulti, come lascia intendere il
rito di incisione su lamine auree dei nomi arcani deU’Urbe e l’esegesi,
volutamente incompleta, dei significati del nome di Roma. Quest’azione,
occulta e palese, sulle gerarchie fasciste affinché i simboli da esse evocate,
come l’aquila o il fascio, non restassero puro orpello di facciata,
continuerà sino all’anno in cui Rumon verrà pubblicata, in splendida
edizione uffi¬ ciale, dalla Libreria del Littorio, con i frontespizi
ornati di caratteri arcaici romani, disegnati appositamente da BONI (si veda),
lo scopritore del Lapis Niger già da noi incontrato, il quale avrà il
privilegio poco dopo, alla sua morte, di essere inumato sul Palatino
stesso Ancora noteremo come sintomatica l’uscita, della Apologia del paganesimo
(Formiggini, Roma) di Giovanni Costa, futuro collaboratore delle
iniziative pubblicistiche di Evola. Uscirono le due riviste di studi
iniziatici, Atanòr ed Ignis, dirette da R., e in cui inizia una collaborazione
Evola: affronteranno con un rigore ed una serietà inconsuete, per
l’eterogeneo ambiente spiritualista dell’epoca, tematiche e discipline
esoteriche di parti¬ colare interesse: vi comparvero, per la prima volta
in Italia, scritti di René Guénon, fra cui a puntate, prima ancora che in
Francia, L'esoterismo di Dante. È peraltro evidente come il contenuto di
queste riviste non avesse un valore puramente speculativo, come
dimostrano gli scritti di Luce suirO/7M5 magicum (Gli specchi - Le erbe)
negli ultimi due numeri di [E proprio BONI che, risalendo ai modelli
d’origine, mise a punto il prototipo del fascio romano, oggi al Museo
dell’Impero, per il Regime Fascista: è quello che compare sulle monete da
due lire di quel periodo (cfr. V. BRACCO, L’archeologia del Regime,
Volpe, Roma. Ignis, che preludono a quelli del successivo gruppo di Ur. Ma
intanto l’auspicata svolta in senso pagano da parte del fascismo sperata dalla
corrente tradizionalista romana non solo stenta a verificarsi, anzi
è messa pericolosamente in forse dalle mene de¬ gli ambienti cattolici e clericali.
Nell’Atanòr R. con parole di fuoco depreca alcune espressioni pronunciate da MUSSOLINI
in occasione del natale di Roma. Il colle del Campidoglio, egli ha detto, dopo
il Golgota, è certamente da secoli il più sacro alle genti civiir.
In questo modo l’On. MUSSOLINI, invece di esaltare la romanità, perviene
piuttosto ad irriderla ed a vilipenderla. Noi ci rifiutiamo di
subordinare ad una collinetta asiatica il sacro colle del
Campidoglio. E, dopo il delitto Matteotti: ecco un clamoroso delitto
politico viene a sconvolgere la vita della nazione, ad agitare gl’animi.
Investito da popolari e da ogni gradazione di democratici, a MUSSOLINI non
resterebbe che battere la via dell’imperialismo ghibellino, se non
esistesse un partito che già lo sta esautorando tengano ben presente i nostri
nemici che, nonostante la loro enorme potenza e tutte le loro prodezze, esiste
ancor oggi, come è esistita in passato, traendo le sue radici da quelle
profondità interiori che il ferro e il fuoco non tangono, la stessa
catena iniziatica pagana e pitagorica, inutilmente e seco¬ larmente
perseguitata. L’ordine del giorno Bodrero e le successive leggi sulle
società segrete tolgono ulteriore spazio all’attività pubblicistica del R., che
peraltro confluisce nel gruppo di Ur, formalmente diretto da Julius
Evola. A noi qui non interessa tanto esaminare il lavoro di ricerca
esoterico svolto dal Gruppo di Ur, cui partecipano, come è noto, personalità
appartenenti alle principali correnti esoteriche operanti in quegli
anni in Italia, dai pitagorici ai kremmerziani, dagli steineriani
(antroposofi) ai cattolici eterodossi come il De Giorgio, quanto
sottolineare come in quella sede dovesse essere stato, almeno in parte, ripreso
il programma di influenzare per via sottile le gerarchie del
fascismo, nel senso già voluto dal gruppo mani¬ festatosi con la
testimonianza d’Ekatlos (che, non lo si
dimentichi, viene riportata proprio nel terzo dei volumi che raccolgono
le testimonianze di tutto il gruppo — in apparenza slegata da esse
— successivamente apparse col titolo di Introduzione alla Magia).
In un inserto per i lettori comparso in Ur, Evola poteva scrivere: possiamo
dire che una Grande Forza, oggi più che mai, cerca un punto di sbocco in
seno a quella bar¬ barie, che è la cosidetta civilizzazione contemporanea
— e chi ci sostiene, collabora di fatto ad una opera che trascende di
certo ciascuna delle nostre stesse persone particolari». Del
resto, molti anni più tardi, Evola stesso di¬ chiarerà piuttosto
esplicitamente nella sua autobiografia spirituale che l’intento del Gruppo era
stato quello, oltre a «destare una forza superiore dr servire d’ausilio
al lavoro individuale di ciascuno», di far sì che «su quella specie di
corpo psichico che si voleva creare, potesse innestarsi per evocazione, una
vera influenza dall’alto», sì che «non sarebbe stata esclusa la
possibilità di esercitare, dietro le quinte, un’azione perfino sulle forze
predominanti nell’ambiente generale. Un’indagine ben più approfondita, come si
vede, meriterebbe di essere svolta sugli evidenti tentativi di
rivitalizzazione, all’interno del Grupo di Ur, delle radici esoteriche e
dei conte¬ nuti iniziatici della tradizione romana: a parte i contributi
dello stesso Evola (che firmerà come «EA» e, pare, anche come AGARDA e
lAGLA), di cui ricordiamo l’importante saggio Sul sacro nella
tradizione romana, ancora una volta fondamentale resta l’apporto di R. (che
firma come PIETRO NEGRI: egli, nella relazione Sulla tradizione
occidentale, sulla scorta di un’attenta esegesi delle fonti antiche
(soprattutto Macrobio) e di personali acute intuizioni, nonché di
probabili «trasmissioni» iniziatiche, non esiterà ad indicare nel
mito di Saturno il luogo ove è racchiuso il senso e il massimo mistero
iniziatico della tradizione [EVOLA, Il cammino del cinabro, Milano] Un
esame generale, storico-bibliografico, sul Gruppo di Ur è stato da me compiuto
in lingua tedesca, come studio introduttivo alla versione tedesca del I volume
di Introduzione alla Magia (Ansata Verlag, Interlaken). Si tratta del
notevole ampliamento, riveduto e corretto, di un mio precedente studio già
apparso in «Arthos] romana, un’indicazione utilizzata e sviluppata
ulteriormente nel nostro recente Dèi e miti italici. Intanto, una
serie di articoli polemici sui nuovi rapporti tra fascismo e chiesa
cattolica, che Evola aveva pubblicato in Critica fascista di BOTTAI (si veda) e
in Vita Nova d’ARPINATI (si veda), e la successiva comparsa di Imperialismo
pagano, che quegli articoli raccoglieva e sviluppava, riversarono proprio
sul Gruppo di Ur pesanti attacchi clericali, fra cui è interessante
segnalare quello particolarmente violento e ambiguo, del futuro papa
Paolo VI, MONTINI, allora assistente centrale ecclesiastico della Federazione
Universitari Cattolici Italiani, che aveva come organo culturale la
rivista Studium (redazione a Roma e a Brescia). Dalle pagine di
«Studium» il Montini accusava i maghi riuniti attorno a Evola d’abuso di
pensiero e di parola di aberrazioni retoriche, di rievocazioni fanatiche e di
superstiziose magie. G.B.M., Filosofia: una nuova rivista, Studium. Oltre che
del futuro Paolo VI (certamente il più nefasto fra i papi), apparvero in
Studium anche gli attacchi del futuro ministro democristiano del
dopoguerra Gonella {Un difensore del paganesimo; Il nuovo colpo di testa di un
filosofo pagano), cui Evola replica — dopo averlo definito un tale il cui
nome esprime felicemente che vesti gli si confacciano più che non quelle
della romana virilità — nell’Appendice Polemica di Imperialismo pagano.
Contro Imperialismo pagano (le nostre citazioni sono tratte dalla
ristampa, presso Ar di Padova) si scomodò tuttoe l’ntourage del
giornalismo clericale, dall’Osservatore Romano a L’Avvenire, Imperialismo
pagano fu l’ultimo deciso, inequivocabile e tragico appello da parte di
esponenti della corrente tradizionalista romana, prima del triste
compromesso del Concordato, affinché il fascismo, come si esprimeva
Evola, «cominciasse ad assumere la romanità integralmente e a permearne
tutta la coscienza nazionale», così che il terreno fosse «pronto per
comprendere e realizzare ciò che, nella gerarchia delle classi e degli
esseri, sta più su: per comprendere e realizzare il lato sacro,
spirituale, iniziatico della tradizione. A questo scopo Evola non
risparmia taglienti critiche alle gerarchie del Regime. Il fascismo è
sorto dal basso, da esigenze confuse e da forze brute scatenate dalla
guerra europea. Il fascismo si è alimentato di compromessi, si è
alimentato di retorica, si è alimentato di piccole ambizioni di piccole
persone. L’organismo statale che ha costituito è spesso incerto,
maldestro, violento, non libero, non scevro da equivoci. Di più: Evola prevede
addirittura gli al Cittadino di Genova, nonché tutta la pubblicistica
fascista fautrice dell’intesa col Vaticano, d’Educazione fascista a
Bibliografia fascista, sino alla stessa bottaiana Critica fascista che aveva
ospitato i primi articoli evoliani.] esiti e gli sviluppi della Seconda
Guerra Mondiale. L’Inghilterra e l’America, focolari temibili dei
pericolo europeo, dovrebbero essere le prime ad essere stroncate, ma non
occorre di certo spendere troppe parole per mostrare che esito avrebbe
una simiie avventura sulla base dell’attuale stato di fatto. Data la
meccanizzazione della guerra moderna, le sue possibilità si compenetrano
strettamente con la potenza industriale ed economica delle grandi
nazioni. Era dunque necessario che il fascismo, che bene o male ha messo
su un corpo. Ma non ha ancora un'anima, si rivolgesse senza esitazioni
a quella della Roma precristiana prima che fosse troppo tardi, sì da
«eleggere l'Aquila e il fascio e non le due chiavi e la mitria a simbolo
della sua rivoluzione. Il nostro divino italiano può essere quello
aristocratico dei Romani, il divino dei patrizi, che si prega in piedi
e a fronte alta, e che si porta alla testa delle legioni vittoriose
— non il patrono dei miserabili e degli afflitti che si implora ai piedi
del crocifisso, nella disfatta di tutto il proprio animo. Il governo di MUSSOLINI
firma a nome del Re d’Italia, considerato dai papi un «usurpatore», il
cosiddetto Coneordato con la Chiesa Cattolica e nasce il monstrum
giuri- [Che il cosiddetto Concordato abbia sortito un effetto a dir
poco nefasto sulle sorti, non solo dello stesso fascismo (come le vicende
stori- dico della Citta del
Vaticano. Veniva con ciò tolta ogni speranza residua di azione
all’interno degli’ambienti ufficiali, sia da parte di Evola che di R. e di
altri autorevoli esponenti, restati per lo più in ombra, del
«tradizionalismo romano»: alcuni di loro, come già si è accennato in
nota, abbandonarono per sempre l’Italia per il Nuovo Continente nel corso
degli anni Trenta. Resta il programma minimo indicato ancora d’Evola
in Imperialismo pagano, secondo cui il fascismo avrebbe dovuto: promuovere
studi di critica e di storia, non partigiana, ma fredda, chirurgica,
sull’essenza del cristianesimo. Contemporaneamente dovrebbe promuovere
studi, ricerche, divulgazioni sopra il lato spirituale della paganità,
sopra la sua visione vera della vita] che successive ben presto
dimostrarono, avvalorando i timori di R. e di Evola), ma della stessa Italia
del dopoguerra, lo sperimentiamo ancora oggi sulla nostra pelle, dopo che un
quarantennale dominio clericale-borghese ha provveduto, quasi in ogni
campo, ad addormentare la coscienza delle «masse» ed a stroncare, con un
autentico terrorismo di stato, qualsiasi velleità di reazione delle minoranze
coscienti della necessità di mutare uno stato di cose ormai
incancrenito. MUSSOLINI non si e reso conto che prima di lui uomini non
solo autoritari, ma dal potere assoluto — gl’Ottoni, gli Svevi, perfino
Carlo V ecc. — si erano dovuti pentire di ogni intesa, patto e transazione con
la Santa Sede.] ogni intesa tra Santa Sede e Stato italiano avrebbe
significato unicamente il riconoscimento giuridico della validità [Chi
avesse pensato che la scuola di mistica fascista, fondata significativamente
poco dopo la conciliazione nell’ambito del G.U.F. di Milano per
opera di GIANI (si veda), avrebbe svolto una funzione del genere, avrebbe
dovuto ben presto ricredersi amaramente. In realtà, il sentimento
religioso dichiarato di quella che avrebbe voluto costituire Vélite
politico-intellettuale del fascismo si configura con precisione come
cattolico. Lo dichiara, in una maniera che non potrebbe essere più
esplicita, lo stesso fratello del duce, MUSSOLINI (A), in un discorso tenuto
alla Scuola. La nostra esistenza deve essere inquadrata in una marcia
solida che sente la collaborazione della gente generosa e audace, che
obbedisce al comando e tiene gli occhi fissi in alto, perché ogni cosa
nostra, vicina o lontana, piccola o grande, contingente od eterna, nasce e
finisce in Dio. E non parlo qui del Dio generico che si chiama talvolta
per sminuirlo Infinito, Cosmo, Essenza, ma di Dio nostro Signore,
creatore del cielo e della terra, e del suo Figliolo che un giorno
premierà nei regni ultraterreni le nostre poche virtù e perdonerà,
speriamo, i molti difetti legati alle vicende della nostra esistenza terrena.] dei
principii su cui si fonda l’ingerenza della Chiesa nelle questioni dello stato
italiano (SERVENTI, Dal potere temporale alla repubblica conciliare.
Volpe, Roma. Cfr. Il Popolo d’Italia] Sulla scuola di mistica fascista, si
veda: MARCHESINI, La scuola dei gerarchi, Feltrinelli, Milano. E CARLINI
(si veda), discutendo della nuova mistica, ravvisa la nota più originale
del fascismo proprio nel suo presupposto religioso, anzi cristiano, anzi
cattolico; perché il DIVINO di MUSSOLINI vuol essere quello definito dai
due dogmi fondamentali della nostra religione: il dogma trinitario
e quello cristologico. Quel programma che abbiamo detto minimo cerca
Evola in parte di compiere con l’organizzare il lavoro di alcuni suoi
insigni collaboratori attorno al diorama filosofico, la pagina speciale
che, con uscita irregolare e alterna, quindicinale e mensile, cura all’interno
del quotidiano cremonese di Farinacci, Il Regime Fascista. La tematica della
tradizione romana, esaminata nei suo simboli, nei suoi miti, nella sua
forza spirituale, ritorna qui frequentemente negli scritti dello stesso Evola,
di COSTA (si veda), di SCALIGERO (si veda) e di diversi collaboratori
stranieri, come Dodsworth, appartenente alla famiglia reale britannica) e lo
storico tedesco Altheim. Analoghe collaborazioni sono fornite da BRELICH
(si veda), destinato a ricoprire degnamente l’impor- [CARLINI, Mistica
fascista, Archivio di studi corporativi, Saggio sul pensiero filosofico e
religoso del fascismo, Roma] tante cattedra, che e di PETTAZZONI (si veda)i, di
Storia delle Religioni a Roma, e da GIORGIO (si veda), già collaboratore
di’Ur e di altre iniziative evoliane. Nel contesto della corrente da noi
definita del tradizionalismo romano GIORGIO (si veda) occupa una posizione
piuttosto anomala e tale che il Reghini avrebbe visto con sospetto: egli
infatti concepisce in Roma la sede eterna, geografica e storica, ma
soprattutto metafisica, in grado di unire in sé stessa la religione pagana
e il cristianesimo, tesi elaborata soprattutto ne La tradizione romana. D’altra
parte, è lo stesso De Giorgio a ribadire con sorprendente sicurezza
la persistenza del culto di Vesta in un misterioso cen¬ tro,
nascosto e inaccessibile. Il fuoco di Vesta arde inaccessibilmente nel
Tempio nascosto ove nessuno sguardo profano sa- [L’uscita alle stampe di
questa edizione (presentata come Flamen, Milano) offre contorni alquanto
misteriosi. In ogni caso, il manoscritto dell’opera sarebbe stato consegnato
all’autore della nota introduttiva, ASILAS -- che corrisponderebbe ad uno
degli ispiratori del gruppo dei Dioscuri e nel contempo autore di due dei
fascicoli omonimi, da un antico componente del Gruppo di Ur, che
noi sappiamo corrispondere al TAURULUS, cioè Reginelli. L’uscita della
Tradizione romana, in ogni modo, è stata 1 ’occasione per una salutare
riflessione sul tema da parte dell’ambiente tradizionalista nella prima metà
degli anni Settanta, sia da parte cattolica (si vedano il bollettino Il
rogo, e la successiva rivista
Excalibur, sia da parte propriamente «pagana» (si veda la nostra recensione
dell’opera di GIORGIO (si veda), confortata da un parere di Evola, in
Arthos: essenziale come punto di ripresa del discorso sulle origini della
tradizione romana). prebbe penetrare e a lui deve l’Europa intera la
sua vita e il prolungamento della sua agonia. Da questo fuoco
occulto partono scintille che alimentano le crisi e risollevano
periodicamente l’esigenza del ritorno alla romanità attraverso le varie vicende
di cui s’intesse la storia delle nazioni europee considerata
geneticamente, internamente e non sul piano li mitatissimo della contingenza
dei fatti e degli uomini. Queir immane conflitto, già previsto da Evola,
e che anche GIORGIO giudica del tutto inefficace, se non addirittura
letale per lo spirito e il nome di Roma, avrà in effetti come
risultato più manifesto, per i fini dello studio che qui andiamo
conducendo, di occultare del tutto le fila della corrente di pensiero di
cui siamo andati ripercorrendo la trama. Solo piu tarde è proprio la
ristampa dell’evoliano imperialismo pagano (e la scelta pare
significativa), curata dal Centro studi ordine nuovo di Messina, a
tentare GIORGIO. L’edizione, ciclostilata, con copertina stampata in
azzurro, venne tolta subito dalla circolazione in quanto non autorizzata
da Evola: la si può considerare oggi una vera rarità bibliografica] di
riannodare i termini di un antico discorso: «L’angoscioso grido
d’allarme rivolto dall’autore a MUSSOLINI per metterlo in guardia contro
il ventilato proposito della cosiddetta conciliazione — si afferma
nell’anonima introduzione — risuona oggi con inusitata attualità e fa si che
Imperialismo pagano venga guardato come un oracolo. Ed è proprio
provenendo dalle fila di ordine nuovo, un’organizzazione che lo stesso
Evola ha tenuto in buona considerazione — almeno fino a che la sua
ala borghese-modernista, condotta da Rauti, non confluì nel MSI — che
comincia ad agire, tra la fine degli anni Sessanta ed i primi anni
Settanta, il Gruppo dei Dioscuri, con sede principale a Roma e
dirama¬ zioni a Napoli e Messina. Pare assodato che all’interno del
Gruppo dei Dioscuri venissero riprese [Cfr. EVOLA, Il cammino del cinabro.
L’unico gruppo che dottrinalmente ha tenuto fermo senza scendere in
compromessi è quello che si è chiamato AeWOrdine Nuovo. L’interesse dei
«tradizionalisti romani» nei confronti di «Ordine Nuovo» si esaurisce sin
dall’inizio degli anni Settanta, allorché, da una parte, la frazione
rautiana rientrata nei ranghi del MSI si isterilì in fatui ed estenuanti
giochi di potere (!?) all’interno del partito e in declamazioni
populistico-giovanilistiche (non a caso la cosiddetta nuova destra
proviene quasi esclusivamente da quell’ambiente torpido ed ambiguamente
compromissorio), dall’altra, la frazione movimentista ed extraparlamentare
condotta d’Oraziani ed altri si smarrì nelle velleità inconcludenti e
pericolose della lotta di popolo, con conseguente ed inevitabile suo annientamento
da parte del Potere vero.] tematiche e pratiche operative già in uso nel gruppo
di Ur ed è perlomeno probabile che lo stesso Evola ne fosse al
corrente. Fatto sta che nei Fascicoli dei Dioscuri, usciti in
quel torno di tempo, l’idea di Roma da una parte e di un Centro nascosto
dall’altra, a cui il tradizionalismo dovrebbe far riferimento, ritornano
con grande evidenza. Per l’anonimo autore del primo Fascicolo dei
Dioscuri, intitolato Rivoluzione tradizionale e sovversione (Centro di Ordine
Nuovo, Roma), il più grande dei meriti di Evola è quello: «di
avere rammentato il destino di Roma quale portatrice dell’Impero Sacro
Universale e di avere tratto da tale verità le necessarie conseguenze
in ordine alle idee-forza che devono essere mobilitate per una vera
rivoluzione tradizionale. Qualche anno dopo, al termine del Fascicolo
intitolato Impeto della vera cultura (tradotto poi anche in francese), il
mito di Roma viene additato come l’unico che sia in grado di condur¬ re
ad una superiore unità gli sforzi di tutti i tradizionalisti italiani: a
tutti i tradizionalisti, anziché proporre uno dei tanti miti soggetti a
rapido e facile logoramento, si può ricordare la presenza di una forza
spirituale perennemente viva e operante, quella stessa che il mondo
classico ed il medio-evo definirono l’ÆTERNITAS ROMÆ. Il Gruppo dei Dioscuri ha
notevole importanza come cosciente riconnessione alle precedenti
esperienze sapienziali e come indicazione, per taluni elementi
particolarmente sensibili dell’area della de¬ stra radicale, di possibili
indirizzi e sbocchi futuri del tradizionalismo romano, anche se la
partico¬ lare via operativa scelta e, soprattutto, la mancata
qualificazione di taluni componenti, porterà ben presto alla distruzione
dall’interno del Gruppo stesso, di cui non si sentirà più parlare già prima
della metà degli anni Settanta (ci viene detto che frange disperse
del gruppo continuerebbero a sussistere so¬ prattutto a Napoli). È
tuttavia da supporre che alcu¬ ni dei gruppi periferici, sia pure
trasformati, ne abbiano continuato il retaggio se, ad esempio, a Messina, molto
probabilmente nell’ambito di alcuni dei vecchi membri del «Gruppo dei
Dioscuri» viene elaborato un testo dottrinale ed operativo, a
circolazione interna, sotto forma di «lezioni» di un maestro a un
discepolo, piuttosto interessante. La via romana degli dèi. Diremo
anzitutto dell’essenza della tua religiosità, fornendo alla tua mente profonda
gli argomenti per una serie di esercizi di meditazione affinché con saldo
cuore, tu possa prepararti all’assolvimento del rito [La via romana degli dèi.
Istituto di Psicologia Superiore Operativa, Messina. E certamente non
priva di connessioni genetiche col gruppo romano appare la sortita,
improvvisa, verso la fine degli anni Settanta, nella stessa Messi¬
na, del «Gruppo Arx», successivamente editore del periodico «La
Cittadella» e degli omonimi quader¬ ni, in cui senza alcuna attenuazione
i possibili itinerari di approccio alla «via romana degli dèi» sono indicati
attraverso la cosciente riappropriazione del- Vanimus romano-italico,
rivissuto nel rito stesso, e nel rigetto, sostanziale e formale, di ogni
adesione a forme anche esteriori del culto cristiano. Quanto segue è
storia dei nostri giorni, dal mo¬ mento che proprio con l’inizio degli
anni Ottanta vi è stata una nuova cosciente ripresa del moderno
«movimento tradizionalista romano», una cui rimanifestazione pubblica si
estrinsicherà in una data ed in un luogo alquanto significativi. Infatti
nella data in cui iniziava l’anno sacro romano, a Cortona, donde in epoca
primordiale Dardano, figlio di Giove, si sarebbe mosso alla volta
della Troade, si tenne un importante Convegno di studi sulla tradizione
itala, che, a [Gli’atti sono stati pubblicati nel numero speciale triplo
d’Arthos dall’omonimo titolo. Per una sintetica analisi sulla diversa
valenza del termine “italo” nei vari interventi, cfr. PONTE, Che cos’è la
tradizione itala, Vie della Tradizione] parte l’emergenza di differenti prese
di posizone dei tradizionalisti presenti, ebbe il merito di
riproporre la questione — non puramente dottrinale o formale — di
una cosciente riconnessione all’aurea catena Saturni della tradizione
indigena da parte di chi, pur in quest’epoca di totale dissoluzione di
ogni valore, intenda coscientemente riassumere il fardello delle
proprie radici etniche e spirituali. Successivamente ad un nuovo
Convegno, tenutosi a Messina, sul Sacro in VIRGILIO (si veda), la
rielaborazione dottrinale e la ridefinizione concettuale dei valori
difesi dagli attuali esponenti del tradizionalismo romano (di cui è parte
cospicua anche l’apparire alle stampe di alcune collane di libri
specifiche) si è spostata su un piano più interiore, ma la loro presenza
è destinata a riaffiorare a livello di influen¬ za sottile e indiretta di
gruppi o ambienti eticamente sensibili di un’area superante i limiti
stessi del mon¬ do della «destra politica». Il futuro
dimostrerà se la funzione di questa mi¬ noranza (ben cosciente di esserlo)
si limiterà ad una [Gli Atti sono stati pubblicati in buona parte nel
numero speciale di «Arthos» n. 20 (uscito successivamente al n. 22-24),
daH’omonimo titolo. Ci limiteremo a ricordare la collana «1 Dioscuri» per
le ECIG di Genova, in cui figurano L’oltretomba dei pagani di C. Pascal,
il mio Dèi e miti italici. La religiosità arcaica dell ’Eliade di N.
D’Anna e Arcana Urbis di M. Baistrocchi (in stampa); o quella di «Studi Pagani»
del Basilisco di Genova, in cui sono comparsi testi di antichi (Giuliano
Augusto, Giamblico, Simmaco, Porfirio) e di moderni (Guidi, De Angelis,
Beghini, Evola ecc.). pura e semplice azione di testimonianza, sia
pure «scomoda» per molte cattive coscienze. Il mito capacitante di Roma,
come l’antica fenice, è destina¬ to a risorgere continuamente dalle sue
ceneri, poiché riposa nella mente feconda degli dèi archegeti di
questa terra. Il Piccolo» di Roma, Il fascio littorio a Mussolini. Presentata
dall’esimia prof.a Regina Terrazzi, e dall’on. Mussolini ricevuta
la dott.a prof.a Cesarina Ribulsi, che offriva al Presidente del
Consiglio come augurio un fascio littorio da lei esattamente ricostruito
secondo le indicazioni storiche e iconografiche. L’ascia di bronzo
è proveniente da una tomba etrusca bimillenaria ed ha la forma sacra col
foro per la legatura al manico: alcuni esemplari simili so¬ no
conservati nel nostro Museo Kircheriano. Le dodici verghe di betulla,
secondo la prescrizione rituale, sono legate con stringhe di cuoio rosso
che formano al sommo un cappio per poter appendere il fascio, come nel
bassorilievo per la scala del Palazzo Capitolino dei conservatori.
Il fascio ricomposto con elementi antichissimi e nuovissimi è stato
offerto al Duce come simbolo della sua opera organica di ricostruzione dei
valori del¬ la nostra stirpe allacciando le vetuste origini alle forme
più vibranti dell’attività gagliarda e rinnovata che prende le
mosse. La rudezza espressiva del Fascio è ingentilita dal
contrasto tra il verde della patina bronzea e il rosso del cuoio che
ricorda la stessa armonica tonalità che producono le colonne di porfido
presso la porta di bronzo àcWheroon di Romolo, figlio di Massenzio,
al foro romano. L’offerta era accompagnata da una epigrafe latina
dedicatoria composta dall’offerente, la quale nell’università popolare fascista
svolge una fervida opera di propaganda di romanità viva. Il
Duce gradì l’augurio ed il voto accogliendoli colla sua consueta serena
nobiltà, non senza un segno della vivacità del sorridente suo spirito
latino: «Lei mi ha dato una lezione di storia» — osserva in tono
scherzoso. Singolari parole in bocca di chi dà e darà non poco a fare
agli storici futuri. (La notizia è riportata in una rubrica
dedicata a «I solenni riti del XXIV Maggio», senza indicazione di
paternità). IGNIS, Rumori. Sacrae Romae origines, tragedia in carmi.
Libreria del Littorio, Roma, dopo il frontespizio. LETTERA DI ARDENGO
SOFFICI A S. E. MUSSOLINI. Mio caro Presidente, permettimi ti dia,
scritte e sottoscritte anche da me, che ne resto garante, al¬ cune
prove di pregi eccezionali della tragedia, che, in fondo, in un vero
poema epico delle origini, è l’esaltazione di oggi della nostra stirpe.
Comincio da un mio giudizio, già a te noto; Rumori è tragedia romana che
può stare a paro col Giulio Cesare di Shakespeare ti fo osservare che il titolo
di Poeta di Roma, dato da Jean Carrère ad ignis, si è dato solo a
Virgilio e ad Orazio: Augusto, vive, oggi, tra noi tutti in ispirito, più per
questi due poeti, da lui protetti, che per la sua politica
imperiale. E tu vedi come Rumori sia stato giudicato, prima
ancora che esistessero l’idea e la forza fascista, tragedia degna di Roma
quando competenti — dai nostri a Carrère, ed a me che sono l’ultimo al
giudizio corrono all’iperbolico per lodare Rumori di ignis bisogna concludere
che ci si trova da¬ vanti ad un’opera d’arte somma, e per fortuna nostra,
d’arte italiana — opera che è, anche per se stessa, di alto significato
politico, e di spirito fascista. Mi rileggo, e mi credo, caro Presidente ed
amico carissimo, di averti scritto una lettera storica. Fai che non
sia stata scritta invano, ma invece il tuo no¬ me vada unito a quello
della tragedia Rumori, al poema di Roma e degno di Roma: e di questo
legame in avvenire, spero che tu possa essere un po’ gra¬ to al tuo
affezionato amico e devoto ARDENGO SOFFICI pag.
successiva non numerata: IL MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI Caro
Soffici, bisogna assolutamente far marciare Rumori. Il governo
appoggia fervidissimamente l’iniziativa perché essa rientra nel grande
quadro della rinascita nazionale. Saluti fascisti e
cordialissimi. f.to MUSSOLINI Roma (Carme terzo): AUGURE
Manifesto è dunque: amor — essere — ROMA. Se tutte move, ed
incende, le create cose... legge si è — Amor — dell’universo
vita... così, un tanto Nome, a noi predice: dono di regno e potestà
sovra ogni terra, e dello spirito, e d’imperio. Confirmato si
è, per te, prodigioso il vaticinio. Non pronunciati mai più sien i
Nomi occulti su la Città terribili chiamerebbero fortune. Li trasmettano,
oralmente, i Pontefici ai Pontefici. Né mai più, tu, l’eccelso pronuncia
Nome palese, se concluso non avrai, prima, il solco sacro. Permesso
e commesso mi è: Nunziare, allora, in gran letizia, al Popolo... quel Nome
che licito non più mi è dire quando, già per tre volte, qui, in tre
diversi suoni, de la gran Madre nostra il Nome risonò.
{Dispiega le dita della sinistra, ad una ad una, per numerare i
significati del nome). Di significati cinque: È’l Nome palese,
latore, con l’occulto. Chiama la Città: Valentia... Ròbure... Virtù! e
ancor: Madre. Mamma. Alma Nutrice! Vostra nei nomi vostri oh Re! suoi
fondatori... Come del grande Rumon: URBE: la Città del Fiume (Pausa) Ammirate!
se gli Dei saputo abbiano addensare, in così breve Verbo, sì pieni...
tanti arcani. Mirifici! donando Nomi nove: in quattro occulti
ed un — Medio — palese, e quando, nove, siamo al Rito. Ili Da:
COSTA, Apologia del paganesimo, Formìggini, Roma. Il pagano è, per definizione,
buono. Né un greco, né un romano avrebbero concepito che l’uomo potesse
esser qualcosa di diverso da ciò, che in lui litigassero per così dire due
nature, che la manifestazione esterna fosse diversa dall’interna, che né nella
vita individuale, né in quella sociale vi fossero mezzi termini,
transazioni, compromessi. Esso è quello che naturalmente è, cioè buono,
come ideale supremo della vita, come dovere, come necessaria
fatalità insita nelle cose umane. Egli vive quindi la vita interamente,
dolorosamente, gioiosamente a un tempo, con un pragmatismo sano e forte
che non ammette ipocrisie, doppiezze, scuse. Solamente all’uomo
cosiddetto moderno è stato concesso, per virtù di dottrine religiose e
culturali che si sono formate a lui d’intorno, una distinzione ed
una separazione del suo essere intimo, spirituale, psicologico, dal suo
essere apparente, esteriore, materiale. All’antico quando di questa scissione
apparve per un momento la possibilità, egli ne cacciò da sé l’idea, ne
biasimò perfino la concezione. La concezione pagana della vita ha fatto
perciò l’uomo tutto d’un pezzo, ne ha affermato il carattere, ne ha
provocato 1 ’azione. Ecco perché la vita nel paganesimo ha avuto tutto il
suo massimo sviluppo ed è stata accettata non come un male, ma come
un bene che bisognava con interezza di carattere vivere interamente
e sanamente per sé e per gli altri. Per stabilire l’equilibrio l’uomo
deve tornare al paganesimo poiché il cristianesimo si è mostrato divina
opera cui le sue spalle non sanno sottostare. Ma paganesimo è sincerità e
l’uomo deve ritornare ad essere sincero. Il cozzo a cui l’ha costretto
per due millenni il suo desiderio di seguire il messaggio cristiano
e la sua manifesta impotenza di non saperlo fare, deve risolversi in armonia se
egli vuol sanare in sé l’eterno dissidio. Lo spirito e la carne
debbono avere il medesimo valore ed il loro prevalere non può essere
determinato che da circostanze speciali di individuo, di momento e di luogo che
l’uomo può intravvedere, non deve violare con convinta testardaggine.
L’equilibrio di queste forze, l’esteriore e l’interiore, quindi, deve essere
nella dottrina, come nella vita, assoluto. Da: Im via romana degli
dèi, ciclostilato anonimo, Messina. L'immagine di un dio è lo stemma
della Forza che essa rappresenta. A tutti i fini pratici tali
immagini sono personae, perché qualsiasi cosa possano essere nella
realtà esse sono state personalizzate e forme di pensiero sono state
proiettate su un altro piano. Alcune di queste immagini e le loro
attribuzioni sono così antiche e sono state costruite con tanta
ricchezza di lavoro sottile da essere capaci di ricostruirsi da se stesse,
durante l’eventuale lavoro di meditazione, che l’allievo può fare su una
divinità. Resta un minimo «invito», un minimo stimolo, perché il
meccanismo scatti e l’immagine si ricompon¬ ga, sia pure su un piano
semplicemente psichico. Così, della limatura di ferro, dispersa su un
piano, si raccoglie intorno ad un magnete che venga posto in mezzo.
Se il magnete è forte esso attirerà i granelli anche se essi sono pochi e
molto distanti. AMKDKO R(K ( ARMKM ANO (im - da
«Ygieia», Piscio littorio a
Mussolini n florno If »cor*o. pr^eniaU dalla tsl- bjU prof.»
Rcidna Trmiizl. fa rtalTon. Maa. aOltnl rlotwta la doti.» pmf.» Osarina
RI- baiai cba offriva al Proatdanta dr’. Contiguo romo aufurln la data
de) Mabfio «n falcio littorio da lei eaattamcDte licoatndto lecoudo la
lodicaslonl atorictie e leooograflclia. l.‘aicla di bronra k
prorenlenU dm aoa tomba etmaca hlmtneoarta ed ba la forma aorra eoi
foro per la Vantura hi manico: alcool eaamplan slmili sono coosenrat: il
nostro Ma.*«o Klrcberiamo. é La dodict verace di l>ctulla.
ascondo la prescrizione rit'iale. sono legala con tirisele ^ cuoio rosso
cba formano al tonimo ua cappio per poter appendere fi fascio,
conta nel ba.MorUiero per la acala del Pa lazzo Capitolino dd
Conaenalori. Il Fascio ricomposto con elementi antl- fhlHilmt
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allacciando le veia«ie origini alla fonn* più vibranti dell'attività
ga- giarda a rinnovata cha prendo la mosse ^ XXIY Maggio 19t8
Là rudezza espressiva dal Fascio è in- gantlHta dal contrasto tra (I
verde della patind bronsea e U rosso del molo che ri¬ corda la
stes.aa armonica tonalità che pm- doeono le colonne di porfido presso la
por¬ ta di bronzo deD'brroon di Itomdlo, figlio 41 Massenzio al
Foro Romano. L'oflerla efa accompagnata da ani epl- graia
latina dedicatoria composta dall'or- farente. la quale nell'UntvcnUtà
Popolare faartsta avolga una fervida opera di pro- pafgada di
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colla sua consueta serena nobiltà. 2«m senza tm segno della vivacità del
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storia • — osservò In tono aehanoao. Btngolart parole In bocca di
r.hl db a darà non poca a fare agli storici fu- tnrl
Riproduzione da «11 Piccolo». V. pag. 55. 65 Arturo
Reghini. Reghini. Keywords: implicature, il fascio etrusco, scuola di Crotone, il
fascio littorio, simbolismo duodecimale, Cuoco, il fascio etrusco – Pitagora
dell’Etruria, Evola, numero tri-angolare, numero qua-drato, numero pi-ramidale,
la logica del numero – il concetto di numero in Frege – Austin, Grice. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Reghini” – The
Swimming-Pool Library.
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