Luigi
Speranza -- Grice e Masullo: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale e la scissione dell’inter-soggetivo – i lottatori della tribuna
– la scuola d’Avellino -- filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Avellino). Filosofo italiano. Avellino,
Campania. Insegna a Napoli. Ha
trascorso vari periodi di ricerca e di insegnamento in Germania. Direttore
del Dipartimento di Filosofia dell'Napoli. È stato socio dell'Accademia
Pontaniana, della Società Nazionale di Scienze Lettere ed Arti di Napoli e
dell'Accademia Pugliese delle Scienze. È stato insignito della medaglia
d'oro del Ministero per la Pubblica Istruzione. Candidato nelle liste del
Partito Comunista Italiano prima e in quelle dei Democratici di Sinistra poi, ha
ricoperto la carica di Deputato, è stato Senatore della Repubblica. Trascorre i
primi anni della sua vita a Torino. Si trasferisce a a Nola, dove compie gli
studi superiori frequentando il liceo classico Carducci. Fequenta il corso
di laurea in Filosofia a Napoli. Si laurea con Nobile discutendo una tesi su
Benda. Napoli era dominata prevalentemente da Croce; esistevano comunque altri
personaggi capaci di una riflessione autonoma e originale come fu Aliotta che
con il suo sperimentalismo offrì importanti stimoli a M.. Studia
l'esistenzialismo che andava diffondendosi in Italia. Assistente volontario
alle cattedre di filosofia e tiene seminari per Nobile, Aliotta, e
Valle. Compie la sua formazione filosofica a Napoli soprattutto con Carbonara.
Carbonara era impegnato attraverso i suoi studi di estetica a ripensare
l'attualismo gentiliano. La sua posizione prende il nome di materialismo critico.
Attraverso il confronto con Carbonara, M. si addestra al
rigore concettuale e inizia ad elaborare una propria posizione
originale. Nella formazione e nella costruzione della prospettiva
filosofica di Masullo si combinano diverse componenti. Il neoidealismo,
crociano e gentiliano, lo sperimentalismo d’Aliotta, e, tra idealismo e
materialismo, il materialismo critico di Cleto Carbonara. M. però, mosso
dalle proprie inquietudini e dalle impressioni suscitate dai tragici eventi
bellici, studia anche l'esistenzialismo e lo spiritualismo. Infine il bisogno
di comprendere l'uomo concreto e le sue reali tribolazioni lo conducono ad
avvicinarsi alla fenomenologia. Il soggiorno di studio a Friburgo gli
consente di approfondire lo studio della fenomenologia e di conoscere Weizsäcker,
il quale aveva introdotto nel filosofese il concetto di “patico.” (cf.
anti-patico, sim-patico, em-patico). Esistenzialismo, spiritualismo, idealismo
e fenomenologia sono correnti di pensiero variamente intrecciate tra di loro.
Ciò che attraversa trasversalmente questi movimenti di pensiero è la radicale
problematizzazione del rapporto tra pensiero e vita, tra il pensiero e il suo
negativo, ciò che pensiero non è. Il pensiero Intuizione e discorso è un
testo in cui, avvalendosi degli stimoli che provenivano dalla epistemologia, M.
si confronta con l'idealismo attualistico e storicistico per riflettere sul
carattere “difettivo” della coscienza e sul suo rapporto con la
conoscenza. M. in Intuizione e discorso sostiene che i poli del fatto e
dell'idea, del senso e della coscienza, della vita e delle forme dello spirito
sono legati da un vincolo dialettico. Voler ridurre l'uno all'altro conduce ad
un idealismo soggettivistico o ad un empirismo cieco alle dimensioni dello
spirito. Bisogna comprendere le modalità del vincolo che lega spirito e corpo.
Il pensiero che voglia essere critico, cioè che non voglia ingannarsi, deve
riconoscere che esso si fonda su processi biologici e fisiologici che gli sono
irriducibili. M. approfondisce in Germania lo studio della fenomenologia,
ancora poco diffusa in Italia. A Friburgo frequenta i circoli husserliani
capeggiati dall'allievo di Husserl Fink e conosce Weizsacker del quale M. svilupperà
il concetto di "patico". M. stesso, tornato in Italia, traduce e
commenta alcuni testi di Husserl in un piccolo libriccino ormai introvabile -- Logica,
psicologia, filosofia. Un'introduzione alla fenomenologia, Napoli, Il Tripode
-- il cui contenuto in parte è poi confluito nel successivo truttura,
soggetto, prassi. M. considera Husserl un grande esploratore della
coscienza. Husserl cerca di dare un fondamento filosofico alle scienze positive
indagando il modo in cui la coscienza costituisce il mondo che la scienza
prende ad oggetto delle proprie particolari ricerche. Masullo però, elaborando
gli stimoli dell'antropologia medica di Weizsacker, lavora al passaggio dalla
fenomenologia alla patosofia. Struttura, soggetto, prassi è il testo che
documenta il rinnovamento della ricerca di Masullo. Fa riferimento alle scienze
positive per mostrare che la coscienza è qualcosa di vivo e concreto e non è
«intellettualisticamente sofisticata, trasparente a sé stessa, come vorrebbero
le filosofie speculative le quali riducono la vita psichica alla vita cosciente
e non tengono conto o minimizzano il peso della dimensione psichica inconscia,
svalutata come qualcosa di filosoficamente irrilevante. S. Non è
possibile una conoscenza diretta, per introspezione/riflessionecome vorrebbero
le filosofie speculativedi ciò che pensiero non è. Il pensiero come esperienza
intersoggettiva, sociale (lo Spirito, il Soggetto) può conoscere i suoi prodotti,
i pensieri, il pensato, ma non può conoscersi come processo, esperienza del
pensare, atto, tempo, «paticità» (cioè il pensare come esperienza soggettiva,
esistenza). D'altronde il pensiero come processo non può essere conosciuto
neanche per inferenza da parte delle scienze positivo-sperimentali. Queste
possono misurare i processi, ma non possono misurarne i vissuti. Lo
scacco, il limite della conoscenza è l'apertura alla prassi e all'etica:
riconoscere il nesso operativo tra senso e significato, crisi e ordine,
«patico» e cognitivo, corpo e mente. Analizza i grandi modelli idealistici
e fenomenologici della soggettività. In particolare, seguendo un'indicazione di
Fichte, sviluppa la tesi secondo la quale il fondamento dell'uomo, cioè la
condizione per la quale l'uomo assume i caratteri della soggettività (libertà,
storia, ricerca, progetto, autodeterminazione) è l'intersoggettività. Di questo
fondamento Masullo analizza le modalità di funzionamento. M., con i suoi
studi sulla «intersoggettività» e il «fondamento» degli anni sessanta e
settanta (Lezioni sull'intersoggettività. Fichte e Husserl, Napoli, Libreria
Scientifica Editrice, La storia e la
morte, Napoli, Libreria Scientifica, La comunità come fondamento. Fichte,
Husserl, Sartre, Napoli, Libreria Scientifica; Il senso del fondamento, Napoli,
Libreria Scientifica Editrice, Antimetafisica del fondamento, Napoli, Guida),
analizza le «operazioni nascoste» in base alle quali si costituisce l'io e in
base alle quali si costituisce l'oggettività del mondo e individua nella
originaria struttura intersoggettiva il fondamento del mondo umano. Il
fondamento è la comunità, ma essa funzionalmente rimane nascosta all'io per
permettergli di istituirsi ed operare, come ben spiega nell'importante saggio
Il fondamento perduto, in cui rielabora e sviluppa spunti presenti negli ultimi
capitoli di Il senso del fondamento e
raccoglie in modo compiuto i risultati teoretici di due decenni di ricerche
intorno al tema della comunità-intersoggettività come fondamento. M. pubblica
inoltre il testo Fichte. “L'intersoggettività e l'originario” in cui riprende e
aggiorna il saggio su Fichte contenuto in La comunità come fondamento. Fichte,
Husserl, Sartre. Pubblica Metafisica. Storia di un'idea. Il capitolo finale, Il
sentimento metafisico, è l'indicazione del passaggio a una nuova fase del
pensiero di M., una fase in cui il tema dell'intersoggettività lascia il posto
alla esplorazione delle dimensioni del vissuto del soggetto, quindi lascia il
posto ai temi della paticità, del senso, del tempo. In effetti anche i
suoi corsi universitari di quegli anni rivelano questo momento di transizione. Si
dedicati al tema dell'inter-soggettività ma vengono trattati anche i temi
caratteristici della seconda stagione della sua riflessione. Tratta della
“difettività del soggetto”; nel corso invece si occupa di “comprensione del
tempo e interpretazione morale, definitivamente centrati su “i patemi della
ragione e l'inter-esse etico.” Nei studi
su «tempo», «senso», «paticità» (Filosofie del soggetto e diritto del senso,
Genova, Marietti, “Il tempo e la grazia. Per un'etica attiva della salvezza,
Roma, Donzelli, “Paticità e indifferenza” (Genova, Melangolo). Sostiene che il
pensiero critico, nella sua incapacità di pensare il passaggio, il processo, la
trasformazione, il cambiamento (sustenuto in La problematica del continuo in
Aristotele e Zenone di Elea, seppure solo sul piano logico) è incapace anche di
pensare la soggettività la quale è una forma particolare di cambiamento, è
tempo, prodursi delle differenze all'interno di un campo strutturato,
fortemente centralizzato, l'organismo umano, portatore della coscienza di
sé. In questi studi degli anni ottanta e novanta Masullo considera le
modalità affettive e psicobiologiche dell'esser soggetto. In “Filosofie del soggetto
e diritto del senso” Masullo si confronta con Kant, Hegel, Dilthey, Heidegger e
Merleau-Ponty, i quali storicamente hanno posto il tema della soggettività non
riconoscendo però la differenza tra «significato» e «senso». M. rivendica il
«diritto del senso» ad essere riconosciuto nella sua radicale e irriducibile
diversità dal significato. Molto più rilevante nella costruzione della sua
prospettiva filosofica è invece il saggio intitolato Il tempo e la grazia. Per
un'etica attiva della salvezza, nel quale M. illustra la sua concezione della
frammentazione della soggettività a partire da alcune considerazioni sui
concetti di esperienza e di tempo. I lessici delle lingue europee antiche e
moderne consentono di distinguere la dimensione orizzontale dell'esperienza
propriamente detta (έμττεŀρία, experientia, Erfahrung) la quale ha un carattere
prevalentemente cognitivo rispetto alla dimensione verticale dell'esperienza
meno propriamente detta (πάθος, affectio, Erlebnis), cioè il vissuto, il quale
ha invece un carattere affettivo anziché cognitivo. Da una parte abbiamo il
giudizio su ciò che abbiamo provato, dall'altra abbiamo il provare come
avvertimento immediato dell'accadermi di qualcosa. Ciò introduce a
un'ulteriore precisazione filologica che riguarda la differenza tra il
cambiamento e il tempo. Il tempo non è il cambiamento. Il cambiamento è il
continuo prodursi delle differenze nell'organizzazione delle forme della vita.
Il tempo è l'avvertimento interiore di questo cambiamento, cioè l'avvertimento
di sé attraverso il cambiamento. L'uomo, a differenza degli altri
viventi, è intrinsecamente tempo. Egli istituisce il tempo nel senso che mette
in relazione i cambiamenti a dei sistemi oggettivi di riferimento, ma ancor più
radicalmente l'uomo è tempo in quanto avverte i cambiamenti del mondo esterno
solo in relazione al proprio modificarsi. Questo avvertimento, il «senso»,
è l'indice della soggettività. L'avvertimento della perdita, il senso del
cambiamento, in una parola il tempo, accende l'allucinazione del sé, scatena il
desiderio di permanenza. Parallelamente alla esplorazione della
soggettività, in Il tempo e la grazia M. segue gli sviluppi di un'emergente
epistemologia caratterizzata anch'essa dalla contingenza e irreversibilità del
tempo fisico così come la cosmogenetica ce lo illustra. Il versante umanistico
e quello scientifico convergono nel disegnare un'antropologia la cui etica non
è più la moderna e rassicurante etica reattiva che salva la società con le sue
formulazioni sull'ordine del mondo. L'etica che M. vede in prospettiva
scaturire da questo nuovo contesto è un'etica attiva che salva il tempo, cioè
il soggetto, dal vivere la perdita prodotta dal cambiamento come «disgrazia»,
mutilazione. La perdita è un momento necessario nella vita di un essere, l'umano,
che non semplicemente cambia, ma si rinnova e costruisce intenzionalmente il
proprio futuro. Una volta riconosciuto il diritto del senso ad essere
inteso nella sua irriducibilità al cognitive; una volta esplorato il campo del
senso-tempo-patico alla luce della psicanalisi, della letteratura e della
filologia; una volta riconosciute le epocali trasformazioni degli scenari
epistemologici, antropologici ed etici, M. in Paticità e indifferenza, si
chiede quale può essere ancora, in questo nuovo contesto, il ruolo della
filosofia. La filosofia è «saper assaporare i sapori della vita, gustare a
fondo i sensi vissuti, … elevare i sensi sensibili a sensi ideali e cogliere
nei sensi ideali la possibilità dei sensibili, è la “sapienza del patico”
ovvero, se si ricalca interamente l'etimo greco, è la “patosofia”». Da un
pensiero così articolato derivano alcune indicazioni e cautele
etico-pedagogiche. Essendo l'uomo intrinsecamente temporale, essendo la
temporalità umana irreversibile, l'uomo non può essere fatto oggetto di
conoscenza come un qualsiasi ente. M. distingue la conoscenza dalla cura. Egli
inoltre distingue le esperienze (che sono comunicabili e sono i materiali sui
quali si costruisce la conoscenza) dai vissuti (che sono invece
costitutivamente «incomunicativi» in quanto riguardano l'immediatezza del
sentire individuale che non è mai trasparente neanche all'individuo stesso che
li vive). La conoscenza è la dimensione orizzontale dell'esistenza. Essa guarda
alla universalità. Mentre la cura ne è la dimensione verticale. Essa invece
guarda alla unicità-identità, ai vissuti da assaporare e da sublimare in valori
da condividere. Mentre la ricerca di Masullo prosegue in questi anni
curvando verso nuove direzioni, pubblica alcuni nuovi libri. Sscrive Filosofia
morale per una collana di libri che illustrano ciascuno il nucleo delle varie
discipline filosofiche. In effetti Filosofia morale non è un elenco di temi,
personaggi, concetti ma un percorso molto personale all'interno delle questioni
e dei nodi fondanti della disciplina: la specificità della filosofia morale e
la distinzione tra morale ed etica; il bene quale orientamento dell'azione
umana; il soggetto della vita morale, la persona; il dovere, la responsabilità
e il vincolo che ci lega agli altri. Scrive, intervistato dal giornalista
de Il Mattino, Scamardella, Napoli siccome immobile. Scamardella, in uno degli
ennesimi momenti difficili per la città di Napoli, cerca la figura di un
saggio, di un'autorità morale capace di interpretare il presente e prefigurare
il futuro di questa città malata. Trova questa figura in M., filosofo ma anche
protagonista della vita civile e politica della città con concrete iniziative
quali, nel 2006, gli incontri con i giovani e la popolazione nell'ambito del
“Manifesto per salvare Napoli”. Il libro è un lungo dialogo sulle tante
debolezze della città presente che si conclude con un'analisi delle risorse che
danno speranza nel futuro. M. pubblica La libertà e le occasioni, che
sviluppa il tema del suo ultimo seminario all'Istituto Italiano per gli Studi
Filosofici di Napoli. L'impegno politico Negli anni sessanta e settanta
la contestazione studentesca segnalava il bisogno di rinnovamento
dell'università italiana. M., per i caratteri originali del proprio
insegnamento, è considerato dagli studenti uno dei professori progressisti. Egli
in quegli anni fu eletto deputato come indipendente nelle liste del Partito
Comunista Italiano, ed in seguito come
senatore, si occupò sempre dei problemi del sistema scolastico. Inoltre come
parlamentare europeo lavorò al fianco di Nilde Iotti nella Commissione
legale. All'inizio degli anni ottanta alcuni importanti provvedimenti
modificano l'organizzazione didattica e gestionale dell'università (vengono
istituiti i dottorati di ricerca, riordinate le scuole di specializzazione,
creati i Dipartimenti). Terminato l'impegno parlamentare Masullo dirige per due
mandati il nuovo Dipartimento di Studi Filosofici dell'Napoli intitolato ad Aliotta.
Anche attraverso questo incarico egli incide sulle direzioni della ricerca
filosofica a Napoli. M. si mette
di nuovo al servizio della politica quando dopo la crisi politica e sociale
degli anni ottanta, agli inizi degli anni novanta si verifica un generale
risveglio della coscienza collettiva. A livello locale egli dapprima anima per
oltre un anno, ale “Assise di Palazzo Marigliano”, un movimento che si opponeva
al progetto NeoNapoli previsto dal preliminare di Piano Regolatore.l, del
quale ottenne il rigetto, suggerendo la demolizione e il rifacimento integrale
dei Quartieri Spagnoli. Forte della popolarità acquistata con questa esperienza
è capolista del PDS nelle elezioni amministrative e poi, protagonista a Napoli
della innovativa esperienza della "giunta del sindaco". A
livello di politica nazionale M. è di nuovo impegnato per due legislature al
Senato. Egli è membro della Commissione di vigilanza dei servizi
radiotelevisivi e, come negli anni settanta, della Commissione per l'istruzione
pubblica e i beni culturali in anni nei quali i provvedimenti relativi a
istruzione, università e ricerca sono numerosi e importanti. Amante dei libri e
della cultura dei bambini, lo spessore del Maestro filosofo emerge inoltre
quando in aula si discutono disegni di legge relativi a temi quali l'ergastolo
o la procreazione assistita. Saggi: “Intuizione e discorso,” – Grice:
“Good connection.” (Napoli, Scientifica); “La problematica del infinito del continuo
– l’infinitesmale – la categoria della quantita – flat and variable,” – Grice:
“Excellent philosophical problem.” Napoli,
scientifica, “Struttura soggetto
prassi,”Napoli, scientifica “La comunità
come fondamento,” Grice: “Masullo’s first attempt at a conceptual analysis of
the inter-subjective; but it takes a philosopher to understand that that is
what stands behind ‘community,’ or ‘population,’ as I prefer, or the
conversational dyad.” Napoli, scientifica, “Anti-metafisica del fondamento” Napoli,
Guida, “L'inter-soggettivo” Napoli, Guida, “Filosofie del soggetto e diritto
del senso,” Genova, Marietti, “Il tempo
e la grazia. Per un'etica attiva della
salvezza,” Roma, Donzelli, “Meta-fisica:
storia di un'idea,” – Grice: “Perhaps Aristotle never had an idea; after all
‘ta meta ta physica’ is later and means: “the stuff the master wrote after the
‘physika’!” Roma, Donzelli, “La potenza della
scissione” o diaresis, Napoli, Scientifiche, “Gografia e storia dell'idea di
libertà,” Reggio Calabria, Falzea. – cfr. Grice: “The history of ‘free’ is
hardly a ‘natural history’!” “Paticità e
in-differenza,” Genova, Melangolo, -- Grice: “Masullo’s concept of ‘pathos’ is
essential – while you may have self-pathos, the implicaure is that there is
‘empathy.’” “Inter-soggettivo” G. Cantillo, Napoli, Scientifica, “Filosofia morale,” Roma, Riuniti, “Scienza e
co-scienza” – Grice: “This pun is only possible in Italian: conscious and
science are less of a parallel word formation!” “tra
parola e silenzio” Grice: “This is my reading between the lines – i. e. the
implicature” atti del convegno (Monte Compatri), P. Ciaravolo, Roma, Aracne, “Il
senso del fondamento,” Napoli, scientifica, G. Cantillo, Napoli, scientifica, Napoli,
siccome immobile. Intervistato, Napoli, Guida, La libertà e le occasioni, Milano, Jaca, I linguaggi della follia e i passi della
salvezza. Il lavoro psichiatrico, in S. Piro. Maestri e allievi, Napoli, Scientifica,.
Il filosofo della coscienza, Corriere della Sera, La grazia della filosofia e
della politica, su rainews, Napoli, chi era il più grande filosofo, su
interris, A. Fioccola, Magazine dell'Università degli Studi di Napoli
l'Orientale. Aldo Masullo. Masullo. Keywords: l’intersoggetivo, la scissione di
Hegel, il continuo dei velini – velia, infinitesimal – l’innamorato di
Parmenide -- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Masullo” – The Swimming-Pool
Library.
Luigi
Speranza -- Grice e Matassi: la ragione conversazionale e l’implicatura
conversazionale e la filosofia della seduzione dei giocatori di calcio – la
scuola di San Benedetto del Tronto -- filosofia marchese -- filosofia italiana
– Luigi Speranza (San Benedetto del Tronto). Filosofo italiano. San Benedetto del Tronto, Ascoli
Piceno, Marche. Grice: “I like Matassi; but then I like football – I was the
football team captain at Corpus – and aesthesis, the seductor seduced – “la
condizione desiderante” indeed!” Allievo di Garroni, è
stato Professore di Filosofia morale, coordinatore scientifico della sezione
Filosofia, Comunicazione, Storia e Scienze del Linguaggio del Dipartimento di
Filosofia, Comunicazione e Spettacolo dell'Università Roma Tre; in precedenza
era stato direttore del Dipartimento di Filosofia. Si è occupato anche di
Estetica musicale. È stato Presidente
della Società Filosofica Romana e ha fatto parte del comitato direttivo
nazionale della Società Filosofica Italiana. È stato nel comitato d'onore della Fondazione
Amadeus. Presidente dell’Accademia Estetica di Rapallo, responsabile della
sezione filosofica di Villa Sciarra, Roma, membro della giunta del CAFIS
dell'Università Roma Tre. È stato anche membro del Comitato scientifico della
Fondazione Résonnance dell'Losanna. Ha
diretto la collana Musica e Filosofia per la Mimesis Edizioni di Milano e
quella su I Dilemmi dell'Etica per la casa editrice Epos di Palermo. Ha tenuto
un blog sul "Fatto quotidiano" sui temi che legano la filosofia alle
dimensioni del contemporaneo. Ha collaborato con la rubrica Ricercare, dedicata
alla filosofia della musica, al mensile Amadeus e al mensile Stilos. È stato
direttore della collana Italiana per Orthotes Editrice (Napoli). È stato anche
membro del comitato scientifico-direttivo delle seguenti riviste: Colloquium
philosophicum, Paradigmi, Quaderni di estetica e di critica, Bollettino di
studi sartriani, Filosofia e questioni pubbliche, Links, Lettera
Internazionale, Phasis, Itinerari, Prospettiva Persona, Metabolè, Babel online,
Civitas et Humanitas. Annali di cultura etico-politica. Per quanto concerne il
settore estetico-musicale è presente nel comitato direttivo della rivista internazionale
Ad Parnassum. Hortus Musicus, Civiltà musicale, Orpheus, Itamar. a ricoperto la
presidenza di giuria per il Premio Frascati Filosofia. Menzione speciale della giuria al premio di
saggistica “Salvatore Valitutti”, per Bloch e la musica. È stato uno dei principali collezionisti al
mondo di incisioni relative alle esecuzioni delle sinfonie e della liederistica
di Mahler (circa mille tra vinili e compact disc). Si è occupato di filosofia
tedesca, in particolare di Hegel, delle scuole hegeliane, del criticismo
tedesco, del marxismo occidentale e della scuola di Francoforte. Un suo saggio è
stato dedicato alle Vorlesungen hegeliane di filosofia del diritto e
all'interpretazione fornitane da Gans. Si è occupato di Lukács, iutilizzando
per la prima volta il celebre manoscritto "Dostoevskij" si è poi occupato
di Hemsterhuis, l'autore della celebre Lettera sui Desider e del dialogo
Alessio o dell'età dell'oro. Le sue ricerche
hanno riguardato la filosofia della musica moderna e contemporanea e in
particolare su quella di Bloch, di Benjamin e Adorno, fino ad elaborare un'originale
filosofia dell'ascolto, le cui suggestioni si possono rintracciare nella teoria
musicale moderna di Ernst Kurth, elaborata nei Fondamenti del contrappunto
lineare. In tale prospettiva di ricerca, filosofia della musica e filosofia
dell'ascolto sono strettamente compenetrate, fino a diventare il paradigma di
una rivoluzione formativa che mette al centro del sistema educativo
contemporaneo la musica nella sua declinazione storico-teorica come in quella
pratica. All'interno di tale prospettiva
svolge un ruolo centrale Mozart, il "più ascoltante tra gli
ascoltanti" come lo definì Martin Heidegger. Saggi: Le Vorlesungen-Nachschriften hegeliane
di filosofia del diritto” (Roma, Sansoni, Lukàcs. Saggio e sistema” Napoli,
Guida); “Hemsterhuis. Istanza critica e filosofia della storia, Napoli, Guida);
“Eredità hegeliane, Napoli, Morano, “Terra, Natura, Storia,” Soveria Mannelli,
Rubettino, “Bloch e la musica,” Salerno, Fondazione Menna, Marte editore, Musica
(Napoli, Guida) “Bellezza,” Soveria Mannelli, Rubettino); L'estetica. L'etica, Donzelli,
Roma, L'idea di musica assoluta, Nietzsche e Benjamin, Rapallo, Il ramo, “La
condizione desiderante. Le seduzioni dell'estetico”- Il nuovo melangolo,
Genova; Filosofia dell'ascolto” (Rapallo, Ramo); “Lukàcs. Saggio e Sistema”
(Milano, Mimesis); “La Pausa del Calcio, Rapallo, Il ramo. “Il calcio,” Rapallo..
In: Du Nihilism à l'hermenéutique, Hemsterhuis Franciscus “Sulla scultura; a c.
di M. Palermo. Convegno sulla bellezza", presso il Centro di Studi
Rosminiani di Stresa, Musica e Creatività Intervista a Rai Notte "La
musica assoluta" Inconscio e Magia, Teatro dell'Opera di Roma, Seminario
di formazione del PD Le parole e le cose dei democratici Pisa, Palazzo dei
Congressi, Intervento alla Summer School della Fondazione Italiani-Europei, sui
rapporti tra democrazia e capitalismo, Commento al concerto jazz di Donà, "Tutti
in gioco", Porto Civitanova, Bloch e la musica. Utopia a misura d'uomo.
Intervista, Ornamenti, Arte, filosofia, letteratura, M. Latini, Armando, Roma, RAI
Filosofia, su filosofia.rai. Il Potere e la Gloria. Juventus e Inter Il Fatto Quotidiano,
s MLatini, in. tervista su Amare, ieri, di Anders, rivista on-line «SWIF-Recensioni
filosofiche», M. Latini, Doppia risonanza sul mondo (a
proposito di "Musica" Napoli), “Il Manifesto”, C. Serra, Recensione a
"Musica". Grice:
“Unfortunately, Matassi, being Italian, or an Italian, is more interested in
Nordic Kierkegaard, to pour sorn on their coldness, than in Ovid’s ‘ars
amatoria’ which would interest an Oxonian!” -- Cf. “La
palestra di Platone”. Elio Matassi. Matassi. Keywords: la filosofia del calcio,
in-duzione, se-duzione – Ovidio, ars amatoria, desiderio. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Matassi” – The
Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Matera: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale – i segni del zodiaco e la
semiotica di Peirce – filosofia basilicatese -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Matera). Filosofo italiano. Matera, Basilicata. Grice: “Only in Southern Italy is a
philosopher also responsible for the astrological edification of the city’s
cathedral!” Uno dei più grandi studiosi e divulgatori
di astrologia occidentale e filosofia dell'epoca. Insegna dapprima a Matera, e
successivamente a Napoli. Vive nel
periodo in cui la Contea materana era dominio degli Angioini e su richiesta di Filippo
IV detto "il bello", il re di Napoli Carlo II d'Angiò, detto "lo
zoppo", invia Alano a Parigi. Lì insegna e divenne noto come dottore
universale, profondamente versato in filosofia. In quegli anni infatti
astronomia e astrologia vieneno collegate poiché si crede che gli astri
potessero esercitare un influsso sulle azioni umane. Nei periodi di soggiorno a
Matera, abita, secondo Verricelli nella contrada di Lo Lapillo tra il castello
e il puzzo dove sorge l’acqua della fontana hera la sua vigna con una casuccia
di pietre, piccola, mal fatta casa propria di filosofo quale oggidì si chiama
la vigna e casa di Alano. Si tratta della collina dove poi fu edificato il
Castello Tramontano. In quella casetta il grande filosofo passava intere notti
ad osservare il cielo e gli astri con strumenti rudimentali. Di Alano è il motto
presente nel “Glora mundis”: La goccia perfora la pietra non colpendola due
volte con forza, bensì colpendola continuamente, così tu trai profitto
studiando non due volte ma continuamente. È l'esortazione con cui invita a
raddoppiare impegno e curiosità sulla strada della conoscenza. Secondo alcuni,
il perfetto orientamento delle facciate della Cattedrale di Matera e del suo
campanile lungo i punti cardinali si deve alle osservazioni astronomiche di
Alano.A Matera una strada, trasversale di via Nazionale, tra le vie Salvemini e
Di Vittorio, è dedicata ad Alano. G. Fortunato, Badie, feudi e baroni della
Valle di Vitalba, ed.Lacaita, Personaggi della storia materana, Altrimedia, per
i Quaderni della Biblioteca provinciale di Matera Morelli, Storia di Matera, Montemurro,Volpe,
Memorie storiche di Matera, ed. Atesa, Dizionario corografico del Reame di Napoli,
ed. Civelli, Biografie dei personaggi illustri di Matera, sassiweb. ntonio Giampietro, Personaggi della storia
materana, Alano di Matera. Matera. Matera. Keywords: implicature, la collina
del castello tramontanto, la catedrale di Matera, astrologia, astronomia,
dottore universale, Napoli, Bologna, Parigi, the semiotics of astrology, Grice
on zodiac signs, semiotic, semiology, astrology, astronomical chart. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Matera” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Mathieu: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale dell’uomo animale ermeneutico –
filosofia ligure – la scuola di Varazze -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Varazze). Filosofo
ligure. Filosofo italiano. Varazze, Savona, Liguria. Grice: “There are various
things I love about Mathieu: his idea of the ‘uomo, animale ermeneutico’ is
genial – and true!” Grice: “Mathieu rightly focuses on Kant’s problems with
emergentism, i.e. the fact that life (or ‘vivente’) cannot be reduced. I love
that.” Grice: “Mathieu has emphasised the irreductionism alla Bergson. I like
that.” Grice: “Mathieu makes an apt analogy between Goedel’s work for alethic
systems – that they cannot self-reflect, and deontic systems --.” Dopo il liceo, si iscrisse a orino. Si laureò con Guzzo,
filosofo rappresentante dello spiritualismo ced autore di importanti studi
su Kant (un filosofo che sarebbe stato
centrale nella vita intellettuale di Mathieu). Libero docente nella
filosofia, è stato professore incaricato, e Professore di filosofia teoretica a Trieste.
Primo vincitore del concorso di Storia della filosofia, è stato ordinario di
filosofia fino al ruolo di professore emerito di filosofia morale a Torino -- è
stato membro del Comitato del CNR; è
stato membro e poi vicepresidente del Consiglio esecutivo dell'UNESCO (Parigi).
È stato membro del Comitato Nazionale di Bioetic; è socio dell'Accademia dei
Lincei e membro del Comitato Premi della Fondazione Balzan. Ha fondato
con Berlusconi, Colletti ed altri il
movimento politico Forza Italia. Si è candidato al Senato della Repubblica nel
collegio di Settimo Torinese: sostenuto dal centro-destra (ma non dalla Lega
Nord), ottenne il 33,2% e venne sconfitto dal rappresentante dell'Ulivo, Tapparo.
Con il sindaco di Brindisi Mennitti ha dato vita alla Fondazione Ideazione, per
il cui quotidiano ha curato una rubrica fino alla chiusura della testata. Nel
luglio (in connessione con la sua carica
di presidente del collegio dei probiviri del PdL che è chiamato a giudicare
l'operato dei finiani di Generazione Italia) diversi organi di stampa
riprendono la voce, già circolante da tempo, di una sua adesione all'”Opus
Dei.” A tale proposito sono giunte alla redazione del Corriere della Sera che
aveva pubblicato la notizia le smentite sia dell'Opus Dei che dell'interessato. Ha
offerto contributi significativi in almeno quattro ambiti della ricerca
filosofica: la filosofia della scienza; la storia della filosofia;
l'estetica; la filosofia civile. Ha indagato i limiti interni ed i limiti
esterni della scienza. Tale indagine ha avuto due filosofi del passato come
suoi principali punti di riferimento: Kant e Bergson. Ha infatti ripreso e
sviluppato le ricerche di Kant sui limiti interni della scienza e sulla sua
fondazione. A tale riguardo pubblicò il saggio "Limitazione qualitativa
della conoscenza umana" a cui fece seguito, "L'oggettività nella
scienza e nella filosofia". Seguendo Bergson, ha valorizzato anche
altre forme della conoscenza e della espressività umane non riducibili alla
cienza, ma non per questo ad esse opposte. Ha infatti sempre ritenuto che la
realtà, e segnatamente la realtà umana, non possa essere esaurita dalla
scienza, e richieda invece una costante attività interpretativa.. L'uomo,
dunque, è chiamato ad essere scienziato della natura ed ermeneuta della
cultura. Sarebbe però riduttivo non ricordare che i suoi contributi alla
filosofia della scienza riguardano una pluralità estremamente diversificata di temi.
Ad esempio, sono ddue studi pionieristici sull'applicabilità del teorema di
Gödel al diritto. Gödel aveva scoperto che non si può dimostrare la coerenza di
un sistema all'interno del sistema stesso; M. ritiene che, almeno
analogicamente, la scoperta di Gödel possa applicarsi al problema della fondazione
di un sistema deontico. Uun'autorità non può legittimarsi da sola in modo
formale e, dunque, anche il diritto richiede fondamenti esterni (etici, non
emici): l'efficacia e la giustizia. Ha realizzato alcune traduzioni
fondamentali. E forse il suo contributo maggiore alla storia della filosofia è
consistito proprio in un'opera che combina traduzione e ricostruzione critica,
ovvero l'opus postumum di Kant. Tale opera affronta questioni teoriche
tutt'oggi aperte (soprattutto nella fisica e nella biologia teoriche), come il
problema della forma degli oggetti solidi o il problema del “vivente,” cioè il
problema della vita in quanto tale e non ridotta a semplice. Ha curato poi
le edizioni di opere di Leibniz: si è trattato di un ampio lavoro che si è
raccolto in "Scritti politici e di diritto naturale" "Leibniz e
des Bosses" "Saggi filosofici e lettere" e "Saggi di
teodicea: sulla bontà di Dio, sulla libertà dell'uomo, sull'origine del male.”
La sua estetica, pur nella varietà dei temi trattati, rimanda ad una
problematica essenzialmente ontologica: lo svelarsi dell'ente. Cioè, l'opera
d'arte è heideggerianamente concepita come il modo attraverso cui gli uomini
possono cogliere il passaggio dal nulla all'essere. Di estetica è "Goethe
e il suo diavolo custode", edito per i tipi di Adelphi. Al centro di
questa ricerca vi è la figura di Mefistofele, analizzata in tutta la sua
profondità e capacità genealogica. Nei suoi volumi
sull'estetica della musica sviluppa la tesi affascinante che ascoltare la
musica è un ascoltare il silenzio. Grande è la potenza significante di ciò che
non significa nulla, perché è il nulla a far emergere l'essere delle cose. E la
musica e la luce si situano proprio in questo iato insuperabile fra l'essere e
il nulla. Entro i suoi molteplici contributi alla filosofia civile, si staglia
netta, per importanza e originalità, una triade di saggi edicati a quello che
potremmo chiamare "stato spirituale dell'Occidente". Si tratta di
opere scritte in un periodo dunque estremamente critico per l'Italia, ma che
mantengono ancora una grande attualità. Fa percepire al lettore il pericolo
valoriale in cui è venuto a trovarsi l'Occidente e pone in essere una critica
serrata alle ideologie totalitarie o nichiliste. In questo senso, vi è un'aria
di famiglia con i lavori di quei filosofii come Horkheimerche ha prospettato i
rischi di un'eclisse dell'individuo nella società tecnologica di massa. Un
articolo sul Corriere della Sera
rettifica sul Corriere della Sera
smentita sul Corriere della Sera. Saggi: “Bergson, Torino); “La
filosofia trascendentale” (Bibliopolis, Torino); Leibniz e Des Bosses, Torino);
“L'oggettività nella scienza e nella filosofia contemporanea, Torino; L’esperienza”
(Trieste); Dio nel "Libro d'ore" di Rilke, Olschki); “Dialettica
della libertà, Napoli); “La speranza nella rivoluzione, Milano, Vincenzo Filippone-Thaulero,
Salerno Temi e problemi della filosofia, Roma, Perché punire, Milano, Cancro in
Occidente, Milano, La voce, la musica, il demoniaco. Con un saggio
sull'interpretazione musicale, Spirali, Filosofia del denaro, Roma, Elzeviri
swiftiani, Spirali, La mia prospettiv, Barone; Melchiorre, Gregoriana Libreria,
Gioco e lavoro, Spirali, La speranza nella rivoluzione, Spirali); “Nazionalismo”;
S. Cotta, Japadre, Perché leggere Plotino, Rusconi); Tipologia dei sistemi e
origine della loro unità, Lincei, Orfeo e il suo canto. Scritti, Zamorani, Il nulla, la musica, la luce, Spirali, La
fedeltà ermeneutica, Paoletti Laura, Armando, Per una cultura dell'essere,
Armando L'uomo animale ermeneutico, Giappichelli, Le radici classiche
dell'Europa, Spirali, Goethe e il suo diavolo custode, Adelphi, Privacy e
dignità dell'uomo. Una teoria della persona, Giappichelli, Plotino, Bompiani, Perché
punire. Il collasso della giustizia penale, Liberi libri, Introduzione a
Leibniz, Laterza, In tre giorni, Mursia,;
La filosofia, Marcovalerio, Kant Bergson. quotidiano Ideazione, il fatto quotidiano. 3del
portavoce dell'Opus Dei sulla non appartenenza alla Prelatura dell'Opus Dei, su
archive ostorico.corriere. Vittorio Mathieu. Mathieu. Keywords: al di la del
bene e del male, la fedelta ermeneutica, l’uomo animale ermeneutico, il
demoniaco, l’angelo custode, il demonio custode, il diavolo custode. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mathieu” – The
Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza --
Grice e Matraja – grammatica razionale – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Una lingua
numerica viene progettata da M. nella sua “Genigrafia italiana: nuovo metodo di
scrivere quest'idioma affinché riesca identicamente leggibile in tutti gl’altri
idiomi del mondo” (Lucca, Tipografia genigrafica), lingua di cui discusse più
tardi anche La Société de Linguistique. M. è l'unico ideatore ITALIANO di una
lingua razionale a essere preso in considerazione da questa ‘société’ galla nel
corso del dibattito sulle lingue ausiliarie. La Genico-grafia, lett. 'scrittura
generale' e di cui ‘genigrafia’ è la forma sincopata -- è un modo di scrivere
che non ha relazione con le parole e che permette di comunicar tutti i concetti
senza dipendenza dall'idioma ne dell’emittente o del recettore, ma di un modo,
che il messaggio risulta interpretabile in tutti quelli del mondo. Nasce quindi
come progetto di lingua universale che si prefigge di comunicare chiaramente, ma
che non è concepita per sostituire gl’idiomi presenti nelle varie nazioni. Si
nota che l'ordine e il modo in cui M. nomina i grandi filosofi, Cartesio,
Leibnitz, Wolfio, Wilkio, Kircher, Dalhgarne, Beclero, Solbrig, e Lambert, è lo
stesso con cui SOAVE (vedasi) li cita nelle sue Riflessioni: “da Cartesio,
Leibnizio, Wolfio, Wilkins, Kirchero, Dahlgarne, Beclero, Solbrig, e Lambert”.
Interessante è anche il fatto che di seguito aggiunga: “e Demaimieux e RICHERI
(vedasi), oggi Richieri, anche Richer), di TORINO. Maimieux pubblica i suoi
studi sulla lingua universale dopo Soave e RICHERI (vedasi) prima. M. quindi
dove certamente conoscere (oltre agl’ultimi due filosofi) anche il lavoro di SOAVE
(vedasi), vista l'evidente citazione. Decide di non farne nome. Anzi, dopo aver
sostenuto che al momento della stesura dei lavori dei filosofi sopracitati non è
ancora giunto il giusto momento per comporre una tale lingua, asserisce che
finalmente quel momento è arrivato e che lui, ha adempiuto positivamente tale
onere – “while lying in the bath, I would presume” – Grice. Dopo aver proceduto
all'analisi strutturale di “alcuni idiomi,” – cf. Grice, ‘some establised
idioms, like ‘pushing up daisies’ – M. asserisce che e possibile riconoscere
nei vari sistemi linguistici delle caratteristiche ricorrenti denominate
concorrenze generali - quelli che oggigiorno chiameremmo universali linguistici
- da questi comunemente condivise. Molte
di queste caratteristiche sono ad oggi discutibili. Ogni idioma umano concorre
nelle cose seguenti. Nell’idea essenziale delle cose. Ogni dizionario nazionale
da di queste cose una MEDESIMA DEFINIZIONE (Grice: “bachelor”, ‘unmarried male’
– cf. Strawson, “Anglo-linguistic” – “into any language into which it may be
translated” – cf. Jones on Welsh not having the concept of ‘I’, but of ‘the
self’ (criticised by Grice’s pupil Flew) -- e solo diversa nel suono delle
parole (“shaggy,” hairy-coated – revolution, revoluzione. Nell'origine, poiché
tutti gl’arii occidentali sono figli più, o meno immediati del latino, di cui
ne confessano la discendenza, tanto per la sua grammatica – morfo-sintattica --,
quanto con la edizione del suo dizionario etimologico comparato coll’idioma
volgare. Nel mezzo istrumentale, con cui
comunicano in distanza (‘tele-mentazionale,’ nelle parole di McGinn, of Oxford)
i suoi concetti, poiché tutti usano dell'alfabeto originale. Nel modo di rap-presentare
nella carta i sopra-detti concetti poiché tutte le nazioni lo eseguiscono per
mezzo del discorso o meglio, la conversazione, espresso conforme al genio di
ciascuno idioma. Nella TESSITURA (o
implicatura) del discorso e la conversazionae; poiché è indiscusso, che non
solo le nazioni del mondo antico, ma ancora ITALIA, senz'altra istruzione, che
la infusale dalla NATURA, lo dividono egualmente nelle medesime parti. Nella generale ammissione, ed
egual valore delle cifre aritmetiche, per esprimere le quantità numeriche della
scuola di Crotone. Nell'uso universale delle medesime note ortografiche per VIVIFICARE
(o accentuare) il discorso o la propria mozione conversazionale, rappresentato
dai caratteri nazionali; come ancora quello delle cifre scientifiche usate
dalle nazioni culte. Nella comune accettazione finalmente della carta rigata
per comunicare inerrabilmente le note musicali: Home, home, sweet, sweet home. Queste
caratteristiche, proprio perché considerate universali, non possono che essere
presenti anche nel sistema immaginato da M. Si nota poi che con la sua lingua
non è possibile comunicare attraverso l'uso della parola, giacché, a detta di
M., questa mal si presta alla
comunicazione precisa – cf. Grice’s irritation on dialect speakers saying
‘soot,’ when they mean ‘suit’. M.
distingue nove parti del discorso -- articolo, nome (“shaggy”), pronome,
avverbio, verbo, participio, preposizione e interiezione -- a cui associa un
numero da I a VII, che, in esponente alla “caratteristica” - con accezione
leibniziana, cioè al “segno” - determina la parte del discorso di cui questa fa
parte. Ogni idea deve essere
assolutamente riconoscibile ed espressa da una “caratteristica” specificata
fino alla sua ultima differenza da cifre numeriche, che sempre la precederanno
a guisa di coefficienti algebrici. Cf. Grice’s subscript notation for ‘She wanted him –
She-1 wanted-2 him-3” (Vacuous Names). Questi
co-efficienti vanno letti separatamente gl’uni dagl’altri, mai assieme. Ad
esempio il coefficiente 123 si legge 'uno due tre', e non 'centroventitré.’ Al
contrario, vanno letti assieme nel caso in cui seguano la caratteristica e ne
siano quindi esponenti. Poiché nella genigrafia italiana di M. le
caratteristiche esauriscono tutto l'esprimibile in loro potere, non è necessario l'uso dell’articoli – cf. Grice on
the definability of ‘the’ in terms of ‘some (at least one) – apres Peano. Il
genere del nome deve essere sempre specificato (A = maschile, e. g. aquila A; B
= femminile, e. g. cane F; C = neutro – e g. ‘rain N’. I nomi possono essere
singolari o plurali (1 = singolare – ‘some (at least one), ‘re’, il re di
Francia; 2 = plurale, i re di Francia) e avere sei casi (1 = nominativo; 2 = genitivo; 3 = dativo; 4 = accusativo o
causativo; 5 = vocativo; e 6 = ablativo). Ne consegue che il nome deve sempre essere preceduto da due cifre, dette
co-efficienti, la prima delle quali indica il numero e la seconda il caso.Si distinguono nelle due
classi. Sostantivi (comuni – shaggy thing’ -- e propri – The Shaggy One. Se il sostantivo
comune non subisce alterazione va indicato con la caratteristica che il dizionario
di M. vi assegna, dopo i co-efficienti stabiliti. Se, ad esempio, al concetto
di 'gatto' e associato il carattere (accezione leibniziana) «G», esso si rappresenta “A11G.” (cf. Grice on
K as ‘king’). Un sostantivo comune poi puo essere alterati. Il sostantivo diminutivo
si indica *triplicando* la caratteristica del sostantivo -- es. «A11GGG» 'gattino'. Nel sostantivo aumentativo
si la duplica: gattone: A11GG. Il sostantivo apprezzativo si segnan una riga
sotto la caratteristica -- es. «A11g» 'gattuccio.’ Il sostantivo disprezzativo
si indica ponendo *due* righe sotto la
caratteristica: gattuzzo – A11gg. Se il sostantivo
comune deriva d’un verbo (‘shag’, ‘shaggy’) e detto ‘sostantivo verbale’ – es. amare
> amore, e non amazione). Il sostantivo comune si dice “nominale” se deriva
d’un aggettivo (buono › bontà, bonitas – but cf. Grice on Plato, horseness. Per
non ampliare ulteriormente il vocabolario, basta sovrapporre una linea sopra la
caratteristica del verbo qualora questo indica un sostantivo verbale (se per
esempio 'amare' = «A» allora l'amore è «-A»);
*due* linee (--B) qualora indichi sostantivo nominale (bonta). Il sostantivo
proprio si indica per esteso corsivo nella lingua dello scrivente e, nei
manoscritti, devono essere rigati al di sotto (es. “marco”, o “pietro” o
“paulo”) di modo che il recettore capisce che si tratta di un nome proprio. Gl’aggettivi
(‘shaggy’) possono essere originali, se non derivano da alcuna parte del
discorso, o al contrario derivati. S’il nome aggetivo deriva da un nome
sostantivo (es. virtù > virtuoso) si indica con la caratteristica del
sostantivo ma in corsivo e, se in manoscritto, rigandola al di sotto una volta.
S’il nome aggetivo derivata da un verbo (es. amato > amatorio) si indica con
la caratteristica del verbo ma in *semi-gotico* e, se in manoscritto, rigandola
al di sotto due volte. L’aggettivp deve concordare con il sostantivo in genere,
in numero, e in caso (“ho visto i promessi sposi M M”). Esistono due differenti specie di nomi aggettivi:
graduali -- cioè di grado positivo, comparativo - ottenuto dalla mera *duplicazione*
del carattere - e superlativo - ottenuto dalla *tri-*plicazione del carattere
-- e numerali (cardinali, ordinali, distributivi - cioè quelli che noi
chiameremmo frazioni o numeri razionali, che si indicano con numeri arabi
rigati nella loro parte superiore - e molteplici (‘a double burgher’)- che
veicolano i significati di doppio, triplo, quadruplo, ecc. – ‘a triple paradox’
--, e che sono scritti come gl’ordinali, ma rigati nella parte inferiore. Il
pro-nome deve possedere tutte le caratteristiche del nome sostantivo che
sostituisce e concordare con esso in genere, caso e numero. Ve ne sono di due
tipi. I pronomi primitivi sono *personali* - a sostituire le persone - che a
loro volta si distinguono in relativi, dimostrativi e indeterminati – o pronomi
*reali* - a sostituire le cose. Un pro-nome *derivato* puo essere o possessivo
o relativi. Ogni pronome ha una
caratteristica propria inconfondibile. Non è necessario indicare caso, numero e
genere sulla caratteristica del pronome qualora questi concordino con quelli
del nome. Se invece il caso *non* concorda, si scrive solo quello. Ogni avverbio,
parte dell'orazione indeclinabile, ha una caratteristica associata peculiare e
inconfondibile. Gl’avverbi si dividono in originali -- che non hanno bisogno di
specificazioni -- e derivati, indicati con la caratteristica della parte del
discorso da cui derivano, ma in corsivo.
Quanto ai gradi di comparazione, questi vengono indicati come si fa pel
nome aggettivo. Ogni verbo e di voce attiva ed e rappresentato d’una sola
specie di caratteristica. Il verbo – che ha la funzione di predicato – accezione
leibniziana -- dove concordare nel numero (singolare o plurale) coll nome
sostantivo suggeto, da cui derivano la coniugazione. La coniuazione si compone
del modo -- Esistono quattro modi -- infinito , indicativo , imperativo (3) e
congiuntivo (4) -- e questi sono indicati
da una cifra co-efficiente. Il tempo puo essere presente (1), preterito IM-perfetto
(2), preterito PERFETTO semplice (3) solo all'indicativo -, preterito perfetto COMPOSTO
(4), preterito PIU CHE perfetto (5), e futuro (6). I numeri nella coniuazione
puo essere singolare (1) o plurale (2). La persona nella coniugazione e prima
(1), seconda (2) o terza (3) – la porta sta aperta (e persona?). Ognuno di
questi co-efficienti deve essere scritto prima della caratteristica specifica
del verbo che si intende usare. Il participio dove essere ben distinguibili,
così come le altre parti del discorso. Ne esistono di cinque tipi: presente –
IMPLICANTE (1), preterito IMPLICATO (2), futuro attivo IMPLICATURUM (3), futuro
passivo IMPLICANDUM (4), gerundio IMPLICANDO (5), e indeclinabile. Alla caratteristica del verbo somo premessi
il co-efficiente che indica il TEMPO del participio e il co-efficiente zero,
per distinguerlo dal resto dei verbi. È necessario inoltre, poiché essi si
declinano anche come i nomi e gli aggettivi, indicare le caratteristiche di GENERE
(IMPLICATO, IMPLICATA) e numero (IMPLICATO, IMPLICATI) che posseggono. La pre-posizione (e. g. ‘to’,
‘betweeen’ – both discussed by Grice: ‘does it make sense to speak of the SENSE
of ‘to’? When I say, Jones is between Richards and Williams, do I mean in a
mere spatial sense or in some moral ordering – does this change the sense? I don’t think so!) e una parole indeclinabili che
determinano le relazioni che hanno tra loro le referenti delle parti del
discorso. Ogni preposizione ha carattere
proprio e inequivocabile. Ogni
interiezione ha un carattere particolare.
La congiunzione, composta da una parola indeclinabile e breve, unisce
parti diverse del discorso. Essa può essere avversativa (“She was poor BUT she was honest” – Grice),
disgiuntiva (“My wife is in the kitchen or the bedroom” – Grice), alternativa,
ecc. Anch'essa possede un carattere specifico. Note ortografiche e scientifiche Anche la punteggiatura (segno grafico delle
pause e delle enfasi del discorso) deve far parte di un sistema universale di
comunicazione e Matraja sceglie di mantenere il sistema di punteggiatura in uso
per la lingua italiana. Allo stesso modo, anche i segni matematici d'uso comune
devono essere mantenuti come tali.
Esempio. Una volta stilate le
regole precedenti si dove essere in grado di trascrivere in lingua genigrafica
la frase. La natura insegna comunicare i concetti mentali per le parti
dell'orazione del proprio idioma. L'azione che bisogna fare è una sorta di
analisi grammaticale della frase, per cui, prendendo il soggetto «la natura» si
converrà che esso è un nome sostantivo comune, femminile, singolare, nominativo
(perciò «B°.1.1») e nella tabella essa è descritta come «A'. 236». Il risultato
allora e «Bº. 1.1 A'.236». Lavorando allo stesso modo per tutte le parti del
discorso presenti, alla fine si avrebbe:
B°.1.1 A':236 - 2.1.13Y5.37 -I. H5.37 - A°. 2.4. X' 83. N?. 32 - E7.3 -
Bº 9. 2.4 P'. 257 - B°. 1.2 L'. 245 -
A°. 1.2 A'. 174. D'. 42.88. Giovanni Giuseppe Matraja. Matraja. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Matraja”.
Luigi Speranza -- Grice e Maturi: la ragione
conversazionale e l’ implicatura conversazionale -- l’io e l’altro – io e l’altro – i duellisti – la
scuola d’Amorosi -- filosofia campanese -- filosofia italiana -- Luigi Speranza
(Amorosi). Filosofo. Amorosi, Benevento, Campania. Grice: “There
are two main things I love about Maturi, and I hate it when philosophers just
dismiss him as an ‘Italian,’ or worse, ‘Neapolitan’ Hegelian – as when they
refer to me as a member of the Oxford school of ordinary language philosophy!
The first is his typically Neapolitan-hegelian school account of what he calls
‘autocoscienza recognoscitiva,’ which is something I do take for granted in my
conversational theory of inter-ratiationality; the second is his elaboration of
what he calls the passage from the non-human animal to the ‘human-animal’ in a
sort of pirotological passage.” Grice: “What I like about him is that he
considers each ‘stage’ as just as fundamental as the other; which implicates
that actually the ‘higher’ stage has a ‘foundation’ on the previous one. Here
‘foundational’ makes perfect sense; and it gives Maturi an excuse to rather
pompously label the concept: ‘forma fondamentali’ of the ‘vita.’ It’s exactly
like my soul progression, -- which I explore in ‘Philosophy of Life.’” It is
not surprising that Gentile loved Maturi and forwarded his “Introduction to
philosophy.” sDocente prima nei licei e poi nell'Napoli. Dopo i primi studi nella cittadina natale, si
trasferì a Napoli ove conseguì la licenza liceale. La frequentazione di
Bertrando Spaventa e di Augusto Vera, lo introdusse alla filosofia
hegeliana destinata ad esercitare nel
suo pensiero un'influenza duratura.
Laureatosi in giurisprudenza, tre anni dopo vinse un concorso per
uditore giudiziario. Ottenuta
l'abilitazione, insegnò filosofia nei licei di varie città. Conseguita la
libera docenza, tenne corsi di filosofia hegeliana nell'Napoli quando ritornò
all'insegnamento liceale presso l'istituto Umberto I della città partenopea.
Inizia una corrispondenza con Croce e Gentile, i maggiori esponenti
dell'idealismo italiano, ai quali fu legato da un rapporto di amicizia. Saggi: “Soluzione
del problema fondamentale della filosofia” – Grice: “He implicates there is
one. Cf. Strawson,
Solution to the problem of the king of France’s hair loss.” “Bruno.” Grice:
“Italians seem to have a predilection for philosophers who were burned.” “L'ideale del pensiero umano; ossia, la esistenza
assoluta di Dio.” Grice: “For Kant,
and my friend D. F. Pears, existence is not a predicate, for another of my
friends, J. F. Thomson, it is!” “Uno
sguardo generale sulle forme fondamentali della vita” Grice: “The key concept
is ‘forma fondamentale’ as applied to ‘vita.’ -- Grice: “My favourite is his description of
the ‘forma fondamentale’ of the ‘vita’ of the non-human animal to the ‘forma
fondamentale’ of the ‘vita’ of the human animal.” L'idea di Hegel. Grice: “When
I told Hardie that I was reading “The idea of Hegel,” he said, ‘what do you
mean, ‘of’?” “For Maturi, it’s the same, and it is delightful to see that he
can quote Hegel in ‘Deutsche’ without caring to translate! Them was the days
when European languages counted!” La filosofia e la metafisica” Grice: “The
‘and’ is aequivocal: cf. Durrell, “My family and the animals.”“Principî di
filosofia” (apparently by Spaventa – Maturi has an introduction to philosophy).
Grice: “I must confess that I love the word principle, but again, Hardie would
say, what do you mean ‘of’ – my principle of conversational helpfulness – or
when I speak of the principle of conversational self-love and the complementary
principle of conversational benevolence,” I’m not sure who I apply it to! The
conversationalist like me, I s’ppose.” “Una
relazione scolastica.” Grice: “He doesn’t mean Russell.” “But what he means is
a syllabus which is illustrative of Neapolitan Hegelianism!” Dizionario Biografico degli Italiani, riferimenti in.
Mario Dal Pra, Milano, Bocca, Guzzo, Brescia, Morcelliana, A. Gisondi, Forme
dell'Assoluto. Idealismo e filosofia tra Maturi, Croce e Gentile, Soveria
Mannelli, Rubbettino, G. Giovanni, "Filosofia hegeliana e religione.
Osservazioni", Benevento, ed. Natan,.
Hegelismo Idealismo Neoidealismo italiano. G. Calogero, Enciclopedia
Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario Biografico
degli Italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. LA FILOSOFIA DI BRUNO, Festa letteraria nel T{_. Liceo di
Trapani AVELLINO TIPOGRAFIA TULIMIERO. Bruno appartiene alla
illustre falange degli eroi del Risorgimento . I quali, scuotendo il
pesante giogo, che gravava da lunghi secoli sullo spirito umano,
inalberarono la bandiera di quella indipendenza e sovranità del pensiero,
donde si origina tutta quanta la civiltà moderna. La più parte di questa
illustre falange di eroi furono figli dell’ Italia nostra, ma,la figura più
spiccata, il genio più alto e più originale, la tempra più ferma e più
ga- i gliarda, che allora onorasse l’Italia e in cui si annunziasse più
chiara la bella aurora del nuovo spirito del mondo, fu senza fallo il
Bruno. Ma Bruno, o Signori, non fu soltanto un grande eroe;
egli fu eziandio un gran filosofo. Anzi, esprimendo liberamente il mio
pensiero, aggiungerò che, sotto un ceno riguardo, Bruno è il piu g rande
filosofo italiano. Imperocché, fra tutti i nostri pensatori, quello che è
penetrato più addentro nei segreti della scienza, quello che più profondamente
ne ha compresa la vera natura, quello che più d’ogni altro ha sostenuto a
spada tratta e a visiera levata gli etem.i dirilt i Jclla Ugjfipe si è appunto
il filosofo di Nola. Egli è vero che, se si considera il Bruno per
ciò che riguarda la trattazione speciale e determinata delle singole
dottrine filosofiche, si deve confessare che, per questa parte, egli si
trova inferiore a molti altri; ma, sejij)on mente alla sostanza del
pensiero speculativo, bisogna allora convenire che questa sostanza, come c ò
nel Bruno, non c’ è in nessun altro filosofo italiano. In questo
discorso io non posso trattenermi su tutti gli aspetti del Bruno, perchè,
quando si tratta di un personaggio gigantesco e moltilatero come questo, è già
ben troppo, se si piglia ad abbozzarne un lato solo nella brevità del
tempo, di cui io posso disporre. Costretto adunque a limitarmi, io mi farò a
guardare nel Bruno soltanto la stia dottrina filosofica. E fo questa
scelta tra perchè è la filosofia quella, che costituisce il titolo
maggiore della grandezza del Nolano, e perchè questa è la scelta, cui mi astringe
con debito speciale il posto, che ho l’onore di occupare in questo liceo. Signori,
se noi ci facciamo a considerare in un modo generale il carattere proprio
della speculazione nel periodo del Risorgimento, scorgiamo soprattutto
due cose. In primo luogo, tutti questi filosofi, quantunque con forze disuguali,
pure, chi più chi meno, combattono la Scolastica. In secondo luogo,
questi stessi filosofi, se da una parte combattono la Scolastica, dall’
altra ciascuno di essi esplica in certa guisa, o almeno avvia la
esplicazione delle profonde esigenze, che in quella si acchiudono. Ma, fra
tutti questi filosofi, ò Bruno quello, che più fieramente guerreggia la
Scolastica, e nel medesimo tempo è lo stesso Bruno quello, che più di tutti gli
altri traduce in atto, per quanto è possibile ai suoi tempi, le esigenze
poste dalla Scolastica nella storia della filosofia. Per
occuparmi adunque, con quella brevità che sappia maggiore, della filosofia
Bruniana, io devo innanzi tutto accennare quale sia la posizione del
pensiero filosofico nella Scolastica, e quali siano quelle esigenze
dell’attività speculativa, che in siffatta posizione si rivelano.
Ebbene la posizione del pensiero filosofico nella et |^^ca^ è la seguente. In questa filosofia
l’intelletto concepisce la verità come es istente della natura e f dell’
uomo; c quindi considera tanto F una che P altro come affatto destituiti di
ogni elemento divino. La natura, Wi Mimi*
/sJaVu'M W” te 1 dinanzi allo intendimento scolastico,
non ha valore di sorta; essa è pura ombra, puro giuoco, e onninamente
sfornita di qualsiasi significazione ideale ed assoluta. Per la stessa ragione,
l’uomo è considerato come una semplice creatura e come essenzialmente
contaminato dalla colpa: tutto quello che riguarda 1’ uomo, tutto che gli si
attiene in proprio comecchessia non è altro che miseria, abiettezza,
vanità. Per tal modo, dinanzi allo intendimento scolastico, Dio resta
spogliato di tutti quei principii ideali, che si svolgono nella natura e
nello spirito umano; appunto perchè tanto il mondo naturale che il mondo
umano sono considerati come una sfera ed una evoluzione del tutto
estrinseca al1 assoluto, e non già come la estrinsecazione propria del1
assoluto medesimo e la effettuazione sempre più verace della sua
unità (i). » Intanto, mentre da una parte il pensiero
scolastico (l) « In der tibersinnlichen Welt war keine
Wirklichkcit dcs denkenden, allgeuaeincn, vernùnftigcn Selbstbewusstseyns
anzutreffen: in der umnittelbaren Welt der sinnlichen Natur dagegen keine
Gòttlichkeit, weil sie nur das Grab des Gottes, wie der Gott ausser ihr,
war. Gott war wohl im Selbstbewusstesyn, dodi von Aussen und zugleich ein
ihm Anderes, eint andere Wirklichkeit: die Natur von Gott gemacht, sein
Geschòpf, kein Bild seiner » (Hegel, Geschichte der Philosopliie, Zweiter
Theil, S. 178, 204, Zweite Auflage). rimuove in tal guisa e discaccia la
verità da tutti gli esseri, e quindi anche da £è stesso, dall’altra parte poi
ha la pretesa di voler comprendere la verità medesima colle
semplici forme vuote ed astratte della propria attività. Questa pretesa è
quella che spiega perchè gli Scolastici dettero tanta^ im portane d
lo^iudio^ldwPgllsi^rg, fletto, cioè, al^) studio ^ di_g^m^^|^ch£poi a
ragione fu appellata logica scolastica. Ed in effetti dovea esser cosi, perchè
quante v volte, ad onta che si sostiene essere la verità estrinseca
al pensiero, si fa tuttavia ogni sforzo per arrivare a determinarla mediante le
forme proprie del pensiero, egli è giuocoforza che tutto il lavorio
preliminare e fondamentale della speculazione si faccia consistere nello studio
di queste forme. Considerando però attesamente questa
posizione del 9 l’intelletto scolastico t non si può non
iscorgere in essa una profonda e radicale contraddizione. Imperocché,
affermando che la verità è affatto l«ori del mondo, quella ragione, che è nel
mondo, dovrebbe abbandonare qualsiasi aspirazione alla conoscenza di
essa, e quindi rassegnarsi a non cercare altrove il proprio obbietto che
nella bassa sfera della esistenza puran^nte fenomenica e peritura.
Ma la Scolastica, ardente come è dell’ amore della verità, e
profondamente agitata dal bisogno dell’ eterno c dell’ as
ro soluto, non potrebbe,
per certo, acconciarsi a questa d 9 miliante condizione. Ed è
per questo die, quantunque ella abbia collocata la verità fuori della
natura e fuori dello s pirito, tuttavia si fa a, cercarla con un ardore
indescrivibile, e il cielo, in cui intende a trasportarla, si è appunto
il cielo del pensiero. Ma, siccome un simile tentativo quando si è
stabilito un ra pporto di asso luta estrinseche zza tra la verità ed il
pensiero deve tornare necessariamenie infruttuoso ed inane, cosi è che,
mentre la Scolastica si argomenta con tutte le sue forze di raggiungere
la verità, non riesce che a notomizzare le forme del proprio intelletto,
e, in vece della verità, non ottiene altro che tritumi, sottigliezze
ed astrattaggini. Sotto questo rapporto adunque si può ben dire clic
la j _^|^srica è una barbara filosofia dell’ intelletto astratto, una
filosofia senza contenuto suo proprio, una filosofia, che non offre nessun
verace interesse ed alla quale non ò più possibile ritornare (i).
Mi limito a queste poche riflessioni per ciò che ri [So hoch auch die
Gegenstàndc waren, die sie (die ScholaStikcr) untersuchten, so cdele,
tiefsinnige, gelelirte Individucn es auch unter ihnen gab: so ist doch
diess Ganze eine barbarischc Philosophie dcs Vcrstandes, oline realen
Inhalt, effe uns kein wahrhaftes Interesse erregt, und zu dcr wir nicht
zuruckkehren kOnnen » Hegel, Geschichte der Philosophie] riguarda il lato
debole della Scolastica. Ma oltre questo lato f? - -L.W -- 4'Ji i k
- uli-^ .r-t - ‘ la Scolastica ne Ita anche un altro, ed è quello
appunto in cui, se io non m’ingannò, cpnsiste il suo vero significato,
e-per cui essa si connette colle filosofie posteriori, e trova nelle
medesime il suo proprio esplicamento. Qui intanto mi si permetta una
breve digressione. Ordinariamente, quando si fa la critica di una dottrina
filosofica, si crede esser bastevole mostrare gli errori, che in essa si
acchiudono. Eppure egli è un fatto che, in quella guisa stessa che nel
mondo della realtà etica il male ha la sua ragione e il suo principio nel
bene, cosi simigliantemente, nella realtà storica del pensiero
filosofico, l’errore ha la sua segreta radice nella verità. Per la qual
cosa la semplice confutazione dell’ errore non può costituire che il lato
meramente astratto e negativo della critica filosofica, il cui arduo
e gravissimo compito' consiste, in vece, nello investigare quella
verità, che si nasconde sotto lo involucro apparente dell’ errore, e
senza di cui terrore stesso non sarebbe possibile. La storia della filosofia,
che è appunto 1’obbietto della critica filosofica, e che ò critica
filosofica essa stessa, non è un’arena di dispute infeconde, non è una
vicenda di avventure di cavalieri erranti, clic si vadan battendo
soltanto per proprio conto, che si agitino e si affannino senza scopo, e
le cui gesta si dileguino, senza che resti di loro la menoma traccia. Egli
è, nella stessa guisa, assolutamente falso che la storia della filosofia ci
presenti lo spettacolo di tale, che arzigogoli di qua, e di tale altro,
che almanacchi di là a suo proprio talento: egli havvi, all’ incontrario,
nel movimento storico del pensiero speculativo, una continuità ideale e
necessaria, ed un procedere determinato dalle leggi stesse della ragione. Chi
non è convinto di questo vero, chi non ammette questo governo della Provvidenza
nella storia della filosofia, come nella storia dell’ umanità in generale, non.
può intendere affatto il valore intrinseco di nessun sistema filosofico,
e non può investigare, mediante la critica, quelle ragioni ideali,
che fecero apparire i diversi sistemi, e che, ad onta di tutte le
contraddizioni, fecero passare gli anteriori nei posteriori, come nella
loro propria espressione e nella loro verità. È con questa convinzione
adunque che io mi fo a determina [Die Thaten der Geschichte der
Philosophie.sind nicht nur eine Saramlung von zufàlligen
Begebenheiten, Fahrten irrender llìtter, die sich fur sich heruraschlagen,
absichtlos abmOhen, und deren W’irksamkeit spurlos verschwunden ist. Eben
so wenig hat sich hier Einer etwas ausgeklfigelt, dort ein Anderer nach
Villkùr; sondern in der Bewegung des denkenden Geistes ist
wesentlich Zusamraenhang, und es geht darin vernùnftig zu (Id. ib.
Einleitung] re brevissimamente iMato vero della Scolastica, quel lato,
cioè, in cui consiste il significato storico e razionale della
medesima. Come ho già innanzi accennato, la scolastica fa due
cose: da ^yjyyxt^e^one la verità fujp della natura e fuori dello spirito,
e dall’ altra si argomenta, benché indarno, di trasformare la medesima in
contenuto razionale. Ora io domando in primo luogo: perchè la Scolastica
pone la verità fuori della natura e fuori dello spirito? Ebbene la
risposta vera per me è questa. L^^jcok^stica ha un profondo sentimento
dell’infimtacmKretezza dell’ Idea cristiana; essa sa che questa Idea è
superiore alla natura ed allo spirito finito, e che la sua realtà non
è quella isolata, astratta e fugace, che ha luogo nella sfera delle
cose sensibili £d illusorie. Egli è vero che, mentre la Scolastica
ha questo profondo sentimento dell’ infinita concretezza dell’Idea cristiana,
dall’altra parte poi non si avvede che questa concretezza si trasforma in una
mera astrazione, qualora le si sottraggano tutti quei principii, che si
manifestano nella natura e nella spirito; imperocché, in tal caso, in
vece di avere 1’ ente realissimo, la realtà delle realtà, la idea delle
idee, non si ottiene altro che un assoluto indeterminato, solitario e
trascendente, un assoluto, a cui fu tolto tutto quanto il regno della
realtà e della vita. Ma la Scolastica non poteva accorgersi di questo errore;
imperocché, non essendo ancora sceverata nella naura e nello spirito la
esistenza ideale ed eterna dalla esistenza empirica e passeggera, essa non
potea fare altro, che quello che fece: dov ea porre P assoluto fuori
della natura e fuori dello spirito. Però, se i grandi pensatori
della Scolastica ritornassero in questi tempi, nei quali la scienza ha messo in
rilievo la forma eterna ed immutabile delle cose, certamente essi non
esiterebbero un istante a riconoscere la vita stessa di Dio in tutto
questo contenuto infinito ed imperituro della realtà naturale e della
realtà umana (i). Se adunque la Scolastica vilipende e degrada in tal
guisa la realtà della natura e dello spirito, questo sbaglio non
appartiene a quel pensiero interiore, da cui essa è animata e a quelle
ragioni ideali, che l’hanno fatta sorgere nella storia, ma
appartiene, in vece, alla semplice posizione immediata e, dirò
cosi, provvisoria, in cui si muove. Quello che appartiene al suo
pensiero Interiore c profondamente speculativo si è il concetto, benché vago,
di una più alta realtà, si ò il bisogno di un mondo migliore, si è la
esigenza di una natura spi (i) È inutile dire che questa scienza, di cui
qui parlo, non è certamente il trasformismo, i rituale, redenta, deificata, di
una natura, in cui ci sia dato ravvisare la realtà stessa di Dio e quindi
scernere in ogni cosa un’ idea assoluta ed immutabile. E difatti, se la
Scolastica rifugge dal mondo, se lo dichiara una vanità, ciò è perchè
nella sua coscienza si agita 1* idea del vero mondo, di quel mondo, in cui ha
luogo la vera presenza dell’infinito, e in cui perciò si trova realmente
conciliato l’elemento mondano col divino. Egli è vero che fu questa
stessa idea quella, che produsse nel medio evo la più mostruosa confusione del
divino e dell’ umano, e la più spaventevole barbarie, che immaginar si possa;
ma egli è vero altresì che, in fondo a quella confusione e a quella
barbarie, vi è un significato della più alta" importanza, vi è la
sorgente di quella verace conciliazione, in cui consiste il fondamento incrollabile
della vita moderna (i). La seconda cosa, che troviamo nella
Scolastica, si è lo ^ (i) Es hilft nichts, das Mittelalter eine
barbariche Zeit zu nennen. Es ist eben eine eigenthùmliche Art der Barbarei,
nicht eine unbefangene, rohe, sondern die absolute Idee und die hòchste
Bildung ist, und zwar durchs Denken, zur Barbarei geworden; was einerseits die
gràsslichste Gestalt der Barbarei und Verkehsung ist, andererseits aber auch
der unendliche Quellpunkt einer hòhern Versóhnung (Id. ib. Zweiter Thell, S.
179). sforzo di riprodurre il contenuto della fede in una
forma razionale. Ora io domando di nuovo: che cosa vuol dire questo
sforzo? Vuol dire, naturalmente, che la Scolastica, ad onta di tutte le
apparenze contrarie, non si accontenta affatto di una verità
inaccessibile, di una verità, che non sia fatta per r intelletto umano.
Quello, in vece, che essa cerca, quello, a cui aspira ardentamente, si è
appunto la forma razionale della verità della fede, e tutta l’attività,
tutta l’energia infaticabile delle sue profonde meditazioni non tende ad
altro che a tradurre queste verità nel linguaggio proprio della
ragione. Ed in effetti tutti i grandi pensatori della Scolastica non si
accontentano della pura e semplice fede: essi vogliono credere e credono
davvero, ma vogliono credere pensando ed intendendo; essi, come dice S.
Anseimo, non cercano d’intendere per credere, ma credono per intendere; e tutto
ciò perchè sanno che la religione è fatta per 1’ uomo, non per l’animale e che
le verità, che in essa si contengono sono state rivelate da Dio,
che è la ragione assoluta, e che perciò devono essere necessariamente
razionali (i). Egli è vero che gli Scola (i) L’ Hegel, parlando di S.
Anseimo, dice cosi: Sehr merkwùrdig sagt er, was das Ganze seines Sinnes
enthàlt, in seiner Abhandlung Cur Deus homo, die reich an speculationen
ist: Es scheint stici fanno distinzione di verità intelligibile e di
verità sovrintelligibile, ma questa distinzione ha tutt’altro significato da
quello che si crede ordinariamente. In effetti la Scolastica non fa
questa distinzione, perchè forse ritenga essere davvero sovrintelligibili
in sè stesse quelle verità, che essa chiama con siffatto appellativo, ma
la fa in vece perchè, fino ad un certo punto, essa supera sè stessa, ed
ha una certa coscienza della posizione storica in cui si muove. In altri
termini la Scolastica si accorge che quell’ intelletto, di cui fa uso e i
criteri logici, di cui dispone, non sono sufficienti a far comprendere la
natura e le determinazioni della verità cristiana. Ma con tutto ciò ess?
non si arrende e non si scoraggia, ma si fa in vece a lottare
gagliardamente colla sua stessa posizione storica e dichiara, per cosi
dire, col fatto stesso delle sue profonde lucubrazioni, che 1’impotenza
del pensiero non può essere assoluta ed insupera mir eine Nachlàssigkeit
zu seyn, wenn wir ini Glauben fest sind, und nicht suchen, das, was wir
glauben, auch zu begreifen ». Utzt erklàrt
man diess fur Hochmuth; unmittelbares Wissen, Glauben hall man fur bòiler
als Erkennen. Anselmus aber und die Scholastiker haben das
Gegentheil sich zum Zweck gemaclit.Dénn der Gedanke, durch ein
einfackes Raisonnement zu beweisen, was geglaubt wurde das Gott ist —, liess
ihm Tag und Naclit keine Ruhe, und quàlte ihn lange.] bile. Ed
è per questo che il perpetuo tormento, che travaglia quei {orti intelletti di
Anseimo, di Abelardo, di Pietro Lombardo, di Duns Scoto, e via dicendo, è
riposto addirittura in quelle verità, che chiamano
sovrintelligibili. Dal che si può scorgere che, in quehe mjjjafoU^ri^
ed asmuu^jgmdella Scolastica, vi è un arditissimo ed immenso
tentatm^w ò il tentativo dell’ assoluta autonomia, del1’ attualità
infinita della ragione. In altri termini, vi è quel colossale tentativo,
che poi produsse, sotto lo aspetto religioso, la Riforma, sotto lo aspetto
sociale, la rivoluzione francese, e che alla fine divenne filosofia
tedesca e particolarmente filosofia Hegeliana. E fu appunto in questa filosofia
che venne soddisfatta l’aspirazione divina del pensiero scolastico, e trovò il
suo adempimento il vaticinio di Cristo: Ego rogabo Patron et alitivi
Paracletum dabit vobis, S piritimi Veritatis : ille vos docebit
omnia. Come è chiaro adunque da questi pochi cenni, quel1’ attività
filosofica, che si agitava nella Scolastica, studiata nelle sue intime
ragioni, ha il significato di una duplice esigenz a, che essa pone nella
storia della filosofia. La prima è quella che ho già detta, cioè la esigenza di
una naura ideale, di una natura spiritualizzata e in cui si possa
daddovero ravvisare il regno e la realtà di Dio (i). La seconda
esigenza, la quale deriva dalla prima, si è quella di un intelletto
superiore, di un pensiero tale che, contenendo in sè la verità, sia, per
ciò stesso, in grado di attingerla dal suo fondo medesimo e di provarla
in un modo assolutamente razionale. Ebbene tutta la storia della
filosofìa moderna altro \ non è che 1’ attuazione successiva
e sempre progrediente di questa duplice esigenza; e la prima, benché
parziale, attuazione df essa si è appunto la filosofìa del Risorgimento. A me
qui spetta di mettere in rilievo brevemente la gran parte, che ebbe il
Bruno nell’ attuazione di questa duplice esigenza, £ di chiarire come
egli, per servirmi delle sue stesse parole, sia davvero nella mattina per
dar fine alla notte, e notì nellà sera per dar fine al giorno. È
stato detto che ogni scoperta della scienza È una detronizzazione di Dio.
Questo pronunziato è vero soltanto per rispetto al falso concetto di Dio.
Quanto al Dio vero, al Dio cristiano la sentenza giusta è, in vece, che
ogni scoperta della scienza non può^ essere che una nuova affermazione,
una nuova prova della esistenza di Dio. cacaXcip ^tf
cVi\> Signori, il principio fondamentale della filosofia
Bruniana è il seguente. Bruno concepisce Dio come essenzialmente creatore. Il
che vuol dire che nella creazione il Bruno non vede già un fatto
accidentale ed arbitrario, nè una verità di second’ordine, ma ci vede la
essenza stessa di Dio. Dinanzi alla mente di Bruno, Dio in tanto è
quello che^ è, in quanto crea; se non creasse, non sarebbe Dio,
perchè non farebbe atto di divinità. Il Dio del Bruno, in somma, è il Dio
cristiano, è il Dio creatore, o per dir meglio, è il Creatore.
Anchejhniobe'p^nj pjqmi nostri. lia
conshi^gw^uestaveritj^igji^J^jjigjj^jj^jjj^jjh^^^la ma nel Gioberti
però questa verità non è accompagnata da una chiara coscienza. Gioberti dice
sempre che 1 ’ atto creativo è la verità sup rema. e che nella
contemplazione di quest’ atto, tanto in sè stesso che nelle forme
particolari della natura e dello spirito umano, consiste appunto la vera
riflessione filosofica. Il fatto è però che, quando si* va a vedere,
questa grande verità (e che è realmente il principio e la radice di ogni
verità), nella filosofia di Gioberti, si riduce ad una semplice
parola: Sulla imperl'ezioue di questo concetto come è nel Brnno vedi
in fine.] è un detto, di cui egli stesso non si rende conto, e che perciò
non gli giova nè alla sistemazione generale della sua dottrina, nè, molto
meno, alla trattazione speculativa di una parte qualsiasi della scienza. In
Bruno in vece almeno fino ad un certo punto, la cosa non va così. E U
v,» per verità il Bruno dice nettamente: « In Dio il potere e
il f are è tutt’ uno . Egli non può essere altro che quello che è;
non può essere tale, quale non è; non può. .potere altro che que llo che
può: non può. volere altro che quello che vuole, e necessariamente non
può fare altro che quello che fa. L’ ajone^ sua è_ necessaria, perchè
procede data- -t~ le volontà che è la stes sa n ecessità. In lui libertà,
volontà, necessità sono affatto medesima cosa, e il fare col potere
volere ed essere. Ed è per questo appunto che egli arriva a concepire il
principio universale del tutto come unità di materia e forma. È vero che
anche il De l’infinito Universo e Mondi, Opere itti. Wagner. Hegel, dopo
di aver citato il bellissimo luogo di Bruno (De la Causa, Principio et
Uno, Dial. dove dice: « Se sempre è stata l a potenza di far e, di
produrre, di creare, sempre è s tata la p o tenza di esser fatto,
prodotto e creato; perchè l’una potenza implica l’altra ecc, soggiunge: Diese
Simultancitàt der wir l ujtl* 4/C [rifa Gioberti
ha detto che il principio universale non è nè l’ idea, nè il fatto, ma il
fatto ideale. Però questo fatto ideale del Gioberti non è che una espressione
diversa del lo stesso atto creativo, e perciò non aggiunge nessun
valore veramente filosofico al principio medesimo. Questo principio,
nella filosofia del Bruno, è la chiave di tutto il sistema, è il centro
vero c produttivo di tutta la sua dottrina, ed è come la fonte, da cui
scaturisce liberamente e consapevolmente tutta la ricchezza delle sue
meditazioni. Nella filosofia del Gioberti, in vece, quantunque la
parola non manchi mai, tuttavia il principio stesso dell’ atto creativo
ci si trova, come dire a pigione, rincantucciato ora in nn angolo, ora in
un altro, senza aver mai la forza di girare la mazza a tondo, di cacciare
via tutte le rappresentazioni della coscienza ordinaria, e di dichiarare
solennemente che la casa della filosofia è casa sua. Egli è d’uopo
però confessare che, anche nella filosofia del Bruno, questo principio
non arriva a spiegare tutto kenden Hraft und des BeWìrktwerdens ist
eine sebi 1 wichtige Bestimmung; die Materie ist nichts ohne die
Wirksatrilfeit, die Form also das Verm&gen und innere Leben der
Materie. Vare die Materie bloss die unbestimmte Móglichkeit, wie k-ame
man zum Be'stimniten? il suo valore. Ciò si può vedere, chiaramente quando
si osservi che, se da una parte il Bruno pone la rivelazione di Dio
come essenza stessa di lui, dall’ altra poi non fa consistere tutta
quanta la essenza di Dio in questa rivelazione medesima. Secondo Bruno, Dio
rivela^ solo una gran parte di sò stess o; un’ altra parte, quantunque
minima e quasi ridotta ad un punto microscopico ed insignificante, resta però
assolutamente irrivelabile. Dal che si scorge che Bruno non sa disfarsi
in tutto del vecchio sovrannaturale della Scolastica, e mettersi cosi
pienamente d’ accordo con sé medesimo. Imperocché, quantunque egli,
tr asfon d endo la vita di_ Dio nella realtà della natura, riduca quel
sovrannaturale a minime proporzioni, lo assottigli, lo scarnifichi e
scheletrizzi in guisa da poterlo anche mettere in canzonatura ed abbandonarlo
quasi balocco alla meditazione dei teologi, ciò non ostante lo lascia li
come qualcosa che non si estrinseca, che non cade nella creazione, che
non diviene materia di quell’ atto assolutissimo, nel quale, secondo lui
stesso, consiste la vera essenza di Dio. Quantuque però quest’ultima
.ombra del vecchio Dio tenebroso induca un grave difetto nella filosofia
Bruniana, tuttavia egli è da osservare che la correzione di questo
difetto è data già, implicitamente, nello stesso concetto, che il Bruno
si forma del principio universale delle cose. Ed è per questo che Spinoza,
continuatore di Bruno, potò sbarazzarsi totalmente di quel caput mortuum
del medio evo, e recare così a grado di esplicamento più compiuto
il concetto di Dio, o della verità che dicasi, come atto creativo. La necessità
di questo esplicamento storico e razionale del principio del Bruno si può
vedere agevolmente, quando si rifletta che la idea di Dio come il
Creatore importa che, non potendo egli avere una doppia natura, non può,
per ciò stesso, nulla contenere, che rimanga al disopra dell’ atto creativo, e
non giunga a grado di esplicazione reale e vivente nella realtà infinita
dell’universo. Dire da una parte che al disopra dell’ atto creativo
resta nell’ assoluto qualche cosa, che non si rivela e non piglia
il suo posto nè nella natura, nè nello spirito, e dire poi dall’altra che
la essenza di Dio consiste nella rivelazione ^di sè medesimo, sarebbero
pronunziati contradditori. Spinoza adunque, rompendola assolutamente con quella
falsa idea dell’ estramondano, non fece che esplicare logicamente il
principio fondamentale della filosofia del Bruno. Da questo
principio, di cui ho brevemente discorso e che costituisce quello, che vi
ha di più intimo nella filosofia Bruniana, come in ogni vera filosofia, perchè
non esprime questa o quella forma dell’ Idea, ma l’Idea stessa
nella sua intrinsechezza ed universalità, da questo principio, dico, ne
scaturiscono due altri, c sono: la esistenza j / eterna ed ideale di
tutte le cose, e quindi la vera immanenza di Dio nell’universo. Questi due
principii, veramente, non sono che due modi diversi di considerare, e
direi quasi di esprimere, lo stesso concetto; ma questi due modi hanno
una cosi grande importanza nella filosofia di Bruno e nella filosofia in
generale, che io credo mio debito fare una parola e dell’ uno e dell’ altro.
Cito un breve tratto relativamente al primo modo di considerare il detto
principio. Bruno adunque dice cosi: « Le sole forme esteriori delle cose
si cangiano e si annullano, perchè non sono cosi) ma delle cose, non sono
sostanze, ma delle sostanze sono accidenti e circostanze. Che se
delle sostanze si annullasse qualche cosa, verrebbe ad evacuarsi ^
il mondo. Nulla cosa si annichila e perde 1’ esserg^eflffi- Jj to che la
forma accideittidL£atSàQtS-0^£S2Ì£? P c ™ tiUV to la materia quanto la
forma sostanziale di che si voglia cosa sono indissolubili e non
annichilabili » (i). Da queste poche parole, che ho citato, si può
vedere, senza una difficoltà al mondo, comedi Bruno sia davvero un
idealista di prima forza. Per Bruno ogni cosa, considerata nella sua forma
interiore, è una natura determinaV. Dialogo 5-° e 4.° De la Causa, Principio et
Uno.] ta, eterna ed immutabile; ogni cosa ha la sua idea. Tutto 1’ universo non
è che una trama di principii o forme assolute, le quali si sviluppano e si
rinnovano eterna mente nella loro esistenza esteriore e sensibile, ma conservano
eternamente la loro natura ideale ed incorruttibile. Per tal modo la essenza di
tutte le cose dell’ universo non è niente di indefinito o di arbitrario. Tutto
ciò che è ha la sua legge, in fondo a tutte le cose vi è un eterno
statuto che le modera e governa; ed è questo statuto appunto quello, in cui
deve travagliarsi la meditazione del filosofo. Egli ò vero che in tutti gli
esseri vi ha numero, differenze e moltiformiti, ma il numero, le differenze
e la moltiformità di un essere qualsiasi altro non è che lo sviluppo di
un principio unico e fecondo; e quin di anziché importare mutazione o
cangiamento nella na- . tura di esso, ò in questo sviluppo, in vece, che
si effettua e s’invera sempre più compiutamente la natura del1’ essere
medesimo. Signori, se Bruno avesse spinta più oltre la investigazione
di questo principio, e si fosse fatto ad applicarlo alla storia, egli avrebbe
potuto porre un secolo prima, almeno in un certo qual modo generale, quel
gran concetto, che forma la gloria di Giambattista Vico. E
s^pWtt^rió^che^èhah^uaidea. se tutto quello che si svolge nell’ universo
ha la sua legge, e come dire, il suo codice eterno ed immutabile, anc he
la storia dev e a vere la sua legge e il suo statuto ; e quindi deve
esser possibile la ricerca di questo eterno statuto della storia,
deve esser possibile, io voglio dire, l a^ filosofia della sto ria. Il Bruno
però, bisogna confessarlo, non ha piena coscienza di tutti quei tesori, che si
acchiudono nella sua dottrina. Ciò derivi, in parte, dal soverchio entusiasmo,
ond’ egli si abbandona e si dimentica nella contemplazione della infinita
natura; e, in parte e principalmente, dalla profondità stessa e dalla
fecondità inesauribile dei suoi principi, dei quali, certamente, non si poteva
avere ai suoi tempi una chiara e perfetta coscienza.
Confessando però che il Bruno non giunse a questo gran concetto del
Vico, io debbo aggiungere che, con tutto ciò, Bruno non è affatto
inferiore a Vico; anzi, esprimendo liberamente quel che penso, dirò che Bqjqq,
come metafisico, gli $ di gran lunga superiore. Nel Vico que. sto
gran concetto della storia ideale ed eterna non si appoggia su di una
metafisica seria e profonda, anzi questo concetto è in assoluta
opposizione colla metafisica del Vico. E per vero, quanto a metafisica,
il Vici) non esce dalla posizione dello intendimento scolastico; e credo
anche non sia ingiustizia lo aggiungere che, se si paragona il
filosofo 1AV la tettar napoletano coi più grandi pensatori
della Scolastica, questo riscontro non può riuscirgli molto favorevole. Dal
che si può inferire, che il gran concetto della storia ideale ed
eterna, se da un lato e per ragion di scoperta è tutto proprio del Vico, dall’
altro poi e per ragion di natura, esso fa parte della dottrina del Bruno.
Imperocché, quantunque il Bruno non si sia innalzato alla contemplazione
del disegno ideale della storia, tuttavolta è nella metafisica del Bruno
e non in quella del Vico il fondamento e la possibilità di siffatta
contemplazione. Egli è vero che il merito del Vico non consiste soltanto nell’
avere ammessa una storia ideale ed eterna, e perciò nell’ avere
ricono- differisce essenzialmente da quella, che governa la
natura. Nella natura, dice Vico, è Dio che ope ra, mentre nella
storia opera 1’ uomo, e pure, operati lo lui, compie il disegno eterno della
storia, effettua gli eterni decreti della Provvidenza. Cosi l’uomo, in
questa nuova posizione, non è soltanto /’ infinito effetto della infinita
causa, non è semplicemente /’ eterna genitura dell’ eterno generante, ma
è eziandio qualche cosa di più. E in questa posizione soltanto è
possibile la vera filosofia compiuta, la vera contemplazione di Dio come Causa
sui. Questo concetto della Causa sui, cioè della Causa della Causa non c’
è_^_davvero nell' assoluto Bruniano (come non c’ è neppure in quello di
Spinoza), quantunque sia appunto questo concetto quello, che travaglia
incessantemente la sua coscienza e quello stesso di cui fa uso, come mostrerò
in appresso, nella sua dbttrina della conoscenza e della libertà.
Tutto ciò adunque non si nega. Ma non si può negare però, d’ altra parte,
che questa nuova e più alta posizione, in cui ci colloca la dottrina del Vico,
è resa possibile soltanto dalla posizione Bruniana. Solo ammettendo l’Idea,
come essenzialmente manifestazione di sè medesima, si può e si deve arrivare,
quandochessia, al concetto di quella tale manifestazione, la quale esprimendo
davvero V Idea, ed essendo essa proprio quello stesso che è I Idea, e
perciò rappresentando non più una manifestazione esteriore, ma il ritorno dell’
Idea in sè medesima, deve necessariamente essere governata da una legge
affatto differente da quella, che governa le manifestazioni esteriori,
non effettuatrici esse stesse del principio assoluto. Stando in vece alla
posizione della metafisica'del Vico, non solo non è possibile ammettere
questa legge fondamentale della storia, ma non si può neppure ammettere
il concetto generale di una storia ideale ed eterna. Passando ora al
secondo aspetto del principio che sto esponendo, cito in prima un breve
tratto del Bruno. Nel primo dialogo della Cena delle ceneri il Bruno si esprime
cosi: Noi « conoscemo tante stelle, tanti astri, tanti numi, che son
quelle tante centinaia di migliaia eh’ assistono al ministerio e contemplazione
del primo, universale, infinito cd eterno efficiente. Non è più
imprigionata la nostra ragione con ceppi di fantastici mobili e
motori. Conoscemo che non è eh’ un cielo, una eterea regione immensa,
dove questi magnifici lumi serbano le proprie distanze, per comodità de la
partecipazione de la perpetua vita. Questi fiammeggianti corpi sono que’
ambasciatori che annunziano 1’ eccellenza de la gloria e maestà di Dio.
Cosi siamo promossi a scoprire V infinito effetto de l’infinita causa,
il vero e vivo vestigio dell’ infinito vigore, et abbiamo dottrina di non
cercare la divinità rimossa da noi, se l’abbiamo a presso, anfi di
dentro, più che noi medesimi siamo dentro a noi ». Signori,
questo principio della imma nenza di.Dio ne^Ja natura e nello j>£Ìrito
sorge la prima volta col Bruno nella storia della filosofia. Fu Bruno il
primo che si fece a cercare davvero la Divinità nell’ infinito mondo e nelle
infinite cose, e fece di questa ricerca la esigenza fondamentale e
lo scopo unico di tutto quanto il sapere filosofico. « Di questa infinita
presenza di Dio nell’ universo, dirò colle belle parole del nostro più
profondo pensatore vivente, nessun filosofo ha discorso con tanto
entusiasmo e convinzione, quanto Bruno. La sua voce era come il primo
grido di gioia della natura che ora cominciava a scoprire sè stessa e a
conoscersi n#l suo reale valore » (i). Premesse queste poche cose,
io posso ora determinare il significato che ha nella filosofia Bruniana la dottrina
dell unita dell universo. Ciò facendo, resterà meglio dualità la
importanza di quel poco che ho esposto finora. Ma prima cito un breve
tratto del nostro filosofo. « Quando l’intelletto, dice Bruno, vuol comprendere
la essenza di una cosa, va semplificando quanto può; voglio dire,
da la moltitudine si ritira, rigettando gli accidenti corruttibili...
Cosi la lunga scrittura e la prolissa orazione non intendemo, se non per
contrazione ad una semplice intenzione. I.’ intelletto in questo dimostra
apertamente come ne P unità consiste la sostanza de le cose, la quale va
cercando o in verità, o in similitudine. Quindi è il grado de le intelligenze,
perchè le inferiori non possono intendere molte cose, se non con molte
specie, similitudini e forme; le superiori intendeno migliormente con poche; le
altissime con SPAVENTA (vedasi), Saggi di Critica] pochissime
perfettamente; la prima intelligenza in una idea perfettissimamente
comprende il tutto... Cosi adunque, montando noi a la perfetta cognizione,
andiamo complicando la moltitudine, come, discendendosi a la produzione
de le cose, si va esplicando l’unità. Quindi è che « ogni cosa che
prendemo nell’ universo, perchè ha in sè tutto quello che è tulio per
tutto, comprende in suo modo tutta l’anima del mondo. E cosi non è stato
vanamente detto, che Giove empie tutte le cose, inabita tutte le parti
dell’ universo ». È per questa ragione che « quelli filosofi hanno
ritrovato la sua amica Sofia, li quali hanno ritrovato questa
unità. Medesima cosa a fatto è la Sofia, la verità, la unità » (i).
La ragione di questo principio nella filosofia del Bruno risulta già
chiaramente da quel poco che ho detto fin qui. Imperocché se Dio è
immanente nella natura e nello spirito, egli è manifesto che quel
principio, che si attua nell’ uomo e che dà luogo a tutte le forme del
suo sviluppo, non può, considerato in sè, essere altra cosa dal principio
che pone la natura. Ammessa la dottrina della immanenza, /’ arte interna
del pensiero, per servirmi delle stesse parole del Bruno, deve
necessariamente appartenere (i) De la Causa, Principio et Uno] allo
stesso artefice- interno della natura; e quindi quel principio, che forma i
minerali, le piante, gli animali, deve essere quello stesso principio,
che pensa nell’uomo. Il che vuol dire che, se da una parte tutte le forme
della natura e dello spirito hanno una sostanzialità loro propria, una
loro natura specifica e diferenziale, dall’ altra cosi le prime come le seconde
non possono essere che gradi diversi della stessa unità fondamentale del
tutto, di quell unità della materia e della forma, del reale e dell’
ideale, in cui consiste la radice di ogni esistenza. Ed ò per tal modo
soltanto che si può cessare l’assoluta separazione di spirito e materia, di
realtà consciente e di realtà naturale, separazione che degrada tanto 1’
una che l’altra, e che fa dello spirito qualcosa di astratto e
d’inconcepibile, e della natura un mondo senza vita, senza ragione e
senza finalità. Signori, per questa dottrina il Bruno è stato generalmente
accusato di panteismo; ed anche in questi ultimi anni la maggior parte di
coloro, che in Italia hanno trattato del Nolano, si son fatti a rinnovare
questa vecchia accusa, senza però investigare seriamente, e spogli di preconcetti,
il vero senso della dottrina Bruniana e il significato preciso della teoria
panteistica. Io qui, naturalmente, non posso far la critica di questa accusa.
Dirò soltanto alcune cose principali. E in primo luogo osservo che, anche
quando il Bruno non fosse altro che un semplice panteista, bisognerebbe
sapergli grado almeno per questo: voglio dire che bisognerebbe sapergli
grado perchè, dop o le astrattezze della Scolastica, egli avrebbe posto
almeno il principio della unità del mondo, e quindi ricollocata la
filosofia sul suo terreno naturale. Imperocché, si dica pure tutto quel
che si voglia, il principio su cui si fonda il panteismo, c che è l’unità
dell’infinito e del finito, dell’ideale e del reale, è quel principio, da
cui appunto comincia la filosofia, e senza di cui nessuna filosofia è
possibile. E per vero dal momento medesimo che comincia la speculazione
filosofica, e quindi la ricerca della essenza universale di tutti gli
esseri, comincia per ciò stesso una certa unificazione, o
identificazione, se così piace dire, di tutte le cose in un principio
unico ed assoluto. Questo principio adunque è come la prima lettera dell’
alfabeto del pensiero; e chi non ha pronunziato ancora questa lettera,
chi, cioè, non si è ancora innalzato a questo nesso universale in cui si
unifica e cielo e terra, e che è come il pernio, a cui si appunta tutto quanto
1’ universo, chi, dirò colla bella immagine dell’ Hegel, non si è ancora
bagnato in questo etere purissimo della unità del mondo, deve essere
ancora certamente assai lontano dall’ augusto santuario della coscienza
filosofica (i). Fino a questo punto adunque la dottrina panteistica,
anziché essere un sistema particolare di filosofia, é la filosofia stessa
nella sua più intima essenza. Onde è che, se una filosofia si differenzia
da un’ altra, questa differenza non può nascere dilli’ ammettere o non
ammet tere l’unità, ma soltanto dal modo diverso di concepirla e di
determinarla; imperocché, come ha già detto bellamente il Bruno, medesima cosa
affatto è la Sofia, la verità, P unità. La qual cosa è stata vista lucidamente
anche dal nostro acutissimo filosofo Roveretano, Rosmini. Il quale, pur
respingendo da sé ogni possibile accusa di panteismo, ha tuttavia
sostenuto anch’egli un principio unico universale, ed ha considerato
tutte le forme della realtà natur ale, della realtà upiana, e della
realtà di Dio come diversi modi di essere, come diverse
determinazioni del principio medesimo. Che se poi noi ci
facciamo a considerare la dottrina panteistica non più rispetto a quell’
idea fondamentale che Ile r- <K Wenn man
anfangt ni philosophiren, muss die Seele zuerst sich in diesem Aether der
Einen Substanz baden, in der Alles, was man fur wahr gehalten hat,
untergegangen ist; diese Negation alles Besondern, zu der jeder Philosoph
gekommen seyn muss, ist die Befreiung des Geistes und scine absolute
Grundlage.] in essa si contiene, e per cui il panteismo e la speculazione
filosofica in generale fanno tutt’uno, ma rispetto a quella
determinazione particolare della stessa idea, dalla quale solamente la
dottrina panteistica attinge il suo significato e 1’ essere proprio di sistema
speciale di filosofia, in tal caso non possiamo avere che due soli ed
opposti concetti di siffatto sistema. Imperocché, o il panteismo si concepisce
come identificazione dell’ infinito col finito nella sua immediatezza e
quindi come deificazione di tutte le cose, ovvero come risoluzione ed
annullamento di unte le differenze ideali dell’ universo nella vuota
identità della pura sostanza. Il primo concetto del panteismo, che è appunto
quello che hanno avuto in mente i nostri critici del Bruno, non trova
affatto qualsiasi riscontro nella filosofia del Nolano. Bruno non ha mai
confuso l’infinito col finito, non ha fatto mai 1’ apoteosi della
esistenza caduca e corruttibile delle cose, non ha mai deificato le
forme accidentali, esteriori e materiali, le quali per lui, come
per ogni vero filosofo, non sono cose, ma delle cose, non sono sostanze,
ma delle sostanze sono accidenti e circostanze. Bruno ha deificato soltanto /’
infinito mondo, la infinita natura, le infinite cose, ha deificato la
eterna genitura dello eterno generante; la qual dottrina non ha nulla
che fare col panteismo. Questa dottrina è in vece eminentemente cristiana,
anzi è la essenza stessa del cristianesimo; e la negazione di questa
dottrina non è solamente la negazione della vera filosofia, ma è la negazione
altresì di tutti i principii del sapere moderno, e della possibilità stessa
della scienza in generale. Ma c’è di più; imperocché questa pretesa
confusione dell’ infinito col finito non pure non si trova affatto
nella filosofia Bruniana, ma non ha nemmeno il suo riscontro in
qualsiasi sistema di filosofia. Tutta la storia della filosofia, per quanto è
lunga e larga, non ci presenta alcun sistema, in cui si possa ravvisare questa
strana confusione ; in quella guisa medesima che la storia della religione non
ci mostra nessun popolo, che abbia proprio adorato il finito come finito.
Lo stesso Bruno, parlando degli Egizi, dice a questo riguardo, le seguenti memorabili
parole: Non furono mai adorati coccodrilli, galli, Diejenigen, welche
irgend eine Philosophie fiiir Pantheis mus ausgeben.. batteri. es vor
Alleni aus nur als Faktum zu konstatiren, dass irgend ein Philosoph
oder irgend ein Mensch in der That den Alien Dingen an und fur sich
seiende Realitat, Substantialitat zugeschrieben und sie fur Gott angesehen,
dass irgend einem Menschen solche Vorstellung in den Kopf gekommen sei
ausser ihnen selbst allein. Id. Encyklopàdie. Vedi anche: Aesthetik,
Zweiter Theil.]cipolle e rape, ma la Divinità in coccodrilli, galli,
cipolle e rape ». E parlando dei Greci, si esprime cosi: « I Greci
non adoravano Giove come fosse la Divinità, ma adoravano la Divinità come fosse
in Giove; il che, come ognun vede, è cosa assolutamente diversa. Quanto
poi all’ altro concetto del panteismo, cioè a quel concetto secondo il
quale Dio non è altro che la semplice unità astratta dell’ infinito e del
finito, dell’ ideale c del reale, egli è d’uopo riconoscere che una tal
dottrina c’ è davvero nella storia della filosofia. Forse non sarebbe
difficile provare che questa dottrina, considerata nella sua assoluta
purezza non ha luogo, in una forma veramente speculativa, che soltanto
nella filosofia Parmenidea. Anche la filosofia di Spinoza, quando la si
intenda bene, non è poi addirittura quel rigido panteismo che ordinariamente
si crede. Ma, lasciando stare queste riflessioni, il fatto è che nella
filosofia Bruniana il princip io dell’ unità dell’ ideale e del reale, il
concetto della identità non ha affatto quello stesso significato, che ha
nella dottrina panteistica pnra. Imperocché nel puro panteismo questa unità
esclude assolutamente ogni qualsiasi determinazione, ogni differenza, e perciò
è la negazione di tutto (1) V. Spaccio della Bestia Trionfante,
Dial.]quanto 1’universo intelligibile, mentre, nella filosofia Bru% niana,
questa unità si muove, si distingue, si va specificando e, come dire, spezzando
in tutte le forme della natura e dello spirito. Ammettere questo
dirompimento dell’unità universale, guardare in tutte le cose un
principio eterno ed immutabile come forma vera e totale dell’ unità
medesima, riconoscere in somma un mondo infinito, tutto questo non
è affatto panteismo; anzi è la critica vera e positiva della dottrina
panteistica. E tale è in fondo, considerata nel suo spirito, la filosofia
Bruniana. Il che è tanto vero che BRUNO è arrivato fino a vedere cosa degna
veramente della più alta ammirazione — che la vera esigenza della filosofia,
che il vero segreto dell’ arte, come egli dice, consiste appunto, non già
nel semplice innalzarsi all’ unità del mondo, ma nel procedere dall’ unità
stessa a tutte le forme differenziali ed opposte, in cui essa si va
esplicando, e in cui si manifesta la vita tutta dell’ universo. Profonda
magia, ha detto il Bruno, è trarre il contrario, dopo aver trovato il
punto dell’unione » (i). Se adunque, io dico, L’ Hegel dopo di aver
citato questo passo di Bruno: « Aber den Punkt der Vereinigung zu finden,
ist nicht das Gròsste; sondern aus Demselben auch sein Entgegengesetztes
zu entwickeln, dieses ist das eigentliche und tiefste Geheiranis der
Kunst » soggiunge enfaticamente: « Dicss ist ein grosses Wort, die Entwickelung
der Idee Bruno ha visto financo che il segreto della filosofia sta
nel tirare le differenze ideali dell’ universo dalla sua unità, o, in
altri termini, nel contemplare 1’ atto proprio del differenziarsi dell’ unità,
quell’ atto, che, come egli dice, non pure è potenza di tutto, ma è atto
di tutto, come si può sostenere che la sua filosofia sia panteismo ? Ha
forse il Bruno inabissate, ha forse estinte nell’ unità assoluta tutte
le forme ideali dell’universo? E non è vero in vece che la esigenza della
sua dottrina si è appunto quella di distinguere nell’ unità assoluta un mondo
intelligibile, un universo infinito? Ovvero si vuol sostenere che il Bruno
è panteista sol perchè non ci ha presentato, ai suoi tempi, in una
forma veramente speculativa, tutto questo suo u è niverso
infinito? perchè, in altri termini, non ci ha dato una filosofia della
natura e una filosofia dello spirito ? Una simile pretesa non sarebbe
certamente degna di una mente sana. Ma altro è dir questo, anzi altro è
anche aggiungere che la dottrina di Bruno non è nemmeno un sistema nel
senso vero della parola, altro è affermare che so zu erkennen,
dass sie eine Nothwendigkeit von Bestimmungen ist ». Geschichte der
Philosophie, Zweiter Tchil.] 1’ assoluto Bramano sia addirittura come la notte,
in cui tutte le vacche son nere. Ma io mi avveggo, o Signori, di
essermi soverchiamente dilungato su questo punto. Dirò dunque ora proprio di
volo, prima di conchiudere, pochissime parole sull’applicazione di questi primi
principi più generali della filosofia del Bruno alla teoria della
conoscenza e della libertà. Senza fare ciò non si può vedere la vera importanza
di questa grande filosofia. Bruno si può dire pant eista in un senso solo,
cioè nel senso che nella sua filosofia manca il concetto della vera ed
assoluta esistenza di Dio, manc^lconcettodiDio^conHSjjersonalità
assoluta. Il Dio di Bruno vive nell’ infinito universo, ma non ha
una vita sua propria come principio assoluto, non ha una sua realtà
distinta, nella quale si raccolga tutto il mondo intelligibile; inso mma
il Dio del m Bruno non è l’Idea come autocoscienza assoluta, e perciò non
è ancora realmente Dio=Dio. Tutto questo è vero. Ma siffatta
critica della dottrina Bruniana si può fare soltanto dal punto di vista
dell’Hegel, non già dal punto di vista de’nostri critici del Bruno. È
l’Hegel soltanto, che ha dritto di chiamare il Bruno panteista. La
spiegazione e la critica del Bruno, a me pare la seguente. Bruno^contempla Dio
come cosmogonia, come attivitàcosmogonica (ciclo di origine), ma non contempla
il cosmo come teogonia, come attività teogonica (ciclo di ritorno). Egli è vero
che non c’ è cosmogonia senza teogonia, come non c’ è intuito senza
riflessione; ma c’ è teogonia e [In ordine alla conoscenza il Bruno
insegna che la verità di essa non si ha e non si può avere
immediatamente, cioè nella sua forma originaria c primitiva, e finché
dura il carattere proprio della medesima. Il carattere di questo primo
grado della conoscenza si è quello di essere legata alla natura
esteriore, sensibile, accidentale, e quindi è la estrinsechczza del pensiero a
sè medesimo. Per potersi sciogliere da questi legami col mondo esteriore e
fenomenico, e giungere davvero a possedere sò stesso, lo spirito ha d uopo
o della fede o della scienza. Ma, nella fede, l’uomo non s’innalza alla
verità colle sole forze della ragione e in un modo assolutamente libero:
nella fede 1 uomo, fino ad un certo punto, accoglie in sè la verità come
vaso o recipiente, e perciò in guisa non corrispondente del tutto
teogonia, come c’è riflessione e riflessione. Ora il Bruno non arriva al
concetto di quella forma del cosmo che non è solamente una certa
teogonia, ma che è la vera ed effettiva teogonia; non arriva al concetto del
cosmo veramente teogonico; e perciò non arriva alla vera esistenza di Dio.
Dunque la personalità assoluta di Dio, in questa filosofia, è
impossibile. Ma d’ altra parte neppure è possibile arrivare a questa idea,
uscendo da Bruno assolutamente. È sulla via aperta dal Bruno che bisogna
camminare per raggiungerla. Chi vuole adunque questa idea, accetti il
Bruno, vada avanti, e la troverà. ] alla vera eccellenza della
propria natura. Nella scienza, al contrario, lo spirito si eleva alla
contemplazione della verità colla sola libera energia della sua mente, e
produce la coscienza di essa come vero artefice ed efficiente. Il processo
della contemplazione della verità consiste nel profondarsi nel profondo della
mente e nel circuire per i gradi della perfezione, cioè nel percorrere col
pensiero le diverse manifestazioni dell’ infinito vigore, e perciò nell andare
non già dal finito all’infinito, o viceversa, ma nell’andare dall’infinito
all’infinito. Lo scopo ultimo di siffatta contemplazione si è di capire quell '
atto assolutissimo che t medesimo coll’ assolutissima potenza, e di
effettuare così la vera immanenza di Dio in noi colla virtù stessa
della nostra mente. In conformità di questo concetto della
conoscenza, Bruno determina il concetto della libertà nel modo che segue.
La verità e, la legge sono tutt’uno. Perciò, come VC/àU la verità è
intima allo spirito umano, cosi anche la legge è intima all’umana
volontà. Questa adunque non si può considerare come una facoltà vuota ed
indeterminata. D altra parte, nella guisa medesima che la verità non è posseduta
dallo spirito originariamente c senza la sua stessa attività, così anche
la volontà non è oggettivamente libera, e quindi non è vera ed assoluta
volontà, finché non si ò elevata alla legge ed alla verità. La verità
adunqne è il fondamento ed il contenuto della libertà. Fuori della verità,
fuori della legge la vera libertà non è possibile. Per tal modo la
libertà non è arbitrio, ma è necessità. Questa necessità però non è esterna,
non è fatalità, ma appunto perchè s’immedesima colla stessa verità, è necessità
interna e razionale. M. non ha bisogno di fermarsi sulla importanza
pratica di questo concetto bruniano della libertà. Senza che il dica,
ognun vede come in questo concetto si acchiuda ad un tempo la critica
della falsa libertà, e della falsa autorità, e come sia appunto in questo
concetto che sta il fondamento della nuova vita sociale e il principio
animatore di tutta la civiltà moderna. A me qui spetta soltanto di
chiarire brevemente il valore speculativo di queste applicazioni dei
principi metafisici del Bruno, e di mostrare come in queste applicazioni
si possa scorgere il germe di una più alta filosofia. Ebbene egli è
facile vedere che queste idee di Bruno, relativamente alla conoscenza ed alla
libertà, più che semplici applicazioni del suo principio metafisico, sono
in vece delle conseguenze, che hanno una portata di gran lunga
superiore allo stesso principio. Bruno in queste applicazioni supera
davvero sè stesso, egli va al di là dello jtesso suo punto di partenza. E
per vero il punto di partenza del Brudo è Dio come semplice atto creativo,
Dio come semplice creare, e perciò come generare ; e quindi l’universo Bruniano
è si la infinita, la eterna creatura o genitura di Dio, ma non è
altro che la eterna, la infinita creatura o genitura di Lui. Intanto il
concetto Bruniano della libertà e della conoscenza ci presenta una vera
reazione sullo stesso principio assoluto: esso importa un’ attività
superiore al semplice creare, importa un’ attività, che non è mera
estrinsecazione del principio eterno delle cose, ma ò una effettuazione
vera del principio medesimo, come atto dello stessa creatura fi'). GIOBERTI
(vedasi) ha detto ai giorni nostri, in un momento di profondo intuito
filosofico, che l’uomo rende a Dio la pariglia; anzi egli ha detto anche in
generale che l’atto creativo è essenzialmente atto teogonico. Ora questo
rendere a Dio la pariglia, questa forma di atto creativo, che è nel medesimo
tempo atto teogonico, è appunto O meglio: come atto di Dio stesso, ma in
quanto creatura. Col linguaggio della religione si direbbe: come atto
dello stesso Padre, ma m quanto Figlio. Si sa poi che questo atto del
Padre, che è atto di lui in quanto Figlio, è quello che là la verità del
Figlio e la verità del Padre ; e che questo atto è appunto lo Spirito: la
vera Ferità. quella idea, che noi non possiamo ravvisare nel
principio metafisico del Bruno, ma che però troviamo adoperata
nella sua dottrina della conoscenza e della libertà. Si può adunque
affermare che, nella filosofia del Bruno, le conseguenze contengono più delle
premesse; ma siffatta contraddizione anziché menomare il merito del nostro
filosofo, è appunto quella, se io non mi sbaglio, in cui si rivela la più alta
potenza della sua speculazione. Nè varrebbe il dire che il Bruno non finisce
come comincia; imperocché il Bruno, ha cominciato bene, come era
possibile ai suoi tempi, ed ha finito molto meglio. E se tra il Principio
ed il Fine, tra 1’origine ed il Intorno la sua filosofia non pone quell’
accordo, in cui consiste la vera Idea, di ciò non si può fare un’accusa
al nostro grande pensatore, stante che un tale accordo è il risultato di
tutta quanta la speculazione moderna; e perciò non si può pretendere dalla
filosofia del Bruno. Nè si può pretendere dal Bruno la coscienza della
contraddizione, che corre tra il suo principio metafisico e la sua dottrina
della conoscenza e della libertà, perchè una tal coscienza non poteva
sorgere nella storia, se prima i due estremi, cioè il Principio ed il
Fine, 1’ Origine ed il PJtorno, non avessero spiegato separata-
mente tutto il loro valore e non si fossero presentati dinanzi al pensiero
speculativo come le due somme ed opposte potenze (Teli* universo, 1’ una
predominante nel mondo della natura, 1’altra in quello dello spirito. La
filosofia cartesiana rivelò il potere del Trincipio, la filosofia
Kantiana (precorsa solo da Vico) mise in evidemza l’attività indi-
pendente ed assoluta del Fine, e fu perciò solamente la posteriore
filosofia tedesca quella, che potè innalzarsi alla contemplazione del
Principio-Fine, dell’ Origine-Ritorno, e porre cosi un nuovo e più alto
concetto di Dio, il concetto di Dio come sviluppo, come Spirito, e quindi
una nuova filosofia: la filosofia dello Spirito. Raccogliendo adesso le
fila del mio ragionamento, io posso conchiudere così. La
filosofia del Bruno ha riabilitata e {ligni ficat a la e l ia restituito il suo
vero valore, 1’ ha innalzata a manifestazione reale e vivente di Dio;
dunque il primo ardente desiderato del pensiero scolastico, in questa
filosofia, è soddisfatto. Ma c’ è di più; imperocché il Bruno, avendo
concepito Dio come immaii ^q^ nella coscienza umana in lorza dell’
attività stess^ai^ essa, ha posto in questo concetto la possibilità di
quella intelligenza superiore, che formava la seconda e più alta
aspirazione dei grandi pensatori della Scolastica, e la cui attuazione non
poteva essere che il risultato finale di tutta quanta la filosofia
moderna. Sebastiano Maturi. Maturi. Keywords: implicature, Bruno, Vico,
Aquino, Spaventa, I duellisti, l'io e l’altro – riconoscimento, la dialettica
del signore e del servo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Maturi” – The
Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Maturi: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale – filosofia campanese -- filosofia
napoletana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Napoli, Campania. Grice: “People
sometimes asks me how my intentionalist approach can be applied to history. I
always respond: Read Maturi!” Grice: “Maturi’s ‘Interpretazioni,’ thus in
plural, ‘del risorgimento’ is a classic --.” Grice:: “Even in London, the
risorgimento had at least two interpretations! One in Woolwich, and another one
elsewhere! And there is possibly a gender distinction too with “Speranza,”
Wilde’s mother, being somewhat fanatic about it!” – Compe la sua formazione
culturale a Napoli dove si laurea con SCHIPA, uno dei firmatari del manifesto
degli intellettuali antifascisti redatto da CROCE. Del suo maestro, per la lezione di rigore che gli
aveva impartito, Maturi conservò un commosso ricordo ed ebbe modo di esprimere
pubblicamente la sua gratitudine in occasione della morte di Schipa,
pronunciandone il necrologio. Seguì con attenzione ed interesse, ma anche con
spirito critico, le lezioni di Croce conseguendo una laurea in filosofia con Gentile
con una tesi su Maistre. Impostato sulla lezione crociana è il saggio “La
crisi della storiografia politica italiana” a cui seguì quello dedicato a Gli
studi di storia moderna e contemporanea, inserito nel primo dei due volumi dell'opera
del “La vita intellettuale italiana.” Il suo primo lavoro Il concordato tra la
Santa Sede e le Due Sicilie pubblicato fu giudicato positivamente dalla critica
s di Omodeo che lo recensì ne La Critica. Frequenta la Scuola storica per l'età
moderna e contemporanea diretta da Volpe e fu segretario e bibliotecario
dell'Istituto storico per l'età moderna e contemporanea. Collaboratore
dell'Enciclopedia italiana per la quale scrisse numerose voci tra le quali
quella dedicata al "Risorgimento" ispirata alle sue idee
liberali. A causa di questo episodio, nonostante il suo disinteresse per la
vita politica attiva, fu allontanato dall'Istituto storico per l'età moderna e
contemporanea. Nei suoi saggi di storia politica i suoi punti di
riferimento sono Croce, Meinecke, Salvemini, e Volpe. Dapprima come
incaricato di storia del ri-sorgimento e poi come ordinario tenne le sue
lezioni a Pisa dove ha modo di scrivere numerosi saggi come alcune importanti
voci nel Dizionario di politica a cura del Partito nazionale fascista, il
saggio Partiti politici e correnti di pensiero nel Risorgimento, e l'accurata
biografia Il principe di Canosa. I corsi di storia della storiografia tenuti a
Pisa furono continuati a Torino quando ha la cattedra di Storia del
Risorgimento e quella di Storia delle dottrine politiche che occupa sino alla
sua inaspettata scomparsa. Le sue lezioni di quest'ultimo periodo furono
raccolte nell'opera postuma Interpretazioni del Risorgimento considerata di
primaria importanza dagli storici. Saggi: “Interpretazioni del
Risorgimento, coll. Biblioteca di cultura storica Einaudi,'Enciclopedia
italiana, Accademia delle scienze di Torino, In memoria, Istituto per la storia
del Risorgimento italiano, Roma 1Interpretazioni storiografiche del
Risorgimento. Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Walter Maturi.
Maturi. Keywords. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Maturi” – The Swimming-Pool
Library.
Luigi Speranza -- Grice e Maurizi: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale della vendetta di Bacco –
filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma).
Filosofo italiano. Grice: “I like Maurizi; of course his
‘vendetta di Bacco’ makes sense only in the context of Nietzsche’s rather
recherché dichotomy!” – Grice: “His idea of the ‘suspected ‘I’’ is good, but he
is not, as I was, having in mind Reid, but Freud!” Si è laureato in filosofia della storia presso
l'Università degli Studi di Roma "Tor Vergata" e ha conseguito il
dottorato di ricerca nella medesima università discutendo una tesi su Cusano e
il concetto di non altro da cui è nato il volume La nostalgia del totalmente
non altro. Cusano e la genesi della modernità (Rubbettino). Dopo un periodo di
formazione in Germania attualmente svolge la sua attività di ricerca presso
l'Università degli Studi di Bergamo. Pubblica le sue ricerche su alcune
prestigiose riviste come la Rivista di filosofia neo-scolastica, il Journal of
Critical Animal Studies, Dialegesthai, Alfabeta, Lettera Internazionale, e
collaborando, inoltre, con i quotidiani Liberazione e L'Osservatore Romano. Partecipa
alla stesura del secondo volume di L'Altronovecento. Comunismo eretico e
pensiero critico (Jaca) ed è il traduttore e curatore dell'edizione italiana di
Lukács, Coscienza di classe e storia. Codismo e dialettica, Alegre, Roma di
Acampora, Fenomenologia della Compassione, Sonda, Casale Monferrato,, e ha
tradotto, con Dalmasso, Derrida, Teoria
e prassi. Corso dell'École Normale Supérieure Jaca, Milano,. Ha contribuito
alla fondazione delle riviste scientifiche "Liberazioni" e Animal
Studies. Rivista italiana di antispecismo. Pensiero Maurizi ha suddiviso
i suoi interessi di ricerca tra la filosofia dialettica (Cusano, Hegel, Marx,
Adorno), la teoria critica della società e le implicazioni politiche di una
visione "sociale" dell'antispecismo a partire da una rielaborazione
del pensiero della scuola di Francoforte. Tanto le sue ricerche su Adorno,
quanto quelle su Cusano si incentrano sul tentativo di porre in evidenza il
tema della storicità dell'umano non in termini di un astratto e formale
"essere-nel-tempo", quanto più propriamente nel vedere nell'essere
storico, in tutta la sua determinatezza, l'irriducibile istanza di verità
dell'umano stesso: l'essere storico è in tal senso irriducibile ad ogni
ontologia dell'essere temporale seppure ciò non porti necessariamente ad un
relativismo storicista. Prendendo spunto dalla lettura critico-negativa di
Hegel portata avanti da Adorno, infatti, M. sostiene la leggibilità e
razionalità della storia come segno del dominio, l'universale storico non come
traccia di un positivo che si farebbe strada attraverso il negativo delle
vicende umane, bensì come questo stesso negativo che informa di sé la civiltà,
imprimendo ad essa la direttrice di un progresso della razionalità strumentale
che è l'antitesi della redenzione. La sua rilettura del pensiero della
filosofia di Francoforte ha così costituito un punto di partenza per una
ridefinizione dell'opposizione natura/cultura e lo ha portato ad estendere la
critica ai meccanismi di dominio anche al controllo e allo sfruttamento del non
umano, e più in generale della Natura. Il suo pensiero riguardo alla filosofia
antispecista è in continuità con quello espresso dal sociologo David Nibert ed
in netta opposizione all'utilitarismo di Peter Singer criticato da M. come un
antispecista metafisico. Un punto centrale nell'argomentazione filosofica di M.,
che rende originale il suo lavoro rispetto a quello degli altri teorici dei
diritti animali, riguarda l'interpretazione in termini storico-sociali dello
specismo. Ogni attività intellettuale «antispecista», secondo Maurizi, consiste
quindi essenzialmente nel fare propria questa scelta di campo: sottolineare
come la questione animale sia un aspetto irrinunciabile di ogni ipotesi di
trasformazione dell'esistente. Secondo Maurizi l'antispecismo è dunque
essenzialmente politico e non possiamo
affrontare, come fanno Peter Singer o Tom Regan, la questione animale da una
prospettiva astrattamente morale. All'attività di filosofo, Maurizi ha così
affiancato quella di attivista per i diritti animali, intrecciando l'attività
speculativa con quella politica; risultato di questa attività è il libro Al di
là della Natura: gli animali, il capitale e la libertà (Novalogos, ). M. è
stato inoltre fondatore delle riviste di critica antispecista Liberazioni e
Animal Studies, della rivista online Asinus Novus che prende il nome dal suo
breve testo Asinus Novus: lettere dal carcere dell'umanità (Ortica, ). Nel l'associazione Per Animalia Veritas raccoglie
alcuni suoi scritti che rappresentano un sunto aggiornato del suo pensiero
sulla filosofia antispecista: Cos'è l'antispecismo politico (Per Animalia
Veritas, ). Sulla scia delle riflessioni adorniane, Maurizi ha anche lavorato
sulla filosofia della musica e la teoria critica musicale. Le sue teorie
sull'antispecismo politico sono abbondantemente discusse nel libro di Lorenzo
Guadagnucci Restiamo Animali: vivere vegan è una questione di giustizia (Terre
di Mezzo, ), da Matthias Rude Antispeziesismus. Die Befreiung von Mensch und
Tier in der Tierrechtsbewegung und der Linken (Schmetterling, Stuttgart ) e
altri autori della scena antispecista di lingua tedesca. Saggi: “Il tempo del
non-identico,” Jaca); “La nostalgia del totalmente non altro” – La genesi della
modernità, Rubettino, “Al di là della natura: gli animali, il capitale e la
libertà,” Novalogos, “Asinus Novus: lettere dal carcere dell'umanità,” Ortica,
“Cos'è l'anti-specismo?” Per animalia veritas, “L'io sospeso: l'immaginario tra
psicanalisi e sociologia, Jaca, Grice: “This reminds me of my fantasies on ‘I’
– “The suspected I’ is a genial phrase!” -- “Chimere e passaggi” Mimesis, “Altra
specie di politica, Mimesis, “Musica per il pensiero. Filosofia del
progressive” -- Mincione, “La vendetta di Dioniso” -- la musica contemporanea da Schönberg ai
Nirvana, Jaca, “Quanto lucente la tua in-esistenza” --- L'Ottobre, il
Sessantotto e il socialismo che viene, Jaca. Intervento di M. su questi temi
per la Casa della Cultura di Milano: youtube.com/watch?v= ZNfJrRx-7fo Intervista su questo tema a cura del
collettivo Tierrechtsgruppe Zürich (Zurigo) M. La genesi dell'ideologia
specista in Liberazioni:/ M. Per una cultura antispecista in Asinus Novus:
rivista di antispecismo e filosofia: Copia archiviata, su asinusnovus.wordpress.
com. Intervento M. per il primo convegno nazionale antispecista:
youtube.com/watch?v= JwZiW4ngrag
Intervista a M. e Caffo sulle nuove prospettive dell'animalismo: youtube
Testo recensito da L. Pigliucci per la rivista "Lo Straniero" di
Aprile: Copia archiviata, su asinusnovus. wordpress Intervista di F. Pullia sul
quotidiano "Notizie Radicali" Una recensione del testo: Copia
archiviata, su asinusnovus.wordpress B. Le GocM. M., Musica per il pensiero.
Filosofia del progressive italiano, Mincione, Roma. Antispecismo Diritti degli animali Scuola di
Francoforte. Asinus Novus. Antispecismo e Filosofia, su asinusnovus.net. Animal
Studies. Rivista Italiana di Antispecismo, su rivistaanimal studies. wordpress.
Marco Maurizi. Maurizi. Keywords: la vendetta di Bacco -- Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Maurizi” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza --
Grice e Mazio: la ragione conversazionale all’orto romano -- Roma – filosofia
italiana – Luigi Speranza
(Roma). Filosofo italiano. Friend of GIULIO (si veda) Cesare and Cicerone. He writes on food and trees
and takes an interest in the philosophy of the Garden. Gaio Mazio.
Luigi Speranza -- Grice e Mazzarella: l’implicatura
conversazionale – filosofia campanese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Napoli). Filosofo italiano. Napoli, Campania. Grice: “I love
Mazzarella’s ‘necessary word’ – not precisely what I was thinking when
philosophising about conversation, but for Mazzarella, the conversational
motivation is to HELP in the most authentic fashion – Compared to his ‘parola
necessaria,’ my principle of conversational helpfulness, while based in part in
the desideratum of conversational benevolence, looks pretty lame!” -- Grice: “I
like Mazzarella. The fuss he makes in translating Heidegger, whom I have
elsewhere called ‘the greatest living philosopher’ – he was living then –.”
Grice: “Mazzarella, who is relying on somebody else’s translation, is
especially focused on Heidegger’s Latinate ‘fakt.’ From ‘Fakt,’ Heidegger gets
an abstract noun. But he also uses the Germanic for ‘deed.’ Relying on the
cognateness of ‘fakt’ with ‘fatto’ – cognate itself with ‘effetto,’ Mazarella
agrees that the translation goes from ‘factivity’ to ‘effectivity.’ And it
should inspire all philosophers into seeing how similar these two concepts are
– if indeed two concepts they are, seeing that they come from the same Roman
root! But M. would know that – you wouldn’t!” –
Professore a Napoli, è tra i principali interpreti di Heidegger.
Deputato al Parlamento nella XVI Legislatura per il Partito Democratico. Dopo essersi laureato presso l'Università
degli Studi di Napoli “Federico II” con Masullo, inizia la sua attività di
ricerca come borsista DAAD in Germania, e successivamente presso l'Salerno. In
seguito è professore incaricato di Estetica presso l'Università dell'Aquila.
Dopo essere stato professore associato di Filosofia Teoretica presso l'Catania
e di Filosofia della storia presso l'Napoli “Federico II”, diventa professore
straordinario di Storia della filosofia presso la Facoltà di Magistero
dell'Salerno e dal 1993 Professore di Filosofia Teoretica presso l'Napoli “Federico
II”. Dirige il Dottorato di Ricerca in “Scienze Filosofiche” dell'Napoli “Federico
II” e cura la programmazione e le relazioni internazionali per la Facoltà di
Lettere e Filosofia, di cui è Preside. Deputato del Parlamento italiano,
divenendo componente della VII Commissione Cultura della Camera. Opere In una delle sue opere principali,
Tecnica e Metafisica. Saggio su Heidegger, Mazzarella indaga i processi decostruttivo-ermeneutici
sottintesi all'heideggeriana storia della metafisica occidentale, fino a
formulare un'ipotesi "ecologica"(in senso originario, come pensiero
relativo all'abitare dell'uomo) relativa alle interpretazioni del
"logos" eracliteo e della categoria aristotelica della
"physis" riscontrate nei saggi successivi alla cosiddetta
"svolta" del pensiero di Heidegger.
In Vie d'uscita. L'identità umana come programma stazionario metafisico,
le aporie di una metafisica del fondamento sono affiancate alla dimensione
tecnica della contemporaneità, intesa storicisticamente come epoca del
compimento del nichilismo. Centrale diventa l'idea di un
"essere-alla-vita", categoria che richiama in modo lampante
l'"essere-nel-mondo" di heideggeriana memoria; le questioni
teoretiche vengono così ridotte a questioni etiche riguardanti un'ontologia
minima, ove la filosofia prima si trasformi in filosofia seconda, lasciando il posto
ad un programma metafisico-antropologico di custodia e mantenimento della e
nella propria epoca. L'essere-alla-vita necessita di intendere la cultura come
“endiadi di natura e storia, ma in questa endiadi natura prima ancora che
storia”. Pensare e credere. Tre scritti
cristiani rappresenta un altro orizzonte del pensiero di M.; il rapporto tra
religione rivelata e filosofia si gioca sullo sfondo di una prospettiva
storicista di matrice diltheyana, sebbene non siano esenti dalla riflessione
Hegel, Schelling e la teologia dialettica contemporanea. Interessante è la
prospettiva di una religione come "integrazione" e apertura all'amore
fraterno, configurato nel concetto di "agape". I suoi scritti sono in ogni caso
contrassegnati, com'è tipico della recente scuola di pensiero napoletana, sorta
sulla scia delle dottrine di Croce, da una ripresa di temi propri dello
storicismo (Nietzsche e la storia. Storicità e ontologia della vita). In un dialogo costante con i teologi più
liberali e moderni, quale ad es. Forte, M. si è occupato specificamente dei
temi della bioetica, coniugando il tema della tutela della vita alla ripresa
del concetto di sacralità (Sacralità e vita).
In Opera media ha inoltre messo in luce un talento poetico non
indifferente, che gli è valso l'apprezzamento della critica e diversi
riconoscimenti. Ha composto quattro raccolte di poesie, e pubblicato singoli
componimenti in diverse antologie.Finalista al Premio di poesia “Città di
Vita”, Firenze, e nel 1999 ha vinto il Premio Speciale “La finestra” al Premio
Nazionale di poesia “Alessandro Tanzi” perUn mondo ordinato. Saggi: “Tecnica e metafisica” -- saggio su Heidegger
(Guida, Napoli); “Nietzsche e la storia: ontologia della vita” (Guida, Napoli);
“Storia metafisica ontologia” -- Per una storia della metafisica” (Morano,
Napoli, -- Grice: “What Mazzarella is proposing is what I did for the BBC: a
history of metaphysics; philosophical tutees are too accustomed to ‘history of
philosophy,’ but surely each branch requires a separate history! “storia della
metafisica” does just that!” – “storia della semantica” hardly sounds as sexy,
and “storia della pragmatica” sounds repugnantly academese!” -- “Ermeneutica dell'effettività” -- Prospettive
ontiche dell'ontologia” (Guida, Napoli, -- Grice: “Note that Mazzarella is
exploring the ‘effectivity,’ not the ‘affectivity’ – ex-fecto, not ad-fecto – “Filosofia
e teo-logia” -- di fronte a Cristo (Cronopio,
Napoli); “Sacralità” -- e vita, Quale etica per la bio-etica? (Guida, Napoli); Heidegger
oggi, M., Mulino, Bologna, “Pensare e credere” Morcelliana, Brescia, “Vie
d'uscita. L'identità umana come programma stazionario metafisico” (Melangolo,
Genova); Opera media. Poesie, Melangolo, Genova, Lirica e filosofia,
Morcelliana, Brescia, Vita Politica Valori. Sensibilità individuali e sentire
comunitario, Guida, Napoli, “Anima madre,” Art studio Paparo, Napoli, “L'uomo
che deve rimanere,” Quodlibet, Macerata,. S. Venezia, Nota bio-bibliografica,
in Amato, Catena, Russo, L'ethos teoretico. Scritti in onore di M., Napoli,
Guida, Archivio degli articoli di
Eugenio Mazzarella nel sito "ilsussidario.net". Curriculum vitae,
pubblicazioni e attività di ricerca nel sito dell'Università degli Studi di
Napoli Federico II, su docenti.unina. Grice: “The fact that he calls himself a
Christian has me calling him a NON-PHILOSOPHER!” – Eugenio Mazzarella. Mazzarella.
Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mazzarellla” – The
Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Mazzei: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale – filosofia toscana – filosofia
fiorentina -- -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Poggio a Caiano). Filosofo
italiano. Poggio, Toscana. Grice: “Not every philosopher has a city, ‘Colle,’
named after him!” -- Grice: “I like Mazzei; he is hardly a philosopher, but the
Italians consider among the ‘filosofi italiani,’ – there is a good wine,
“Mazzei,” since Mazzei, when travelling to the Americas, transplanted a grape
from his paese – the descendants still grow it! In oltre, he was influential in the
‘risorgimento’!” -- essential Italian philosopher.Massone e cadetto di una nobile famiglia toscana di
viticoltori, probabilmente risalente all'XI secolo e ancora esistente nel XXI
secolo, fu personaggio energico ed eclettico, illuminista, promulgatore delle
libertà individuali, dei diritti civili e della tolleranza religiosa. Visse una
vita avventurosa e movimentata, con alterne fortune economiche. Sebbene
sia sconosciuto al grande pubblico, partecipò attivamente alla guerra
d'indipendenza americana come agente mediatore all'acquisto di armi per la
Virginia, ed è ritenuto dagli storici uno dei padri della Dichiarazione
d'Indipendenza americana, in quanto intimo amico dei primi cinque presidenti
statunitensi: George Washington, John Adams, James Madison, James Monroe e
soprattutto Thomas Jefferson, di cui fu ispiratore, vicino di casa, socio in
affari e con cui rimase in contatto epistolare fino alla morte. Iniziato
alla Massoneria, fu poi spettatore privilegiato della rivoluzione
francese. La sua figura storica è riemersa alla fine Professoregrazie
all'infittirsi degli studi accademici in occasione del bicentenario della
rivoluzione americana, fino ad essere onorato in occasione del 250º
anniversario della sua nascita nel 1980 con un'emissione filatelica congiunta
speciale delle poste italiane e statunitensi. Dopo gli studi
compiuti tra Prato e Firenze, nel 1752, in seguito a dissapori con il fratello
maggiore Jacopo sulla gestione del patrimonio familiare, si stabilì a Pisa e
poi a Livorno, intraprendendo con successo l'attività di medico. Dopo solo due anni
lasciò la città e si trasferì a Smirne (Turchia) come chirurgo a seguito di un
medico locale. Gunse a Londra dove, dopo un iniziale periodo irto di
difficoltà economiche che lo vide arrangiarsi con l'insegnamento dell'italiano,
riuscì nel corso dei tre lustri successivi ad arricchirsi con il commercio dei
prodotti mediterranei, principalmente del vino, inserendosi lentamente nei
salotti dell'alta borghesia londinese. Una breve parentesi italiana si
concluse con un precipitoso ritorno in Inghilterra, a seguito di una denuncia
al tribunale dell’Inquisizione per “importazione di libri proibiti”.
L'illuminismo e le idee di libertà religiosa che animavano il Mazzei, ben
tollerate nella Londra di fine XVIII secolo, erano ancora tabù nella realtà
italiana. La Rivoluzione americana In questi circoli londinesi Filippo M.
conobbe Franklin e Adams, che da lì a pochi anni sarebbero stati tra i
protagonisti della rivoluzione americana. Le colonie americane si
autogovernavano, perlomeno sulle questioni locali, tramite assemblee di
delegati liberamente eletti dai capifamiglia, e l'ordinamento giuridico era
ispirato al meglio della legislazione inglese, che pure in quegli anni era
probabilmente la più avanzata, garantista e liberale che esistesse.
Invitato dagli amici d'oltreoceano, spinto sia dalla curiosità dell'inedita
forma di governo, ma soprattutto dalla disponibilità di terre e quindi dalla
prospettiva di impiantare nel nuovo mondo coltivazioni mediterranee, Mazzei si
trasferì in Virginia, con al seguito un gruppo di agricoltori toscani. A lui si
unirono anche una vedova Maria Martin, che egli sposò, e l'amico Bellini che
sarebbe divenuto il primo insegnante di italiano in un'università americana, il
College of William and Mary in Virginia. Inizialmente diretto in altro
sito, Mazzei si fermò presso la tenuta di Monticello per incontrare Jefferson,
con il quale già intratteneva rapporti epistolari e vantava amicizie comuni, e
fu da lui convinto a trattenersi in loco, arrivando a cedere circa 0,75 km²
della sua tenuta in favore dell'italiano. Da questa cessione nacque la tenuta
di Colle (il nome deriva da Colle di Val d'Elsa, perché il Mazzei aveva preso
ad esempio la campagna attorno alla città toscana), successivamente ampliata.
Lo univa a Jefferson un sodalizio commerciale, con il primo impianto di una
vigna nella colonia della Virginia, ma soprattutto un sodalizio intellettuale,
frutto di una comune visione politica e di ideali condivisi, che si sarebbe
protratto per oltre 40 anni. Il livello delle frequentazioni americane
trascinò velocemente Mazzei, arrivato con mere intenzioni imprenditoriali,
nella vita politica della ribollente colonia della Virginia. Fu autore di
veementi libelli contro l'opprimente dominazione inglese, inneggianti alla
libertà ed all'uguaglianza. Alcuni di questi scritti furono tradotti in inglese
dallo stesso Jefferson, che rimase influenzato da tali ideali, tanto da
ritrovare successivamente alcune frasi di Mazzei trasposte nella Dichiarazione
d'indipendenza degli Stati Uniti d'America. Eletto speaker dell'assemblea
parrocchiale dopo solo sei mesi dal suo arrivo in Virginia, ebbe modo di
esporre le sue idee sulla libertà religiosa e politica a un vasto oratorio,
composto anche di persone umili e ignoranti, che lo ascoltavano assorte. Un suo
scritto, Instructions of the Freeholders of Albemarle County to their Delegates
in Convention, redatto come istruzioni per i delegati della contea di Albemarle
alla convenzione autoconvocatasi dopo lo scioglimento forzato dell'assemblea
della Virginia imposto dal governatore inglese, fu utilizzato da Jefferson come
bozza per il primo tentativo di scrittura della costituzione dello Stato della
Virginia. La sua affermazione politica seguiva di pari passo i rovesci
economici, perché il clima e il terreno della Virginia non si erano dimostrati
particolarmente graditi a vite e olivo, e nel 1774 un'eccezionale gelata aveva
distrutto buona parte delle stentate coltivazioni impiantate con tanta
fatica. Naturalizzato cittadino della Virginia, volontario delle prime
ore nella guerra d'indipendenza americana, e inviato in Europa da Jefferson e
Madison per cercare prestiti, acquistareo meglio, contrabbandarearmi e ottenere
informazioni politiche e militari utili alla nascente nazione. In questo
periodo scrisse articoli, fece interventi pubblici e cercò di avviare rapporti
commerciali e politici tra gli Stati europei e la Virginia. Per tali servizi fu
ufficialmente retribuito dallo Stato dell Virginia. Rientrato in Virginia,
con suo grande disappunto non fu nominato console. Ricevette I'incarico di
amministratore della contea di Albemarle, ma solo due anni dopo nel 1785 lasciò
per l'ultima volta il suolo americano, mantenendo comunque contatti epistolari
con molti di quelli che sono definiti “padri della patria” statunitensi e in
particolare con Jefferson, che ebbe modo di reincontrare successivamente a
Parigi. Sua moglie rimase fino alla sua morte alla tenuta del Colle, che Mazzei
aveva donato alla figliastra, Margherita Maria Martini e al di lei marito, il
francese Plumard, Comte De Rieux. La Rivoluzione francese e le vicende
europee Targa a Pisa, sulla casa in cui morì/ A Parigi pubblicò una
voluminosa opera in quattro volumi Recherches historiques et politiques sur les
États-Unis de l'Amérique Septentrionale. Si trattava della prima storia della
rivoluzione americana pubblicata in francese. L'opera è tuttora una preziosa
fonte di informazioni sul movimento che innescò la rivoluzione americana.
Il successo del libro e la notorietà delle sue idee, uniti alla costante
attività di propaganda a favore dei neonati Stati Uniti d'America, lo fece
venire in contatto con re Stanislao Augusto di Polonia, illuminato sovrano
liberale, di cui divenne prima consigliere e poi rappresentante a Parigi.
Da questa posizione privilegiata poté seguire la rivoluzione francese, di cui
condannò la deriva giacobina. Preso atto della rovina economica, nel 1791 si
trasferì a Varsavia, assumendo la cittadinanza polacca e contribuendo alla
stesura della costituzione. Dopo un anno passato a Varsavia, a seguito
della spartizione della Polonia nel 1792 rientrò definitivamente in Toscana,
stabilendosi a Pisa. Lì sposa Antonina Tonini, da cui ebbe una figlia,
Elisabetta. E testimone dell'arrivo delle truppe repubblicane francesi a Pisa e
poi della loro cacciata, e fu coinvolto pur senza danni nei successivi processi
intentati dal bargello ai liberali pisani che si riunivano durante la breve
occupazione al Caffè dell'Ussero sul lungarno. Ultimi anni M. visse
quietamente altri 17 anni, dedicandosi ai propri studi di orticoltura e
limitandosi a frequentare una ristretta cerchia di salotti praticati da giovani
liberali, di cui era ispiratore. In conseguenza del dissolvimento della Polonia
operata da Russia e Prussia nel 1795, lo zar Alessandro I si accollò i debiti
della corte polacca e Mazzei poté fruire di un vitalizio. M. rimase sempre
nostalgico della Virginia e dei suoi amici americani, che ne auspicavano il
ritorno e con i quali mai interruppe il contatto epistolare. Nonostante i
ripetuti progetti di un viaggio in America, Mazzei non fu mai capace di
affrontare questa nuova avventura. Ebbe modo di assistere all'ascesa e alla
caduta di Napoleone Bonaparte e scrisse le proprie memorie, pubblicate nel
1848, oltre trent'anni dopo la sua morte a Pisa. Saggi: “Stanislao Re di Polonia” (Roma:
Istituto storico italiano per l'età moderna e contemporanea); “Ricerche
storiche sull’America” (Firenze, Ponte
alle Grazie); “Memorie” Gino Capponi, Lugano, Tip. della Svizzera Italiana); “Del
commercio della seta fatto in Inghilterra dalla Compagnia delle Indie
Orientali” S. Gelli, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano); “Le
istruzioni per i delegati alla convenzione” (Firenze, Morgana); “Opere di suor
Margherita Marchione “Scelta di scritti e lettere,”“Agente di Virginia durante
la rivoluzione americana” “Agente del Re di Polonia durante la Rivoluzione
Francese”“La vita avventurosa di M,” Cassa di Risparmi e Depositi, Prato. Marchione
Margherita: La vita avventurosa Marchione Margherita, Curiosità.A inizio degli
anni 2000, fra alcuni intellettuali toscani appassionati della sua figura è
circolata la speculazione che Mazzei potrebbe aver ispirato persino la bandiera
statunitense, adottata dal Congresso un
anno dopo la Dichiarazione d'Indipendenza. La suggestione nasce dall'importanza
che l'alternanza dei colori rosso e bianco ha nell'araldica toscana e non solo
e di cui un esempio famoso è l'insegna di Ugo di Toscana. Potrebbe forse aver
discusso anche di araldica con gl’americani. Le radici storiche della bandiera
americana sono, in realtà, nella Grand Union Flag. In suo ricordo è stato
istituito il premio The Bridge. La cerimonia è stata istituita a Roma per
celebrare un toscano che insieme ai padri costituenti degli Stati Uniti
d'America da vita alla stesura della dichiarazione d'indipendenza. Sua era la
frase. Tutti gli uomini sono per natura liberi ed indipendenti. Russo, Nasce a
Firenze un museo che racconta la massoneria, in La Repubblica, Firenze,
Riferito al museo dedicato alla storia della Massoneria in Italia. Premio. Dalla Toscana all'America: il suo contributo,
Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, Becattini Massimo, Mercante
italiano a Londra, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano, Bolognesi
Andrea, L. Corsetti, L. Stadio, Mostra di cimeli e scritti, catalogo della
mostra a cura di, Poggio a Caiano, palazzo Comunale, Comune di Poggio a Caiano.
Camajani Guelfo Guelfi, un illustre Toscano: medico, agricoltore, scrittore,
giornalista, diplomatico, Firenze, Associazione Toscani, Ciampini Raffaele,
Lettere alla corte di Polonia Bologna: N. Zanichelli, Corsetti Luigi, Gradi
Renzo, Avventuriero della Libertà, con scritti di Marchione e Tortarolo, Poggio
a Caiano, C.I.C. Associazione Culturale "Ardengo Soffici", Di Stadio
Luigi, Tra pubblico e privato. Raccolta di documenti inediti, Poggio a Caiano,
Biblioteca Comunale di Poggio a Caiano, Fazzini Gianni, "Il gentiluomo dei
tre mondi", Roma: Gaffi, Gerosa Guido, Il fiorentino che fece l'America.
Vita e avventure Milano, Sugar, Gradi Renzo, Un bastimento carico di Roba
bestie e uomini in un manoscritto, Poggio a Caiano, Comune di Poggio a Caiano,
Gradi Renzo, Parigi: Scritti e memorie, Comune di Poggio a Caiano, Giovanni,
Figure dimenticate dell'indipendenza, Francesco Vigo, Roma: Il Veltro, Giancarlo,
Iacopo, L'America fu concepita a Firenze, Firenze: Bonechi,Tognetti Burigana
Sara, Tra riformismo illuminato e dispotismo napoleonico; esperienze del
cittadino americano, Roma, Edizioni di Storia e letteratura, Tortarolo Edoardo,
Illuminismo e Rivoluzioni. Biografia politica di M., Milano, Angeli, Łukaszewicz,
M., Mazzini; saggi sui rapporti italo-polacchi Abolizionismo Rivoluzione
americana Rivoluzione francese Franklin Henry Jefferson Mason Monroe William
Paca Stanisław August Poniatowski Padri fondatori degli Stati Uniti d'America
Italo-Americani Dichiarazione d'indipendenza degli Stati Uniti. Treccani Enciclopedie
on line, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
Enciclopedia Italiana, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario biografico
degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana su
siusa.archivi.beniculturali, Sistema Informativo Unificato per le
Soprintendenze Archivistiche. Jefferson, e Vigo (video), su youtube. com.
Jefferson Encyclopedia, su monticello. org. Il circolo Filippo Mazzei Pisa, su
circolo filippomazzei. net. M., chi era
costui?, su mltoscana. blogspot.com. Clan Libertario Toscano M., su mltoscana. blogspot.com.
Il circolo Filippo Mazzei, su geocities. com. Carteggio Thomas Jefferson M. I
processi contro ed i liberali pisani, su
idr.unipi. Monticello the home of Thomas Jefferson, su monticello.org. famous americans. net. Another Site about P.Mazzei and
other famous Italian American, su Cleveland memory.org. M.,
Thomas Jefferson e gli scultori carraresi per la costruzione del Campidoglio
degli Stati Uniti di Nicola Guerra su farefuturofondazione. premio Filippo mazzei.
com. Memorie della
vita e delle peregrinazioni del fiorentino. Grice:
“The more Italian historians of philosophy, in their pretentiously and fake
patriotic prose, keep referring to this or that as ‘un illustre toscano’, the
less I am leaned to see Mazzei as ITALIAN at all!” – Paeseism with a
vengeance!” – Grice: “As a Brit, I find Mazzei a traitor – to his country, and
to mine!” -- Filippo Mazzei. Mazzei. Keywords: implicature, mazzei wine, vino mazzei, la
rivoluzione del nuovo mondo. Refs.: Luigi Speranza, "Grice e Mazzei,"
per il Club Anglo-Italiano, The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria,
Italia.
Luigi Speranza -- Grice e Mazzini: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale – la giovine italia – la scuola
di Genova -- filosofia ligure -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Genova). Filosofo ligure. Filosofo italiano. Genova, Liguria. Grice:
“Of course it is difficult for an Italian philosopher to approach the
philosophy of Mazzini cooly; it would be like me approaching the philosophy of
Horatio Nelson!” – Grice: “I’ve found ‘Il pensiero filosofico di Giuseppe
Mazzini’ quite helpful – the equivalent would be the pretentious sounding, “The
philosophical thought of Sir Winston Churchill,’ say!” -- Grice: “Luigi Speranza loves to cherish the
fact that an old street in Woolwich, of all places, is named after him, in a way
‘Speranza,’ just because Garibaldi visited!” Grice: “Luigi Speranza also
cherishes the fact that Lady Wilde preferred ‘Speranza’ just to defend
Mazzini!” Esponente di punta del patriottismo
risorgimentale, le sue idee e la sua azione politica contribusceno in maniera
decisiva alla nascita dello STATO UNITARIO ITALIANO. Le condanne subite in
diversi tribunali d'Italia lo costringeno però alla latitanza fino alla morte.
Le teorie mazziniane sono di grande importanza nella definizione dei moderni
movimenti europei per l'affermazione della democrazia attraverso la forma
repubblicana dello stato. Nacque a Genova, allora capoluogo dell'omonimo
dipartimento francese costituito da parte del regime di Bonaparte. Il padre,
Giacomo, e medico e docente universitario d'anatomia originario di Chiavari,
una cittadina del Tigullio all'epoca capoluogo del dipartimento francese degli
Appennini, successivamente parte della provincia di Genova, figura
politicamente attiva nella scena pubblica locale, sia durante l'epoca della
precedente repubblica ligure, sia, in tempi successivi, dell'Impero
napoleonico. Alla madre, Maria Drago, una fervente giansenista originaria di Pegli,
un comune autonomo, accorpato nel comune di Genova, fu molto legato per tutta
la vita. Affettuosamente chiamato "Pippo" dalla famiglia, una volta
terminati gli studi superiori presso il cittadino Liceo classico Cristoforo
Colombo, si iscrisse a Genova. Si segnala per la sua ribellione ai regolamenti
di stampo religioso che imponeno di andare a messa e di confessarsi. E arrestato
perché, proprio in chiesa, si rifiuta di lasciare il posto a un generale
austriaco. Lo appassiona la letteratura: si innamorò delle letture di Goethe,
Shakespeare e Foscolo (pur senza condividerne la filosofia materialista),
restando così colpito dalle Ultime lettere di Jacopo Ortis da volersi vestire
sempre di nero, in segno di lutto per la patria oppressa. La passione per
la letteratura, insieme a quella per la musica (e un abile suonatore di
chitarra), la ha per tutta la vita:
oltre agli autori citati, lesse Dante, Schiller, Alfieri, i grandi poeti
romantici come Byron, Shelley, Keats, Wordsworth, Coleridge e i narratori come Dumas
padre e le sorelle Brontë. Ha il suo trauma rivelatore. Al passaggio a Genova
dei federati piemontesi reduci dal loro tentativo di rivolta, si affacciò in
lui il pensiero che si puo, e quindi si deve, lottare per la libertà della
patria. Cominciò ad esercitare la professione nello studio di un avvocato, ma
l'attività che lo impegnava era quella di giornalista presso l'Indicatore
genovese, sul quale inizia a pubblicare recensioni di saggi patriottici. La
censura lascia fare per un po', ma poi soppresse il giornale. Compone il
saggio, “Dell'amor patrio d’Aligheri”. Ottenne la laurea “in utroque iure”.
Entra nella carboneria, della quale divenne segretario in Valtellina. Ho
a lottare con il più grande dei soldati, Napoleone. Giunsi a mettere d'accordo
tra loro imperatori, re e papi. Nessuno mi dette maggiori fastidi di un
brigante italiano: magro, pallido, cencioso, ma eloquente come la tempesta,
ardente come un apostolo, astuto come un ladro, disinvolto come un commediante,
infaticabile come un innamorato, il quale ha nome: Giuseppe M.. (Klemens von
Metternich, Memorie ed. Bonacci). Per la sua attività cospirativa e arrestato
su ordine di Felice di Savoia e detenuto a Savona nella Fortezza del Priamar.
Durante la detenzione idea e formula il programma di un nuovo movimento
politico chiamato “Giovine Italia” che, dopo essere stato liberato per mancanza
di prove, presenta e organizzò a Marsiglia dove e costretto a rifugiarsi in
esilio. I motti dell'associazione erano Dio e popolo e unione, forza e libertà
e il suo scopo era l'unione degli stati italiani in un'unica repubblica con un
governo centrale quale sola condizione possibile per la liberazione del popolo
italiano dagli invasori stranieri. Il progetto federalista infatti, poiché senza
unità non c'è forza, ha fatto dell'Italia una nazione debole, naturalmente
destinata a essere soggetta ai potenti stati unitari a lei vicini. Il
federalismo inoltre avrebbe reso inefficace il progetto risorgimentale, facendo
rinascere quelle rivalità municipali, ancora vive, che avevano caratterizzato
la peggiore storia dell'Italia medioevale. L'obiettivo repubblicano e
unitario avrebbe dovuto essere raggiunto con un'insurrezione popolare condotta
attraverso una guerra per bande. Durante l'esilio in Francia, ha una relazione
con la nobildonna repubblicana Giuditta Bellerio Sidoli, vedova di Giovanni
Sidoli, ricco patriota di Montecchio Emilia. Giuditta aveva condiviso con il
marito la fede politica che, portandolo a cospirare contro la corte estense,
aveva costretto la coppia a esiliare in Svizzera. Colpito da una grave malattia
polmonare, muore a Montpellier. Poiché la vedova non aveva ricevuto alcuna
condanna, ritorna a Reggio Emilia presso la famiglia del marito con i suoi
quattro figli: Maria, Elvira, Corinna e Achille. Dopo il fallimento dei moti
dove fuggire in Francia dove conobbe Mazzini a cui si legò sentimentalmente. Dopo
il vano tentativo del 1831 di portare dalla parte liberale il nuovo re Carlo
Alberto di Savoia con la celebre lettera firmata "un italiano",
insieme a Berghini e Barberis, M. fu condannato in contumacia a "morte
ignominiosa" dal Consiglio Divisionario di Guerra, presieduto dal maggior
generale Saluzzo Lamanta. La condanna venne poi revocata nel 1848, quando Carlo
Alberto decise di concedere un'amnistia generale. Rifugiatosi nella cittadina svizzera di Grenchen, nel
canton Soletta, vi rimase sino a quando fu arrestato dalla polizia cantonale
che gli ingiunse di lasciare la Confederazione entro 24 ore. Per impedirne
l'allontanamento l'assemblea dei cittadini di Grenchen conferì al giovane profugo
la cittadinanza con 122 voti a favore e 22 contrari, invalidata però dal
governo cantonale. Mazzini, nascostosi nel frattempo, fu scoperto e dovette
lasciare la Svizzera assieme ad altri esuli, tra i quali Agostino e Giovanni
Ruffini. Comincia il lungo soggiorno a Londra, dove M. raccolse attorno a
sé esuli italiani e persone favorevoli al repubblicanesimo in Italia,
dedicandosi, per vivere, all'attività di insegnante dei figli degli italiani;
qui conobbe e frequentò anche diverse personalità inglesi, tra cui Mary Shelley
(vedova del poeta P.B. Shelley), Anne Isabella Milbanke (vedova di Lord Byron,
idolo di gioventù di M.), il filosofo ed economista John Stuart Mill, Thomas
Carlyle e sua moglie Jane Welsh, lo scrittore Charles Dickens, che finanziò la
sua scuola. Il poeta decadente Algernon Swinburne gli dedicò Ode a Mazzini.
Nello stesso quartiere di M. visse anche Marx. Durante il soggiorno
londinese M. ebbe una lunga relazione di amicizia con la famiglia Craufurd,
documentata da copiosa corrispondenza epistolare. Sempre a Londra ebbe rapporti
con la famiglia di Ashurst e con il genero di questi, il politico Stansfeld, la
cui consorte Caroline Ashurst Stansfeld e sostenitrice della società
"Society of the Friends of Italy". Per la causa dell'unificazione
italiana M. collaborò anche con il secolarista George Holyoake. Fondò poi
altri movimenti politici per la liberazione e l'unificazione di vari stati
europei: la Giovine Germania, la Giovine Polonia e infine la Giovine Europa.
Quest'ultima, fondata a Berna in accordo con altri rivoluzionari stranieri,
aveva tra i suoi principi ispiratori la costituzione degli Stati Uniti
d'Europa. In questa occasione Mazzini estese dunque il desiderio di libertà del
popolo italiano (che si sarebbe attuato con la repubblica) a tutte le nazioni
europee. L'associazione rivoluzionaria europea aveva come scopo specifico
l'agire dal basso in modo comune e, usando strumenti insurrezionali e
democratici, realizzare nei singoli stati una coscienza nazionale e
rivoluzionaria. Sulla scia della Giovine Europa M. fonda anche l'Alleanza
Repubblicana Universale. Il movimento della Giovine Europa ebbe anche un
forte ruolo di promozione dei diritti della donna, come testimonia l'opera di
numerose mazziniane, tra cui la citata Bellerio Sidoli, ma anche Cristina
Trivulzio di Belgiojoso e Saffi, la moglie di Saffi, uno dei più stretti
collaboratori di M. e suo erede per quanto riguarda il mazzinianesimo politico.
M. continuò a perseguire il suo obiettivo dall'esilio e tra le avversità con
inflessibile costanza, convinto che questo fosse il destino dell'Italia e che
nessuno avrebbe potuto cambiarlo. Tuttavia, nonostante la sua perseveranza,
l'importanza delle sue azioni fu più ideologica che pratica. Dopo il
fallimento dei moti del 1848, durante i quali M. era stato a capo della breve
Repubblica Romana insieme ad Aurelio Saffi e Carlo Armellini, i nazionalisti
italiani cominciarono a vedere nel re del Regno di Sardegna e nel suo Primo
Ministro Camillo Benso conte di Cavour le guide del movimento di
riunificazione. Ciò volle dire separare l'unificazione dell'Italia dalla
riforma sociale e politica invocata da M.. Cavour fu abile nello stringere
un'alleanza con la Francia e nel condurre una serie di guerre che portarono
alla nascita dello STATO ITALIANO ma la natura politica della nuova compagine
statale era ben lontana dalla repubblica mazziniana. A Londra per reagire
alla caduta della Repubblica Romana e in continuità con essa, M. fonda il Comitato Centrale Democratico Europeo
e il Comitato Nazionale Italiano, lanciando il Prestito Nazionale Italiano, le
cui cartelle portavano appunto lo stemma della Repubblica romana e
l'intitolazione del prestito «diretto unicamente ad affrettare l'indipendenza e
l'unità d'Italia». A garanzia del prestito le cartelle recavano la firma degli
ex triumviri Mazzini, Saffi e, in assenza dell'irreperibile Armellini, Mattia
Montecchi. La diffusione delle cartelle nel Lombardo-Veneto ebbe come immediata
conseguenza la ripresa dell'attività cospirativa e rivoluzionaria, soprattutto
a Mantova.. Messina fu chiamata al voto per eleggere i suoi deputati al
nuovo parlamento di Firenze. M. era candidato, nel secondo collegio, ma non
poté fare campagna elettorale perché esule a Londra. Pendevano sul suo capo due
condanne a morte: una inflitta dal tribunale di Genova per i moti (in primo
grado e in appello); un'analoga condanna a morte era stata inflitta dal
tribunale di Parigi per complicità in un attentato contro Napoleone III.
Inaspettatamente, M. vinse con larga messe di voti (446). Dopo due giorni di
discussione, la Camera annullava l'elezione in virtù delle condanne
precedenti. Il letto di morte di M., distrutto dagli aerei degli
Stati Uniti durante il bombardamento di Pisa. Maschera mortuaria di M., gesso,
Domus Mazziniana, Pisa Due mesi dopo gli elettori del secondo collegio di
Messina tornarono alle urne: vinse di nuovo M. La Camera, dopo una nuova
discussione, il 18 giugno riannullò l'elezione. IM. viene rieletto una terza
volta; dalla Camera, questa volta, arrivò la convalida. Mazzini, tuttavia,
anche nel caso fosse giunta un'amnistia o una grazia, decise di rifiutare la
carica per non dover giurare fedeltà allo Statuto Albertino, la costituzione
dei monarchi sabaudi. Egli infatti non accettò mai la monarchia e continuò a
lottare per gli ideali repubblicani. Lascia Londra e si stabilì in
Svizzera, a Lugano. Due anni dopo furono amnistiate le due condanne a morte
inflitte al tempo del Regno di Sardegna: Mazzini quindi poté rientrare in
Italia e, una volta tornato, si dedicò subito all'organizzazione di moti
popolari in appoggio alla conquista dello Stato Pontificio. L'11 agosto partì
in nave per la Sicilia, ma il 14, all'arrivo nel porto di Palermo, fu tratto in
arresto (la quarta volta nella sua vita) e recluso nel carcere militare di
Gaeta. Partito da Basilea e in viaggio nel passo del San Gottardo, conobbe
in una carrozza Nietzsche, allora poco conosciuto filologo e docente. Questo
incontro sarà testimoniato dallo stesso Nietzsche anni dopo. Costretto di
nuovo all'esilio, riuscì a rientrare in Italia sotto il falso nome di Giorgio
Brown (forse un riferimento a John Brown) a Pisa. Qui, malato già da tempo,
visse nascosto nell'abitazione di Pellegrino Rosselli, antenato dei fratelli
Rosselli e zio della moglie di Nathan, fino al giorno della sua morte, avvenuta
quando la polizia stava ormai per arrestarlo nuovamente. Traversie della
salma M. morente, Silvestro Lega La notizia della sua morte si diffuse
rapidamente, commuovendo l'Italia; il suo corpo fu imbalsamato dallo scienziato
Paolo Gorini, appositamente fatto accorrere da Lodi su incarico di Bertani:
Gorini disinfettò la salma per permettere l'esposizione. Una folla immensa
partecipò ai funerali, svoltisi nella città toscana il pomeriggio del 14 marzo,
accompagnando il feretro al treno in partenza per Genova, dove venne sepolto al
Cimitero monumentale di Staglieno. Le esequie furono accompagnate dalla
musica della storica Filarmonica Sestrese C. Corradi G. Secondo.
Successivamente Gorini ricominciò a lavorare sul corpo di M., onde
pietrificarlo secondo la sua tecnica di mummificazione; terminò il lavoro
qualche anno dopo. Avvenne la ricognizione della mummia, che fu sistemata ed
esposta al pubblico in occasione della nascita della Repubblica Italiana: da
allora riposa nuovamente nel sarcofago del mausoleo. Mausoleo Benché sia
incerta l'affiliazione di M. alla Massoneria fu l'associazione stessa a
commissionare il mausoleo all'architetto mazziniano Grasso che lo realizzò in
stile neoclassico adornandolo con alcuni simboli massonici. Il sepolcro
reca all'esterno la scritta “M” e all'interno sono presenti numerose bandiere
tricolori repubblicane e iscrizioni lasciate da gruppi mazziniani o da
personalità come Carducci. Sulla lapide è scolpita la scritta "M.. Un
Italiano" che era la firma da lui apposta nella lettera a Carlo Alberto, e
l'epitaffio: «Il corpo a Genova, il nome ai secoli, l'anima all'umanità. Testimonianze
di alcuni personaggi storici e una corrispondenza dello stesso M., citati
nell'opera dello studioso Luigi Polo Friz fanno ritenere che verosimilmente M.,
a differenza di altri celebri personaggi dell'epoca, come Garibaldi, non sia
mai stato affiliato alla massoneria, anche se questa ha ripreso molti degli
ideali mazziniani, simili ai suoi. La principale obbedienza italiana,
l'unica attiva all'epoca di Mazzini in Italia, il Grande Oriente d'Italia,
afferma l'impossibilità di provare l'appartenenza di Mazzini, che pure ebbe
influenza nella società, anche se non partecipò mai alla vita
dell'associazione, occupato com'era nella causa della "sua" società
segreta, la Giovine Italia. In effetti M. fu carbonaro, ma la Carboneria fu
presto distinta dalla massoneria. Montanelli afferma invece che probabilmente
Mazzini fu massone. Dello stesso parere è Massimo Della Campa, che in una
"Nota su Mazzini" fa riferimento al libro dell'ex-Gran Maestro del
grande Oriente d'Italia Giordano Gamberini, Mille volti di massoni (Erasmo,
Roma), che a119 scrive a proposito di M.: «Iniziato a Genova, secondo G.
Fazzari e F. Borsari (Luce e concordia). Ricevette dal Fr. Passano il 32° grado
del R.S.A.A., necessario per corrispondere in Carboneria al livello di Vendita
Suprema, nelle carceri di Savona. Con decreto del S. C. di Palermo ricevette
l'aumento di luce al 33° grado e la qualifica di membro onorario del medesimo
Supremo Consiglio. Fu membro onorario delle LL. Lincoln di Lodi e Stella
d'Italia di Genova. Scrivendo a Logge, Corpi rituali e Fratelli usò sempre i
segni massonici. Nessun contemporaneo mise mai in dubbio l'appartenenza di M.
alla Massoneria.» M. stesso sembrerebbe però smentire la sua
partecipazione all'associazione in una lettera al massone Campanella, Sovrano
Gran Commendatore del Supremo Consiglio del Rito scozzese antico ed accettato
di Palermo, in cui, restituendogli le carte che questi gli aveva fatto
recapitare scriveva. La Massoneria accettando da anni e anni ogni uomo, senza
dichiarazioni d'opinioni politiche, s'è fatta assolutamente inutile a ogni
scopo nazionale. Per farne qualche cosa bisognerebbe prima una misura
d'eliminazione ed una di revisione delle file, poi una formula nazionale o
politica per l'iniziazione... Chi vuol intendere intenda. La patria è la casa
dell'uomo, non dello schiavo – M. Ai giovani d'Italia) Per comprendere a pieno
la dottrina politica di Mazzini bisogna rifarsi al pensiero religioso che
ispira il periodo della Restaurazione seguito alla caduta dell'impero
napoleonico. Nasce allora una nuova concezione della storia che smentiva quella
degli illuministi basata sulla capacità degli uomini di costruire e guidare la
storia con la ragione. Le vicende della Rivoluzione francese e il periodo
napoleonico avevano dimostrato che gli uomini si propongono di perseguire alti
e nobili fini che s'infrangono dinanzi alla realtà storica. Il secolo dei lumi
era infatti tramontato nelle stragi del Terrore e il sogno di libertà nella
tirannide napoleonica che, mirando alla realizzazione di un'Europa al di sopra
delle singole nazioni, aveva determinato invece la ribellione dei singoli
popoli proprio in nome del loro sentimento di nazionalità. Secondo questa
visione romantica dunque la storia non è guidata dagli uomini ma è Dio che
agisce nella storia; esisterebbe dunque una Provvidenza divina che s'incarica
di perseguire fini al di là di quelli che gli uomini si propongono di
conseguire con la loro meschina ragione. Da questa concezione romantica della
storia, intesa come opera della volontà divina si promanano due visioni
contrapposte: una è la prospettiva reazionaria che vede nell'intervento di Dio
nella storia una sorta di avvento di un'apocalisse che metta fine alla storia
degli uomini. Napoleone I è stato, con le sue continue guerre,
l'Anticristo di questa apocalisse: Dio segnerà la fine della storia malvagia e
falsamente progressiva e allora agli uomini non rimarrà che volgersi al passato
per preservare e conservare quanto di buono era stato realizzato. Si cercherà
dunque in ogni modo di cancellare tutto ciò che è accaduto dalla Rivoluzione a
Napoleone restaurando il passato. La concezione reazionaria contro cui M.
combatté strenuamente assume un aspetto politico-religioso che troviamo nel
pensiero di Chateaubriand che nel Génie du christianisme (Genio del
Cristianesimo) attaccava le dottrine illuministiche prendendo le difese del
cristianesimo e soprattutto nell'ideologia mistica teocratica di Joseph de
Maistre, che arriva nell'opera Du pape (Il papa) al punto di auspicare un ritorno dell'alleanza
tra il trono e l'altare riproponendo il modello delle comunità medioevali
protette dalla religione tradizionale contro le insidie del liberalismo e del
razionalismo. Un'altra prospettiva, che nasce paradossalmente dalla stessa
concezione della storia guidata dalla divinità, è quella che potremo definire
liberale che vede nell'azione divina una volontà diretta, nonostante tutto, al
bene degli uomini escludendo che nei tempi nuovi ci sia una sorta di vendetta
di Dio che voglia far espiare agli uomini la loro presunzione di creatori di
storia. È questa una visione provvidenziale, dinamica della storia che troviamo
in Saint Simon con la concezione di un nuovo cristianesimo per una nuova
società o in Lamennais che vede nel cattolicesimo una forza rigeneratrice della
vita sociale. Una concezione progressiva quindi che è presente in Italia
nell'opera letteraria di Manzoni e nel pensiero politico di Gioberti con il
progetto neoguelfo e nell'ideologia mazziniana. Concezione mazziniana
«Costituire l'Italia in Nazione Una, Indipendente, Libera, Repubblicana – M., Istruzione generale per gli affratellati nella
Giovine Italia) Magnifying glass icon mgx2.svg Mazzinianesimo. Dio e popolo
«Noi cademmo come partito politico. Dobbiamo risorgere come partito religioso.
L'elemento religioso è universale, immortale: universalizza e collega. Ogni
grande rivoluzione ne serba impronta, e lo rivela nella propria origine o nel
fine che si propone. Per esso si fonda l'associazione. Iniziatori d'un nuovo
mondo, noi dobbiamo fondare l'unità morale, il cattolicismo Umanitario. Il
pensiero politico mazziniano deve dunque essere collocato in questa temperie di
romanticismo politico-religioso che dominò in Europa dopo la rivoluzione ma che
era già presente nei contrasti al Congresso di Vienna tra gli ideologi che
proponevano un puro e semplice ritorno al passato prerivoluzionario e i
cosiddetti politici che pensavano che bisognasse operare un compromesso con
l'età trascorsa. Alcuni storici hanno fatto risalire la concezione
religiosa di M. all'educazione ricevuta dalla madre fervente giansenista
(almeno fino agli anni '40 fa spesso riferimenti biblici ed evangelici) o ad
una vicinanza ideale col protestantesimo e le chiese riformate ma, secondo
altri, la visione religiosa di Mazzini non coinciderebbe con quella di nessuna
religione rivelata. Il personale concetto mazziniano di Dio, che per alcuni
tratti è avvicinabile al deismo settecentesco, con evidenti influssi della
religiosità civica e preromantica di Rousseau, per altri versi al Dio
panteistico degli stoici, è alla base di una religiosità che tuttavia esige la
laicità dello Stato (questo nonostante la dichiarata contraddizione poiché se,
come egli crede, politica e religione coincidono, non avrebbe senso separare la
sua concezione teologica da quella politica e l'assenza di intermediari tra Dio
e il popolo. Per ciò e per il ruolo avuto nella storia umana e italiana, define
il papato la base d'ogni autorità tirannica. Un altro influsso sulla sua
concezione religiosa è stato visto nella considerazione che ha per la religione
CIVILE di ispirazione ROMANA e per l'ammirazione verso la prima Roma, antica e
pagana, che passando per la seconda Roma, cristiana e medievale, prepara il
campo alla terza Roma future. Un mito questo, romantico-neoclassico, che e
fatto proprio da Carducci e poi dal fascismo, con il filosofo Ricci -- e dalla
massoneria con l'esoterista Reghini e avvicina il mazzinianesimo anche al culto
massonico del Grande Architetto dell'Universo. In realtà rifiuta non solo
l'ateismo (è questa una delle divisioni ideologico-teoriche che egli ebbe con
altri repubblicani come Pisacane) e il materialismo L'ateismo, il materialismo
non hanno, sopprimendo Dio, una legge morale superiore per tutti e sorgente del
Dovere per tutti...»), ma anche il trascendente, in favore dell'immanente: egli
crede nella reincarnazione, per poter migliorare di continuo il mondo e
migliorare sé stessi. Una concezione questa tratta probabilmente da Platone o
dalle religioni orientali come l'induismo e il buddismo, religioni alle quali
Mazzini si era interessato. Come altri patrioti, letterati, rivoluzionari delle
società segrete francesi, inglesi e italiane Mazzini vide nell'abate calabrese
Gioacchino da Fiore, l'autore di una profezia riguardante l'avvento della Terza
Età o Età dello Spirito Santo quando sarebbe sorta la Terza Italia che sarebbe
rinata, libera dalle dominazioni straniere, come la nazione che avrebbe
esercitato un primato sulle altre per la presenza della Chiesa cattolica: tema
questo poi ripreso da Gioberti nel suo Primato morale e civile degli
Italiani. M. ebbe grande interesse per Gioacchino tanto da volergli
dedicare un trattato rimasto inedito Joachino, appunti per uno studio storico
sull'abate Gioacchino], che considerava un suo precursore per gli ideali
sociali e politici da realizzare tramite un'unità spirituale e storica.
Religione civile La sua è stata anche definita una religione civile dove la
politica svolgeva il ruolo della fede e dove la divinità si incarna in modo
panteista nell'Universo e nell'Umanità stessa, che attua la Legge che nel
Progresso si rivela. Egli afferma di credere che Dio è Dio, e l'Umanità è il
suo Profeta, che il popolo romano è immagine di Dio sulla terra e vi è«un Dio solo,
autore di quanto esiste, Pensiero vivente, assoluto, del quale il nostro mondo
è raggio e l'Universo una incarnazione. Per lui non conta che la sua intima
credenza sia razionale o no, come il Dio di Voltaire e Newton che è invocato
come la causa prima dell'ordine naturale, poiché «Dio esiste. Noi non dobbiamo
né vogliamo provarvelo: tentarlo, ci sembrerebbe bestemmia, come negarlo,
follia. Dio esiste, perché noi esistiamo» anche se, specifica, «l'universo lo
manifesta con l'ordine, con l'armonia, con l'intelligenza dei suoi moti e delle
sue leggi. E altresì convinto che fosse ormai presente nella storia un nuovo
ordinamento divino nel quale la lotta per raggiungere l'unità nazionale
assumeva un significato provvidenziale. «Operare nel mondo significava per il M.
collaborare all'azione che Dio svolgeva, riconoscere ed accettare la missione
che uomini e popoli ricevono da Dio. Per questo bisogna «mettere al centro
della propria vita il dovere, senza speranza di premio, senza calcoli di
utilità. Quello di M. era un progetto politico, ma mosso da un imperativo
religioso che nessuna sconfitta, nessuna avversità avrebbe potuto indebolire.
«Raggiunta questa tensione di fede, l'ordine logico e comune degli avvenimenti
veniva capovolto; la disfatta non provocava l'abbattimento, il successo degli
avversari non si consolidava in ordine stabile.». La storia dell'umanità dunque
sarebbe una progressiva rivelazione della Provvidenza divina che, di tappa in
tappa, si dirige verso la meta predisposta da Dio. Esaurito il compito
del Cristianesimo, chiusasi l'era della Rivoluzione francese ora occorreva che
i popoli prendessero l'iniziativa per «procedere concordi verso la meta fissata
al progresso umano». Ogni singolo individuo, come la collettività, tutti devono
attuare la missione che Dio ha loro affidato e che attraverso la formazione ed
educazione del popolo stesso, reso consapevole della sua missione, si
realizzerà attraverso due fasi: Patria e Umanità. Patria e umanità
Targa in onore di M. sulla casa londinese Senza una patria libera nessun popolo
può realizzarsi né compiere la missione che Dio gli ha affidato; il secondo
obiettivo sarà l'Umanità che si realizzerà nell'associazione dei liberi popoli
sulla base della comune civiltà europea attraverso quello che Mazzini chiama il
banchetto delle Nazioni sorelle. Un obiettivo dunque ben diverso da quella
confederazione europea immaginata da Napoleone dove la Francia avrebbe
esercitato il suo primato egemonico di Grande Nation. La futura unità
europea non si realizzerà attraverso una gara di nazionalismi ma attraverso una
nobile emulazione dei liberi popoli per costruire una nuova libertà. Il
processo di costruzione europea, secondo M., doveva svolgersi prima di tutto
attraverso l'affermazione delle nazionalità oppresse, come quelle facenti parte
dell'Impero asburgico, e poi anche di quelle che non avevano ancora raggiunto
la loro unità nazionale. Iniziativa italiana In questo processo unitario
europeo spetta all'Italia un'alta missione: quella di riaprire, conquistando la
sua libertà, la via al processo evolutivo dell'Umanità: la redenzione nazionale
italiana apparirà improvvisa come una creazione divina al di fuori di ogni
inutile e inefficace metodo graduale politico diplomatico di tipo cavouriano.
L'iniziativa italiana che avverrà sulla base della fraternità tra i popoli e
non rivendicando alcuna egemonia, come aveva fatto la Francia, consisterà
quindi nel dare l'esempio per una lotta che porterà alla sconfitta delle due
colonne portanti della reazione, di quella politica dell'Impero Asburgico e di
quella spirituale della Chiesa cattolica. Raggiunti gli obiettivi primari
dell'unità e della Repubblica attraverso l'educazione e l'insurrezione del
popolo, espressi dalla formula di Pensiero ed azione, l'Italia darà quindi il
via a questo processo di unificazione sempre più vasta per la creazione di una
terza civiltà formata dall'associazione di liberi popoli. Funzione della
politica Il mausoleo di M. nel cimitero monumentale di Staglieno,
realizzato dall'architetto mazziniano Grasso. La politica è scontro tra libertà
e dispotismo e tra queste due forze non è possibile trovare un
compromesso: si sta svolgendo una guerra di principi che non ammette
transazioni; M. esorta la popolazione a non accontentarsi delle riforme che
erano degli accomodamenti gestiti dall'alto: non radicavano, cioè, nello
spirito del tempo quella libertà e quell'uguaglianza di cui il popolo aveva
bisogno. La logica della politica è logica di democrazia e libertà, non
accettabili dalle forze reazionarie; contro di esse è necessaria una brusca
rottura rivoluzionaria: alla testa del popolo vi dovrà essere la classe colta
(che non può più sopportare il giogo dell'oppressione) e i giovani (che non possono
più accettare le anticaglie dell'antico regime). Questa rivoluzione deve
portare alla Repubblica, la quale garantirà l'istruzione popolare. La
rivoluzione, che è anche pedagogico strumento di formazione di virtù personali
e collettive, deve iniziare per ondate, accendendo focolai di rivolta che
incitino il popolo inconsapevole a prendere le armi. Una volta scoppiata la
rivoluzione si dovrà costituire un potere dittatoriale (inteso come potere
straordinario alla maniera dell'Antica Roma, non come tirannide) che gestisca
temporaneamente la fase post-rivoluzionaria. Il governo verrà restituito al
popolo non appena il fine della rivoluzione verrà raggiunto, il prima
possibile. La Giovane Italia deve educare alla gestione della cosa
pubblica, ad essere buoni cittadini, non è, perciò, esclusivamente uno
strumento di organizzazione rivoluzionaria. Il popolo deve avere diritti e
doveri, mentre la rivoluzione francese si è concentrata esclusivamente sui
diritti individuali: fermandosi ai diritti dell'individuo aveva dato vita ad
una società egoista; l'utile per una società non va mai considerato secondo il
bene di un singolo soggetto ma secondo il bene collettivo. Non crede
nell'eguaglianza predicata dal marxismo e al sogno della proprietà comune
sostituisce il principio dell'associazionismo, che è comunque un superamento
dell'egoismo individuale.Questione sociale M. affrontò la questione sociale
negli scritti più tardi, ad esempio nei Doveri dell'uomo Rifiuta il marxismo,
convinto com'è che per spingere il popolo alla rivoluzione sia prioritario
indicargli l'obiettivo dell'unità, della repubblica e della democrazia. M. fu
tra i primi a considerare la grave questione sociale presente che era
soprattutto in Italia la questione contadina, come gli indica Pisacane, ma egli
pensava che questa dovesse essere affrontata e risolta solo dopo il
raggiungimento dell'unità nazionale e non attraverso lo scontro delle classi,
ma con una loro collaborazione (interclassismo), da raggiungersi però
organizzando l'associazionismo e il mutualismo fra gli operai, il soggetto più
debole. Un programma il suo di solidarietà nazionale che se non contemplava
l'autonomia culturale e politica del proletariato non si rivolse solo al ceto
medio cittadino, agli intellettuali, agli studenti, fra i quali raccolse i
consensi più ampi, ma anche agli artigiani e ai settori più consapevoli dei
propri diritti fra gli operai. M. criticò il marxismo e fu da Marx
biasimato per gli aspetti dottrinali idealistici e per gli atteggiamenti
profetici che egli assumeva nel suo ruolo di educatore religioso e politico del
popolo. Marx, risentito per gli attacchi di M. al comunismo, da lui definito
col termine inglese «dictatorship» (cioè «dittatura»), lo definì in alcuni
articoli teopompo, cioè «inviato di Dio e papa della chiesa democratica, dandogli
anche sprezzantemente del «vecchio somaro» e paragonandolo a Pietro l'Eremita.
Forte sarà il contrasto tra Marx e l'inviato personale di M. (oltre che con
Garibaldi che ne prese le difese) alla Prima Internazionale. Critica i
socialisti per il proclamato internazionalismo dei loro tempi, venato di
anarchismo e di forte negazionismo, per l'attenzione da essi rivolta verso gli
interessi di una sola classe: il proletariato. Inoltre egli definiva arbitrario
e impossibile a pretendere l'abolizione della proprietà privata: così si
sarebbe dato un colpo mortale all'economia che non avrebbe premiato più i
migliori. La critica maggiore era rivolta contro il rischio che le ideologie
socialiste estremistiche portassero a un totalitarismo: egli previde con
lungimiranza quello che avverrà con la Rivoluzione in Russia, cioè la
formazione di una nuova classe di padroni politici e lo schiacciamento
dell'individuo nella macchina industriale del socialismo reale. Da queste
critiche ne venne la valutazione negativa di Mazzini sulla rivolta che portò
alla Comune di Parigi. Mentre per Marx e Michail Bakunin quello della Comune
era stato un primo tentativo di distruggere lo stato accentratore borghese
realizzando dal basso un nuovo tipo di stato, Mazzini, legato al concetto di
Stato-nazione romantico, invece criticò la Comune vedendo in essa la fine della
nazione, la minaccia di uno smembramento della Francia. Per salvaguardare
l'economia e allo stesso tempo per tutelare i più poveri, M. punta su una forma
di lavoro cooperativo: l'operaio dovrà guardare oltre una lotta basata solo sul
salario ma promuovere spazi via via crescenti di economia sociale con elementi
di «piena responsabilità e proprietà sull'impresa». M. punta sul
superamento in senso sociale e democratico del capitalismo imprenditoriale
classico, anticipando in questo sia le teorie distribuzioniste sia le teorie
che esaltano il valore dell'associazione fra i produttori. In Doveri dell'uomo
scrisse: «Non bisogna abolire la proprietà perché oggi è di pochi; bisogna
aprire la via perché i molti possano acquistarla. Bisogna richiamarla al
principio che la renda legittima, facendo sì che solo il lavoro possa produrla.
La sua influenza sulla prima fase del
movimento operaio fu per questo molto importante e anche il fascismo, in
particolare la sua corrente repubblicana e socializzatrice, si ispirerà al
pensiero economico mazziniano come terza via corporativa tra il modello
capitalista e quello marxista. Cospirazioni e fallimento dei moti
mazziniani M. in una fotografia con autografo scattata da Domenico Lama I
moti mazziniani, ispirati ad un'ideologia repubblicana e antimonarchica furono
considerati sovversivi e quindi perseguiti da tutte le monarchie italiane
dell'epoca. Per i governi costituiti i mazziniani altro non erano che
terroristi e come tali furono sempre condannati. «Trovai tutti persuasi
che la Giovine Italia era pazzia; pazzia le sette, pazzie il cospirare, pazzie
le rivoluzioncine fatte sino a quel giorno, senza capo né coda» (Azeglio,
Degli ultimi casi di Romagna) Giovine Italia
«Su queste classi così fortemente interessate al mantenimento
dell'ordine sociale le dottrine sovversive della Giovine Italia non hanno
presa. Perciò ad eccezione dei giovani presso i quali l'esperienza non ha
ancora modificate le dottrine assorbite nell'atmosfera eccitante della scuola,
si può affermare che non esiste in Italia se non un piccolissimo numero di
persone seriamente disposte a mettere in pratica i principi esaltati di una
setta inasprita dalla sventura.» (Camillo Benso conte di Cavour). M. si
trova a Marsiglia in esilio dopo l'arresto e il processo subito l'anno prima in
Piemonte a causa della sua affiliazione alla Carboneria. Non potendosi provare
la sua colpevolezza infatti la polizia sabauda lo costrinse a scegliere tra il
confino in un paesino del Piemonte e l'esilio. Mazzini preferì affrontare l'esilio
e passa in Svizzera, da qui a Lione e infine a Marsiglia. Qui entrò in contatto
con i gruppi di Filippo Buonarroti e col movimento sainsimoniano allora diffuso
in Francia. Con questi si avviò un'analisi del fallimento dei moti nei
ducati e nelle Legazioni pontificie. Si concordò sul fatto che le sette
carbonare avevano fallito innanzitutto per la contraddittorietà dei loro
programmi e per l'eterogeneità delle classi che ne facevano parte. Non si era
riusciti poi a mettere in atto un collegamento più ampio delle insurrezioni per
le ristrettezze provinciali dei progetti politici, com'era accaduto nei moti di
Torino quand'era fallito ogni tentativo di collegamento con i fratelli
lombardi. Infine bisognava desistere dal ricercare l'appoggio dei principi e,
come nei moti dei francesi. Con la fondazione della Giovine Italia il
movimento insurrezionale andava organizzato su precisi obiettivi politici:
indipendenza, unità, libertà. Occorreva poi una grande mobilitazione popolare
poiché la liberazione italiana non si poteva conseguire attraverso l'azione di
pochi settari ma con la partecipazione delle masse. Rinunciare infine ad ogni
concorso esterno per la rivoluzione: «La Giovine Italia è decisa a giovarsi
degli eventi stranieri, ma non a farne dipendere l'ora e il carattere
dell'insurrezione. Gli strumenti per raggiungere queste mete erano l'educazione
e l'insurrezione. Quindi bisognava che la Giovane Italia perdesse il più
possibile il carattere di segretezza, conservando quanto necessario a
difendersi dalle polizie, ma acquistasse quello di società di propaganda,
un'«associazione tendente anzitutto a uno scopo di insurrezione, ma essenzialmente
educatrice fino a quel giorno e dopo quel giorno anche attraverso il giornale
La Giovine Italia, fondato del messaggio politico della indipendenza,
dell'unità e della repubblica. Durante il periodo dei processi in
Piemonte e il fallimento della spedizione di Savoia, l'associazione scomparve
per quattro anni, ricomparendo solo in Inghilterra. Dieci anni dopo, il 5
maggio 1848, l'associazione fu definitivamente sciolta da M., che fondò al suo
posto l'Associazione Nazionale Italiana. Entusiastiche adesioni al
programma della Giovane Italia si ebbero soprattutto tra i giovani in Liguria,
in Piemonte, in Emilia e in Toscana che si misero subito alla prova organizzando
una serie di insurrezioni che si conclusero tutte con arresti, carcere e
condanne a morte. Oganizza il suo primo tentativo insurrezionale che aveva come
focolai rivoluzionari Chambéry, Torino, Alessandria e Genova dove contava vaste
adesioni nell'ambiente militare. Prima ancora che l'insurrezione
iniziasse la polizia sabauda a causa di una rissa avvenuta fra i soldati in
Savoia, scoprì e arrestò molti dei congiurati, che furono duramente perseguiti
poiché appartenenti a quell'esercito sulla cui fedeltà Carlo Alberto aveva
fondato la sicurezza del suo potere. Fra i condannati figuravano i fratelli
Ruffini, amico personale di M. e capo della Giovine Italia di Genova,
l'avvocato Andrea Vochieri e l'abate torinese Gioberti. Tutti subirono un
processo dal tribunale militare, e dodici furono condan morte, fra questi anche
il Vochieri, mentre Jacopo Ruffini pur di non tradire si uccise in carcere
mentre altri riuscirono a salvarsi con la fuga. Tentativo d'invasione
della Savoia e moto di Genova. L'incontro di M. con Garibaldi nella sede della
Giovine Italia Il fallimento del primo moto non fermò M., convinto che era il
momento opportuno e che il popolo lo avrebbe seguito. Si trovava a Ginevra,
quando assieme ad altri italiani e alcuni polacchi, organizzava un'azione
militare contro lo stato dei Savoia. A capo della rivolta aveva messo il
generale Ramorino, che aveva già preso parte ai moti, questa scelta però si
rivelò un fallimento, perché il Ramorino si era giocato i soldi raccolti per
l'insurrezione e di conseguenza rimandava continuamente la spedizione, tanto
che quando si decise a passare con le sue truppe il confine con la Savoia, la
polizia, ormai allertata da tempo, disperse i volontari con molta
facilità. Nello stesso tempo doveva scoppiare una rivolta a Genova, sotto
la guida di Garibaldi, che si era arruolato nella marina da guerra sarda per
svolgere propaganda rivoluzionaria tra gli equipaggi. Quando giunse sul luogo
dove avrebbe dovuto iniziare l'insurrezione però, non trovò nessuno, e così
rimasto solo, dovette fuggire. Fece appena in tempo a salvarsi dalla condanna a
morte emanata contro di lui, salendo su una nave in partenza per l'America del
Sud dove continuerà a combattere per la libertà dei popoli. M., invece,
poiché aveva personalmente preso parte alla spedizione con Ramorino, fu espulso
dalla Svizzera e dovette cercare rifugio in Inghilterra. Lì continuò la propria
azione politica attraverso discorsi pubblici, lettere e scritti su giornali e
riviste, aiutando a distanza gli italiani a mantenere il desiderio di unità e
indipendenza. Anche se l'insuccesso dei moti fu assoluto, dopo questi eventi la
linea politica di Carlo Alberto mutò, temendo che reazioni eccessive potessero
diventare pericolose per la monarchia. La vita mi pesa, ma credo sia
debito di ciascun uomo di non gettarla, se non virilmente o in modo che rechi
testimonianza della propria credenza.» (M., lettera di risposta ad Angelo
Usiglio, Londra. Altri tentativi pure falliti si ebbero a Palermo, in Abruzzo,
nella Lombardia austriaca, in Toscana. Il fallimento di tanti generosi sforzi e
l'altissimo prezzo di sangue pagato fecero attraversare a Mazzini quella che
egli chiamò la tempesta del dubbio, una fase di depressione, in cui, come in
gioventù, come ricorda nelle Note autobiografiche, pensò anche al suicidio, da
cui uscì religiosamente convinto ancora una volta della validità dei propri
ideali politici e morali. Dall'esilio di Londra, dopo essere stato espulso dalla Svizzera,
riprese quindi il suo apostolato insurrezionale. Nello stesso periodo esce il
saggio La filosofia della musica sulla rivista L'italiano pubblicata a Parigi. Fratelli
Bandiera. Esecuzione dei fratelli Bandiera a Cosenza Nobili, figli
dell'ammiraglio Bandiera e, a loro volta, ufficiali della Marina da guerra
austriaca, aderirono alle idee mazziniane e fondarono una loro società segreta,
l'Esperia e con essa tentarono di effettuare una sollevazione popolare nel Sud
Italia. I fratelli Emilio e Attilio Bandiera parteno da Corfù (dove
avevano una base allestita con l'ausilio del barese Vito Infante) alla volta
della Calabria seguiti da 17 compagni, dal brigante calabrese Giuseppe Meluso e
dal corso Pietro Boccheciampe. Era loro giunta infatti la notizia dello scoppio
di una rivolta a Cosenza che essi credevano condotta nel nome di M.. In realtà
non solo la ribellione non aveva alcuna motivazione patriottica ma era già
stata domata dall'esercito borbonico. Quando sbarcarono alla foce del
fiume Neto, vicino a Crotone, appresero che la rivolta era già stata repressa
nel sangue e al momento non era in corso alcuna ribellione all'autorità del re.
Il Boccheciampe, appresa la notizia che non c'era alcuna sommossa a cui
partecipare, sparì e andò al posto di polizia di Crotone per denunciare i
compagni. I due fratelli vollero lo stesso continuare l'impresa e partirono per
la Sila. Subito iniziarono le ricerche dei rivoltosi ad opera delle
guardie civiche borboniche, aiutate da comuni cittadini che credevano i
mazziniani dei briganti; dopo alcuni scontri a fuoco, vennero catturati (meno
il brigante Meluso, buon conoscitore dei luoghi, che riuscì a sfuggire alla
cattura) e portati a Cosenza, dove i fratelli Bandiera con altri 7 compagni
vennero fucilati nel Vallone di Rovito. Il re Ferdinando II ringraziò la popolazione
locale per il grande attaccamento dimostrato alla Corona e la premiò concedendo
medaglie d'oro e d'argento e pensioni generose. «Mazzini, colpito da tanta
fermezza e da tanta sventura, restò commosso da quell'efferata barbarie e
celebrò la memoria di quei martiri in un opuscolo uscito a Parigi. Vdendo nel
loro sacrificio la realizzazione dei propri ideali così scriveva in un opuscolo
a loro dedicato: «Il martirio non è sterile mai. Il martirio per un'Idea è la
più alta formula che l'Io umano possa raggiungere per esprimere la propria
missione; e quando un giusto sorge di mezzo a' suoi fratelli giacenti ed
esclamaecco: questo è il vero, e io, morendo, l'adorouno spirito di nuova vita
si trasfonde per tutta l'umanità. I sagrificati di Cosenza hanno insegnato a
noi tutti che l'uomo deve vivere e morire per le proprie credenze: hanno
provato al mondo che gl'Italiani sanno morire: hanno convalidato per tutta
l'Europa l'opinione che una Italia sarà. Voi potete uccidere pochi uomini, ma
non l'Idea. l'Idea è immortale. Dopo i moti e capo, con Aurelio Saffi e Carlo
Armellini della Repubblica Romana, soppressa dalla reazione francese. Fu
l'ultima rivolta a cui M. prese parte direttamente. Moto di Milano e sollevazione in Valtellina. Ispirato al
mazzinianesimo e alle ideologie socialiste fu il moto di Milano, a cui tuttavia
M. non prese parte, e che fallì; analoga sorte ebbe la rivolta in Valtellina
dell'anno seguente. Nel moto milanese si mise in luce Felice Orsini, che di lì
a poco avrebbe rotto con Mazzini e organizzato l'attentato a Napoleone III,
fermamente condannato dal genovese poiché risoltosi in una strage di cittadini
innocenti. Spedizione di Sapri. Pisacane Il piano originale, secondo
il metodo insurrezionale mazziniano, prevedeva di accendere un focolaio di
rivolta in Sicilia dove era molto diffuso il malcontento contro i Borboni, e da
lì estenderla a tutto il Mezzogiorno d'Italia. Successivamente invece si pensò
più opportuno partendo dal porto di Genova di sbarcare a Ponza per liberare
alcuni prigionieri politici lì rinchiusi, per rinforzare le file della
spedizione e infine dirigersi a Sapri, che posta al confine tra Campania e
Basilicata, era ritenuta un punto strategico ideale per attendere dei rinforzi
e marciare su Napoli. Pisacane s'imbarca con altri ventiquattro
sovversivi, tra cui Nicotera e Falcone, sul piroscafo di linea Cagliari, della
Società Rubattino, diretto a Tunisi. Sbarca a Ponza dove, sventolando il
tricolore, riuscì agevolmente a liberare 323 detenuti, poche decine dei quali
per reati politici per il resto delinquenti comuni, aggregandoli quasi tutti
alla spedizione. Il 28, il Cagliari ripartì carico di detenuti comuni e delle
armi sottratte al presidio borbonico. La sera i congiurati sbarcarono a Sapri,
ma non trovarono ad accoglierli quelle masse rivoltose che si attendevano. Anzi
furono affrontati dalle falci dei contadini ai quali le autorità borboniche
avevano per tempo annunziato lo sbarco di una banda di ergastolani evasi
dall'isola di Ponza. Il 1º luglio, a Padula vennero circondati e 25 di
loro furono massacrati dai contadini. Gli altri, per un totale di 150, vennero
catturati e consegi gendarmi. Pisacane, con Nicotera, Falcone e gli ultimi
superstiti, riuscirono a fuggire a Sanza dove furono ancora aggrediti dalla
popolazione: perirono in 83; Pisacane e Falcone si suicidarono con le loro
pistole, mentre quelli scampati all'ira popolare furono poi processati. Condan
morte, furono graziati dal Re, che tramuts la pena in ergastolo. Senso
dell'impresa Pur essendo quella di Sapri un'impresa tipicamente mazziniana,
condotta «senza speranza di premio», in effetti essa rispondeva alle idee
politiche di Pisacane che si era allontanato dalla dottrina del Maestro per
accostarsi a un socialismo libertario espresso dalla formula "Libertà e
associazione". Contrariamente a Mazzini che riguardo alla questione
sociale proponeva una soluzione interclassista solo dopo aver risolto il
problema unitario, Pisacane pensava infatti che per arrivare ad una rivoluzione
patriottica unitaria e nazionale occorresse prima risolvere la questione
contadina che era quella della riforma agraria. Come lasciò scritto nel suo
testamento politico in appendice al Saggio sulla rivoluzione, «profonda mia
convinzione di essere la propaganda dell'idea una chimera e l'istruzione
popolare un'assurdità. Le idee nascono dai fatti e non questi da quelle, ed il
popolo non sarà libero perché sarà istrutto, ma sarà ben tosto istrutto quando
sarà libero». Vicino agli ideali mazziniani era Pisacane invece quando
aggiungeva nello stesso scritto che quand'anche la rivolta fallisse «ogni mia
ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell'animo di questi
cari e generosi amici... che se il nostro sacrificio non apporta alcun bene
all'Italia, sarà almeno una gloria per essa aver prodotto figli che vollero
immolarsi al suo avvenire. La spedizione fallita ebbe in effetti il merito di
riproporre all'opinione pubblica italiana la questione napoletana, la
liberazione cioè del Mezzogiorno italiano dal malgoverno borbonico che
Gladstone definiva negazione di Dio eretta a sistema di governo.. Infine il
tentativo di Pisacane sembrava riproporre la possibilità di un'alternativa
democratico-popolare come soluzione al problema italiano: era un segnale
d'allarme che costituì per il governo di Vittorio Emanuele II uno stimolo ad
affrettare i tempi dell'azione per realizzare la soluzione diplomatico militare
dell'unità italiana. Appoggio a Garibaldi e ultimi tentativi M. appoggiò
moralmente la spedizione dei Mille di Garibaldi, che egli considerava una
valida opposizione a Cavour. Dopo l'Unità riprese la lotta repubblicana, ma le
persecuzioni della polizia sabauda e le condizioni di salute limitarono i suoi
ultimi tentativi. Controversie Stampa raffigurante Mazzini con
l'epitaffio della tomba a Staglieno Conflitto con Cavour M., che dopo la sua
attività cospirativa fu esiliato dal governo piemontese a Ginevra, fu uno
strenuo oppositore della guerra di Crimea, che costò un'ingente perdita di
soldati al regno sardo. Egli rivolse un appello ai militari in partenza per il
conflitto: «Quindicimila tra voi stanno per essere deportati in Crimea. Non uno
forse tra voi rivedrà la propria famiglia. Voi non avrete onore di battaglie.
Morrete, senza gloria, senza aureola, di splendidi fatti da tramandarsi per
voi, conforto ultimo ai vostri cari. Morrete per colpa di governi e capi
stranieri. Per servire un falso disegno straniero, l'ossa vostre
biancheggeranno calpestate dal cavallo del cosacco, su terre lontane, né alcuno
dei vostri potrà raccoglierle e piangervi sopra. Per questo io vi chiamo, col
dolore dell'anima, deportati. Quando Napoleone III scampò all'attentato teso da
Orsini e Pieri, il governo di Torino incolpò M. (Cavour lo avrebbe definito
"il capo di un'orda di fanatici assassini" oltreché "un nemico
pericoloso quanto l'Austria"), poiché i due attentatori avevano militato
nel suo Partito d'Azione. Secondo Denis Mack Smith, Cavour aveva in passato
finanziato i due rivoluzionari a causa della loro rottura con M. e, dopo
l'attentato a Napoleone III e la conseguente condanna dei due, alla vedova di
Orsini fu assicurata una pensione. Cavour al riguardo fece anche pressioni
politiche sulla magistratura per far giudicare e condannare la stampa radicale.
Egli, inoltre, favorì l'agenzia Stefani con fondi segreti sebbene lo Statuto
vietasse privilegi e monopoli ai privati. Così l'agenzia Stefani, forte delle
solide relazioni con Cavour divenne, secondo Fiore, un fondamentale strumento
governativo per il controllo mediatico nel Regno di Sardegna. M., intanto,
oltre ad aver condannato il gesto di Orsini e Pieri, espose un attacco nei
confronti del primo ministro, pubblicato sul giornale Italia del popolo: «Voi
avete inaugurato in Piemonte un fatale dualismo, avete corrotto la nostra
gioventù, sostituendo una politica di menzogne e di artifici alla serena
politica di colui che desidera risorgere. Tra voi e noi, signore, un abisso ci
separa. Noi rappresentiamo l'Italia, voi la vecchia sospettosa ambizione
monarchica. Noi desideriamo soprattutto l'unità nazionale, voi l'ingrandimento
territoriale» (M.]) Timori di M. per la cessione della Sardegna
Estratto di articolo di giornale inglese Mazzini temeva che Cavour, dopo
la cessione della Savoia e di Nizza, potesse cedere anche la Sardegna, una
delle cosiddette “tre Irlande”, sulla base di altri supposti accordi segreti di
Cavour con la Francia, in cambio di una definitiva unificazione italiana,
accordi che preoccupavano anche l’Inghilterra, la quale era intervenuta presso
Cavour per avere rassicurazioni sul fatto che non sarebbe stato ceduto altro
territorio italiano alla Francia. Russell commenta a Hudson, in Torino, di dire
al Conte di Cavour, che il Governo inglese, informato di un disegno per la
cessione della Sardegna alla Francia, protestava e chiedeva promessa formale di
non cedere territorio italiano. Il dispaccio era comunicato il 26 a Cavour.»
(da Scritti editi e inediti di M., per cura della Commissione editrice degli
scritti di Giuseppe Mazzini, Roma]) Riguardo alla cessione della Sardegna alla
Francia, M. affermava anche. L’opposizione minacciosa dell’Inghilterra e la
nostra, possono renderlo praticamente impossibile.» (da Scritti editi ed
inediti di Giuseppe Mazzini, per cura della Commissione editrice degli scritti
di M., Roma) Alcune affermazioni di Giovanni Battista Tuveri, esponente del
cattolicesimo federalista, deputato per due volte al Parlamento Subalpino e
amico di M., confermano la possibilità di accordi segreti relativi alla
cessione della Sardegna alla Francia per una definitiva unificazione del resto
della penisola: «Vicino a M. ed a Cattaneo, ma con una propria originalità di
pensiero, il Tuveri fu sempre fedele alle sue convinzioni federaliste o, in
mancanza di meglio, autonomiste, né esitò ad impegnarsi nell'azione pratica
quando circolò insistente la voce che Cavour, dopo Nizza e la Savoia,
intendesse cedere alla Francia anche la Sardegna» Anche il giornale
britannico "The Illustrated London News" citava l'inopportunità di cedere la Sardegna
alla Francia, commento che aveva suscitato reazioni nella stampa francese e
fatto suggerire altre ipotesi. Mazzini suscita continuamente energie, affascinò
per quarant'anni ogni ondata di gioventù e intanto gli anziani gli sfuggivano. Quasi
tutti i grandi personaggi del Risorgimento aderirono al mazzinianesimo ma pochi
vi restarono. Il contenuto religioso profetico del pensiero del Maestro, in un
certo modo rivelatore di una nuova fede, imbrigliava l'azione politica. M.
infatti non aveva «la duttilità e la mutevolezza necessaria per dominare e
imprigionare razionalmente le forze». Per questo occorreva una capacità di
compromesso politico propria dell'uomo di governo come fu Cavour. Il compito di
Mazzini fu invece quello di creare l’animus. Quando sembrava che il problema
italiano non avesse via d'uscita «ecco per opera sua la gioventù italiana
sacrificarsi in una suprema protesta. I sacrifici parevano sterili», ma invece
risvegliavano l'opinione pubblica italiana e europea. La tragedia della Giovine
Italia «impose il problema italiano a una sempre più vasta sfera d'Italiani:
che reagì sì con un programma più moderato ma infine entrò in azione e quegli
stessi ex mazziniani che avevano rinnegato il Maestro aderendo al moderatismo
riformista alla fine dovettero abbandonare ogni progetto federalista e
acconsentire all'entusiasmo popolare suscitato dalle idee mazziniane di un
riordinamento unitario italiano. Le idee politiche di Mazzini furono alla base
della nascita del Partito Repubblicano Italiano. Tramite la Costituzione della
Repubblica Romana, ispirata al mazzinianesimo e considerata un modello per
molto tempo, fu uno dei pensatori le cui idee furono alla base della
Costituzione Italiana. Inoltre ebbe una grande influenza anche fuori
dall'Italia: politici occidentali come Wilson (con i suoi Quattordici Punti) e
Lloyd George e molti leader post-coloniali tra i quali Gandhi, Meir, David
Ben-Gurion, Nehru e Sun Yat-sen consideravano Mazzini il proprio maestro e il
testo mazziniano Dei doveri dell'uomo come la propria "Bibbia"
morale, etica e politica. Mazzini conteso tra fascismo e antifascismo M.
sul letto di morte L'eredità ideale e politica del pensiero di M. è stata a
lungo oggetto di dibattito tra opposte interpretazioni, in particolare durante
il Fascismo e la Resistenza. Già prima dell'avvento del FASCISMO, il
cinquantenario della sua morte e celebrato con una serie di francobolli. In
seguito, nel Ventennio fascista M. e oggetto di citazioni in libri, articoli,
discorsi, fino al punto d'essere considerato una sorta di precursore del regime
di MUSSOLINI. Secondo un appunto diaristico (intitolato "Ripresa
mazziniana") diBottai, però, l'utilizzo che ne fa MUSSOLINI e
strumentale. La popolarità di M. durante il periodo fascista è dovuta
anche ai numerosi repubblicani che confluirono nei Fasci di combattimento,
iniziando il loro percorso di avvicinamento a MUSSOLINI durante la battaglia
interventista, soprattutto nelle aree dove maggiore era la presenza del PRI,
cioè in Romagna e nelle Marche. Sulle pagine de L'Iniziativa, l'organo di
stampa del PRI, si guardava a Mussolini come al «magnifico bardo del nostro
interventismo». Particolare e il caso di Bologna, città in cui i repubblicani
Nenni, e i fratelli Bergamo presero parte attivamente alla fondazione del primo
Fascio di combattimento emiliano per poi abbandonarlo poco dopo diventando
avversari del fascismo. Tra i più famosi repubblicani che aderirono al fascismo
vi furono Balbo (che si era laureato con una tesi su "Il pensiero
economico e sociale di M. e del quale Segrè ha scritto: «Balbo, prima di
aderire al Fascismo nel '21, esitò a lasciare i repubblicani fino all'ultimo
momento e considerò la possibilità di mantenere la doppia iscrizione»),
Malaparte e Ricci, che nel FASCISMO vede la perfetta sintesi fra «la Monarchia
d’ALIGHIERI e il Concilio di M. L'intellettuale mazziniano. Cantimori, nella
prima fase del suo percorso politico che lo portò prima ad aderire al fascismo
poi al comunismo, considerava il fascismo «compimento della rivoluzione
nazionale iniziatasi con il Risorgimento, che doveva riuscire dove il processo
risorgimentale e il cinquantennio successivo avevano fallito: nell'inserimento
e nell'integrazione delle masse nello stato nazionale, nella creazione di una
più vera democrazia, ben diversa dal "parlamentarismo" e lontana
dall'"affarismo", dal "particolarismo",
dall'"inerzia" che avevano caratterizzato l'Italia liberale». Inizialmente
la tesi delle origini risorgimentali del fascismo fu fatta propria anche dai
comunisti. Togliatti, polemizzando con il movimento Giustizia e Libertà e il
suo fondatore Rosselli, in un articolo
su Lo Stato operaio critica il Risorgimento e indicò in M. un precursore del FASCISMO.
La tradizione del Risorgimento vive quindi nel fascismo, ed è stata da esso
sviluppata fino all'estremo. M., se fosse vivo, plaudirebbe alle dottrine
corporative, né ripudierebbe i discorsi di MUSSOLINI sulla funzione dell'Italia
nel mondo. La rivoluzione anti-fascista non potrà essere che una rivoluzione
"contro il Risorgimento", contro la sua ideologia, contro la sua
politica, contro la soluzione che esso ha dato al problema della unità dello
Stato e a tutti i problemi della vita nazionale. La stessa posizione fu assunta
d’Amendola, durante il confino a Ponza, nel primo di due corsi sul Risorgimento
tenuti per i confinati, per poi rivedere tale impostazione nel secondo corso,
dopo la svolta unitaria (che segnò l'inizio della politica del fronte popolare
con la conclusione di un "patto d'unità d'azione" con i socialisti),
allorché insistette sulle origini risorgimentali del movimento operaio. I
fascisti, inoltre, rivendicavano una continuità con il pensiero mazziniano
anche riguardo l'idea di “patria”, la concezione spirituale della vita,
l'importanza dell'educazione di come strumento per creare un uomo nuovo e una
dottrina economica ispirata alla collaborazione tra le classi sociali. Baioni
scrive a proposito della contemporanea celebrazione nell’anniversario della
morte di Garibaldi e del decennale della Marcia su Roma che le principali
manifestazioni sembrano confermare il nesso tra il bisogno di presentare il
fascismo come erede delle migliori tradizioni nazionali e la volontà non meno
forte ad enfatizzarne le componenti moderne, che avrebbero dovuto distinguerlo
come originale esperimento politico e sociale. Negli anni della Resistenza la
situazione si complica maggiormente: il fascismo della repubblica sociale
italiana intensifica naturalmente i richiami a Mazzini. Ad esempio la data del
giuramento della guardia nazionale repubblicana venne fissata nel giorno della
proclamazione, quasi un secolo prima, della repubblica romana che aveva avuto
alla sua testa il triumviro Mazzini. Ma anche gli anti-fascisti, in particolare
i partigiani di Giustizia e Libertà di Rosselli, iniziano a richiamarsi sempre
più apertamente al rivoluzionario genovese. Proprio Rosselli scrisse che agiamo
nello spirito di Mazzini, e sentiamo profondamente la continuità ideale fra la
lotta dei nostri ante-nati per la libertà e quella di oggi. A seguito della
caduta del fascismo e dell'armistizio di Cassibile, la lotta contro il nazi-fascismo
vide la partecipazione dei repubblicani (il cui partito era stato sciolto dal
Regime) anche attraverso la formazione di proprie unità partigiane denominate
Brigate M.. Anche un comandante partigiano, proposto per la medaglia d'oro al
valor militare, Manrico Ducceschi, ispirò la sua azione all'ideologia
mazziniana adottando in onore di Mazzini il nome di battaglia di
"Pippo", lo stesso pseudonimo usato dal patriota genovese. Altri
saggi: Atto di fratellanza della Giovane Europa in Giuseppe Mazzini, Edizione
nazionale degli scritti., Imola, s.e., 1Dei doveri dell'uomo Fede ed avvenire
Editore Mursia Doveri dell'Uomo Editori Riuniti university press Roma Pensieri sulla democrazia in Europa, trad.
Mastellone, Feltrinelli, Milano, Andrea Tugnoli, La pittura moderna in Italia,
Bologna, CLUEB, Antologia di scritti Dal Risorgimento all'Europa Mursia Periodici diretti da M. L'apostolato popolare
Il nuovo conciliatore L'educatore Le Proscrit. Journal de la République
Universelle Il tribunoNote La Civiltà
cattolica, La Civiltà Cattolica, «La politica acquista pathos religioso,
e sempre più col procedere del secolo... la nazione diventa patria: e la patria
la nuova divinità del mondo moderno. Nuova divinità e come tale sacra.» in F.
Chabod, L'idea di nazione, Laterza, Bari); Da Dei doveri dell'uomoFede e
avvenire, Paolo Rossi, Mursia, Milano; L'uomo nuovo in Montanelli, L'Italia
giacobina e carbonara, Rizzoli, Milano, Schmid, Michael Rossington, The
Reception of Shelley in Europe Citato nell'Edizione nazionale degli Scritti
di Giuseppe Mazzini a cura della Commissione per l'edizione nazionale degli
Scritti di M., Cooperativa tipografico-editriceGaleati; per la citazione vedi
anche: Memoriale M.-Domus Mazziniana; Introduzione a Jessie White Mario, Vita
di M. su Castelvecchi Editore; Giuseppe Santonastaso, Edgar Quinet e la
religione della libertà, edizioni Dedalo; Felis, Italia unità o disunità?
Interrogativi sul federalismo, Armando editore,, pag. 7. Comune di Savona Liguria magazine in. Gilles Pécout, Il lungo Risorgimento: la
nascita dell'Italia contemporanea Pearson Italia S.p.a., 01 Patria, nazione e stato tra unità e
federalismo. M., Cattaneo e Tuveri, CUEC, University Press-Ricerche storiche, La
tesi del figlio sicuramente di Mazzini è sostenuta in Bruno Gatta, Mazzini una
vita per un sogno, Guida, Il dubbio invece che si trattasse veramente di un
figlio di Mazzini è espresso in Luigi Ambrosoli (M.: una vita per l'unità
d'Italia, ed.Lacaita): «Ma proprio il ritardo con cui venne comunicata a
Mazzini la notizia della morte di Adolphe fa sorgere qualche dubbio sulla
supposizione, per le altre ragioni accennate ben fondata, che si trattasse di
suo figlio». Dubbi simili vengono riportati in Mastellone, M. e la
"Giovine Italia", Domus
Mazziniana, («D'altra parte, è da aggiungere che nelle lettere inedite a
Ollivier, che pubblichiamo, M., pur parlando di Giuditta come della propria
amica, se accenna ad Adolphe come figlio di Giuditta, non allude al bambino
come proprio figlio:...») Barberis, in Dizionario biografico degli italiani,
Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
M. a Londra È l'autrice del
romanzo gotico Frankenstein (Frankenstein: or, The Modern Prometheus). Curò le
edizioni delle poesie del marito Shelley, poeta romantico e filosofo. Era
figlia della filosofa Mary Wollstonecraft, antesignana del femminismo, e del
filosofo e politico William Godwin.
Susanne Schmid, Michael Rossington, The Reception of P.B. Shelley in
Europe Seymour, Mary Shelley, M., il
cospiratore senza segreti Lettere di
Mazzini ad Aurelio Saffi e alla famiglia Crauford Giuseppe Mazzatinti Soc.
Alighieri Politica e storia Buonarroti e
altri studidi Pia Onnis Rosa Edizioni di storia e letteratura Roma M. «pavese»
e l'Unità d'Europa Quando M. scatenò il
patatrac sognando la Repubblica pbmstoria. Legnago a Giuseppe Mazzini, Grafiche
Stella, S. Pietro di Legnago (Verona) Scarpelli, La scimmia, l'uomo e il
superuomo. Nietzsche: evoluzioni e involuzioni
Pensiero di M., brigantaggio: la Repubblica nasce nel nome di M., su
pri.Carducci scrisse una famosa lirica intitolata Mazzini i cui versi finali
sono rimasti nella storia: «E un popol morto dietro a lui si mise. Esule
antico, al ciel mite e severo Leva ora il volto che giammai non rise, /Tu
solpensandoo ideal, sei vero». La stessa
semplice scritta volle Spadolini, politico e storico repubblicano, sulla
propria tomba a Firenze Luigi Polo Friz,
La massoneria italiana nel decennio post unitario: Lodovico Frapolli, Franco
Angeli, Storia della Massoneria in Italia. L'influenza di M. nella Massoneria
Italiana in. La stanza di Montanelli L' unità d' Italia e
la Massoneria M. massone? A.Desideri, Storia e storiografia, IEd.
D'Anna, Messina. Gli sconvolgimenti operati dalla Rivoluzione francese avevano
fatto dubitare a molti uomini della razionalità della storia, così altamente
proclamata nel secolo precedente. L'unica alternativa allo scetticismo parve
allora la fede in una forza arcana operante provvidenzialmente nella storia» in
A. Desideri, Ibidem «S'identificò la
storia della civiltà con la storia della religione, e si scorse una forza
provvidenziale non solo nelle monarchie, ma sin nel carnefice, che non potrebbe
sorgere e operare nella sua sinistra funzione se non lo suscitasse, a tutela
della giustizia, Iddio: tanto è lungi dall'essere operatore e costruttore di
storia l'arbitrio individuale e il raziocino logico». Adolfo Omodeo, L'età del
Risorgimento italiano, Napoli. Così il genere umano è in gran parte
naturalmente servo e non può essere tolto da questo stato altro che
soprannaturalmente... senza il cristianesimo, niente libertà generale. e senza
il papa non si dà vero cristianesimo operoso, potente, convertitore, rigeneratore,
conquistatore, perfezionante.» (cfr. Maistre, Il Papa, trad. di T. Casini,
Firenze) M., Fede e avvenire, M., Fede e
avvenire. Ha una visione utopica, romantica e anche sincretistica della
religione, che egli considerava come il contributo, in termini di princìpi
universali, delle varie confessioni e fedi alla storia collettiva.» SenatoDoveri
dell'uomo, M., Dei doveri dell'uomo
Fusatoshi Fujisawa, La terza Roma. Dal Risorgimento al Fascismo, Tokyo, M.
il patriota scomodo Reghini a metà
strada tra fascismo e massoneria «Noi
dissentivamo su diversi punti: sulle idee religiose, ch'ei non guardava, errore
comune al più, se non attraverso le credenze consunte e perciò tiranniche
dell'oggi; sul cosiddetto socialismo, che riducevasi a una mera questione di
parole dacché i sistemi esclusivi, assurdi, immorali delle sétte francesi erano
ad uno ad uno da lui respinti e sulla vasta idea sociale fatta oggimai
inseparabile in tutte le menti d'Europa dal moto politico io andava forse più
in là di lui: sopra una o due cose delle minori spettanti all'ordinamento della
futura milizia; e talora sul modo d'intendere l'obbligo che abbiamo tutti di
serbar fede al Vero. Ma il differire di tempo in tempo sui modi d'antivedere
l'avvenire non ci toglieva d'essere intesi sulle condizioni presenti e sulla
scelta dei rimedi» (M. su Pisacane)
Lettera a Forte Londra. Noi crediamo in una serie infinita di
reincarnazioni dell'anima, di vita in vita, di mondo in mondo, ciascuna delle
quali rappresenta un miglioramento ulteriore…» (M., in Bratina). La vita
d'un'anima è sacra, in ogni suo periodo: nel periodo terreno come negli altri
che seguiranno; bensì, ogni periodo dev'esser preparazione all'altro, ogni
sviluppo temporale deve giovare allo sviluppo continuo ascendente della vita
immortale che Dio trasfuse in ciascuno di noi e nella umanità complessiva che
cresce con l'opera di ciascuno di noi» (Dei doveri dell'uomo). Leggeva Dumas e i testi buddisti Il volto
inaspettato di Mazzini Il Foscolo, che
scriveva di aver visto da giovinetto a Venezia un "libercolo"
attribuito a Gioacchino, in cui erano indicati i papi futuri, affermava che la
fama dell'abate era "santissima" tanto che Montaigne, desiderava di
poter vedere questa meraviglia: «le livre de Calabrois, qui prédisait tous les
papes futurs, leurs noms et formes» G.
da Fiore, Concordia Veteris et Novi testamenti, B. Rosa, Gli appunti
manoscritti di Mazzini, Impronta, Torino, Sarti, M. La politica come religione
civile, con postfazione di Mattarelli, Roma-Bari, Laterza, A.Omodeo, Introduzione a M., Scritti scelti,
Mondadori, Milano, «L'Italia trionferà
quando il contadino cambierà spontaneamente la marra con il fucile». in C.
Pisacane, Saggio sulla rivoluzione, ed. Universale Economica, Milano; M.:
comunismo vuol dire dittatura Il
"Manifesto" di Marx? Scritto contro Mazzini Doveri dell'uomo, capitolo XI, punto 3° M., Doveri dell'uomo, cap.XI (in Baravelli,
L'Italia liberale, ArchetipoLibri, A.
Gacino-Canina, Economisti del Risorgimento, Torino, POMBA, 1G. Mazzini, Istruzione
generale per gli affiliati nella Giovine Italia in Scritti editi e inediti, II,
Imola, M., op. cit. Nome col quale i
greci indicavano l'Italia antica L. Stefanoni,
G. M.: notizie storiche, Presso Barbini, Ricordi dei fratelli Bandiera e dei
loro compagni di martirio in Cosenza Documentati colla loro corrispondenza, Dai
torchi della Signora Lacombe, Pisacane. Volantino pubblicato su "Italia
del popolo", G. Cataldo, Chi ha paura di M.?, in la stampa. D. Smith, M.,
Rizzoli, Milano, D. Smith, Contro-storia dell'unità d'Italia: fatti e misfatti
del Risorgimento, Milano, Gigi Di Fiore, Cappa, Cavour, Laterza, definizione di
Cavour riportata da The Morning Post. We have three Irelands, in Sardinia,
Genoa and Savoy La terza Irlanda, Gli
scritti sulla Sardegna di C. Cattaneo e M., Cattaneo, M., Francesco Cheratzu,
8pagg. M. La Sardegna Tip. A. Debatte Livorno, Risorgimento Rassegna The Illustrated
London News In A. Saitta, Antologia di critica storica, Laterza, Le citazioni
sono tratte da A. Omodeo, Introduzione a M., Scritti scelti, Mondatori, Milano,
(Fusaro); Benedetti “M. in Camicia nera” edito della Fondazione 'Ugo La Malfa';
Dal diario di Bottai. Spesso, all'uscita dei cento e più volumi dell'edizione
nazionale di M. trovo il Duce, a palazzo Venezia, immerso nelle folte pagine. O
meglio, v'immergeva, a ferire di pugnale, il suo metallico tagliacarte: e ne
tirava fuori brandelli di M. A quando a quando il brandello anti-francese,
anti-illuminista, anti-nglese, anti-socialista, etc. etc. Brandelli, mai
tutt'intero, nella sua viva, molteplice e pur varia personalità; S. Luzzatto,
Riprese mazziniane, Mestiere di storico: rivista della Società italiana per lo
studio della storia contemporanea (Roma: Viella); P. Benedetti "Mazzini
nell'ideologia del fascismo" G. Belardelli,
“Camerata M., presente!” Gentile, Balbo, Rocco, Bottai: tutti i fascisti
tentarono di arruolarlo, Corriere della Sera; “Manifesto realista” pubblicato
sulla rivista L'Universale Cromohs Pertici Mazzinianesimo, fascismo, comunismo:
l'itinerario politico di D. Cantimori, R. Pertici, Mazzinianesimo, Fascismo, Comunismo:
L'itinerario politico di Cantimori Cromohs, La memoria e le interpretazioni del
Risorgimento, Guerra e fascismo da 150anni. Togliatti, Sul movimento di
«Giustizia e Libertà», in Lo Stato operaio, antologia F. Ferri, Roma, Riuniti);
Fatica, Amendola, Giorgio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Mieli,
"L'Italia impossibile di Mazzini un fallito di genio", Corriere della
Sera, M. Baioni, Il Risorgimento in camicia nera, Carocci, Roma; Corriere della
Sera in Arianna editrice Mario
Ragionieri Salò e l'Italia nella guerra civile, Ibiskos, P. Mieli, art.
cit. Treccani Enciclopedie, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Associazione Nazionale Partigiani d'Italia.
“Saggi”, A. Saffi e di E. Nathan, Roma, “Lettere a Saffi e alla
famiglia Craufurd, Società Dante Alighieri di Albrighi, Segati, Roma); “La
democrazia in Europa, trad. a cura di S. Mastellone, Feltrinelli, Milano, V. Marchi,
Ricostruzione della filosofia religiosa, in Dio e Popolo, Marchi, Camerino Joseph
de Maistre, Il Papa, Firenze, A. Omodeo (Milano, Mondadori); A. Codignola (Torino,
POMBA); Omodeo, “Il ri-sorgimento italiano, Napoli, ESI, Chabod, L'idea di
nazione, Bari, Laterza, Monsagrati (Milano, Adelphi); Batini, Album di Pisa,
Firenze, La Nazione, F. Peruta, I rivoluzionari italiani: il partito d'azione, Milano,
Feltrinelli, Il processo a Vochieri, Alessandria, Lions; Albertini, Il
Risorgimento e l'unità europea, Napoli, Guida, Smith (Milano, Rizzoli); S.
Mastellone, Il progetto politico di Mazzini: Italia-Europa, Firenze, Olschki); Desideri,
Storia e storiografia, Messina, Anna); R. Sarti, La politica come religione
civile (Roma, Laterza, Mattarelli, Dialogo sui doveri (Venezia, Marsilio); Galletto,
Nella vita e nella storia” (Battagin); N.
Erba, Unità nazionale e Critica storica, Grasso, Padova. N. Erba, Il Contributo
italiano alla storia del pensiero Ottava Appendice. Storia e politica, Istituto
della Enciclopedia Italiana, Roma, Dear Kate. Lettere inedite di M. a Katherine
Hill, A. Bezzi e altri italiani a Londra, Rubbettino; Saggio sulla rivoluzione,
Universale Economica, Milano); I sistemi e la democrazia. Pensieri Con una
Appendice su La religione di M. scelta di pagine dall'Opuscolo Dal Concilio a
Dio, V. Gueglio (note al testo, repertorio dei nomi e saggio introduttivo)
Milano, Greco); Giuseppe Mazzini verifiche e incontri Atti del Convegno
Nazionale di Studi, Genova, Gammarò, Tufarulo, G,M.- L'Iniziatore, l'iniziato,
Dio e popolo. La tempesta mazziniana nella rivoluzione del pensiero Cultura e
Prospettive, Filmografia Viva l'Italia di R. Rossellini. Film incentrato sulla
spedizione dei Mille. M., sceneggiato RAI, regia di P. Passalacqua, Il generale,
sceneggiato RAI, regia di Magni. M. è
interpretato da Bucci. Noi credevamo di M. Martone. Mazzini è interpretato da T.
Servillo. Garibaldi, miniserie di Rai 1 ; interpretato da Lombardo. L'alba
della libertà, cortometraggio, regia di Emanuela Morozzi, Associazione
Mazziniana Italiana Domus Mazziniana Doveri dell'uomo Mazzinianesimo Monumento
a M. (Firenze) Museo del Risorgimento e istituto mazziniano Pensieri sulla
democrazia in Europa Risorgimento. su
Treccani Enciclopedie, Istituto dell'Enciclopedia. Istituto dell'Enciclopedia
Italiana. Dizionario di storia, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana,. su sapere,
De Agostini. hls-dhs-dss.ch, Dizionario storico della Svizzera. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, storia.camera,
Camera dei deputati. Istituto Mazziniano
a Genova; Rai Tv: "La Storia siamo noi": una certa idea dell'Italia,
su la storia siamo noi.rai. 3Mazzini e le frontiere d'Italia su viacialdini.
Pagine mazziniane: "il pensiero e l'azione", dal sito della
Biblioteca Nazionale di Napoli, su vecchiosito bnn Domus Mazziniana di Pisa, su
domusmazziniana. Associazione Mazziniana Italiana, Scritti Prose politiche, Cenni
e documenti intorno all'insurrezione lombarda e alla guerra regia, Scritti
editi e inedit, Celebrazioni mazziniane Mazzini, Triumviro della Repubblica
Romana, A. Saliceti Aurelio Saliceti. Giuseppe Mazzini. Mazzini. Keywords: la
giovine italia, la tesi di laurea di Benedetti su Mazzini nella ideologia
fascista, ideologia fascista, gentile, bobbio, garibaldi, nazione italiana,
stato nazionale, stato unitario. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Mazzini” – The
Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Mazzoni: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale – la vita attiva dei romani – la
scuola di Cesena -- filosofia emiliana -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Cesena). Filosofo italiano. Cesena, Emilia Romagna. Grice:
“Mazzoni is important on various fronts: he loves Dante, or Alighieri as
Strawson calls him – his library in organised alphabetically; the other front I
forget!” Compì i suoi studi di lettere a Bologna e
quelli di filosofia a Padova. Membro dell'Accademia della Crusca, fu tra i
preferiti del papa Gregorio XIII che lo avrebbe voluto prelato; Mazzoni preferì
proseguire nella carriera universitaria. Dapprima fu all'Macerata, ed in seguito
a Pisa, dove ebbe la cattedra di filosofia. Nella città della torre pendente,
conobbe un giovane insegnante di matematica, Galilei, con il quale instaurò
ottimi rapporti. Invitato ad insegnare all'Università La Sapienza di Roma.
Benché avesse da poco preso questa cattedra, seguì il cardinale Pietro
Aldobrandini nei suoi incarichi a Ferrara ed in seguito a Venezia. Ammalatosi
sulla strada del ritorno, si recò nella sua Cesena, dove si spense. Opere: “Difesa
della Commedia di ALIGHIERI Grazie alla sua preparazione letteraria, giunse
alla notorietà per il suo tomo Difesa della Commedia di Dante, pubblicato a
Bologna inizialmente, sotto pseudonym e poi l'anno successivo sotto il suo vero
nome, in cui criticò aspramente Leonardo Salviati. Nel testo egli risponde ad
alcune contestazioni fatte alle sue elucubrazioni sul sommo poeta Dante
Alighieri. Parimenti nel libro si occupa anche di argomentazioni pertinenti alla
filosofia ed alla poetica”; “In universam Platonis et Aristotelis philosophiam
praeludia Interessato anche all'astronomia, Mazzoni espone le sue teorie in
quello che risulta il suo testo più importante ovvero In universam Platonis et
Aristotelis philosophiam preludia. In questo saggio egli sostiene il sistema
geocentrico aristotelico contro la sempre più diffusa e apprezzata teoria
copernicana eliocentrica. Questo volume è divenuto molto noto poiché Galilei,
dopo averlo letto, gli inviò una lettera, nella quale difendeva Copernico e le
sue teorie. Questa missiva rappresenta la più antica testimonianza
dell'adesione alla teoria eliocentrica di
Galilei. M., Prefazione, in Mario Rossi, Discorso di Mazzoni in difesa
della "Commedia" del divino poeta ALIGHIERI, S. Lapi.Saggi: “Discorso
de' dittongi” (Cesena, Rauerio); “Discorso in difesa della Comedia del divino
Alighieri contro Castravilla” (Cesena, Raveri); “De triplici hominum vita
ACTIVA nempè, contemplativa, et religiosa methodi tres, quaestionibus quinque
millibus, centum et nonagintaseptem distinctae in quibus omnes Platonis et
Aristotelis, multae vero aliorum Latinorum in universo scientiarum orbe
discordiae componuntur” (Cesena, Raverio), “Della difesa della Comedia di
Alighieri -- distinta in sette libri” (Cesena, Rauerio), “Intorno alla risposta
e alle opposizioni fattegli da Patricio, pertenente alla storia del poema
Dafni, o Litiersa di Sositeo poeta della Pleiade” (Cesena, Raverio); “Ragioni
delle cose dette e d'alcune autorità nel discorso della storia del poema Dafni,
o Litiersa di Sositeo” (Cesena, Raverio), “In universam Platonis et Aristotelis
philosophiam praeludia” (Venezia, Guerilius); TreccaniEnciclopedie Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. Toffanin, M. nciclopedia Italiana, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. M., su
sapere, De Agostini. Davide Dalmas, M. Dizionario
biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. M., su
accademicidellacrusca Accademia della Crusca. Opere di M., su ope nMLOL,
Horizons Unlimited srl. Opere di M., Benedetto, M. in Enciclopedia dantesca,
Istituto dell'Enciclopedia, Dizionario Enciclopedico Brockhaus Efron, Маццони,
Джакомо. Ostracismum laudabit huius ce Reipub. formam ciae et A J de Repub.
ses, illud affequebantur, quod improbi meliores essent co- Achen. oss ditione, quàm
probi, quod quid ememanavit ex eo, quod REI PUBLICAE ROMANORVM FELICITAS cibiadis. VITAE
ACTIVAE. Ficienda erant, ad Confu pertinebat examinare diligenter, coaciones quoties
opus est et evocare, So Cspopulore ferre, quicquidque maior parsius filler exequio1
quin etiam in his quae ad belli apparatum et castrensem disciplinam pertinet, hi
summon i imperium habebant. Hiseniius erat sociis quic quid visunt eller
imperare, Trib. militum creare, de l e ett uniq. Habere, ad haec de his qui sub
corum imperio erantin castris arbitratu suo supplicium fumiere, his praeterea
licebat comitante quaestore, lacse dulo imperata faciente, publiciaeris, quantum
resipsa posset, Rei-pub. forniani Regiam esse.
Senatus autem primo quidem acrarii totius dominus erat atg; administrator:
nam et redditus omnes in eius erant potestate, et eiusdem arbitratu im pensae
fiebant, malefi ciaque et crimina PER ITALIAM commissa, de quibus iudicium
publicae fieri debebat, ut puta proditionis, coniurationis, beneficii, caedis,
at q ; insidiarum ad Senatum refeerebantur, eiuss; de his erat cognitio quod si
vlla APUD ITALOS controversia dirimenda, si publica, vel privatim qui spiam, vel
civitas ob iurganda, si cui auxilium, aut praesidium ferendum esset, de his
omnibus curam Senatus ad hib ebat. codemo popularis Rei-pub. fornia
videtur. Consules enim ante quam ex urbe
legions educerentur quinimo et quaede Res Publica per populum transigenda. Et
có.,{{1 Pin !! porro tulerit impendere quod fi quis ad hanc partem respexerit, probaliter
dicere videre licet tuni Regiam, optimorum, populiģ; gabernationem: quoties enim
Consulum imperiuint ueamur, Re gia, quoties verò Senatus authoritatem optimarum
admianistratio, quoties autem populi potestatem respicimus, banaruni omnium
rerum ins, atq; imperi una habebant: his et enim caeterionines magistratus
praeter Tr.Ple.fa? bijci ebantur, hi legationes in curiam traducebant, hic ea
leriter quae errant decidenda ita tuebant, negociaģ; magna ad Senatum: referebant,
et penès ipsos vtquae patres de: creuissent sedulo perficerentur cura omnis et
administratio erat METHODVS. codemq; modo fi extra ITALIANI ad aliquos legat somittenda
esset, vel ad aliquid decidendum, vel ad foedus faciendum, vel ad cohortandum, vel
ad imperandum, aut poftre mo ad resrepetendas, aut ad bellum in dicendum, haec
in yrben venerint agendum, quid eis respondendum in populo commune, ad eo ut quoties
quis ad urbem consulibus ab sentibus profectus esset, prorsusei Respublica optima
tum confilioregi et gubernari videretur, quod fanem multi graecorum et regum
per sua sum habuerunt, quod negocia, quae in urbe haberent ferem, omnia per Senatum
tra is incos, qui maiores magistratus gessissent, admittebatur solus autem
capite damnandi potestatem habuit, qua in re illuds anèapudeos commemoratione
dignissinum fuit, quod eorum instituto iis qui capitis damnati fuerant, ut on
ex urbe palan egrederentur, permittebatur, acfi Tribuum una ex his, quae iudicium
exercebant reliqua fuerit, quae in non dum suffragium tulerit, exiliun: reo sibi
arbitratu suo deligendi facultas dabatur, exulesautem Neapoli [NAPOLI], Praene
siæe,Tybure, atg; in alia quauis foederatorum urbe tuto elle deferebat, lege etiam
comprobandi, ac sanciendi ius habebat et quod caput eitis de pace de bello, defoedere,
decom trouersiis decidendis, aur componendis deliberavit, atque unum quod quem
horum ratuni, aut irritum faciebat, quibus, ex rebus probaliter pofleta liquis dicere,
populuni si bi maxima min Res Publica partem vindicasse, ac Rei publicae formam
Senatus ipse curabat, et providebat. Praetere a quid delegationibus ex terarum gentium,
quae ex populi administratione confatam
fuisse. Quò igitur pacto Res Publicae, in partes diftributa fueritiam sigerentur
suae tianı populo, et eaquidem amplissima pars reli&a est: poterant praeterea
populus ipse magistratus dignissimis quibusque Senatus voluntate, arý; arbitrio
pofitumerat. atq; horum quidem, quae superius
dicta sunt nihil est cum folusenini in Republica et poenae, et praemiis potestatem
habebat, et plerunq; in aliis etiam qua estionibus quoties gra priuior alicui maleficijmulata
irrogannda esset et praesertim ditum VITAE ACTIVAE rendas, ac perficiendas
idoneus hauderat conttar enim legionibus eorum aliquid missum, quae illis
publice suppeditari solebant, namq; fineS.C.neớ; frumentum, neq; vestimenta, nec
obsonia legionibus administrari poterant, ad eo ut eorum, qui exercitus
duxissent expeditiones et consilia omnia, quoties eis obstare, cum eila;
maligne agere Senatus inanimum induxisset, irritaredde rentur, et minimem ad exitum
perducerentur: quin ut quae ili animo et cogitatione complexi fuerant, ac sibi proposuerant
perficere possent, ili Senatus voluntate positum erat: nam is post quam niannuum
tempus praeterierat, aut successors mittendi, aut imperium prorogandi potestatem
habuit, ac etiam penem se undem fuit ducum res gestas et dignitatem velex tollere,
atý; ornare, velele vare, ac deprimere :nani triumphos, neộ; ut I decet
apparere, neġ; ducere cuiquam licebat, ni aliensus fusset S e longissime abfuiflet,
populi certe aflen su opus erat, quodq; est omnium ferem maximum, omnes imperio
deposito, populo eorum quae gesserint rationem reddere oportuit, qua propter Consulibus,
caeteris; Imperatoribus minime expediebat, Se. po. quem voluntatem erga se conteninere
rursu siani Senatus quam uistant umin Res Puplica potuerit po illius
authoritatem approbasset populus, praetereasi quisex Trib. pleb, intercesserit,
nedum Sena erat 1 natus, et ineius fumptum erogasser necessaria. Et siquis
ex prouincia decedere voluisset, quamuis domo pulum tamen intueri, ac illius
rationem habere coactus fuit: in maximis enim,atg; atrocissimis quaestionibus
eorum maleficiorum, quae contra Rempub.conmislaca-. piteple&untur,nihilSenatus
ex equipotuiffet, nisi prius tus nihil eorum quae decreuerat perficere: sed ne
sedere quidem, automnino incuriamvenire poterat: Trib.autí 11 di et um est:
nunc autem quaratione potuerint partes illae quoties voluerint, sibimutuo
repugnare, fibiq; inuicem opitulari, dicendum eft: enimuerò Consul poft quameani,
quam superius dixi facultatem adeptus, copias eduxerat, funini o quid e mille
cum imperio videbatur esse: verum populi, ac Senatus auxilio indigebat, ac sine
his adresge 1 erat officium id femper exequi: quod populo visunr fuerat
ciasý voluntatem quani maximè respicere, his omnibus cepissent, eos relevandi; siquae
difficultas, aut publicuni seei sintortunium; quo minus ellent foluendi obstitisser,
loca . tionemg prorfusin ducendi, ius et potestatem habuit. 7 eodenie modo Consul
ut hac tionibusti midem, ac minime libenter aduers ab an turtum populus, tum
Senatus caniforis, militiaeque; universus exercitus, et singuli, quia fub c o
ad se inuice miuuandun, et impediendum adomnes rerum 217;.occasiones; ex opinione
Polybije aminterse aprem, conue Bodi nichteré connexae; dispofitaeq; fuerunt,vt
hac nullam e Izifior, praestantiorg Rei pub formare periti potuerit.' name, cum
habeant omnes Res pub. In orbe quandam có 11.4, versionem et mutationem. Nullam
ipse hac firmior emar Essen bitratus eft, fiquidem poft uniuersalia dilaniaa missis,
ac sublatis artibus et studiis, aliquo post tenporis intervallo rursus humanum
genus auctum et propagatum fuit, quo tempore in homini bas naturale arbitrary debemus,
quod etia in in ratione carentium animalium generibus comtin gerevidenius, inquorum
gregibus fortiffimus quisý; manifestò principatum fibi vendicat: omnes enim
fortissimum et potentissimum fectabantur, aró; ita vnius dominiuni oliniigitur quisemel
honore illo digni habiti sunt in regnis consenescebant iusta studia fe&
antes nullaq; propter eos invidia, fi qui de m non magna in eis aut v i et tis,
aut verò omnibus Senatus praeerat. idem diem proferendi, fiquam publicani calaniitate
mac rum imperio, ac potestate eflent.i Haecporrò cum elfét vnius cuiusý partium
vis et facultas METHODVS decáüllis multitudinem Senatus metuebat, ad populique
: voluntatem, studi uni et cogitations suas dirigebat. At contra Senatu i populus
ipse obnoxius, et subie&userat, eumque universim, et singulatim colere, arg;
obseruare sua per magni interesse putauit, cum enim effent in ITALIAM ul bidid
tave et igaliuni genera, quae Censores in fumptus appara 33°53.stusd; publicos
locare solebant:in his omnibus conducen discurandis populus implicitus esse
confutu i c :his ve constitutum eft. 287 H Iitus kitus gracatio cernebatur:
verum funiperin emculisciuium wi t a n i lag cotes, eaem qua populus victus
ratione vte ban 7 sed post quàm horum filij cum iam comparata haberent imperio,
essent differre et ad haec licexe etiam spemine
: prae metu contradicente: in concesus concubitus appetore, ató;ita coorta
eft ex RegnoTyrannis. Noći atg hoc manifestem liquet, ex Cyri, Cam.bylif que imperio,
fortissimis viris coniurationes, adinuante etiam ducum En suorum consilia multitudine,
atg; ilius imperii quodpe nesvnum erat forma facile vedelereture ueniebat, atque
indeiam optimatum principalu sortunt, atque initium accepifient, educati abinitio
in poteltate, ang honoribus apparatus, alijsad vim mulieribus per Itapra, et raptus
inferendam, alijdenių; adaliaturpiale conuertebant, atậ; ita optimatum
principatus ad paucorun dominationem hinc illorum imperioper idem quod tyrannos
oppresserat in fortunium finiş imponebatur, ncq; praeterea Regen creare libuit sobiniuftitiac,
qua superiores vsi fuerant metum, neg; pluribus committere Rem publicam audebanttam
re centi rei malae gestacniemoria ad suanı igitur fidem publica recipiebant, atq,
ita popularis fornia effe et aeft horum postremo filii plus caeteris in Res Publica
posse contendebant; atg; sinhanc cupiditatem, maxime locupletiores incidents maximis
pecuniae largitionibas plebem cor runipebant VITAE ACTIVAE paternis, propter
eaae quabilis, communisų libertatis ru ;,-des& ignari, alijvinolentiam
;& luxuriofosconuiuionum translatuseft. praesidia,& rebusadvi&um
pertinentibus,magis quàm pro neceffitate abundarent, ob nimiam bonorum copiam,
atq; aff.uentiam cupiditatibus obsequentės, arbitratifunt oportere principes, ornatus
et epulisabijs, quifubeoruni f :: quod& Herodotus affirmat contra huiusce modi
principes fiebantàgen crofiffimis,& 1 1 tur . duxit . hiprinò administratione
gaudentes commun ivtilitate del nihil antiquius habuere, 31.disinijinsi. Sed emi
a n i eorum liberi e andem å patribus potestatem METHODUS I rumpebant, quae
affirefacaaliena bonaconselle, vitách; suae spem omnem in alienis fortunis ponere
facileducem elaro animo, ace; audacise et abatut,atý;tum Rei publicae for
mailla, cuius conservatio in flavum fiducia posita est, nascebatur, fiqui deintum
plebs in vnum coactacaldem facere, ciues eijcere, proscriptorum; agrosdiuiderein
Scipiebat, donec facuum tuufus, &erforatum, vniusiruperit *0 um
reperiretur, qua propter his motus rationibus eamprae caeteris lau Res publicae
benainaliam bonam non mutetur quam bona innalam, siquidem ut Aristoteles dicit in
habentibus infi dese symbolum facilior eft tramlitus, an quia fimilitudo ila, ali
neracione. Quam qaog contrarieta temr equirit? quodquidéin Ele's atme mentorum trasmutatione
liquid paret: inhisverò Reip.
niutaionibus, quis fimilitudineni, et contrarietateinnes gabit) FACVLTAS
ROMANORVM . quo ad leges veròattinet, quibusviifunt ROMANI, occur
rimtnobismulca, quae vt figillatim esplicentur,rom ab otoexordientur; et inprimisant
equam ROMULUS [ROMOLO] leges 1.2. demai. vixit .pokea loges quasdam ipse tulit,
cum alijs sequentibus Ro. gibus, quas curiatas appellarunt, fequidem conuacat oper
triginta curias populo Imgalifý; curiis inseparatas epra constitutis et sententiam
rogatistege solim ferebankor,;? quae populi congregario comitia curiata
dicebantur, à cocundo; quòd populuscoiret,et viri timlogesterret, et
dicerScruiusTulliusRex hunc mioremimuutle: camépo pulo eaporekasrelictaest, vt
plebiscita, et leges comitijs. Dät Polybius, quaeonines Rerum pub. forniasin
seconti not atg congregat, ne quacar uim vlera quàm facis fit au et a 1ist. et prouceta
in sibi adherenteni,& coguatam pernicien in: -b.cideret: fódvniuf cuiufớiroboreac
potential interfeinui liseem obnitentesulla ciuitatispars vfquam declinaret, ne
1.Dvivein altum propenderer. ex supradi& isautem dubucabit forfan
aliquis,curfaciliusa Pomp.in suriaras ferret populus incerto iurs, incertis que
legibusparis. H 2 curiaris LECALI vinil 1.& ler VITAE ACTIVAE.
COROLLARIVM Augusto [OTTAVIANO] hinc et Suetonius ait Tiberium à [GIULIO CESARE] in foro legecu riaelle adeptatum,
hoc eft suffragiis populi percurias collectis. quidam retulerunt. pe: TAPE PTA
LEGALIA ! Ilarunt, ad haec verò addita su t plebiscita, Senatus consulta, practorumedicta,
et principum placita,exquibus EJSER Servorum verò (cuius origo deiu regentium fluxit)
iuxta curiatis ferrentur,iii IB":NOI 3quaedam .de iur. 8oz idem parierro relabitur
ybi putabat,cum quiinciuitate sua Facinus patrasset, si in alium lo cum peruenisse
t accusam o m . iud. ai tik di t e r e a sunt prudentum declarationes, quas
responsa appeluorum fi Ергл. 800exa& isdeinceps Regibus lege Tribunicia Regum
leges antiquataesunt, poftquècaepit POPULUS ROMANUS incer tomagisiure&
consuetudine aliquavti; quamlegelata, done e decem viri leges à Graecis
petierunt, quas in tabu liseburneis praescriptas pro roftrisappo fuerunt,vt faci
lius percipipoffent, atý;cum animaduerfumeffet aliquid 1
primisistislegibusdeelle; aliasduaseisdem tabulis,adie cerunt,&
itaexaccidenti appellate esuntleges duodecim 14 'ride illo crimine non potuisse
exemplo Hermiodori. Qui demomn eius ROMANORUM coaluit. 804 quod quidem universum
refertur, vel ad personas,velad res, vel ad a et iones. Iureconsulti verba vnatantunt
fuit conditio, istig;domi defta.ho. nioalieno contra naturam subijciebantur.
:.ning Liberi in li. cum TABULARUM, quarum ferendarum authorem fuiffe X Cicerone
.I.v.in. viris Hermodorum quendá Ephesum exulantem in ITALIA Tus, argumentum ad
exules. net ibni I PERSONAE lib.3.f. dedos hominesautem autliberisunt,autferui.
fta.ho. li ? رز inli.2.de80r rationeveròhuius
Hermodorinon rectè colligitBaldus
{,oz inillisautêquiafummaeratobscuritas desiderataeprop habent,quodlibet
faciendi legenon prohibitum, atý;isto rum, alij sunt liberti, alij libertini, alij
ingenui. Quià mortein vita millosre uocarunt, appellabantur. -horun, autem alij
ciueserant ROMANI, qui vindicta, censu,Vlp.cap.s. : aut testamento nullo iure
impediente n i anumis li sunt, alij instic. latiniIuniani,quiexlegelunia
interamicos manumisli funt, alijdeditiorum numero, qui propter noxam torti
nocételáinuenti sunt, deinde quoquomodo nianumisli. LIBERTINI. INGENVI. $ 11.
Ingenuorum veròalijluisunt iuris, alijverò alieno iuri fubie&i. et savie quialieno iuris ubie et isuntfilij familias appellan-1.1.f.&his
tur, qui inditione, et potestate patris sunt vel natura, velquisútlui
adop. natura sunt qui ex nuptiis uxoris
et maritioriuntur. NVPILAE. Nuptia cverò apud ROMANOS tribus per ficiebantur modis
Bəê in2: tiaeper coemptionem. Mulieres autem quae in manu per coenuptionem
conue nerant matres familias vocabantur, quaeveròvsu, velfar reationeminime.
caeterae aliaevxoresvsu erant. Anim aduertendum est autem maximam fuisse differentia
adoptione. Farreatione nempè, coemptione, &ylu, et fanèfar reatio Top. Cicerone
folis pontificibus conueniebat. coeniprioverò cereis solemnitatibus per agebatur,
fese.n. 1. 2. ff.de METHODVS Liberi sunt qui nullius
imperio subie &I facultatem liberā LIBERT1. Liberti funt quos domini ex iustaserui.
Il convito di Platone. Discorso de' Dittonghi di M. all'Illustrissimo Signor il
Signor Francesco Maria de Marchesi del Monte. In Cesena Appresso Raverio. Questo
Discorso sitrova altresì inserito nella celebre Raccolta degli Autori del bel Parlare,
impressa nella Basilicata. II.Discorso di M. indifesa della Comme dia del
divino Poeta Dante. In Cesena per Bartolomeo R a verii in4.Ladedicaè AlMoltoMag.mioSig.
Osservandissimo il Sig. Tranquillo Venturelli . Da Cesena. De’ motivi, che
indussero l’autore a scrivere questo dotto ed ingegnoso Discorso, se ne ragiona
qui addietro a cart.19. e segg. III. M. Oratio in funere. Guidiubaldi Fel trii
de Ruvere Urbinatium Ducis .Pisauri apud Hierony mum Concordiam. in4. IV.M.
Cæsenatis deTriplici HominumVita, Activa nempe, Contemplativa, ei Religiosa
Methodi tres, Qyestionibus quinque millibus centum etnonaginta septem
distincta. In quibus omnes Platonis et Aristotelis, multæveroaliorum Græcorum, Arabuin,
et LATINORUM in universo Scientiarum Orbe discordiæ componuntur. Quaomnia
publice disputanda Roma proposuitAnno salutis Ad Philippum Boncompagnum S.R.E.
Cardinalem amplissi mum. Cæsena Bartholomæus Raveriusexcudebat in Questo volume contiene le celebri conclusioni
di quasitutte le scienze, che M. difese pubblicamente con meraviglia di
tutta S2 . 1 1 Ita 1T Della Difesa della Commedia di Dante
ec. Parte Pri ma, che contiene li primi tre libri, pubblicata a beneficio del mondo
letterato. Studioe Spesa di D. Mauro Verdoni, D. Domenico Buccioli Sacerdoti di
Cesena, e da essi dedi cata all'Illustriss. eReverendiss.Monsignore Sante
Pilastri Patrizio Cesenate dell'una e dell'altra Segnatura Referendario,
Abbreviatore de Curia, e della Santità di N. S. In nocenzioXI.eSua Cam. Apost. CommissarioGenerale.In
Cesena Per Verdoni. in e V. Della Difesa della Commedia di Dante distinta
in seta te libri; nella quale si risponde alle opposizioni fatte al D i s corso
di M. e sitratta pienamente dello arte Poetica, e di molt altre cose pertenenti
alla Filosofia, e alle belle Lettere Parte prima ; che contiene i primi tre
libri.Con due Tavolecopiosissime.AllIllustrissimo eRe verendissimo Sig.il Sig.
D. Ferdinando de'Medici Cardinale di Santa Chiesa . In Cesena Appresso
Bartolomeo Raverii in4. . Italia . N o n seguì però questa famosa Disputa in
Roma, com' egli avea disegnato di fare, ma bensìinBologna nelFebbrajo dell'anno
seguente; on degliconvennemutare il frontispizio al suo libro, e porvi: Quæ
omnia publice disputanda Bononia proposuic Anno Salutis Veggasi qui addietro
ove sitrattaampiamente disìfatta disputa,e delmeritodi questo libro.Della Difesa
della Commedia di Dante distinta in sette libri, nella quale si risponde alte
opposizioni fatte al Disa corsodiM. M. esitratta pienamente dell' Arte Poetica,
e di molte altre cose pertinenti alla Filosofia, ed alle belle lettere. che
contiene gliultimi quattro libri nonpiù stampati; edora pubblicata incuisitrova,
cosìpergloriadel M., come per le insigni qualità del Prelato, che vi si
rilevano, cred o ben fatto di riportarla in questo luogo, e dèla seguente.
a beneficio del Mondo letterato. Studio eSpesa diD. Mait ro Verdoni,eD.
Domenico Buccioli Sacerdoti diCesena,. da essi dedicata Ad Albizzidell'una e
dell'altra Segnatura Re ferendario, Giudice della Sacra Congregazione di
Propagan da, ePrelato domestico di N. S. Papa Innoc. XI. in Cese na per Severo
Verdoni in 4. Nell'occasione, che D. Mauro Verdoni, illustre letterato di
Cesena, ebbe ri soluto di pubblicare questa seconda parte della Difesa di Dante,
vedendo che la prima era di già divenuta assai rara, si determinò d i dover
ristampare anche questa, siccome fece, dedicandola a Monsig. Sante P i laseri
Prelato Cesenate per dottrina e per esemplarità di costumi riguardevolissimo,
il quale aveva prestato a tal effetto al Verdoni ed ajuto e favore . M a
essendo Monsig. Pilastri passato a miglior vita in tempo che appena
n'eraterminata la stampa, convenne aglieditori procacciarsi un nuovo Mecenate,
cui subito ritrova rono senza uscire dellalorpatria nelladegnissima per sona di
Monsig. Dandini Vescovo diSinigaglia, Prelato anch'esso digran nome ; onde è
avvenuto che quasi tutti gliesemplari siveggono con nuova dedica indirizzati a
questo secondo, ede'primi non m'è riu. scito discontrarne cheuno,ilquale
siconserva pres so dime unitamente all'altro dedicatoaMonsig. Dandini. La
dedica a Monsig. Pilastri è in data, e quella a Mopsig. Dandino è de'17. dello
stessomese edanno. Epoichè questa prima dedica merita assolutamente d'essere
tratta dall'oblivio ne Illuge 'animo fatociperultimare que sta grande
impresá frastornataci da tanti ostacoli) abbia mo stimato convenientissimo
debito presentarla a V. S. Illu striss. per una particella di dovuta
restituzione, eriman dar (comesidice) questo FiumealsuoMare. Nepunto erriamo, sesottonone
di Mare ricopriamolavastità delsa pere, la profondità della prudenza, i tesori
delle Cristiane virtù,cheadornano l'anima di V. S. Illustris.Avvenga che, se
sirifletta con quanta carità dispensa ella a'Poveri isussidjdellavita,
a'suviConcittadinilegrazie, con quan ta magnanimità, emulando la pietà de'suoi
Avi, eregga agli Eroi del Paradiso gli Altari;sovvengaleCongregazioni del
Taumaturgo Fiorentino, ed in specie questa della Pa che con tanta esemplarità
dal Porporato, che ci regge, ècomunemente protetta,e progredisce ne dettami
delpiosuo Illustriss. eReverendi ss.Monsig. Comparisce sulla scena
del Mondo alla seconda lucelaPri. ma Parte di cotestaDifesa fregiata del
pregiatissimo nome di V.S. Illustriss.per contestare, che volume si prezioso
meritò sempre ne'suoi natali uscire ornato in fronte del no me d'uno d'e primi
Personaggi, che venerasse il Secolo. Ed
invero,sesiconsiderinoledignità,merito,virtù,e l'altre venerabili doti, che
adornano l'animo di V. S. III., puossi senza veruna nota concludere, che sia
sempre stato secondato da segnalatissimi favori nelli suoi ingegnosi parti il nostro
M.; mentre questi sono stati sempre genero samente accolti, edalle prime
Cattedre, eda'primiSavj del mondo, leggendosi sino da’Chinesi iportenti di
questo grandeingegno. Ondenoiin considerazione delle grazie tan tevolte compartiteci,e
dell tria, ' Fondatore, non potiamo, nè dobbiamo concludere altro della
religiosa prodigalità della sua mano, se non quello, che della mano dispensiera
di Probo cantò Claudiano: Præ 1 Præceps illamanus Auvios superaba tIberos,
zioni,eprove dell'amore che V. S. Illustriss. le porta ed in udire tutto giorno
i religiosiattestati della sua pietà a risplendere o ne' Tempii, o negli
Altari, non le consacri tuttose stesso in olocausto? Se nontemessimo tormentar
quivi la sua modestia, proseguiressimo a mostrar con mille prove la sua gran
dilezione verso la Patria, e noi tutti ; giac chivisonopochi,chenonrammentino
legrazie,ifavori, eisovvegni conseguiti dalla bontà diV. S.Illustriss., ch'e
Aurea dona voinens . A questo Mare adunque, la di cui gentilissima aura hacci
sovvenuto a condurre alporto un Opera contrastataci da im. petuosi aquiloni di
mille infortunj, abbiamo noi presentato nella tavola de nostri voti questo
eruditissimo libro, col solofinedi rimostrare all'universale Repubblica
diDotti, che se la nostra Patria ha saputoprodurre i M., i > Chiaramonti, i
Dandini, e gli Uberti, preseduti alle pri me Cattedre di Roma, di Parigi, di Bologna,
e di Pisa, ha ancora nelmedemo tempo avuto nobilissimi Figli, chegli hanno generosamente
accolti, favoritiegraziati. Egiacche
questa Difesa per se stessa rende immune da qualsisia di fesa l'Autore, che ha
saputo mettersi in tal quadraturii coll' altissimo suo sapere, che non paventa
veruna offesa; resta perciò liberaa V.S. Illustrissima lasola difesa epro
tezione di noi, che abbiamo volentieri registratoin questo Libro
lossequiosissiino e riverentissimo tributo della nostra divozione al di leigran
Nome; che non potrà mai ricor darsi e da noi, e dalla Patria tutta senza
rassegnargliene con un eccessivo ossequio un tenerissimo affetto. Perciocchè
chi è, che nella Patria in vedere le affettuose dimostra f > mula di
quelGrande, neque negavit quidquam peten tibus; et ut quæ vellent, peterent,
ultrò adhortatus est. Cesena. Sacerdoti Cesenati, VJ. Discorso di M.
intorno alla Risposta ed alle opposizioni fatregli da Patricio, per est .
M a vaglia per tutti, e sia ne' fasti dell eternità a caratterid'oro registrata
la grande restituzione, che ha fat to alla Patria del suo gloriosissimo, e
primo seguace del Redentore, Martiree Pastore d'EvoraS. Mancio ladi cuimemoria
quasi quiestintaèstata dalla dilei Pietà ravvivata ; le di cui Sante Reliquie,
fatte portare dalle ultime regioni del Tago, siccome hanno impietositi gli
Altari, così ancora hanno indotta tal venerazione del di leiNome, che
ingegnosamente si dice, meritar ella corona più preziosa di quella, che da' Romani
donavasi a chi rendeva i suoi Cittadini a Roina; ovvero che solamente lapietà
di Monsig. Sante ha saputo accrescereifigliSanti allaPatria;eche sopra questo
fortissimo Pilastrosivede ogni giorno più sta bilita la divozione verso gli
Eroi del Paradiso in Cesena. Viva dunque il nome di V. S. Illustriss., e fino
che i nostri celebratissimi Rubicone e Savio tributeranno i loro liquidi
argenti all'Adriatico, resti impressa negl’animi di tutti la memoria di si gran
Benefattore. Vivaquesto Cesenate Ti moteo, a cui non Atene, ma Cesena, che è
pur l'Atene della Romagna, ergapertrofeouna corona di cuori. Mentrenoi.
restringendocia supplicarladigradire quest'attestato delno stro umilissimo
ossequio, riverentemente inchinati, la sup plichiamo anon isdegnarsidi permetterci,
che ci pubblichid mo per sempre Di V.S. Illustriss.e Reverendiss. Vmiliss.e Reverentiss.
Servi Obblig. D.Verdoni, e D. Buccioli > te 145 tenente alla Storia
del Poema Dafni, oLitiersa di Sositeo Foeta della Plejade. InCesena appresso Bartolomeo
Raverii .in4. VII. Ragioni delle cose dette, ed'alcune autorità citate da
Jacopo Mazzoni nel Discorso della Storia del Poema Dafni oLitiersa di Sositeo .
In Cesena per Bartolomeo R a verii in4.
Del merito diquesti dueOpuscoli, e della cagione, che indusse l'autore a
scriverli, si vegga acart.78.e segg.,eacart.84. e85. Jacobi M. Cæsenatis, in
almo Gymnasio Pisano Aristotelem ordinarie, Platonem vero extraordinem
profitentis, in universam Platonis et Aristotelis Philosophiam Preludia, sive
de comparatione. Platonis et Aristotelis. Liber Primus. Ad Illustrissimumet Reverendissimum
CarolumAn sonium Pureum Archiepiscopum Pisanum .Venetiis Apud Joannem Guerilium
in fol. Questo volume, che dal Mazzoni era,forse non senza ragione, riputato il
suo capo d'opera, si vede al presente giacere quasi in una totale dimenticanza,
colpa de' nuovi sistemi di Filosofia, che di poi si sono introdotti . Ad ogni
modo è opera dottissima, e quanto mai si possa di -. re ingegnosa, e nel suo
genere affatto singolare; con tenendo quasituttiisistemi degli antichi Filosofi
esa In Exequiis Catherina Medices Francorum Regine. Florentia apud
Philippum Jun ctamin 4. L'Autore dedica questa sua Jacobi Mazonii Oratio habita
Florentia Idus Orazione al Duca di Bracciano per 1 ! i molti favori, che avea
ricevuti da questo m a gnanimo eliberalissimo Signore;dallacuigentilepro
pensione verso di sè dice, che sisentiva tratto a scri vere, epresentargli un
giorno cose molto maggiori .mi . T minati ed illustrati in una
maniera sorprendente. Lettere . Una lettera del Mazzoni scritta a Belisa rio
Bulgarini si trova impressa a cart. 121. delle Consi derazioni del medesimo.
Bulgarini sopra il Discorso di esso M. in difesa della Commedia di Dante . In
Siena appresso Bonetti. in 4. Tre altre scrit teparimente alBulgarini sileggono
a carte e delle Annotazioni, ovvero Chiose Marginali dello stesso Bulgarini
sopra la prima parte della Difesa di Dante di M.. In Siena appresso Luca
Bonetti. Ed una indiritta a Speron Speroni staa cart.355. del volume quinto di
tutte l’Opere di esso Speroni dell'ultima edizione di Venezia. Dialoghi in
difesa della nuova Poesia dell'Ariosto. Di questi dialoghi fa menzione M,
medesimo alla pag. 20. delsuo Discorso de’ Dittonghi; e dice ch'era presto, a Dio
piacendo, periscamparli, il chepoinon fece, forse per essersi ricreduto sovra
tale materia; giacchè allora, che era molto gio Considerazioni sopra la Poetica
del Castelvetro. Que ste furono mandate dal Mazzoni al Barone Sfondrato, che ne
dà ilsuo giudizio inuna lettera scritta all'autore t r a quelle del Vannozzi.
vane XIII.Commentarj sopratutti I Dialoghi di Platone.P rea se M. a scrivere
questi Commentarj per soddisfazione di Francesco MariaII, della Rovere Duca
d'Urbino, ed egli medesimo ne fa menzione in una lettera scritta a Veterani
Ministro del Duca, come pu . re a reinaltraa Belisario Bulgarini,
cheleggesi acart.213. delle Annotazioni ovvero Chiose marginali ec. di esso Bul
garini. M. medesimo poiacart. della DifesadiDante nomina isuoi Commentarj sopra
il Fedone, XIV . Libri de Rebus Philosophicis, fatti ad imitazion di Varrone. Compose
M. quest'opera inunasua villetta sulla riva del Savio, e. disse a Roberto Titi
che pensava di pubblicarla prima della seconda parte della Difesa di Dante.
Veggasi quan toda mesenediceacart. 44.e98. delpresentevo lume. Censura del
primo Tomo degli Annali del Cardinal Baronio . Il celebre Simon in una lettera
a Dandini, che si legge a cart. della sua Biblioteca Critica, afferma d'aver
inteso da questo Prelato, che M. avea scritto contro il primo tomo del Baronio,
tosto che questo uscì in luce, e che il
manoscritto di quest'opera sic onservava nella libreria delGran Duca. Discorso
d'una breve Navigazione, chesi puòfare da Portugallo nell'Etiopia, e nel Paese
del Prete Janni . A Buoncompagni General di S. Chiesa, e Marchese diVignola. Questo
si trova in una Miscellanea della Biblioteca Vaticana. Discorso sopra le Comete.
Anche questo Discorso, lodatissimo dalSig. Guidubaldo de' Marchesidel Monte
celebre Astronomo, dovrebbe ritrovarsi nella Libreria Vaticana tra'Codici
Urbinati; ma per diligen zefattenon siè potuto rinvenire al num.513., allegato
dal Conte Vincenzo Masini nelle Annotazioni al primo libro del suo Poema del
Zolfo, e dietro a lui da Muccioli a cart.116. del suo bel Catalogo della Bi
. Biblioteca Malatestiana . Veggasi ciò, che del pregio di quest'operetta
si è da noi detto alla pag. 101. La Fisica, e i Dieci Libri dell'Etica
d'Aristotile. Tadini scrive che il manoscritto originale di quest'opera,
mancante però e imperfetto, si conser vava alquanti anni sono presso ilSig.
Gio: Antonio Al merici Nobile Cesenate. Il medesimo si afferma da Ceccaroni in
alcune memorie mano scritte, comunicateci dal Ch.Sig. Arcidiacono Chia ramonti,
dalle quali si apprende, che lo stesso Cecca roni avea fatta copia
dell'originale inedito dell' Etica; ma sento che questa copia ancora sia andata
insinistro,epiù non siritrovi. In universam Platonis Rempublicam Commentaria.
Della Rupubblica di Platone da sé commentata fa ri cordo M. medesimo nella
lettera di ZQ / 148 ν gata al Sig. GiulioVeterani; dicendo,che quantopri
ma pensava di mandarla, o di recarla esso medesimo al Sig.Duca d'Urbino. alle
La X X . Orazioni . Di varie Orazioni dal nostro autore composte in diverse
occasioni, e non mai pubblicate, si è fatto memoria nel decorso di quest'opera,
prima viene accennata a cart.89., detta in Pisa nell' aprimento degli Studi in
lode della Filosofia . La se conda scrittada lui eloquentissimamente per movere
il Pontefice Clemente VIII. a ribenedire il Re Arrigo IV. di Francia a cart.
99. La terza detta ne' funerali del celebrePierAngelio da Bargaacart. 100.
El'ultima final mente recitata nell'Archiginnasio Romano, facendo una
comparazione tra l'antica Roma e la moderna ; . della quale sifavella
acart.112. Lezioni. Quattro Lezioni altre sì scrive M. sopra che mai non
videro la luce . Elle furono reci. tate in Firenze, due nell'Accademia
Fiorentina per ri schiaramento di due luoghi di Dante; e l'altre in quella
della Crusca sopra i Brindisi,e le feste Vinali degli Anti chi.Veggasi a cart.77.94.95.e97.
Lettere. Di alquante lettere del M. si conservano gli originaliin Pesaro nella
libreria Giordani, delle quali lach.me.del dottissimo Sig. Annibale degli Abati
Olivieri si compiacque giàmandarmi copia; e sono tre scritte al Cardinale Giulio
della Rovere, una al Duca d'Urbino, due a Giulio Veterani, ed una a Piermatteo
Giordani. Altre parimente originali scrittea Belisario Bulgarini si trovano in
alcuni Codici esistenti nella Libreria dell'Università di Siena. Oltre
aquest'opere ilTadini afferma, essercime moria, che dal Mazzoni sieno state
scritte anche le seguenti, cioè I. In Homerum Paraphrasis. II. Numi smatum Græcorum
Interpretatio. In Lullum Commentaria.IV. Naturalis Philosophie Arcana.V.
Secretoperco noscere da'Bigari e Quadrigati, denari Romani, qual fazione restasse
vittoriosa ne' Giuochi Circensi, se la Veneta o Prasing Rossa o Bianca.
Tractatus de Somniis. L'originale di questo trattato de'Sogni dice, che fu
venduto molti anni sono da certuno al Sig.Pier Girolamo Fattiboni Gentiluomo
Cesenate. Ma che avea incontrata la stessa disgrazia degli altri, non si
essendo più trovato. Forse tutti questi mss. dovettero essere in quelle dieci
casse di libri di M., che rimasero dopo la di lui morte presso Girolamo
Mercuriali in Pisa, come il Dottor Ceccaroni nell'accennate Memorie afferma
apparire da un pubblico Documento rogato. Per Per ultimo il
sopralodato Sig. Arcidiacono Chiara monti mi assicura, esservi anche al
presente chi sostiene doversi attribuire al M., così la Canzone composta in lode
del Torneamento fatto in Cesena nel Carnovale, la quale incomincia Mostra
l'alterafronte,come la difesa della medesima, che fu pubblicata sotto nome del
Bidello dell'Accademia con questo titolo; Risposta di Matteo Bidello
delloStudio di Cesena al Parere d'incognito Oppositore fatto sopra la Canzone Mostra
l'altera fronte. In Cesena conlicenza de Su periori Per Bartolomeo Raverii. in8.;
machenon avea avuto modo di verificare veruna di queste voci. lo per altro non
averei difficoltà di credeCre, che così la Canzone,come ladifesa potesser essere
fattura del nostro autore, essendo la Canzone assai bella ; e la difesa molto
dotta e giudiziosa, e degna assolutamente del nostro grande e celebratissimo M..
Mazzoni. De triplice vita. Mazzni. Keywords: implicature, repubblica romana,
the Latins on ‘vita activa’, I romani e la vita attiva. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Mazzoni” – The Swimming-Pool Library.
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