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Friday, January 24, 2025

LUIGI SPERANZA -- GRICE ITALO A-Z P PAR

 

Luigi Speranza -- Grice e Pareyson: implicatura conversazionale – implicare, impiegare, ed interpretare – liberalismo, risorgimento, fascismo – la scuola di Piasco -- filosofia piemontese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Piasco). Filosofo italiano. Piasco, Cuneo, Piemonte. Linceo. Nato da genitori entrambi originari della Valle d'Aosta, si laurea a Torino con una tesi dal titolo “Esistenza” – su Jaspers, che poi venne pubblicata all'editore Loffredo di Napoli. Compe spesso viaggi di studio in Francia e in Germania, dove ebbe modo di conoscere personalmente Maritain, Jaspers eHeidegger. Si fece notare dai più importanti filosofi del tempo, tra i quali Gentile. Allievo di  Solari e Guzzo, dopo aver seguito in Germania i corsi di Jaspers, insegnò filosofia al Ginnasio Liceo Cavour di Torino e al liceo di Cuneo, dove ebbe come allievi alcuni futuri esponenti della Resistenza italiana, tra i quali Revelli e Vivanti. Fu arrestato per alcuni giorni, in seguito agì egli stesso nella Resistenza, insieme con Bobbio, Ferrero, Galimberti e Chiodi, continuando a pubblicare anonimamente articoli.  Nel dopoguerra insegnò al Gioberti e in vari atenei tra cui Pavia e Torino dove, conseguito l'ordinariato. Fu accademico dei Lincei e membro dell'Institut international de philosophie, oltre che direttore della Rivista di estetica, succedendo a Stefanini che la fondò  a Padova. Ha molti allievi, fra cui Eco, Vattimo,  Tomatis, Perniola, Givone, Riconda, Marconi, Massimino, Ravera, Perone, Ciancio, Pagano, Magris e Zanone, segretario del Partito Liberale Italiano, ministro della Repubblica e sindaco di Torino. Considerato tra i maggiori filosofi, assieme a Abbagnano fu tra i primi a far conoscere l'esistenzialismo, facente capo principalmente ad Heidegger e Jaspers, e a riconoscersi in questa visione (La filosofia dell'esistenza e Jaspers), in un quadro dominato dal neo-idealismo. Si dedica anche a dare una nuova interpretazione dell'idealismo  non più in chiave hegeliana (Fichte), individuando in Schelling un precursore a cui l'esistenzialismo doveva la propria ascendenza, sostenendo che «gli esistenzialisti autentici, i soli veramente degni del nome, Heidegger, Jaspers e Marcel, si sono richiamati a Schelling o hanno inteso fare i conti con lui L’'esistenzialismo anda ripreso in chiave ermeneutica. Considera la verità non un dato oggettivo ma come interpretazione del singolo, che richiede una responsabilità soggettiva. Chiama la propria posizione personalismo ontologico. Si è dedicato anche a ricerche storiografiche, individuando nella filosofia post-hegeliana due correnti, riconducibili rispettivamente a Kierkegaard e a Feuerbach, e che sarebbero sfociate rispettivamente nell'esistenzialismo e nel marxismo.  Il suo percorso filosofico ha attraversato principalmente tre fasi:  una più propriamente esistenzialista, attestata cioè su un esistenzialismo personalistico, in dialogo con Kierkegaard, che riconosca come la comprensione di sé stessi è resa possibile solo dalla propria relazione con l'Altro; una seconda incentrata sull'ermeneutica, ossia nel farsi strumento di interpretazione della verità, volgendosi ad una comprensione ontologica delle condizioni inesauribili dell'esistenza, che ripercorrendo Heidegger si tramuta da angoscia del nulla in ascolto dell'Essere; l'ultima che si richiama a un'ontologia della libertà, più vicina a Schelling, ritenuto un filosofo talmente attuale da essere persino post-heideggeriano, la cui interpretazione può essere innovata a partire da Heidegger proprio perché Heidegger ha avuto Schelling all'origine del suo pensiero. Rreinterpreta le tre fasi del suo pensiero alla luce del passaggio dalla filosofia negativa a quella positiva di Schelling, ossia il momento in cui la ragione, prendendo atto della propria nullità, si apriva allo stupore dell'estasi, in una maniera non necessaria né automatica, bensì fondata su una libertà che non esclude tuttavia la continuità. Solo ammettendo questa libertà si può approdare da una filosofia puramente critica, negativa, ad una comprensione dell'esistenza reale, oltre che della possibilità del male e della sofferenza. Il discorso sulla negatività non sarebbe affatto completo se non si parlasse della sofferenza, ma dato che la sofferenza è non solo negatività, ma è una tale svolta nella realtà che capovolge il negativo in positivo, questo fa già parte di quella tragedia cosmo-te-andrica – cosmos, theios, aner -- che è la vicenda universale. Migliorini et al., Scheda sul lemma "P.", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, Per gli accenni biografici di questa sezione, si veda Vattimo, Dizionario Biografico degli Italiani, come anche la biografia presente in centrostu di pareyson. Regolo, A Torino Gadamer ricorda P., Repubblica, Cfr. Schelling, in «Grande antologia filosofica», Milano, Marzorati, Palma Sgreccia, Una filosofia della libertà e della sofferenza, Milano. Offrì un'interpretazione del proprio percorso filosofico nell'iEsistenza e persona. Tomatis; “Escatologia della negazione” (Roma, Città Nuova. cit. in: Roselena Di Napoli, Il male – cf. Grice, “ill-will” --. Roma, Gregoriana, Tomatis. Altri saggi: “La filosofia dell'esistenza” (Napoli, Loffredo); “L’esistenzialismo” (Firenze, Sansoni); “Esistenza e persona” (Torino, Taylor); “L'estetica idealista del fascismo” (Torino, Filosofia); “Fichte, Torino, Edizioni di «Filosofia); “Estetica. Teoria della formatività, Torino, Filosofia); “Teoria dell'arte, Milano, Marzorati, I problemi dell'estetica, Milano, Marzorati); “Conversazioni di estetica, Milano, Mursia, Il pensiero etico” (Torino, Einaudi); “Verità e interpretazione, Milano, Mursia); “L'esperienza artistica, Milano, Marzorati,  Schelling, in Grande antologia filosofica, Milano, Marzorati); “Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa, Torino, Einaudi, La filosofia e il problema del male, in Annuario filosofico, Filosofia dell'interpretazione, Torino, Rosenberg); Kierkegaard e Pascal, Givone, Milano, Mursia); “Filosofia della libertà, Genova, Melangolo); Ontologia della libertà. Il male e la sofferenza, Torino, Einaudi. Le "Opere complete" sono pubblicate a cura del "Centro studi filosofico-religiosi P.", Mursia, Milano.  Interviste principali Se muore il Dio della filosofia, Sbailò, “Il Sabato”, anno Io, filosofo della libertà, Righetto, “Avvenire” Mario Perniola, "Un'estetica dell'eccesso: Luigi Pareyson", in Rivista di Estetica, Rosso, Ermeneutica come ontologia della libertà. Studio sulla teoria dell'interpretazione di P., Milano, Vita e Pensiero, Francesco Russo, Esistenza e libertà. Il pensiero di P., Roma, Armando, Furnari, I sentieri della libertà. Milano, Guerini e associati, Chiara, L'iniziativa. Genova, il melangolo, Ciglia, Ermeneutica e libertà, Roma, Bulzoni Editore, Tomatis, Ontologia del male, Roma, Città Nuova Editrice, Ciancio, L’esistenzialismo, Milano, Mursia Editore, FTomatis,  pareysoniana, Torino, Trauben Edizioni, Les Cent du Millénaire, Aosta, Counseil régional de la Vallée d'Aoste et Musumeci Éditeur, Conti, La verità nell'interpretazione. L'ontologia ermeneutica, Torino, Trauben Edizioni,  Pareyson. Vita, filosofia,, Brescia, Morcelliana,  Musaio, Interpretare la persona. Sollecitazioni. Brescia, Editrice La Scuola, Palma Sgreccia, Una filosofia della libertà e della sofferenza, Milano, Vita e Pensiero, Bubbio, Coda, L'esistenza e il logos. Filosofia, esperienza religiosa, rivelazione, Roma, Città Nuova Editrice, Bartoli, Filosofia del diritto come ontologia della libertà. Formatività giuridica e personalità della relazione, Roma, Nuova Cultura, Giudice, "Verità e interpretazione,” Atti dell'Accademia peloritana dei Pericolanti, TreccaniEnciclopedie on line, Istituto dell'Enciclopedia. Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.  BeWeb, Conferenza Episcopale Italiana.  Opere open MLOL, Horizons Unlimited srl. Opere Dizionario di filosofia Centro studi filosofico-religiosi P. Pubblicazioni e  critica Centro studi filosofico-religiosi orino. vita e pensiero Gianmario Lucini, sito "filosofico.net". Luigi Pareyson. Pareyson. Keywords: implicare ed interpretare, “Liberalismo, risorgimento, fascismo” – la filosofia politica fascista, la morale fascista, Pareyson e Gentile, fascismo, I saggi anonimi di Pareyson, ‘Liberalismo, risorgimento, fascismo’ ----  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Pareyson” – The Swimming-Pool Library.

 

Luigi Speranza -- Grice e Parinetto: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale ed alchimia – la bucca del culo – la scuola di Brescia -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Brescia). Filosofo italiano. Brescia, Lombardia. Grice: “Parinetto implicates, “Are witches women?” “Sono donne le streghe?” Grice: “The question may be rhetorical but it ain’t – since Italian allows for “lo strego,” and “lo stregone.”” Ha insegnato a Milano. Nella sua opera convergono tanto lo studio delle filosofie orientali (fu traduttore del Tao Te Ching di Lao Tzu) che influenze di pensatori sia classici, come (Eraclito, Nietzsche e Marx), sia contemporanei della filosofia occidentale, quali Deleuze e Guattari. È considerato uno degli interpreti eterodossi del marxismo. Particolarmente importanti sono state le sue analisi sulle persecuzioni dei movimenti ereticali e sulla stregoneria, nella cui repressione legge il tentativo di annichilimento di qualsiasi diversità sociale da parte del potere (non solo religioso ma anche economico e culturale). Ha contribuito, spesso, con queste sue analisi, alla comprensione dell'emarginazione di tutte le istanze sociali e culturali minoritarie, non solo del passato ma anche contemporanee. Altro tema centrale dell'opera è l'alchimia, intesa come sapere contrapposto alla scienza moderna e volto alla trasformazione dell'umano anziché del sociale. Ha anche una profonda cultura musicale, tanto da essere stato collaboratore di “L'Eco di Brescia” come recensionista. Fu anche collaboratore del periodico La Verità (organo della federazione bresciana del PCI).  È in via di costruzione, presso la biblioteca di Chiari, la Fondazione Parinetto, che raccoglie la sua vasta produzione. Saggi: “Alchimia e utopia, Pellicani” (Mimesis); “Corpo e rivoluzione in Marx, Moizzi-contemporanea, Faust e Marx, Pellicani” (Mimesis); “Gettare” (Mimesis); I Lumi e le streghe, Colibrì, “Marx: sulla religione, La nuova Italia, “ Il ritorno del diavolo” (Mimesis,” La rivolta del diavolo: Lutero, Müntzer e la rivolta dei contadini in Germania, Rusconi); “La traversata delle streghe nei nomi e nei luoghi e altri saggi, Colobrì, “Magia e ragione” Nuova Italia,  Marx diverso perverso, Unicopli, Marx e Shylock, Unicopli, Né dio né capitale” (Contemporanea, “Nostra signora dialettica” Pellicani,  Processo e morte di Bruno: i documenti, con un saggio, Rusconi, Solilunio: erano donne le streghe?, Pellicani, Sulla religione, Nuova Italia, Streghe e potere: il capitale e la persecuzione dei diversi, Rusconi. Curatele e traduzioni Jakob Böhme, La vita sovrasensibile. Dialogo tra un maestro e un discepolo, Mimesis, Bruno, La magia e le ligature, Mimesis, Cusano, Il Dio nascosto, Mimesis, Dickinson, Dietro la porta,  liriche scelte, Rusconi, Eraclito, Fuoco non fuoco, tutti i frammenti,  Mimesis,  Rime sulla morte, Mimesis, Hegel e Hölderlin, Eleusis, carteggio, Mimesis); Il teatro della verità. Massoneria, Utopia, Verità, Mimesis, Angelus Silesius, L'altro io di dio, Mimesis,  La via in cammino: Tao Te Ching, La vita (Felice, Milano); Voltaire, Stupidità del cristianesimo, Stampa Alternativa, Vedi per esempio Una polemica sulle streghe in Italia, riferimenti in.  Vedi per esempio la recensione a I Lumi e le streghe  Vedi di Renzo Baldo  Cfr. Fondazione Micheletti Catalogo Emeroteca, su //musil.bs. Movimenti ereticali medievali Stregoneria. Biografia da Nicoletta poidimani  Biografia da zam, su zam. Una polemica sulle streghe in Italia --  nel sito della ARFISAssociazione per Ricerca e Insegnamento di Filosofia e Storia. Parinetto. Keywords: etymologia araba d’alchimia, processo e morte di Bruno, massoneria, eretico, alienazione, la bucca del culo, anale, analita, il falo, il pene, quando l’ano appare (da fece) – metafora – da fece in vece del falo, Bruno, de magia, trattati di magia, processi a Bruno, gl’antichi romani, I corpo e la revoluzione fascista – il veintennio fascista e l’analita -- Refs.: “Grice e Parinetto” – The Swimming-Pool Library.

 

Luigi Speranza -- Grice e Parisio: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale di Cicerone – la scuola di Figline Vegliaturo –la prammatica come retorica conversazionale – Leech -- filosofia calabrese -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Figline Vegliaturo). Filosofo calabrese. Filosofo italiano. Figline Vegliaturo, Cosenza, Calabria. Grice: “I like Parisio; he focused on rhetoric, as every philosopher should!” Come molti filosofi italiani senza titolo nobiliario, ha una vita errabonda. Dopo aver fatto un viaggio di studio a Corfù, ritorna in patria dove apre una scuola. Si trasfere a Napoli dove ottenne cariche e favori dal re Ferrandino. Risiede per qualche tempo a Roma per poi trasferirsi a Milano dove sposa la figlia del filosofo CALCONDILA (si veda). Dopo aver abitato a Vicenza, Padova e Venezia, torna a Cosenza, dove fonda l'accademia. Recatosi a Roma, invitato da Leone X, vi insegna nell'accademia di Pomponio e nell'archiginnasio. Rimame a Roma fino alla morte di Leone X,  dopo di che ritorna definitivamente a Cosenza. Saggi: ORAZIO Ars poetica, cum trium doctissimorum commentariis; Acronis, Porphyrionis. Adiectæ sunt præterea doctissimæ Glareani adnotationes. Lugduni veneo: a Philippo Rhomano); ORAZIO FOmnia poemata cum ratione carminum, et argumentis vbique insertis, interpretibus Acrone, Porphyrione, Mancinello, necnon Iodoco Badio Ascensio viris eruditissimis. Scoliisque Politiani, M. Sabellici, Coelij Rhodigini, Pij, Criniti, Manutij, Bonfinis et Bononiensis nuper adiunctis. His nos præterea annotationes doctissimorum Thylesij, Robortelli, atque Glareani apprime vtiles addidimus; Sipontini libellus de metris odarum, Auctoris vita ex Crinito. Quæ omnia longe politius, ac diligentius, quam hactenus excusa in lucem prodeunt; Index copiosissimus omnium vocabulorum, quæ in toto opere animaduersione digna visa sunt, Venezia: apud Bonelli, Claudianus, Claudianus De raptu Proserpinæ: omni cura ac diligentia nuper impressus: in quo multa: quæ in aliis hactenus deerant: ad studiosorum utilitatem: addita sunt: opus me Hercle aureum: ac omnibus expetendum, Venezia: Lessona, Viani eRosso, Clausulæ, CICERONE ex epistolis excerptæ familiaribus: ac in sua genera miro ordine digestæ: plenæ frugis: et ad perducendos ad elegantiam stili pueros vtillimæ et recensuit et approbauit, Vicenza: per Mariam eius. F., VALERIO MASSIMO Priscorum exemplorum libri: diligenti castigatione emendati: aptissimisque figuris exculti: cum laudatis Oliverii ac Theophili commentariis: Barbari: Merulæ: Sabellici: Rhegii: multorumque præterea novis observationibus: indiceque mirifico per ordinem literarum: ad inveniendas historias nuper excogitato: alteroque in usum grammaticorum ad vocabula rerumque cognitionem, Venezia,  Zanis de Portesio, Habes in hoc volumine lector optime divina Lactantii Firmiani opera nuper accuratissime castigata: græco integro adiuncto, eiusdem Epitome, carmen de Phœnice, Carmen de Resur. Domini. Habes etiam Chry. de Eucha. quandam expositionem et in eandem materiam Lau. Vall. Sermonem habes Phi. adhorationem ad Theodo. Et adversus gentes TERTULIANO Apologeticum, Venezia: arte et impensis Tacuini fuit impressum,); “RHETORICÆ BREVIARIVM ab optimis utriusque linguæ auctoribus excerptum; Liber de rebus per epistolam quæsitis. Tetrastichon de hoc P. alijsque quibus poetas illustrauit libris., Adiuncta est Campani QVÆSTIO VIRGILIANA excudebat Stephanus, illustris viri Fuggeri typographus, Andreotti, Storia dei cosentini, Napoli, Marchese;Lepore, Per la biografia’ Biblion, Episcopo, Fondatore dell'Accademia a Cosenza, Pellegrini, A. Frugiuele, Dubbi ed ipotesi sui suoi natali, Il Letterato: rassegna di letteratura, arte, scuola fondata e diretta da Pellegrini, Accademia di Cosenza, Treccani Dizionario biografico degl’italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Indice. A quibus primumd C inventa RHETORICA et celebrata; qualis primu apud athenienses eloquentia e usus ac stadium; QVALE PRIMV APVD ROMANOS; quid sit rhetorica, quid inter rhetorica et Dialectice AnFSietoricaiitars, quod utilis sit rhetorica; sit 'nc ars necessaria; Quæ præftarc oporteat rhetorica; Quales eifedel eant rhetoriesecan didati quæ fdre eos oporteat ti»it; quod sit officium rhetoricæ; quid inter  oficium dC finem; quis rhetoricæ finis; quæ materia; De civilib quad faonibus, SC earuhi generibius; De circunstanda quæ facithypOi», the fim; De tribus generibus causar; partes RHETORICÆ qumqi; De inventione. Zo; Qufco trover fiæno confidat zi 4z De constitutione zz»4 Quod sint costitutioncs, etquf; De statu comecdurah de datu definitivo, de datu generali, de datu translativo ex plurib conditutionibus quomcH do prmdpale quis inuemat quæ causa dmplexfit iuneda quæ con^ zp.do, de quæstione, ratione, indicatione et argumento, PARTES ORATIONIS; de genere deliberativo; genus demonsratiuunit; genus iudiciale. Figlio da Tommaso, giureconsulto e consigliere del senato napoletano, e Pellegrina Poerio. Ha come primo mæstro Pedacio, che lo avvia alla conoscenza del latino. Si trasfere a Lecce, dove il padre e stato nominato governatore, e intraprese lo studio del greco sotto la guida diStiso. Si reca Corfù per frequentare la scuola di Mosco, dove perfeziona la conoscenza del greco. Rientrato a Cosenza, frequenta le lezioni di Acciarini. Ha certamente una formazione giuridica, sollecitata dal padre, di cui resta traccia nel VOCABOLARIO LEGALE, Napoli, Biblioteca, un elenco alfabetico di quesiti giuridici tratti dai giureconsulti romani antichi. Ma l’interesse per il diritto e le istituzioni politiche antiche deriva a P. anche dalla frequentazione di Pucci, allievo di Poliziano a Firenze, attivo a Napoli. Si trasfere a Napoli ma i suoi contatti con Pucci e con l’ambiente culturale napoletano risalivano a qualche anno prima. Invitato a tenere lezioni sulle “Silvæ” di STAZIO (si veda) e nell’occasione pronuncia l’orazione “Ad patricios neapolitanos”, nella quale elogia Pontano. Alla frequentazione dell’ambiente pontaniano risale probabilmente l’adozione del nome latino. Nominato da Ferdinando I d’Aragona mæstro di camera e ricopre incarichi nella cittadina calabrese di Taverna e a Lecce. E in rapporti di amicizia con Ferdinando II (Ferrandino), come evidenziano una lettera a lui indirizzata e l’epicedio in versi per la morte della madre, Ippolita Sforza. È probabile che segue Ferrandino nella fuga da Napoli occupata da Carlo VIII e poi nella riconquista del Regno. Dopo la morte di Ferrandino e la salita al trono di Federico I si trova coinvolto in intrighi di corte e prefere abbandonare Napoli per trasferirsi a Roma. Arrivato a Roma  segue le ultime lezioni di Leto e si lega ad Inghirami, che gli fa assegnare l’insegnamento di oratoria nello studio romano. In seguito all’uccisione di due suoi allievi, implicati nelle trame che accompagnarono il pontificato di Alessandro VI, decide di abbandonare Roma e di trasferirsi a Milano. Nella città lombarda trova alloggio e occupazione nella scuola di Minuziano. Collabora ad alcune edizioni date alle stampe da Minuziano e scrisse epigrammi contro due suoi avversari, Ferrari, docente di eloquenza nella scuola milanese, e il corso Nauta. Si trasfere presso Cotta, che gli da l’opportunità di aprire una scuola propria e che forma con lui un sodalizio editoriale. L’allontanamento da Minuziano provoca polemiche e scambi d’accuse, di cui danno testimonianza le tre orazioni di P.  in Alexandrum Minutianum. Sposa la figlia di CALCONDILA, che insegna greco a Milano. Sono allievi di P. a Milano, oltre a COTTA (si veda), anche il figlio di Demetrio, Teofilo CALCONDILA, Alciato, Giovio, che scrive su biografia nei suoi Elogia, e il figlio di Poncher, vescovo parigino all’epoca presidente del senato milanese. E grazie a Poncher che ottenne la cattedra di eloquenza lasciata vacante da Ferrari, fuggito da Milano dopo la caduta di Ludovico. La polemica con Minuziano, dopo una temporanea riconciliazione, si riaccese in un contesto politico meno favorevole a lui, in seguito alla sostituzione di Poncher con Charles. A quest’ultimo Minuziano dedica l’edizione di LIVIO data alle stampe,  per la quale P. accusa l’avversario di aver plagiato le proprie lezioni su questo autore. La polemica degenera in una campagna denigratoria nella quale Minuziano e affiancato da Ferrari, rientrato a Milano, Nauta e Panato da Lodi. Replica sotto lo pseudonimo di Furius Vallus Echinate in un opuscolo stampato a Legnano da Giacomo assieme con la ri-edizione del commento a Claudiano. Oggetto anche di un’aggressione fisica accetta l’offerta di Trissino, allievo di Calcondila e si trasfere a Vicenza. Pubblica numerosi saggi: il commento al De raptu Prosperpinæ di Claudiano; i carmi di Prudenzio e il Carmen Paschale di Sedulio, ambedue nella tipografia di Signere e con il contributo dei Cotta. Ancora presso Scinzenzeler e con una prefazione di Cotta, il “DE VIRIS ILLVSTRIBVS VRBIS ROMAÆ, una delle compilazioni tardo-antiche trasmesse sotto il nome di Aurelio Vittore, che attribue a Cornelio Nepote. -- Minuziano pubblica lo stesso testo fra le opere di SVETONIO -- il “Libellus de regionibus urbis Romæ, Scinzenzeler, una versione interpolata della Notitia regionum urbis Romæ, che attribusce a un inesistente Publio Vittore. Le iniziative editoriali sono accompagnate dalla ricerca di codici antichi. Nell’edizione di Sedulio dichiara di aver utilizzato un antico codice scoperto in un monastero. A un codice di P. fa riferimento  Calcondila nell’edizione di Valerio Massimo a Legnano da Giacomo con commenti dello stesso P. e di altri. Riusce a impadronirsi anche di alcuni dei manoscritti bobbiesi scoperti da Merula oggi nella Biblioteca nazionale di Napoli: i codici latini utilizzati per le edizioni di testi grammaticali di PROBO e altri autori pubblicate a Milano da Scinzenzeler e Vicenza  da Zeno, e il codice contenente l’“Ars grammatica” di CARISIO (si veda), pubblicata da Ciminio a Napoli per Sultzbach. Questi tre codici sono oggi custoditi nella Biblioteca di Napoli. L’attività editoriale prosegue a Vicenza, con la collaborazione della tipografia dei Ca’ Zeno. Pubblica una raccolta di CLAUSULE CICERONIANE tratte dalle familiari, un manuale di retorica e la citata raccolta grammaticale. Non fa in tempo a pubblicare il De rebus per epistolam quæsitis, una raccolta di notazioni filologiche in forma epistolare incominciata a Milano e a cui da forma editoriale a Vicenza. Il suo nome si legge anche nell’edizione di Lattanzio stampata a Venezia da Tacuino, ma non è chiaro se egli abbia realmente contributo a questa edizione. Le sue note all’Eneide (VIRGILIO) sono inclusi nell’edizione virgiliana stampata nel a Milano da Scinzenzeler.  Arrivato a Vicenza pronuncia Ad municipium Vicentinum, e tenne corsi. E ad Abano, per curare la podagra di cui soffre. In seguito alle vicende seguite alla sconfitta di Venezia ad Agnadello si trasfere dapprima a Padova e poi Venezia, ospite da Michiel. Vaglia la proposta di insegnamento offertagli dalla città di Lucca, ma qualche mese dopo prefere abbandonare Venezia per la Calabria, dove arriva dopo una sosta di alcuni mesi a Napoli, dove e accolto da Seripando e da altri sodali dell’Accademia Pontaniana. All’attività svolta a Cosenza viene fatta risalire quella che in seguito e denominata l’Accademia di Cosenza. Insegna ad Aiello, quale precettore dei figli del conte Siscari. Nella scuola di Taverna tenne corsi su Plauto e sui grammatici. E a Pietramala, dove apprese dal cognato Calcondila che Leone X gli assegna un incarico di insegnamento presso lo studio romano -- oltre a Calcondila, l’incarico e stato raccomandato al pontefice da Inghirami e Lascari.  Arrivato a Roma  tenne i corsi. Ottenne da Leone X la dispensa dall’insegnamento e una pensione. Progetta di trasferirsi a Napoli, grazie a un legato d’Aragona, ma le precarie condizioni di salute lo indussero a raggiungere Cosenza, dove muore. Oltre all’edizione carisiana di Ciminio, anche altri pubblicarono inediti di P.. Suo figlio da alle stampe a Napoli le lettere inviategli dal mæstro, ma la stampa è attualmente irreperibile. Ne resta una copia manoscritta nel codice della Biblioteca dei girolamini di Napoli. Martirano pubblica a Napoli per Sultzbach il suo commento all’Ars poetica di ORAZIO. Il De rebus per epistolam quæsitis e pubblicato da Estienne, che nella prefazione lo presenta come il maggiore umanista della recente generazione, un giudizio ripetuto ancora da Sabbadini. Vennero date alle stampe anche le sue esegesi all’Eroides, a Venezia, per Tacuino, le Metamorfosi di Ovidio, e la Pro Milone di CICERONE. Lascia in eredità a Seripando l’ingente biblioteca. Essa conta fra codici e libri, molti con annotazioni dell’umanista. Seripando li lascia in eredità al fratello, il cardinale Girolamo. La biblioteca passa poi al convento napoletano di S. Giovanni in Carbonara, subendo perdite e dispersioni. Il nucleo più consistente è conservato nella Biblioteca nazionale di Napoli. Parte degli inediti di P. -- lettere, orazioni, prolusioni -- sono stati pubblicato da Iannelli e Parco. Il De rebus per epistolam quæsitis, cur. Ferreri, Roma. Fonti e Bibl.: Iannelli, De vita et scriptis P. Commentarius, Napoli; Parco, Studio biografico-critico, Vasto; Sabbadini, Le scoperte dei codici latini, Firenze, passim; Parco, P. e Alciato, Archivio storico lombardo; Due orazioni nuziali inedite, Messina; Lepore, Per la biografia, Biblion; Ferrari, Le scoperte a Bobbio in Italia medievale e umanistica,  Manfredini, L’inventario della sua biblioteca,  Rendiconti dell’Accademia di Architettura, lettere e belle arti di Napoli; Tristano, La biblioteca di un umanista calabrese, Manziana,  Lauletta, Un inedito: la Præfatio in Flaccum, in AION, Sezione filologico letteraria; Munzi, Prassi didattica e critica del testo in alcune prolusioni inedite, in Studi umanistici piceni, P., cur. Rosa et al., Napoli, P., cur. di Abbamonte et al., in AION, Sezione filologico letteraria, Paladini, Appunti su P. mæstro, in Vichiana, P., cur. Abbamonte et al., in AION, Sezione filologico letteraria, Pattini, Preliminari per un’edizione del commento di P. alla Poetica di Orazio in Filologia e critica, L. Ferreri, L’influenza di Pucci nella sua formazione in Valla a Napoli, a cura di Santoro, Pisa. P. NEAPOLITANI VIRI CTISSIMI RHETORICÆ Compendium AQVIBVS PRIMVM ET IN  uenta RHETORICA celebrata Rhetorics toresyqta leges tulerunt, tllm pnmt creduntur  exercuifjeieaque duce feros animos essecisse patientes societatis, cœtus, Winc ex observatione, quum queere£ta, qu re ry non videbantur Marte etiam geni I  f  genitus populus, tansim defidice altricem rejpuebant et quia a Græcis petenda eratf  gre ferebant ah illis quicquam accipere : indignum putantes, quos armis rerunuy gloria uicif  fentydiqua tamen in re fateri superiores. Vnde fi  ^ui Uteros callebant Gracas, magna eas industria disimulabant, ne apud suos cives autoritate imminuerent. Paulatim tame utilis hone/ia^ apparuitt primus  L . Plocius G alius, fub ipfi U  Crafft extremis temporibus, eo ipfo die quo Vd  lenus Catullus natus est, docere eam LATINE cce pittad quem ingens concursus. Ægre ferebat CICERONE, non idem sibi liceret quod doSiifiimoru autoritate teneretur, qui extimarent, Græcis exercitationibus ali melius ingenia posse, LJtin  de Voltacilius, q Gn. Pompeiu docuit, primus  hbertinoru hisioria no nisi ab honestissiimis traftrfr/ folitam scribere aufus cfi, RHETORICA artem  professus eUitantuml brevi interieSio tempore  sumpsit incrementi, ut CICERONE iam finior, cum  Hircio et Pansa grandibus pr RHETORICA nulla pæcepu ab autonhus descripta funti vel quod nulla materia diRans ah humanis rebus excogitari poteB, qua in aliquo ex tri  hus generibus propria rhetorica aliqua falte ex  parte non cadati vel quia qua degena ali dicenda ent, ex propria praceptis facile mtelligi  pofpnt. Hanc igitur propriam ex sententia M.  Tullij breviter circuscripte definiamus- partem esse civilis scientia, id est POLITICA, civilis autem rationis una pars eR-, qua in opere fine tu- ^  multui altera-) qua in quastionibus hteque cofiftit cuius magna et ampla pars artificiosa ELOQUENTIA ayiT inter rhetoricam 8 dialecticam. E t quonia d^aleRica cognata putat LIZIO Syage si lubet qd inter se differat in  spictamus. Nofttm eR illud Zenonis, qui manu  prolata utriusque vim expressit. amba enim ad  unum fere eundemque; finem argumentationes reperiuntinec secum, sed ad alios agunt, sola ex  omnibus scientis, de contrariis ratiocinantur neu  tra determinata quapiam re, quomodo se habeat scientia eR: sed facultates quada funt invenien-  darurationU, hinc idm quaft hÆt fubieSiu^^ut ^ft diiddisy neutr i perfeSie fcictU cfje  duum certum proprium fuhieShum mdlu ha\ he^leorjum. Sed tiwie D Ule6ticofitione longe ab illius diuersa, contenta eR, acciditq; dialectico, ut apparenti syllogijrno uti nequeat: fit enim fiam ed  uillator, si eum prudens elegerit. At oratori tam  eo quod eR, quam quod apparet, uti permtssum eC: dum tamen per juadeat, ad quodunum omnis  nititur ARS ORATORIA, AN RHETORICA SIT ars  E St alia inter eruditos cotroversia, fu  ne ars rhetorica: fuosi habet quceque fin tetia acerrimos defensores, tantis animis non nulli ex artiu numero eam explodunt, ut ne coid  tijs quidem scriptis in eam calumniis temperd rinttillis maxime nisi argumentis, quodars reru  fit qiue friuntur, rhetorica opinionibus conflet  no scientia tnec cognitis penitus perfjpeCtis rebus, et nunqfallentibus, ad unum finem fj eCia  tibus cotineatur, ut nec semper veris agatidua semper sint cause ut necesse sit altera falsum tu  A 5 ni  tO rri.Addm et illud, ob umadt Siiomsgenerdad  mdgire popularem sensum iccomoitnda, nui  Um irteefje poffe,At^id po Rremo ohijdut,ca  put totius rhetoricæ e^e dicere: quod ipsum arte  tradi non poteh, Ad c^uæ singula ne articuktim  occurramus, in causa nobis e Quintilianus, qui  libro secundo omnes sententias confutando, eo  rem deduxit, ut artem esse  crate usurpatum: Qjw in re clarus quif^ efi, ht ea fe exerceat, diei partem illi plurimam im-^  fy pendat, utipfefe fuperk. G audeat, fi ad doShrinam provocetur: nec turpe putet docere alios, id  quod ipsis fuerit difeere hone iijiimum, meminerit  tit tmcn virginem esse inuSim eloquentUmj  nec turpi lucdlo proflituendam, tuncque laborum eloqucntt juormfruEtum fat rm um capere Je fiat, quum occasionem adipifcitur publicandi qu. rit, non doceat: nec ingenia melius ahjs uacatuta, detineat atque obruat. quibus deliramentis   plenos ij»n tunc esse grammaticorum cemmentarioi tO tortos, conquerebamur Seneca et Quimilianus,  Exerceat postremo difcetes, inflet, molejius fit  potejlatemque adipipendce rhetoricte non minus  in di fcemium, quam docentium dm^entiojoliett  datconfijiere,  aVALES ESSE DEBEANT  Rhetori cf candidad. A Ge nunc uici im, quales efje debeant  Rhetoricit candidati, inf^iciamus neque enim ex omni ligno fit Mercurius. Mali nihil m  ea proficienucum quia mens uitijs occupata, pid  cherrimi operis jiudio vacare non potefh tum  quia omnem malum, /lultum esse oportet, Mti  autem iudicio carent et confiiiotquibus maxime nititur ars rhetorica, nam ut caterarum rerum, sic etiam ELOQUENTIÆ FVNDAMENTVM [cf. G. N. Leech on H. P. Grice, IMPLICATURE AS CONVERSATIONAL RHETORIC] efi fa-  pentia, Sit liberaliter inftitutus, bonis corvoris ap  tbryne, prime ornatus i?hry nem meretricem Athenienses prudentissimi eloquetissimique, no tam Kyperi  dis oratione, qiMnqud admirabili, petfuap, quam  uifo eius peSiore (quod speciofiflmum, diauStd ibiades ue Ænt^erm) apfoluer Hnu AlctbUdeSi cui R*P. relji>onfo Apollinis, tanqtmmfortif^imo Gra  eorum flatwtm in comitio erexit, populum Athetiienfem pulchritudine poti^ime habuit fihi ofcnoxium. Nec mirum, fi illi populo placent, quos  eximia j^ecie natura donare dignata e: quum  credatur ccele/lis animus in corpus venturus,  dignum prius fibi metari hofhitium uel quo e-  nent, pro halitu suo sibi jingere habitaculum,  unde aliud ex altero crefeat: esr quum se pariter  iunxerint, utraque maiora fint. Vtcunque, fatis  conRat, mirum esse quantum atice forma maie  flasque corporis sibi conciliet. Dotibus idem animi fit infhruSius, filiis qua ingenerantur appellantur non uoluntariat ut docilitas, memoria, quaf e omnia appellantur uno ingenii nomine: filiis, qua in voluntate posita, proprio  nomine virtutes dicuntur Ante omnia tamen  ingenio opus est: quodquibufdam animi atque ingentj motibus eget ORATIO, qui ad excogitandum  acuti, ad explicandum omandumque uberes, et ad  memoriam firmi fiint (dtuturm magnamque IN ORATIONE pofiident artem facetia, lepores, lacef-  findirej ondendique celeritas, ubtii URBANITATE  B 3 coniuttSia:  tl conimSi: qu Nec minor dijfensio eflin eius materia i  illis ORATIONEM, abjs argumenta perluaji  hdja, ciuilesabjs qucestiones jiatuentibus Noiy  de ea INTER OPTIMOS convenvtt, aperimusi t prius quid sit ipsa materia oRenderimus^Ejl  enim materia, in qua omnis ars, ea facultas qiue conficitur ex arte, versatur, ut ergo medici  nauulnerOy morbU fic rhetoricæ omnes res quacunque oratori ad dicendum fubieSla funt  materia appellatur. Nec obflat, quod fi deornni tus rebus dicat, propriam ergo non habeat mato  rianhfcd multiplicem: quum alia quoque artei VtatedaH mino DE CIVILIBVS QVÆSTI- iv   onibus, Sacarum gencru -r  bus,   Solent autem res oratori fuhieBa  cendum d plerifque (^uMones ciuiles appellari: quod non omnia quk‘. pofhefitn uocant. 1« hdc genercttim Jiquid  ftueritHT, ut ExpetemU ne fmt literæ . \n iU  (t definitcejunt perfonce C'onfiituti cum ad  uerfario confligendum, ubi rei dominus (qui fie pe alienus, sepe immicus eR ) quasi machinatio ne quadam, nunc ad iram, odtum, triRiciam, ht^  ticiam, fexcenta opposita, eR detorquendustillk magnum eR opus, et, ut inquit CICERONE, nescio  m de humanis operibus longe maximum DE CIRCVMSTANTIA, QJTAB sed hypothesim. Nunc quoniam thefim ab hypothesi se  perauimus, et quomodo qvæstione uti de  beat orator oRendimus: reliquum eji, ut quid sit  quod hypothesim faciat, demonRremus, ER  enim rerum quell ere, auieqHid sit, enumeratione facilius quam definitione æprchendttUK  Sunt autem eius partes lex Quarum coniunctiio  onat. ELOCUTIO, (]ua IDONEA VERBA SENTENTIAS inventionibus dijhofitts accomodamus. MemorUyquie rerum verborumque ^fida efl custodia. PRONUNCIATIO, quicej e, in quas  speæs dividantur. Ermagora, quo duce po  ttj?ima rhetorum pars usa est, quatuor modis fienajjerit: per cequale, unicu, sine circunstantia, modi 4«  inexplicahtle. Æquale e/i, quum eadem ex utra- t  que parte dicuntur: ut, Dj(o adolescentes vicini  f ormo fas uxores habebant, noSiuobutamfa£H media uia, accufant Jeinurcem adulterij, Vntcu, t  quum ex una parte tantum con/iat, ex altera nihil affertur: ut Leno, qua parte sciebat venturos adolescentes, foueam fecit, quailli pertere,Smr circumstantia, quum aliquid deeH in qtueflionei  quod faciat causam: ut, ¥iliumpater abdicat,  neq; ulla additur causa abdicationis, Inexplicabile (fi, quum ludex hæret impeditus, nec f nem iu  dictj uidet ullum lUtLexeH, feptemiudicesde:  reo cognofeant, maioris partis fententia fanSia fit, duo quendam abfoluunt, duo pecunia mul- Siant, tres capitis condemnant: rapitur ad pee-iiam, contradicit. \t€m, Alex ander in somnijs admonetur nonejfe credendum somnos, Plura de-  / tndf    44 ff   wde oh ferumtpoftmtas cmofior,nm Con nertihile id affelUtur^ qtmm tota a£do conuerti twr a litigantiusmcutn^ fuis prioribus utitur rd  tiomhu Syfrladunlarij . hocmodo i Exigebatqtur  dm A amico pecuniam cum ufura, quafi credi f i tamto fferebatilklineufuraj quasi depositim, lnterim lex fertur denotas tAults: petit creditor  tanquam depofitamyrtegat debitor tanquam credi  € tS, Non uerijimile ecquod contra opinione dici . turtut fi CATONE ambitus accufetur.quodtame ft m  caute agatur, haud procul ahefi quin cmfiftat  7 Jmpofme eR^quum id dicitur quod fit contra re  rum naturcefidm; ut si infantem accusemus adulterii, quod cum uxore cuharit aliena .Turpe  quod omninoreijcitur: utfiuir precium pojcat  ^adulterij.Sine colore efi, quum nulla caufa faSH  inuenitur: ut decemmilites belli tempore fibipol’- Cdcofyfid hces amputauerut,reifunt LtftreipuhUc4e. Sunt ta. f^alue IpecieSyqtutcacojy Ratayi defi male consistentia appellantur ut aticum, quum aut ali quiserrorinhi Roria^yautinquams ex circunfiantijs.Impenfum, quum penes unum omnis iudicijuis eftyparumq^mer habet in quo dicendo   Iere  a ir, Pr  iunguntur: et fic accufatur faailegus,utfur etia  dicatur efje. In tranfuttm uero, uno tantum accusarnus crimine, sive illo quod intendimus, fi-ueillo ad duod reus tranfferri poHulat aSiio  nem. Sed hcec multarum fitnt nundinarum,  qtue non una disceptatione pofiint ab soluL Sum-ma tamen h^c fit, expedire dificentibus quadripartita fieri diuifionhuel qafacdior fit,uel quod  defendendaru caujaru ratio id exigere utietur, ut primo si pote fi negemus, proxime si non id obijctturfaSiu afferamus, tertio (qua defensio  e honefiifitmdjfi reBefaSiu cotendamus. quco  fideficiut, una fuperefi falus, aliquo iurisadiutorio elabendi d criminei quod fit per translatione [DE STATV CONIECTV] ralu C Onk^iuralis autem fiatus, quod incerta  conieSittris Juj iciomhus indaget, di-  D yo ‘,  £}us:re a nonnullis nono uerho, nc nefch  m LdUno, mutus f quod meo uideatur utrum  maSia fit: tumfit-, quum quod ah uno obijciturf  alter pernegat. nec folumfaiium, sed et aiSium, qucerit: poteflq;in omnia tempora Sflrihui. De  prceterito enim conijcimus, An fenatores Romn  Ium occiderintide prcefenti, Bono ne animo erga Tullum fit Metiuside futuro, Num fi Alba no  diruatur, Miquid incommodi ad Romanos Jit per venturum. In his omnibus agit conieSiura^eafic  AB ALIQVO MANIFESTO SIGNO, quod lege moribus f  liceat, nec necefarto rem arguat. Ac (utapei:  tius agamus) fex eiufmodi objeruantur. aut emm  defa6lo tantum, non de perfona conflat: aut æ  persona conflat,  non defaSio: aut de de utroque  non conflat :aut fi defaSio, de uoluntate no con  flat: aut quum de re ipfa quæritur, non dtfaSio  /diquo, an aliquid fuerit illud de quoefl qute^tiot  4Ut mutua eflaccufatio.,  PE STATV DEFINITIVO, D Uflnmu€tiam commodum aliquod -i afferimus. c? O X m i  Genus. fZ   de statv generaliJ A t quum quid faShtm i quo nomine  appellari debeat convenitiet tme quan  tum, e^r cuiufmodi, et omnino fine ulk nominis  cotrouerfia quale fit qu tetnpus: illa, pdicet negocialiSj iudicial  pnetmtmqi rejpiciant, ut fuo loco demonstrahitur.Age uero nunc iuridicialem, cuius controversia ex re iam faSla proficiJcitur,inlj>icidmus: negocialem poji paulo traSiaturi In iuridickli luxiiicialU,  aut reusfeciffe quippiant, quod uetitum fit^fatetunaut uetitum negat* ft negat, abaoluta ejl iuri- lam, af-, Absoluta duobus jit modis, faSti qualitate et iuris  ratiocinatione. FaSli qualitas eji, cum ofiendir i mus nihil nos fecijp pemiciofum.lurb ratiocm'.  tio modis fit quatuor.lege,ut occidit filiuindem  natum quis: licet id lege, more, ut apud Scythas sexagenarij e pontibus mittutur, Athenis id Scytha fecit, tuetur fe more gentis fu Vietatioeri minis. Remotio criminis con^itutio, quatuor locis dividiturt comparatioh ite, relatione criminis, remotione criminis, concejione, Comparatio fit, qumfaSia compenftntur, aut maiori incommodo prolj^e^lurtt  efje contendimus, aut deliSlo meritum comparamus: comparaturque; id quod in crimen vocatur ad id quo fe reus profriffe afjerit, ut quidam mu,  ro ciuiMis deturbato hofles fugavit, reus efl Itt  fe rei publicte .lbi comparatio efl^ quod enim mu  rosdeiecit,uideturl  trem, eir Mfione m Clodium, At fi non in eum  qui paffus e^i,fed in alium,uel aliudcrimen tranffertur,tunc remotio criminis appellaturiut de eo qui porcam tenuit in fcedere cum Numantinis, unde remotio criminis duobus modis con/iat: fi  aut causam in alium tranfferamus, aut falsum:  vel si in perfonm remonemus, aut in rem, ut pu   tdtuH partibus in-  jj>e6iis, legitimam confideremus. Efl autem le  Legitima conRitutio, quum ex scripto controuersia nafcituriin  funt in legitima confitutione, quod fi ex   plunbus [criptis controuerfia ndfcatur, contra md de TranflationeaSiionis sit omnis controversiam enim ah alio nos accufari debere dici  musyoutnon nos^aut non apnd hos, aut non had  lege, non hoc cfimine non hac pcena uel æte ris id genus. Illud tamen animadvertendum iit  Translatione quod aut omnino de commutatione ali 4  Tranfidtia   undefiat^'-t  4p   huj; eds partes feantur, suas pnefcripfimusSe   quU iks principales, alus incidentes esse diximus, lUud multos IMPLICITOS hahetyjTi plures   tus in causa inueniantur quem potilsimum eligamus, quem'ue principalem ejje iudicemusf H«ic jcrupulo facile occurri per nos poterit, fi illud imprimir observauerimus, quid fit quod comprehendat, quidue fit quod comprehendatur qui   Trutcipdlis enim alteru in fe habuerit, is erit principalis: qui   uero quafi membrum accefferit, incidens erit is   Incidens, iudicandus, huius proprium e^l, confirmire principalem. Qupd fi neuter comprehendatur, tunc   principalis cenfendus, qui imperarit: incidens, qui seruierit. Si vero nujqua aut feruire aut comprehendi Ratus uHusapp^erit, tucuterque prin- Copiexm efiappellandusieao; controversia, quonu controver J I a i duos m fe plures ue status mpleqti^, cpmplexi   Uanominatur [QJTÆ CAVSA SIMPLEX SIT]  qu 2 c conmntfla.   Atque vel ob hanc rem poti fimum statim caufa difeutienda efl,fimplex'ne fit   tn comund^inet^enim eadem utriuf^ efl ratig. quoniam St quonim multum intereR, utrum de unare an Se plurihus agatur. Simplex, ahfoiutam continet qvæstionem, at ConiunSla,aut ex pluribus quce Co/«'w^  /lionibus iunSiæfttut quum Verres accufatUTi  quodmulta furatus fit, quod CIVES ROMANOS nei  carit, quod peculatu commi ferit, autft ex com  paratione, quum quid poti fimum sit consideratunut utrum Cicero accufet, uelC(ecdius.qu(t,  cause cognitio maximo efi adiumento ad constitutionem inveniendam,  DE  genere caufe, conftitutione  ip utrum causa fimplex fit an coniun6iainj e6iis, qvæstio, ratio, iudicatio, firmamentumque sunt eognofeenda nam defaipti&  rationis controversia fatis efi; a nobis eo loco de  monfhratum,ubi de generali egunus confiitutione, C^ipnem autem quum dicimusffummam  illam in qua caufa uertitur,intelligi uolumust - Sunt enim pleraque minores exfummis dependentes,quasj cialia nonnulli capita appelknt quum Mum fummas dias, generalia nominauerint est. QB^o ergo auaftio hcec, materia, quce ex intentione. fmma. depulfione nafcituriut, Oreflesmatremiure   fe ocadiffe att:qi{^efiio,an iure occiderit » Subfe  tquitur ratio, qtue caufam continetiquia quodfa^  ciu efje confiat, j^er eam defenditur . ut, Occidi  matrem, quia patrem illa meum necauerat ex  qua ratione necejfead iudicationem peruenitur  qu eloquentiæ lumi moftendenda, licet Theophrasto refragrante GENVS DEMONSTRATIVVM D Emoflratiutgeneris præcepta dare, funt  qui minime neceffarium effe arhitren,  tur: quoduixcenfeatur quifqua effe qui nefciaty,  quæfmt in homine laudanda.cum tamen mu fu.  jit cottidiano,eoqs tandem excreueriti principi-  PUS doRorum consilia afpemantihus, pefimoque  dicendi genere in iudicijs induSlo, ut fere folum  hodie materiam præftet oratoribus : non erit ah,  f hnnc iplim etiam locum ddigeittius tradam   E 4 uerimuSy yl uerims. Eiusfirtem honefium effe diximus, fiue  enim qumquam laudamus, fiueuituperamus, id  quod dicimus honefium effe contendimus. Nam  fyoneRum bonum eR, ideo   ergo laudatio, etpotipima, d uirtutis dehetfon te proficifci, fine qua nihil laudari poteji  Eam  in quatuor lædes iferefapientesi in pruden- Virtutum  tiam, Mittam, temperantiam, fortitudinem, praclara omnes quidem, et qua mutuis adiuuen tur auxilijstaptiores tamen quadam ad laudationem,Si enim uirtus benefaciendi quada uis e certe eas partes qua plurimum conferunthomimhus, maximas effe oportet^unde iustitia for titudoiucundij^ima in laudationibus, qua domi  foris^pra^o fint, nec tam pofiidentibus quam  generi humano fruSluofe putentur: prudentia vero, ac temperantia, tenues ac pro nihilo exi/H, mantur, iungenda tamen fiunt omnestquod non  minus fape moueant mirabilia, quam iucunda ata, Et quoniam singularum virtutum quada sunt partes et tcia, propterea euagandum e,  habet enim in fe Prudentia memoriam, inteUigen  ttdm, prouidentiam: fortitudo, perseverantiam y  patientiam, fidentiam, magnifitentia: iustitia, re   E Ugfonmp Ugionem, pietatm, ohferumim, veritatem, uIti  enem: Temperantia vero continentiam, clemen  tiam, modelham compleSiitur His omnibus  fuo ordine resgems accommodare, no tamglo-  riosum quam difficile ludicatur, Optimu aute  mrtutum condimenta, quod ornati fime dici  facillime audiri po f it, fmper eji exiftimatum, si  aliquid magno labore ac periculo fine aliquo emo  Jumento pramwuefaSium oRendatur . ea enim  pneflantis ejje uiri uirtus cenfetur, qu^efruSiuo fa altjs,ipfi autem lahoriofa, aut periculosa, vel  certe gratuita fit. Etne virtutum tantummodo partibus immoremur, magna fylua oritur laudationum, ex hominum vita, deque; his qua cottidie  in ea emerguntt ut sunt illa omnia quibus pramia sunt propofna, femperqs in pramijs honor pecunia proponitur, Commendantur quamor-  tuos magis confequuntur, quam uiuosine fui gratia quenquam aliquid facere arbitremur, Nec minus soletU celebrari, qua egifje nullus efi metus,  neq; pudor: quemadmodu fertur Alceo Sappho responde Monimenta item, publica laudationes, in d unShs potifintum, magnam faciunt   adgdmtationmiquMquam liiudis fiunt gratia, nec nobis, fed altjs utilitati funu rafertim bene meri  tis. S unt etiam morerconfuetudinesq- earum gen  tium,apud quas laudamus, cottfiderand con^at.qui pe  des uelociteragit,curfor:qui premere poteji,  retinere,luSlator:qui pulftndo pellere,pugil:qui  utrumc^ hoc, id eft retinere ^ premere pote/l,  pancratiafiestqui omnia fimul, pentathlus. Magna fane junt hac cum geRu, tum ffe^atu bo-  na.fed nifi externis illis, id e^ fortuna bonis, op  timis ad felicitate infhrumentis,adiuuentur, man  ca reddetur felicitas,et qua undecuq^ laudari no  potefl.Vnde non mediocris laus ex fortuna to-  nisderiuatur.ea funt nobilitas, liberi, amicitia,   glonOf ghria, honor, eSr qtce fequttnttfr,Nohilitas,0'  duitatis f/l, •jamilice Alla uetu^ate, libeitatey  feliatate, rehuscj^geflis commendatmhac^illis  ipfis rehus, uiris etiam ac mulieribus, uirtute aut  Jiuitijs,aut alia re laudata claris, legitimisly nata  lihus celebratur. Uberi magno funt ornamento,  fi multi funt, fi (ut uno completior uerbo) boni  mares ultra corporis bona, temperantia placent,  t fortitudine‘ fixminie, forma, proceritate, pudicitia, lanificio, Amicitia multorum bonorum expetutunqua bona fore amico putent, propter  ipsium amicu agant, Diuitia nummis, agris,pra  dtjs, fupelle 6 iili,mancipijs, armentisq; continen tur: multitudine, magnitudine, pulchntudine, ex  ceUentialaudantwr, eafirma, amoena, utiliaq^ef-  fe debent. Gloria datur, haberi in precio, putari id conjecutum, quod uel plures uel boni pru  dentes dejtderent. gloria diti fimos beneficos plerumque fequitur, uel eos qui conferre queant beneficia, Honons autem partes fiunt,facra, celebrationes, decantationes carminum, panegyri-,  d, sepulchra, slatua, alimenta publice: qticc  barbaris placent, adorationes, inclinationes, cebitus, in corporis /latu cernitur Hiratioe/l infpicienda: animi magnitudo tunc,  potiffimu furgit, fortitudo uero illa bellica (nam  domeftica grauioris eflatatis) incrementum ha bettneque fupereft quod fieres d fortitudine, nifi  fe in iuuenta patefecerit. Virili autem atati  tantum demitur de laude, quantum de uirtute de,  fideratur ^Itaque oportet idatatis uiros effe per-  fe£liflimosi neq^qulcquam facere, cuius pudeat  aut pceniteat. tunc prudentia, rerum cognitio^,  magnificentiaq; apparent. AtfeneSius patien,  tiaplacet: dulcedine morum, comitate, affabilita •  teq;dHe^at.cenfeturq;praclara, fi corpus non  reddat infirmum J rebus publicis no auertittnon facit deni^ ut ueru fit illud, Bis pueri fenes: qua-  les funt creduli, obliuiofi,diffoluti, luxuriofnqui. Inomni atate turpes, in feneSia uerq funtfcedtf, pm^ SeptimmiUHdfupereA tempus, qu6dj^  i^m hominis infequi dixermus . in uerycn  non femper dccafio efi: quod non omner sepultos di^a memoratu feqimtur,Si quando tamen  traSlare cotigerit, teftimoma,fi qua allata funtyr ucenfeantur, tam divina quam humana in qms  dedicationes temploru, confecratmes, fiattuti ' A  mommenta, publica decreta numerantur, hahk  &fuumlocum ingeniorum monimenta^u^era^ . ro laudem ante obitum consequutur. Afferunt et laudem liberi parentibus, di]cipulipr   ci Uerfus caperent, permijkAdem'que mfunehrr laudatione hunc ordinem ofiendit, ut defunSii.  prius Copiofelaudentur, fuper^lites inde benigne moneantur, filii mox defimS^orum fratres^ aS  tdntais ip forum imitationem inuitentur : parens  tumpofhremo et maiorum, fquifuperfunt^do^  BrawluSS confoktione leniatur, ROMANI AMBITIO hoc genus troEtauerunt, rmdta fcripfhrutn: eirch I libr. dUctfaSia  no funttex quibus rerum rioflrarum  Ro^a?. tiftorU eflfaShimendofior .^am illas imerire  rionfinebant familia, sed sua quasi ornamenta  tcmtmimenta feritabant, et ad ujpfm fi qunei gmerisoccidif[et, et ad memoriam la fnefticarum, illu&andamq; nobilitatem fltam:  ttec alius quifquam id ojficij fumebatfibi, nisi quidefuniioe Jfetcoiun Siifiimus, Sed iam fatis  vituperan- dedimus praceptoru in hominibus laudandis t et  di eade qua exegiffet fane ratio, ut aliquid de uituperatione  laudandi ra diceremus,nifi hic ipfe labor eadem nobis exem  I; vituperationis idem sit ordo, qui laudadonis i praceptac^uituperandi contrariis ex uitijs fumantur, non solum in hominis  tata, sed ante hominem, et post obitum, itt   it    iePmle, MeliOyM:^>MoHid memori ^fro&Hf  ‘ ^.Vridr fatis conf^y fine uirtutum ukiorut^i^ •m P» V f^wrww  'I "JW  tcSiaagams, contentihisque tuedi Bafmtyadho  thtiies laudandos pauca de cateris rebus in mple^, laudibus extollendo, quoaonus fiufch  pere uolentibus,imprimis a Deo Opt. Maxjnci  piendu efljnueniffel^ eum, oftendiffeq; nuptias  mortalihustid'^ ita pro confejfo effe,ut non modo nos in hac pia uera4 t   UiiuSytion auiditpudohs ji^ifjcatione, uocis t-  m   V /  0  po/?remo     ^freyfjpme pr lia, qu(t propter fdpfum aut ex confuetudinea eit, aut ex appetitu uel rationali (}urluntas emm  coniefl, cumratiorteineqque uifquani) diqidduidt  nifi honu putet)uel etiam irrationali, cufnfacitit  ira cupiditas. Neceffee ergo, qtuecun(j homines agunt, feptem tantum caujisfaceret fortuna, ui, natura, confuetudine, ratione, ira, cupiditate. Fortuna accidunt, quce nec femper, nec plerum(y, nec ordine fiunttcumipfa Fortuna,ac  cidentium rerum fubitus fit atf inopinatus euera tus statura ea jieri dicuntur, que  remus: neceffee]}, iucunda omnia uelprafentii  fentiendo,uel praterita repetendo, uel futura ff e  rando cotineri, Qjuecunq; tame prafentia dele  Bat, eademque fferatibus memoriaq; repetentib,  iucunda funtinec fecus e contrario Vnde in  prtimfi hi pra^enty qui ipfi laudandi funt, qui-  bus'^ fidem adhibeamus cum eorum nihili fat  iudicium, qui nullo m precio habeantur. Amare  etiam, amarique, beneficia conferre, egentibus o-  pem ferre, fuauifima: quod his abundemus, qus-  vr'  ir T  homines, nam prd parente e conditor pr*  maioribus populi a quibus origine duxerint. junt  ix fua auguria, eX uaticinia t multumq^ hahent  mBoritatis qui Aborigines, id efi indigenmplexi, laudibus extollendo, quod onus fufch  pere udentibus, imprimis a Deo Opr. Pto.inci  piendueflunueniffel eum, oflendiffeque nuptias   mortalibusudcj-itaproconfeffoeffeyUtnonmodo nos in hac pia uera^ religione, fed etiam uetu  flasloui lunonic acc^tum connubium retule  rit, turbam^ dmrum ingentem proeffe nuptijs   uoluerit, nec contenti loueadulto,Iunoneriu efi^ j^ffnoHprM  res intueri prafentes,Uf^enimpf aut animi promotione cogatur d^obatio aut earum rerue^h uædb or^^reno: cogitantur,fid d caujareisque defmmtunut jqtubusfita fiiutabuLe,teftimoniayfa£hti Conuentayleges, et  Mteraidgenus. Auttotaindij utationeyau targumentatione orationis collocata eh : Mt in hæ  '^ear^unentis inueniendis y in dia de traSiandis  cogitandum. Conediatio fit dignitate hondt eSediatm,  ms, rebus gefti SyexifHmatibneuite   remusi neceffe ejl, iucunda omnia uel pr con-  Jueta agere iucundum mauifeilo fit, quis credat  tantum afferre iucunditatis uicifiitudinem f necy  iniuria, cum fittietafis mater fit Similitudo, In-  efi et fua indifcendo imitandoque iucunditas:  ifuce imitatione confequimur, etiam fi ipfa ni-  hil in fe haheant iucunditatis. ocium denique ipsum^ac iram, ri/«m j afferentia deleSiant. Po- C z ftrema) too fkcm Oitludmmqtue fecundum naturmkctm*  ditate ajferut, idcirco quo coniunStiora fimt,eo  funt iucundiora: ut homo homini ^ mas mari*  qua ex fententia feipjum magis homo amet necef  fe e/lj quam reliquosicum fua ipfius cauft ccete  ros amet. Liberi deinde,& qua inter chara adntt  merantur quanto plus ad homine accedunt, tan  to plus afferunt iucunditatis. Et iucundo quidem per^e6io, eademque ratione iniucundo'(cwn  eadem oppofitorum fit difciplina') facile erit conoscere, qua caufa fit inferenda iniuria : ad  Vtiuria affj Juccedat oportet, quales fint qui iniuria cateror  dentes qui afpcmt.Sunt autem, qui facile inferre poffe ar^  hitrantur, uel celare jperant: aut fi deprehenji  fint, nullas, uel quam mmimas daturos fe pcenas:  plusq; in iniuria lucri, uoluptatis'ue, quam in luen  da pcena damni mcerorisq- inejfe exiftimantJniu  riam facile fe poffe inferre eloquentes, diuiteSf  aSiionihus exercitati, experti, multis nixi amici*  tijs, clientelis^:uelfi ipfi careant, in habenti*  hus amicis, seu sociis, feu miniflris, quod illorum  se patrocinio tutos putent, Praterea fi amici iudi  cibus fint, uel his qui iniuriam perpetrant* ludi tot   cts enim leta moUil^hrachio in amicis ag^^ann  eorum iniurias acjuiore animo toleramu. QeU  re autem feipfos poffeU^erant, qui omni uacare  juf^e^ione uideantur,ut d^ormes adulter'^-, sacerdotes flupri,dehdes pulfationis,&'ea qwt pa  idm ante oculos funt neque enim aperta ^ quaq^  ingentis laboris fit tollere, ohferuantur, Caue^  muslj' potius nobis ab ufitatistut uidemus in mor  his accidere : quos illi timent, qui fiint experti.  Clam etiam fefaSiuros putant,ipiihus nullus ini  micuSyUel quibus plurimi.illhquod no obferuen^  turt hi uero,quum omnibus fere fufj^^^i fwt,no  mdeantur ob nimiam cu^odiam clam facere po-  tuiffe^mukos quoque locus,commoditas,moreSj que celant. Inuitant etiam ad iniuriam facienda,  iudicij propagandi, propuljandi, corrumpendi,  uel certe ob inopiam euadendi f^estlucrum quo  que apertum, prafens,magm,prafertim fi dm-   num occultum paruum procutue fit. maior etiam  utilitas, quam ut par fupplicium excog ari pof  fit : ueluti efl rannis . Sunt^ proni adiniuriam, qui inde lucrum petunt, neque quicquam  malipreeter ignominiam uerentur, quibus que id   G } frcijjc  fecijje laudi afcrihiturtut parentes quacim fint qui inferant, quiq; patiantur, fatis  arbitror ex his qua in medium adduRa funt poa  tere.Sed quonianon omnibus eadem uidetur iniuria, fapeq; ufu uenit ut plus doleant laft quam  par fit,minusq; noctdffe fe putR nocentes quam  fecerintCquod aliena mala no fentimus, et noRra  maiora quam fint iudicamus ) idcirco de iniuria  primu iureq^faRis,mox de maiore minoreq^ iniu  ria paucis differamus, Iniuria iureq^faRa omnia  legibus primUm duabus, deinde quibus funt bifa  riam determinantur, leges aut duas appellamus il  las ipfas iu/li partes, qua ternario a nobis nume-  ro in iu^i definitione funt expojfita, comunem  fcilicet, qua fecundum natura fit: (^propriam,  qua in scripta non fcriptam diuidatur. Qui-  bus uero iniuria fiat, bipartito conflituimus.aut  enim emunis laditur focietas, ciuitasq; ipfa offenditur, ut in militUiaut unus alter ue iniuria af   jiciturf tOJT   ftcitwr,ut in adulterio,qu horti quadam eleSiione, quadam uero  ^eSiuconuiA. Cueiufinodi: quid jit illud de quo agitur definiendu eB,ur popimus iwre ne an iniuria querd^  tnur injpicere . pr quonia iuftorum iniuftorumq^  ' duas partes connumerauimus, firiptas fdlicetle  gd,^ no ficriptas, deq- fcriptis affatim demon*  firatti eft : pauca de no fcriptis funt recenfenda.  alia enim per excejfum uirtutb uitijq;Junt, in qui  hus uituperatioes,honores, infamia^iut gratias  habere benemerito,amicis praflo effe, et his fi*  milia.alia uero ex lega fcriptarum defe6iu:deejl  aut fcriptis legibus, uel qu latores aliquid effi  gerit,uel quod confulto pratermiferint,cu detet  minare figillatim omnia nequiuerint.ne^enint  fi de tiuinere agatur, quo ferro, quali, quat&ue,   G y coth    tO^constitui potest, Eil igitur aquum (juoddm ha  numq;, quod praterlegefcriptamiufiu cenfea-  turimultaque etid lege scripta putatur iniufla,qua  aquo homq; tutari Poffunt. Bade ratione no tan  ti errores faciendi funty quanti iniuria:nec*tanti  qwt aduerfa eueniut fortuna, quati errores. nam adversa fortuna feri dicutur,quacu prceter opinione, non ex malignitate puntterror uero no  'præter opinione, fed fine malignitate ft. At iniu  . ria cSt* opinio e^i O’ malignitas, Æquu e/l etiatn  jn rebus humanis ad ignofcendu commoueri: eJT*  non lege,(ed legis fcriptoreino uerha,fed fenten  ti^:nonfa Siu, sed voluntatet non partem, sed to  tminon qui nuc, fed qui pepe, aut fere fmp fut   ritconfuierareibenefciorupotii qua iniuriaru,  accepti!  quam collati meminilje : iniuriaaquo  gnimoferre, oratione potius Mam re difceptare,  et ad arbitru magis quam inforu defcendere,na  arbiter equu bonuque, iudexiuflumf^e Slaune^  gha ob caufam arbiter eligitur, nifi utaquum ho  tiumq-fuperemineat. Atq;hac deiniuriaiurec^  fa£tis di£lafufficiat,Haior aut minor ue iniuria  inultis modis cognofcitur i eaq^ maior exiflima  i 07   htr,qH<e i nudori t profcifcendi toh   4e <{uee minim funt aimiruty ttutxitM mterdu td  deturtcu ispr^fertim qui terunciufwctur^quid  kis iudicetwr ablaturus . Ma^itudo quoq; dam  m maiore facit inturid, fi par mUum juppliciurH '  excogitari, aut remediu adkiben pofit : na ultio  et pcenapro remedio fut.nec minor, cu qui ppef  fus turpitudine ferre no poteritiut qui accufatus  ^ fibi uim intulit, maledico(y carmine laceratus hh  queo pependit .E/i et in maximis, foiu aliquid fd  cere,uel primu,uel cu paucis: pnefertim fiid fa*  ciat fsepe, caufam'ue legi nou<e dederit, aut cor-  ceri, aut supplicio. QM»et maior cenfetur im«-ria, quce plurimu dijiet ab humanitate, beftiaruL  fit quam ftmillimaiet qiue cogitatojit, quaq; audita homines magb timent quam mifereantur. Am  plificatur aut omms iniuria,quod euerterit multa  iufta,iufiurandu, datam dexteram,hojpitium,fi  dem, affinitatem'^ contempferit. Ad hæc maius  redditur peccatum, fi ibi deliquerit, ubi iniufti  puniunturiquod faciunt falft te/ies. ubi enim no  nocebunt, qui apud iudtcem peccauerintfEa etia  ^maiora funt, in quibus fumma turpitudo, ingratitudo I fOdtudoli htgens.nm bis pecatyquodnon lenefi^  €ity^j}i Umde.Sedhac&‘ longeflurayfij  lidmitudii artis<^ adhibuerit, facile orator fuo  iiigenioaffequetur:nohisdemonflraffe fat fitge  tueri iudiciali neceffariay^uid potiffimu circa ittr  luria uerfetur.Eius generis proprium eR  rita difcuteretomnes flatus capit, omne artis exi  git fupelleSiilem, omnia dicendi genera cu ufus cxpoAulat: neiy ullum genus e/l, in ^uo df^, flcilius^oriofius'^fe poffk orator exercere, ab Optimis utriuscg lingug autoribus  excerpti, quotn perducendis ad eloquentia iliis adolefcentibus uttjfolebat.   lli'k àrtaiì lì. rflltllli hK  iPÆCCy  P. Ili *^i a  aaa^ki^Mi^kirtH  Concludo qucmC appendice con un voto. Bemékè ìm  Jfibliotcca di P. sia stata, or per a tarisia fratesca, or per incuria dei custodi, deplorabilmente  assottigliata, pure di codici e di edizioni annotate  avanza tanto da potersene fare uno studio accurato, che non ci abbia da essere niutw dei nostri guh  vani filologi a cui non nasca questo desiderio Cosi scrive FIORENTINO (si veda), qnan;]So, tratteggiando da par sao il  sorgere ed il progressivo sviluppo della gloriosa accademia di COSEN, rimaneva ammirato dinanzi al-  Tulta figura del suo fondatore, P. Dovendo, tre anni or sono, scegliere un argomento  por la tesi di laurea, molto opportuna ci parve l’indicazione di FIORENTINO (si veda); sicché, per quanto fin da  principio ci accorgessimo della difficoltà dell'impresa, alla quale ci accingevamo, fiduciosi ci mettemmo all’opera, non colla presunzione di adempiere il voto  del dotto FILOSOFO, ma per mostrare che vi era chi accoglieva il suo invito. FIORENTINO, TELESIO, Firenze  Siieo. Le Monnler.  Il II I II I  I  m w l,mtm    >.1. m > por dar prova, so non altro, elio la polvere ola tignuola non meltono poi tanto spavento, da faro presto presto  strizzare Poceliio ed arricciare il naso scliifiltoso. Ora ò appunto quel lavoro, benevolmente giudicato prima dalla commissione esaminatrice della facoltà letteraria di Napoli, e poi da lla Eacolfii  del R. Istituto superiore di Firenze, che, riveduto  e ritoccato nello sue parti, sottoponiamo al giudizio del benevole lettore. Oli scrittori contemporanei di P. si mostrano addirittura entusiasti di luì, non gli risparmiano le \ìì\i alto lodi, e no magnificano con parole altisonanti il valore e la grande erudizione; ma a  ben poco si riduco tutto quel rumore, che menano  intorno: suppergiù non trovi che notizie inesatte,  che gli uni copiano dagli altri, e che ripetono sino  alla noia, inni, ditirambi, epigrammi, tirate retoriche e che so altro. Ma la critica manca completamente, o appena si azzarda a far capolino. Degna però di nota ò la monografia che pubblicava Jaunelli (si veda) sulla vita e sui saggi di P. De vita et scriptìs P. consentini phiiologi celeberrimi, commentarius a Cataldo JaimeUio, regio bibliotecario academico herculanensi et conscntino cluciihratus; ab Jamiellio  ratris filio conseutinæ Academiæ pariter socio, cditiis, præfation$ et   tuxis auctui, NeapoU, tipis Banzolii. Con tutto il rispetto dovuto al dotto e yalente  archeologo, ci dispiace di dovere fìn da ora asserire  che il nostro giudizio sull’opera sua non sarà molto  lusinghiero.  La vita da lui scritta è un magro e nudo racconto che si riduce alhi semplice esposizione dei fatti, alle  sole citazioni, senza che nulla si agiti intorno al protagonista e v'imprima un po' di varietà e movimento. P. professa a Napoli, a Roma, a Milano, a Vicenza, a Padova, a Venezia, ha molti nemici,  solivi molte persceuzioni, e torturato dalla gotta  e muore a Cosenza. E può mai questa chiamarsi biografia?  Dov'è l'uomo, che ti si presenta innanzi coi suoi  aifanni e colle suo miserie, colle sue passioni e coi  suoi disinganni, senza grave sforzo del lettore? P. corre errabondo di città in città, trova  nemici acerrimi ed ostinati, che gli si gettano addosso  a guisa di cani mordenti; ebbene, perchè tutto  questo ì Xe è forse egli meritevole per l' indole sua,  X>er l'incompatibilità del suo carattere, opx)nre quelle  lotte, quelle persecuzioni sono il portato legittimo dei tempi in cui vive, di quel tempo d' interminabili  litigi, il tempo dell' Umanesimo. Non lo dice lJannelli. Egli pare che faccia  poco conto di quel x>i'ecetto, che il valore esatto di  un uomo non si ha se non quando un tale uomo,  come l>enis8Ìmo osserva Graf, si considera [Attraverso, Looschor, Torino.] nelP ambiente sao, in mezzo alla vita. varia e complessa di cui egli è| al tempo stesso, organo e prodazione.   Per la qnal cosa, dopo aver letto il commentario di Jannelli, quaP è l’idea che il lettore si è fatta  di P. f   Oiò che si è detto di Gaio può dirsi di Tizio,  non vi è nulla che caratterizzi l’uomo, non appare l’essere vivo d’ALIGHIERI, l'individuo tutto intero, tutto  d' un pezzo, la persona libera e consapevole di Sanctis. Oltre a ciò non ci dice lo Jannelli se ò giustificato quel lugubre lamento, cbe emana da tutti i saggi di P., specie dalle orazioni inedite. Se  è vero quello straziante singulto, cbe erompo da  quel mesto componimento, l’ elegia Ad Luciam,  in cui si sente lo sconforto di un' anima abbattuta,  un phato9, cbe ti aggbiaccia, un tædium vilæ, che  ti stringe il cuore. Su tutto questo tace il biografo: Innanzi alle innumerevoli miserie, cbe affliggono il suo protagonista, egli non si commuove punto,  le narra senza commenti, senza riflessioni, trascurando così completamente il lato artistico, cbe non  consiste nella semplice forma. Ma richiede anche il  concetto, consistente in quell’elemento subiettivo,  in quella speciale maniera di saper spiegare e rior-  V. nostro lavoro : L'elegia e Ad Litciam » di P. e il Bruto mitiare di Leopardi, Ariano, Stali, tip. Appaio Irpino, ISOO. ] dinare i fatti, facendoli tutti dipendere da un' idea unica, cbo abbracci in mirabile sintesi tntta la vita  di un individuo. Le copiose notìzie, con tanta pazienza raccolte, sono gettate lì, senza essere state prima elaborate, non v’è sintesi, ma lunga e pesante analisi; sicchò  manca completamente la riproduzione artistica delle  notizie trovate, che f^ apparire coi suoi pregi e eoi  suoi difetti la persona presa a tratteggiare. Bisogna però convenire che, rispetto a P.,  non ò cosi facile riuscire neir impresa: perchè si  possa avere una completa conoscenza di lui, non  bastano le notizie, spesso inesatte, che ci danno i filosofi contemporanei.È necessario che il biografo  sappia ficcare lo viso infondo ai preziosi manoscritti  inediti dell' insigne filologo, e studii ed analizzi  soprattutto Pampio codice, che contiene le ora zioni tenute dallo stesso, al principio dei corsi, nelle  diverse città, dove è chiamato ad insegnare.  In questo codice l’infelice umanista ci dà piena  contezza dei suoi mali, dei suoi nemici implacabili. R. Biblioteca di Napoli. Cari. aut. min. 317 per 223, di e. 164 non numerate, uè  tutte interamente scritte, oltre due o più bianche, già guardie di esso;  ò legato di pelle. — Incipit € Epithalamium, esplicit € Oratio ad. Discìpulos. Come tutti gl’altri manoscritti parrasiani, questo, codice  divenne prima proprietà di Scripando, come dalla seguente didascalia finale : e Antonii Scrìpandi ex Jani Parrhasii testamento, e poi  passò alla Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara, di dove alla  R. Biblioteca borbonica. Nella CaUibria Citeriore, in fonilo a quel granilo ellis-  soide, eh' è la valle del Crati, formata dalla catena degl’Appennini, che ai contini della Basilicata si dirama in due  opposti bracci, V uno lungo il golfo di Taranto o l'altro  lungo il mar Tirreno, sul fiume Crati e Busento, sorge la (Vii-  sentia di STRABONE e di Appiano Alessandrino, la metropoli  dei Bruzii, come la chiamano LIVIO, PLINIO, Antonio,  Pomponio Mela. Bella e famosa città, dal territorio ubertosissimo, dove,  facciamo nostra. L’espressione di uno dei più fervidi apologisti  di essa, Sambiasem stan gareggiando insieme Cerere  e Bacco, Pallade e Silvano, e Pomona con Flora i. Occupa una bella pagina nei fasti civili e militari d' Italia. Ma merita soprattutto un posto importantissimo nella  storia dell' umano pensiero. Basta dare un semplice sguardo alle opere di Barrìo,  di Spiriti, di Zavarroni, d’Ughelli, d’Amato e di tutti quegli altri filosofi calabresi, che [Ragguaglio di Cosenza, Napoli. De Siiu et antiq. CalaMæ, Roma, Memorie dei filosofi cosentini, Napoli. Biblioi. Calabra. Napoli Italia Sacra   \jSi) Pantapologia calibra, Napoli. diuanzi alle gloriose mciuorie ili Cosenza, entusiasmati, hanno  sciolta la loro lingua alle più alte lodi, per comprendere  quanti forti e baldi ingegni abbia nei diversi tempi dati alla  luce: Telesio, Galeazzo, Coriolano e Martirano e soprattutto la fenice dei moderni ingegni,  Telesio, potrebbero illustrare, nonché una città,  una nazione intera. E P. non è anche lui nativo di Cosenza! Sebbene tutti i suoi biografi lo credano tale, e non sorga  a negarlo che solo Aceti, il quale con scarse ragioni,  gonfiate da un esagerato spirito di campanile, sostiene che  P. è nativo di Figline, villaggio presso Cosenza,  puro noi, per varii motin, dubitiamo che egli sia cosentino  nel vero senso della parola. Anzitutto perchè troviamo ritenuti per cosentini parecchi  valenti nomini di quei tempi, come Bonincasa, Cornelio, Mazzucchio, che sono nativi di quei  diversi villaggi, detti volgarmente casali, che circondano Cosenza e sono ritenuti come tanti sobborghi di essa.  Poi perchè P. nelle sue opere, sebbene ne abbia tante  volte l'occasione, non ricorda mai Cosenza come sua patria,  a differenza di tutti gl’altri filosofi di questa città, nei  qnali, come nota FIORENTINO, si vede una certa ostentazione nel determinare la loro patria, e nell'apx)orre al proprio  nome l'epiteto di cosentino. In una lettera a Tarsia si congratula del  risveglio letterario della Calabria e specialmente di Cosenza. In un'altra, diretta a Pagliano, parla dei [Animadcersiones in Barrium De Situ et antique Calabriæ ed.  cit. € Vir iste inter omnet acvi sui erudi tissimus facile prìnceps, ad Fillooum, tire Felinum pertinet, patriam tuam ac meam. De Rebus per EpisL quæsit.] cosentini mostra che non dimentica mai Cosenza, che anzi  l’ama teneramente; ma non dice mai nulla, da cui si possa  dedurre che egli stesso sia cosentino. Ne basta: nell'orazione inedita, tenuta e Ad Patricios Neapolitanos), il ?. per ben predisporre gli animi verso  di lui, fa noto che ha già inserì guato parecchi anni nella nativa regione dei Bruzii: e prìus  I: aliquot annos frequenti auditorio in Brutiis, unde nos ortum dncimus, interpretandis auctoribns impendimus. Ora perchè qui ricorda i Bruzii e non Cosenza, dove  realmente insegna prima di andare a Napoli? Non crediamo parimenti trascurabile Fultra prova, che ci  fornisce un codice inedito di Mnrtirano, cosentino, discepolo di P., da noi rinvenuto nella Biblioteca  Brancacciaua di Napoli. In questo codice iutitolato De Famliis comsentinis, Martirano non fa menzione della famiglia del mæstro, e  ciò non sembra fatto per semplice dimenticanza, poiché in  un sonetto dello stesso scrittore, sulle famiglie di Cosenza,  riportato dal Sambiase e riprodotto dal Fiorentino, si  nota la medesima omissione. E in ultimo è ravvalorata sempre più la nostra tesi da  una lettera contenuta in un altro codice inedito di P., che  si conserva nella biblioteca dei PP. Gerolamini  -- Bibl. Brancacciami di Napoli. Cod. e De FamiliU  coaseatinit CommentarìuB.  Ai cultori di memorìe cosentine indichiamo i due codici inediti, che  ti trovano nella stessa Biblioteca: € Rclacion de la Ciudad de Cosonzia. De Syla Consentiæ. ex historìcis, Bibl. dell'Orai, dei PP. Gerolamini di Napoli. Cod. Pil. Cari. mise, apogr.,leg. di pelle.  È dello stesso formato dei codici della Bibl. Nazionale e proviene. 0t0immjmtmi' I afti^fci  y** In quella P. roccoinaucla caldamente ad Inghirami, bibliotecario della Vaticana, il caro amico Cesareo, che egli chiama suo e conterraneus. Non pare che P. gli avrebbe dato l'epiteto di e civis i,  se anche lui, come quello, fosse stato cosentino Tenuto conto di tutte questo ragioni e delle notizie  enfaticamente forniteci d’Aceti, il quale fa menzione di un  altare gentilizio di P., di una lapide commemorativa  del Cardinale P. Paolo, esistenti in FIGLINE, come pure  di altri documenti tratti e ex librìs Baptizatorum, ci  sentiamo indotti a erodere che P. fosse realmente nativo  di Figline. Ma Cosenza e per lui la vera patria di adozione, l'ama sempre del più tenero amore, fino a quando fluì in essa i suoi  giorni, e sebbene non si sia mai dato l'epiteto di cosentino,  pare che non gli sia dispiaciuto d'essere stato creduto tale. Anche noi x)erciò, pur sapendo di tradire in parte la  verità storica, continueremo a chiamarlo cosentino. I biografi non sono d'accordo circa le origini della famiglia di P. Alcuni affacciano degl’ipotesi, altri fanno  delle gratuite asserzioni (“He has a corch screw in his pocket” – H. P. GRICE – cork screw -- ), fra queste degne di nota quelle del come Morobfa, dalla stessa Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara, di dove  pare sia venuto in proprietà di Valletta e da questo ai Gerolamlni. — Cont. Campanarum Epist. Panhormitæ », di  e. 56 scrìtte, più 6 bianche, già guardie. Incip. Ad Nicolaum . Buezotom > ; expl. € et genus humanum.   Seguono : € BpistoUe P.» di e. 30; incip. e T. Phædro,  romanæ Æademiæ, expl. e epistola Minoritaiio ». CiiioccARELij — De iUusiribtis scriptoribiis ecc. Ncapoli.] Come vedremo P. ò alterazione di P.  Gonzaga cho, fra lo altro cose, chiama il marchese  P. di Napoli, rappresentante del ramo calabrese della famiglia di P.; mentrOi da notizie da noi  assunte', ò risultato che l’ultimo rampollo di essa e P., marchese di Panicocoli, di Benevento.  Questi, con gentilezza degna della nobiltà ed eccellenza  della sua famiglia, ci fornisce le seguenti notizie, tratte da  diplomi e privilegi. Guglielmo, nativo di PARIGI, nella FRANCIA, portatosi in Italia all’epoca  del re Carlo I, lascia il primitivo ed originale e reale cognome di LANCIA e prese  quello di P. Da Ruggiero, suo figlio, nasce Matteo ed  Andrea, che, uniti al padre, militarono con grande onoro  sotto lo stendardo di Ferrante I d*Aragona, come apparo  dal privilegio d' immunità e franchigie, confermate poi da  Carlo V. Avendo il suddetto 5ratt.eo operati molti e  prestanti servigi al suo re, ha in premio il feudo Aconaste  di Alipraiido, confermato dal re Alfonso.   Illustri discendenti di Andrea e Matteo sono Guglielmo  e Gualtiero, i quali da Ferdinando il Cattolico ha in dono  il castello di Kalamo, nella terra di £se, come appare dal  breve di donazione, da noi osservato in Benevento presso il  marchese P.   Da Ruggiero poi nasce una delle maggiori glorie della  famiglia, P. Paolo, valentissimo giureconsulto, che tenne  cattedra a Bologna ed in altre città d' Italia, e giunse all’onore della porpora. Ora t^ma qui opportuno osservare che la famiglia  P. si diramò poi in Messina, Oastrogio vanni, Mineo, [Conte Berardo Candida Conzaga. Memorie delle famiglie  nobili delle province meridionali d'Italia, Napoli. Archivio di S, Agostino alla Zecca, Documento, Archivio di S, Agostino alla Zecca,  Privilegio registrato in Lentini, Napoli, Bologna e Reggio. Ma il ramo principale e quello di Calabria, il quale a sua volta si dirama nei  P. e ex Bugerio da cui dice Cardinale, e nei  P. e De Thomasio. Da quest'ultimo ramo, da Tommaso, consigliere di  S. Chiara, e da Pellegrina Poerio, nasce P. Discende questi dunque da illustre ed antica famiglia,  in cui pare siano stati ereditari l’cccellenza dell'ingegno e l’amore alle >nrtn ed alle alto ed onorifiche imprese. I filosofi del tempo sono concordi nel tessere gl’elogi  dei genitori del P., lodano la coltura e l’alto sentire di  Tommaso, non che la nobiltà d' animo della madre, che fe rapita prematuramente all’affetto dei suoi. Non tarda molto a palesarsi in P. quella grande tendenza ed attitudine allo studio della filosofia, e quella grande tenacità di  mente, che fin dai primi anni fa presagire nel giovanetto  uno splendido avvenire. I n primo suo mæstro sta Grasso, detto il Podacio dalla patria, Serra Pedacia. Molti filosofi no  lofiano la dottrina e la bontà del cuore, sicché sotto la guida  di lui P. fa rapidi progressi, dando presto chiare prove  che il discepolo supera il mæstro. Gi rimane una lettera, indirizzata a Grasso, in cui  l'antico alunno scioglie alcune difficoltà letterarie, che quésti  gli ha proposte; ciò che in altri generato un  [Loca Gaurico — Traci.Da Nat.,  Op., Jamtislli, P.. — De Rebiu ecc.Orai, in epist. Cic. ad Alt., ediz. Mattltæi, Neapoli, e In optimam matrem meam primo  desævit fortuna integra adhue ætata.  De Rebus ecc. Zavarroni. — Op. cit.  fnXk'^ lAk^Ài  •-T»*, che si legge nella cosi detta apologia di Vallo. Passato un certo tempo dalla sua venuta a Lecce,  P.  incorse nell'ira paterna per essersi  mostrato poco disposto allo studio del diritto. Essendosi  però il padre piegato a più miti consigli, egb", allettato  dal bel nome, che gode a Gorfù Mosco, spartano, al quale accorreno da Veneziike da ogni parte d'Italia,  non che dalla stessa Grecia, tutti quelli che desideravano pe- [De Rebus ecc, ediz. cit., Comm. del P. al e De Raptu Proserp.  Claudiani, Milano] Multa tamen in Græcia antea ilidioerat, admodum prætextatus, in Japygla, quam regia potestata Tamìsiui,  pater eius, obtinebat, usua præceptore Stizo, cui nihii ad summam defuit eruditionem filosoficam, præter quam maiua nostrarum litterarum sindium. Jannblli. to«Mi«^hMiA«Mta ] notrare nello intimo bellezze del greco, volle recarsi colà| e  pare che vi si trattenesse poco più di un biennio. Non possiamo dire con procisiono quando egli si portasse  dal nuovo mæstro, pare però eerto  che ritornasse a Cosenza intorno, come ci aiTerma  un passo del suo Commentario al De Raptu Proserpinæ di  Claudiano, P. parlando della Delia Oliva di Catullo, ricorda  che per fonte e non per albero  interpreta quell' Oliva quando a Cosenza ha  a  mæstro Acciarino. Tornato a Cosenza, riprese quindi P. lo studio del  latino sotto la guida di quest' ultimo, tanto lodato da Poliziano, e ben presto rivela i frutti del savio ed  ordinato insegnamento del dotto mæstro, riportando a Callimaco quel carme, che ha per titolo e ri ahtx », o interpretando per la fonte che esiste nella Beozia, e non per  albero, la Delia Oliva di Catullo. Giraloi, De Poctis sui temporis. Dial. II.  TIRABOSCHI, Storia della letter. it. — Roma. Spera. — De nobil. profess. gramm, Apologia del Vailo. — e lode Corcyram profeotus, operam Mosche  dedlit 000. P., Commentario al De Raptu Proserpinæ, Poliziano. — Epistolæ,  Commentario al De Raptu Proserpinæ. Non bisogna però tacerò che anche P., corno tanti  altri umanisti trova nel paciro un fiero oppositore ai  suoi studi prediletti. E ornai divenuta tradizionale nella famiglia P. la  tendenza alla carriera giuridica, sicché Tommaso si mostra dispiaciuto verso il figliuolo, che preferisce lo studio della filosofia e dei  classici a quello del digesto e delle pandette. A quale perìodo della vita di P. deve però riportarsi  questo fatto! Jannclli, esagerando anche lo sdegno del padre verso  il figliuolo, afferma che bisogna riportarlo a quel tempo in  cui quest' ultimo apri pubblica scuola a Cosenza [V. Un accademico pmitaniano, precursore d’Ariosto e di Parini. Ariano — Stab. tip. Appiilo-Irpino. De Uchus per cpisloìam ecc.: e Neque vero  comineinoralH), quod ut hune quantulu in cuinque litterarum profectum  iiiorarctur indulgciuU alioqui in me patria animum depravavit Fortuna,  no sumptuA ai ooìa Musarum auppcditaret, taroquam relieta a maloribus trita semita degeneri, quod, ut illi, leges ediscere neglexerìra. Morelli — De Patricia consentina nofnlitaie,  De vita et scriptis ecc.  A. qia:«o paukasio  Ciò non ò prosaniibile, poiché Tommaso P., da uomo accorto ed intelligente quaPerai non avrà certo atteso che  il giovane avesse raggiunta l'età di 21 anno, per costringerlo  a battere la e tritam semitam gentis suæ i. Più logico invece ci sembra che egli cerca di piegarlo ai suoi volerli  prima che del tutto uwa^^N!w'    luuuincrcroli quesiti di diritto, tratti dalle opere dei pia  valenti giurecbusulti, corno ULPIANO, Paolo, Modestinoi PapiuiiiDO ecc., bisogna notare il lavoro paziente del giovanetto, reso ancora più manifesto dai non pochi errori grafici,  in esso ibcorsi, ed eliminati evidentemente da una futura correzione. Pare però che in Tommaso P. abbia finito col trionfare la generosità del suo animo. Sicché, specialmente quando  vide l'altro, figlio Pirro battere la strada dei suoi antenati,  dove certo venire a più miti consigli verso P.,  e permettergli di seguire la naturale tendenza del suo ingegno.  Non crediamo punto di errare asserendo quindi che egli stesso lo consigliasse a lasciare Cosenza, dove presto la scuola   di luL. cra salita in grande onore, ed a recarsi a Napoli, dove già egli occupa la carica di regio consigliere di  S.Chiara Però inclineremmo a credere che P. non si recasso  allora a Napoli per la prinia volta, poiché nell’Oratio ttd  ratritios neapoliUiìtos dice che, essendo venuto colà per salutare gl’amici, da questi, che già per prova dovevano  conoscere il suo valore letterario, venne invitato, anzi forzato,  a tenere un corso /li lezioni sulle Silve di STAZIO. Non crediamo qui necessario trattenerci a discorrere  del Pontano e della sua Accademia, dopo il cenno che ne  abbiamo fatto in altro nostro lavoro; solo ci piace osservare che sebbene P. si assumedse il    Toppi. — Dj Orig. Tribun. Bibl. di Napoli. € Ai io  præsontiaruui Viri patritli, quum ofiilii causa, ut amicos inviseremas,  A'I vostram rempublicaiu ornatisshnain aodique vorsum me contulissem,  ab eìndem post aliquot dies inissIoDem impetrare haudqaaquam potala  quod dicerent nostræ consuetudinis iucundltate teoeri eoe.  Un Accadeimco poHtaH'ano precursore d’Ariosto e di Perini, Ariano, Sub. Appulo-Irpino. tei*«*MÌB     iimtaa lm  Pantapdogia ealabra, — Napol, De Patricia consentina nobilitate.  Venezia, Morelli. e Ferdinando II regi admodum  carut, cuius ingenita servitia laadantur, Bibl. Nazionale di Napoli. La lettera si trova nel codice già descritto. Il M«MkMd«M*^*k#«J)A« j  V^»^tlm,  Dopo avere a lungo discorso della divinità egizianai P. cosi pone termine alla sua lettera: e Qui Fortunæ si nonduin omnes ad unum bonos libuit  excindore, si nomen Aragouium propitìa rospicit, te, lapsis  tuomm rebus, incolumen servabit, discot abs te clementiam,  mitissimoque Principi mitis aliquando fiet. Tu rnrsus maiores tuos intueri debes, ascitos coelo, operamquo dare ut, nude  per iniuriam doiectus cs, industria virtusque te rcponant. Come ognun vede, questo principe aragonese per iniuriam scacciato dal trono, non ò altro che Ferdinando II, il  quale dopo la battaglia di S. Germano e l' insurrezione degl’Abruzzi, non avendo potuto mettere un argine all’invadente  piena, che si era rovesciata nel suo regno, lascia Napoli per  fuggire alla volta di Ischia. Merita similmente di essere riportato il seguente brano  della lettera in esame:   e Audio te esse egregiæ iudolis adolescentnlum, animo alucrem, iugenio potentem, frugalitatis et continentiæ  in istis animis admirandæ, patientem laboris, a voluptatibus alienum, firmiterque laturum quicquid inædificare, quicquid  tibi fortuna voluerit imponere. Dai passi succitati, specie da quest'ultimo, in cui è  descritto minutamente il carattere di Ferdinando, chiaramente si vede come tra il principe ed il filosofo sia  esistita, pia che una semplice relazione, una vera e cordiale  amicizia, che crediamo abbia avuto origine fin da quando P.  Audio è qui adoperato noi significalo di conoscere. Cfr. CICERONE:  4 Audit igitur mena divina de s^ngalla.  A--, -1- a . lait. "-Tfc'- i r» t * mi^ ^i i H m» ; e fo-  ccndogli affidare V ufficio di e cavaleris penes capitaneos  terrarum Montaneæ et Civiteducalis, potestate substituendi,  cum gagiis et emolumentis, lucrìs et obventionibus solitis  et consuetis et debitis. Non ripetiamo tutti gli elogi proiligati nel documento in  parola. Ci limitiamo a riportare solo il seguente brano, in cui  chiaramente si vede l'alta stima, che il re Alfonso ed il  principe Ferdinando avevano di P. : '   e Nos autem habentes respectum ad merita sinceræ  [Chàritio. Endimione. ^ Canxooe Vili. Le rime di BenedeUo Gareih, detio il Chariteo.Napoli. Erroneamente Tafuri crede di identificare nel Barrhasie dtà  Chariteo, Giovanni Marrasio; come pure a ingannarono coloro i quali  supposero che fosse Barrasio, regio consigliere et presidente  di Camera [Archivio di Stato di Napoli. — Collaterale prìviL Aragon. clovotionis ot fide! præfati Pauli, ac considerantcs sorvitia per   oum Majestati nostræ praostita et impensa iis et aliis considerationibas et causis digne moti, præfato Paulo ad eius vitæ decarsum iain dieta officia. ; haberi volumus pro insertis et expressis et declaratis. Pare però che P. non occupa a lungo questa  carica, che, se gli procura danaro ed onori, non dove certo concedergli il tempo necessario per dedicarsi ai suoi  studi prediletti. Ecco perchè lo troviamo a Lecce  in DeeU"  iiam 8cribarum carica molto onorifica, alla quale non puo  aspirare e nisi honesto loco natus, et fide ot industria cognita. Di queste due cariche sostenute a Taverna ed a LeccCi  si rammenta  P. con rincrescimento e disgusto quando svaniti i sogni si dedica di nuovo e  con pia lena allo studio delle lettere: e lam vero piget  neminisse quod ab ingenuis ai-tibus ad calamum militiamque  me tradaxit Fortuna i :   n P. né in questo, né in altiì luoghi ci dice quando  impugna le armi. Non crediamo però di errare, sostenendo  che ciò sia avvenuto nella lotta degli Aragonesi contro  Carlo Vili e non dopo la caduta di questi, e ut consuleret  sibi patrique i, come crede lo Jannelli Come i suoi illustri antenati, nei quali rifulge inteme-  rato il sentimento della fedeltà e della gratitudine,  P. corse  subito a prestare Peperà sua in difesa del suo signore, e se  dopo, come abbiamo visto, egli si penti di ciò, bisogna rl-  Apologia del Vallo, Ipse Janus in eam provinoiam  Japjgiam, quam pater rexit, adolescens Scripturam fecit. Ouæsùa per epi%i. — Orai, ante pralect. in epist. Cie. ad Att.  h   I I i*' i ' 1 ^ 1 là i M "j   i \ Mr 'cercamo la causa nel suo giusto risentimento, quando vide  la sua devozione ed il suo zelo indegnamente ricompeasati  da re Federico. Oi parrebbe quindi verosimile che P. segue il principe Ferdinando, quando con un corpo d'esercito e mandato  da re Alfonso nelle Romagne, e che prendesse parte a tutte  le vicende di quella poca fausta spedizione contro l'Aubigny, ed alla stessa battaglia di S. Germano. Ciò non risulta chiaramente da alcun documento, ma  siamo indotti a crederlo da quello speciale interesse, che P. mostra di aver preso alla causa aragonese, e da quel  continuo accenno all’armi, a cui, altrimenti, non sapremmo  dire in quale altro periodo della sua vita egli si sarebbe  rivolto. Torna utile riporUro i seguenti versi di un epigramma di P.  contro Nauta, suo fiero nemico (Apologia di Vallo). Si fortuna levis de Consule Rhetora fecit. Et ferulam gerirous qua prius arma manu. Nonne eoe. La parola co9isìU ci fa credere che P. fosse giunto a qualche  alto grado nell’esercito aragonese.  i«A>^i— •'^bA*«Jwti w>i>»i' » .a  IW »^f *m' ^rtèmtmr'nmmm   in.   P. P. conchiade la sua lettera a Ferdinando d'Aragona  col voto di poterlo rivedere, prima di morire, sul trono degl’antenati: e onte meos obitus sit, precor, ista dies >•   n giorno desiato non tarda molto a spuntare: dopo  quattro mesi, Ferdinando rientra in Napoli,  festeggiato dal popolo, e cosi il voto del fedele P. fu pienamente adempiuto. Allora questi e reintegrato, insieme col padre, nell'ufficio  perduto dopo la conquista di Carlo Vili, e ritornato a Lecce,  si dedica con ogni cura all'emendazione del testo di Solino: e Si quis alter in emaculando Solino laboravit, in iis ego  nomen proftteor meum: Ncapoli, Lupiis, in Japygia Apulia,  nactus antiquoe reverendæque vetustatis exemplaria. Ma Ferdinando II godette ben poco del possesso del  trono ricuperato, poiché dopo un anno appena morì, lasciando la corona allo zio Federico, che, inetto a regnare,  da l’ultimo crollo alla dominazione aragonese. AtSS. DibL Nazionale di Napoli. Da una lettera contenuta nel  Cod., diretta non sapremmo ben dire se a Oiovan Battista  Pio Bolognese o ad Aldo Pio romano. Inc. Atqul tua cum bona  venia fallit te ratio, mi Pie, »   MiJII  Vii r J rrn ' " r '~ - V t f'^-'f^J'^come nelPavvei^a fortunai oltre che per l'amore, che ad essi  lo legaya, por la speranza e honestioris gradus, maionunqæ  commodorum; ebbene ora, invece del premio dovuto,  di quel posto onorato, di quegli agi sognati, gli si getta  in faccia l'accusa di traditore.   Il letterato ha forse sperato di poter col  tempo raggiungere l'alto grado del Beccadelli e del Fontano. Ma dinanzi alla dura realtà quei sogni dorati sono svaniti,  gettandolo nel più grande sconforto. Ecco come dolorosamente egli esclama contro la maligna  sua sorte: O calliditatis inauditum genus ut Fortuna iuvando  noceret, ad opes me evexit et dignationem I Verum simulao  animadvertit eius aura, simulatoque favore de pristina vitæ  ratione nihU in me mutatum, passimque meas omnes acces-  siones industriæ magis et probitati, quam sibi acceptas  referri, vehementer oiTensa, confestim passis alis evolavit,  ne virtuUs comes esse cogeretur. Oh come questo brano tutto rivela lo strazio di quel  cuore addolorato I e quale triste verità nelle ultime parole,  che accennano allo spietato abbandono in cui tanto spesso  la fortuna suole lasciare il virtuoso I   Ma l'abbattimento morale, in cui era caduto il F., fli  puramente passeggiero : fornito di quella lealtà incarnata nella  virtù e di quella gagliardia di propositi, che reca in sé una  potenza a cui nulla resiste, dopo la penosa impressione del  momento, si senti subito forte per vincere le diflBcoltà e  sopportare la sventura.   Anzi questa, ben per tempo, rivelò in lui ciò che Q  Settembrini ben definì corona e gloria della vUa, cioè un nobile  [P.— Orai, ante prælect. epist. Ciò. ad AtL, Matthaai.  Neapoli W.,- r^'ir s 6 grande carattere: al giovano inesperto successe l’uomo  dalla fibra gagliarda, il quale, come vedremo, nelle lunghe  peripezie della sua vita, anche quando tutto gli venne meno,  ebbe ancora un terreno sul quale restò invincibile, il coraggio  e l'integrità. Ecco come egli nobilmente si esprime. Ego nihilominus, ut meum nunquam ratus, in qnod  incostantia Fortunæ ius haberet, quod alieni foret arbitrii,  quod auferrì, quod crìpi, quod amitti posset, in eodem vultu  prqposìtoque permansi, Quumque vicem meam dolerent omnes,  (quod indicat incolumi statu qualem me gessissem) solus ego  furienti Fortunæ laqucum mandabam. Fiere parole, in cui tutta rifulge questa splendida figura  di calabrese, che nelle calamità della \ita resta saldo a guisa  della torre dantesca, e assicurato dalla buona compagnia che  V uom franclicggia, eleva baldanzoso la testa e con aria fiera  e calma volge ai suoi calunuir.tori uno sguardo, in cui si  compcnctra generosa compassioue ed odioso disdegno per la  viltà, che striscia ai suoi piedi.   Ben diverso però è il P., che ci presenta lo Jannelli:  freddo ed insensibile dinanzi a quelle pagine palpitanti di vita  reale, in cui si sente tutta l'ambascia di chi si vede colpito  in ciò che aveva di pia caro : Ponore, il nostro biografo ci et  del suo protagonista! un girella della peggiore risma, che, ve-  dendo e inane Aragoniorum imperium fatali casu in dies ruere >)  diviene, insieme col padre, aperto fautore dei Francesi. Jannelli, a sostegno della sua asserzione, non  adduce altra prova che qualche parola di lode, che il P. a-  vrebbe rivolta, molto posteriormente, ai Francesi, durante la  sua dimora a. Milano (3}; il nipote Antonio poi crede di [Orai, cit., ed. cit., pag. %iA. De vita et icriptis ecc.  > ii^i'/" r>^.iin^ii -i.Jm'imI mk^ i' V*««>i>hi^iiilW [j^WjiWiiM; M>iM»W li» IfiI^ l'^l 11 ^«yy Q \»t ' 'l ^^ l| tf »^rfi>>ii»Wi T i K i * *iteto  di tiranno (3}«     • Lasciata Napoli, non poteva fl  P. essere più felice nella scelta della citta, destinata quale  agone dei suoi studi : in Roma infatti l'Accademia, fondata  [P. Epìstola ad Michælciu Ricciura, ante Sedolii et  Prudcntii cariuìna. i«iw*i ^i«i^i*ii>  «2da Pomponio Leto, aveva raggiunta altissima fama, chia-  mando colà molti fra' più dotti letterati del tempo, quali  SACCHI (si veda) Sacchi, detto il Platina, il grammatico Venilano, il valente grecist-a Baldo e, per non parlare  di altri, Inghirami, giustamente detto dftl P.  e fiicilis, expeditns, plenus humanitatis »Fin dai primi giorni in cui il P. conobbe quest' ultimo si  senti legato a lui della più salda amicizia, che, per mutar di  eventi, fu sempre viva e sincera. Inghirami, all'alto  sapere congiungendo una non comune bontà d'animo, fu uno  dei pochi veri amici, che abbia avuto V infelice P., ed in  molti casi, come vedremo, fu per lui la vera ancora di salvezza. Libero omai dalle fantasticherie giovanili, e spinto da  quel tiranno signore dei miseri mortali: il bisogno, l'umanista  calabrese si dedica agli studii con più amore ed alacrità che  non avesse fatto x)er lo innanzi, riuscendo, dopo non molto  tempo, a completare la correzione del testo di SOLINO e di  quello di AMMIANO MARCELLINO.   Ben presto occupa un degno posto tra' più illustri let-  terati, che allora professano a Boma, e diede subito chiara  Orat. ante prælec. epist. CICERONE ad Att., Orat. --  ut me, quo priroum die Romæ \idit, arotissime complexus est; ut auctoritate, gratia, testimonio suo prolixe  iuvit, ot in omni fortuna semper idem fult. R. Bibl. Naz. di Napoli. Orat. ad Sen.  Medici.Immo paupertas iampridem virtulis et doctrìnæ contubernalis  est; quippe qui dum integris opibus et incolumi patrimonio floreha*  mus, litteranim studia remissius assectabamur ; ubi vero-communis illa  tyrannorum procella no», ut bonos omnes, involvit, ardenter adeo man-  suetloribus Musis operam dedimus Ammlani  Marcellini Rerum gestarum libri penes me sunt omnes quot extant, ex  antiquissimo codice Romæ exserìpti.] prova del suo sapere, specie nella disputa avuta con Antonio. Amiternino. Questi, quasi del tutto igniaro della lingua greca,  aveva messe fuori delle vuote e cervellotiche interpretazioni,  che voleva gabellare per irrefutabili. P. in sulle prime  cercò di fargli comprendere amichevolmente gli errori in cui  era caduto ; ma quando vide che si ostinava nella sua opi-  nione, anzi aveva osato finanche minacciarlo di morte, non  ebbe più alcun ritegno di rendere di pubblica ragione la poca  valentia del protervo grammatico.   Essendosi cosi acquistata alta e meritata fama, gli fti  assegnata nell'Accademia la cattedra di oratoria, mandato  molto onorifico, che egli seppe disimpegnare con zelo e dottrina. Appunto in quel tempo e scelto a mæstro di Gætani, figlio di Niccolò, duca di Sermoneta, a  di Silio Sabello, giovanetti di assai belle speranze. Parva  che un'era di pace e di tranquillità fosse sorta per l’infelice P. ; ma purtroppo allora Boma gemeva sotto il giogo  di Alessandro VI, lo scellerato pontefice, di cui, come ben  dice MACHIAVELLI, tre ancelle seguirono le sante pedate:  lussuria, simonia e crudeltà.   Forse molti dei delitti di casa Borgia saranno stati inventati dall'accesa fantasia dei romanzieri ; ma non si può certo  sconvenire che fu sparso innocentemente il sangue -di nume-  rose vittime, per sola sfrenata smania di potere. Tra questa  bisogna ascrivere i due cari ed amati discepoli del P., Silio  e Bernardino, barbaramente trucidati dagli emissari pontifici,  Quæsita per epist.ed.  Orai, ad  Seti. Mediol.: € operain dedìmas, ut et nos hactenus non poeniteat, et aK  aliia idonei esistimati »imas, qui Romæ, io arce totios orbis terraram,  oratoriam publice profiteremur Vallo. Apologia; Orat. prælec. epist. Cic. ad Att.« edix.  Ciu  A .111 I  IWH   1  solo perchè le loro famiglie non si erano forse mostrate lige  ai nefandi voleri del Pontefice, che pur di fondare pel figliuolo  Cesare uno stato, che comprendesse tutta l' Italia centrale,  non la risparmiava ad ogni sorta d' immani scelleratezze.   Poco mancò che il P. stesso non fosse coinvolto nella  disgrazia dei suoi alunni e, se ri usci a salvarsi, lo dovette solo  all' intercessione, ai consigli ed agli aiuti dell' amico Inghirami. Allora P. si recò a Milano,  dove gli erano riserbati infiniti altri dolori. (1; Oratio ante prælec. epist. Ciò. ad Alt., ed. cit., pag. 247: € quam  Bollicite euravit Phædrus, Alcxandri VI pootificatu, ne me Bernardini  .Caietani, neo Silii Sabelli tempestaa involveret Vallo. Apologia : € inde quoque disoessit, ususque Consilio lu-  venalia, in Galliam citeriorem migravit. Orat.  € audivit in Gallia citeriore portolo iam me  tenere^ Mediolanique publice conductum profiteri. U P. a Aliano.  Importanza storico-letteraria di questo  Lotta col Ferrari e col Nauta.     Luigi XII, oltre le vecchie pretese sul regno di Napoli,  a causa del matrimonio di Valentina Visconti, figlia del duca  Gian Galeazzo, col suo avolo Turaine, affacciò queUe  sul ducato di Milano, e, vedendosi favorito nei suoi disegni  dalle gelosie e dalle discoi*die dei x)rincix)i italiani, si affrettò  a mettere in opera il suo disegno.   Assicuratasi l'amicizia di Alessandro VI e della repubblica di Venezia, mandò in Lombardia un esercito, ohe in  breve tempo costrinse Lodovico il Moro a lasciare il ducato  ed a riparare nel Tirolo.   Ma ben presto i Francesi con le loro soperchierie fecero  rimpiangere il governo del Moro: questi pensò di trame profitto,  e, disceso rapidamente con un forte nucleo di mercenari  Svizzeri, fu accolto festosamente dai Milanesi.   Il suo trionfo fu però breve ed illusorio, poiché venuto  a battaglia, presso Novara, con l'esercito francese comandato  da Trivulzio, i Buoi Svizzeri si rifiutarono di combattere  coaitro i loro compatriota del campo francese, e cosi la sua  rovina fu bella e decisa. I»!Mm iM 1 M»S»>»mmi^*mm i0mi  >m*^m  tfhrfi*»*h- -««wAhAi*Fallitogli il tentativo di fnga, il Moro fa preso e man-  dato a finire i suoi giorni nella torre di Locheé ; cosi il  ducato di Milano ricadde sotto la dominazione francese.  Laigi XII propose al governo di esso il cardinale Amboise, il quale, fedele ministro del sao re, vi riscosse  ben trecento mila ducati per le spese di guerra, inasprendo  coUe sue angherie sempre più l'animo dei Milanesi.   Forse per coonestare in certo modo questa sua condotta,  il cardinale si adoperò a che fosse continuata in Milano la  nobile tradizione degli studi umanistici, ohe ivi avevano a-  vuto valenti cultori e pptenti mecenati.   Si sorbava ancora colà memorili della munificenza dei  Visconti, degli onori tributati al Petrarca dall'arcivescovo  Giovanni, e degli aiuti largiti da Galeazzo, Giammaria  e Maria agli umanisti del tempo : Uberto e Pier  Oandido Decembrio, Loschi, Barzizza,  Filelfo e tanti altri ; come pure era vivissimo il  ricordo della protezione accordata ai letterati dagli Sforza,  soprattutto da Lodovico il Moro, che aveva fatto della ca-  pitale lombarda uno dei principali centri di coltura d'Italia.   L'Amboise protesse anche lui i buoni studii e fti largo  di aiuto agli umanisti, ohe allora professavano a Milano:  Giovan Battista Pio Bolognese, Ferrari,  e, per non parlare di altri, il celebre grecista Demetrio Oid-  oondila. TiRABoecBi. — oRosmini. — Storta diUUoM, Milano, Sax. — Eiti. Lùter. Typogr. Mediai., Aboslati. ~ BM. Script. Mediai., TiRABOSCHi:Aboslati. Sax. Fiorivano allora anche valenti poeti : CATTANEO, Curzio, Dulcino, Biffo, Leone, tutta una flora di eletti in-  gegni| in mezzo ai quali venne a brillare  P..   Como dicemmo altrove, questi giunse a Milano, come ci attestano chiaramente oltre la sua  lettera dedicatoria del De Raiìtn Proserpinat all'amico Cotta, pubblicata anno maturius dalla eua venuta in  questa città (VII Kalendas januarias MD), la prima lettera  inviata da Vicenza a Gian Giorgio Trissino (ex ædibus tnis  pridie, e l'asserzione di essere rimasto  a professare e octoqne per annos in Gallia Citeriore.   il tempo che il P. dimorò a Milano a ragione può dirsi  il periodo più burrascoso della sua vita, a causa delle lottOi  deUe persecuzioni interminali, e di quella sterile guerra d'in-  trighi e di basse calunnie, di cui egli fu vittima.   Quel periodo però fu anche il più produttivo del grande  filologo calabrese, il quale appunto allora a noi paro che  [Tirar.Aroxlati.Giovio. — Elogia Vir. Uu. iUustr.^   L uo Creo. Girai/ 'I. De poetit sui temperisi Dial. I.  Rosmini.  Vita ilei Maresciallo TrivuUio. Bakoell, Novell.— Sax, Sax.  Mazzuchklu. ^ Scriu. d' ItaJUa; Rosmiki. Vàa dai Hear.   Triwd.. Sax. *yM!' .* 'ortatì. Noi però più che ai versi di Lancino Curzio, Sacco, Plegafota, Dulciuo, Biffo, quando  non avremo assoluto bisogno della loro testimonianza, ci at-  terremo aUe orazioni inedite, pronunziate  dal P. a Milano.   Sono circa una ventina, di cui alcune hanno interesse  puramente letterario, altre ci forniscono xireziose notizie  biografiche.  Anecdoti Hi gloria^ bibliografia e antica, Catania,  Tip. Francesca Galati, Præfat., A P., neapol., In nuptiis J. P. et Tbeodoræ  Calcondylæ », Bpitalamla, De Justitia, De Jore, Prælectio, Præfatio  in.Lucium Florum ot Valerium Flaccum — lu Lucium Florum, Præfatio  in Liviuin, Præfatio in orationes Ciceronis^rræfatio in Achilleldtm ecc.  àmktw,titi ihi^t^ »«haaa-^^i Queste, che pobblieliereaio ute^ralaieate is appevUee^  crediamo che debbano disporn ia questo nodo^ per ordìao  di tempo: e Orationes II io lliootianaa. — Oratio ad Seaa-  tom Hediolaænseoi, Oratio ia Minattannm, la Loeiom  Floram, PmeCitio ia Femoai, Prælatio ia Thebaida. Di capitale importanza, per le ootizie che a foraiseoaa  8aografo, che coli' uno e coli' altro  wu9iicre si era formata una certa fortuna.   Questi non si lasciò certo sfoggire l'occasione di sfruttare  a suo vantaggio fl giovane filologo, già abbastanza noto nel  mondo letterario, lo accolse volontieri presso di si, e gli asse»  gnò, oltre V insegnamento, fl grave e diflScfle incarico della  correzione dei codici, che egli poi pubblicava per suo conto.   n P. curò allora l' edizione di parecchie opere latine,  fra cui fl Cirii, erroneamente attribuito a Virgilio, e la  Vallo, Apologia^ ediz. di.: € habetqua (Mioatiaaut) pe-   eoBÌÆ samniani sludiani ; dignlutcs afleeUl noe ad omamentoa Titat,  ted ad quæstum, qao nttri omnia diligit ex animo nemioem. Caias   aiaieaa æ aimalat, io hooe loddiaa priaom aoetit »• Oralio 10 ia  kiontiaooa : € Meom foit iUod in to benefidom, ai noæla, mona al  la domi, fona, in ro privata, in ro publica, in atodlia invi, anaUnni,  ioyì ; podet lateri qui na vicarìaa, qol diadpaloa amdiebam aohia» oC  amen da n ^ provindaa aoatinabaa. P.Canim. D§ Raptu Pro$€r. L HI: e varsna tz   Ciri ma n doaoa, ot aillaUa olla vaoilUntiboa, in boa radaginina nnoMioa^  IpdqDO Mlnntiano dadhaoa Imprlmaodoa Vita di quest' ultìmo, cho attribuì a DONATO e  non a Servio, come molti ritenevano ai tempi suoi.   Ne soltanto colla propria attività P. mostra ol Minnziano la propria gratitudine. Questi più che dall' amore per le lettere, spinto dalla  smania del guadagno, aveva da poco pubblicate le opere di  CICERONE, in cui, con grande presunzione, aveva messo fuori  tali e tante cervellotiche correzioni, si vuote ed errate in-  tei-pretazioni, da suscitare giustamente contro di se lo sdegno  dell' irritabile genus, specie del grammatico Ferrari,  valente cultore del grande stilista latino.  Si schierò poco dopo contro di lui anche un tal Nauta, corso di origine, insieme con molti altri, i quali tutti  gli si scagliarono addosso, mettendo in mostra gì' infiniti  errori, di cui erano rinfarcite le opere pubblicate.   Il Minuziano, di natura temerario ed aggressivo, cercò  di lottare contro i suoi avversari e di difendere il suo lavoro; ma le sue argomentazioni furono abbattute dal Fer-  rari, il quale pubblicamente, manifestissimii argumentii omr-  niumque coìiseMH, lo chiamò reum lanciìuiti, præcerpti fNr^r-  siqtte CICERONE. Anche il P., come molti altri dotti, attiibuì a DONATO la Vita di Virgilio, che altri poi, corno parrebbe realmente, attribuirono ad Elio Donato, il quale avrebbe attinte non poche notixie dalla biografia di VIRGILIO contenuta nell’opera di SVETONIO € De vlris illustribus »•'   Valaraggi, che si occupa della questione (Rivista di fil. class.) ritenne che la biografia appartenesse  ad un anonimo commento alle Ducolicì^e, fra le cui fonti bisognerebbe  ascrivere il commento di DONATO e forse quello di SERVIO.  P. Comm. De Raptu Proserp. Tiberìos  inquam Donatus, non Servi us, ut vulgo fere creditur. Sed Donati iam  titulo nostra castigatione Minutianus impressit. ÀRGSLATi.  Dibl. Script. Mediai. Orai. IH in  Minutianum.   ì n n f^_ 1 i ~  i " ìl i --r^tr  Fu allora che il P.y vistolo in quel serio imbarazzo, per  quanto convinto e dolente nel tempo stesso di dover soste-  nere un' ingiusta causa, pure fece parlare al suo cuore la voce  della riconoscenza, e prese a difendere il suo ospite (1) e o-  biecto Minervæ clipeo. Essendo Minuziano poco caro alle Muse, e non sapendo  maneggiare quell'arma perfezionata del tempo: l'epigramma,  il P. si senti cosbretto a scrivere dei versi, che quegli  mandava ai suoi avvei*sari, gabellandoli per proprii (3).   Questi però non toi'darono a scoprire il vero autore, ed  a scagliai'si di conseguenza contro di lui, costringendolo cosi  a venire in campo aperto.   Xon si sgomentò puuto il P., con epigrammi vibrati e  pungenti rintuzzò la petulanza d^l Nauta, che l'aveva at- [Orat. IH in Mi-  nutianum : € Ego qucm tu ingratum vocas (piget hercule iiiciDinissa)  suscepi tuas partcs, et quidem iniquissiinas^ quantumque in. me fuit, io-  deftfusum non reliqui, tucrìque conatus sum, cum sammo capitis mei  pcriculo, ut vestrum plcrosque meminisse confido.  Vatlo.  Apologia.  Crediamo cbe appunto allora Lancino Curzio, fiero nemico del  Minuziano, che egli per prima forse denominò Appura Musca, (Sax.  Hiat. Liti. Typograph.) scrivesse queircpigramroa (pag. 32,  1. Ili Epigram., Milano) finemente ironico : Ad Fabium ParrhasiuM  Calvum Neapolitanum ^ sul quale il Mandalari richiamava raUcnzione del  futuro biografo del grande umar^is'a:   DocU Parrhasii delltlæ, FaU,   Vates nec modicus Pieridum in graft ;   Ex quo pr«csos opem dot, facit et rabl  Ut sis   Doctis docta refer, die : studlis vaco.   Vulgi turbæ, age, die : Vale ; abl Cæo. A queirepoca il P. non poteva aver figli, non avendo sposatela Calcon-  dila cbe intorno al 1504, né ebbe mai fratello o parente di nome Fabio,  sicché, tenuto conto di quanto abbiamo detto, riteniamo che il Curzio nel-  Tepigramma citato abbia voluto sferzare il coroo pugliese^ che si faceva  bello delle penne del giovane pavone. tAceato più fieramente e fece oomprendere al fiero eorso che  quella mano, che maneggiava la bacchetta del pedagogo^  aveva ben saputo in altri tempi brandire nna spada:   S fòrtana kris de coosale rbetora fecH,   Et lierohuai garìnms qua prìns arma mano.  Nonne eee.  Ed a mostrare che alle parole sapeva far seguire i Catti,  non ebbe alcun ritegno di penetrare nella scuola del Ferrari-  e di prendere pubblicamente le difese del Minnziano. Allora gli odii si rinfocolarono e segui tra il P. ed i due  retori uno scambio di fieri epigrammi e di virulente invettive, fino a che la .partenza del Ferrari (15, dopo avere però ancora  uua volta sfogata la sua bile contro il Minnziano ed i tristi  tempi, che lo costringevano a lasciare quella città.   n P. però non si lasciò sfuggire l'occasione di mettere  in piena luce il motivo della partenza di lui e di dare l'ul-  tima scudisciata al suo avversario:   Noo te, crede mìhi, iactæ quæ tempora pelliint.   Aurea lalciferi qualia ficta Dei :  Sed radia ioaulsæ petulans audacia lioguæ,   Luxua, et omento piaguis aqualicolus. Vallo.  Apologia. Op. di.  Jannelli ha diligentemente raccolti tutti gli epigrammi del P.  In Æmiliam — In Nautam », Aroslati. Comm. De Baptu Proserp., P. I, pag. 42.   Jakiuoxi.  n Minuziano, data la bassezza dol suo carattere, a la  poca stima della propria dignità, e quam post unibram la-  celli semper habuit », non comprese, né potè apprezzare  il sacrifizio che il P. aveva fatto per Ini.   Appena messi a tacere i suoi nemici, egli si dedicò con  pin ardore di prima e qaæstuariis artibus » (2), e poco o nulla  riconoscente verso il suo valente difensore, lo invitò a ritor-  nare all'antico e faticoso ufficio, per contribuire cosi, disinte-  ressatamente, ad appagare la sua ardente sete di guadagno.   Non poteva certo il P. rassegnarsi più a lungo a quel  tenore di vita, che logorava le sue forze, senza nemmeno  procurargli una comoila e tranquilla esistenza ; sicché, ade-  rendo al consiglio di quelli che apprezzavano i suoi meriti,  abbandonò la casa del ^Unuziano, ed apri scuola a so in casa  del carissimo e bravo discepolo Catulliano Cotta, che  generosamente gli aveva offerto ospit>alità, per strapparlo dalle  unghie deU'avaro pugliese.   Questi finse di non dispiacersi di questa risoluzione del  P«, e gli concesse volentieri il permesso di eseguirla; ma in  cuor suo giurò di vendicarsi, e si apparecchiò a quella lotta  vile ed abominevole, in cui spiegò tutte le sue male arti  per rovinarlo. Oratio I io  Miootianimi.   (2) MSS. R. BM. N(u. di NapoU. Cod. V. D. ISi — Oratio III in  MinaUaiiiiiD »P. Epistola ante Comm, De Raptu Proserp., Milano.  e Qttom lualtos oronis onlinis ætatisque diacipulot habeam, monim gratta  earìssimos, noster in te amor præcipuus est et sìngularis »,   Comm. De Rapiu Proserp., 1. IH,  € tu nos invidiæ   lelit eiectos opibus et otBciis cumulatissime iuveris. Vallo. Apologia, # Habeas confessum reum (Janum) ab   Alexandre vel unum discipulum abduxisse, præter Catullianum Cottam,  euiua ospitio Janus est usus Alexandri permissu, nisi simulata fuit eius  ormtio-**tr--'» i j  nia'i ni> ih^l I» rliy-'a^iif Tf rtal^ J•l-fiiri.É" irnS "f'"\' i^ì"fT-J*»^-^^pp««^^iit*=a      n P. in sulle prime -non diede gran peso aUe tristi insi-  nuazioni del grammatico, e si limitò soltanto a proporre agli  alunni il medesimo esperimento del flautista tebano, Ismeneo,  ohe invitava i suoi discepoli ad ascoltare altri suonatori, per  Cftr loro meglio comprendere ed apprezzare recceUeuza dei-  Parte sua .  Incoraggiato dal plauso generale, P. si dedica con  maggior lena ai suoi studi e riusci a pubblicare dopo non  molto tempo il suo commentario al De Raptu Proserpinæ di Claudiano, dedicandolo, quale attestato della sua gratitudine,  a Catulliano Gotta (6).   • n lavoro del P., di cui ora non daremo alcun giudizio,  non poteva ottenere miglior successo : il Curzio, il Mariano, il   Vallo.  Apóìo^.  Orai. I in Mi-   noiianum: € poetaram genera nostrìs tantum non verbis enumeraret,   qoaaque nos anno superiore ex auctoribns græcìs aceepta, vobiscum  oomanicavimua, eadem nuper ille quasi sua, quasi nova, inagno verbo-  ram strepitu blateraret. Orat. I in Mi-  natianom: € Id nos exemplum, quod maxime probaremus, in usum revocare  tentavimus, an aliunde factum putatis, ut illam pecudem vos auditum  miserlmos, quam ut recenti periculo cognoscatis quid inter Apollinis et  Marsiæ cantom differat. CI. Claud. 2)é R£^u Proserp.^ com Comm. P.,.!  MedioL 15». /t'^Ìij.>i»;|ii.iCattaneo, il Motta, Tommaso Fedro Inghirami scrìssero dogU  epigrammi, in cui ne magnificarono le lodi ed elevarono al  cielo i pregi peregrini.   In mezzo a qncsto bel coro si fece sentire la stridula voce  del Minuziano e di pochi altri suoi pari, che, non potendo  criticare il Commento, fecero dilToDdcre la insulsa x)anzana  che il P. aveva raffazzonato e spacciato per proprio un  codice di Domizio Calderine, morto pochi anni innanzi, di'  cui era venuto in possesso.   Non s'accorgevano i ribaldi che in questo modo ricono-  scevano e sancivano essi stessi il merito indiscutibile - del  PaiTasio.   Questa pubblicazione e le altre due : De viris illustribuè,  opera da lui attribuita a Coinelio Kepote ed il Carmen  Paschale di Sedulio cogli scritti di Pioidenzio (4), dedicati con  bellissima lettera all'amico Michele Riccio (5), gli procaccia-'  reno maggiore stima presso i buoni, e soprattutto la be-  nevolenza e la protezione di Stefano Poncherio. coltissimo  Coroni, al De Ra^du; Valix) - Apolotjia; Jannelli  RoLANOiNi Panati — livectivæ in.Jaiiiim ParrhHsiuro. — Di questo  rarmiiuo incunabulo 8i conserva una copia nelli Biblioteca Ambrosiana  di Milano. CoRNELius Nkpos — Ds viris tUuslrihM, ab A. Jane Parrhasio  et Catulliano Cotta, qui editionem curavit, ix probatissimis codidbos  emendatus. — Medici. 1500.   Nella seconda parte del nostro studio esarainercrao le ragioni addotta  dal P. a sostegno della sua tesi (Cod. V. D.  De viris illustrìbos  cuius sit), che, per quanto ardita e ben sostenuta, non può reggere ai*  colpi della critica moderna.   Cfr. AuGUSTUS Reiffbrscueid « C. Sretoìfiii Tranquilli præler  Cæsarnm libros reliquiæ, — Lipsia,^ Teubner Seoulii Cannen Paschale et Prudentius. — Mediol. Tirar. -;- Storia della Lett.^ T. VI, P. II, pag. 259 ; Argblati —  op. cit., T. li, T. I, pag. 1503; Tafuri Scrittori del Regno di Napoli] vescovo parigino e presidente del Senato milanese, venuto  in qualità di Gran cancelliere insieme col cardinale d'Amboise.   Grazie ai buoni ufBci del Poncherìo, il P. potè ottenere  che per quattro anni non fossero né stampate, uè vendute  le suddette opere, a danno delPautore, e in tote Mediolanensi   dominio sub poena aurei uuius prò singulis volumi-   nibufl >.   n P. cercò di rendersi sempre più degno della stima  accordatagli dal Poncherìo, il quale, avendo conosciuto da  vicino i meriti di lui, gli fu sempre largo di beneficii e onori,  sino ad invitarlo spesso alla propria mensa.   n Minuziano, che non aveva potuto, o meglio aveva  temuto di avvicinarsi al dotto prelato, temendo, come la not-  tola, la luce del sole, nonché il e controllo di quella giusta  bilancia, senti macerarsi maggiormente dall' invidia ed  acuire il suo sdegno contro il Parrasio.   Nel secolo dell' umanesimo la calunnia era Parma a cui  solevano spesso ricorrere i e gladiatori > della penna, in queUe  loro interminabili contese, destate per lo più dalla loro am-  bizione sconfinata, e da quello spirito insofferente di giogo,   Mediolani,1, et Regni nostri quarto Per  Regem ducem Mediolani Ad Relacìontm Gonsilii.   Dal diploma originale, riportato dallo Jannelli, op. cit., pag. 48 e teg. Orat. I in Mi-  not. : € In præeentia diligenter seduloque caTebimus ne patria am-  plissimi Stephani Poncherii, Senatus principis, ac særosancti nostri regis  Archigrammatici fallare iodicium videamur, quippe quum nos, qui sumrous  bonor est, sais annumeret, ac, ut est in bonos omnes munificns, maio-  ribns in dies anctet præmiis Vallo  Apologia: « Amplissimus Stephanus Ponoherius.....  hnmanarum divinaramque rerum perìtissimns, Jane oonviotore deleotatar ».   Orat. I in Mi-  nut: € cur ad salutandam (Poncherium) nondum venitf Nempe quia  Dootna solem fugit, neo audet Uli tmtinæ se committere. ìckMMttMUépiaéUMaHiMfiaà  cbe, fæcimno nostre le parole del Voigi, portò 1a Tite ed  il faoco nel campo sereso dcirarie, il malconiento e P in-  trigo nel campo dei letterali. Nelle invettiTe si prendevano a narrare fin dall' infanria  le vicende dell'avversario, mescolando al vero menzogne,  fingendo casi ed azioni infamanti, accamnlando le più atroci  calunnie, senza peritarsi di inzaccherare persino i pia sacri  affetti familiari. L'animo basso del Minnziano, nato per avvoltolarsi in  simili bruttare, non rifaggi daUe pia atroci accaso, dalle  pia sozze calunnie per rovinare P. Quasi non bastasse il discredito, che cercava gettare nel  pubblico, ardi finanche d' irrompere nella scuola stessa del  suo avversario e di vomitare contro di lui, al cospetto dei  discepoli, ogni sorta di contumelie. Lo chiamò ingrato dei henefidi ricevuti, lo tacciò d' im-  moralità e di tradimento, e, per colmo di spodoratezza, lo  accusò di aver commesso a Napoli un omicidio, causa della  sua precipitosa fuga da questa città. In questo genere di lotte infamanti, dopo i successi ot-  tenuti, il Minuziano doveva ornai stimarsi invincibfle: altre  ne aveva già sostenute contro Giulio Emilio Ferrari, Baffiæle     (1) OiOROio VoioT.Il Risorgimerto dell’antichiià classiche. Firenze, Sansone, Rossi.  Il QuaUrocenio. ÌISS. R. DM. Naz. di NapoU. Cod. V. D. 15. — Orai. I in  Minot. : « netnini parcit, oblatrat omnibus, omnium dicfa factaque probrit  insectatur, ac ut imroundus sus cum quibus volutali qoæiit. Orat. Il ia  . Minut. : « Adests tantum frequentes, Konestissimi iuTenes, inteUigetis   profecto quantum profuerit vanissimo nebuloni innoccntissimom hominaia  tot immanibus calumniis provocassi. Orat. m in  Minut. : « Ego si nescis, versntissime veterator, non patrata cædo, qood  ipss fingis, sed odio tyrannidis patria cessi. mti f ìtai'iMH» k0mim: ^mtm^mUmam, tmfmimmé»*^mÉ  titt^^m*tì Miii jiiifc^>> I  BegiO| Gioyan Battista Pio (1), Talenti letterati, costretti  dalla tristezza dei tempi a venire alle prese con on ribaldo  della peggior risma, ed a cedere forse dinanzi a lai, per non  scapitare troppo nella propria dignità.   Però avversari più fieri incontrò il Miunziano in Leone e soprattutto in Lancino Curzio, il quale, come pare,  per primo gli affibbiò il felice nomignolo di mosca pugliese:   Ut vidi, mord&x visus et nimis Appulus, atqæ  Dixi : Asini in tergo est Appola Musca trueit.   n P. parimenti tenne fronte al rabula petulantis- j  simus, però volle aspettare, come disse ai discepoli, il tempo I  ed il luògo propizio per scagionarsi delle accuse, che gli  •erano state inflitte;.   Oome pare, appunto allora il Poncherio volle dargli la più  alta prova della sua stima, ed offrirgli il mezzo per trionfare  altamente sul pedante avversario.   Per la fuga del Ferrari vacava a Milano la cattedra di  oratoria; dietro proposta del degno prelato, il Cardinale Orat. HI in  Minot: « Sic in Julium Novarionsem, sic in l^aphælem Regium, 8ic in  Baptistam Pium, perhumanos illos quidem, et, ut a multis audio, bene  doctos, quasi furore quodam percitus, olim debacchatum esse ».  Lakcimo Curzio.  Epìgrammaton libri XX^ Mediolani, apud  Rocchum et Ambrogium fratres do Valle impressorcs : Pbilippus Poyot  fisdebat, 1521 in folio.   Di quest'opera, importante per quanto rara, si conserva nella Biblio»  teca di Brera una delle poche copie che rimangono. Orat. II in  Minut. : € Non veni responsurus, ut suKpicamini, maledictis jurgationibus  et conviciis, quibos hesterna die nequissimus ille bipedum, non tam ma.  In qæm illa minime cadunt, quam sanctissimas aures vestras oneravi!.  Aliad certe tempus, alium locum illa sibi poscit oratio, quod ubi consti-  tatnm mibi færit, efficiam ut sciatis.] d' Amboise, con bellissimo diploma, invitava il P.' a oo-  capar. Solo dopo il discorso inaugurale, questi, dinanzi ni Senato  milanese, pronunziò la terza orazione contro il lilinuziano (2),  bella per vigoria e colorito d' immagini, per efficacia d,'e^  spressioni, e soprattutto per la sicurezza e la serenità dei  giudizii, dettati da una coscienza forte e tranquilla, sotto  Voshergo del sentirai pura.   Degna poi di speciale menzione è P orazione inaugu-  rale tenuta anche dinanzi al Senato milanese : se in essa  trionfa, come generalmente nelPeloquenza dimostrativa del  secolo, la rettorica parolaia, ed abbondano le digressioni|  immaginate a sfoggio di erudizione, non mancano dei pen-  sieri nobili od elevati sulla vera missione dell' insegnante e dei precetti pedagogici, che ricordano alcuno massime di  quei due insigni educatori umanistici : Guarino veronese e  Vittorino da Feltro. Chioccarblli.  De illusi, script. ; Jaknblu. Georgius de Ambasia, tituli S. Sixti, præsbyter Cardinalis,  Archiepiscopus Rothomagcnsis, Comes Sartiranæ, Regius Ultramontes,  Locumtenens Generalis Christianissiuii Regia etc, vacante loco publico  lecturæ lectionis artis Oratoriæ in inclyta urbe Mediolani, per absenUam  inagìatrì Julii Novarìensis, egregius Janus Parrhasius Neapolitanus pelili  8ibi de ilio loco provideri. Quare nos freti doctrina, moribus et ititeffritaU  eiusdem Jani, illi annuimus, et magistrum Janum constituimua ad pu-  blicam professionem ipsius artis Oratoriæ in dieta urbe Mediolani, ad  placitum Christianissimi Regia nostri, cum solito salario (Vallo, Apol. ; centenis quinquagenis aureis) Datum in arce Portæ Jovis, Mediol., Questa orazione figura prima nel codice, e tale fu creduta dallo  Jannelli, il quale perciò non potette delineare esattamente la vicenda  della lotta. Oratio ad Se-  natum Mediolancnsem : Non enim parum refert quam quia initio di-  sciplinam sortiatur, nam quæ .teneri percipiraus altius animis insidunt,  ac ita penitus radices agunt, ut nunquam vel certe difficulter evelli queant.   '[ I»!»* tl^ I Milli L'oratore, dopo aver parlato dell'efficacia singolare che  un buon indirizzo educativo suole avere sull'animo dei gio-  vanetti, sino a decidere del loro avvenire, rivolge belle ed  acconce parole di ringraziamento al Senato od al Cardinale  d'Amboise, per la carica conferitagli, non senza però accennare, con bel garbo e fine arguzia, alle molteplici prove alle  quali l'avevano prima sottoposto, certo in grazia alle calunnie  di Minuziano. A differenza degli altri umanisti, i quali tutti, ad esempio  del Filelfo, con audacia più o meno boriosa, si credevano ed  amavano fiEU*8Ì credere dispensatori di gloria, P. rifugge  dalla consapevole ciarlataneria adulatrice, come pure non  sembra affatto dominato da quell'orgoglio e da quella grande  vanita letteraria, riprovevole nel Filelfo, nel Poggio, nel Valla  ed in tanti altri.   Ed ecco perchè egli, con una modestia ammirevole per   e   quanto rara, prega i suoi uditori di non voler ricercare in lui  altri beni all' infuori di quelli, che gli procacciò il bisogno.   n P. non poteva meglio corrispondere all'aspettazione  dei Milanesi ed alla promessa fatta di adoperarsi in dieg  magie magisque, per non sembrare indegno della fiducia riposta  in lui. I filosofi del tempo, quali il Curzio, il Giovio, Or. oit. € H^beo  Tobit gratias et quidem maximat. Viri claiiasimi, ac ai facaltaa daretor  etiam referrem, qui de nostrìs stodiis adeo aolliciti estis, ni me, licei  illuatris amplissimiqæ Cardinalis Rhotomagensis, qui Chrìstianiariaii regia  peraonam auatinet, iodieio comprobatom, non tamen prius admiæritis ad  endiendam Mediolanenæm iuventutem, quam Tigilantisaimia veatrìa ocalia  exliibitom aliquod perìcolam fæere apecUTeritia »•   (2) Vittorio Roesi.Orat. di., Cod. eit. Op. eli., 1. di.  Bugia Vir. Uu. iOusir Giraldi, Q Bosmini , Q Tiraboschi, n Plegafeta,  e tanti altri ci attestano concordemente il plauso riscosso :  non riporteremo qui integralmente le tirate rettoriche e le  lodi entusiastiche contenate nei loro pomposi epigrammi| ci  limiteremo soltanto a citare alcuni versi di Cesare Sacco,  che nella loro forma enfatica ci rivelano, più che tanti altri,  quel vero entusiasmo che il P. riusci a destare anche nella  più eletta cittadinanza milanese:   Dam legit et Janot concenlibas æra compiei,   Doleis et in nottras perstrepit aure eonue.  Qoæ Veneree homini dictant modulamina vocis f   Hunc gratum innumeræ, non Charia una facit.  Huiua in ore sedet trìplez Acheloia prole».   Canina et Astrorum porrìgit ipse manum.  Ingenita eei illi mira quam vìtIì et arie   Actio. Goncinnum quid magia esæ poieetf  Adde quod hanc ditat longisaima copia rerum :   Fertile doctrinæ quod gerii ingenlum !   B in verirà il P«, oltre la grande erudizione, possedeva  tutti quei dati esteriori, che tanto contribuiscono a procao»  dare all'oratore la benevolenza del pubblico : il suo occhio  vivo e penetrante, la fironte ampia e serena, che anche nel-  l'effigie ti rivela l' ingegno potente e scrutatore, il gesto dignitoso e la rara bontà di eloquio rapivano ed ammaliavano  le moltitudini. DmZ. i De Poetii sui t&mparii. Viia da MarudàjOù Triwdtw. AxfoxLo Oabriillo da S. Maku'. BM. degli Senti. Vicendm,  T. lY., pag. XY e æg.   (^ Yallo.  Apologia.  PiSRio Yalxbiano. ^De infeUcitate Utterai.^ L I, pag. 2U  OiOTio. — Slogia Vir. iOusir.^  Ed ecco perchè dappertatto, anche da lontani pæsi|  accorrcTano a lui giovani e vecchi, valenti letterati e persone mezzanamente istruite.   Fra' più assidui uditori merita d'essere ricoi'dato Trìvulzio, che carico di anni e di allori militari,  træva grande diletto daUe lezioni del giovane retore.   Questo pieno, incontrastato trionfo impose silenzio al  maligno Minuziano, il quale, dopo qualche tempo, si senti  spinto, forse costretto, a fare una completa ritrattazione AUora, verso il 1503, sia per suggerimento di Stefano  Poncherio, sia per non dare agli alunni il poco lodevole e-  sempio di una lotta indecorosa, il P. non -si mostrò alieno  dal pacificarsi col Minuziano. Con questo nobile atto egli volle prendere sul suo avver-  sario la migliore delle vendette : il perdono, e mostrargli cosi  chiaramente, come disse poi ai discepoli, che e multo speciosius  est iniurias dementia vincere, quam mutui odii pertinacia. Vallo.  Apologia : « Diesque me deficiet, si commemorare sin-  gilUtim pergaui quot e finitimis et longìnquis etiam re^onibufi Jani  traxerit eruditio, qui ceteros ante eum rhetores indignabantur ».  Spbra.  De nobilit, profess. Spiriti. — Uo-  morie dei filosofi cosentini; Zayarroni. Biblioteca  eaHabra; Tapuri. Scrittori del Regno di Napoli, Barrio. De Sita et antiq, Baylx.   DicUonnaire liistor. et crit, Præfatio in Per-  dum : € Quapropter omnia praotcrìta malcdicta, quæ non voluntate, non  iudicio (qood ipse non negavi t), sed irapercitus, in noe effudit, familiari-  tati, qua mihi coniunctus olim fuit, et amicorum precibus condonavi. Fræfatio in Per^  sium : € Minutianus Alexander, ut acitis, annis abbine duobas, an tertios  agitar, ex hospite factus.hostis, utrius culpa dicere supcrscdeo, quando fere  iustum quisque afiectum indicai, quem agnoscit, amicis auctoribus in gratiam mecum rediit, et eam (quod est in me) mansuram semper Quum   præsertim' intelligerem satis in eo Pontifico meo (Stefano Poncherio) factu-  rum,' ne morum facilitatem, ad quam ipse natus est, in me desideraret.  La soddisfazione morale provatieno sempre più vasta, le sue osserva- .  zioni sempre pia acute, i suoi commonti sempre pia profondi. .   Allora egli compose in parte, o arricchì, quei pazienti *  ed accurati lavori di compilazione, che denominò excerpta. In primo luogo meritano di essere ricordati gli e Excerpta  mitologica ex Pindaro, che ci attestano chiaiamente  quale fosse la sua erudizione in fatto di mitologia, nelle cui  CavoIo egli fra' primi trovò un' esatta corrispondenza eoi fenomeni naturali. C&rt. Mi.,,  di e. 119 non nom., oltre le guardie; è legato di pelle e  attesta la medesima provenienza degli altri codici : € Antonii Serìpandi ex  Jani Parrhasii testamento. Ex Qlympionicis Pindari », expl. eoa  un rimedio contro la podagra € et conforterà lo membro debole. P. Gomm. al De Ra^u Proserp. € qaod  non Cjolopea tela.  È parimente un lavoro di compilazione fl codice ohe  contiene le sentenze tratte dagli scrittori antichi, di cni egli  si servii per qnanto non sempre opportunamente, in tntte  le sue opere.   Da simile intento il P. appare guidato nella raccolta degli  e Excerpta ex Polisno et Polybio e negli e Excerpta  historica, grammaticalia et geographica, come pure nella  compilazione del e Dictionarium geographicum lavoro  di grandissima mole, che rivela uno studio lunghissimo ed  una pazienza sbalorditoia, per disporre alfabeticamente nomi  di regioni, citta, monti, fiumi, mari ecc., tratti come egli  dice € ex Strabene, Pomponio Mela, Tacito, Pansania, Am-  miano Marcellino, Historia tripartita, Eusebio, Apollonio  Bhodio, Barbaro, Alessandrino, Nicandri  interprete, Gocciano etc... >r   Meritano similmente d'esser ricordati altri due codici,  contenenti notizie di vario argomento, ricavate da diversi  Cari. aot. di  e* 21 interftmente scrìtta e non num., mm. ; Antonii  Serìp. etc. Ino. € si possent homiæs »; ezpl. « plenus unguenti pa*  tere videtor ». Cart. aut. di  e. 70 non num., compresa le guardia e la e. bianche in principio in  ia mazzo ad alla fine, Sarìp, atc. — Excerpta ex Poli»no inoip.: € Antoninus et Severus imperatorei ezeroitnm  dnxerunt in Parthos ». — Excerpta ex Polybio incip. : e postaaquam  oonsulas » ; ezpl. : € inde opima retnlit spolia. SS   autori, ed in ultimo un Tolaminosissimo e Nomenclator,  di parecchie centinaia di pagine.   In questo modo il P. poto acquistarsi una coltura dar-  vero straordinaria, da non rendere poi di troppo esagerata  la lode che gli tributaya Toscano:   llle sul Janus sftecli Varrò, ille vetarnam  Torpentem excussit^ torba magistra. Ubi,   E non altro che lui, colla sua erudizione e col suo se-  vero metodo scentifico, poteva rinfocolare negli animi l'amore  per i buoni studi, e indirizzarli a più alta e più nobile meta. Sono morti Alfonso d' Aragona,  Cosimo dei Medici, Pio n, Francesco Sforza, tutti potenti  mecenati ; come sono morti Valla, Poggio, Guarino, Biondo. Si era poi compiuto un assai importante av-  venimento, si era cioè impiantata la prima officina tipografica  noi monastero di Subiaco, por opera dei due tedeschi, Oor»  rado Schweinhcim e Arnolfo Pannartz.   Notevole riscontro di date, dice il Bossi, che par  segnare il tramonto di quel periodo della Binasoenza, che  fu di preparazione e di fermento della materia letteraria.  Grazie alle insigni scoperte fatte dagli umanisti, la miglior  parte della letteratura antica, che era sfuggita all'  Tariique argomenti ex plurìbus auctorìbus digettæ » : — Ine. € Persona  Theodorìci », expl. € neo Xanthos uterqæ.  Cari. aut. di Serìp. eie. — Inc. € Indice Galeoti et Me-  rulæ de homine » ; expl. € Indice Hermolai. Cari. ani. Serip. etc. — Inc. e Atticas et Marcus Bratos »;  expl. € ex Eusebio, de temp. Peplum ludiæ^ Rossi. il Quattrocento, ed. oli.. dei tempi, si oiTriva allo stadio dei dotti ; non restava quindi  che saper (are buon uso di quei metodi, meglio appropriati  all'interpretazione e alla critica.   A qnest' ultima quindi spettava, come afTerma Bossi,  di trarre dalle conquiste dei grandi eruditi trapassati tutto  il frutto possìbile, di affinare col savio uso i loro metodi, di  attuarli rivedendo, correggeudo, commentando la suppellet-  tile classica.   Questo difficile comx)ito si assunse e disimpegnò nel più  alto modo P., col quale si delinea netta-  mente la seconda età della Binascenza, in cui la critica e  l'arte raggiungono la loro maturità.   La stampa ben presto si era propagata in Italia, e a  •non lunghi intervaUi di tempo Eoma, Venezia, Milano, Verona, Foligno, Firenze, Napoli avevano avuto la loro officina  tipografica.   Non sempre però accadeva che nella revisione e correzione dei classici vigilasse la mente esperta degli accorgi-  menti critici di un Giannantonio Gaiupano, o di un Gian-'  nandrea Bussi, di un Lascari, di un Erasmo; spesso le  edizioni erano curate da avari ed inesperti tipografi, che,  spinti dal solo desiderio di guadagno, al pari del Minuziano,  stampavano e diffondevano nel pubblico le opere degli scrit-  tori antichi, riboccanti di errori.   Contro questi veri profanatori dell' arte antica si sca-  gliò fieramente il P., e con tutte le sue forze si dedico  alla correzione dei testi, che nel triste stato in cui erano  ridotti dai tipografi, come egli disse, non sarebbero stati ;   Maittairb. — Annal. Typogr. Orai. Ili in Mi-  not* : € Et la unquaio poteri t illum quæstom facere, quem non ex offi-  cina, sed laniena libromm, quam maùmam iadtf ». pia riconosciuti dai loro stessi autori, se fossero ritornati in  vita   Fedele al suo programma, P., dopo la pubblicazione  dello splendido commento al De Baptn Proserpiuæ e degli  altri lavori, di cui abbiamo tenuto parola, mise fuori,  dedicandolo a Ponchorio, De Regionibus urbii Samæ  lihellus aureu» del pseudo Vittore, che, coUe ag-  giunte già apportatevi da Pomponio Leto, divenne la più iiiH  portante guida topografica di Boma. Un anno dopo vide poi  la luce V opera dal titolo : Probi instituta artium et aliorum  grammaticorum fragmenia, che dedica a Cusano, giovanetto che alla nobiltà del casato 'congiungéva  mente eletta e sentimenti generosi. Intanto il P. con anlore incredibile emendava i classici,  apportando dovunque la sua opera di critico profondo ed illu-  minato. A questo periodo di lavoro intenso e geniale dobbiamo  i seguenti importanti commenti, sfuggiti all' avarizia fraieeea  De UtIÌ indice:  e De latinis vero quo me Vertam nescìo, ita mendose ecrìbuntar et to-  neunt. Utin&m non nostri temporis hæc iustior easet querela ! certe ego  non plus in alienis erroribua confutandia, quam in exponendia aoUquorum  acriptia inaudarem. Sed affirraare iuratiia et aancte poaanm, aio omnea ab  Impressoribua inversoa esse codices, ut si auctorea a postliminio mortìa  in lucem revocentur, eoe agnituri non aint. Il vero titolo deiropera del pseudo Vittóre è: Notitia regionum  Urbis Romane.  Manuzio. Instit, grammai, Spera.  De Nobil, profess.,; Bayli. — Dictionnaire histor^ et  crit.^ n. D. ecc. P. — Epistola ad M. Ant. Cusanum^ ante Probi Inst. ete.    TUM-  T&ania»i'i 4>^Mfc»» n i>i ft n i fM Éi i -jfi 11 -'-v*-- ! '   e all' incuria dei eustodi: e Valerii Maximi Prisoorum exeui-  plorum libri II (i) ; Kotulæ in I Od. Q. ORAZIO Flacci;  In lOnvi Valerii Flæei (iii) ; Commi'ntarii in ORAZIO Poeti-  Cam (iv) ; AdnotatUmei in Cæsarie Commentarios; Adno-  tationes in Epistolæ Ciceronii ad Atticum (yi) ; N'otæ. in Statii  Silvas (yn); Adnotationes in Tibullum (vili); In Ciceronii  Paradoxa adnotationes 7— Commentarii in Livii libroe: De  bello Macedonico, et in Lucium Florum (ix) >•   Parecchie altre opere, che sono andate perdate, furono  composte durante la dimora del P. a Milano ; fra queste  degnissima d'essere ricordata quella dal titolo : Quæeitii per  epietolam, di^ cui non ci resta che un libro solo dei venti-  cinque da lui compilati (2}. Quest'opera da se sola baste-  rebbe a. darci un' idea precisa della profonda coltura del P.  e dell'alta fama raggiunta. Da ogni parte d'Italia si ri-  [MSS. R. DM. Naz. di Nap. — Cod. cart. aat. XIII, B. 14 ;  Cod. cart. &at. XIII, B. 15 ; Cod. cart. aut., B. 20 ; Cod.  earU aut. XIII, B. 23 ; Cod. cart. ant. V, D. 3 ; ^ti) Cod. cart. aot. V,  D. 13; Cod cart. aut. Y, D. U; Cod. cart. aut. V, D. 22;  Cod. cart aot. A proposito di quest’ultimo codice non sarà foor di luogo ricordare  il seguente brano della Frac fatto in LIVIO: e L. Flomm  prælegi, qui carptim compendioqæ popoli romani scrìbit historias. In eo  castigando simol enarrandoqoe quantom Tigìlianim, quantom laborie  exhaoserim, testes mihi sunt omnes qoi tum nobis operam dabant. Qoorom  nonnollos non tam mea, quæ mediocris est, eroditio trahebat ad aodien-  dom, qoam qoædam, ni fallor, expectatio, qoa ratione curarem tot rol»  nera, vel, ot verios dicam, carnìficinam, qoam librarios (il Minoziano) in  Floro sic exercuerat, ut novæ cicatrici locus non esset. OiOTANNi Pier Cimino. — Episi, nuncup. ad CorioL Mariyr.  Inst. Oramm. CharisU: e Brat enim ad editionem iamprìdem paratom,  librisqoe constabat cireiter quinqoe et viginU ».   Enrico Stefano. -^ Epist. ad Lud. Casuilvetr.^ ed. De Rebus ;  NicoDBMi. — Addizioni alla Dibl. Nap. del Toppi; Marafioti. Cron. ed amie, di Calab.; Tiraboschi. - Storia ecc.,Oinournì.— iTótotiv Uu. d'Italie, Paris.  volgevano a lui per aver schiariineuti di questo o quel  dubbio, per V interpretazione di questo o quel passo controverso ; ed egli con una modestia, non meno rara della  sua affabile liberalità, non negava a nessuno il suo giudizio, che, come canta il Salemi, era venerato al pari del  responso deli' oracolo di Delfo o di quello di Dodona: credas Delp&is oracula Phoebum  Aut Dodonæas ornos, quercum|ue locutat.   Da ciò appare che P. negli studi di erudizione teneva  incontrastabilmente il primato, da non temere punto di schie-  rarsi, alPoccasione, contro i più rinomati umanisti del tempo,  fosse anche un Poliziano.   Certo, facciamo nostra la giusta osservazione di FIORENTINO (si veda), il contendere la palma all'eruditissimo Poliziano  e il biasimarne i giudizii richiedeva non piccola autorità,  quando non fosse stata audacia e sfrontataggine senza pari.  Da quanto abbiamo detto chiaramente appare che un simile  rimprovero non poteva toccare a P. A questo punto crediamo opportuno far rilevare un altro  grande servigio arrecato dal P. alla scienza, durante la sua [Salerni. — Sylvæ' In Jani obùu Epieedion, e Mg.  ed. Neap.  Lettera a persona  ignota Non vìdeo cur ad me acribas a Politiano Domltii sententiam  non probari in illad ex prima Papinii Sylvula : RKenus et atUmiH vidù '  domus ardita Dati. Nisi forte vis ut Politiano sabtcribam, vel a calamuia  Doroifium defendam.  Quæsiux per episL^ ed. Matthæ. Lia est mihi cum Po-  litiano sinuosa (a proposito di un passo di VIRGILIO. Et audet PoHtianns asserere  Trapezuntium multa fecisse rerum vocabuìa ex imitatone veteram » eoe...Telesio. Flrenso, sncc. Le Mounier.] dimora a Milano, quello cioè di aver contribuito non poco  al sorgere della Colia Oiurisprudenza, di cui fu caposcuola  il suo discepolo, Alciati.   Senza punto occuparci dei primi due periodi della coltura del DIRITTO ROMANO, la Glossa e lo Scolasticismo, ci  limitiamo a ricordare che si deve esclusivamente agli uma-  nisti quel mo\imento reattivo all' indirizzo precedente, in  cui avevano avuto grande predominio le peripatetiche spe-  culazioni, il vuoto formalismo e l'arte delle infinite distinzioni suddistinzioni, che avevano ridotta la dottrina del  diritto romano ad un convenzionalismo dogmatico.   La lotta contro i giuristi, cominciata dal Valla con la  famosa lettera contro l'opuscolo di Bartolo da Sassoferrato,  De insigniii et armi$, trovò plauso negli altri umanisti, soprat-  tutto nel Poliziano; e se suscitò al principio un grave scandalo, valse a rimettere in onore lo studio negletto delle  fonti ed a far conoscere la grande importanza del metodo  storico-filologico. Questo rinnovamento, iniziato dai letterati, fu poi recato completamente in atto dai giuristi e,  primo fra tutti, d’Alciati. Questi, mettendo a profitto il suo sagace discernimento  e la sua vasta erudizione, coll'aiuto di codici da lui dissep-  pelliti nelle biblioteche, riusci a restituire alla loro esatta  lezione molti passi di Erodoto, di Polibio, di Appiano;  altri emendò in Plauto, in Terenzio, in LIVIO e special-   [Gravina. — De ertu et progressu iurù civilis. € lurìspnidentiA  Alciati manu ex humo sublata, oculos ad primordia sua reflectens, vetera  ornamenta nativamque digoitatein a priscis ropetiit auctoribus ; cumque  Alciati discipuli ex Gallia et Italia universa conspirarent, eorum præsidio  iurisprudentia se in prìmæva eruditìone atque elegantia cpllocavit* quæque  in Imeni, Accursii et Bartoli scholis viret exsenierat, retonta rubigine,  cultu eruditoruni et industria littcrarum elegantiarum, exuit barbarìem  el nativam explicuit venustatem ».nix DI ] mente in TACITO, determina l'indole dello stile dei migliori  giureconsulti, per cogliere il senso dei loro consigli nelle  Pandette, descrisse «Uligentemente le variazioni del diritto  pubblico romano, i>er conoscere lo spirito delle leggi in ogni  età, e colla sua profonda critica gettò la luce sui passi pia  difficili e controversi (!)•   Ora domandiamo : l'Alciati a chi va debitore di questo  critico indirizzo, a cui deve la sua famaf   Se qualcuno, neiracnme e ncireleganza di dettato dell’Aitore deWclegantc giHritpruiìemza, riconobbe i lieti frutti  deir insegnamento di P., la cui scuola egli firc^-  quentò dal 1504 al 1506, compiendovi, ancora giovanissimo,  gli studi d' umanità, nessuno, per quel che sappiamo,  ha aucora bene osservato che il metodo tenuto dal grande  giurista ncir emendare i testi degli antichi giureconsulti  è quello ^stesso tenuto dal P» nella correzione dei clas-  sici, e che da qucst' ultimo, molto probabilmente, apprese  anche i primi elementi della dottrina del giure. B e' indu-  cono in questa opinione due altre preziose orazioni inedite: De iustitia, De iure, le quali ci attestano che iP. a  Milano, dietro invito d’Amboise, fa parte [Prima. Alciati. Orazione inaugurale  letta neir Univ. di Pavia. — Milano, Stamp.  RoBBRTELLO. A»not. ad Var. toc., 1. II : Tibi vero gratulòr,  Alciate, quod Jannm Parrìtasium^ virum doctissiiBuin, a puerìlia nactos  fuoris præceptorein. Nunquam enim tua scrìpla lego, quin mihi illiua  recordatio viri oecurrat, adeo diligentis et perspicacia in veterum locit   emendandis, atque expUnandìs Homines qui ignorant talem præceptorcm tibi a pueritia contigiese admirantur postoa quantum eUam in  hoc ttudiorum genere valeaa. Ego, qui id iMsio, nec miror et lætor »•   k3) Claudio Minois. — Vita Alciati ante Emhlemata ; Quoio. -»  Epiii, Clar, et doct, Vir., ; Tiraboschi. Il P., nulgrailo lo tristi vicende toccategli/ senti sempre  per Milano U pia grande attrattiva, a segno da preferirlai  dopo Napoli, % tutte le altre città d' Italia, come con belle  parole dichian ai suoi discepoli. A rendetli cosi piacevole quel soggiorno' contribuì,  senza dubbio.prima V amicizia e poi la parentela contratta  col valente gecista, Demetrio Oalcondila. Questi, chiamato  a Milano da Lodovico il Moro, dopo aver insegnato, per t^ti anni e con molto plauso, a Padova o poi  a Firenze dda cattedra resa celebre dall' Argiropulo, vi  ebbe le più liete accoglienze, venendo egli a soddisfiure  quel vivo Uiogno sentito dalle menti, dopo la meta del  secolo XV, dponoscere cioè ed apprezzare le opere immor-  taU dei Gì  [PrtefAtio ia  Thebaida : « Egouom prìmum appuli in hanc inclytam civitatem 6t  latÌ8HÌmo dignamiperìo, eìut amplitudine captua, hanc animo meo   proprìam sedem U Nam post illam felicissimam Campaniaa oram   in tota Italia nullii usquam secessum solo virisque meliorem, qaiqiie  mihi M«diolano mls arrìdeat, invenl. n P., appena giunto a Milano, cercò di avvicinarsi al-  l' illnstre ateniese, per potere ancora niegfio apprezzare i  tesori del mondo ellenico, e trovò in lui uia guida sagena  e illuminata e affetto veramente paterno. Frequentando la casa del Oalcoudila, ej^li ebbe agio di  ammirare la coltura o le belle qualità mora! della figliuola  di lui, Teodora: sebbene questa non potes» vantare né  grande bellezza, nò forte dote, se no invaghi\ la foce sua  sposa, come si desume daunepigramma  scritto in quell’occasione dall' amico Cil^io.  D'allora in poi P. abita in casa del suocera, dove potè  conoscere molti valenti letterati, venuti a ^lilant per appren-  dervi il greco, fra' quali Trissino, il quale  pare abbia fatto dimora presso lo stesso Calondila,. come «  e' inducono a credere una lettera di quest' ulmio «liretta a  lui e sei altre di P., da cui traspare la pinjgrande fami-  liarità e domestichezza.  Comincia cosi un periodo di tregua nella vita di P.,  ma nou fu molto duraturo, poiché vennero ditinovo a tor  montarlo le strettezze finanziarie e i suoi nmici, che gli  piombarono addosso ancora più rabbiosi di praa.*   I Milanesi, se gli furono larghi di applauso onori, non [A Præfatio in   Thebaida: « placoit in spcm prolit ot rei faìnili» Thcodoram,   Demetrìi filiam, mihi adiungerc, in qua non forma, quan ea inediocria  est, ut appellat Ennius, non oiTertam dotein, quæ ma «ine morìbus  ex|>etitur, animuroque ineum non facile capit, scd ingfiat artes, intè-  gritatein vitæ, et super omnia |>atri8 eius affinitatem Retavi. Jannelm.  optt., pag. n2« -  [KoscoB. ~ Vita é PctUi ficaio di Leone X, trad. JBossi. Milano, Sonzogno, il traduttore ri u venne queste lettere nella corrisddenza epistolare  del poeta vicentino, conservata dai Trìssino dal Yeld*Ofo.  lo furono altrettanto nel ricompensare le sue fatiche. Di  ciò abbiamo chiara prova in un'altra orazione inedita, in coi  il P. candidamente fa nota ai discepoli la sua triste condì*  zionci ricordando loro, con aniarezza, il detto di Aristotele  che cioè il povero difficilmente e raramente giunge all'ac-  quisto della scienza (2). Quanto diverso era stato il suo giu-  dizio sulla povertà nclVOratio ad SetMlum McdioUinensem t   Non deve recar punto meraviglia che questa ed altre  volte la miseria abbia bussato alla porta del P. • In quél  secolo, ben chiamato dal Graf il secolo dei ciarlatani, chi  non si tirava innanzi, chi non gridava e magnificava la sua  merce, chi non prometteva più di quanto potesse attenere,  correva rischio di morir di fame. Bifuggendo il P. da ogni bassezza e dalle quæ$tuarU$  artibìii dei letterati del tempo, era naturale che non guaz*  zasse mai nell'abbondanza/   Il Poncherio, conosciute le condizioni poco floride in cui  egli si trovava, non mancò di venire in soccorso di lui, affi-  dandogli il proficuo incarico dell'educazione e dell' istruzione  del nipote Francesco. Ma ciò, se valse a sollevare il bi-  [In L. Flomm :  € Nam quid aliud, ornatissimi ìuveoet, in tanta rerum difficultate, quid  a1ittd« inquam, facerem, quum publica stipendia non procederent, et al  qnæ privatim consequor emolumenta, vix emendis olusculit satis essentf. In L. Flomm :  « Quippe ai viatica desint, ut vocat Aristoteles, omnia ad acientiam eo-  nattts irrìtus est et inania, et quantocumque labore diligentiaque, mille-  simus quisque vix evadei.  AUraverio il Cinquecento^ pag. 110 e æg. MSS. R In L: Florum :   « Nunc autem quum pater amplissirous Stephanus Poncheriua quo,   quasi sacro atque inspoHato quodam fano« boni omnes utuntur, non ho-  nesta solum mihi præmia constituerit, sed, quod magous honor est,  nepotis ex fratre sui curam'milii delegaverit.' Il M libili iiit — i j j I r II l ii — ^- 1 " lancio domestico del povero retore, noD potè ridargli la  tranquillità dello' spirito, turbata ancora una volta dagli  antichi nemici.   Primo ad uscire dal suo agguato fu il perfido Minuziano,  il quale, avendo corrotto un ribaldo sacerdote, discepolo del  P., fece sottrarre a quest' ultimo il commento al De bello  Macedonico di Livio, frutto di tre anni di assiduo lavoro,  pubblicandolo spudoratamente col proprio nome (1), e dedi-  candolo per giunta ai successore del Poncherio, Carlo GoiTredo. Questo fatto indigna fortemente  P., che memore degli  altri torti ricevuti, senza alcun indugio, rese di pubblica  ragione V impudente plagio. H Minnziano, vedendosi brutto  e spennacchiato, al pari della cornacchia esopiana, per ven-  dicarsi, non rifuggi da un' ultima vigliaccheria, dal collegarsi'  cioè col Ferrari, che era ritornato a Milano, e col Nauta,  contro i quali aveva lottato insieme col suo antico ospite.   A questi si uni un vero lanzichenecco della penna, fac-  ciamo nostra un'altra espressione del Graf, un tal Rolandino  Panato, che indettato e coadiuvato dai suoi amici, scrive  contro P. delle scandalose Inveetivæ), che per oscenità  non hanno nulla da invidiare a quelle scritte dal Panormita, da Poggio, da Valla e da Trapezunzio. Vallo. Apologia : Impudentior autem præceptor ille tuut,  iropressorum postrerout, qui Jaai castigationes in bellum Ltvil Macedonicum, grandi pretio redemptaa, ab avarìssimo quodam sacerdote (palam  rea est) intervertìt, emendatumquo Jani labore Livium suo titulo pablicavit. Vallo. Apologia : « Neque erubuit homo com iis in Jannui  conspirare, adversus quos certo capitis perìculo se, nomen, doctrinani,  ceteraque omnia sua tutatos fuerat P. RoLANDiKi Panati. Inveclivæ et Nautæ Carmina. Questa  pubblicazione, sebbene non porti indicazione né di anno, né di luogo, pure,  come notAva Mazzucbelli, è certo che fu fatta a Milano   .mm^Smi^^mt^l^lCt   TRA m A. 6IAXO TkWMAWm CS Laudo contro fl P. o^ torto £ coBioBieliey o^ sorto di ribalderie, lo duamò msiumm mremdiemmt, Jmmm  /o€di$$immm Mcarmhcuwi, tmprmrimm, Ibtommw» jMrtjtfi  Don eitore altri Tilissini epiteti, che layia^o ndte  1/ infkaie rabula criticò i larori di Ini, ne^ loro o^ V'^fl^  letterario e li denomiiiò amwumtmriolm.   do Irrìdo di protesto eruppe daD'aniaio dei baoai per la  basse ingiarìe lanciato all' nomo dotto e morigerato: Biffo, Cornìgero, Peloto, Bolognese Bratt-  gelisto Biadano ed altri molti alzarono la roee contro i tìK  diiEunatori, e scrissero contro di loro de^ epigrammi di foooo,  che non riportiamo, per non intralciare fl nostro racconto (!)•  n P. neppure questo rolto si diede per Tinto, e riden»  dosi delle nuoTe insidie dei suoi aTTcrsari, si ain^arecdiiò a  schiacciarli con pochi colpi, come scriTOTa all'amico bolognese. B non disse dò per millantoria, polche rinsd  complctomento nel suo intonto colla pubblicazione della dtato  Apologia di Vallo (3), la quale d ha fornito tanto e ri im-  portontl notizie.   Nessuno dei biografi del P., compreso lo*Jannelli, ha  ossenrato che il Vallo, se ebbe in essa la sua parto, non fli  certo la prìndpale: la grande erudizione, lo stfle, le dta-  zioni, comuni ad altri lavori del P., rivelano la mano del  provetto mæstro più che quella del «liscepolo.   Questa volto, dobbiamo pur dirlo, il P. fu costretto a  combattere i suoi nemici colle loro medesime armi, oppose  [Jaio«blli. —Jannblli. Risi de Jolio «t   Musoa Appula, perque gratum fuit audire quid de utroque seotiret  8ed, ut spero, noo agam Æsopi calvum,,nec expectabo Eiemis adrontùm :  paucis ictibus conteram. Furius Vallus Echinatus in Rolandinum, pistrìni yernam illauda-  tnxn,ante sec. ed. Comm. De Raptu eto.  mmm  r*^iM  «•^Ki^'^i^i>B ap"'litT-r"i   Una delle colpe attribuite al secolo dell' nmanesimo ta  qnel vizio abbominevole, per designare il quale si e tolto  a prestito il nome dai Greci. Fra le ignominie che gli umanisti, a ragione o a torto,  si gettavano in faccia vicendevolmente havvi sempre in primo  luogo la pederastia. H Bcccadelli rinfaccia questa colpa al  grammatico sanese Matteo Lupi, il Filelfo al Porcello, Poggio  al Valla, il Valla a Poggio e cosi via.   Non dove sembrare quindi strano che quest^accusa tanto  comune si lanciasse anche contro il P. dal corrotto cinque-  cento, che ereditò, anzi rese più morboso questo vizio del  secolo precedente.   Infatti tutti gli strati sociali, come dice il Oraf, ne  erano infetti, a comijiciare da Leone X, se vogliamo prestar  fede alle parole del Giovio ; Antonio Vignoli e il Bibbiena  ne accusano preti e frati ; il Firenzuola lo chiama manza di  maggior riputazioÆ, e gli prodigsftio lodi della Gasa,  Dolce, Lori, Curzio da Marignolli ed altri  dieci altri cinquanta, aggiunge il Graf. B che dire dell' ac-  cusa che grava su Francesco Bemi e sulla figura pia eletto  del secolo, Michclangiolo Buonarroti Y   Siamo lieti di notare che tutti, concordemente, assolvano  il P. del fallo imputatogli, prima di tutti lo stesso Giovio,  che non la perdona a Leone X (2). Ove non potessimo ad-  durre delle prove tanto convincenti, basterebbe per poco .  riflettere sulle sante massime dettate ai discHpoli nelle orazioni inedite, osaaiinarc l'elegia in morte di Antonio  [ Attraverso il Cinquecento Oiovio. Ehgia ViV. Un. t7/ii5fr., p&g. 208; Spiriti, r- ifemorM  degli sct-iitori Cosentini^ piig. 25; Qinqukns. — Histoire litt, d'Italie; Morcri. Grand Dictionn, histor.,  MSS. R. BiU.PræfaUo in  Achillcidem, Cratio ad di«cipulos, Oratio ad Scoatam Mediolanensem,  Ad Mumclplum Vlncentloum tic  t'amili' ma» w ^,n>»m n 1 iT_ I liwj I if^N» iw*iift*>ff^' ii»mifjtmv%'8ai, Tisusqæ sum orator Quid igitur aateal   dubilabant ne conduxisseut Thucididem Bntannicom, vel Ranam 'Sobri-  phiam? Sed utramque suspicìonem disonstl ».   Questa lettera e le seguenti sono dirette al Trissino, che allora  si trovava a Milano ad apprendere il greco, presso Calcondila. III wm^mf* »Jfc^>»*M>W^ I ^ I 11 >WII^«    fonati) quantum vix olira Gares in Leloges, Arcades in Pelasgos, Laoed(cinono3 in Ilotost Fiere e generose parole che mostrano ancora una volta  quanto fosse esagerata i' accusa di coloro che negarono completamente agli scrittori del secolo XVI la coscienza morale  della nazione italiana.   B che realmente il P. avesse fede nel!' avvenire, d è  mostrato anche dalla seconda orazione, dove se si notano i  medesimi difetti delle altre, e soprattutto la prolissità e una  troppo sìidata erudizione, si ammirano similmente gli alti pre-  cetti pedagogici e didattici, e le sane norme dettate ai gio-  vani e ai padri di famiglia, circa i beneficii di una buona  educazione. Conosciutosi in tal modo il valoro e la nobiltà d'animo  dell' uomo bassamente calunniato, dietro l' esempio deUa  famiglia Trissino, presso la quale egli aveva trovata, nei  primi tempi, la più calda e sincera ospitalità, cominciò una  vera gara tra le più nobili famiglie vipentine, per sempre  più dégnamente onorarlo e cattivarseni) la benevolenza.   Nonostante tali prove di affètto e di stima, il P. non  visse a Vicenza in quella perfetta tranquillità, come credette  lo Jannelli, per aver ignorate le importanti lettere al [Nencioni. — Nuova Antologia, Orai. II ad  Mun. Vincent : « In quo nonnulli parontet, ut hic ordiamur, obiargatione  digni sunt, qui spcs quoque suas ambitioni donant et precibus amicorom,  non minus insulse quam si gravi morbo quia Implidtus, ut amici grar  tiam colligat, oinisso perito salutiferoque medico, se committai ignaroii  cuius inscitia fonasse peidatnr. Roseci, op. cit.,. 1. eit. : € Qni (Trissiol) nihil ad oroaodam tei-  lendumque me domi forisque omisenint, exemploqoe coeteris, nt Idem  fæerent, oxtitere. Nam cerUnt inter se Thiend, Palelli, Portensea et  Cberigati quinam de me magia promereantnr »•    immmà^J^amm^t0>m^' j i>^ 1 1 ^,n  . »! I »« a «» «ii ' i^iai^  T i ri i ^. - ««-ìLm   Trìssino: prima la podagra (l), che aveva cominciato ad af-  fliggerlo fln da quando si trovava a Milano, e poi gì' invi-  diosi e ignoranti grammatici gli turbarono, come ftl solito,  la pace dello spirito.   n P., irritato per i tranelli tesigli da un tal Antonio da  Trento e da un perfido sacerdote, di cui ignoriamo il nome (2),  accolto nella sua scuola in qualità d'hypodidascalos, aveva già  deciso di lasciare Vicenza, quando, per la opportuna ed elBcace  intercessione del Trìssino, non solo recedette dalla presa risoluzione, ma concesse anche il perdono all'infame sacerdote.   Malgrado i continui fastidii e le non lievi cure dell' in-  segnamento, il P. non tralasciò i suoi studii prediletti, che  continuò a coltivare con amore e profitto, pubblicando, a  breve intervallo, i seguenti importanti e pregevoli lavori:  CLAVSVLÆ CICERONE ex epistolin familiaribus (4); Breviarium  Rhctoriec9 ex aptimU quibunque Oraccis et Txitinis atictoribuM  depromptum; Probiliistituta artium et Catholica;  Conieliìis Franto  De nominum verborumqM differentiU et  Fhoca grammaiiou$ — De /laudi nota, atqne de aspirationè  libelluè. Questa ricca produzione letteraria ci fa argomentare che [RoscoB.. : € torqueor incredibili po-   dagrac dolore : quicquid est mediconim, quicqutd phannacopolarain din  noci uq uè conti ncnter exerceo. L’indegno prete era Irato contro P., mal sopportando che que-  Mlo avesse chiamato nella sua scuola e prediligesse il cosentino Cesario, uno dei pochi veri e costanti amici delPinfelice umanista,   '3) RoscoB. Sacerdos tuas est apud me laUs  honcsta condì tione. Veicetiab, MDVHI, per Henrìcam librarìam Veicet et Jo. Marlam oius flllum, in Kal. Jan., MDIX, per Henricnm «te.  MDIK, per Henricum ete   VUI Id. Febr., MDIX etc.... i/j » n i ì I II » * ! m jÈJì iV *'nM>-|f mk Iri i> i liikJ^'-    m i0> ri tf i  P. negli aitimi tempi della sua dimora a Vicenza, se visse  in poco floride condizioni economiche, da essere costretto a  ricorrere talvolta al Trissino per qualche xirestito, non  dovette però essere più molestato, come per lo innanzi, da  nemici maligni e invidiosi. Allettato quindi da quella tran-  quillità relativa, succeduta alle lotte interminabili, forse egli  non sarebbe cosi presto partito da Vicenza, se non fosse  sopraggiunto il pericolo della lega di Cambrai. Appena salito sul trono di S. Pietro, Giulio II mostra il suo fermo proponimento di ricomporre lo stato della chiesa,  che era andato in frantumi, non per favorire il miserando  nepotismo, come avevano .fatto i suoi predecessori, ma per  fondare una monarchia pontificia, che potesse dare al papato  il necessai*io prestigio. A tal uopo, appena si libera di Borgia, rivolse le sue mire contro Venezia, che si era impossessata di alcune terre della chiesa. La Serenissima, scossa nel suo commercio per la scoperta della nuova via, che conduceva alle Indie, e per la  crescente dominazione dei Turchi, aveva rivolta la sua at-  tività a formarsi uno stato in terraferma. Bra riuscita a mera-  viglia nel suo intento, ma si era procurato Podio del Papi  e l'invidia dei principi italiani e dei potentati stranieri, che^  il 10 dicembre 1508, conchiusero a Cambrai una formidabile  le^a e per ispegnere, come incendio comune, l'insaziabile capl-  digia dei Veneziani e la loro sete d'ingiusta dominazione RoscoB. — op. cit., epist. V. : oco dopo II discorso  inaogurale, lasciando al téÆle Cesario, che non aveva  voluto abbandonarlo in qnella circostanza, la cara dell' insegnamento, al quale aveva dovuto assolatamente ricor-  rere per poter sbarcare il Innario.   n P., ritornato a Padova al principio dell' agosto, collo  spirito rinfrancato per il miglioramento ottenuto ai suoi mali  alle acque di Abano, riprese con nuova lena IMnsegna-  meuto, lasciando cosi libero il Cesario di tentare a Roma  la sua fortuna. La Mumma anetoritas deUa storica cittì, in cui per prima [ Præfalio 'm  Horatil odM : « Si qois aliuii, ornatUsioii iiivenes, ex eo loco quem net  iKKiettlstimàin Romao Madiolanique et dcmum Vcìcetiæ lonuìmas, ad  hanc iniquitaUm tamporum radactos ataat, ut privai im doc«ret, ilio qai-   dom fato eooTieiain fæoret tiquidem summa buius urbis   auctoriiat, celeborrimum Fatarii nomon, ubique gentiunn venerabile, com-  peniat omao salarli dotrimootoni. Lo Jannelli, noo avendo ieooto alcun conto della lettera del P,  %1 Cesario € ex Aponi baliceia », ritenne che quest* oltiiro € excessli  Viooentia (Romani) XI!! vel Xll Kal. Jonii Sputala JJ, ex Apani balinais, e. d.: « interea vale et cara   disdpuloe eraditioni fideiqne nostræ commlsaoe. Epistola, ex Apani balineis : « Salve, Cætari, profuemnt alU   qvaatlsper Aponi Iwlinea Bqoidem me cupio ad vot recipera   klo enln me tædiam eepit remm onnlom.li Cesario non fa accontentato nei suoi desiderii, poiché nell^  lettera inviatagli da Venesia, Il P. %|  rallegra con Ini « quod incolurois in complexu suorum vivat accoptos  (Bpist. IH) ». Da ciò argomentiamo che la maggior parte delle Iutiere  del P. gli furono Inviate a Cosensa. 1 1» jiil y  i^ n i* m,tmt, ^ mi Mllb*^i^hUBk«la  iw«MHk«!fAi«^ MiaMUHMUÀli^4b*iS   ^T. con Mussato emno fioriti^ gli studi! umanistioi, e  il nomali celeberrimum da essa acquistato, por ^ aver accolto  nelle sue mura tanti illustri letterati| quali Giovanni da .Ba-  venna, Pier Paolo Vergerio, Secco PolentonCi Gasparioo da  Barzizza, Vittorino da Feltro e, per non parlare di altri,  Demetrio Galcondila, allettarono subito il P., sino a fargli  dimenticare omne salarii detrimentum. Però i tristi aweiiimenti sopmvvenuti lo costrinsero a lasciare Padova [L' imperatore Massimiliano, essendosi finalmei|te scosso  dalla sua inerzia a causa dei continui progressi dei Vene-  ziani, nel tempo stesso che Bodolfo di Anhalt si recavi  nel Friuli, per occupare la tcpra di Gadore, e il duca di  Brunswick tentava di espugnare Gividale e Udine, in persona per le montagne di Vicenza era sceso nel contada  di Padova. Però e non essendo ancora maggiori le forze  sue, si occupava in piccole imprese con -poca di-  gnità del nome Gesario: saccheggi orribili, eoddi  spietati furono eseguiti dai feroci invasori, la cui indescrivibile licenza fece ricordare quella delle orde barbariche. P., visto scoppiare un cosi furioso turbine di guerra,  prima che Massimiliano cingesse d'assedio la città coi suoi  100,000 uomini, verso la n^età di agosto riparò di nuovo a Ve-  nezia, dove fu accolto amorevolmente, come forse anche nella  sua prima venuta, da Lodovico Michele, che era stato suo  discepolo a Vicenza. Guicciardini. — 7frecedente (Venezia), appare chiaro che sia  sUU. ^iy«>i V >»i I 1*1 la» ^imr !l^^ Garbono, i fratelli Anisio, i fratelli Seripando, Angeriano e parecchi altri {ly, Col pia vivo piacere P. frequenta i geniali convegni lei letterati napolitani e fu accolto  dovunque colle più sincero manifestazioni di ossequio. Non mancarono, come al solito, i versi apologetici, fra'  quali citiamo quelli del prolifico epigrammista napolitano.  Giano A Disio, nella cui mente il P. destò il ricordo degli  antichi soci della gloriosa Accademia pontaniana:   Qui8 non his tabulis dubia dipingitur umbra   Commeritas, qais non byali ridenta colore.   Insigni virtute vir, et spectatus amicus?   Tene ego præteream, cui Musæ tempora cireum   Jusserunt hederaa, et amicaa serpere lauros. P. allora forse rinde Filocalo da  Troja, Garbone, Puccio da Firenze, alle  cui lezioni aveva assistito durante la sua prima dimora a  Napoli, ricavandone non poco profitto. Allora similmente  rese sempre più saldi i vincoli d'amicizia, che lo legavano^  al dotto e munifico Antonio Seripando (3). Pare che egli  conoscesse quest' ultimo alla scuola del Puccio (4> [So questi scrittori, quasi tutti poco noti, rìcbiaroava testé V at-  tenzione degli studiosi 11 chia.mo prof. Flamini, cbe additava In essi « no  territorio da esplorare della gloriosa nostra letteratura umanistica Rassegna Bibl. della ìeU. ital. Janl Anysii, Varia poemata et Satiræ ad Poropejum Colomnam  cardlnalem, Neapoll, Suitzbach, Giano Anisi; Martlrano.  Bplst. ad Card, de AccoUIs Ante Comment. In Uoratii Artm Poeiie.  Parrbasll, NeapollChe realmente 11 Seripando sia stato alunno del Puccio lo rile-  viamo dair iscrìsione da lui fatta apporre nella cappella gentilizia di Si.  Giovanni a Carbonara : € Puccio quod bonarum artlum sibl  maglster foisset.   Mabill. Museum 2ud.; Jannelli,— fci^^ii^^ a*^ifc»*«^*i di P. ecc.. Ariano, Stab. tip. Appulo-irplno. Piccante l’osservazione di Jannelli a questo punto. Quantumvis perditorum morum illum fuisse fiugamoa, indo-  cere ne sani iu animum possumus tam seno tantia votia meretrìMA  procul abæntem ad æ arcessere Parrhasium potoiasef ». Iu«    Per mancanza di dati, non possiamo ben dire se per pun-  tiglio di offésa vanità femminile^ o per non allontanarsi dai  saoi vecchi genitori, la Calcondila non segui il marito quando da  Milano e si reca a Vicenza. Dalla lettera al cognato Basilio  apprendiamo solamente che, malgrado le continue insistenzci  il P. non potè riunirsi con la moglie (2), se non quando gli  fu assegnato a Boma la cattedra d' eloquenza (3).   Quali che siano i motivi che abbiano spinta la Oalcon-  dila ad agire in tal modO| noi non possiamo non biasimarla  sia come sposa, sih come madre: come sposa perche resta  impassibile alle preghiere dell'infelice marito, che, per quanto  colpevole, chiamandola a sé ripetutamente, le aveva data la  più ampia soddisfazione ; come madre perche mostra di non  sentire alcun affètto per l'unica sua creatura, che, priva  delle carezze e delle cure materne, a guisa di tenero fiore,  a poco a poco intristiva e periva miseramente.  Nella seconda lettera al Trìssino (Roscoe) P., dopo  avergli detto facetamente che dispone con piena libertà delle sostanze di  Ini, eoque forUusé plus, quia sunt uberiares, gli dà notisia dei compagni di greppia senza fare alcun cenno della moglie : € Amanuensis   item græcus ex Creta Nicolaus, quem Trissineo Lisiæ designave-   ras Accessit  Lario quoque lacu Simon Age nuno et lopos   bospita. W OuDio. epist,Sed in primis a  me salutem optimæ socrui et uxori. Quum litteras ad eam dabis, de onios  Toluntate nihil ad hanc diem ex tuis literis intellexi, reditura ne sit in  gratiam contuberniumque meum, vel quid aliud in animum agitet. Ego  enlm statui vel secom vivere, vel aliud vitæ genus hoc longe (Cosenza)  quietius instituere Dopo la morte di Calcondila, Teodora colla madre e col superstite fratello Basilio (Teofilo e s ucciso  a Pavia e Seleuco e morto in tenera età) ha stabilita la sua dimora a Roma. t f '', HfcaUfciifc^M 1  tuna querar, quam quod ex illa mortis imperturba tissima quiete me nir>  sue ad ærumnas vitao revocavit; abibara lætus ex bac inutili corporis  sarcina, si per færoem (Antonino Siscari; cui Servio licuisset. Is enim sani*  mis opibus effecit, ut ego diutius articularis morbi carnific}nam perpetlar. Epistola XI, ex balineis Lisaniæ, pridie Kal. Septembris : € Bar   linea visa sunt »liquid opis actulisse Ego propediem revertar,   ioterea tu cura pueros beriles ac meos, ut tui moris est. QuDio. —  epist.poiché si recò a Taverna, parC| tra l'aprile e il iiia^r^o, vi tenue un breve cor^b di lezioni* di cui  oi ò giuut4i solUiutH) V orazione. inauguralo intorno ali* importanza o all'utilità della grauimatioa, che trascurata e quas^i  disprezzata! dai più, secondo V oratore« e la sola disoiplina  che possa far acquisUiro un vero e foudat-o sapere.   Questui spontanea relegazione del P. negli estremi conilni  della Calabria dovett'i^  1 moA, oonvcnÌM, coiupolla uonilæ oUro Piirrbasiuin ne illum pratvUrl noìulnUY ìllum  l|t«uui iot^uam   Kd era lui davvero, osserva Fiorentino, il mæstvro  di scuola di Taverna, che eni pure il miglior critico che  avesse allora V It-alia, si ricca di filologi.   Durant-e la sua dimora in questo villaggio, il P. rivelò  up' altra bella dote del suo ingegno multiforme, cioè la sua  [ A/SS. R. DM. Siu. di ^^opoU\ CoiK V. D. 15.Oralio ad  TabornMtt : « Qao uullurn uialut pignua an>uHs erga se nioi TaWrnatea  hfbere queant, ai 'T « r     grauile perizia negli studi! atvheologici* Tare cli« nemiuMio  A Tavoriia nìaiica.sato calvgoricamento alTormaro  che bisognava riconoscere presso Taverna Tubica/iono doIPau*  ticaSibari P., non potendo sopportare una ìmxÌA arro-r  gan3uì« scrisse contro l’ignorante mtttihit'HuH una dottai ed ela-  boratali dissert-a/ione, nella quale, basandosi sulle testimoniaiuo  di Aristotile, Mela, STRABONE, Tolouìco, IMìnio e parecchi altri,  oltre a determinare che V antica citt«à sorgeva tra^ flumi V^\ A\ DibL Sai. di SapiìU. Ceni. XUI. H. Itì — De SyUri,  Oratili AC Tliurìo :€.... sUm^ proivus in à\ho Upidd lincao, nihìl  oiunìno sìgnanK ìisipio shuiliMit ipii iH>r tonobran aiubulaiit^ apprehcMiduni  (^uìo^uid ad maims oooiirrìt. IH qui bonis et iuali« auotoribuH suflar-  rinati, tcstimoniis utuntur, aut miniale necc»$arìi8« aiit contra oausam  certa suam Vv« Sybari  Crathi ao Thurìo : « Ao ut agnoi^oant omnes ea quæ tantum Crassus (1)  olfecisrìt ox inversi» LIZIO rerbis e»s« nobis esplicata*».   il) Quoto Crasso non è punto GiOTffn&l Crasso da IVdaco, coma poco ao-  cortamentd cjr>Nlo(ta lo JanntlU «op. cit. |ui^. ), Anche ainmettondo che e^U noi  IMS fo»5e ancor vivo, si op porrebbe a una tale assorclone quella nobile lettera  del P. ( /V Kfbtis rtc.« pa^. ìi{ ; pr. laY., pa^. 9 ), al >uo caro mæstro, dalla  quale appare che questi, più che schierarsi contro 11 suo antico discepolo, ricor-  reva a lui |>er schiariinenU e constigli. Vò\^. /?. lUbL -Vai. di Sapoti. Cod. XUI, B, 15. — De Sybari  Crathi ao Tburìo : « Quantum fidei sit habeadum crassæ minervaa magistellis, audentìbua atBrmare Sybarim adhuc oxtara iuxta Tabemaa, Jt  appallante oppidum, vel ex lioo iatelligi datur. Faat L’animo sensibile di P. resta fieramente colpito da si  brutto fiittOy che aveva macchiata l’onorabilità della saa  famiglia; sicché, volendo honesto nomine cancellare l'onta  del nefandum cHmen, pregò caldamente il cognato Basilio di .  voler interessare, presso il pontefice, Lascari ed Inghirami, a fine di ottenere la bolla di dispensa per qnesto  matrimonio.   Durante la sospirata attesa il P., per allontanarsi forse  da un luogo per lui o. «j--fWtiai.iliM.i^lÉY.^lÉr.f.lfarftVWi-JJ Se in questo tempo farono ben poche le corti che accordarono ai filosofi una vera e propria protezione, piu tardi esse si moltiplicarono, gareggiando fra loro nel di-  stribuire onori e ricompense. Non solo le reggie e le corti  dei principi potenti divennero centri di coltura e convegni  di letterati; ma le più piccole corti, i principi più oscuri,, i  cardinali e finanche i ricchi borghesi vollero circondarsi .di  letterati e artisti, che accrescessero pompa al loro nome;  di improvvisatori, novellatori, buffoni,' che li divertissero.   n principale centro di coltura nel Cinquecento fti però  Boma, dove nella corte di Leone X convennero da ogni  .dove uomini sommi e mediocri, attirati colà dalle pensioni, dai donativi, dagl' impieghi, dai beneficii e dalle dignità eccle-  siastiche, che come manna benefica piovevano sul loro capo. Educato nella splendida corte di suo padre Lorenzo il  Magnifico, Leone X, al x>ar di questo, fu prodigo e munift- [Per farsi un* idea del gran numero dei lelterati, che allo, a in  Roma godevano della protezione di Leone, X, basta leggere il poemetto  di Francesco Arsilli^ Depoetù Urbanis^ gli Elogia Virar, litt, iUustrium,  4i Paolo Hiovo e il De infelicitate litteratorum di Pierio Valeriano. Im-  portante per conoscere la vita romana di quei tempi è, fra* tanU studila  r articolo del Gian» — Gioviang. ( Oiom. stor. Malgrado ana tanta aspettazione e lo continue insistenze,  il P., oome abbiamo visto, non potè recarsi a Boma che  verso la metà di febbraio del 1514; sicohèy tenuto conto  della lettera innata al Cesario, in data del 28 febbraio,  non prima dei venti di detto mese egli potè iniziare il sao  corso sulle Selve di Stazio.   Neil* orazione inaugurale, pervenuta sino a noi, il Jf.  mise a profitto tutti i suoi mezzi di retore raffinato, non  escluso quell'artifizio di parere nel suo esonlio perplesso e  titubante, per procacciarsi la benevolenza del pubblico, giusta  V ammæstramento di Oicerone. Dopo un accenno alla grandezza del popolo romano, rivolge un cortliale saluto al Lascari e alP Inghirami, protestando loro pubblicamente tutta  la sua profonda gratitudine. Non mancò naturalmente  in tale circostanza di far cadere destramente il discorso  su Leone X e di tributare le più calde lodi al munifico  Pontefice.   Oome concordemente ci attestano gli scrittori contem-  poranei, il P. destò a Boma il più schietto e generale entusiasmo. Sebbene allora la città riboccasse di letterati,  alcuni dei quali di meriti indiscutibili, come Cattaneo il  Præfatio la  Sylvas Statii : € Nibil it&que dcsperandum Jano «luce et auspice Phædro,  in quorum blando obtutu, tranquillo vultu, bilaribua oculia acquiesoo  Quibus ingentes ago gratias, habeboque dum vivam» quod me gravissimis  apud Pontificein sententiis ornaverunt^ ubi vel nominarì aunimus honor est. MSS. R. Bibl. Nas. ut Napoli.PræfaUo la  Sylvat Statiì :€.... per quos ulrumque inibì contigli indulgentia  sacrosanctì Pontificis, divique Leonia X, qui maxime rerum usu, incom-  parabili prudentia, suprema gloria, incredibili felicitate, admirabili elo-  quentia, proroptissimo ingenio, castissima eruditione polle! Giovio — Elogia etc,; Panvinio. — Proém.  Deci. 1 2Xf applausu erudii. ; Filippo Briezio  Annales mundi, T VU,  pag. 130 ; SalemI  SylvlUæ^ P, Epicediatt^ eco. ^ '' i»' Fra tanti stimiamo degni di nota i seguenti versi dettati allora  da Telesio, V elegante e terso poeta cosentino :   Tlbrifl et obstupnit doctæ modnlamtæ tocIs,   Assonult riTifl hæe quoque Tlbrl tnls.  Fsf flus et buie uni es Teteres cestisse Quirites; Tarn Latiis sonat hic dulce magis LaUum.  Attice et Actæs msgis Urbe loquutus et Ipsa est»  Hospes divino dlctus ab eloquio. Affesionato come era ali* amico carissimo, P. si adopera a tnt-  t* uomo per procurargli a Roma conttitionem et ìocum ; ma il Cesario,  malgrado le continuo insistenze di lui, (Epist.^ non si mosse  da Cownza. Forse era rimasto poco bene impressionato alla notizia obe  gli forniva il P. stesso ( Epist.) : e In Urbe singulæ regione» sin-  gulos babent præceptores ex ærario conductos, et qui nibilominus t prìvatls certam exigunt mercedem. Troppa bollai  rfMUitflri  ^>rfki««»«i''*Mh^  uno stipciKlio «li jxran lunga sui>oriorc a quello di tutti loro.  Ma il P. questa volta, reso ornai abbastanza pnitico ilolla  vita, lasciò i>ure olio i cani riu^irliiosi abbaiassero alla luna,  li umiliò con un dignitoso silenzio, che gli valse loo di  letterato infelice per la sua nota opera, volle caricare un  po' troppo le tinte (!;•   Conoscendo poi la speciale protezione, di cui godeva  il P«, non è da credersi che gli fosse diminuito V assegna-  mento, o per lo meno ne fosse nt4irdata di molto la ri-  scossione, come vorrebbe insinuare lo Jannelli, il quale,  temendo che al suo x>rotagonista dovesse mancare il tempo  per fondare V Accademia Cosentina, mostra gran premura  di rimandarlo in Calabria. InfaUi, adducendo a motivo la  miseria di lui, la morte del cognato Basilio e degli antichi  protettori, Fedro Inghirami e il Cartlinale d' Aragona, e in  ultimo la partenza del Canlinale Adriano, altro caldo am-  miratore del nostro umanista, alTerma che questo lascia Roma.   Non occorrono molti argomenti per combattere questa  gratuita asserzione, in sostegno della quale lo Jannelli non  sa addurre alcuna prova. Basta infatti riflettere per poco  su ciò che P. scrive a eratìooe ductnt. De Rebus etc. ediz. cit., « Certe 8i quid ingenii, si  «|uid eruditionis in me, si dicendi commodi'aa est, id omne effundaa  prodendis iis, quæ tot anoonira varia Icctionc compcrta, conquìsita, col-   lectaque luihi sunt in usum studiosac iuvcntutis ut siquidem fructum   lostcritas inde percipiet, acceptum rcfcrat Pontifici prìmum Maximo,  deinde Sylvie nostro, per quem conciliata mibi Pontìficis voluntas est. .te    detta partenza un anno pia tanli, quando cioè per la morte  di Leone X, essendosi seccata  la fonte delle largizioni, e non potendo, per la malferma  salute, procacciarsi da se il necessario sostentamento, P.,  come tanti altri letterati, lasciò Boma e si recò a Cosenza.  Quivi non visse a lungo, poiché, come ci attcsta il suo  contemporaneo Pierio Yaleriano, fu subito colpito da febbre  mortale, che, dopo penose sofferenze, lo trasse alla tomba.  Nessuno dei biografi contemporanei del P. ci ha tra-  mandata la notizia circa 1' anno della morte di lui ; sicché  i biografi posterìori, ignorando gli avvenimenti ora ri-  cordati, solo perchè il Salemi aveva pubblicato  tra le sue Sylvulæ anche V JUpicedion, scritto parecchi anni  prima in lode del P., credettero di avere una prova irrefra-  gabile per ritenere che questi mori.  Senza punto trattenerci intorno a questa asserzione, che  cade da sé, quando si rifletta che i componimenti poetici  raccolti e pubblicati dal Salerni appaiono composti in tempi  diversi, crediamo opportuno prendere in giusta considera- [De infeliciUUe ZiM.» : € ..relìcta Roma, in Calabriam cum secessisset, in febrim subito inciditi  Nicolai Salerai consentinl Sylvuìæ Epicedicæ, Encomiastieæ,  Satyricæ ac Paræneiica Variariimque aliamm rerum descripiiones  fortasse non inutxles  Neapoli, SulUbach, m„-*'mì^'%u',*] zione le testimonianze del cosentino Ponto e  (li Giano Anisio, suggeriteci dallo Jannelli. Tanto il primo che il secondo scrittore, parlando di  Adriano VI, eletto Pontefice, ricordano  con rammarico la morte recente del Parrasio. Ora, conside-  rando che questo ricorilo di una delle più grandi illustrazioni  del Ginnasio romano non può riferirsi che ai primi tempi  del pontificato di Adriano VI, quando cioè non ancora era  nota la sua avvei*sione ai buoni studìi e quell' orrore per  le cose pagane, che gli procacciò 1' odio dei letterati e i poco  lusinghieri epiteti di e furibondo nemico delle muse, della  eloquenza e di ogni arte bella >, riteniamo che il P., ritor-  nato a Cosenza,, seguisse ben presto nella tomba il suo protettore, Leone X. Dopo quanto abbiamo detto, non crediamo sia più il  caso di affacciare alcun dubbio circa V epoca della fondazione  Romiiypion — P. li, Roi io  : i Interpres, carusqno sacerdoi  Parrhaslus, quem clara femat monumenta per orbem  Salbrni:   Leo PaMor ovllit   Romani æthereos tandem niii;ravit In arcea,  Unile suum ius8lt propere ad meliora Tenira  Præmia Parrhasium   v5) Lo Jannelli, sebbene non træsse dalle prove addotte una con-  vincente deduzione, non si scosu di molto dalla nostra tesi, ritenendo  che il P. morisse € desinente ipso anno, vel ineunte.  dcU' Accademia Cosentina, attribnita al nostro umanista.  Scy come crediamo di aver dimostrato, e^li non visse che  poco tempo dopo il suo arrivo a Cosenza, è chiaro che  questo notevole avvenimento non potè compiersi se non nel  primo ritorno in questa città, e specialmente in quel periodo  di circa nove mesi,   Sebbene non precisasse alcuna data,  FIORENTINO (si veda),  nel suo TELESIO (si veda), si  mostra di questo stesso parere, combattendo l’asserzione  del Lombardi, che aveva riportata la fondazione dell' Ac-  cademia al secondo ritorno di P. Due anni dopo  però il Fiorentino, avendo letto il commentario dello Jaunelli,  mutò avviso e stimò jiiù probabile che detta fondazione  avvenisse nell' ultimo ritorno.   A quanto x>are, il dotto filosofo volle prestare troppa  fede allo Jannelli ^5), il quale, come abbiamo visto, oltre a  mostrarsi non molto esatto nel xirccisare dove e come il  P. passò in Calabria il triennio, non seppe teucre  Spiriti — Memorie degli Senti coseni. Pref,^ pag. 0; Mattei   Vila Patrìknsii^ odix. Dì Rebus Tirahosthi   Sloria ecc.; Signorei.u — Vicende della Coltura; Biografia Unicers,  ; Nuovo Dizion.  Ist. Ignorando 1* anno preciso della prima venuta del l*. a Cosenza,  il Fiorentino opinò* € che 1’Accademia cosentina fosse cominciata. Lombardi -* Discorsi accademici ed altri opuscoli, terza  edix., Cosenza — Pei tipi di Giuseppe Migliaccio.   Fra* non pochi errori commessi dal Lombardi nel Saggio storico  sull'Accademia cosentina, che P. S. Sai fi volle chiamare € quadro preciso  e fedele della sua origine e delle sue vicende » nella troppo benevola  prefazione, notiamo quello circa V anno della morte del P. Op. oit., Appendice, Firenze, Succ. Le Monnier.] giasto conto delle prove di scrittori autorevoli, attestanti  tatti concordemente che il P. muore poco dopo il suo iirrìvo  a Cosenza. L'accademia cominciò quindi ad aver vita quando appunto si trovavano a Cosenza Telesio, Franchini, Salemi e, come pare, Galeazzo, il gentile autore  di quelle tenere poesie, che destavano nel Settembrìni il  desiderio di altre.   Mai come allora Cosenza si era trovata in condizioni pia  favorevoli per un vero risveglio letterario. Caduta la Calabria  sotto il dominio spagnuolo, dopo l' iniqua divisione del regno  aragonese, essa, a prcrcrenza delle altre città, era stata fatta  sogno a speciale protezione. Vi erano state raccolte le sapreme cariche, riconfermati gli antichi privilegi e creata  quasi un' altra capitale del regno. E allora che venne  su tutta una flora di giovani baldi e volenterosi, che, spronati  da vivo desiderio d' imparare, si affollarono intomo al maestro  insigne, che capitava tanto opportunamente tra loro.   Prive della pompa e dell' ostentazione moderna, allora  le Accmlemie, nei loro primordi, non erano altro che amichevoli convegni, in cui pochi amici dotti e di buona volontà  discutevano su questo o quel passo di scrittore classico,  oppure davano lettura di qualche componimento letterario.  Quest' umile principio ebbe anche l’Accademia Cosentina,  la quale pare che per un certo tempo non fosse neppure  denominata in questo modo : come ben diceva il Fiorentino,  ci ora il fatto e mancava il nome [Fiorentino — op. cit., edit. cit., Fra ì tanti ricordiamo i Martirano, Ciminio, Schipanio, Morelli', Pagliano, Carlo Giar-  dino eoe    n P. contribui all' incremeuto di questa istitaziono anche  qaando si allontanò da Cosenza, poiché, come ci attcstano  le lettere inviate al Cesario (1), ad Andrea Puf^liano (2),  a Morelli  e ai>itiM' Or non parrebbe che cote»ti scrifU« P. > del quali pochiwlml sono  siiti impressi, valessero li predio della  stampa, più che non tanto Insulsaggini  tramandate con tanta curai. PiORKNTiNO. Telesio^ T. 1.  1 fi-rfaal    i j nr- -W • AULI JANI P. PRIMUS AD VITAM EIUS NARRANDAM   EX R. BIBL. NAT. NEAPOL. CODICIBUS   EXCERPSIT   ET TEMPORUM ORDINE   DIGESSIT PARCO. OHAIIO AO P. NEAPOLIIANOS   Ciro. Ponsitanti sacpo mociim, viri pntritii, oruditissimi iavones, iuj;:cuiiiqiio adolcsccutuli et coatcmplnnti qnam proeclarara prisci illi Romani publieae aclministrationis formam/in postcrum  rem populi susccpturì, per maous tradideruut, uihil occurrit  quod non summo in*renio exeogitatum, maiori studio expolitum, maximo Consilio ac prudentia gestum indicotnr: ut  niilìi quidem undecunique eorum non modo bella, sed etìam  paces per historìas exploranti, quam apud omnes obtinent,  o)nnìone diguissìmi videantur. Sed illud praecipue militane  disciplinae institutum, quo adolesceutes ad palum intra val-  ium prius impense exercerì, quam serìae dimicationi interesse  iubentur, usque adeo me delectàt, ut, in re lioet diversa,  ab iuenntibus annis hactenus observarim. Haud enim quodpiam vulgo unquam commisimus, prin-  squam per doctissimos utriusque linguae grammaticos, prò meo  ingenioli captu, eruditus in ludis litterariis satis superqne  delituisse visus sum. Et, ne ab id genus similitudine disoe-  damusy quem ad modum tirones ad palum punctim caesimqoe [V. hoius op. In omnibus orationibus et cpistulis annum et iascrìptionem  P. non apposuit.1> HT i» rfi > nf m f^ferirò discobantur a vetoranis, ac ex ilio commentitio pugnae  Biinulaoro quod in vera dimicatione magno mox usui foret  imbibebant, ita et nos primo, quoad fiori potuit, haud tamen  8cio an supra omnes nostri coeli ao aetatis homines, non citra  bonae valetudinis dispendium, sed eruditissimis viris non  modo nostratibns litteris, vorum etiam graeeanicis operam dedimuSy nty si quid in communem rei litterariae utilitatem  excudere libuisset, perinde ao in penuria cellam haberemus  in promptu. Ao ne sio quidem, tametsi pares huie oneri  complnribns videbamnr, au-  natus, P. Papinii Statii, poetiu*um oppido quam doctissimi,  quem urbs haeo florentissima universo terrarum orbi, quocumque latini nominis fama percrebuit, non iniuria queat  imputare, Silvarum opus haud omnibus obvium, singulis  lectionibus, enodaturum promiserìm. Scio profecto, neo me fugit quam arduam quamque  difflcilem provinoiam sim aggressus, quamque implicitos ao  inextrioabiles paone nodos absolvendos assumpserim, et  vestrum fortasse plerosque nostros hos conatus ut audaculi,  ne dicam impudentis, reprebensuros, quod huius aetatis adolescens in totius Italiae celeberrima urbe, ubi omnium bo-  narum artium studia poUent, in tanto praesertim doctissimorum hominum conventa subgestum hoc ascendere non eru-  buerim. Insta sane et non improbanda incusatio, si aut meo  consilioi aut sponte, non dicam ultro, hoc munus obiverim.  Verum hoc erga amieos nimiae indulgentiae trìbuendum potius [OKATIONK8 BT EPI8TCLAX erity quibus dura in oinnibii9, iikmIo honesti spociom prae se  fcranty obsecumlo, iu aiudaciae crimon incarri. Sed quaeso  vos per tlcos iinmortales, viri pntritii, boui consulite, proqae  Ycstra 8olit4i hiimanit-ate statuite.   Quuiu saepe niecum parcutis omniura naturae exactum  umlique opus inspicio, uihil oecurrit, viri patritii, quod non  magna cum sapieutia productum, maxiaiaqne diligcntia di-  spositum sit; scd illud imprimis ad hoiniuum coetus non  solura tuendosy veruni ctiaiu decorandos non par>i momenti  visual est, quod omnibus auimantibus gloriae ao laudis affectum iudidorit, praccipuum, ut arbitror, ad implondos totins  opcris numoros adiumentum. Nam quid utilius, quid fnigins,  quid couducibilius affectu hoc queat invonirì T Quippe cai,  si quid cxcultum, si quid politius immo utile excogttatum  est, iure ac merito referamus acceptum. Inde sunt etenim  tot ao tant;irum rerum iuveutioues, inde tot saeculis artes  incoguitae prodierunt, inde, indico, semper aliquid inventis  adiicitur, inde tot \irorum din noctuque elaborata monumenta. Kam si couditis usque saeculis inventa altius repetamuSi  omnia ab hoc affectu profecta inveniemns. Missum facio Promethca, quem quid alimi, ut in fabnlis  est, ad snbtrahendum Superis ignora compulit, nisi ut inventi  gloriam reportarotf Omitto Liberum ao Cererera, quorum  uterque hac eadem causa a ferino ilio victu homines revooaviti  quippe quum alter, ut aiunt, >inura repcrerit, altera vemm  frumcntum excogitarit. Nonne litterarum notae ao dementai  sive Cmlmus, sive alter invenerit, inde ortnm habueret   Quotusqnisque, ut ad rem litterariam adveniam, tam  maximos studiis labores impendisset, nisi uomen ao gloriam  inde adsequeretur T Eudoxus Gnidius complures sub montibns  annos egisse traditur, ut mathematica disciplina, anni rationera solisqne meatus perciperet. Sed haeo ut remotiora  fortasse praetereo. Hac nostra tempestate viri et ingenio et  doctrina praecipui multa- et nova et utilissima excudnut:    A .tifc..patrum nostroriim memoria cnleliographia, qnam Latini vocaut  improssionom, a Germanis excogit>at>a est non tam lucri quara  gloriao cupiilitate, nam eorum plerosqno huiuact>am : De Fortitudine he-  roiva luculentissimum opu?, de quo seor$um praeter eum  nomo scripsit. rrincipvm vero ab iucunabulis ito instituit,  ut felicia rogna futura 8int quibuscumque, qualem ipso in-  formata princops obvenerit, Ohedientia^ vero partes it4i dis-  sorit, ut ad hanc onines virtut^es referantur. Quid eius Cha-  ronte gravius, quid rurs«us festivius aut elegantina T Quid  Antonio doctius, in quo illud prnecipuum duco duos totius  romani eloquii principe!*, CICERONE ao VIRGILIO, sic ira-  proborum caìumniis absolutos* ^i u*ostrigilatores maiori qnam  ipsi Maronora ac Tnllium licer' 'i momorderit. Tacco Serto-  riunij quo piane uuusquisque fat-etur veterem illam scribendi  felicitatcm revocat*am. Unde vero vir doctissimus inter tot  ao tanta^ occupationes din noctuque bis studiis incubueritf  Nulla alia re, quid enim sibi ad humanam felicitatem, Bege  tam praesenti deesse pot-erat, nisi ut gloriam sibi apnd  posteros compararet. Atque sic habetoto nnllos satis improbos esse ad vir-  tutem conatus. Quis enim Lucanum accnset quod huius aet4iti8|  aut paululum, supra, PharsaHa^ bella detonuitf Nemo est  profecto qui Valerium Gatullum, Propertium Naut*am, Albinm  TibuUum^ Oaium d'enique Balbum non admodum laudet, quod  omnium ore cantanda adolescenies edidernnt. Quotusquisqne  invenitur qui mactum virtut^e esse non iubcat, si poetam  Oylicem Oppiauuui scripsisse compererit admotlum praetexta-  tunii quao etiam doctissimi soncs studiosissimo legantt Qnod  si aut illi quos diximusi aut oeteri, quos brevitatis causa   rtM«*«Mk«teMii*«i«MÌNarfai*«»««MMMk     I^M^^aBM>Wfc»aque orationi modnm 8t^tuam, si illnd nnum piias  admonuorim. Si quid in his qnao dixero ofTondet, omnibus  enim piacere csset immensnra, roeminisse debebitis nihil es86  in humanis quod nndecnmqne possit esse perfectum, votastissimosque granimaticos ante oculos penero qui etiam in  plurimis lapsi dopronduntur (ueque omnibus esse Pont4Uì08,  Aurolios, AltilioSy Actios anazaros ao denique Dionisios  Superi coucessere, immo siugulis virtutes 6ÌnguIaS| ut est  apud optimum maximumque «^oetam}, et priscos illos, quomm  adhuc auct-oritas vigot^ mulUi scisse non omnia.  PRIVILEGIDM In R. Archivo Ncapol. CoUat. Prìrileg. Aragonensium.  J. PAULI DB P.   Alfonsos et cetera, uniTersis et cetera, licet adioctione  et oetera, sane prò parte nobilis et egregi! viri J. Paali de  P. de Gusenda, familiaris nostri fldelis, dilecti, fait  Maiestati nostre roverenter expositam et amiliter sapplicatam qaod Panlus ipse ex concessione sibi facta ad eius Ti-  tani per Serenissimum Ferdinandum, patrem et dominam  nostmm colendissimam memorie recolonde, habuit, tonnit et  possidet, 6ÌTe exercet oiBciam magistn Oamere et magistri  actomm penes Justiciarios, sen Gapitaneos torre Tabomei  nec non officiom Gavàleris penes Gapitaneos terrarum mon-  tanee et Givite dncalis cam potestate sabstituendi, cam gagiis  et emolumentis, lacris et obveutionibas solitis et consaetis  et debitis, proat in qnibasdam prìTilegiis per dictnm genito-  rem nostmm sibi propterea concessis hoc et alia clarins [Cum hoc unum monumeotom nobis in R. NeapoliUno Tabulario invenire contigisset, facile animum indaximat, ut hoe loco  ederemns, codicis scrìptura diligenter servata. V. huiat op. aatmn m »>t»>id i >tr il PBIYILBOIUX  aDQotantor. Dignaremur sibi ad eius vitam dieta officia iaxte  tonorem dictonira privilegiorum de speciali gratia benignins  coufirmare. Nos autem habeutes respeetum ad merita sincera  devotionis et fldei prefati Paali, ao considerantes servitia  por euin Maiestati nostre prestita et impensai qneque pre-  stat adpresens, et ipsnm de bone semper in melius contiuuatione laudabili prestiturum speramns, propter queqne in  iis et longe maioribus a nobis exauditionis gratiam ratìona-  biliter promeretur, iis et aliis considerationibns et caosis  digne moti, prefato Paulo ad eius Tito decursum iam dieta  ofilcia actorum magistri et magistri Camere penes Insticiarios  seu Gapitaneos diete terre Tabeme et officium Oavalerii penes  Gapitaneos terrarum montanee et civite ducalis cnm potestate  in eisdem oIBciis substitnendi. De quorum substituendoram  culpis et defectibus Paulus ipse nostre Ourie principaliter  tcncatur cum gagiis et emolumentis, lucris et obventionibus  solitisy consuetis et. debitis, iuzta formam dictomm prenominatorum privilegiorum. Ipsaque privilegia cum omnibus  et singulis in eisdem contentisi oxpressis et narratis, qua  licot presentibns non inserì 'itur, haberi tamen volnmus prò  insertis et expressis et dcclaratis, si et pront hactenus in  possessione sou quasi fuit cl in presentiarum existit. Tenore  prosentium nostra ex certa scientia specialique gratia oonfirmamus, acceptamus, approbamus, ratiflcamus atque landamus, nostreque confirmationis, ratificationis, acceptationis  et approbationis muniraine et suffragio validamus et roboramus, volentes et decernentes expresse quod presens nostra  confirmatio sit eidem Paulo semper et omni futuro tempore  firma, stabilis, realié, utilis et fi*uctnosa; nullumque in  iudiciis vel extra, seu alias quovis modo sentiat diminutionia  iucommodum, aut impugnationis obieotum sive obstaon-  lum, vel noxe alterius detrimentum, sed in sua firmitatCì  robore et officio pcrsistat. Illustrissirao propterea et carissimo filio primogenito Ferdinando de Aragonia, duci Cala-  [('«^*MtoiV4  PRIYILBaiTTX ] briO| vicario nostro goncrali, nostram super iis doclaranios  iotontnin Mamlamus magno huius regni Camerario ciusque  locumtenenti j presentibus et rationalibus Camere nostre  Summarìe Jasticiario seu Capitaneo terre Tabeme, et  tcrrarum montanee et Oivite ducalis, Universitatibusque et  hominibus ipsaram terrarum, aliisquo univcrsis et singulis  ofTìcialibos et siibditis nostris maiorìbus et rainoribus quo>ns  officio auctoritate et dignitate fungentibus nomineque nuncupatis ad quos sea qucm prescntes per\*enerint| et sxiectaverint seu fuerint quoraodolibet presentate. Qnatenns forma  presontium per eos et unumquemque eorum diligenter actenta  X)refatum Panlum, seu eins substitutos ad dieta officia exercenda recipiant et admittant, retincaut atque tractent de-  center et favorabiliter prout expedit in eisdem deque gagiis  et emolumentis, lucris et obveutionibns solitis consuetis sibi  respondeant et per quos decet responderi faciaut atque  mandeut integre et indiminute prout hactenus extitit consuetum. Kt contrarium non faciant prò quanto dictus Illn-  strissimus Dux filius noster nobis morem gerore cupit, Getcri  vero offlciales et subditi nostri gratiam nostram caram habent et xienam ducatorum mille cupiunt evitare, in quorum  testimoniorum etc. Datum in felicibus Oastris apud Sulmonem per magnificum virum Antonium de Alt^xandrolocumtcnentem etc.Regnonim nostrorum anno primo Bex Alfonsus. Dominus rex mandavit  mibi,   P. Gablon Jo. Pontakub Pasoasiub  r  MM^MaMHkaA^aadVAMaaataa iM^kMBaw MF*«I tm-mdtt0mé^m^mmm>tk^tmm^^'^JmÌ^i^,^A^^^t^ UI EPISTULA AD FEHDINANDUM II ARAGOIilUM Neapoli Quod a me de Sarapi quaeris, illustris ac omaiissiine  PrìncepSy utinara sic ad te reducendura prosit in avitam  perditumqne (?oIiuin, quo nulla tua culpa caresi ut olim  Ptolomaeo, Lagi filio, ad constituendas Aeg^'pti opes. Ilnic  cnim recens comlitam Alexandriam mocnibns sacris et novis religionibus excoleuti, per quietem dicitur obversatos  augustior humana forma iuvenis, atque monuisse ut i>er  cortes homines eius eflìgiem acciret e Ponto; id antein felix fanstumque et amplitudini sibi gentiqne suae foro; enn-  demque iuvenom plurimo igni rutilantem cum dicto simnl in  sublime raptum evanuisse. Quo miraculo Ptolomaeus e somno  excussuSy adhibitis Aegypti sacerdotibus, imaginem nootumam  visumque narravit. . Hisque extemorum ignariS| remqne expedire nescientibus, quidam nomine Sosibius, qui vagis er- [ExsUt in codice 'duplex huiut epistuUe exemplar. Manifeste ap*  paret eara ad Perdinandum II P. misisse, cum ille Neapoli in Aena->  rìam insulam confugerat (Kal. Mari). Quod mìnime mirarì debemu8, cum perpendaroas, ut Erasmus Percopo. in opere, quod inscrlbitor  Benedetto Gareth^ luculente demonstravit, infelicem regem semper, etiam  in roaximis advenis rebuK, ad animum tttum erìgendum, in bona studia  incubuisse. V. huiut op. ^ fa m ^ m^»0>m.mi^mam àii w ii » m m ^, fa  >t'priorum tymnno, quis   haberi deorum vellet, ad hanc senteutiam graece respondit:  Siiin Deus ipse, tibt qualein me cannine pandam :  Regìa celsa poli caput est mihU caerula venter  Unda roarìs, calccsque pedum tellurìs in imo  Cespite nituntur, mea tempoia lucidus aether  Arobit, et accendant oculos mihi lumina Pboebl.   Dioilorus autem Siculus, in Bibliotbecis, Osirim, Sarapim, Liborum, Ditem patrom, Ammonom Jovem, Pana,  eundom dcum esse existìmat. Aristippus, Arcadicorum primo,  [ORATI02fS8 ET EPI8TUXJLS] refert Apim, Argivorum rcgom, Mempbim in Aegypto sodém  sibi ooudidissOy qiiem postoa Sarapim transnominatum Ari-  stcos Argivus autumat ot huno ab Aegyptis attonita sapereti-  tiono coli. Xymphodorus Amphipolitanos auctor est in bis  quae de logibus xVsiao composuit, Apis tanri, cum decessisseti  salo duratum cadaver iu arca, quara Graeoi acpÓ¥ voeant,  esso comlitum, ex coque duplicato nomino Soro-apim demnnique  Sarapim, nnucupatum.   Porphyrius autem philosophus Sarapim cum Plutone confundity ut ca soli vis, unde proveniunt opes, Orcus et Pln-  ton et Dis pater appellotur, quatenus autem vitium terra  sentit ad Sarapim pertineat; abstrusique intra terram ignis  inditium purpurea Dei vestis, infemae vero potestatis basta  trunca, atque cuspis deorsum conversa sit. In Aegyptura translato Sarapi, templum prò magnitudine  urbis extruetum loco cui nomen Rhacotis antea Aiisset. Apnd  Tacitum iogimus : eius templi hostium anni certo tempore  patefaciebant ipsi sacordotes, admotis ad rem divinam aqna  et igni, quo4l baco dementa maxime praestent.   Dominatu Julii Caesaris incendio consumptum recitafc  Busebius. Illud addimus ex Plutarcbo Alexandriae primum  indigitari coeptum Sarapim, Aegyptiorum lingua Plutonem  significante vocabulo. Is fingebatur hunc in modum: praestanti forma atque aetatis iutegrae iuvenis, qui subieeto ca-  pite vetusti operis quasillum gestet. In quo Macrobins, is  qui deos omnes ad unum solem confort, ipsius sideris altitudinem siguificari contendit, et vim rerum omnium terrena-  rum capacem, quas immissis radiis ail se rapiat.   Imago vero tricipitis animantis adiuncta simulacrO| quid  aliud quam tripartitum tempus ostendit, in id quod est,  quod fuit, quod futurum estt In leonis ergo capite qnod 6  tribus medium se altius erexerit, tempus instans exprimitori  inter praeteritum futurumque tam breve, ut quibusdam nxù^  lum videatur; iu cui*sd enim semper est, it et praecipitafe, ri--làr:.. ^.-ut i m ^iin  ante desinit esse qaam vonit. Est onim leo natura fervens  ac in agendo quod iinminet validus. Teinporis vero praeteriti  cervix lupi rapacis a sinistra parte oriens argumentum ore-  ditur, eo quod por id animai rerum transactarum memoria aufertur. Oeterum canis caput a dextra adulantis specie renidenS|  futuri temporis eventum declarat, de quo nobis spes licet  incerta blanditur. Quis enim non suas cogitationes in longum porrigit! Maxima porro xìtae iactura dilatio est; illa  prinium quemque extrahit diem, illa eripuit praesentia, dum  ulteriora promittit; perdimus hmlicrnum, quod in manu fortunae positum, disponimus, quod in nostra dimittimus.   Olamat ecce poetarum maximus, velut divino ore instructns:   Maxima quaeque dios aevi prìuia fugit. Quid cunctarisy inquit, quid cessasi nisi occupas, fngit;  cum occnpaverìs tamen fugiot. Itaque cum celeritate temporis utcndi velocitate ccrtandum est, et velut ex torrente rapido nec semper cnrsuro, cito hauriendum. Audio te esse egregiae indolis adolcscentulum, animo  alaorem, ingenio potentem, frugalitatis et continontiae in  istis annis admirandae, patientcm laboris, a volnptatìbus  alienum, fìrmiterque laturum quicquid inaediflcare, quicquid  tibi fortuna voluerit imponere. Cui si nondum omnos ad  unum bonos libuit excindere, si nomen Aragonium propitia  respicit, te, lapsis tuorum rebus, incolumem servabit, discet  abs te clementiam mitissimoque principi mitis aliquando fiet.  Tu rursus maiores tuos intueri debes ascitos coelo, operamque dare ut nude per iniuriam deiectus es, industria vir^  tusque te reponat. Ante meos obitus sit, precor, ista dies. Deditus ac devotns ORATIO IN ALEXANDRUM MHiUTIARUM Mediolani  Ismcnias ilio Thebanus, sammus oetate sua libiceli,  quos in arto discipulos habobat, iis auctor erat ut alios eiaa-  dom studii profossores ot quidem malos adiront. Quod ita  foro putabat, ut ot illi quid in canondo soqaondum aut fa-  giendum essot ab alionis erratis erudirontur, ot oius alioqniii  non iniucundao modulationi, oomparationo peioris, gratiae plus  aoooderot.   Id nos oxomplum, quod maximo probaromus, in usnm revocano tentavimus: an aliunde factum putatis, ut iUam pocudom  (Minutianum) vos audituin misorim^ quam ut roconti perìculo  cognoscatis quid intor Apollinis ot Marsyao cantnm differatt   Non dubito, qnae vostra sagacitus ost, qnin onmes in-  tolligatis illum noo ingonio, noe oruditione valore, qui per  se nihil unquam parit, ab aliis omnia suppilat, ao ut igni^  vissima volucris relictis cadaveribus saturatur, ot, quo nihQ  impudentius, oiusotiam, quom tortio quoque verbo crudelissime  lacerat, quo se potiorom iactat, inventa recitare -pro som  non oruboscit. V. huius op. Audistis, arbitror, audistis, ornatisf^imi mveues, cum, nudins quartns an quintus abbino est, poctarara genera nostrìs  tantum non verbis enumeraret, quaeque nos anno superiore  ex auctoribus graecis accepta, vobiscnm oommunicavimus j  eadem nuper ille quasi sua, quasi nova, magno verbornm  strepitn blatteraret. Et audety proh Superi, se nobis ilio eomponere ! qui  negligentiae nomon suae praetendit inseioiae, qui turpe non  dueit oeoupationibns excnsare, quod haotonus magistri per-  sonam non sustinuisset et satis buio inelytao ei>itati factum  putat, si prò tot annorum iactura recipiat in posterum foro  diligentem. Quae cum dioit homo parum consideratus non  yidet alterutrum necessario sequi: aut ante adventum meum  ab ilio Tos esse despectos, ad quos illotis, ut aiunt, pedibns  et imparattts acoederet, ut, si quid in litteris curae posthao  adhibuerit, eius omnino mihi gratia deboatur, cuius opera  sit effectum ne vos, ut antea, scopas solutas existimaret; aut  certe illud se non amore disciplinarum, quas arrogantissime  Sibi vendicat, non virtntis, a cuius itinere iampridem longius  aberraret, non suae denique existimationis, quam post umbram lucelli semper habuit, ad hoc adductum, sed spemercedis, quam desertus erat a vobis amissurns.   Et Ì8 unqnam poterit illum quaestum, quem non ex officina sed laniena librorura quam maximum facit, vestris rationibus non anteponeref non hercle magis quam pisois in  Bieco TÌTere. Nam ubi cupido diTitiarnm invasit, ncque disciplina,  neqne artes bonae, ncque ingenium ullum pellet, ut non  minus vere quam graviter ait Sallustius. Sed fac eum maxi-  me velie: quid tandem praestabitf an alius nuno est quam  olim ftiit, cum per libellos a Senatn toties efiBagitatus ut ab  aede Musarum raucus hic anser exploderetur T nempe ille  ipse est et aliqnando tot annorum cessatione deteriora   Sed quid hoc refert, si discipuli non facilitate sermonis, m n mwtt* fi *»m,mii i,Ama d j T b ^\''mì k 'ì è Ì%tV m0 m imi tì mktmmwt h mut m m^m T »éb'^^mmmmÌèmiJÈm  ORATIOXES ET SPISTULAB]  non rerum memoria, quod par esset, seti oviclianis ariibns  alliciu Dturf An non illius earmiais in meutem venii: Promittas facito ; quid enim promittere laodit. Pollieitis dives  quilibet esse potest. Invenias aliquos adeo veeordes ut oassam spem precio mercentur et quo, dii boni, precio ! iactar  temporis; quo nihil esse preoiosius in vita qui Theophrasto  mature non erednnt, exacta mox aetate, sero sentient. Qnod ne nostris auditoribus usu veniai, si unquam àlias  in praesentia diligenter seduloque cavebimns, cum mea spenta  vestrique causa, quibns ut amantissimis nostri consnltam  volumus, tum ne P. A. Stephani Ponoherii, Senatus prìnoi-  pis, ao sacrosancti nostri regis Archigrammatioi fidlere iodicium videamur, quippe quum nos, qui summus honor est,  snis aanumeret ao, ut est in bonos omnes muniflcus, muoribus in dies auctet praemiis, ut Glaudiani mei Carmen usurpare iam libeat: Crescite virtutes fecundaqne floreat aeUt,  Nfciu patet ingeniis campus, certusque inerenti  Stat favor ; ornatur propriis industria doni.  Surgitae sopitae, quas obruit ambitus artes :  Nil licet invidiae, Stephanus dum prospicit orbi. Non est amplius vulpi locus, nusquam iam nebnlones,  nusquam Lysonis excussor emissarius, iacet cmentus iUe dalator, in acie linguae qui nccem gerebat. Quod si verum non  est, nec malis artibus, ut omnes afiirmant, sed, nt ipso gloriatur, industria pervenit ad opes et dignitatem, dicai, dbsecro, cur nuno cadem non assequitur, quando nberiora tìptutum praemia sunt proposita, naetus indnlgentissimam Praesidem, qui benigna fovet ingenia T cur ad enm sàlutan-  dum nondum venit? Nempe quia noctua solem fingit, neo audet homo lovissimus illi trutinae se committere. Sed  Tersipeìlcm, quem, ut Lysonis sui suecessorem, intrinseoos  odit, foris amare simulat, de quo ad aurem garrit, eundemque palam laudat, ita frigide tamen ut ad noTeroae tomn- 'fììtii'il«^iThMli  tf ì f ifci /T fu 1^ |^, Y-1 i ib» ri I] gnitione doctiorum, quo diatius in admirationc sui detineati  apad quera quantum proficiat quisque sontitf Sua cuiusque  ros agitur ; per me sit omnibus integrum audire quem maxime  probat. Equidem neminem invitum detineo, neque si velim  posse confido, quod Appula musca saopissime gloriatur.  Quoties onim pracdicasse creditis ita discipulos addiotos habore, ut ne ipso quidem Varrò, si reviviscat, co plures Mediolani sit habiturust   Sed illud gravins, dicam autem quod ab co milies au-  divi : Yos a pccudibus differro quicquam negat. Non onim ratione, ncque iudicio, scd impctu quodam ferri, contuma-  citerqne contendere prò sententia, cui quisquo semel inhaeserit. In Tobis uunc est enScorc, quominus nimiae licentiae  littcrator ca vere dixerit, neque committere ut patientia  nostra diutius abntatur. ORATiO AD SENAIUM MEDiOLANENSEM Gratulor litteris, |i:aiuIoo mihi, Patrcs optimi, qui tandem  iuveni qiiocl diu multumqne frustra clcsicleraram, ne nostri  temporìs priucipcs aut eorum ma;;istratus, in quorum manu  rcs est, tcmoro cuipiam docendi munus iniungeront, quo nihil indignius, nihil roipublicae porniciosius excogitari poterat. Non cnini parum rofert quam quis initio disciplinam  sortiatur; nam quae teneri percipimus altius animis insidunt,  ao ita penitus radices agunt, ut nuuquam, vel certe difficulter  eyelli quoant. Intellcxit hoc prudentissimus vates Horatins  et hunc in modum testatus est: Quod semel est iiubuta recens servabit odorem  Testa dia.   Deinde subdit: Sinccruin est nìsi vas, quodcumque infundis acescit.   Habeo vobis gràtias et quidem maximas, viri clarissimi,  ac si facultas darctur, etiara referrem, qui de nostris studila  adeo solliciti estis, ut me, licet illnstrìs amplissimique do- [V. buius'op. «*aa«^   mini Oardinalis Bothomagensis, qui Ghrìstianissimi regia  personam sastinet| iudicio comprobatum, non tamen prius  admiseritis ad eradiendam Mediolanensem iuventutem, quam  vigilantissimis vestris ocalis exhibitum aliquod porìoolnm fa-  cere spectaretis. Non enim nobis exciderat illud Plaatinum:   Pluris est oculattts testìs unus, quam aoriti deeoin. Novistis, Patres optami, novistis quid hoius sanotissimi  Senatns ordinem deceat: non oportero mmusoolis bominnm,  neque simplici cuinsqne testimonio facile credi. Oondonant  pleraque mortales odio, nonnulla etiam gratiae ; ncque reve-  rendissimi domini Gardinalis divina mensy gravioribus ne-  gotiis occupata, minimis quibusque vacare potest.   Quid vero nnnc agam, viri clarissimi, quom sere già-  diator in barena consilium capiat mibique necesse sit in  consessu disertissimi Senatus, virorumque doctissimorumi  quos adesse iussistis, ex tempore verba faceref Fateor hoc  etiam periculum bone pcriculo nos quandoque fccfsse ; sed  in ludo litterario, non in foro; sed nostri generis hominibns,  non tot eloqucntissimis viris et illa auctoritate præditis  audientibus, qui, quoque me verte, virtutum fulgoribus in-  gentes occurritis.   Sed unum me, Patres optimi, consolatnr, quod apnd  prudentes, ut in lucubratis operibus censura severior est, ita  in snbitis orationibus venia prolixior; nulla enim res potest  esse eadem festinata simul et examinata, neo esse quicquam  omnium, quod habeat et laudem diligentiae suae simul et  gratiam celeritatis; Bxstant a nobis evigilati commentarii atque  leguntur, in quibus non recuso vel.etiam malevolorum subire  iudicium, dummodo ne quid ingenio valeamus ex hac tumul- [TttDo Parrhaalat iam ediderat laculentissimos commeDtarios, qui  iDscrìbuDtar: Corneliut Nepos De viris iUusiribus, MedioU.; Sadalii  Carmen Paschaie et Prudentins, Mediol.; Comm. De Rc^ffiu Preeerpinae CL Claadiani, Medici, prid. Kal. Sext. MmMié  MM«.M^U^«MiteM«iM*^F««iid»w*i*MM rn«kM^*«taa^k«Bi^M.* rt*««>w»rfk MkW« ««wAi«aitfkÌHa ORÀTIOMKS ET BPISTUULB] tuaria dictìone stataatis. Neo opes, arbitror, in nobis exigitìs  so!  I nn, TI ir• • f. P.A .-•Qnod si non tantum profecisti, quantum par osset, tua  non mea culpa taxi ; quid cnim facias homini tot quacstuariis  artibus occupato? lam vero illud cuiusmodi fuerit, omnes  probe nostis, quom Julius AeinìliuSy vir, ut a raultis accepi,  plurimae lectioniR, ex hoc loco, prò dii iramortales, (et audebis negare?) manifestissiinis arguinentis, omniuinque con-  sensu te reum lancinati, praecerpti inversique Cicoronis  ageret. Ego quom tu ingratnm vocas ( piget horcule memi-  nisse) suscepi tuas partes et quidem iniquissimas, quantumque  in me fuit, indefon^um non reliquia tuoriquo conatus snm  oum summo capitis mei periculo, ut vestrnm plerosque meminisse conAdo.   I mine et confer illa sapidissima tua tuceta, illum panem secundarium, illam vappam, quam nobis appouebas.  Neo eo dico ut expostulem, qui potus cibique (quod tu non  negas) parcissimus semper oxtiterim; sed compononda fue-  runt aliquando beneficia, ne tibi semper ingratus viderer.  Quod si nihil praeterea contulissom, nonne minerval mea  diligentia quaesitum satis est ad aequandas rationes f an  tuas dumtaxat in ephemeridem contulisti, quod facis cum  papyri glutinatoribus, quos semper aliqua summa defraudas f  Vae tibi si non intelligis minorem lucri quam fldei iacturam  esse 1 In quo ingratus tibi videor ! an de vi queri non debui,  ne ingratus tibi viderer 9 Ao in illa querela quid est dictum  a me cum contumelia, quid non moderate, quid non remis-  sins quam scelerìs atrocitas exigebatf   Sed alibi furoris arcem habet callidissimus veteraton  invidia miser aestuat, invidia coquitur, invidia rnmpitor,  nollet extare cuius comparatione detegeretnr, Andistis, eru-  ditissimi iuvenes, audistis cum clai*a voce clamaret : descende  de pulpito, si vis ut taceam. Egone descenderem, stolidis-  sime, ab ilio suggestu, in quo certa disciplinarum ratione  locatus sum, in quo me Pater amplissimus et divinus Cardinalis Botbomagensis, approbante universo Senatu, statuit PRÆFAIiO IN PEBSIOM^)   Mcdiolani Chilo, sapiens uuas e scptom quos votostas in Graecia  consecravit, iam senez eoqao prailentiori nam serìs venit  usus ab annis, ut inqnit OVIDIO, qnom forte qnompiam glo-  riantem audisset nnllam se inimicum habere, an nuUam e-  tiara amicnm haberet, interrógavit, amicicias et inimicioias  iuvicem consequi et addaci necessario ratus, ut apnd Gellium  Plntarchas memorat. e Hai >, in Aiace farente Sophocles ita  monet, e hac fini amcs, tamqnam forte fortuna osurus, bao  itidem tenos oderis, tanqaam paulo post amatams. Per tot  onim vitae salobras quis ita circomspecte potest incedere  qain offensiones aliqnando non incnrrant f Sammae illnd qoidem felicitatis est dnas forocissimas affectiones amoris atque  odii intra saam qnamqne modom continere. Qnod si minns  contingaty qaom non omniam sit in Gorinthnm navigatìo,  proximae laudis illad est ad lenitatem nos qaam primom  dare, nec in vita mortali inimicicias perpetnas exercere.   Minutianos Alexander, nt scitis, annis abbino daobns,  an tertins agitar, ex hospite factas hostis, utrins colpa dicere V. httius op. ORATIOIIKS ET EP18TUULA  superscum licuit, quod aliquando  receperam, sicut aes alieuum dis^olYere cessavimus, ut omnes  intelligatis, hactenus satisfaciendi votum mihi non defìiisse,  sed faoultatem.   Quod si Fabius Quintilianus, ob eiusdem generis iniunc-  tam sibi provinciam, mores accuratius excolendos et studia  sibi duxit, quo Domitiani, perditissimi principis, opinioni  responderet, quantopere laboraudum mihi censetis in utroque,  ne sapieutissimum sacrosaucti Pontiflcis iudicium fefellisse  yidear, qui sicut opibns et imperio, quae malis indignisque  plerumque contingunt, nitro co- [EPISTULA AD LAURENTIUM PEREGRINUM  Mediolani] olro. Non it4i iiiro oontubernii, qnoiitem, pnruin inilii probatiSi ut in-  dole inoruinque olo;raiiti:i ne bonnrum ariiuiu 8tmlio potes  a me expecUire oiniìia qiiae a, non ininria desideras expHoari, nam neque Do-  mitius, neque Piemia, interpretes alioqui diligentissimi, moltoque minus infra classem ma^struli eins verbi vim peroe-  perunt in hoc poeta. Juvenalis enim reponere non in significatione scribendi sarciendive, sed prò eo qnod est parem  gratiam referre videtur accipere. Sieuti ad Lentulum soribenSi  V, huiut op. CICERONE per haec in Epistolarum famiìiarium libro primo: cCur,  inqoit, vatdciiiiam landarim, peto a te ut id a me neve in  hoc reO| neve in aliis reqoiras, ne tibi ego idem rcponam  Cam veneris», idest eadem in te regeram. Atreus apudSe-  necam poetam : e Sceleri modos debetar, onm facias scelus,  non abi reponas, idest nlciscaris. Metaphora sampta est  ab iis qui matitant, invicemque convivantar.   Haec babai saper ea quae a me qaaesisti ; integrnm sit  seqni quod maxime probabis. Probabis enim quod aptissime  loco et sensuii qui sis ingeniosissimuSi congruct, Sed ben ! tn  vide qnid agas, qui cursum reflectas ad Sirenas ; est sane  pericnlum, ne te mansuetioram Musaram delinimenta avocent  a molestissimo legam studio. Cogita tibi, vale. iuquit € Jane, qui centra tui saeculi mores in uno altero ve  libello tam lente sedeas t non illa nunc aetas est, quom invenes quod imitari vellent diu audiaut, omnes ad vota fe-  8tinaut| ncc expectandum habent, dum mihi tibique libeat  prò re dicere. Sed saepe ultroiuterpellant, atque alio transgredientem revocant et propcrarc se testantnr. Utque Philostrati leones ex eadem praeda bis cibum non capiunt, sed  ex calida recentique semel pasti reliqiiias aspemantur, eodem pacto nostri temporis homines una do re saepe disserentem non  facile x>atiuntur. Quare nisi novi quid in mcilium promas, quod  discipuli probenty vereor ne solus in scholis relinqaaris Qnibus ego monitis, ut par erat> a priore scntentia de-  turbatus, animi dubius aliquandiu pepeudi. Nam quam vis et  ipsa res et auctor monebat, ambiguuiu iiuncn erat quam in  partem homines essent accepturi, si Lucium Florum nostra  ope propemodum convolescentemy nt parum periti medici,  non penitus obducta cicatrice, desererem ; tlifficilis anceps-  qne deliberatio, din multnmque agitata, nostri innneris  auspicia retardavit, donec animo sedit ocii^mei rationem  vestris commodis posthabere. Diebus itaque festis, quos alii  genialiter agitabunt, quae restabant ex Floro, pomeridianis  Haec Demetrìi Chalcondylae moniU maximam Parrhasii nostri  laudem praa se ferunt, nam manifestis argumentis eins magnuin et  Msiduum in castigandis scrìptorìbus stodium nobis patefadont  tk é m u mtàutmm^tÈm^im^m^^mnm* itiàm   OBATIOMES ET EPI8TULAS  horis intoipretabimur, in eius vero locum (qaod (ànskiiii  folixque sit omnibus ) Livionì sustitucmns illum, qnem vetustos adco suspoxit, adoo venerata est, ut nihil ad hoo aeyi  rcliqueriti qnod in eius no>'um praeconium possit excitari. Quis euini post Fabium non dixit in conciouibus Livium,  supra quani narrar! possit, cloquenteinf Qnarum tanta vis  ad persnndenduni iam tuni crcdebatur, ut Metio Pompusiano  capitale fuerit apud Domitianum, quod eas excerptas ad  usum uiemoriae circuaiferret. Quanto niitius sacrosancti nostri  Ro£^s in^^euium, per quein non haee ediscere solum licet|  sed ipso praeceptores nitro conduciti qui iuventutem Hber»- liter institnant, Quis vero Livium nescit in exprimendis alTectibnSi quoa  mitiores appcllant, inter historìcos primos obtineref  Nam quoil ab ultimis Ilispaniao Galìiarnniqne flnibus  illustres in urbem viri venerint, ut unum Livium salutarenti  epistola Plinii Nepotis ita porcrcbruit, ut sit in tanta notioia  reforre supcrvacanoum. Furor est autem, furor in quaestionem  vacare, quod olim Valla, Sallustiusne doctior fìierit an Livins, et eos invicera comparare, a quibus discere magis oon-  venit. ntrique summi extit-ore ac cadesti quadam providentia  componcndis moribus alendis. EPISTULA Nli.-DE LIVIO INDICE Mediolani Timon ìlio Phliasius, óloqueutiac sapicniiacquo stadiosusi  ut undecimo Successionum libro scrìbit Sotion, iutcrrogatus  ab Arato Solense quo pacto posset Homeri poema consequi  castigatuniy respoudit: e Antiqua lego exeniplaria, non ea  quae nuper emendata snnt >• Eius, ut reor, auctoritatem  secutns, Probus exemplaria undique coutracta inter se oouforre coepit, ex eorumque fide corrigere ceteraf atqne di-  stinguere et adnotare curavit et soli liuic noe ulli praeterea  grammaticae parti deditus, ut Suetonius auctor est, ad famam dignationemqne pervenit. At, ut quidem sentio, non i^  niurÌHi nam quam sit hoc laboriosum, quam non omnium,  Cioero testatur ad Quintnm fratrem. cDe libris, inqnit, Tyrannio est cessator ; Ohrysippo dicam, sed operosa res est et  hominis perdiligentis; sentio ipso, qui in summo studio nihil  assequor. De Latinis verOi quo me vertam, nescio, ita mendose  In codice V. F, 0, in quo omnes quae Parrhasii tupersont epistulae collectae sunt, nonnulla Quaesita ut hoc De LIVIO indice^ omni  indicio signoque careni, ad certuni signiflcandum viruro, cui inscrìpta  sint. V, huios op. oratioubs xt bpistui^àx scribuntur et veneunt. Utinam non nostri temporis haec iostior essct querela! certe ego non plus in alienis erroribos  coufutamlis, quam in cxponendis antiquorum scriptis insodsircm. Sccl afiirmare inratus et sancte possum, eie omnes ab  impressorìbus inversos esse codices, ut, si anctores a pestìiminio mortis in lucem revoceutur, cos agnituri non sint. In  quo non recuso quin mentiri indicer, nisi LIVIO Decada istao.  apertissime probabunt. Ao ut ita facile omnes iutelligant, ab  ipsis argumentis incipiam. Sjllabos et elenchos graece dicitur is quem latini vo-  cant indicem, cuins adeo studiosi fuerunt antiqui, ut PLINIO integrum volumen elencho dederit, et CICERONE per epistolam  potati ut eius libris index ailinngatnr. Lampius etiam, Piatarchi filius, hac una re claruit, quod cleuchon operibus pa-  tris addidisset, ut est apud Suidam.   Qais huuo indiccm LIVIO praetexuerit in obsouro est; aliqui tamcn Florum suspicantur. Ego nihil aiBrmo, sed qui-  cumque fait, doctus certe fuit et plenns auctoritatis in scholis,  ut quidam de suo multa addidisset, quae, licet a LIVIO transcripta sint, adulteraut et vitiant alienar nm lucubrationum  sinceritatcm, ut dcpreudimus iu antiquissimo codice, qui mauavit ab cxemplari PETRARCA, viri, sua tempestatOi  dootissimi. PRÆLECTiO AD DiSCiPULOS Mediolani. Tollite iampridem, victricia tollita sigoa  Virìbut utenduiD quatf'fecimos   Libuity adolescentes ingennii pomorìdianis iis aaspiciis,  iisdom V08 hortari verbis ad repetenda litterarum stadia,  qaibas apud Lacanam Oaesar ad instaurandum bellara militos sao8, qaando non cnm aurìore maj^que infesto ' hoste  Oaesari fntura res erat, qaam nobis hoc tempore. Stat ecce in nos ignorantia gravissima adversaria, centra  qnam, cum anno saperiore freqnentes mecnm strenne pngnayerìtiSy frigoris atqne solis patientissimi| nunc nisi reparata  constanter acie consistemns omnes prompti, labores emnt  irriti, pessimeqne de rationibns nostris actnm. Haeo enim  nos omnibus omamentis et oommodis exnet; nam quid ant  conseqni potost ant praestare qui, quid optandnm, qnidve  fngiendnm sit, ignoratf Usns mnltarnm remm perìtia comparat homini prndentiam ; nnlla tamen re magis ignorantia  prostemitnr, qnam litterarum cognitione, qua si qnis a teneris  annis imbntus, poetas et historiarum scriptores accurate versat Hano attalimas Pradectionem ad venim paternumqo« P.  in discipolot demoDStrandum amorem ab^i^mt^mimm'^'mmm^^111^1»» 1 1 r if, m I mi II \ km ru ni^im OnànOVEB ET BPISTULAX indeqae mores et instituta mortaliuiii disciti ao daoe demaìn  philosophiai Wtae probitatem cum eniditìone coniimgiii Ì8  sane diis immortalibus par in torris habetnr. Itaque ne tanto nos pracmio spolict ignoranza, resamp-  tis viribns, bellicis exeroitationibusi antea firmatis, daòram  qaoqae raonsiain requie refeotiS| integri et reccntes ad ca-  pcssenda denuo studia consnrgite.   ConsurgitOy inquani| adulesccntes optinii| consurgite ad  solitam litterarnm palaestram, et iam sublata atque explieita  signa prosoquimiui, ut adversus ignoi-antianii horainis acer-  rimam hostcnii fortiter et impigre mecum decematis. In quo  quidem bello commilitonis et non imperitissimi dncis offido  fungar. Etenim nullum laboremi nnllas vigilias, nullnm deuiqne periculum recusaboi ut in arcem sciontiae, ad quam  nati sumus, victores triumphantesque vos perducam, Atque,  ut verba ad rem conferamnsi institutos auctores, 4°orum enarrationem vindeniiarum feriae intcrruperunt| resumemoa  ab eminentissimo poeta sumpto initio.  epìstola ad PIUM. Mediolani. Atquiy taa cuni bona venia, fallit te ratio, mi Pie, nam  nec extat apud Solinum: e Armenia tigribus feconda; nec sic  unquam scrìpsi, sed : e Armenia voi Hircania feta tigribus est>,  ut ait Soliuus; in quo velini dicas utrnm codicem mendosnm su-  spicaris ab antiqnis exemplaribus inter se collatis, an qnod  ea locutio latina non sit, ant parum tersa. Liceat apud te  gloriari : si quis alter in emaculando Solino laboravit, in iis  ego nomen proflteor meum, Neapoli, Lupiis ( nrbs ea^ Apnliae est), Bomaeque nactus antiqua reverendaeque vetustatis  exemplaria, quibus adhibitis et cxcussis, castigatissimum mihi  codicem reddidi. Sed et hic alterum habeo vetustissimum,  qui Merulae fiiisse di^itur. In iis omnibus /e/n tigriÒM est'  et non fecìinàa^ et ita dixit, ut Maro feta armiè^ et feta  furentibut auètriiy alludens ad animàlium speluncas et subterranea cubilia. Scio quis iUius emendationis auctor fiierit,  sed is me perducere non potuit, ut ei, magis quam vetustiorum codicum fidei, crederem.  Non prò explorato afArmare possamus cui Parrhaslos hanc io-  Bcripiierìt epistulam, oam daos illi hoc nomine amicot fuisse compe-  rimnt : Joannem Baptiatam Pium Bononiensem, et Aldam Piam Romanum. — V. haiui op.ifc IWli^fc    ^ntU^tì^^ìimAm  EPiSlULA NI. -DE A. MARCELLIIO   Mcdiolani Ammianì Marcollini Btrum gestnì'um libri penes me soni  omnos quot extant, ex antiqaissimo codice Bomae exeriptì;  nec alium prope froqueutius in manibas habeo, qaod inde  quaedam non vulvaria liccat hanrire, Sed quid oportott iii>^  Illa Juliani mentione Marcellinura citare, nisi qnotiens in  rem meam faciebat ex rebus Juliani f Curiosi certe nimis  est inaccurate illud a me factum putare V. hoiui op. OBÀTIONBS BT XPISTUUUB  piena fnigis optimae; et haec in causa fuenmt ut Latatium  potius quam Lactantium nominarem, quom plus apud omnes  sanae mentis homines valere debeat antiqaoram codicum  fldes, quorum magna mihi copia Neapolii Bomaeque con-  tigit, quam particnla vulgatis inserta codicibns ab iis qui  testimonium iuscriptionis ab se perversaesibi ipsi conftnxeront. ORATIO HD MUNICIPIOM VINCENTililiM   Veicetiao lat.  (0  Veni, Patres optimi, tandem veni, 8oriu9 oxpcctatione  Tostra moaquo voluntate, quod immanium barbarorum grave  diuturnnm iugum non facile fuit ab attritis excutcre cervicibus, quippe qui necopiimta Victoria extulonmt aDimos,  tantumque sibi pcrmittuut in omnes Italos ( o miseram temporum conditionem ! quis hic ita non ingcmisoat et frontem  feriat ? ) quantum vix olim Gares in Leleges, Arcades in  Pelasgosy Lacedaemones in Dotos.   Ilabeo diis immoi*talibus gratiam, quorum uumine servatus hio a OBÀTIOmBS BT SPI8TUULX   sanguine gliscnut sic in omni crudelitate eznltanti nt vix  acerbis sociorura funcribns satientorf   Errat, Patros optimi, si quis arbitratur ipsos deos Ulyssi  magis extitisse propitios, a cyclopum fanoibns elapso, qnam  mihi dum cruentas Gallorum manus effagi. Qydopos enim  dnmtaxat in advenas appnlsosqne saeviebanti ii ne notos  quidem saisque parcunt. Ulysses uno vini cado Poljphemum  sibi pene conciliavit, ii beneflciis obsequiisque redduntar  importuniores.   Nam quid in eos a me publice priyatimque, domi fo-  rìsque profoctum non est f Quis centra ganeo, quis adulteri  quae mulier infamis, quis corruptor iuvcntutis ita iactatus  est unquam, ut ab iis, innocentissimus optimeque de se me-  ritusy ego t Caput omnium, satorque scelerum fuit AllobroX|  qui virtutis præmia malis aiidbus assccutns ini rcSv oye^v  fiùaiìjQ'Aiktl^y Inito^ &pcv(jij idest ex asinis et quidem lenUs  repente cquus exiluit.   Is enim nostri generis omncs odio prosequitur ob intestiuas inoxpiabilcsque simultates, quas cum clarissimo  nostro conterraneo Michaele Bitio, iurisconsultorum nostri  codi facundissimo, gerit, nude quave de causa susceptas in  pracscntia dicere nihil attinet. In me Tcro praecipue debaochatur et furit impotentissime, quod una alteraye epistola  Bitium laudavi, semel in editione Sedulii Prudentiique, Obristianorum poetarum, quos omnium primus e pulvere situque  vindicavi, iterum per initia patriae Historiae, quam Bitius  ipso condidit, mihique castigandam 'dedit.   lUud autem nullo pacto forre potuit me sua causa no-  luissc quorundam Mediolauensium liberos a nostris aedibus  exturbare, quo vacuus apud me contubernio locus Allobro- Ritii opus inscrìbitar: De Regibits Hispaniae HierusàUm^ GaOiae  ete. Histort\ Roma. P. epistula, impressa in huias operit  prìacipio, data est ad Ritiuin Mediolani, Rai. Coi.W lm é'^ m^i  P.  gìbus esset snìs. Ex iUo Mioutulttin quendam, nostrae pròfessionis acmulnm, qui nihil quoestus aliquot annos propeme fcceraty extollerey amplecti, fovere quo stomachum mihi  faceret, ìgnarus ineptiarum longe grandiores offas a me sae-  penumero voratas; ac incidit in illam quoque suspicionem,  quam garriens ad aurem Minutulus, de quo iam dixi, dolator augebati a me sua notari tempora vitaeque sordes eo  opere, cui titulum feci: e De Rebus per epistolam qunesitis,  quod adhuc domi sanatur, propediem vcstris auspiciis exi-  turum {1\ Quare non ita multo post a cena cuiusdam rediens senatoris ad primam facem, ex ictu lapidis in capite  vulnus accepi ; nec alieni dubium quin homo sexagenarins,  qui plus in capulo, quam in curuli sella suspendit nates (ut  iSocete Naevius ait in Pappo) percussores immiserita indignamque cædem, quantum fuit in ipso, patraverìt, quom  satis constet ab emissariis eius excursoribus ingentis spe  praemii soUicitatum Michat^lc'm chirurgum, qui me curabat,  ut malum venenum medicamentis infunderet. Exponere supersedeo quam gestierit, quantum sibi placuerit indomitis  moribus Allobrox, quod eo periculo motus in patriam me  recipere statueram, quanto rursus dolore sit affectus, ubi sensit  ab amplissimo patre Stephano Poncherio, Lutetiae Parisiorum Pontifice, cuius immerito vicem gerit, a decedendi Consilio revocatnm. Quid itaf nolite quaerere, Patres optimi, nolite quaerere, quando felicioribus etiam saeculis tam perverso principes  ingenio sunt inventi, qui prò hostibus haberent eos qui excellerent in communibus studiis essentque superiores ingenio. P. aiteveratio valde congrùit cam illis Ciminii verbis in  Epistola nufte ad Corìolanum Martyranun ante Itist. Gramm. Charh :  € In prìmiff autem deflenda est illios divini operis iaotura, De Rebus cilicet per epistolam quaesitis, quod ipse saepenunìei'o vidi. Erat  enim ad editionem paratura, libiisque constabat quinque et viginti »• iaHto«*««aMataiiBrf*«Mtfi*i^^A«#^*MM«aa*»wiI H V, W.«  ll* 1^1i^i^>tft»at0t .i> i»timm  ORÀTlOVEa ST BPISTULAX  Trahat anrì splendor et lucri capiditas alios : ego pecuniae  captum nauquam habui; sequantar alii annouae liberalitatem,  vhiique praostantiam, an^^uillarum saginara, quas Tester amnis  Dutrit Eretenus, ab Aeliano laudatasi ego, magistra philoso-  phia cum Vairone didioi sitienti therìacum mulsum, exurìeiiti  pancm cibarium siligineum, excrcitato somnum soaTem. Discesserint bino alii pecunia divites, ego contentus ero yestra  benevolentìa, acri iudicio, gravissimo testimonio parta gloria:  quamquam nobis est in animo, si liceat, aetatis reliquum  vobiscum exigere, proqne mea virili parte oaptuque ingenti  sedulo commodis vestris inservire; sic enim publice privatimque de nobis meriti. Dies me deficiet, si commemorare volucro quibus ofBciis florentissima vostra respublica, yestrique cives me prosecuti sint et x)rosequantur. Itaque ne  cuiquam videar eorum magnitudinem non sentire, quod unum  possnm, pollicear industriam meam quantamcumqne vestrom  ncmini defuturam ; praeterqne publicum docendi munns, quod  mihi delegastis, epistolam tertio quoque die iuventuti yestrae dictabo, quod antea facturum perncgaveram: tantum  bonefacta in omni re valont, ut est apud Propertium. Denique enitar ac elaborabo, si minus cmditionem, qnae  in nobis alioqui mediocris est, egregiam certe voluntatem  vobis omnibus omni ex paite probare, quibus existimationem  meam commendo meque dodo. Dixi  (lì Cum illa sola edere st&tuUsemus monumenta, qoibns maxime  ad narrandam P. vitam usi sumus, permultas omisimus orationes,  ut luculentissimas duae aliaa quas Veicetiae habnit. li I ri PBAEFATID IN HORATII ODAS   PaUvii. Si qais alias, ornatìssimi invenes, aat litterator ani eloqaeutiae inagister, ex eo loco, qaem nos honestissimniii  Bomae, MediolaDiqao et demum Veicetiae tennimus, ad hano  iniquitatem temporum rcdactas esset, ut privatim doceret|  ille quidem fato convicium facoret seqae de fortnna praefa-  tionibus alcisceretur, nt olim Licinianns ex consnle rhetor in  Sicilia. Sed ego qui rerum omnium esso vicissitudinem non  magis ex Eunuche Torentiano, quam certa vitae experientia  didiciy sic ad omnia quae Tel inferuntur, vel accidunt homini  me comparavi, ut prosperos optem successns, adversa fàcile  patiar. Quamquam, si yernm fateri Tolnmns et a Tobis oblatam conditionem recta via reputare, nihil est our agi nobiscnm male existimem, qnod longe minoris solito profitear;  siqnidem summa hnius urbis auctoritas celeberrimumque  Patavii nomen, ubiqne gentium yenerabile, compensat omne  salarii detriraentam V. holQS op  r«M4^w»aM EPISTULA AD LUOOVICUM MOITALTUM Agelli Admircutur alii Siciliani^ quod omnia qaae gignit sive  soli sive hominis ingcnio proxima siut iis quae iudioantur  optima; qnod in ea prìmutn inventa comoedia ac mimica  cavillatio; quod Giclopuin gentem testentar vasti specus et  Lestrìgonam sedes etiam nunc vocentnr; quod inde Lais  illa, qaam propter insignem formam Gorinthii sibi vindicaront, et inde Oeres, magistra satiouis framentariae, et  Prosorpinæ fama sit; qnod ibidem campus Ennensis in  florìbus semper et omni vernus die, et Daedàli manna demersum foramen ostendat, quo Ditem patrem ad raptum  Proserpinae exeuntem fama est hausisse lucem. Gommemoreut amnium, fontinm, stagnorum, ignium et salinarum  miracula, ao arnndinnm feracitatem tibiis aptissìmarum.  Laudent Achatem lapidem, quem Sicilia primnm dedit, in  Achatae fluminis ripa repertum. Tollat in coelum vetns  adaginm Syracusarum maximas opes aerìsque olementiamy  qnod in ea etiam cum per hiemem conduntnr serena, nnllo  non die sol est. Addant Alphe! Et Arethusae fabnlosos V. haias op.«t Mq.;A HMM««Ml«««M iniiiiri* OBÌ.TIONB8 ST XPISTULAS  amores, et quicqaid mendacia poetaram vnlgaverant. BqoL-  dom non adeo principem nrbium Sidliae Syraoosas ezi-  stimo, qaod ambita moenium quatuor oppida oompleeterotar, Aohradincm, Neapolim, Bpipolas et Tychen, qaam  qaod cxempla pietatis cdiderint, Emantiam et Oritoncm,  qui dao iavenes, iucendiis Aotnae exuberantibas, sablatos  parentes ovexcrunt inter flammas illaesi ignibas; quam qaod  Archimedis incanabula fuorint, qui praoter sideram diaoiplinam machinaiìas conimentator extitit, oppugnationemqae  liaroelli triennio distulit; quam qaod Thcocritam protaUt  illam rustioae Masae perurbanum pootam, multosqae praeterea qaorum immoHales animae loqaantnr in libris. Inter qnos ipso tantnm praestas, qaantom ceteris mA^mtt»tìLiém^l£ PRÆFATIO IN SÌLVAS SUTII Roma. Si quis in hoc honcstissimo eonsessu t4icitus secum forte  qaaerat, andò ovenerit ut ego, promtns alioqui paratnsqne somper habitus ad dicendum, quemque totics ex tempore perìcnluni  bono periculo multis in locis fccissc constons fama nunciabat,  apnd T09 hacsitare cunctarique Bim visus, ac, voluti mutato  solo vocis usum penlidisscm, quod in Agro Locrensi cicadis  acoidere Pliuii tradit historia, quibusdam quasi tergiversationibus extraxerim muueris obeundi diem, dabit is facile  mihi veniam, quom pluribus iustisque de causis id a me  factum sciet.   Ego, ornatissimi viri, licet in dolio flgulinam non discami  quod agore vulgari quoque proverbio vetamur, octoque iam  per annos in Gallia Citeriore persouam rhetoris haud inglorìe  sustinuerim, tamen insolentia loci, diversitate auditorumi  nimiaque vestra de nobis expcctatione tardior efficiebar.   Denique, si res aliter ceciderit, malo ezistimarì magnitudinem Bomanorum ignorasse, quod apud eos audeam docere, quam humanitatem, si non audeam, quom praesertim V. huius op.^riSi"»rr. «e :r-* --^.o»: it...». prò me staro vidoara duos atriusqne linguae signiforos et  qaos nulla remotior latet oruditio : Janam Lascharim, non  minus ingenaaram artium studio quam natalibus et imperia  toriis imaginibns illustrem; Thomamque Phædrum, Bomanae  Academiæ principem, sacerdotiis et iugenio partis opibus  insignem, quorum tanta verbornm pondera semper esso duxi,  ut uno suo verbo cum mca lande coninnctOy omnia asseouturum me confldam. Nil itaque desperandum Jano duee et  auspice Phacdro, in quorum blando obtutu, tranquillo vultu,  hilaribus oculis acquiesco. Quibus ingentes ago gratias, habeboque dum vivam, quod me gravissimis apud Pontificem  sententiis ornaverunt, ubi vel nominari snmmus honor. est,  Nam Grispi Passioni sententia quorundam magis expotcndum iudicium quam benoficium, quorundam beneftoium  quam iudicium. Our iUis ego non omnia debeam, per quos  utrumque mihi contigit indnlgentia sacrosancti Pontificis di-  viquo Leonia X, qui maxime reram usn, incomparabili prudentia, suprema gloria, incredibili felicitate, admirabili eloquentia, promptissimo ingenio, castissima eruditione pellet  eaque morum sanctitate quo suus olim conterranous Leo,  cuius ante vivendi rationem quam nomen affectavit Reliqua deincept, ut minime none Nh M il  makttmtmamm^mmmt^m^mir •iM^tfiM—^yj PRAEFATIO IN ORATOREM. Roma. Antequani docendi muuus instaurem, coDsilii mei ratione in vobis, auditores optimi, qaibas me maxime probatam  oupioy rcddemlam censui cor e tot aureis divinis CICERONE oporibas Oratorem potissimam dolegerim, car, repudiata priore  sootontiay Moronis Aeneidem prosecutums accesserim, quom  paucis abhinc mensibus ex hoc ipso sugesta a. me enarratum ili Bucolica pronunciassem; quod nisi me insta de cansa  diotnm mutasse oonstiterit, equidem non recuso quin apnd  vos levitatis et inconstontiae culpam inourram Nominem vestrnm latet, auditores ornatissimi, qnantas  invidiae procellas anno superiore sola patiencia i)er(regerim; quodque lenti maleqne de me sentientis opinionem subire  maluerim, quam, quod CICERONE turpissimum vocat, contentiosi  senis: huius meae lenitatis uberrimo fructu percepto sacrosancti augustissimique Leonis X indicio quo nuUnm maios  homini contingere potest, a me «non difficulter impetravi, si  qua deinceps huiusmodi tempostas impenderet, aliquid de  iure meo magis accedere, quam nomen boni viri litiumqae  fu^itantis emittore V. buius up. PRÆFATIO IN EPISTOLAS AD ATTICOM, Roma. Quom scdnlo mccum reputo qnnm inulta nccidant homini prneter spein^ libot npud vos auditore? carissimi qnod  Aenoas Ycrgilianuf oxclawat usurpare: Hcu nìhil iavitis fas quenquam fidere divit. Etenim quem rcbar annum tranquillitatis et ocii plenum  foro, is acerbissimos mihi casus atque gravissimas attulit  aerumnas, quæ nostrorum studiorum rationes tantum evorteruut; id quod eventurum non temere quisquam iudieasset  in tanto bonorum Principum proventn, quorum opibus ao  indulgentia benignissime fovebamur. Ut enim missa faciam  quae sacrosanctus Pontifex Maximus ex aorario mihi largitnr,  ne iam obductas imidiae cicatrices inutili recordatione refricemus; ut etiam taceam snffragia patris amplissimi Julii  Medicis, quem nuper ad proximam Pontifici dignitatem divinæ virtutes OTexerunt; ut hebraicae latiuaeqne linguae  instauratoris Hadriani mnniflcentiam in me transeam: certe  Lisias AragoniuSy antistes ille meus omni laude superior, ea  TÌtae mihi commoda suppeditat, quae studia possint igna-  vissimi cuiusque exoitare.  Y. httiuB op. l«ow^^IN •«* i m i r ii»* Ìkerii, in  quo mihi eottidie lectissimorum virorura subeunda censnra  est} quos nulla, quamlibet remot^a, latet eruditio, quique anres  non hcbetes, oculos acres, ingeuia habent acutissima. Proinde vigilandum sompor, multao euim insidiae sunt boni, ut ille Jove uatus suis praecipit filiis, et quo minus ingenio  possum co magis subsidio adhibebam industriam, qnae quanta  fuerity quia tempus et spaoium datum non est, intelligi tnm  non potuit. Nam post illa vit4ilibus mlaota vulnera, quae  paucis ante mensibus apud vos oratione perpetua deploravi,  quid erat ineommotli, quod mihi deesse videretnr, aut cui  novae calamitati locus ullus iam relictus ! Eadera tamen for-  tuna, quae eoepit urgere, reperit novum maerorem, afUictumque duplici luctu senem tantulum respirare passa non est. Duum enim carìssimorum desiderio funestam domum,  diuturna couiugis insuper et mea valetudine concussit, et qua  (dii boni) valetudine, coelitus iuvecta: quippe quam adversis  sideribus conflatam Gàuricus, astrologorum nostri temporis emineutissimus, certa matheseos ratioue deprehendit; Lunae  enim deliquium perniciem nobis erat allaturum, nisi salutaris  stella Jovis intercessisset. Et mors mihi quidem molesta non  fuisset, ut in qua propositam mihi scirem laborum ac mise-  Deflet hìc Parrhatiut Thomae Phædri et Batilii ChalcondylM  mortem. Y. huius op. In Tractattt tistroìogico (TU Op.,) Luca» Oàuricat  horoscopum pcrscripait, quein noi io hoc opere retulimus. Il- fciniiji' ( iti II' tmmu^Mbummmi  tf^^MUi-m^t^^M riariim omninm qiiietem; seti illnd nmitn nos angobat, qnod  apnd vos absolvero tiilem moam, qnaeqne pollioitus in has  Epistola^ ad AtUcnm fiieram praest-aro non potnissem. Quo  nuno lactAndam mihi mairis est, quod ex orci fnucibns eroptns, iiicnndissimo Ycstro conspeotu fruor, quod intuoor et  contcìnplor uunmqucmque vestrum, quorum nomo ost cui  non mca salu^^ ncque cava fuerit ac ipsi mihiy ctiius non  extct aliquod in nos moritumi cui non sim devinctns memoria benefloii sompiterna; ncque cnim vos oculornm coniecturay SiHÌ assiduam mihi frequcntiara praostitistis, egoquo non minus signiflcntione voluntatis et benovolontiae, qnam robu9 ipsis astringor. Itaque vel hao potissimum de  causa corporìs inflrmitotcm animi virtute superavi, ut satis  aliqua ex parte nostro erga vos officio faciamus. Quod huo  usque non distulissem, nisi memet quidam casus incredibilis  ac inopiuus oppressisset. Nam prìdie oius dici quo rcditurus  ad iutormissnm docendi mnnns eram, in summo pedo enatos  abscessus, (àjrocrrysux Graoci vocant) brevi ita altas egit  radices, ut igni ferroqne vix excindi potuerit. Ego nihilo-  niinus, ulcere etiam nunc manante, reclamantibus ad unnm  medicis, quom prìmum flgere gressum licuit, bue exilui: tam  nihil autiquins habeo vestris commodÌ8.  Ncque vero hoc dico, quo me vobis venditem; our enim  blandiar bis, quorum erga nos amor, honestis artibus qnae-  8ÌtuS| odeo cre\ity ut non haberet quo progredi iam possit t  atqni potius haec ad impetrandam veniam pertinent, ne qnis  vestmm forte mihi succenseat, quoti ad diem praesto non  ftierim. Nano acquis animis attendite nostramque de hia  ambagibus ad Atticum coniecturam cognoscite. Nam si nsquam alibi, hic certe necesse est iuterpretem divinare ; nomo  vero desperet od huius operìs calcem nos aliqnando perventuros quod hoc anno cessatum sit. Temporis iactoram focile reparabimns, si viatornm nobis exemplnm proponemns,  Ili si serins quam volnerìnt forte surrexeriuti proporando.«M^B#«**^à«Ì»«^ÌAM »mim»i*a^lìkmami^Jmt^mmm*tI IH ìàH^ti^mtm^t^mim ri II ORATIONES ET SriSTUULS  etinui citius, quam si tic noot4! vigilass^ent, perveniunt quo to-  luut. Quoiiiani vero, prinoipiis cogiiitU, multo facilius oxtrema percipiuutur, autequam quae rtvtaut mloriamnri Epistolao argumcutuin brevissime repet4im. Huius Episiolae superiore partieula noster Oieero reti-  ilebat Attioura certiorera de ratione suae petitioDÌ8, idest  quot in oa eompetitores haberet, atquo ex his qui certi  quive partim Armi viiloroutur. Nunc mldit etiam diem quo  prensaudi initium Taeturus ipso sit, et quorum suffragiis ao  ope nit4itur ad cousulatum, quidve in ea re Pompouium sua  causa facere velit.  r>rf ai n » i é" . ' i^-«i»*iii^i»v' V  4» n . Il«fc — «nlBÉ  PRÆLECTIO IH EPISTULAS AO ATTICOM •tei  «iMa .jm i > i r- > ir >i Mj i a ni n i  n i nr - •arh^fc-Émli OBATIOXES ET EPISTULAB SBLBOTAK. Oratio ad Patritios neapolitanos. Privilogium. Epistula ad Ferdinandum Aragoninm. Oratio I in Alexandmm Minutianum. Oratio II in Alexandram Miuutiannm. Oratio ad Senatnm Mediolanensem. Oratio in Alexandrum Minatianum  vni. Praefatio in Persinm. Praefatio in Tbebaida Oratio in L. Floram. Epistola ad Laurontinm Peregrinum  Praefatio in Livium  Epistola NN. De LIVIO indice. Praelectio ad discipolos  Epistola ad Piom Epistola NN. — De A. Marcellino  Epistola NN. De Lotatio   «Mfc^lt  I» M w r ^•fc. l^-^r-^^T«.L-^, .a£^&.-'-^jJ:-L^.-c'-.^a:ji::^ ^niDiox    Oratio ad Municipium VincentiDum Praefatio in Horatii Odas •  XX. Bpistula ad Ludovicum Mouialtum Praefatio in SUvas Statii Praefatio in Oratorem Praefatio in Epìstulas ad Atticam Praelectio in Epistnlas ad Atticam. Dello stesso autore L’ Eleqfa. c Ad Lucia di Aulo Uìaco Farrosio « il  Brnto minore dì G. Leopardi Ariano Stab. Tip. Ap-  pnlo-irpino Un Accadbmico Pontakiaito elei seo. PpeonrBOPe del-  l' Ariosto ode) Panai Stiano Stab Tip Apputo ir-  pÌHO  Di prOBSima pubblicazione   P. Filoloqo c la sua Biblioteca. Paolo Pabzanbsb Tita ed opere. Scritti ihrditi di ParzanoBo feon prefazione noU). In preparazione  STunn Dahtebchi Anxcdoti HuvzoinANi  FOLELOBB iBPmO   La Bcdola Sabda e i Codd d' Arborea Prezzo del pbesektb vomuE LiB^ 3, P.^    SII CONSENTINI V  RI 0OCTISSIMI RH AE^  toricx Compendium,   Atijp id qitfdeni ab optimis quibusque  tam Grafcisquam Latinis autoribus^  in adolcfccntum iuorum ad artifiaum  rationem^ dicendi perducendo^  rum gratiam at(j ufumjCJfe»  cerptum lom.AUxmder^raPkmsadfiudiof    J. AHIOMIVS CA£ S As   rius Lepori.    7’'^ ^   I '  0^ i a iV        -V     7 .v  'i' l J K   -r- * ';    . ?   l    mdi^ifitmeUadlJchtnox^ad toUenddg  ht eo crudiores etiam fordes harcbant^anmtm  fjfTudmanu^ adijciens> difftum equidem cumprimis  iudicaui,qucm in publicum prodire, multo quam antea cr adipatiorem er nitidiorem nunc demum cu*  rorem: id^tuopotifiimum nomine ^ HicolacyUtz^  quam te ex animo cum obfingulorem patris tuiyopti  mi certhtq; doilipmi uiri in me beneuolentiamy tum  egregiam indolem tuam amplexar ac diligam 'mteUi  geres: ad huius ipfius autoriSyParrhafif dicoyfcrip  ta, olim per occafionem diligentius inuefliganda con '  tendetesicr quod uel procipuum eratyolacrius etiam  hthifcefiudijsyadquie faneiam otas ijlcec tuaaj^-  ratyte exerceres. Qjto certe fietyUt non [oluofi id quod  te maxime decetyqudq; nos ^ te ^hocepimus, ele-  gie tueare: fed magnum quoq; ( patrii exemplum fe-  ddiho imitatus) tui ufumy cum patrue % tum bonis aliquando omnibus probeas. valcy Bapleeypifidie P. I RHE^i?   (b*D MPENDI V.U I N D £X. aborigincs 8^.4 • Aar^.,9a8.& arris nomi.   « Ado(^cenria:lau$. ne digna quar.iQ.i^.   * 81, .♦ 9 Ajs celanda *,.i 4 * 7 Ægyptii fe primos ho Ars naturae inii^trix*, minu e(Te uoIut.x.t|^ 15’. »  Æquum bonum.^o^» Ars qua'm nahiracerc  ’ if inde riordux i6,ij   Æquitatis rario. to^4 Arris oificium %uf,   ‘ A Aetatum ratio &diuer Ailmio accufatori •   fitas 80.18 pro flrraametp.dj.i; ‘   - AifeiHiUu morio.94. 4 Ai^umptiua quaUtas*   dcAffei^ib. agere pol uideinridicialiius. ^   licetur Parrhafms. Allumpriuarordo Agere>&a^b‘o,quarc Afyftata 4z.i*   oratoris propria.iy.s Aiyftatorumodi qribt   ^ / Alcibiades »o,zj 4j. 1 * S   » ' Albini defenlTo. f 4.« Athenis primum elos   . Ambiguum, quenri^ data opera»   r Amicitiarlaus 79 .»o 5. f   AmpliBcIdi ratio* 7^, Auaricia adolefccnriae   y X5.&77 S pemiciofiflima Antipho ».« %z   Arbiter a iudice quid Audere, etiam bonis rc  ', differat tod.19 busconiun(fl:um,fug7   l' Arih^Otelis rhetorica. endumtamen.4.i7   r »4» • Bonuiv   I . N ' E   J B   B Onum quid . ^7.4  Bonisomnibus ex  coepta uirtute,abuti  homines poife.u.i)  L,Brunis et PopiUa  primi in funere lait  - dati Romst. 77  10  - C   C AlIiftratus i^,ii  Capita rpcdali^&  generalia.   6x.i “ ( u   Val. Catulli natalis.s*  Caufa jt.19   Caufa (implexquar.^t  x.quarne cppofira . 3  Caufaru tria genera.   j^. 8.&?7. t8   Cethegus Suadae me=  duUa 4.7   Cacofyftata 44.19  Cicero cotra Fabium  et alios defenfus . i 6,  5.inde.&z8. 8.6^  AS-   Cicero iam fenior in  eloquenda fe exer«  cuir Mo   r?..h    E X.   Cinxia luno 88.1^  Circumftanda,quac fa  dt hypothefin.34.tx  Circumftannae partes»   t   Civitatis laus .»  Clifthenes 3*S   Comam nutrire folin  Lacones 73.^  Comparano 34.3  Comparationis mo   Gontrouerfia 31.19 DeHbcratiufl genus  pxCoucrfatione facile 39. I   ' qualis quilcp fit coU Deliberatiui generis    ligi gt.15 duo officia 66.7   Corax  Deliberatiui genens fi   Coryhriiu nauigare, nis 38.11   noeftomnium.pro Demonftratiuumges  uerb. 18.4 nus 39*7   Corporis bona.79.10 Demonftratiui gene*  Corporis magnitudo ris finis 38.i5k   . autparuitas proprium;   CrafTi elegans diftu; 9»* 4   7x, 10 Demonftratiui gene*   Cupiditas, iucundi ris ratio 71.15   fons 97.11 Demonftrariuo gene*   Cupiditatefieri qugdi riineflfe etiam pers  gantur 96-416 fnafionem 37*8   t)emoftheci pemofthenes Plato  nis 6c .C^Uftrati au  ditor ' ; ‘u 4 o   Deprrcatio  Dem oftli.ehis indu «   peprecado apud iudi  cesnMlla. Depulfio * pr .19   ^cffdiarplurcs fe^to  rfs   piale( 5 lica 8 C rhetorica quid differarir^.^  ftale   C^Quadtio duili5* Rhetorica &.diale(fti9  jt. 8 caqd differant. 7 .i  V { N 1 . -j,. ; ’lin P.  NEAPOLITANI VIRI CTISSIMI RHETORICAE  Compendiu   AQVIBVS PRIMVM ET IN*  uenta Rhetorica >6^ cele^  brata» Cap,i   Rhetorics toresyqta leges tulerunt, tllm pnmt creduntur  exercuifjeieaq- duce feros animos eff^ciffe pati  entes focietatis, ^ coetus, Winc ex oh feruatione, quum queere£ta,qu re& non uidcbantur • Marte etiam   geni^ RHETORICAE COMP. f  genitus Populus, tanfim defidice altricem  rejpuebant» Et quia a Grcecis petenda eratf  ^gre ferebant ah illis quicquam accipere : indi-»  gnum putantes, quos armis rerunuygloria uicif»  fentydiqua tamen in re fateri fuperiores.Vnde fi  ^ui Uteros callebant Gracas, magna eas indu-»  firia difiimukbant,ne apud fuos ciues autoritatc  imminuerent.Paulatim tame utilis hone/ia^ ap-  paruittprimus^ L . Plocius G alius, fub ipfi^ U  Crafft extremis temporibus, eo ipfo die quo Vd  lenus Catullus natus eft, docere eam latine cce  pittad quem ingens cocurfus. Aegre ferebat Ci  cero,non^idem fibiliceretquod doSiifiimoru  autoritate teneretur, qui extimarent, Graecis  exercitationibus ali melius ingenia poffe, LJtin  de*Voltacilius,q Gn.Pompeiu docuit, primus^  hbertinoru hi/ioria no nifi ab honeflifiimis tra-  ftrfr/ folitam fcribere aufus cfi, rhetorica artem  profeffus eUitantuml^ breui interieSio tempore  fumpfit incrementi, ut CICERONE (si veda) iam finior, cum  Hircio et Panfa grandibus pr   rhetorica nulla pracepu ab autonhus defcrip^  ta funti uel quod nulla materia diRans ah huma-  nis rebus excogitari poteB, qua in aliquo ex tri  hus generibus propria rhetorica aliqua falte ex  parte non cadatiuel quia qua degena^ali dicen-  da ^ent, ex propria praceptis facile mtelligi  pofpnt . Hanc igitur propriam ex fententia M.  Tullij breuiter ^ circufcripte definiamus-) partem esse ciuilis fcientia, id efi politica, civilis autem rationis una pars eR-, qua in opere fine tumultuialtera-) qua in quaftionibus hteq^ cofiftit cuius magna et ampla pars artificiofa eloquetia*  ayiT> INTER RHETORI-  cam 8^ dialccfiicam. Cap» 5«.   E t quonia d^aleRica cognata putat An-  ftoteleSyage fi lubet qd inter fe differat in  fpictamus . Nofttm eR illud Zenonis, qui manu  prolata utriufque uim expreffit . amba enim ad  unum fere eundemq; finem argumentationes reperiuntinec fecum, fed ad alios agunt, fola^ ex  omnibus fcientijs,de cotrarijs ratiocinantur.neu  tra determinata quapiam re, quomodo fe habeat^  fcientia eR: fed facultates quada funt inuenien-  darurationU, hinc idm quaft hAet fubieSiu^^ut    ft diiddisy neutr i perfeSie fcictU cfje  duum certum proprium fuhieShum mdlu ha^  \ he^leorjum. Sed tiwie D Ule6ticofitione longe ab illius diuer  fa, contenta eR, acciditq; dialectico, ut apparenti fyllogijrno uti nequeat : fit enim fiam cd  uillator, fi eum prudens elegerit. At oratori tam  eo quod eR, quam quod apparet, uti permtffum  eC^:dum tamenperjuadeat, ad quodunum omnis  nititur ars oratoria, AN RHETORICA SIT  ars E St^ alia inter eruditos cotrouerfia,fu  ne ars rhetorica: fuosi^hahet quceq^fin^  tetia acerrimos defenfbres,tantis^ animis non-  nulli ex artiu numero eam explodunt,ut ne coid  tijs quidem fcriptis in eam calumnijs temperd   rinttillis maxime nifi argumentis, quodars reru  fit qiue friuntur, rhetorica opinionibus conflet^  no fcientiatnec cognitis penitus^ perfjpeCtis re-  bus, et nunqfallentibus,ad unum^ finem fj^eCia  tibus cotineatur,utnec femper ueris agatidua^  femper fint caufe^ut neceffe fit altera falfum tu   A 5 ni    tO rri.Addm et illud, ob umadtSiiomsgenerdad  mdgire popularem fenfum iccomoitnda, nui  Um irteefje poffe,At^id poRremo ohijdut,ca  put totius rhetoricae e^e dicere:quod ipfum arte  tradi non poteh,Ad c^uae fmgula ne articuktim  occurramus,in caufa nobis e^Qtantilianus,qui  libro fecundo omnes fententias confutando, eo  rem deduxit, ut artem effe  crate ufurpatum : Qjw in re clarus quif^ efi,ht   > ea fe exerceat,  diei partem illi plurimam im-  fy pendat, utipfefe fuperk. G audeat, fi ad doShri-  nam prouocetur: nec turpe putet docere alios, id  quod ipfis fuerit difeere hone^iijiimum,memine  - rit    tit tmcn uirginem effe inuSim eloquentUmj  nec turpi lucdlo proflituendam, tuncq^ laborum 'EJoqucntt^  juormfruEtum fat rm^um capere Je fiat, .  quum occafionem adipifcitur publicandi qu. rit, non doceat : nec ingenia melius ahjs uacatu-^   ta, detineat atque obruat . quibus deliramentis   plenos ij»n tunc effe grammaticorum cemmen^ • B 2 tarioi    tO tortos, conquerebamur Seneca et Quimilianfff,  Exerceat poftremo difcetes, inflet, molejius fit  potejlatemq^adipipendcerhetoricte non minus  in di fcemium,quam docentium dm^entiojoliett  datconfijiere,   aVALES ESSE DEBEANT  Rhetori cf candidad«.   Cap^ lo^   A Ge nunc uici^im, quales efje debeant  Rhetoricit candidati, inf^iciamus.neq»  enim ex omni ligno fit Mercurius . Mali nihil m  ea proficienucum quia mens uitijs occupata, pid  cherrimi operis jiudio uacare non potefh tum  quia omnem malum, /lultum effe oportet, Mti  autem iudicio carent, et confiiiotquibus maxime nititur ars rhetorica, nam ut caterarum re-   rum, fic etiam eloquentiae fundamentum efifa-  pentia,Sit liberaliter inftitutus,bonis corvoris ap  tbryne, prime ornatus i?hry nem meretricem Athenienses prudentifimi eloquetifimiq>,no tam Kyperi  dis oratione, qiMnqud admirabili, petfuap, quam  uifo eius peSiore(quodfpeciofiflmum, diauStd  ^ibiades* ueAent^erm)apfoluerHnuAlctbUdeSi cui R*P. relji>onfo Apollinis, tanqtmmfortif^imo Gra  eorum flatwtm in comitio erexit, populum Athe  tiienfem pulchritudine poti^ime habuit fihi ofc-  noxium. Nec mirum, fi illi populo placent, quos  eximia j^ecie natura donare dignata e ^ : quum  credatur ccele/lis animus in corpus uenturus,  dignum prius fibi metari hofhitium uel quo «e-  nent, pro halitu fuo fibi jingere habitaculum,  unde aliud ex altero crefeat: esr quum fe pariter  iunxerint,utraque maiora fint.Vtcunque, fatis  conRat,mirum effe quantum ^atice forma maie  flasq- corporis fibi conciliet. Dotibus idem ani-  mi fit infhruSius, filiis qua ingenerantur ap-  pellantur^nonuoluntariatut docilitas, memo-  ria,quaf^e omnia appellantur uno ingenij no-  mine : filiis, qua in uoluntatepofita, proprio  nomine uirtutes dicuntur ^ Ante omnia tamen  ingenio opus eft : quodquibufdam animi atq^in-  gentj motibus eget oratio, qui ad excogitandum  acuti, ad explicandum omandumq^ uberes, et ad  memoriam firmi fiint (^dtuturm . magnamq-in  oratione pofiident artem facetia, lepores,lacef-  findirej^ondendiq^ celeritas, /ubtii urbanitate   B 3 coniuttSia:    tl    conimSia : qu   N Ec minor dijfenfio eflin eius materia i  illis orationem, abjs argumenta perluaji*  hdja,ciuilesabjs quce^iones jiatuentibus^ Noiy  de ea inter optimos conuenvtt, aperimusi  t prius quid fit ipfa materia oRenderimus^Ejl  enim materia, in qua omnis ars, ^ ea facultas  qiue conficitur ex arte,uerfatur,Vt ergo medici  nauulnerOy^^morbU fic rhetoricae omnes res^  quacunque oratori ad dicendum fubieSla funt^  materia appellatur.Nec obflat,quod fi deornni^  tus rebus dicat, propriam ergo non habeat mato  rianhfcdmultiplicem : quum alia quoque artei VtatedaH     mino*    '5S  DE CIVILIBVS QVAESTIonibus, Sacarum gencru -r  bus* Cap«. x6,   Solent autem res oratori fuhieBa   cendum^ d plerifque (^uMones ciuiles ap  pellari : quod non omnia quk‘.   pofhefitn uocant . 1« hdc genercttim Jiquid  ftueritHT, ut ExpetemU ne fmt liter ae . \n iU  (t definitcejunt perfonce^ C'onfiituti cum ad  uerfario confligendum, ubi rei dominus (qui fie^  pe alienus, fepe immicus eR ) quafi machinatio^  ne quadam, nuncadiram,odtum,triRiciam,ht^  ticiam,fexcenta oppoftta,eR detorquendustillk  magnum eR opus, et (ut inquit Cicero) nefcio  m de humanis operibus longe maximum^   DE CIRCVNSTANTIA, QJTAB   fedthypothefim^. Cap 17«.   N Vnc quoniam thefimab hypothejife-* perauimus,et quomodo quceflione uti de  beat orator oRendimus: reliquum eji,ut quid fit  quod hypothefim faciat, demonRremus, ER  enim rerum quell^ere,auieqHid fit, enumera  fione facilius ^uam dehnitionc aeprchendttUK  Sunt autem eius partes lex Quarum coniun^iio^  onat.Elocutio,(]ua idonea uerba ^ fen  tentias inuentionibus dijhofitts acc6modamus„  MemorUyquie rerum uerborumq^fida efl cuflodia  Pronunciatio, quicej e,in quas  fpeaes diuidantur. Hermagoras, quo duce po  ttj?ima rhetorum pars ufa efl,quatuor modis fie-  najjerit: per cequale,unicu, fine circunflantia, modi 4«  inexplicahtle.Aequale e/i, quum eadem ex utra- t  que parte dicuntur: ut, Dj(o adolefcentes uicini  f ormo fas uxores habebant, noSiuobutamfa£H  media uia,accufant Jeinurcemadulterij, Vntcu, t  quum ex una parte tantum con/iat, ex altera ni-  hil affertur: ut Leno, qua parte fciebat uenturos adolefcentes, foueamfecit, quailli pertere,Smr  arcun/iantia,quum aliquid deeH in qtueflionei  quod faciat caufam : ut,¥iliumpater abdicat,  neq; ulla additur caufa abdicationis, Inexplicabi ^  le (fi, quum ludex haeret impeditus, nec f nem iu  dictj uidet ullum lUtLexeH, feptemiudicesde :  reo cognofeant, maioris partis fententia fanSia - •  fit, duo quendam abfoluunt, duo pecunia mul-  Siant, tres capitis condemnant : rapitur ad pee-  iiam,contradicit.\t€m,Alexander in fomnijs ad- ^  monetur^nonejfe credendum fomnqs, Plura de-  / tndf  ff   wde oh ferumtpoftmtas cmofior,nm Con^  ’ nertihile id affelUtur^ qtmm tota a£do conuerti^  twr a litigantiusmcutn^ fuis prioribus utitur rd  tiomhuSyfrladunlarij . hocmodoiExigebatqtur  “ dm A amico pecuniam cum ufura, quafi credi^   f i tamtofferebatilklineufurajquafidepofitim,ln^  . terim lex fertur denotas tAults : petit creditor  tanquamdepofitamyrtegat debitor tanquam credi  € tS, Non uerijimile ecquod contra opinione dici  . turtut fi Cato ambitus accufetur.quodtame ft m  caute agatur, haud procul ahefi quin cmfiftat»  7 Jmpofme eR^quum id dicitur quod fit contra re  rum naturcefidm; ut fi infantem accufemus adul  f terij, quod cum uxore cuharit aliena .Turpe  quod omninoreijcitur :utfiuir precium pojcat  ^adulterij.Sine colore efi, quum nulla caufa faSH  inuenitur:utdecemmilitesbelli tempore fibipol’-  Cdcofyfid' hces amputauerut,reifunt LtftreipuhUc4e. Sunt  ta. f^alue IpecieSyqtutcacojyRatayidefimale con fiflentia appellantur.ut^aticum, quum aut ali^  quiserrorinhiRoria^yautinquamsexcircun-'  * fiantijs. Impenfum, quum penes unum omnis iudi^  cijuis eftyparumq^mer habet in quo dicendo   Iere  a ir,Pr  iunguntur: et fic accufatur faailegus,utfur etia  dicatur efje. In tranfuttm uero, uno tantum ac-  cu farnus crimine, fiue illo quod intendimus, fi-  ueillo ad duod reus tranfferri poHulat aSiio^  nem . Sed hcec multarum fitnt nundinarum,  qtue non una difceptatione pofiint abfoluLSum-  ma tamen h^c fit, expedire dificentibus quadri-  partita fieri diuifionhuel qafacdior fit,uel quod  defendendaru caujaru ratio id exigere utietur,  ut primo fi pote fi negemus, proxime fi non id ^  obijctturfaSiu afferamus, tertio (quadefenfio  e^ honefiifitmdjfi reBefaSiu cotendamus.quco  fideficiut,una fuperefi falus,aliquo iurisadiuto-  rio elabendi d crimineiquodfit per tranflatione  DE STATV CONIECTV-  ralu Cap«. 24^   C Onk^iuralis autem fiatus, quod incerta  conieSittris Juj^iciomhus^ indaget, di-   D yo £}us:re^'^a nonnullis nono uerho, nc nefch  m LdUno-, mutus f quodmeouideatur utrum  maSia fit:tumfit-,quum quod ah uno obijciturf  alter pernegat. nec folumfaiium, fed et aiSium,qucerit:poteflq;in omnia tempora Sflrihui.De  prceterito enim conijcimus,An fenatores Romn  Ium occiderintide prcefenti,Bono ne animo er-  ga Tullum fit Metiuside futuro, Num fi Alba no  diruatur, Miquid incommodi ad Romanos Jit per  uenturum . In his omnibus agit conieSiura^eafic  ab aliquo manife^o figno, quod lege moribus f  liceat, nec necefarto rem arguat. Ac (utapei:^  tius agamus) fex eiufmodi objeruantur. aut emm  defa6lo tantum, non de perfona conflat: aut ae  ^erfona conflat, non defaSio: aut de de utroque  non conflat :aut fi defaSio, de uoluntate no con  flat : aut quum de re ipfa quaeritur, non dtfaSio  /diquo, an aliquid fuerit illud de quoefl qute^tiot  4Ut mutua eflaccufatio., PE STATV DEFINITIVO,   D Uflnmu€tiam commodum aliquod - .-i afferimus. c? O X m i Genus. de statv generaliJ  Cap* 26 ^   A t quum quid faShtm i ^ quo nomine  appellari debeat conuenitiet tme quan  tum, e^r cuiufmodi, et omnino fine ulk nominis  cotrouerfia quale fit qu tetnpus : illa, pdicet negocialiSj iudicial^   pnetmtmqi rejpiciant, ut fuo loco demonftra-  hitur.Age uero nunc iuridicialem, cuius contro   uerfia ex re iam faSla proficiJcitur,inlj>icidmus:   negocialem poji paulo traSiaturi- In iuridickli luxiiicialU,   aut reusfeciffe quippiant,^uod uetitum fit^fate-  tunaut uetitum negat ft negat, abfoluta ejl iuri- lam,af-, Ahjoluta foluta duobus jit modis, faSti qualitate, et iuris  ratiocinatione . FaSli qualitas eji, cum ofiendir i   mus nihil nos fecijp pemiciofum.lurb ratiocm'.  tio modis fit quatuor.lege,ut occidit filiuindem^  natum quis : licet id lege,more, ut apud Scythas  fexagenarij e pontibus mittutur,Athenis id Scy  tha fecit, tuetur fe more gentis fu Vietatioeri   minis. Remotio criminis. con^itutio, quatuor locis diuiditurt com^aratioh  ite, relatione criminis, remotione criminis, con-  cej^ione, Comparatio fit, qumfaSia compen-  ftntur, aut maiori incommodo prolj^e^lurtt  efje contendimus, aut deliSlo meritum compara  mus : comparaturq; id quod in crimen uocatur^  ad id quo fe reus profriffe afjerit, ut quidam mu,  ro ciuiMis deturbato hoflesfugauit, reus efl Itt  fe reipublicte.lbi comparatio efl^ quod enim mu  rosdeiecit,uideturl  trem, eir Mfione m Clodium, At fi non in eum  qui paffus e^i,fed in alium,uel aliudcrimen tranf  fertur,tunc remotio criminis appellaturiut de eo  qui porcam tenuit in fcedere cum Numantinis,  Vnde remotio criminis duobus modis con/iat: fi  aut caufam in alium tranfferamus, aut faS^um:  uel fi in perfonm remonemus, aut in rem,ut pu.   tdtuH partibus in-  jj>e6iis, legitimam confideremus . Efl autem le  Legitima, ^tima conRitutio, quum ex fcripto controuersia nafcituriin  funt in legitima confitutione, Quod fi ex plunbus [criptis controuerfia ndfcatur, contra^   ^md de TranflationeaSiionis fit omnis coHtro^  nerfiaM enim ah alio nos accufari debere dici^  musyoutnon nos^aut non apnd hos, aut non had  lege,non hoc cfimine^non hac pcena^ uel aete^  ris id genus Illud tamen animaduertendum iit  Tranflatione^quodaut omnino de commutatio-  ne ali 4 Tranfidtia   undefiat^.'-t 4p J-ANJ   huj; eds partes feantur,^uas pnefcripfimusSe   quU iks principales, alus incidentes effe dixr   mus, lUud multos implicitos hahetyjTi plures   tus in caufa inueniantur^quem potilsimum eliga^   mus, quem'ue principalem ejje iudicemusf H«ic   jcrupulo facile occurri per nos poterit, fi illud   imprimirobferuauerimus,quid fit quod compre'  • hendat, quidue fit quod comprehendatur ^ qui   Trutcipdlis enim alteru in fe habuerit, is erit principalis: qui   uero quafi membrum accefferit, incidens erit is   Incidens, iudicandus, huius proprium e^l, confirmire principalem.Qupd fi neuter comprehendatur, tunc   principalis cenfendus, qui imperarit : incidens,   qui feruierit.Si uero nujqua aut feruire aut com   . prehendi Ratus uHusapp^erit,tucuterq^prin- Copiexm • efiappellandusieao; controuerfia,quonu  controuer^ J ^ i ' a ^ i   duos m feplures ue ftatus mpleqti^, cpmplexi   Uanominatur. QVAE CAVSA SIMPLEX SIT,  8^ qu 2 c conmntfla,. Cap  A Tque uel ob hanc rem poti fimum fla-  tim caufa difeutienda efl, simplex'ne fit   tn comund^inet^enim eadem utriuf^ efl ratig. quoniam St   quonim multum intereR, utrum de unare an Se  plurihus agatur . Simplex, ahfoiutam continet  qua^ionem,at ConiunSla,aut ex pluribus quce Co/«'w^  /lionibus iunSiaefttut quum Verres accufatUTi  quodmulta furatus fit, quodciues Romanos nei  carit, quod peculatu commi ferit, autft ex com  paratione, quum quid poti fimum fit confidera-^  tunut utrum Cicero accufet,uelC(ecdius.qu(t,  caufe cognitio maximo efi adiumento ad conA  tutioneminueniendam, DE  genere caufe, conftitutione  ip utrum caufa fimplex fit an con^  iun6iainj^e6iis,qua^io,ratio,iudicatio,firma-  mentumq^funteognofeenda^nam defaipti&  rationis controuerfia fatis efi; a nobis eo loco de  monfhratum,ubi de generali egunus confiitutio-  ne,C^^ipnem autem quum dicimusffummam illam in qua caufa uertitur,intelligi uolumust Sunt enim pleraque minores exfummisdepen^  dentes,quasj^cialia nonnulli capita appelknt^   quum lANi  ^Mum fummas dias, generalia nominauerintEfl   .QB^o ergo auaftio hcec, materia, quce ex intentione   . fmma. depulfione'^nafcituriut,Oreflesmatremiure   fe ocadiffe att:qi{^efiio,an iure occiderit » Subfe  tquitur ratio, qtue caufam continetiquia quodfa^  ciu efje confiat, j^er eam defenditur . ut, Occidi  matrem, quia patrem illa meum necauerat ex  qua ratione necejfead iudicationem peruenitur^  qu eloquentiae lumi  moftendenda, licet TheophraHo refragrante^   GENVS DEMONSTRAtiuum..   Demosrati ut generis præcepta dare, funt  qui minime neceffarium effe arhitren-,  tur:quoduixcenfeatur quifqua effe qui nefciaty, quaefmt in homine laudanda.cum tamen mu fu.  jit cottidiano,eoqs tandem excreueriti principi-  PUS doRorum confilia afpemantihus, pefimoq^  dicendi genere in iudicijs induSlo, ut fere folum  hodie materiam praeftet oratoribus : non erit ah,  f hnnc iplim etiam locum ddigeittius tradam E 4 uerimuSy yl lANi uerims.Eiusfirtem honefium effe diximus, fiue  enim qumquam laudamus, fiueuituperamus, id  quod dicimus honefium effe contendimus. Nam  fyoneRum bonum eR, ideo   ergo laudatio, et potipima, d uirtutis dehetfon^  te proficifci, fine qua nihil laudari poteji ^ Eam  in quatuor laedes ^iferefapientesi in pruden- 'Virtutum  tiam, Mittam, temperantiam, fortitudinem, 4-  praclara omnes quidem, et qua mutuis adiuuen  tur auxilijstaptiores tamen quadam ad laudatio-  nem,Si enim uirtus benefaciendi quada uis e^  certe eas partes qua plurimum conferunthomi-  mhus,maximas effe oportet^unde luftitia ^for  titudoiucundij^ima in laudationibus, qua domi  foris^pra^o fint, nec tam pofiidentibus quam  generi humano fruSluofe putentur: prudentia  uero,ac temperantia, tenues ac pro nihilo exi/H, mantur, iungenda tamen fiunt omnestquod non  minus fape moueant mirabilia, quam iucunda ata, Et quoniam fingularum uirtutum quada  funt partes et ^tcia, propterea euagandum e^,  habet enim in fe Prudentia memoriam,inteUigen  ttdm, prouidentiam : Eortitudo,perfeuerantiamy  patientiam, fidentiam^magnifitentid: luflitia, re   E Ugfonmp Ugionem, pietatm, ohferumim, ueritatem, uIti  enem : Temperantia uero continentiam, clemen  tiam, modelham^ compleSiitur » His omniVus  fuo ordine resgems accommodare, no tamglo-  riofum quam difficile ludicatur, Optimu aute  mrtutum condimenta, quod ornati fime dici  facillime audiri po f it, fmper eji exiftimatum,fi  aliquid magno labore ac periculo fine aliquo emo  Jumento pramwuefaSium oRendatur . ea enim  pneflantis ejje uiri uirtus cenfetur, qu^efruSiuo  fa altjs, ipsi autem lahoriofa, aut periculosa, vel  certe gratuita fit.Etneuirtutum tantummodo  partibus immoremur, magna fylua oritur lauda-  tionum, ex hominum uita, deq; his qua cottidie  in ea emerguntt ut funt illa omnia quibus pramia  funtpropofna, femperqs in pramijs honor pecunia proponitur, Commendantur ^quamor-  tuos magis confequuntur, quam uiuosine fui gra  tiaquenquam aliquid facere arbitremur, Nec mi  nus foletU celebrari, qua egifje nullus efi metus,  neq; pudor: quemadmodu fertur Alceo Sappho  refpondiffeMonimenta item,^ publica lauda-  tiones, in d^unShs potifintum, magnam faciunt   ad- gdmtationmiquMquamliiudis fiunt gratia, nec  nobis, fed altjs utilitati funu^rafertim bene meri  tis. S unt etiam morerconfuetudinesq- earum gen  tium,apud quas laudamus, cottfiderand con^at.qui pe  des uelociteragit,curfor:qui premere poteji,^  retinere,luSlator:qui pulftndo pellere,pugil:qui  utrumc^ hoc, id eft retinere ^ premere pote/l,  pancratiafiestqui omnia fimul, pentathlus. Magna fane junt hac cum geRu, tum ffe^atu bo-  na.fed nifi externis illis, id e^ fortuna bonis, op  timis ad felicitate infhrumentis, adiuuentur, man  ca reddetur felicitas,et qua undecuq^ laudari no  potefl.Vnde non mediocris laus ex fortuna to-  nisderiuatur.ea funt nobilitas, liberi, amicitia,   glonOf,    ghria, honor, eSr qtce fequttnttfr, Nohilitas,0'  duitatis f/l, ^•jamiliceAlla uetu^ate, libeitatey  feliatate, rehuscj^geflis commendatmhacillis  ipfis rehus, uiris etiam ac mulieribus, uirtute aut  Jiuitijs,aut alia re laudata claris, legitimisly nata  lihus celebratur. Uberi magno funt ornamento,  fi multi funt, fi (ut uno completior uerbo) boni*  mares ultra corporis bona, temperantia placent,  t^fortitudine‘fixminie, forma, proceritate, pudicitia, lanificio, Amicitia multorumbonorum. expetutunqua bona fore amico putent,propter  ipfium amicu agant, Diuitia nummis, agris,pra  dtjs, fupelle 6 iili,mancipijs,armentisq; continen  tur:multitudine, magnitudine, pulchntudine, ex  ceUentialaudantwr, eafirma, amoena, utiliaque esse debent. Gloria datur,haberi in precio, putari^ id conjecutum, quod uel plures uel boni pru  dentes dejtderent. gloria diti fimos beneficos ple  rumq- fequitur, uel eos qui conferre queant beneficia, Honons autem partes fiunt,facra, cele-  brationes, decantationes carminum, panegyri-,  d, fepulchra, flatua, alimenta publice: ^qticc  barbaris placent, adorationes, inclinationes, cebitus, in corporis /latu cernitur ^ Hiratioe/l infpicienda : animi magnitudo tunc,  potiffimu furgit, fortitudo uero illa bellica (nam  domeftica grauioris eflatatis) incrementum ha '  bettneq^fupereft quod fieres d fortitudine, nifi  fe in iuuenta patefecerit. Virili autem atati  tantum demitur de laude, quantum de uirtute de,  fideratur ^Itaque oportet idatatis uiros effe per-  fe£liflimosi neq^qulcquam facere, cuius pudeat  aut pceniteat. tunc prudentia, rerum cognitio^,  magnificentiaq; apparent. AtfeneSius patien,  tiaplacet:dulcedine morum, comitate, affabilita teq;dHe^at.cenfeturq;praclara, fi corpus non  reddat infirmum J rebus publicis no auertittnon '  facit deni^ ut ueru fit illud, Bis pueri fenes: qua-  les funt creduli, obliuiofi,diffoluti, luxuriofnqui .  inomni atate turpes, in feneSia uerq funtfcedtf    BIHBTOtt.ICAE COMP,   pm^ SeptimmiUHdfupereA tempus, qu6dj^  i^m hominis infequi dixermus . in uerycn  non femper dccafio efi : quod non omnerfepul-*  tos di^a memoratu feqimtur,Si quando tamen  traSlare cotigerit, teftimoma,fi qua allata funtyr  ucenfeantur,tam diuina quam humana . in qms  dedicationes temploru, confecratmes, fiattuti ' A  mommenta, publica decreta numerantur, hahk  &fuumlocum ingeniorum monimenta^u^era^ ro laudem ante obitum confequutur.Afferunt et laudem liberi parentibus, di]cipulipr ci Uerfus caperent, permijkAdem'que mfunehrr  laudatione hunc ordinem ofiendit, ut defunSii.  prius Copiofelaudentur, fuper^lites inde benigne  moneantur, filij mox defimS^orum fratres^ aS  tdntais ip forum imitationem inuitentur: parens  tumpofhremo et maiorum,fquifuperfunt^do^  BrawluSS confoktione leniatur, Romani ambitio^  hoc genus troEtauerunt, rmdta fcripfhrutn: eirch I libr. dUctfaSia ^ no funttex quibus rerum rioflrarum  Ro^a?. tiftorU eflfaShimendofior .^am illas imerire  rionfinebant familia, fed fua quafi ornamenta  tcmtmimenta feritabant, et ad ujpfm fi qunei gmerisoccidif[et,&admemoriamla^   fnefticarum, illu& andamq; nobilitatem fltam:  ttec alius quifquam id ojficij fumebatfibi, nifi  quidefuniioeJfetcoiunSiifiimus, Sed iam fatis  vituperan- dedimus praceptoru in hominibus laudandis t et  di eade qua exegiffet fane ratio, ut aliquid de uituperatione  laudandi ra diceremus,nifi hic ipfe labor eadem nobis exem  I ; . uituperationis idem fit ordo, qui   laudadonis i praceptac^uituperandi contra*  rijs ex uitijs fumantur, non folum in hominis  tata, fed^ ante hominem, &poft obitum, itt it  iePmle,MeliOyM:^>MoHid memori^fro&Hf  ‘.Vridr fatis conf^y fine uirtutum ukiorut^i^ •m P» V f^wrww * 'I "JW*  tcSiaagams, contentihisqtuediBafmtyadho  thtiies laudandos pauca de cateris rebus in mple^, laudibus extollendo, quoaonus fiufch  pere uolentibus,imprimis a Deo Opt. Maxjnci  piendu efljnueniffel^ eum, oftendiffeq; nuptias  mortalihustid'^ ita pro confejfo effe,ut non mo^  do nos in hac pia uera4 tANi  ^ UiiuSytion auiditpudohs ji^ifjcatione, uocis t-  m  V / 0 ',    po/?remo     ^freyfjpme pr '   lia, qu(t propter fdpfum aut ex confuetudinea^  eit, aut ex appetitu uel rationali (}urluntas emm  coniefl,cumratiorteineq»quifquani)diqidduidt  nifi honu putet)uel etiam irrationali,cufnfacitit  ira ^cupiditas.Neceffee^ ergo, qtuecun(j^ho  niines agunt, feptem tantum caujis faceret fortuna, ui, natura, confuetudine, ratione, ira,cuph 7*  ditate . Fortuna accidunt, quce nec femper,nec ^  plerum(y, nec ordine fiunttcumipfaFortuna,ac  cidentium rerum fubitus fit atf inopinatus euera %  tus ft^atura ea jieri dicuntur, que  remus: neceffee]}, iucunda omnia uelprafentii  fentiendo,uel praterita repetendo, uel futura ff e  rando cotineri, Qjuecunq; tame prafentia dele  Bat, eademq- fferatibus memoriaq; repetentib,  iucunda funtinec fecus e contrario^ Vnde ^ in    RHETORICAB COMP.   prtimfi hi pra^enty qui ipfi laudandi funt, qui-  bus'^ fidem adhibeamus . cum eorum nihili fat  iudicium, qui nullo m precio habeantur. Amare  etiam, amariq;, beneficia conferre, egentibus o-  pem ferre, fuauifima:quod his abundemus, qus-   'vr' lAiar P. Sir T  homines, nam prd parente e^ conditor^ pr maioribus populi a quibus origine duxerint. junt  ix fua auguria, eX uaticinia t multumq^ hahent  mBoritatis qui Aborigines, id efi indigenmplexi, laudibus extollendo, quod onus fufch  pere udentibus, imprimis a Deo Opr. Pto.inci  piendueflunueniffel^ eum, oflendiffeq^nuptias   mortalibusudcj-itaproconfeffoeffeyUtnonmodo nos in hac pia uera^ religione, fed etiam uetu  flasloui lunonic^acc^tum connubium retule^  rit, turbam^ dmrum ingentem proeffe nuptijs uoluerit, nec contenti loueadulto, Iunoneriu efi^ j^ffnoHprM  res intueri prafentes,Uf^enimpf aut animi promotione cogatur^  d^obatio aut earum rerue^h ^uaedb or^^reno  :^cogitantur,fid d caujareisque defmmtunut jqtubusfita^  fiiutabuLe, teftimoniayfa£htiConuentayleges,et  Mteraidgenus. auttotaindij^utationeyautar^  •gumentatione orationis collocata eh : Mt in hae \   '^ear^unentis inueniendis y in dia de traSiandis  • ^ cogitandum. Conediatio fit dignitate hondt eSediatm,  ms, rebus geftiSyexifHmatibneuite   remusi neceffe ejl, iucunda omnia uel pr con-  Jueta agere iucundum mauifeilo fit, quis credat  tantum afferre iucunditatis uicifiitudinem f necy  iniuria, cum fittietafis mater fit Similitudo, In-  efi et fua indifcendoimitando'que ‘iucunditas:  ifuce^ imitatione confequimur, etiam fi ipfa ni-  hil in fe haheant iucunditatis. ocium denique ip-  fum^ac iram, ri/«m j afferentia deleSiant Po-   C z ftrema ) too   fkcmOitludmmqtue fecundum naturmkctm  ditate ajferut, idcirco quo coniunStiora fimt,eo  funt iucundiora: ut homo homini ^ mas mari*  qua ex fententia feipjum magis homo amet necef  fe e/lj quam reliquosicum fua ipfius cauft ccete^  ros amet.Liberi deinde,& qua inter chara adntt  merantur^ quanto plus ad homine accedunt, tan  to plus afferunt iucunditatis. Et iucundo qui^  dem per^e6io,eademq^ ratione iniucundo'(cwn  eadem oppofitorum fit difciplina') facile erit co^  ^ofcere, qua caufa fit inferenda iniuria : ad  Vtiuria affj Juccedat oportet, quales fint qui iniuria cateror  dentes qui* afpcmt.Sunt autem, qui facile inferre poffe ar^  hitrantur, uel celare jperant: aut fi deprehenji  fint, nullas, uel quam mmimas daturos fe pcenas:  plusq; in iniuria lucri, uoluptatis'ue, quam in luen  da pcena damni mcerorisq- inejfe exiftimantJniu  riam facile fe poffe inferre eloquentes, diuiteSf  aSiionihus exercitati, experti, multis nixi amici*  tijs,clientelis^:uelfi ipfi careant, in habenti*  hus amicis, feu focijs,feu miniflris,quod illorum  fe patrocinio tutos putent,Praterea fi amici iudi  cibus fint, uel his qui iniuriam perpetrant* ludi*    rhetoricae COMP. tot   cts enim leta moUil^hrachio in amicis ag^^ann  eorum iniurias acjuiore animo toleramus. QeU  re autem feipfos poffeU^erant, qui omni uacare  juf^e^ione uideantur,ut d^ormes adulter'^-, sacerdotes flupri,dehdes pulfationis,&'ea qwt pa  idm ante oculos funt neque enim aperta ^ quaq^  ingentis laboris fit tollere, ohferuantur, Caue^  muslj' potius nobis ab ufitatistut uidemus in mor  his accidere : quos illi timent, qui fiint experti. Clam etiam fefaSiuros putant,ipiihus nullus ini  micuSyUel quibus plurimi.illhquod no obferuen  turt hi uero,quum omnibus fere fufj^^^i fwt,no  mdeantur ob nimiam cu^odiam clam facere po-  tuiffe^mukos quoque locus,commoditas,moreSj  que celant. Inuitant etiam ad iniuriam facienda,  iudicij propagandi, prop>uljandi, corrumpendi,  uel certe ob inopiam euadendi f^estlucrum quo  que apertum, prafens,magm,prafertim fi dm-   num occultum paruum procutue fit. maior etiam  utilitas, quam ut par fupplicium excog^ari pof  fit : ueluti efl ^rannis . Sunt^ proni adiniuriam, qui inde lucrum petunt, neque quicquam  malipreeter ignominiam uerentur, quibus que id   G } frcijjc    t02 fecijje laudi afcrihiturtut parentes quacim fint qui inferant, quiq; patiantur, fatis  arbitror ex his qua in medium adduRa funt poa  tere. Sed quonianon omnibus eadem uidetur in-  iuria, fapeq; ufu uenit ut plus doleant laft quam  par fit,minusq; noctdffe fe putR nocentes quam  fecerintCquod aliena mala no fentimus, et noRra  maiora quam fint iudicamus ) idcirco de iniuria  primu iureq^faRis,mox de maiore minoreq^ iniu  ria paucis differamus, Iniuria iureq^faRa omnia  legibus primUm duabus, deinde quibus funt bifa  riam determinantur, leges aut duas appellamus il  las ipfas iu/li partes, qua ternario a nobis nume-  ro in iu^i definitione funt expojfita, comunem  fcilicet, qua fecundum natura fit: (^propriam,  qua in fcripta ^ non fcriptam diuidatur. Qui-  bus uero iniuria fiat, bipartito conflituimus.aut  enim emunis laditur focietas, ciuitasq; ipfa offenditur, ut in militUiaut unus alter ue iniuria af   jiciturf ftcitwr,ut in adulterio, qu horti quadam eleSiione, quadam uero  ^eSiuconuiA * Cueiufinodi:quid jit illud de quo agitur de^  finiendu eB,ur popimus iwre ne an iniuria querd^  tnur injpicere . pr quonia iuftorum iniuftorumque   duas partes connumerauimus, firiptas fdlicetle  gd,^ no ficriptas, descriptis affatim demonfiratti eft : pauca de no fcriptis funt recenfenda.  alia enim per excejfum uirtutb uitijq;Junt, in qui  hus uituperatioes,honores, infamia^iut gratias  habere benemerito,amicis praflo effe,& his similia.alia uero ex lega fcriptarum defe6iu:deejl  aut fcriptis legibus, uel qu^ latores aliquid effi  gerit,uel quod confulto pratermiferint,cu detet  minare figillatim omnia nequiuerint.ne^enint  fi de tiuinere agatur, quo ferro, quali, quat&ue,   G y coth    tO^ P.   constitui poteft, Eil igitur aquum (juoddm ha^  numq;, quod praterlegefcriptamiufiu cenfea-  turimultaq^ etid lege fcripta putatur iniufla,qua  aquo homq; tutari Poffunt. Bade ratione no tan  ti errores faciendi funty quanti iniuria:nec*tanti  qwt aduerfa eueniut fortuna, quati errores.nam  gduerfa fortuna feri dicutur, quacu-  cibus loj.^. pro fabula, melius  forfan legacur, fama  45.10, it'   inien    BASIEEAE IN OFFICINA  Roberti Vumtcr, Anno 153^*  Menie Septembri. Giovanni Paolo Parisio (all’epigrafe), Aulius Ianus Parrhasius. Aulio Giano Parrasio. Parisio. Keywords: implicatura, implicatura retorica, Cicerone, filosofia italiana, gl’antichi romani, Livio, Catullo, Orazio, Cicerone, Stazio, l’oratoria, il gusto per l’antico in Italia. PARRHASIANA, Vico, Sabbaldini sull’importanza da Parisio, grammatica speculativa, grammatica modista, ars grammatica, probo, Donato, Prisciano, la grammatica, la dialettica e la retorica, grammatica razionale, psicologia razionale, breviario, compendio, o manuale di retorica latina – il parlar o conversar greco – la retorica d’Aristotele – il parlar o conversare latino – la retorica o ars oratoria di Cicerone – diritto romano -- giurisprudenza--.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Parisio” – The Swimming-Pool Library. Parisio.

 

Luigi Speranza --Grice e Parmisco: la ragione conversazionale della diaspora di Crotone – Roma – filosofia basilicatese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. Metaponto, Basilicata. A Pythagorean, cited by Giamblico Favorino says that the Pythagorean Parmisco (he spells the name Parmenisco) frees Senofane from slavery – Grice: “Which was the inspiration for Robin Maugham’s The Servant!” --.

 

Luigi Speranza -- Grice e Parrini: la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- implicare, impiegare, interpretare – la scuola di Castell’Azzara – filosofia toscana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Castell’Azzara). Filosofo italiano. Castell’Azzara, Grosetto, Toscana. Grice: “Italians are supposed to be non mainstream and go ‘off the beaten road’ – Parrini proves they shouldn’t!” Professore a Firenze, membro di svariate istituzioni scientifiche internazionali e del comitato scientifico di alcune riviste filosofiche italiane e straniere e condirettore della collana "Epistemologica" pubblicata dall'editore Guerini e associati, fu segretario nazionale del Comitato dei dottorati di ricerca in Filosofia, nonché Presidente della Società Italiana di Filosofia Analitica. Fu invitato a tenere lezioni e conferenze in Italia, in vari paesi europei, in Argentina e negli Stati Uniti d'America. Insieme a Roberta Lanfredini organizzò un Corso di perfezionamento in Epistemologia generale e applicata che si tiene, con cadenza biennale, a 'Firenze. Si occupò di filosofia analitica contemporanea, dell'epistemologia di Kant e di Husserl, di vari aspetti del pensiero scientifico e epistemologico, della filosofia italiana del Novecento. Sin dai primi lavori ha sviluppato una nuova interpretazione del positivismo logico e dei suoi rapporti con il convenzionalismo e la filosofia kantiana la quale, in seguito, ha trovato ampia conferma a livello internazionale. In campo epistemologico, i suoi maggiori interessi vanno al tema del realismo, alla problematica della conoscenza a priori, alla giustificazione epistemica e alla metodologia della ricerca storico-filosofica. Nel volume Conoscenza e realtà avanzò una prospettiva filosofica cui dette il nome di "filosofia positiva" e della quale sviluppò le implicazioni circa i rapporti con l'ermeneutica, lo statuto epistemologico della logica e la natura della verità. Lasciò più di un centinaio di pubblicazioni. Saggi: “Linguaggio e teoria: analisi filosofica” (Nuova Italia, Firenze); “Una filosofia senza domma: materiali per un bilancio dell'empirismo,” – Grice: “I can’t see why Parrini is afraid of a dogma; Strawson and I loved them – and he knows it – he totally misunderstands us when he thinks we are into ‘reductionism’! But at least he cares to call me Herbert, as I never myself did! Don’t Italians know abbreviations?! H. P.!” – “In difesa di un domma” -- Mulino, Bologna, “Empirismo logico e convenzionalismo,” (Angeli, Milano); “Conoscenza e realtà: positivismo” (Laterza, Roma-Bari); “Dimensioni della filosofia. Filosofia in età antica – antica filosofia italica (Mndadori, Milano); “L'empirismo logico, Carocci, Roma); “Filosofia e scienza nell'Italia del Novecento. Figure, correnti, battaglie” (Guerini, Milano) – Grice: “Gentile was right when he distinguished between classical liceo and the rest! We don’t need no scientific education, we don’t need no thought control!” – “Fare filosofia, oggi” (Carocci, Roma). Note  "lanazione",  Scheda docente presso il Dipartimento di filosofia dell'Università degli Studi di Firenze, su philos.unifi. P. in SWIFSito web italiano per la filosofia, su lgxserver.uniba. Lo studio del riferimento in Quine, “Rivista di filosofia” Da Quine a Katz, I, “Rivista critica di storia della filosofia” [= Rcsf], "Vero" come espressione descrittiva, Rf, Da Quine a Katz, II, Rcsf, Di alcuni problemi di filosofia della logica, Rf, Recensione di R. G. Colodny, The Nature and Function of Scientific Theories. Essays in Contemporary Science and Philosophy (Pittsburgh), Rcsf, Recensione di M. Serres, Le Système de Leibniz et ses modale mathèmatiques, Paris, Rcsf, Recensione di N. Rescher, Essays in Philosophical Analysis (Pittsburgh), Rcsf, 2 Recensione di Papanoutsos, The Foundations of Knowledge (English edition with an Introduction of J. P. Anton, New York), Rcsf,  Il carattere dei giudizi esistenziali e alcuni problemi dell'empirismo, in Atti del XXIV Congresso Nazionale di Filosofia: Bilancio dell'empirismo contemporaneo, Roma, Società Filosofica Italiana: Recensione di M. Bunge (ed.), Exact Philosophy. Problems, Tools and Goals (Dordrecht), Rcsf, Sulla traduzione italiana di "The Development of Logic" di Kneale, Rcsf,  Linguaggio e teoria. Due saggi di analisi filosofica, Firenze, La Nuova Italia, Per un bilancio dell'empirismo contemporaneo: contributo alla storia del positivismo logico, Rcsf, Edizione, con Introduzione, di A. N. Whitehead e B. Russell, Introduzione ai "Principia Mathematica", Firenze, La Nuova Italia  Recensione di Popper, Objective Knowledge. An Evolutionary Approach (Oxford), Rcsf, Recensione di J. Danek, Les Projets de Leibniz et de Bolzano: deux sources de la logique contemporaine (Laval, Quèbec), Rcsf, Le rivoluzioni scientifiche, nella serie radiofonica a c. di Paolo Rossi "Storia delle idee", Rai 3, Scienza e filosofia nell'Ottocento: la scoperta del concetto di energia, nella serie radiofonica a c. di Paolo Rossi "La scienza e le idee", Rai  Recensione di W. V. Quine, I modi del paradosso e altri saggi (Milano), Rcsf, Filosofia e scienza nella cultura tedesca del Novecento, in Storia della filosofia, diretta da M. Dal Pra: La filosofia contemporanea: il Novecento, Milano, Vallardi: 2Materialismo e dialettica in Geymonat (in collaborazione con Mugnai), Rf,– Linguistica generativa, comportamentismo, empirismo,"Studi di grammatica italiana", Tutte le parole per definire la realtà (a proposito del Convegno fiorentino I livelli della realtà), "L'Unità", Fisica e geometria dall' Ottocento ad oggi [Antologia di testi introdotti e commentati], Torino, Loescher: Analiticità e teoria verificazionale del significato in Calderoni, Rcsf, Una filosofia senza dogmi. Materiali per unbilancio dell'empirismo contemporaneo, Bologna, il Mulino  Introduzione a Quine, Logica e grammatica, Milano, Il Saggiatore: Scienza, vita e valori (con lettura di testi di A. Huxley e brani dal Quartetto per archi n. 15, op. 132 di L. van Beethoven) per la serie radiofonica a c. di Massimo Piattelli Palmarini, Rai 3, Lettera di risposta a M. Pera, Rovesciando si impara . "L'Espresso",  – Scienza e filosofia: diamo a ciascuno il suo, “La Stampa”. Recensione di Cohen, Feyerabend, Wartofsky (eds.), Essays in Memory of Imre Lakatos (Dordrecht), Rscf, Recensione di Harrè Introduzione alla logica delle scienze (Firenze), Rcsf,  Recensione di S. Lunghi, Introduzione al pensiero di K. Popper (Firenze), Rcsf, Empirismo logico e convenzionalismo, Milano, F. Angeli  Edizione, con Introduzione, di H. Reichenbach, Relatività e conoscenza a priori, Bari, Laterza, Popper indeterminista (Recensione di Popper, Poscritto alla logica della scoperta scientifica, Milano), “L'Indice [dei libri del mese]”, Edizione, con Introduzione, di Reichenbach, Da Copernico a Einstein, Bari, Laterza:  Recensione di T. Nickles, Scientific Discovery, Logic and Rationality e Scientific Discovery. Case Studies (Dordrecht), Rsf [= Rivista di storia della filosofia; già Rcsf], L’ultimo Preti e i suoi corsi universitari, "Quaderni dell'Antologia Vieusseux", Empirismo logico, kantismo e convenzionalismo, "Paradigmi", Edizione, con Introduzione, di Schlick, Forma e contenuto, Torino, Boringhieri, Recensione di A. J. Baker, Australian Realism. The Systematic Philosophy Anderson (Cambridge), Rsf, L'antidoto degli elettroni (Recensione di Hacking, Conoscere e sperimentare, Bari), "L'Indice", Preti teorico della conoscenza, Annali del Dipartimento di Filosofia dell'Università di Firenze,  (anche in Il pensiero di Giulio Preti nella cultura filosofica del Novecento, a c. di Minazzi, Milano, Angeli: Filosofia italiana e neopositivismo, Rf (also in Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, a c. di Rossi e Viano, Bologna, il Mulino: Vogliamo le prove (Recensione di A. Grünbaum, I fondamenti della psicoanalisi, Milano), "L'Indice" La psicoanalisi nella filosofia della scienza, Rsf, A ciascuno il suo sombrero (Recensione di P. [Paolo] Rossi, Paragone degli ingegni moderni e postmoderni, Bologna), "L'Indice", Sulla teoria kantiana della conoscenza: verità, forma, materia, in Kant, Bologna, Zanichelli, Tra empirismo e kantismo (recensione di G. Preti, Lezioni di filosofia della scienza, Milano e Lecis, Filosofia, scienza, valori. Il trascendentalismo critico di Preti, Napoli), "L'Indice", Induzione, realismo e analisi filosofica, Rsf, Ancora su filosofia e storia della filosofia, Rsf, Scienza e filosofia, Parte Quinta della Storia della filosofiadiretta da Pra: La filosofia nella prima metà del Novecento, II edizione, Padova, Piccin Nuova Libraria: Scienza e Filosofia nella cultura tedesca,  Empirismo logico e filosofia della scienza: Con Carnap oltre Carnap. Realismo e strumentalismo tra scienza e metafisica, Rf, Nota introduttiva a Evert W. Beth, Sulla distinzione kantiana tra giudizi sintetici e giudizi analitici, "Iride", Recensione di Sahlin, The Philosophy of Ramsey(Cambridge), Rsf, Il pensiero peregrinante di un monaco mancato (recensione di Lyotard, Peregrinazioni. Legge, forma, evento, Bologna), L'Indice, Ma Madonna non è Kant (a proposito del Convegno del Centro fiorentino di Storia e Filosofia della scienza “Kant e l'epistemologia contemporanea”,"Il Sole 24 Ore", Origini e sviluppi dell'empirismo logico nei suoi rapporticon la filosofia continentale. Alcuni testi inedita; Presentazione di R. Lanfredini, Husserl. La teoria dell'intenzionalità. Atto, contenuto, oggetto, Bari, Laterza – Reichenbach, la teoria della relatività e la problematica dell'a priori in Dagli atomi di elettricità alle particelle atomiche. Problemi di storia e filosofia della fisica tra Ottocento e Novecento, a c. di S. Petruccioli, "Lezioni Galileiane", Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, Conoscenza e realtà. Saggio di filosofia positiva, Bari, Laterza, L'insegnamento medio della filosofia in Italia. Alcune considerazioni scientifico-culturali, Rsf, Intervento/intervista sull'insegnamento della filosofia nella Scuola media superiore, "Corriere della Sera", Intervento/intervista sul X Congresso Internazionale  della Union of History and Philosophy of Science, F. Bordogna, Neopositivisti rivalutati al congresso, "il Sole-24 Ore",  Filosofi, vi esorto alla Bosnia, "L'Indice", Mito e scienza in Ernst Cassirer. Considerazioni introduttive, in Mito e scienza in Ernst Cassirer, a c. di Parrini, in “Annali del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Firenze”, Perchè è scorretto (moralmente) dire che è uno di noi [Intervento sul Documento del Comitato nazionale di bioetica sulla sperimentazione sull'embrione], "il Sole 24 Ore", Con i “continentali” il dialogo è aperto, “il Sole 24 Ore”, Filosofia e storia della filosofia, in Filosofia analitica oggi, “Informazione filosofica”, Le origini dell’epistemologia, in Storia della filosofia, a c. diP. [Pietro] Rossi e C. A. Viano, L’Ottocento, Bari, Laterza: Immanenz gedanken e conoscenza come unificazione. Filosofia scientifica e filosofia della scienza, Rsf, Realismo, scetticismo e analisi filosofica [Risposta a P. Leonardi], “Paradigmi”, Intervento in “Il documento dei Quaranta”: risposte e considerazioni, “L’informazione filosofica”, Per un sapere senza assoluti su Neurath, “il Sole 24 Ore”, La mia terza via nella ragnatela di concetti e credenze, “Letture”, Presentazione e Curatela con Egidi di Forme di argomentazione razionale, “Paradigmi”, Ermeneutica ed epistemologia, “Paradigmi”, Presentazione e Curatela con Marconi e M. Di Francesco, Filosofia analitica. Prospettive teoriche e revisioni storiografiche, Milano, Guerini, Dell'incertezza, ovvero del "non raccapezzarsi" [su S. Veca, Dell'incertezza. Tre meditazioni filosofiche, Milano], "Iride", Sull'insegnamento della filosofia nella scuola media superiore riformata, Rsf, Aggiornamento delle voci Causalità, Convenzionalismo, Teoria scientifica, Verità, Dizionario di Filosofia, di N. Abbagnano, terza edizione aggiornata e ampliata da Fornero, Torino, Pomba, Io difendo gli epistemologi, "Letture", Sulle vedute epistemologiche di Enriques (e di Croce), Rsf, Una risposta laica alla fine degli assoluti [Intervento nel dibattito sul nichilismo], "il Sole 24 Ore",  La filosofia è ancora motore di progresso [Intervento nel dibattito sulla riforma dell'università], "il Sole 24 Ore", Filosofia delle occasioni mancate [Intervento nel dibattito sulla riforma dell'università], "il Sole 24 Ore", Il conoscere tra filosofia e scienza, in Atlante del Novecento, 3 voll., con la direzione di Gallino, Salvadori, Vattimo, Torino, Pomba: Il declino delle certezze. Un secolo e le sue immagini: Metafisica e filosofia analitica, in Annuario di filosofia: Corpo e anima. Necessità della metafisica, Milano, Mondadori: Ancora sul convegno fiorentino della SFI, Lettera alla Rst, Crisi del fondazionalismo, giustificazione epistemica e natura della filosofia, "Iride" La 'terza via' della filosofia positiva, in AA. VV., La navicella della metafisica. Dibattito sul nichilismo e la 'terza navigazione', Roma, Armando: Internet non è fatto per i ‘verofobi’, "il Sole 24 Ore",  Empirismo logico, tutta un'altra storia, "il Sole 24 Ore", La verità (Discussione di Paolo Parrini e Marco Messeri), "Palomar",  Una risposta laica alla fine degli assoluti, in Nichilismo Relativismo Verità. Un dibattito, a c. di V. Possenti e A. Massarenti, Rubbettino, Soveria Mannelli: Epistemologia, filosofia del linguaggio e analisi filosofica, in La filosofia italiana in discussione, a c. di F. P. Firrao, Milano, Paravia e Bruno Mondadori, Dimensioni scientifiche e filosofiche della conoscenza. Una panoramica introduttiva, in "Annali del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Firenze": Miserie dell'epistemologia italica, in Scienza Dossier, "il Sole 24 Ore", Sapere e interpretare. Per una filosofia e un’oggettività senza fondamenti, Milano, Guerini, Conoscenza e cognizione. Tra filosofia e scienza cognitiva, Milano, Guerini, Il ‘dogma’ dell’analiticità cinquant’anni dopo. Una valutazione epistemologica, in Conoscenza e cognizione, Dimensioni della filosofia, vol. I: Filosofia in età antica, Milano, Mondadori Università (in collaborazione con Simonetta Parrini Ciolli Incompreso, o quasi, dagli Americani [K. R. Popper: “Il più grande epistemologo mai esistito?”], in Karl Popper oggi. A cento anni dalla nascita, “Reset”, L’empirismo logico. Aspetti storici e prospettive teoriche, Roma, Carocci, Popper e Carnap su marxismo e socialismo, “Nuova Civiltà delle Macchine”, Filosofia e scienza in Enriques, “Nuncius. Annali di storia della scienza”, Più realista dell’empirismo [Ricordo di Wesley C. Salmon], "il Sole 24 Ore", Crisi dell’evidenza e verità: due modelli epistemologici a confronto, in La questione della verità. Filosofia, scienze, teologia, a c. di Possenti, Roma, Armando: Filosofi italiani allo specchio: Paolo Parrini, “Bollettino della Società Filosofica Italiana”,  Reason and Perception. In Defense of a Non-Linguistic Version of Empiricism, in Logical Empiricism. Historical and Contemporary PerspectivesNota su Valore, Due convegni su Giulio Preti a trent’anni dalla scomparsa, Rsf, Il pensiero filosofico di Preti, ed. by P.  and L. M. Scarantino, Milano, Guerini: Presentazione by P.  and Scarantino), Preti filosofo dei valori, in Il pensiero filosofico di Giulio Preti, Preti: ‘A Crossing of the Ways’, in Il pensiero filosofico di Giulio Preti, Il pupazzo di garza: alcune riflessioni epistemologiche, in Il pupazzo di garza, Papini e Tringali, Firenze, Tra kantismo ed empirismo, in Scienza e conoscenza secondo Kant. Influssi, temi, prospettive, a c. di Moretto, Padova, il Poligrafo, Recensione di Preti, Écrits philosophiques (Paris), “Les Études philosophiques”, nPreti nella filosofia italiana della seconda metà del Novecento, in Giulio Preti filosofo europeo, a c. di Alberto Peruzzi, Firenze, Leo S. Olschki: L’insegnamento della filosofia tra identità disciplinare e rapporto con gli altri saperi, in Rinnovare la filosofia nella scuola, a c. di L. Handjaras e Firrao, Firenze, Clinamen: Su alcuni problemi aperti in epistemologia, “Iride”, Filosofia e scienza nell’Italia del Novecento.Figure, correnti, battaglie, Milano, Guerini A due secoli da Kant: conoscenza, esperienza, metafisica della natura, in Itinerari del criticismo. Due secoli di eredità kantiana, a c. di Ferrini, Napoli, Bibliopolis: L’epistemologia di Popper e il “dilemma pascaliano” di Duhem, in Riflessioni critiche su Popper, a c. Chiffi e Minazzi, Milano, Franco Angeli: Verità e realtà, in La verità. Scienza, filosofia, società, a c. di Borutti e L. Fonnesu, Bologna, il Mulino: Generalizzare non serve [titolo redazionale per Patti chiari, amicizia lunga], “L’Indice dei libri del mese”, risposta alla recensione di Massimo Ferrari. Quale congedo da Kant?, in Congedarsi da Kant?, Ferrarin, Pisa, ETS, Quale congedo da Kant? Replica a una replica di Ferraris, in epistemologica.it /images/stories/ /Note%20e%20 Discussioni/ Quale%20congedo %20da%2 0kant.     Filosofia e scienza, in Pianeta Galileo a c. di Peruzzi, Firenze: I filosofi e la scienza: da Kant ad Einstein, in Pianeta Galileo, Peruzzi, Firenze: La filosofia della scienza in Italia, in Pianeta Galileo Peruzzi, Firenze: A priori materiale e forme trascendentali della conoscenza. Alcuni interrogativi epistemologici, in A priori materiale. Uno studio fenomenologico, a c. di R. Lanfredini, Milano, Guerini Fra nichilismo e assolutismo. Alcune riflessioni metafilosofiche, “Iride”,  L’a priori nell’epistemologia di Preti, Rsf, Analiticità e olismo epistemologico: alternative praghesi, in Le ragioni del conoscere e dell’agire. Scritti in onore di Rosaria Egidi, a Calcaterra, Milano, Angeli: A proposito di offerte filosofiche, in F. D’Agostini, Mari, P., La priorità del male e l’offerta filosofica di Veca, “Iride” Revisione delle Voci: Broad, Causa, Causalità, Empiriocriticismo per l’Enciclopedia filosofica, a c. del CentroStudi Filosofici di Gallarate, Milano, Bompiani Voci: Circolo di Berlino, Costruttivismo, de Finetti,Empirismo logico, Fisicalismo, Pap, Reichenbach per l’Enciclopedia filosofica, a c. del Centro Studi Filosofici di Gallarate, Milano, Bompiani La filosofia della scienza in Italia, Intervista a c. di Duccio Manetti per il Pianeta Galileo popparrini html Scienza e filosofia oggi, Intervista a c. di Duccio Manetti, in Humana. mente, unifi. bibfil/humana. mente/ Quine e Carnap su analiticità e ontologia: una valutazione critica, in Questioni di metafisica contemporanea, a c. di Chiodo e Valore, Milano, Castoro. L’approccio teorico-problematico nell’insegnamento della Filosofia, in Insegnare Filosofia. Modelli di pensiero e pratiche didattiche, a c. di Illetterati, Torino, Pomba: Presentazione di Luca M. Scarantino, Preti. La costruzione della filosofia come scienza sociale, Milano, Mondatori: i070 Il convenzionalismo epistemologico al di là dei problemi geocronometrici, “Rsf”, Bisogna conoscere il passato per orientarsi nel futuro? Risposta a Marco Santambrogio, “Iride”, Per la verità, ancora una volta [su Marconi, Per la verità. Relativismo e filosofia, Torino] “Iride”,  Mente, verità e razionalità. Tre modelli epistemologici a confronto, in Razionalità, verità e mente, a c. Lorenzo Ajello, Milano, Mondadori:  Spirito positivo e filosofia italiana, in Il positivismo italiano: una questione chiusa?, a c. di Bentivegna, F. Coniglione, Magnano San Lio, Acireale-Roma, Bonanno, Intervento alla Tavola Rotonda: Il positivismo italiano: una questione chiusa?, in Il positivismo italiano: una questione chiusa?  La rivista “Epistemologia” tra logica, scienza e filosofia, in La cultura filosofica italiana attraverso le riviste: Giovanni, Milano, Angeli: Intervista in occasione del conferimento del Premio Preti a c. di Maionchi e Manetti: interviste_p. html   (Autopresentazione), in Storia della filosofia dalle origini a oggi, Filosofi italiani contemporanei, Antiseri e Tagliagambe, Le grandi opere del Corriere della sera, RCS libri, Milano, Bompiani: Il pensiero di Preti e la sua difficile eredità, in Pianeta Galileo a c. di Peruzzi, Firenze: La scienza come ragione pensante, Lectio Magistralis tenuta in occasione del conferimento del Premio Preti  in Pianeta Galileo a c. di Peruzzi, Firenze Verità e razionalità in una prospettiva positiva, “Annuario filosofico”, Milano, Mursia, Il principio di verificazione nell’empirismo logico, in Portale Internet della Treccani, in aula/scienze umane e_sociali/ verita_ della_ scienza/ parrini. html Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma Scienza e Filosofia, in Pianeta Galileo a c. di Peruzzi, Firenze, Relativismo e oggettività. Il peso dell’esperienza, in Metafisica, persona, cristianesimo. Scritti in onore di Possenti, Goisis, Ivaldo, Mura, Roma,Armando,  Epistemologia [Kant e l’epistemologia], in L’universo kantiano. Filosofia, scienze, sapere, a c. di Besoli, C. La Rocca, R. Martinelli, Macerata, Quodlibet: L’esperienza neoilluminista nello specifico pretiano, in Impegno per la ragione. Il caso del neoilluminismo, Tega, Bologna, il Mulino Integrazione della Corrispondenza Pra-P. del Fondo Pra Università di Milano: %20 Dal PraParrini.    Laggiù dove tutto è possibile (davvero), in Isole del pensiero. Arnold Böcklin, Giorgio de Chirico, Antonio Nunziante, a c. di Faccenda, Milano, Electa Mondadori: Metafisica, sì, ma quale metafisica?, in Isole del pensiero. Böcklin, Chirico, Antonio Nunziante, a c. di Faccenda, Milano, Electa Mondadori:  Il valore della verità, Milano, Guerini, Dimensioni epistemologiche del kantismo, in Continenti filosofici. La filosofia analitica e le altre tradizioni, Caro e S. Poggi, Roma, Carocci:  Scienza e filosofia: eredità del passato, prospettive per il futuro, in Una storia delle scienze. Discussioni e ricerche, Atti del Convegno: “Orizzonti e confini nella ricerca epistemologica” (Centro Congressi della Sapienza, Università di Roma, Facoltà di Sociologia), Rinzivillo, Roma, La Sapienza: Relativismo, peso dell’esperienza e valore della verità, in “Diritto e Questioni Pubbliche”  diritto equestionipubbliche.org //mono%2 0II%20-%20 Filosofia e scienza in Italia nell’età del positivismo, Portale Treccani  Croce ha accentuato il nostro ritardo culturale?, “Il Riformista”, La pittura come scrittura filosofica. De Chirico e la metafisica, in La questione dello stile. I linguaggi del pensiero, a c. di Bazzani, Lanfredini, Vitale, Firenze, Clinamen: Fenomenologia ed empirismo logico, in Storia della fenomenologia, a c. di A. Cimino e V. Costa, Roma, Carocci, Salvare i fenomeni. Considerazioni epistemologiche sul caso Galileo, in Pianeta Galileo, A. Peruzzi, Firenze: Presentazione del Convegno internazionale su Preti per il centenario della nascita, in Pianeta Galileo a c. di Peruzzi, Firenze: Realismi a prescindere. A proposito di realtà ed esperienza,“Iride”, Lezione per le “Lectiones Commandinianæ” dell’Università di Urbino)     La scrittura filosofica, in La verità in scrittura, a c. di Bazzani, Lanfredini, Vitale, Firenze, Clinamen: Etica ed epistemologia, in Etica, libertà, vita umana. Commenti al saggio di P Donatelli, La vita umana in prima persona, “Politeia”, Verità e razionalità in una prospettiva positiva, in Filosofi italiani contemporanei, a c. di Riconda e Ciancio,Torino, Mursia: Presentazione del volume Sulla filosofia teoretica di Preti, a c. di L. M. Scarantino, Milano, Mimesis: A priori, oggettività, giudizio: un percorso tra kantismo, fenomenologia e neoempirismo. Omaggio a Preti, in Sulla filosofia teoretica di Giulio Preti, a c. di Scarantino, Milano, Mimesis Il problema del realismo dal punto di vista del rapporto soggetto/oggetto, in Realtà verità rappresentazione, a c. di Lecis, Busacchi, Salis, Milano, Angeli: Ontologia e epistemologia, in Architettura della conoscenza e ontologia, a c. di R. Lanfredini, Milano, Mimesis:  Kant e il problema del realismo, in Kant, a c. di Pettoello, “Nuova Secondaria”  “Esercizi Filosofici”, 1: Esercizi di equilibrio in filosofia, in A Plea for Balance in Philosophy. Essays in Honour of P. New Contributions and Replies, cur. Lanfredini e Peruzzi, Pisa, ETS: Discussione sulla materia: Una prospettiva epistemologica, “Aquinas: Rivista Internazionale di Filosofia”, Mach scienziato-filosofo, Introduzione a Mach, Conoscenza ed errore. Abbozzi per una psicologia della ricerca, Milano, Mimesis, Epistemologia e approccio sistemico. Qualche spunto per ulteriori riflessioni, “Rivista di filosofia neo-scolastica, Logical-Empiricism: an Austrian-Viennese Movement? Or an Unsolved Entanglement among Semantics, Metaphysics and Epistemology, “Paradigmi”, Fare filosofia, oggi, Roma, Carocci editore (v. Intervista: letture.org/fare-filosofia-oggi-paolo-parrini/)  Epistemologia e approccio sistemico. La dinamica della conoscenza e il problema del realismo, “Rivista di Filosofia Neo-Scolastica” Quine su analiticità e olismo. Una valutazione critica in dialogo con Nannini, in Dalla filosofia dell’azione alla filosofia della mente. Riflessioni in onore di Nannini, a c. di Lumer e Romano, Roma-Messina, Corisco Né profeti né somari. Filosofia e scienza nell’Italia del Novecento quindici anni dopo, “Filosofia italiana” Sulla filosofia degli analitici, in Prassi, cultura, realtà. Saggi in onore di Pier Luigi Lecis, a c. di V. Busacchi, P. Salis, S. Pinna, Milano, Mimesis: Scienza e arte, ovvero verità e bellezza, in TBA, a c. di P. Valore, in corso di stampa     2) Empirismo logico e fenomenologia. Uno snodo fondamentale della filosofia del Novecento, relazione su invito presentata all’International Conference “Experientia/Experimentum”, Napoli Filosofia e storia della filosofia: una prospettiva epistemica, relazione su invito presentata all’incontro “Filosofia e storia della filosofia: prospettive a confronto”, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Esplicazione e rielaborazione dei concetti, in Metodi, stili e orientamenti della filosofia, a c. di R. Lanfredini, Carocci Editore, Roma, Paolo Parrini. Parrini. Keywords: implicare, interpretare, antica filosofia italica, Herbert Paul Grice, in difesa di un domma – indice to ‘filosofia eta antica’. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Parrini” – The Swimming-Pool Library. Parrini.

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