Luigi Speranza -- Grice e Pareyson:
implicatura conversazionale – implicare, impiegare, ed interpretare – liberalismo,
risorgimento, fascismo – la scuola di Piasco -- filosofia piemontese -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Piasco).
Filosofo italiano. Piasco, Cuneo, Piemonte. Linceo. Nato da genitori entrambi
originari della Valle d'Aosta, si laurea a Torino con una tesi dal titolo “Esistenza”
– su Jaspers, che poi venne pubblicata all'editore Loffredo di Napoli. Compe
spesso viaggi di studio in Francia e in Germania, dove ebbe modo di conoscere
personalmente Maritain, Jaspers eHeidegger. Si fece notare dai più
importanti filosofi del tempo, tra i quali Gentile. Allievo di Solari e Guzzo, dopo aver seguito in Germania
i corsi di Jaspers, insegnò filosofia al Ginnasio Liceo Cavour di Torino e al
liceo di Cuneo, dove ebbe come allievi alcuni futuri esponenti della Resistenza
italiana, tra i quali Revelli e Vivanti. Fu arrestato per alcuni giorni, in
seguito agì egli stesso nella Resistenza, insieme con Bobbio, Ferrero,
Galimberti e Chiodi, continuando a pubblicare anonimamente articoli. Nel
dopoguerra insegnò al Gioberti e in vari atenei tra cui Pavia e Torino dove, conseguito
l'ordinariato. Fu accademico dei Lincei e membro dell'Institut international de
philosophie, oltre che direttore della Rivista di estetica, succedendo a Stefanini
che la fondò a Padova. Ha molti
allievi, fra cui Eco, Vattimo, Tomatis,
Perniola, Givone, Riconda, Marconi, Massimino, Ravera, Perone, Ciancio, Pagano,
Magris e Zanone, segretario del Partito Liberale Italiano, ministro della Repubblica
e sindaco di Torino. Considerato tra i maggiori filosofi, assieme a Abbagnano
fu tra i primi a far conoscere l'esistenzialismo, facente capo principalmente
ad Heidegger e Jaspers, e a riconoscersi in questa visione (La filosofia dell'esistenza
e Jaspers), in un quadro dominato dal neo-idealismo. Si dedica anche a dare una
nuova interpretazione dell'idealismo non
più in chiave hegeliana (Fichte), individuando in Schelling un precursore a cui
l'esistenzialismo doveva la propria ascendenza, sostenendo che «gli
esistenzialisti autentici, i soli veramente degni del nome, Heidegger, Jaspers
e Marcel, si sono richiamati a Schelling o hanno inteso fare i conti con lui L’'esistenzialismo
anda ripreso in chiave ermeneutica. Considera la verità non un dato oggettivo ma
come interpretazione del singolo, che richiede una responsabilità soggettiva.
Chiama la propria posizione personalismo ontologico. Si è dedicato anche a
ricerche storiografiche, individuando nella filosofia post-hegeliana due
correnti, riconducibili rispettivamente a Kierkegaard e a Feuerbach, e che
sarebbero sfociate rispettivamente nell'esistenzialismo e nel marxismo.
Il suo percorso filosofico ha attraversato principalmente tre fasi:
una più propriamente esistenzialista, attestata cioè su un esistenzialismo
personalistico, in dialogo con Kierkegaard, che riconosca come la comprensione
di sé stessi è resa possibile solo dalla propria relazione con l'Altro; una
seconda incentrata sull'ermeneutica, ossia nel farsi strumento di
interpretazione della verità, volgendosi ad una comprensione ontologica delle
condizioni inesauribili dell'esistenza, che ripercorrendo Heidegger si tramuta
da angoscia del nulla in ascolto dell'Essere; l'ultima che si richiama a
un'ontologia della libertà, più vicina a Schelling, ritenuto un filosofo talmente
attuale da essere persino post-heideggeriano, la cui interpretazione può essere
innovata a partire da Heidegger proprio perché Heidegger ha avuto Schelling
all'origine del suo pensiero. Rreinterpreta le tre fasi del suo pensiero alla
luce del passaggio dalla filosofia negativa a quella positiva di Schelling,
ossia il momento in cui la ragione, prendendo atto della propria nullità, si
apriva allo stupore dell'estasi, in una maniera non necessaria né automatica,
bensì fondata su una libertà che non esclude tuttavia la continuità. Solo
ammettendo questa libertà si può approdare da una filosofia puramente critica,
negativa, ad una comprensione dell'esistenza reale, oltre che della possibilità
del male e della sofferenza. Il discorso sulla negatività non sarebbe
affatto completo se non si parlasse della sofferenza, ma dato che la sofferenza
è non solo negatività, ma è una tale svolta nella realtà che capovolge il
negativo in positivo, questo fa già parte di quella tragedia cosmo-te-andrica –
cosmos, theios, aner -- che è la vicenda universale. Migliorini et al., Scheda
sul lemma "P.", in Dizionario d'ortografia e di pronunzia, Rai Eri, Per
gli accenni biografici di questa sezione, si veda Vattimo, Dizionario
Biografico degli Italiani, come anche la biografia presente in centrostu di
pareyson. Regolo, A Torino Gadamer ricorda P., Repubblica, Cfr. Schelling, in
«Grande antologia filosofica», Milano, Marzorati, Palma Sgreccia, Una filosofia
della libertà e della sofferenza, Milano. Offrì un'interpretazione del proprio
percorso filosofico nell'iEsistenza e persona. Tomatis; “Escatologia della
negazione” (Roma, Città Nuova. cit. in: Roselena Di Napoli, Il male – cf.
Grice, “ill-will” --. Roma, Gregoriana, Tomatis. Altri saggi: “La filosofia
dell'esistenza” (Napoli, Loffredo); “L’esistenzialismo” (Firenze, Sansoni); “Esistenza
e persona” (Torino, Taylor); “L'estetica idealista del fascismo” (Torino,
Filosofia); “Fichte, Torino, Edizioni di «Filosofia); “Estetica. Teoria della
formatività, Torino, Filosofia); “Teoria dell'arte, Milano, Marzorati, I
problemi dell'estetica, Milano, Marzorati); “Conversazioni di estetica, Milano,
Mursia, Il pensiero etico” (Torino, Einaudi); “Verità e interpretazione,
Milano, Mursia); “L'esperienza artistica, Milano, Marzorati, Schelling, in Grande antologia filosofica, Milano,
Marzorati); “Filosofia, romanzo ed esperienza religiosa, Torino, Einaudi, La
filosofia e il problema del male, in Annuario filosofico, Filosofia
dell'interpretazione, Torino, Rosenberg); Kierkegaard e Pascal, Givone, Milano,
Mursia); “Filosofia della libertà, Genova, Melangolo); Ontologia della libertà.
Il male e la sofferenza, Torino, Einaudi. Le "Opere complete" sono
pubblicate a cura del "Centro studi filosofico-religiosi P.", Mursia,
Milano. Interviste principali Se muore il Dio della filosofia, Sbailò,
“Il Sabato”, anno Io, filosofo della libertà, Righetto, “Avvenire” Mario
Perniola, "Un'estetica dell'eccesso: Luigi Pareyson", in Rivista di
Estetica, Rosso, Ermeneutica come ontologia della libertà. Studio sulla teoria
dell'interpretazione di P., Milano, Vita e Pensiero, Francesco Russo, Esistenza
e libertà. Il pensiero di P., Roma, Armando, Furnari, I sentieri della libertà.
Milano, Guerini e associati, Chiara, L'iniziativa. Genova, il melangolo, Ciglia,
Ermeneutica e libertà, Roma, Bulzoni Editore, Tomatis, Ontologia del male, Roma,
Città Nuova Editrice, Ciancio, L’esistenzialismo, Milano, Mursia Editore, FTomatis, pareysoniana, Torino, Trauben Edizioni, Les
Cent du Millénaire, Aosta, Counseil régional de la Vallée d'Aoste et Musumeci
Éditeur, Conti, La verità nell'interpretazione. L'ontologia ermeneutica, Torino,
Trauben Edizioni, Pareyson. Vita,
filosofia,, Brescia, Morcelliana, Musaio,
Interpretare la persona. Sollecitazioni. Brescia, Editrice La Scuola, Palma
Sgreccia, Una filosofia della libertà e della sofferenza, Milano, Vita e
Pensiero, Bubbio, Coda, L'esistenza e il logos. Filosofia, esperienza
religiosa, rivelazione, Roma, Città Nuova Editrice, Bartoli, Filosofia del
diritto come ontologia della libertà. Formatività giuridica e personalità della
relazione, Roma, Nuova Cultura, Giudice, "Verità e interpretazione,” Atti
dell'Accademia peloritana dei Pericolanti, TreccaniEnciclopedie on line,
Istituto dell'Enciclopedia. Dizionario biografico degli italiani, Istituto
dell'Enciclopedia Italiana. BeWeb,
Conferenza Episcopale Italiana. Opere open
MLOL, Horizons Unlimited srl. Opere Dizionario di filosofia Centro studi
filosofico-religiosi P. Pubblicazioni e
critica Centro studi filosofico-religiosi orino. vita e pensiero
Gianmario Lucini, sito "filosofico.net". Luigi Pareyson. Pareyson.
Keywords: implicare ed interpretare, “Liberalismo, risorgimento, fascismo” – la
filosofia politica fascista, la morale fascista, Pareyson e Gentile, fascismo,
I saggi anonimi di Pareyson, ‘Liberalismo, risorgimento, fascismo’ ---- Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Pareyson” –
The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Parinetto: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale ed alchimia – la bucca del culo
– la scuola di Brescia -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Brescia). Filosofo italiano. Brescia,
Lombardia. Grice: “Parinetto implicates, “Are witches women?” “Sono donne le streghe?”
Grice: “The question may be rhetorical but it ain’t – since Italian allows for
“lo strego,” and “lo stregone.”” Ha
insegnato a Milano. Nella sua opera convergono tanto lo studio delle filosofie
orientali (fu traduttore del Tao Te Ching di Lao Tzu) che influenze di
pensatori sia classici, come (Eraclito, Nietzsche e Marx), sia contemporanei
della filosofia occidentale, quali Deleuze e Guattari. È considerato uno degli
interpreti eterodossi del marxismo. Particolarmente importanti sono state le
sue analisi sulle persecuzioni dei movimenti ereticali e sulla stregoneria, nella
cui repressione legge il tentativo di annichilimento di qualsiasi diversità
sociale da parte del potere (non solo religioso ma anche economico e culturale).
Ha contribuito, spesso, con queste sue analisi, alla comprensione
dell'emarginazione di tutte le istanze sociali e culturali minoritarie, non
solo del passato ma anche contemporanee. Altro tema centrale dell'opera è
l'alchimia, intesa come sapere contrapposto alla scienza moderna e volto alla
trasformazione dell'umano anziché del sociale. Ha anche una profonda cultura
musicale, tanto da essere stato collaboratore di “L'Eco di Brescia” come
recensionista. Fu anche collaboratore del periodico La Verità (organo della
federazione bresciana del PCI). È in via
di costruzione, presso la biblioteca di Chiari, la Fondazione Parinetto, che
raccoglie la sua vasta produzione. Saggi: “Alchimia e utopia, Pellicani”
(Mimesis); “Corpo e rivoluzione in Marx, Moizzi-contemporanea, Faust e Marx,
Pellicani” (Mimesis); “Gettare” (Mimesis); I Lumi e le streghe, Colibrì, “Marx:
sulla religione, La nuova Italia, “ Il ritorno del diavolo” (Mimesis,” La
rivolta del diavolo: Lutero, Müntzer e la rivolta dei contadini in Germania, Rusconi);
“La traversata delle streghe nei nomi e nei luoghi e altri saggi, Colobrì, “Magia
e ragione” Nuova Italia, Marx diverso
perverso, Unicopli, Marx e Shylock, Unicopli, Né dio né capitale” (Contemporanea,
“Nostra signora dialettica” Pellicani, Processo e morte di Bruno: i documenti, con un
saggio, Rusconi, Solilunio: erano donne le streghe?, Pellicani, Sulla
religione, Nuova Italia, Streghe e potere: il capitale e la persecuzione dei
diversi, Rusconi. Curatele e traduzioni Jakob Böhme, La vita sovrasensibile.
Dialogo tra un maestro e un discepolo, Mimesis, Bruno, La magia e le ligature,
Mimesis, Cusano, Il Dio nascosto, Mimesis, Dickinson, Dietro la porta, liriche scelte, Rusconi, Eraclito, Fuoco non
fuoco, tutti i frammenti, Mimesis, Rime sulla morte, Mimesis, Hegel e Hölderlin,
Eleusis, carteggio, Mimesis); Il teatro della verità. Massoneria, Utopia,
Verità, Mimesis, Angelus Silesius, L'altro io di dio, Mimesis, La via in cammino: Tao Te Ching, La vita (Felice,
Milano); Voltaire, Stupidità del cristianesimo, Stampa Alternativa, Vedi per
esempio Una polemica sulle streghe in Italia, riferimenti in. Vedi per esempio la recensione a I Lumi e le streghe Vedi di Renzo Baldo Cfr. Fondazione Micheletti Catalogo Emeroteca,
su //musil.bs. Movimenti ereticali medievali Stregoneria. Biografia da Nicoletta
poidimani Biografia da zam, su zam. Una
polemica sulle streghe in Italia -- nel
sito della ARFISAssociazione per Ricerca e Insegnamento di Filosofia e Storia. Parinetto.
Keywords: etymologia araba d’alchimia, processo e morte di Bruno, massoneria,
eretico, alienazione, la bucca del culo, anale, analita, il falo, il pene,
quando l’ano appare (da fece) – metafora – da fece in vece del falo, Bruno, de
magia, trattati di magia, processi a Bruno, gl’antichi romani, I corpo e la
revoluzione fascista – il veintennio fascista e l’analita -- Refs.: “Grice e
Parinetto” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Parisio:
la ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale di Cicerone – la
scuola di Figline Vegliaturo –la prammatica come retorica conversazionale –
Leech -- filosofia calabrese -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Figline Vegliaturo). Filosofo calabrese.
Filosofo italiano. Figline Vegliaturo, Cosenza, Calabria. Grice: “I like
Parisio; he focused on rhetoric, as every philosopher should!” Come molti filosofi italiani senza titolo nobiliario,
ha una vita errabonda. Dopo aver fatto un viaggio di studio a Corfù, ritorna in
patria dove apre una scuola. Si trasfere a Napoli dove ottenne cariche e favori
dal re Ferrandino. Risiede per qualche tempo a Roma per poi trasferirsi a
Milano dove sposa la figlia del filosofo CALCONDILA (si veda). Dopo aver
abitato a Vicenza, Padova e Venezia, torna a Cosenza, dove fonda l'accademia.
Recatosi a Roma, invitato da Leone X, vi insegna nell'accademia di Pomponio e nell'archiginnasio.
Rimame a Roma fino alla morte di Leone X, dopo di che ritorna definitivamente a
Cosenza. Saggi: ORAZIO Ars poetica, cum trium doctissimorum commentariis; Acronis,
Porphyrionis. Adiectæ sunt præterea doctissimæ Glareani adnotationes. Lugduni
veneo: a Philippo Rhomano); ORAZIO FOmnia poemata cum ratione carminum, et argumentis
vbique insertis, interpretibus Acrone, Porphyrione, Mancinello, necnon Iodoco
Badio Ascensio viris eruditissimis. Scoliisque Politiani, M. Sabellici, Coelij Rhodigini,
Pij, Criniti, Manutij, Bonfinis et Bononiensis nuper adiunctis. His nos præterea
annotationes doctissimorum Thylesij, Robortelli, atque Glareani apprime vtiles
addidimus; Sipontini libellus de metris odarum, Auctoris vita ex Crinito. Quæ
omnia longe politius, ac diligentius, quam hactenus excusa in lucem prodeunt; Index
copiosissimus omnium vocabulorum, quæ in toto opere animaduersione digna visa
sunt, Venezia: apud Bonelli, Claudianus, Claudianus De raptu Proserpinæ: omni
cura ac diligentia nuper impressus: in quo multa: quæ in aliis hactenus
deerant: ad studiosorum utilitatem: addita sunt: opus me Hercle aureum: ac
omnibus expetendum, Venezia: Lessona, Viani eRosso, Clausulæ, CICERONE ex
epistolis excerptæ familiaribus: ac in sua genera miro ordine digestæ: plenæ
frugis: et ad perducendos ad elegantiam stili pueros vtillimæ et recensuit et
approbauit, Vicenza: per Mariam eius. F., VALERIO MASSIMO Priscorum exemplorum
libri: diligenti castigatione emendati: aptissimisque figuris exculti: cum
laudatis Oliverii ac Theophili commentariis: Barbari: Merulæ: Sabellici:
Rhegii: multorumque præterea novis observationibus: indiceque mirifico per
ordinem literarum: ad inveniendas historias nuper excogitato: alteroque in usum
grammaticorum ad vocabula rerumque cognitionem, Venezia, Zanis de Portesio, Habes in hoc volumine
lector optime divina Lactantii Firmiani opera nuper accuratissime castigata: græco
integro adiuncto, eiusdem Epitome, carmen de Phœnice, Carmen de Resur. Domini. Habes etiam Chry. de
Eucha. quandam expositionem et in eandem materiam Lau. Vall. Sermonem habes
Phi. adhorationem ad Theodo. Et adversus gentes TERTULIANO Apologeticum, Venezia:
arte et impensis Tacuini fuit impressum,); “RHETORICÆ BREVIARIVM ab optimis
utriusque linguæ auctoribus excerptum; Liber de rebus per epistolam quæsitis. Tetrastichon de hoc P. alijsque quibus poetas
illustrauit libris., Adiuncta est Campani QVÆSTIO VIRGILIANA excudebat
Stephanus, illustris viri Fuggeri typographus, Andreotti, Storia dei cosentini,
Napoli, Marchese;Lepore, Per la biografia’ Biblion, Episcopo, Fondatore
dell'Accademia a Cosenza, Pellegrini, A. Frugiuele, Dubbi ed ipotesi sui suoi
natali, Il Letterato: rassegna di letteratura, arte, scuola fondata e diretta
da Pellegrini, Accademia di Cosenza, Treccani Dizionario biografico degl’italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Indice. A quibus primumd C inventa RHETORICA
et celebrata; qualis primu apud athenienses eloquentia e usus ac stadium; QVALE
PRIMV APVD ROMANOS; quid sit rhetorica, quid inter rhetorica et Dialectice
AnFSietoricaiitars, quod utilis sit rhetorica; sit 'nc ars necessaria; Quæ præftarc
oporteat rhetorica; Quales eifedel eant rhetoriesecan didati quæ fdre eos
oporteat ti»it; quod sit officium rhetoricæ; quid inter oficium dC finem; quis rhetoricæ finis; quæ
materia; De civilib quad faonibus, SC earuhi generibius; De circunstanda quæ facithypOi»,
the fim; De tribus generibus causar; partes RHETORICÆ qumqi; De inventione. Zo;
Qufco trover fiæno confidat zi 4z De constitutione zz»4 Quod sint costitutioncs,
etquf; De statu comecdurah de datu definitivo, de datu generali, de datu translativo
ex plurib conditutionibus quomcH do prmdpale quis inuemat quæ causa dmplexfit
iuneda quæ con^ zp.do, de quæstione, ratione, indicatione et argumento, PARTES
ORATIONIS; de genere deliberativo; genus demonsratiuunit; genus iudiciale. Figlio
da Tommaso, giureconsulto e consigliere del senato napoletano, e Pellegrina
Poerio. Ha come primo mæstro Pedacio, che lo avvia alla conoscenza del latino.
Si trasfere a Lecce, dove il padre e stato nominato governatore, e intraprese
lo studio del greco sotto la guida diStiso. Si reca Corfù per frequentare la
scuola di Mosco, dove perfeziona la conoscenza del greco. Rientrato a
Cosenza, frequenta le lezioni di Acciarini. Ha certamente una formazione
giuridica, sollecitata dal padre, di cui resta traccia nel VOCABOLARIO LEGALE, Napoli,
Biblioteca, un elenco alfabetico di quesiti giuridici tratti dai giureconsulti romani
antichi. Ma l’interesse per il diritto e le istituzioni politiche antiche deriva
a P. anche dalla frequentazione di Pucci, allievo di Poliziano a Firenze,
attivo a Napoli. Si trasfere a Napoli ma i suoi contatti con Pucci e con
l’ambiente culturale napoletano risalivano a qualche anno prima. Invitato a
tenere lezioni sulle “Silvæ” di STAZIO (si veda) e nell’occasione pronuncia
l’orazione “Ad patricios neapolitanos”, nella quale elogia Pontano. Alla
frequentazione dell’ambiente pontaniano risale probabilmente l’adozione del
nome latino. Nominato da Ferdinando I d’Aragona mæstro di camera e ricopre
incarichi nella cittadina calabrese di Taverna e a Lecce. E in rapporti di
amicizia con Ferdinando II (Ferrandino), come evidenziano una lettera a lui
indirizzata e l’epicedio in versi per la morte della madre, Ippolita Sforza. È
probabile che segue Ferrandino nella fuga da Napoli occupata da Carlo VIII e
poi nella riconquista del Regno. Dopo la morte di Ferrandino e la salita al
trono di Federico I si trova coinvolto in intrighi di corte e prefere abbandonare
Napoli per trasferirsi a Roma. Arrivato a Roma
segue le ultime lezioni di Leto e si lega ad Inghirami, che gli fa assegnare
l’insegnamento di oratoria nello studio romano. In seguito all’uccisione di due
suoi allievi, implicati nelle trame che accompagnarono il pontificato di
Alessandro VI, decide di abbandonare Roma e di trasferirsi a Milano. Nella
città lombarda trova alloggio e occupazione nella scuola di Minuziano. Collabora
ad alcune edizioni date alle stampe da Minuziano e scrisse epigrammi contro due
suoi avversari, Ferrari, docente di eloquenza nella scuola milanese, e il corso
Nauta. Si trasfere presso Cotta, che gli da l’opportunità di aprire una scuola
propria e che forma con lui un sodalizio editoriale. L’allontanamento da
Minuziano provoca polemiche e scambi d’accuse, di cui danno testimonianza le
tre orazioni di P. in Alexandrum
Minutianum. Sposa la figlia di CALCONDILA, che insegna greco a Milano. Sono
allievi di P. a Milano, oltre a COTTA (si veda), anche il figlio di Demetrio,
Teofilo CALCONDILA, Alciato, Giovio, che scrive su biografia nei suoi Elogia, e
il figlio di Poncher, vescovo parigino all’epoca presidente del senato
milanese. E grazie a Poncher che ottenne la cattedra di eloquenza lasciata
vacante da Ferrari, fuggito da Milano dopo la caduta di Ludovico. La polemica
con Minuziano, dopo una temporanea riconciliazione, si riaccese in un contesto
politico meno favorevole a lui, in seguito alla sostituzione di Poncher con
Charles. A quest’ultimo Minuziano dedica l’edizione di LIVIO data alle stampe, per la quale P. accusa l’avversario di aver
plagiato le proprie lezioni su questo autore. La polemica degenera in una
campagna denigratoria nella quale Minuziano e affiancato da Ferrari, rientrato
a Milano, Nauta e Panato da Lodi. Replica sotto lo pseudonimo di Furius Vallus
Echinate in un opuscolo stampato a Legnano da Giacomo assieme con la ri-edizione
del commento a Claudiano. Oggetto anche di un’aggressione fisica accetta
l’offerta di Trissino, allievo di Calcondila e si trasfere a Vicenza. Pubblica numerosi
saggi: il commento al De raptu Prosperpinæ di Claudiano; i carmi di Prudenzio e
il Carmen Paschale di Sedulio, ambedue nella tipografia di Signere e con il
contributo dei Cotta. Ancora presso Scinzenzeler e con una prefazione di Cotta,
il “DE VIRIS ILLVSTRIBVS VRBIS ROMAÆ, una delle compilazioni tardo-antiche
trasmesse sotto il nome di Aurelio Vittore, che attribue a Cornelio Nepote. -- Minuziano
pubblica lo stesso testo fra le opere di SVETONIO -- il “Libellus de regionibus
urbis Romæ, Scinzenzeler, una versione interpolata della Notitia regionum urbis
Romæ, che attribusce a un inesistente Publio Vittore. Le iniziative editoriali sono
accompagnate dalla ricerca di codici antichi. Nell’edizione di Sedulio dichiara
di aver utilizzato un antico codice scoperto in un monastero. A un codice di P.
fa riferimento Calcondila nell’edizione
di Valerio Massimo a Legnano da Giacomo con commenti dello stesso P. e di
altri. Riusce a impadronirsi anche di alcuni dei manoscritti bobbiesi scoperti
da Merula oggi nella Biblioteca nazionale di Napoli: i codici latini utilizzati
per le edizioni di testi grammaticali di PROBO e altri autori pubblicate a
Milano da Scinzenzeler e Vicenza da Zeno,
e il codice contenente l’“Ars grammatica” di CARISIO (si veda), pubblicata da Ciminio
a Napoli per Sultzbach. Questi tre codici sono oggi custoditi nella Biblioteca di
Napoli. L’attività editoriale prosegue a Vicenza, con la collaborazione della
tipografia dei Ca’ Zeno. Pubblica una raccolta di CLAUSULE CICERONIANE tratte
dalle familiari, un manuale di retorica e la citata raccolta grammaticale. Non
fa in tempo a pubblicare il De rebus per epistolam quæsitis, una raccolta di
notazioni filologiche in forma epistolare incominciata a Milano e a cui da
forma editoriale a Vicenza. Il suo nome si legge anche nell’edizione di
Lattanzio stampata a Venezia da Tacuino, ma non è chiaro se egli abbia
realmente contributo a questa edizione. Le sue note all’Eneide (VIRGILIO) sono
inclusi nell’edizione virgiliana stampata nel a Milano da Scinzenzeler.
Arrivato a Vicenza pronuncia Ad municipium Vicentinum, e tenne corsi. E ad
Abano, per curare la podagra di cui soffre. In seguito alle vicende seguite
alla sconfitta di Venezia ad Agnadello si trasfere dapprima a Padova e poi
Venezia, ospite da Michiel. Vaglia la proposta di insegnamento offertagli dalla
città di Lucca, ma qualche mese dopo prefere abbandonare Venezia per la
Calabria, dove arriva dopo una sosta di alcuni mesi a Napoli, dove e accolto da
Seripando e da altri sodali dell’Accademia Pontaniana. All’attività svolta a
Cosenza viene fatta risalire quella che in seguito e denominata l’Accademia di
Cosenza. Insegna ad Aiello, quale precettore dei figli del conte Siscari. Nella
scuola di Taverna tenne corsi su Plauto e sui grammatici. E a Pietramala, dove
apprese dal cognato Calcondila che Leone X gli assegna un incarico di
insegnamento presso lo studio romano -- oltre a Calcondila, l’incarico e stato
raccomandato al pontefice da Inghirami e Lascari. Arrivato a Roma tenne i corsi. Ottenne da Leone X la dispensa
dall’insegnamento e una pensione. Progetta di trasferirsi a Napoli, grazie a un
legato d’Aragona, ma le precarie condizioni di salute lo indussero a
raggiungere Cosenza, dove muore. Oltre all’edizione carisiana di Ciminio, anche
altri pubblicarono inediti di P.. Suo figlio da alle stampe a Napoli le lettere
inviategli dal mæstro, ma la stampa è attualmente irreperibile. Ne resta una
copia manoscritta nel codice della Biblioteca dei girolamini di Napoli. Martirano
pubblica a Napoli per Sultzbach il suo commento all’Ars poetica di ORAZIO. Il
De rebus per epistolam quæsitis e pubblicato da Estienne, che nella prefazione lo
presenta come il maggiore umanista della recente generazione, un giudizio
ripetuto ancora da Sabbadini. Vennero date alle stampe anche le sue esegesi all’Eroides,
a Venezia, per Tacuino, le Metamorfosi di Ovidio, e la Pro Milone di CICERONE.
Lascia in eredità a Seripando l’ingente biblioteca. Essa conta fra codici e libri,
molti con annotazioni dell’umanista. Seripando li lascia in eredità al
fratello, il cardinale Girolamo. La biblioteca passa poi al convento napoletano
di S. Giovanni in Carbonara, subendo perdite e dispersioni. Il nucleo più
consistente è conservato nella Biblioteca nazionale di Napoli. Parte degli
inediti di P. -- lettere, orazioni, prolusioni -- sono stati pubblicato da
Iannelli e Parco. Il De rebus per epistolam quæsitis, cur. Ferreri, Roma. Fonti
e Bibl.: Iannelli, De vita et scriptis P. Commentarius, Napoli; Parco, Studio
biografico-critico, Vasto; Sabbadini, Le scoperte dei codici latini, Firenze, passim;
Parco, P. e Alciato, Archivio storico lombardo; Due orazioni nuziali inedite, Messina;
Lepore, Per la biografia, Biblion; Ferrari, Le scoperte a Bobbio in Italia
medievale e umanistica, Manfredini,
L’inventario della sua biblioteca, Rendiconti dell’Accademia di Architettura,
lettere e belle arti di Napoli; Tristano, La biblioteca di un umanista
calabrese, Manziana, Lauletta, Un
inedito: la Præfatio in Flaccum, in AION, Sezione filologico letteraria; Munzi,
Prassi didattica e critica del testo in alcune prolusioni inedite, in Studi
umanistici piceni, P., cur. Rosa et al., Napoli, P., cur. di Abbamonte et al.,
in AION, Sezione filologico letteraria, Paladini, Appunti su P. mæstro, in
Vichiana, P., cur. Abbamonte et al., in AION, Sezione filologico letteraria, Pattini,
Preliminari per un’edizione del commento di P. alla Poetica di Orazio in
Filologia e critica, L. Ferreri, L’influenza di Pucci nella sua formazione in
Valla a Napoli, a cura di Santoro, Pisa. P. NEAPOLITANI VIRI CTISSIMI
RHETORICÆ Compendium AQVIBVS PRIMVM ET IN uenta RHETORICA celebrata
Rhetorics toresyqta leges tulerunt, tllm pnmt creduntur
exercuifjeieaque duce feros animos essecisse patientes societatis, cœtus, Winc
ex observatione, quum queere£ta, qu re ry non videbantur Marte
etiam geni I f genitus populus, tansim defidice
altricem rejpuebant et quia a Græcis petenda eratf gre ferebant ah
illis quicquam accipere : indignum putantes, quos armis rerunuy gloria
uicif fentydiqua tamen in re fateri superiores. Vnde fi ^ui Uteros
callebant Gracas, magna eas industria disimulabant, ne apud suos cives
autoritate imminuerent. Paulatim tame utilis hone/ia^ apparuitt primus L . Plocius G alius, fub ipfi U Crafft
extremis temporibus, eo ipfo die quo Vd lenus Catullus natus est, docere
eam LATINE cce pittad quem ingens concursus. Ægre ferebat CICERONE, non idem
sibi liceret quod doSiifiimoru autoritate teneretur, qui extimarent, Græcis exercitationibus
ali melius ingenia posse, LJtin de Voltacilius, q Gn. Pompeiu docuit, primus
hbertinoru hisioria no nisi ab honestissiimis traftrfr/ folitam scribere aufus
cfi, RHETORICA artem professus eUitantuml brevi interieSio tempore sumpsit
incrementi, ut CICERONE iam finior, cum Hircio et Pansa grandibus
pr RHETORICA nulla pæcepu ab autonhus descripta funti vel quod nulla
materia diRans ah humanis rebus excogitari poteB, qua in aliquo ex tri
hus generibus propria rhetorica aliqua falte ex parte non cadati vel quia
qua degena ali dicenda ent, ex propria praceptis facile mtelligi pofpnt.
Hanc igitur propriam ex sententia M. Tullij breviter circuscripte
definiamus- partem esse civilis scientia, id est POLITICA, civilis autem
rationis una pars eR-, qua in opere fine tu- ^ multui altera-) qua in quastionibus
hteque cofiftit cuius magna et ampla pars artificiosa ELOQUENTIA ayiT inter
rhetoricam 8 dialecticam. E t quonia d^aleRica cognata putat LIZIO Syage si
lubet qd inter se differat in spictamus. Nofttm eR illud Zenonis, qui
manu prolata utriusque vim expressit. amba enim ad unum fere
eundemque; finem argumentationes reperiuntinec secum, sed ad alios agunt, sola
ex omnibus scientis, de contrariis ratiocinantur neu tra
determinata quapiam re, quomodo se habeat scientia eR: sed facultates
quada funt invenien- darurationU, hinc idm quaft hÆt
fubieSiu^^ut ^ft diiddisy neutr i perfeSie fcictU cfje duum certum
proprium fuhieShum mdlu ha\ he^leorjum. Sed tiwie D Ule6ticofitione longe ab
illius diuersa, contenta eR, acciditq; dialectico, ut apparenti syllogijrno uti
nequeat: fit enim fiam ed uillator, si eum prudens elegerit. At oratori
tam eo quod eR, quam quod apparet, uti permtssum eC: dum tamen per juadeat,
ad quodunum omnis nititur ARS ORATORIA, AN RHETORICA SIT ars
E St alia inter eruditos cotroversia, fu ne ars rhetorica: fuosi habet
quceque fin tetia acerrimos defensores, tantis animis non nulli ex artiu
numero eam explodunt, ut ne coid tijs quidem scriptis in eam calumniis
temperd rinttillis maxime nisi argumentis, quodars reru fit qiue friuntur,
rhetorica opinionibus conflet no scientia tnec cognitis penitus
perfjpeCtis rebus, et nunqfallentibus, ad unum finem fj eCia tibus
cotineatur, ut nec semper veris agatidua semper sint cause ut necesse sit
altera falsum tu A 5 ni tO rri.Addm et illud, ob umadt Siiomsgenerdad
mdgire popularem sensum iccomoitnda, nui Um irteefje poffe,At^id po Rremo
ohijdut,ca put totius rhetoricæ e^e dicere: quod ipsum arte tradi
non poteh, Ad c^uæ singula ne articuktim occurramus, in causa nobis e Quintilianus,
qui libro secundo omnes sententias confutando, eo rem deduxit, ut
artem esse crate usurpatum: Qjw in re clarus quif^ efi, ht ea fe
exerceat, diei partem illi plurimam im-^ fy pendat, utipfefe fuperk. G
audeat, fi ad doShrinam provocetur: nec turpe putet docere alios, id quod
ipsis fuerit difeere hone iijiimum, meminerit tit tmcn virginem esse
inuSim eloquentUmj nec turpi lucdlo proflituendam, tuncque laborum eloqucntt
juormfruEtum fat rm um capere Je fiat, quum occasionem adipifcitur publicandi
qu. rit, non doceat: nec ingenia melius ahjs uacatuta, detineat atque obruat.
quibus deliramentis plenos ij»n tunc esse grammaticorum
cemmentarioi tO tortos, conquerebamur Seneca et Quimilianus, Exerceat postremo
difcetes, inflet, molejius fit potejlatemque adipipendce rhetoricte non
minus in di fcemium, quam docentium dm^entiojoliett
datconfijiere, aVALES ESSE DEBEANT Rhetori cf candidad. A Ge
nunc uici im, quales efje debeant Rhetoricit candidati, inf^iciamus neque
enim ex omni ligno fit Mercurius. Mali nihil m ea proficienucum quia mens
uitijs occupata, pid cherrimi operis jiudio vacare non potefh tum
quia omnem malum, /lultum esse oportet, Mti autem iudicio carent et
confiiiotquibus maxime nititur ars rhetorica, nam ut caterarum rerum, sic etiam
ELOQUENTIÆ FVNDAMENTVM [cf. G. N. Leech on H. P. Grice, IMPLICATURE AS
CONVERSATIONAL RHETORIC] efi fa- pentia, Sit liberaliter inftitutus, bonis
corvoris ap tbryne, prime ornatus i?hry nem meretricem Athenienses prudentissimi
eloquetissimique, no tam Kyperi dis oratione, qiMnqud admirabili,
petfuap, quam uifo eius peSiore (quod speciofiflmum, diauStd ibiades
ue Ænt^erm) apfoluer Hnu AlctbUdeSi cui R*P. relji>onfo Apollinis,
tanqtmmfortif^imo Gra eorum flatwtm in comitio erexit, populum
Athetiienfem pulchritudine poti^ime habuit fihi ofcnoxium. Nec mirum, fi illi
populo placent, quos eximia j^ecie natura donare dignata e: quum
credatur ccele/lis animus in corpus venturus, dignum prius fibi metari
hofhitium uel quo e- nent, pro halitu suo sibi jingere habitaculum,
unde aliud ex altero crefeat: esr quum se pariter iunxerint, utraque
maiora fint. Vtcunque, fatis conRat, mirum esse
quantum atice forma maie flasque corporis sibi conciliet. Dotibus idem
animi fit infhruSius, filiis qua ingenerantur appellantur non uoluntariat ut
docilitas, memoria, quaf e omnia appellantur uno ingenii nomine: filiis, qua in
voluntate posita, proprio nomine virtutes dicuntur Ante omnia tamen
ingenio opus est: quodquibufdam animi atque ingentj motibus eget ORATIO, qui ad
excogitandum acuti, ad explicandum omandumque uberes, et ad
memoriam firmi fiint (dtuturm magnamque IN ORATIONE pofiident artem facetia,
lepores, lacef- findirej ondendique celeritas, ubtii URBANITATE B 3
coniuttSia: tl conimSi: qu Nec minor dijfensio eflin eius materia
i illis ORATIONEM, abjs argumenta perluaji hdja, ciuilesabjs qucestiones
jiatuentibus Noiy de ea INTER OPTIMOS convenvtt, aperimusi t prius
quid sit ipsa materia oRenderimus^Ejl enim materia, in qua omnis ars, ea
facultas qiue conficitur ex arte, versatur, ut ergo medici
nauulnerOy morbU fic rhetoricæ omnes res quacunque oratori ad dicendum fubieSla
funt materia appellatur. Nec obflat, quod fi deornni tus rebus dicat,
propriam ergo non habeat mato rianhfcd multiplicem: quum alia quoque
artei VtatedaH mino DE CIVILIBVS QVÆSTI- iv onibus, Sacarum
gencru -r bus, Solent autem res oratori fuhieBa cendum
d plerifque (^uMones ciuiles appellari: quod non omnia quk‘. pofhefitn
uocant. 1« hdc genercttim Jiquid ftueritHT, ut ExpetemU ne fmt literæ .
\n iU (t definitcejunt perfonce C'onfiituti cum ad uerfario
confligendum, ubi rei dominus (qui fie pe alienus, sepe immicus eR ) quasi
machinatio ne quadam, nunc ad iram, odtum, triRiciam, ht^ ticiam, fexcenta
opposita, eR detorquendustillk magnum eR opus, et, ut inquit CICERONE, nescio
m de humanis operibus longe maximum DE CIRCVMSTANTIA, QJTAB sed hypothesim. Nunc
quoniam thefim ab hypothesi se perauimus, et quomodo qvæstione uti
de beat orator oRendimus: reliquum eji, ut quid sit quod hypothesim
faciat, demonRremus, ER enim rerum quell ere, auieqHid sit, enumeratione
facilius quam definitione æprchendttUK Sunt autem eius partes lex Quarum
coniunctiio onat. ELOCUTIO, (]ua IDONEA VERBA SENTENTIAS inventionibus
dijhofitts accomodamus. MemorUyquie rerum verborumque ^fida efl custodia.
PRONUNCIATIO, quicej e, in quas speæs dividantur. Ermagora,
quo duce po ttj?ima rhetorum pars usa est, quatuor modis fienajjerit: per
cequale, unicu, sine circunstantia, modi 4« inexplicahtle. Æquale e/i,
quum eadem ex utra- t que parte dicuntur: ut, Dj(o adolescentes vicini
f ormo fas uxores habebant, noSiuobutamfa£H media uia, accufant Jeinurcem adulterij,
Vntcu, t quum ex una parte tantum con/iat, ex altera nihil affertur: ut
Leno, qua parte sciebat venturos adolescentes, foueam fecit, quailli pertere,Smr circumstantia,
quum aliquid deeH in qtueflionei quod faciat causam: ut, ¥iliumpater
abdicat, neq; ulla additur causa abdicationis, Inexplicabile (fi, quum
ludex hæret impeditus, nec f nem iu dictj uidet ullum lUtLexeH,
feptemiudicesde: reo cognofeant, maioris partis fententia fanSia fit, duo
quendam abfoluunt, duo pecunia mul- Siant, tres capitis condemnant: rapitur ad
pee-iiam, contradicit. \t€m, Alex ander in somnijs admonetur nonejfe credendum somnos,
Plura de- / tndf 44 ff wde oh ferumtpoftmtas
cmofior,nm Con nertihile id affelUtur^ qtmm tota a£do conuerti twr a
litigantiusmcutn^ fuis prioribus utitur rd tiomhu Syfrladunlarij .
hocmodo i Exigebatqtur dm A amico pecuniam cum ufura, quafi credi f
i tamto fferebatilklineufuraj quasi depositim, lnterim lex fertur denotas
tAults: petit creditor tanquam depofitamyrtegat debitor tanquam
credi € tS, Non uerijimile ecquod contra opinione dici . turtut fi CATONE
ambitus accufetur.quodtame ft m caute agatur, haud procul ahefi quin
cmfiftat 7 Jmpofme eR^quum id dicitur quod fit contra re rum
naturcefidm; ut si infantem accusemus adulterii, quod cum uxore cuharit aliena
.Turpe quod omninoreijcitur: utfiuir precium pojcat ^adulterij.Sine
colore efi, quum nulla caufa faSH inuenitur: ut decemmilites belli
tempore fibipol’- Cdcofyfid hces amputauerut,reifunt LtftreipuhUc4e.
Sunt ta. f^alue IpecieSyqtutcacojy Ratayi defi male consistentia
appellantur ut aticum, quum aut ali quiserrorinhi Roria^yautinquams ex circunfiantijs.Impenfum,
quum penes unum omnis iudicijuis eftyparumq^mer habet in quo dicendo
Iere a ir, Pr iunguntur: et fic accufatur
faailegus,utfur etia dicatur efje. In tranfuttm uero, uno tantum accusarnus
crimine, sive illo quod intendimus, fi-ueillo ad duod reus tranfferri poHulat
aSiio nem. Sed hcec multarum fitnt nundinarum, qtue non una disceptatione
pofiint ab soluL Sum-ma tamen h^c fit, expedire dificentibus quadripartita
fieri diuifionhuel qafacdior fit,uel quod defendendaru caujaru ratio id
exigere utietur, ut primo si pote fi negemus, proxime si non id obijctturfaSiu
afferamus, tertio (qua defensio e honefiifitmdjfi reBefaSiu cotendamus. quco
fideficiut, una fuperefi falus, aliquo iurisadiutorio elabendi d criminei quod fit
per translatione [DE STATV CONIECTV] ralu C Onk^iuralis autem fiatus, quod
incerta conieSittris Juj iciomhus indaget, di- D yo
‘, £}us:re a nonnullis nono uerho, nc nefch m LdUno, mutus f
quod meo uideatur utrum maSia fit: tumfit-, quum quod ah uno
obijciturf alter pernegat. nec folumfaiium, sed et aiSium, qucerit: poteflq;in
omnia tempora Sflrihui. De prceterito enim conijcimus, An fenatores
Romn Ium occiderintide prcefenti, Bono ne animo erga Tullum fit Metiuside
futuro, Num fi Alba no diruatur, Miquid incommodi ad Romanos Jit
per venturum. In his omnibus agit conieSiura^eafic AB ALIQVO
MANIFESTO SIGNO, quod lege moribus f liceat, nec necefarto rem arguat. Ac
(utapei: tius agamus) fex eiufmodi objeruantur. aut emm defa6lo
tantum, non de perfona conflat: aut æ persona conflat, non defaSio: aut de de utroque non
conflat :aut fi defaSio, de uoluntate no con flat: aut quum de re ipfa quæritur,
non dtfaSio /diquo, an aliquid fuerit illud de quoefl qute^tiot 4Ut
mutua eflaccufatio., PE STATV DEFINITIVO, D Uflnmu€tiam commodum aliquod
-i afferimus. c? O X m i Genus. fZ
de statv generaliJ A t quum quid faShtm i quo nomine appellari
debeat convenitiet tme quan tum, e^r cuiufmodi, et omnino fine ulk
nominis cotrouerfia quale fit qu tetnpus: illa, pdicet negocialiSj
iudicial pnetmtmqi rejpiciant, ut fuo loco demonstrahitur.Age uero nunc
iuridicialem, cuius controversia ex re iam faSla proficiJcitur,inlj>icidmus:
negocialem poji paulo traSiaturi In iuridickli luxiiicialU, aut
reusfeciffe quippiant, quod uetitum fit^fatetunaut uetitum negat* ft negat, abaoluta
ejl iuri- lam, af-, Absoluta duobus jit modis, faSti qualitate et iuris
ratiocinatione. FaSli qualitas eji, cum ofiendir i mus nihil nos fecijp
pemiciofum.lurb ratiocm'. tio modis fit quatuor.lege,ut occidit
filiuindem natum quis: licet id lege, more, ut apud Scythas sexagenarij
e pontibus mittutur, Athenis id Scytha fecit, tuetur fe more gentis fu
Vietatioeri minis. Remotio criminis con^itutio, quatuor locis dividiturt
comparatioh ite, relatione criminis, remotione criminis, concejione,
Comparatio fit, qumfaSia compenftntur, aut maiori incommodo prolj^e^lurtt
efje contendimus, aut deliSlo meritum comparamus: comparaturque; id quod in
crimen vocatur ad id quo fe reus profriffe afjerit, ut quidam mu, ro
ciuiMis deturbato hofles fugavit, reus efl Itt fe rei publicte .lbi
comparatio efl^ quod enim mu rosdeiecit,uideturl trem, eir Mfione m
Clodium, At fi non in eum qui paffus e^i,fed in alium,uel aliudcrimen
tranffertur,tunc remotio criminis appellaturiut de eo qui porcam tenuit in
fcedere cum Numantinis, unde remotio criminis duobus modis con/iat:
fi aut causam in alium tranfferamus, aut falsum: vel si in perfonm
remonemus, aut in rem, ut pu tdtuH partibus in- jj>e6iis,
legitimam confideremus. Efl autem le Legitima conRitutio, quum ex scripto
controuersia nafcituriin funt in legitima confitutione, quod fi ex
plunbus [criptis controuerfia ndfcatur, contra md de TranflationeaSiionis
sit omnis controversiam enim ah alio nos accufari debere dici musyoutnon
nos^aut non apnd hos, aut non had lege, non hoc cfimine non hac pcena uel
æte ris id genus. Illud tamen animadvertendum iit Translatione quod aut
omnino de commutatione ali 4 Tranfidtia undefiat^'-t
4p huj; eds partes feantur, suas pnefcripfimusSe quU
iks principales, alus incidentes esse diximus, lUud multos IMPLICITOS hahetyjTi
plures tus in causa inueniantur quem potilsimum eligamus, quem'ue
principalem ejje iudicemusf H«ic jcrupulo facile occurri per nos poterit,
fi illud imprimir observauerimus, quid fit quod comprehendat, quidue fit
quod comprehendatur qui Trutcipdlis enim alteru in fe habuerit, is
erit principalis: qui uero quafi membrum accefferit, incidens erit
is Incidens, iudicandus, huius proprium e^l, confirmire
principalem. Qupd fi neuter comprehendatur, tunc
principalis cenfendus, qui imperarit: incidens, qui seruierit. Si vero
nujqua aut feruire aut comprehendi Ratus uHusapp^erit, tucuterque prin- Copiexm
efiappellandusieao; controversia, quonu controver J I a i duos m fe plures
ue status mpleqti^, cpmplexi Uanominatur [QJTÆ CAVSA SIMPLEX SIT] qu 2 c conmntfla. Atque vel ob
hanc rem poti fimum statim caufa difeutienda efl,fimplex'ne fit tn
comund^inet^enim eadem utriuf^ efl ratig. quoniam St quonim multum
intereR, utrum de unare an Se plurihus agatur. Simplex, ahfoiutam
continet qvæstionem, at ConiunSla,aut ex pluribus quce Co/«'w^
/lionibus iunSiæfttut quum Verres accufatUTi quodmulta furatus fit, quod
CIVES ROMANOS nei carit, quod peculatu commi ferit, autft ex com
paratione, quum quid poti fimum sit consideratunut utrum Cicero accufet, uelC(ecdius.qu(t,
cause cognitio maximo efi adiumento ad constitutionem inveniendam,
DE genere caufe, conftitutione ip utrum causa fimplex fit an
coniun6iainj e6iis, qvæstio, ratio, iudicatio, firmamentumque sunt eognofeenda nam
defaipti& rationis controversia fatis efi; a nobis eo loco de
monfhratum,ubi de generali egunus confiitutione, C^ipnem autem quum
dicimusffummam illam in qua caufa uertitur,intelligi uolumust - Sunt enim
pleraque minores exfummis dependentes,quasj cialia nonnulli capita appelknt
quum Mum fummas dias, generalia nominauerint est. QB^o ergo auaftio hcec,
materia, quce ex intentione. fmma. depulfione nafcituriut, Oreflesmatremiure
fe ocadiffe att:qi{^efiio,an iure occiderit » Subfe tquitur ratio,
qtue caufam continetiquia quodfa^ ciu efje confiat, j^er eam defenditur .
ut, Occidi matrem, quia patrem illa meum necauerat ex qua ratione
necejfead iudicationem peruenitur qu eloquentiæ lumi moftendenda,
licet Theophrasto refragrante GENVS DEMONSTRATIVVM D Emoflratiutgeneris præcepta
dare, funt qui minime neceffarium effe arhitren, tur: quoduixcenfeatur
quifqua effe qui nefciaty, quæfmt in homine laudanda.cum tamen mu
fu. jit cottidiano,eoqs tandem excreueriti principi- PUS doRorum
consilia afpemantihus, pefimoque dicendi genere in iudicijs induSlo, ut
fere folum hodie materiam præftet oratoribus : non erit ah, f hnnc
iplim etiam locum ddigeittius tradam E 4 uerimuSy yl uerims. Eiusfirtem
honefium effe diximus, fiue enim qumquam laudamus, fiueuituperamus,
id quod dicimus honefium effe contendimus. Nam fyoneRum bonum eR,
ideo ergo laudatio, etpotipima, d uirtutis dehetfon te proficifci,
fine qua nihil laudari poteji Eam
in quatuor lædes iferefapientesi in pruden- Virtutum tiam, Mittam,
temperantiam, fortitudinem, praclara omnes quidem, et qua mutuis
adiuuen tur auxilijstaptiores tamen quadam ad laudationem,Si enim uirtus
benefaciendi quada uis e certe eas partes qua plurimum conferunthomimhus, maximas
effe oportet^unde iustitia for titudoiucundij^ima in laudationibus, qua
domi foris^pra^o fint, nec tam pofiidentibus quam generi humano
fruSluofe putentur: prudentia vero, ac temperantia, tenues ac pro nihilo
exi/H, mantur, iungenda tamen fiunt omnestquod non minus fape moueant
mirabilia, quam iucunda ata, Et quoniam singularum virtutum quada sunt
partes et tcia, propterea euagandum e, habet enim in fe Prudentia
memoriam, inteUigen ttdm, prouidentiam: fortitudo, perseverantiam y
patientiam, fidentiam, magnifitentia: iustitia, re E
Ugfonmp Ugionem, pietatm, ohferumim, veritatem, uIti enem:
Temperantia vero continentiam, clemen tiam, modelham compleSiitur His
omnibus fuo ordine resgems accommodare, no tamglo- riosum quam
difficile ludicatur, Optimu aute mrtutum condimenta, quod ornati fime
dici facillime audiri po f it, fmper eji exiftimatum, si aliquid
magno labore ac periculo fine aliquo emo Jumento pramwuefaSium oRendatur
. ea enim pneflantis ejje uiri uirtus cenfetur, qu^efruSiuo fa
altjs,ipfi autem lahoriofa, aut periculosa, vel certe gratuita fit. Etne
virtutum tantummodo partibus immoremur, magna fylua oritur laudationum, ex
hominum vita, deque; his qua cottidie in ea emerguntt ut sunt illa omnia
quibus pramia sunt propofna, femperqs in pramijs honor pecunia proponitur,
Commendantur quamor- tuos magis confequuntur, quam uiuosine fui gratia quenquam
aliquid facere arbitremur, Nec minus soletU celebrari, qua egifje nullus efi
metus, neq; pudor: quemadmodu fertur Alceo Sappho responde Monimenta
item, publica laudationes, in d unShs potifintum, magnam faciunt
adgdmtationmiquMquam liiudis fiunt gratia, nec nobis, fed altjs
utilitati funu rafertim bene meri tis. S unt etiam morerconfuetudinesq-
earum gen tium,apud quas laudamus, cottfiderand con^at.qui pe des
uelociteragit,curfor:qui premere poteji, retinere,luSlator:qui pulftndo
pellere,pugil:qui utrumc^ hoc, id eft retinere ^ premere pote/l,
pancratiafiestqui omnia fimul, pentathlus. Magna fane junt hac cum geRu, tum
ffe^atu bo- na.fed nifi externis illis, id e^ fortuna bonis, op
timis ad felicitate infhrumentis,adiuuentur, man ca reddetur felicitas,et
qua undecuq^ laudari no potefl.Vnde non mediocris laus ex fortuna
to- nisderiuatur.ea funt nobilitas, liberi, amicitia,
glonOf ghria, honor, eSr qtce fequttnttfr,Nohilitas,0'
duitatis f/l, •jamilice Alla uetu^ate, libeitatey feliatate,
rehuscj^geflis commendatmhac^illis ipfis rehus, uiris etiam ac
mulieribus, uirtute aut Jiuitijs,aut alia re laudata claris, legitimisly
nata lihus celebratur. Uberi magno funt ornamento, fi multi funt,
fi (ut uno completior uerbo) boni mares ultra corporis bona, temperantia
placent, t fortitudine‘ fixminie, forma, proceritate, pudicitia,
lanificio, Amicitia multorum bonorum expetutunqua bona fore amico putent, propter
ipsium amicu agant, Diuitia nummis, agris,pra dtjs, fupelle 6
iili,mancipijs, armentisq; continen tur: multitudine, magnitudine,
pulchntudine, ex ceUentialaudantwr, eafirma, amoena, utiliaq^ef- fe
debent. Gloria datur, haberi in precio, putari id conjecutum, quod uel plures
uel boni pru dentes dejtderent. gloria diti fimos beneficos plerumque
fequitur, uel eos qui conferre queant beneficia, Honons autem partes
fiunt,facra, celebrationes, decantationes carminum, panegyri-, d, sepulchra,
slatua, alimenta publice: qticc barbaris placent, adorationes,
inclinationes, cebitus, in corporis /latu cernitur Hiratioe/l infpicienda:
animi magnitudo tunc, potiffimu furgit, fortitudo uero illa bellica
(nam domeftica grauioris eflatatis) incrementum ha bettneque fupereft
quod fieres d fortitudine, nifi fe in iuuenta patefecerit. Virili autem
atati tantum demitur de laude, quantum de uirtute de, fideratur
^Itaque oportet idatatis uiros effe per- fe£liflimosi neq^qulcquam
facere, cuius pudeat aut pceniteat. tunc prudentia, rerum
cognitio^, magnificentiaq; apparent. AtfeneSius patien, tiaplacet: dulcedine
morum, comitate, affabilita • teq;dHe^at.cenfeturq;praclara, fi corpus
non reddat infirmum J rebus publicis no auertittnon facit deni^ ut ueru
fit illud, Bis pueri fenes: qua- les funt creduli, obliuiofi,diffoluti,
luxuriofnqui. Inomni atate turpes, in feneSia uerq funtfcedtf, pm^
SeptimmiUHdfupereA tempus, qu6dj^ i^m hominis infequi dixermus . in
uerycn non femper dccafio efi: quod non omner sepultos di^a memoratu
feqimtur,Si quando tamen traSlare cotigerit, teftimoma,fi qua allata
funtyr ucenfeantur, tam divina quam humana in qms dedicationes
temploru, confecratmes, fiattuti ' A mommenta, publica decreta
numerantur, hahk &fuumlocum ingeniorum monimenta^u^era^ . ro laudem
ante obitum consequutur. Afferunt et laudem liberi parentibus, di]cipulipr ci Uerfus caperent, permijkAdem'que
mfunehrr laudatione hunc ordinem ofiendit, ut defunSii. prius
Copiofelaudentur, fuper^lites inde benigne moneantur, filii mox
defimS^orum fratres^ aS tdntais ip forum imitationem inuitentur :
parens tumpofhremo et maiorum, fquifuperfunt^do^ BrawluSS
confoktione leniatur, ROMANI AMBITIO hoc genus troEtauerunt, rmdta fcripfhrutn:
eirch I libr. dUctfaSia no funttex
quibus rerum rioflrarum Ro^a?. tiftorU eflfaShimendofior .^am illas
imerire rionfinebant familia, sed sua quasi ornamenta tcmtmimenta
feritabant, et ad ujpfm fi qunei gmerisoccidif[et, et ad memoriam la
fnefticarum, illu&andamq; nobilitatem fltam: ttec alius quifquam id
ojficij fumebatfibi, nisi quidefuniioe Jfetcoiun Siifiimus, Sed iam
fatis vituperan- dedimus praceptoru in hominibus laudandis t et di
eade qua exegiffet fane ratio, ut aliquid de uituperatione laudandi ra
diceremus,nifi hic ipfe labor eadem nobis exem I; vituperationis idem sit
ordo, qui laudadonis i praceptac^uituperandi contrariis ex uitijs
fumantur, non solum in hominis tata, sed ante hominem, et post obitum,
itt it iePmle, MeliOyM:^>MoHid memori ^fro&Hf
‘ ^.Vridr fatis conf^y fine uirtutum ukiorut^i^ •m P» V f^wrww 'I "JW tcSiaagams, contentihisque tuedi
Bafmtyadho thtiies laudandos pauca de cateris rebus in mple^, laudibus
extollendo, quoaonus fiufch pere uolentibus,imprimis a Deo Opt.
Maxjnci piendu efljnueniffel^ eum, oftendiffeq; nuptias
mortalihustid'^ ita pro confejfo effe,ut non modo nos in hac pia uera4
t UiiuSytion auiditpudohs
ji^ifjcatione, uocis t- m V
/ 0 po/?remo ^freyfjpme pr lia, qu(t
propter fdpfum aut ex confuetudinea eit, aut ex appetitu uel rationali
(}urluntas emm coniefl, cumratiorteineqque uifquani) diqidduidt
nifi honu putet)uel etiam irrationali, cufnfacitit ira cupiditas. Neceffee
ergo, qtuecun(j homines agunt, feptem tantum caujisfaceret fortuna, ui, natura,
confuetudine, ratione, ira, cupiditate. Fortuna accidunt, quce nec femper, nec
plerum(y, nec ordine fiunttcumipfa Fortuna,ac cidentium rerum fubitus fit
atf inopinatus euera tus statura ea jieri dicuntur, que remus: neceffee]},
iucunda omnia uelprafentii fentiendo,uel praterita repetendo, uel futura
ff e rando cotineri, Qjuecunq; tame prafentia dele Bat, eademque
fferatibus memoriaq; repetentib, iucunda funtinec fecus e contrario Vnde
in prtimfi hi pra^enty qui ipfi laudandi funt, qui- bus'^ fidem
adhibeamus cum eorum nihili fat iudicium, qui nullo m precio habeantur.
Amare etiam, amarique, beneficia conferre, egentibus o- pem ferre,
fuauifima: quod his abundemus, qus- vr' ir T homines, nam prd
parente e conditor pr* maioribus populi a quibus origine duxerint.
junt ix fua auguria, eX uaticinia t multumq^ hahent mBoritatis qui
Aborigines, id efi indigenmplexi, laudibus extollendo, quod onus fufch
pere udentibus, imprimis a Deo Opr. Pto.inci piendueflunueniffel eum,
oflendiffeque nuptias mortalibusudcj-itaproconfeffoeffeyUtnonmodo
nos in hac pia uera^ religione, fed etiam uetu flasloui lunonic acc^tum
connubium retule rit, turbam^ dmrum ingentem proeffe nuptijs
uoluerit, nec contenti loueadulto,Iunoneriu efi^ j^ffnoHprM res
intueri prafentes,Uf^enimpf aut animi promotione cogatur d^obatio aut earum
rerue^h uædb or^^reno: cogitantur,fid d caujareisque defmmtunut jqtubusfita fiiutabuLe,teftimoniayfa£hti
Conuentayleges, et Mteraidgenus. Auttotaindij utationeyau targumentatione
orationis collocata eh : Mt in hæ '^ear^unentis inueniendis y in dia de
traSiandis cogitandum. Conediatio fit dignitate hondt eSediatm, ms,
rebus gefti SyexifHmatibneuite remusi neceffe ejl, iucunda omnia
uel pr con- Jueta agere iucundum mauifeilo fit, quis credat tantum
afferre iucunditatis uicifiitudinem f necy iniuria, cum fittietafis mater
fit Similitudo, In- efi et fua indifcendo imitandoque iucunditas:
ifuce imitatione confequimur, etiam fi ipfa ni- hil in fe haheant
iucunditatis. ocium denique ipsum^ac iram, ri/«m j afferentia deleSiant. Po- C
z ftrema) too fkcm Oitludmmqtue fecundum naturmkctm* ditate ajferut,
idcirco quo coniunStiora fimt,eo funt iucundiora: ut homo homini ^ mas
mari* qua ex fententia feipjum magis homo amet necef fe e/lj quam
reliquosicum fua ipfius cauft ccete ros amet. Liberi deinde,& qua
inter chara adntt merantur quanto plus ad homine accedunt, tan to
plus afferunt iucunditatis. Et iucundo quidem per^e6io, eademque ratione
iniucundo'(cwn eadem oppofitorum fit difciplina') facile erit conoscere,
qua caufa fit inferenda iniuria : ad Vtiuria affj Juccedat oportet,
quales fint qui iniuria cateror dentes qui afpcmt.Sunt autem, qui facile
inferre poffe ar^ hitrantur, uel celare jperant: aut fi deprehenji
fint, nullas, uel quam mmimas daturos fe pcenas: plusq; in iniuria lucri,
uoluptatis'ue, quam in luen da pcena damni mcerorisq- inejfe
exiftimantJniu riam facile fe poffe inferre eloquentes, diuiteSf
aSiionihus exercitati, experti, multis nixi amici* tijs, clientelis^:uelfi
ipfi careant, in habenti* hus amicis, seu sociis, feu miniflris, quod
illorum se patrocinio tutos putent, Praterea fi amici iudi cibus
fint, uel his qui iniuriam perpetrant* ludi tot cts enim leta
moUil^hrachio in amicis ag^^ann eorum iniurias acjuiore animo toleramu. QeU
re autem feipfos poffeU^erant, qui omni uacare juf^e^ione uideantur,ut
d^ormes adulter'^-, sacerdotes flupri,dehdes pulfationis,&'ea qwt pa
idm ante oculos funt neque enim aperta ^ quaq^ ingentis laboris fit
tollere, ohferuantur, Caue^ muslj' potius nobis ab ufitatistut uidemus in
mor his accidere : quos illi timent, qui fiint experti. Clam etiam
fefaSiuros putant,ipiihus nullus ini micuSyUel quibus plurimi.illhquod no
obferuen^ turt hi uero,quum omnibus fere fufj^^^i fwt,no mdeantur
ob nimiam cu^odiam clam facere po- tuiffe^mukos quoque
locus,commoditas,moreSj que celant. Inuitant etiam ad iniuriam
facienda, iudicij propagandi, propuljandi, corrumpendi, uel certe
ob inopiam euadendi f^estlucrum quo que apertum, prafens,magm,prafertim
fi dm- num occultum paruum procutue fit. maior etiam utilitas,
quam ut par fupplicium excog ari pof fit : ueluti efl rannis . Sunt^
proni adiniuriam, qui inde lucrum petunt, neque quicquam malipreeter
ignominiam uerentur, quibus que id G } frcijjc fecijje laudi
afcrihiturtut parentes quacim fint qui inferant, quiq; patiantur, fatis
arbitror ex his qua in medium adduRa funt poa tere.Sed quonianon omnibus
eadem uidetur iniuria, fapeq; ufu uenit ut plus doleant laft quam par
fit,minusq; noctdffe fe putR nocentes quam fecerintCquod aliena mala no
fentimus, et noRra maiora quam fint iudicamus ) idcirco de iniuria
primu iureq^faRis,mox de maiore minoreq^ iniu ria paucis differamus,
Iniuria iureq^faRa omnia legibus primUm duabus, deinde quibus funt
bifa riam determinantur, leges aut duas appellamus il las ipfas
iu/li partes, qua ternario a nobis nume- ro in iu^i definitione funt
expojfita, comunem fcilicet, qua fecundum natura fit: (^propriam,
qua in scripta non fcriptam diuidatur. Qui- bus uero iniuria fiat,
bipartito conflituimus.aut enim emunis laditur focietas, ciuitasq; ipfa
offenditur, ut in militUiaut unus alter ue iniuria af
jiciturf tOJT ftcitwr,ut in adulterio,qu horti quadam
eleSiione, quadam uero ^eSiuconuiA. Cueiufinodi: quid jit illud de quo
agitur definiendu eB,ur popimus iwre ne an iniuria querd^ tnur injpicere
. pr quonia iuftorum iniuftorumq^ ' duas partes connumerauimus, firiptas
fdlicetle gd,^ no ficriptas, deq- fcriptis affatim demon* firatti
eft : pauca de no fcriptis funt recenfenda. alia enim per excejfum
uirtutb uitijq;Junt, in qui hus uituperatioes,honores, infamia^iut
gratias habere benemerito,amicis praflo effe, et his fi* milia.alia
uero ex lega fcriptarum defe6iu:deejl aut fcriptis legibus, uel qu latores
aliquid effi gerit,uel quod confulto pratermiferint,cu detet minare
figillatim omnia nequiuerint.ne^enint fi de tiuinere agatur, quo ferro,
quali, quat&ue, G y coth tO^constitui potest, Eil
igitur aquum (juoddm ha numq;, quod praterlegefcriptamiufiu cenfea-
turimultaque etid lege scripta putatur iniufla,qua aquo homq; tutari
Poffunt. Bade ratione no tan ti errores faciendi funty quanti
iniuria:nec*tanti qwt aduerfa eueniut fortuna, quati errores. nam adversa
fortuna feri dicutur,quacu prceter opinione, non ex malignitate puntterror uero
no 'præter opinione, fed fine malignitate ft. At iniu . ria cSt*
opinio e^i O’ malignitas, Æquu e/l etiatn jn rebus humanis ad ignofcendu
commoueri: eJT* non lege,(ed legis fcriptoreino uerha,fed fenten
ti^:nonfa Siu, sed voluntatet non partem, sed to tminon qui nuc, fed qui
pepe, aut fere fmp fut ritconfuierareibenefciorupotii qua
iniuriaru, accepti! quam collati
meminilje : iniuriaaquo gnimoferre, oratione potius Mam re
difceptare, et ad arbitru magis quam inforu defcendere,na arbiter
equu bonuque, iudexiuflumf^e Slaune^ gha ob caufam arbiter eligitur, nifi
utaquum ho tiumq-fuperemineat. Atq;hac deiniuriaiurec^ fa£tis
di£lafufficiat,Haior aut minor ue iniuria inultis modis cognofcitur i
eaq^ maior exiflima i 07
htr,qH<e i nudori t profcifcendi toh 4e <{uee minim
funt aimiruty ttutxitM mterdu td deturtcu ispr^fertim qui
terunciufwctur^quid kis iudicetwr ablaturus . Ma^itudo quoq; dam m
maiore facit inturid, fi par mUum juppliciurH ' excogitari, aut remediu
adkiben pofit : na ultio et pcenapro remedio fut.nec minor, cu qui
ppef fus turpitudine ferre no poteritiut qui accufatus ^ fibi uim
intulit, maledico(y carmine laceratus hh queo pependit .E/i et in
maximis, foiu aliquid fd cere,uel primu,uel cu paucis: pnefertim fiid
fa* ciat fsepe, caufam'ue legi nou<e dederit, aut cor- ceri, aut
supplicio. QM»et maior cenfetur im«-ria, quce plurimu dijiet ab humanitate, beftiaruL
fit quam ftmillimaiet qiue cogitatojit, quaq; audita homines magb timent quam
mifereantur. Am plificatur aut omms iniuria,quod euerterit multa
iufta,iufiurandu, datam dexteram,hojpitium,fi dem, affinitatem'^
contempferit. Ad hæc maius redditur peccatum, fi ibi deliquerit, ubi
iniufti puniunturiquod faciunt falft te/ies. ubi enim no nocebunt,
qui apud iudtcem peccauerintfEa etia ^maiora funt, in quibus fumma
turpitudo, ingratitudo I fOdtudoli htgens.nm bis pecatyquodnon lenefi^
€ity^j}i Umde.Sedhac&‘ longeflurayfij lidmitudii artis<^
adhibuerit, facile orator fuo iiigenioaffequetur:nohisdemonflraffe fat
fitge tueri iudiciali neceffariay^uid potiffimu circa ittr luria
uerfetur.Eius generis proprium eR rita difcuteretomnes flatus capit, omne
artis exi git fupelleSiilem, omnia dicendi genera cu ufus cxpoAulat:
neiy ullum genus e/l, in ^uo df^, flcilius^oriofius'^fe poffk orator
exercere, ab Optimis utriuscg lingug autoribus excerpti, quotn
perducendis ad eloquentia iliis adolefcentibus uttjfolebat. lli'k
àrtaiì lì. rflltllli hK iPÆCCy P. Ili *^i a
aaa^ki^Mi^kirtH Concludo qucmC appendice con un voto. Bemékè ìm
Jfibliotcca di P. sia stata, or per a tarisia fratesca, or per incuria dei
custodi, deplorabilmente assottigliata, pure di codici e di edizioni
annotate avanza tanto da potersene fare uno studio accurato, che non ci
abbia da essere niutw dei nostri guh vani filologi a cui non nasca questo
desiderio Cosi scrive FIORENTINO (si veda), qnan;]So, tratteggiando da par sao
il sorgere ed il progressivo sviluppo della gloriosa accademia di
COSEN, rimaneva ammirato dinanzi al- Tulta figura del suo fondatore, P. Dovendo,
tre anni or sono, scegliere un argomento por la tesi di laurea, molto
opportuna ci parve l’indicazione di FIORENTINO (si veda); sicché, per quanto
fin da principio ci accorgessimo della difficoltà dell'impresa, alla
quale ci accingevamo, fiduciosi ci mettemmo all’opera, non colla
presunzione di adempiere il voto del dotto FILOSOFO, ma per mostrare che vi
era chi accoglieva il suo invito. FIORENTINO, TELESIO, Firenze Siieo. Le
Monnler. Il II I II I I m w
l,mtm >.1. m > por dar prova, so non altro, elio la
polvere ola tignuola non meltono poi tanto spavento, da faro presto
presto strizzare Poceliio ed arricciare il naso scliifiltoso. Ora ò
appunto quel lavoro, benevolmente giudicato prima dalla commissione
esaminatrice della facoltà letteraria di Napoli, e poi da lla
Eacolfii del R. Istituto superiore di Firenze, che, riveduto e
ritoccato nello sue parti, sottoponiamo al giudizio del benevole lettore. Oli
scrittori contemporanei di P. si mostrano addirittura entusiasti di luì, non
gli risparmiano le \ìì\i alto lodi, e no magnificano con parole altisonanti il
valore e la grande erudizione; ma a ben poco si riduco tutto quel rumore,
che menano intorno: suppergiù non trovi che notizie inesatte, che
gli uni copiano dagli altri, e che ripetono sino alla noia, inni,
ditirambi, epigrammi, tirate retoriche e che so altro. Ma la critica manca
completamente, o appena si azzarda a far capolino. Degna però di nota
ò la monografia che pubblicava Jaunelli (si veda) sulla vita e sui saggi di P. De
vita et scriptìs P. consentini phiiologi celeberrimi, commentarius a Cataldo
JaimeUio, regio bibliotecario academico herculanensi et conscntino
cluciihratus; ab Jamiellio ratris filio conseutinæ Academiæ pariter
socio, cditiis, præfation$ et tuxis auctui, NeapoU, tipis Banzolii.
Con tutto il rispetto dovuto al dotto e yalente archeologo, ci dispiace
di dovere fìn da ora asserire che il nostro giudizio sull’opera sua non
sarà molto lusinghiero. La vita da lui scritta è un magro e nudo
racconto che si riduce alhi semplice esposizione dei fatti, alle sole
citazioni, senza che nulla si agiti intorno al protagonista e v'imprima un po'
di varietà e movimento. P. professa a Napoli, a Roma, a Milano, a Vicenza,
a Padova, a Venezia, ha molti nemici, solivi molte persceuzioni, e
torturato dalla gotta e muore a Cosenza. E può mai questa chiamarsi
biografia? Dov'è l'uomo, che ti si presenta innanzi coi suoi
aifanni e colle suo miserie, colle sue passioni e coi suoi disinganni,
senza grave sforzo del lettore? P. corre errabondo di città in città,
trova nemici acerrimi ed ostinati, che gli si gettano addosso a
guisa di cani mordenti; ebbene, perchè tutto questo ì Xe è forse egli
meritevole per l' indole sua, X>er l'incompatibilità del suo
carattere, opx)nre quelle lotte, quelle persecuzioni sono il portato
legittimo dei tempi in cui vive, di quel tempo d' interminabili
litigi, il tempo dell' Umanesimo. Non lo dice lJannelli. Egli pare che
faccia poco conto di quel x>i'ecetto, che il valore esatto di un
uomo non si ha se non quando un tale uomo, come l>enis8Ìmo osserva
Graf, si considera [Attraverso, Looschor, Torino.] nelP ambiente sao, in
mezzo alla vita. varia e complessa di cui egli è| al tempo stesso, organo e
prodazione. Per la qnal cosa, dopo aver letto il commentario di
Jannelli, quaP è l’idea che il lettore si è fatta di P. f Oiò
che si è detto di Gaio può dirsi di Tizio, non vi è nulla che
caratterizzi l’uomo, non appare l’essere vivo d’ALIGHIERI, l'individuo
tutto intero, tutto d' un pezzo, la persona libera e consapevole di Sanctis. Oltre
a ciò non ci dice lo Jannelli se ò giustificato quel lugubre lamento, cbe emana
da tutti i saggi di P., specie dalle orazioni inedite. Se è vero quello
straziante singulto, cbe erompo da quel mesto componimento, l’ elegia Ad
Luciam, in cui si sente lo sconforto di un' anima abbattuta, un
phato9, cbe ti aggbiaccia, un tædium vilæ, che ti stringe il cuore. Su
tutto questo tace il biografo: Innanzi alle innumerevoli miserie, cbe
affliggono il suo protagonista, egli non si commuove punto, le narra
senza commenti, senza riflessioni, trascurando così completamente il lato
artistico, cbe non consiste nella semplice forma. Ma richiede anche
il concetto, consistente in quell’elemento subiettivo, in quella
speciale maniera di saper spiegare e rior- V. nostro lavoro : L'elegia e
Ad Litciam » di P. e il Bruto mitiare di Leopardi, Ariano, Stali, tip. Appaio
Irpino, ISOO. ] dinare i fatti, facendoli tutti dipendere da un'
idea unica, cbo abbracci in mirabile sintesi tntta la vita di un
individuo. Le copiose notìzie, con tanta pazienza raccolte, sono
gettate lì, senza essere state prima elaborate, non v’è sintesi, ma lunga
e pesante analisi; sicchò manca completamente la riproduzione artistica
delle notizie trovate, che f^ apparire coi suoi pregi e eoi suoi
difetti la persona presa a tratteggiare. Bisogna però convenire che,
rispetto a P., non ò cosi facile riuscire neir impresa: perchè si
possa avere una completa conoscenza di lui, non bastano le notizie,
spesso inesatte, che ci danno i filosofi contemporanei.È necessario che il
biografo sappia ficcare lo viso infondo ai preziosi manoscritti
inediti dell' insigne filologo, e studii ed analizzi soprattutto Pampio
codice, che contiene le ora zioni tenute dallo stesso, al principio dei corsi,
nelle diverse città, dove è chiamato ad insegnare. In questo codice
l’infelice umanista ci dà piena contezza dei suoi mali, dei suoi nemici
implacabili. R. Biblioteca di Napoli. Cari. aut. min. 317 per 223, di e.
164 non numerate, uè tutte interamente scritte, oltre due o più bianche,
già guardie di esso; ò legato di pelle. — Incipit € Epithalamium,
esplicit € Oratio ad. Discìpulos. Come tutti gl’altri manoscritti parrasiani,
questo, codice divenne prima proprietà di Scripando, come dalla seguente
didascalia finale : e Antonii Scrìpandi ex Jani Parrhasii testamento, e
poi passò alla Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara, di dove alla
R. Biblioteca borbonica. Nella CaUibria Citeriore, in fonilo a quel granilo
ellis- soide, eh' è la valle del Crati, formata dalla catena degl’Appennini,
che ai contini della Basilicata si dirama in due opposti bracci, V uno
lungo il golfo di Taranto o l'altro lungo il mar Tirreno, sul fiume Crati
e Busento, sorge la (Vii- sentia di STRABONE e di Appiano Alessandrino,
la metropoli dei Bruzii, come la chiamano LIVIO, PLINIO, Antonio,
Pomponio Mela. Bella e famosa città, dal territorio ubertosissimo,
dove, facciamo nostra. L’espressione di uno dei più fervidi
apologisti di essa, Sambiasem stan gareggiando insieme Cerere e
Bacco, Pallade e Silvano, e Pomona con Flora i. Occupa una bella pagina
nei fasti civili e militari d' Italia. Ma merita soprattutto un posto
importantissimo nella storia dell' umano pensiero. Basta dare un
semplice sguardo alle opere di Barrìo, di Spiriti, di Zavarroni, d’Ughelli,
d’Amato e di tutti quegli altri filosofi calabresi, che [Ragguaglio di Cosenza,
Napoli. De Siiu et antiq. CalaMæ, Roma, Memorie dei filosofi cosentini, Napoli.
Biblioi. Calabra. Napoli Italia Sacra \jSi) Pantapologia calibra,
Napoli. diuanzi alle gloriose mciuorie ili Cosenza, entusiasmati, hanno
sciolta la loro lingua alle più alte lodi, per comprendere quanti forti e
baldi ingegni abbia nei diversi tempi dati alla luce: Telesio, Galeazzo,
Coriolano e Martirano e soprattutto la fenice dei moderni ingegni,
Telesio, potrebbero illustrare, nonché una città, una nazione
intera. E P. non è anche lui nativo di Cosenza! Sebbene tutti i suoi
biografi lo credano tale, e non sorga a negarlo che solo Aceti, il quale
con scarse ragioni, gonfiate da un esagerato spirito di campanile,
sostiene che P. è nativo di Figline, villaggio presso Cosenza, puro
noi, per varii motin, dubitiamo che egli sia cosentino nel vero senso
della parola. Anzitutto perchè troviamo ritenuti per cosentini
parecchi valenti nomini di quei tempi, come Bonincasa, Cornelio,
Mazzucchio, che sono nativi di quei diversi villaggi, detti volgarmente casali,
che circondano Cosenza e sono ritenuti come tanti sobborghi di essa.
Poi perchè P. nelle sue opere, sebbene ne abbia tante volte l'occasione,
non ricorda mai Cosenza come sua patria, a differenza di tutti gl’altri filosofi
di questa città, nei qnali, come nota FIORENTINO, si vede una certa
ostentazione nel determinare la loro patria, e nell'apx)orre al proprio
nome l'epiteto di cosentino. In una lettera a Tarsia si congratula
del risveglio letterario della Calabria e specialmente di Cosenza. In
un'altra, diretta a Pagliano, parla dei [Animadcersiones in Barrium De
Situ et antique Calabriæ ed. cit. € Vir iste inter omnet acvi sui erudi
tissimus facile prìnceps, ad Fillooum, tire Felinum pertinet, patriam tuam
ac meam. De Rebus per EpisL quæsit.] cosentini mostra che non dimentica mai
Cosenza, che anzi l’ama teneramente; ma non dice mai nulla, da cui si
possa dedurre che egli stesso sia cosentino. Ne basta: nell'orazione
inedita, tenuta e Ad Patricios Neapolitanos), il ?. per ben predisporre
gli animi verso di lui, fa noto che ha già inserì guato parecchi anni
nella nativa regione dei Bruzii: e prìus I: aliquot annos frequenti
auditorio in Brutiis, unde nos ortum dncimus, interpretandis auctoribns
impendimus. Ora perchè qui ricorda i Bruzii e non Cosenza, dove realmente
insegna prima di andare a Napoli? Non crediamo parimenti trascurabile Fultra
prova, che ci fornisce un codice inedito di Mnrtirano, cosentino,
discepolo di P., da noi rinvenuto nella Biblioteca Brancacciaua di
Napoli. In questo codice iutitolato De Famliis comsentinis, Martirano non
fa menzione della famiglia del mæstro, e ciò non sembra fatto per
semplice dimenticanza, poiché in un sonetto dello stesso scrittore, sulle
famiglie di Cosenza, riportato dal Sambiase e riprodotto dal Fiorentino,
si nota la medesima omissione. E in ultimo è ravvalorata sempre più
la nostra tesi da una lettera contenuta in un altro codice inedito di P.,
che si conserva nella biblioteca dei PP. Gerolamini -- Bibl.
Brancacciami di Napoli. Cod. e De FamiliU coaseatinit CommentarìuB.
Ai cultori di memorìe cosentine indichiamo i due codici inediti,
che ti trovano nella stessa Biblioteca: € Rclacion de la Ciudad de
Cosonzia. De Syla Consentiæ. ex historìcis, Bibl. dell'Orai, dei PP. Gerolamini
di Napoli. Cod. Pil. Cari. mise, apogr.,leg. di pelle. È dello stesso
formato dei codici della Bibl. Nazionale e proviene. 0t0immjmtmi' I
afti^fci y** In quella P. roccoinaucla caldamente ad Inghirami,
bibliotecario della Vaticana, il caro amico Cesareo, che egli chiama suo e
conterraneus. Non pare che P. gli avrebbe dato l'epiteto di e civis i, se
anche lui, come quello, fosse stato cosentino Tenuto conto di tutte questo
ragioni e delle notizie enfaticamente forniteci d’Aceti, il quale fa
menzione di un altare gentilizio di P., di una lapide commemorativa
del Cardinale P. Paolo, esistenti in FIGLINE, come pure di altri
documenti tratti e ex librìs Baptizatorum, ci sentiamo indotti a erodere
che P. fosse realmente nativo di Figline. Ma Cosenza e per lui la vera
patria di adozione, l'ama sempre del più tenero amore, fino a quando fluì in
essa i suoi giorni, e sebbene non si sia mai dato l'epiteto di
cosentino, pare che non gli sia dispiaciuto d'essere stato creduto
tale. Anche noi x)erciò, pur sapendo di tradire in parte la verità
storica, continueremo a chiamarlo cosentino. I biografi non sono d'accordo
circa le origini della famiglia di P. Alcuni affacciano degl’ipotesi, altri
fanno delle gratuite asserzioni (“He has a corch screw in his pocket” –
H. P. GRICE – cork screw -- ), fra queste degne di nota quelle del come
Morobfa, dalla stessa Biblioteca di S. Giovanni a Carbonara, di dove pare
sia venuto in proprietà di Valletta e da questo ai Gerolamlni. — Cont.
Campanarum Epist. Panhormitæ », di e. 56 scrìtte, più 6 bianche, già
guardie. Incip. Ad Nicolaum . Buezotom > ; expl. € et genus humanum.
Seguono : € BpistoUe P.» di e. 30; incip. e T. Phædro, romanæ Æademiæ,
expl. e epistola Minoritaiio ». CiiioccARELij — De iUusiribtis scriptoribiis
ecc. Ncapoli.] Come vedremo P. ò alterazione di P. Gonzaga cho, fra lo
altro cose, chiama il marchese P. di Napoli, rappresentante del
ramo calabrese della famiglia di P.; mentrOi da notizie da noi
assunte', ò risultato che l’ultimo rampollo di essa e P., marchese di
Panicocoli, di Benevento. Questi, con gentilezza degna della nobiltà ed
eccellenza della sua famiglia, ci fornisce le seguenti notizie, tratte
da diplomi e privilegi. Guglielmo, nativo di PARIGI, nella FRANCIA, portatosi
in Italia all’epoca del re Carlo I, lascia il primitivo ed originale e
reale cognome di LANCIA e prese quello di P. Da Ruggiero, suo figlio, nasce
Matteo ed Andrea, che, uniti al padre, militarono con grande onoro
sotto lo stendardo di Ferrante I d*Aragona, come apparo dal privilegio d'
immunità e franchigie, confermate poi da Carlo V. Avendo il suddetto
5ratt.eo operati molti e prestanti servigi al suo re, ha in premio il
feudo Aconaste di Alipraiido, confermato dal re Alfonso.
Illustri discendenti di Andrea e Matteo sono Guglielmo e Gualtiero,
i quali da Ferdinando il Cattolico ha in dono il castello di Kalamo,
nella terra di £se, come appare dal breve di donazione, da noi osservato
in Benevento presso il marchese P. Da Ruggiero poi nasce una
delle maggiori glorie della famiglia, P. Paolo, valentissimo
giureconsulto, che tenne cattedra a Bologna ed in altre città d' Italia,
e giunse all’onore della porpora. Ora t^ma qui opportuno osservare che la
famiglia P. si diramò poi in Messina, Oastrogio vanni, Mineo, [Conte
Berardo Candida Conzaga. Memorie delle famiglie nobili delle province
meridionali d'Italia, Napoli. Archivio di S, Agostino alla Zecca, Documento, Archivio
di S, Agostino alla Zecca, Privilegio
registrato in Lentini, Napoli, Bologna e Reggio. Ma il ramo
principale e quello di Calabria, il quale a sua volta si dirama nei
P. e ex Bugerio da cui dice Cardinale, e nei P. e De Thomasio. Da
quest'ultimo ramo, da Tommaso, consigliere di S. Chiara, e da Pellegrina
Poerio, nasce P. Discende questi dunque da illustre ed antica famiglia,
in cui pare siano stati ereditari l’cccellenza dell'ingegno e l’amore alle
>nrtn ed alle alto ed onorifiche imprese. I filosofi del tempo sono concordi
nel tessere gl’elogi dei genitori del P., lodano la coltura e l’alto
sentire di Tommaso, non che la nobiltà d' animo della madre, che fe
rapita prematuramente all’affetto dei suoi. Non tarda molto a palesarsi in P.
quella grande tendenza ed attitudine allo studio della filosofia, e quella
grande tenacità di mente, che fin dai primi anni fa presagire nel
giovanetto uno splendido avvenire. I n primo suo mæstro sta
Grasso, detto il Podacio dalla patria, Serra Pedacia. Molti filosofi no
lofiano la dottrina e la bontà del cuore, sicché sotto la guida di lui P.
fa rapidi progressi, dando presto chiare prove che il discepolo supera il
mæstro. Gi rimane una lettera, indirizzata a Grasso, in cui l'antico
alunno scioglie alcune difficoltà letterarie, che quésti gli ha proposte;
ciò che in altri generato un [Loca Gaurico — Traci.Da Nat., Op., Jamtislli, P.. — De Rebiu ecc.Orai, in
epist. Cic. ad Alt., ediz. Mattltæi, Neapoli, e In optimam matrem meam
primo desævit fortuna integra adhue ætata. De Rebus ecc. Zavarroni. — Op. cit. fnXk'^
lAk^Ài •-T»*, che si legge nella cosi detta apologia di
Vallo. Passato un certo tempo dalla sua venuta a Lecce, P. incorse nell'ira paterna per essersi
mostrato poco disposto allo studio del diritto. Essendosi però il padre
piegato a più miti consigli, egb", allettato dal bel nome, che gode
a Gorfù Mosco, spartano, al quale accorreno da Veneziike da ogni parte
d'Italia, non che dalla stessa Grecia, tutti quelli che desideravano
pe- [De Rebus ecc, ediz. cit., Comm. del P. al e De Raptu Proserp.
Claudiani, Milano] Multa tamen in Græcia antea ilidioerat, admodum prætextatus,
in Japygla, quam regia potestata Tamìsiui, pater eius, obtinebat, usua præceptore
Stizo, cui nihii ad summam defuit eruditionem filosoficam, præter quam maiua
nostrarum litterarum sindium. Jannblli. to«Mi«^hMiA«Mta ] notrare nello
intimo bellezze del greco, volle recarsi colà| e pare che vi si
trattenesse poco più di un biennio. Non possiamo dire con procisiono quando
egli si portasse dal nuovo mæstro, pare però eerto che ritornasse a
Cosenza intorno, come ci aiTerma un passo del suo Commentario al De Raptu
Proserpinæ di Claudiano, P. parlando della Delia Oliva di Catullo,
ricorda che per fonte e non per albero
interpreta quell' Oliva quando a Cosenza ha a mæstro Acciarino. Tornato a Cosenza,
riprese quindi P. lo studio del latino sotto la guida di quest' ultimo,
tanto lodato da Poliziano, e ben presto rivela i frutti del savio ed
ordinato insegnamento del dotto mæstro, riportando a Callimaco quel carme, che
ha per titolo e ri ahtx », o interpretando per la fonte che esiste nella
Beozia, e non per albero, la Delia Oliva di Catullo. Giraloi, De Poctis
sui temporis. Dial. II. TIRABOSCHI, Storia della letter. it. — Roma. Spera.
— De nobil. profess. gramm, Apologia del Vailo. — e lode Corcyram profeotus,
operam Mosche dedlit 000. P., Commentario al De Raptu Proserpinæ, Poliziano.
— Epistolæ, Commentario al De Raptu
Proserpinæ. Non bisogna però tacerò che anche P., corno tanti altri
umanisti trova nel paciro un fiero oppositore ai suoi studi prediletti. E
ornai divenuta tradizionale nella famiglia P. la tendenza alla carriera
giuridica, sicché Tommaso si mostra dispiaciuto verso il figliuolo, che preferisce
lo studio della filosofia e dei classici a quello del digesto e delle
pandette. A quale perìodo della vita di P. deve però riportarsi
questo fatto! Jannclli, esagerando anche lo sdegno del padre verso
il figliuolo, afferma che bisogna riportarlo a quel tempo in cui quest'
ultimo apri pubblica scuola a Cosenza [V. Un accademico pmitaniano, precursore
d’Ariosto e di Parini. Ariano — Stab. tip. Appiilo-Irpino. De Uchus per
cpisloìam ecc.: e Neque vero comineinoralH), quod ut hune quantulu in cuinque
litterarum profectum iiiorarctur
indulgciuU alioqui in me patria animum depravavit Fortuna, no sumptuA ai
ooìa Musarum auppcditaret, taroquam relieta a maloribus trita semita degeneri,
quod, ut illi, leges ediscere neglexerìra. Morelli — De Patricia consentina
nofnlitaie, De vita et scriptis ecc. A. qia:«o paukasio Ciò non ò
prosaniibile, poiché Tommaso P., da uomo accorto ed intelligente quaPerai non
avrà certo atteso che il giovane avesse raggiunta l'età di 21 anno, per
costringerlo a battere la e tritam semitam gentis suæ i. Più logico
invece ci sembra che egli cerca di piegarlo ai suoi volerli prima che del
tutto uwa^^N!w' luuuincrcroli quesiti di diritto, tratti dalle
opere dei pia valenti giurecbusulti, corno ULPIANO, Paolo, Modestinoi
PapiuiiiDO ecc., bisogna notare il lavoro paziente del giovanetto, reso ancora
più manifesto dai non pochi errori grafici, in esso ibcorsi, ed eliminati
evidentemente da una futura correzione. Pare però che in Tommaso P.
abbia finito col trionfare la generosità del suo animo. Sicché, specialmente
quando vide l'altro, figlio Pirro battere la strada dei suoi
antenati, dove certo venire a più miti consigli verso P., e
permettergli di seguire la naturale tendenza del suo ingegno. Non
crediamo punto di errare asserendo quindi che egli stesso lo consigliasse
a lasciare Cosenza, dove presto la scuola di luL. cra salita in
grande onore, ed a recarsi a Napoli, dove già egli occupa la carica di
regio consigliere di S.Chiara Però inclineremmo a credere che P. non si
recasso allora a Napoli per la prinia volta, poiché nell’Oratio ttd
ratritios neapoliUiìtos dice che, essendo venuto colà per salutare gl’amici, da
questi, che già per prova dovevano conoscere il suo valore letterario,
venne invitato, anzi forzato, a tenere un corso /li lezioni sulle Silve di
STAZIO. Non crediamo qui necessario trattenerci a discorrere del Pontano
e della sua Accademia, dopo il cenno che ne abbiamo fatto in altro nostro
lavoro; solo ci piace osservare che sebbene P. si assumedse il
Toppi. — Dj Orig. Tribun. Bibl. di Napoli. € Ai io præsontiaruui Viri
patritli, quum ofiilii causa, ut amicos inviseremas, A'I vostram
rempublicaiu ornatisshnain aodique vorsum me contulissem, ab eìndem post
aliquot dies inissIoDem impetrare haudqaaquam potala quod dicerent nostræ
consuetudinis iucundltate teoeri eoe. Un
Accadeimco poHtaH'ano precursore d’Ariosto e di Perini, Ariano, Sub.
Appulo-Irpino. tei*«*MÌB iimtaa lm Pantapdogia
ealabra, — Napol, De Patricia consentina nobilitate. Venezia, Morelli. e Ferdinando II regi
admodum carut, cuius ingenita servitia laadantur, Bibl. Nazionale di
Napoli. La lettera si trova nel codice già descritto. Il M«MkMd«M*^*k#«J)A«
j V^»^tlm, Dopo avere a lungo discorso della divinità egizianai P.
cosi pone termine alla sua lettera: e Qui Fortunæ si nonduin omnes ad unum
bonos libuit excindore, si nomen Aragouium propitìa rospicit, te,
lapsis tuomm rebus, incolumen servabit, discot abs te clementiam,
mitissimoque Principi mitis aliquando fiet. Tu rnrsus maiores tuos intueri
debes, ascitos coelo, operamquo dare ut, nude per iniuriam doiectus cs,
industria virtusque te rcponant. Come ognun vede, questo principe aragonese per
iniuriam scacciato dal trono, non ò altro che Ferdinando II, il quale
dopo la battaglia di S. Germano e l' insurrezione degl’Abruzzi, non avendo
potuto mettere un argine all’invadente piena, che si era rovesciata nel
suo regno, lascia Napoli per fuggire alla volta di Ischia. Merita
similmente di essere riportato il seguente brano della lettera in
esame: e Audio te esse egregiæ iudolis adolescentnlum, animo
alucrem, iugenio potentem, frugalitatis et continentiæ in istis animis
admirandæ, patientem laboris, a voluptatibus alienum, firmiterque laturum
quicquid inædificare, quicquid tibi fortuna voluerit imponere. Dai passi
succitati, specie da quest'ultimo, in cui è descritto minutamente il
carattere di Ferdinando, chiaramente si vede come tra il principe ed il filosofo
sia esistita, pia che una semplice relazione, una vera e cordiale
amicizia, che crediamo abbia avuto origine fin da quando P. Audio è qui
adoperato noi significalo di conoscere. Cfr. CICERONE: 4 Audit igitur
mena divina de s^ngalla. A--, -1- a . lait. "-Tfc'- i r» t * mi^ ^i
i H m» ; e fo- ccndogli affidare V ufficio di e cavaleris penes capitaneos
terrarum Montaneæ et Civiteducalis, potestate substituendi, cum gagiis et
emolumentis, lucrìs et obventionibus solitis et consuetis et debitis. Non
ripetiamo tutti gli elogi proiligati nel documento in parola. Ci
limitiamo a riportare solo il seguente brano, in cui chiaramente si vede
l'alta stima, che il re Alfonso ed il principe Ferdinando avevano di P. :
' e Nos autem habentes respectum ad merita sinceræ [Chàritio.
Endimione. ^ Canxooe Vili. Le rime di BenedeUo Gareih, detio il
Chariteo.Napoli. Erroneamente Tafuri crede di identificare nel Barrhasie
dtà Chariteo, Giovanni Marrasio; come pure a ingannarono coloro i
quali supposero che fosse Barrasio, regio consigliere et presidente
di Camera [Archivio di Stato di Napoli. — Collaterale prìviL Aragon. clovotionis
ot fide! præfati Pauli, ac considerantcs sorvitia per oum Majestati
nostræ praostita et impensa iis et aliis considerationibas et causis digne
moti, præfato Paulo ad eius vitæ decarsum iain dieta officia. ; haberi
volumus pro insertis et expressis et declaratis. Pare però che P. non occupa a
lungo questa carica, che, se gli procura danaro ed onori, non dove certo
concedergli il tempo necessario per dedicarsi ai suoi studi
prediletti. Ecco perchè lo troviamo a Lecce in DeeU" iiam 8cribarum carica
molto onorifica, alla quale non puo aspirare e nisi honesto loco natus,
et fide ot industria cognita. Di queste due cariche sostenute a Taverna ed a
LeccCi si rammenta P. con
rincrescimento e disgusto quando svaniti i sogni si dedica di nuovo e con
pia lena allo studio delle lettere: e lam vero piget neminisse quod ab
ingenuis ai-tibus ad calamum militiamque me tradaxit Fortuna i :
n P. né in questo, né in altiì luoghi ci dice quando impugna le
armi. Non crediamo però di errare, sostenendo che ciò sia avvenuto nella
lotta degli Aragonesi contro Carlo Vili e non dopo la caduta di questi, e
ut consuleret sibi patrique i, come crede lo Jannelli Come i suoi
illustri antenati, nei quali rifulge inteme- rato il sentimento della
fedeltà e della gratitudine, P.
corse subito a prestare Peperà sua in difesa del suo signore, e se
dopo, come abbiamo visto, egli si penti di ciò, bisogna rl- Apologia del
Vallo, Ipse Janus in eam provinoiam Japjgiam, quam pater rexit,
adolescens Scripturam fecit. Ouæsùa per epi%i. — Orai, ante pralect. in epist.
Cie. ad Att. h I I i*'
i ' 1 ^ 1 là i M "j i \ Mr 'cercamo la causa nel suo giusto risentimento,
quando vide la sua devozione ed il suo zelo indegnamente
ricompeasati da re Federico. Oi parrebbe quindi verosimile che P.
segue il principe Ferdinando, quando con un corpo d'esercito e mandato da
re Alfonso nelle Romagne, e che prendesse parte a tutte le vicende di
quella poca fausta spedizione contro l'Aubigny, ed alla stessa battaglia
di S. Germano. Ciò non risulta chiaramente da alcun documento, ma
siamo indotti a crederlo da quello speciale interesse, che P. mostra di aver
preso alla causa aragonese, e da quel continuo accenno all’armi, a cui,
altrimenti, non sapremmo dire in quale altro periodo della sua vita egli
si sarebbe rivolto. Torna utile riporUro i seguenti versi di un epigramma
di P. contro Nauta, suo fiero nemico (Apologia di Vallo). Si fortuna
levis de Consule Rhetora fecit. Et ferulam gerirous qua prius arma
manu. Nonne eoe. La parola co9isìU ci fa credere che P. fosse giunto a
qualche alto grado nell’esercito aragonese. i«A>^i—
•'^bA*«Jwti w>i>»i' » .a IW »^f
*m' ^rtèmtmr'nmmm in. P.
P. conchiade la sua lettera a Ferdinando d'Aragona col voto di poterlo
rivedere, prima di morire, sul trono degl’antenati: e onte meos obitus sit,
precor, ista dies >• n giorno desiato non tarda molto a
spuntare: dopo quattro mesi, Ferdinando rientra in Napoli,
festeggiato dal popolo, e cosi il voto del fedele P. fu pienamente
adempiuto. Allora questi e reintegrato, insieme col padre,
nell'ufficio perduto dopo la conquista di Carlo Vili, e ritornato a
Lecce, si dedica con ogni cura all'emendazione del testo di Solino: e Si
quis alter in emaculando Solino laboravit, in iis ego nomen proftteor
meum: Ncapoli, Lupiis, in Japygia Apulia, nactus antiquoe reverendæque
vetustatis exemplaria. Ma Ferdinando II godette ben poco del possesso
del trono ricuperato, poiché dopo un anno appena morì, lasciando la
corona allo zio Federico, che, inetto a regnare, da l’ultimo crollo alla
dominazione aragonese. AtSS. DibL Nazionale di Napoli. Da una lettera
contenuta nel Cod., diretta non sapremmo ben dire se a Oiovan
Battista Pio Bolognese o ad Aldo Pio romano. Inc. Atqul tua cum
bona venia fallit te ratio, mi Pie, » MiJII Vii r J rrn ' " r '~ - V t f'^-'f^J'^come
nelPavvei^a fortunai oltre che per l'amore, che ad essi lo legaya, por la
speranza e honestioris gradus, maionunqæ commodorum; ebbene ora, invece del
premio dovuto, di quel posto onorato, di quegli agi sognati, gli si
getta in faccia l'accusa di traditore. Il letterato ha forse
sperato di poter col tempo raggiungere l'alto grado del Beccadelli e del
Fontano. Ma dinanzi alla dura realtà quei sogni dorati sono svaniti,
gettandolo nel più grande sconforto. Ecco come dolorosamente egli esclama
contro la maligna sua sorte: O calliditatis inauditum genus ut Fortuna
iuvando noceret, ad opes me evexit et dignationem I Verum simulao
animadvertit eius aura, simulatoque favore de pristina vitæ ratione nihU
in me mutatum, passimque meas omnes acces- siones industriæ magis et
probitati, quam sibi acceptas referri, vehementer oiTensa, confestim
passis alis evolavit, ne virtuUs comes esse cogeretur. Oh come questo
brano tutto rivela lo strazio di quel cuore addolorato I e quale triste
verità nelle ultime parole, che accennano allo spietato abbandono in cui
tanto spesso la fortuna suole lasciare il virtuoso I Ma
l'abbattimento morale, in cui era caduto il F., fli puramente passeggiero
: fornito di quella lealtà incarnata nella virtù e di quella gagliardia
di propositi, che reca in sé una potenza a cui nulla resiste, dopo la
penosa impressione del momento, si senti subito forte per vincere le
diflBcoltà e sopportare la sventura. Anzi questa, ben per
tempo, rivelò in lui ciò che Q Settembrini ben definì corona e gloria
della vUa, cioè un nobile [P.— Orai, ante prælect. epist. Ciò. ad AtL,
Matthaai. Neapoli W.,- r^'ir s 6 grande carattere: al giovano
inesperto successe l’uomo dalla fibra gagliarda, il quale, come vedremo,
nelle lunghe peripezie della sua vita, anche quando tutto gli venne
meno, ebbe ancora un terreno sul quale restò invincibile, il
coraggio e l'integrità. Ecco come egli nobilmente si esprime. Ego
nihilominus, ut meum nunquam ratus, in qnod incostantia Fortunæ ius
haberet, quod alieni foret arbitrii, quod auferrì, quod crìpi, quod
amitti posset, in eodem vultu prqposìtoque permansi, Quumque vicem meam
dolerent omnes, (quod indicat incolumi statu qualem me gessissem) solus
ego furienti Fortunæ laqucum mandabam. Fiere parole, in cui tutta
rifulge questa splendida figura di calabrese, che nelle calamità della
\ita resta saldo a guisa della torre dantesca, e assicurato dalla buona
compagnia che V uom franclicggia, eleva baldanzoso la testa e con aria
fiera e calma volge ai suoi calunuir.tori uno sguardo, in cui si
compcnctra generosa compassioue ed odioso disdegno per la viltà, che
striscia ai suoi piedi. Ben diverso però è il P., che ci presenta
lo Jannelli: freddo ed insensibile dinanzi a quelle pagine palpitanti di
vita reale, in cui si sente tutta l'ambascia di chi si vede colpito
in ciò che aveva di pia caro : Ponore, il nostro biografo ci et del suo protagonista! un girella della
peggiore risma, che, ve- dendo e inane Aragoniorum imperium fatali casu
in dies ruere >) diviene, insieme col padre, aperto fautore dei
Francesi. Jannelli, a sostegno della sua asserzione, non adduce altra
prova che qualche parola di lode, che il P. a- vrebbe rivolta, molto
posteriormente, ai Francesi, durante la sua dimora a. Milano (3}; il
nipote Antonio poi crede di [Orai, cit., ed. cit., pag. %iA. De vita et
icriptis ecc. > ii^i'/" r>^.iin^ii -i.Jm'imI mk^ i'
V*««>i>hi^iiilW [j^WjiWiiM; M>iM»W li» IfiI^ l'^l 11 ^«yy Q \»t ' 'l
^^ l| tf »^rfi>>ii»Wi T i K i * *iteto di tiranno (3}«
• Lasciata Napoli, non poteva fl P. essere più felice nella scelta
della citta, destinata quale agone dei suoi studi : in Roma infatti
l'Accademia, fondata [P. Epìstola ad Michælciu Ricciura, ante Sedolii
et Prudcntii cariuìna. i«iw*i ^i«i^i*ii> «2da Pomponio Leto,
aveva raggiunta altissima fama, chia- mando colà molti fra' più dotti
letterati del tempo, quali SACCHI (si veda) Sacchi, detto il Platina, il
grammatico Venilano, il valente grecist-a Baldo e, per non parlare di
altri, Inghirami, giustamente detto dftl P. e fiicilis, expeditns, plenus
humanitatis »Fin dai primi giorni in cui il P. conobbe quest' ultimo si
senti legato a lui della più salda amicizia, che, per mutar di eventi, fu
sempre viva e sincera. Inghirami, all'alto sapere congiungendo una non
comune bontà d'animo, fu uno dei pochi veri amici, che abbia avuto V
infelice P., ed in molti casi, come vedremo, fu per lui la vera ancora di
salvezza. Libero omai dalle fantasticherie giovanili, e spinto da
quel tiranno signore dei miseri mortali: il bisogno, l'umanista calabrese
si dedica agli studii con più amore ed alacrità che non avesse fatto x)er
lo innanzi, riuscendo, dopo non molto tempo, a completare la correzione
del testo di SOLINO e di quello di AMMIANO MARCELLINO. Ben
presto occupa un degno posto tra' più illustri let- terati, che allora
professano a Boma, e diede subito chiara Orat. ante prælec. epist. CICERONE
ad Att., Orat. -- ut me, quo priroum die
Romæ \idit, arotissime complexus est; ut auctoritate, gratia, testimonio suo
prolixe iuvit, ot in omni fortuna semper idem fult. R. Bibl. Naz. di
Napoli. Orat. ad Sen. Medici.Immo paupertas iampridem virtulis et doctrìnæ
contubernalis est; quippe qui dum integris opibus et incolumi patrimonio
floreha* mus, litteranim studia remissius assectabamur ; ubi
vero-communis illa tyrannorum procella no», ut bonos omnes, involvit,
ardenter adeo man- suetloribus Musis operam dedimus Ammlani
Marcellini Rerum gestarum libri penes me sunt omnes quot extant, ex
antiquissimo codice Romæ exserìpti.] prova del suo sapere, specie nella disputa
avuta con Antonio. Amiternino. Questi, quasi del tutto igniaro della
lingua greca, aveva messe fuori delle vuote e cervellotiche
interpretazioni, che voleva gabellare per irrefutabili. P. in sulle
prime cercò di fargli comprendere amichevolmente gli errori in cui
era caduto ; ma quando vide che si ostinava nella sua opi- nione, anzi
aveva osato finanche minacciarlo di morte, non ebbe più alcun ritegno di
rendere di pubblica ragione la poca valentia del protervo
grammatico. Essendosi cosi acquistata alta e meritata fama, gli
fti assegnata nell'Accademia la cattedra di oratoria, mandato molto
onorifico, che egli seppe disimpegnare con zelo e dottrina. Appunto in quel
tempo e scelto a mæstro di Gætani, figlio di Niccolò, duca di Sermoneta,
a di Silio Sabello, giovanetti di assai belle speranze. Parva che
un'era di pace e di tranquillità fosse sorta per l’infelice P. ; ma purtroppo
allora Boma gemeva sotto il giogo di Alessandro VI, lo scellerato
pontefice, di cui, come ben dice MACHIAVELLI, tre ancelle seguirono le
sante pedate: lussuria, simonia e crudeltà. Forse molti dei
delitti di casa Borgia saranno stati inventati dall'accesa fantasia dei
romanzieri ; ma non si può certo sconvenire che fu sparso innocentemente
il sangue -di nume- rose vittime, per sola sfrenata smania di potere. Tra
questa bisogna ascrivere i due cari ed amati discepoli del P.,
Silio e Bernardino, barbaramente trucidati dagli emissari
pontifici, Quæsita per epist.ed.
Orai, ad Seti. Mediol.: € operain dedìmas, ut et nos hactenus non
poeniteat, et aK aliia idonei esistimati »imas, qui Romæ, io arce totios
orbis terraram, oratoriam publice profiteremur Vallo. Apologia; Orat. prælec.
epist. Cic. ad Att.« edix. Ciu A .111 I IWH 1
solo perchè le loro famiglie non si erano forse mostrate lige ai nefandi
voleri del Pontefice, che pur di fondare pel figliuolo Cesare uno stato,
che comprendesse tutta l' Italia centrale, non la risparmiava ad ogni
sorta d' immani scelleratezze. Poco mancò che il P. stesso non
fosse coinvolto nella disgrazia dei suoi alunni e, se ri usci a salvarsi,
lo dovette solo all' intercessione, ai consigli ed agli aiuti dell' amico
Inghirami. Allora P. si recò a Milano, dove gli erano riserbati infiniti
altri dolori. (1; Oratio ante prælec. epist. Ciò. ad Alt., ed. cit., pag.
247: € quam Bollicite euravit Phædrus, Alcxandri VI pootificatu, ne me
Bernardini .Caietani, neo Silii Sabelli tempestaa involveret Vallo. Apologia
: € inde quoque disoessit, ususque Consilio lu- venalia, in Galliam
citeriorem migravit. Orat. € audivit in
Gallia citeriore portolo iam me tenere^ Mediolanique publice conductum
profiteri. U P. a Aliano. Importanza storico-letteraria di questo
Lotta col Ferrari e col Nauta. Luigi XII, oltre le vecchie
pretese sul regno di Napoli, a causa del matrimonio di Valentina
Visconti, figlia del duca Gian Galeazzo, col suo avolo Turaine, affacciò
queUe sul ducato di Milano, e, vedendosi favorito nei suoi disegni
dalle gelosie e dalle discoi*die dei x)rincix)i italiani, si affrettò a
mettere in opera il suo disegno. Assicuratasi l'amicizia di
Alessandro VI e della repubblica di Venezia, mandò in Lombardia un esercito,
ohe in breve tempo costrinse Lodovico il Moro a lasciare il ducato
ed a riparare nel Tirolo. Ma ben presto i Francesi con le loro
soperchierie fecero rimpiangere il governo del Moro: questi pensò di trame
profitto, e, disceso rapidamente con un forte nucleo di mercenari
Svizzeri, fu accolto festosamente dai Milanesi. Il suo trionfo fu
però breve ed illusorio, poiché venuto a battaglia, presso Novara, con
l'esercito francese comandato da Trivulzio, i Buoi Svizzeri si rifiutarono
di combattere coaitro i loro compatriota del campo francese, e cosi la
sua rovina fu bella e decisa. I»!Mm iM 1 M»S»>»mmi^*mm i0mi
>m*^m tfhrfi*»*h- -««wAhAi*Fallitogli il tentativo di fnga, il
Moro fa preso e man- dato a finire i suoi giorni nella torre di Locheé ;
cosi il ducato di Milano ricadde sotto la dominazione francese.
Laigi XII propose al governo di esso il cardinale Amboise, il quale, fedele
ministro del sao re, vi riscosse ben trecento mila ducati per le spese di
guerra, inasprendo coUe sue angherie sempre più l'animo dei
Milanesi. Forse per coonestare in certo modo questa sua
condotta, il cardinale si adoperò a che fosse continuata in Milano
la nobile tradizione degli studi umanistici, ohe ivi avevano a-
vuto valenti cultori e pptenti mecenati. Si sorbava ancora colà
memorili della munificenza dei Visconti, degli onori tributati al
Petrarca dall'arcivescovo Giovanni, e degli aiuti largiti da Galeazzo,
Giammaria e Maria agli umanisti del tempo : Uberto e Pier Oandido
Decembrio, Loschi, Barzizza, Filelfo e tanti altri ; come pure era
vivissimo il ricordo della protezione accordata ai letterati dagli
Sforza, soprattutto da Lodovico il Moro, che aveva fatto della ca-
pitale lombarda uno dei principali centri di coltura d'Italia.
L'Amboise protesse anche lui i buoni studii e fti largo di aiuto
agli umanisti, ohe allora professavano a Milano: Giovan Battista Pio
Bolognese, Ferrari, e, per non parlare di altri, il celebre grecista
Demetrio Oid- oondila. TiRABoecBi. — oRosmini. — Storta diUUoM, Milano, Sax.
— Eiti. Lùter. Typogr. Mediai., Aboslati. ~ BM. Script. Mediai.,
TiRABOSCHi:Aboslati. Sax. Fiorivano allora anche valenti poeti : CATTANEO, Curzio,
Dulcino, Biffo, Leone, tutta una flora di eletti in- gegni| in mezzo ai
quali venne a brillare P..
Como dicemmo altrove, questi giunse a Milano, come ci attestano
chiaramente oltre la sua lettera dedicatoria del De Raiìtn Proserpinat
all'amico Cotta, pubblicata anno maturius dalla eua venuta in questa
città (VII Kalendas januarias MD), la prima lettera inviata da Vicenza a
Gian Giorgio Trissino (ex ædibus tnis pridie, e l'asserzione di essere
rimasto a professare e octoqne per annos in Gallia Citeriore.
il tempo che il P. dimorò a Milano a ragione può dirsi il periodo
più burrascoso della sua vita, a causa delle lottOi deUe persecuzioni interminali,
e di quella sterile guerra d'in- trighi e di basse calunnie, di cui egli
fu vittima. Quel periodo però fu anche il più produttivo del
grande filologo calabrese, il quale appunto allora a noi paro che [Tirar.Aroxlati.Giovio.
— Elogia Vir. Uu. iUustr.^ L uo
Creo. Girai/ 'I. De poetit sui temperisi Dial. I. Rosmini. Vita ilei Maresciallo TrivuUio. Bakoell, Novell.—
Sax, Sax. Mazzuchklu. ^ Scriu. d'
ItaJUa; Rosmiki. Vàa dai Hear. Triwd.. Sax. *yM!' .* 'ortatì. Noi
però più che ai versi di Lancino Curzio, Sacco, Plegafota, Dulciuo, Biffo,
quando non avremo assoluto bisogno della loro testimonianza, ci at-
terremo aUe orazioni inedite, pronunziate dal P. a Milano.
Sono circa una ventina, di cui alcune hanno interesse puramente
letterario, altre ci forniscono xireziose notizie biografiche.
Anecdoti Hi gloria^ bibliografia e antica, Catania, Tip. Francesca
Galati, Præfat., A P., neapol., In nuptiis J. P. et Tbeodoræ Calcondylæ
», Bpitalamla, De Justitia, De Jore, Prælectio, Præfatio in.Lucium Florum
ot Valerium Flaccum — lu Lucium Florum, Præfatio in Liviuin, Præfatio in
orationes Ciceronis^rræfatio in Achilleldtm ecc. àmktw,titi ihi^t^
»«haaa-^^i Queste, che pobblieliereaio ute^ralaieate is appevUee^
crediamo che debbano disporn ia questo nodo^ per ordìao di tempo: e
Orationes II io lliootianaa. — Oratio ad Seaa- tom Hediolaænseoi, Oratio
ia Minattannm, la Loeiom Floram, PmeCitio ia Femoai, Prælatio ia
Thebaida. Di capitale importanza, per le ootizie che a foraiseoaa
8aografo, che coli' uno e coli' altro wu9iicre si era formata una certa
fortuna. Questi non si lasciò certo sfoggire l'occasione di
sfruttare a suo vantaggio fl giovane filologo, già abbastanza noto
nel mondo letterario, lo accolse volontieri presso di si, e gli
asse» gnò, oltre V insegnamento, fl grave e diflScfle incarico
della correzione dei codici, che egli poi pubblicava per suo conto.
n P. curò allora l' edizione di parecchie opere latine, fra cui fl
Cirii, erroneamente attribuito a Virgilio, e la Vallo, Apologia^ ediz.
di.: € habetqua (Mioatiaaut) pe- eoBÌÆ samniani sludiani ;
dignlutcs afleeUl noe ad omamentoa Titat, ted ad quæstum, qao nttri omnia
diligit ex animo nemioem. Caias aiaieaa æ aimalat, io hooe loddiaa
priaom aoetit »• Oralio 10 ia kiontiaooa : € Meom foit iUod in to
benefidom, ai noæla, mona al la domi, fona, in ro privata, in ro publica,
in atodlia invi, anaUnni, ioyì ; podet lateri qui na vicarìaa, qol
diadpaloa amdiebam aohia» oC amen da n ^ provindaa aoatinabaa. P.Canim.
D§ Raptu Pro$€r. L HI: e varsna tz Ciri ma n doaoa, ot aillaUa olla
vaoilUntiboa, in boa radaginina nnoMioa^ IpdqDO Mlnntiano dadhaoa
Imprlmaodoa Vita di quest' ultìmo, cho attribuì a DONATO e non a Servio,
come molti ritenevano ai tempi suoi. Ne soltanto colla propria
attività P. mostra ol Minnziano la propria gratitudine. Questi più che dall'
amore per le lettere, spinto dalla smania del guadagno, aveva da poco
pubblicate le opere di CICERONE, in cui, con grande presunzione, aveva
messo fuori tali e tante cervellotiche correzioni, si vuote ed errate
in- tei-pretazioni, da suscitare giustamente contro di se lo sdegno
dell' irritabile genus, specie del grammatico Ferrari, valente cultore
del grande stilista latino. Si schierò poco dopo contro di lui anche un
tal Nauta, corso di origine, insieme con molti altri, i quali tutti gli
si scagliarono addosso, mettendo in mostra gì' infiniti errori, di cui
erano rinfarcite le opere pubblicate. Il Minuziano, di natura
temerario ed aggressivo, cercò di lottare contro i suoi avversari e di
difendere il suo lavoro; ma le sue argomentazioni furono abbattute dal
Fer- rari, il quale pubblicamente, manifestissimii argumentii omr-
niumque coìiseMH, lo chiamò reum lanciìuiti, præcerpti fNr^r- siqtte CICERONE.
Anche il P., come molti altri dotti, attiibuì a DONATO la Vita di Virgilio, che
altri poi, corno parrebbe realmente, attribuirono ad Elio Donato, il quale
avrebbe attinte non poche notixie dalla biografia di VIRGILIO contenuta nell’opera
di SVETONIO € De vlris illustribus »•' Valaraggi, che si occupa
della questione (Rivista di fil. class.) ritenne che la biografia
appartenesse ad un anonimo commento alle Ducolicì^e, fra le cui fonti
bisognerebbe ascrivere il commento di DONATO e forse quello di SERVIO.
P. Comm. De Raptu Proserp. Tiberìos inquam Donatus, non Servi us, ut
vulgo fere creditur. Sed Donati iam titulo nostra castigatione Minutianus
impressit. ÀRGSLATi. Dibl. Script.
Mediai. Orai. IH in Minutianum.
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--r^tr Fu allora che il P.y vistolo in quel serio imbarazzo, per
quanto convinto e dolente nel tempo stesso di dover soste- nere un'
ingiusta causa, pure fece parlare al suo cuore la voce della
riconoscenza, e prese a difendere il suo ospite (1) e o- biecto Minervæ
clipeo. Essendo Minuziano poco caro alle Muse, e non sapendo maneggiare
quell'arma perfezionata del tempo: l'epigramma, il P. si senti cosbretto
a scrivere dei versi, che quegli mandava ai suoi avvei*sari, gabellandoli
per proprii (3). Questi però non toi'darono a scoprire il vero
autore, ed a scagliai'si di conseguenza contro di lui, costringendolo
cosi a venire in campo aperto. Xon si sgomentò puuto il P.,
con epigrammi vibrati e pungenti rintuzzò la petulanza d^l Nauta, che
l'aveva at- [Orat. IH in Mi- nutianum : € Ego qucm tu ingratum vocas
(piget hercule iiiciDinissa) suscepi tuas partcs, et quidem
iniquissiinas^ quantumque in. me fuit, io- deftfusum non reliqui,
tucrìque conatus sum, cum sammo capitis mei pcriculo, ut vestrum
plcrosque meminisse confido. Vatlo. Apologia. Crediamo cbe appunto allora
Lancino Curzio, fiero nemico del Minuziano, che egli per prima forse
denominò Appura Musca, (Sax. Hiat. Liti. Typograph.) scrivesse
queircpigramroa (pag. 32, 1. Ili Epigram., Milano) finemente ironico : Ad
Fabium ParrhasiuM Calvum Neapolitanum ^ sul quale il Mandalari richiamava
raUcnzione del futuro biografo del grande umar^is'a: DocU
Parrhasii delltlæ, FaU, Vates nec modicus Pieridum in graft ;
Ex quo pr«csos opem dot, facit et rabl Ut sis Doctis
docta refer, die : studlis vaco. Vulgi turbæ, age, die : Vale ; abl
Cæo. A queirepoca il P. non poteva aver figli, non avendo sposatela
Calcon- dila cbe intorno al 1504, né ebbe mai fratello o parente di nome
Fabio, sicché, tenuto conto di quanto abbiamo detto, riteniamo che il
Curzio nel- Tepigramma citato abbia voluto sferzare il coroo pugliese^
che si faceva bello delle penne del giovane pavone. tAceato più
fieramente e fece oomprendere al fiero eorso che quella mano, che
maneggiava la bacchetta del pedagogo^ aveva ben saputo in altri tempi
brandire nna spada: S fòrtana kris de coosale rbetora fecH,
Et lierohuai garìnms qua prìns arma mano. Nonne eee. Ed a
mostrare che alle parole sapeva far seguire i Catti, non ebbe alcun
ritegno di penetrare nella scuola del Ferrari- e di prendere
pubblicamente le difese del Minnziano. Allora gli odii si rinfocolarono e segui
tra il P. ed i due retori uno scambio di fieri epigrammi e di virulente
invettive, fino a che la .partenza del Ferrari (15, dopo avere però
ancora uua volta sfogata la sua bile contro il Minnziano ed i
tristi tempi, che lo costringevano a lasciare quella città. n
P. però non si lasciò sfuggire l'occasione di mettere in piena luce il
motivo della partenza di lui e di dare l'ul- tima scudisciata al suo
avversario: Noo te, crede mìhi, iactæ quæ tempora pelliint.
Aurea lalciferi qualia ficta Dei : Sed radia ioaulsæ petulans
audacia lioguæ, Luxua, et omento piaguis aqualicolus. Vallo. Apologia. Op. di. Jannelli ha
diligentemente raccolti tutti gli epigrammi del P. In Æmiliam — In Nautam
», Aroslati. Comm. De Baptu Proserp., P. I, pag. 42.
Jakiuoxi. n Minuziano, data la bassezza dol suo carattere, a
la poca stima della propria dignità, e quam post unibram la- celli
semper habuit », non comprese, né potè apprezzare il sacrifizio che il P.
aveva fatto per Ini. Appena messi a tacere i suoi nemici, egli si
dedicò con pin ardore di prima e qaæstuariis artibus » (2), e poco o
nulla riconoscente verso il suo valente difensore, lo invitò a
ritor- nare all'antico e faticoso ufficio, per contribuire cosi,
disinte- ressatamente, ad appagare la sua ardente sete di guadagno.
Non poteva certo il P. rassegnarsi più a lungo a quel tenore di
vita, che logorava le sue forze, senza nemmeno procurargli una comoila e
tranquilla esistenza ; sicché, ade- rendo al consiglio di quelli che
apprezzavano i suoi meriti, abbandonò la casa del ^Unuziano, ed apri
scuola a so in casa del carissimo e bravo discepolo Catulliano Cotta,
che generosamente gli aveva offerto ospit>alità, per strapparlo
dalle unghie deU'avaro pugliese. Questi finse di non
dispiacersi di questa risoluzione del P«, e gli concesse volentieri il
permesso di eseguirla; ma in cuor suo giurò di vendicarsi, e si
apparecchiò a quella lotta vile ed abominevole, in cui spiegò tutte le
sue male arti per rovinarlo. Oratio I io Miootianimi.
(2) MSS. R. BM. N(u. di NapoU. Cod. V. D. ISi — Oratio III in
MinaUaiiiiiD »P. Epistola ante Comm, De Raptu Proserp., Milano. e Qttom
lualtos oronis onlinis ætatisque diacipulot habeam, monim gratta
earìssimos, noster in te amor præcipuus est et sìngularis », Comm. De Rapiu Proserp., 1. IH,
€ tu nos invidiæ lelit eiectos opibus et otBciis
cumulatissime iuveris. Vallo. Apologia, # Habeas confessum reum
(Janum) ab Alexandre vel unum discipulum abduxisse, præter
Catullianum Cottam, euiua ospitio Janus est usus Alexandri permissu, nisi
simulata fuit eius ormtio-**tr--'» i j
nia'i ni> ih^l I» rliy-'a^iif Tf rtal^ J•l-fiiri.É" irnS
"f'"\' i^ì"fT-J*»^-^^pp««^^iit*=a n P. in sulle prime -non diede gran
peso aUe tristi insi- nuazioni del grammatico, e si limitò soltanto a
proporre agli alunni il medesimo esperimento del flautista tebano,
Ismeneo, ohe invitava i suoi discepoli ad ascoltare altri suonatori,
per Cftr loro meglio comprendere ed apprezzare recceUeuza dei-
Parte sua . Incoraggiato dal plauso generale, P. si dedica con
maggior lena ai suoi studi e riusci a pubblicare dopo non molto tempo il
suo commentario al De Raptu Proserpinæ di Claudiano, dedicandolo, quale
attestato della sua gratitudine, a Catulliano Gotta (6). • n
lavoro del P., di cui ora non daremo alcun giudizio, non poteva ottenere
miglior successo : il Curzio, il Mariano, il Vallo. Apóìo^. Orai. I in Mi-
noiianum: € poetaram genera nostrìs tantum non verbis enumeraret,
qoaaque nos anno superiore ex auctoribns græcìs aceepta, vobiscum
oomanicavimua, eadem nuper ille quasi sua, quasi nova, inagno verbo- ram
strepitu blateraret. Orat. I in Mi- natianom: € Id nos exemplum, quod
maxime probaremus, in usum revocare tentavimus, an aliunde factum
putatis, ut illam pecudem vos auditum miserlmos, quam ut recenti periculo
cognoscatis quid inter Apollinis et Marsiæ cantom differat. CI. Claud.
2)é R£^u Proserp.^ com Comm. P.,.! MedioL 15».
/t'^Ìij.>i»;|ii.iCattaneo, il Motta, Tommaso Fedro Inghirami scrìssero
dogU epigrammi, in cui ne magnificarono le lodi ed elevarono al
cielo i pregi peregrini. In mezzo a qncsto bel coro si fece sentire
la stridula voce del Minuziano e di pochi altri suoi pari, che, non
potendo criticare il Commento, fecero dilToDdcre la insulsa
x)anzana che il P. aveva raffazzonato e spacciato per proprio un
codice di Domizio Calderine, morto pochi anni innanzi, di' cui era venuto
in possesso. Non s'accorgevano i ribaldi che in questo modo
ricono- scevano e sancivano essi stessi il merito indiscutibile -
del PaiTasio. Questa pubblicazione e le altre due : De viris
illustribuè, opera da lui attribuita a Coinelio Kepote ed il Carmen
Paschale di Sedulio cogli scritti di Pioidenzio (4), dedicati con
bellissima lettera all'amico Michele Riccio (5), gli procaccia-' reno
maggiore stima presso i buoni, e soprattutto la be- nevolenza e la
protezione di Stefano Poncherio. coltissimo Coroni, al De Ra^du; Valix) -
Apolotjia; Jannelli RoLANOiNi Panati —
livectivæ in.Jaiiiim ParrhHsiuro. — Di questo rarmiiuo incunabulo 8i
conserva una copia nelli Biblioteca Ambrosiana di Milano. CoRNELius Nkpos
— Ds viris tUuslrihM, ab A. Jane Parrhasio et Catulliano Cotta, qui
editionem curavit, ix probatissimis codidbos emendatus. — Medici.
1500. Nella seconda parte del nostro studio esarainercrao le
ragioni addotta dal P. a sostegno della sua tesi (Cod. V. D. De viris illustrìbos cuius sit), che,
per quanto ardita e ben sostenuta, non può reggere ai* colpi della
critica moderna. Cfr. AuGUSTUS Reiffbrscueid « C. Sretoìfiii
Tranquilli præler Cæsarnm libros reliquiæ, — Lipsia,^ Teubner Seoulii
Cannen Paschale et Prudentius. — Mediol. Tirar. -;- Storia della Lett.^ T. VI,
P. II, pag. 259 ; Argblati — op. cit., T. li, T. I, pag. 1503; Tafuri
Scrittori del Regno di Napoli] vescovo parigino e presidente del Senato
milanese, venuto in qualità di Gran cancelliere insieme col cardinale
d'Amboise. Grazie ai buoni ufBci del Poncherìo, il P. potè
ottenere che per quattro anni non fossero né stampate, uè vendute
le suddette opere, a danno delPautore, e in tote Mediolanensi
dominio sub poena aurei uuius prò singulis volumi- nibufl
>. n P. cercò di rendersi sempre più degno della stima
accordatagli dal Poncherìo, il quale, avendo conosciuto da vicino i
meriti di lui, gli fu sempre largo di beneficii e onori, sino ad
invitarlo spesso alla propria mensa. n Minuziano, che non aveva
potuto, o meglio aveva temuto di avvicinarsi al dotto prelato, temendo,
come la not- tola, la luce del sole, nonché il e controllo di quella
giusta bilancia, senti macerarsi maggiormente dall' invidia ed
acuire il suo sdegno contro il Parrasio. Nel secolo dell' umanesimo
la calunnia era Parma a cui solevano spesso ricorrere i e gladiatori >
della penna, in queUe loro interminabili contese, destate per lo più dalla
loro am- bizione sconfinata, e da quello spirito insofferente di
giogo, Mediolani,1, et Regni nostri quarto Per Regem ducem
Mediolani Ad Relacìontm Gonsilii. Dal diploma originale, riportato
dallo Jannelli, op. cit., pag. 48 e teg. Orat. I in Mi- not. : € In
præeentia diligenter seduloque caTebimus ne patria am- plissimi Stephani
Poncherii, Senatus principis, ac særosancti nostri regis Archigrammatici
fallare iodicium videamur, quippe quum nos, qui sumrous bonor est, sais
annumeret, ac, ut est in bonos omnes munificns, maio- ribns in dies
anctet præmiis Vallo Apologia: «
Amplissimus Stephanus Ponoherius..... hnmanarum divinaramque rerum
perìtissimns, Jane oonviotore deleotatar ». Orat. I in Mi- nut: € cur ad salutandam
(Poncherium) nondum venitf Nempe quia Dootna solem fugit, neo audet Uli
tmtinæ se committere. ìckMMttMUépiaéUMaHiMfiaà cbe, fæcimno nostre le
parole del Voigi, portò 1a Tite ed il faoco nel campo sereso dcirarie, il
malconiento e P in- trigo nel campo dei letterali. Nelle invettiTe
si prendevano a narrare fin dall' infanria le vicende dell'avversario,
mescolando al vero menzogne, fingendo casi ed azioni infamanti,
accamnlando le più atroci calunnie, senza peritarsi di inzaccherare
persino i pia sacri affetti familiari. L'animo basso del Minnziano, nato
per avvoltolarsi in simili bruttare, non rifaggi daUe pia atroci accaso,
dalle pia sozze calunnie per rovinare P. Quasi non bastasse il
discredito, che cercava gettare nel pubblico, ardi finanche d' irrompere
nella scuola stessa del suo avversario e di vomitare contro di lui, al
cospetto dei discepoli, ogni sorta di contumelie. Lo chiamò ingrato dei
henefidi ricevuti, lo tacciò d' im- moralità e di tradimento, e, per
colmo di spodoratezza, lo accusò di aver commesso a Napoli un omicidio,
causa della sua precipitosa fuga da questa città. In questo genere di
lotte infamanti, dopo i successi ot- tenuti, il Minuziano doveva ornai
stimarsi invincibfle: altre ne aveva già sostenute contro Giulio Emilio
Ferrari, Baffiæle (1) OiOROio VoioT.Il Risorgimerto dell’antichiià
classiche. Firenze, Sansone, Rossi. Il
QuaUrocenio. ÌISS. R. DM. Naz. di NapoU. Cod. V. D. 15. — Orai. I in
Minot. : « netnini parcit, oblatrat omnibus, omnium dicfa factaque
probrit insectatur, ac ut imroundus sus cum quibus volutali qoæiit. Orat.
Il ia . Minut. : « Adests tantum frequentes, Konestissimi iuTenes,
inteUigetis profecto quantum profuerit vanissimo nebuloni
innoccntissimom hominaia tot immanibus calumniis provocassi. Orat. m
in Minut. : « Ego si nescis, versntissime veterator, non patrata cædo,
qood ipss fingis, sed odio tyrannidis patria cessi. mti f ìtai'iMH»
k0mim: ^mtm^mUmam, tmfmimmé»*^mÉ titt^^m*tì Miii jiiifc^>> I
BegiO| Gioyan Battista Pio (1), Talenti letterati, costretti dalla
tristezza dei tempi a venire alle prese con on ribaldo della peggior
risma, ed a cedere forse dinanzi a lai, per non scapitare troppo nella
propria dignità. Però avversari più fieri incontrò il Miunziano in
Leone e soprattutto in Lancino Curzio, il quale, come pare, per primo gli
affibbiò il felice nomignolo di mosca pugliese: Ut vidi, mord&x
visus et nimis Appulus, atqæ Dixi : Asini in tergo est Appola Musca
trueit. n P. parimenti tenne fronte al rabula petulantis- j
simus, però volle aspettare, come disse ai discepoli, il tempo I ed il
luògo propizio per scagionarsi delle accuse, che gli •erano state
inflitte;. Oome pare, appunto allora il Poncherio volle dargli la
più alta prova della sua stima, ed offrirgli il mezzo per trionfare
altamente sul pedante avversario. Per la fuga del Ferrari vacava a
Milano la cattedra di oratoria; dietro proposta del degno prelato, il
Cardinale Orat. HI in Minot: « Sic in Julium Novarionsem, sic in
l^aphælem Regium, 8ic in Baptistam Pium, perhumanos illos quidem, et, ut
a multis audio, bene doctos, quasi furore quodam percitus, olim
debacchatum esse ». Lakcimo Curzio. Epìgrammaton libri XX^ Mediolani, apud
Rocchum et Ambrogium fratres do Valle impressorcs : Pbilippus Poyot
fisdebat, 1521 in folio. Di quest'opera, importante per quanto
rara, si conserva nella Biblio» teca di Brera una delle poche copie che
rimangono. Orat. II in Minut. : € Non veni responsurus, ut
suKpicamini, maledictis jurgationibus et conviciis, quibos hesterna die
nequissimus ille bipedum, non tam ma. In qæm illa minime cadunt, quam
sanctissimas aures vestras oneravi!. Aliad certe tempus, alium locum illa
sibi poscit oratio, quod ubi consti- tatnm mibi færit, efficiam ut
sciatis.] d' Amboise, con bellissimo diploma, invitava il P.' a oo- capar. Solo
dopo il discorso inaugurale, questi, dinanzi ni Senato milanese,
pronunziò la terza orazione contro il lilinuziano (2), bella per vigoria
e colorito d' immagini, per efficacia d,'e^ spressioni, e soprattutto per
la sicurezza e la serenità dei giudizii, dettati da una coscienza forte e
tranquilla, sotto Voshergo del sentirai pura. Degna poi di
speciale menzione è P orazione inaugu- rale tenuta anche dinanzi al
Senato milanese : se in essa trionfa, come generalmente nelPeloquenza
dimostrativa del secolo, la rettorica parolaia, ed abbondano le
digressioni| immaginate a sfoggio di erudizione, non mancano dei
pen- sieri nobili od elevati sulla vera missione dell' insegnante e dei
precetti pedagogici, che ricordano alcuno massime di quei due insigni
educatori umanistici : Guarino veronese e Vittorino da Feltro. Chioccarblli.
De illusi, script. ; Jaknblu. Georgius
de Ambasia, tituli S. Sixti, præsbyter Cardinalis, Archiepiscopus
Rothomagcnsis, Comes Sartiranæ, Regius Ultramontes, Locumtenens Generalis
Christianissiuii Regia etc, vacante loco publico lecturæ lectionis artis
Oratoriæ in inclyta urbe Mediolani, per absenUam inagìatrì Julii
Novarìensis, egregius Janus Parrhasius Neapolitanus pelili 8ibi de ilio
loco provideri. Quare nos freti doctrina, moribus et ititeffritaU eiusdem
Jani, illi annuimus, et magistrum Janum constituimua ad pu- blicam
professionem ipsius artis Oratoriæ in dieta urbe Mediolani, ad placitum
Christianissimi Regia nostri, cum solito salario (Vallo, Apol. ; centenis
quinquagenis aureis) Datum in arce Portæ Jovis, Mediol., Questa orazione
figura prima nel codice, e tale fu creduta dallo Jannelli, il quale
perciò non potette delineare esattamente la vicenda della lotta. Oratio
ad Se- natum Mediolancnsem : Non enim parum refert quam quia initio
di- sciplinam sortiatur, nam quæ .teneri percipiraus altius animis
insidunt, ac ita penitus radices agunt, ut nunquam vel certe difficulter
evelli queant. '[ I»!»* tl^ I
Milli L'oratore, dopo aver parlato dell'efficacia singolare che un buon
indirizzo educativo suole avere sull'animo dei gio- vanetti, sino a
decidere del loro avvenire, rivolge belle ed acconce parole di
ringraziamento al Senato od al Cardinale d'Amboise, per la carica
conferitagli, non senza però accennare, con bel garbo e fine arguzia, alle
molteplici prove alle quali l'avevano prima sottoposto, certo in grazia
alle calunnie di Minuziano. A differenza degli altri umanisti, i
quali tutti, ad esempio del Filelfo, con audacia più o meno boriosa, si
credevano ed amavano fiEU*8Ì credere dispensatori di gloria, P.
rifugge dalla consapevole ciarlataneria adulatrice, come pure non
sembra affatto dominato da quell'orgoglio e da quella grande vanita
letteraria, riprovevole nel Filelfo, nel Poggio, nel Valla ed in tanti
altri. Ed ecco perchè egli, con una modestia ammirevole per
e quanto rara, prega i suoi uditori di non voler ricercare in
lui altri beni all' infuori di quelli, che gli procacciò il
bisogno. n P. non poteva meglio corrispondere
all'aspettazione dei Milanesi ed alla promessa fatta di adoperarsi in
dieg magie magisque, per non sembrare indegno della fiducia riposta
in lui. I filosofi del tempo, quali il Curzio, il Giovio, Or. oit. €
H^beo Tobit gratias et quidem maximat. Viri claiiasimi, ac ai facaltaa
daretor etiam referrem, qui de nostrìs stodiis adeo aolliciti estis, ni
me, licei illuatris amplissimiqæ Cardinalis Rhotomagensis, qui
Chrìstianiariaii regia peraonam auatinet, iodieio comprobatom, non tamen
prius admiæritis ad endiendam Mediolanenæm iuventutem, quam
Tigilantisaimia veatrìa ocalia exliibitom aliquod perìcolam fæere
apecUTeritia »• (2) Vittorio Roesi.Orat. di., Cod. eit. Op. eli.,
1. di. Bugia Vir. Uu. iOusir Giraldi, Q Bosmini , Q Tiraboschi, n
Plegafeta, e tanti altri ci attestano concordemente il plauso riscosso
: non riporteremo qui integralmente le tirate rettoriche e le lodi
entusiastiche contenate nei loro pomposi epigrammi| ci limiteremo
soltanto a citare alcuni versi di Cesare Sacco, che nella loro forma
enfatica ci rivelano, più che tanti altri, quel vero entusiasmo che il P.
riusci a destare anche nella più eletta cittadinanza milanese:
Dam legit et Janot concenlibas æra compiei, Doleis et in
nottras perstrepit aure eonue. Qoæ Veneree homini dictant modulamina
vocis f Hunc gratum innumeræ, non Charia una facit. Huiua in
ore sedet trìplez Acheloia prole». Canina et Astrorum porrìgit ipse
manum. Ingenita eei illi mira quam vìtIì et arie Actio.
Goncinnum quid magia esæ poieetf Adde quod hanc ditat longisaima copia
rerum : Fertile doctrinæ quod gerii ingenlum ! B in
verirà il P«, oltre la grande erudizione, possedeva tutti quei dati
esteriori, che tanto contribuiscono a procao» dare all'oratore la
benevolenza del pubblico : il suo occhio vivo e penetrante, la fironte
ampia e serena, che anche nel- l'effigie ti rivela l' ingegno potente e
scrutatore, il gesto dignitoso e la rara bontà di eloquio rapivano ed
ammaliavano le moltitudini. DmZ. i De Poetii sui t&mparii. Viia da
MarudàjOù Triwdtw. AxfoxLo Oabriillo da S. Maku'. BM. degli Senti.
Vicendm, T. lY., pag. XY e æg. (^ Yallo. Apologia. PiSRio Yalxbiano. ^De
infeUcitate Utterai.^ L I, pag. 2U OiOTio. — Slogia Vir. iOusir.^
Ed ecco perchè dappertatto, anche da lontani pæsi| accorrcTano a
lui giovani e vecchi, valenti letterati e persone mezzanamente istruite.
Fra' più assidui uditori merita d'essere ricoi'dato Trìvulzio, che carico
di anni e di allori militari, træva grande diletto daUe lezioni del
giovane retore. Questo pieno, incontrastato trionfo impose silenzio
al maligno Minuziano, il quale, dopo qualche tempo, si senti
spinto, forse costretto, a fare una completa ritrattazione AUora, verso il
1503, sia per suggerimento di Stefano Poncherio, sia per non dare agli
alunni il poco lodevole e- sempio di una lotta indecorosa, il P. non -si
mostrò alieno dal pacificarsi col Minuziano. Con questo nobile atto
egli volle prendere sul suo avver- sario la migliore delle vendette : il
perdono, e mostrargli cosi chiaramente, come disse poi ai discepoli, che
e multo speciosius est iniurias dementia vincere, quam mutui odii pertinacia.
Vallo. Apologia : « Diesque me deficiet,
si commemorare sin- gilUtim pergaui quot e finitimis et longìnquis etiam
re^onibufi Jani traxerit eruditio, qui ceteros ante eum rhetores
indignabantur ». Spbra. De
nobilit, profess. Spiriti. — Uo- morie dei filosofi cosentini; Zayarroni.
Biblioteca eaHabra; Tapuri. Scrittori del Regno di Napoli, Barrio. De
Sita et antiq, Baylx. DicUonnaire liistor. et crit, Præfatio in
Per- dum : € Quapropter omnia praotcrìta malcdicta, quæ non voluntate,
non iudicio (qood ipse non negavi t), sed irapercitus, in noe effudit,
familiari- tati, qua mihi coniunctus olim fuit, et amicorum precibus
condonavi. Fræfatio in Per^ sium : € Minutianus Alexander, ut acitis,
annis abbine duobas, an tertios agitar, ex hospite factus.hostis, utrius
culpa dicere supcrscdeo, quando fere iustum quisque afiectum indicai,
quem agnoscit, amicis auctoribus in gratiam mecum rediit, et eam (quod est in
me) mansuram semper Quum præsertim' intelligerem satis in eo
Pontifico meo (Stefano Poncherio) factu- rum,' ne morum facilitatem, ad
quam ipse natus est, in me desideraret. La soddisfazione morale
provatieno sempre più vasta, le sue osserva- . zioni sempre pia acute, i
suoi commonti sempre pia profondi. . Allora egli compose in parte,
o arricchì, quei pazienti * ed accurati lavori di compilazione, che
denominò excerpta. In primo luogo meritano di essere ricordati gli e
Excerpta mitologica ex Pindaro, che ci attestano chiaiamente quale
fosse la sua erudizione in fatto di mitologia, nelle cui CavoIo egli fra'
primi trovò un' esatta corrispondenza eoi fenomeni naturali. C&rt.
Mi.,, di e. 119 non nom., oltre le guardie; è legato di pelle e
attesta la medesima provenienza degli altri codici : € Antonii Serìpandi
ex Jani Parrhasii testamento. Ex Qlympionicis Pindari », expl. eoa
un rimedio contro la podagra € et conforterà lo membro debole. P. Gomm. al De
Ra^u Proserp. € qaod non Cjolopea tela. È parimente un lavoro di
compilazione fl codice ohe contiene le sentenze tratte dagli scrittori
antichi, di cni egli si servii per qnanto non sempre opportunamente, in
tntte le sue opere. Da simile intento il P. appare guidato
nella raccolta degli e Excerpta ex Polisno et Polybio e negli e
Excerpta historica, grammaticalia et geographica, come pure nella
compilazione del e Dictionarium geographicum lavoro di grandissima mole,
che rivela uno studio lunghissimo ed una pazienza sbalorditoia, per
disporre alfabeticamente nomi di regioni, citta, monti, fiumi, mari ecc.,
tratti come egli dice € ex Strabene, Pomponio Mela, Tacito, Pansania,
Am- miano Marcellino, Historia tripartita, Eusebio, Apollonio
Bhodio, Barbaro, Alessandrino, Nicandri interprete, Gocciano etc...
>r Meritano similmente d'esser ricordati altri due codici,
contenenti notizie di vario argomento, ricavate da diversi Cari. aot.
di e* 21 interftmente scrìtta e non num., mm. ; Antonii Serìp. etc.
Ino. € si possent homiæs »; ezpl. « plenus unguenti pa* tere videtor
». Cart. aut. di e. 70 non num., compresa le guardia e la e. bianche
in principio in ia mazzo ad alla fine, Sarìp, atc. — Excerpta ex Poli»no
inoip.: € Antoninus et Severus imperatorei ezeroitnm dnxerunt in Parthos
». — Excerpta ex Polybio incip. : e postaaquam oonsulas » ; ezpl. : €
inde opima retnlit spolia. SS autori, ed in ultimo un
Tolaminosissimo e Nomenclator, di parecchie centinaia di pagine.
In questo modo il P. poto acquistarsi una coltura dar- vero
straordinaria, da non rendere poi di troppo esagerata la lode che gli
tributaya Toscano: llle sul Janus sftecli Varrò, ille
vetarnam Torpentem excussit^ torba magistra. Ubi, E non altro
che lui, colla sua erudizione e col suo se- vero metodo scentifico,
poteva rinfocolare negli animi l'amore per i buoni studi, e indirizzarli
a più alta e più nobile meta. Sono morti Alfonso d' Aragona, Cosimo dei
Medici, Pio n, Francesco Sforza, tutti potenti mecenati ; come sono morti
Valla, Poggio, Guarino, Biondo. Si era poi compiuto un assai importante
av- venimento, si era cioè impiantata la prima officina tipografica
noi monastero di Subiaco, por opera dei due tedeschi, Oor» rado
Schweinhcim e Arnolfo Pannartz. Notevole riscontro di date, dice il
Bossi, che par segnare il tramonto di quel periodo della Binasoenza,
che fu di preparazione e di fermento della materia letteraria.
Grazie alle insigni scoperte fatte dagli umanisti, la miglior parte della
letteratura antica, che era sfuggita all' Tariique argomenti ex plurìbus
auctorìbus digettæ » : — Ine. € Persona Theodorìci », expl. € neo Xanthos
uterqæ. Cari. aut. di Serìp. eie. —
Inc. € Indice Galeoti et Me- rulæ de homine
» ; expl. € Indice Hermolai. Cari. ani. Serip. etc. — Inc.
e Atticas et Marcus Bratos »; expl. € ex Eusebio, de temp. Peplum ludiæ^
Rossi. il Quattrocento, ed. oli.. dei tempi, si oiTriva allo stadio dei dotti ;
non restava quindi che saper (are buon uso di quei metodi, meglio
appropriati all'interpretazione e alla critica. A qnest'
ultima quindi spettava, come afTerma Bossi, di trarre dalle conquiste dei
grandi eruditi trapassati tutto il frutto possìbile, di affinare col
savio uso i loro metodi, di attuarli rivedendo, correggeudo, commentando
la suppellet- tile classica. Questo difficile comx)ito si
assunse e disimpegnò nel più alto modo P., col quale si delinea
netta- mente la seconda età della Binascenza, in cui la critica e
l'arte raggiungono la loro maturità. La stampa ben presto si era
propagata in Italia, e a •non lunghi intervaUi di tempo Eoma, Venezia,
Milano, Verona, Foligno, Firenze, Napoli avevano avuto la loro officina
tipografica. Non sempre però accadeva che nella revisione e
correzione dei classici vigilasse la mente esperta degli accorgi- menti
critici di un Giannantonio Gaiupano, o di un Gian-' nandrea Bussi, di un
Lascari, di un Erasmo; spesso le edizioni erano curate da avari ed
inesperti tipografi, che, spinti dal solo desiderio di guadagno, al pari
del Minuziano, stampavano e diffondevano nel pubblico le opere degli
scrit- tori antichi, riboccanti di errori. Contro questi veri
profanatori dell' arte antica si sca- gliò fieramente il P., e con tutte
le sue forze si dedico alla correzione dei testi, che nel triste stato in
cui erano ridotti dai tipografi, come egli disse, non sarebbero stati
; Maittairb. — Annal. Typogr. Orai. Ili in Mi- not* : € Et la
unquaio poteri t illum quæstom facere, quem non ex offi- cina, sed
laniena libromm, quam maùmam iadtf ». pia riconosciuti dai loro stessi autori,
se fossero ritornati in vita Fedele al suo programma, P.,
dopo la pubblicazione dello splendido commento al De Baptn Proserpiuæ e
degli altri lavori, di cui abbiamo tenuto parola, mise fuori,
dedicandolo a Ponchorio, De Regionibus urbii Samæ lihellus aureu» del pseudo
Vittore, che, coUe ag- giunte già apportatevi da Pomponio Leto, divenne
la più iiiH portante guida topografica di Boma. Un anno dopo vide
poi la luce V opera dal titolo : Probi instituta artium et aliorum
grammaticorum fragmenia, che dedica a Cusano, giovanetto che alla nobiltà del
casato 'congiungéva mente eletta e sentimenti generosi. Intanto il P. con
anlore incredibile emendava i classici, apportando dovunque la sua opera
di critico profondo ed illu- minato. A questo periodo di lavoro intenso e
geniale dobbiamo i seguenti importanti commenti, sfuggiti all' avarizia
fraieeea De UtIÌ indice: e De latinis vero quo me Vertam nescìo,
ita mendose ecrìbuntar et to- neunt. Utin&m non nostri temporis hæc
iustior easet querela ! certe ego non plus in alienis erroribua
confutandia, quam in exponendia aoUquorum acriptia inaudarem. Sed
affirraare iuratiia et aancte poaanm, aio omnea ab Impressoribua inversoa
esse codices, ut si auctorea a postliminio mortìa in lucem revocentur,
eoe agnituri non aint. Il vero titolo deiropera del pseudo Vittóre è: Notitia
regionum Urbis Romane. Manuzio. Instit, grammai, Spera. De
Nobil, profess.,; Bayli. — Dictionnaire histor^ et crit.^ n. D.
ecc. P. — Epistola ad M. Ant. Cusanum^ ante Probi Inst. ete.
TUM- T&ania»i'i 4>^Mfc»» n i>i ft n i fM Éi i -jfi 11 -'-v*-- !
' e all' incuria dei eustodi: e Valerii Maximi Prisoorum
exeui- plorum libri II (i) ; Kotulæ in I Od. Q. ORAZIO Flacci; In
lOnvi Valerii Flæei (iii) ; Commi'ntarii in ORAZIO Poeti- Cam (iv) ;
AdnotatUmei in Cæsarie Commentarios; Adno- tationes in Epistolæ Ciceronii
ad Atticum (yi) ; N'otæ. in Statii Silvas (yn); Adnotationes in Tibullum
(vili); In Ciceronii Paradoxa adnotationes 7— Commentarii in Livii
libroe: De bello Macedonico, et in Lucium Florum (ix) >•
Parecchie altre opere, che sono andate perdate, furono composte
durante la dimora del P. a Milano ; fra queste degnissima d'essere
ricordata quella dal titolo : Quæeitii per epietolam, di^ cui non ci
resta che un libro solo dei venti- cinque da lui compilati (2}.
Quest'opera da se sola baste- rebbe a. darci un' idea precisa della
profonda coltura del P. e dell'alta fama raggiunta. Da ogni parte
d'Italia si ri- [MSS. R. DM. Naz. di Nap. — Cod. cart. aat. XIII, B. 14
; Cod. cart. &at. XIII, B. 15 ; Cod. cart. aut., B. 20 ; Cod.
earU aut. XIII, B. 23 ; Cod. cart. ant. V, D. 3 ; ^ti) Cod. cart. aot. V, D. 13; Cod cart. aut. Y, D. U; Cod. cart. aut. V,
D. 22; Cod. cart aot. A proposito di quest’ultimo codice non sarà foor di
luogo ricordare il seguente brano della Frac fatto in LIVIO: e L.
Flomm prælegi, qui carptim compendioqæ popoli romani scrìbit historias.
In eo castigando simol enarrandoqoe quantom Tigìlianim, quantom
laborie exhaoserim, testes mihi sunt omnes qoi tum nobis operam dabant.
Qoorom nonnollos non tam mea, quæ mediocris est, eroditio trahebat ad
aodien- dom, qoam qoædam, ni fallor, expectatio, qoa ratione curarem tot
rol» nera, vel, ot verios dicam, carnìficinam, qoam librarios (il
Minoziano) in Floro sic exercuerat, ut novæ cicatrici locus non esset. OiOTANNi
Pier Cimino. — Episi, nuncup. ad CorioL Mariyr. Inst. Oramm. CharisU: e
Brat enim ad editionem iamprìdem paratom, librisqoe constabat cireiter
quinqoe et viginU ». Enrico Stefano. -^ Epist. ad Lud. Casuilvetr.^
ed. De Rebus ; NicoDBMi. — Addizioni alla Dibl. Nap. del Toppi;
Marafioti. Cron. ed amie, di Calab.; Tiraboschi. - Storia ecc.,Oinournì.—
iTótotiv Uu. d'Italie, Paris. volgevano a lui per aver schiariineuti di
questo o quel dubbio, per V interpretazione di questo o quel passo
controverso ; ed egli con una modestia, non meno rara della sua affabile
liberalità, non negava a nessuno il suo giudizio, che, come canta il Salemi,
era venerato al pari del responso deli' oracolo di Delfo o di quello di Dodona: credas
Delp&is oracula Phoebum Aut Dodonæas ornos, quercum|ue locutat.
Da ciò appare che P. negli studi di erudizione teneva
incontrastabilmente il primato, da non temere punto di schie- rarsi,
alPoccasione, contro i più rinomati umanisti del tempo, fosse anche un Poliziano.
Certo, facciamo nostra la giusta osservazione di FIORENTINO (si veda), il
contendere la palma all'eruditissimo Poliziano e il biasimarne i giudizii
richiedeva non piccola autorità, quando non fosse stata audacia e
sfrontataggine senza pari. Da quanto abbiamo detto chiaramente appare che
un simile rimprovero non poteva toccare a P. A questo punto crediamo
opportuno far rilevare un altro grande servigio arrecato dal P. alla
scienza, durante la sua [Salerni. — Sylvæ' In Jani obùu Epieedion, e
Mg. ed. Neap. Lettera a persona ignota Non vìdeo cur ad me
acribas a Politiano Domltii sententiam non probari in illad ex prima
Papinii Sylvula : RKenus et atUmiH vidù ' domus ardita Dati. Nisi forte
vis ut Politiano sabtcribam, vel a calamuia Doroifium defendam. Quæsiux
per episL^ ed. Matthæ. Lia est mihi cum Po- litiano sinuosa (a proposito
di un passo di VIRGILIO. Et audet PoHtianns asserere Trapezuntium multa
fecisse rerum vocabuìa ex imitatone veteram » eoe...Telesio. Flrenso, sncc. Le
Mounier.] dimora a Milano, quello cioè di aver contribuito non poco al
sorgere della Colia Oiurisprudenza, di cui fu caposcuola il suo
discepolo, Alciati. Senza punto occuparci dei primi due periodi
della coltura del DIRITTO ROMANO, la Glossa e lo Scolasticismo, ci
limitiamo a ricordare che si deve esclusivamente agli uma- nisti quel
mo\imento reattivo all' indirizzo precedente, in cui avevano avuto grande
predominio le peripatetiche spe- culazioni, il vuoto formalismo e l'arte
delle infinite distinzioni suddistinzioni, che avevano ridotta la dottrina
del diritto romano ad un convenzionalismo dogmatico. La lotta
contro i giuristi, cominciata dal Valla con la famosa lettera contro
l'opuscolo di Bartolo da Sassoferrato, De insigniii et armi$, trovò plauso
negli altri umanisti, soprat- tutto nel Poliziano; e se suscitò al
principio un grave scandalo, valse a rimettere in onore lo studio negletto
delle fonti ed a far conoscere la grande importanza del metodo
storico-filologico. Questo rinnovamento, iniziato dai letterati, fu poi recato
completamente in atto dai giuristi e, primo fra tutti, d’Alciati. Questi,
mettendo a profitto il suo sagace discernimento e la sua vasta
erudizione, coll'aiuto di codici da lui dissep- pelliti nelle
biblioteche, riusci a restituire alla loro esatta lezione molti passi di
Erodoto, di Polibio, di Appiano; altri emendò in Plauto, in Terenzio, in LIVIO
e special- [Gravina. — De ertu et progressu iurù civilis. €
lurìspnidentiA Alciati manu ex humo sublata, oculos ad primordia sua
reflectens, vetera ornamenta nativamque digoitatein a priscis ropetiit
auctoribus ; cumque Alciati discipuli ex Gallia et Italia universa
conspirarent, eorum præsidio iurisprudentia se in prìmæva eruditìone
atque elegantia cpllocavit* quæque in Imeni, Accursii et Bartoli scholis
viret exsenierat, retonta rubigine, cultu eruditoruni et industria
littcrarum elegantiarum, exuit barbarìem el nativam explicuit venustatem
».nix DI ] mente in TACITO, determina l'indole dello stile dei migliori
giureconsulti, per cogliere il senso dei loro consigli nelle Pandette,
descrisse «Uligentemente le variazioni del diritto pubblico romano,
i>er conoscere lo spirito delle leggi in ogni età, e colla sua
profonda critica gettò la luce sui passi pia difficili e controversi
(!)• Ora domandiamo : l'Alciati a chi va debitore di questo
critico indirizzo, a cui deve la sua famaf Se qualcuno, neiracnme e
ncireleganza di dettato dell’Aitore deWclegantc giHritpruiìemza, riconobbe i
lieti frutti deir insegnamento di P., la cui scuola egli firc^-
quentò dal 1504 al 1506, compiendovi, ancora giovanissimo, gli studi d'
umanità, nessuno, per quel che sappiamo, ha aucora bene osservato che il
metodo tenuto dal grande giurista ncir emendare i testi degli antichi
giureconsulti è quello ^stesso tenuto dal P» nella correzione dei
clas- sici, e che da qucst' ultimo, molto probabilmente, apprese
anche i primi elementi della dottrina del giure. B e' indu- cono in
questa opinione due altre preziose orazioni inedite: De iustitia, De iure, le
quali ci attestano che iP. a Milano, dietro invito d’Amboise, fa
parte [Prima. Alciati. Orazione inaugurale letta neir Univ. di
Pavia. — Milano, Stamp. RoBBRTELLO. A»not.
ad Var. toc., 1. II : Tibi vero gratulòr, Alciate, quod Jannm
Parrìtasium^ virum doctissiiBuin, a puerìlia nactos fuoris præceptorein.
Nunquam enim tua scrìpla lego, quin mihi illiua recordatio viri oecurrat,
adeo diligentis et perspicacia in veterum locit emendandis, atque
expUnandìs Homines qui ignorant talem præceptorcm tibi a pueritia contigiese
admirantur postoa quantum eUam in hoc ttudiorum genere valeaa. Ego, qui
id iMsio, nec miror et lætor »• k3) Claudio Minois. — Vita Alciati
ante Emhlemata ; Quoio. -» Epiii, Clar, et doct, Vir., ; Tiraboschi. Il
P., nulgrailo lo tristi vicende toccategli/ senti sempre per Milano U pia
grande attrattiva, a segno da preferirlai dopo Napoli, % tutte le altre
città d' Italia, come con belle parole dichian ai suoi discepoli. A
rendetli cosi piacevole quel soggiorno' contribuì, senza dubbio.prima V
amicizia e poi la parentela contratta col valente gecista, Demetrio
Oalcondila. Questi, chiamato a Milano da Lodovico il Moro, dopo aver
insegnato, per t^ti anni e con molto plauso, a Padova o poi a Firenze dda
cattedra resa celebre dall' Argiropulo, vi ebbe le più liete accoglienze,
venendo egli a soddisfiure quel vivo Uiogno sentito dalle menti, dopo la
meta del secolo XV, dponoscere cioè ed apprezzare le opere immor-
taU dei Gì [PrtefAtio ia Thebaida : « Egouom prìmum appuli in hanc
inclytam civitatem 6t latÌ8HÌmo dignamiperìo, eìut amplitudine captua,
hanc animo meo proprìam sedem U Nam post illam felicissimam
Campaniaa oram in tota Italia nullii usquam secessum solo virisque
meliorem, qaiqiie mihi M«diolano mls arrìdeat, invenl. n P., appena
giunto a Milano, cercò di avvicinarsi al- l' illnstre ateniese, per
potere ancora niegfio apprezzare i tesori del mondo ellenico, e trovò in
lui uia guida sagena e illuminata e affetto veramente paterno.
Frequentando la casa del Oalcoudila, ej^li ebbe agio di ammirare la
coltura o le belle qualità mora! della figliuola di lui, Teodora: sebbene
questa non potes» vantare né grande bellezza, nò forte dote, se no
invaghi\ la foce sua sposa, come si desume daunepigramma scritto in
quell’occasione dall' amico Cil^io. D'allora in poi P. abita in casa del
suocera, dove potè conoscere molti valenti letterati, venuti a ^lilant
per appren- dervi il greco, fra' quali Trissino, il quale pare
abbia fatto dimora presso lo stesso Calondila,. come « e' inducono a
credere una lettera di quest' ulmio «liretta a lui e sei altre di P., da
cui traspare la pinjgrande fami- liarità e domestichezza. Comincia
cosi un periodo di tregua nella vita di P., ma nou fu molto duraturo,
poiché vennero ditinovo a tor montarlo le strettezze finanziarie e i suoi
nmici, che gli piombarono addosso ancora più rabbiosi di praa.*
I Milanesi, se gli furono larghi di applauso onori, non [A Præfatio
in Thebaida: « placoit in spcm prolit ot rei faìnili»
Thcodoram, Demetrìi filiam, mihi adiungerc, in qua non forma, quan
ea inediocria est, ut appellat Ennius, non oiTertam dotein, quæ ma «ine
morìbus ex|>etitur, animuroque ineum non facile capit, scd ingfiat
artes, intè- gritatein vitæ, et super omnia |>atri8 eius affinitatem
Retavi. Jannelm. optt., pag. n2« -
[KoscoB. ~ Vita é PctUi ficaio di Leone X, trad. JBossi. Milano, Sonzogno, il
traduttore ri u venne queste lettere nella corrisddenza epistolare del
poeta vicentino, conservata dai Trìssino dal Yeld*Ofo. lo furono
altrettanto nel ricompensare le sue fatiche. Di ciò abbiamo chiara prova
in un'altra orazione inedita, in coi il P. candidamente fa nota ai
discepoli la sua triste condì* zionci ricordando loro, con aniarezza, il
detto di Aristotele che cioè il povero difficilmente e raramente giunge
all'ac- quisto della scienza (2). Quanto diverso era stato il suo
giu- dizio sulla povertà nclVOratio ad SetMlum McdioUinensem t
Non deve recar punto meraviglia che questa ed altre volte la
miseria abbia bussato alla porta del P. • In quél secolo, ben chiamato
dal Graf il secolo dei ciarlatani, chi non si tirava innanzi, chi non
gridava e magnificava la sua merce, chi non prometteva più di quanto
potesse attenere, correva rischio di morir di fame. Bifuggendo il P. da
ogni bassezza e dalle quæ$tuarU$ artibìii dei letterati del tempo, era
naturale che non guaz* zasse mai nell'abbondanza/ Il
Poncherio, conosciute le condizioni poco floride in cui egli si trovava,
non mancò di venire in soccorso di lui, affi- dandogli il proficuo
incarico dell'educazione e dell' istruzione del nipote Francesco. Ma ciò,
se valse a sollevare il bi- [In L. Flomm : € Nam quid aliud,
ornatissimi ìuveoet, in tanta rerum difficultate, quid a1ittd« inquam,
facerem, quum publica stipendia non procederent, et al qnæ privatim
consequor emolumenta, vix emendis olusculit satis essentf. In L. Flomm :
« Quippe ai viatica desint, ut vocat Aristoteles, omnia ad acientiam eo-
nattts irrìtus est et inania, et quantocumque labore diligentiaque,
mille- simus quisque vix evadei. AUraverio il Cinquecento^ pag. 110 e æg. MSS.
R In L: Florum : « Nunc autem quum pater amplissirous Stephanus
Poncheriua quo, quasi sacro atque inspoHato quodam fano« boni omnes
utuntur, non ho- nesta solum mihi præmia constituerit, sed, quod magous
honor est, nepotis ex fratre sui curam'milii delegaverit.' Il M libili
iiit — i j j I r II l ii — ^- 1 " lancio domestico del povero retore,
noD potè ridargli la tranquillità dello' spirito, turbata ancora una
volta dagli antichi nemici. Primo ad uscire dal suo agguato
fu il perfido Minuziano, il quale, avendo corrotto un ribaldo sacerdote,
discepolo del P., fece sottrarre a quest' ultimo il commento al De
bello Macedonico di Livio, frutto di tre anni di assiduo lavoro,
pubblicandolo spudoratamente col proprio nome (1), e dedi- candolo per
giunta ai successore del Poncherio, Carlo GoiTredo. Questo fatto indigna
fortemente P., che memore degli
altri torti ricevuti, senza alcun indugio, rese di pubblica ragione V
impudente plagio. H Minnziano, vedendosi brutto e spennacchiato, al pari
della cornacchia esopiana, per ven- dicarsi, non rifuggi da un' ultima
vigliaccheria, dal collegarsi' cioè col Ferrari, che era ritornato a
Milano, e col Nauta, contro i quali aveva lottato insieme col suo antico
ospite. A questi si uni un vero lanzichenecco della penna,
fac- ciamo nostra un'altra espressione del Graf, un tal Rolandino
Panato, che indettato e coadiuvato dai suoi amici, scrive contro P. delle
scandalose Inveetivæ), che per oscenità non hanno nulla da invidiare a
quelle scritte dal Panormita, da Poggio, da Valla e da Trapezunzio. Vallo.
Apologia : Impudentior autem præceptor ille tuut, iropressorum
postrerout, qui Jaai castigationes in bellum Ltvil Macedonicum, grandi pretio redemptaa,
ab avarìssimo quodam sacerdote (palam rea est) intervertìt, emendatumquo
Jani labore Livium suo titulo pablicavit. Vallo. Apologia : « Neque erubuit
homo com iis in Jannui conspirare, adversus quos certo capitis perìculo
se, nomen, doctrinani, ceteraque omnia sua tutatos fuerat P. RoLANDiKi
Panati. Inveclivæ et Nautæ Carmina. Questa pubblicazione, sebbene non
porti indicazione né di anno, né di luogo, pure, come notAva Mazzucbelli,
è certo che fu fatta a Milano .mm^Smi^^mt^l^lCt TRA m
A. 6IAXO TkWMAWm CS Laudo contro fl P. o^ torto £ coBioBieliey o^ sorto di
ribalderie, lo duamò msiumm mremdiemmt, Jmmm /o€di$$immm Mcarmhcuwi,
tmprmrimm, Ibtommw» jMrtjtfi Don eitore altri Tilissini epiteti, che
layia^o ndte 1/ infkaie rabula criticò i larori di Ini, ne^ loro o^
V'^fl^ letterario e li denomiiiò amwumtmriolm. do Irrìdo di
protesto eruppe daD'aniaio dei baoai per la basse ingiarìe lanciato all'
nomo dotto e morigerato: Biffo, Cornìgero, Peloto, Bolognese Bratt-
gelisto Biadano ed altri molti alzarono la roee contro i tìK diiEunatori,
e scrissero contro di loro de^ epigrammi di foooo, che non riportiamo,
per non intralciare fl nostro racconto (!)• n P. neppure questo rolto si
diede per Tinto, e riden» dosi delle nuoTe insidie dei suoi aTTcrsari, si
ain^arecdiiò a schiacciarli con pochi colpi, come scriTOTa all'amico bolognese.
B non disse dò per millantoria, polche rinsd complctomento nel suo
intonto colla pubblicazione della dtato Apologia di Vallo (3), la quale d
ha fornito tanto e ri im- portontl notizie. Nessuno dei
biografi del P., compreso lo*Jannelli, ha ossenrato che il Vallo, se ebbe
in essa la sua parto, non fli certo la prìndpale: la grande erudizione,
lo stfle, le dta- zioni, comuni ad altri lavori del P., rivelano la mano
del provetto mæstro più che quella del «liscepolo. Questa
volto, dobbiamo pur dirlo, il P. fu costretto a combattere i suoi nemici
colle loro medesime armi, oppose [Jaio«blli. —Jannblli. Risi de Jolio
«t Musoa Appula, perque gratum fuit audire quid de utroque seotiret
8ed, ut spero, noo agam Æsopi calvum,,nec expectabo Eiemis adrontùm
: paucis ictibus conteram. Furius Vallus Echinatus in Rolandinum, pistrìni
yernam illauda- tnxn,ante sec. ed. Comm. De Raptu eto. mmm r*^iM
«•^Ki^'^i^i>B ap"'litT-r"i Una delle colpe attribuite
al secolo dell' nmanesimo ta qnel vizio abbominevole, per designare il
quale si e tolto a prestito il nome dai Greci. Fra le ignominie che
gli umanisti, a ragione o a torto, si gettavano in faccia vicendevolmente
havvi sempre in primo luogo la pederastia. H Bcccadelli rinfaccia questa
colpa al grammatico sanese Matteo Lupi, il Filelfo al Porcello, Poggio
al Valla, il Valla a Poggio e cosi via. Non dove sembrare quindi
strano che quest^accusa tanto comune si lanciasse anche contro il P. dal
corrotto cinque- cento, che ereditò, anzi rese più morboso questo vizio
del secolo precedente. Infatti tutti gli strati sociali, come
dice il Oraf, ne erano infetti, a comijiciare da Leone X, se vogliamo
prestar fede alle parole del Giovio ; Antonio Vignoli e il Bibbiena
ne accusano preti e frati ; il Firenzuola lo chiama manza di maggior
riputazioÆ, e gli prodigsftio lodi della Gasa, Dolce, Lori, Curzio da
Marignolli ed altri dieci altri cinquanta, aggiunge il Graf. B che dire
dell' ac- cusa che grava su Francesco Bemi e sulla figura pia
eletto del secolo, Michclangiolo Buonarroti Y Siamo lieti di
notare che tutti, concordemente, assolvano il P. del fallo imputatogli,
prima di tutti lo stesso Giovio, che non la perdona a Leone X (2). Ove
non potessimo ad- durre delle prove tanto convincenti, basterebbe per
poco . riflettere sulle sante massime dettate ai discHpoli nelle orazioni
inedite, osaaiinarc l'elegia in morte di Antonio [ Attraverso il
Cinquecento Oiovio. Ehgia ViV. Un. t7/ii5fr., p&g. 208; Spiriti, r-
ifemorM degli sct-iitori Cosentini^ piig. 25; Qinqukns. — Histoire litt,
d'Italie; Morcri. Grand Dictionn, histor.,
MSS. R. BiU.PræfaUo in Achillcidem, Cratio ad di«cipulos, Oratio
ad Scoatam Mediolanensem, Ad Mumclplum Vlncentloum
tic t'amili' ma» w ^,n>»m n 1 iT_ I liwj I if^N»
iw*iift*>ff^' ii»mifjtmv%'8ai, Tisusqæ sum orator Quid igitur aateal
dubilabant ne conduxisseut Thucididem Bntannicom, vel Ranam 'Sobri-
phiam? Sed utramque suspicìonem disonstl ». Questa lettera e le
seguenti sono dirette al Trissino, che allora si trovava a Milano ad
apprendere il greco, presso Calcondila. III wm^mf* »Jfc^>»*M>W^ I ^
I 11 >WII^« fonati) quantum vix olira Gares in Leloges, Arcades
in Pelasgos, Laoed(cinono3 in Ilotost Fiere e generose parole che mostrano
ancora una volta quanto fosse esagerata i' accusa di coloro che negarono
completamente agli scrittori del secolo XVI la coscienza morale della
nazione italiana. B che realmente il P. avesse fede nel!' avvenire,
d è mostrato anche dalla seconda orazione, dove se si notano i
medesimi difetti delle altre, e soprattutto la prolissità e una troppo
sìidata erudizione, si ammirano similmente gli alti pre- cetti pedagogici
e didattici, e le sane norme dettate ai gio- vani e ai padri di famiglia,
circa i beneficii di una buona educazione. Conosciutosi in tal modo il
valoro e la nobiltà d'animo dell' uomo bassamente calunniato, dietro l'
esempio deUa famiglia Trissino, presso la quale egli aveva trovata,
nei primi tempi, la più calda e sincera ospitalità, cominciò una
vera gara tra le più nobili famiglie vipentine, per sempre più dégnamente
onorarlo e cattivarseni) la benevolenza. Nonostante tali prove di
affètto e di stima, il P. non visse a Vicenza in quella perfetta
tranquillità, come credette lo Jannelli, per aver ignorate le importanti
lettere al [Nencioni. — Nuova Antologia, Orai. II ad Mun. Vincent :
« In quo nonnulli parontet, ut hic ordiamur, obiargatione digni sunt, qui
spcs quoque suas ambitioni donant et precibus amicorom, non minus insulse
quam si gravi morbo quia Implidtus, ut amici grar tiam colligat, oinisso
perito salutiferoque medico, se committai ignaroii cuius inscitia fonasse
peidatnr. Roseci, op. cit.,. 1. eit. : € Qni (Trissiol) nihil ad oroaodam
tei- lendumque me domi forisque omisenint, exemploqoe coeteris, nt
Idem fæerent, oxtitere. Nam cerUnt inter se Thiend, Palelli, Portensea
et Cberigati quinam de me magia promereantnr »•
immmà^J^amm^t0>m^' j i>^ 1 1 ^,n . »! I »« a «» «ii ' i^iai^ T i ri i ^. - ««-ìLm Trìssino:
prima la podagra (l), che aveva cominciato ad af- fliggerlo fln da quando
si trovava a Milano, e poi gì' invi- diosi e ignoranti grammatici gli
turbarono, come ftl solito, la pace dello spirito. n P.,
irritato per i tranelli tesigli da un tal Antonio da Trento e da un
perfido sacerdote, di cui ignoriamo il nome (2), accolto nella sua scuola
in qualità d'hypodidascalos, aveva già deciso di lasciare Vicenza,
quando, per la opportuna ed elBcace intercessione del Trìssino, non solo
recedette dalla presa risoluzione, ma concesse anche il perdono all'infame
sacerdote. Malgrado i continui fastidii e le non lievi cure dell'
in- segnamento, il P. non tralasciò i suoi studii prediletti, che
continuò a coltivare con amore e profitto, pubblicando, a breve
intervallo, i seguenti importanti e pregevoli lavori: CLAVSVLÆ CICERONE ex
epistolin familiaribus (4); Breviarium Rhctoriec9 ex aptimU quibunque
Oraccis et Txitinis atictoribuM depromptum; Probiliistituta artium et
Catholica; Conieliìis Franto De
nominum verborumqM differentiU et Fhoca grammaiiou$ — De /laudi nota,
atqne de aspirationè libelluè. Questa ricca produzione letteraria ci fa
argomentare che [RoscoB.. : € torqueor incredibili po- dagrac
dolore : quicquid est mediconim, quicqutd phannacopolarain din noci uq uè
conti ncnter exerceo. L’indegno prete era Irato contro P., mal sopportando che
que- Mlo avesse chiamato nella sua scuola e prediligesse il cosentino
Cesario, uno dei pochi veri e costanti amici delPinfelice umanista,
'3) RoscoB. Sacerdos tuas est apud me laUs honcsta condì tione. Veicetiab,
MDVHI, per Henrìcam librarìam Veicet et Jo. Marlam
oius flllum, in Kal. Jan., MDIX, per Henricnm «te. MDIK,
per Henricum ete VUI Id. Febr., MDIX etc.... i/j » n i ì I II » * !
m jÈJì iV *'nM>-|f mk Iri i> i liikJ^'- m i0> ri tf
i P. negli aitimi tempi della sua dimora a Vicenza, se visse in
poco floride condizioni economiche, da essere costretto a ricorrere
talvolta al Trissino per qualche xirestito, non dovette però essere più
molestato, come per lo innanzi, da nemici maligni e invidiosi. Allettato
quindi da quella tran- quillità relativa, succeduta alle lotte
interminabili, forse egli non sarebbe cosi presto partito da Vicenza, se
non fosse sopraggiunto il pericolo della lega di Cambrai. Appena
salito sul trono di S. Pietro, Giulio II mostra il suo fermo proponimento di
ricomporre lo stato della chiesa, che era andato in frantumi, non per
favorire il miserando nepotismo, come avevano .fatto i suoi predecessori,
ma per fondare una monarchia pontificia, che potesse dare al papato
il necessai*io prestigio. A tal uopo, appena si libera di Borgia, rivolse le
sue mire contro Venezia, che si era impossessata di alcune terre della chiesa. La
Serenissima, scossa nel suo commercio per la scoperta della nuova via, che
conduceva alle Indie, e per la crescente dominazione dei Turchi, aveva
rivolta la sua at- tività a formarsi uno stato in terraferma. Bra
riuscita a mera- viglia nel suo intento, ma si era procurato Podio del
Papi e l'invidia dei principi italiani e dei potentati stranieri,
che^ il 10 dicembre 1508, conchiusero a Cambrai una formidabile
le^a e per ispegnere, come incendio comune, l'insaziabile capl- digia dei
Veneziani e la loro sete d'ingiusta dominazione RoscoB. — op. cit., epist. V. :
oco dopo II discorso inaogurale, lasciando al téÆle Cesario, che non
aveva voluto abbandonarlo in qnella circostanza, la cara dell'
insegnamento, al quale aveva dovuto assolatamente ricor- rere per poter
sbarcare il Innario. n P., ritornato a Padova al principio dell'
agosto, collo spirito rinfrancato per il miglioramento ottenuto ai suoi
mali alle acque di Abano, riprese con nuova lena IMnsegna- meuto,
lasciando cosi libero il Cesario di tentare a Roma la sua
fortuna. La Mumma anetoritas deUa storica cittì, in cui per prima [
Præfalio 'm Horatil odM : « Si qois aliuii, ornatUsioii iiivenes, ex eo
loco quem net iKKiettlstimàin Romao Madiolanique et dcmum Vcìcetiæ
lonuìmas, ad hanc iniquitaUm tamporum radactos ataat, ut privai im
doc«ret, ilio qai- dom fato eooTieiain fæoret tiquidem summa buius
urbis auctoriiat, celeborrimum Fatarii nomon, ubique gentiunn
venerabile, com- peniat omao salarli dotrimootoni. Lo Jannelli, noo
avendo ieooto alcun conto della lettera del P, %1 Cesario € ex Aponi
baliceia », ritenne che quest* oltiiro € excessli Viooentia (Romani) XI!!
vel Xll Kal. Jonii Sputala JJ, ex Apani balinais, e. d.: « interea vale et cara
disdpuloe eraditioni fideiqne nostræ commlsaoe. Epistola, ex Apani
balineis : « Salve, Cætari, profuemnt alU qvaatlsper Aponi Iwlinea
Bqoidem me cupio ad vot recipera klo enln me tædiam eepit remm
onnlom.li Cesario non fa accontentato nei suoi desiderii, poiché nell^
lettera inviatagli da Venesia, Il P. %| rallegra con Ini « quod
incolurois in complexu suorum vivat accoptos (Bpist. IH) ». Da ciò
argomentiamo che la maggior parte delle Iutiere del P. gli furono Inviate
a Cosensa. 1 1» jiil y i^ n i*
m,tmt, ^ mi Mllb*^i^hUBk«la iw«MHk«!fAi«^ MiaMUHMUÀli^4b*iS
^T. con Mussato emno fioriti^ gli studi! umanistioi, e il
nomali celeberrimum da essa acquistato, por ^ aver accolto nelle sue mura
tanti illustri letterati| quali Giovanni da .Ba- venna, Pier Paolo
Vergerio, Secco PolentonCi Gasparioo da Barzizza, Vittorino da Feltro e,
per non parlare di altri, Demetrio Galcondila, allettarono subito il P.,
sino a fargli dimenticare omne salarii detrimentum. Però i tristi
aweiiimenti sopmvvenuti lo costrinsero a lasciare Padova [L' imperatore
Massimiliano, essendosi finalmei|te scosso dalla sua inerzia a causa dei
continui progressi dei Vene- ziani, nel tempo stesso che Bodolfo di
Anhalt si recavi nel Friuli, per occupare la tcpra di Gadore, e il duca
di Brunswick tentava di espugnare Gividale e Udine, in persona per le
montagne di Vicenza era sceso nel contada di Padova. Però e non essendo
ancora maggiori le forze sue, si occupava in piccole imprese con -poca
di- gnità del nome Gesario: saccheggi orribili, eoddi spietati
furono eseguiti dai feroci invasori, la cui indescrivibile licenza fece
ricordare quella delle orde barbariche. P., visto scoppiare un cosi furioso
turbine di guerra, prima che Massimiliano cingesse d'assedio la città coi
suoi 100,000 uomini, verso la n^età di agosto riparò di nuovo a Ve-
nezia, dove fu accolto amorevolmente, come forse anche nella sua prima
venuta, da Lodovico Michele, che era stato suo discepolo a Vicenza. Guicciardini.
— 7frecedente (Venezia), appare chiaro che sia sUU. ^iy«>i V >»i I
1*1 la» ^imr !l^^ Garbono, i fratelli Anisio, i fratelli Seripando, Angeriano e
parecchi altri {ly, Col pia vivo piacere P. frequenta i geniali convegni lei
letterati napolitani e fu accolto dovunque colle più sincero
manifestazioni di ossequio. Non mancarono, come al solito, i versi
apologetici, fra' quali citiamo quelli del prolifico epigrammista
napolitano. Giano A Disio, nella cui mente il P. destò il ricordo
degli antichi soci della gloriosa Accademia pontaniana: Qui8
non his tabulis dubia dipingitur umbra Commeritas, qais non byali
ridenta colore. Insigni virtute vir, et spectatus amicus?
Tene ego præteream, cui Musæ tempora cireum Jusserunt
hederaa, et amicaa serpere lauros. P. allora forse rinde Filocalo da
Troja, Garbone, Puccio da Firenze, alle cui lezioni aveva assistito
durante la sua prima dimora a Napoli, ricavandone non poco profitto.
Allora similmente rese sempre più saldi i vincoli d'amicizia, che lo
legavano^ al dotto e munifico Antonio Seripando (3). Pare che egli
conoscesse quest' ultimo alla scuola del Puccio (4> [So questi scrittori,
quasi tutti poco noti, rìcbiaroava testé V at- tenzione degli studiosi 11
chia.mo prof. Flamini, cbe additava In essi « no territorio da esplorare
della gloriosa nostra letteratura umanistica Rassegna Bibl. della ìeU. ital. Janl
Anysii, Varia poemata et Satiræ ad Poropejum Colomnam cardlnalem,
Neapoll, Suitzbach, Giano Anisi; Martlrano. Bplst. ad Card, de AccoUIs
Ante Comment. In Uoratii Artm Poeiie. Parrbasll, NeapollChe realmente 11
Seripando sia stato alunno del Puccio lo rile- viamo dair iscrìsione da
lui fatta apporre nella cappella gentilizia di Si. Giovanni a Carbonara :
€ Puccio quod bonarum artlum sibl maglster foisset. Mabill.
Museum 2ud.; Jannelli,— fci^^ii^^ a*^ifc»*«^*i di P. ecc.. Ariano, Stab. tip.
Appulo-irplno. Piccante l’osservazione di Jannelli a questo punto. Quantumvis
perditorum morum illum fuisse fiugamoa, indo- cere ne sani iu animum
possumus tam seno tantia votia meretrìMA procul abæntem ad æ arcessere
Parrhasium potoiasef ». Iu« Per mancanza di dati, non
possiamo ben dire se per pun- tiglio di offésa vanità femminile^ o per
non allontanarsi dai saoi vecchi genitori, la Calcondila non segui il
marito quando da Milano e si reca a Vicenza. Dalla lettera al cognato
Basilio apprendiamo solamente che, malgrado le continue insistenzci
il P. non potè riunirsi con la moglie (2), se non quando gli fu assegnato
a Boma la cattedra d' eloquenza (3). Quali che siano i motivi che
abbiano spinta la Oalcon- dila ad agire in tal modO| noi non possiamo non
biasimarla sia come sposa, sih come madre: come sposa perche resta
impassibile alle preghiere dell'infelice marito, che, per quanto
colpevole, chiamandola a sé ripetutamente, le aveva data la più ampia
soddisfazione ; come madre perche mostra di non sentire alcun affètto per
l'unica sua creatura, che, priva delle carezze e delle cure materne, a
guisa di tenero fiore, a poco a poco intristiva e periva
miseramente. Nella seconda lettera al Trìssino (Roscoe) P., dopo
avergli detto facetamente che dispone con piena libertà delle sostanze di
Ini, eoque forUusé plus, quia sunt uberiares, gli dà notisia dei compagni di
greppia senza fare alcun cenno della moglie : € Amanuensis item græcus
ex Creta Nicolaus, quem Trissineo Lisiæ designave- ras
Accessit Lario quoque lacu Simon Age
nuno et lopos bospita. W OuDio. epist,Sed in primis a me
salutem optimæ socrui et uxori. Quum litteras ad eam dabis, de onios
Toluntate nihil ad hanc diem ex tuis literis intellexi, reditura ne sit
in gratiam contuberniumque meum, vel quid aliud in animum agitet.
Ego enlm statui vel secom vivere, vel aliud vitæ genus hoc longe (Cosenza)
quietius instituere Dopo la morte di Calcondila, Teodora colla madre e col
superstite fratello Basilio (Teofilo e s ucciso a Pavia e Seleuco e morto
in tenera età) ha stabilita la sua dimora a Roma. t f '', HfcaUfciifc^M 1
tuna querar, quam quod ex illa mortis imperturba tissima quiete me
nir> sue ad ærumnas vitao revocavit; abibara lætus ex bac inutili
corporis sarcina, si per færoem (Antonino Siscari; cui Servio licuisset.
Is enim sani* mis opibus effecit, ut ego diutius articularis morbi
carnific}nam perpetlar. Epistola XI, ex balineis Lisaniæ, pridie Kal.
Septembris : € Bar linea visa sunt »liquid opis actulisse Ego
propediem revertar, ioterea tu cura pueros beriles ac meos, ut tui
moris est. QuDio. — epist.poiché si recò
a Taverna, parC| tra l'aprile e il iiia^r^o, vi tenue un breve cor^b di
lezioni* di cui oi ò giuut4i solUiutH) V orazione. inauguralo intorno
ali* importanza o all'utilità della grauimatioa, che trascurata e quas^i
disprezzata! dai più, secondo V oratore« e la sola disoiplina che possa
far acquisUiro un vero e foudat-o sapere. Questui spontanea
relegazione del P. negli estremi conilni della Calabria dovett'i^ 1
moA, oonvcnÌM, coiupolla uonilæ oUro Piirrbasiuin ne illum pratvUrl
noìulnUY ìllum l|t«uui iot^uam Kd era lui davvero, osserva
Fiorentino, il mæstvro di scuola di Taverna, che eni pure il miglior
critico che avesse allora V It-alia, si ricca di filologi.
Durant-e la sua dimora in questo villaggio, il P. rivelò up' altra
bella dote del suo ingegno multiforme, cioè la sua [ A/SS. R. DM. Siu. di
^^opoU\ CoiK V. D. 15.Oralio ad TabornMtt : « Qao uullurn uialut pignua
an>uHs erga se nioi TaWrnatea hfbere queant, ai 'T « r
grauile perizia negli studi! atvheologici* Tare cli« nemiuMio A Tavoriia
nìaiica.sato calvgoricamento alTormaro che bisognava riconoscere presso
Taverna Tubica/iono doIPau* ticaSibari P., non potendo sopportare una
ìmxÌA arro-r gan3uì« scrisse contro l’ignorante mtttihit'HuH una dottai
ed ela- boratali dissert-a/ione, nella quale, basandosi sulle
testimoniaiuo di Aristotile, Mela, STRABONE, Tolouìco, IMìnio e parecchi
altri, oltre a determinare che V antica citt«à sorgeva tra^ flumi V^\
A\ DibL Sai. di SapiìU. Ceni. XUI. H. Itì — De SyUri, Oratili AC Tliurìo
:€.... sUm^ proivus in à\ho Upidd lincao, nihìl oiunìno sìgnanK ìisipio
shuiliMit ipii iH>r tonobran aiubulaiit^ apprehcMiduni (^uìo^uid ad
maims oooiirrìt. IH qui bonis et iuali« auotoribuH suflar- rinati,
tcstimoniis utuntur, aut miniale necc»$arìi8« aiit contra oausam certa
suam Vv« Sybari Crathi ao Thurìo : « Ao ut agnoi^oant omnes ea quæ tantum
Crassus (1) olfecisrìt ox inversi» LIZIO rerbis e»s« nobis
esplicata*». il) Quoto Crasso non è punto GiOTffn&l Crasso da
IVdaco, coma poco ao- cortamentd cjr>Nlo(ta lo JanntlU «op. cit. |ui^.
), Anche ainmettondo che e^U noi IMS fo»5e ancor vivo, si op porrebbe a
una tale assorclone quella nobile lettera del P. ( /V Kfbtis rtc.« pa^.
ìi{ ; pr. laY., pa^. 9 ), al >uo caro mæstro, dalla quale appare che
questi, più che schierarsi contro 11 suo antico discepolo, ricor- reva a
lui |>er schiariinenU e constigli. Vò\^. /?. lUbL -Vai. di Sapoti. Cod.
XUI, B, 15. — De Sybari Crathi ao Tburìo : « Quantum fidei sit habeadum
crassæ minervaa magistellis, audentìbua atBrmare Sybarim adhuc oxtara iuxta
Tabemaa, Jt appallante oppidum, vel ex lioo iatelligi datur. Faat L’animo
sensibile di P. resta fieramente colpito da si brutto fiittOy che aveva
macchiata l’onorabilità della saa famiglia; sicché, volendo honesto
nomine cancellare l'onta del nefandum cHmen, pregò caldamente il cognato
Basilio di . voler interessare, presso il pontefice, Lascari ed
Inghirami, a fine di ottenere la bolla di dispensa per qnesto
matrimonio. Durante la sospirata attesa il P., per allontanarsi
forse da un luogo per lui o.
«j--fWtiai.iliM.i^lÉY.^lÉr.f.lfarftVWi-JJ Se in questo tempo farono ben
poche le corti che accordarono ai filosofi una vera e propria protezione, piu
tardi esse si moltiplicarono, gareggiando fra loro nel di- stribuire
onori e ricompense. Non solo le reggie e le corti dei principi potenti
divennero centri di coltura e convegni di letterati; ma le più piccole
corti, i principi più oscuri,, i cardinali e finanche i ricchi borghesi
vollero circondarsi .di letterati e artisti, che accrescessero pompa al
loro nome; di improvvisatori, novellatori, buffoni,' che li
divertissero. n principale centro di coltura nel Cinquecento fti
però Boma, dove nella corte di Leone X convennero da ogni .dove
uomini sommi e mediocri, attirati colà dalle pensioni, dai donativi, dagl'
impieghi, dai beneficii e dalle dignità eccle- siastiche, che come manna
benefica piovevano sul loro capo. Educato nella splendida corte di suo
padre Lorenzo il Magnifico, Leone X, al x>ar di questo, fu prodigo e
munift- [Per farsi un* idea del gran numero dei lelterati, che allo, a
in Roma godevano della protezione di Leone, X, basta leggere il
poemetto di Francesco Arsilli^ Depoetù Urbanis^ gli Elogia Virar, litt,
iUustrium, 4i Paolo Hiovo e il De infelicitate litteratorum di Pierio
Valeriano. Im- portante per conoscere la vita romana di quei tempi è,
fra* tanU studila r articolo del Gian» — Gioviang. ( Oiom. stor. Malgrado
ana tanta aspettazione e lo continue insistenze, il P., oome abbiamo
visto, non potè recarsi a Boma che verso la metà di febbraio del 1514;
sicohèy tenuto conto della lettera innata al Cesario, in data del 28
febbraio, non prima dei venti di detto mese egli potè iniziare il
sao corso sulle Selve di Stazio. Neil* orazione inaugurale,
pervenuta sino a noi, il Jf. mise a profitto tutti i suoi mezzi di retore
raffinato, non escluso quell'artifizio di parere nel suo esonlio
perplesso e titubante, per procacciarsi la benevolenza del pubblico,
giusta V ammæstramento di Oicerone. Dopo un accenno alla grandezza del
popolo romano, rivolge un cortliale saluto al Lascari e alP Inghirami,
protestando loro pubblicamente tutta la sua profonda gratitudine. Non
mancò naturalmente in tale circostanza di far cadere destramente il
discorso su Leone X e di tributare le più calde lodi al munifico
Pontefice. Oome concordemente ci attestano gli scrittori
contem- poranei, il P. destò a Boma il più schietto e generale entusiasmo.
Sebbene allora la città riboccasse di letterati, alcuni dei quali di
meriti indiscutibili, come Cattaneo il Præfatio la Sylvas Statii :
€ Nibil it&que dcsperandum Jano «luce et auspice Phædro, in quorum
blando obtutu, tranquillo vultu, bilaribua oculia acquiesoo Quibus
ingentes ago gratias, habeboque dum vivam» quod me gravissimis apud
Pontificein sententiis ornaverunt^ ubi vel nominarì aunimus honor est. MSS.
R. Bibl. Nas. ut Napoli.PræfaUo la Sylvat Statiì :€.... per quos ulrumque
inibì contigli indulgentia sacrosanctì Pontificis, divique Leonia X, qui
maxime rerum usu, incom- parabili prudentia, suprema gloria, incredibili
felicitate, admirabili elo- quentia, proroptissimo ingenio, castissima
eruditione polle! Giovio — Elogia etc,; Panvinio. — Proém. Deci. 1 2Xf
applausu erudii. ; Filippo Briezio Annales mundi, T VU, pag. 130 ; SalemI SylvlUæ^ P, Epicediatt^ eco. ^ '' i»' Fra
tanti stimiamo degni di nota i seguenti versi dettati allora da Telesio,
V elegante e terso poeta cosentino : Tlbrifl et obstupnit doctæ
modnlamtæ tocIs, Assonult riTifl hæe quoque Tlbrl tnls. Fsf flus et buie uni es Teteres cestisse Quirites; Tarn
Latiis sonat hic dulce magis LaUum. Attice et Actæs msgis Urbe loquutus
et Ipsa est» Hospes divino dlctus ab eloquio. Affesionato
come era ali* amico carissimo, P. si adopera a tnt- t* uomo per
procurargli a Roma conttitionem et ìocum ; ma il Cesario, malgrado le
continuo insistenze di lui, (Epist.^ non si mosse da Cownza. Forse era
rimasto poco bene impressionato alla notizia obe gli forniva il P. stesso
( Epist.) : e In Urbe singulæ regione» sin- gulos babent præceptores ex ærario
conductos, et qui nibilominus t prìvatls certam exigunt mercedem. Troppa
bollai rfMUitflri ^>rfki««»«i''*Mh^ uno stipciKlio
«li jxran lunga sui>oriorc a quello di tutti loro. Ma il P. questa
volta, reso ornai abbastanza pnitico ilolla vita, lasciò i>ure olio i
cani riu^irliiosi abbaiassero alla luna, li umiliò con un dignitoso
silenzio, che gli valse loo di letterato infelice per la sua nota opera,
volle caricare un po' troppo le tinte (!;• Conoscendo poi la
speciale protezione, di cui godeva il P«, non è da credersi che gli fosse
diminuito V assegna- mento, o per lo meno ne fosse nt4irdata di molto la
ri- scossione, come vorrebbe insinuare lo Jannelli, il quale,
temendo che al suo x>rotagonista dovesse mancare il tempo per fondare
V Accademia Cosentina, mostra gran premura di rimandarlo in Calabria.
InfaUi, adducendo a motivo la miseria di lui, la morte del cognato
Basilio e degli antichi protettori, Fedro Inghirami e il Cartlinale d'
Aragona, e in ultimo la partenza del Canlinale Adriano, altro caldo
am- miratore del nostro umanista, alTerma che questo lascia Roma.
Non occorrono molti argomenti per combattere questa gratuita
asserzione, in sostegno della quale lo Jannelli non sa addurre alcuna
prova. Basta infatti riflettere per poco su ciò che P. scrive a eratìooe
ductnt. De Rebus etc. ediz. cit., « Certe 8i quid ingenii, si «|uid
eruditionis in me, si dicendi commodi'aa est, id omne effundaa prodendis
iis, quæ tot anoonira varia Icctionc compcrta, conquìsita, col-
lectaque luihi sunt in usum studiosac iuvcntutis ut siquidem
fructum lostcritas inde percipiet, acceptum rcfcrat Pontifici
prìmum Maximo, deinde Sylvie nostro, per quem conciliata mibi Pontìficis
voluntas est. .te detta partenza un anno pia tanli, quando cioè
per la morte di Leone X, essendosi seccata la fonte delle
largizioni, e non potendo, per la malferma salute, procacciarsi da se il necessario
sostentamento, P., come tanti altri letterati, lasciò Boma e si recò a
Cosenza. Quivi non visse a lungo, poiché, come ci attcsta il suo
contemporaneo Pierio Yaleriano, fu subito colpito da febbre mortale, che,
dopo penose sofferenze, lo trasse alla tomba. Nessuno dei biografi
contemporanei del P. ci ha tra- mandata la notizia circa 1' anno della
morte di lui ; sicché i biografi posterìori, ignorando gli avvenimenti
ora ri- cordati, solo perchè il Salemi aveva pubblicato tra le sue
Sylvulæ anche V JUpicedion, scritto parecchi anni prima in lode del P.,
credettero di avere una prova irrefra- gabile per ritenere che questi
mori. Senza punto trattenerci intorno a questa asserzione, che cade
da sé, quando si rifletta che i componimenti poetici raccolti e
pubblicati dal Salerni appaiono composti in tempi diversi, crediamo
opportuno prendere in giusta considera- [De infeliciUUe ZiM.» : €
..relìcta Roma, in Calabriam cum secessisset, in febrim subito inciditi
Nicolai Salerai consentinl Sylvuìæ Epicedicæ, Encomiastieæ, Satyricæ ac
Paræneiica Variariimque aliamm rerum descripiiones fortasse non
inutxles Neapoli,
SulUbach, m„-*'mì^'%u',*] zione le testimonianze del cosentino Ponto
e (li Giano Anisio, suggeriteci dallo Jannelli. Tanto il primo che
il secondo scrittore, parlando di Adriano VI, eletto Pontefice,
ricordano con rammarico la morte recente del Parrasio. Ora,
conside- rando che questo ricorilo di una delle più grandi
illustrazioni del Ginnasio romano non può riferirsi che ai primi
tempi del pontificato di Adriano VI, quando cioè non ancora era
nota la sua avvei*sione ai buoni studìi e quell' orrore per le cose
pagane, che gli procacciò 1' odio dei letterati e i poco lusinghieri
epiteti di e furibondo nemico delle muse, della eloquenza e di ogni arte bella
>, riteniamo che il P., ritor- nato a Cosenza,, seguisse ben presto
nella tomba il suo protettore, Leone X. Dopo quanto abbiamo detto, non crediamo
sia più il caso di affacciare alcun dubbio circa V epoca della
fondazione Romiiypion — P. li, Roi io
: i Interpres, carusqno sacerdoi Parrhaslus, quem clara femat
monumenta per orbem Salbrni: Leo PaMor ovllit
Romani æthereos tandem niii;ravit In arcea, Unile suum ius8lt
propere ad meliora Tenira Præmia Parrhasium v5) Lo Jannelli,
sebbene non træsse dalle prove addotte una con- vincente deduzione, non
si scosu di molto dalla nostra tesi, ritenendo che il P. morisse €
desinente ipso anno, vel ineunte. dcU' Accademia Cosentina, attribnita al
nostro umanista. Scy come crediamo di aver dimostrato, e^li non visse
che poco tempo dopo il suo arrivo a Cosenza, è chiaro che questo
notevole avvenimento non potè compiersi se non nel primo ritorno in
questa città, e specialmente in quel periodo di circa nove mesi,
Sebbene non precisasse alcuna data,
FIORENTINO (si veda), nel suo TELESIO (si veda), si mostra
di questo stesso parere, combattendo l’asserzione del Lombardi, che aveva
riportata la fondazione dell' Ac- cademia al secondo ritorno di P. Due
anni dopo però il Fiorentino, avendo letto il commentario dello
Jaunelli, mutò avviso e stimò jiiù probabile che detta fondazione
avvenisse nell' ultimo ritorno. A quanto x>are, il dotto
filosofo volle prestare troppa fede allo Jannelli ^5), il quale, come
abbiamo visto, oltre a mostrarsi non molto esatto nel xirccisare dove e
come il P. passò in Calabria il triennio, non seppe teucre Spiriti
— Memorie degli Senti coseni. Pref,^ pag. 0; Mattei Vila Patrìknsii^
odix. Dì Rebus Tirahosthi Sloria ecc.; Signorei.u — Vicende della
Coltura; Biografia Unicers, ; Nuovo
Dizion. Ist. Ignorando 1* anno preciso della prima venuta del l*. a
Cosenza, il Fiorentino opinò* € che 1’Accademia cosentina fosse
cominciata. Lombardi -* Discorsi accademici ed altri opuscoli, terza
edix., Cosenza — Pei tipi di Giuseppe Migliaccio. Fra* non pochi
errori commessi dal Lombardi nel Saggio storico sull'Accademia cosentina,
che P. S. Sai fi volle chiamare € quadro preciso e fedele della sua
origine e delle sue vicende » nella troppo benevola prefazione, notiamo
quello circa V anno della morte del P. Op. oit., Appendice, Firenze, Succ.
Le Monnier.] giasto conto delle prove di scrittori autorevoli, attestanti
tatti concordemente che il P. muore poco dopo il suo iirrìvo a
Cosenza. L'accademia cominciò quindi ad aver vita quando appunto si
trovavano a Cosenza Telesio, Franchini, Salemi e, come pare, Galeazzo, il gentile
autore di quelle tenere poesie, che destavano nel Settembrìni il
desiderio di altre. Mai come allora Cosenza si era trovata in
condizioni pia favorevoli per un vero risveglio letterario. Caduta la
Calabria sotto il dominio spagnuolo, dopo l' iniqua divisione del
regno aragonese, essa, a prcrcrenza delle altre città, era stata
fatta sogno a speciale protezione. Vi erano state raccolte le sapreme
cariche, riconfermati gli antichi privilegi e creata quasi un' altra
capitale del regno. E allora che venne su tutta una flora di giovani
baldi e volenterosi, che, spronati da vivo desiderio d' imparare, si
affollarono intomo al maestro insigne, che capitava tanto opportunamente
tra loro. Prive della pompa e dell' ostentazione moderna,
allora le Accmlemie, nei loro primordi, non erano altro che amichevoli
convegni, in cui pochi amici dotti e di buona volontà discutevano su
questo o quel passo di scrittore classico, oppure davano lettura di
qualche componimento letterario. Quest' umile principio ebbe anche l’Accademia
Cosentina, la quale pare che per un certo tempo non fosse neppure
denominata in questo modo : come ben diceva il Fiorentino, ci ora il
fatto e mancava il nome [Fiorentino — op. cit., edit. cit., Fra ì tanti
ricordiamo i Martirano, Ciminio, Schipanio, Morelli', Pagliano, Carlo
Giar- dino eoe n P. contribui all' incremeuto di questa
istitaziono anche qaando si allontanò da Cosenza, poiché, come ci
attcstano le lettere inviate al Cesario (1), ad Andrea Puf^liano
(2), a Morelli e ai>itiM' Or
non parrebbe che cote»ti scrifU« P. > del quali pochiwlml sono
siiti impressi, valessero li predio della stampa, più che non tanto
Insulsaggini tramandate con tanta curai. PiORKNTiNO. Telesio^ T. 1.
1 fi-rfaal i j nr- -W • AULI JANI P. PRIMUS AD VITAM
EIUS NARRANDAM EX R. BIBL. NAT. NEAPOL. CODICIBUS
EXCERPSIT ET TEMPORUM ORDINE DIGESSIT PARCO.
OHAIIO AO P. NEAPOLIIANOS Ciro. Ponsitanti sacpo mociim, viri
pntritii, oruditissimi iavones, iuj;:cuiiiqiio adolcsccutuli et coatcmplnnti
qnam proeclarara prisci illi Romani publieae aclministrationis formam/in
postcrum rem populi susccpturì, per maous tradideruut, uihil
occurrit quod non summo in*renio exeogitatum, maiori studio expolitum,
maximo Consilio ac prudentia gestum indicotnr: ut niilìi quidem
undecunique eorum non modo bella, sed etìam paces per historìas
exploranti, quam apud omnes obtinent, o)nnìone diguissìmi videantur. Sed
illud praecipue militane disciplinae institutum, quo adolesceutes ad
palum intra val- ium prius impense exercerì, quam serìae dimicationi
interesse iubentur, usque adeo me delectàt, ut, in re lioet
diversa, ab iuenntibus annis hactenus observarim. Haud enim quodpiam
vulgo unquam commisimus, prin- squam per doctissimos utriusque linguae
grammaticos, prò meo ingenioli captu, eruditus in ludis litterariis satis
superqne delituisse visus sum. Et, ne ab id genus similitudine
disoe- damusy quem ad modum tirones ad palum punctim caesimqoe [V.
hoius op. In omnibus orationibus et cpistulis annum et iascrìptionem P.
non apposuit.1> HT i» rfi > nf m f^ferirò discobantur a vetoranis, ac ex
ilio commentitio pugnae Biinulaoro quod in vera dimicatione magno mox
usui foret imbibebant, ita et nos primo, quoad fiori potuit, haud
tamen 8cio an supra omnes nostri coeli ao aetatis homines, non
citra bonae valetudinis dispendium, sed eruditissimis viris non
modo nostratibns litteris, vorum etiam graeeanicis operam dedimuSy nty si quid
in communem rei litterariae utilitatem excudere libuisset, perinde ao in
penuria cellam haberemus in promptu. Ao ne sio quidem, tametsi pares huie
oneri complnribns videbamnr, au- natus, P. Papinii Statii,
poetiu*um oppido quam doctissimi, quem urbs haeo florentissima universo
terrarum orbi, quocumque latini nominis fama percrebuit, non iniuria
queat imputare, Silvarum opus haud omnibus obvium, singulis
lectionibus, enodaturum promiserìm. Scio profecto, neo me fugit quam
arduam quamque difflcilem provinoiam sim aggressus, quamque implicitos
ao inextrioabiles paone nodos absolvendos assumpserim, et vestrum
fortasse plerosque nostros hos conatus ut audaculi, ne dicam impudentis,
reprebensuros, quod huius aetatis adolescens in totius Italiae celeberrima
urbe, ubi omnium bo- narum artium studia poUent, in tanto praesertim
doctissimorum hominum conventa subgestum hoc ascendere non eru- buerim.
Insta sane et non improbanda incusatio, si aut meo consilioi aut sponte,
non dicam ultro, hoc munus obiverim. Verum hoc erga amieos nimiae
indulgentiae trìbuendum potius [OKATIONK8 BT EPI8TCLAX erity quibus dura
in oinnibii9, iikmIo honesti spociom prae se fcranty obsecumlo, iu
aiudaciae crimon incarri. Sed quaeso vos per tlcos iinmortales, viri
pntritii, boui consulite, proqae Ycstra 8olit4i hiimanit-ate statuite.
Quuiu saepe niecum parcutis omniura naturae exactum umlique opus
inspicio, uihil oecurrit, viri patritii, quod non magna cum sapieutia
productum, maxiaiaqne diligcntia di- spositum sit; scd illud imprimis ad
hoiniuum coetus non solura tuendosy veruni ctiaiu decorandos non par>i
momenti visual est, quod omnibus auimantibus gloriae ao laudis affectum
iudidorit, praccipuum, ut arbitror, ad implondos totins opcris numoros
adiumentum. Nam quid utilius, quid fnigins, quid couducibilius affectu
hoc queat invonirì T Quippe cai, si quid cxcultum, si quid politius immo
utile excogttatum est, iure ac merito referamus acceptum. Inde sunt
etenim tot ao tant;irum rerum iuveutioues, inde tot saeculis artes
incoguitae prodierunt, inde, indico, semper aliquid inventis adiicitur,
inde tot \irorum din noctuque elaborata monumenta. Kam si couditis usque
saeculis inventa altius repetamuSi omnia ab hoc affectu profecta
inveniemns. Missum facio Promethca, quem quid alimi, ut in fabnlis
est, ad snbtrahendum Superis ignora compulit, nisi ut inventi gloriam
reportarotf Omitto Liberum ao Cererera, quorum uterque hac eadem causa a
ferino ilio victu homines revooaviti quippe quum alter, ut aiunt,
>inura repcrerit, altera vemm frumcntum excogitarit. Nonne litterarum
notae ao dementai sive Cmlmus, sive alter invenerit, inde ortnm
habueret Quotusqnisque, ut ad rem litterariam adveniam, tam
maximos studiis labores impendisset, nisi uomen ao gloriam inde
adsequeretur T Eudoxus Gnidius complures sub montibns annos egisse
traditur, ut mathematica disciplina, anni rationera solisqne meatus perciperet.
Sed haeo ut remotiora fortasse praetereo. Hac nostra tempestate viri et
ingenio et doctrina praecipui multa- et nova et utilissima
excudnut: A .tifc..patrum nostroriim memoria cnleliographia, qnam
Latini vocaut improssionom, a Germanis excogit>at>a est non tam
lucri quara gloriao cupiilitate, nam eorum plerosqno huiuact>am : De
Fortitudine he- roiva luculentissimum opu?, de quo seor$um praeter
eum nomo scripsit. rrincipvm vero ab iucunabulis ito instituit, ut
felicia rogna futura 8int quibuscumque, qualem ipso in- formata princops
obvenerit, Ohedientia^ vero partes it4i dis- sorit, ut ad hanc onines virtut^es
referantur. Quid eius Cha- ronte gravius, quid rurs«us festivius aut
elegantina T Quid Antonio doctius, in quo illud prnecipuum duco duos
totius romani eloquii principe!*, CICERONE ao VIRGILIO, sic ira-
proborum caìumniis absolutos* ^i u*ostrigilatores maiori qnam ipsi
Maronora ac Tnllium licer' 'i momorderit. Tacco Serto- riunij quo piane
uuusquisque fat-etur veterem illam scribendi felicitatcm revocat*am. Unde
vero vir doctissimus inter tot ao tanta^ occupationes din noctuque bis
studiis incubueritf Nulla alia re, quid enim sibi ad humanam felicitatem,
Bege tam praesenti deesse pot-erat, nisi ut gloriam sibi apnd
posteros compararet. Atque sic
habetoto nnllos satis improbos esse ad vir- tutem conatus. Quis enim
Lucanum accnset quod huius aet4iti8| aut paululum, supra, PharsaHa^ bella
detonuitf Nemo est profecto qui Valerium Gatullum, Propertium Naut*am,
Albinm TibuUum^ Oaium d'enique Balbum non admodum laudet, quod
omnium ore cantanda adolescenies edidernnt. Quotusquisqne invenitur qui
mactum virtut^e esse non iubcat, si poetam Oylicem Oppiauuui scripsisse
compererit admotlum praetexta- tunii quao etiam doctissimi soncs studiosissimo
legantt Qnod si aut illi quos diximusi aut oeteri, quos brevitatis
causa rtM«*«Mk«teMii*«i«MÌNarfai*«»««MMMk
I^M^^aBM>Wfc»aque orationi modnm 8t^tuam, si illnd nnum piias
admonuorim. Si quid in his qnao dixero ofTondet, omnibus enim piacere
csset immensnra, roeminisse debebitis nihil es86 in humanis quod
nndecnmqne possit esse perfectum, votastissimosque granimaticos ante oculos
penero qui etiam in plurimis lapsi dopronduntur (ueque omnibus esse
Pont4Uì08, Aurolios, AltilioSy Actios anazaros ao denique Dionisios
Superi coucessere, immo siugulis virtutes 6ÌnguIaS| ut est apud optimum
maximumque «^oetam}, et priscos illos, quomm adhuc auct-oritas vigot^
mulUi scisse non omnia. PRIVILEGIDM In R. Archivo
Ncapol. CoUat. Prìrileg. Aragonensium. J. PAULI DB P.
Alfonsos et cetera, uniTersis et cetera, licet adioctione et
oetera, sane prò parte nobilis et egregi! viri J. Paali de P. de Gusenda,
familiaris nostri fldelis, dilecti, fait Maiestati nostre roverenter
expositam et amiliter sapplicatam qaod Panlus ipse ex concessione sibi facta ad
eius Ti- tani per Serenissimum Ferdinandum, patrem et dominam
nostmm colendissimam memorie recolonde, habuit, tonnit et possidet, 6ÌTe
exercet oiBciam magistn Oamere et magistri actomm penes Justiciarios, sen
Gapitaneos torre Tabomei nec non officiom Gavàleris penes Gapitaneos
terrarum mon- tanee et Givite dncalis cam potestate sabstituendi, cam
gagiis et emolumentis, lacris et obveutionibas solitis et consaetis
et debitis, proat in qnibasdam prìTilegiis per dictnm genito- rem nostmm
sibi propterea concessis hoc et alia clarins [Cum hoc unum monumeotom
nobis in R. NeapoliUno Tabulario invenire contigisset, facile animum indaximat,
ut hoe loco ederemns, codicis scrìptura diligenter servata. V. huiat op. aatmn
m »>t»>id i >tr il PBIYILBOIUX aDQotantor. Dignaremur sibi
ad eius vitam dieta officia iaxte tonorem dictonira privilegiorum de
speciali gratia benignins coufirmare. Nos autem habeutes respeetum ad
merita sincera devotionis et fldei prefati Paali, ao considerantes
servitia por euin Maiestati nostre prestita et impensai qneque pre-
stat adpresens, et ipsnm de bone semper in melius contiuuatione laudabili
prestiturum speramns, propter queqne in iis et longe maioribus a nobis
exauditionis gratiam ratìona- biliter promeretur, iis et aliis
considerationibns et caosis digne moti, prefato Paulo ad eius Tito
decursum iam dieta ofilcia actorum magistri et magistri Camere penes
Insticiarios seu Gapitaneos diete terre Tabeme et officium Oavalerii
penes Gapitaneos terrarum montanee et civite ducalis cnm potestate
in eisdem oIBciis substitnendi. De quorum substituendoram culpis et
defectibus Paulus ipse nostre Ourie principaliter tcncatur cum gagiis et
emolumentis, lucris et obventionibus solitisy consuetis et. debitis,
iuzta formam dictomm prenominatorum privilegiorum. Ipsaque privilegia cum omnibus et singulis in
eisdem contentisi oxpressis et narratis, qua licot presentibns non inserì
'itur, haberi tamen volnmus prò insertis et expressis et dcclaratis, si
et pront hactenus in possessione sou quasi fuit cl in presentiarum
existit. Tenore prosentium nostra ex certa scientia specialique gratia
oonfirmamus, acceptamus, approbamus, ratiflcamus atque landamus, nostreque
confirmationis, ratificationis, acceptationis et approbationis muniraine
et suffragio validamus et roboramus, volentes et decernentes expresse quod
presens nostra confirmatio sit eidem Paulo semper et omni futuro
tempore firma, stabilis, realié, utilis et fi*uctnosa; nullumque in
iudiciis vel extra, seu alias quovis modo sentiat diminutionia iucommodum,
aut impugnationis obieotum sive obstaon- lum, vel noxe alterius
detrimentum, sed in sua firmitatCì robore et officio pcrsistat.
Illustrissirao propterea et carissimo filio primogenito Ferdinando de Aragonia,
duci Cala- [('«^*MtoiV4 PRIYILBaiTTX ] briO| vicario nostro
goncrali, nostram super iis doclaranios iotontnin Mamlamus magno huius
regni Camerario ciusque locumtenenti j presentibus et rationalibus Camere
nostre Summarìe Jasticiario seu Capitaneo terre Tabeme, et tcrrarum
montanee et Oivite ducalis, Universitatibusque et hominibus ipsaram
terrarum, aliisquo univcrsis et singulis ofTìcialibos et siibditis
nostris maiorìbus et rainoribus quo>ns officio auctoritate et
dignitate fungentibus nomineque nuncupatis ad quos sea qucm prescntes
per\*enerint| et sxiectaverint seu fuerint quoraodolibet presentate. Qnatenns
forma presontium per eos et unumquemque eorum diligenter actenta
X)refatum Panlum, seu eins substitutos ad dieta officia exercenda recipiant et
admittant, retincaut atque tractent de- center et favorabiliter prout
expedit in eisdem deque gagiis et emolumentis, lucris et obveutionibns
solitis consuetis sibi respondeant et per quos decet responderi faciaut
atque mandeut integre et indiminute prout hactenus extitit consuetum. Kt
contrarium non faciant prò quanto dictus Illn- strissimus Dux filius
noster nobis morem gerore cupit, Getcri vero offlciales et subditi nostri
gratiam nostram caram habent et xienam ducatorum mille cupiunt evitare, in
quorum testimoniorum etc. Datum in felicibus Oastris apud Sulmonem per
magnificum virum Antonium de Alt^xandrolocumtcnentem etc.Regnonim nostrorum
anno primo Bex Alfonsus. Dominus rex mandavit mibi, P. Gablon
Jo. Pontakub Pasoasiub r MM^MaMHkaA^aadVAMaaataa iM^kMBaw
MF*«I tm-mdtt0mé^m^mmm>tk^tmm^^'^JmÌ^i^,^A^^^t^ UI EPISTULA AD
FEHDINANDUM II ARAGOIilUM Neapoli Quod a me de Sarapi quaeris, illustris ac
omaiissiine PrìncepSy utinara sic ad te reducendura prosit in
avitam perditumqne (?oIiuin, quo nulla tua culpa caresi ut olim
Ptolomaeo, Lagi filio, ad constituendas Aeg^'pti opes. Ilnic cnim recens
comlitam Alexandriam mocnibns sacris et novis religionibus excoleuti, per quietem
dicitur obversatos augustior humana forma iuvenis, atque monuisse ut
i>er cortes homines eius eflìgiem acciret e Ponto; id antein felix
fanstumque et amplitudini sibi gentiqne suae foro; enn- demque iuvenom
plurimo igni rutilantem cum dicto simnl in sublime raptum evanuisse. Quo
miraculo Ptolomaeus e somno excussuSy adhibitis Aegypti sacerdotibus,
imaginem nootumam visumque narravit. . Hisque extemorum ignariS| remqne
expedire nescientibus, quidam nomine Sosibius, qui vagis er- [ExsUt in
codice 'duplex huiut epistuUe exemplar. Manifeste ap*
paret eara ad Perdinandum II P. misisse, cum ille Neapoli in Aena->
rìam insulam confugerat (Kal. Mari). Quod mìnime mirarì debemu8, cum
perpendaroas, ut Erasmus Percopo. in opere, quod inscrlbitor Benedetto
Gareth^ luculente demonstravit, infelicem regem semper, etiam in roaximis
advenis rebuK, ad animum tttum erìgendum, in bona studia incubuisse. V.
huiut op. ^ fa m ^ m^»0>m.mi^mam àii w ii » m m ^, fa >t'priorum tymnno, quis haberi
deorum vellet, ad hanc senteutiam graece respondit: Siiin Deus ipse, tibt
qualein me cannine pandam : Regìa celsa poli caput est mihU caerula
venter Unda roarìs, calccsque pedum tellurìs in imo Cespite
nituntur, mea tempoia lucidus aether Arobit, et accendant oculos mihi
lumina Pboebl. Dioilorus autem Siculus, in Bibliotbecis, Osirim,
Sarapim, Liborum, Ditem patrom, Ammonom Jovem, Pana, eundom dcum esse
existìmat. Aristippus, Arcadicorum primo, [ORATI02fS8 ET EPI8TUXJLS] refert
Apim, Argivorum rcgom, Mempbim in Aegypto sodém sibi ooudidissOy qiiem
postoa Sarapim transnominatum Ari- stcos Argivus autumat ot huno ab
Aegyptis attonita sapereti- tiono coli. Xymphodorus Amphipolitanos auctor
est in bis quae de logibus xVsiao composuit, Apis tanri, cum
decessisseti salo duratum cadaver iu arca, quara Graeoi acpÓ¥
voeant, esso comlitum, ex coque duplicato nomino Soro-apim
demnnique Sarapim, nnucupatum. Porphyrius autem philosophus
Sarapim cum Plutone confundity ut ca soli vis, unde proveniunt opes, Orcus et
Pln- ton et Dis pater appellotur, quatenus autem vitium terra
sentit ad Sarapim pertineat; abstrusique intra terram ignis inditium
purpurea Dei vestis, infemae vero potestatis basta trunca, atque cuspis
deorsum conversa sit. In Aegyptura translato Sarapi, templum prò
magnitudine urbis extruetum loco cui nomen Rhacotis antea Aiisset.
Apnd Tacitum iogimus : eius templi hostium anni certo tempore
patefaciebant ipsi sacordotes, admotis ad rem divinam aqna et igni, quo4l
baco dementa maxime praestent. Dominatu Julii Caesaris incendio
consumptum recitafc Busebius. Illud addimus ex Plutarcbo Alexandriae
primum indigitari coeptum Sarapim, Aegyptiorum lingua Plutonem
significante vocabulo. Is fingebatur hunc in modum: praestanti forma atque
aetatis iutegrae iuvenis, qui subieeto ca- pite vetusti operis quasillum
gestet. In quo Macrobins, is qui deos omnes ad unum solem confort, ipsius
sideris altitudinem siguificari contendit, et vim rerum omnium terrena-
rum capacem, quas immissis radiis ail se rapiat. Imago vero
tricipitis animantis adiuncta simulacrO| quid aliud quam tripartitum
tempus ostendit, in id quod est, quod fuit, quod futurum estt In leonis
ergo capite qnod 6 tribus medium se altius erexerit, tempus instans exprimitori
inter praeteritum futurumque tam breve, ut quibusdam nxù^ lum videatur;
iu cui*sd enim semper est, it et praecipitafe, ri--làr:.. ^.-ut i m
^iin ante desinit esse qaam vonit. Est onim leo natura fervens ac
in agendo quod iinminet validus. Teinporis vero praeteriti cervix lupi
rapacis a sinistra parte oriens argumentum ore- ditur, eo quod por id
animai rerum transactarum memoria aufertur. Oeterum canis caput a dextra
adulantis specie renidenS| futuri temporis eventum declarat, de quo nobis
spes licet incerta blanditur. Quis enim non suas cogitationes in longum
porrigit! Maxima porro xìtae iactura dilatio est; illa prinium quemque
extrahit diem, illa eripuit praesentia, dum ulteriora promittit; perdimus
hmlicrnum, quod in manu fortunae positum, disponimus, quod in nostra
dimittimus. Olamat ecce poetarum maximus, velut divino ore
instructns: Maxima quaeque dios aevi prìuia fugit. Quid cunctarisy
inquit, quid cessasi nisi occupas, fngit; cum occnpaverìs tamen fugiot.
Itaque cum celeritate temporis utcndi velocitate ccrtandum est, et velut ex
torrente rapido nec semper cnrsuro, cito hauriendum. Audio te esse
egregiae indolis adolcscentulum, animo alaorem, ingenio potentem,
frugalitatis et continontiae in istis annis admirandae, patientcm
laboris, a volnptatìbus alienum, fìrmiterque laturum quicquid
inaediflcare, quicquid tibi fortuna voluerit imponere. Cui si nondum
omnos ad unum bonos libuit excindere, si nomen Aragonium propitia
respicit, te, lapsis tuorum rebus, incolumem servabit, discet abs te
clementiam mitissimoque principi mitis aliquando fiet. Tu rursus maiores
tuos intueri debes ascitos coelo, operamque dare ut nude per iniuriam deiectus
es, industria vir^ tusque te reponat. Ante meos obitus sit, precor, ista
dies. Deditus ac devotns ORATIO IN ALEXANDRUM MHiUTIARUM Mediolani
Ismcnias ilio Thebanus, sammus oetate sua libiceli, quos in arto
discipulos habobat, iis auctor erat ut alios eiaa- dom studii profossores
ot quidem malos adiront. Quod ita foro putabat, ut ot illi quid in
canondo soqaondum aut fa- giendum essot ab alionis erratis erudirontur,
ot oius alioqniii non iniucundao modulationi, oomparationo peioris,
gratiae plus aoooderot. Id nos oxomplum, quod maximo
probaromus, in usnm revocano tentavimus: an aliunde factum putatis, ut iUam
pocudom (Minutianum) vos audituin misorim^ quam ut roconti perìculo
cognoscatis quid intor Apollinis ot Marsyao cantnm differatt Non
dubito, qnae vostra sagacitus ost, qnin onmes in- tolligatis illum noo
ingonio, noe oruditione valore, qui per se nihil unquam parit, ab aliis
omnia suppilat, ao ut igni^ vissima volucris relictis cadaveribus
saturatur, ot, quo nihQ impudentius, oiusotiam, quom tortio quoque verbo
crudelissime lacerat, quo se potiorom iactat, inventa recitare -pro
som non oruboscit. V. huius op. Audistis, arbitror, audistis,
ornatisf^imi mveues, cum, nudins quartns an quintus abbino est, poctarara
genera nostrìs tantum non verbis enumeraret, quaeque nos anno superiore
ex auctoribus graecis accepta, vobiscnm oommunicavimus j eadem nuper ille
quasi sua, quasi nova, magno verbornm strepitn blatteraret. Et
audety proh Superi, se nobis ilio eomponere ! qui negligentiae nomon suae
praetendit inseioiae, qui turpe non dueit oeoupationibns excnsare, quod
haotonus magistri per- sonam non sustinuisset et satis buio inelytao
ei>itati factum putat, si prò tot annorum iactura recipiat in posterum
foro diligentem. Quae cum dioit homo parum consideratus non yidet
alterutrum necessario sequi: aut ante adventum meum ab ilio Tos esse
despectos, ad quos illotis, ut aiunt, pedibns et imparattts acoederet,
ut, si quid in litteris curae posthao adhibuerit, eius omnino mihi gratia
deboatur, cuius opera sit effectum ne vos, ut antea, scopas solutas
existimaret; aut certe illud se non amore disciplinarum, quas
arrogantissime Sibi vendicat, non virtntis, a cuius itinere iampridem
longius aberraret, non suae denique existimationis, quam post umbram
lucelli semper habuit, ad hoc adductum, sed spemercedis, quam desertus erat a
vobis amissurns. Et Ì8 unqnam poterit illum quaestum, quem non ex
officina sed laniena librorura quam maximum facit, vestris rationibus non
anteponeref non hercle magis quam pisois in Bieco TÌTere. Nam ubi cupido
diTitiarnm invasit, ncque disciplina, neqne artes bonae, ncque ingenium
ullum pellet, ut non minus vere quam graviter ait Sallustius. Sed fac eum
maxi- me velie: quid tandem praestabitf an alius nuno est quam olim
ftiit, cum per libellos a Senatn toties efiBagitatus ut ab aede Musarum
raucus hic anser exploderetur T nempe ille ipse est et aliqnando tot
annorum cessatione deteriora Sed quid hoc refert, si discipuli non
facilitate sermonis, m n mwtt* fi *»m,mii i,Ama d j T b ^\''mì k 'ì è Ì%tV
m0 m imi tì mktmmwt h mut m m^m T »éb'^^mmmmÌèmiJÈm ORATIOXES ET
SPISTULAB] non rerum memoria, quod par esset, seti oviclianis
ariibns alliciu Dturf An non illius earmiais in meutem venii: Promittas
facito ; quid enim promittere laodit. Pollieitis dives quilibet esse
potest. Invenias aliquos adeo veeordes ut oassam spem precio mercentur et quo,
dii boni, precio ! iactar temporis; quo nihil esse preoiosius in vita qui
Theophrasto mature non erednnt, exacta mox aetate, sero
sentient. Qnod ne nostris auditoribus usu veniai, si unquam àlias in
praesentia diligenter seduloque cavebimns, cum mea spenta vestrique
causa, quibns ut amantissimis nostri consnltam volumus, tum ne P. A.
Stephani Ponoherii, Senatus prìnoi- pis, ao sacrosancti nostri regis
Archigrammatioi fidlere iodicium videamur, quippe quum nos, qui summus honor est,
snis aanumeret ao, ut est in bonos omnes muniflcus, muoribus in dies auctet
praemiis, ut Glaudiani mei Carmen usurpare iam libeat: Crescite virtutes
fecundaqne floreat aeUt, Nfciu patet ingeniis campus, certusque
inerenti Stat favor ; ornatur propriis industria doni. Surgitae sopitae, quas obruit ambitus artes : Nil
licet invidiae, Stephanus dum prospicit orbi. Non est amplius vulpi locus,
nusquam iam nebnlones, nusquam Lysonis excussor emissarius, iacet cmentus
iUe dalator, in acie linguae qui nccem gerebat. Quod si verum non est,
nec malis artibus, ut omnes afiirmant, sed, nt ipso gloriatur, industria
pervenit ad opes et dignitatem, dicai, dbsecro, cur nuno cadem non assequitur,
quando nberiora tìptutum praemia sunt proposita, naetus
indnlgentissimam Praesidem, qui benigna fovet ingenia T cur ad enm
sàlutan- dum nondum venit? Nempe quia noctua solem
fingit, neo audet homo lovissimus illi trutinae se committere. Sed
Tersipeìlcm, quem, ut Lysonis sui suecessorem, intrinseoos odit, foris
amare simulat, de quo ad aurem garrit, eundemque palam laudat, ita frigide
tamen ut ad noTeroae tomn- 'fììtii'il«^iThMli tf ì f ifci /T fu
1^ |^, Y-1 i ib» ri I] gnitione doctiorum, quo diatius in admirationc sui
detineati apad quera quantum proficiat quisque sontitf Sua cuiusque
ros agitur ; per me sit omnibus integrum audire quem maxime probat.
Equidem neminem invitum detineo, neque si velim posse confido, quod
Appula musca saopissime gloriatur. Quoties onim pracdicasse creditis ita
discipulos addiotos habore, ut ne ipso quidem Varrò, si reviviscat, co plures
Mediolani sit habiturust Sed illud gravins, dicam autem quod ab co
milies au- divi : Yos a pccudibus differro quicquam negat. Non
onim ratione, ncque iudicio, scd impctu quodam ferri, contuma-
citerqne contendere prò sententia, cui quisquo semel inhaeserit. In Tobis uunc
est enScorc, quominus nimiae licentiae littcrator ca vere dixerit, neque
committere ut patientia nostra diutius abntatur. ORATiO AD SENAIUM
MEDiOLANENSEM Gratulor litteris, |i:aiuIoo mihi, Patrcs optimi, qui
tandem iuveni qiiocl diu multumqne frustra clcsicleraram, ne nostri
temporìs priucipcs aut eorum ma;;istratus, in quorum manu rcs est, tcmoro
cuipiam docendi munus iniungeront, quo nihil indignius, nihil roipublicae
porniciosius excogitari poterat. Non cnini parum rofert quam quis initio
disciplinam sortiatur; nam quae teneri percipimus altius animis
insidunt, ao ita penitus radices agunt, ut nuuquam, vel certe
difficulter eyelli quoant. Intellcxit
hoc prudentissimus vates Horatins et hunc in modum testatus
est: Quod semel est iiubuta recens servabit odorem Testa dia.
Deinde subdit: Sinccruin est nìsi vas, quodcumque infundis
acescit. Habeo vobis gràtias et quidem maximas, viri
clarissimi, ac si facultas darctur, etiara referrem, qui de nostris
studila adeo solliciti estis, ut me, licet illnstrìs amplissimique
do- [V. buius'op. «*aa«^ mini Oardinalis Bothomagensis, qui
Ghrìstianissimi regia personam sastinet| iudicio comprobatum, non tamen
prius admiseritis ad eradiendam Mediolanensem iuventutem, quam
vigilantissimis vestris ocalis exhibitum aliquod porìoolnm fa- cere
spectaretis. Non enim nobis exciderat illud Plaatinum: Pluris est
oculattts testìs unus, quam aoriti deeoin. Novistis,
Patres optami, novistis quid hoius sanotissimi Senatns ordinem deceat:
non oportero mmusoolis bominnm, neque simplici cuinsqne testimonio facile
credi. Oondonant pleraque mortales odio, nonnulla etiam gratiae ; ncque
reve- rendissimi domini Gardinalis divina mensy gravioribus ne-
gotiis occupata, minimis quibusque vacare potest. Quid vero nnnc
agam, viri clarissimi, quom sere già- diator in barena consilium capiat
mibique necesse sit in consessu disertissimi Senatus, virorumque
doctissimorumi quos adesse iussistis, ex tempore verba faceref Fateor
hoc etiam periculum bone pcriculo nos quandoque fccfsse ; sed in
ludo litterario, non in foro; sed nostri generis hominibns, non tot
eloqucntissimis viris et illa auctoritate præditis audientibus, qui,
quoque me verte, virtutum fulgoribus in- gentes occurritis.
Sed unum me, Patres optimi, consolatnr, quod apnd prudentes, ut in
lucubratis operibus censura severior est, ita in snbitis orationibus
venia prolixior; nulla enim res potest esse eadem festinata simul et
examinata, neo esse quicquam omnium, quod habeat et laudem diligentiae
suae simul et gratiam celeritatis; Bxstant a nobis evigilati commentarii
atque leguntur, in quibus non recuso vel.etiam malevolorum subire
iudicium, dummodo ne quid ingenio valeamus ex hac tumul- [TttDo Parrhaalat
iam ediderat laculentissimos commeDtarios, qui iDscrìbuDtar: Corneliut
Nepos De viris iUusiribus, MedioU.; Sadalii Carmen Paschaie et
Prudentins, Mediol.; Comm. De Rc^ffiu Preeerpinae CL Claadiani, Medici, prid. Kal.
Sext. MmMié MM«.M^U^«MiteM«iM*^F««iid»w*i*MM rn«kM^*«taa^k«Bi^M.* rt*««>w»rfk
MkW« ««wAi«aitfkÌHa ORÀTIOMKS ET BPISTUULB] tuaria dictìone stataatis. Neo
opes, arbitror, in nobis exigitìs so! I nn, TI ir• • f. P.A .-•Qnod si non tantum
profecisti, quantum par osset, tua non mea culpa taxi ; quid cnim facias
homini tot quacstuariis artibus occupato? lam vero illud cuiusmodi
fuerit, omnes probe nostis, quom Julius AeinìliuSy vir, ut a raultis
accepi, plurimae lectioniR, ex hoc loco, prò dii iramortales, (et audebis
negare?) manifestissiinis arguinentis, omniuinque con- sensu te reum
lancinati, praecerpti inversique Cicoronis ageret. Ego quom tu ingratnm
vocas ( piget horcule memi- nisse) suscepi tuas partes et quidem
iniquissimas, quantumque in me fuit, indefon^um non reliquia tuoriquo
conatus snm oum summo capitis mei periculo, ut vestrnm plerosque
meminisse conAdo. I mine et confer illa sapidissima tua tuceta,
illum panem secundarium, illam vappam, quam nobis appouebas. Neo eo dico
ut expostulem, qui potus cibique (quod tu non negas) parcissimus semper
oxtiterim; sed compononda fue- runt aliquando beneficia, ne tibi semper
ingratus viderer. Quod si nihil praeterea contulissom, nonne minerval
mea diligentia quaesitum satis est ad aequandas rationes f an tuas
dumtaxat in ephemeridem contulisti, quod facis cum papyri glutinatoribus,
quos semper aliqua summa defraudas f Vae tibi si non intelligis minorem
lucri quam fldei iacturam esse 1 In quo ingratus tibi videor ! an de vi
queri non debui, ne ingratus tibi viderer 9 Ao in illa querela quid est
dictum a me cum contumelia, quid non moderate, quid non remis- sins
quam scelerìs atrocitas exigebatf Sed alibi furoris arcem habet
callidissimus veteraton invidia miser aestuat, invidia coquitur, invidia
rnmpitor, nollet extare cuius comparatione detegeretnr, Andistis,
eru- ditissimi iuvenes, audistis cum clai*a voce clamaret :
descende de pulpito, si vis ut taceam. Egone descenderem, stolidis-
sime, ab ilio suggestu, in quo certa disciplinarum ratione locatus sum,
in quo me Pater amplissimus et divinus Cardinalis Botbomagensis, approbante
universo Senatu, statuit PRÆFAIiO IN PEBSIOM^) Mcdiolani Chilo,
sapiens uuas e scptom quos votostas in Graecia consecravit, iam senez
eoqao prailentiori nam serìs venit usus ab annis, ut inqnit OVIDIO, qnom
forte qnompiam glo- riantem audisset nnllam se inimicum habere, an nuUam
e- tiara amicnm haberet, interrógavit, amicicias et inimicioias
iuvicem consequi et addaci necessario ratus, ut apnd Gellium Plntarchas
memorat. e Hai >, in Aiace farente Sophocles ita monet, e hac fini
amcs, tamqnam forte fortuna osurus, bao itidem tenos oderis, tanqaam
paulo post amatams. Per tot onim vitae salobras quis ita circomspecte
potest incedere qain offensiones aliqnando non incnrrant f Sammae illnd
qoidem felicitatis est dnas forocissimas affectiones amoris atque odii
intra saam qnamqne modom continere. Qnod si minns contingaty qaom non omniam
sit in Gorinthnm navigatìo, proximae laudis illad est ad lenitatem nos
qaam primom dare, nec in vita mortali inimicicias perpetnas
exercere. Minutianos Alexander, nt scitis, annis abbino
daobns, an tertins agitar, ex hospite factas hostis, utrins colpa
dicere V. httius op. ORATIOIIKS ET EP18TUULA superscum licuit, quod
aliquando receperam, sicut aes alieuum dis^olYere cessavimus, ut
omnes intelligatis, hactenus satisfaciendi votum mihi non
defìiisse, sed faoultatem. Quod si Fabius Quintilianus, ob
eiusdem generis iniunc- tam sibi provinciam, mores accuratius excolendos
et studia sibi duxit, quo Domitiani, perditissimi principis,
opinioni responderet, quantopere laboraudum mihi censetis in
utroque, ne sapieutissimum sacrosaucti Pontiflcis iudicium fefellisse
yidear, qui sicut opibns et imperio, quae malis indignisque plerumque
contingunt, nitro co- [EPISTULA AD LAURENTIUM PEREGRINUM Mediolani] olro.
Non it4i iiiro oontubernii, qnoiitem, pnruin inilii probatiSi ut in- dole
inoruinque olo;raiiti:i ne bonnrum ariiuiu 8tmlio potes a me expecUire
oiniìia qiiae a, non ininria desideras expHoari, nam neque Do- mitius,
neque Piemia, interpretes alioqui diligentissimi, moltoque minus infra classem
ma^struli eins verbi vim peroe- perunt in hoc poeta. Juvenalis enim
reponere non in significatione scribendi sarciendive, sed prò eo qnod est
parem gratiam referre videtur accipere. Sieuti ad Lentulum
soribenSi V, huiut op. CICERONE per haec in Epistolarum famiìiarium libro
primo: cCur, inqoit, vatdciiiiam landarim, peto a te ut id a me neve
in hoc reO| neve in aliis reqoiras, ne tibi ego idem rcponam Cam
veneris», idest eadem in te regeram. Atreus apudSe- necam poetam : e
Sceleri modos debetar, onm facias scelus, non abi reponas, idest
nlciscaris. Metaphora sampta est ab iis qui matitant, invicemque
convivantar. Haec babai saper ea quae a me qaaesisti ; integrnm
sit seqni quod maxime probabis. Probabis enim quod aptissime loco
et sensuii qui sis ingeniosissimuSi congruct, Sed ben ! tn vide qnid
agas, qui cursum reflectas ad Sirenas ; est sane pericnlum, ne te
mansuetioram Musaram delinimenta avocent a molestissimo legam studio.
Cogita tibi, vale. iuquit € Jane, qui centra tui saeculi mores in uno
altero ve libello tam lente sedeas t non illa nunc aetas est, quom
invenes quod imitari vellent diu audiaut, omnes ad vota fe- 8tinaut| ncc
expectandum habent, dum mihi tibique libeat prò re dicere. Sed saepe
ultroiuterpellant, atque alio transgredientem revocant et propcrarc se
testantnr. Utque Philostrati leones ex eadem praeda bis cibum non capiunt,
sed ex calida recentique semel pasti reliqiiias aspemantur, eodem pacto
nostri temporis homines una do re saepe disserentem non facile
x>atiuntur. Quare nisi novi quid in mcilium promas, quod discipuli
probenty vereor ne solus in scholis relinqaaris Qnibus ego monitis, ut par
erat> a priore scntentia de- turbatus, animi dubius aliquandiu
pepeudi. Nam quam vis et ipsa res et auctor monebat, ambiguuiu iiuncn
erat quam in partem homines essent accepturi, si Lucium Florum
nostra ope propemodum convolescentemy nt parum periti medici, non
penitus obducta cicatrice, desererem ; tlifficilis anceps- qne
deliberatio, din multnmque agitata, nostri innneris auspicia retardavit,
donec animo sedit ocii^mei rationem vestris commodis posthabere. Diebus
itaque festis, quos alii genialiter agitabunt, quae restabant ex Floro,
pomeridianis Haec Demetrìi Chalcondylae moniU maximam Parrhasii
nostri laudem praa se ferunt, nam manifestis argumentis eins magnuin
et Msiduum in castigandis scrìptorìbus stodium nobis patefadont tk
é m u mtàutmm^tÈm^im^m^^mnm* itiàm OBATIOMES ET EPI8TULAS
horis intoipretabimur, in eius vero locum (qaod (ànskiiii folixque sit
omnibus ) Livionì sustitucmns illum, qnem vetustos adco suspoxit, adoo venerata
est, ut nihil ad hoo aeyi rcliqueriti qnod in eius no>'um praeconium
possit excitari. Quis euini post Fabium non dixit in conciouibus
Livium, supra quani narrar! possit, cloquenteinf Qnarum tanta vis
ad persnndenduni iam tuni crcdebatur, ut Metio Pompusiano capitale fuerit
apud Domitianum, quod eas excerptas ad usum uiemoriae circuaiferret.
Quanto niitius sacrosancti nostri Ro£^s in^^euium, per quein non haee
ediscere solum licet| sed ipso praeceptores nitro conduciti qui
iuventutem Hber»- liter institnant, Quis vero Livium nescit in
exprimendis alTectibnSi quoa mitiores appcllant, inter historìcos primos
obtineref Nam quoil ab ultimis Ilispaniao Galìiarnniqne flnibus
illustres in urbem viri venerint, ut unum Livium salutarenti epistola
Plinii Nepotis ita porcrcbruit, ut sit in tanta notioia reforre
supcrvacanoum. Furor est autem, furor in quaestionem vacare, quod olim
Valla, Sallustiusne doctior fìierit an Livins, et eos invicera comparare, a
quibus discere magis oon- venit. ntrique summi extit-ore ac cadesti
quadam providentia componcndis moribus alendis. EPISTULA Nli.-DE LIVIO
INDICE Mediolani Timon ìlio Phliasius, óloqueutiac sapicniiacquo
stadiosusi ut undecimo Successionum libro scrìbit Sotion,
iutcrrogatus ab Arato Solense quo pacto posset Homeri poema
consequi castigatuniy respoudit: e Antiqua lego exeniplaria, non ea
quae nuper emendata snnt >• Eius, ut reor, auctoritatem secutns,
Probus exemplaria undique coutracta inter se oouforre coepit, ex eorumque fide
corrigere ceteraf atqne di- stinguere et adnotare curavit et soli liuic
noe ulli praeterea grammaticae parti deditus, ut Suetonius auctor est, ad
famam dignationemqne pervenit. At, ut quidem sentio, non i^ niurÌHi nam
quam sit hoc laboriosum, quam non omnium, Cioero testatur ad Quintnm
fratrem. cDe libris, inqnit, Tyrannio est cessator ; Ohrysippo dicam, sed
operosa res est et hominis perdiligentis; sentio ipso, qui in summo
studio nihil assequor. De Latinis verOi quo me vertam, nescio, ita
mendose In codice V. F, 0, in quo omnes quae Parrhasii tupersont epistulae
collectae sunt, nonnulla Quaesita ut hoc De LIVIO indice^ omni indicio
signoque careni, ad certuni signiflcandum viruro, cui inscrìpta sint. V, huios op. oratioubs xt bpistui^àx scribuntur et
veneunt. Utinam non nostri temporis haec iostior essct querela! certe ego non
plus in alienis erroribos coufutamlis, quam in cxponendis antiquorum
scriptis insodsircm. Sccl afiirmare inratus et sancte possum, eie omnes
ab impressorìbus inversos esse codices, ut, si anctores a pestìiminio
mortis in lucem revoceutur, cos agnituri non sint. In
quo non recuso quin mentiri indicer, nisi LIVIO Decada istao. apertissime
probabunt. Ao ut ita facile omnes iutelligant, ab ipsis argumentis
incipiam. Sjllabos et elenchos graece dicitur is quem latini vo-
cant indicem, cuins adeo studiosi fuerunt antiqui, ut PLINIO integrum volumen
elencho dederit, et CICERONE per epistolam potati ut eius libris index
ailinngatnr. Lampius etiam, Piatarchi filius, hac una re claruit, quod cleuchon
operibus pa- tris addidisset, ut est apud Suidam. Qais huuo
indiccm LIVIO praetexuerit in obsouro est; aliqui tamcn Florum suspicantur. Ego
nihil aiBrmo, sed qui- cumque fait, doctus certe fuit et plenns
auctoritatis in scholis, ut quidam de suo multa addidisset, quae, licet a
LIVIO transcripta sint, adulteraut et vitiant alienar nm lucubrationum
sinceritatcm, ut dcpreudimus iu antiquissimo codice, qui mauavit ab cxemplari PETRARCA,
viri, sua tempestatOi dootissimi. PRÆLECTiO AD DiSCiPULOS Mediolani.
Tollite iampridem, victricia tollita sigoa Virìbut utenduiD
quatf'fecimos Libuity adolescentes ingennii pomorìdianis iis
aaspiciis, iisdom V08 hortari verbis ad repetenda litterarum
stadia, qaibas apud Lacanam Oaesar ad instaurandum bellara militos sao8,
qaando non cnm aurìore maj^que infesto ' hoste Oaesari fntura res erat,
qaam nobis hoc tempore. Stat ecce in nos ignorantia gravissima adversaria,
centra qnam, cum anno saperiore freqnentes mecnm strenne pngnayerìtiSy
frigoris atqne solis patientissimi| nunc nisi reparata constanter acie
consistemns omnes prompti, labores emnt irriti, pessimeqne de rationibns
nostris actnm. Haeo enim nos omnibus omamentis et oommodis exnet; nam
quid ant conseqni potost ant praestare qui, quid optandnm, qnidve
fngiendnm sit, ignoratf Usns mnltarnm remm perìtia comparat homini prndentiam ;
nnlla tamen re magis ignorantia prostemitnr, qnam litterarum cognitione,
qua si qnis a teneris annis imbntus, poetas et historiarum scriptores
accurate versat Hano attalimas Pradectionem ad venim paternumqo« P. in
discipolot demoDStrandum amorem ab^i^mt^mimm'^'mmm^^111^1»» 1 1 r if, m I mi II
\ km ru ni^im OnànOVEB ET BPISTULAX indeqae mores et instituta
mortaliuiii disciti ao daoe demaìn philosophiai Wtae probitatem cum
eniditìone coniimgiii Ì8 sane diis immortalibus par in torris
habetnr. Itaque ne tanto nos pracmio spolict ignoranza, resamp- tis
viribns, bellicis exeroitationibusi antea firmatis, daòram qaoqae
raonsiain requie refeotiS| integri et reccntes ad ca- pcssenda denuo
studia consnrgite. ConsurgitOy inquani| adulesccntes optinii|
consurgite ad solitam litterarnm palaestram, et iam sublata atque
explieita signa prosoquimiui, ut adversus ignoi-antianii horainis
acer- rimam hostcnii fortiter et impigre mecum decematis. In quo
quidem bello commilitonis et non imperitissimi dncis offido fungar.
Etenim nullum laboremi nnllas vigilias, nullnm deuiqne periculum recusaboi ut
in arcem sciontiae, ad quam nati sumus, victores triumphantesque vos
perducam, Atque, ut verba ad rem conferamnsi institutos auctores,
4°orum enarrationem vindeniiarum feriae intcrruperunt| resumemoa ab
eminentissimo poeta sumpto initio. epìstola ad PIUM. Mediolani. Atquiy
taa cuni bona venia, fallit te ratio, mi Pie, nam nec extat apud Solinum:
e Armenia tigribus feconda; nec sic unquam scrìpsi, sed : e Armenia voi
Hircania feta tigribus est>, ut ait Soliuus; in quo velini dicas utrnm
codicem mendosnm su- spicaris ab antiqnis exemplaribus inter se collatis,
an qnod ea locutio latina non sit, ant parum tersa. Liceat apud te
gloriari : si quis alter in emaculando Solino laboravit, in iis ego nomen
proflteor meum, Neapoli, Lupiis ( nrbs ea^ Apnliae est), Bomaeque nactus
antiqua reverendaeque vetustatis exemplaria, quibus adhibitis et
cxcussis, castigatissimum mihi codicem reddidi. Sed et hic alterum habeo
vetustissimum, qui Merulae fiiisse di^itur. In iis omnibus /e/n tigriÒM
est' et non fecìinàa^ et ita dixit, ut Maro feta armiè^ et feta
furentibut auètriiy alludens ad animàlium speluncas et subterranea cubilia.
Scio quis iUius emendationis auctor fiierit, sed is me perducere non
potuit, ut ei, magis quam vetustiorum codicum fidei, crederem. Non prò
explorato afArmare possamus cui Parrhaslos hanc io- Bcripiierìt
epistulam, oam daos illi hoc nomine amicot fuisse compe- rimnt : Joannem
Baptiatam Pium Bononiensem, et Aldam Piam Romanum. — V. haiui op.ifc
IWli^fc ^ntU^tì^^ìimAm EPiSlULA NI. -DE A.
MARCELLIIO Mcdiolani Ammianì Marcollini Btrum gestnì'um libri penes
me soni omnos quot extant, ex antiqaissimo codice Bomae exeriptì;
nec alium prope froqueutius in manibas habeo, qaod inde quaedam non
vulvaria liccat hanrire, Sed quid oportott iii>^ Illa Juliani mentione
Marcellinura citare, nisi qnotiens in rem meam faciebat ex rebus Juliani
f Curiosi certe nimis est inaccurate illud a me factum putare V. hoiui
op. OBÀTIONBS BT XPISTUUUB piena fnigis optimae; et haec in causa fuenmt
ut Latatium potius quam Lactantium nominarem, quom plus apud omnes
sanae mentis homines valere debeat antiqaoram codicum fldes, quorum magna
mihi copia Neapolii Bomaeque con- tigit, quam particnla vulgatis inserta
codicibns ab iis qui testimonium iuscriptionis ab se perversaesibi ipsi
conftnxeront. ORATIO HD MUNICIPIOM VINCENTililiM Veicetiao lat. (0 Veni, Patres optimi, tandem veni,
8oriu9 oxpcctatione Tostra moaquo voluntate, quod immanium barbarorum
grave diuturnnm iugum non facile fuit ab attritis excutcre cervicibus,
quippe qui necopiimta Victoria extulonmt aDimos, tantumque sibi
pcrmittuut in omnes Italos ( o miseram temporum conditionem ! quis hic ita non
ingcmisoat et frontem feriat ? ) quantum vix olim Gares in Leleges,
Arcades in Pelasgosy Lacedaemones in Dotos. Ilabeo diis
immoi*talibus gratiam, quorum uumine servatus hio a OBÀTIOmBS BT
SPI8TUULX sanguine gliscnut sic in omni crudelitate eznltanti nt
vix acerbis sociorura funcribns satientorf Errat, Patros
optimi, si quis arbitratur ipsos deos Ulyssi magis extitisse propitios, a
cyclopum fanoibns elapso, qnam mihi dum cruentas Gallorum manus effagi.
Qydopos enim dnmtaxat in advenas appnlsosqne saeviebanti ii ne
notos quidem saisque parcunt. Ulysses uno vini cado Poljphemum sibi
pene conciliavit, ii beneflciis obsequiisque redduntar
importuniores. Nam quid in eos a me publice priyatimque, domi
fo- rìsque profoctum non est f Quis centra ganeo, quis adulteri
quae mulier infamis, quis corruptor iuvcntutis ita iactatus est unquam,
ut ab iis, innocentissimus optimeque de se me- ritusy ego t Caput omnium,
satorque scelerum fuit AllobroX| qui virtutis præmia malis aiidbus
assccutns ini rcSv oye^v fiùaiìjQ'Aiktl^y Inito^ &pcv(jij idest ex asinis
et quidem lenUs repente cquus exiluit. Is enim nostri generis
omncs odio prosequitur ob intestiuas inoxpiabilcsque simultates, quas cum
clarissimo nostro conterraneo Michaele Bitio, iurisconsultorum
nostri codi facundissimo, gerit, nude quave de causa susceptas in
pracscntia dicere nihil attinet. In me Tcro praecipue debaochatur et furit
impotentissime, quod una alteraye epistola Bitium laudavi, semel in
editione Sedulii Prudentiique, Obristianorum poetarum, quos omnium primus e
pulvere situque vindicavi, iterum per initia patriae Historiae, quam
Bitius ipso condidit, mihique castigandam 'dedit. lUud autem
nullo pacto forre potuit me sua causa no- luissc quorundam Mediolauensium
liberos a nostris aedibus exturbare, quo vacuus apud me contubernio locus
Allobro- Ritii opus inscrìbitar: De Regibits Hispaniae HierusàUm^
GaOiae ete. Histort\ Roma. P. epistula, impressa in huias operit
prìacipio, data est ad Ritiuin Mediolani, Rai. Coi.W lm é'^ m^i P. gìbus
esset snìs. Ex iUo Mioutulttin quendam, nostrae pròfessionis acmulnm, qui nihil
quoestus aliquot annos propeme fcceraty extollerey amplecti, fovere quo
stomachum mihi faceret, ìgnarus ineptiarum longe grandiores offas a me
sae- penumero voratas; ac incidit in illam quoque suspicionem, quam
garriens ad aurem Minutulus, de quo iam dixi, dolator augebati a me sua notari
tempora vitaeque sordes eo opere, cui titulum feci: e De Rebus per
epistolam qunesitis, quod adhuc domi sanatur, propediem vcstris auspiciis
exi- turum {1\ Quare non ita multo post a cena cuiusdam rediens senatoris
ad primam facem, ex ictu lapidis in capite vulnus accepi ; nec alieni
dubium quin homo sexagenarins, qui plus in capulo, quam in curuli sella
suspendit nates (ut iSocete Naevius ait in Pappo) percussores immiserita
indignamque cædem, quantum fuit in ipso, patraverìt, quom satis constet
ab emissariis eius excursoribus ingentis spe praemii soUicitatum
Michat^lc'm chirurgum, qui me curabat, ut malum venenum medicamentis
infunderet. Exponere supersedeo quam gestierit, quantum sibi placuerit
indomitis moribus Allobrox, quod eo periculo motus in patriam me
recipere statueram, quanto rursus dolore sit affectus, ubi sensit ab
amplissimo patre Stephano Poncherio, Lutetiae Parisiorum Pontifice, cuius
immerito vicem gerit, a decedendi Consilio revocatnm. Quid itaf nolite
quaerere, Patres optimi, nolite quaerere, quando felicioribus etiam
saeculis tam perverso principes ingenio sunt inventi, qui prò hostibus
haberent eos qui excellerent in communibus studiis essentque superiores
ingenio. P. aiteveratio valde congrùit cam illis Ciminii verbis in
Epistola nufte ad Corìolanum Martyranun ante Itist. Gramm. Charh : € In
prìmiff autem deflenda est illios divini operis iaotura, De Rebus cilicet
per epistolam quaesitis, quod ipse saepenunìei'o vidi. Erat enim ad
editionem paratura, libiisque constabat quinque et viginti »• iaHto«*««aMataiiBrf*«Mtfi*i^^A«#^*MM«aa*»wiI
H V, W.« ll* 1^1i^i^>tft»at0t .i> i»timm
ORÀTlOVEa ST BPISTULAX Trahat anrì splendor et lucri capiditas alios :
ego pecuniae captum nauquam habui; sequantar alii annouae
liberalitatem, vhiique praostantiam, an^^uillarum saginara, quas Tester
amnis Dutrit Eretenus, ab Aeliano laudatasi ego, magistra philoso-
phia cum Vairone didioi sitienti therìacum mulsum, exurìeiiti pancm
cibarium siligineum, excrcitato somnum soaTem. Discesserint bino alii pecunia
divites, ego contentus ero yestra benevolentìa, acri iudicio, gravissimo
testimonio parta gloria: quamquam nobis est in animo, si liceat, aetatis
reliquum vobiscum exigere, proqne mea virili parte oaptuque ingenti
sedulo commodis vestris inservire; sic enim publice privatimque de nobis
meriti. Dies me deficiet, si commemorare volucro quibus ofBciis
florentissima vostra respublica, yestrique cives me prosecuti sint et
x)rosequantur. Itaque ne cuiquam videar eorum magnitudinem non sentire,
quod unum possnm, pollicear industriam meam quantamcumqne vestrom
ncmini defuturam ; praeterqne publicum docendi munns, quod mihi
delegastis, epistolam tertio quoque die iuventuti yestrae dictabo, quod antea
facturum perncgaveram: tantum bonefacta in omni re valont, ut est apud
Propertium. Denique enitar ac elaborabo, si minus cmditionem, qnae in
nobis alioqui mediocris est, egregiam certe voluntatem vobis omnibus omni
ex paite probare, quibus existimationem meam commendo meque dodo. Dixi
(lì Cum illa sola edere st&tuUsemus monumenta, qoibns maxime ad
narrandam P. vitam usi sumus, permultas omisimus orationes, ut
luculentissimas duae aliaa quas Veicetiae habnit. li I ri PBAEFATID IN
HORATII ODAS PaUvii. Si qais alias, ornatìssimi invenes, aat
litterator ani eloqaeutiae inagister, ex eo loco, qaem nos
honestissimniii Bomae, MediolaDiqao et demum Veicetiae tennimus, ad
hano iniquitatem temporum rcdactas esset, ut privatim doceret| ille
quidem fato convicium facoret seqae de fortnna praefa- tionibus
alcisceretur, nt olim Licinianns ex consnle rhetor in Sicilia. Sed ego
qui rerum omnium esso vicissitudinem non magis ex Eunuche Torentiano,
quam certa vitae experientia didiciy sic ad omnia quae Tel inferuntur,
vel accidunt homini me comparavi, ut prosperos optem successns, adversa
fàcile patiar. Quamquam, si yernm fateri Tolnmns et a Tobis oblatam
conditionem recta via reputare, nihil est our agi nobiscnm male existimem, qnod
longe minoris solito profitear; siqnidem summa hnius urbis auctoritas
celeberrimumque Patavii nomen, ubiqne gentium yenerabile, compensat
omne salarii detriraentam V. holQS op r«M4^w»aM EPISTULA AD
LUOOVICUM MOITALTUM Agelli Admircutur alii Siciliani^ quod omnia qaae
gignit sive soli sive hominis ingcnio proxima siut iis quae
iudioantur optima; qnod in ea prìmutn inventa comoedia ac mimica
cavillatio; quod Giclopuin gentem testentar vasti specus et Lestrìgonam
sedes etiam nunc vocentnr; quod inde Lais illa, qaam propter insignem
formam Gorinthii sibi vindicaront, et inde Oeres, magistra satiouis
framentariae, et Prosorpinæ fama sit; qnod ibidem campus Ennensis
in florìbus semper et omni vernus die, et Daedàli manna demersum foramen
ostendat, quo Ditem patrem ad raptum Proserpinae exeuntem fama est
hausisse lucem. Gommemoreut amnium, fontinm, stagnorum, ignium et
salinarum miracula, ao arnndinnm feracitatem tibiis aptissìmarum.
Laudent Achatem lapidem, quem Sicilia primnm dedit, in Achatae fluminis
ripa repertum. Tollat in coelum vetns adaginm Syracusarum maximas opes
aerìsque olementiamy qnod in ea etiam cum per hiemem conduntnr serena,
nnllo non die sol est. Addant Alphe! Et Arethusae fabnlosos V. haias
op.«t Mq.;A HMM««Ml«««M iniiiiri* OBÌ.TIONB8 ST XPISTULAS
amores, et quicqaid mendacia poetaram vnlgaverant. BqoL- dom non adeo
principem nrbium Sidliae Syraoosas ezi- stimo, qaod ambita moenium
quatuor oppida oompleeterotar, Aohradincm, Neapolim, Bpipolas et Tychen,
qaam qaod cxempla pietatis cdiderint, Emantiam et Oritoncm, qui dao
iavenes, iucendiis Aotnae exuberantibas, sablatos parentes ovexcrunt
inter flammas illaesi ignibas; quam qaod Archimedis incanabula fuorint,
qui praoter sideram diaoiplinam machinaiìas conimentator extitit,
oppugnationemqae liaroelli triennio distulit; quam qaod Thcocritam
protaUt illam rustioae Masae perurbanum pootam, multosqae praeterea
qaorum immoHales animae loqaantnr in libris. Inter qnos ipso tantnm praestas,
qaantom ceteris mA^mtt»tìLiém^l£ PRÆFATIO IN SÌLVAS SUTII Roma. Si quis in
hoc honcstissimo eonsessu t4icitus secum forte qaaerat, andò ovenerit ut
ego, promtns alioqui paratnsqne somper habitus ad dicendum, quemque totics ex
tempore perìcnluni bono periculo multis in locis fccissc constons fama
nunciabat, apnd T09 hacsitare cunctarique Bim visus, ac, voluti mutato
solo vocis usum penlidisscm, quod in Agro Locrensi cicadis acoidere
Pliuii tradit historia, quibusdam quasi tergiversationibus extraxerim muueris
obeundi diem, dabit is facile mihi veniam, quom pluribus iustisque de
causis id a me factum sciet. Ego, ornatissimi viri, licet in
dolio flgulinam non discami quod agore vulgari quoque proverbio vetamur,
octoque iam per annos in Gallia Citeriore persouam rhetoris haud
inglorìe sustinuerim, tamen insolentia loci, diversitate auditorumi
nimiaque vestra de nobis expcctatione tardior efficiebar. Denique,
si res aliter ceciderit, malo ezistimarì magnitudinem Bomanorum ignorasse, quod
apud eos audeam docere, quam humanitatem, si non audeam, quom
praesertim V. huius op.^riSi"»rr. «e :r-* --^.o»: it...». prò me
staro vidoara duos atriusqne linguae signiforos et qaos nulla remotior
latet oruditio : Janam Lascharim, non minus ingenaaram artium studio quam
natalibus et imperia toriis imaginibns illustrem; Thomamque Phædrum,
Bomanae Academiæ principem, sacerdotiis et iugenio partis opibus
insignem, quorum tanta verbornm pondera semper esso duxi, ut uno suo
verbo cum mca lande coninnctOy omnia asseouturum me confldam. Nil itaque
desperandum Jano duee et auspice Phacdro, in quorum blando obtutu,
tranquillo vultu, hilaribus oculis acquiesco. Quibus ingentes ago
gratias, habeboque dum vivam, quod me gravissimis apud Pontificem
sententiis ornaverunt, ubi vel nominari snmmus honor. est, Nam Grispi
Passioni sententia quorundam magis expotcndum iudicium quam benoficium,
quorundam beneftoium quam iudicium. Our iUis ego non omnia debeam, per
quos utrumque mihi contigit indnlgentia sacrosancti Pontificis di-
viquo Leonia X, qui maxime reram usn, incomparabili prudentia, suprema gloria,
incredibili felicitate, admirabili eloquentia, promptissimo ingenio, castissima
eruditione pellet eaque morum sanctitate quo suus olim conterranous
Leo, cuius ante vivendi rationem quam nomen affectavit Reliqua deincept,
ut minime none Nh M il
makttmtmamm^mmmt^m^mir •iM^tfiM—^yj PRAEFATIO IN ORATOREM. Roma. Antequani
docendi muuus instaurem, coDsilii mei ratione in vobis, auditores optimi,
qaibas me maxime probatam oupioy rcddemlam censui cor e tot aureis
divinis CICERONE oporibas Oratorem potissimam dolegerim, car, repudiata
priore sootontiay Moronis Aeneidem prosecutums accesserim, quom
paucis abhinc mensibus ex hoc ipso sugesta a. me enarratum ili Bucolica
pronunciassem; quod nisi me insta de cansa diotnm mutasse oonstiterit,
equidem non recuso quin apnd vos levitatis et inconstontiae culpam
inourram Nominem vestrnm latet, auditores ornatissimi, qnantas invidiae
procellas anno superiore sola patiencia i)er(regerim; quodque lenti
maleqne de me sentientis opinionem subire maluerim, quam, quod CICERONE
turpissimum vocat, contentiosi senis: huius meae lenitatis uberrimo
fructu percepto sacrosancti augustissimique Leonis X indicio quo nuUnm
maios homini contingere potest, a me «non difficulter impetravi, si
qua deinceps huiusmodi tempostas impenderet, aliquid de iure meo magis
accedere, quam nomen boni viri litiumqae fu^itantis emittore V.
buius up. PRÆFATIO IN EPISTOLAS AD ATTICOM, Roma. Quom scdnlo mccum reputo qnnm
inulta nccidant homini prneter spein^ libot npud vos auditore? carissimi
qnod Aenoas Ycrgilianuf oxclawat usurpare: Hcu nìhil iavitis fas
quenquam fidere divit. Etenim quem rcbar annum tranquillitatis et ocii
plenum foro, is acerbissimos mihi casus atque gravissimas attulit
aerumnas, quæ nostrorum studiorum rationes tantum evorteruut; id quod eventurum
non temere quisquam iudieasset in tanto bonorum Principum proventn,
quorum opibus ao indulgentia benignissime fovebamur. Ut enim missa
faciam quae sacrosanctus Pontifex Maximus ex aorario mihi largitnr,
ne iam obductas imidiae cicatrices inutili recordatione refricemus; ut etiam
taceam snffragia patris amplissimi Julii Medicis, quem nuper ad proximam
Pontifici dignitatem divinæ virtutes OTexerunt; ut hebraicae latiuaeqne
linguae instauratoris Hadriani mnniflcentiam in me transeam: certe
Lisias AragoniuSy antistes ille meus omni laude superior, ea TÌtae mihi
commoda suppeditat, quae studia possint igna- vissimi cuiusque
exoitare. Y. httiuB op. l«ow^^IN •«* i m i r ii»* Ìkerii, in
quo mihi eottidie lectissimorum virorura subeunda censnra est} quos
nulla, quamlibet remot^a, latet eruditio, quique anres non hcbetes,
oculos acres, ingeuia habent acutissima. Proinde vigilandum sompor, multao euim
insidiae sunt boni, ut ille Jove uatus suis praecipit filiis, et quo minus
ingenio possum co magis subsidio adhibebam industriam, qnae quanta
fuerity quia tempus et spaoium datum non est, intelligi tnm non potuit.
Nam post illa vit4ilibus mlaota vulnera, quae paucis ante mensibus apud
vos oratione perpetua deploravi, quid erat ineommotli, quod mihi deesse
videretnr, aut cui novae calamitati locus ullus iam relictus ! Eadera
tamen for- tuna, quae eoepit urgere, reperit novum maerorem, afUictumque
duplici luctu senem tantulum respirare passa non est. Duum enim carìssimorum
desiderio funestam domum, diuturna couiugis insuper et mea valetudine
concussit, et qua (dii boni) valetudine, coelitus iuvecta: quippe quam
adversis sideribus conflatam Gàuricus, astrologorum nostri
temporis emineutissimus, certa matheseos ratioue deprehendit; Lunae
enim deliquium perniciem nobis erat allaturum, nisi salutaris stella
Jovis intercessisset. Et mors mihi quidem molesta non fuisset, ut in qua
propositam mihi scirem laborum ac mise- Deflet hìc Parrhatiut Thomae Phædri
et Batilii ChalcondylM mortem. Y. huius op. In Tractattt tistroìogico (TU
Op.,) Luca» Oàuricat horoscopum pcrscripait, quein noi io hoc opere
retulimus. Il- fciniiji' ( iti II' tmmu^Mbummmi
tf^^MUi-m^t^^M riariim omninm qiiietem; seti illnd nmitn nos angobat,
qnod apnd vos absolvero tiilem moam, qnaeqne pollioitus in has
Epistola^ ad AtUcnm fiieram praest-aro non potnissem. Quo nuno lactAndam
mihi mairis est, quod ex orci fnucibns eroptns, iiicnndissimo Ycstro conspeotu
fruor, quod intuoor et contcìnplor uunmqucmque vestrum, quorum nomo ost
cui non mca salu^^ ncque cava fuerit ac ipsi mihiy ctiius non extct
aliquod in nos moritumi cui non sim devinctns memoria benefloii sompiterna;
ncque cnim vos oculornm coniecturay SiHÌ assiduam mihi frequcntiara
praostitistis, egoquo non minus signiflcntione voluntatis et benovolontiae, qnam
robu9 ipsis astringor. Itaque vel hao potissimum de causa corporìs
inflrmitotcm animi virtute superavi, ut satis aliqua ex parte nostro erga
vos officio faciamus. Quod huo usque non distulissem, nisi memet quidam
casus incredibilis ac inopiuus oppressisset. Nam prìdie oius dici quo
rcditurus ad iutormissnm docendi mnnns eram, in summo pedo enatos
abscessus, (àjrocrrysux Graoci vocant) brevi ita altas egit radices, ut
igni ferroqne vix excindi potuerit. Ego nihilo- niinus, ulcere etiam nunc
manante, reclamantibus ad unnm medicis, quom prìmum flgere gressum
licuit, bue exilui: tam nihil autiquins habeo vestris commodÌ8.
Ncque vero hoc dico, quo me vobis venditem; our enim blandiar bis, quorum
erga nos amor, honestis artibus qnae- 8ÌtuS| odeo cre\ity ut non haberet
quo progredi iam possit t atqni potius haec ad impetrandam veniam
pertinent, ne qnis vestmm forte mihi succenseat, quoti ad diem praesto
non ftierim. Nano acquis animis attendite nostramque de hia
ambagibus ad Atticum coniecturam cognoscite. Nam si nsquam alibi, hic certe
necesse est iuterpretem divinare ; nomo vero desperet od huius operìs
calcem nos aliqnando perventuros quod hoc anno cessatum sit. Temporis iactoram
focile reparabimns, si viatornm nobis exemplnm proponemns, Ili si serins
quam volnerìnt forte surrexeriuti
proporando.«M^B#«**^à«Ì»«^ÌAM »mim»i*a^lìkmami^Jmt^mmm*tI IH
ìàH^ti^mtm^t^mim ri II ORATIONES ET SriSTUULS etinui citius, quam si
tic noot4! vigilass^ent, perveniunt quo to- luut. Quoiiiani vero, prinoipiis
cogiiitU, multo facilius oxtrema percipiuutur, autequam quae rtvtaut
mloriamnri Epistolao argumcutuin brevissime repet4im. Huius Episiolae
superiore partieula noster Oieero reti- ilebat Attioura certiorera de
ratione suae petitioDÌ8, idest quot in oa eompetitores haberet, atquo ex
his qui certi quive partim Armi viiloroutur. Nunc mldit etiam diem
quo prensaudi initium Taeturus ipso sit, et quorum suffragiis ao
ope nit4itur ad cousulatum, quidve in ea re Pompouium sua causa facere
velit. r>rf ai n » i é" . ' i^-«i»*iii^i»v' V 4»
n . Il«fc — «nlBÉ PRÆLECTIO IH EPISTULAS AO ATTICOM •tei «iMa .jm i
> i r- > ir >i Mj i a ni n i n
i nr - •arh^fc-Émli OBATIOXES ET EPISTULAB SBLBOTAK. Oratio ad Patritios
neapolitanos. Privilogium. Epistula ad Ferdinandum Aragoninm. Oratio I in
Alexandmm Minutianum. Oratio II in Alexandram Miuutiannm. Oratio ad Senatnm
Mediolanensem. Oratio in Alexandrum Minatianum vni. Praefatio in Persinm.
Praefatio in Tbebaida Oratio in L. Floram. Epistola ad Laurontinm
Peregrinum Praefatio in Livium Epistola NN. De LIVIO indice. Praelectio
ad discipolos Epistola ad Piom Epistola NN. — De A. Marcellino
Epistola NN. De Lotatio «Mfc^lt
I» M w r ^•fc. l^-^r-^^T«.L-^, .a£^&.-'-^jJ:-L^.-c'-.^a:ji::^
^niDiox Oratio ad Municipium VincentiDum Praefatio in
Horatii Odas • XX. Bpistula ad Ludovicum Mouialtum Praefatio in
SUvas Statii Praefatio in Oratorem Praefatio in Epìstulas ad
Atticam Praelectio in Epistnlas ad Atticam. Dello stesso autore L’
Eleqfa. c Ad Lucia di Aulo Uìaco Farrosio « il Brnto minore dì G. Leopardi
Ariano Stab. Tip. Ap- pnlo-irpino Un Accadbmico Pontakiaito elei seo. PpeonrBOPe
del- l' Ariosto ode) Panai Stiano Stab Tip Apputo ir- pÌHO Di
prOBSima pubblicazione P. Filoloqo c la sua Biblioteca. Paolo
Pabzanbsb Tita ed opere. Scritti ihrditi di ParzanoBo feon prefazione
noU). In preparazione STunn Dahtebchi Anxcdoti
HuvzoinANi FOLELOBB iBPmO La Bcdola Sabda e i Codd d' Arborea
Prezzo del pbesektb vomuE LiB^ 3, P.^ SII CONSENTINI V RI
0OCTISSIMI RH AE^ toricx Compendium, Atijp id qitfdeni ab
optimis quibusque tam Grafcisquam Latinis autoribus^ in
adolcfccntum iuorum ad artifiaum rationem^ dicendi perducendo^ rum
gratiam at(j ufumjCJfe» cerptum lom.AUxmder^raPkmsadfiudiof
J. AHIOMIVS CA£ S As rius Lepori. 7’'^ ^ I ' 0^ i a iV
-V 7 .v 'i' l J K -r- * '; . ? l mdi^ifitmeUadlJchtnox^ad
toUenddg ht eo crudiores etiam fordes harcbant^anmtm fjfTudmanu^
adijciens> difftum equidem cumprimis iudicaui,qucm in publicum prodire,
multo quam antea cr adipatiorem er nitidiorem nunc demum cu* rorem:
id^tuopotifiimum nomine ^ HicolacyUtz^ quam te ex animo cum obfingulorem
patris tuiyopti mi certhtq; doilipmi uiri in me beneuolentiamy tum
egregiam indolem tuam amplexar ac diligam 'mteUi geres: ad huius ipfius
autoriSyParrhafif dicoyfcrip ta, olim per occafionem diligentius
inuefliganda con ' tendetesicr quod uel procipuum eratyolacrius
etiam hthifcefiudijsyadquie faneiam otas ijlcec tuaaj^- ratyte
exerceres. Qjto certe fietyUt non [oluofi id quod te maxime decetyqudq;
nos ^ te ^hocepimus, ele- gie tueare: fed magnum quoq; ( patrii exemplum
fe- ddiho imitatus) tui ufumy cum patrue % tum bonis aliquando omnibus
probeas. valcy Bapleeypifidie P. I RHE^i? (b*D MPENDI V.U I N D £X.
aborigincs 8^.4 • Aar^.,9a8.& arris nomi. « Ado(^cenria:lau$.
ne digna quar.iQ.i^. * 81, .♦ 9 Ajs celanda *,.i 4 * 7 Ægyptii fe
primos ho Ars naturae inii^trix*, minu e(Te uoIut.x.t|^ 15’. » Æquum
bonum.^o^» Ars qua'm nahiracerc ’ if inde riordux i6,ij Æquitatis
rario. to^4 Arris oificium %uf, ‘ A Aetatum ratio &diuer Ailmio
accufatori • fitas 80.18 pro flrraametp.dj.i; ‘ -
AifeiHiUu morio.94. 4 Ai^umptiua quaUtas* dcAffei^ib. agere pol
uideinridicialiius. ^ licetur Parrhafms. Allumpriuarordo Agere>&a^b‘o,quarc
Afyftata 4z.i* oratoris propria.iy.s Aiyftatorumodi qribt
^ / Alcibiades »o,zj 4j. 1 * S » ' Albini defenlTo. f 4.«
Athenis primum elos . Ambiguum, quenri^ data opera» r
Amicitiarlaus 79 .»o 5. f AmpliBcIdi ratio* 7^, Auaricia
adolefccnriae y X5.&77 S pemiciofiflima Antipho ».« %z
Arbiter a iudice quid Audere, etiam bonis rc ', differat tod.19
busconiun(fl:um,fug7 l' Arih^Otelis rhetorica.
endumtamen.4.i7 r »4» • Bonuiv I . N ' E J B B Onum
quid . ^7.4 Bonisomnibus ex coepta uirtute,abuti homines
poife.u.i) L,Brunis et PopiUa primi in funere lait - dati
Romst. 77 10 - C C
AlIiftratus i^,ii Capita rpcdali^& generalia. 6x.i
“ ( u Val. Catulli natalis.s* Caufa jt.19 Caufa
(implexquar.^t x.quarne cppofira . 3 Caufaru tria genera.
j^. 8.&?7. t8 Cethegus Suadae me= duUa 4.7
Cacofyftata 44.19 Cicero cotra Fabium et alios defenfus . i 6,
5.inde.&z8. 8.6^ AS- Cicero iam fenior in eloquenda
fe exer« cuir Mo r?..h E X. Cinxia
luno 88.1^ Circumftanda,quac fa dt hypothefin.34.tx
Circumftannae partes» t Civitatis laus .»
Clifthenes 3*S Comam nutrire folin Lacones 73.^
Comparano 34.3 Comparationis mo Gontrouerfia 31.19
DeHbcratiufl genus pxCoucrfatione facile 39. I ' qualis
quilcp fit coU Deliberatiui generis ligi gt.15 duo officia
66.7 Corax Deliberatiui
genens fi Coryhriiu nauigare, nis 38.11 noeftomnium.pro
Demonftratiuumges uerb. 18.4 nus 39*7 Corporis bona.79.10
Demonftratiui gene* Corporis magnitudo ris finis 38.i5k .
autparuitas proprium; CrafTi elegans diftu; 9»* 4 7x,
10 Demonftratiui gene* Cupiditas, iucundi ris ratio 71.15
fons 97.11 Demonftrariuo gene* Cupiditatefieri qugdi
riineflfe etiam pers gantur 96-416 fnafionem 37*8
t)emoftheci pemofthenes Plato nis 6c .C^Uftrati au ditor
' ; ‘u 4 o Deprrcatio Dem oftli.ehis indu «
peprecado apud iudi cesnMlla. Depulfio * pr .19
^cffdiarplurcs fe^to rfs piale( 5 lica 8 C rhetorica
quid differarir^.^ ftale C^Quadtio duili5* Rhetorica
&.diale(fti9 jt. 8 caqd differant. 7 .i V { N 1 . -j,. ; ’lin P. NEAPOLITANI
VIRI CTISSIMI RHETORICAE Compendiu AQVIBVS PRIMVM ET IN*
uenta Rhetorica >6^ cele^ brata» Cap,i Rhetorics toresyqta
leges tulerunt, tllm pnmt creduntur exercuifjeieaq- duce feros animos
eff^ciffe pati entes focietatis, ^ coetus, Winc ex oh feruatione, quum
queere£ta,qu re& non uidcbantur • Marte etiam geni^ RHETORICAE
COMP. f genitus Populus, tanfim defidice altricem rejpuebant» Et
quia a Grcecis petenda eratf ^gre ferebant ah illis quicquam accipere :
indi-» gnum putantes, quos armis rerunuygloria uicif» fentydiqua
tamen in re fateri fuperiores.Vnde fi ^ui Uteros callebant Gracas, magna
eas indu-» firia difiimukbant,ne apud fuos ciues autoritatc
imminuerent.Paulatim tame utilis hone/ia^ ap- paruittprimus^ L . Plocius
G alius, fub ipfi^ U Crafft extremis temporibus, eo ipfo die quo Vd
lenus Catullus natus eft, docere eam latine cce pittad quem ingens
cocurfus. Aegre ferebat Ci cero,non^idem fibiliceretquod
doSiifiimoru autoritate teneretur, qui extimarent, Graecis
exercitationibus ali melius ingenia poffe, LJtin de*Voltacilius,q Gn.Pompeiu
docuit, primus^ hbertinoru hi/ioria no nifi ab honeflifiimis tra-
ftrfr/ folitam fcribere aufus cfi, rhetorica artem profeffus eUitantuml^
breui interieSio tempore fumpfit incrementi, ut CICERONE (si veda) iam
finior, cum Hircio et Panfa grandibus pr rhetorica nulla
pracepu ab autonhus defcrip^ ta funti uel quod nulla materia diRans ah
huma- nis rebus excogitari poteB, qua in aliquo ex tri hus
generibus propria rhetorica aliqua falte ex parte non cadatiuel quia qua
degena^ali dicen- da ^ent, ex propria praceptis facile mtelligi
pofpnt . Hanc igitur propriam ex fententia M. Tullij breuiter ^
circufcripte definiamus-) partem esse ciuilis fcientia, id efi politica, civilis
autem rationis una pars eR-, qua in opere fine tumultuialtera-) qua in
quaftionibus hteq^ cofiftit cuius magna et ampla pars artificiofa
eloquetia* ayiT> INTER RHETORI- cam 8^ dialccfiicam. Cap»
5«. E t quonia d^aleRica cognata putat An- ftoteleSyage fi
lubet qd inter fe differat in fpictamus . Nofttm eR illud Zenonis, qui
manu prolata utriufque uim expreffit . amba enim ad unum fere
eundemq; finem argumentationes reperiuntinec fecum, fed ad alios agunt, fola^
ex omnibus fcientijs,de cotrarijs ratiocinantur.neu tra determinata
quapiam re, quomodo fe habeat^ fcientia eR: fed facultates quada funt
inuenien- darurationU, hinc idm quaft hAet fubieSiu^^ut
ft diiddisy neutr i perfeSie fcictU cfje duum certum proprium
fuhieShum mdlu ha^ \ he^leorjum. Sed tiwie D Ule6ticofitione longe ab
illius diuer fa, contenta eR, acciditq; dialectico, ut apparenti
fyllogijrno uti nequeat : fit enim fiam cd uillator, fi eum prudens
elegerit. At oratori tam eo quod eR, quam quod apparet, uti
permtffum eC^:dum tamenperjuadeat, ad quodunum omnis nititur ars
oratoria, AN RHETORICA SIT ars E St^ alia inter eruditos cotrouerfia,fu
ne ars rhetorica: fuosi^hahet quceq^fin^ tetia acerrimos
defenfbres,tantis^ animis non- nulli ex artiu numero eam explodunt,ut ne
coid tijs quidem fcriptis in eam calumnijs temperd rinttillis
maxime nifi argumentis, quodars reru fit qiue friuntur, rhetorica
opinionibus conflet^ no fcientiatnec cognitis penitus^ perfjpeCtis
re- bus, et nunqfallentibus,ad unum^ finem fj^eCia tibus
cotineatur,utnec femper ueris agatidua^ femper fint caufe^ut neceffe fit
altera falfum tu A 5 ni tO rri.Addm et illud, ob
umadtSiiomsgenerdad mdgire popularem fenfum iccomoitnda, nui Um
irteefje poffe,At^id poRremo ohijdut,ca put totius rhetoricae e^e
dicere:quod ipfum arte tradi non poteh,Ad c^uae fmgula ne
articuktim occurramus,in caufa nobis e^Qtantilianus,qui libro
fecundo omnes fententias confutando, eo rem deduxit, ut artem effe
crate ufurpatum : Qjw in re clarus quif^ efi,ht > ea fe exerceat,
diei partem illi plurimam im- fy
pendat, utipfefe fuperk. G audeat, fi ad doShri- nam prouocetur: nec
turpe putet docere alios, id quod ipfis fuerit difeere
hone^iijiimum,memine - rit
tit tmcn uirginem effe inuSim eloquentUmj nec turpi lucdlo
proflituendam, tuncq^ laborum 'EJoqucntt^ juormfruEtum fat rm^um capere
Je fiat, . quum occafionem adipifcitur publicandi qu. rit, non doceat :
nec ingenia melius ahjs uacatu-^ ta, detineat atque obruat . quibus
deliramentis plenos ij»n tunc effe grammaticorum cemmen^ • B 2
tarioi tO tortos, conquerebamur Seneca et Quimilianfff,
Exerceat poftremo difcetes, inflet, molejius fit potejlatemq^adipipendcerhetoricte
non minus in di fcemium,quam docentium dm^entiojoliett
datconfijiere, aVALES ESSE DEBEANT Rhetori cf
candidad«. Cap^ lo^ A Ge nunc uici^im, quales efje
debeant Rhetoricit candidati, inf^iciamus.neq» enim ex omni ligno
fit Mercurius . Mali nihil m ea proficienucum quia mens uitijs occupata,
pid cherrimi operis jiudio uacare non potefh tum quia omnem malum,
/lultum effe oportet, Mti autem iudicio carent, et confiiiotquibus maxime
nititur ars rhetorica, nam ut caterarum re- rum, fic etiam
eloquentiae fundamentum efifa- pentia,Sit liberaliter inftitutus,bonis
corvoris ap tbryne, prime ornatus i?hry nem meretricem Athenienses
prudentifimi eloquetifimiq>,no tam Kyperi dis oratione, qiMnqud
admirabili, petfuap, quam uifo eius peSiore(quodfpeciofiflmum, diauStd
^ibiades* ueAent^erm)apfoluerHnuAlctbUdeSi cui R*P. relji>onfo Apollinis,
tanqtmmfortif^imo Gra eorum flatwtm in comitio erexit, populum Athe
tiienfem pulchritudine poti^ime habuit fihi ofc- noxium. Nec mirum, fi
illi populo placent, quos eximia j^ecie natura donare dignata e ^ :
quum credatur ccele/lis animus in corpus uenturus, dignum prius
fibi metari hofhitium uel quo «e- nent, pro halitu fuo fibi jingere
habitaculum, unde aliud ex altero crefeat: esr quum fe pariter
iunxerint,utraque maiora fint.Vtcunque, fatis conRat,mirum effe quantum
^atice forma maie flasq- corporis fibi conciliet. Dotibus idem ani-
mi fit infhruSius, filiis qua ingenerantur ap- pellantur^nonuoluntariatut
docilitas, memo- ria,quaf^e omnia appellantur uno ingenij no- mine
: filiis, qua in uoluntatepofita, proprio nomine uirtutes dicuntur ^ Ante
omnia tamen ingenio opus eft : quodquibufdam animi atq^in- gentj
motibus eget oratio, qui ad excogitandum acuti, ad explicandum omandumq^
uberes, et ad memoriam firmi fiint (^dtuturm . magnamq-in oratione
pofiident artem facetia, lepores,lacef- findirej^ondendiq^ celeritas,
/ubtii urbanitate B 3 coniuttSia: tl
conimSia : qu N Ec minor dijfenfio eflin eius materia i
illis orationem, abjs argumenta perluaji* hdja,ciuilesabjs quce^iones
jiatuentibus^ Noiy de ea inter optimos conuenvtt, aperimusi t prius
quid fit ipfa materia oRenderimus^Ejl enim materia, in qua omnis ars, ^
ea facultas qiue conficitur ex arte,uerfatur,Vt ergo medici
nauulnerOy^^morbU fic rhetoricae omnes res^ quacunque oratori ad dicendum
fubieSla funt^ materia appellatur.Nec obflat,quod fi deornni^ tus
rebus dicat, propriam ergo non habeat mato rianhfcdmultiplicem : quum
alia quoque artei VtatedaH mino* '5S DE
CIVILIBVS QVAESTIonibus, Sacarum gencru -r bus* Cap«. x6,
Solent autem res oratori fuhieBa cendum^ d plerifque (^uMones
ciuiles ap pellari : quod non omnia quk‘. pofhefitn uocant .
1« hdc genercttim Jiquid ftueritHT, ut ExpetemU ne fmt liter ae . \n
iU (t definitcejunt perfonce^ C'onfiituti cum ad uerfario
confligendum, ubi rei dominus (qui fie^ pe alienus, fepe immicus eR )
quafi machinatio^ ne quadam, nuncadiram,odtum,triRiciam,ht^ ticiam,fexcenta
oppoftta,eR detorquendustillk magnum eR opus, et (ut inquit Cicero)
nefcio m de humanis operibus longe maximum^ DE CIRCVNSTANTIA,
QJTAB fedthypothefim^. Cap 17«. N Vnc quoniam thefimab
hypothejife-* perauimus,et quomodo quceflione uti de beat orator
oRendimus: reliquum eji,ut quid fit quod hypothefim faciat, demonRremus,
ER enim rerum quell^ere,auieqHid fit, enumera fione facilius ^uam
dehnitionc aeprchendttUK Sunt autem eius partes lex Quarum
coniun^iio^ onat.Elocutio,(]ua idonea uerba ^ fen tentias
inuentionibus dijhofitts acc6modamus„ MemorUyquie rerum uerborumq^fida
efl cuflodia Pronunciatio, quicej e,in
quas fpeaes diuidantur. Hermagoras, quo duce po ttj?ima rhetorum
pars ufa efl,quatuor modis fie- najjerit: per cequale,unicu, fine
circunflantia, modi 4« inexplicahtle.Aequale e/i, quum eadem ex utra-
t que parte dicuntur: ut, Dj(o adolefcentes uicini f ormo fas
uxores habebant, noSiuobutamfa£H media uia,accufant Jeinurcemadulterij,
Vntcu, t quum ex una parte tantum con/iat, ex altera ni- hil
affertur: ut Leno, qua parte fciebat uenturos adolefcentes, foueamfecit,
quailli pertere,Smr arcun/iantia,quum
aliquid deeH in qtueflionei quod faciat caufam : ut,¥iliumpater
abdicat, neq; ulla additur caufa abdicationis, Inexplicabi ^ le
(fi, quum ludex haeret impeditus, nec f nem iu dictj uidet ullum
lUtLexeH, feptemiudicesde : reo cognofeant, maioris partis fententia
fanSia - • fit, duo quendam abfoluunt, duo pecunia mul- Siant, tres
capitis condemnant : rapitur ad pee- iiam,contradicit.\t€m,Alexander in
fomnijs ad- ^ monetur^nonejfe credendum fomnqs, Plura de- /
tndf ff wde oh ferumtpoftmtas cmofior,nm Con^ ’
nertihile id affelUtur^ qtmm tota a£do conuerti^ twr a litigantiusmcutn^
fuis prioribus utitur rd tiomhuSyfrladunlarij .
hocmodoiExigebatqtur “ dm A amico pecuniam cum ufura, quafi credi^
f i tamtofferebatilklineufurajquafidepofitim,ln^ . terim lex fertur
denotas tAults : petit creditor tanquamdepofitamyrtegat debitor tanquam
credi € tS, Non uerijimile ecquod contra opinione dici . turtut fi
Cato ambitus accufetur.quodtame ft m caute agatur, haud procul ahefi quin
cmfiftat» 7 Jmpofme eR^quum id dicitur quod fit contra re rum
naturcefidm; ut fi infantem accufemus adul f terij, quod cum uxore
cuharit aliena .Turpe quod omninoreijcitur :utfiuir precium pojcat
^adulterij.Sine colore efi, quum nulla caufa faSH
inuenitur:utdecemmilitesbelli tempore fibipol’- Cdcofyfid' hces
amputauerut,reifunt LtftreipuhUc4e. Sunt ta. f^alue
IpecieSyqtutcacojyRatayidefimale con fiflentia appellantur.ut^aticum, quum aut
ali^ quiserrorinhiRoria^yautinquamsexcircun-' * fiantijs. Impenfum,
quum penes unum omnis iudi^ cijuis eftyparumq^mer habet in quo
dicendo Iere a ir,Pr iunguntur: et fic accufatur
faailegus,utfur etia dicatur efje. In tranfuttm uero, uno tantum
ac- cu farnus crimine, fiue illo quod intendimus, fi- ueillo ad
duod reus tranfferri poHulat aSiio^ nem . Sed hcec multarum fitnt
nundinarum, qtue non una difceptatione pofiint abfoluLSum- ma tamen
h^c fit, expedire dificentibus quadri- partita fieri diuifionhuel
qafacdior fit,uel quod defendendaru caujaru ratio id exigere
utietur, ut primo fi pote fi negemus, proxime fi non id ^
obijctturfaSiu afferamus, tertio (quadefenfio e^ honefiifitmdjfi
reBefaSiu cotendamus.quco fideficiut,una fuperefi falus,aliquo
iurisadiuto- rio elabendi d crimineiquodfit per tranflatione DE
STATV CONIECTV- ralu Cap«. 24^ C Onk^iuralis autem fiatus,
quod incerta conieSittris Juj^iciomhus^ indaget, di- D yo
£}us:re^'^a nonnullis nono uerho, nc nefch m LdUno-, mutus f
quodmeouideatur utrum maSia fit:tumfit-,quum quod ah uno obijciturf
alter pernegat. nec folumfaiium, fed et aiSium,qucerit:poteflq;in omnia tempora
Sflrihui.De prceterito enim conijcimus,An fenatores Romn Ium
occiderintide prcefenti,Bono ne animo er- ga Tullum fit Metiuside futuro,
Num fi Alba no diruatur, Miquid incommodi ad Romanos Jit per
uenturum . In his omnibus agit conieSiura^eafic
ab aliquo manife^o figno, quod lege moribus f liceat, nec necefarto rem
arguat. Ac (utapei:^ tius agamus) fex eiufmodi objeruantur. aut emm
defa6lo tantum, non de perfona conflat: aut ae ^erfona conflat, non
defaSio: aut de de utroque non conflat :aut fi defaSio, de uoluntate no
con flat : aut quum de re ipfa quaeritur, non dtfaSio /diquo, an
aliquid fuerit illud de quoefl qute^tiot 4Ut mutua eflaccufatio., PE
STATV DEFINITIVO, D Uflnmu€tiam commodum aliquod - .-i
afferimus. c? O X m i Genus. de statv generaliJ Cap*
26 ^ A t quum quid faShtm i ^ quo nomine appellari debeat
conuenitiet tme quan tum, e^r cuiufmodi, et omnino fine ulk nominis
cotrouerfia quale fit qu tetnpus : illa, pdicet negocialiSj iudicial^
pnetmtmqi rejpiciant, ut fuo loco demonftra- hitur.Age uero nunc
iuridicialem, cuius contro uerfia ex re iam faSla
proficiJcitur,inlj>icidmus: negocialem poji paulo traSiaturi- In
iuridickli luxiiicialU, aut reusfeciffe quippiant,^uod uetitum
fit^fate- tunaut uetitum negat ft negat, abfoluta ejl iuri- lam,af-, Ahjoluta foluta
duobus jit modis, faSti qualitate, et iuris ratiocinatione . FaSli
qualitas eji, cum ofiendir i mus nihil nos fecijp pemiciofum.lurb
ratiocm'. tio modis fit quatuor.lege,ut occidit filiuindem^ natum
quis : licet id lege,more, ut apud Scythas fexagenarij e pontibus
mittutur,Athenis id Scy tha fecit, tuetur fe more gentis fu Vietatioeri
minis. Remotio criminis. con^itutio, quatuor locis
diuiditurt com^aratioh ite, relatione criminis, remotione criminis,
con- cej^ione, Comparatio fit, qumfaSia compen- ftntur, aut maiori
incommodo prolj^e^lurtt efje contendimus, aut deliSlo meritum
compara mus : comparaturq; id quod in crimen uocatur^ ad id quo fe
reus profriffe afjerit, ut quidam mu, ro ciuiMis deturbato hoflesfugauit,
reus efl Itt fe reipublicte.lbi comparatio efl^ quod enim mu
rosdeiecit,uideturl trem, eir Mfione m Clodium, At fi non in eum
qui paffus e^i,fed in alium,uel aliudcrimen tranf fertur,tunc remotio
criminis appellaturiut de eo qui porcam tenuit in fcedere cum
Numantinis, Vnde remotio criminis duobus modis con/iat: fi aut
caufam in alium tranfferamus, aut faS^um: uel fi in perfonm remonemus,
aut in rem,ut pu. tdtuH partibus in- jj>e6iis, legitimam
confideremus . Efl autem le Legitima, ^tima conRitutio, quum ex fcripto
controuersia nafcituriin funt in legitima confitutione, Quod fi ex plunbus
[criptis controuerfia ndfcatur, contra^ ^md de TranflationeaSiionis
fit omnis coHtro^ nerfiaM enim ah alio nos accufari debere dici^
musyoutnon nos^aut non apnd hos, aut non had lege,non hoc cfimine^non hac
pcena^ uel aete^ ris id genus Illud tamen animaduertendum iit
Tranflatione^quodaut omnino de commutatio- ne ali 4 Tranfidtia
undefiat^.'-t 4p J-ANJ huj; eds partes feantur,^uas
pnefcripfimusSe quU iks principales, alus incidentes effe
dixr mus, lUud multos implicitos hahetyjTi plures tus
in caufa inueniantur^quem potilsimum eliga^ mus, quem'ue
principalem ejje iudicemusf H«ic jcrupulo facile occurri per nos
poterit, fi illud imprimirobferuauerimus,quid fit quod
compre' • hendat, quidue fit quod comprehendatur ^ qui
Trutcipdlis enim alteru in fe habuerit, is erit principalis: qui
uero quafi membrum accefferit, incidens erit is Incidens,
iudicandus, huius proprium e^l, confirmire principalem.Qupd fi neuter
comprehendatur, tunc principalis cenfendus, qui imperarit :
incidens, qui feruierit.Si uero nujqua aut feruire aut com
. prehendi Ratus uHusapp^erit,tucuterq^prin- Copiexm • efiappellandusieao;
controuerfia,quonu controuer^ J ^ i ' a ^ i duos m feplures
ue ftatus mpleqti^, cpmplexi Uanominatur. QVAE CAVSA SIMPLEX SIT,
8^ qu 2 c conmntfla,. Cap A Tque uel ob hanc rem poti fimum
fla- tim caufa difeutienda efl, simplex'ne fit tn
comund^inet^enim eadem utriuf^ efl ratig. quoniam St quonim multum
intereR, utrum de unare an Se plurihus agatur . Simplex, ahfoiutam
continet qua^ionem,at ConiunSla,aut ex pluribus quce Co/«'w^
/lionibus iunSiaefttut quum Verres accufatUTi quodmulta furatus fit,
quodciues Romanos nei carit, quod peculatu commi ferit, autft ex
com paratione, quum quid poti fimum fit confidera-^ tunut utrum
Cicero accufet,uelC(ecdius.qu(t, caufe cognitio maximo efi adiumento ad
conA tutioneminueniendam, DE genere caufe, conftitutione
ip utrum caufa fimplex fit an con^
iun6iainj^e6iis,qua^io,ratio,iudicatio,firma- mentumq^funteognofeenda^nam
defaipti& rationis controuerfia fatis efi; a nobis eo loco de
monfhratum,ubi de generali egunus confiitutio- ne,C^^ipnem autem quum
dicimusffummam illam in qua caufa uertitur,intelligi uolumust Sunt enim
pleraque minores exfummisdepen^ dentes,quasj^cialia nonnulli capita
appelknt^ quum lANi ^Mum fummas dias, generalia
nominauerintEfl .QB^o ergo auaftio hcec, materia, quce ex
intentione . fmma. depulfione'^nafcituriut,Oreflesmatremiure
fe ocadiffe att:qi{^efiio,an iure occiderit » Subfe tquitur ratio,
qtue caufam continetiquia quodfa^ ciu efje confiat, j^er eam defenditur .
ut, Occidi matrem, quia patrem illa meum necauerat ex qua ratione
necejfead iudicationem peruenitur^ qu eloquentiae lumi moftendenda,
licet TheophraHo refragrante^ GENVS DEMONSTRAtiuum.. Demosrati
ut generis præcepta dare, funt qui minime neceffarium effe
arhitren-, tur:quoduixcenfeatur quifqua effe qui nefciaty, quaefmt
in homine laudanda.cum tamen mu fu. jit cottidiano,eoqs tandem
excreueriti principi- PUS doRorum confilia afpemantihus, pefimoq^
dicendi genere in iudicijs induSlo, ut fere folum hodie materiam praeftet
oratoribus : non erit ah, f hnnc iplim etiam locum ddigeittius
tradam E 4 uerimuSy yl lANi uerims.Eiusfirtem honefium effe diximus,
fiue enim qumquam laudamus, fiueuituperamus, id quod dicimus
honefium effe contendimus. Nam fyoneRum bonum eR, ideo ergo
laudatio, et potipima, d uirtutis dehetfon^ te proficifci, fine qua nihil
laudari poteji ^ Eam in quatuor laedes ^iferefapientesi in pruden-
'Virtutum tiam, Mittam, temperantiam, fortitudinem, 4- praclara
omnes quidem, et qua mutuis adiuuen tur auxilijstaptiores tamen quadam ad
laudatio- nem,Si enim uirtus benefaciendi quada uis e^ certe eas
partes qua plurimum conferunthomi- mhus,maximas effe oportet^unde
luftitia ^for titudoiucundij^ima in laudationibus, qua domi
foris^pra^o fint, nec tam pofiidentibus quam generi humano fruSluofe
putentur: prudentia uero,ac temperantia, tenues ac pro nihilo exi/H,
mantur, iungenda tamen fiunt omnestquod non minus fape moueant mirabilia,
quam iucunda ata, Et quoniam fingularum uirtutum quada funt partes et
^tcia, propterea euagandum e^, habet enim in fe Prudentia
memoriam,inteUigen ttdm, prouidentiam : Eortitudo,perfeuerantiamy
patientiam, fidentiam^magnifitentid: luflitia, re E
Ugfonmp Ugionem, pietatm, ohferumim, ueritatem, uIti enem :
Temperantia uero continentiam, clemen tiam, modelham^ compleSiitur » His
omniVus fuo ordine resgems accommodare, no tamglo- riofum quam
difficile ludicatur, Optimu aute mrtutum condimenta, quod ornati fime dici
facillime audiri po f it, fmper eji exiftimatum,fi aliquid magno labore
ac periculo fine aliquo emo Jumento pramwuefaSium oRendatur . ea
enim pneflantis ejje uiri uirtus cenfetur, qu^efruSiuo fa altjs, ipsi
autem lahoriofa, aut periculosa, vel certe gratuita fit.Etneuirtutum
tantummodo partibus immoremur, magna fylua oritur lauda- tionum, ex
hominum uita, deq; his qua cottidie in ea emerguntt ut funt illa omnia
quibus pramia funtpropofna, femperqs in pramijs honor pecunia proponitur,
Commendantur ^quamor- tuos magis confequuntur, quam uiuosine fui
gra tiaquenquam aliquid facere arbitremur, Nec mi nus foletU
celebrari, qua egifje nullus efi metus, neq; pudor: quemadmodu fertur
Alceo Sappho refpondiffeMonimenta item,^ publica lauda- tiones, in
d^unShs potifintum, magnam faciunt ad- gdmtationmiquMquamliiudis
fiunt gratia, nec nobis, fed altjs utilitati funu^rafertim bene
meri tis. S unt etiam morerconfuetudinesq- earum gen tium,apud quas
laudamus, cottfiderand con^at.qui pe des uelociteragit,curfor:qui premere
poteji,^ retinere,luSlator:qui pulftndo pellere,pugil:qui utrumc^
hoc, id eft retinere ^ premere pote/l, pancratiafiestqui omnia fimul,
pentathlus. Magna fane junt hac cum geRu, tum ffe^atu bo- na.fed nifi
externis illis, id e^ fortuna bonis, op timis ad felicitate infhrumentis,
adiuuentur, man ca reddetur felicitas,et qua undecuq^ laudari no
potefl.Vnde non mediocris laus ex fortuna to- nisderiuatur.ea funt
nobilitas, liberi, amicitia, glonOf, ghria, honor, eSr
qtce fequttnttfr, Nohilitas,0' duitatis f/l, ^•jamiliceAlla uetu^ate, libeitatey
feliatate, rehuscj^geflis commendatmhacillis ipfis rehus, uiris etiam ac
mulieribus, uirtute aut Jiuitijs,aut alia re laudata claris, legitimisly
nata lihus celebratur. Uberi magno funt ornamento, fi multi funt,
fi (ut uno completior uerbo) boni* mares ultra corporis bona, temperantia
placent, t^fortitudine‘fixminie, forma, proceritate, pudicitia,
lanificio, Amicitia multorumbonorum. expetutunqua bona fore amico
putent,propter ipfium amicu agant, Diuitia nummis, agris,pra dtjs,
fupelle 6 iili,mancipijs,armentisq; continen tur:multitudine, magnitudine,
pulchntudine, ex ceUentialaudantwr, eafirma, amoena, utiliaque esse debent.
Gloria datur,haberi in precio, putari^ id conjecutum, quod uel plures uel boni
pru dentes dejtderent. gloria diti fimos beneficos ple rumq-
fequitur, uel eos qui conferre queant beneficia, Honons autem partes
fiunt,facra, cele- brationes, decantationes carminum, panegyri-, d,
fepulchra, flatua, alimenta publice: ^qticc barbaris placent, adorationes,
inclinationes, cebitus, in corporis /latu cernitur ^ Hiratioe/l infpicienda :
animi magnitudo tunc, potiffimu furgit, fortitudo uero illa bellica
(nam domeftica grauioris eflatatis) incrementum ha '
bettneq^fupereft quod fieres d fortitudine, nifi fe in iuuenta
patefecerit. Virili autem atati tantum demitur de laude, quantum de uirtute
de, fideratur ^Itaque oportet idatatis uiros effe per- fe£liflimosi
neq^qulcquam facere, cuius pudeat aut pceniteat. tunc prudentia, rerum
cognitio^, magnificentiaq; apparent. AtfeneSius patien,
tiaplacet:dulcedine morum, comitate, affabilita teq;dHe^at.cenfeturq;praclara,
fi corpus non reddat infirmum J rebus publicis no auertittnon '
facit deni^ ut ueru fit illud, Bis pueri fenes: qua- les funt creduli,
obliuiofi,diffoluti, luxuriofnqui . inomni atate turpes, in feneSia uerq
funtfcedtf BIHBTOtt.ICAE COMP, pm^ SeptimmiUHdfupereA
tempus, qu6dj^ i^m hominis infequi dixermus . in uerycn non femper
dccafio efi : quod non omnerfepul-* tos di^a memoratu feqimtur,Si quando
tamen traSlare cotigerit, teftimoma,fi qua allata funtyr
ucenfeantur,tam diuina quam humana . in qms dedicationes temploru,
confecratmes, fiattuti ' A mommenta, publica decreta numerantur,
hahk &fuumlocum ingeniorum monimenta^u^era^ ro laudem ante obitum
confequutur.Afferunt et laudem liberi parentibus, di]cipulipr ci Uerfus
caperent, permijkAdem'que mfunehrr laudatione hunc ordinem ofiendit, ut
defunSii. prius Copiofelaudentur, fuper^lites inde benigne
moneantur, filij mox defimS^orum fratres^ aS tdntais ip forum imitationem
inuitentur: parens tumpofhremo et maiorum,fquifuperfunt^do^
BrawluSS confoktione leniatur, Romani ambitio^ hoc genus troEtauerunt,
rmdta fcripfhrutn: eirch I libr. dUctfaSia ^ no funttex quibus rerum
rioflrarum Ro^a?. tiftorU eflfaShimendofior .^am illas imerire
rionfinebant familia, fed fua quafi ornamenta tcmtmimenta feritabant, et ad
ujpfm fi qunei gmerisoccidif[et,&admemoriamla^ fnefticarum,
illu& andamq; nobilitatem fltam: ttec alius quifquam id ojficij
fumebatfibi, nifi quidefuniioeJfetcoiunSiifiimus, Sed iam fatis
vituperan- dedimus praceptoru in hominibus laudandis t et di eade qua
exegiffet fane ratio, ut aliquid de uituperatione laudandi ra
diceremus,nifi hic ipfe labor eadem nobis exem I ; . uituperationis idem
fit ordo, qui laudadonis i praceptac^uituperandi contra* rijs
ex uitijs fumantur, non folum in hominis tata, fed^ ante hominem,
&poft obitum, itt it iePmle,MeliOyM:^>MoHid
memori^fro&Hf ‘.Vridr fatis conf^y fine uirtutum ukiorut^i^ •m
P» V f^wrww * 'I "JW* tcSiaagams, contentihisqtuediBafmtyadho
thtiies laudandos pauca de cateris rebus in mple^, laudibus extollendo,
quoaonus fiufch pere uolentibus,imprimis a Deo Opt. Maxjnci piendu
efljnueniffel^ eum, oftendiffeq; nuptias mortalihustid'^ ita pro confejfo
effe,ut non mo^ do nos in hac pia uera4 tANi ^ UiiuSytion auiditpudohs ji^ifjcatione,
uocis t- m V / 0 ', po/?remo
^freyfjpme pr ' lia, qu(t propter fdpfum aut ex
confuetudinea^ eit, aut ex appetitu uel rationali (}urluntas emm
coniefl,cumratiorteineq»quifquani)diqidduidt nifi honu putet)uel etiam
irrationali,cufnfacitit ira ^cupiditas.Neceffee^ ergo, qtuecun(j^ho
niines agunt, feptem tantum caujis faceret fortuna, ui, natura, confuetudine, ratione,
ira,cuph 7* ditate . Fortuna accidunt, quce nec femper,nec ^
plerum(y, nec ordine fiunttcumipfaFortuna,ac cidentium rerum fubitus fit
atf inopinatus euera % tus ft^atura ea jieri dicuntur, que remus:
neceffee]}, iucunda omnia uelprafentii fentiendo,uel praterita repetendo,
uel futura ff e rando cotineri, Qjuecunq; tame prafentia dele Bat,
eademq- fferatibus memoriaq; repetentib, iucunda funtinec fecus e
contrario^ Vnde ^ in RHETORICAB COMP. prtimfi hi
pra^enty qui ipfi laudandi funt, qui- bus'^ fidem adhibeamus . cum eorum
nihili fat iudicium, qui nullo m precio habeantur. Amare etiam,
amariq;, beneficia conferre, egentibus o- pem ferre, fuauifima:quod his
abundemus, qus- 'vr' lAiar P. Sir T homines, nam prd
parente e^ conditor^ pr maioribus populi a quibus origine duxerint. junt
ix fua auguria, eX uaticinia t multumq^ hahent mBoritatis qui Aborigines,
id efi indigenmplexi, laudibus extollendo, quod onus fufch pere
udentibus, imprimis a Deo Opr. Pto.inci piendueflunueniffel^ eum,
oflendiffeq^nuptias mortalibusudcj-itaproconfeffoeffeyUtnonmodo nos
in hac pia uera^ religione, fed etiam uetu flasloui lunonic^acc^tum
connubium retule^ rit, turbam^ dmrum ingentem proeffe
nuptijs uoluerit, nec contenti loueadulto, Iunoneriu efi^ j^ffnoHprM
res intueri prafentes,Uf^enimpf aut animi promotione cogatur^ d^obatio
aut earum rerue^h ^uaedb or^^reno :^cogitantur,fid d caujareisque
defmmtunut jqtubusfita^ fiiutabuLe, teftimoniayfa£htiConuentayleges,et
Mteraidgenus. auttotaindij^utationeyautar^ •gumentatione orationis
collocata eh : Mt in hae \ '^ear^unentis inueniendis y in dia de
traSiandis • ^ cogitandum. Conediatio fit dignitate hondt eSediatm,
ms, rebus geftiSyexifHmatibneuite remusi neceffe ejl, iucunda omnia
uel pr con- Jueta agere iucundum mauifeilo fit, quis credat tantum
afferre iucunditatis uicifiitudinem f necy iniuria, cum fittietafis mater
fit Similitudo, In- efi et fua indifcendoimitando'que ‘iucunditas:
ifuce^ imitatione confequimur, etiam fi ipfa ni- hil in fe haheant
iucunditatis. ocium denique ip- fum^ac iram, ri/«m j afferentia deleSiant
Po- C z ftrema ) too fkcmOitludmmqtue
fecundum naturmkctm ditate ajferut, idcirco quo coniunStiora
fimt,eo funt iucundiora: ut homo homini ^ mas mari* qua ex
fententia feipjum magis homo amet necef fe e/lj quam reliquosicum fua
ipfius cauft ccete^ ros amet.Liberi deinde,& qua inter chara
adntt merantur^ quanto plus ad homine accedunt, tan to plus
afferunt iucunditatis. Et iucundo qui^ dem per^e6io,eademq^ ratione iniucundo'(cwn
eadem oppofitorum fit difciplina') facile erit co^ ^ofcere, qua caufa fit
inferenda iniuria : ad Vtiuria affj Juccedat oportet, quales fint qui
iniuria cateror dentes qui* afpcmt.Sunt autem, qui facile inferre poffe
ar^ hitrantur, uel celare jperant: aut fi deprehenji fint, nullas,
uel quam mmimas daturos fe pcenas: plusq; in iniuria lucri,
uoluptatis'ue, quam in luen da pcena damni mcerorisq- inejfe
exiftimantJniu riam facile fe poffe inferre eloquentes, diuiteSf
aSiionihus exercitati, experti, multis nixi amici* tijs,clientelis^:uelfi
ipfi careant, in habenti* hus amicis, feu focijs,feu miniflris,quod
illorum fe patrocinio tutos putent,Praterea fi amici iudi cibus
fint, uel his qui iniuriam perpetrant* ludi* rhetoricae COMP.
tot cts enim leta moUil^hrachio in amicis ag^^ann eorum
iniurias acjuiore animo toleramus. QeU re autem feipfos poffeU^erant, qui
omni uacare juf^e^ione uideantur,ut d^ormes adulter'^-, sacerdotes
flupri,dehdes pulfationis,&'ea qwt pa idm ante oculos funt neque enim
aperta ^ quaq^ ingentis laboris fit tollere, ohferuantur, Caue^
muslj' potius nobis ab ufitatistut uidemus in mor his accidere : quos
illi timent, qui fiint experti. Clam etiam fefaSiuros putant,ipiihus
nullus ini micuSyUel quibus plurimi.illhquod no obferuen turt hi
uero,quum omnibus fere fufj^^^i fwt,no mdeantur ob nimiam cu^odiam clam
facere po- tuiffe^mukos quoque locus,commoditas,moreSj que celant.
Inuitant etiam ad iniuriam facienda, iudicij propagandi, prop>uljandi,
corrumpendi, uel certe ob inopiam euadendi f^estlucrum quo que
apertum, prafens,magm,prafertim fi dm- num occultum paruum procutue
fit. maior etiam utilitas, quam ut par fupplicium excog^ari pof fit
: ueluti efl ^rannis . Sunt^ proni adiniuriam, qui inde lucrum petunt, neque
quicquam malipreeter ignominiam uerentur, quibus que id G }
frcijjc t02 fecijje laudi afcrihiturtut parentes quacim fint qui
inferant, quiq; patiantur, fatis arbitror ex his qua in medium adduRa
funt poa tere. Sed quonianon omnibus eadem uidetur in- iuria,
fapeq; ufu uenit ut plus doleant laft quam par fit,minusq; noctdffe fe
putR nocentes quam fecerintCquod aliena mala no fentimus, et noRra
maiora quam fint iudicamus ) idcirco de iniuria primu iureq^faRis,mox de
maiore minoreq^ iniu ria paucis differamus, Iniuria iureq^faRa
omnia legibus primUm duabus, deinde quibus funt bifa riam
determinantur, leges aut duas appellamus il las ipfas iu/li partes, qua
ternario a nobis nume- ro in iu^i definitione funt expojfita,
comunem fcilicet, qua fecundum natura fit: (^propriam, qua in
fcripta ^ non fcriptam diuidatur. Qui- bus uero iniuria fiat, bipartito
conflituimus.aut enim emunis laditur focietas, ciuitasq; ipfa offenditur,
ut in militUiaut unus alter ue iniuria af jiciturf ftcitwr,ut
in adulterio, qu horti quadam eleSiione, quadam uero ^eSiuconuiA *
Cueiufinodi:quid jit illud de quo agitur de^ finiendu eB,ur popimus iwre
ne an iniuria querd^ tnur injpicere . pr quonia iuftorum iniuftorumque duas partes connumerauimus, firiptas
fdlicetle gd,^ no ficriptas, descriptis affatim demonfiratti eft : pauca
de no fcriptis funt recenfenda. alia enim per excejfum uirtutb
uitijq;Junt, in qui hus uituperatioes,honores, infamia^iut gratias
habere benemerito,amicis praflo effe,& his similia.alia uero ex lega
fcriptarum defe6iu:deejl aut fcriptis legibus, uel qu^ latores aliquid
effi gerit,uel quod confulto pratermiferint,cu detet minare
figillatim omnia nequiuerint.ne^enint fi de tiuinere agatur, quo ferro,
quali, quat&ue, G y coth tO^ P.
constitui poteft, Eil igitur aquum (juoddm ha^ numq;, quod
praterlegefcriptamiufiu cenfea- turimultaq^ etid lege fcripta putatur
iniufla,qua aquo homq; tutari Poffunt. Bade
ratione no tan ti errores faciendi funty quanti iniuria:nec*tanti
qwt aduerfa eueniut fortuna, quati errores.nam gduerfa fortuna feri
dicutur, quacu- cibus loj.^. pro fabula, melius forfan legacur, fama
45.10, it' inien BASIEEAE IN OFFICINA
Roberti Vumtcr, Anno 153^* Menie Septembri. Giovanni Paolo Parisio
(all’epigrafe), Aulius Ianus Parrhasius. Aulio Giano Parrasio. Parisio.
Keywords: implicatura, implicatura retorica, Cicerone, filosofia italiana,
gl’antichi romani, Livio, Catullo, Orazio, Cicerone, Stazio, l’oratoria, il
gusto per l’antico in Italia. PARRHASIANA, Vico, Sabbaldini sull’importanza da
Parisio, grammatica speculativa, grammatica modista, ars grammatica, probo, Donato,
Prisciano, la grammatica, la dialettica e la retorica, grammatica razionale,
psicologia razionale, breviario, compendio, o manuale di retorica latina – il
parlar o conversar greco – la retorica d’Aristotele – il parlar o conversare
latino – la retorica o ars oratoria di Cicerone – diritto romano --
giurisprudenza--. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Parisio” – The Swimming-Pool Library. Parisio.
Luigi Speranza --Grice
e Parmisco: la ragione conversazionale della diaspora di Crotone – Roma – filosofia
basilicatese -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Metaponto). Filosofo italiano. Metaponto, Basilicata. A
Pythagorean, cited by Giamblico Favorino says that the Pythagorean Parmisco (he
spells the name Parmenisco) frees Senofane from slavery – Grice: “Which was the
inspiration for Robin Maugham’s The Servant!” --.
Luigi Speranza -- Grice e Parrini: la
ragione conversazionale e l’implicatura conversazionale -- implicare, impiegare,
interpretare – la scuola di Castell’Azzara – filosofia toscana -- filosofia
italiana – Luigi Speranza (Castell’Azzara). Filosofo italiano. Castell’Azzara, Grosetto,
Toscana. Grice: “Italians are supposed to be non mainstream and go ‘off the
beaten road’ – Parrini proves they shouldn’t!” Professore a Firenze, membro di
svariate istituzioni scientifiche internazionali e del comitato scientifico di
alcune riviste filosofiche italiane e straniere e condirettore della collana
"Epistemologica" pubblicata dall'editore Guerini e associati, fu segretario
nazionale del Comitato dei dottorati di ricerca in Filosofia, nonché Presidente
della Società Italiana di Filosofia Analitica. Fu invitato a tenere lezioni e
conferenze in Italia, in vari paesi europei, in Argentina e negli Stati Uniti
d'America. Insieme a Roberta Lanfredini organizzò un Corso di perfezionamento
in Epistemologia generale e applicata che si tiene, con cadenza biennale, a 'Firenze.
Si occupò di filosofia analitica contemporanea, dell'epistemologia di Kant e di
Husserl, di vari aspetti del pensiero scientifico e epistemologico, della
filosofia italiana del Novecento. Sin dai primi lavori ha sviluppato una nuova
interpretazione del positivismo logico e dei suoi rapporti con il convenzionalismo
e la filosofia kantiana la quale, in seguito, ha trovato ampia conferma a
livello internazionale. In campo epistemologico, i suoi maggiori interessi
vanno al tema del realismo, alla problematica della conoscenza a priori, alla
giustificazione epistemica e alla metodologia della ricerca storico-filosofica.
Nel volume Conoscenza e realtà avanzò una prospettiva filosofica cui dette il
nome di "filosofia positiva" e della quale sviluppò le implicazioni
circa i rapporti con l'ermeneutica, lo statuto epistemologico della logica e la
natura della verità. Lasciò più di un centinaio di pubblicazioni. Saggi: “Linguaggio
e teoria: analisi filosofica” (Nuova Italia, Firenze); “Una filosofia senza domma:
materiali per un bilancio dell'empirismo,” – Grice: “I can’t see why Parrini is
afraid of a dogma; Strawson and I loved them – and he knows it – he totally
misunderstands us when he thinks we are into ‘reductionism’! But at least
he cares to call me Herbert, as I never myself did! Don’t Italians know abbreviations?!
H. P.!” – “In difesa di un domma” -- Mulino, Bologna, “Empirismo logico e convenzionalismo,”
(Angeli, Milano); “Conoscenza e realtà: positivismo” (Laterza, Roma-Bari);
“Dimensioni della filosofia. Filosofia in età antica – antica filosofia italica
(Mndadori, Milano); “L'empirismo logico, Carocci, Roma); “Filosofia e scienza
nell'Italia del Novecento. Figure, correnti, battaglie” (Guerini, Milano) –
Grice: “Gentile was right when he distinguished between classical liceo and the
rest! We don’t need no scientific education, we don’t need no thought control!”
– “Fare filosofia, oggi” (Carocci, Roma). Note
"lanazione", Scheda
docente presso il Dipartimento di filosofia dell'Università degli Studi di
Firenze, su philos.unifi. P. in SWIFSito web italiano per la filosofia, su
lgxserver.uniba. Lo studio del riferimento in Quine,
“Rivista di filosofia” Da Quine a Katz, I, “Rivista critica di storia della
filosofia” [= Rcsf], "Vero" come espressione descrittiva, Rf, Da
Quine a Katz, II, Rcsf, Di alcuni problemi di filosofia della logica, Rf,
Recensione di R. G. Colodny, The Nature and Function of Scientific Theories.
Essays in Contemporary Science and Philosophy (Pittsburgh), Rcsf, Recensione di
M. Serres, Le Système de Leibniz et ses modale mathèmatiques, Paris, Rcsf, Recensione
di N. Rescher, Essays in Philosophical Analysis (Pittsburgh), Rcsf, 2
Recensione di Papanoutsos, The Foundations of Knowledge (English edition with
an Introduction of J. P. Anton, New York), Rcsf, Il carattere dei giudizi esistenziali e
alcuni problemi dell'empirismo, in Atti del XXIV Congresso Nazionale di
Filosofia: Bilancio dell'empirismo contemporaneo, Roma, Società Filosofica
Italiana: Recensione di M. Bunge (ed.), Exact Philosophy. Problems, Tools and
Goals (Dordrecht), Rcsf, Sulla traduzione italiana di "The Development of
Logic" di Kneale, Rcsf, Linguaggio
e teoria. Due saggi di analisi filosofica, Firenze, La Nuova Italia, Per un
bilancio dell'empirismo contemporaneo: contributo alla storia del positivismo
logico, Rcsf, Edizione, con Introduzione, di A. N. Whitehead e B. Russell,
Introduzione ai "Principia Mathematica", Firenze, La Nuova
Italia Recensione di Popper, Objective Knowledge. An Evolutionary
Approach (Oxford), Rcsf, Recensione di J. Danek, Les Projets de Leibniz et de
Bolzano: deux sources de la logique contemporaine (Laval, Quèbec), Rcsf, Le
rivoluzioni scientifiche, nella serie radiofonica a c. di Paolo Rossi
"Storia delle idee", Rai 3, Scienza e filosofia nell'Ottocento: la
scoperta del concetto di energia, nella serie radiofonica a c. di Paolo Rossi
"La scienza e le idee", Rai
Recensione di W. V. Quine, I modi del paradosso e altri saggi (Milano),
Rcsf, Filosofia e scienza nella cultura tedesca del Novecento, in Storia della
filosofia, diretta da M. Dal Pra: La filosofia contemporanea: il Novecento,
Milano, Vallardi: 2Materialismo e dialettica in Geymonat (in collaborazione con
Mugnai), Rf,– Linguistica generativa, comportamentismo, empirismo,"Studi
di grammatica italiana", Tutte le parole per definire la realtà (a
proposito del Convegno fiorentino I livelli della realtà), "L'Unità",
Fisica e geometria dall' Ottocento ad oggi [Antologia di testi introdotti e
commentati], Torino, Loescher: Analiticità e teoria verificazionale del
significato in Calderoni, Rcsf, Una filosofia senza dogmi. Materiali per
unbilancio dell'empirismo contemporaneo, Bologna, il Mulino Introduzione
a Quine, Logica e grammatica, Milano, Il Saggiatore: Scienza, vita e valori
(con lettura di testi di A. Huxley e brani dal Quartetto per archi n. 15, op.
132 di L. van Beethoven) per la serie radiofonica a c. di Massimo Piattelli
Palmarini, Rai 3, Lettera di risposta a M. Pera, Rovesciando si impara .
"L'Espresso", – Scienza e
filosofia: diamo a ciascuno il suo, “La Stampa”. Recensione di Cohen,
Feyerabend, Wartofsky (eds.), Essays in Memory of Imre Lakatos (Dordrecht),
Rscf, Recensione di Harrè Introduzione alla logica delle scienze (Firenze),
Rcsf, Recensione di S. Lunghi,
Introduzione al pensiero di K. Popper (Firenze), Rcsf, Empirismo logico e
convenzionalismo, Milano, F. Angeli Edizione, con Introduzione, di H.
Reichenbach, Relatività e conoscenza a priori, Bari, Laterza, Popper
indeterminista (Recensione di Popper, Poscritto alla logica della scoperta
scientifica, Milano), “L'Indice [dei libri del mese]”, Edizione, con
Introduzione, di Reichenbach, Da Copernico a Einstein, Bari, Laterza: Recensione di T. Nickles, Scientific
Discovery, Logic and Rationality e Scientific Discovery. Case Studies
(Dordrecht), Rsf [= Rivista di storia della filosofia; già Rcsf], L’ultimo
Preti e i suoi corsi universitari, "Quaderni dell'Antologia
Vieusseux", Empirismo logico, kantismo e convenzionalismo,
"Paradigmi", Edizione, con Introduzione, di Schlick, Forma e
contenuto, Torino, Boringhieri, Recensione di A. J. Baker, Australian Realism.
The Systematic Philosophy Anderson (Cambridge), Rsf, L'antidoto degli elettroni
(Recensione di Hacking, Conoscere e sperimentare, Bari), "L'Indice",
Preti teorico della conoscenza, Annali del Dipartimento di Filosofia
dell'Università di Firenze, (anche in Il
pensiero di Giulio Preti nella cultura filosofica del Novecento, a c. di
Minazzi, Milano, Angeli: Filosofia italiana e neopositivismo, Rf (also in
Filosofia italiana e filosofie straniere nel dopoguerra, a c. di Rossi e Viano,
Bologna, il Mulino: Vogliamo le prove (Recensione di A. Grünbaum, I fondamenti
della psicoanalisi, Milano), "L'Indice" La psicoanalisi nella
filosofia della scienza, Rsf, A ciascuno il suo sombrero (Recensione di P.
[Paolo] Rossi, Paragone degli ingegni moderni e postmoderni, Bologna),
"L'Indice", Sulla teoria kantiana della conoscenza: verità, forma,
materia, in Kant, Bologna, Zanichelli, Tra empirismo e kantismo (recensione di
G. Preti, Lezioni di filosofia della scienza, Milano e Lecis, Filosofia,
scienza, valori. Il trascendentalismo critico di Preti, Napoli),
"L'Indice", Induzione, realismo e analisi filosofica, Rsf, Ancora su
filosofia e storia della filosofia, Rsf, Scienza e filosofia, Parte Quinta
della Storia della filosofiadiretta da Pra: La filosofia nella prima metà del
Novecento, II edizione, Padova, Piccin Nuova Libraria: Scienza e Filosofia
nella cultura tedesca, Empirismo logico
e filosofia della scienza: Con Carnap oltre Carnap. Realismo e strumentalismo
tra scienza e metafisica, Rf, Nota introduttiva a Evert W. Beth, Sulla
distinzione kantiana tra giudizi sintetici e giudizi analitici,
"Iride", Recensione di Sahlin, The Philosophy of Ramsey(Cambridge),
Rsf, Il pensiero peregrinante di un monaco mancato (recensione di Lyotard,
Peregrinazioni. Legge, forma, evento, Bologna), L'Indice, Ma Madonna non è Kant
(a proposito del Convegno del Centro fiorentino di Storia e Filosofia della
scienza “Kant e l'epistemologia contemporanea”,"Il Sole 24 Ore",
Origini e sviluppi dell'empirismo logico nei suoi rapporticon la filosofia
continentale. Alcuni testi inedita; Presentazione di R. Lanfredini, Husserl. La
teoria dell'intenzionalità. Atto, contenuto, oggetto, Bari, Laterza –
Reichenbach, la teoria della relatività e la problematica dell'a priori in
Dagli atomi di elettricità alle particelle atomiche. Problemi di storia e
filosofia della fisica tra Ottocento e Novecento, a c. di S. Petruccioli,
"Lezioni Galileiane", Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, Conoscenza
e realtà. Saggio di filosofia positiva, Bari, Laterza, L'insegnamento medio
della filosofia in Italia. Alcune considerazioni scientifico-culturali, Rsf, Intervento/intervista
sull'insegnamento della filosofia nella Scuola media superiore, "Corriere
della Sera", Intervento/intervista sul X Congresso Internazionale
della Union of History and Philosophy of Science, F. Bordogna, Neopositivisti
rivalutati al congresso, "il Sole-24 Ore", Filosofi, vi esorto alla Bosnia,
"L'Indice", Mito e scienza in Ernst Cassirer. Considerazioni
introduttive, in Mito e scienza in Ernst Cassirer, a c. di Parrini, in “Annali
del Dipartimento di Filosofia dell’Università di Firenze”, Perchè è scorretto
(moralmente) dire che è uno di noi [Intervento sul Documento del Comitato
nazionale di bioetica sulla sperimentazione sull'embrione], "il Sole 24
Ore", Con i “continentali” il dialogo è aperto, “il Sole 24 Ore”, Filosofia
e storia della filosofia, in Filosofia analitica oggi, “Informazione
filosofica”, Le origini dell’epistemologia, in Storia della filosofia, a c.
diP. [Pietro] Rossi e C. A. Viano, L’Ottocento, Bari, Laterza: Immanenz gedanken
e conoscenza come unificazione. Filosofia scientifica e filosofia della
scienza, Rsf, Realismo, scetticismo e analisi filosofica [Risposta a P. Leonardi],
“Paradigmi”, Intervento in “Il documento dei Quaranta”: risposte e
considerazioni, “L’informazione filosofica”, Per un sapere senza assoluti su
Neurath, “il Sole 24 Ore”, La mia terza via nella ragnatela di concetti e
credenze, “Letture”, Presentazione e Curatela con Egidi di Forme di
argomentazione razionale, “Paradigmi”, Ermeneutica ed epistemologia,
“Paradigmi”, Presentazione e Curatela con Marconi e M. Di Francesco, Filosofia
analitica. Prospettive teoriche e revisioni storiografiche, Milano, Guerini, Dell'incertezza,
ovvero del "non raccapezzarsi" [su S. Veca, Dell'incertezza. Tre
meditazioni filosofiche, Milano], "Iride", Sull'insegnamento della
filosofia nella scuola media superiore riformata, Rsf, Aggiornamento delle voci
Causalità, Convenzionalismo, Teoria scientifica, Verità, Dizionario di
Filosofia, di N. Abbagnano, terza edizione aggiornata e ampliata da Fornero,
Torino, Pomba, Io difendo gli epistemologi, "Letture", Sulle vedute
epistemologiche di Enriques (e di Croce), Rsf, Una risposta laica alla fine
degli assoluti [Intervento nel dibattito sul nichilismo], "il Sole 24
Ore", La filosofia è ancora motore
di progresso [Intervento nel dibattito sulla riforma dell'università], "il
Sole 24 Ore", Filosofia delle occasioni mancate [Intervento nel dibattito
sulla riforma dell'università], "il Sole 24 Ore", Il conoscere tra
filosofia e scienza, in Atlante del Novecento, 3 voll., con la direzione di
Gallino, Salvadori, Vattimo, Torino, Pomba: Il declino delle certezze. Un
secolo e le sue immagini: Metafisica e filosofia analitica, in Annuario di
filosofia: Corpo e anima. Necessità della metafisica, Milano, Mondadori: Ancora
sul convegno fiorentino della SFI, Lettera alla Rst, Crisi del fondazionalismo,
giustificazione epistemica e natura della filosofia, "Iride" La
'terza via' della filosofia positiva, in AA. VV., La navicella della
metafisica. Dibattito sul nichilismo e la 'terza navigazione', Roma, Armando:
Internet non è fatto per i ‘verofobi’, "il Sole 24 Ore", Empirismo logico, tutta un'altra storia,
"il Sole 24 Ore", La verità (Discussione di Paolo Parrini e Marco
Messeri), "Palomar", Una
risposta laica alla fine degli assoluti, in Nichilismo Relativismo Verità. Un
dibattito, a c. di V. Possenti e A. Massarenti, Rubbettino, Soveria Mannelli:
Epistemologia, filosofia del linguaggio e analisi filosofica, in La filosofia
italiana in discussione, a c. di F. P. Firrao, Milano, Paravia e Bruno
Mondadori, Dimensioni scientifiche e filosofiche della conoscenza. Una
panoramica introduttiva, in "Annali del Dipartimento di Filosofia
dell’Università di Firenze": Miserie dell'epistemologia italica, in
Scienza Dossier, "il Sole 24 Ore", Sapere e interpretare. Per una
filosofia e un’oggettività senza fondamenti, Milano, Guerini, Conoscenza e
cognizione. Tra filosofia e scienza cognitiva, Milano, Guerini, Il ‘dogma’
dell’analiticità cinquant’anni dopo. Una valutazione epistemologica, in
Conoscenza e cognizione, Dimensioni della filosofia, vol. I: Filosofia in età
antica, Milano, Mondadori Università (in collaborazione con Simonetta Parrini
Ciolli Incompreso, o quasi, dagli Americani [K. R. Popper: “Il più grande
epistemologo mai esistito?”], in Karl Popper oggi. A cento anni dalla nascita,
“Reset”, L’empirismo logico. Aspetti storici e prospettive teoriche, Roma,
Carocci, Popper e Carnap su marxismo e socialismo, “Nuova Civiltà delle
Macchine”, Filosofia e scienza in Enriques, “Nuncius. Annali di storia della
scienza”, Più realista dell’empirismo [Ricordo di Wesley C. Salmon], "il
Sole 24 Ore", Crisi dell’evidenza e verità: due modelli epistemologici a
confronto, in La questione della verità. Filosofia, scienze, teologia, a c. di
Possenti, Roma, Armando: Filosofi italiani allo specchio: Paolo Parrini,
“Bollettino della Società Filosofica Italiana”, Reason and Perception. In Defense of a
Non-Linguistic Version of Empiricism, in Logical Empiricism. Historical and Contemporary PerspectivesNota su
Valore, Due convegni su Giulio Preti a trent’anni dalla scomparsa, Rsf, Il
pensiero filosofico di Preti, ed. by P.
and L. M. Scarantino, Milano, Guerini: Presentazione by P. and Scarantino), Preti filosofo dei valori, in
Il pensiero filosofico di Giulio Preti, Preti: ‘A Crossing of the Ways’, in Il
pensiero filosofico di Giulio Preti, Il pupazzo di garza: alcune riflessioni
epistemologiche, in Il pupazzo di garza, Papini e Tringali, Firenze, Tra
kantismo ed empirismo, in Scienza e conoscenza secondo Kant. Influssi, temi,
prospettive, a c. di Moretto, Padova, il Poligrafo, Recensione di Preti, Écrits
philosophiques (Paris), “Les Études philosophiques”, nPreti nella filosofia
italiana della seconda metà del Novecento, in Giulio Preti filosofo europeo, a
c. di Alberto Peruzzi, Firenze, Leo S. Olschki: L’insegnamento della filosofia
tra identità disciplinare e rapporto con gli altri saperi, in Rinnovare la
filosofia nella scuola, a c. di L. Handjaras e Firrao, Firenze, Clinamen: Su
alcuni problemi aperti in epistemologia, “Iride”, Filosofia e scienza
nell’Italia del Novecento.Figure, correnti, battaglie, Milano, Guerini A due
secoli da Kant: conoscenza, esperienza, metafisica della natura, in Itinerari
del criticismo. Due secoli di eredità kantiana, a c. di Ferrini, Napoli,
Bibliopolis: L’epistemologia di Popper e il “dilemma pascaliano” di Duhem, in Riflessioni
critiche su Popper, a c. Chiffi e Minazzi, Milano, Franco Angeli: Verità e
realtà, in La verità. Scienza, filosofia, società, a c. di Borutti e L.
Fonnesu, Bologna, il Mulino: Generalizzare non serve [titolo redazionale per
Patti chiari, amicizia lunga], “L’Indice dei libri del mese”, risposta alla
recensione di Massimo Ferrari. Quale congedo da Kant?, in Congedarsi da Kant?,
Ferrarin, Pisa, ETS, Quale congedo da Kant? Replica a una replica di Ferraris,
in epistemologica.it /images/stories/ /Note%20e%20 Discussioni/ Quale%20congedo
%20da%2 0kant. Filosofia e scienza, in Pianeta Galileo a c.
di Peruzzi, Firenze: I filosofi e la scienza: da Kant ad Einstein, in Pianeta
Galileo, Peruzzi, Firenze: La filosofia della scienza in Italia, in Pianeta
Galileo Peruzzi, Firenze: A priori materiale e forme trascendentali della
conoscenza. Alcuni interrogativi epistemologici, in A priori materiale. Uno
studio fenomenologico, a c. di R. Lanfredini, Milano, Guerini Fra nichilismo e
assolutismo. Alcune riflessioni metafilosofiche, “Iride”, L’a priori nell’epistemologia di Preti, Rsf,
Analiticità e olismo epistemologico: alternative praghesi, in Le ragioni del
conoscere e dell’agire. Scritti in onore di Rosaria Egidi, a Calcaterra,
Milano, Angeli: A proposito di offerte filosofiche, in F. D’Agostini, Mari, P.,
La priorità del male e l’offerta filosofica di Veca, “Iride” Revisione delle
Voci: Broad, Causa, Causalità, Empiriocriticismo per l’Enciclopedia filosofica,
a c. del CentroStudi Filosofici di Gallarate, Milano, Bompiani Voci:
Circolo di Berlino, Costruttivismo, de Finetti,Empirismo logico, Fisicalismo,
Pap, Reichenbach per l’Enciclopedia filosofica, a c. del Centro Studi
Filosofici di Gallarate, Milano, Bompiani La filosofia della scienza in
Italia, Intervista a c. di Duccio Manetti per il Pianeta Galileo popparrini html Scienza
e filosofia oggi, Intervista a c. di Duccio Manetti, in Humana. mente, unifi. bibfil/humana. mente/ Quine e Carnap su
analiticità e ontologia: una valutazione critica, in Questioni di metafisica
contemporanea, a c. di Chiodo e Valore, Milano, Castoro. L’approccio
teorico-problematico nell’insegnamento della Filosofia, in Insegnare Filosofia.
Modelli di pensiero e pratiche didattiche, a c. di Illetterati, Torino, Pomba:
Presentazione di Luca M. Scarantino, Preti. La costruzione della filosofia come
scienza sociale, Milano, Mondatori: i070 Il convenzionalismo epistemologico al
di là dei problemi geocronometrici, “Rsf”, Bisogna conoscere il passato per
orientarsi nel futuro? Risposta a Marco Santambrogio, “Iride”, Per la verità,
ancora una volta [su Marconi, Per la verità. Relativismo e filosofia, Torino]
“Iride”, Mente, verità e razionalità.
Tre modelli epistemologici a confronto, in Razionalità, verità e mente, a c.
Lorenzo Ajello, Milano, Mondadori:
Spirito positivo e filosofia italiana, in Il positivismo italiano: una
questione chiusa?, a c. di Bentivegna, F. Coniglione, Magnano San Lio,
Acireale-Roma, Bonanno, Intervento alla Tavola Rotonda: Il positivismo
italiano: una questione chiusa?, in Il positivismo italiano: una questione
chiusa? La rivista “Epistemologia” tra
logica, scienza e filosofia, in La cultura filosofica italiana attraverso le
riviste: Giovanni, Milano, Angeli: Intervista in occasione del conferimento del
Premio Preti a c. di Maionchi e Manetti: interviste_p. html (Autopresentazione), in Storia della
filosofia dalle origini a oggi, Filosofi italiani contemporanei, Antiseri e
Tagliagambe, Le grandi opere del Corriere della sera, RCS libri, Milano,
Bompiani: Il pensiero di Preti e la sua difficile eredità, in Pianeta Galileo a
c. di Peruzzi, Firenze: La scienza come ragione pensante, Lectio Magistralis
tenuta in occasione del conferimento del Premio Preti in Pianeta Galileo a c. di Peruzzi, Firenze Verità
e razionalità in una prospettiva positiva, “Annuario filosofico”, Milano,
Mursia, Il principio di verificazione nell’empirismo logico, in Portale
Internet della Treccani, in aula/scienze umane e_sociali/ verita_ della_ scienza/
parrini. html Istituto dell’Enciclopedia Italiana, Roma Scienza e
Filosofia, in Pianeta Galileo a c. di Peruzzi, Firenze, Relativismo e
oggettività. Il peso dell’esperienza, in Metafisica, persona, cristianesimo.
Scritti in onore di Possenti, Goisis, Ivaldo, Mura, Roma,Armando, Epistemologia [Kant e l’epistemologia], in
L’universo kantiano. Filosofia, scienze, sapere, a c. di Besoli, C. La Rocca,
R. Martinelli, Macerata, Quodlibet: L’esperienza neoilluminista nello specifico
pretiano, in Impegno per la ragione. Il caso del neoilluminismo, Tega, Bologna,
il Mulino Integrazione della Corrispondenza Pra-P. del Fondo Pra Università di
Milano: %20 Dal PraParrini. Laggiù dove tutto è possibile
(davvero), in Isole del pensiero. Arnold Böcklin, Giorgio de Chirico, Antonio
Nunziante, a c. di Faccenda, Milano, Electa Mondadori: Metafisica, sì, ma quale
metafisica?, in Isole del pensiero. Böcklin, Chirico, Antonio Nunziante, a c.
di Faccenda, Milano, Electa Mondadori:
Il valore della verità, Milano, Guerini, Dimensioni epistemologiche del
kantismo, in Continenti filosofici. La filosofia analitica e le altre tradizioni,
Caro e S. Poggi, Roma, Carocci: Scienza
e filosofia: eredità del passato, prospettive per il futuro, in Una storia
delle scienze. Discussioni e ricerche, Atti del Convegno: “Orizzonti e confini
nella ricerca epistemologica” (Centro Congressi della Sapienza, Università di
Roma, Facoltà di Sociologia), Rinzivillo, Roma, La Sapienza: Relativismo, peso
dell’esperienza e valore della verità, in “Diritto e Questioni Pubbliche”
diritto equestionipubbliche.org //mono%2 0II%20-%20 Filosofia e scienza in
Italia nell’età del positivismo, Portale Treccani Croce ha accentuato il nostro ritardo
culturale?, “Il Riformista”, La pittura come scrittura filosofica. De Chirico e
la metafisica, in La questione dello stile. I linguaggi del pensiero, a c. di
Bazzani, Lanfredini, Vitale, Firenze, Clinamen: Fenomenologia ed empirismo
logico, in Storia della fenomenologia, a c. di A. Cimino e V. Costa, Roma,
Carocci, Salvare i fenomeni. Considerazioni epistemologiche sul caso Galileo,
in Pianeta Galileo, A. Peruzzi, Firenze: Presentazione del Convegno
internazionale su Preti per il centenario della nascita, in Pianeta Galileo a
c. di Peruzzi, Firenze: Realismi a prescindere. A proposito di realtà ed
esperienza,“Iride”, Lezione per le “Lectiones Commandinianæ” dell’Università di
Urbino) La scrittura filosofica, in La verità in scrittura,
a c. di Bazzani, Lanfredini, Vitale, Firenze, Clinamen: Etica ed epistemologia,
in Etica, libertà, vita umana. Commenti al saggio di P Donatelli, La vita umana
in prima persona, “Politeia”, Verità e razionalità in una prospettiva positiva,
in Filosofi italiani contemporanei, a c. di Riconda e Ciancio,Torino, Mursia: Presentazione
del volume Sulla filosofia teoretica di Preti, a c. di L. M. Scarantino,
Milano, Mimesis: A priori, oggettività, giudizio: un percorso tra kantismo,
fenomenologia e neoempirismo. Omaggio a Preti, in Sulla filosofia teoretica di
Giulio Preti, a c. di Scarantino, Milano, Mimesis Il problema del realismo dal
punto di vista del rapporto soggetto/oggetto, in Realtà verità
rappresentazione, a c. di Lecis, Busacchi, Salis, Milano, Angeli: Ontologia e
epistemologia, in Architettura della conoscenza e ontologia, a c. di R.
Lanfredini, Milano, Mimesis: Kant e il
problema del realismo, in Kant, a c. di Pettoello, “Nuova Secondaria” “Esercizi Filosofici”, 1: Esercizi di
equilibrio in filosofia, in A Plea for Balance in Philosophy. Essays in Honour of P. New
Contributions and Replies, cur. Lanfredini
e Peruzzi, Pisa, ETS: Discussione sulla materia: Una prospettiva epistemologica,
“Aquinas: Rivista Internazionale di Filosofia”, Mach scienziato-filosofo,
Introduzione a Mach, Conoscenza ed errore. Abbozzi per una psicologia della
ricerca, Milano, Mimesis, Epistemologia e approccio sistemico. Qualche spunto
per ulteriori riflessioni, “Rivista di filosofia neo-scolastica,
Logical-Empiricism: an Austrian-Viennese Movement? Or an Unsolved Entanglement
among Semantics, Metaphysics and Epistemology, “Paradigmi”, Fare filosofia,
oggi, Roma, Carocci editore (v. Intervista: letture.org/fare-filosofia-oggi-paolo-parrini/)
Epistemologia e approccio sistemico. La dinamica della conoscenza e il problema
del realismo, “Rivista di Filosofia Neo-Scolastica” Quine su analiticità e
olismo. Una valutazione critica in dialogo con Nannini, in Dalla filosofia
dell’azione alla filosofia della mente. Riflessioni in onore di Nannini, a c.
di Lumer e Romano, Roma-Messina, Corisco Né profeti né somari. Filosofia e
scienza nell’Italia del Novecento quindici anni dopo, “Filosofia italiana” Sulla
filosofia degli analitici, in Prassi, cultura, realtà. Saggi in onore di Pier
Luigi Lecis, a c. di V. Busacchi, P. Salis, S. Pinna, Milano, Mimesis: Scienza
e arte, ovvero verità e bellezza, in TBA, a c. di P. Valore, in corso di
stampa 2) Empirismo logico e fenomenologia. Uno snodo
fondamentale della filosofia del Novecento, relazione su invito presentata
all’International Conference “Experientia/Experimentum”, Napoli Filosofia e
storia della filosofia: una prospettiva epistemica, relazione su invito presentata
all’incontro “Filosofia e storia della filosofia: prospettive a confronto”,
Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano, Esplicazione e rielaborazione dei
concetti, in Metodi, stili e orientamenti della filosofia, a c. di R.
Lanfredini, Carocci Editore, Roma, Paolo Parrini.
Parrini. Keywords: implicare, interpretare, antica filosofia italica, Herbert
Paul Grice, in difesa di un domma – indice to ‘filosofia eta antica’. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Parrini” – The Swimming-Pool Library. Parrini.
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