Luigi Speranza -- Grice e Moramarco: la ragione
conversazioane e l’implicatura conversazionale della tradizione massonica filosofia
emiliana – filosofia italiana – Luigi Speranza (Reggio nell’Emilia). Filosofo italiano. Reggio, Emilia. Grice: “Unlike
Moramarco, what most people know about massoneria is via “Il flauto magico”!”
Grice: “Moramarco analyses massoneria aa a philosophical cult, talking about
‘brotherly link’ ‘vincolo fraterno’ – he has unearthed a few fascinating
details about massoneria in Italy. Esponente
della Massoneria te assertore di una sintesi religiosa tra Mazdeismo e
Cristianesimo. Discende da un'antica famiglia di Altamura, di ascendenze
latino-germaniche, cresciuta e ramificatasi durante il dominio dei Farnese.
Studioso di Massoneria, ha scritto la Nuova Enciclopedia Massonica in tre
volumi, importante testo di ricerca massonologica. Un suo precedente volume, La
Massoneria ieri e oggi fu tra i primi, sull'argomento, pubblicati in Russia
dopo il crollo del regime sovietico, che aveva proscritto le Logge.
Iniziato nel Grande Oriente d'Italia, divenne Maestro Venerabile della Loggia
Intelletto e Amore, ricevette la decorazione all'Ordine di Bruno, conferita a
quanti si distinguono nello studio e nella diffusione degli ideali
massonici. Coordinatore scientifico del Convegno Internazionale anni di
Massoneria in Italia, al quale parteciparono studiosi quali Paolo Ungari,
Alessandro Bausani, Mola, Basso, Roversi Monaco, Ricca. Il convegno fiorentino
costituì la prima risposta pubblica, da parte della Comunione massonica di
Palazzo Giustiniani, alle degenerazioni della P2. Nello stesso anno, in
qualità di Garante d'Amicizia tra il Grande Oriente d'Italia e la Grand Lodge
of South Africa, richiese, d'accordo con il Gran Maestro Armando Corona, che
tutte le Logge sudafricane, peraltro già avviate in tale direzione (quando un gruppo di Liberi Muratori della
Massoneria Prince Hall era stato ammesso nella Loggia "De Goede Hoop"
di Cape Town), abrogassero l'apartheid, scelta che esse fecero, qualificandosi
tra le prime associazioni bianche a superare la segregazione razziale. Uscì
dal Grande Oriente d'Italia, rigettandone il laicismo, per ravvivare i nuclei
massonici di impronta cristiana e spiritualista, che assunsero la denominazione
Real Ordine degli Antichi Liberi e Accettati Muratori. Su tale concezione della
Massoneria ha scritto La via massonica. Dal manoscritto Graham al risveglio
noachide e cristiano (), un testo dal quale emerge, fra l'altro, l'importanza
della devozione alla Vergine Maria, come madre del Cristo ed espressione umana
della divina Sophia, nella genesi della spiritualità massonica. Ha
ricostruito le vicende della Gran Loggia d'Italia, l'altra associazione
maggioritaria di Liberi Muratori in Italia, nel volume Piazza del Gesù.
Documenti rari e inediti della tradizione massonica italiana, contribuendo in
seguito alla realizzazione di programmi tematici per varie emittenti
televisive, tra le quali Rossija 24, Reteconomy e È TV Rete7. Ha
conseguito il 33º grado del Rito scozzese antico ed accettato e il VII del Rito
filosofico italiano, che nel secondo decennio del Novecento vide tra le sue
fila i neopitagorici Arturo Reghini e Amedeo Rocco Armentano. Fonda in
Italia l'Antico Rito Noachita su patente ricevuta presso il British Museum
dall'ex Maestro Venerabile della Loggia "Heliopolis" di Londra.
Ha realizzato una colonna sonora per i rituali massonici, dal titolo Masonic
Ritual Rhapsody. presso la Loggia "Gottfried Keller" di Zurigo,
è stato ricevuto come membro nell'Independent Order of Odd Fellows. Già
attivo con Joseph L. Gentili, editore
del newsletter Brooklyn Universalist Christian, in un progetto di restaurazione
della Chiesa Universalista d'America, contro la deriva liberal di quel
movimento, ha ricevuto il navjote zoroastriano. Nel volume Il Mazdeismo
Universale propone una visione eclettica di tale religione, collegando ad essa
elementi del misticismo ebraico, del dualismo platonico e cristiano, del
buddhismo Mahāyāna, e riconoscendo in Gesù il saoshyant (divino soccorritore,
messia) profetizzato dall'antica religione iranica, in una prospettiva
teologica di tipo mazdeo-cristiano, intorno alla quale si è formata una
Fraternità Mazdea Cristiana. Si è avvicinato alle correnti latitudinaria
e mistica dell'Anglicanesimo e al percorso religioso di Loyson, confluendo in
una comunità religiosa di orientamento eclettico, ove ha potuto conservare la
doppia appartenenza, cristiana e zoroastriana. Entro tale gruppo, che nel
gennaio ha assunto la denominazione
Reformed Cloister of the Holy SpiritUnione Riformata Universalista, è un oblato
di San Pellegrino delle Alpi, secondo la Regola che, ispirandosi alle
tradizioni fiorite intorno alla vita di quell'eremita del Cristianesimo
celtico, contempla almeno un atto quotidiano "di giustizia, o di soccorso
fraterno" anche nei riguardi di animali e piante. Laureatosi cum
laude in Filosofia presso l'Bologna,, con una tesi sul pensatore indiano Sri
Aurobindo (relatore il noto indologo e sanscritista Giorgio Renato Franci),
nella seconda metà degli anni Ottanta si è formato in Training autogeno e
Psicoterapia con la procedura immaginativa sotto la guida di Luigi
Peresson. Ha trattato dei nessi tra Zoroastrismo e Cristianesimo nei
libri La celeste dottrina noachita (e I Magi eterni, di fenomenologia del sacro
ne L'ultima tappa di Henry Corbin e di tanatologia in Psicologia del morire. Ha
scritto sulle esperienze di autogestione dei lavoratori nel mondo e sui
rapporti tra socialismo e religione per Azione nonviolenta, la rivista fondata
da Aldo Capitini. Con il saggio Per una rifondazione del Socialismo partecipò
al simposio "Marxismo e nonviolenza" (Firenze) nel quale
intervennero, tra gli altri, Bobbio e Garaudy. -- è un sostenitore della lingua
ausiliaria internazionale Esperanto. Ha aderito al gruppo esperantista
bolognese "Achille Tellini". In ambito narrativo, ha scritto
Diario californiano e Torbida dea. Si è occupato di storia dello spettacolo,
scrivendo I mitici Gufi, sul celebre quartetto di cabaret degli anni sessanta,
e partecipando all'allestimento del programma Gufologia per Rai Sat; con l'ex
"Gufo" Roberto Brivio ha collaborato sia nella riproposta del
repertorio del gruppo in teatri e circoli culturali, sia nella realizzazione di
un laboratorio teatrale e musicale che vide attivamente coinvolti numerosi
alunni portatori di disabilità, presso l'Istituto medio superiore in cui
insegnò psicologia. Ha inciso quattro CD, Allucinazioni amorose (meno
due), Gesbitando, Come al crepuscolo l'acacia e Existenz, che contengono sue
canzoni e brevi suites strumentali, ricevendo il plauso, tra gli altri, di
critici come Maurizio Becker, Mario Bonanno (Musica et Parole) e Salvatore
Esposito (Blogfoolk), di autori come Bruno Lauzi, Ernesto Bassignano, Giorgio
Conte e dei jazzisti Giulio Stracciati e Shinobu Ito. Nel dicembre è stato chiamato da Luisa Melis, figlia e
continuatrice dell'opera di Ennio Melis, il patron della RCA Italiana, a far
parte della giuria del Premio De André. Saggi:
“La Massoneria” (Vecchi, Milano), “La Massoneria: cronaca, realtà, idee (Vecchi,
Milano), “Per una rifondazione del socialismo, in: Marxismo e non-violenza
(Lanterna, Genova) – PARTITO SOCIALISTA ITALIANO --; “La Libera Muratoria”
(Sugar, Milano); “La Massoneria. Il vincolo fraterno che gioca con la storia” (Giunti,
Firenze) Diario (Bastogi, Foggia) Grande Dizionario Enciclopedico POMBA
(Torino); Antroposofia, Besant, Cagliostro, Radiestesia, ecc.). L'ultima tappa
di Henry Corbin, in Contributi alla storia dell'Orientalismo, Franci (Clueb,
Bologna) “La Massoneria in Italia” (Bastogi, Foggia) Enciclopedia Massonica
(Ce.S.A.S., Reggio E.; Bastogi, Foggia); Psicologia del morire, in I nuovi ultimi (Francisci, Abano Terme)
Piazza del Gesù. “Documenti rari e inediti della tradizione massonica italiana”
(Ce.SA.S. Reggio Emllia); Sette Lodi Massoniche alla Beata Vergine Maria (Real
Ordine A.L.A.M., Reggio Emilia) La celeste dottrina noachita (Ce.S.A.S, Reggio
E.) I mitici Gufi (Edishow, Reggio Emilia); “Torbida dea. Psicostoria d'amore,
fantomi et zelosia (Bastogi, Foggia); Il Mazdeismo Universale. Una chiave
esoterica alla dottrina di Zarathushtra (Bastogi, Foggia ) I Magi eterni. Tra
Zarathushtra e Gesù (Om, Bologna ) La via massonica. Dal manoscritto Graham al
risveglio noachide (Om, Bologna ) Massoneria. Simboli, cultura, storia
(consulenza scientifica di M.M.) (Atlanti del Mistero/Giunti-Vecchi, Firenze )
Introduzione alla Libera Muratoria (Settenario, Bologna ) Musica Allucinazioni
amorose (meno due) (Bastogi Music
Italia) (Bastogi Music Italia) Gesbitando, (Bastogi Music Italia ) Come al
crepuscolo l'acacia (Heristal
Entertainment, Roma ) Existenz ((Heristal Entertainment, Roma ). Note Aplogruppo Mola, Un valido impulso per una Massoneria
"à parts entières", in 250 anni di Massoneria in Italia, F. Ferrari,
La Massoneria verso il futuro (una conversazione con Michele Moramarco) v.
) Una breve rassegna di testi
fondamentali sulla Massoneria si trova sul sito del Cesnur diretto da Massimo
Introvigne. Vedi anche le recensioni di E. Albertoni ne Il Sole 24 Ore, inserto
domenicale, e di G. Caprile ne La Civiltà Cattolica, Il volume fu pubblicato
nell’anno della dissoluzione dell'URSS, dalla casa editrice Progress, V.
Brunelli, Massoneria: è finito con la condanna della P2 il tempo delle logge e
dei "fratelli" coperti, in Corriere della sera, Il Corriere della
Sera dedicò un lungo articolo allo "scisma" (v. ). Del Real Ordine
A.L.A.M. si è occupato anche il centro di ricerca Cesnur, diretto dal noto
storico e sociologo delle religioni Massimo Introvigne,
v.//cesnur.org/religioni_italia/a/ appendice_02.htm. Il termine Real non aveva
alcun riferimento alla storia italiana, ma si richiamava alla leggenda,
contenuta negli Antichi doveri, secondo cui l'Ordine Massonico ricevé le sue
proto-costituzioni dal re Atelstano d'Inghilterra (Æðelstan); recentemente il
Real Ordine ha assunto la denominazione di Unione Cristiana dei Liberi
Muratori Rito filosofico italiano Antico Rito Noachita Masonic Ritual Rhapsody, Bastogi Music
Italia, youtube.com/watch?v=rSs0 4kpA36U. A questa esperienza è collegata la
sua iscrizione alla SIAE come autore musicale
Del percorso che lo ha condotto verso la visione di Zoroastro
(Zarathushtra) si è occupata la rivista parsi di Bombay, Parsiana, così come il
quotidiano torinese La Stampa v. mazdeanchristian.wordpress.com/ latitudinarismo, in Dizionario di filosofia,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, v.
riformati universalisti.wordpress // In questa comunità si ritrovano, su vari
temi, idee tratte dal Manicheismo, dall'Arianesimo, dal Quaccherismo,
dall'Unitarianismo, dal Giurisdavidismo e dall'universalismo hindu-cristiano
del movimento Navavidhan fondato da Keshab Chandra Sen. Frequenti e
significativi sono altresì i riferimenti al pensiero di aint-Martin e alla
"religione aperta"o della "compresenza dei morti e dei
viventi"elaborata da Capitini, Stracciati
Ito E. Albertoni, Tante fedi,
nessun dogma (recensione della Nuova Enciclopedia Massonica, Il Sole 24 Ore,I,
inserto culturale domenicale) M. Chierici, Nasce la Lega dei Venerabili
(Corriere della Sera) S. Esposito, Dalle radici del Mazdeismo all'Alleanza
Mazdea CristianaIntervista con M. (in Secreta Magazine S. Esposito, Gesbitando:
intervista con M. (Blogfoolk) F. Ferrari, La Massoneria verso il futuro (una
conversazione con M.) (Bastogi, Foggi8) S. Semeraro, Tra la via Emilia e l'Est.
Così parlò Zoroastro (La Stampa, Torino) S. Sari, Unico e plurimo al contempo,
Dio secondo gli Zoroastriani [intervista a M.M.](Libero) G. Giovacchini,
Cultura e spiritualità della Massoneria italiana [prefazione di M.] (Tiphereth,
Acireale-Roma ) Zoroastrismo
Universalismo Massoneria Rosacroce michelemoramarco. blog del Real Ordine A.L.A.M., su
realordine.wordpress.com. Pagina sul sito di Heristal Entertainment, su
heristal.eu. blog degli anglicani latitudinari, su
riformatiepiscopali.wordpress.com. Grice: “The Romans are obsessed with what
Moramarco calls ‘paganesimo romano’ – the word ‘pagano’ only makes sense in
opposition to Christ. It would be very
inappropriate of the greatest Italian philosopher ever, Antonino, to consider
his self pagan!” -- Michele Moramarco. Moramarco.
Keywords: la tradizione massonica italiana. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Moramarco” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Morandi – la lingua di
Firenze – filosofia italiana – Luigi Speranza (Firenze). Filosofo
italiano. Firenze, Toscana. Trabalza cita. REGOLE DELLA
LINGUA FIORENTINA C ["kabalza. A quanto
dico del notevolissimo documento che
qui esce per
la prima volta
alla luce, sono
in grado, per
speciale favore usatomi
dal mio illustre
maestro ed amico
senatore Morandi, di aggiungere
alcune notizie di
grande importanza storica,
anticipando le conclusioni
a cui egli
è giunto, com'è
suo costume, dopo
largo e profondo
studio, e che
illustra col noto
suo magistero di
dottrina e di
stile in un
saporitissimo saggio d'imminente
pubblicazione. Nella Nuova
Antologia M. se-gnalava l'importanza della
Grammatichetta Vaticana, narrando
le vicende del
manoscritto; e poiché
egli stesso m'aveva
esor- tato a pubblicarlo
per intero, annunziava
fin d'allora ch'io
l'a- vrei messo come
appendice al presente
lavoro. Continuando però le
sue indagini con
rigore di metodo
in- torno ai primi
vocabolari e alle
prime grammatiche della
nostra lingua, il
Morandi ha potuto
tra le altre
cose provare che
la nostra Grammatichetta fu molto
probabilmente opera di
Lorenzo il Magnifico,
non certamente d’ALBERTI (si veda), com'era
stato supposto ; e che
anche Leonardo da
Vinci abbozzò una
grammatica italiana, dimettendone
forse il pensiero,
quando ebbe notizia,
come apparisce da due suoi
ricordi, della Grammati-
chetta del Magnifico. Lo
studio di M. si
occupa poi distesamente
dei materiali raccolti da
Leonardo per fare
il Vocabolario italiano,
il latino-italiano e
una specie di
Dizionario illustrato delle
armi 5 3
2 Prefazione antiche,
pel quale seppe
attingere da una
fonte classica sfuggita
ai lessicografi latini
suoi contemporanei. Per
tutto questo M. adduce fatti
fin qui ignorati
o fraintesi; ed
attorno alla Grammatichetta Vaticana
e all'opera filologica
di Leonardo trat-
teggia e documenta i
traviamenti degli altri
primi come de'po-
steriori grammatici e
vocabolaristi, italiani e
latini, e ha
occa- sione di riparlare,
sotto nuovi aspetti,
de'punti più capitali
della questione della
lingua, dimostrando, in
concordia e in
conferma del principio
che egli viene
sostenendo da tanti
anni, come il
Magnifico, VINCI (vedasi) e MACHIAVELLI (vedasi) hanno criteri
linguistici assai più
giusti di altri
loro contemporanei e
di molti moderni.
Sicché il suo
nuovo libro, mentre,
integrando le sue
ben note trattazioni
precedenti, va a
prendere un cospicuo
posto nella secolare
letteratura della questione
dell'unità della lingua,
viene a colmare,
sotto il rispetto
storico, una vera
lacuna. Ed ora poche
parole sull'edizione della
Grammatichetta; poche, perchè
i criteri da
noi tenuti appariranno
ben chiari dal
testo che qui
segue. S'è cercato
di conservarlo in
tutta la sua
integrità anche sotto
il rispetto puramente
materiale: quindi nessuna
sostanziale modificazione nel
sistema ortografico e
di punteggiatura, che
qui poi ha
un maggior valore,
mancando nella Grammatichetta qua-
lunque principio
d'interpunzione e d'ortografìa('); nessuna
sosti- tuzione di corsivo,
anche là dove
forse per la
chiarezza del testo
sarebbe stato di
qualche utilità. Anche
l'incertezza nell'uso delle
maiuscole e delle
minuscole s'è lasciata.
Per Yu e
il v, benché
sempre rappresentati dall' A.
coll'?^, s'è adottata
la distinzione gra-
fica dell' Ordine delle
lettere. Si sono
conservati i più
e i cosi
e simili, senz'accento,
di contro all'a,
preposizione, accentata. S'è
mantenuta anche la
disposizione dei titoli
de'capitoli. Si sono
invece sciolti i
pochi nessi, anche
perchè si son
trovati di non
i1 In 536,36
dopo e, 537,8
dopo O, 537,38
dopo come, 540,10
dopo o, 543.2
dopo amiamo e
amiate, 545,10- dopo
compositione, 546,22 avanti
a che il
punto o la
virgola sono stati
cancellati, 533 incerto
intendimento; i dubbi
sono stati accennati
in nota. Ma
le comuni abbreviature
grammaticali, come di
pir. per plurale,
dov'erano, si son
mantenute, senza per
altro tener conto
di qualche /.'per
plr., che è
il più frequentemente adoperato.
Frantendimenti e lacune
del copista, che
certo non mancano,
sono stati corretti
e colmati nel
testo con le
parentesi quadre o
nelle note. All'evidente
(l) spostamento subito
nella rile- gatura dal
foglio 11 (si
ricordi che la
Grammatichetta e il
« De Vulgari
Eloquentia » hanno
scambiato nel nostro
codice le guardie:
v. qui, pp.
13-14 u) s'è
provveduto col dare
questo foglio risolutamente
nel luogo dove
deve stare, ma
lasciandogli la numerazione
che ha nel
codice. Qualche altra particolarità
è stata descritta
in nota. Poiché,
infine, i segni
delle lettere e
degli accenti ortogra-
fici adoperati nell' Ordine
delle lettere e
nello specchietto delle
Vochali non erano
riproducibili coi tipi
comuni, abbiam creduto
opportuno, benché solo
pochissimi siano adoperati
poi nel testo,
dare un facsimile
delle due pagine
in cui si
trovano : alle
quali rimandiamo i
lettori per ogni
altra cosa che
ad esse si
riferisca. Uno di
quei pochissimi segni
è Ve articolo
e pronome che
il no- stro A.
scrive con un
apostrofo non a
destra, ma postogli
sopra perpendicolarmente. Non
valendo la spesa
il farlo fondere
apposi- tamente, potevamo renderlo
coll'apostrofo laterale; ma
abbiam preferito di
renderlo coll'accento acuto,
che pur è
meno esatto, perchè
quell'<? ricorre anche
in casi, come
in elio, dove
l'apo- strofo non si
sarebbe potuto più
mantenere ("). Evidente
non solo per
l'ordine che richiede
la trattazione, ma
anche per il
segno del fine
(una croce tratteggiata
negli angoli) posto
all'ultima parola della
e. 11 B.
(;) Dobbiamo qui
esprimere i nostri
più vivi ringraziamenti al-
l'egregio amico nostro prof.
Giuseppe Zucchetti che ha compiuto
per noi la
diligente fatica di
collazionare la nostra
copia e le
prime bozze sull'originale vaticano.
urJM / SV
et ' tfftmtme U
ImmniAftm tvn efitrr
fktn cvtwmt' ti
' tum ?»t?w
ijtfini y mti
st* < brtpriA,
di' c<rh datti yoUjbet ',
cerne '?*tP wuwdmo /"
/ f ff
' ' f
m irteli ;
erta* d?t*rrt*n* Mttìl*
crtvrr : nette**
aiu/h tufJhf tyu(t»ou>
in (tinaie ut
racwi [ufi id
[a unntA rwjVto
tn unnwmc- (lunata-turni
; omì cof*
#mU' -futre otiti*
1W (r<*n4' t' )
ìtuA0S% frvfs* t*
vrect prima, e'
fa «rifa <tc
ì-lMimi: Crchtflnifiif *
i t i
\, «^_ tfnejfc' sunti* ammanitimi
.wtr* i jerù/erc' V fonai**
atre/ scnzA ecmmeia.
$uc nmc urwti.ihes
nur' jm Afte'
anale' e >U S{& rn
ia .tnoiiA y^Avi
Ufticr ttm e'
intende mv.fr '
Ovài ne ae'.ie
it*Hrc' . i r
t d b
n H m
e r* 0 et <
r L >
/ /V C crj
M Tav. I.
\roc^M * e'
e i o
0 h e'
e e" r7
- -» /
CónmniTte vermi* Arftculns
c't <nro tir/
fiUw ci -zembe
H- iirolfr' fora
a perei aneti*
cyr f piiUfdtc'.
QlSl bnmU e
dilhvnc' Tcfiiwii fini/ce
' ( '
f f (
' ' f
(> (," '
w KoCfi*c .-
scis fiixyhM ArHchoa acromi
L C c\)c(c
' iti molH
pnrtt' \)WHq in
mmis. tifimi, 4%c'
mzwhni nomi, v/m
Utmo - tfen^tuj
e-tvjmujrci e rum
attrfi cf majiuliiict
c'i&mwitut; t nSHtri
Ufim fi -fmo
wdcww. f iflfa/l 'in
orni nmf ' (rtino
l* Mnm* shmltret
ffitfto /tifi iti
cgr> cdf S^^<:
«fi."?!»*4
Importante. Morandi. Keywords: linguaggio,
Alberti, storia della grammatica razionale. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Morandi.”
Luigi Speranza -- Grice e Moravia: la ragione
conversazionale -- l’implicature conversazionali dei ragazzi – la scuola di
Bologna -- filosofia emiliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Bologna). Filosofo italiano. Bologna, Emilia-Romagna. Grice: “I
like Moravia: he has philosophised on what makes us ‘human,’ (“il pungolo
dell’umano”) – his analysis of ‘il ragazzo selvaggio’ is sublime – and he has
played with ‘reason,’ hidden and strutturata – and the universi di senso with
which I cannot but agree! – provided we don’t multiply them ad infinitum!”
-- Grice: “I like Moravia’s idea of ‘la
ragione nascosta’ – you have indeed to seek and thou shalt find!” -- “Il
Nietzsche che prediligo è il Nietzsche terreno, umano, presente nel tempo. È il Nietzsche intrepido esploratore del sottosuolo
dell'uomo e dei disagi della civiltà. È il Nietzsche che fertilmente e
sofferentemente (non narcisisticamente) vive e pensa il nichilismo: ma per
andare oltre il nichilismo. È soprattutto il Nietzsche cheneo-illuminista forse
malgrado luivuole conoscere, capire, dare un (nuovo) senso alle cose.”
Professore a Firenze. Allievo diGarin,
si è formato in ambiente fiorentino conseguendovi la laurea in filosofia nel
1962 con tesi su Gian Domenico Romagnosi. Professore incaricato, è poi
diventato ordinario di Storia della Filosofia all'Firenze. Nel corso della sua carriera, si è
interessato particolarmente dell'illuminismo francese e del pensiero del
Novecento, della storia e dell'epistemologia delle scienze umane, con
particolare attenzione all'antropologia, la filosofia della mente e
l'esistenzialismo. I suoi studi e le sue ricerche hanno aperto nuove
prospettive interdisciplinari fra pensiero filosofico e scienze umane. Attualmente, le sue attenzioni sono rivolte
verso l'opera e il pensiero del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche del quale pubblica
già una celebre antologia dal titolo La distruzione delle certezze e, nel 1985,
una raccolta di saggi intitolata Itinerario nietzscheano. Proprio un nuovo modo
di avvicinarsi e concepire il pensiero del filosofo tedesco lo hanno reso uno
dei suoi interpreti più originali e più discussi. Grazie ai suoi studi e contributi filosofici,
è stato visiting professor presso l'Università della California a Berkeley,
l'Università del Connecticut a Storrs e il Center for the Humanities della
Wesleyan University. Conferenziere
presso altre sedi universitarie americane (fra le quali, Harvard, UCLA, Boston)
ed europee (Francia, Belgio, Germania), è cofondatore della “Società italiana
degli studi sul XVIII secolo”, nonché membro del Comitato direttivo delle
Riviste filosofiche “Iride” e “Paradigmi”. Collabora ai giornali Corriere della
Sera, Quotidiano nazionale, La Repubblica. Saggi: “Il tramonto dell'Illuminismo
-- filosofia e politica” (Laterza, Roma); “La ragione nascosta” (Sansoni,
Firenze); La scienza dell'uomo” (Laterza, Roma); “L’antropologia strutturale” (Sansoni,
Firenze); “Esistenziale” (Laterza, Roma); “La teoria critica della società” (Sansoni,
Firenze); “Gl’idéologues -- scienza e filosofia” (Nuova Italia, Firenze); “La
distruzione delle certezze” (Nuova Italia, Firenze); “Linguaggio, scuola e
società not ‘storia’! -- Guaraldi, Firenze); “Filosofia e scienze umane
nell'età dei Lumi” (Sansoni, Firenze); “Pensiero e civiltà” (Monnier, Firenze);
“Il ragazzo selvaggio dell'Aveyron.” Pedagogia e psichiatria nei testi di
Itard, Pinel e dell'anonimo della "Décade" (Laterza, Roma); “Itinerario
nietzscheano, Guida, Napoli); Educazione e pensiero, Monnier, Firenze,
Filosofia: storia e testi, Monnier, Firenze, “L'enigma dell’animo” Laterza,
Roma); Compendio di filosofia, Monnier,
Firenze, L'enigma dell'esistenza -- soggetto, morale, passioni nell'età del
disincanto, Feltrinelli, Milano, L'esistenza ferita -- modi d'essere,
sofferenze, terapie dell'uomo nell'inquietudine del mondo, Feltrinelli, Milano,
Filosofia dialettico-negativa e teoria critica della società, Mimesis, Milano;
“Ragione strutturale e universi di senso” (Lettere, Firenze); “La Massoneria.
La storia, gli uomini, le idee, Mondadori, Milano); “Firenze e l’Umanesimo.
Arte, cultura, comunicazione” (Lettere, Firenze); Lo strutturalismo, Lettere,
Firenze); “Filosofia e psicoanalisi (POMBA, Torino); “L'universo del corpo,
Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma,
“Animo e realtà psichica” (Borla, Roma, "L'esistenza e il
male", in: "Mysterium
iniquitatis", Gregoriana, Padova, Linterpretazione
personologico-esistenziale dell'uomo", in:
La questione del soggetto tra filosofia e scienze umane, Monnier,
Firenze) – PERSONOLOGIA – PIROTOLOGIA – Grice, persona -- Lettura
Magistrale" al Convegno Dalla riabilitazione psicosociale alla promozione
della salute(Montecatini), "S.I.R.F. News", "Mente, soggetto,
esperienza nel mondo", in La filosofia italiana in discussione -- La
filosofia italiana in discussione, Società Filosofica Italiana, Firenze), Bruno
Mondadori, Milano, "Crisi della cultura e relazioni generazionali nel
mondo contemporaneo", in Giovani e adulti: prove di ascolto, Sansepolcro
(AR), "La filosofia degli idéologues. Scienza dell'uomo e riflessione epistemological,
Letteratura italiana tra illuminismo e romanticismo, Convegno, Italianistica,
Padova, "Libertà, finitudine,
impegno -- genesi e significato della responsabilità nel mondo", in: V.
Malagola Giustizia e responsabilità (Convegno, Firenze), Giuffré Milano, "Dal soggetto persona alla relazione
interpersonale", Maieutica, De-mitizzazione e de- valorizzazione. La crisi
della 'forma famiglia' nella società", in: Interazioni, "Illuminismo
e modernità", Hiram, "Prove d'ascolto. Crisi della cultura e
relazioni generazionali nel mondo contemporaneo", Studi sulla formazione, "La
guerra giusta", Hiram, "La
filosofia, la conoscenza dell'umano, il dialogo col pensiero religioso",
Hiram, "Esistenza e felicità", Hiram, "L'Occidente e la pace.
Luci e ombre all'alba del terzo millennio", Hiram,"La filosofia e il
suo 'altro'. La riflessione metafilosofica di Adorno in 'Dialettica
negativa'", Iride, "L'uomo:
una storia infinita", in: Per una
scienza dell'umano, Arezzo,
"L’'interpretazione personologico-esistenziale dell'uomo" –
PERSONALOGIA – Grice, PERSONA. in: L. Neuro-fisiologia e teorie della mente,
Vita et Pensiero, Milano, "La scoperta dell'inconscio, l'ambiguità del
freudismo e il lavoro della psicoanalisi sull'animale, Convegno "Meta-psicologia”,
Napoli, La Biblioteca, Bari, "Un mondo negato. L'assolutizzazione del
corpo nella psico-umanologia contemporanea", UMANOLOGIA – ibrido -- Hermeneutica,
Corpo e persona, "Complessità, pluralità, confini", in: Dal
coordinatore al coordinamento,Coordinatori pedagogici in Emilia-Romagna,
Assessorato Servizi Sociali, Bologna, Bruno Maiorca, Filosofi italiani
contemporanei. Parlano i protagonisti, Bari, Dedalo, su sapere, De Agostini. Gran Loggia del GOI
dal titolo "Tu sei mio fratello" Registrazione video della Lectio
Magistralis "Al di qua del bene e del male Nietzsche esploratore
dell'umano" Modena e Reggio Emilia Tavola rotonda del GOI "Pedagogia
delle libertà Libertà civili" Convegno del GOI "La scienza non sia
ostacolata dall'ideologia, dalla politica e dalla religione" tavola
rotonda della Comunità Oasi "Significato e funzione della pena, della
punizione e della penitenza nella promozione umana e sociale" "Catturati dall'effimero?"
all'interno del Convegno Giovanile alla Cittadella di Assisi" dsu
arcoiris. Sergio Moravia. Moravia. Keywords: ragazzi, personologia. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Moravia” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Mordacci: l’implicatura
convresazionale e la norma – la scuola di Milano -- filosofia lombarda --
filosofia italiana – Luigi Speranza (Milano).
Filosofo italiano.
Milano, Lombardia. Grice: “I like
Mordacci – in a way, like I did with J. L. Mackie, Mordacci opposes both
‘assolutismo’ and ‘relativismo’ – and tries to ‘construct’ an ‘inter-personal’
reason out of a full-fledged personal reason. Whereas it would seem that we
enjoin the principle of conversational helpfulness out of altruism, there is
this balance between conversational self-love and conversational other-love;
and we only ‘respect’ the other that respects us as ‘pesonal;’ against Apel,
the logic of the inter-personal reduces, in a complex way, to the logic of the
personal; without it, we would be annihilating the autonomy of the will.”
Grice: “I like Mordacci’s emphasis on reason for normativity – interpersonal
reason, as he calls it!” È
preside della Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele
dove è Professore di Filosofia Morale. È Direttore del Centro
Internazionale di Ricerca per la Cultura e la Politica Europea. Laurea in
filosofia presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; Dottorato in
bioetica presso l'Università degli Studi di Genova. Ha svolto attività di
ricerca e insegnamento presso la Scuola di Medicina e Scienze Umane
dell'Istituto Scientifico Ospedale San Raffaele. Insegnato presso l'Università
Vita-Salute San Raffaele, prima presso la Facoltà di Psicologia e dal 2002
presso la Facoltà di Filosofia che ha contribuito a fondare insieme con
Cacciari, Edoardo Boncinelli, Michele Di Francesco, Andrea Moro. Ha contribuito
a progetti di ricerca ed è stato membro del Consiglio d'Europa per
l'insegnamento della bioetica. Dal è
preside della Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele,
essendo stato rieletto nel giugno per il
secondo mandato. Membro del Comitato Nazionale per la Biosicurezza, le
Biotecnologie e le Scienze per la Vita della Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Dal al è stato membro del Comitato Scientifico per
EXPO come delegato del Rettore
dell'Università Vita-Salute San Raffele. Dal è membro della Commissione per l'Etica della
Ricerca e la Bioetica del consiglio nazionale delle ricerche e del consiglio
direttiva della Società Italiana di Filosofia Morale. Si è dedicato in
particolar modo dei temi: "Etica e ragioni morali", "Etica
pubblica e rispetto", "Neuroetica". Attraverso l'indagine delle
"ragioni morali" e dell'"identità personale" e ispirandosi
alla filosofia kantiana, propone una forma di "personalismo critico"
in base alla quale il fondamento dell'esperienza morale viene individuato nella
ricerca, che ognuno compie, delle "buone ragioni" che danno forma
alla propria individualità personale attraverso l'agire. Riconoscere ogni
persona come autrice della propria identità fonda un'etica del rispetto delle
persone in quanto a ogni individuo viene riconosciuto il diritto e il dovere di
esprimere le proprie abilità e costruire la propria personalità. Si è
inoltre occupato di bioetica essendo anche stato coordinatore del progetto
Bioetica della genetica: questioni morali e giuridiche negli impieghi clinici,
biomedici e sociali della genetica umana del Miur (FIRB, Tra i suoi interessi
più recenti, la disciplina della Film and Philosophy: la riflessione su come i
film possono fare filosofia e se possono argomentare vere e proprie tesi
filosofiche. In questo contesto ha dato vita al Laboratorio di Filosofia e
Cinema presso la Facoltà di Filosofia dell'Università Vita-Salute San Raffaele,
conduce il sabato pomeriggio la rubrica "Al cinema col Filosofo" su
TgCom24 (stagioni - e -) e la rubrica "Imparare ad amare i film"
all'interno di Cinematografo Estate () su Rai 1. Riviste È membro del
comitato scientifico dell'Annuario di Etica (ed. Vita e Pensiero),
dell'Annuario di Filosofia (ed. Mimesis) e della rivista online Etica et Politica.
Dalla sua fondazione è membro del Comitato Scientifico della rivista
scientifica a cura del Comitato Etico della Fondazione Umberto Veronesi.
Attività teatrale Romeo e Giulietta: nascita e tragedia dell'io moderno, Eloisa
e Abelardo: passione e negazione, Occidente, o identità fragile: Auster e le
Follie di Brooklyn, analisi filosofiche con letture sceniche, ciclo
"Aperitivi con Sophia", Teatro Franco Parenti,La violenza e
l'ingiustiziaGorgia, ciclo "Filosofi a teatro" M., Teatro Franco
Parenti, L'individuo, la libertà e il perdono. Hegel legge Dostoevskij, lettura
scenica di M. e Sorel, ciclo l'Intelligenza e la Fantasia, Teatro
Strehler,L'isola della verità. Divagazioni fotografiche e filosofiche, lettura
scenica di M., Traini e Stepparava, Cluster Isole, Mare e Cibo, Padiglione
P03-Expo Milano (Rho-Fiera), Kant e il
mare, lettura scenica di Roberto Mordacci e Francesca Ria, agosto Saggi:“Bio-etica della sperimentazione,”
Angeli, Milano; “Salute e bio-etica,” Einaudi, Milano); “Una introduzione alle
teorie morali,” Feltrinelli, Milano, La
vita etica e le buone ragioni, Mondadori, Milano, “Ragioni personali, ragione
inter-personali: Saggio sulla normatività morale,” Carocci, Milano, Elogio
dell'Immoralista, Mondadori, Milano; Rispetto, Cortina, Milano. Bioetica, Mondadori,
Milano. L'etica è per le persone, San Paolo, Cinisello Balsamo. Al cinema con
il filosofo. Imparare ad amare i film, Mondadori, Milano. La condizione
neomoderna, Einaudi, Torino,. Ritorno a utopia, Laterza, Bari,. Note Università Vita-Salute San Raffaele, su
unisr. Governo/bioetica, su governo.M., su Le Università per Expo,Commissione
per l’Etica della Ricerca e la Bioetica, Consiglio Nazionale delle Ricerche, su
cnr. Organi della società | SIFM, su
sifm. Intervista a L'accento di Socrate, su laccentodi socrate. Rai 1, Cinematografo estate, su rai.tv. Scienza e etica: in uscita la nuova rivista
della Fondazione Veronesi, su Fondazione Umberto Veronesi. Chi siamo
su scienceandethics. fondazioneveronesi. Feeding the Mind: Expo-Bicocca
Conversation Hour, su unimib. Lettura scenica de "I Sensi del Mare",
su//elbareport. 1 Pearson Imparare sempre su pearson. 1º agosto. Bioetica Mordacci Robertoe Book Mondadori
BrunoSai cos'è?FilosofiaePubIBS, su ibs. L'etica è per le personeEdizioni San
Paolo, su edizionisanpaolo. Riflessioni
sul senso della vita intervista di Ivo Nardi, sito "Riflessioni",
settembre. Ci vuole più rispetto intervista a Roberto Mordacci, Famiglia
Cristiana. Ma l'etica non è un'intrusa, intervista a Roberto Mordacci,
Avvenire, Ora smettiamola di parlare inglese, intervista a Roberto Mordacci, Il
Giornale. La storia costituisce per la filosofia contemporanea un ambito di
indagine costante e pervasivo: quasi
tutta la filosofia dopo Hegel ha pensato il proprio oggetto, cioè l’uomo, la conoscenza, l’agire
e l’essere stesso, come essenzialmente
storico. Questa “svolta storica”, che ha preceduto e favorito la cosiddetta “svolta linguistica”, ha
significato per buona parte della filosofia
contemporanea l’adozione di un metodo in cui la storia di un concetto e
delle sue incarnazioni storiche sono
dive nu te rilevanti almeno quanto la definizione teorica di esso. Tuttavia, in questo diffuso
storicismo, che attraversa la filosofia
dall’hegelismo all’ermeneutica, si è in parte persa di vista la
specificità del l’ambito di riflessione
che si può chiamare filosofia della storia. La specifica interpretazione dell’agire storico suggerita
dallo storicismo, come svolgimento di un
«destino» dello spirito, ha infatti occultato gran parte della riflessione che la tradizione filosofica ha prodotto, nel
corso dei secoli, sull’agire storico in
quanto tale. Questa preminenza del
paradigma storicista ha inoltre favorito la nascita delle tesi circa la cosiddetta «fine della storia»:
una percezione che, dalle riflessioni di
Spengler sul «tramonto del l’Occidente» alle provocazioni del
postmoderno, ha finito per estendersi ad
ampi settori della cultura contemporanea. Quest'ultima appare per questo in estremo disagio, oggi,
nel progettare il futuro: pensando
l’intero dell’essere come contenuto nella storia «fino al momento
presente», la cultura odierna rifugge
dai tentativi di prefigurare un fine della storia come compimento, soprattutto perché questo
tentativo appare come intrinsecamente
ideologico e, quindi, non più credibile. Si può quindi ancora pensare la
storiaa venire? Mettere in discussione questa
precomprensione storicista della storia è uno
degli obiettivi di questo volume. La filosofia della storia è oggi
un’area vasta di riflessioni sul senso
dell’agire storico che non può essere affatto ridotta all’idea di un «destino» immanente dell’Occidente o
del mondo. Anche una semplice e non
pregiudiziale ricognizione di alcune concezioni filosofiche della storia che
si rintracciano nella tradizione mostra
come l’interpretazione di essa sia assai varia
e più aperta alla possibilità di pensare il futuro in modo non
ideologico e soprattutto aperto al
cambiamento, pur senza che esso sia abbandonato alla completa anomia. In questo senso, il volume mira a riabilitare
una disciplina che, a volte
affrettatamente, si è considerata così intrinseca alla pratica
filosofica da non esserne distinguibile
come un ambito di studi specifico. Si tratta, innanzitutto, di contribuire a rimuovere l’identificazione
della filosofia della storia con il
racconto di un «destino» ineluttabile. Questa interpretazione è stata
resa canonica anche attraverso la
preziosa ricostruzione condotta da Karl Lòwith in Significato e fine della storia,1 un libro
che è stato, di fatto, il più autorevole e
pressoché unico manuale di filosofia della storia dalla fine degli anni
quaranta, quando fu scritto, a
oggi. Lòwith ha una tesi tanto
affascinante quanto riduttiva sulla vicenda della filosofia della storia. Definita
essenzialmente come secolarizzazione
dell’escatologia cristiana, essa evidentemente può esistere solo in
certe condizioni culturali: in sostanza,
quelle che si sono date da Gioacchino da Fiore
a Marx. Si tratta di una lunga epoca, che pensa il tempo interamente in
rapporto a un fine che, al suo apparire
finale, svela l’autentico significato di tutto il movimento storico. Prima di quel momento
finale, il cui modello è 1° Apocalisse
cristiana ma che nella modernità si traduce in varie forme di
realizzazione di un programma filosofico
o sociale, le vicende storiche mostrano il loro senso solo a colui che si è elevato al punto di vista
della fine. Quest’ultima è dunque il
criterio di valore grazie al quale si possono giudicare tutti i momenti
della storia. A partire dai movimenti
millenaristi, di cui Gioacchino da Fiore è interprete, quella fine è comunque posta all’interno del
tempo, vuoi come apparire dell’ Alfa e
Omega che apre e chiude la storia, vuoi come luogo di inizio di una nuova epoca, contraddistinta dalla conoscenza,
dalla società senza classi, dalla libertà
pienamente realizzate. Il negativo, l’orrendo e il tragico che affligge
la storia presente è comunque destinato
a sciogliersi in quella sintesi finale, che mentre svela il senso del passato apre un futuro di
armonia e libertà. La potenza di questa
immagine ha tenuto prigioniera più di un’epoca, eppure non è stata senza rivali, nemmeno nello stesso Occidente, il
quale, pur pensandosi forse inconfessata
men te come il luogo di quella realizzazione, ha saputo anche tenere aperte interpretazioni diverse dei corsi
dellastoria. Nell’interpretazione di
Lòwith, l’idea di “senso” della storia diviene sinonimo di ciò che la parola “fine” nomina nella
tradizione ebraico-cristiana. La chiave di
volta è la speranza, la promessa di un avvenire di salvezza o di vita
piena. È questa speranza ad aprire il
futuro, perché esso non sarà la ripetizione del già visto da sempre, come invece può solo essere
in una concezione ciclica. La promessa,
inoltre, non è determinata nei dettagli e apre su un oltre della storia: per questo è possibile progettare un futuro
diverso dal presente. Al tempo stesso,
il compimento della promessa è certo, atteso e desiderato, e questo
anima le coscienze più efficacemente
dell’idea della ripetizione di cicli sempre ritornanti. Questa concezione, dunque, rimanda a una
profondissima responsabilità
individuale, sociale e universale per l’uomo, giacché quella
destinazione non si può compiere,
ricordano queste filosofie della storia, senza la partecipazione attiva degli individui, senza l’impegno
soprattutto di coloro la cui coscienza ha
scorto quella fine all’orizzonte e per questo deve operare per
realizzarla. Simili filosofie della
storia sono dunque vere e proprie concezioni morali del mondo e del tempo, capaci di mobilitare le energie
individuali e di costituire cause ideali
di grandi rivoluzioni attese o annunciate. La previsione dell’avvento
necessario dell’epoca finale è pensato
come compatibile con il riconoscimento della piena libertà umana, ma questa ipotesi di
conciliazione è fonte di tensioni irrisolte sul
piano sia concettuale sia pratico: la necessità di un “destino” mal
sopporta il riconoscimento di
un’autentica libertà personale. Così,
la concezione moderna della storia è tesa fra la ricerca di leggi storiche
e il riconoscimento della responsabilità
dell’uomo, basato sulla tesi irrinunciabile
dell’autonomia del volere. Questa oscillazione è visibile in Tocqueville
(La démocratie en Amérique è del
1835-1840; la democrazia come destino e come
missione), in Spengler (Der Untergang des Abendlandes è del 1918-1923: Zivilisation come tramonto, come fato
naturale e decisione storica), in Toynbee
(A Study of History, 1934-1961: nascita e crollo delle civiltà, attesa
di una nuova chiesa). Il destino è
segnato ma è nelle nostre mani farlo accadere; come Lòwith riassume efficacemente in una domanda: «Lo
storico classico si chiede: come si è
giunti a ciò? Quello moderno si chiede: come andrà a finire?».2 Così la
storia diviene universale: mentre il
movimento che ha condotto alla costituzione di una specifica cultura, di un particolare modo di
vita, si può ricostruire limitandosi a
concentrare i fattori causali in formazioni peculiari, che
contingentemente si sono intrecciati in
un luogo e in un tempo, l’idea di una fine, specialmente di una ‘fine di tutte le cose”, non può che avere un
respiro totalizzante, universale
appunto, perché a esso contribuiscono tutti i fattori storici e
culturali in grado di influenzare la
storia. Si guarderà quindi non alla storia locale ma ai grandi movimenti storici, agli spostamenti di assi
epocali, da Est a Ovest, da Nord a Sud
(come è di moda fare ora), cercando di rintracciare la legge necessaria di questi spostamenti e, quindi, di rendere
possibile una ‘futurologia”, una
previsione scientifica del corso della libertà umana. Ora, i tentativi di ricostruire questi
movimenti e le loro leggi sono apparsi a
buona parte della cultura contemporanea come sostanzialmente
fallimentari. Le utopie del futuro si
sono spesso rivelate come ideologie politiche che, in nome del progresso, della società post-classista,
del trionfo degli spiriti forti, hanno
mobilitato le masse verso strutture politiche e forme del potere che
hanno causato tragedie mondiali lungo
tutto il XX secolo. La consapevolezza del
pericolo che si cela dietro a una filosofia della storia ha così
motivato molta parte della reazione
contemporanea contro questo tipo di prospettive, fino a revocare in dubbio non solo la modernità,
bensì l’intera storia come luogo
dell’accadimento di eventi umani dotati di senso. Uno dei nomi di questa reazione è “postmoderno”, un movimento di
pensiero che, fra molto altro, include
la tesi secondo cui della storia non si deve anzitutto dare un’interpretazione complessiva, che anzi in
tal senso non vi è affatto una “storia”,
bensì una costellazione di eventi frammentaria e casuale: cercare di ordinarla tramite un significato è una forma
di violenza, una contraddizione rispetto
alla libertà che si pretende di veder realizzata proprio in quella
necessità del movimento storico. La
liberazione da questa immagine è uno degli obiettivi che l’arte, la filosofia e la letteratura
postmoderna perseguono come un modo di
riaprire il movimento storico alla creatività, alla possibilità e
all’effettiva eguaglianza. In questo
movimento non ci sono criteri di valore, secondo questa tesi non c’è una direzione e per questo non
vi è un metro di giudizio: la storia è
costituita da accadimenti che ci si rifiuta di valutare se non in
un’ottica pragmatica o meramente
descrittiva. Si può giudicare più o meno bella una data composizione dei fatti, ma nessuna di esse è
né assolutamente reale né definitiva:
ogni rotazione del tempo crea una nuova immagine. Tuttavia, si potrebbe avanzare la tesi
secondo cui il postmoderno non sia in
fondo altro che una patologia del moderno. Proprio il rifiuto di un
senso della storia incluso nel tempo, e
al tempo stesso la rinuncia a un criterio di giudizio sulla storia in nome della liberazione dalle
filosofie ideologiche della storia,
mostrano che l’ideale di libertà tipico della modernità, rinunciare al
quale è per noi impossibile e ingiusto,
è ancora l’anima del tempo presente. Si può piuttosto interpretare la reazione postmoderna più
semplicemente come la fine
dell’idealismo storicista, il quale è in sé un movimento profondamente
anti- moderno: la pretesa di imbrigliare
la storia nel movimento dell’idea o dello
spirito assoluto è in fondo incompatibile tanto con la ricerca
illuminista di un criterio di sviluppo
cognitivo e morale che prevede espressamente la possibilità di progressi e regressi, quanto con la
rivendicazione romantica di parametri di
valore legati al genio, all’apparire improvviso del senso anche nel
mezzo delle crisi più profonde e perfino
con la coscienza cristiana di una dimensione
trascendente del tempo, di un rapporto con l’eterno che non è la fine
della storia bensì la sua dimensione
ortogonale, l’asse su cui si colloca l’attesa dell’avvento ultimo, improvviso e non prevedibile tramite
alcuna dialettica storica. Questa
patologia è stata diagnosticata con chiarezza già da Nietzsche a partire dalla seconda Inattuale, ma con l’errore (che
molti ripetono) di omologare idealismo e
Illuminismo, di considerare l’idea di un progresso morale e sociale sullo stesso piano della postulazione di un
incessante Auffeben, di un movimento
necessario e prevedibile. In realtà, sotto questo profilo fra Kant e Hegel vi è un’assoluta discontinuità.
L’unilateralità idealistica ha poi il suo
contraltare nel positivismo estremo e nell’empirismo radicale e proprio
nel rifiuto, in nome della libertà dal
pregiudizio storicista, di ogni canone di
valutazione degli eventi storici. La delegittimazione diviene così
pratica universale, perché non si è
distinto, a partire dall’idealismo, il portatore dal messaggio, l’agire dal significato che
attraverso di esso gli individui cercano di
realizzare limitatamente alle condizioni in cui si trovano e secondo le
loro capacità. Per uscire da questa impasse occorre
allargare la visuale sulle filosofie della
storia. Contrariamente a quanto pensava Lòwith, pur con la sua grande
capacità di sintesi, avere una filosofia
della storia non comporta affatto leggere tutta la storia in base a un fine che le dia
significato, soprattutto se questo fine è pensato come un punto preciso del corso del tempo
che, giungendo alla fine, ne sveli
l’intero senso. L’idea di un giudizio sugli eventi storici non
richiede necessariamente che si pensi
una “fine” e nemmeno uno “scopo”. Vi sono anzi
state nella storia del pensiero numerose interpretazioni dello svolgersi
del tempo come anzitutto regolato da
proprie leggi, da ritmi ciclici o alternati e dinamiche di continuità e ripetizione che non presuppongono
una fine nel tempo bensì magari solo,
come nel caso del cristianesimo, del tempo. Non si tratta solo della concezione greca del tempo come di un ciclo
incessante e non orientato a un fine
(che qui non è trattata ma che è per altro ben nota), bensì anche di
concezioni cristiane e moderne in cui,
senza rinunciare a porre un criterio di giudizio sulla storia, si è però posto tale criterio non in
un fine bensì in una dimensione per
così dire verticale del tempo, che è coinvolta nel suo movimento
orizzontale come paradigma del valore,
del senso e della possibilità sempre presente di perdere il contatto con essi. Possono essere interpretate in questo senso,
per esempio, la dicotomia fra città di
Dio e dell’uomo in Agostino, il rapporto fra corsi e ricorsi da un lato e Provvidenza dall’altro in Vico, l'ideale
regolativo della pace perpetua in Kant, la
dialettica fra vita e storia in Nietzsche. Oltre alla lettura “lineare”
del progresso bisogna dunque riconoscere
— anche nel cuore della modernità — almeno anche una lettura “ondulatoria”, secondo cui il
rapporto fra tempo e verità non si
dipana lungo una direttiva ascendente ma conosce alti e bassi, vertici e
abissi, il cui canone di riferimento è
il rapporto con l’assoluto, con la pienezza vitale, con la promessa salvifica o con la realizzazione
di una società armonica e pacificata.
Riaprire la molteplicità degli sguardi sulla storia di cui l'Occidente è
stato ed è capace è un’esigenza
imprescindibile per il tempo presente: la capacità di progettare un futuro dipende esattamente, da
un lato, dalla denuncia di concezioni
chiuse della storia e, dall’altro, dalla ricerca di un criterio di valutazione reale, obiettivo sugli eventi
storici, che non rinunci alla volontà di
giudicare del tempo per animare l’azione di valore umano e soprattutto dell’impegno delle libertà personali verso
qualcosa che mostri di meritare la
nostra dedizione. Questo volume
si presenta dunque un utile strumento per l’introduzione alla comprensione filosofica dell’agire storico e
del tema della storicità dell’esistenza.
Scritto pensando anzitutto a chiarire le concezioni della storia che emergono dai principali autori della tradizione
filosofica, il volume non intende però
dare un panorama completo ed esaustivo di tutta la disciplina, troppo
vasta e dispersiva. La selezione dei
temi ha seguito il criterio della rilevanza degli autori trattati, con una chiara
inclinazione verso il moderno e il contemporaneo. Gli autori dei testi sono docenti universitari
noti per la competenza sull’autore
trattato e dottorandi del Corso di dottorato in Filosofia della storia
(l’unico di questo genere in Italia)
istituito congiuntamente dall’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze e dalla Facoltà di Filosofia
dell’Università VitaSalute San Raffaele
di Milano. L’esperienza di collaborazione che ha portato a questo volume si è concentrata soprattutto
nell’attività didattica e per questo ha ricevuto uno speciale contributo dalla discussione con
gli studenti, ai quali molti dei testi
qui raccolti sono stati presentati in una prima stesura. Anche questa
genesi del testo ne spiega la vocazione
e l’ambizione esplicita: quella di essere la porta di accesso a una disciplina che, nell’epoca di
una presunta quanto fallace “fine della
storia”, ha più che mai bisogno di rinascere.
Note 1K. Léwith, Significato e
fine della storia [1949], trad. it. di F. Tedeschi Negri, Einaudi, Torino. Roberto Mordacci. Mordacci. Keywords:
la norma, filosofia dela storia, Vico. Refs.:
Luigi Speranza, “Grice e Mordacci” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Morelli: la ragione
conversazionale, l’implicatura conversazionale e la filosofia del digiuno – filosofia
lombarda -- italiana – Luigi Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: ‘I once
told Austin, I don’t give a hoot what the dictionary says;’ ‘And that’s where
you make your big mistake,’ his crass response was!” -- Grice: “I once told
Ackrill, ‘should there be a manual of philosophy, must we follow it?’ He
replied, “One thing is to know the manual, another is to know how to abide by
it!” Si laurea a Pavia
e l'anno dopo assolve all'obbligo di leva a Trieste dove presta
attenzione alle problematiche relazionali dei militari nello svolgimento delle
proprie mansioni; si è poi specializzato in Psichiatria presso l'Università
degli Studi di Milano. Direttore dell'Istituto Riza, gruppo di ricerca che
pubblica la rivista Riza Psicosomatica ed altre pubblicazioni specializzate,
con lo scopo di "studiare l'uomo come espressione della simultaneità
psicofisica riconducendo a questa concezione l'interpretazione della malattia,
della sua diagnosi e della sua cura". Inoltre è direttore delle riviste
Dimagrire e Salute Naturale. Dall'attività dell'Istituto Riza è sorta
anche la Scuola di Formazione in Psicoterapia ad indirizzo psicosomatico,
riconosciuta ufficialmente dal Ministero dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica. Vicepresidente della Società Italiana di Medicina
Psicosomatica. Partecipa a numerose trasmissioni televisive sia per la RAI sia
per Mediaset (Maurizio Costanzo Show, Tutte le mattine, Matrix, ecc.) e per la
radio. Nelle sue opere ci sono molti riferimenti alle dottrine orientali.
Saggi: “Verso la concezione di un sé psico-somatico. Il corpo è come un grande
sogno della mente (Milano, UNICOPLI, Milano, Cortina); La dimensione
respiratoria. Studio psico-somatico del respiro, inspiro, expiro – spiro -- Milano, Masson Italia, Dove va la medicina
psico-somatica (Milano, Riza); Il sacro.
Antropoanalisi, psico-somatica, comunicazione, Milano, Riza-Endas, Convegno
internazionale Mente-corpo: il momento unificante. Milano, Atti, Milano,
UNICOPLI, Riza, I sogni dell'infinito, Milano, Riza, Autostima. Le regole
pratiche, Milano, a cura dell'Istituto Riza di medicina psicosomatica, Il
talento. Come scoprire e realizzare la tua vera natura, Milano, Riza, Ansia,
Milano, Riza, Insonnia, Milano, Riza, Cefalea, (Milano, Riza); Lo psichiatra e
l'alchimista. Romanzo, Milano, Riza, Le nuove vie dell'autostima. Se piaci a te
stesso ogni miracolo è possibile, Milano, Riza, Conosci davvero tuo figlio?
Sconosciuto in casa. Dal delitto di Novi Ligure al disagio di una generazione,
Milano, Riza, Come essere felici, Milano, Mondadori, Cosa dire e non dire nella
coppia, Milano, Mondadori, Come mantenere il cervello giovane, Milano, Mondadori,
Come affrontare lo stress, Milano, Mondadori, Come amare ed essere amati
(Milano, Mondadori); Come dimagrire senza soffrire (Milano, Mondadori); Come
risvegliare l'eros, Milano, A. Mondadori, Come star bene al lavoro, Milano,
Mondadori, Come essere single e felici, Milano, A. Mondadori, Cosa dire o non dire ai nostri figli, Milano,
A. Mondadori, La rinascita interiore, Milano, Riza, Volersi bene. Tutto ciò che
conta è già dentro di noi (Milano, Riza); L'amore giusto. C'è una persona che
aspetta solo te, Milano, Riza, Vincere i disagi. Puoi farcela da solo perché li
hai creati tu, Milano, Riza); Felici sul lavoro. Come ritrovare il benessere in
ufficio, Milano, Riza, I figli felici. Aiutiamoli a diventare se stessi,
Milano, Riza, La gioia di vivere. Scorre spontaneamente dentro di noi, Milano,
Riza, Essere se stessi. L'unica via per incontrare il benessere, Milano, Riza,
Accendi la passione. È la scintilla che risveglia l'energia vitale, Milano,
Riza, Alle radici della felicità. Editoriali dpubblicati su Riza psicosomatica,
rivista mensile delle Edizioni Riza, Milano, Riza, Ciascuno è perfetto. L'arte
di star bene con se stessi, Milano, Mondadori, Il segreto di vivere. Aforismi,
Milano, Riza, Realizzare se stessi, Milano, Riza, Vincere la solitudine,
Milano, Riza, Dimagrire senza fatica, Milano, Riza, Amare senza soffrire,
Milano, Riza, Guarire con la psiche, Milano, Riza, Superare il tradimento,
Milano, Riza, Dizionario della felicità, 6 voll, Milano, Riza, Non siamo nati
per soffrire, Milano, Mondadori,L'autostima. Le cinque regole. Vivere la vita.
Adesso, Milano, Riza, Conoscersi. L'arte di valorizzare se stessi. Via le
zavorre dalla mente, Milano, Riza, I figli
difficili sono i figli migliori, Milano, Riza, Il matrimonio è in crisi... che
fortuna!, Milano, Riza, Autostima, I consigli di M. per un anno di felicità,
Milano, Riza, Le parole che curano, Milano, Riza, Perché le donne non ne
possono più... degli uomini, Milano, Riza, Le piccole cose che cambiano la
vita, Milano, Mondadori, Come trovare l'armonia in se stessi, Milano,
Mondadori, Ama e non pensare, Milano,
Mondadori, Curare il panico. Gli attacchi vengono per farci esprimere le parti
migliori di noi stessi, con Vittorio Caprioglio, Milano, Riza, Non dipende da
te. Affidati alla vita così realizzi i tuoi desideri, Milano, Mondadori,
L'alchimia. L'arte di trasformare se stessi (Milano, Riza); Il sesso è amore.
Vivere l'eros senza sensi di colpa, Milano, Mondadori, Puoi fidarti di te,
Milano, Mondadori, La felicità è dentro di te, Milano, Mondadori, L'unica cosa
che conta (Milano, Mondadori); La felicità è qui. Domande e risposte sulla
vita, l'amore, l'eternità, con Luciano Falsiroli, Milano, Mondadori, Guarire
senza medicine. La vera cura è dentro di te (Milano, Mondadori); Lezioni di
autostima. Come imparare a stare beni con se stessi e con gli altri (Milano,
Mondadori); Il segreto dell'amore felice, Milano, Mondadori, La saggezza
dell'anima. Quello che ci rende unici (Milano, Mondadori); Pensa magro. Le 6
mosse psicologiche per dimagrire senza dieta (Milano, Mondadori); Vincere il
panico. Le parole per capirlo, i consigli per affrontarlo, cosa fare per guarirlo
(Milano, Mondadori) Nessuna ferita è per sempre. Come superare i dolori del
passato (Milano, Mondadori); Solo la mente può bruciare i grassi. Come attivare
l'energia dimagrante che è dentro di noi (Milano, Mondadori); Breve corso di
felicità. Le antiregole che ti danno la gioia di vivere (Milano, Mondadori); La
vera cura sei tu (Milano, Mondadori); Il meglio deve ancora arrivare. Come
attivare l'energia che ringiovanisce (Milano, Mondadori); Il potere curativo
del digiuno. La pratica che rigenera corpo e mente (Milano, Mondadori). Segui il
tuo destino. Come riconoscere se sei sulla strada giusta (Milano, Mondadori); Il
manuale della felicità. Le dieci regole pratiche che ti miglioreranno la vita
(Milano, Mondadori); Pronto soccorso per le emozioni. Le parole da dirsi nei
momenti difficili (Milano, Mondadori). Movie. Grice: “Should there be a ‘dizionario della felicita,’
I would perhaps follow Austin’s advice and go through it!” –. Raffaele Morelli. Morelli. Keywords: la dimensione
respiratoria, inspirare, respirare, spirare, spirito, il corpo animato spira –
il corpo spira – corpo spirante, corpo animato --. Refs.: Luigi Speranza,
“Grice e Morelli” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Moretti: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale e la segnatura romantica – i
romantici di roma – filosofia lazia -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Grice: “I like Moretti
– he uses a good metaphor, ‘the wounded poet,’ unless we mean Owen, but he was
more than wounded, even if that implicature is cancellable --.” Grice: “I like
Moretti also because he wrote on ‘ermeneutica sensibile,’ which is exactly what
I do.” Grice: “I like Moretti also because he uses ‘segnatura’ etymologically,
when he writes of the ‘la segnatura romantica’ – talk of tokens!” Nasce nel borghese quartiere Trieste, primo di due
fratelli. Ottiene il diploma di maturità classica presso il Liceo Giulio Cesare.
Successivamente consegue una prima laurea in Giurisprudenza, con una tesi in
filosofia del diritto, e, nel una seconda in filosofia, con una tesi in
filosofia morale, entrambe presso l'Roma La Sapienza. È poi borsista presso
l'Friburgo in Brisgovia, dove imposta un progetto di ricerca che, partendo
dall'interpretazione di Heidegger, mira ad un'analisi critica delle categorie
filosofico-estetiche del “romantico” in Germania, con particolare attenzione
alle opere di autori del romanticismo di Heidelberg, quali Creuzer, Görres, i
Fratelli Grimm e Bachofen, che contribuisce a tradurre e a far conoscere in
Italia. Al suo rientro insegna dapprima materie letterarie nelle scuole medie
e, in seguito, filosofia presso la Scuola germanica di Roma. La sua ricerca si amplia poi al pensiero
estetico di Novalis, di cui cura la prima edizione completa in lingua italiana
della Opera filosofica; durante questo periodo consegue il dottorato di ricerca
in Estetica presso l'Bologna. Vince la cattedra di professore associato di
Estetica all'Bari; Professore a Napoli L’Orientale. Redattore di Itinerari e Studi Filosofici,
collabora con varie altre riviste filosofiche (Agalma, Rivista di Estetica,
Studi di Estetica, aut aut, Nuovi Argomenti, Filosofia e Società, Filosofia Oggi,
Estetica) e ha spesso partecipato a trasmissioni RAI su temi filosofici e a
numerosi convegni. Saggi: ”Il romantico:
poesia, mito, storia, arte e natura” (Itinerari, Lanciano); -- roma – romantico
-- “Anima e immagine: sul poetico” (Aesthetica, Palermo); “Nichilismo e romanticismo
-- estetica e filosofia della storia” (Cadmo, Roma); La segnatura romantica
(Roma, Hestia); “Interpretazione del romanticismo” (Ianua, Roma); “Estetica: analogia
e principio poetico nella profezia romantica” -- Rosenberg et Sellier, Torino);
“La segnatura romantica -- filosofia e sentimento” (Hestia, Cernusco L.); “Il
genio” (Mulino, Bologna); “Il poeta ferito.” Hölderlin, Heidegger e la storia
dell'essere” (Mandragora, Imola); “Anima e immagine.” Studi su Klages, Mimesis, Milano, Heidelberg
romantica. Romanticismo e nichilismo” Guida, Napoli, Introduzione all'estetica
del Romanticismo, Nuova Cultura, Roma,
Il genio, Morcelliana, Brescia. Per immagini. Esercizi di ermeneutica
sensibile” (Moretti et Vitali, Bergamo); Heidelberg romantica. Romanticismo
tedesco e nichilismo europeo, Morcelliana, Brescia, Novalis. Pensiero, poesia,
romanzo Morcelliana, Brescia, Romano Guardini, Hölderlin, Morcelliana, Brescia.
Novalis, Scritti filosofici, Morcelliana, Brescia. J. J. Bachofen, Il
matriarcato (Marinotti, Milano); Novalis, Opera filosofica, I, Einaudi, Torino, Un video con una trasmissione
RAI. Un video con un intervento di Moretti. Giampiero Moretti. Moretti.
Keywords: roma, romanzo, romanzare, romanzato – non vero. Romanticismo
filosofico, I filosofi romantici italiani Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Moretti: il
romanticismo romano” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Mori: la ragione
conversazionale e l’implicatura conversazionale e la coerenza
dell’intransigenza – la ripproduzione sessuata fra i antici romani – la scuola
di Cremona -- filosofia lombarda -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Cremona).
Filosofo lombardo. Filosofo italiano. Cremona, Lombardia. Grice: “I like
Mori; he wrote a treatise on Stephen, better known as Virginia Woolf’s father;
which reminded me of Bergmann who once called me an English futilitarian!” --
Professore a Torino e presidente della Consulta di Bioetica Onlus,
un'associazione di volontariato culturale per la promozione della bioetica
laica. L’etica e la bioetica con le varie problematiche connesse sono le
tematiche al centro dei suoi interessi filosofici e teorici. Mori ha studiato all’Università degli Studi
di Milano, dove ha conseguito la laurea (con Bonomi e Pizzi) e il dottorato
sotto Scarpelli e Jori. Insegnato ad Alessandria e Pisa, prima di essere
chiamato a Torino. Studia i temi della meta-etica e della logica dell’etica con
le problematiche della teoria etica. Tra i primi a occuparsi di bioetica, nella
quale ha dato contributi in tutti i principali settori, con particolare
attenzione all’aborto e alla fecondazione assistita. Sollecitato dai casi Welby
e Englaro ha dato contributi anche sul fine-vita a difesa dell’autonomia
individuale. Per primo teorizza la contrapposizione paradigmatica tra bioetica
laica e bioetica cattolica, derivante dal fatto che quest’ultima propone
un’etica della sacralità della vita caratterizzata da divieti assoluti, mentre
l’altra avanza un’etica della qualità della vita senza assoluti e soli divieti
prima facie. Presta grande attenzione al problema della liberazione animale.
Fonda Bioetica. Rivista interdisciplinare (Ananke Lab, Torino). Membro di
numerosi comitati, tra cui il comitato scientifico di Notizie di Politeia, di
Iride del Journal of Medicine and Philosophy e altre. Saggi: “Manuale di
bioetica: verso una civiltà bio-medica secolarizzata” (Lettere, Firenze); “Introduzione
alla bioetica. temi per capire e discutere” (Piazza, Torino); Il caso Eluana
Englaro. La “Porta Pia” del vitalismo ippocratico ovvero perché è moralmente
giusto sospendere ogni intervento, Pendragon, Bologna, Aborto e morale. Per
capire un nuovo diritto” (Einaudi, Torino); “La fecondazione artificiale. Una
forma di riproduzione umana” (Laterza, Roma-Bari); “La fecondazione
artificiale: questioni morali nell'esperienza giuridica Giuffrè, Milano); “Utilitarismo
e morale razionale. Per una teoria etica obiettivista, Giuffrè, Milano, La
legge sulla procreazione medicalmente assistita. Paradigmi a confronto, Net,
Milano, Laici e cattolici in bioetica: storia e teoria di un confronto, Le
Lettere, Firenze, La fecondazione assistita dopo 10 anni di legge 40. Meglio
ricominciare da capo!, Ananke editore, Torino, Questa è la scienza, bellezze!
La fecondazione assistita come novo modo di costruire le famiglie, Ananke Lab,
Torino. Mori ha rappresentato, nella nostra infernale esperienza di
famiglia, un riferimento grazie al quale trovare un senso agli eventi che si
succedevano, i qua-Ii, ai nostri occhi, un senso proprio non lo
possedevano. Ho avuto in lui un osservatore attento, un interlocutore
profondo, un contestatore intelligente. Come direttore di «Bioetica.
Rivista interdisciplina-re» è stato il primo a dare rilievo pubblico alla
vicenda di mia figlia, e ha sollecitato in vari modi la riflessione sul caso
Eluana. Gli sono inoltre debitore di numerose conversazioni chiarificatrici, di
lezioni private concesse in esclusiva, e lo considero il filosofo che meglio di
ogni altro è stato in grado di tenere testa ai miei, notoriamente poco
accomodanti, modi e argomenti. Auspico che questa lettura possa sortire
lo stesso effetto in tutti coloro i quali insieme a lui si apprestano, ora, a
partire per questo viaggio nel ragionamento etico. Nel panorama bioetico
italiano la sua posizione non mi pare sia assimilabile ad alcuna predefinita
corrente di pensiero, anche perché i suoi maestri e amici hanno manifestato
originalità e indipendenza. Credo che il libro vada considerato e letto per le
argomentazioni che adduce senza schemi precostituiti. Può darsi che in
alcuni passaggi sia un libro scomo-do. Di questo non c'è da stupirsi, ma da
prenderne atto. Scomodo, dunque. Come mia figlia. Come me. Una scomodità
che suscita dibattito e stimola la riflessione. Invece di gridare allo
scandalo, si deve cogliere l'impegno a riflettere, sempre e senza compromessi.
Così è stato nello sforzo compiuto, alla ricerca di una modalità per
farrispettare la legittima volontà espressa da mia figlia. La riflessione seria
comporta anche scontri, ardenti e auten-tici, che restano per sempre vivi nella
memoria. Essere grandi amici non implica certo un accordo incondizionato di
vedute. La franchezza delle nostre collisioni dialettiche mi rimane,
indimenticabile, nel cuore. La condivisione dei valori di fondo, comunque,
rafforza la sintonia e la stima reciproca. Questo libro propone una
riflessione filosofica di ampio respiro sui problemi sollevati dal caso Eluana.
Ma oltre a questo contiene la storia di Eluana ripercorsa nelle sue principali
tappe, una cronaca precisa degli eventi noti e meno noti che si sono verificati
in questi ultimi mesi di continuo travaglio e logorio. Al trionfo dello stato
di diritto, rappresentato dai pronunciamenti della Corte di Cassazione prima e
della Corte d'Appello dopo, è succeduto un orrore. Non mi è nota, al momento,
altra fonte in cui la narrazione dei fatti, la ripresa del dibatti-to, la
ricostruzione degli avvenimenti si sia così fedelmente attenuta ai nostri
effettivi trascorsi. Il lettore rimarrà certamente colpito dalla presentazione
lineare e puntuale degli eventi, e forse, in qualche caso, ne resterà anche
perplesso. In questo testo è inoltre dimostrata la possibilità di
difendere gli stessi valori, di reclamare gli stessi diritti, a partire da
percorsi differenti: quello che la mia famiglia ha sempre sentito come un
insopprimibile bisogno, connaturato e viscerale, di poter decidere riguardo se
stessi - tanto più quando in gioco è la fine della propria vita -,
Maurizio Mori lo dimostra come il risultato di una esigente, legittima e
rigorosa riflessione etica. Vi sono argomentazioni morali che sono sostenute da
così poderose ragioni da apparire dotate di evidenza. Egli ci costringe al
ragionamento leale sui nostri sentimenti e pregiudizi più profondi. E lui
più degli altri ha compreso che non mi può cambiare nessuno.Come i magistrati
hanno capito questo di Eluana. Oltre ai giudici che hanno avuto il
coraggio di andare fino in fondo, in favore di una delle nostre libertà
fonda-mentali, Eluana avrebbe ringraziato anche lui, Maurizio: per la
riflessione filosofica compiuta, per il tempo speso, per il mutuo soccorso, per
le andate e i ritorni in mille iniziative, per avere lanciato il sasso ed aver
mostrato la mano. In attesa di sapere quale direzione prenderanno gli
eventi, mi fa piacere vedere che la vicenda di Eluana e della nostra famiglia
sia stata presentata in un testo così autorevole e umanamente ricco. Maurizio Mori.
Mori. Keywords: la coerenza dell’intransigenza.
Luigi Speranza -- Grice e Moriggi: la ragione
conversazionale e la stretta di mano – Ercole e Cerbero – le tre implicature conversazionali
– la scuola di Milano -- filosofia lombarda -- filosofia italiana – Luigi
Speranza (Milano). Filosofo italiano. Milano, Lombardia. Grice: “I like
it when Moriggi does substantial metaphysics; he has edited a collection on
‘why is there something rather than nothing?” – hardly rhetoric – and the
subtitle is fascinating: the vacuum, the zero, and nothingness! All in Italian, to offend Heidegger!” Specializza in
teoria e modelli della razionalità, fondamenti della probabilità e di
pragmatism. Insegna a Brescia, Parma, Milano e presso la European School of Molecular
Medicine è conosciuto al grande pubblico attraverso la trasmissione TV E se
domani di Rai 3 e per alcuni interventi ad altre trasmissioni. Saggi: “Le tre
bocche di Cerbero” (Bompiani. Perché esiste qualcosa anziché nulla? Vuoto,
Nulla, Zero, con P.Giaretta e G.Federspil (Itaca) Perché la tecnologia ci rende
umani (Sironi) Connessi. Beati quelli
che sapranno pensare con le macchine (San Paolo) School Rocks! La scuola
spacca, con A. Incorvaia (San Paolo, ), con prefazione rap di Frankie Hi-nrg.
Stefano Moriggi. Moriggi. Keywords: le tre bocche di Cerbero. Refs.: Luigi
Speranza, “Grice e Moriggi” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza --
Grice e Morselli: la sistematicita della filosofia – la scuola di Vigevano -- filosofia
lombarda – filosofia italiana -- Luigi Speranza (Vigevano). Filosofo italiano. Vigevano, Pavia, Lombardia. Grice:
“What I like about Morselli is that his is mainstream (Lombardia) and that he
approached philosophy systematically. Only Morselli could conceive of a
‘dictionary’ – and he also wrote a ‘storia della filosofia’!” – afasia. Osn!:d P*%r OdMi WHMJOTECA CAPWvj|a£. dico) = Il silenzio) (fllos.): per gli
Scettici antichi l'afasia. Il tacere è 11 risultato della sospensione di
qualsiasi giudizio o affermazione circa la vera natura dello cose. L’uomo
conosce soltanto ciò che appare, và 9aiv6jj.Eva, la pura apparenza: se si vuolo
oltrepassarla, ci si trova di fronte a ragioni contrarlo e d'uguale forza;
perciò il saggio, se vuol conservare l’impassibilità e l’equilibrio dell’anima
(derapala), non afferma nuLa, neppure l’impossibilità della scienza. (psicol.):
l’afasia ò la perdita totale o parziale dello funzioni del linguaggio.
Affettivo (lat. a/Hccrc. p. 0. dolore, laeiiiìa addolorare, rallegrare)
(psicol.): si dico delle modificazioni e dei modi di essere dei soggetto, dei
processi essenzialmente soggettivi, come il niacore, il dolore, le emozioni, 1
sentimenti, lo passioni, io inclinazioni, che formano una dello tre grandi
attività in cui si distribuisce solitamente, per comodità d’analisi, la vita
psicologica, cioè l’intelligenza, il sentimento, la volontà. Affezione (affectio)
(psicol.): in generale designa una disposizione, uno 0 stato, un mutamento
dovuti a causo esterne o Interne, sempre con un carattere di passività. In
senso più particolare esprime il piacere, il doloro e lo emozioni elementari. A
fortlorl (logica): ò la forma di prova che, dimostrando vera una proposizione,
afferma che un’altra proposizione, di quella più 1 meno estesa, più o mono
generalo, ò vera con più forte ragione; p. es.: se il santo pecca, a /ortiori
pecca la comune umanità; so ò immorale la menzogna, tanto più è Immorale la calunnia,
clic è una menzogna diretta consapevolmente a recar danno. Agatologia (gr. rò
àyaflóv = 11 bene, e Xóyo; = discorso : scienza del bene) tfilos.): termine
usato dal Rosmini per indicare la dottrina del bene, che viene considerato come
il principio primo della filosofia ; tale esso è nel sistema platonico, in cui
l’idea del Bene è l’idea più alta, dalla quale tutto lo altre idee ricevono
luce e alimento. Agnosticismo (gr. éc-yvcooto; = non conoscibile) (fllos.): ò
un termine creato dal naturalista Inglese Tommaso Huxley; si applica a quelle
dottrine che, corno l’cvolnzionismo di Spencer, ammettono bensì al di là dei
fenomeni e delle loro leggi un ordine superiore di realtà, ma lo dichiarano
inconoscibile per la mento umana, considerando cosi insolubili i problemi
metafisici, 0 relativo il sapere umano. Agorafobìa Anagogia Agorafobia: vedi
fobìa. Agostlnismo (fllos.): designa Io spirito della dottrina di S. Agostino o
l’ispirazione mistica comune allo filosofie di S. Anselmo, S. Bonaventura,
Pascal, Malebranche e, in misura inferiore, ad altri sistemi. 11 presupposto
fondamentale ò l'atto di adesione alTordine soprannaturale, a Pio che libera la
volontà dal senso mediante la grazia e la mente dallo scetticismo mediante la
rivelazione; Pio. che è verità© amore, costituisco il centro della dottrina,
della quale sono principii essenziali il primato della volontà, la debolezza
peooumiuo.su dcH’iiomo, la metafisica delTespcrlenza interiore e della
conversione, la prescienza divina o la predestinazione, cec. Agrafia (gr. a
priv. o YPtt?» scrivo) ( psicol.): è quella forma particolare di perdita della
memoria, che colpisce, sopprimendoli, i movimenti necessari! alio scrivere.
Allucinazione ilat. alucinaiio, da alueinor = agisco vanamente, sogno)
(psicol.): consiste nel percepii*© come presenti esseri, oggetti, fonomeni che
in realtà non sono presenti. Si osserva nel delirio, nella febbre alta, ma
anche in stuti apparentemente normali. Alogico (gr. a priv. o XÓyo$) {topica):
si dice di ciò che é estraneo, indifferente alla logicu, di ciò clic aucora si
sottrae olle leggi della logica, come è di sentimenti, passioni, fatti
accidentali, cec. Non ò da confondersi con illogico, che si applica a ciò che ò
contrario alle leggi logiche. Alterità (gr. éTepórv)^; opposto: identità)
(logica): ò il carattere di ciò che ò altro, cioè differente o distinto. Nel Sofista
di Platone l'altro, conio categoria, è diverso dall’essere; e così vicn
ristabilita, contro Parmenide, resistenza del non essere. Nicola ( Tjìano
all’unità divina fa corrispondere Taltcrità (e cioè la. varia molteplicità)
delle cose del mondo. Altruismo (opposto: egoismo) (morale): comprendo le
tendenze o 1 sentimenti che hanno per oggetto il bene o l’interesso dei nostri
simili. La dottrina di G. Bentham o di G. Stuart Hill vuole spiegare, con
l’associazione delle idee, il passaggio, nella vita sociale, dal sentimenti
egoistici a quelli altruistici, dalla considerazione dell’utile proprio a
quella dell'utile altrui, che ò poi il fine più alto della morale, secondo
Tuffi»tarismo. Amnesìa (gr. a priv. c {iva, tema di {UfJLvy) croco = ricordo)
(psicol.): è la perdita totale o parzialo della memoria, che ora annulla o
riduce la capacità di fissare i ricordi, ora sopprimo la facoltà di
richiamarli, ora cancella tutto il passato o una data classe di ricordi (p. e.
una lingua straniera, le nozioni di musica, eco.). Amorale = ò ciò che non è né
morale né immorale, ciò elio non ha rapporto con la morale, ò indifferente di
fronte alla distinzione di bene o di mule. Amore (in generale): comprendo lo
tendenze elio portano verso un oggetto o una persona, quando non mirano esclusivamente
alla soddisfazione d’un bisogno materiale o d’uu fino egoistico. (filos.) :
Empedocle vuol spiegare il divenire con Tumore (q>tXiÓT7)£), grazie al qualo
il molteplice tende n costituirsi in unità, mentre la discordia (vetxoc)
scioglie l'unità per dar luogo alla pluralità degli clementi o delle cose. per
Platone l'amore è un'os pi raziono al mondo divino delle Idee, cui l’anima,
tratta dui desiderio della bellezza, ascende, per gradi, da un corpo bello a
due, da due a tutti, c da tutti i corpi belli alle belle istituzioni, alle
belle scienze, finché perviene alla stessa idea del bello (Conrito); l'amore è
pertanto la forza che determina il passaggio da una conoscenza più povera a una
conoscenza più ricca. con S. Agostino l’umore non ò più un movimento dal basso
verso l’alto, dal mondo reale verso il mondo Ideale e divino, ma un movimento
che dall’alto scende verso gli esseri inferiori per elevarli a sé; è puro, non
mescolato con interessi, timori o speranze, è la perfetta carila, umore del
prossimo in Pio, è un amore che viene da Pio o porta verso Pio. per Spinoza
dalla conoscenza intuitiva, per cui la mente umana abbraccia tutta la
molteplicità delle cose come uno sviluppo della sostanza infinita e divina,
sorge un infinito amore di Dio (amor inUUcctualis dei) e la beatitudine
perfetta corno effetto della conoscenza più adeguata, in cui lo spirito coglie
Pio stesso e ne gioisco; però « chi ama veramente Pio non pretenderà elio Pio
ricambi il suo umore . Anagogìa (gr. àvaYCoyq = elevazione) (rclig.): ò detto
anagogico II significato più profondo e simbolico dello Sacre Scritture, quello
iu cui sono adombrato le cose del mondo divino, Analisi 10 Anamnesi (/iloti. ) : è adoperato da Leibniz
tome sinonimo di induzione. Analisi (dal greco ava aG eo = «dolgo, separo;
opposto: sintesi) (in generale ): è un procedi mento del pensiero eh© consiste
nei risolvere un composto negli clemeuti che lo costituiscono. (/ ilos.): si
procedo per analisi quando, per còglierò la realtà ultima delle cose, si vuol
giungere agli elementi piti semplici che la compongono; p. oh.: - a)
Vatomistica di Democrito, che scioglie i corpi in atomi indivisibili; è)
Vcmpirismo, eh© tende a scoprii© gli elementi più semplici della coscienza, gli
atomi psichici (cioè sensazioni, sentimenti, volizioni), costruendo o ricostruendo
con questi lo operazioni più ulte della mente: la memoria, la fantasia, il
ragionamento, eoe. (Locke, Uuare, Taixjb); d) la dottrina di Kant, che, per
chiarire l’attività conoscitiva, la scioglie nel suoi elementi (forma e
materia) e nei suoi fattori ( sensibilità, intelletto, ragione). -(psicol.): la
mente analitica considera e rileva nelle cose i loro elementi ; la mente
sintetica le vede nel loro insieme. Biagio Pascal denomina lo spirito analitico
esprit de géomitric, che ò penetrante, scorge i particolari, ricerca
l'esattezza nell’osservazione dei fatti, segue uu principio fin nello sue
ultime conseguenze; mentre lo spirito sintetico, detto da lui esprit de finesse,
ama, più che il rigore del ragionamento astratto, la visione unitaria e complessiva
delle cose, l’intuizione dei rapporti che le uniscono. la filosofia dell’i
nfuizione considera l’analisi un procedimento che si arresta all'osservazione
esteriore, si lascia sfuggire la vita interiore o l’essenza dello cose e
considera un tutto vivente come un meccanismo da smontare pezzo per pezzo. «Chi
vuol conoscere c descrivere un essere vivente, ne trae prima fuori lo spirito;
allora ha in sua mano le parti, ma, ahimè l non c’è più la vita che unifica •
(Goetite, Faust). Analitica trascendentale (filos.)Kant designa con questo
termine quella sezione della ('ritira della fingi(m para, clic espone la
dottrina dello categorie, cioè delle forme a priori deWiutrillilo, intendendo
per intelletto la fa colta di pensare o ridurre a scienza gli oggetti
dell'Intuizione, ossia i fenomeni, collegandoli o ordinandoli, appunto mediante
le categorie. Analitici (filos.): Aristotele chiamò analitici i libri nei quali
studia le leggi formali del pensiero o *rà àvaXuTtxà il complesso delle sue
ricerche logiche fondamentali. Kant denomina analitico il giudizio in cui il
predicato è contenuto implicitamente nel soggetto e si rendo esplicito con
ranalisi del soggetto; è a priori e non aggiungo alcuna conoscenza nuova; p.
cr. i corpi sono estesi » (V. sin* t etico). Analogia (gr. àva-Xoytx rapporto,
proporzione) ( logica ì: come proprietà delle cose indica una somiglianza di
rapporti fra oggetti differenti; p. ee. sono analoghi gli organi che, pur non
avendo la stessa forma o appartenendo a due classi di esseri distinti, compiono
però le stesse funzioni: cosi per Platone l’anima razionale (vou^) nell'uomo c
la classe dei * filosofi " nello Stato sono analoghe. per S. Tommaso e pel
Ncotomismo gli attributi applicati a Dio (come po tenza, bontà, sapienza ecc.)
debbono essere intesi in significato analogico, cioè non sono applicabili nello
stesso senso e misura all’uomo e a Dio, come, per es. t l’aggettivo ridente non
ha lo stesso significato se riferito a un viso umano e ad un paesaggio. come
procedimento di ricerca runalogia è un ragionamento che da una somiglianza fra
due cose in alcuni punti deduce una somiglianza su altri punti; p. e. : « se la
Temi e Marte hanno comuni le note a, b, c, si può inferire che anche la nota d,
la vita, si trova in Marte . 11 procedimento analogico non dà certezza, ma solo
probabilità. Anamnesi (gr. àvàjxvyjoriq =reminlscenza, ricordo alquanto vago)
(filos.): per Platone il vero sapore (èTriOTi^fjLV)* cioè la scienza delle
idee) è ricordare, c reminiscenza, c Ignorare è aver dimenticato. L’anima,
prima di nascere, è vissuta nello spazio sopracoleste (TÓ7TO£ ur:spoupàvio£)
contemplando la realtà vera, lo idee, la giustizia, la saggezza, la scienza;
cadendo poi in un corpo sulla terra, l’anima dimentic a ciò che ha veduto; ma
alla presenza delle cose sensibili, copie imperfette e sbiadite delle idee,
degli esemplari sopmeelesti (rrapa$siy(AaTa), questi ritornano davanti alla
niente in modo più o meno confuso. [X7}Ttx4v); e. intenneillnrin fra i dm'.
l’appetito irascibile (tò Per Mostotele
l'aninm è la /ormo del corpo, al uuaic dà la Illuni, il movimento, l’armonia, e
sta ad esso come la visione, oyte. all'occhio ; è vegetativa nelle piante, in
più è tensilira midi animali razionale nell 'uomo, vii Khituiìi, seguendo
l’atomismo democriteo, pensano l’anima materialisticamente formata d’atomi e
mortale, mentre gii Stoici. ispirandosi ad Eraclito, la credono un fuoco
sottile, un sodio x{a): termine ndoperato da Leibniz per designare «dò cho fa
sì che un corpo è impenetrabile a un altro » ( aUribulum per quod vialeria est
in spatio). Antropocentrismo {/ilos.): ò la concezione antropomorfica cho pone
l’uomo come il centro o lo scopo di tutta la realtà, corno se Lordine
universale delle cose fosse creato o disposto per l’uomo o le sue esigenze, ft
por lo più Antropologia 13 A posteriori legata al geocentrismo (yyj = terra),
cioè alla teoria, comunemente detta tolemaica, cho poneva la terra nel centro
dell’universo, e die cadde per opera di Copernico, di Galileo e di Giordano
Bruno. Antropologia (gr. £v9porito? »= uomo, o Xóyog = discorso) Un generale);
è la scienza che tratta della storia naturale dell’uomo, ricercandone le
origini e descrivendone le diverso rozze. -( filos,.): Kant distingue un
'antropologia teorica, che cuna psicologia empirica o tratta delle facoltà
umane; un'nn* tropologia pragmatica, eh© studia l’uomo per aumentarne e
perfezionarne l’abilità; uu’antropologia morale, che ha per line la saggezza
della vita in modo conformo ai prindpii della Metafisica dei costumi e della
morale. Antropomorfismo (gr. àv9pco-oc = uomo o (j.op(py;= forma, liguri»)
(psicol.): è la tendenza spontanea dell’uomo a rappresentarsi le cose, gli
esseri, Dio stesso sul modello delia propria natura ; p. e. attribuire alia
divinità forma corporea e passioni umane. Skxojane, fondatore dolla scuola
identica, è uno del primi elio condannano l’antropomorfi•smo religioso. Apatia
(gr. àrriOcia. da a prlv. o 77x9-, tema di TTarryco = io soffro) (in generute):
s’intendo una specie d’insensibilità, d’indolenza, che si rileva dalla lentezza
delle reazioni, sia psicologiche, sia morali. (filos.): per gli Stoici l’apatia
è lo stato in cui viene a trovarsi l’uomo quando vive operando in modo conformo
alla ragione, ossia quando non si lascia turbare dagli affetti Irragionevoli,
dalle passioni, dai beni eslcriorl, e diviene uuo spirito sereno, eguale, imperturbabile.
Apodittico (gr. i-oSeiy.Tiy.óc, da SEty.vupu = mostro, provo) (logica) : si
dico di ciò che si afferma incondizionatamente come necessario, certo, inconfutabile,
sla per una dimostrazione deduttiva, sia per la sua intrinseca evidenza.
Apologetica (gr. àrroXoyÉo|iai = mi difendo) (retto.): l’apologetica cristiana
comprendo l’arto dialettica e gli scritti aventi por line la difesa della
religione cristiana eoutro gli attacchi della (ilo80 lia antica, dei potere
politico e delia religione pagana,, e miranti a ottenere per i Cristiani la
tolleranza delle leggi, nonc hé a dimostrare che la vera religione è la
cristiana. Apologeti sono: Tertulliano, Giustino, Minucio Felice, Ireneo, eoo.
(II e III soc. d. Cr.). Aporèma (gr. x-ópy)|zx, da àrtopéto = sono In dubbio)
(logica): è un sillogisnio dubitativo, che vuol dimostrare Pugnai valore di due
ragionamenti opposti. Aporia (gr. à Tropea = imbarazzo, situazione senza
uscita) (logica): è il dubbio logico proveniente da difficoltà insolubili. Sono
famose le aporie di Zenone D’Elea, che mirano a ridurre all'assurdo le tesi
contrarie all’idea deli’Dno immobile di Parmenide e affermanti l’esistenza
reale della pluralità e del movimento. I filosofi scenici sono detti anche
aporetici, per lo stato di dubbio in cui alla fine vengono a trovarsi dopo aver
ricercato la verità, e per cui sospendono ogni giudizio (èizoyjr) o asseti tUrnie
rclcntio, come ilice Cicerone). A posteriori (opposto: a priori) (filos.): le
due espressioni « a priori e • a posteriori
», assai importanti nel linguaggio filosofico, derivano tini procedimento arlstotclieo,
per il quale il concetto, l'i/n iversale, i> designato corno logicamente
anteriore, il particolare come posteriore : ' non è lo stesso ciò che ò primo
per natura ( 7 tpÓTSpov Ty (juierst) e ciò che è primo per noi (7tpè; fyjtà;
TCpórepov); è primo per natura l’universale, il concetto; è primo per noi, o
per opera del senso, il particolare, il singolo ». Questi termiul diventano comuni nella
Scolastica : per Alberto Magno ( sec. XIII) provare ex priori bus significa
dimostrare partendo dui principi!, dalle cause; provare ex posterioribus
significa dimostrare partendo dalle conseguenze, dagli effetti; per S. Tommaso
non si può dimostrare a priori l’esistenza di ilio, perché questi è causa
prima: occorre partire dagli ottetti (p. e., il movimento) o di qui risalire
alla causa prima. -Nei tempi moderni, quando l'indagine filosofica si sposta, e
dalla ricerca delle cause dell'» essere » si trascorre a indagare le cause o le
fonti dei « conoscere -, si ha un notevole cambiamento : a priori è ciò che è
dovuto alio sviluppo spontaneo della ragione, ciò che questa trae da sé, dalla
sua interiorità, in maniera, Indipendente dall’esperienza, o quindi lia, por
Kant, i caratteri dell'unfversalità e delia necessità: a posteriori è ia
conoscenza che proviene dall'osperienzu o ha il suo fondamento mdl'osperienza o
manca perciò di quei caratteri, Perché è ristretta ai casi effettivamente
sporlmentati. Appercezione Arianesimo _ Nella teoria dell'evoluzione (Spencer)
6 « priori per l'Individuo ciò che si trova In lui come un prodotto dell'esilerienza
della aporie, trasmesso per ereditò, e che per la. spedo, quindi, è a
posteriori ; « posteriori per l’Individuo è ciò che egli acquista con la sua
esperienza: si tratta dunque (l'un’anteriorlrìv cronologica o psicologica, non
logica o razionale. In realtii per l'evoluzionismo, che è una forma di
empirismo, la conoscenza è interamente a posteriori. perché tutta,
originariamente, deriva dall'esperienza. Appercezione (in generale): b il prender
possesso d'un’idea eon un lavoro attivo della mente che la rende piu chiara e
meglio definita. -(/«os.) per Leibniz è la conoscenza chiara odistinta, clic
differisce di grado dalla percezione oscura e confusa; è rrprarsr n/al io multi
liuti tris in imitate. Ka.N 1 distingue Vnpitercezionc empirica ila quella
trasreintentate: la prima è in sé dispersa, senza legame col «oggetto, di guisa
clic I fenomeni psichici percepiti non sono vissuti come facenti parte
d’nn’unità superiore, d'un io. ma rimangono isolati e disgregati a guisa di
atomi: la seconda è l'atto di riferire una rappresentazione, una conoscenza
alla coscienza pura, originaria, superiore al senso e da questo distinta, cioè
aìVitmtUa. cho accompagna c stringe i-ln un tutto, in una sintesi, le varie rappresentazioni,
ed è in ogni coscienza una e identica, non derivata da altro; p. e. il senso
percepisce due fenomeni « c b isolati, senza collegamento: Vinlelletta quando
dice: •Alt raggi solari) è causa (j.aT0S = incorporeo, da a prlv. c eròica,
corpo) (fibui.): secondo gli Stoici sono asomatlci il vuoto, il tempo c gli
oggetti del pensiero. Assenso (il lat. assensvs traduce 11 termino stoico
auv-xaTaftsaic il norie, raffermare) (logica): in generale ò l’atto col quale
l’intelletto accoglie o fi) sua un’idea o uu’affeminzlono altrui. per gli
Stoici si dà l’assenso a una rappresentazione, la si accoglie come vera, quando
questa, quasi impressa, suggellata in noi da un oggetto, s’impone allo spirito
por la sua forza, la chiarezza, l'evidenza,Ci tira per i capelli, come essi
dicevano. Assertorio (giudizio) (logica): b quello elio esprime la realtà,
l’esistenza, con la copula: «è, «non è ", senza Implicare la necessità,
essendo possibile il contrario. Assioma (gr. àjicojxa = dignità, postulato; da
&£toc degno; hit. munfiatimi) (logica): è in generale in affermazione, un
principio considerate come vero per la sua evidenza e accolto come vero senza
bisogno di dimostrazione. -i matematici greci l'applicarono pei primi alle
proposizioni evidenti: p. e.; tra due punti la linea più breve è la retta. con
AniITOTELE si è esteso ni principjt logici: al ] trincipio di identità, di
contraddizione, ccc. Spinoza denomina assiojni alcuni principi! fondamentali
della sua Etica « more geometrico i/cmonstratu », Associazione delle idee 16 Astrazione Associazione delle idee ( psicol.
): designa la tendenza comune ai processi psichici a collegarsi fra loro, in
modo r-lie, quando uno di essi risorge nella coscienza, tende a richiamare
altri stati psichici, o per coni ignita, cioè per essere entrati
contemporaneamente nella coscienza, ^ per ragioni di somigliansa, o anche per
ragioni di contrasto. Si può ricondurre a due leggi generali : a) la legge Cinica razione, per cui un
processo psichico tende a ricostituire il complesso mentale di cui ha fatto
parte ; b) la legge dell* interesse, per
la quale fra gli stati psichici richiamati si opera una selezione dovuta
all’interesse attuale clic offrono pel soggetto. L'associazione delle idee è
descritta per la prima volta da Platone noi Fedone (cap. 18 ), per spiegare
l’idea del1 ’ anamnesi . I). Humk sviluppa e determina la teoria
dell’associazione e la pone a fondamento della vita psicologica.
Associazionismo ( filos è la dottrina sostenuta dagli inglesi H ARTLKY, Hv; me,
Stuart Mill, Bàin, ecc., secondo la quale l’associazlono delle idee ò la leggo
fondamentale della vita dello spirito e del suo sviluppo. È collegata a una
concezione atomistica della vita spirituale, per cui un numero determinato di
elementi psichici, analoghi agli atomi della chimica (cioè sensazioni,
sentimelili, immagini), associandosi, danno origine alle funzioni superiori
(memoria, intelligenza, fantasia, ragione) © le spiegano. Assoluto (dal lat.
absolvcrc = separare, perfezionare ; quindi assoluto = ciò che è indipendente e
perfetto ; opposto : relativo) (/ ilo 8 .): esprime l’essere cho è sciolto da
ogni limite, relazione o condizione, indipendente da ogni altro essere o cosa,
e a un tempo perfetto ; quindi l’easere che esiste in só e per sé. l’assoluto
può essere inteso come il fondamento primo di tutte le cose, che per il
materialismo è la materia, per lo spiritualismo lo spirito pensato come
sostanza, per l’idealismo il pensiero nel suo più ampio significato, ecc. Newton
pone a fondamento della sua meccanica il tempo assoluto e lo spazio assoluto,
che cioè hanno esistenza in sé, mentre ]>er Kant tempo e spazio sono
attività della nostra sensibilità, c, quindi, dipendenti da questa, ad essa
relative (v. spazio e tempo). Assurdo (Ionica): si dice d’un’hlea o d’un
giudizio che viola le leggi fondamentali del pensiero, perché contiene elementi
incompatibili fra loro o contraddittori. la dimostratone per assurdo (o riduzione
all’assurdo, deducilo ad absurdum) è quella che vuol dimostrare o confutare una
determinata tesi, esponendo la falsità evidente e la contraddittorietà delle
conseguenze che no derivano. Astratto (dal lat. abs-trahcrc = trarre fuori;
opposto; concreto) (psicol.): si dice della parte n dell'elemento che venga
tratto fuori (abstrachim) da un tutto o considerato separatamente, p. e. la forma,
il colore d’un oggetto; perciò prende il senso di pensato \ * concettuale », in
opposizione a ciò che ò dato immediatamente nell’intuizione. Astrazione (gr.
d^aeCpsot?, da à = traggo fuori, lat. abstraho ): questo tonnine passa per due
fasi principali (Euoken): 1 . fase logico-metafìsica: per Arisi oTELE è il
procedimento che, omessi i caratteri accidentali cruna cosa, ne rileva le
qualità essenziali c le considera per so stesso; quindi sono astratte (è5
àcpaipéoEox; XsyójjLeva) lo forme separate dalla materia, come lo grandezze
matematiche, l'idea della statua separata dal masso di marmo. Nello stesso
senso è intesa nel Medio evo: abstrahere. formam a materia int dicchi separare la forma dalla materia mediante l’intelletto.
Nella logica astrarre consiste generalmente nel passare, mediante la soppressione
d’una o di più note d’un concetto, a un concetto più generalo; p. e. togliendo
ai concetti di quercia, olmo, pioppo ecc. alcune note, cioè quelle che li
differenziano, si salo al concetto più generale di albero, cosicché quanto più
l’astrazione procede, tanto più diminuisce il contenuto del concetto, cioè la
sua comprensione (che ò il numero dello note che esso include), e cresce invece
l'estensione (che è il numero degli individui che esso abbraccia), come si vede
passando, p. e., dal mammifero al vertebrato, àlTanimale, all’essere vivente
ecc. 2 . fase psicologica (con Locke, Berkeley ecc.): è l'operazione spontanea
per cui il pensiero isola progressivamente, nella massa dei fenomeni, le
qualità comuni ai singoli oggetti e le esprime mediante un nomo comune, un
concetto, un’idea generale, trascorrendo dall osservazione dei singoli
individui alla specie e al genere, grazio a quell 'al* Atarassia 17 Autarchia tra operazione spontanea che è la generalizzazione,
per cui si estende a tutta una classe, a una specie, a un genere ciò eho si
osscrra in uno o più individui. Atarassia (gr. àrapaSta, da a prlv. e
rapaOCTtij = turbo, agito) (filos.): è la serenltù dello spìrito che per K Pier
no è l’ideale del saggio; è una conquista della ragione mediante la saggezza (,
c vede in questo atto la prova Intuitiva della propria esistenza. _per Kant
Invece l'io conosce so stesso non come sostanza, ma come « soggetto », corno
attività; ossia l'io è il termine comune a tutti i processi di coscienza, quasi
il ilio invisibile ohe 11 tiene collegati; separato da essi, è pura astrazione.,
Autoctisi (gr. auró? e etici!.? creazione
di se stesso) (/ilos.): termine usato dal Gentile per esprimere che lo spit
rito, pensandosi, prendendosi come oggetto, creo se stesso, si sviluppa incessantemente,
grazio a una. vivente | dialettica del pensiero (v. dialettica). Automatico
(gr. aÙTÓ[.taTO? = che s muove da Bé) (in generale): si dice di ciò che si
muove da sé in maniera meccanica, senza l’intervento di forze psichiche o di
una volontà intelligente. _ (psicol.): si applica all’attività incosciente,
cioè a quegli atti che si ripetono in maniera indipendente dalla volontà. .,,,,
. Autonomia (gr. coìtó? e vólto? = il dare a se stesso lo legge, il reggersi
con proprio leggi; opposto: eteronomia, dal gr. c~po? = altro, e vópio?= legge;
che significò: il reggersi con leggi date da altri) (morale): per Kant consiste
nel fatto che la volontà umana 6 una volontà legislatrice universale, in quanto
l'uomo nell’ordine morale obbedisco a una legge che emana non da una volontà a
lui esteriore (sia questa Dio, la società, la naturo, come avviene nella morale
eleronoma), ma dalla sua volontà di essere ragionevole, dalla suo coscienza.
Autorità (principio di) ) (in generale): consiste ncll'accogliere come vera una
cognizione da una persona cui si riconosce una superiorità intellettuale o
morale, rinforzata spesso dalla tradizione., . ., _ (/ilos.): nel Medio Evo
Aristotele gode d'un'autorità assoluta nella scienza e nella filosofia, donde
il detto: ipse dirit (traduzione del greco aùvò? 2pY)Tlx6?), cioè della piena
esplicazione delle tor-,c spirituali, della vita contemplativa che offre la
conoscenza più alta, quella del macrocosmo e delle sue leggi eterne. __per B u
Stoici si raggiunge nell apatia ànà&Eia, nel dominio della ragionc sulle
passioni e sul dolore; per TOPI ceno nell’atorossla, che e data dal1 l’assenza
del dolore, da una scelta Bapiente'del piaceri e dall’armonia della vita. . _
per Spinoza 1 ’uomo raggiunge la beatitudine, la quiete definitiva, solo nella
conoscenza del terzo grado, cioè nella «conoscenza intuitiva», per cui la
ragiono vede le cose In Dio, nel loro aspetto eterno (sub specie acf erri
itati»), che è poi un conoscerò Dio stesso nella sua unità, quasi un coincidere
con lui. Beavlorlsmo (inglese: behariour comportamento, condotta) (psicol.): ts
il metodo di ricerca psicologica, che consiste nell’indagare 11 modo di reagire
alle impressioni esterne, la maniera di comportarsi, di condursi nelle
differenti circostanze della vita. Questo metodo, applicato dapprima agli animali,
s’è poi esteso all'nomo. Bello (/ ilos.): nell'antichità: per Platone il hello
è ciò che offre all’occhio e alla, mente proporzione e armonia, ordine e
misura. In modo cho la varlotà degli elementi si disponga In gradi e si componga
in un tutto plasmato o ordinato dalla vita dello Bpirito, il quale,. liberandosi
gradatamente da tutto ciò cho è corporeo e sensibile, può essere tratto verso
il bello In sé, verso l’idea del bello eterna, perfetta, immortale (v. dialettica).
L’arte dell’uomo non ò altro che un’imitazione della natura, che alla sua volta
c un’imitazione dell’idea, quindi un'imitazione dell’imitazione, non un'cspressione
dirotta del hello. _Per Aristotele gli elementi del hello sono: l’ordine
(Tpia|.iévov); la fonte del bello è nel senso innato del ritmo e dell’armonia e
nell’istinto d’ìniitazione, raffinato dalle due facoltà del genio ellenico:
veder le cose con meravigliosa chiarezza; rappresentarsele con perfetta
obbiottività. __per Plotino il bello con è nella simmetria, ma « è ciò cho
rispleudc nolla simmetria »; una statua è bella « per In forma che l’arte vi ha
introdotto », i-apà top stSou?, 2 èvfixvjv 7] t éyvv)). È l 'intuizione
dell’artista, il suo genio che cren l’unità fra le parti molteplici d’un oggetto
e dona a questo ciò che lo spirito ha di più profondo, mediante una raffinata
elaborazione tecnica; l’arte non è più imitazione, come per Piatone o
Aristotele, ma creazione dell’intelligenza, del voù?. Questa teoria viene
ripresa nel Hinascinicnto. nei tempi moderni : per KANT è hello ciò che procura
una soddisfazione di carattere universale, non esprimibile mediante concetti,
libera da qualsiasi fino uti itarlo o morale: le coso non sono belle perla loro
intima costituzione, che In se stessa rqpta a noi sconosciuta, ma perché sono
capaci di eccitare c tendere In maniera armoniosa le nostre forze spirituali. per
B. Cuoce il bello non è un fatto fisico, non ha nulla da vedere con rutile, col
piacere, col dolore, con la morale. non è oggetto di conoscenza concettuale; è
dunque ciò ohe produce uno stato d’animo libero da ogni interesse pratico o
logico, un’impressione che si esprime in una pura Immagine, oggetto di
intuizione, ebe è conoscenzaimme¬diatao fantastica d’un momento della vita
dello spirito considerato nella sua singolarità. Intuizione cui dà coerenza e
unità il sentimento. Bene (in generale): ò tutto ciò cne ri* spondo o si crede
che risponda a un bisogno e porta n un fine voluto o desiderato. _ (morale): è
ciò che nell’ordine dell azlone ò oggetto d’approvazione, ciò il cui possesso è
causa di soddisfazione e avvia alla perfezione. -_il gommo bene (summutn
bollimi) è, per la filosofia antica, l’oggetto ultimo al quale deve tendere la
volontà morale • quindi un bene bastante a so stesso, cui tutti gli altri beni
sono subordinati e rispetto a cui son da considerarsi come mezzi. _ gli
scolastici, Cartesio, Spinoza, Leibniz seguono la tradizione antica. Kant
giudica che 11 dovere è anteriore al bene morale, che questo deriva da quello e
gli è subordinato ; giacché li bene è ciò che si fa per dovere: ossia l’asione
morale trae U suo valore non Biogenetica 20 Carattere dallo scopo al quale tende, non dal
bene che attua, ma dal principio cui la volontà obbedisce, apendo unicamente
por rispetto olla leppo morale : perciò la lepgo morale incondizionata determina
il bene, non il beno determina il dovere. Biogenetica (legge) (gr. (Uos = vita,
yeveatS = origine): ò la legge, oggi contestata, che ebbe questo nome dal naturalista
tedesco K. Haeckkl, per la quale le fasi dello sviluppo individuale
ricapitolano in breve le fasi dello sviluppo della specie. La formula è: Yontogenesi
ripete la filogenesi (v. ontogenesi). Biologia (gr. plot; = vita, Xóyos = discorso).
È la scienza dei fenomeni generali della vita, comuni agli animali e alle
piante. Comprende la morfologia, la f isiologia, la patologia, secondochó si
considerano lo forme, le funzioni, i fenomeni anormali degli organismi viventi.
Bisogno ( psicol .): ò la consapevolezza che qualche cosa manca al nostro organismo,
o anche, in senso più alto ameno usato, alla vita intellettuale, giacché ogni
essere per vivere, svilupparsi o raggiungere 1 fini che gli sono proprii deve
prendere al mondo esteriore lo materie e gli elementi necessari all’esistenza.
Si distinguo dal desiderio, perché il bisogno ò indeterminato nel suo oggetto,
mentre il desiderio si dirigo verso un oggetto determinato: ho bisogno di nutrirmi
o desidero un determinato cibo. Buon senso: per Cartesio ò sinonimo di ragione,
intesa come facoltà di diBcernere il vero dal falso; quindi ò la capacità di
ben giudicare, che non viene concessa a tutti gli uomini nella stessa misura.
Buridano (asino di ) ( filos .) : cosi
s’intititola rargomentazione attribuita a Burlo ano» rettore dell’università di
Parigi ( 1328 ); ossa consiste ncH’affcrmarc, a proposito del libero arbitrio,
che un asino affamato, posto davanti a duo socchi d’avena perfettamente uguali,
si troverebbe nell’impossibilità di faro una scelta fra duo cose che lo sollecitano
in ugual misura, o morrebbe di fame, (V. anche Dante, Paradiso, canto IV, vv. 1
-(J). L'argomentazione non si trova negli scritti di Buridano; ed ò forse
dovuta ai contemporanei, per deridere il suo determinismo psicologico, secondo
cui la volontà si decide, tra più beni, pel bone maggiore; donde l’indecisione
di fronte a due boni uguali. c Cabala (dall’ebraico Kabbalah = tradizione)
(rclig.): opera di filosofìa religiosa, che si considera un’interpretazione segreta
della Bibbia, trasmessa per tradizione da Adamo ad Àbramo, attraverso una serie
ininterrotta di iniziati. Tratta dello sviluppo di Dio, che prendo coscienza di
sé generando tutto lo coso dalla propria sostanza per via d’emanazioni;
contiene l’enumerazione dello milizie celesti, il simbolismo dei numeri ecc.
Campo della coscienza (psicol.): designa l’insiemo dei processi psichici (idee,
sentimenti, emozioni), cho in un determinato momento sono presenti nella
coscienza d’uu individuo. Campo visivo (psicol.): ò l’insieme degli oggetti cho
sono percepiti simultaneamente dall’occhio in un dato momento; mentre il punto
visivo è l’oggetto cho nel campo visivo si presenta con maggior chiarezza.
Canonica (dal gr. xavtóv = regolo, regola, norma) (logica): ò cosi detta da
Epicuro la parte introduttiva della sua dottrina, che tratta del criterio di verità,
cioè della validità obbiettiva dello nostre cognizioni, che egli fa consistere
noU’immediata evidenza delle percezioni sensibili. Carattere (dal gr. x a
pacrcrco = scalfisco, donde '/apaxTyp = impronta) (in generale): indica la
qualità propria, la « impronta » che serve a distinguere o a definire un
oggetto. -(psicol.): ò l’unità stabile, costante dello disposizioni
intellettuali, sentimentali e volontario che distinguono un individuo dagli
altri, il nucleo permanente che dirige la sua evoluzione psicologica, Vimpronta
che egli lascia nei suol atti, tenendo presente che le qualità costitutive del
carattere, le quali formano un fascio di energie diretto verso un fine, si
manifestano nelle contingenze della vita, soprattutto in quelle arduo e gravi. (metafisica)
: Kant concepisce l’uomo come cittadino di due mondi: del mondo fenomenico e di
quello noumcnico; come parte del mondo sensibile l’uomo ha un carattere
empirico, che si inserisco nella catena delle cause naturali, di guisa che le
sue azioni sono sempre determinate, o cioè non sono libere; invece come parte
del mondo nouraenico ha un carattere intelligibile, sottratto alla serie delle
cause naturali, e quindi libero .Caratterologia 21 Categoria _ (morale): aver un cara’lere morale
significa possedere stabilmente quelle qualità del volere per cui il soggetto
tien fermo a principi o a norme pratiche c morali determinate, che egli si ò
prescritto con la ragione. Caratterologia (psicol.): neologismo che servo a
indicare la scienza del carattere, la quale studia l’essenza, l’evoluzione del
carattere, mira a fissarne i tipi fondamentali. Cardinali (virtù): v. virili.
Carità (tcol.): è la maggioro dello tre virtù teologali (lede, speranza e
carità) ed eeprime l’amore di Dio e l’amore del prossimo in Dio; è il principio
d’ognl virtù. (morale): consiste nel far del bene al prossimo senza mira alcuna
di vantaggio proprio. Cartesianismo: si può Intenderò: 1 ” la filosofia di
Cartesio nello sue tesi fondamentali: l'idea di sostanza, 11 dualismo fra anima
o corpo, il meccanicismo del mondo fisico, l’evidenza corno criterio di Terità
eoe.; 2» la filosofia dei discepoli o dei successori di Cartesio, cioè ili
Malebranche, Oeclinx, Bpinossa, occ., benché non sia facile stabilire ciò che
del pensiero di Cartesio ò divenuto pensiero comune dei cartesiani, i quali
mirano a risolvere i problemi posti ma non risolti da Cartesio: i rapporti fra
pensiero ed estensione, fra anima e corpo, fra Dio c 11 mondo. Casistica
(morale): è quella parto della morale pratica che tratta dei « casi di
coscienza *, cioè dell'applicazione di norme morali olle circostanze particolari,
o ancho nei loro rapporti con la religione, Bpeelalmcnte quando rincontro o
l’intreccio fortuito degli avvenimenti della vita umana portano a conflitti di
doveri di non facile soluzione. -in senso peggiorativo, s’usa per indicaro
distinzioni sottili o abili con cui si vuol giustificare un atto che spesso la
inoralo non approva. Caso (gr. ’M/tj, slitapirivi)) (fn generale): si dico elio
un fatto è dovuto al caso, quando è fortuito, inaspettato o so ne ignorano le
causo. ( Hlos .): già Aristotele intorpreta il caso corno un avvenimento dovuto
al fatto che due o più serie di fenomeni s’incontrano in un punto in maniera
imprevedibile, o dà l’esempio dello scavatore che trova un tesoro. in senso più
comprensivo il caso si ha ciuando una modificazione insensibile e
impercettibile nello cause d’un avvenimento produce una modificazione
nell’effetto; p. e. il ritardo d’un attimo di un fatto qualsiasi può produrre o
far evitare un accidente gravissimo per lo sue conseguenze. Catalettica
(fantasia) (gr. cpavvaota y.xTaXvjTTTixr,, lat. risum impressum e//ictumque: t
ic.): è per gli Stoici una rappresentazione che ei si presenta, con tale
evidenza (èvàpysia) o forza, riproducendo lutto le qualità dell’oggetto. elio
ci afferra (y.aTaXa|j.[ 3 àvet) o ci costringe ad accoglierla come vera. 10 il
fondamento del criterio stoico di verità. Catarsi (gr. xdt&apot Q, da
xaDmpio = purifico) (Hlos.): per Platonf., come più tardi per Plotino, consisto
« nel separar-, e rimovore (ytopi) quanto più è possibile l’anima dal corpo c
assuefarla a raccogliersi in só medesima, rimanere sola, sciolta dai vincoli
del senso > (Fedone). La catarsi ha por fine di preparare l'anima allo più
olevate attività spirituali. Per i Neo pi, atonici è un avviamento alla
mistica, aH’unione con Dio. (estetica): Aristotele parla d’una calarsi
traffica, che sarebbe l’effetto prodotto dalla tragedia sopra gli uditori:
raziono tragica, suscitando la compassione e il terrore, compio la funziono di
purificare da tali sentimenti l'animo dello spettatore, sollevandolo dalle angustie
dolln vita quotidiana. (psicol.): nella psicanalisi la catarsi consiste nel
richiamare un’idea o un ricordo, che, represso, produce perturbazioni fisiche e
psichiche, mentre, conosciuto e chiarito, diviene innocuo. Categoria (gr.
xanj-fopta, da xccrv)yopEtv = affermare; lai. praedicament avi : Boezio)
(logica): per Aristotele le categorie sono lo affermazioni, i predicati più
generali delle cose, le differenti classi di predicati che si possono affermare
d’un oggetto qualsiasi, c quindi 1 sommi generi del reale (xanjYOptòcl toO
Svuoi;); ne distingue dicci, traendole, forse, dallo parti del discorso:
sostanza, qualità, quantità, relazione, luoao, tempo, situazione, avere, lare,
patire. -per Kant le categorie sono le /orme a priori del conoscere, con le
quali l'intelletto unisco il molteplice offerto dalVintuizione sensibile: c
cioè I fenomeni che il senso percepisce slegati, isolati, sono dall 'intelletto
collegati in una sintesi per mezzo delle categorie: p. e. gli organi di senso
percepiscono duo fono meni isolati, il calore e la dilatazione Categorico 22 Certezza d'un corpo; l’inteUetto li unifica
con la categoria di causa : il coloro ò causo della dilatazione. lCont. enumera
dodici categorie: tre della quantità (unità, pluralità, totalità), tro dello
qualità {realtà, negazione-, limitazione), tro dello relazione ( sostanza,
causa, reciprocità (iasione), tro della modalità (possibilità, esistenza,
necessità). -Schopenhauer ammette la sola categoria di causa: il mondo come semplice
rappresentazione è una molteplicità di fenomeni disposta nello spazio e nel
tempo, ordinata o pensata secondo il principio di causa. -per Rosmini la
categoria unico e suprema è l'idea dell’essere in universale, cioè di quella
vj(n?= il sentire) (psicol.): designa il complesso delle sensazioni provenienti
dagli organi interni del corpo, lo stato psichico totale risultante dall’azione
simultanea e complessiva dolio impressioni interne. Certezza (opposto: dubbio )
(jwricoZ.): è lo stato dello spirito intimamente persuaso di possedere la
verità, o por via immediata, dovuta all 'evidenza, o per dimostrazione, o anche
per fede; iu questo terzo caso s'accost-’. olla credenza (V. credenza).
Cinestetiche 23 Compositivo _ (logica): è il carattere di ciò
che non lascia aperta alcuna via al dubbio ed è dovuto al fatto che i principi!
logici sono osservati. Cinestetiche (sensazioni) (dal gr. xtvéo>= muovo,
atat>r,a'.; = sensazione) ( psicol.): sono le sensazioni che provengono dai
movimenti degli organi corporei. Circolo vizioso = vedi diallelo. CI inamen (è
la traduzione, luereziana del greco exxXtai:, da èxxXivetv = devìai-e,
declinare) (filos.): Emerito ammette che gli atomi, invece di cadere dall’alto
al basso in linea retta (ché in tal caso non potrebbero incontrarsi, né,
quindi, formare i mondi c i corpi composti). subiscono, per un Impulso
interiore, una deviazione dalia linea verticale (che è appunto il clinamcn), la
quale ne tende possibile l'urto. Por tale tendenza spontanea la necessità
meccanica cedo nell'uomo il posto ulla volontà libero, essendo anche l'anima
formata di atomi. Cogito ergo sum (8 .
Tojimaso). Contingentismo o filosofia della contingenza (filos.): servo a
designare il complesso dello dottrino che nella spiegazione dell’universo
assegnano ima parto più o meno grande alia contini gema. _ il francese Emilio
BoCTROOX ha dato particolare rilievo a questa dot1 trina; egli pensa infatti
che a mano a Contraddittorio 26 Cosa in sè mano che si sale dalle formo
Inferiori degli esseri alle forme superiori, dalla chimica alla biologia o da
questa alla psicologia, si introducono nuovi modi di realtà (la qualità, la
rtta, la coscienza, l’auto-coscienza), In cui il ferreo con catcnamento di
causa od effetto ohe si osserva nel mondo tìsico si viene atte nuando, fino a
scomparire nella libertà spirituale umana; perciò la vita del ponsiero è una
novità continua, In cui il nuovo non si può spiegare col vecchio. Il superiore
con l’Inferiore, perché contiene qualcosa di più e di nuovo (contingente), che
nella realtà inferiore non c'era. Contraddittorio (logica): due giudizi, due
concetti dloonsl contraddittoril, quando l'affermazione del primo irnpllI ca la
negazione del secondo ; ò contraddittoria anche una proposizione in cui il
predicato affermi una qualità o modo di essere opposta a quella espressa dal
soggetto. Contraddizione (logica): il principili di contraddizione ò cosi
formnlnto da Aristotele: «due giudizi, dei quali l’uno nega quello stesso che
l’altro afforma (A è B, A non è B), non possono essere veri nel medesimo tempo
e otto il medesimo rispetto, poiché non ò possibile ammettere che alcuno pensi
cho la stessa cosa sia o non sla» (àSuvavOV Ù7TOAaupàvetv vaùv&v elvat xal
(xv) elvoci). -Leibniz lm dato di questo principio una formula più semplice: «A
non ò non A», cioè un giudizioò falBO quando ' soggetto e predicato si
contraddicono. (filos.): Hegel pone la contraddiziono nel cuore della realtà
vera, ossia nel pensiero: ogni idea contiene in sé la sua negazione, ciò'
un’idea opposta che spinge a un nuovo concetto più alto comprendente e
conciliante in sé i due primi : il primo concetto ò la tesi, il secondo ’
antitesi, il erzo la sintesi. Quest'ultimo subisce lo stesso destino, c cosi il
movimento dello spirito i recede sempre più oltre, finché tutta la realtà è
trasformata in puro ponsiero, in una « reto di concetti »: l’attività pensante
diviene processo cosmico, che abbraccia tutte lo cose e tutte da sé lo produce
(V. coincidcntia oppositorum). Contradictio in adiecto (logica): è la
contraddizione fra un termino e ciò che vi si aggiunge ( adiectum ), aggettivo
o sostantivo; p. e.: legno ferreo. Contrario (logica): sono contrarie due
proposizioni opposte e universali, l'una affermativa e l'altra negativa; p. e.:
1 * tutti gli uomini sono mortali ; nessun uomo ò mortale » ; sono contrari due
concetti, quando l’aiiermazione dell’uno implica la negazione dell'altro; p.
e.: bianco, non bianco. Contrattualismo (diritto): è la teoria dell’origine
contrattuale dello Stato, che ebbe la sua forma più perfetta e famosa nel
Contratto sociale di G. G. Rousseau ( 1762). Il principio è: lo Stato si fonda
sulla volontà individuale dei consociati, i quali l’hanno costituito per mezzo
di un contratto. Se si pensa con I’Hobbes che, nel dar vita allo Stato,
l’Individuo rinunzia a ogni suo diritto, si ha il governo dispotico, so con
Locke si stabilisce ina rapporto bilaterale fra individuo e Stato, si ha il
governo liberale ; so col Rousseau si considera innlicnaliilo ogni diritto
individuale, cosicché i singoli, riuniti in assemblea, possono, con un semplice
atto di volontà, far tabula rasa d’ogni governo e magistrato esistente, si ha
il governo radicale. Corpo (filos,): per Cartesio e Spinoza ò corpo ciò che ha
estensione o moto, il quale non è altro che una successione di luoghi occupati
da un corpo nell’estensione; per Berkeley o Hume, negata resistenza della
materia, il corpo è un complesso di idee o sensazioni associate. Corsi e
ricorsi (filos.): è la legge universale che per il Vico regge la vita dei
popoli e rispecchia le fasi di sviluppo dello spirito individuale: il senso, la
fantasia, la mente pura, corrispondenti, nella vita pratica, alla passione
ferina, alla soggezione a una legge di forza e arbitrio, alla libera osservanza
dei dettami della ragione. Cosi ogni popolo trascorrenecessariamente dalla
violenza dolio stato ferino alla vita civile, e, in conformità dell'eterna
natura umana, dove ripercorrere il suo corso, ricadere, per un processo
degenerativo, nel senso o nella violenza, e dalla barbarle riprenderò il moto
ascensivo, iniziare 11 ricorso. Vico trasse questa sua dottrina dalle indagini
sulla storia di Roma, generalizzata e integrata, qua e là, con quella di
Grecia. Cosa in sè (opposto: fenomeno): esprime il carattere dello coso
considerate por sé, fuori dei soggetto che le conosce, o in maniera da questo
indipendente. per Kant è il quid inconoscibile che si cela dietro ai fenomeni e
no è il fondamento; è posta fuori del tempo e dello spazio, non vi si possono
appi!-Cose e persone 27 Creazione care lo categorie, valido solo poi
fenomeni. __ Schopenhauer vedo la cosa in so nella volontà metafisica,
fondamento ultimo o immanente del divenire cosmico: volontà ili vivere, for/.a
cieca, inconscia, elio « si accendo ima lampada noi corvello umano », cioè si
fa consapevole solo nell’uomo. --corno concetto limite la cosa in sé
stabilisco, per Kant, il confine fra il conoscibile o l incomiscibile £ è ciò
che ó al di là dell’esperienza, oggetto di una intuizione non sensibile, ma
solo intellettuale, elio è negata all’uomo. Cose o persone (morale): per Kant
lo cose sono mezzi, oggetti per i nostri bisogni (in linguaggio economico: beni
materiali ); lo persouo sono non mezzi ma /ini in si, hanno un valore assoluto
che si misura non dall’uso oho so ne può fare, corno avviono delle cose, ma dal
rispetto che si deve all’esscro ragionevole. in ciò che ha di intimo o inviolabile.
Coscienza (lat. conscirc = sapere insieme, detto di più persone che conoscono
le stesse cose; gr. erjvei8r, = giudico, esamino): in generale consiste nel
sottoporre ad esame un principio, un’asserzione, un fatto, per stabilirne il
grado di credibilità o il valore prima di accoglierli come veri; cosi avviene,
p. e., nella critica storica. -per Kant ò una ricerca intorno alla ragione
umana in tutto le sfere della sua attività (nel conoscere, nelPoperare
moralmente, nel sentimento del bello). La critica tende a separare ciò che allo
spirito umano proviene passivamente Criticismo 29 Deismo dal mondo esterno, ossia ciò che ò
empirico, a poste riori, e che Kant denomina materia, da ciò che ù un’attività
oiternaria della stessa ragione, ossia da ciò che ò puro, a priori, o che vien
detto forma. Cosi nel conoscere sono a priori le intuizioni dello spazio o del
tempo e lo categorie; nella condotta morale la leggo morale non deriva
dall’esperienza ma è un fatto della ragione, è pura forma; nel giudizio
estetico l’essenziale non è la realtà empirica dell’oggetto che si dice bello,
ma la rappresentazione, cioè un’attività dello spirito. Infine, per spiegare
certe produzioni della natura, non spiegabili col meccanismo, si ricorro alla
finalità Interna, cioè si afferma che nella natura l’idea del tutto ò In
ragiono dell’esistenza e dell’accordo delle parti, corno avviene negli esseri
viventi, nei quali la natura s’organizza grazio a un’arte tutta intcriore, non
per una causa esterna, qual è quella, ad es., che agisce in un orologio.
Criticismo (filo»-)' ò la dottrina di Kant o della sua scuola, fondata su
questi principi!: a) lo spirito umano impone ai fenomeni le sue forme, le sue
attività costitutive, vaio a dire le intuizioni puro dello spazio e del tempo c
le categorie; b) lo categorie, cioè i concetti puri dell’intelletto, non possono
applicarsi a oggetti posti fuori dell'esperienza (l’anima, il mondo, Dio); c)
l’uomo conosce solo fenomeni e l’assoluto gli sfugge. Cruciale (dal lat. crux =
croce, come segno indicatore della via da prendere) (logica): per Bacone
instantiac crucis (fatti cruciali) sono le esperienze risolutive che decidono
fra due ipotesi contrarie. D Darwinismo; è la dottrina di C. Darwin che,
accolto il principio della variabilità dello specie animali, vugl spiegarlo
mediante: 1) la lotta per l esistenza che dà la vittoria ai meglio adatti; 2)
l’ambiente elio crea modificazioni organiche o qualità; 3) 1 ereditarietà, per
cui i caratteri acquisiti dall’individuo si fissano nella specie, e si
accrescono grazie anche alla correlazione di sviluppo, per cui i mutamenti In
una parto del corpo determinano mutamenti anche nelle altre parti. Dato
(s’oppone a ciò che ò costruito, elaborato, dedotto) ( filos .): designai principi!
generali, le condizioni, i fatti che sono una premessa necessaria per rispondere
a una questione o risolvere un problema. Deduzione (opposto: induzione) (logica):
è il procedimento logico che va daH’universale al particolare, dai principi!
allo conseguenze, o anche da una o più proposizioni a una o più altre
proposizioni,come necessarie conseguenze. (.'osi nella fisica da una legge ottenuta
per via Induttiva si possono dedurre altre leggi subordinate o applicazioni di
essa; CARTESIO, dalla proposizione: « Dio ò un essere verace », trae
quest'altra: «egli non può ingannarci quando ci fa credere all’esistenza reale
d’un mondo esterno ». La forma tipica della deduzione ò data dal sillogismo
aristotelico. Vedi Sillogismo. Deduzione trascendentale (filos.): ò per Kant il
procedimento che ricerca se le categorie possono applicarsi ai fenomeni, so
sono la condiziono necessaria e sufficente dell'esperienza. La soluzione ò data
dall 'immaginazione creatrice, « funziono cieca dell’anima ma indispensabile »,
facoltà Intermediarla fra la sensibilità e l’intelletto, per la quale l’io si
realizza, entra in rapporto con la molteplicità delle cose sensibili, le unifica,
dando l’oggettività alle leggi della natura; quindi non solo cogito ergo sam,
ma anche cogito, ergo rea sunt (v. schema). Definizione (logica): ha per fine
di determinare l’essenza d'una cosa, d'un’idea, enumerandone lo note
essenziali. La Scolastica dice: definitio fit per genus proximum et per
differcntiam specif icam, intendendo per genere prossimo la classe di cui una
cosa è parte, e per differenza specifica i caratteri propri! della cosa stessa:
p. es., definendo l’uomo un mammifero bimane, il termine mammifero ò il genere
prossimo, il termino bimane la differenza specifica. Degnità: tormino usato dal
Vico nella Scienza nuova ; equi vaio ad assioma, (gr. à^o>|Aa, da (z^ioc degno) e sorve a indicare le idee fondamentali
intorno alla fantasia, all’intelletto, al mito, alla religione ecc. Deismo: è
l’idea della divinità ottenuta per opera della sola ragione, senza l’ausilio
della fede rivelata e dei dogmi, e resistenza. Questa concezione domina
Demiurgo 30 Determinismo soprattutto
nell'ILLUMINISMO (sec. XVII e XVIII): è pure la religione del Mazzini. Demiurgo
(gr. SmuoopYÓG, da = popolo e rad. épy = opero, lavoro; quindi: chi lavora pel
pubblico, artefice); ( filo8 .): con questo nome vicn designato nel Timeo di
Platone il dio artefice dell'universo, che plasma il cosmo dando forma
all’informe, regola c ordine a ciò che ò senza regola o ordine, tenendo
l’occhio fisso alle idee, come a modelli perfetti ed eterni di tutte le cose.
Il cosmos, opera del demiurgo, è por Platone un essere vivente, fornito di ciò
che v’ò di più nobile ed essenziale in un essere vivente, l'amma, che ò poi
l’anima del viondo. Democrazia (gr. $7)(jtoxpaT(a = potere del popolo)
(filos.): per Platonf. ò il governo dei molti (ol 770 XX 0 O, avente per fine
la libertà, la quale può, per eccessivo desiderio d’uguaglianza, degenerare
facilmente in anarchia e tirannide. -Aristotele, nella sua celebro teoria delle
forme di governo, considera le forme pure, cioè quelle che hanno por fine
d’attuare la giustizia, o sono la monarcàia, Varistocrazia, la democrazia (secondoché
governa uno solo, una minoranza o la generalità dei cittadini). A queste
corrispondono tre formo corrotte: la tirannide, 1 Oligarchia, la demagogia,
quando il governo ò esercitato a Bolo beneficio di chi lo tiene. -oggi è la
forma di governo in cui la sovranità risiede nella volontà popolare, intesa
come l’espressione della maggioranza numerica dei cittadini riuniti in
assemblea (Rousseau). Demone (gr. Sat(jL6>v) {filos.): è un segno o uno
spirito o, meglio, una voce ammonitrice, cosa al tutto intima e personale di
Socrate, non una personificazione divina: « è come una voce che io ho in me fin
da fanciullo, la quale ogni volta che mi si fa sentire, sempre mi dissuade da
cosa che io sia per fare, e non mai ad alcuna mi persuade; è questa che mi
vieta d’occuparnii delle cose dello Stato e mi pare faccia ottimamente a
vietarmelo ». Questo Satjj.6vióv ti è dunque un segno personalissimo, come
ognuno In certi casi e momenti della vita può sperimentare più o meno
sensibilmente per conto proprio (Valgimigli). Deontologia (gr. tò Séov = il
dovere, e Xóyogica): è la divisione d’un concetto in due concetti generalmente
contrarii, o anche la classificazione d’un genere in due specie che ne
esprimono tutto il contenuto; p. o. gli animali in vertebrati o invertebrati.
Dictum de omni et nullo (Zotica): esprime la nozione che tutto ciò che è
affermato o negato d’un genero ò puro affermato o negato delle specie o degli
individui contenuti nel genere. Differenza (metodo di ) (logica): ò il secondo del metodi dello
Stuart Mill per la ricerca della causa. La formula è: se un caso nel quale il
fenomeno si verifica e un caso nel qualo non si verifica hanno in comune tutte
lo circostanze meno una, che si presenta nel primo caso e non nel secondo,
questa è la causa del fenomeno : p. e. la causa per cui la colonna del mercurio
s'innalza nel barometro si può ricercare facendo II vuoto; ossia: sopprimendo
la pressione atmosferica, mentre tutto I lo altre circostanze restano immutate,
e vedendo il mercurio scendere, si concludo elio la causa ricercata è il peso
dell’aria. SI riconnetto alla tabula ab sentine di Bacone. Gli altri metodi
dello Stuart Mlll sono: di concordanza, delle variazioni concomitanti, dei
residui (v. questi termini). Differenza specifica: v. definizione . Dignità (in
generale): ò il sentimento di rispetto che l’uomo deve avere verso se stesso,
come essere ragionevole. (morale): in opposizione a prezzo, per Kant esprime il
valore assoluto dell’essero ragionevole, come fine in sé. Dilemma (gr. SiaXap^àvco
= prendo da due parti) (logica): è un sillogismo composto, che pone due
alternative, dalle quali vien tratta una conclusione identica, in modo da non
lasciare una via d’uscita; p. e.; contro la tortura: « o il torturato è forte
tanto da sopportare I tormenti, e dirà quel eli© vuole; o è debole da non poter
resistere, e dirà quel che vogliono i giudici: in ambedue i casi la tortura non
conduce alla verità ». Dinamico e dinamismo (dal gr. Suva(Xi£= forza; opposto:
meccanico o meccanismo) (filos): si applicano tali denominazioni a quello
dottrine che vedono nella forza o neW energia l’essenza dell’universo; forza
che agisco non dall’esterno ma dall’intorno, con spontaneità e attività
trasformatrice o creatrice incessante, quindi irriducibile alle leggi
meccaniche. Lo teorio dinamiche pongono il tutto prima delle parti, ciò che è
vivente prima di ciò che è privo di vita, ciò che ò superiore atto a spiegare
ciò che è inferiore. In opposizione a statico si usa a Indicare ciò che si
trasforma, si sviluppa, diviene senza tregua. Dio; GII aspetti e i significati
principali di questo termino complesso e oscuro nel suo sviluppo storico si
possono cosi riassumere : a) nelle religioni piii antiche l’Idea di Dio sembra
sorgere da un antropomorfismo spontaneo, cioè si concepisce Dio sul modello
dell’Uomo, sia che si colleghi con la fede nella sopravvivenza dei morti c col
culto degli avi, sia che lo si pensi come il simbolo del gruppo sociale; si
oscilla fra l’idea di Dio pensato come una forza, e l’idea di Dio concepito
come Un essere più o meno personale ; b) per l’azione del pensiero filosofico e
scientifico Dio è pensato come l’unità essenziale di tutti gli elementi
dell’universo: unità della sostanza prima, come nei Presocratici; idea
dell’essere puro, come in Piatone o in Aristotele; superiore a tutte le
categorie logiche e ad ogni idea di persona, ineffabile, come in Plotino;
costituente la realtà essenziale del mondo, col quale si identifica, come nel
panteismo (v. panteismo).c) Dio essere morale, giusto e buono, rispondente
all’esigenza che ha l’uomo di credere al valore della propria azione. Dio 33
Discorsivo e discorso a un essere che sia garante dei nostri fini più alti,
cioè dei valori spirituali. -Tra gli altri, 11 francese M. Blondel vede
nell’idea di Dio tre aspetti, ciascuno dei quali tendo a predominare In tempi e
mentalità diverse: a) il Dio del* TAntico Testamento, il rigido dominatore che
riferisce tutto a sé. oggetto di rispetto e, più, di timore;è) il Dio intelligenza
o tutto chiarezza e verità, dovuto alla tradizione ellenica; c) il Deus
charitas, tutto amore per le creature, il Dio Cristiano. Dio (prove
dell’esistenza di ) ( filos .);
"Te* principali sono: 1. la prova cosmologica, cho dall’esisten/.a del
mondo, cioè del condizionato, del contingente o doll’imperfotto, conchiude
all’esistenza d’una causa prima, d’un incondizionato, necessario o 1
l>erfetto. Cosi per Aristotele Dio, spirito puro, è la causa prima d’ogni movimento,
è primo motore immobile ( 7TpcoTOV x.ivoOv àx(vT)TOV); è seguito dalla
Scolastica (S. Tommaso ecc.). Oppone Kant cho dal fatto ohe noi affermiamo una
causalità nel inondo dei fenomeni, non si può logicamente de| durre ohe v’è una
causalità del mondo fuori del mondo, dato cho essa è al di fuori del
campodellanostraesperienzaempirica, alla quulo soltanto può la nostia monto
applicare la categoria di causa. 2.
prova ontologica, eho dall'idea di Dio, come dell'essere più perfetto, deduce
la sua esistenza, giacché un essere soltanto pensato, ma non esistente, non
sarebbe l’essere perfetto; è concepita da S. Anselmo, respinta da S. Tommaso,
seguita da Cartesio, Spinoza, Leibniz, Hegel, occ. Kant nega che nel concetto
d’una cosa sia contenuta Tesistonza corno nota essenziale: cento talleri reali
non contengono più noto essenziali di conto talleri pensati. Ma, osserva Hegel,
conto talleri non sono un concetto, e tanto mono paragonabili con l’idea di
Dio; in questa resistenza è implicita, non come un'idea cho s’aggiunge a
un’altra idea eterogenea: l’idea di Dio e 1'osistenza coincidono, come dove
avvenire nel più alto principio cui possa giungere la filosofia; 3. prova
teleologica o fisico-teologica: le cose della natura non solo rivelano ordine o
regolarità, inspiegabili con la nozione di causa, ma formano un sistema.
convergono verso un’unità suprema, come a un fine ultimo ; donde la necessità
d’ammettere l’esistenza d’un essere cho pone e attua i fini manifestantisi
nella vita della natura. È sostenuta da Socrate, Platone, Aristotele, dalla
Scolastica occ. Kant fa osservare che, pur ammettendo essere lo opere della
natura paragonabili a quello d’un artista, si giungo solo a un Dio artefice
ordinatore della materia, non a un Dio creatore; per passare dalla
considcraziono d’un ordino nel mondo all’eslstcuza d’un essere necessario o
perfetto, bisogna far ricorso alla prova cosmofogica e ontologica, lo quali vanno
inoontro egli dice ud altre obbiezioni non meno gravi (v. sopra);
4. prova morale o etico-teologica, che dall'esistenza della legge morale in noi
trae la prova dell’esistenza di Dio fuori di noi. Kant, per accordare l’idea
doV dovere con la felicità, ammette un pr cf grosso indefinito verso la
santità, cioè verso la virtù perfetta che esigo la soppressione della
sensibilità; na ciò è possibile solo se la nostra personalità persiste, ossia
so ò immortale, grazie nH’uziouo sul mondo d’un essere in cni l'unione della
santità o della felicità è attuata. Però questa prova non consento la
conoscenza metafisica d’una sostanza divina, ma solo una credenza razionale,
che s’accorda col risultati della Critica della ragion pura. Hegel oppone cho
Kant, appoggiando la prova dell* esistenza di Dio alia credenza monile,
presuppone implicita ncll'idqa di Dio 1 ’esistcnza; cade perciò in una gravo
eoutraddizione, perché lia prima condannato tale identità, che ò il fondamento
della prova ontologica, da lui respinta. Discontinuo (opposto: continuo) (/
posizione scompare. Dogma (gr. Sóyfxoc, da Soxéco: opinione. decreto) (relig.):
esprimo il decreto d’un concilio, un principio religioso considerato verità
inoppugnabile. ( filos .): designa comunemente un principio piii affermato che
provato, o anche imposto da un’autorità o accolto senza esame critico.
Dogmatismo (opposto: scetticismo) ( filos.): Kant chiama dogmatici i filosofi
cho fanno uso di principii o di concetti senza ricercare per quale via e con
che diritto si pervenga ad affermarli, ossia senza una critica preventiva del
nostro potere di conoscere. Dolore ( psicnl .): ò uno stato affettivo
indefinibile per la sua semplicità, che si presenta come dolore fisico, cioè
come sensazione penosa più o meno localizzata, o come dolore morale (v.
piacere), (filos.): il dolore è considerato dai Greci corno un ostacolo alla
felicità cui l’uomo aspira naturalmente, come qualche cosa di ostile cho
dovessero eliminato con ogni mezzo; mentre il Cristianesimo ha sublimato il
doloro, che diviene mezzo di purificazione e di elevazione morale, soprattutto
per l'azione dell'esempio di Gesù, che, assumendo corpo mortalo, ne ha preso
tutto le infermità, è stato vinto, deprezzato, umiliato o ha subito il
supplizio dello schiavo. Doppia verità (/ito.): ò la dottrina introdotta da
Averrok, secondo la quale può essere vero nella filosofia ciò elio è ritenuto
falso ed errato nella religione, e inversamente; donde nna scissione interiore
dello spirito. Dovere (morale): in senso concreto è una norma determinata di
condotta, un'obbligazione ben definita: p. e. i doveri verso la famiglia, la
patria. in senso generale e astratto è l’obbligazione morale, considerata
separatamente dal suo contenuto, ima legge, un comando, cui si deve obbedire. per
Kant consiste ueirobbodiro a un comando, a un imperativo categorico, valido
incondizionatamente por ogni essere ragionevole, che si può, ma non si deve
trasgredire. Dualismo (opposto: monismo) (relig .): applicato per la prima
volta da T. Hyde nel 1700 per designare un sistema religioso in cui a un
principio buono s’oppone un principio cattivo, l’uno e l’altro eterni e in
eterno contrasto fra loro, come nella religione di Zoroastro. (filos.): si
applica alle dottrino che ricorrono a due principii opposti e irriducibili por
spiegare l’universo o quindi Ri presenta, anzitutto, come dualismo cosmico: in
Platone fra la materia, oscura, ostile, causa del perpetuo cangiamento e del
perenne fluire di tutte le cose, c lo spirito, il mondo delle idee, essenze
eterne, fuori del nostro pensiero, sostegno del mondo reale; in Aristotele fra
la materia, docile alle esigenze dello spirito, plasmabile, o la forma, l’idea
che s’inserisce nella materia, la, plasma e la perfeziona; in Cartesio fra la
res cogitans, lo spirito, e la res extcnsa, la materia; in Kant fra il mondo
dello cose in sé, inconoscibile, e il mondo dei fenomeni., aporto alla nostra
conoscenza. dal dualismo cosmico discende un dualismo conoscitivo, che fissa e
scinde duo formo di conoscenza, derivanti da due facoltà dello spirito, il
senso e la Dualità 35 Edonismo ragione, donde la conoscenza sensibile
o la razionale, e il loro opposto valore. -o’è un dualismo morale, che dori va
dal contrasto fra senso e ragione, cioè fra il piacere e l'utile da una parte,
posti a fondamento della morule dell’edonismo di Aiustippo di Cirene, di
Epicuro e del moderno utilitarismo, e l'attività razionate dall'altra,
caratterizzata dal disinteresse verso i boni sensibili e dall'obbedienza allo
norme dettate dalla ragione, come nell’cticn di Platone e di Kant. Dualità: il
Gioberti dà a questo termino un senso più generale che a dualismo: Ogni ordino
di conoscibili, egli dice, ci si manifesta come una dualità, che è quanto dire
che non possiamo ponsare un oggetto, senza che la cognizione di esso importi
quella d’un oggetto congiunto e correlativo. Cosi l'idea di Dio inchiude quella
dell'universo, il concetto dell'universo comprendo quella di Dio; essa si
reitera in una successione indefinita, fino all’ultima specie materiale, e
risplendo in tutti gli ordini della natura ». Dubbio (in generale): stato di
Incertezza, di indecisione, in cui viene a trovarsi 10 spirito per la
difficoltà grave, o anche Insormontabile, di giungere a un’afferinaziono
conclusiva. (filos.): si distingue un dubbio metodico, cho consiste nel
sospendere provvisoriamente il giudizio Intorno al valore d’un'Idea, d'una
teoria, o anche della scienza (Cartesio), finché la ricerca non giunga a
conclusioni sicure o a un principio certo; e un dubbio scettico, cho consiste
nel pensare che né 11 senso né la ragiono siano capaci di cogliere la verità,
la realtà vera delle cose, e cho l’uomo perciò apprenda solo apparenze. Durata (
filos .): pel francese E. Bergson 6, non il tempo matematico, quantitativo,
concepito come una serie discontinua di momenti eguali, a somiglianzà dei punti
d’una linea geometrica, ma il tempo vissuto, che sentiamo fluire nella
coscienza, una successione continua di processi qualitativi., di esperienze
spirituali, cho si compenetrano, si fondono in uno sviluppo continuo,
imprevedibile, libero, passano l’una nell'altra come una corrente intcriore,
ininterrotta, a guisa d’un fiume che trascini seco tutto le sue acque, cosicché
il passato vivo nel presente e l'uno e l'altro si prolungano nel futuro, costituendo
la vita profonda dello spirito, mascherata e deformata per lo più dalle
abitudini meccaniche. Da durata vione colta nella sua purezza e semplicità
dall’intuizione (vedi questo termine) per via immediata, cho perù esige preparazione
o sforzo. E Ecceità (lat. scol. haecceitas, da haecce res, che traduce
l’aristotelico rò róSe ti = questa cosa qui) (filos.): termino coniato da Duns
Scoto per designare il principium individuationis, cioè i caratteri che
distinguono un individuo da un altro e dei quali il più importante, ultima
realitas, è la volontà. Il principio ildl’liaecceitas è perciò collegato ad una
tendenza volontaristica (v. volontarismo) in contrasto con l'inlcUettualismo
(V. questo termine) di S. Tommaso. Eclettismo (dai gr. èy.)dfsiv = scegliere)
(filos.): in senso largo consiste nella tendenza a cogliere in tutte le
filosofie le affermazioni positive (considerando che ogni sistema filosofico è
falso in ciò che nega, vero in ciò che afferma), lo verità che l'esperienza dei
secoli ha consacrate, a conciliarle o comporlo In una dottrina armonica o
coerente, che sia quasi il credo filosofico del genere umano. Eclettica è, ad
cs., la dottrina di Cicerone. in senso più preciso, eclettismo è la
conciliazione di tesi diverso o anello contrarie, che si raggiungo subordinando
quelle tesi a un principio superiore: p. e. Victor Cocsin, capo della Scuola
eclettica francese, s’appoggia al fatto che in ogni uomo esisto un senso del
vero, il quale contiene allo stato latente le verità filosofiche eterno cho si
discoprono interrogando la coscienza e ricorrendo alla riflessione; la ragione
è come una luce cho illumina l’anima umana, una specie di rivelazione universale.
Economica (teoria) della conoscenza: v. teoria economica della conoscenza.
Edonismo (dal gr. Y;Sovvj = piacere) (filos.): comprende lo dottrine che pongono
come principio unico della morale il piacere, che e il bene più alto, mentre il
suo opposto, il doloro, è da evitare come un male; in senso rigoroso si applica
alla dottrina di Aiustippo di Cirene, meno propriamente all’epicureismo e
all'utilitarismo di G. Bentham e di G. Stuart Mii.l (quest’ultimo Effetto 30 Empirico stabilisco tra i piaceri differenze
qualitative, distinguendo piaceri più o meno elevati, mentre Aristippo, come
poi Bentham, prendo come misura delle cose l’intensità dei piaceri). La calma
dello spirito, l 'atarassia di Epicuro o la ricerca doU'utilc sociale dello
Stuart MII 1, che arriva lino al sacrificio di sé pel fieno comune, sono perciò
molto lontani dall'edonismo vero e proprio. Effetto = vedi causa. Efficente
(dal lat. eflicere = produrre, gr. 7 toi 7 )Tiy. 6 v = efficiens, Ciò,)
(lilos.): in senso generale si applica alla causa intesa nella sua piena
ostensione. in senso piti ristretto: è il terzo significato dato da Aristotele
al termino causa, cioè quella « donde è il principio del movimento » ( oi>£v
7 ) àp /.')) tt)S xiVYjfTEtoq): è la causa motrice. Egocentrismo (lilos.):
letteralmento consiste nel fare del proprio io il centro doll’tiniverso, ossia
nel riferirò tutte lo coso al proprio io, che divieue il centro del piccolo
mondo elio ci sta intorno o poi anche del cosmo in generale; quindi, in un
linguaggio più rigoroso, consiste ncU'identideare i valori personalI coi valori
del mondo circostante o i valori del mondo circostante col mondo del valori in
generalo. Egoismo (opposto: altruismo) (psicol.): è l’amore di se stesso, la
tendenza naturale a protessero la propria esistenza e i propril fieni;
«l'istinto fondamentale nell’uomo come nell'animale èl'egoismo, cioè l’impulso
a vivere e a ben vivere « (Schopenhauer). (morale)-. 6 la tendenza a subordinare
il beno e le esigenze altrui al fieno e alle esigenze proprie e ad applicare
questo principio come criterio per giudicare gli atti altrui e i proprii. -(metafisica)-,
l’egoismo metafìsico corrisponde a solipsismo, che è vocabolo più usato, o sta
nel considerare l’esistenza degli altri esseri come illusoria o dubbia:
soltanto il mondo della mia coscienza esiste o l’affermazione d’nna realtà
fuori della mia coscienza è contraddittoria. (Per Schopenhauer ehi la pensa
cosi non ha bisogno d’essere confutato, ma solo d’iuta cura medica). Egotismo
(in generale)-. 6 la coltura esclusiva delVio, della propria personalità,
l’educazione raffinata dei sentimenti egoistici, con tendenza estetica o
creduta tale. Eidetico (gr. el&oq, tema i§, da cui vedere, idea) (psicol.):
b! dice eidetica la tendenza, frequente nei fanciulli, a richiamare t ricordi
recenti sotto forma di immagini visive, dette anche eidetiche, o a proiettarle
all’esterno. (lilos.): nella Fenomenologia di Husserl, filosofo tedesco
contemporaneo, l’aggettivo eidetico si riferisco all'essmza ideale, alla forma
o idea nel senso platonico-aristotelico, o si oppone a empirico: le essenze
pure, oggetto dello scienze eidetiche, sono strutture universali,
extratemporali, indipendenti dai fatti empirici. Elemento: in generale gli
elementi sono lo parti semplici cho compongono i corpi e in cui questi si
possono risolvere. Acqua, aria, terra e fuoco erano 1 quattro elementi di cui
si credeva composta la materia (Empedocle). Dieonsi elementi aueho i primi
rudimenti delle arti o delle scienze. Emanazione (dal lat. emanare = scorrere
fuoji; opposto: creazione) (lilos.): esprime il processo, affermato dagli
Gnostici c dai Nkoplatonky, mediante il qualo la molteplicità delle cose, sia
materiali, sia spirituali, cho forma l’universo, si svolge, esco fuori dall’essere
uno cho no costituisce il principio, senza cho vi sia discontinuità in questo
sviluppo, vi sia o no diminuzione dell’Essere uno in tale operazione. Il Cesano
distingue due sensi di questo termine: imanatio in divini» duple» est, una
genrratin, altera per nwdum ro- l untali», introducendo cosi nellYaumazione
l’opera della volontà, che è propria della creazione, della generatili.
Eminentiae via (lilos.): è una dello provo dell’esistenza di Pio, comune nella
Scolastica: « Le cose belle della terra sono il segno rivelatore della bellezza
più alta, le coso pure della purezza perfetta, le cose elevato della più
elevata (pulchra puìeherrimum, sublimili
alti»simum, pura purisstmum ostendunt). Emozione (lat. emoveo = pongo in movimento,
scuoto) (psicol.): in generale s’appllea ad ogni stato affettivo o sentimentale.
in senso stretto s’applien agli siati affettivi, reazioni d’ima certa
Intensità, d’apparizione brusca, spontanea, e di breve durata, a costituire i
quali concorrono stati di piacere o di dolore accompagnati o seguiti (por W.
James, invece, preceduti) da movimenti e reazioni fisiologiche. Le emozioni
possono essere piacevoli o spiacevoli, eccitanti o deprimenti, forti o deboli.
Empirico (gr. SjjLTretpoq = che sa per esperienza; opposto: razionale,
puro)Empiriocriticismo Ent( scienza) : si applica all’osservaziono fondata
sull'applicazione diretta dei sensi all‘oggetto della ricerca, all’esperienza
metodica cui partecipa 1 intelligenza, • i ciechi solo hanno bisogno di guida,
ma chi ha gli occhi nella fronte e nella mente di quelli si ha da servire per
iscorta (Galileo); ò sinonimo di sperimentale. (filos.): per Kant ò ciò che ò
dato nell’esperienza sensibile, ciò che giunge a noi dal mondo esterno per la
via dei sensi; equipollente di a posteriori (vedi questo termine). in senso
peggiorativo, è opposto a sistematico e si dice di ciò che ò frutto di
osservazione superficiale, non guidata da principii e norme metodiche.
Empiriocriticismo ( filos .): è la « filosofia dell'esperienza pura « concepita
da Riccardo Avexariub, che vuole liberare l'idea d 'esperienza da tutte lo
aggiunto del pensiero, dalle Ideo della speculazione metafisica e anche della
vita pratica, fondando una teoria economica della conoscenza (v. teoria e. d.
c.). L’esperienza pura sarebbe il semplice contenuto della percezione.
Empirismo (gr. ètXTCEipta = esperienza; opposto: raziottftltàmo) (filos.): comprende
lo dottrino che considerano l'esperienza sensibile, le Impressioni dei sensi
come il fondamento e la fonte prima, essenziale, insostituibile del conoscere
umano; vi appartengono: nell’antichità la scuola cirenaica, la cinica, 1*
epicurea, la stoica, e, nel tempi moderni, la filosofia di Bacon e, di |v =
eterno) (filos.): lo gnostico Valentino denomina Pone perfetto il principio
primo dell’universo, Pio, donde escono trenta coni minori, cho sono esseri
intelligibili e intermediari fra Pio e l’uomo; l’ultimo cono, Sofia, ò presa
dalla curiosità o dal desiderio Inestinguibile di contemplare 11 Padre o di
scoprire il segreto della sua natura (to Se tox&oc; elvat ^7)TY) =
contendo; quindi: arte di contendere con la parola) (lavica): è l’arte di
discutere, adoperando, por vincere nella disputa, argomenti sottili e ingannevoli
; è la degenerazione della dialettica al tempo dei sofisti. Eros (gr. £po>s
= amore) (filos.): per | Plato.ve ò l'amore rivolto alle ideo, la i tendenza
filosofica che trasporta Pani! ma dall'amore por il bello alla visiono del
perfetto esemplare della bellezza, cioè all'idea del bello, e di qui all'idea
più alta, a quella del Beno (v. amore). Errore (logica): in generale si
distinguono due classi d’errori: 1. errori logici, che dipendono dalla
violazione delle norme logiche del pensiero, p. e. del principio di
contraddizione (v. coniraddizione); 2. errori reali, inerenti alle Idee stesse,
quando queste non siano, in tutto o in parte, conformi allo cose che
rappresentano come ut viene per gl ter rori de i sensi. -per gli Epicurei la
possibilità dclTcrrore non ò nella sensazione presa in se stessa, ma nel
giudizio che pronunziamo intorno allo cose percepite. per Cartesio un’idea
presa in sé e per sé non è né vera, né falsa: lo diviene solo se viene posta in
relazione con altre, cioè negata o affermata mediante il giudizio, che ò un
atto della volontà, ed erra quando afferma o nega ciò che l’intelletto non vede
in modo chiaro e distinto, essendo il potere volontario disposto, per la sua
stessa natura libera, a varcare i limiti dell’intelletto, sul quale ò fondato
il criterio di verità (vedi criterio c verità). per Spinoza Terrore non è nulla
di positivo, è solo una privazione dovuta all’imperfezione del senso, che percepisco
una realtà parziale e no fa una realtà totale, come quando si prende la
distanza apparente del sole per la distanza reale. Escatologia (gr. Ict^octoc =
ultimo o Xóyos = discorso) (filos.): è quella parte della filosofia che ha per
oggetto l’esame dei fini ultimi dell’uomo e dell’imi* verso. Esistenza
(filos.): è la proprietà attribuita a ciò che ò oggetto dell’esperienza attualo
o dell’esperienza possibile. Quando si dice: questa cosa esiste, si esprime un
giudizio sulla sua realtà. gli Scolastici oppongono essenlia ad existcntia: la
prima ò la natura concettuale della cosa, l’idea costitutiva di essa; la
seconda ò la piena attualità, ultima actualitas, un quid che, aggiungendosi
all’essenza, la pone nel mondo della realtà. per S. Anselmo essenza od
esistenza in Dio coincidono o anche Spinoza nella I definizione dell’Effco
dice: 7 vr causata sui (cho è la sub stantia, sire Deus) intclligo id cuius
essenlia invol vii existrnf iam. V. Gioberti distingue essere da esistere: « in
latino cxsistcre, cho suona apparire, uscir fuori, emergere, mostrarsi, s’usa a
significare la manifestazione d’una cosa che prima ora come avviluppata,
Implicita in un’altra, e che, uscendo, si rende visibile di fuori; quindi
prodotta da una sostanza che la contiene potenzialmente, in quanto è atta a
produrla », giacché II verbo sistere e I suoi derivati, p. e. subsislcre t contengono
puro il concetto metafisico di sostanza; quindi Fesisfen/e non può concepirsi
senza VEnte che ne ò la causa creatrice, donde la formula ideale (come il
Gioberti la chiama): l’Ente crea
Tesistento ». Esistenziale (giudizio) = (logica): è il giudizio che afferma o
nega semplicemente Tesistenza d’una cosa o d’una classe di cose. Esoterico (gr.
IdtoTSpixóq = interiore) (filos.): dicesi particolarmente dell'insegnamento cho
Aristotele impartiva ai discepoli già istruiti; per estensione si dice, in
generale, dell’insegnamento impartito a pochi, fino a raggiunEsperienza 40 Essere gere il significato di sapere occulto,
accessibile a pochi iniziati (v. acroamatico ). Esperienza (dal lat. experior pongo alla prova) (ingenerale): ò la
conoscenza diretta,Immediata, omediata, elicsi può acquistare dei fatti o dei
fenomeni che si succedono in noi o fuori di noi. Y’ò un'esperienza comune o
vulvare che procede in maniera spontanea, incoerente, senza regola e
precauzione, obbedendo a impulsi sentimentali o utilitari; e v’ò un’esperienza
scienti fica, già detta dagli Stoici è[X“£tpta {jlsO’oSlxt) (esperienza
metodica ), che nelle sue ricerche applica all’osservazione dei fatti, alla
loro interpretazione e al loro coordinamento le norme suggerite dalla ragione
nel suo sviluppo storico, c dall’esperienza passata. l’idea moderna
d’esperienza si costituisce nel Hi nascimento soprattutto per opera di Galileo,
seguito poi dall’empirismo inglese. Locke riconosce due fonti dell’esperienza:
il senso esterno e il senso interno (cioè la riflessione ), e quindi vede già
nell’attività dell’Intelletto una condizione importante dell’esperienza. (filos.):
per Kant l’esperienza consta di due fattori: a) della conoscenza doi fenomeni,
cioò delle impressioni clic ci pervengono dal mondo esterno per la via dei
sensi o dal inondo interno per la via della coscienza: materia passiva; b)
dello spirito, che elabora il rozzo materiale delle sensazioni, cioè dei fenomeni,
con le intuizioni pure o a priori dello 6pazio e del tempo e con le categorie,
cioò con le forme attive. Questi duo fattori sono intimamente e indissolubilmente
fusi nel l’esperienza. Esperienza possibile (filos.): si ha quando, dice Kant,
« io mi rappresento insieme tutti gli oggetti sensibili esistenti in tutti i
tempi e in tutti gli spazi, ossia gli oggetti che si trovano in quella parte
dell’esperienza verso la quale debbo ancora progredire ». Esperienza pura
(ItTos.): è la dottrina che vuole liberare il pensiero da tutto le aggiunte
artificiose e superflue, come causa, tempo, sostanza eoe. e costituire •'
un’idea naturale del mondo mettendo nella sua vera luce il puro dato
immediatamente vissuto, cioè la sensazione. Così R. Avkxarius c Vempirio-cri
deismo. Esperimento (scienza): consiste nel riprodurre artificialmente fenomeni
naturali col lino di poterli osservare isolandoli, ripetendoli, « provando e riprovando
» nelle condizioni più favorevoli per
l’indagine scientifica. Galileo è stato uno dei primi e più geniali
sperimentatori. Essenza (lat. csscntia da esse) (logica): designa il complesso
delle determinazioni, cioò dei caratteri che definiscono nelle sue note
costitutivo un oggetto del pensiero. Aristotele Ja definisce: oùaCa àveo CXyjs,
ossia la sostanza senza la materia; p. es.: l’essenza dell’albero ò data dallo
qualità costitutive del concetto di albero, distinte dalla sua materia; forma c
materia, unite, dànno la sostanza (oùoCa). (filos.): è ciò che costituisce il
nucleo costanto d’una cosa in opposizione alle modificazioni che non lo toccano
se non superficialmente e temporaneamente; così la intende Cartesio. Spinoza
aggiunge che l’essenza d’una cosa ò ciò senza di cui questa non può né esistere
né essere concepita e, viceversa, ciò che senza la cosa non può né esistere né
essere concepita: id sine, quo res et vice versa quod sine re nec esse nec
concivi potest. Essere (filos.): in opposto a divenire indica ciò che esiste o
sussiste stabilmente, non ostante i mutamenti che può subire; è dunque una
realtà permanente, costante, presente nell’esperienza o anche accessibile al
solo pensiero; por gli uni (per cs.: Parmenide o Platone) l’idea dell’essere è
la più ricca di contenuto; per gli altri (per es.: Hegel o Rosmini) è l'idea
più semplice o più povera di contenuto; ma sempre di grande valore speculativo.
Parmenide por primo pensa l'essere come la realtà vera, immutabile, perfetta,
senza passato né futuro, posta In un eterno presente, unità del tutto omogenea,
accessibile al solo pensiero logico; mentre il non essere ò apparenza mutevole
o dipendente dall’esperienza ingannevole dei sensi. per Democrito l'essere è
posto nella pluralità degli atomi, che si muovono nel vuoto, cioè nel non
essere, il quale ò quindi una realtà anch’essa. per Platone ressero è nelle
Idee. per Hegel, so ad una cosa si tolgono tutto le determinazioni e le
qualità, rimane la pura affermazione* questa cosa è; ossia l’idea più semplice,
più astratta, più povera di contenuto, che richiama alla mente l’idea opposta,
cioè quella del non essere. È il punto di partenza (Iella logica hegeliana, e
della diaEssoterico 41 Esterno lettica
(v. questo termine) ; infatti « la verità dell'essere {tesi) e del non essere
(antitesi) è la loro unità, la quale ò divenire ( sintesi ); l’essere, se vicn
pensato nel divenire, è un formarsi, un incominciare ; invece il non essere ò
un passare ». L’idea decessero è un’idea della ragione (v. qui sotto l’esempio
citato nel Nuovo Saggio del Rosmini). -anche pel Rosmini ■ se dall’idea concreta
di M. nostro amico voglio rimovero ciò che ha di proprio e originale, non mi
resta più l’idea del mio amico, ma solo l’idea comune di un uomo; se poi
astraggo le qualità proprie dell’uomo, mi resta un’idea più generale, cioè
l'idea d’un animale; io posso allo stesso modo colla mia mente astrane dalle
qualità proprie dell’animale o mi resta allora l’idea d’un puro corpo privo di
sensitività, dotato solo di vegetazione; voglio ancora colla mente togliere da
lui ogni vegetazione, allora la mia Idea ò divenuta l’idea d’un corpo in
genero; se infine non voglio badare a ciò che ha di proprio il corpo, rimane
allora l’idea più universale di tutte, cioè l’idea d’un ente, senza che questo
nel mio pensiero sia determinato da nessuna qualità cognita, l’idea dell’essere
è dunque quella, tolta la quale, è tolto interamente il pensare ed è resa
impossibile qualsiasi altra idea ». Però l’idea dell’essere « che è la verità
prima e la ragione suprema, presuppone chi dia l’essere alle coso che esistono,
ossia l’essere in sé, Dio, causa ». Essoterico (gr. èScoTepixò»; Xóyo|xv) =
sentenza) (in pflBile): si usa a indicare la saggczzi^Riq s’esprime per mezzo
di sentenze morali, proverbi, aforismi: filosofia gnomica, poesia gnomica
(Solone, Focilide, Teognide). Gnoseologia (gr. yv&at? = conoscenza e Xóyo?
= discorso) (filos.): ò quella parte della filosofia che studia il problema
della conoscenza (vedi conoscenza). Gnosi (gr. yvcócu? = conoscenza, saggezza)
(rch' 0 .): è lo stato del Cristiano illuminato che distinguo chiaramente la
propria fèdo da quella dei pagani, le divinità dei quali gli appaiono pure
finzioni. (filos. e rclig.): ò una forma di conoscenza che trasforma la fede in
scienza; è però una conoscenza concreta, giacché per gli Gnostici conoscere Dio
vuol dire possederlo, non per via discorsiva, dialettica, o per la certezza
soggettiva della fede, ma per via mistica. che si complica con gli clementi
provenienti dallo religioni orientali o dalla filosofia; giacché gli Gnostici,
per superare l’antitesi fra Dio, principio del bene, e la materia, principio
del malo, imaginano una serie di coni (alcove?), realtà intelligibili uscite
dal Primo principio ineffabile, una delle quali, degenerando, ha prodotto la
materia e il male. La creazione e 1 a redenzione cristiane sono episodi di
quella lotta. Principali rappresentanti della gnosi sono Valentino e Marcione
(II sec. d. Or.) (v. Eoni). Grazia ( relig .): è un dono gratuito fatto da Dio
alle creature umane, senza che vi abbiano .alcun diritto; in questo senso non
v’è cosa alcuna che non sia una grazia, poiché Dio basta a sé e dona
liberamente e gratuitamente tutto ciò che dà. In un senso meglio determinato da
S. Agostino la grazia ò un dono gratuito che Dio fa all’uomo (posto dal peccato
originale nello stato di natura decaduta e pervertita) per rendere possiGusto 4ft Idea bile la salvezza di pochi eletti, Bcelti
dalla sua imperscrutabile volontà, giacché l’uomo da sé non può risollevarsi e
lo Spirito Santo soffia dove vuole (spiriius sanctus apirat ubi vult, non
merita seqiUns, sed merita facicns). _ Lo stato di grazia implica una partecipazione
più o meno consapevole dell'anima alla vita soprannaturale, che oltrepassa
l’ordine croato, cioè la natura o la conoscenza razionale; è oggetto di fede
(v. natura). (estetica): La grazia è il sentimento, non beilo definibile» che
nasce alla vista idola tori, gli Idoli
del mercato, cioè provenienti dai rapporti sociali: p C, gli errori per cui si
prendono corno reali le coso fittizie designate da terminll del linguaggio; d)
idola thratri, consistenti nell'azione esercitata sulla mente dai sistemi filosolidi,
elio si succedono sulla scena della storia, come le rappresentazioni fantastiche
della realtà si svolgono sulla scena d'un teatro. _ (teoria della conoscenza) :
per E cicli HO tutto le coso reali emettono efflussi d'atomi. quasi Involucri
vuoti isimularm. 11 dice Cicerone), i quali riproducono la struttura generalo e
le qualità del^ corpi donde emanano e, movendosi con grondo velocità,
pervengono attraverso 1 sensi fino al cuore, dove producono le sensazioni.
Possono provenire audio da corpi non piti presenti ai sensi; di qui 1 fantasmi
del sogno e del delirio. Ignava ratio (gr. ip-fòc; Xbyo r, = vita) (filos.): è
la teoria comune ai più antichi filosofi greci, secondo la quale la materia è
considerata non solo come attiva, ma come animata, vivente: materia e lotiche
sono Indistinto. Immaginazione (psicol.): è l’attitudine mentalo a formare
immagini c rappresentazioni ; si presenta sotto duo forme : --a)
rappresentativa, o riproduttrice, che sta nel potere psicologico di riprodurre
nella mente gli oggetti già percepiti, non presenti: li) creatrice, che
consiste nei comporre, nel creare nuove immagini; è alliue a fantasia o ha una
funzione importante nell’arte. __. (/ilo».): per Spinoza la imaainalio è il
grado inferiore del conoscere, visione oonfusa, disordinata, incompiuta *
delle" coso. _ per Kant Vimmaginasionc creatrice è « una funzione cieca ma
indispensabile % che applica le categorie deU’in* folletto ai fenomeni,
collognndo lo forine dell'intelletto con lo forme della sensibilità e rcndondo
cosi possibile la costituziono doli'esperienza;
per FICHTE l’immaginazione creatrice produce il non io, che si oppone
all'io puro o lo limita; opera In maniera Incosciente. Immagine (psicol.): In
generalo ò la rappresentazlono montalo d'un oggetto percepito, o anche una
nuova rappresentazione formata d’elementi psichici elio già si trovano nella coscienza,
come le immagini poetiche. Immanente (opposto: trascendente ) (/»/os.): già nel
soc. XIII immanens (opposto a transiens c transitiva) i> detta un’azione od
una causa elio rimanga nell'Interno dol soggetto agente, mentre transitiva è
dotta quando, uscendo dal soggetto, s'cserclta sopra un'altra cosa; cosi S.
Tommaso: duplex est actio, una qua e transil in citeriorem materiam, ut
calc/acerc et secare, alia quac manci in agente, ut intclligcre, sentire et
rette (= duplice è l'azione; una che passa nella materia esterna, come riscaldare
o tagliare, l’altra cho rimane nell’agente, come intendere, sentire e volere). Spinoza Intende in questo senso il termine
immanente, quando dice: Deus est omnium rerum causa immanens non vero transiens
(Ilio è causa immanente di tutte le cose, non transitiva), perché, contenendo
in sé il mondo (v. panteismo), non esco fuori di sé quando agisce, ma resta in
so stesso. -per Kant è immanente ciò che sta entro i limiti dell’esperienza,
trascendente ciò clic sta fuori deH'esperienza a non è conoscibile.
Immanentismo Imperativo in dottrina eli Blondel (vedi: azione) ò detta una «
trascendenza immanente », perché la divinità che è trascendente, può, per un
atto della volontà individuale, consapevole della propria incompletezza e
insuiHeionza. divenire immanente, entraro nella vita umana, compenetrarla,
facendo cosi l’uomo partecipo della vita soprannaturale per un dono gratuito,
cioè per tuia grazia, la quale però risponda a un appello interiore, a
un’intensa aspirazione della coscienza. Immanentismo (relìg.): è la teoria attribuita
al clero modernista cattolico e condannata dall’enciclica Pascendi, pei duo
principi! di cui consterebbe : a) il sentimento religioso è un prodotto
dell'attività interiore o incosciente dello spirito ed ò il germe d’ogni religione,
che così apparo un frutto proprio o spontaneo della natura; b) Dio è immanente
nell’uomo, perciò la sua aziono si confonde con quella della natura e 11
sovrannaturale viene eliminato. Immanenza (filosofia dell' )(filos.): ò la
dottrina di G. Schuppe, secondo cui l’io, la coscienza ò il fatto primo,
supcriore ad ogni dubbio, irriducibile, e la pluralità delle cose di cui l’io è
conscio è l’oggetto inseparabile della coscienza, per cui ogni oggetto non pensato,
non presente al soggetto e da questo indipendente, è inconcepibile; ogni cosa è
solo in quanto è presente al soggetto, in quanto entra nella sfera della sua
luce e della sua realtà (ossia è immanente nella coscienza). Ciò non vuol dire
che il mondo sia nell'io, ma solo che l’io e il suo oggetto sono due momenti
inscindibili d’uno stesso atto: • quando lo ho la sensazione d’un disco rosso
posto a nna.corta distanza o d’una data grandezza, ciò non vuol dire altro so
non che io ho coscienza di esso, clic esso è oggetto della mia coscienza ». La
realtà è perciò il contenuto della coscienza. non dello singole coscienze!, ma
d’unti « coscienza generica >, che è il soggetto pensato nella sua
perfezione c nella sua purezza, avente un’esistenza concreta solo nello
coscienze particolari. Immaterialismo (filo».): cosi denomina Berkeley la
propria filosofia, clic, opponendosi al materialismo del suo tempo, vuol
dimostrare resistenza reale delle sole idee e dell’anima e riduce la materia a
un complesso di idee, intese nel senso di processi psichici. Immediato
(opposto: medialo) (logica): ò immediata un’inferenza, quando il passaggio da
un giudizio a un altro, da una proposiziono a un’altra avviene senza un termine
medio, senza un terzo giudizio intermediario; p. e. dalla proposizione : i triangoli sono poligoni », si deduce
immediatamente: « alcuni poligoni sono triangoli ». (/ilo*.): è immediata la
conoscenza che coglie un'idea, un sentimento per via dirotta, intuitiva, senza
passare per un termine medio, come invece avviene nella conoscenza discorsiva e
analitica; cosi Platone intuisce l’idea del Bello e del Bene, Cartesio il
cogito ergo sum. Immoralismo (/ ilos .): per Nietzsche designa l'aspirazione
verso nuovi valori morali, cho si dovrebbero concretare nelle virtù forti ed
eroiche del superuomo (v. questo termine), e dovrebbero sostituirsi ai vecchi
valori, soprattutto allo virtù umili e inclini alla rinunzia, esaltate dalla
morale del Cristianesimo. Immortalità (filo*, o velia.): è il sopravvivere
indefinito dcU’anima al corpo, conservando la propria individualità. La
dottrina dell 'immortalità personale è por la prima volta affermata con prove
da Platone (specialmente nel Fedone). per Aristotele. ò immortale solo l
'intelletto attiro (v. questo termine), che è la forma dell’anima ed entra in
questa dall’esterno. per Kant l'immortalità dell’anima è un postulato della
ragion pratica ; è fondata sopra l'esigenza, por l’essere umano finito, di
attuai*© la perfezione morale In un progresso indefinito verso la santità.
Imperativo (morale): ò un comando, una norma obbligatoria che l’uomo deve
imporre a se stesso pel raggiungimento d’un fine. Kant distingue due specie di
impè* rat ivi : a) ipotetici, che sono comandi condizionati, mezzi da servire a
un determinato fine, e sono regole d’abilità o consigli di prudenza; p.e.: sii
temperante se vuoi vivere a lungo • ; b) categorici che comandano in modo
assoluto, incondizionato, non sono subordinati ad altro fine ed esprimono la
necessità dannazione, in quanto è buona in 60 stessa; sono norme razionali, che
esprimono la forma che deve rivestire un'azione per essere giudicata Implicito 53 Indifferenza morale; provenendo dalla ragione,
non dall'esperienza, sono universali e necessari ; p. e. : non mentire, avvenga
olio può . Implicito (opposto; esplicito) {logica): un’idea o un giudizio sono
impliciti.in un’altra idea o giudizio, se, affermati questi, sono affermati e
sottintesi quelli ; p. e.: essere ragionevole 6 implicito in uomo. Impressione
( filos.): ò il principio fondamentale della dottrina di D. HUME, pel quale «
Bono impressioni le sensazioni, lo passioni, le emozioni elio compaiono per la
prima volta nella coscienza . mentre le idee e lo rappresentazioni sono copie
dello impressioni, ma più tenui o meno vivaci. Per Humc non v’è idea senza
impressione, non vi sono concetti a priori e non vi è metafisica. Impulsione e
impulsivo (dal lat. impellere = incitale; opposto: inibizione) (psicvl.):
esprime la tendenza spontanea e immediata all’azione. Un carattere è impulsivo
quando passa dirottamente dalla concezione d’un atto alla sua esecuzione;
allora il potere inibitorio agisce debolmente e noi casi patologici è annullato
(v. inibizione). Imputabilità (da,, lat. imputare = mettere in conto,
attribuire a qualcuno un atto) ( diritti> e morale): è 11 carattere d’un
atto, die, trasgredendo la legge civile o la legge morale, può essere imputato
a una persona. Ha un aspetto oggettivo, in quant o si considerano gli untecedenti
deiratto imputabile, cioè la persona agente, la condiziono elio permette ad
ossa di operare e la circostanza, ossia l’occasione più o meno favorevole ad
agire; e ha un aspetto soggettivo, che è la libera decisione della volontà,
l’aver agito consapevolmente e liberamente. La responsabilità e la pena non
sono necessariamente connesse all'imputabilità, giacché le cause che
diminuiscono il valore razionalo della persona agente (p. e. la passione c
l’ignorau/a invincibile), ne diminuiscono pure e, in certi casi estremi, ne
annullano la responsabilità. L’imputabilità morale esige pjù particolarmente
l'apprezzamento morale dell’atto in relaziono col valore morale della persona
agente. Incondizionato (filos.): è ciò che ha in sé la ragione del suo essere
e, quindi, non sottosta ad alcuna condizione; può quindi essere inteso come
assoluto. Inconoscibile {filos.): è ciò che, pur essendo reale, si sottrae ni
nostri mezzi di conoscenza, ò un assoluto che sta dietro i fenomeni; lo Spencer
lo pone a fondamento della sua dottrina (v. «gnosticismo). Incosciente
(opposto: cosciente) (psi’col.): si dice dei processi psicologici (sensazioni,
rappresentazioni, volizioni, ecc.) che, pur essendo reali e attivi nel nostro
interno, non sono avvertiti dalla coscienza. -Leibniz pel primo ha richiamato
l’attenzione su questi processi psichici oscuri (petites, insensitiva
percepìurna), che costituiscono la vita delia monade nel suo grado più basso:
p. e. il movimento d’ogni singola onda marina dà u na percezione debole,
confusa, inavvertita, incosciente, e deve fondersi coi movimenti delle altre
ondo per essere percepito distintamente. (filos.): pel tedesco Kdourdo Hahtmaxx
rineosciento è l'essenza della realtà, un principio universale, dovunque
presento, attivo, intelligente, manifostuntesi nella materia, nella vita, nel
pensiero; In se stesso ò sopracosciente, per nói è incosciente; ò una sostunza
operante, analoga alla volontà ili Schopenhauer, itila quale l’inconscio
deH’Hnrtmann ò sostituito come principio primo dell'essere o del divenire.
Indetenninismo (opposto: determinismo) (filos.): ò lu dottrina elio afferma la
libertà del volere, per cui la volontà non dipende nelle sue decisioni né da
forze esterne, né da processi interiori c mentali, non è determinata da cause,
è dotata di spontaneità, lia la facoltà di decidersi senza causa. il Bol'tkoux
o il Bergson estendouo questa spontaneità a tutta la realtà, nella quale si
possono rilevare novità, creazioni, produzioni originali, elio il determinismo
non riuscirebbe a spiegare (v. contingenza ). Indifferenza (filos.): per
Aiustippo di Cirene è indifferente una sensazione clic non è né piacevole né
dolorosa, paragonabile al mare in bonaccia., (morale): per gli Stoici sono indifrercnti,
cioè prive di valore pel saggio, le cose che non dipendono da noi, come la
vita, la morte, la salute, la malattia, la ricchezza, la povertà; la virtù è il
solo bene c il vizio il solo male. per gli Scettici tutte le cose sono
indifferenti (àSldccpopa, da a priv. o àiacpépco = distinguo), perché l’uomo
conosco le coso come appaiono, non come sono in se stesse; quindi le cose sono
Indifferentiae 51 Ineffabile (.ulte no» differenti, cioè uguali,
sono pure apparenze. per sk'UKmxu l’indiffcreuza è il carattere del principio
supremo dcll’universo, clic dove concepirsi indeterminato, comprendente in sé.
Indistinti, l’oggetto o il soggetto, la materia e lo spirito, o conciliante in
sé tutti 1 coulrasti e gli opposti: tale principio è la natura creatrice,
natura naturimi!, spirito clic diviene. Materia 0 spirito sono per lo Schelling
inni differenti, coincidono: la materia è spirito ohe sonnecchia, lo spirito è
materia in formaziono (v. identità). Indifferentiae (libertini artritrium) ): v. arbitrio. Individualismo (opposto:
universalismo) ifilos.): consiste nel concepire l’individuo corno line a se
stesso. Per questa dottrina tutte le forme sociali (la famiglia,
l’associazione, lo Stato) sono mezzi creati dall’individuo per lo sviluppo
dell’individuo, o la society non è altro die un uggrnppumento d’individui. (morale):
è la dottrina per cui ciò che piu importa è la formazione e il perfezionamento
morale dell'individuo, o la società ha valore in quanto favorisco lo sviluppo
morale indefinito della persona umana, [ruiividualistica è la morale di Kant.
Individuazione (principio di ) (Jat. mediev. : principi um individuai ionio)
(filos.): nella Scolastica 6 ciò che conferisce a un essere l’esistenza concreta,
determinata nel tempo c nello spazio, cioè individuale. Questo principio è la
nuitcria per S. Tommaso, la e verità (haccccitas) per Duxs Scoto; per Leibniz è
ciò che fa si che un essere possieda non solamente un tipo speci fico, ma
un’esistenza singolare, concreta, determinata nel tempo o nello spazio e che lo
distinguo da tutti gli altri : por SCHOPENHAUER è il tempo e lo spazio, grazie
ai quali la volontà iti vivere, che ò il fondamento mota fisico della vita
universale, sempre identico a se stesso, si manifesta come diverso e molteplice
negli esseri individuali. Individuo (gr. &-to[AOV = indivisibile, che
Cicerone traduce con in-dividuum) (in generale): 6 ciò cho costituisce un tutto
determinato, concreto, distinto e distinguibile dagli esseri della stessa specie
(Boezio: dicitur irui irido um quoil (minino secavi non potrai, ut unitas vet
menu: dicitur id euiiis praedicatio in nllqua similia non convenit, ut
Socrafes). (filos.): individuo ò l'uomo iu quanto rappresenta un mondo a parto
o riflette in maniera particolare Putiiverso ; ò un microcosmo, cioò una
concentrazione della realtà, del macris-osmo. Questa concezione risale a
Plotino o ricompare in Nicola Cusano, in Giordano Bruno e in Leibniz. Induzione
(Ionica): in generale ò l’operazione che consiste nel passare da fatti,
affermazioni, proposizioni particolari o singolari a proposizioni e a principi!
generali. L’induzione ha duo forme: a) induzione perfetta, quella aristotelica,
detta enumeratio prr/ccta, che da ciò che ò stato provato dello singole parti
d’un tutto procede al tutto stesso(v. epagoge): b) l’induzione moderna, o
enumcralio imper/ecta, cho vu dalla parte al tutto, da ciò che si ò osservato
in alcuni individui d’una classe a tutta la classe, è conclude con Un principio
generalo, con una legge; ò divenuta un procedimento comune nella scienza dopo
Bacone e Gallico; Stuart Mill vorrebbe che fosse riservato il uomo d’induzione
a questo solo procedimento. (filos.): in che modo si giustifica l’induzione
come passaggio dalla parto al tutto 1 Alcuni ricorrono al principio di causa: •
qunudo lo stesso condizioni sono attuate in due momenti diversi del tempo c in
duo punti diversi dello spazio, gli stessi fenomeni si riproducono, mutando
solo lo spazio o il temilo • (PAINLEVÈ). pel Lacuki.ikh è fondata su duo
principi, cioè sul principio di causa, In Virtù del quale i fenomeni formano
serie in cui l’esistenza del precedente determina quella del seguente, e sul
principio delle cause finali, per cui lo serie dei fenomeni formano sistemi (come,
p. e., specie e generi), nei quali l’idea del tutto determina l'esistenza delie
parti (p. e.; l'idea dell'uomo determina l’esistenza dei singoli uomini).
Questo secondo principio assicura l’ordine nella natura, il quale alla sua
volta assicura la costanza delle leggi meccaniche del movimento, ossia
l'induzione stessa. il fisico K. MACH considera l iuduziono solo come un
principio regolati co, un’ipotesi utile nello ricerche scientifiche, non un
principio costitutivo e corto. Ineffabile (gr. SpprjTop. 7)11x4;). Che nasce, o
muore col corpo, è illuminato dall’intelletto attivo, è materia rispetto a
questo che è forma; Intellettualismo 56 Intelligibile • ■ per Plotino emana
direttamente dall’l/no, è intelletto universale, come poi per G. Bruno, pel
quale « esso empie il tutto, illumina l'universo, è fabro del mondo », simile
al demiurgo del Timeo platonico, che plasma il mondo sensibile con rocchio
fisso alle idee. -per Spinoza è la facoltà che ha la nostra mente di collegare
le idee in un ordine obbiettivo uguale per tutti, mentre 1’ associazione
psicologica le ordina secondo le affezioni del corpo, collegato fra loro da
rapporti nou necessari!, ma puramente accidentali e variabili ; -per Kant è la
facolta di giudicare, cioè l'attività che subordina rappresen| tazioni diverse
a un concetto unico, è l’organo delle categorie, che collega i fenomeni dati
dalla sensibilità; per Schopenhauer ò l’organo che coordina le rappresentazioni
mediante il principio di causa, la sola categoria da lui ammessa.
Intellettualismo (opposto: volontarismo) ( filos .): il termine ò di recente
formazione e risale a Schelling, ma l’idea è antica, e consiste nel subordinare
alla ragione teoretica (vou? &so>p7)Tixós di Aristotele) la ragione
pratica (voo£ 7rpax?ixó$); ossia nel porro il centro di gravità dell’esistenza
umana nell'!zitelle tto, considerato come la sola funzione che le possa dare
forza, calore, vita, giudicando l’azione pratica come secondarla e subordinata
al conoscere, c affermando che le norme valide pel pensiero sono pure valide
per le altre attività vitali, il sentimento e la t*olontà. -I filosofi greci ci
diurno un esempio tipico dell’intellettualismo: convinti che l’uomo fa parte
d’un cosmo retto da leggi immutabili che lo circonda con la sua certezza c il
suo splendore, non vedevano nulla di più grande della conoscenza d’un tale
mondo (D-eopCa) mediante l’intelletto (vouc). Con Socrate e Platone
l’intelletto diviene anche la guida sicura della condotta morale: non è
possibile fare il bene senza conoscerlo, né è possibile che, conoscendolo, non
lo si faccia. -nei tempi moderni tipici rappresentanti dell’intellettualismo
sono Leibniz, il qualo afferma essere il pensiero la potenza fondamentale
dell’anima, ed Hegel, pel quale l’universo è la ragione realizzata, la realtà
ultima è quella accessibile al solo pensiero, e « lo spirito è la causa del
mondo « (v. volontarismn). -in senso peggiorativo ò 1 tendenza a rinchiudere la
realtà vivente entro schomi rigidi e quadri artificiali, che invece di
riprodurla fedelmente la deformano, toccando solo la superficie delle cose o
disconoscendo le esigenze del sentimento e della volontà. Intelligenza
(psicol.): in generale equivale a «organo della conoscenza» e quindi compie
tutte quello funzioni psicologiche che contribuiscono al conoscere (percezione,
associazione dello idee, memoria, immaginazione, ragione); suo operazioni
importanti sono; distinguere e generalizzare. -(filos.): per S. Tommaso
l'intelligenza è l’intelletto nella sua effettiva attività: inteUigentia
significai ipsum actum inkllcclus qui est intelligcrc ; -per Hpinoza ò
l’attività mentale, essenziale alla ragione: nulla est via rationalis sinc
inteUigentia. il Bergson contrappone l’istinto e Tintuizione all’intelligenza :
questa ha una funzione analitica, discorsiva, vuol comprendere ciò che si
sottrae al meccanismi, ossia la vita e lo spirito, mediante le leggi meccaniche
che governano i corpi solidi; perciò si lascia sfuggire il carattere profondo e
originale della vita e dello spirito, che è divenire spontaneo, imprevedibile,
creatore. Intelligibile (gr. voyjtó$, da voéo = penso, comprendo con la mente;
opposto: sensibile) (filos.): in generale indica ciò che può essere soltanto
pensato, conosciuto dall’intelletto. più particolarmente, l’ospresBione monito
intelligibile (xó; il Logos è Gesù, Il Verbo mediante il quale tutto è stato
creato, la luce che illumina ogni uomo, il figlio unico di £>io o Dio egli
stesso; xal ò Xóyos vjv Tcpò? ateòv, xal ?)V 6 Xóyo^ (il Verbo era presso Dio:
e Dio era il Verbo). La teologia cristiana interpreta il Logos come il verbo
che s’ò fatto carne nel figlio di Dio; è un mutamento importante nella storia
di questo termine e, anche, del Cristianesimo. per Filone d'Alessandria, il
logos è intermediario fra Dio e il mondo; per mezzo del verbo Dio é creatore
del mondo, ò il primogenito di Dio, un secondo Dio, forza cosmica ordinatrice
del tutto; per Plotino ò in generale ogni attività spirituale, e più
particolarmente l’immediata produzione dell’t’no, la seconda ipostasi, il V 0
U£» la ragiono che contiene in sé lo idee e da sé le produce: vosi và 6 vva xal
ucplaT7] vento. questa ido» viene ripresa nei Rinascimento e per N. Cusano
l'uomo ò un parvus munxtus, uno specchio, una quintessenza dell'universo,
poiché fra il grande e il piccolo cosmo i termini si corrispondono e abbondano
lo analogie. Magia: in gemcrale è una delle arti taumaturgiche occulte, assai
diffusa anche nel Rinascimento, la quale insegna a conoscere le forzo segreto
della natura eglispiritiche in questa agiscono, per trarli a vantaggio
dell’uomo con mezzi 0 pratiche occulte. il poeta-filosofo tedesco Federico
Novaus ò Fautore cl’un idealismo magico, per cui l’uomo può entrare in rapporto
di simpatia o d'azione diletta con l’universo, compiere l'unione misteriosa
dell’io con la natura per via intuitiva: « l’artista, simile all’uomo
primitivo, ò un visionario; tutto gli apparo come spirito ». Maieutica (gr.
(xatsuTiXY) TéyvY] = Forte dell’ostetrica) (filos.): è il metodo seguito da
Socrate che, interrogando, fa scoprire a ciascuno la verità che egli porta in
sé: « hai sentito dir© che io son figlio d’una levatrice molto valente e seria,
Fenarete, o che m’occupo della stessa arte, ma con riguardo alle anime e non ai
corpi * 1 (Platone, Teeteto), Male (il problema del ) (filos.): deriva dalla difficoltà di
conciliare resistenza d’un Dio buono o onnipotente con a presenza del male
nell’universo, sia che si consideri come male morale nel peccato, sia come male
metafisico nell’imperfezione di tutte ie cose, sia come male fisico. Tale
problema si presentii soprattutto nelle religioni e nelle filosofie
ottimistiche (v. manicheismo). per lo Stoicismo il male, se è osservato non in
sé ma in relazione ool tutto, dipende da condizioni posto perii bene, o anche ò
un mezzo per attuare un bene, oppure dipende dalla stoltezza dell’uomo che
disconosce le leggi della ragione cosmica e Berve alle passioni. per Plotino,
seguito spesso dalla Scolastica, il male ò pura apparenza, perché colpisce Bolo
l’uomo empirico che vive tutto nel mondo esteriore e Manicheismo Meccanica por
i boui materiali, non l’anima olio s’elevi, purificata, nella sfera della ragione
o dell’Uno. Leibniz afferma la superiorità del bene sul male nel mondo, il
quale nel 1 suo insieme ò un’opera buona, preferibile al nulla. Anche
VIlluminismo ò ottimistico. Manicheismo (relig.): dottrina fondata da Mani,
persiano del III sec. d. Or., che vuol spiegare il mondo con la lotta frtt duo
potenze sovrane e infinite, di cui la prima ò il Principe della luce, la causa
o l’essenza del bene, l’altra il Principe delle tenebre, la causa e la sostanza
del male. s. Agostino professò tale dottrina nella sua gioventù. Massima
{morale): per Kant ò il principio soggettivo del volere, norma di condotta elio
l’uomo si dà come valida per la sua volontà, senza riferirsi ad altre persone.
Materia (opposto: spirito) (, filos .): per Platone è qualcosa di rozzo, di
rosistente e di ostile allo spirito, il quale non riesce a dominarla
interamente. -per Aristotele ò una realtà Indeterminata e inerte, ohe riceve
determinazione e vita accogliendo la forma (v. questo termine), alla quale si adatta
e la, serve docile, essendo a ciò predispostadalla stessa natura: è la potenza
di ciò che, grazie alla forma, è tradotto in atto; p. e. il marmo rispetto alla
statua. -per Cartesio ò la rea extensa, essendo l’estensione la sola qualità
del corpo la quale si presenti a noi chiara e distinta ; è retta da leggi
meccaniche, e lo stesso corpo umano è una macchina, benché mirabilmente
foggiata. nei tempi moderni o s’ammette resistenza d’uria materia distinta
dalla forza e se ne ha una concezione meccanica, come in Cartesio; oppure
materia ed energia si identificano, o allora se ne ha una concezione dinamica,
come in Leibniz; nel primo caso la causa del movimento ò esteriore, nel secondo
è interiore e opera dall’interno verso l’esterno. Materialismo (opposto:
spirUualismoy {filos.): ò la dottrina che considera la materia come l’unic a
sostanza o il principio primo dell’universo, concepito coinè una molteplicità
di corpi posti nellospazio e accessibili ai sensi. Si presenta sot to diversi
aspetti, per la difficoltà di spiegare* l’esistenza dello spirito: a) nella
forma 'attributiva Io spirito è considerato un attributo, una qualità inerente
alla materia,, che appare animata, come nei Presocratici, materialisti
inconsapevoli; b) nella forma causale lo spirito è un effetto della materia, à
un epifenomeno dell’attività cerebrale, o anche l’insieme dello reazioni
clolTorganisnto corporeo: «E la coscienza, come il pensiero, è un prodotto
della materia « (B Corner); c) nella forma equaliva i processi psichici sono
pensati come materiali nella loro essenza, crjuali essenzialmente agli elementi
materiali; per Democrito, mi cs., 1’anima consta di atomi lisci, rotondi.
simili u quelli del fuoco. Materialismo storico (filos.): Marx ed Engels,
asserendo che l'uomo, nella sua essenza, é un essere che ha fame e sete, ha
bisogno di nutrirsi, di vestirsi, in una parola subisce un certo numero di
necessità vitali e dipende in ogni istante dolla sua vita dai mezzi atti a
soddisfarle, cioè dai mezzi cconsnnici, materiali, deducono che il fattore economico
determina, in maniera pili o meno visibile, ina reale e decisiva, ogni ‘ nostra
azione; quindi bisogna dire, contro Ìidealismo classico, specialmente di Hegel,
che non l’attività dello spirito ma le condizioni materiali d’esistenza sono
gli organic 1 motori della storia, elio la produzione economica genera e domina
il fenomeno giuridico, politico, morale, e, iu qualche modo, anche quello
religioso, intellettuale, artistico. Questa dottrina viene anello detta determinismo
economico, che però non esclude un’azione dello spirito sulle condizioni
materiali della vita. Meccanica (opposto: dinamica ; gr. rj (i.y)/avtx.7)
'ziyyrr = l'arte di compor macchine ponendo a profitto Io forze della natura):
in venerale è là teoria che spiega la formazione della natura in maniera
analoga dlle opere dell’uomo, benché la natura operi con mnggior finezza
dell’uomo (Aristotele). (filos.): l’idea di meccanismo dalla fisica s’estende a
tutti i gradi della realtà, dando luogo a una teoria meccanica del mondo, che
appare per la, prima volta nell’. 4 tomTsfica di Democrito : Il mondo, così
vario e mutabile, ò sempre e dovunque lo stesso, giacché ogni cangiamento
dipendo dal fatto che il substrato materiale é soggetto a movimenti d’ogni
sorta, c tutti i fenomeni si succedono obbedendo al principio di causa, non
esclusi i fenomeni psichici, che, seguendo le leggi Mediato (in Metempirico dcHVwffWwciofli’ delle idee, si
ntlrng-, sono o si respingono, veri àtomi psì-r. chic!, come irli atomi Usici ;
questa teoria lia li carattere d'nn deiermintomo universale. •,_ n Laplacp:
cosi formula la consegui n/.a di tale teoria: Un’intelligenza elio conoscesse
tutto le forze onde è animata la natura c la posizione rispettiva degli esseri
che la compongono, so poi fosso cosi vasta da poter nssoggettaro questi fatti
all’analisi, comprenderebbe in un’unica formula i moti dei più grandi corpi
dell’universo o quelli delPatomo più leggero; nulla sarebbe incerto o
l’avvenire come il passato sarebbe presento ai suoi occhi ». Mediato
(ragionamento) (Apposto: immediato) (logica): è la forma di ragionamento che
consisto nel passare da un giudizio a un altro mediante un terzo giudizio; p.
e. f il sillogismo. Medio (logica): è nel sillogismo il termino che serve per
eollcgaro il termine maggiore col minore: p. e. mortale si collogu a Sacrale,
mediante uomo, nel sillogismo: • l’uomo è mortalo; Socrate è uomo ; dunque
Socrate è mortale », Memoria (psicol.): ò la funzione psicologica clic consiste
nel fatto che i processi psichici giù vissuti si conservano e si ri presentano
nella coscienza, quindi vengono riconosciuti come ricordi, o localizzati, cioè
riferiti al passato non in generalo, ma in un punto preciso, (ora, luogo,
circostanze); se quest’ultimo carattere manca, si ha solo una reminiscenza. si
ha memoria affettiva quando con la rappresentazione si rivive più o meno
intensamente lo stato affettivo, il sentimento che da essa fu determinato. :
(filo 8 .): il Bergson distingue: a) una memoria abitudine, per la quale il passato
sopravvive In un sistema di movimenti; s’acquista con la ripetizione, servo
all’azione, è localizzata nel sistema nervoso; b) una memoria pura, in cui il
passato sopravvive in ricordi indipendenti di fatti onici, che non sì ripetono
mai nello stesso modo, perché neirintcrvallo fra il processo psichico originale
e il suo richiamo l’io è mutato; il processo integrale non è quindi piìi lo
stesso, perché rappresenta uno «tato d’animo unico, che non toma più. Questa
memoria è indipendente dal corpo: la prima ha carattere meccanico, la seconda
dinamico. Metafisica ffilos.): nella storia del (ormino è già abbozzato il
significato: Andronico di Rodi (I sec. d. Cr.),nell‘ordinare Io opero
d’Aristotelo, collocò gli scritti ri f cren tisi alla filosofia prima it:?cót
7] 91X0009ta) dopo quelli riferontisi alla filosofia naturale (và yvai'/.óc.):
quindi la filosofìa prima (quella che ha per oggetto la realtà ultima e
l’essenza immutabile di tutte le coso) fu detta và [xsvà và 9omxà, ossia u/7)v
= al di là della psiche) ( psicol.) : è il nome dato da C. Richkt, nel 1911, a
quel ramo della psicologia che tratta dei processi psichici rari e anormali,
come la telepatia, la divinazione, la chiaroveggenza, che dovrebbero rivelare
facoltà psichiche ancora ignorate 0 costituire una nuova scienza. Metempirico
(film): è ciò che sta fuori dei limiti dell'esperienza. Metempsicosi 04 Mito Metempsicosi (gr. lctt., trans-animazione;) (filos. o retiti.):
ò la dottrina antichissima, sorta in Oriente, giti nota a Pitagora c accolta da
Platone, la quale ammette il trapasso dell’anima da un corpo all’altro, per cui
una stessa anima pn successivamente dar vita a pia corpi, sia umani, sia
animali, o anche vegetali. Metessi (gr. [lébcV-t = partecipazione, da uET-é/m =
partecipo) (/ilos.). e ! pensata dà Platone per spiegare 1 rapporto fra le idee
c le cose sensibll, i che sarebbero una «partecipazione, di quelle. Viene usata
anche dal GIOBERTI I ì u significato nillne per chiarire il rapporto fra
l’Idea, l’Ente, la divinità, e l’esistente, il mondo; è intermediaria fra
l’atto creatore c il suo effetto, è partecipazione degli esistenti alla realtà
originaria dell’Ente, per cui gli esistenti imperfetti, cioè gli esseri umani,
aspirano alla perfezione dell’Ente. Metodo (gr. uéDoSoc, da o 684 ? = via;
quasi: in via) (ionica): esprime l’Indagine e audio i mezzi per compierla, i
procedimenti col quali si ordinano e si estendono lo cognizioni; donde: ._1 )
il metodo sistematico (dal gr. cr'-> v fomiti = raccolgo con ordino), che indica
lo norme con le quali il sapere viene ordinato; p. o. la dassWcazionc : _ 2) il
metodo inventivo, che offre l procedimenti col quali dallo cognizioni note si
passa a quello Ignorate; p. e. ) induzione. _ Il metodo inventivo si suddivido
alla sua volta in: _n) metodo induttivo, che da le nonne per tra ire
dall’osservazione dei fatti lo leggi che li reggono, per estendere a tutta una
classe di fenomeni elo che si è constatato in alcuni casi ’ omerale e
narrazione favolosa ta cui esseri Impersonali, p. e. 1# forzo del natura,
vengono personificati per spiegare simbolicamente fenomeni e avModalità 85
Movimento veni menti ; noi tempi uniteli! costituì* scolio II fondo delie
credenze religiose. -(filos.): per Platone è una narra* ziono fantastica di ciò
clic può avvenire al .il li dei limiti dell'esperienza e della ragiono; p. e.
le vicende dell'anima dopo la morte: dove termina l’ufficio delia ragione,
supplisce li mito o il Himbolo, come nel (forvia, nel Fettoni’. nel Fedro,
nella Repubblica: dimostrata razionai monto l’immortalità (loirauima, si può
favoleggiare iito&oAoysìv) intorno al destino dell’uomo dopo la morte. __
()(rs | por mito s'intende anche un’idea fondata sull'intuizione o la fede, che
può divenire il sostegno o il motore interno (l’un movimento politico, sociale
o religioso (p. o. li mito della razza). Costruito, almeno in parte, su
elementi fantastici, trae 11 suo valore dalle conseguenze più o meno buone, più
o meno utili, non dal suo contenuto di verità, «Difforme alla dottrina pragmatistica
(v. pragmatismo). Modalità {Ionica): b per Kant la funzione dei giudizi,
fondata sul valore della copula; essi sono problematici, assertori, apodittici,
serondocl»! la relazione «'enuncia come possibile, come esistente nella realtà,
come necessaria: le formule rispettivo cono: può essere, è, deeVsscrc. Modo
(filos.): per Spinoza i modi sono affezioni, cioè gli stati, le modi ttoazioni
transitorie della sostanza, sono sii esseri particolari o Uniti; p. o. le idee
sono modi della res rogitans, i corpi della res extensa, cioè degli attributi
della sostanza. per Locke 1 modi sono
una classe di idee coniposte, che sono o idee di azioni umane (p. cs. :
uccisione), o modi di comportarsi (p. c. gratitudine), oppure modi di essere
(p. e. triangolo, che è un modo di essere dello spazio). Monade ter. uovi; =
l’unità, il semplice) Oilos.ì: al dire d*Aristotele i Pitagorici pensavano i
corpi composti di pimti, « di monadi che hanno posto nello spazio ». -per (ì.
Bruno minimo, punto, atomo, monade dicono la stessa cosa, cioè un primum
indivisibile delle cose, che è insieme corpo c anima, sostanza mateaie e centro
di forze vivente e animato. per Leibniz
le monadi sono sostanze spirituali seni [ilici, chiuse in sé, senza porte nò fi
nestr e -, dotate (l’appetizione e di percezione, veri punti metafisici, M'spn
retiia nti ciascuna l'unlrcnp, disposti in gradi ascendenti, che vanno dalla
più bassa, ancora inconscia, alla più alta, Dio, monade delle monadi. Monadismo
"(/iTós.): si ilice dei sistemi dinamici cito pensano il mondo formato di
monadi spirituali, in opposizione all’atomismo meccanico di Domocrito; tale la
dottrina di (I. Bruno e di LeibNIZ. Monismo (gr. fióvo? unico) (opposti:
dualismo c pluralismo) (filos. ) : è la dottrina checonsidera la natura e lo
spirito. Il corpo e l’anima subordinati a un terzo principio o aliasi inseriti
.in esso. Il Tooco ne distingue duo specie: a) monismo dell'essere: ammette un
solo essere e considera la molteplicità delio cose un'illusione (corno gli KleaTtcì),
o almeno come accidente fuggevole dell’unica sostanzaicomeSi’iNOZA) ; 6)
monismo della qualità.: all’essere unico sostituisce una pluralità originarla
di esseri, tutti però della stessa natura, materiale per gli uni (gli Atomisti),
spininole, per gli altri (Leibniz). Monoteismo (opposto: politeismo) (retiti.):
indica lo religioni cito, come il Cristianesimo, il Giudaismo, il Maomettismo,
ammettono un solo Dio, distinto dui mondo. In tllosotla il Dio di Platone e
d’AiusTOTEt.E rientra in questo sistema. Morale = v. etica. Moralismo (filos.):
si applica alle dottrine filoso Urbe che, come quella del FICHTE, considerano
la legge morale e l’esigenza dell’azione pratica corno principio filosofico
fondamentale. Motivo (dal lat. morrò) (morale): si dice (Fogni processo
intellettuale o affettivo che muove la volontà a compiere ttu determinato atto.
La norma indica una direzione da seguire, il motivo ngisee stilla porsona in
modo più o meno imperativo, perché segua tale direzione e sia persuaso a
seguirla. Motrice (causa) = v. efflcentc (causa). Movimento (in generale): è fi
cambiamento di posizione d'ttn corpo nello spazio, considerato In funzione del
tempo e, quindi, fornito d'una determinata velocità; fi semplice mutamento
nello spazio è uno spostamento. (filos.): per .Aristotele è fi passaggio da uno
stato a un altro, è ogni mutamento ((ArratpoXYj), elio suppone l’esistenza di
una materia cnpnee di riceverò una forma. ; quindi è ugualmente fi passaggio
dalla potenza (S'iva|Als) all'atto (ivépys tal. Nativismo Cd Neo-hegelismo -S. I ommaso accetta la
concezione aristotelica (moneti est cri re de txilintiii '«tinnì e. conio
Aristotele, voile nel movimento un tierstuiNlvo ui-gomcnto n prova
dell'esistenza di Ilio: |.er spiegare il niovimontn c rieereurne la eati.su,
bisogna passare di causa in causa, essendo ogni movimento prodotto da un altro
movimento, ina è necessario arrestarsi tavàyxv; trrijvat) a un primo motore
immobili cri y.tvoòv àz.tvyj-rov), a Din. che muovo l'universo come l'oggetto
umilio attrae colui che l'ama, come il desiderio agisce sull'anima per una
sollecitazione tutta interiore. N ' ' Nativismo v. innatismo. Natura (gì.
(piiai.; da = nascnr) (fylos.): nel
senso piti antico esprime l'idea d una sostanza primordiale diesi determina e
si sviluppa da sé. l’idea di dò che ò primario, persistente, in opposizione a
ciò elle è derivato, secondario, transitorio. Tale significato ha nei tirimi
filosofi greci: e di riui i significati sorti in seguito. è il complesso delle
qualità o proprietà elio definiscono l’essenza d’una «•osa, quindi anche tutto
ciò ohe è Innato: p. c. la natura d'un uomo, cioè il suo carattere e il suo
temperamento. denota le cose conio sarebbero al di fuori d ogni intervento
umano: cosi pel Rocsseai: lo „ stato di natura è quel fondo della lealtà umana
elle resto dopo aver eliminate le deformazioni e le falsificazioni operatevi
dalla civiltà, ossia ciò che è semplice, piano spontaneo, originarlo. denota 11
sistema totale delie cose con le loro proprietà, l'insieme di tutto Ciu die
esiste, in una parola, l’universo in Kant natura è ciò che obbedisce al
principio di causa nel mondo dei fenomeni, in opposizione al mondo dei lini in
cui vige la liberto incondizionato. ~ ( rehy.): 1 ordine della natura, cioè I
ordine delle cose terrene, accessibile alla sola indagine della ragione viene
opposto all'ordine della prozio, che è 1 ordine delle cose soprannaturali e di\j
n *' tvistotele adombra questa distinzione nelle parole: r, oótitc Szt[tovia
aÀ>, oli lista = la natura è ammfrevole. ma non divina (v. prozio). Natura
naturans e natura naturata ( film .): natura naturans è, in sostanza, Ulti come
untore e principio d ogni cosa; natura naturata c l'Insieme delle creatura o di
tutto ciò clic ò stato creato: espressioni adoperato dalia Nrolastira, da li.
ltm .vi, e da Spinoza, chc le rese comuni: per naturalo naturatilem noèta
intcìlìqenduiii est i,l (Juw i tn se est et im ise etnicipitur. tuu • est j>
eU s quatcnu» ut causa libera eonsidrraturper naturatali t inielli,,,,... rrs,
/uae ff * Dea sani et quac si,,,tira neiesse nec connpt possunt • Naturalismo
(/Kos.): comprende le dottrine che non ricorrono a prlncipli trascendenti, ma
rimangono entro la cerehia dell’esperienza e ilei fenomeni soggetti al
principio di causa o concepiscono anche la vita dello spirilo come un
prolungamento della vita organicasi oppone a spiritualismo, idealismo' eti e
lift)no a positivi tot io. Necessario (opposto: conti geni) Ui • bis.): si dice
di ciò che non può, senza contraddizione, essere altrimenti né essere pensato
altrimenti da quello cUc o; cosi Hi applica ai fenomeni elio si succedono
secondo il principio di causa,, alio proposizioni derivate, implicito In
proposizioni piò generali', alle conseguenze di principi! posti come veri. ■
per Spinoza Dio è un essere necessario, ma la necessità In virtù della quale
egli esiste e produce io cose gli e essenzialmente Interiore e razionale.
deriva didla sua, stessa essenza, e Dio e causa sui; ò determinalo ad agiredalia
sua soia natura, o quindi la sua ò una • necessità libera», t ecessità,
(opposto: eunt inpenza ) ( fi. bis.): e la qualità asti-alta di ciò elle è
ruressario, di ciò che non può essere diverso da ciò elio è. Neo-criticismo o
neo-kantismo i/ifos.t: ò la dottrina elio Iniziò in Oermunia il movimento tU
ritorno alla Hlosotta di Kant, al criticismo, verso il ISOO, come reazione al
materialismo allora dominante; riprende i principi della teoria kantiana delia
conoscenza il relativismo, è ostile alla metafisica c all idea della rosa in .
e vuol ilare alle /unzioni aprioristiche dello spirito un fondamento
psicologico. In Italia furono neo-kantiani. In vario modo. ««• -rir:"
.Ielle idee penerfllt. e.n n^ gplrlto; r„ a òn mtirskb^eoncepire^td^ di nò
curvilineo, ne rettilineo, i nit0 '-srìxssns*nSTSU™ e ' si) Atomisti tutta la realtà Ita duo
parti, lo kikizìo pieno occupato dagli atomi, o lo spazio vuoto eho rosi 6
concepito altrettanto renio quanto I corpi. --per Hegel il non essere è l'Idea
eho nella prima triade dialettica (v. dialettica) fa da antitesi all'idea
dell’essere (tesi) o con Questa si fondo nella sintesi del divenire; e poiché
l'essere è l'idea più semplice, più astratta, indeterminatissima c priva ili
contenuto, ma è pur sempre un’affermazione positiva del pensiero, è • in realtà
non essere, non piti e meno di nulla ». cioè la negazione d’ogni qualità e
d’ognl contenuto positivo (s. essere). Non io: v. io. Norma: modello concreto o
anello regola che indica ciò eho si deve fare por raggiungete un dato line; vi
sono nonno Illiriche, etiche, estetiche eoe. Normale: in generale designa ciò
eho è conforme alla regola, ciò che è più comune in ogni singola categoria o
classe, ciò che rappresenta in media in un dato tipo eli società e In un dato
tempo; quindi ò un termine variabile e un po’ vago. Normativo: diconsl spesso
normativo la logica, l’etica, l'estetica in quanto offrono una norma, cioè un
modello ideale cui si guarda come a qualche cosa di perfetto, elle per la
logica è il vero, per l'etica il bene, per l’estetica Il hello (WtiNPT).
Noumeno (dal platonico voo>i(jtevov, part. di voéio = penso, quindi: ciò che
è pensato) (/t'ios.): Platone lo applica al mondo delle ideo, in opposizione al
mondo sensibllo. Kant l’adopera in due significati: a) negativo: ò ciò che sta
a fondamento dei fenomeni, il loro substratum ; ma ò soltanto pensato, ed ò
inaccessibile sia ai sensi, sia all’intelletto; perciò è un limite 'posto alla
conoscenza umana, clic non può oltrepassare i fenomeni; b) positiva: è il
sovrnsensibilc, l'incondizionato, posto fuori dell’esperienza; può essere
oggetto d’ima intuizione intellettuale (v. intuizione), hi quale però è negata
itll’uomo; ha un carattere metafisico, giacché 6 bensì la causa dei fenomeni,
ma la causalità è qui non una categoria dell’Intelletto, sditene una causalità
Intelligibile, cioè esistente solo nell’ordine metafisico, ni di là dei
fenomeni. Nous (gr. voù; = la mente) (fitta.): per Anassagora è ciò che mette
in moto, plasma e ordina le otneonicrie.; ò un principio lntelllgcnto, «la più
sottile o più pura di tutte lo cose ». per Platone e Aristotele ò la parte
razionale dell’anima umana; per Plotino è la prima emanazione dell’Ctno ( v.
intelletto). Nulla (/ilos,): è la negazione doll'essere, lutto non essere (v.
questo tcrmiue). Parmenide ha posto l’essere come principio primo della
filosofìa o ha negato qualsiasi realtà al non essere: « soltanto l’essere è, il
non essere non 6 ». Invece Platone ammette la realtà del non essere, eho per
Itd è la materia soggetta al divenire; mentre per Democrito ò il vuoto (to xevóv),
in cui avviene la caduta degli atomi. Numero ( filos .): per Pitagora e per i
suoi seguaci è la vera essenza delle coso, per cui gli elementi dei numeri sono
gli elementi dello cose, c il coseno é numero e armonia. Aristotele dico pure
che pei Pitagorici i numeri sono i modelli che le cose imitano, e questo rapporto
fra i numeri e le cose ita ispirato evidentemente Platone, clic considera la
matematica conte propedoutiea noeossnria alla dialettica, cioè alla intuizione
delle idee, modelli delle coso sensibili. per Galileo la matematica ò II linguaggio
coi quale s’esprimo la natura: » 1 universo è scritto in lingua maternnt'ca e i
caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure, senza i quali mezzi ò difficile
intenderne umanamente parola, ò un aggirarsi vanamente in un oscuro labirinto »
(Il Saggiatore). La formula matematica divionc, dopo Galilei, l'espressione
esatta dalia legge fisica. o Obbiettità (filos.): per Schopenhauer, che ha
coniato questo termine ( Obiek■ tildi), i] corpo è l’obbiettivarsl, cioè la
manifestazione esteriori?, visibile, e, per I uomo, (tura e semplice
rappresentazione, della volontà che è concepita come forza c imput-n cieco,
sempre attivo, non guidato da alcuna ragione, ed è poi il principio metafisico
posto a fondamento dell’universo. Questo universo non è altro cito Voggcttità,
l’ap1 mrire all’esterno sotto forma di
rappresentazioni coordinato dalla categoria di causa («il mondo ò la mia rappresentazione
») della volontà cosi intesa.
Obbligazione 69 Ontologia Obbligazione (morale): è il
carattere imperativo che costituisco la forma della legge morale, donde la
consapevolezza d’un'obbodieuza incondizionata ad una norma inorale, il sentirei
interiormente legati a una determinata regola di condotta (sentimento del
dovere), per cui si prova inquietudine e dolore quando essa viene in qualche
modo contrariata o impedita nel suo libero svolgimento. Occasionalismo: v.
cause occasionali. Occultismo: comprende le arti che, crome le divinatorie,
apprendono a scoprire 11 futuro, o, come le taumaturgiche, apprendono il
compimento di atti che si sottraggono al corso ordinario della natura (v.
magìa). Oggettivo (opposto: soggettivo) (in generale): è ciò che ò posto di
fronte o davanti allo spirito o ai sensi e può offrire materia alla loro attivi
tei : ò impl cita pertanto una distinzione fra soggetto e oggetto, cioè fra
l’atto del pensare o ciò che è peusato, fra chi percepisco e ciò che ò
percepito. nella scienza ò oggettivo ciò che il lavoro elei pensiero trae
dall'osservazione c dall’esperienza, seguendo 1 metodi del l’indagine
scientifica; ò soggettivo ciò che l’individuo pensa e sente riferendosi alle
sue Inclinazioni, alle sue preferenze, ai suoi interessi, in, modo più o mono
consapevole. (filos.): per Duxs Scoto, Cartesio o Berkeley è oggettivo, esiste
oggettivamente, ciò che costituisco un’idea, cioè l’oggetto di una
rappresentazione dello spirito, non una realtà sussistente per sé e
indipendente «mentre subiectimis e formalis corrispondo a reale, a ciò elio
appartiene all’oggetto). -per Kant ha validità oggettiva tutto ciò che è
fondato sui principi costitutivi dello spirito umano e comuni a tutti gli
uomini, e cioè sullo forme pure della sensibilità (spazio e tempo) e su quelle
dell’intelletto (categorie). Ogg e tt° (gràvTi-xsi{X£VOV, traduz. lat.:
ob-iectum posto di fronte agli occhi o allo spirito, opposto: soggetto): ciò
che si ha presente nella percezione esterna o nel pensiero, con un certo grado
di consapevolezza. (filos.): ciò che possiede un’esistenza in sé, indipendente
dalla conoscenza che esseri pensanti possono averne; in questo senso lo spazio
per Newton è oggetto. come lo ò il mondo esterno per il realismo conoscitivo
(v. realismo), e per Kant il noumeno positivo (v. noumeno). ò tutto ciò che è
rappresentato o pensato solo in quanto lo si distinguo dall’atto col quale lo
si pensa: donde la « logge UgUu coscienza » espressa dal Fichte e accolta da
Schopenhauer: • senza soggetto non v*ò oggetto, senza oggetto non v’è soggetto
». Oligarchia; governo di pochi: è, per Aristotele, forma corrotta dell’aristocrazia
(v. democrazia). Omeomerie (gr. ó{xoio(jtipeiat da 6{XOioc; = simile e [iipo$ =
parte) (filos.): così denominò Aristotele lo particelle originarie,
impercettibili, divisibili all’inttnito, clic Anassagora considera come gli
elementi primi, tutti diversi di qualità, dapprima mescolati insieme, che
costituiscono l’universo o le singole cose, essendo innumerevoli lo loro
differenze qualitativo: « come il capello può derivare da ciò che non è capello
e la carne da ciò che non è carne? ». Affinché l’animale abbia carne, ossa,
capelli, bisogna che vi siano particelle di carne, ossa, capelli negli alimenti
di cui esso si nutre. Il tutto ha, insomma, la stessa natura delle parti che lo
compongono: di qui appunto il nome di ^)meomerle (= parti simili) dato agli
elementi primi. Questi costituiscono l’Essere immutabile, eterno, che viene
messo In moto, ordinato o distinto dall’inteUlgenza (voo^), «lapiu pura o la
piu sottile di tutte le coso », con un’azione separatrice che si esercita sugli
clementi, cioè sulle omeomerie. Omogeneo (opposto: eterogeneo) (filos.): ciò
che consta di parti qualitativamente identiche. K. Spencer spiega l’evoluzione
cosmica come un passaggio dall’omogeneo all ‘eterogeneo (v. evoluzione ).
Ontogenesi (dal gr. 6v = ente o yévsai? = origine) (scienza): è lo sviluppo sia
fìsico sia mentale dell'individuo, seguito dalla prima Infanzia fino al pieno
sviluppo, mentre la filogenesi (gr. * 6 per gli stoici la rinvolta,eseguente
aU’èxiwpcotn;, oioe alla conflagrazione del coamo (v. ritorno Panenteismo (gr.
nàv b ta? = tutto in Dio) (/ilo».)', nome dato (lai tedesco ' KuitnsB alla sua
musetta, e apnttcabile a quella di Spinoza, por Indiano che non Dio è nel
inondo, come nel panteismo stoico, ma il mondo è in Dio. è contenuto In Dio.
Panlogismo (gr. itSv = tutto. Xójo, _ ragione; tutto è ragiono) (/ito».). si
applica alla tilosotla di HEGEL, pel quale l'universo è sviluppo totero-,rione
Immanente in esso, e la uglui è una metafisica. Se Vè ancora dell ir razionale,
ossia qualche cosa che non sia ancora penetrato dalla ragione*) organizzato In
concetti, esso è trans! torio; dondo la formula; ciò che t razionale è reale, e
ciò che è reale è ramo naie (vedi razionale). _ Panpsichismo (gr. Ttav = tutte,
e .S.jyr, = anima; tutto ò anima) V'tos.)dottrina alquanto vaga, seoondola
quale tutto è animato in divorai grad e fornito d'un'attivitè. analoga alla
vita psicologica dell'uomo, comprendendovi anche i processi incoscienti,. si la
questo nome alla dottrina dogli /tocoisti onci (che però non fanno :ancom
distinzione fra materia e vita), degli Stoici, di Sfingea, di se, eluso. di
Lotze occ., _ Panteismo (griwtv = tutto e uso, Dio; tutto ò Dio) i/ilos.): ò in
generale la dottrina che identifica Dio eoi mondo. c concepisce la divinità
come un principio supremo d’uniftoazione o d vita che fa sentire la sua azione
nello cose tutte o ne costituisce la realtà esBezusiale. _ _per «li Stoici il
cosmo e un prmndo organismo vivente, tutto penetrato e animato dal soffio
divino, simboleggiato nel fuoco, cioè da una sostanza eterea. Impercettibile o
intelligente. _per li. Bruno il principio divino dii vita al tutto, lo ordina e
l'unillca. C r anima dol inondo. (V. questo termino). _per Spinoza, la
sostanza. Din, la natura (substant ia sive De un si ve natura) sono termini
d'identico valore; però Dio non coincido col mondo cui pirico, come negli
Stoici, uiu lo contiene in sé (V. panentns.nor. il pensiero e l'estcnsiono sono
due dei suol muniti attributi c tutte lo cose particolari (l modi) sono
determinazioni provvisorio di quegli attributi. .... Parallelismo psicofisico
(pstool.). teoria psicologica, secondo hi quale la serio dei processi psichici
corrisponde punto per punto, alla serie del processi fisiologici, noi senso che
od ogni reno meno psicologia) corrisponde un fenomeno nervoso (non però
viceversa). 1 due fenomeni sono pertanto come due aspetti dello stessa
esperienza; le due serie, psichica o nervoso, scorrono pa "f/OM )'• per
Spinoza il corpo e lo spirito (ree ectenia e ree rag.fan» sono due aspetti
diversi ed essenziali dello stesso essere, cioè della sostanza divina, la serie
dei processi corporei e quella dei processi spirituali si svolgono ciascuna lu
so stessa, senza mai inoon trarsi c senza turbamenti fazioni .reciproche, e
tuttavia runa e l altra s accordano perfettamente, termine per termine, perché
la loro emerita 'unica c. come attributi di Dio. sono Identici a Dio. sono Dio
stesso. Cosi svanirebbe l’opposizione fra corpo o spirito, posta, ma non
risolta da Cartesio. _ Paralogismo (dal gr. *°Y ov contro la ragione) (topica):
ò M» ragionamento errato che simula 11 vero, un errore logico Involontario. ...
_ Kast denomina « paralogismi della ragione le affermazioni metafisiche dira la
sostanzialità. la scmplteitói e Vunità dell'anima, perché esse don vano dal
fatto clic si scambia il soggetto Intrico (v. somtetto) del pensiero con una
sostanza metafisica. „ Particolare (giudizio) (tornea), e aneli in Olii il
predicato s'afferma o si nega d'una parte del soggetto, proso ne la 1 sua
estensione-, P. e.: alcuni uomini sono veramente colti. Parusia (gr. itapouola
= presoli», « wb-etui) (/ilo».): la presenza dello idee nel mondo sensibile (p.
e. la presenza dell’idea del hello nelle cose beile) è uno dei modi pensati da
alatone per chiarire il rapporto fra » mondo intelligihlle 0 quello sensibile
(v. me tessi o mimesi). rf fHvo Passione (psicol.): e uno stato affettivo
intenso c persistente, un'inol nazione che predomina sulle altre inclinazioni „
anche le annulla quasi confiscando,v suo proli.lo tutta l'attività psicologica;
p. e. la passiono del giuoco, Passività 72 Percezione -pur gii Stoici è una perturbazione
dovuta a un errore ili giudizio, e ut* nello etiiuaro veri beni quelli che tali
non sono. Le passioni fondamentali sono: il piacere (yjSovtj = voluptaa), il dolore
(XÓtt/j = atgritudo), il desiderio (èn&ujjita = libido), il timore (96^01;
= metus). 1 per Cartesio è un’emoziono, un moto puramente sensibile che l’anima
prova per l’azione del corpo ocheimpedisco il retto giudizio intorno allo cose.
-per Spinoza ò dovuta allo Idee inadigitate, alla conoscenza sensibile, in
quanto questa determina l’azione pratica. Tutto le passioni rappresentano
uifimporteziono, ma non tutte sono asHoiutamonto cattivo; lo passioni fondamentali
sono il desiderio ( cupidità»), il piacere, 11 doloro. -per Kaxt procedo dalla
facoltà di desiderare; ò una tendenza sensibile, * un delirio che cova un’Idea,
s’imprlme con tenacia sempre crescente », Impedendo alla volontà di agire per
doveri:, di obbedire alla legge morale. Passività: è l'ultima dolio dieci categorie
aristoteliche, espressu dal verbo Ttadjrtiv (= pati, ricovero passivamente) (v.
recettività). Patristica (/ibis.): è la dottrina dei Padri della Chiesa;
difendo il Cristianesimo contro lo critiche e lo accuse della lilosolia e della
religione antica e contro le numerose eresio che venivano sorgendo nei secoli
III, IV, V, e si volge all’elaborazione e alla definizione dei dogmi e a porre
1 fondamenti d’una filosofia cristiana, attingendo largamente al pensiero
greco. Per la Patristica la filosofia non ba altro ufficio che di offrire ni
dogma l’ausilio delle sue dottrine, e quindi è al sorvizlo del dogma cristiano;
essa tratta delle questioni riguardanti la trascendenza di Dio, la Provvidenza,
l'immortalità dell’anima, la finalità dell’universo,la dlpendenza dell’uomo
dalla divinità. Pedagogia (dal gr. -il' = fanciullo, 0 àyci>YT) = condotta,
da ttyzw, lat. ducere : donde educazione): è la scienza e Varte
dell'educazione, cioè della formazione del fanciullo considerato nel suo
aspetto fisico, intellettuale e morale; perciò come scienza si fonda sopra una
concezione della vita, cioè sopra una filosofia, c come arte esige una conoscenza
diretta della psicologia del fanciullo e dell'adolescente c particola ri
qualità, neiroduoatore, virtù pratiche, come la devozione e lo spirito di
sacrificio. Pedologia (g r . Trocu; = fanciullo, o X = passeggio) {filos.):
sono cosi denominati i seguaci della filosofia aristotelica (che furono
numerosi fino al sec. XVIII) dall’abitudine attribuita ad Aristotele di tenere
una parte delle suo lezioni passeggiando in un giardino o sotto un portico del
Liceo in Atene. Per sé ifilos.): si dice di ciò che esiste e può essere
concepito senza l'aiuto d’altra cosa o di altra idea; p. e. la sostanza divina,
per Spinoza, per se etmcipUur. Persona (lat. persona = maschere. teatrale, poi
carattere rappresentato dalla maschera) (filos.): tonnine trasmesso a uoi da
BOEZIO e dalla Scolast ica : persona est rationalis naturar individua
substantia (la persona è un essere individuale di natura ragionevole). Leibniz
pone l’essenza della persona nella coscienza di s . nella consapevolezza
d’un’identità, d’essere sempre la stessa nel diversi momenti e mutamenti
dell'esistenza individuale. -Kant aggiungo che la persona, come essere
ragionevole e libero, ò anche responsabile, è un essere morale, un f ine in sé,
cioè non dovessero mai trattato corno un semplice mezzo. In conclusione: la
personal un essere cosciente di e moralmente autonomo. Pessimismo (opposto:
ottimisnw) {filos.): consisto nella convinzione elio la vita coi suoi dolori,
le sue preoccupazioni e le sue miserie senza line, è un mole o, anche, cho
nell’esistenza la somma dei mali è sui>criore alla somma dei beni. >• Noi
sentiamo il doloro, dico Schopenhauer, non l’assenza del dolore, sentiamo la
cura uou la sicurezza, la malattia non la salute: la vita dell’uomo oscilla
come un pendolo fra il dolore e la noia ». Ri conseguenza, come pensa anche la
filosofia indiana, lo sforzo per liberarsi dal male, o, almeno, per attenuarne
il ppso costituisce la somma saggezza umana. Petizione di principio {Ionica): ò
un sofisma che consisto nell'accogliere corno dimostrato ciò che invece ò da
dinio-, strare {si postula fin da principio, àpX7j$» ciò che si dove appunto
dimostrare) ^ e piti specialmente nel fondale la verità d’un principio sopra
una proposizione che, per essere vera, ha bisogno della verità di quel
principio (p. e.: Tanima ò sostanza spirituale, perché ò immortale). Piacere
(opposto: dolore) {psicol.): il piacere o il dolore, essendo dati immediati
della coscienza, sono indefinibili, sono i due poli estremi e opposti della
vita del sentimento, Secondo ima teoria già ammessa da Aristotele, il piaceli)
sarebbe legato ad ogni atto naturalo e normale della vita e segnerebbe un
aumento dell’attività vitale, tiu consumo più elevato o più libero dell’energia,
mentre il doloro indicherebbe una diminuzione della vitalità, quasi uti grido
d’allarme di fronte ul pericolo; ma tale teoria oggi è in parte contestata. (
filos .): per Artstippo di Cirene, il piacere, che è dato dal movimento dolco
della sensazione presente e libera da ogni cura per 1'avvenitc, è il fondamento
c la misura di ogni bene: questo ò 11 principio dc.W edonismo. il piacere
inteso come assenza del dolore, calma dello spirito, è il principio dell’etica
epicurea. per Aristotele il piacere affina e perfeziona Ratti'vità anche nei
suol gradi più elevati; p. ‘e., la gioia cho accompagna la musica è incitamento
naturalo alla creazione musicale., Houbes, appoggiandosi al principio
materialistico che la sensazione è un movimento del corvello, pensa che, so
questo movimento è favorevole idi'insieme delle funzioni vitali, produco 11
piacere, nel caso contrario il dolore: donde duo motivi essenziali d’azione: la
ricerca dei piacere e la tendenza a fuggire il dolore. -per la dottrina
intellettualistica di Leibniz il piacere è un processo intellettuale
oscuramente percepito, una «petite, insenslble perceptlon : p. e., il piacere
della musica è dato dall‘accordo e dal numero delle vibrazioni sonore percepito
dall'orecchio in maniera confusa. per Kant il piacere è iu diretto rapporto con
lo stato favorevole dell’or** Pigra ragione 71 Positivismo gallismo c deli-anima: « Il
piacere è un sentimento che stimola in vita, il dolore Invece le è
d’impodimento «. Pigra ragione = v. innova rotto. Pirronismo (/ ilo *.): i»
stretto ilesigna la dottrina scettica di PnrnoNE. giunta a noi nei frammenti
del suo discepolo TIMONI', in SlLLOOKAFO (sec. I 1 a Cr ) o negli scritti di
Sesto Ejiruuco (circa 11 200 d. Cr.); in senso tergo e sinonimo di soettteismo.
di cui Pinone È considerato II fondatore (v. scrii,n877JO ). ., Pleroma (gr.
7uXr 4 pco(j.a. ila TtXTjpoo = riempio) (filos.): ò per gli amatici (vedi) il
complesso degli Koni che escono dal principio originario, daU’Kone perfetto,
cioè dalla divinità (y. Eone). Pluralismo (opposto: monismo ) (filo».): designa
le dottrine che pongono piii principi! essenziali e distinti per spiegare la
composizione dell’universo; appartengono, fra gli altri, a questo indirizzo:
_Empedocle, che alla materia unica del naturalismo ionico sostituisce «quattro
radici di tutte le cose »: fuoco, acqua, etere, terra, che sono l’ essere
immutabile; il loro mescolarsi o disgregarsi è dovuto a due forze, l 'amore
ioiXÓttk) e la discordia (veixoc); _gli atomisti, che affermano due principi:
Vatomo e il vuoto; gli atomi sono Infiniti di numero, materiali, della stessa
qualità, eterni ; le cause del loro movimento sono la gravità e il vuoto (TÒ
xcvóv);, „, \ v asm agora . nel quale gli elementi dell'universo sono le
omeomerie (v. questo termine), messe in moto da una materia sottile e
impalpabile. l'Intelligenza (voucj). * cosa infinita, padrona di sé.
ocÙTOxpaTéc. che è in sé e per sé «, la più fine e più pura di tutte le cose ; Leibniz,
pel quale le vere sostanze costituenti l’universo sono le monadi. tornite di
attività o forza propria, unità spirituali cho sono disposto per gradi, i quali
vanno dalla monade oscura e confusa alla monade delle monadi, a Dio. Pneuma
(gr. 7tve0(itx, da irveto 8 ° r_ Ho. spiro) (/ilo*.): per gli Stoici è la forza
originaria divina che anima il cosmo, un softtn vitale caldo ohe appare in
forme e gradi diversi nel corpi Inorganici, nelle piante, negli animali; e
nell’uomo appare come ragiono ( AoyOC). conservando sempre la sua unità, giacchi)
il grado Inferiore si conserva o opera nei grado supcriore. Pneumatico (gr. da
nvgùlJ.X= alito, sofflo) ir,'Ha. o /ilo*.): usato spesso nel Suor » Testamento
nel senso di spirituale. __, K . r gii Gnostici gli uomini, secondo Il grado di
perfezione spirituale, sono detti ilici (= materiali, da uX’f] = materia),
psichici (= esseri animati) c pneumatici (*= originati dallo spirito).
Polidemonismo (dal gr. TtoXu;molto e SiUojv = demone) Ir, ■tir/.): credenza che
scorgo in ogni fenomeno naturale il prodotto di entità spirituali. Pollmatia
(gr. ToXu-na&ta = esteso sapere) i/ilos.): è il procedimento che ERACLITO
rimprovera a ITTauora. di dedicarsi a indagini particolari, alla minuta
erudizione che impedisco la visione diretta e unitaria del cosmo: iroX'J[.ia{Hx
vóov e/mv ou Stòaoxei (rapprender molte cose non educa 1 intelletto), e cioè:
la rieoroa personale è migliore della tradizioni;. Politeismo (relig.): è la
concezione religiosa che ammette l’esistenza di piu divinità personali e
distinte. Positivismo Uilos.Ynel tempi moderni ne pose il principio Davide
Hume; la percezione è la fonte unica del conoscere; senza di essa non v c idee,
n concetto; un a priori, come lo pensa il razionalismo, è impossibile, c ogni
metafisica che oltrepassi respeiienza deve respingersi. Il nome di positivismo
fu introdotto da Augusto CoMTK, secondo il quale la civiltà e la scienza percorrono
tre fa-si ; _ a) fase teologica, in cui la spiega | zione dei fenomeni è
riferita ad esseri soprannaturali;, ___ b) fase metafisica, in cui la spiegazione
dei fenomeni è riferita ad entità astratte, forze, sostanze, cause occulte; . .
. *, _ c) fase positiva, in cui la scienza »» per oggetto la ricerca rigorosa
dei fatti e dello leggi, cioè dei rapporti costanti che col legano i fenomeni
osservati nella loro genuina realta; più in la non * pnù andare e la metafisica
si perde in astrazioni vuote e in vani sogni: la scienza è ricerca di
relazioni, di leggi, è retati ra, ma, permettendo di prevedere gli effetti
anche lontani e di calcolarli, risponde ai bisogni umani, « al servizio del
l’uomo. _ dopo il f’omte 11 positivismo si trasforma in un atteggiamento dello
spirito ehc ha soprattutto una tendenza antimotafisica e vuole attenersi alla
pura esperienza. Positivisti ni vano Positivo Predestinazion e senso sono
considerati G. STO ART Mill, K. SPKNCEB, I. TAINE, R. AUOIOÒ, h. Mach ecc., „
.., Positivo (scienza): è ciò ohe e effettivo, reale, constatato mediante
l'esperienza, c anche il prodotto d'un processo storico; p. e. religione
positiva, diritto poPoEsibii e e possibilità (AtoOj W* senta diverse formo; la
possibilità è. __„) fisica, nuando un fenomeno non contraddice ad alcun fatto o
ad alcuna legge empiricamente stabilita; _ l,) delVesperienza o reale, per Kant
è possibile ciò che «'accorda con le condizioni formali dell'esperienza, ossia
con le forme dell'Intuizione pura dello spazio e del tempo, e con le forme dell
intelletto, cioè con le categorie; _e) Ionica, quando ciò che e pensato o
affermato non contraddice ai principi della ragione; però dal fatto ohe una
oosa è logicamente possibile, non si può oonoludero alla sua esistenza reale; e)
metaf isica : per AulSTOTKUJ la materia contiene la possibilità di ciò che nuó
attuarsi mediante la forma -,, Pe. un masso di marmo può divenir statua. Post
hòc ergo propter hoc c un sofisma che consiste noli affermare che un fatto è
causa d un altro fatto solo perché lo precede nel tempo. Postulato er akiHTOTELE
la materia è l'essere in potenza, l'essere allo stato virtuale, possili lita
che tonde verso la torma, verso 1 essere determinato (v. atto), Pragmatismo
(gr. rpayiia azione) ( fiios .): è la dottrina sostenuta in America da W. James
e in Italia da G. 1 Apini giovane, secondo la quale la conoscenza è uno
strumento al servizio dell’attività umana; il valore d un idea è riposto
nell'esperienza e la verità d'uua proposizione dipende dalle conseguenze che ne
derivano, cioè dal fatto che essa è utile, che riesce ad uno Hcopo, dà
soddisfazione, quindi se le conseguenze sono buone, cioè conformi a ciò che
l’uomo si propone, allora 1 asserzione è giustificala, cd é vera, e falsa nel
caso contrario: ossia la verità o la falsità d'un'ldea dipendono dalle sue
applicazioni, sostituendosi in tal modo alla ragione l'esperienza, al sapere I
azione. Per esemplo, nella questione se sia vero il materialismo oppure lo spiritualismo.
la decisione spetta a esame delle conseguenze: il miiterialismo. Densa W.
James, nei suol ultimi risultati pratici è desolante, . cade In un oceano di
disillusioni -, mentre lo spiritualismo, con la sua “razione d un ordino
morale, apre la via alle migliori speranze, -si riferisce sempre a un mondo di
promesse •. _ Prammatici (imperniivi)(«orale), sou per Kant consigli di
saggezza P ratica che contribuiscono alla felicita. Pratico (gr. irpotxTiwSs da
= opero: opposto: teoretico) i/iloa.). la distinzione e l’opposizione di iwa^co
c teoretico risalgono ai Greci. Aristotele attribuisce all'Intelletto pratico
(vou? ™«XTIx6?) l'ufilclo di occuparsi delle cose umane soggetto al mutamento e
legate all'azione, e lo considera subordinato all'Intelletto teoretico (vou?
&so>pr]Tix6?), che ha per oggettola conoscenza dell'universo e delle sue
lepori eterne. VVT1T r11f . _Cristiano Wolff nel sec. XM1I dir fonde le
espressioni di filosofia teoretica e di filosofia pratica, attribuendo la
superiorità alla prima. __ K!a.nt capovolge questo rapporto, perché nel dominio
dell'attività morale la ragione raggiunge una P iena aut nomia e apre all'uomo
uno spiraglio sopra una verità assoluta (il regno dei fini, ili cui domina la
libertà), mentre l'attività teoretica si limila alla conoscenza del fenomeni,
cioè a una verità relativa, a un mondo in cui regna la necessità (v. primato
della ragion praPredestinazlone (reWff.): è ia dottrina posta in termini
rigorosi da 6}. MQPredeterminismo Primum anso: tutto ù già fermo o prodestiI
nato ab aclerno uol giudizio divino; ciò elio deve accadere accadrà o l’uoino
nulla nc può mutare; la sua parto nel mondo è in ogni punto prestabilita e
soltanto la grazia può liberarlo dal male derivato dal primo peccato. Dopo ia
colpa originale lo stato dell’uomo è: non posse non peccare, mentre la libertà
d’Adamo era posse non peccare, e quella dei beati 6 non posse peccare. Perciò
la volontà umana nulla può senza la grazia, e tutto ciò che l’uomo fa di bene,
è Dio che lo fa in luì: potestas nostra ipsc est. Predeterminismo (filos. e
rclig.): ò la dottrina di S. Tomtuaso secondo la quale gli atti liberi umani
non solo sono previsti da Dio ( v. prescienza), ma sono predeterminati da Dio
nella sua provvidenza: ex hoc ipso quod nihil volunlati divinae resista ■,
seguitar quod non solum fiant ca quac deus cult fieri, sed quod fiant
contingcnter vel necessario quae sic fieri vutt. Quindi l’uomo è mosso in
antecedenza e naturalmente da Dio au agire in questo o quel modo, Ina la
divinità ha predisposto pure che agisca liberamente, ossia la sua azione c a un
tempo necessaria e libera. Kani, opponendo determinismo a predeterminismo, si
chiede: so ogni atto è determinato da cause anteriori, da fatti passati che non
sono più in nostro potere, come può questo conciliarsi con la libertà, la quale
esige che nel momento d’agire l’atto dipenda dal soggetto, cioè sia libero l «
Questo è ciò ohe si vuol saperi* e che non si saprà inni . Predicabile i,r n,,om
)• nella dottrina di Kasr eonivale al termine a priori, cioè Indipendente
dall’esperienza, razionale tper es nelle espressioni: ragion pura, intulzlone
pura, concetto puro). Ouadrivlo: nella Scolastica è la divisione degli studil
superiori costituenti la Facoltà delle arti-, comprende 1 anlau lica la
geometria, la musica e 1 astronomia; mentre il Invia, che lo precede, comprendo
hi grammatica, la retorica, la dialettica. Oualità (psicol.): indica gli
aspetti sensI bili offerti dalla percezione d’uu corno facendo astrazione dalla
loro intensità e quantità: p. es.: un suono, un colore, un sapore, un profumo;
e anche ciò che dà valore o perfezione ad una cosa, come quando si apprezzano i
pregi d’nn’opera d'arto oppure le virtù o lo abilità d'una persona. __t
logica): è una categoria del pensiero logico che risponde in Aristotele alla domanda:
ttoIo; = gitana?, ed esprime la maniera d'essere d’un soggetto; p. e.:
quest'uomo è bello, è brutto ccc. Secondo questa categoria fondamentale, 1
giudizi logici sono affermativi o negatici, ossia attribuiscono o negano una
data qualità a un soggetto. Qualità primarie e secondarie ■Job ): già per
Democrito e poi per Galileo, Cartesio o Locke sono primarie le qualità
costanti, universali, oggettive, rispecchianti la realtà nella sua vera natura,
come la grandezza, la forimi, il numero, la posizione, il movimento: «per
veruna immaginazione, dice il Galilei, posso separare una sostanza corporea da
queste condizioni ■ ; secondane sono invece le qualità accidentali e mutevoli,
come sapori, odori, colori, suoni, che « tengono lor residenza nel corpo,
sensitivo, si che, rimosso l’animale, sono levate e annichilate tutte queste
qualità ■; le quali sono dunque soggettive. Quantità (in generale 1* si applica
a ciò che può essere misurato ed espresso numericamente, e perciò presenta la
possibilità del piti e del meno, è suscettibile d'aumento e iti diminuzione. __
(logica): b una categoria fondamentale che per Aristotele risponde alla domanda:
jtfjdov guaritami-, per essa l giudizi, secondo Kant, possono essere
universali, particolari, singolari, sccondoche 11 soggetto ò preso in tutta la
sua estensione (p. e.: lutti gli uomini sono mortali), o in una parto della sua
ostensione (p. e.: alcuni uomini sono poeti), o nella sua singolarità (p. o.:
quost’nomo è scultore). Quiddità (lat. scolast. guidditas) (logica): risponde
alla domanda guid est ? ed esprime l’essenza d'ima cosa, la torma nel senso
aristotelico. Quietismo (in generale): b la dottrina che ripone la quiete e la
felicità dell anhna nell'allontannrsi dalle coso ilei inondo o nel ritrarsi
nella meditazione Interiore e di Dio. _ 6 la dottrina dello spagnuolo Michele 1
do Molinos, secondo la quale si può raggiungere la perfezione e ottenere una
quiete assoluta dell'anima mediante un atto di fede e un assoluto abbandono a
Dio, che dispensa dalla necessità di ogni pratica religiosa e attività morale,
e, in generale, ili opero esteriori. Quintessenza: signitlea dapprima la .
quinta essenti» -, il quinto elemento cosmico, l'etere, considerato il più sottile
e puro; poi l’estratto condensato, essenziale il’uu corpo, d una dottrina,
infine sottigliezze complicate e vane. Ragionamento (logica): b un'operazione
dell’intelligenza che si svolge ili piu momenti, cioè in una serie di preposizioni
collegate fra loro per giungere a una conclusione che in tutto o in parte è già
Implicita in esse. Ragione (/ ilos.): in generale, è la facoltà naturale di ben
giudicare, di saper distinguere 11 vero dal false, disporre m una serie
coordinata e libera da contraddizioni idee, giudizi, esperienze, col (ine di
raggiungere un sapere oggettivo e universale, ossia valido per tutte le
intelligenze, anche se poche sono in grado di riconoscerlo, di rifare da sé la
via che ha condotto a tale sapere. _ per Platone la ragione (vou?) e l'attività
più elevata dell’anima, quella cho può rappresentarsi le idee eterne; _. per
Aristotele è ciò che distingue l'uomo dagli altri esseri; _ per s. Tommaso
intellect.is e la taeoltà superiore e intuitiva ili conoscere. Razionalo Ragion
sufficiente ratio è In facoltà di conoscere diversiva [nomea rattorti* sumitur
ab inquininone et discussa; hdellrc us nomai sumitvr ab intima penetratimi ver
itati*)* __ „ er SPINo'/.v la. ratio da la conoscenza vera, adeguata,
dell’essere; «appartiene a lla natura della ragione il contemplare le cose non
come contingenti, ma come necessarie * (pr. II, 14); essa ci apprende le cose
sotto un «corto aspetto delle* ternità, sub queula.nl acternitidìs specie; apro
la via alla conoscenza pin alta, I alla « scindili intuitiva -, a veder le cose
sub specie aelernitatis. _ per Kant la ragione in senso largò ò il intasare a
priori, è la Incolta che ci fornisco: a) i principi! o le forme a priori della
conoscenza, che sono le intuizioni dello spazio c del tempo, le categorie, le
idee; b) i principi! a priori dell'azione, ossia la regola della, moralità, la
legge morale: nel primo caso è ragione teoretica, nel secondo è ragione
pratica; o l’una e 1 altra sono indlpondout 1 dall’ospcrienzn. _ In senso
ristretto la ragione è per Kant la facoltà di pensare lo idee allo quali non
corrispondono oggetti nell’esperienza, cioè lo idee di Dio, dell'anima, del
mondo. -iu oppos. a tede rivelata è l'organo della, conoscenza autonoma, a cui
l’uoilio giunge con le sole sue forze; cosi l’intende anello ( : A I.II.KO che
scrive. . la Scrittura dovorebbo essere riserbata nell'ultimo luogo; quello
degli effetti naturali ohe o la scusata esperienza ci pone innanzi a gli occhi
o lo necessarie dimostrazioni oi concludono, non deve in oont-o alcuno c-scr
revocato in dubbio por luoghi della Sorittura • (Lett. al Costelli). È dunque
il procedimento naturalo dello spirito umano ncU’acquisto del sapere. ^ Ragion
sufficcnte (logica) : u il principio formulato dal Leibniz, secondo il quale
nulla avviene senza ragione o motivo, cioè « nulla avviene senza che vi sia una
causa o ragione determinante, che possa servire a render conto a priori perché
una cosa csisxc o non esiste, è in un modo piuttostochò in uu altro », 8CHopenHAU
ek lo rappresenta sotto quattro forme: a) ratio estendi, principio dell’essere:
ogni parte dello spazio o del tempo è In relazione con le altre parti, in modo
che ciascuna è determinata e condizionata dalle altre ; _ b) ratio /fendi,
principio del dlvoidro: ogni nuovo stato (effetto) dev’essere preceduto da un
altro (causa); _ c ) ratio coanoscnuU, principio del conoscere: ogni giudizio
che esprime una cognizione deve avere un fondamento sufficcnte; _ _,/) ratio
spendi, principio dell agire. ogni atto della volontà dev’essere preceduto da
un motivo. Rappresentazione (psicol.); è il nprescntarsi, 11 riprodursi nella
nostra mente d'uua percezione anteriore, o quindi È affine a\V immagine ed è
soggetta a un'elaborazione interiore dipendente dall’azione continua delle altre
rappresentazioni ; perciò si dice che essa ha una sua vita propria, come
rimmagtne. _ Locke denomina rappresentazioni e Idee tutto ciò che è presente
alla mento, ciò elio questa percepisce in sò, o ciò che è oggetto Immediato
della percezione e del pensiero, mentre HOME distinguo nettamento percezione e
la corrispondento rappresentazione, copia debole o sbiadita della prima. _peiLeibniz.
è la funzione più importante della monade, ò la facoltà di percepire e ili
ridurre la molteplicità all’unità (p erceptio nihil aliud est qiiam inultorum
in uno exprtssum, est rcpracscntatio multitudinis in imitate). Ogni monade si
rappresenta, eioò percepisce, l'universo da un punto di vista proprio, ohe
s'accorda con quello delle altro monadi (v, armonia prestabilita), f n
percezione ò chiara, quando la conoscenza ohe abbiamo d uu oggetto ci permette
di differenziarlo dagli altri, oscura nel caso opposto; distinta, quando un
oggetto ò percepito o conosciuto nello sue qualità particolari ed essenziali,
contusa noi caso contrario; p. es.: un giardiniere può avere un'Idea chiara d
un iioro, ma non distinta; un botanico ne ha un'idea chiara c distinta, _
Sc®OPENHAC'EK col suo principio: . il mondo ò la mia rappiesentazione « esprimo
l’essenza' dell» idealismo conoscitivo » (v. idealismo). Razionale (in generale
): ò ciò che ò conforme alla ragione c al suoi prinelpii, ciò che da questa
trac la sua origine, (p. e. lo categorie kantiane), o ciò che in esse ha 11 suo
fondamento, o quindi non dipende dall’esperienza (p. e. le matematiche, la
meccanica razionale). _ Woijp distingue una cosmologia, una ontologia, una
psicologia c una teologia razionali, che Kant sottopone ad RazionalismoRegno
dei fini e8 amo crltioo per dimostrare l’impossibilità e le contraddizioni
d'nna metafisica razionale (v. ciascuno di quei termini). _per Hi-'.cei. • ciò
che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale », esprimendo con ciò il
fatto elle il concetto ò l'essenza delle coso (come in Aristotele le idee sono
nelle gose stesse), cho tutta la realtà data noU’csperienza umana ò accessibile
alla.ragione c può essere inquadrata noi concetti della ragione; cho so vi ò
qualche cosa di irrazionale, questa non ha che un’esistenza provvisoria. Però
tale formula c non serve a giustificare tutto ciò che avviene, p. es. : un
errore di stampa o uno sternuto; ma cho gli uomini vivano in imo Stato si
chiarisce come razionale », ossia lo Stato è l’attuarsi, l’incamarsi d’uu’idea.
Razionalismo (opposto: e mpiris mo e irrazionalismo) (filos.): b la dottrina
che, avendo fede assoluta nella ragione, afferma che la conoscenza della verità
si apro non al scuso e all’esperienza, o alla fede rivelata, ma allo piti alte
funzioni dello spirito, il quale non ò un recipiente vuoto, una tabula rasq. ma
porta in sé e trae dalla sua interiorità principi!l’attività, idee (p. e. di
causa e di sostanza), che consentono di penetrare nella realtà, considerata
razionale nella sua essenza, comprenderla, ordinarla, volgerla a beneficio
dell'uomo nell’opera di dominare la natura. Razionalisti si possono considerare
nell’antichità Parmenide, Platone, Aristotele; Cartesio inizia il razionallsmo
moderno, seguito da Spinoza, Leibniz, Kant, Hegel, eoo. --dai principi
costitutivi della ragione il razionalismo trae un diritto, una morale, uua
religione naturali. Intendendosi qui per naturale ciò cho ò concepito e
costruito dalla ragione, quindi opponendosi a diritto positivo (cioè lealmente
in vigore), a morale tradistimale, a religione positiva o storica. -Kant, per
dare un fondamento solido alla conoscenza, fonde empirismo e razionalismo,
distinguendo la materia, cioè il complesso delle impressioni cho ci giungono
dall’esterno per la via dei sensi, e la /orino, cioè 1 principi! che lo spirito
trae da sé per ordinare la materia. Perciò l’uomo conosce le cose, 1 fenomeni
solo In quanto e nel modo ondo trapassano nelle forme dello spazio e del tempo
e delle caie\ gorie, cosicché non i concetti si modellano sulle cose, ma le
cose sui concetti, e l’intelletto non attingo le sue leggi dalla natura, ma
gliele impono. Quosta dottrina può definirsi un razionalismo critico. Realismo
(filos.): in oppos. a nominalismo o a concettualismo è la dottrina cho nel
problema degli universali ammette che le ideo generali hanno un’esistenza
indipendente dolio spirito che le concepisce e dagli esseri individuali; si collega
a Platone che pone lo idee fuori del mondo sensibile, e ad Aristotele che le
pone nelle coso stesse. -in opposizione a idealismo si applica alle dottrino
cho ammettono l’esistenza reale d'un mondo esterno, d’un oggetto indipendente
dal soggetto pensante o di natura diversa da esso; vi appartengono moltissimi
filosofi antichi o moderni. -In estetica esprime la tendenza artistica alla
riproduzione esatta della realtà naturale e degli avvenimenti umani ; è
sinonimo di naturalismo, che la riproduzione fedele, integrale o artistica
delia natura vorrebbe rivolta anche ad un fine scientifico. Realtà (filos.): in
opposizione a possibilità o a irrealtà esprime ciò che è attualmente esistente,
sia sotto forma materiale e sensibile, sia sotto forma intellettuale o ideale. in
opposizione ad Apparenza indica ciò ohe veramente è: p. e., un bastone posto di
traverso neU’ncqua corrente sembra spezzato, ma in realtà non ò. iu opposizione
alla realtà empirica v’è una realtà metafisica, che è al di là dei fenomeni
percepiti dal sensi; è accessibile olla sola ragione o anche ineonosoibilo,
come la cosa in si di Kant. (logica):
realtà è una delle tre categorie kantiane della modalità (realtà, possibilità,
necessità ); il giudizio di realtà enuncia semplicemente un fatto o un rapporto
di fatti come effettivamente esistente (v. modalità). Recettività (dal hit.
recipere = accogliere passivamente; opposto: attività) (filos.): b la
disposiziono a ricevere passivamente impressioni e suggestioni dall'esterno. per
Kant la sensibilità è recettiva, ossia ò la facoltà di ricevere impressioni per
la via dei sensi, che formano la materia del conoscere. Regno dei fini
(morale): nell’etica di Kant è l’idealo di una unione sistematica degh esseri
ragionevoU, per i quali Regressus in inflnitum è cosa spontanea l’obbodicnza
alla lecite morale «li cui essi stessi sono sii untori: fc il regno della
libertà in opposizione al mondo fenomenico, In cui domina la causalità c,
quindi, la necessità. Regressus in inflnitum (/ito*.): secondo gli Scettici
antichi il filosofo dogmatico è costretto a un regresso ail’iullnlto, cioè a
risalire, senza mai fermarsi, nella serie dei principii, se vuol non lasciare
alcuna affermazione indlmostrata c non porro corno primo principio una
proposizione arbitraria o un’ipotesi elio ha bisogno d'essere dimostrata. Ha il
oorrispettivo nel prògressus iti infittitimi (v. questo termine). _per Kant il
regressus nella serio «lei fenomeni dell’universo conduce in il idefinitum,
cioè la serie dei fenomeni è potenzialmente illimitata, non dollnlta.
Relativismo (/ito*.): si applica alle dottrine cho accolgono lo. relatività
della conoscenza umana, limitata ai fenomeni c «ile loro relazioni tostanti,
ossia olio lauri, dichiarando che citi cho si pono ai di là di ossi, o è
inconoscibile. come pensa lo Spencer, o non esisteaffatto, come dice C'omte,
Relatività (/ito*.): è il carattere ohe si può attribuire alla conoscenza, di
essere relativa (v. relativo). Relativo (opposto: assoluto) (/ito*.): è relativa
la conoscenza, in quanto la si fa dipendere dalla costituzione soggettiva dello
spirito umano, dal rapporto fra il soggetto o l’oggetto e si esclude la
possibilità di cogliere con l'intelletto unii verità assoluta. -la relatività
della conoscenza è sostenuta già dallo Scetticismo greco con Enesidemo,
mediante dieci tropi che ponovano in rilievo la soggettività dello percezioni
dovuta alle differenze fra gli uomini, diversi di corpo, di temperamento, di
anima, dominati da disposizioni o condizioni variabili, come la, salute, l’età,
le malattie; che percepiscono diversamente socondo le distanze, le posizioni,
la complessità degli oggetti, la rarità e la frequenza dei fenomeni ecc. -anche
per Kant la conoscenza è relativa, essendo limitata al fonomeni e ai loro
rapporti, mentre la cosa in sé, che sta dietro ad essi, è inconoscibile. un’Importante
concezione delia relatività è quella odierna dell’EiNoTBix, che estende ni
movimenti accelerati e alia stessa gravitazione la relatività ammessa in
meccanica: la massa d'uti corpo non è costante, ma varia in funzione della
velocità; non v’è spazio e Religione tempo assoluto, le dimensioni ilei tarpi
sono relative, giacché un corpo, trascinato in una traslaziono, subisco una
contrazione nel senso del movimento; spazio, tempo, energia sono fra loro
collegati; si Invecchia piti in un Inogo che in un altro. _ vi ù anche una
concezione relativa della attirale : i principi dell’apprezzamento o della
condotta morale dipendono dal carattere, dal grado di civiltà d’un popolo,
dall'iunbionte nslco o sociale, dalla tradizione eco.; non esistono principii
morali assoluti. a 31 osò, ai profeti,
e, in maniera completa, insegnate agli uomini dii Cristo e consegnate nelle
.Sacre Scritture. Romanticismo (opposto: classicismo, illuminismo): v un
Importante movimento spirituale Iniziatosi verso la due del scc. XVIII, che ha
un'aziouo rilevante sui filosofi sorti dopo Iva.it (Fiotti:, Sm maino, Hegel
eco.). L'Idea centtale è quella di vita pensata come forza originarla,
immateriale, irriducibile, incosciente, spontanea, che rivela una verità piti
profonda «li quella offerta dalle • Idee chiare e distinte li! Cartesio e
dell'Illuminismo; il senti• mento vi appare più complesso e più ricco della
ragiono astratta, il arnia ò superiore «vile regole, l 'istinto più forte delle
convenzioni, dello istituzioni, dei calcoli della scienza. T)1 qui le conseguenze:
«) di fronte all'ordine e ai modelli classici è una rivolta contro lo regole e
le convenzioni, un'esaltazione di tutto le potenze della vita, un’affermazione
della rclativitii di tutti gli ideali o della mutabilità delle Torme estetiche;
b) «'accosta alla natura, alle intuizioni infallibili d'un istinto collettivo,
inventa il genio della rozza, l'anima dei popoli, pone l’ispirazione e il genio
al disopra del sapere e deìl’abilità tecnica; ai giardini e al parchi ben disegnati
preferisce ipaesaggi grandiosi e selvaggi, le solitudini (Rousseau); al
razionalismo oppone l’irrasionalismo, si stacca dai soggetti e dalle tradizioni
classiche per rivolgersi al Modto Evo, considerato più spontaneo, alla
tradizione cavalleresca, alla cattedrale gotica; ha il gusto e il senso della
storia ; contro l’antistoricismo degli illuministi ò storicistico. s Saggio
(gr. 0096? = sapiente) i/ilos.): l’ideale del saggio è definito, dopo Aristotele:
l’uomo die incarna la virtù intesa come sapere, abilità, prudenza, giustizia,
indipendenza dai beili esterni. Rispondono a questo ideale i Sette saggi, come
anello il « saggio stoico » clic ne attua il tipo morale più alto, offrendo il
modello pratico alla Roma «lei primi due secoli dopo ( ‘risto. La saggezza non
0 soltanto liberazione dalle passioni o dal l’utilitarismo volgare, ma anche
scienza ed esperienza armoniosamente operanti nella vita o gni ftte da un
ideale superiore. Sanzione (diritto e nomile): la sanziono giuridica, ossia la
pena, ó determinata da tre fattori: dallo esigenze della difesa sociale;
dall'offesa clic il delitto reca al sentiment o «li giustizia, pel quale 11
colpevole, partecipe della ragione, è considerato come persona razionale,
trattato come tale o quindi costretto a subordinarsi alla ragione comune, infine
dall’offesa portata all’ordine morale, per cui, oltre al ripristinnmento
deU'ordino giuridico, la pena mira anche ad educare possibilmente il colpevole
a sentimenti migliori. La sanzione morale, cioè la riprovazione e il rimorso, è
una reazione della Volontà morale Idealo contro la volontà inoralo Imperfetta,
che ha violato la legge morale: il fondamento di essa va corcato nella
responsabilità di noi verso noi stessi (Martinetti). Scetticismo (gr.
ay.irrzrjij.xi = Investigo ; opposto: dogmatismo) i/ilos.): è la dottrina
fondata da l'iuuoNi:, secondo la quale la mente umana non può cogliere verità
alcuna intorno alla vera realtà delle cose, ma solo apparenze. Non esiste un
criterio di verità che permetta di distinguere le rappresentazioni vere «la
quelle false, donile l’astensione dti ogni giudizio iZTZoyT,) e l’indifferenza
(àSiatpopta). il dubbio Schema Scolastica sistematico c una tranquillità
d’animo Inalterabile (&Tapoc££a). Dapprima, mediante la disciplina della
condotta morale, mira alla calma e alla quiete dell’esistenza, ma alla line
diviene anche una disciplina dello spirito scientifico, grazie al suo
atteggiamento eri-fico e al severo esame cui sottopone le dottrine filosofiche
contemporanee, specialmente Pepicureismo e lo stoicismo. Schema (gr. cr/-? (i
iia = forma, esteriore), figura) (//los.): in generale indica il disegno, la
figura che rappresenta in maniera semplificata le linee essenziali d’un oggetto
o d’un movimento. -per Kant lo schema trascendentaleindica una rappresentazione
intorme* diaria fra un’intuizione sensibile (per es. : d’uri dato triangolo) e
un concetto (per es.: 11 triangolo in generale); ed è affine da un lato al
concetto puro, in quanto non contiene nulla d’empirico, e dall’altro lato alle
percezioni, e quindi all’ordine sensibile. Perciò esso permetto di applicare
indirettamente agli ; oggetti dell'esperienza i concetti puri dell’intelletto,
cioè lo categorie, che sono inapplicabili per via diretta. Cosi lo sohema della
sostanza, cioè la rappresentazione sotto la quale si raccolgono i fenomeni per
poter loro applicare la categoria di sostanza (v. questo termine), è il
substrato che permane nel tempo; lo schema della quantità è il numero, mediante
il quale la continuità dei fenomeni è distribuita in quantità determinate.
Questi schemi sono creati dall'immaginazione, che ò una facoltà intermediaria
fra l’intelletto o la sensibilità, con essa Kant vuol risolvere l'antico
problema dell’accordo fra le idee, le categorie o le cose; per risolvere il
quale Cartesio era ricorso allaveracità divina, Malebranche alla rivelazione,
Spinoza al parallelismo (per cui l’estensione e il pensiero sono gli attributi
d'un unica sostanza, di quella divina), Leibniz all’armonia prestati• •Scienza:
è un complesso di cognizioni dovute a ricerche metodiche (fondato
sull’esperienza guidata dalla ragione), disposte in un sistema ben coordinato,
suscettibili di dimostrazioue e aventi per oggetto una parte ben definita della
realtà naturale. I suoi strumenti 6ono: l’osservazione diretta dei fenomeni,
l’csperimento, l 'induzione, la deduzione. Galileo apro ima via nuova alla
scienza, sostituendo olla ricerca delle qualità, propria del metodo
aristotelicoscolastlco e ancora presente in Bacone, la ricerca «iella quantità,
esprimibile con formule matematiche; quindi non più forz e qualità occulte, ma
elementi spaziali c numerici. Anche oggi gli atomi, gli ioni, gli elettroni c
le loro composizioni quantitativo sono l'oggetto dell'indagine scientifica. * L
'aggetto della scienza è duplice, secondo filosofi c scienziati (BENTHAM,
Ampère, Hill, Hegel, Wcndt, ecc.), cioè: la natura o lo spirito, donde le
scienze della natura e le scienze dello spirito (o morali). Il Windklbanp divide
le scienze In nomotetiche (gr. VÓ(AO£ = legge, e tU1yjjì.i= pougo), come la
chimica o la fisica, che ricercano le leggi secondo cui si svolgono i fenomeni
naturali; o ideografiche (gr. = particola^ e ypàcpstv = scrivere), cioè lo
scienze storiche, che studiano gli avvenimenti passati, considerati nella loro
Impronta individuale e non ripetibili. Scolastica (dal lat. setola, che è l’insognamento
per eccellenza del Medio evo, quello della teologia o della filosofia;
scholasticus ò il titolare di tuie insegnamento) ( /ilos .): ò la filosofia dominante
in Europa dal hoc. X al XIV : le sue tesi fondamentali sono: a) dualismo fra
Dio. che è atto puro, puro spirito, e la creatura, nella quale si mescolano
l’atto e la potenza, la forma e la materia, l'anima o il corpo; b) Dio è
persona spirituale, ha creato il mondo dal nulla e lo trascende ; c) la parola
di Dio manifestata nelle Sacre Scritturo è l'espressione infallibile della
verità; quindi, pur mirando a conciliare ragione e fede, cioè la filosofia
antica, specialmente quella d’Aristotele, col dogma cristiano, la Scolastica
afferma che la'ragione non può andare contro la fede, ma subordinarsi a questa;
d) la distinzione flit soggetto conoscente e oggetto conosciuto, pensato come
reale, indipendente dal soggetto nella sua esistenza; e) la distinzione fra
teologia e filosofia : la prima ha per oggetto l’ordine soprannaturale in
quanto è rivelato dalla parola di Dio; la seconda investiga l’ordine naturalo
per mezzo della ragione, ma accordandosi con la teologia. In senso peggiorativo
si dice che ima dottrina si trasforma in una scolastica quando si irrigidisce
in formulo verbali, in distinzioni e divisioni numerose. sottili e astratte, in
tesi imSecondarie Simbolo mutabili, o perciò diviene stagnante, incapace di
progredire. Secondarie (qualità) = v. qualità. Sensazione (psicol.): è la piò
semplice modificazione della coscienza, il processo psichico nella sua forma
elementare; presenta due aspetti: a) è recettiva, cioè passiva, in quanto è
prodotta da stimoli esterni o Interni; p. o. un raggio di luce, la contrazione
d’un muscolo, che dònno rispettivamente una sensazione visiva o muscolare: li)
è successivamente attiva, in quanto le impressioni provenienti dagli stimoli
sono elaborate dalla coscienza, nella qualo già si trova ima molteplicità, d’elementi
psichici, di ricordi, di immagini, occ. ; perciò la sensazione ò il prodotto
dell'analisi e dell’astrazione. Sensibilità (furimi.): è la facoltà d’aver
sensazioni, di conoscere por mezzo doi sensi, o anche di provare piacere o dolore
che accompagnano lo sensazioni; _da Kant la dottrina della sensibilità, clic ò
la capacità di ricovero passivamente impressioni da oggetti osterni por la via
del scusi, ma ordinate nello forme a priori dolio spazio c del tempo, è detta
estetici i. Sensismo (filos.): dottrina che consiste nel far derivare tutto le
nostro facoltà o le nostre conoscenze dalla seusuzione ; ò rappresentato dal C
ONDII*i*ao (sec. XVIII), che dalla sensazione fa derivare la memoria,
l’attenzione, il giudizio, il sentimento, lo volizioni. Si distinguo
én\Yempirismo, in quanto questo ammette duo fonti del conoscere: la sensazione
o la riflessione. Senso ( psùvl .): è la facoltà (p. e. la vista, l’udito, il
tatto) che mette gli esseri viventi in rapporto col mondo esterno c dà luogo a
una determinata classo di sensazioni (visivo, uditivo, tattili eoe.). _ (morale):
il senso morale consiste in una facoltà innata dì distinguere intuitivamente Il
bene dal male, facoltà ohe dove considerarsi parto integrante della natura
umana; tale dottrina è sostenuta per la prima volta dagli inglesi SnAFTEsnniY o
Hvtchkson. Senso comune: comprende un’insieme indeterminato di opinioni c ili
cognizioni condivise quasi universalmente, che si impongono o por la loro
evidenza o per il loro valore pratico, o anche per l'autorità della tradizione.
(Jilos.): per Aiustotklk II senso comune (Jtotvi) crìa&r,oiz) è una specie
di senso interno cho ci dà la coscienza della sensazione o, al tempo stesso,
coordina I dati offertici dai singoli sensi particolari (udito, vista, ecc.):
esso costituisco quindi l'unità del soggetto senziente di fronte all'oggotto
sentito. _I*a scuola scozzese del senso comune (Reto, Dcoai.p Stkwaht)
ammottesenza discussione come validi i principi accolti da tutti gli uomini,
oppure « cosi indispensabili nella condotta della vita elio il rinunzlarvi
equivale a cadorc in numerose assurdità speculativo e pratiche »(Roid), e
anzitutto afferma l’esistenza realo dell’oggetto, indipendentemente
dall’attività percettiva del soggetto. Il senso oomuno sostituisco la ragione
nella filosofia e,anohe nello matematiche. Sentimento (psicol.): In senso ampio
esprime il complesso degli stati allei Ziri, cioè di tutti quei processi soggettivi,
interiori, gradevoli o sgradevoli, legati con lo funzioni vitali e con la
psiche dell’Individuo, come le emozioni, le passioni ecc. m in senso piò
ristretto è uno stato affettivo stabile, o ancho un’attitudine costante a
provare emozioni, corno il sentimento estetico, morale, intellettuale, il qualo
ultimo consisto nel piacere complesso cho dà l’esercizio dello funzioni
intellettuali. Sentimento fondamentale corporeo: ò l’cspressiono usata dal
Rosmini per indicare la cenestesi (vedi). Sillogismo (gì-, ouXXo^tojxó;, da uoXXévw
= raccolgo) (lattica): Aristotele, che ne ha creato la teoria, cosi lo definisce:
ò un ragionamento (Xó-fb?), nel qualo, posto alcune cose, ohe p. o. « l'uomo ò
mortalo ".e 0 Socrate ò uomo », un’altra cosa no risulta necessariamente,
che « Socrate è mortalo », per qu sto solo cho 1 primo sono posto. Consta di
tre proposizioni, di cui Io primo due diconsi premesse ; la terza, implicita in
queste, conclusione-, e comI prendo tre termini: il maggiore, che ò il concetto
più esteso (nel sillogismo citato: mortale), il minore (Socrate), il medio
(uomo), che ò il ponto di passaggio. Corrisponde ai noti principi: ciò cho è
contenuto nel genere ò puro contenuto nella specie; e nel linguaggio
matematico: tiue quantità ugnali a una terza sono uguali fra loro. Simbolo = «offro insieme) ( psicol .): in generale
consiste nell’esistenza di disposizioni identiche in due o più individui della
stessa specie o di specie diversa. nella sua forma più umile è un accordo di
movimenti, detto sinergia, come si osserva nel riso o nello sbadiglio, che si
propagano quasi per contagio. nella sua forma superiore ò un accordo di
sentimenti, una sinestesia, un movimento che ci porta verso gli altri, a gioire
della loro presenza, a partecipare allo loro gioie c alle loro pene, c alla
fine si muta in «unore attivo, che supera i limiti della nostra co¬ scienza per
rivelarci la presenza imme¬ diata d’un’altra coscienza; scopro va¬ lori (come
pensa Max Scholer), men¬ tre l’intelligenza dà solo rappresenta¬ zioni. (morale):
è il fondamento della mo¬ rale dell’inglese Adamo Smith: * la fonte della
nostra sensibilità per le sof¬ ferenze altrui, egli dico, è la facoltà di
collocarci con 1 ’immaginazione al loro posto, facoltà ohe ci rende capaci di
concepire ciò che essi sentono o d'es¬ serneaffetti »; por essa giudichiamo
moralmente delle azioni altrui e delle nostre. Sincretismo (gr. ouY-xpiJTurpóc»
no¬ me derivato daH’unione dei Cretesi di fronte al nemico, nonostante lo
dissen¬ sioni intorno) (in generale): esprime l'u¬ nione artificiosa, senza
critica, di idee o teorie di disparata origine, nel campo della filosofia come
in quello della re¬ ligione. Sinderesi (forse derivata da auvirrjpnjai? =
sorveglianza, o, per deforma¬ zione, da vet$Y)el libero consenso degli indivi¬
dui ed è fondato sopra la volontà della nuiggioranzu, espressa mediante 1 rap¬
presentanti del popolo, donde lo Stato liberale rappresentativo coi suoi tre
poteri ben distinti: legislativo, giudi¬ ziario, esecutivo, quale traeeorà più
tardi Montesquieu por Rousseau lo stato sorge pure dallo stato di natura per un
contratto pel quale l’individuo, naturalmente buono, trasferisce il buo diritto
al po¬ polo, riunito in assemblea, la cui sovra¬ nità è assoluta c
inalienabile; la volontà generale, manìfestantesi nelle decisioni della
maggioranza o nel potere legislativo, che è il potere supremo, implica la
volontà di tutti gli individui. Di qui il governo democratico. Stato etico
(filos.) : per Hegel lo Stato è Tincarnazione suprema della moralità,
l’attuazione delle Idee morali, lo spirito del popolo divenuto visibtlo; perciò
il suo fine non è di assicurare la libertà individuale, la sicurezza, la proprietà
dei singoli, giacché l’individuo non ha obbiettività, verità, moralità se non
in quanto è parte dello Stato, e la vera volontà dell’individuo (la quale ò
pensiero attuautesi nella realtà) è volontà razionale, quindi ani versale o,
alla fine, identica alla volontà dello Stato: la rappresentanza del popolo non
deve ingerirsi negli affari dello Stato, ma solo eccitare il governo a rendere
pubblica ragiono dei suoi atti, elevandone cosi la vita a un grado di coscienza
Stoicismo 91 Superuomo sempre più alto.
Questa dottrina dell’Hegcl è l'affermazione dell’onnipotenza dello Stato. ■
Stoicismo (/ iloa .): dottrina della Scuola filosofica fondata da Zenone di
Cizio, elio fu aperta in Ateno nel ITI scc. a. Cr. nello Stoa Pecilo (portico
ornato delle pitture di Poiignoto) od ebbe cinque secoli di vita e duo periodi,
quello preco o quello minano (con Seneca, M. Aurelio, Kpittcto): professò un
panteismo secondo il quale 11 mondo è animato da una forza immanente, la
ragionecosmica simboleggiata nel luoco, della quale l'anima ù una particella.
11 lino supremo della condotta umana è per essa l 'avalla, che si raggiungo con
la virtù, cioè liberandosi dallo passioni, obbedendo alle leggi inflessibili,
ma ottime, con le quali la divinità reggo 11 mondo. Storicismo (/flottitela
tendenza a considerale un oggetto della conoscenza come il prodotto
d’uu’cvoluzione storica; ha un duplice aspetto: . d) in opposizione all' filmai
mano, considera 1 prodotti spirituali non come l'effetto della ragiono,
concoplta uguale dovunque e costante, ma corno Il risultato Ionio d'uno
sviluppo storico, durante il qualo 1 caratteri essenziali si conservano, mentre
quelli accidentali cadono ; - i>) In opposizione al naturalismo meccanico,
considera e interpreta il tutto come una manifestazione dello spirito umano nel
suo svolgimento storico : cosi per Heokl la storia ò lo sviluppo successivo
della ragione c l'essenza di quosta appare o si do finisce eoi caratteri che
sorgono in tale evoluzione idealo; l'essenza della filosofia è quindi da
rioeroursì nella storia della filosofia. Subcosciente tpsicol.): si dice del
processi psichici debolmente e oscuramento percepiti. Per primo il Leibniz
ammise esservi nell’attività psicologica « petites insensiblcs perceptions che,
riunite e fuse Insieme, possono produrre una percezione chiara; p. e. il rumore
d’un’ondata marina è dato da un numero incalcolabile di rumori infinitamente
piccoli, non percettibili separatamente. S’usa anche come sinonimo d
'incosciente. Sublime (estetica): è il sentimento prodotto nell'animo dalla
visione diretta o dall'idea vivamente rappresentata della potenza.naturale n
della grandezza morale e intellettuale. -Kant distingue: a) 11 sublime
matematico, provocato dalla visiono o intuizione d'una grandezza assoluta nel
senso dell’estensione; p. e. la vista dell’oceano immenso, l’idea
dell'immensità degli spazi cclesti; i) Il sublime tlinamico, dovuto alla
visiono della potenza non disgiunta dal senso di sicurezza dello.spettatore: p.
c. la vista d'un vulcano jn eruzione, dell'oceano in tempesta. Questi spettacoli
» elevano le forzo dell’anima sopra la loro ordinaria mediocrità c discoprono
in noi un potere di resistenza che ci dà il coraggio di misurarci con
l'apparento onnipotenza della natura. Il sublimo quindi non è nelle coso, ma
nel nostro spirito, ci eleva al disopra della natura che è In noi, o di quella
che è fuori di noi . Sufismo (relig.): è una dottrina, dovuta a ispirazione
neo-platonica c seguita da una setta mistica mussulmana: Dio è il beno
assoluto, l'essere puro, la bellezza eterna, 1'unica o vera realtà, mentre il
mondo del fenomeni è un semplice riflesso della divinità, non essere, puro
fantasma. Una vita spirituale rigidamente ascetica, la stretta osservanza dei
precetti sacri sono la condizione necessaria per raggiungere il fine supremo
proposto da questa dottrina all uomo. l'annientamento in Dio. Suggestione
(psieol.): nel significato più generale f> l'evocazione, il suggerimento
d’un’ideu o d’un sentimento cho qualcuno esercita, volontariamente o no, sulla
coscienza d’un altro Individuo o ambe di se stesso (autosuggestione), e che
agisce, senza trovare resistenza, sulla condotta e sul modo di pensare di
questo. È comune nella vita sociale. _ La suggestione ipnotica consiste in un
comando cui il soggetto obbedisco senza riflettere, senza cho II suo consenso
intervenga: per una specie «Vautnmatismo irresistibile, egli compie tutto ciò
elio gli viene suggerito, subisce, illusioni, allucinazioni, iperestesie, anestesie
dei sensi ccc. Superuomo: termine usato da Goethe nel Faust o reso popolare da
Nietzsche ; è la concezione idealo d’un tipo futuro di personalità superiore,
d'una specie lituana meglio dotata di quella attuale. nell’umanità deve
apparire tuia specie più forte, un tipo superiore, che abbia all re condizioni,
per creare c conservare, clic rurnno medio Tn una prima conSussunzione Tempo
codone U superuomo era per Nietzsche il gonio che s’innalza sulla folla e la
domina. Sussunzione (dal lat. subsumcre = subordinare; gr. u 7 c 6 X 7 )^/i£)
{Ionica): è una forma di ragionamento che consiste nel pensare un individuo
come compreso in una specie, o una specie in un genere, o un fatto come
l'applicazione d’una leggo. .-per Aristotele il unionismo di sussunzione è il
solo perfetto ; in esso il termine medio è soggetto nella premessa maggiore e
predicato nella minore; p. e: « l’uomo è mortale, Socrate è uomo; quindi
Socrate è mortale ». T Tabula rasa {film.): a una tavoletta di cera su cui nuda
è scritto viene paragonata daU’empirtono l’anima umana, la quale nel suo
nascere non ha ideo o cognizioni innate. L’espressione si trova nel De anima d
"Aristotele: &rsT:tp èv Ypa[xu.o!T£t(p té \j.r,Sh ùitxpxsi
y£vpx'j.;j.£VOv {sirut tabula rasa in qua nihil est scriptum, traduce 8.
Tommaso). Teismo (/ilo*.): si applica alle dottrine ohe ammettono un Dio
personale, trascendente, creatore del mondo; 6 proprio del Giudaismo,
dcllTsliunismo e, più particolarmente, del Cristianesimo. Teleologia (dal grt£Xo;
= fine e Xóyo? discorso: scienza dei
fini) (/iios.): dottrina che ammetto una specie di ragione cosmica o un essere
supremo ohe agisca per cause finali, cioè per l’attuazione di determinati fini
nel mondo e negli esseri. È iniziata da Anassagora, sviluppata da Platone, da
Aristotele, dagli Stoici ccc. per Kant la vita della nat uni, pur essendo
soggetta al principio di causa e a leggi meccaniche, rivela tuttavia un’arte
tutta interiore, grazio alla quale essa si organizza, produco esseri organizzati
o viventi, che possono essere detti fini della natura. Però l’ammettere questi
fini non ha il valore di un principio costitutivo, ma solo regolativo, cioè
«esprime la regola senza la quale l’organizzazione della natura sarebbe
inesplicabile per la nost ra intelligenza ». Temperamento (gr. xpaot? = mescolanza;
trad. lat. temperamentum)(psicof.): dalla mescolanza dei vari umori del corpo
{sanane, bile, atrabile, linfa) e dai predominare d’uno di essi i Greci
dedussero la distinzione dei quattro temperamenti (sanguigno, bilioso o
collerico, melanconico, linfatico), distinzione che tuttora si conserva. II temperamento
lia il suo fondamento nella vita fisiologica, specialmente nel sistema nervoso,
consideralo in relazione con l’attività psicologica; è ereditario. Tempo ( filo
».): vi sono due principali concezioni del tempo : realistica o oggettiva, die
ci ò data nella sua forma tipica da Newton per cui il tempo lia esistenza
reale, assoluta, senza relaziono con le coso esterne, o scorre in so stesso in
maniera uniformo per sua propria natura, seuzu rapporto col mutamento. È bensì
vero che !a divisione umana del tempo in ore, giorni, mesi, anni è relativa;
perù tale relatività diponde dalia mancanza d’un movimento uniforme atto u misurare
il tempo in modo preciso e noti contraddice al carattere assoluto ili questo.
(La relatività della misura umana del tempo è sostenuta duo secoli dopo da E.
Poincaré, fondandosi sul fatto che tale misura si compie sulla durata dell’anno
solare, la quale ò variabile; la nostra misura del tempo è soltanto comoda,
utile por le usigenzo umane, non vera e assoluta). idealistica e soggettiva:
preannunziata da Leibniz, pel qualo il tempo esprimo l'ordine di successione
dello nostre percezioni, appare nel suo carattere più spiccato in Kant: il
tempo è intuizione pura, la forma a priori dei fenomeni del senso interno, cioè
dei processi psichici, la condizione necessaria e universale dello nostro
percezioni; quindi è soggettivo, in quanto è un’attività dello spirito umano,
ma è al tempo stesso oggettivo. In quanto è condizione d'ogni possibile
esperienza. secondo Aristotele a noi è dato solo il tempo itrescnle, perchè 11
passato non 6 più c il future non ò ancora; quindi il presente è il limite fra
11 passato o il futuro; fra tempo e movimento esiste un rapporto, in quanto il
primo è la misura numerica del secondo e contiene in sé distinzioni e divisioni
che possono essere calcolate o sommate. Agostino, pur affermando che Dio ha
creato il tempo, e con ciò attribuendo valore oggettivo al tempo, però quando
lo considera nel suo aspetto umano e psicologico, lo interiorizza, 10 pensa
come soggettivo, lo definisce una distenmo animar, per la quale tutto 11 tempo
è presente, giacché il passato Teodicea Teosofia ò presente nella memoria, li futuro
nell’aspettazione, mentre l’attenzione ci dà la coscienza del momento presente
(v. durata). Teodicea (gr. = dioc 8t*/.aia= cose giuste) (/ ilos .): tonnine
coniato da Leibniz per indicale quella parte della teologia naturale che tratta
della giustizia di Dio, ossia mira a giustificare j la presenza del malo nel
mondo e a conciliarla con la bontà divina, o ad accordare inoltre la libertà
umana con* la realtà della provvidenza e pre-scienza di Dio. Per estensione comprende
la trattazione. dell’esistenza e degli attributi della divinità. Quindi, se il
nome è recente, l’argomento è oggetto di studio fin dall’antichità greca
(Platone, Aristotele, Stoici ecc.). Teofania (dal gr. 9 -eó; = dio c «patveiv
ss apparire) ( filos. c relig.): ò il manifestarsi della divinità, sia in
maniera diretta, sia, in un significato più esteso, indirettamente nelle sue
opero o nell’universo. Teologali (virtù): v. virtù.'reologia (gr. dio e \ 6 yo$
= discorso) ( relig . e filos.): è la dottrina che ha per oggetto la divinità,
i suoi attributi, i suoi rapporti con l’universo e l’uomo. -la teologia
rivelata o sacra s’appella. nella sua trattazione, solo alla parola di Dio
rivelata nelle Sacre Scritture o ai dogmi. la teologia razionale sottopone
l’oggetto della fede all’esame critico della ragiono. Teoria (gr. -ilstopCa =
investigazione intellettuale, scienza) (filos.): in opposizione a prativa,
designa la ricerca pura, disinteressata, indipendente dalle applicazioni
pratiche, non solo nella filosofia, ma anche nelle scienze, come la fisica c la
chimica. in opposizione a sapere volgare esprime la trattazione metodica,
sistematica, conforme a determinati principi, o anche appoggiamosi a ipotesi
scientifiche. nel significato (li contemplazione, vedi questo termine. Teoria
biologica della conoscenza (filos.): è la dottrina che fa derivare l’impulso al
conoscere dalla vita, intesa nel suo significato biologico, fondandosi sopra
l’ipotesi che lo spirito umano sia soltanto un’efllorescenza, una sublimazione,
un prolungamento della vita: perciò la conoscenza risponde alle necessità prime
e fondamentali doll’esistenza; la conoscenza, dapprima confusa e soggettiva,
conio nell’te/w/o, si va facendo più cosciente e cliiara, toccando lo suo torme
più elevate nella scienza c nella filosofia. Teoria della conoscenza (filos.):
ò la dottrina cho serve da introduzione alla filosofia e rivolge l’attenzione
non sull’oggetto conosciuto, ma sullo stesso soggetto in guanto conosce, sullo
spirito umano nella funzione del conoscere; in altre parole, è il ripiegarsi
della mente sopra se stessa per indagare il potere che essa ha di conoscere. È
stata concepita con chiarezza da Locke e, ancor più profondamente, da ICant,
che mira con la sua Critica della ragion pura a ricercare le fonti, i limiti,
il valore della facoltà conoscitiva deiruomo.
Hegel nega la possibilità d’una teoria della conoscenza, affermando cho
ò Impresa chimerica voler fissare 1 limiti della ragione, anzitutto perché una
ragione limitata non è più una ragione; in secondo luogo perché la ragione
soltanto può far la critica della ragloue e, se questa riconosce e definisce i
propri! limiti, con ciò non fa altro che oltrepassarli, dal momento che la
conoscenza del limite implica necessariamente la conoscenza di ciò che sta al
di là del limite. Teoria economica della conoscenza (filos.): designa la
dottrina cho, per comprendere il legame tra i fenomeni, rinunzia al principio
di causa e si vale soltanto dell'idea di funzione (si vegga questo termine),
riducendo a una pura convenzione la differenza tra fenomeno fisico o fenomeno
psichico. Ufficio essenziale della conoscenza ò soltanto di descrivere 1
fenomeni e i loro rapporti funzionali nel modo più semplice e con la maggior
possibile economia, riducendo una lunga serie di esperienze a una formula
abbretriata, cho risparmi! ulteriori esperienze, dispensi da ràgionamentì o
eolcol 1 ?omplicatÌ, e riduca la trattazione dei fatti alla più semplice
descrizione. È rappresentata da H. Avenarius (v. empiriocrilicismo ), dal
fisico Mach e dalla Scuola di Vienna: ha tendenza antimetafisica. Teosofia (gr.
fi-sóc = dio e 009£a = saggezza): si può dire una metafisica religiosa, in cui
entrano clementi di varia natura e di diversa provenienza. L’idea-comune alle
varie dottrine teosofiche è di giungere alla conoscenza di Dio e delle cose
divine mediante l'apTermini 94
Tradizionalismo profondiment o della vita interiore e obbedendo al precetto
mistico clic « rientrare In sé j equivale ad « elevarsi a Dio: in hurnano animo
idem est minimum quoti intimimi : nell’anima ciò che vi è di più alto e di più
profondo coincidono (Riccardo di S. Vittore). Questo procedimento rivela forze
spirituali che si sottraggono alla volontà umana o diurno luogo alla saggezza,
alla calma e serenità interiore. Una credenza teosofica caratteristica è
l'evoluzione dell'anima attraverso la catena dello esistenze, la dottrina della
reincarnazione. I ermini del sillogismo = v. sillogismo. Terminismo (filos.): è
il nome dato al nominalismo di Guglielmo d’Occam, pel quale ogni cosa reale ò
individualo (quaclibet res co ipso quoti est, est haec rcs) e sono vere lo
proposizioni quando si riducono a termini, cioè ad espressioni vorbali che
esprimano esseri individuali. Terzo escluso (principio del) (logica) : afferma
che di due proposizioni contraddittorie se l’una è vera, l'altra ò
necessariamente falsa; una terza proposizione non ò possibile. È stato
formulato da Aristotele. Iesi £48-1600). anima del mondo, antropocentrismo,
coineklentia oppositorum, individuo, intelletto, monade, monadismo, panteismo,
principio, umanesimo. Buchnkr: materialismo. Bit RH) A no: Buridano (asini» .n).
CAMPANELLA: conosci te stesso, pri nudità. CANTONI: neo-kantismo t 'arnkadk:
Accademia, ignava ratio, progressus in intìnitum, relativo. Cartesio:
auCoscienza, autorità, bene, buon senso, cartesianismo, cogito, conosci te
stesso, corpo, creazione continuata, criterio, deduzione, Dio, dualismo, dui»,
bio, errore, essenza, estensione, esterno (mondo), formale, gianduia pineali?,
idea, illuminismo, immediato, innato, legge, lume naturale, materia, oggettivo,
ontologica (prova), parallelismo, passione, percezione, qualità primarie,
schema, sostnnzialismo, spazio, spiriti animali, spiritualismo. CICERONE:
anticipazione, aporia, catalettica, cosmopolitismo, eclettismo, etica,
neo-pitagorismo. Comtk: discontinuo, filosofia della storia, positivismo,
relativismo, sociologia. COXPTLLAO: sensismo. Condorcet: progresso. (
Vij’krnico: antropocentrismo. Cousin: eclettismo. CROCE: bello, neo-hege Usino.
Cesano: alterità, coincidentia oppositorum, doeta ignorantia, emanazione,
explicatio, individuo, macrocosmo. Darwin: darwinismo. De Bonald:
tradizionalismo. Democrito: analisi, anima, atomo, essere, filosofia, infinito,
materialismo, meccanico, monadismo, nulla, qualità primarie, spazio. Dkstutt de
Tràcy: ideologia. Dilthey: comprendere. Dubois-Reymond: ignorabimus. Dugàld
Stewart: senso comune Duns Scoto: anima, eeceità, individuazione, volontarismo.
Einstein, relativo. Empedocle da GIRGENTI: amore, elemento, infinito,
pluralismo. ENEsrDEMO: relativo, tropi. Epicurei: anima, anticipazione,
edonismo, empirismo, errore, etica, piacere. Epicuro: atarassia, atomo,
beatitudine, canonica, dinamen, dualismo, idoli, intermuncU, spontaneo,
utilitarismo. Epitteto: stoicismo. Eracuto: anima, attualismo, coincidentia
oppositorum, conosci te stesso, divenire, logos, polipiatin. Esiodo: etica.
Euckkn: astrazione, attivismo. Euhemkro (IN’ sec. a. Cr.): ovemerismo. Fechner:
legge di K., jwicofiaica. Feuerbach: umanismo. Fichte: antitesi, esterno
(mondo), idealismo, immaginazione, io, moralismo, romanticismo. Stato,
volontarismo. FICINO: Accademia, neo-platonismo. Filone: logos. Focilide:
gnomica. Freud: psicanalisi. Galileo: antropocentriamo, autorità, causa,
compositivo, empirico, epagoge, esperienza, esperimento esterno (mondo),
filosofia naturale, induzione, legge, numero, qualità primarie, ragione,
risolutivo, scienza. Gall: frenologia. GENTILE: atto puro, attualismo,
autoetwi, idealismo attuale, neo-hegelismo. Geulinx: cartesianismo, cause
occasionali. Gilsox:’ illuminazione. GIOBERTI: creazione, dualità, ente,
esistenza, formula ideale, intuito, metessi, ontologismo. Giustino:
apologetica. Gnostici: gnosi, intuizione, pleroma, non essere. Goethe: analisi,
superuomo, umanesimo, volontarismo. Haeckiu: biogenetico. Hamilton:
intuizionismo. IXartley): associazionismo. Hartmann: incosciente. Harvrt: anima.
Hegel: acosinismo, antitesi, attualismo, conosci te stesso, contraddizione,
dialettica, Dio, essere, esterno (mondo), evoluzione, fenomenologia, filosofia
della storia, idea, idealismo, intellettualismo, io, liberti politica, non
essere, ontologica (prova), ottimismo, panlogismo, rappresentazione, razionale,
razionalismo, religione, romanticismo. Stato otico, storicismo, teoria della
conoscenza, tesi, volontà. Heidegger: angoscia. Helmuoltz: proiezione. Herbart:
appercezione, pluralismo, volontà. Herder: umanesimo. Hobbes: contrattualismo,
illuminismo, piacere. Stato. Humboldt: coltura. Hume: abitudine, analisi,
associazione delle idee, associazionismo, corpo, credenza, empirismo, osterno
(mondo), fenomenismo, idea, impressione, positivismo, religione, soggettivo.
Husserl: eidetico, fenomenologia. Hutciieson: senso morale. Huxley:
agnosticismo. Hyde: dualismo. James: emozione, pragmatismo, volontà di crederà
Janssen: giansenismo. Kant: analisi, analitica, antinomia, antitesi,
antropologia, a posteriori, appercezione, apriorismo, assoluto, autocoscienza,
autonomia, bello, bene, carattere, categorie, conosci te stesso, cosa in sé,
cose e persone, coscienza trasccnd.. cosmologia razionale, credenza, oritiea,
criticismo, deduzione trascend-, dialettica, dignità, Dio, dogmatismo, dovere,
dualismo, empirico, epigenesi, esperienza, esperienza possibile esterno
(mondo), estetica, etica, fenomeno, filosofia, line in sé, forma, generatio
spontanea, giustizia, idea, identità, illusione metalisica, immaginazione,
immanente, immortalltà. imperativo. individualismo, innato, in sé,
intelligibile, intendimento, intenzione, intuizione, legalità, legge, libertà,
limitativi, metafisica. modalità, natura, neokantismo, noumeno, oggettivo,
oggetto, ontologia, ontologica (prova), |iaralogiamo, passione, pensiero,
persona, piacere, [inssibile, pratico, predeterminismo, primato, progresso,
psicologia razionale, ragione, razionalismo, recettività, regno dei tini,
regressus, relativo, romanticismo, schema, sensibilità, sintesi, soggettivo,
soggetto, sostanza, spazio. Stato, sublime, tempo, teoria della conoscenza, trnnoendontale,
trascendente, volontà, volontà buona, volontarismo. Kirkegaard: angoscia.
Ivlaues (vivente): anima. Krause: panenteismo. Lachelier: cause finali, i
riduzione. 1. A lande (vivente): logistica. Lamennais: tradizionalismo.
Laplace: meccanica. Leibniz: antitipla, appercezione, appetizione, armonia
prestabilita, atto puro, bene, contraddizione, Dio, energia, entelechia,
idealismo, identità, illuminismo, incosciente, individuazione, individuo,
infinito, innato, intellettualismo, male, materia, monade, monadismo, monismo,
ontologica (prova), ottimismo, percezione, pesona, piacere, pluralismo, ragion
sufficente, rappresentazione, schema, sostanzialismo, spazio, spiritualismo,
spontaneo, subcosciente, tempo, teodicea. Leonardo da VINCI: filosofia
naturale. Lessino: umanesimo. Locke: analisi, astrazione, contrattualismo,
empirismo, esperienza, esterno (mondo), ideo, modo, qualità primarie, rappresentazione,
ritleesione, spazio, Stato, teoria della conoscenza, tolleranza. Lotze:
panpsichismo, valori (filosofia dei). LUCREZIO: elmamen, internimid ;,
progresso. M,|M 1018V fenomenismo, induzione, Uacii u . ft Bell» con»poHÌtivfeino,
icona t .ri-,)«gostinismo, corMalebranche -e: etica, gnomica. Spencer:
agnosticismo, altruismo, a posteriori, associar. One dello idee,
associazionismo, evoluzione, inconoscibile, libertà, omogeneo, relativismo,
sociologia. Specsippo: Accademia. Spinoza: acosmismo, adeguato, amore, animo
del mondo, assioma, attributo, beatitudine, bene, cartesianismo, causo sui,
cor[x>, determinazione, determinismo, Dio, ente, orrore, esistenza, essenza,
estensione, esterno (mondo), immaginazione, inimanente, in sé, intelletto,
intelligenza, Intelligibilc, monismo, necessario, panenteismo, panpsichismo,
panteismo, parallelismo, passione, per sé, ragione, razionalismo, schema,
sostanzialismo, spazio. Staiil: animismo. Stoici: adialora, uuima, anima del
mondo, anticipazione, apatia, ascetismo, asoroatieo, assenso, atarassia,
autarchia, beatitudine, catalettica, cosmopolitismo, empirismo, esperienza,
etica, filosofia, ignava ratio, indifferenza, legge, logos, macrocosmo, male,
nihil est in intelleotu, ottimismo, panpsichismo, panteismo, passione,
religione, ritorno eterno, saggio, spirito, stoicismo, teleologia, teodicea,
virtù. Stuart Mill: altruismo, associazionismo, concordanza, differenza,
edonismo, etica, induzione, positivismo, residui, variazioni. Tainb: analisi,
associazionismo, positivismo. Talete: filosofia, uno. TempieR: Averroismo.
Teognidf. : etica, gnomica. TertulUANO: allegorica, traducianismo. Timone:
pirronismo. TOCCO: monismo, neo-kantismo, AQUINO: analogia, anima, a
posteriori, a priori, contingente, contmgentia mundi, cosmologica (prova),
creazione, determinismo teologico. Dio. forma, idea, immanenza, individuazione,
intelligenza, ipostasi, metafisica, movimento, neo-scolastica, neo-tomismo,
ontologica (prova), prcdeterminismo, ragione, sinderesi, spiritualismo, Stato,
tabula rasa, tomismo, univoco, volontarismo. Tonnies: sociologia. Vaihinoer:
come se, iinziouc. Valentino (II sec.): coni, gnosi. Valkby: identità.
Vauhmioli: demone. VICO: corsi e ricorsi, degnila, filosofia della storia,
legge, provvidenza, verità. Vittorini: mistica, teosofia. Voltaire: ottimismo.
Winuelband: scienza, valori. Wolff: pratico, psicologia razionale, razionale.
Wundt: metafisico, normativo, psicologismo, scienza, volontarismo. Zenone
Ozici: stoicismo. Zenone Eleatico: antinomia, dialettica. z za
jr'srs' PRINCIPI DI LOGICA, LIVORNO, GIUSTI, Livorno, Tipografia di
Raffaello Giusti. Una tendenza naturale e invincibile dello
spirito umano in ogni momento della sua storia e del suo sviluppo lo
spinge a conoscere e a spiegare i fenomeni che cadono sotto i sensi; un
tale bisogno s’applica dapprima alle cose che hanno o sembrano avere un’utilità
pratica e sono favorevoli alla conservazione e al miglioramento dell’esistenza
; più tardi, quando la lotta per la vita è divenuta meno aspra, la
curiosità e la ricerca si l’anno a mano a mano disinteressate e sono
coltivate per sè stesse, senza mirare in modo esclusivo alle necessità pratiche.
Sorge allora il sapere scientifico, si formano lentamente le singole
scienze e la filosofia, le quali si possono ben considerare come il prodotto
più elevato e più pregevole dell’ intelletto umano, del quale mettono in chiara
luce tutta la mirabile potenza. Qualunque scienza oggi si
consideri, si possono in essa distinguere duo cose : la materia ossia
Voggetto studiato ; la forma ossia l’insieme delle operazioni che la
mente nostra compie e dei procedimenti che adopera per conseguire
la scienza di quell’oggetto e per giungere alla conoscenza vera
delle cose. Valga a chiarire tale distinzione l’esempio della psicologia
sperimentale : la materia di questa scienza è costituita da fatti psichici,
cioè da quei fatti che ognuno può constatare nella propria coscienza come
sensazioni, percezioni, idee, sentimenti, desideri, volizioni ; ma per
ottenere la conoscenza scientifica della materia psicologica
occorrono svariate operazioni tra loro strettamente connesse.
Innanzi tutto è necessario formarsi un concetto ben chiaro del
fatto psichico, determinando con precisione i caratteri che gli
sono propri e che lo distinguono dagli altri fatti naturali,
oggetto delle altre scienze; inoltre, poiché i fatti psichici, come
si presentano alla nostra osservazione, mostrano fra loro differenze più
o meno spiccate, sorge l’esigenza d’una classificazione in fatti di conoscenza,
di sensibilità, di volontà, dei quali bisogna poscia ottenere una
descrizione accurata, indagare le connessioni, ricercare e stabilire le leggi.
In queste operazioni e in altre simili ad esse, che prescindono dalla
materia e dal contenuto delle varie cognizioni, consiste l’ufficio
della logica, la quale si può quindi definire come quella parte importante
della filosofia, che ricerca e studia i principi formali della conoscenza,
ossia, per parlare con maggior chiarezza, qnellc cond izioni che debbono essere
soddisfatte, affinchè una cognizione, qualunque possa essere il suo
contenuto, si debba considerare come validamente costituita, ben fondata
e vera, non come un semplice caso o una supposizione inconsistente. In
questo modo mentre le altre scienze s’occupano d’oggetti particolari, le
matematiche del numero e dello spazio, la fisica dei fenomeni luminosi,
elettrici, termici eco., la fisiologia dei fenomeni vitali, la logica si
occupa invece delle condizioni generali della scienza stessa, in quanto
mira ad assicurarci della verità formale di ciò che pensiamo, delle
nostre idee e dei nostri ragionamenti, qualunque ne possa essere il
contenuto. Si comprende quindi facilmente come la logica venga ritenuta
una disciplina filosofica generale al pari della metafisica e della
teoria della conoscenza o, con parola greca, gnoseologia, le quali si
riferiscono a tutto il contenuto del nostro sapere e non a parti determinate di
esso. 2. Divisione generale della logica. I principi formali della conoscenza si
distinguono generalmente in semplici e complessi, secondochè si
riferiscono alle forme elementari del pensiero, oppure alle forme dette
metodiche, a costituir le quali ultime le prime contribuiscono come
dementi. Quindi la divisione più razionale della logica è quella che distingue
in essa due parti principali: la prima comprende lo studio delle
forme elementari del pensiero, che sono il concetto, il giudizio,
il sillogismo, nei quali si risolve ogni pensiero, per quanto
grande sia la sua complessità ed ai quali corrispondono gli elementi
linguistici, la parola, la proposizione, il ragionamento. La seconda parte
abbraccia lo studio delle forme metodiche che le scienze vengono applicando per
acquistare nuove cognizioni e por ordinare e provare le cognizioni acquistate
; onde questa parte dicesi metodologia, e tratta del metodo inventivo che
indica le norme, con le quali si possono estendere le nostre conoscenze,
e del metodo sistematico, cioè dei procedimenti coi quali la scienza
ordina le sue conoscenze. La storia della scienza ci dimostra chiaramente
che il metodo non si costituisce a priori, cioè prima che una scienza sia
formata, ma piuttosto si deduce dalla scienza, quando questa ha raggiunto
un certo grado di sviluppo ; anzi si può dire che il metodo si trova
spesso in ritardo rispetto al cammino che percorre la scienza, nello
stesso modo che i trattati dell’arte poetica sono l’espressione
tardiva dell’arte contemporanea. Infine bisogna notare che
ogni scienza speciale presenta un complesso particolare di norme e di
procedimenti, che però non rientra nella trattazione della logica
generale, essendo strettamente collegato con la materia che costituisce
il contenuto d’ogni singola scienza ; così il fisico, il chimico, il
fisiologo, oltreché delle conoscenze generali di logica, fanno uso nelle
loro osservazioni e nelle loro ricerche di regole e di mezzi speciali di
indagine, che sono propri della scienza alla quale dedicano le loro forze
intellettuali. 3. Logica e psicologia ; relazioni e differenze. Le operazioni che formano l’oggetto della
logica possono essere considerate sotto due diversi aspetti, ossia sotto
l’aspetto logico e sotto l’aspetto psicologico. La psicologia
tratta le operazioni logiche come tutti gli altri processi che sono
offerti allo studio dello spirito umano, senza occuparsi per nulla della
loro validità o della loro forza dimostrativa, stimando clie un cattivo
ragionamento valga quanto uno buono, nello stesso modo che pel
chimico lo zucchero e il vetriolo sono due corpi d’egual valore per
l’osservazione scientifica. La logica invece è stata detta una « scienza
ideale », perchè ricerca le leggi che il pensiero deve seguire per
procedere alla conoscenza delle cose, ossia ricerca la forma ideale del
ragionamento, ciò che dev’essere un buon giudizio, un buon
ragionamento. La psicologia studia lo spirito umano qual è, per
conoscerne i caratteri, la natura, le leggi e, tende a mostrare come si
formano le idee, i giudizi, i ragionamenti e, in una parola, ha per fine
di conoscere le condizioni reali delle nostre operazioni intellettuali ; la
logica mira a conoscere le forme ideali di queste stesse operazioni.
Quindi l’una non fa che constatare fenomeni, l’altra ne considera il
valore; l’una ricerca come noi pensiamo ordinariamente, l’altra come pensiamo
correttamente ; la logica va dal semplice al composto; concetto,
giudizio, o legame di concetti, ragionamento, o legame di giudizi ; la
psicologia ripudia questo ordine come artificiale, e pone il giudizio
come elemento primitivo, affermando che l’uomo ha cominciato a parlare per
frasi esprimendo un giudizio e che questa frase può essere o una sola
parola, Vatirihuto, o due parole, soggetto e attributo, o tre parole,
soggetto, attributo e copula ; ma che sotto queste forme diverse la
funzione fondamentale rimane sempre la stessa : affermare o negare.
Così, per citare ancora un esempio, che renda più evidenti le differenze
che corrono tra la psicologia e la logica, quest’ultima considera il
giudizio nella sua forma compiuta, quale lo possiamo trovare nella
scienza, nella letteratura, nei dogmi religiosi, o anche nelle
affermazioni del buon senso, e che si esprime per mezzo di proposizioni
le quali alla loro volta si compongono, nella maggior parte dei casi, di
più termini. Invece il psicologo, ben lungi dall’indagare ciò che
dev’essere un giudizio affinchè si possa ritenere valido, si chiede ciò
che è come operazione mentale e in qual modo si forma : dietro i termini
del giudizio egli ricerca le idee, dietro le idee le rappresentazioni ;
nelle proposizioni scorge un potere d’analisi o di sintesi capace di
dissociare gli eiementi che l’esperienza presenta legati, d’unire quelli
che l’esperienza presenta isolati, e vuol trovare l’origine di
questo potere dello spirito umano, seguendone l’origine e lo
sviluppo, rifacendosi dalle forme più semplici del giudizio quali
si presentano nell’ infanzia, per risalire alle forme adulte e più
elevato. In conclusione, mentre lo psicologo si pone il seguente problema
: per quali influenze fisiologiche, psicologiche e sociali si sviluppa
nell’uomo l’abitudine di giudicare, d’affermare e di credere? il logico si
propone invece quest’altro: quali caratteri deve avere il ragionamento, a
quali esigenze e a quali leggi deve obbedire affinchè possa dirsi
regolare, libero da contraddizioni? La logica dunque vuole
offrire al nostro pensiero un modello da seguire, se inteude di apprendere
l’uso retto e rigoroso del ragionamento ; però, se un tale modello deve
avere un valore reale, bisogna che abbia la sua base nella realtà,
ossia nella conoscenza degli elementi e delle energie più profonde e costanti
dello spirito umano; di qui l’importanza e la necessità della psicologia
per lo studio della logica. 4. Le origini della logica razionale. Una lunga civiltà ha abituato non solo gli
uomini poco istruiti, ma ancor più quelli educati dalla disciplina
scientifica ad ammettere senza riflessione che la log ica razionale,
oggettiva, esatta sia sorta in modo spontaneo e naturale e che i logici
altro non abbiano fatto che «strame le regole. Vi sono invece buone ragioni per
affermare che la logica razionale taira è il risultato acquisito d'unn lunga
evoluzione e che la facoltà di ragionare e di inferire, suscitata e
alimentata dai bisogni e dalle necessità della vita, è stata essenzialmente
pratica ' e ha dovuto fare i suoi primi passi in modo incoerente e
poco sicuro. Si è scritto molto e si son fatte numerose
congetture intorno nlla costituzione mentale dell'uomo primitivo ; ma
lasciando da una parte qualsiasi ricostituzione deU'uomo appartenente
alla preistoria, vi sono i selvaggi attuali che, a torto o a ragione, si
considerano come equivalenti a quello, e intorno ai quali si hanno
notizie numerose, svariate e positive. In questi il livello delle facoltà
logiche è assai basso e si mostrano evidenti l'incapacità all'astrazione e la
difficoltà estrema a collegare le idee secondo rapporti oggettivi; essi
sanno invece rag ionare praticamente, per mezzo di percezioni e di
immagini che conducono al risultato atteso cioè, alla conclusione, e hanno
il loro fondamento e l'origine nelle necessità vitali e nelle questioni
che si pongono di fronte agli agonti naturali e soprannaturali. Per convincersi
di ciò basta pensare ai mezzi che l’uomo primitivo ha escogitato pel
soddisfacimento dei suoi bisogni : pel nutrimento, la caccia e la pesca ; per
difendersi dalle intemperie, le vesti e l'abitazione; per l'attacco e la
difesa contro gli animali e i suoi simili, le armi. La
costituzione d’uua .logica pura progredisce di pari passo coi progressi
della tecnica, secondo le attestazioni dei documenti sturici, che
dimostrano essere la tecnica la madre della logica razionale : l'invenzione
degli strumenti, degli utensili, della fusione dei metalli, della
navigazione, dell’astronomia, dell'agrimensura ecc. Ita costretto a poco
a poco lo spirito umano a sottoporsi alla disciplina del ragionare. Terò questi
“ ragionamenti, non sono liberi dagli elementi affettivi e fantastici ;
infatti noi sappiamo che operazioni profane, come il fabbricare uno strumento o
l'edificare una capanna, esigevano un intervento soprannaturale,
preghiere, sacrifici, incantesimi, riti vari, forinole magiche ; tutte queste
cose erano considerate intermediari indispensabili per arrivare allo
scopo, o solo per l’influenza della coltura e della civiltà appare
manifesta 1 indifferenza e la vanità di questi mezzi e si fa complota
l'emancipa' zione della logica razionale. Quando questo strumento
naturale d'esplorazione che è il ragionamento si è affermato e perfezionato con
l'esercizio, l'abitudine e l'applicazione perseverante a materie di varia
natura, sono venuti i logici clic hanno analizzato, dilucidato le
inferenze corrette o hanno dettato le regole per ragionare correttamente,
incominciando con Aristotile a studiare le forme più astratte o più
rigorose del ragionamento. Però sono stati primi i Sofisti, i più antichi
maestri d’eloquenza, che tentarono di rilevare le regole del pensiero corretto,
nonché le regole grammaticali e le parti del discorso, delle quali tutti
si servivano senza saperlo; 1' * arte del pensare, le regolo della
dimostrazione e della confutazione divennero necessarie in quel'giorno, in cui
la forza della parola potè modificare il verdetto d'un tribunale o
l'opinione d'un’assemblea politica. (') Ma a questo proposito, non
bisogna confondere tra loro la Iopica e la dialettica, perchè quest’ultima è,
come dice Aristotile, l’arto che apre la strada al vero mediante la
discussione dello opinioni; discute, intorno ad un dato soggetto, le
opinioni favorevoli e quelle contrarie, no rileva le difficoltà e le
contraddizioni, si può, in una parola, considerare come l’arte della
discussione. La potonza della (i) Rjbot, La logique des
sentiinents, pag. 23 e seg., F. Alcnn] parola è stata per un certo periodo
della storia greca, lo strumento pl-iucipale per governare; e non solo
nelle assemblee del popolo, ma anche nei tribunali, dove sedevano
centinaia di giudici, la parola era come un’arme che adoperala abilmente,
raddoppiava le probabilità della vittoria, e chi ne era privo, nel seno della
propria patria e nella pace più profonda, era cosi esposto agli attacchi
degli avversari, come se si fosse precipitato nel tumulto della
pugna senza spada e senza scudo. Si comprende quindi facilmente
come nelle democrazie di quel tempo, la retorico, la quale è per
metà dialettica e per metà stilistica, siasi coltivata per la prima
volta come una professione e abbia preso un posto importante nell'educazione
della gioventù. Il linguaggio e il ragionamento. La parola si deve considerare non solo
come un mezzo per comunicare le idee, ma anche come uno strumento
efficacissimo per lo sviluppo del pensiero e del ragionamento.
L’osservazione della psiche infantile ha dimostrato che non è possibile
un certo sviluppo mentale senza Faiuto della parola nei primi anni di
vita del bambino, durante i quali egli percepisce, esperimenta e ragiona
senza possedere un linguaggio propriamente detto, che si sviluppa poscia
a poco a poco per un balbettio spontaneo, per l’espressione dei
sentimenti e per influenza del linguaggio che si parla intorno a lui e
che egli cerca d’imitare. Il Preyer ha riconosciuto nel fanciullo
una « logica senza parole » che precede di molto lo sviluppo integrale
del linguaggio. Infatti, quando il bambino allontana rapidamente la mano
dalla fiamma che il giorno prima lo ha bruciato, non compie forse un vero
e proprio giudizio di riconoscimento ? L’ufficio della parola
diviene importante quando sorgono le idee generali, per le quali la
parola diviene un mezzo indispensabile ; infatti i sordomuti che non hanno
appreso il linguaggio tattile esprimono le loro osservazioni in modo
vivo o individuale per mezzo di gesti o di movimenti d’imitazione ; e
appunto per questo carattere individuale e concreto delle loro
descrizioni non riescono a formare idee generali chiare e distinte, le
quali non si staccano mai bene dalle rappresentazioni singolari; così,
per indicare il cibo e il pasto essi accennano al proprio corpo, indicano
il rosso toccando le proprie labbra, esprimono col gesto l’atto di
innalzare un muro, di tagliare un abito; ma non sanno indicare
l’idea generale di queste azioni, mancando loro l’udito e la parola.
(*) Il linguaggio verbale ha quindi una doppia funzione: una
funzione sociale, in quanto è il mezzo piti potente di comunicazione del
pensiero ; una funzione che si può dire individuale nel senso che ferma per
mezzo di formule stabili i nostri pensieri più fuggevoli e più sottili, e
li rende ai nostri occhi più chiari e più resistenti. Ammettiamo
pure che la potenza del pensiero varchi i limiti d’espressione forniti
dal linguaggio, e che una serie più o meno lunga di idee possa decorrere
nella nostra mente senza che ad essa corrisponda una serie concatenata di
parole ; così per esempio io posso passeggiare solo attraverso i campi,
fermarmi un secondo sulla sponda d’un fosso che io debbo passare : io ne
« apprezzo » coll’occhio la larghezza, « misuro » lo sforzo che debbo
fare e mi trovo senz’accorgermi sull’altra riva; tutte queste operazioni
contengono una serie di « giudizi » veri e propri, di atti silenziosi.
Però in questo e nei casi simili, le idee appaiono quasi come annebbiate,
dai contorni indecisi, e sfuggono con estrema facilità, se il linguaggio
non interviene ; e se poi qualche parola improvvisamente viene a mancare,
si arresta in modo brusco l’enunciazione del giudizio, e il pensiero esce con
fatica e spesso incompleto od offuscato. Il possedere un linguaggio ricco
e atto ad esprimere le più tenui sfumature del pensiero, equivale, pel pittore,
all’avere una tavolozza ricca di colori coi quali si possano porre in rilievo i
minimi particolari d’un quadro. Certo non bisogna dimenticare, che
se una lingua ben fatta e abbondante è il migliore strumento di progresso
per l’intelligenza, tuttavia occorre che questa senta il bisogno di
servirsene. Il vocabolario usuale d’una persona dedicata agli uffici più
umili della vita si compone tutt’al più di qualche centinaio di parole,
appunto perchè queste sono sufficienti alle sue necessità intellettuali ;
e la povertà del linguaggio di alcuni popoli che vivono in uno stato di
rozzezza primitiva, non è la causa, ma l’effetto della loro po (i)
Hoffding, Psychologie, pag. 229, F. Alcan] vertà mentale. Infine è da notarsi
che se il concetto non può far di meno d’una forma espressiva, la forma
espressiva non ha per sua necessaria condizione una forma logica o
un concetto. G. La logica e l’educazione dello spirito. Lo storico Tucidide dice che in una
nazione colta e civile si esige non già che tutti i cittadini debbano
essere capaci di trovare la soluzione dei problemi che loro si
presentano, ma che sappiano giudicare con criterio retto ed equanime le
soluzioni trovate ed affermate dagli specialisti. Per raggiungere
questo fine, oltre ad un certo complesso di cognizioni letterarie e
scientifiche, sono indispensabili le buone abitudini intellettuali, che ci
avvezzano a considerare le cose con pazienza, a scorgere facilmente la
falsità delle soluzioni affrettate e troppo semplici, e a convincerci che
a conoscer bene la realtà occorrono analisi prudenti e ossorvazioni
accurate e ripetute. Inoltre lo spirito deve avere l’amore disinteressato
del vero, assoggettarsi alla sola evidenza razionale, veder chiaro
nelle proprie idee, non prendere le proprie preferenze per buoni
argomenti, i propri pregiudizi o le proprie passioni per dimostrazioni
valide. Lo studio coscienzioso della logica può recare un aiuto
efficacissimo a questo scopo, divenire quasi un’igiene dello spirito e la
preparazione necessaria ad ogni istruzione scientifica seria e profonda;
e questo si può affermare per più ragioni. Anzitutto la
logica è utile considerata come scienza per sè stessa ; infatti, poiché V
intelligenza è lo strumento indispensabile in ogni ramo di cognizioni
scientifiche e queste ultime non si possono pensare senza di quella che
in certo modo le crea e le sviluppa, ne viene che è necessario all’uomo
conoscerne l’intima struttura ed il valore intrinseco, nello stesso modo
che nessuna persona sensata vorrà adoperare uno strumento qualsiasi senza
possederne una qualche cognizione. In questo caso la necessità è di gran
lunga maggiore, poiché si tratta di conoscere come opera e come
funziona ciò che Bacone ha denominato « instrumentum instrumentorum. Però lo
studio delle operazioni logiche del pensiero ha un’altra ragione pur
grave, se si considera come disciplina dell’intelligenza, come conoscenza
tecnica necessaria per aguzzare e rafforzare la facoltà del ragionamento e per
rendere più pronto e più sagace lo spirito d’osservazione. Il vedere come
la nostra mente, partendo dall’osservazione dei fatti e paragonandoli fra
loro, riesce ad ottenere una cognizione generale, una legge naturale che
ordina e rischiara tutta una serie di fatti, ci aiuta a comprendere come
si acquista il sapere e per quali condizioni questo sapere deve rispondere alla
verità, e rendere più forte l’attitudine a cogliere i rapporti fra le
cose. Invece, l’accettare da altri una scienza bell’e fatta, la quale
non richiede da noi altra briga che quella, troppo leggera, di
credervi, non ci fornisce l’abito della critica, il desiderio della prova
rigorosa, e ci abitua a prestar la stessa fede ai fatti constatati, alle
leggi saldamente stabilite, e alle ipotesi probabili e solo possibili ; il
sapere che una verità è ammessa come certa non è come sapere in qual maniera,
con quali procedimenti e con quante precauzioni quella si stabilisce,
come nacque, come crebbe e venne formandosi. Solamente in questo modo si impone
il rispetto e l’amore della verità scientificamente fondata e si formano
le intelligenze libere, attive, desiderose di conoscere, educate
all’osservazione e alla critica, e tolleranti delle opinioni altrui. Un
pregiudizio assai diffuso pone la memoria come unica base dell’educazione
intellettuale, e si considera come cosa importantissima il versare nella mente
il più gran numero possibile di cognizioni, il ripetere con precisione tutto
ciò che è entrato passivamente nel cervello. E questo un errore
fatale, poiché s’è constatato infinite volte che in un breve
periodo di tempo si dimentica una gran parte di ciò che si è
studiato meccanicamente con grande fatica. Ciò che più importa è
invece abituarci a pensare colla nostra testa, formare lo spirito d’iniziativa
: il fanciullo che impara a camminare, impara appunto perchè va colle sue gambe
e non colle altrui ; insegnare ad osservare, scrive il Gabelli, è
insegnare a pensare, a operare, a vivere, è infine formare la testa,
intento principalissimo dell’ istruzione ; quando invece l’offrire,
o l’imporre dogmaticamente le cognizioni bell’e fatte, è annegliittire
l’intelligenza, uccidere la spontanea attività del pensiero, consumare l’anima.
(*) Certo non si può negare che si può divenire un grande
scienziato e un finissimo ragionatore senza aver latto uno studio
speciale della logica, nè questa sa rendere forte e penetrante uno
spirito che è naturalmente falso ed ottuso ; ma come lo studio
coscienzioso della grammatica, senza formare da sè solo lo scrittore, gli
concede il possesso sicuro della lingua, così lo studio delle leggi che
il pensiero segue nella conoscenza rende più sicuro e robusto l’organo
del ragionamento. Quindi, se la logica riflessa è insufficiente quando le
venga meno l’aiuto della logica naturale, la quale non si impara sui
libri e nelle scuole, ma si ha dalla natura, quando invece questa vi sia,
la nostra mente può essere più facilmente avviata ad usare del pensiero con
abilità e con frutto. (») Gabelli, L’istruzione in Ilalia, voi. I.
pAg. 208, Bologna, Zanichelli. Poiché la logica mira ad assicurarci della
verità e della validità delle nostre cognizioni e dei nostri
ragionamenti, si presenta naturale la domanda se esistano principi o leggi
fondamentali, alle quali ogni nostro pensiero debba obbedire affinchè
possiamo essere certi della sua verità. Il principio di
identità, il principio di contraddizione, quello del terzo escluso fra i
contradditori, e il principio di ragion sufficiente esprimono appunto le
condizioni necessarie per le quali noi possiamo pensare correttamente, e
sono leggi di ogni realtà spirituale valevoli per le creazioni
estetiche non meno che pei pensieri logici e per la vita pratica.
Il principio d’identità si esprime colla formula: A è A, ed afferma
l’identico dell’identico, che ogni cosa è uguale a sé stessa. La parola
identità, presa nel suo significato etimologico indica che la cosa, che noi ci
rappresentiamo in diversi tempi sotto diversi nomi, in diverse
combinazioni è sempre identica a sé stessa ; però questo principio non
deve affermare che nel giudizio il soggetto e il predicato debbano dire
esattamente la stessa cosa, essendo un tale giudizio affatto vuoto di senso,
come se dicessi che « un circolo è un circolo » che « questa mano è
questa mano » ; un giudizio di tal fatta è una vera e propria tautologia priva
d'un valore qualsiasi per la conoscenza e, non a torto è stato
detto giudizio idiotico, giacché solo un idiota potrebbe compiacersene.
Occorre invece che il predicato esprima qualcuna delle qualità che
appartengono, oppure che possono aggiungersi al soggetto: Galileo è il
fondatore della fisica, Newton ha scoperto le leggi dell’attrazione universale.
Il principio di identità enuncia dunque l’impossibilità di pensare un
concetto dato e i suoi caratteri come dissimili reciprocamente: vi è
equivalenza assoluta tra un tutto e la somma delle parti che 10
compongono, tra un concetto e la totalità degli attributi che lo
costituiscono ; cosi si può dire che una cosa è uguale a sè stessa,
oppure A = A. Anche quei giudizi nei quali in apparenza il soggetto
e 11 predicato sono parole identiche, in realtà non sono tautologici.
Così quando dico: la guerra è la guerra, intendo di manifestare il
pensiero' che, una volta intrapresa una guerra, non è da maravigliarsi
delle conseguenze triste che ne possono derivare; quando dico: i bimbi sono
bimbi, col soggetto voglio esprimere solo l’età infantile, col predicato
le qualità ad essa congiunte. Il principio di contraddizione
dice che due giudizi dei quali l’uno nega quello stesso che l’altro
afferma: A è B, A non è B, non possono essere veri nel medesimo tempo,
ma se l’uno è vero, l’altro è necessariamente falso. Aristotile dà
questo significato al principio di contraddizione, che giudica il più certo
di tutti (aùii) TtaaCtv iait $e$a.'.oxb.Tt] tC5v àpx® 7 )» poiché non è
possibile che alcuno pensi che la stessa cosa sia e non sia (àSuvzrov yàp
ÓvtivoOv Taùxòv OnoXa|i^àv£iv efvzt xai fitj eivat). Molti
secoli dopo il filosofo tedesco Guglielmo Leibniz ha dato un’altra
formula del principio di contraddizione, che è la seguente: A non è non
A; mentre la formolo aristotelica riguarda la relazione tra un giudizio
affermativo ed uno negativo, invece quella del Ijiilmiz si riferisce alla
relazione che passa tra soggetto e predicato in uno stesso giudizio, e
significa che un giudizio è falso quando il soggetto e il predicato si
contraddicono ; Aristotile ha voluto dare non già un criterio per
stabilire la verità o la falsità d’un giudizio, ma solo negare la
possibilità di ritener vere nel medesimo tempo l’affermazione e la
negazione; invece il Leibniz ha inteso di porre un principio, per mezzo
del quale si potesse riconoscere la verità in tutte le forme della
conoscenza. Però le due formule esprimono alla fine una sola e
stessa legge del pensiero umano. Infatti che/significa: un predicato B è
in contraddizione con un soggetto A? che un affermazione, la quale attribuisce
il predicato B al soggetto A, per es. il sangue caldo ai rettili, contiene
una contraddizione. Non vi è altra via, per la quale una contraddizione
divenga possibile se non questa, che il giudizio il quale attribuisce il
predicato B al soggetto A, contraddica ad un altro giudizio, il quale
neghi che il predicato B possa convenire al soggetto A; e poiché
quest’ultimo giudizio; A non è B, i rettili non hanno il sangue caldo, è
evidente di per sé o per altre ragioni note, la contraddizione annulla il
primo giudizio ; e ciò avviene secondo il principio enunciato da
Aristotile, che le due proposizioni non possono essere vere ambedue nel
medesimo tempo. (*) Il filosofo greco Eraclito (III secolo a. C.)
sostenne la coesistenza ilei contrari, partendo dal principio fondamentale del
suo sistema, pel quale attribuisco alla materia il cambiamento
continuo delle formo e delle proprietà, cosicché tutto ciò che vive è
soggetto nd una distruzione incessante e ad nn incessante rinnovamento,
o quando il nostro occhio crede di afferrare qualche cosa di permanente,
è vittima d’una illusione, giacché tutto in realta è in un perpetuo
divenire, navi* pei. “ Noi non possiamo, egli dice, discendere due volte nel
medesimo fiume, perchè di continuo porta nuove acque; quindi noi
discendiamo nel medesimo fiume e non vi discendiamo, noi siamo e non siamo; il
bene o il male sono una sola o stessn cosa; la dissonanza è in armonia
con se stessa; l’armonia invisibile (cioè quella che risulta dei
contrari) è migliore di quella visibile,. Ora con una concisione degna
d’un oracolo, ora con precisione e ampiezza mirabile, formula la
proposizione che la legge del contrasto regge tanto la vita degli uomini quanto
la natura, e che non sarebbe meglio por questi ottenere ciò che
desiderano, vale a diro vedere tutti i contrari fondersi in una vana
armonia. ( s ) 2. Il principio del terzo escluso e il principio di
ragion sufficiente. Il principio
del terzo escluso afferma che tra due giudizi contradditori, A è B, A non
è B, non è possibile un terzo modo di essere, una terza via d’uscita, e
che uno dei giudizi è necessariamente vero, perchè ambedue non
possono essere negati nel medesimo tempo; mentre il principio di contraddizione
dice che uno dei due è necessaria (i) Siowart, Logil-, I, p. 192.
Freiburg i. B., Mohr. (®) Gompebz, Les pene tur8 de la Orice. Libro
I, 1.5 passini. F. Alcan] mente falso, perchè ambedue non possono essere
affermati nel medesimo tempo. L’applicazione di questo
principio incontra difficoltà apparenti, le quali dipendono unicamente dal
fatto che una cosa viene osservata in momenti diversi e sotto diversi
aspetti. Cosi, mentre il sole tramonta, è vero tanto raffermare che 1
LOGICA. ima chimera, un non-valore. Tra queste due opposte
estremità sono possibili molte gradazioni, le quali contribuiscono a formare
una « scala di valori » . In modo simile, pel malato una determinata
medicina, che può dargli la guarigione, ha un grande valore, mentre per
l’uomo sano non ne possiede alcuno. In conclusione il valore è una
qualità che noi attribuiamo alle cose, come i colori, ma che in realtà,
come i colori, non esiste fuori di noi, ed ha quindi una vita
essenzialmente soggettiva. La nozione di “ valore „ ò penetrala
lentamente e tardi nelle scienze filosofiche; qualcuno ha voluto farne
risalire l'origine ad E. Kant, fondandosi sopra alcuni passi di
interpretazione alquanto dubbia; ò invece più esatto attribuirne il
inerito a Ermanno Lotze (1817-1881), il quale espose il principio che
mette in rilievo la nozione di valore colle seguenti parole : * là dove due
ipotesi sono ugualmente possibili, l'una che s'accorda coi nostri bisogni
morali, l'altra che ad essi contraddica, bisogna sempre scogliere la
prima „. In realtà però codesto concetto è d’origine economica, e
bisogna ricorcarne la fonte prima nell’opera “ La ricchezza delle nazioni
„ dell’inglese Adamo Smith (1723-1790), pel quale il valore ò ricondotto
all'utilità, e alla sua volta l'utilità alla soddisfazione dei bisogni e
dei desideri dell'uomo. Ai nostri tempi il principio di valore è divenuto quasi
popolare, grazio aU’opora di Federico Nietsche, sia che egli voglia
stabilire una * tavola di valori „, oppure restaurare “ l’equazione
aristocratica dei valori „, o biasimare acerbamente i “ valori di
decadenza,, o rifare in senso inverso il lavoro dei moralisti, operando una *
trasmutazione di tutti i valori,, o celebrare i ‘ forti che creano i
valori,. Il campo, nel quale si applica la nozione di valore, è
estesissimo o comprende la morale, l'estetica e le scienze sociali, la religione
ecc. Nella morale si ritrovano i concetti del sommo bene, dell'imperativo
categorico, del bene, della simpatia, della giustizia, della carità,
della solidarietà, dell’utilità individuale o generale, dell'obbedienza a una
legge rivelata, alla religione ecc. Nella vita sociale vi sono i concetti
di teocrazia, di monarchia, democrazia, feudalesimo, il regime di casta,
la schiavitù, il lavoro libero, il salariato, che variano di valore secondo
i tempi, le condizioni sociali e i bisogni. Infine nella religione
vediamo che il monoteismo, il dualismo, il politeismo, i dogmi sono
variamente apprezzati nelle diverse religioni. Le percezioni, le
immagini, le idee astratte e generali forniscono la materia
indispensabile al ragionamento, il quale, nel suo significato più esteso,
è un atto dello spirito che consiste nel passare dal noto alV
ignoto. La forma pia semplice di ragionamento è quella che va da
una cognizione particolare ad un’altra cognizione particolare e che si
può già osservare nel bambino: questi, che ripete ed applica alcuni nomi
generali, forma una proposizione colltegando due nomi, come quando un oggetto,
che evoca in lui uu nome, evoca pure un altro nome, abbozzando cosi le
prime frasi incomplete e sprovviste di verbo. Quando per esempio un
cane scorge in un ruscello un liquido scorrevole, inodoro, incoloro e
chiaro, questa percezione suscita in lui, in virtù d’un'esperienza
anteriore, l'immagine d’una sensazione di freddo, e la percezione e
l’immagine s’uniscono per formare una coppia; nel fanciullo invece,
grazie al linguaggio, la medesima percezione evoca la parola acqua ; la
medesima immagine evoca la parola freddo e le due parole s’associano
insieme a formare una proposizione, un giudizio. In molti di
questi accoppiamenti di termini che si suggeriscono reciprocamente si
riscontrano i caratteri del ragionamento, come quando uu segno presente
suggerisce una realtà non veduta distante o futura, per es. le nubi e la
pioggia ; qui abbiamo vere e proprie inferenze. Però nella
logica il nome di inferenza si applica ad operazioni mentali più
complesse, ossia a quelle per le quali da uno o più giudizi dati si passa
ad uu nuovo giudizio. L’inferenza è immediata, quando il giudizio
risultante è una conseguenza necessaria del giudizio dato ed è ottenuta
senza che sia necessario ricorrere a giudizi intermedi; cosi, se
dal giudizio che i triangoli sono poligoni io deduco che alcuni
poligoni sono triangoli, avrò un’inferenza immediata. Si avrà
invece un 'inferenza mediata, quando da un giudizio si passi ad un altro
ricorrendo ad un terzo giudizio. Cosi dal giudizio « gli uomini sono
mortali » posso dedurre queat’altro che Pietro è mortale, per mezzo d’un
terzo giudizio, vale a dire che Pietro è uomo. Tanto nel primo,
quanto nel secondo caso occorre che i giudizi posti in relazione non
abbiano contenuto affatto diverso l’uno dall’altro, poiché allora non vi
potrebbe essere tra loro alcuna relazione logica, ossia dalla verità o
falsità dell’uno non si potrebbe dedurre la verità o la falsità
dell’altro. 6. Trasformazione dei giudizi per subalternazione,
per opposizione, per equipollenza. Quando la relazione è immediata, il contenuto
dei due giudizi dev’essere identico, ma diversa o la quantità, o la
qualità, o la relazione, o la ino? dalità; dal primo giudizio si deduce
il secondo senza ricorrere ad un giudizio intermediario, e mentre la materia
dèi raziocinio, cioè il soggetto e il predicato, resta inalterata,
si muta invece la forma. Le relazioni immediate dei giudizi
si possono ridurre a tre specie principali: «) Per
subalternazione, che ha luogo tra giudizi identici di contenuto e di qualità,
ma diversi di quantità o di modalità. b) Per opposizione, che
ha luogo tra giudizi identici di contenuto, ma diversi di qualità, oppure
di qualità e di modalità insieme, mentre la quantità può rimanere identica
o mutare. c) Per equipollenza che avviene tra giudizi di
contenuto identico, ma o diversi di qualità, o diversi di
relazione. Affinchè apparisca più chiaramente la diversità dei giudizi
posti in relazione fra loro, i logici indicano con la lettera A il giudizio
universale affermativo, con E il giudizio universale negativo; con I il
giudizio particolare affermativo, con 0 il giudizio particolare negativo;
e tale convenzione fu espressa con artificio mnemonico in questi due versi:
Asserit A, nogat E, sed univejsaliter ambo, Asserit I, negat
0, sed particulariter ambo ; e dal filosofo bizantino Michele
Psello del secolo XI fu proposto il quadro che può vedersi nella pagina
seguente. a) La relazione per subalternazione ha luogo tra
giudizi identici di contenuto e di qualità ma diversi di quantità :
il primo è universale e dicesi subalternante, il secondo è particolare e
dicesi subalternato. Le regole che stabiliscono il passaggio da una ad altra
forma sono: Dalla verità del giudizio subalternante (generale) si
conchiude la verità del giudizio subalternato (particolare); ma dalla
verità del subalternato non si può dedurre la verità dol subalternante, poiché,
come è facile comprendere, ciò che A opposti contrarii g
è vero d’un'intera classe è vero anche d’una parte di essa,
ma non viceversa. Così, se è vero che gli uccelli sono muniti di becco, è vero
pur che alcuni uccelli sono muniti di becco; ma se è vero che alcuni
popoli sono monoteisti, non si può per questo concludere che tutti i
popoli sono monoteisti. 2°. Dalla falsità del giudizio subalternato
si conchiude la falsità del subalternante, ma dalla falsità del
giudizio subalternante non s’inferisce la falsità del subalternato.
Se è falso che alcuni uomini sono perfetti, è pure falso che tutti
gli uomini sono perfetti; ma se è falso che tutti gli animali sono
provvisti di sistema nervoso, non ne segue che sia falso l’altro
giudizio, che alcuni animali sono provvisti di sistema nervoso. b)
La relazione per opposizione ha luogo fra giudizi che sono identici di
contenuto, ma diversi di qualità. Diconsi opposti contrari se sono
entrambi universali, opposti subcontrari se sono entrambi particolari, opposti
contraddittori se hanno diversa la quantità e la qualità. I
passaggi da un giudizio ad un altro opposto contrario sono retti dalla
regola seguente: Se uno di essi è vero, si può inferirne la falsità
dell’altro, non potendo essere veri entrambi insieme ; ma non è possibile
l’inverso, poiché se uno di essi è falso, non si può affermare che
l’altro sia vero, potendo essere falsi tutti e due. Cosi, se è vero che
tutti i popoli civili dell’Oriente sono monoteisti, sarà falso l’altro
giudizio che nessun popolo civile dell’Oriente è monoteista; ma se è
falso che tutti gli uomini sono onesti, non sarà perciò vero raffermare
che nessun uomo è onesto. I giudizi subcontrari possono
essere ambedue veri, non possono essere ambedue falsi ; quindi dalla
verità dell’uno non si conchiude alla falsità dell’altro, ma si può
invece dalla falsità dell’uno dedurre la verità dell’altro; cosi se è
vero che alcuni uomini sono giusti, non ne segue che sia falso
l’altro che alcuni uomini non sono giusti; ma, se è falso che alcuni geni
sieno in tutto malefici, è vero il giudizio che alcuni geni non sono in
tutto malefici. Per V opposizioìie contraddittoria vale la regola
seguente: dalla verità dell’uno si inferisce la falsità dell’altro, e
dalla falsità dell’uno la verità dell’altro; se è vero che ogni
uomo è mortale, è falso che certi uomini non siano; se è falso che
tutti gli uomini* sono saggi, è vero che alcuni uomini non sono saggi.
c) Le trasformazioni logiche per equipollenza dei giudizi sono di molte
specie; l’equipollenza tra giudizi d’identico contenuto può aver luogo o
per mutate qualità, o per mutata relazione, o per mutazione della quantità
nella modalità e di questa in quella, o per mutata posizione dei termini
nel giudizio, o per mutata posizione dei termini e insieme per
mutata quantità del giudizio. Vediamone qualche saggio. Quando si
tratta di giudizi di identico contenuto e diversi di qualità, dato un
giudizio, se ne può derivare un altro con diversa qualità; es. « se ogni
vizio è biasimevole, nessun vizio sarà da non biasimarsi » ; quindi il
giudizio universale affermativo e il particolare affermativo hanno ciascuno i
loro equipollenti qualitativi nell’universale negativo e nel particolare
negativo infiniti. Però, come è stato osservato, se si bada bene, si vede che
le trasformazioni per equipollenza qualitativa non danno illazioni,
perchè il contenuto logico e materiale dei due giudizi è lo stesso. Il
principio, duplex negatio afflrmans, indica questa identità;
riducendosi ad espressioni dello stesso giudizio in diversa forma,
sono più del dominio della grammatica che di quel della
logica. Due forme di raziocinio immediato s’ottengono con la
conversione e la contrapposizione dei giudizi. *' Si ha la
conversione del giudizio trasportando il soggetto nel posto del predicato
e il predicato nel posto del soggetto. Il giudizio reciproco può avere la
stessa quantità del giudizio diretto, e allora la conversione è semplice; es. «
nessun accusatore può fare da giudice, nessun giudice può fare da
accusatore » ; oppure può avere quantità diversa, e allora la conversione
si fa per accidente; es. « i triangoli sono poligoni, alcuni poligoni sono
triangoli ». Le universali affermative si convertono per accidente
in particolari affermative; es. « i benefici mal collocati sono
malefici, alcuni malefici sono benefici mal collocati » . Si
convertono semplicemente tutti i giudizi universali uegativi: es. «nessun
pesce respira per polmoni, nessun animale respirante per polmoni è pesce »
. Sono pure convertibili semplicemente i giudizi particolari
affermativi; es. * qualche uomo è saggio, qualche saggio ò uomo » . Se
però il predicato fa parte del soggetto la conversione semplice non è
possibile; se infatti dico: alcuni parallelogrammi sono quadrati, non posso
dire : alcuni quadrati sono parallelogrammi, poiché tutti i quadrati sono
parallelogrammi. I giudizi particolari negativi non presentano
regola di conversione; dal giudizio « qualche uomo non è medico »,
non si può inferire che qualche medico non è uomo. La
contrapposizione consiste nel poter derivare da un giudizio universale un
altro giudizio di diversa qualità, mentre si scambia l’ufficio dei
termini, passando il soggetto a predicato, e il predicato a soggetto. Quindi i
contrapposti dei giudizi affermativi, sono negativi e quelli dei giudizi
negativi sono affermativi; es. « se tutti gli atti virtuosi sono
lodevoli, nessun atto non lodevole sarà virtuoso; se nessun superbo è
contento, talune persone scontente son superbe » . Si è osservato
dallo Stuart Mill che le regole logiche della conversione e della
contrapposizione dei giudizi non si possono ritenere come regole del
ragionamento, poiché le proposizioni reciproche e quelle contrapposte non sono
illazioni, e dicono in forma verbale indiretta la stessa cosa che
le proposizioni dirette; vi è illazione solo quando v’è passaggio da
una nozione nota ad una ignota. Però se in molti casi si può
affermare che le trasformazioni dei giudizi non hanno altro scopo che di
farcene conoscere con maggior chiarezza il contenuto, tuttavia in alcuni
casi, come nella conversione dei giudizi universali quando non è
artificiosa, e nel contrapposto del giudizio universale affermativo,
l’illazione ci dà qualche cosa di nuovo. Una delle cause più. frequenti
d’errori, là osservare il Bain, consiste appunto nella tendenza a
convertire le affermative universali senza limite; quando si dice: tutti
i grandi ingegni hanno il cervello voluminoso, si passa facilmente ad
affermare che tutti i cervelli voluminosi sono grandi ingegni ; cosi
pure quando si dice: tutte le cose belle sono gradevoli, tutte le
virtù conducono al benessere, ogni evidenza suppone testimonianze
contemporanee, sorge in noi la tendenza a convertire senz’altro queste
proposizioni. Di qui la necessità di applicare le forme logiche per
mettersi in guardia contro simili errori. 8. L’evoluzione
psicologica del giudizio. Come abbiamo
già detto, si può considerare il giudizio nella sua forma completa,
quale si trova nella scienza, nella letteratura, nei dogmi religiosi o
nelle affermazioni dol sonso comune, ed ò espresso per mezzo di
proposizioni composte di piii termini, che dall'analisi vengono ridotti al
minor numero possibile: soggetto, attributo, copula; questo è l’aspetto
logico. Lo psicologo, invece di ricercare ciò che de*’ essere un giudizio
affinchè sia valevole per la nostra ragione, si chiede che cosa esso è
quando si consideri come operazione mentale, e come si forma. Sotto le parole
egli trova le idee e le rappresentazioni, nelle proposizioni un potere
d'analisi e di sintesi; nella genesi deU’affermaztone distinguo diversi
momenti; in una parola, considera il giudizio non come un prodotto
completo, ma come una funziono di cui descrive gli organi e
l'attività. 11 punto di partenza dell’evoluzione del giudizio,
secondo un autore recente, (*) si deve ricercare nelle manifestazioni
della vita fisiologica. Ogni organismo, a incominciare dal più semplice,
ha il potere d’entrare in movimento di porse stesso ; questa
spontaneità non è del tutto indipendente, poiché l'animale vive in un
ambiente determinato, dal quale riceve eccitamenti diversi, ai quali
risponde (*) Ruyssen, L'éi'olution psychologique tlu jugement, p,
53 e seg., F. Alcan] in maniera diversa, e può anche moversi automaticamente
per l’azione interna; quindi il movimento organico elementare è un
movimento d’oscillazione dall’esterno all'interno e viceversa, uu
alternarsi ritmico di consumo e di ncquisiziono che i biologi chiamano “
reazione circolare La cellula vivente ha una costituzione propria che la
rende atta a reazioni originali, è un sistema conservatore fondato sul
principio della ripetizione, in una parola è fornita d’ abitudine .
Se l'ambiente esterno fosse sempre costante, la reazione circolare per
ripetizione basterebbe ad assicurare alla vita qualsiasi durata; ma noi
sappiamo che l'essere vivente è di continuo esposto alle variazioni
termiche, meteorologiche, luminose, alle quali deve adattarsi o perire;
\'adattamento è appunto la seconda facoltà caratteristica della cellula; anche
gli organismi monocellulari sanno ricercare ed evitare con un
discernimento prodigioso gli agenti che sono loro favorevoli od
ostili. L'adattamento segue una via ascendente; anzitutto si scorge
nelle reazioni motrici dell'animale e del fanciullo, nelle quali si
possono riconoscere le primo manifestazioni della vita; il primo periodo della
vita infantile costituisce il fondo d’abitudini sul quale vengono ad
innestarsi gli adattamenti ulteriori; le risposte dell’organismo agli
eccitamenti successivi divengono a ninno a mano più facili c più sicure,
preparando così il terreno alla vita cosciente. Con l’apparizione
della coscienza si notano nuovi adattamenti motori provocati specialmente
dalle sensazioni della vista e dell'udito; nelle quali si coglie la forma più
dementare del giudizio. 11 fanciullo risponde ad eccitamenti diversi per
mezzo di reazioni non più diffuse, ma precise, localizzate nelle parti
distinto dell'organo eccitato; così il suono d'una voce famigliare lo fa
muovere e gesticolare, un oggetto luminoso gli fa alzare e tendere le
mani; in una parola, le sue sensazioni quanto più variano e s'arricchiscono,
tanto più facilmente provocano reazioni motrici adattate al loro scopo,
dove si può quasi scorgere la traccia d’una scelta intelligente. Il prender
coscienza del piacere e del dolore è il principio d'adattamenti più variati e
più efficaci. A queste reazioni sensorio-motrici, che formano una
specie d’attuazione primaria, succedono lo reazioni ideo-motrici che presuppongono
il sorgere de\V attenzione secondaria, del riconoscimento,
dell’associazione delle idee, e quindi del linguaggio e della facoltà di
generalizzare. Con queste diverse operazioni il fanciullo acquista gli
elementi necessari pel suo sviluppo mentale. I giudizi che pronuncia il
fanciullo di due anni e quelli dell'uomo adulto possono differire in estensione
e in profondità, ma non pel meccanismo; non avranno le qualità accessorie
di rapidità, di esattezza, di sincerità, ma 1 essenza sarà identica ; in una
parola lo affermazioni del fanciullo e dell’adulto differiscono solo per
la forma, non per la materia. Così pel fanciullo giudicare vuol dire,
almeno da principio, adattare in maniera appropriata i propri movimenti agli
stimoli della sensibilità: apprezzare una distanza equivale a rinnovare
10 sforzo necessario per percorrerla; riconoscere una persona equivale n
tenderlo le braccia, sorriderle, nominarla in maniera adeguata; comprendere un
segno è come riprodurlo. Nell’adulto la cosa non avviene in modo troppo
diverso; malgrado le apparenze, nei movimenti quotidiani, nel camminare,
nel gestire, nel parlare noi non facciamo altro che ripetere reazioni
motrici che abbiamo acquistato per le prime. Anche quando il pensiero arriva al
suo completo sviluppo, quando s eleva alle più alto astrazioni della
scienza e della filosofia, non si libera completamente dall’elemento
motore; 11 linguaggio diviene qui ora sostegno indispensabile del
pensiero astratto. Bisogna pero notare che se l’operazione
intellettuale del giudizio ha le suo radici nel terreno biologico, non ne segue
che il suo valore soffra qualche diminuzione e che gli elementi ideali
e attivi cresciutivi intorno nel corso dell'evoluzione debbano
perdere patte del loro profumo e della loro freschezza; la stessa osservazione
si dove fare riguardo agli altri fatti riferentisi allo sviluppo dello
spirito untano, la famiglia, l'amore, il sentimento morale, il pudore
ecc. Già secondo Aristotile i procedimenti che il pensiero umano adopera
nella ricerca sono di due specie ben distinte Ira loro: V
induzione, èTCaYwy^i muove dal l'atto per risalire alla legge e al principio,
dai giudizi particolari per ascendore a giudizi universali, è il
ragionamento che afferma d’un genere ciò che si sa appartenere a ciascuna delle
specie di questo genere; ossia quella forma di ragionamento, per la quale
dall’esame e dal paragone d’una serie di casi particolari si passa ad una proposizione
generale che riguarda non solo i casi osservati, ma anche un numero
indeterminato d’altri casi che sono coi primi in una certa relazione di
somiglianza. Cosi se dico: i processi di conoscenza, di sensibilità, di
volontà presentano come carattere essenziale la coscienza i processi di conoscenza di sensibilità, di
volontà sono (tutti i) processi psichici, e quindi tutti i processi
psichici hanno come carattere essenziale la coscienza; faccio un ragionamento
induttivo. TI secondo procedimento è la deduzione, che dal
principio e dalla legge vuole discendere al fatto, da un giudizio universale
andare ad un giudizio particolare; cosi, per usare l’esempio precedente,
se dico partendo da un principio noto: tutti i processi psichici hanno
come carattere essenziale la coscienza i processi di volontà sono psichici dunque hanno come carattere essenziale
la coscienza; compio un ragionamento deduttivo. In ogni modo tanto l’una quanto
l’altra for ma di ragionamento si imo formulare per mezzo del sillo gismo,
che si può di conseguenza considerare come la forma più semplice ed
elementare del raziocinio. Aristotile è l’inventore della teoria
del sillogismo (da auXXéYO) raccolgo), che egli cosi definisce: Il
sillogismo è un discorso nel quale, poste alcune cose, un’altra cosa ne
risulta necessariamente, per questo solo che quelle sono poste : £uXÀoYtopòs
S è èoxi Xóyo; èv (Ti xe&évxwv xivwv, gxepóv xi x&v xeipivwv
àvàyxrjs oupPaivec x(7> xaOxa efvai, ossia: quando si parte da due
proposizioni, di cui l’tina afferma una proprietà data appartenente a tutta una
classe d’oggetti, e l’altra afferma che uno 0 più oggetti appartengono a
quella classe, si passa ad una terza proposizione nella quale la proprietà
suddetta è attribuita anche a questi ultimi casi. La parola
sillogismo si legge già in Platone, ma solamente nel significato generale di
ragionamento; Aristotile le diede il significato speciale che tuttora
conserva; il principio fondamentale su cui esso posa consiste in questo,
che ciò che è contenuto nel genere è pure contenuto nella specie.
Inoltre dalla definizione aristotelica derivano al sillogismo i seguenti
caratteri : che l’illazione o conclusione derivi dalle premesse, che
derivi necessariamente, e che enunci cosa diversa da quella che è enunciata
nelle premesse. Ogni sillogismo comprende due premesse, Ttpoxxoei?
0 U7to9, last;, ed una conclusione, aupxépaopa, cosi detta perchè
unisce i due termini estremi, ulpaxa. Nelle premesse entrano tre termini,
Spoi, il termine maggiore, xò pec^ov Sxpov, il termine minore, xò gXaxxov
fixpov, il termine medio, péao; 5po; che non entra mai nella conclusione,
ma serve a produrla, e jleve invece entrare in ciascuna delle due
premesse. Di queste l’una si chiama premessa maggiore 0 contiene il
predicato della proposizione che fa da conclusione, l’altra dicesi premessa
minore e contiene il soggetto della conclusione. Aristotile
considera come il tipo del raziocinio e il solo perfetto quello di
sussunzione (subsumtio) nel quale appunto due idee sono poste nella
dipendenza come di specie a genere, di cosa individuale a legge generale. Cosi
nel noto sillogismo ; Tutti gli nomini sono mortali
Pietro è uomo Dunque Pietro e mortale l’idea
Pietro, termine minore è posta in dipendenza (subsumitur) di mortale, termine
maggiore, la sussunzione si opera per mezzo del termine medio
uomo. Le regole del sillogismo, secondo la logica tradizionale, sono
otto, delle quali quattro si riferiscono ai termini, e quattro alle proposizioni.
1°. Il sillogismo non può avere più di tre termini: terni ìnus esto
triple:/', meclius, maiorque minorque. Se in un sillogismo vi
fossero due termini medi invece duino solo, si avrebbero come premesse
due giudizi che non avrebbero termine comune, dalle quali nessuna
illazione, o solamente un’illazione erronea potrebbe deri\aie, ciò
appare cosi nel caso che i due termini medi siano diversi nel significato
come nel caso che, differenti nel significato, sieno identici nel nome, come
chi dicesse: borsa è una costellazione, ina l’orsa vive nelle selve,
dunque una costellazione vive nelle selve. 2°. I termini
maggiori e minori non debbono essere presi nella conclusione più
universalmente che nelle premesse: latius Ima quarn praemissae conclusi o
non vult. Se i termini maggiori o minori fossero presi nella conclusione
più universalmente che nello premesse, si avrebbe allora un ragionamento
che andrebbe dal particolare all’universale, non dall’universale al
particolare, come è richiesto dalla natura stessa del sillogismo; tale
errore è manifesto nell’esempio seguente : gli empi sono nocivi alla
società _ alcuni scienziati sono empi dunque gli scienziati sono nocivi
alla società. 3°. Il termine medio non deve entrare nella
conclusione: nequaquam medium capiat conclusio oportct.
Questa regola deriva dal carattere fondamentale del sillogismo esposto
più sopra; non la osserverebbe chi dicesse per es. : Napoleone fu un
grande statista Napoleone fu un
grande generale dunque Napoleone fu un
grande statista e un grande generale ; qui non si è fatto altro che riunire le
due premesse, facendo una proposizione composta, non una conclusione vera
e propria. 4°. Il termine medio dev’essere preso almeno una
volta universalmente : aut semel aut iterum meclius generaliter
esto. Questa regola vieta che il termine medio sia preso
tutte e due le volte particolarmente, non potendo allora seguirne
alcuna conclusione o solo una conclusione erronea ; così dalle premesse:
le piante sono corpi organici gli
animali sono corpi organici, non si potrebbe dedurre altro che la conclusione
seguente: gli animali sono piante; e similmente dalle premesse: alcuni
filosofi sono materialisti, alcuni filosofi sono spiritualisti,
seguirebbe la conclusione: alcuni spiritualisti sono materialisti.
5°. Non si concliiude negativamente da premesse affermative: ambae
affirmantes nequeunt generare negantem. In fatti se le premesse
sono affermative, dicono che i termini maggiore e minore convengono col
medio e quindi convengono tra loro, escludendo la conclusione opposta
a questa. Errerebbe chi dicesse per esempio: il giudice dev’essere
imparziale il tale e giudice dunque non dev’essere imparziale.
G°. Non si conchiude da premesse negative: utraque si praemissa
neget, nihtt inde sequetur. Se confrontiamo il termine maggiore e
il minore col medio e vediamo che non convengono con esso, non è possibile
affermare nè che convengano, nè che non convengano fra loro. Quale
conclusione si può, per esempio, trarre dalle due premesse
seguenti: l’animale non è eterno _ l’uomo non è eterno? oppure da
queste altre: l'acqua non è un corpo semplice la cellula non è un corpo semplice?
7°. Non si conchiude da premesse particolari: vii seguitar geminis
ex partici/iaribus unquam. Per questa regola vale la dimostrazione
che abbiamo data per la seconda regola sui termini. 8°. La
conclusione segue la parte più debole delle premesse: peiorem sequitur semper
canclusio partem. I logici chiamano parte più debole la proposizione
negativa rispetto all affermativa, la particolare rispetto
all’universale; perciò la regola suona in questi termini: se una delle
premesse è negativa, la conclusione è negativa; se una delle
premesse è particolare, la conclusione è particolare. Nel
primo caso una delle premesse afferma che uno dei termini conviene col
medio, l’altra premessa afferma che l’altro termine non conviene col
medio; donde si deduce facilmente che i termini minore e maggiore non
convengono fra loro; cosi se affermo che logico conviene con uomo,
ma che libero dall’errore non conviene con nomo, i due termini
estremi: logico e libero dall’errore non convengono evidentemente fra
loro: Nessun uomo è libero dall’errore Tutti i logici
sono uomini Dunque nessun logico è libero dall’errore.
Pel secondo caso vale la dimostrazione che si è data per la seconda
regola sui termini. 3. Le figure e i modi del sillogismo. Il sillogismo categorico è quello in cui
le premesse e quindi anche la conclusione sono giudizi categorici, o fungono
come giudizi categorici: secondo il posto che il termine medio occupa
nelle premesse il sillogismo categorico presenta quattro ligure,
che indicando con la lettera M il termine medio, con P il termine
maggiore, con S il termine minore, sono le seguenti : 1° MP-SM-SP
Il termine medio fa da soggetto nella premessa maggiore, da predicato
nella minore, come nell’esempio: I martiri della scienza onorano
l’umanità Molti uomini sono stati martiri della scienza Molti
uomini onorano l’umanità. Il sillogismo della prima figura è per
Aristotile il tipo più perfetto del ragionamento deduttivo, perchè va
dalla causa all’effetto, dalla legge al fenomeno, dalla condizione al condizionato;
la sua validità dipende da queste due regole, che la maggiore sia sempre
universale e la minore affermativa. 2° PM SM
SP Nella seconda figura il termine medio fa da
predicato nelle due premesse; inoltre la premessa maggiore
dev’essere universale, e una delle premesse deve essere negativa;
es.: Nessuna scienza è corruttrice Ogni oscenità è
corruttrice Nessuna osceuità è scienza. 8° MP MS SP
Nella terza figura il termine medio fa da soggetto nelle due
premesse; la premessa minore dev’essere affermativa e la conclusione
particolare; es.: Nessuna frode è nobile Ogni frode è atto di
ragione Qualche atto di ragione non è nobile. 4° PM
MS SP Nella quarta figura il termine medio fa da
predicato nella premessa maggiore, da soggetto nella minore; es. :
Tutti i romboidi sono parallelogrammi Nessun parallelogrammo è un
trapezio Nessun trapezio è un romboide. Quest’ultima figura è
stata da Averroè attribuita al medico Oaleno, mentre le prime tre
furono stabilite da Aristotile. Però si nega generalmente che possa
esservi una quarta figura, o almeno si ammette che questa si può ridurre
con molta facilità ad una delle precedenti. Oltre alle figure si
sogliono distinguere nella logica i m° 09S > a sillogismo dialettico,
che, per provare la verità, discute il prò e il contro e serve di
preparazione alla scienza. Il sofisma, oó^tapa, da oo;pf£o|i.ai o
sillogismo eristico (eristica da ip££nrticolare dall’universale-, provare
scientificamente significa dimostrare le ragioni in forza delle quali
l’affermazione ha valore incontestabile; tali ragioni si ritrovano solo
nell universale. La sillogistica diviene cosi il nucleo centrale della
logica aristotelica e della logica tradizionale fino ai nostri giorni. I
punti fondamentali di questa dottrina sono i seguenti : L
illazione è la derivazione d’un giudizio da due altri; poiché in un
giudizio un concetto (il predicato) viene affermato d un altro concetto (il
soggetto). Tale affermazione è valida solo quando il legame avviene per
mezzo d’un terzo concetto, il termine medio, il quale deve però avere coi
due primi una certa relazione, espressa in due giudizi, cioè nelle
due premesse; 1 illazione consiste appunto in quel processo del pensiero,
il quale dalle relazioni tra un unico concetto e due altri, vuole
manifestata la relazione che corre fra questi due ultimi concetti.
Delle relazioni possibili fra concetti una se ne trova alla quale
la logica aristotelica, conforme ai suoi principi, ha posto speciale
attenzione: quella della subordinazione del particolare al generale. La
sillogistica vuol conoscere le condizioni del pensiero, per le quali con
l'aiuto d’un termine intermedio, può determinare se la subordinazione
d’un concetto ad un altro può aver luogo o no. Aristotile ha dato a
questo problema una risoluzione feconda di ottimi risultati; in essa consiste
il merito imperituro della sua sillogistica, ma anche il limite del valore di
questa. Per mezzo della deduzione, così determinata, la mente
umana può solo acquistare cognizioni meno generali di quelle più generali
dalle quali sono tratte. Qui appare il carattere (limitato) del concetto
che gli antichi si erano formato intorno alle qualità essenziali del pensiero,
il quale può solo abbracciare e spiegare la realtà data, non creare nuove
verità. Perciò la scienza che deduce, prova e spiega poteva di nuovo
dedurre ciò, che in un sillogismo serviva da premessa, come conclusione
d’un sillogismo più generale; alla fine però deve partire da premesse che
non possono più essere nè dedotte, nè provate, nè spiegate e neppure essere
ricondotte al termine medio; la verità di esse è quindi immediata
(ìpsoa), indeducibile, non suscettibile di prova, inspiegabile e consiste
in quei principi più generali e forniti di immediata certezza, che
costituiscono il punto di partenza delle operazioni scientifiche.
(*) 2. La sillogistica aristotelica nell’antichità e nel medio-evo.
Già sin dall’antichità, qualche secolo
dopo la morte di Aristotile, avvenuta nel 332 a. Cr. sorsero dubbi
e discussioni vivaci intorno al valore del sillogismo; tra i critici più
notevoli a questo proposito troviamo Cameade di Cirene (214-129 a. C.) e
Sesto Empirico, vissuto intorno al 200 dell’era volgare. p)
Windelband, Qeschichte der PhUosophie, png. 110 e sgg. Mohr, Tubingen] Cameade,
che è annoverato fra gli scettici della seconda Accademia, insegnava che
non si poteva fondare nessuna dottrina sicura nè sopra il senso per le
apparenze fra loro contrarie e inconciliabili, nè sopra la ragione,
perchè in tutto ciò che forma oggetto di ragionamonto, si può
ugualmente provare il prò e il contro; egli dimostrava pure che ogni
prova rende necessario un « regressus in infinitum », giacché per la
validità delle sue premesse presuppone altre prove; e questa conseguenza
era importante per gli scettici, i quali non ammettevano verità
immediate, come abbiamo visto che le ammetteva Aristotile.
Più radicale di Cameade è il medico Sesto Empirico, il quale dice
che il vero scettico sottopone ad esame qualsiasi affei inazione, reca il
dubbio in ogni cosa e si astiene tanto dall affermare quanto dal negare;
egli fa un’analisi spietata del sillogismo, il quale non riesce per nulla
ad estèndere il campo delle nostre cognizioni, poiché non serve a farci
passare da una verità nota ad una vorità ignota. Ecco le parole di
Sesto Empirico nel suo capitolo contro la logica d’Aristotile contenuto
nell’opera intitolata « UoiboVSÌat U7tOTU7ttt)a£l£ » . Quelli che
dicono: Ogni uomo è mortale Socrate è un uomo Dunque
Socrate è mortale, per provare quest’ultima proposizione per mezzo
della prima commettono un circolo vizioso (e: C xòv 5t’ ianin
touol)» poiché ammettono che tutta la certezza della prima proposizione
non può derivare che da un’induzione di casi particolari dello stesso genere di
quelli che s’affermano nella conclusione. Infatti se, prima d’enunciare la
proposizione generale: «ogni uomo è mortale, noi non siamo già convinti
della verità di tutte le proposizioni particolari che essa
contiene, non si potrebbe ragionevolmente ammetterla per vera ».
Di qui egli conclude che nessun sillogismo o catena di sillogismi
potrà mai farci conoscere qualche cosa di diverso da ciò che prima già
sapevamo, e che la deduzione, ben lungi d’essere la forma tipica e più
corretta del ragionamento, non è che un artificio sofistico atto a mascherare
la nostra ignoranza e a far passare come prova delle nostre
opinioni le nostre stesse opinioni espresse sotto altra forma.
Nel Medio Evo fin quasi verso la metà del secolo XII la logica
aristotelica si studiava assai più nelle opere dei commentatori, che
negli scritti originali, pochissimi dei quali erano conosciuti; però
Aristotile è considerato come il filosofo che ha raggiunto il limite
estremo della sapienza il maestro di color che sanno come lo chiama il Divino poeta, e
quindi, il giudice inappellabile della verità; donde la frase « ipse
dixit » foggiata probabilmente dall’arabo Aven'oè(112(1-111*8) «che il
gran comento féo» considerato come il più illustre commentatore dello
Staggita, che egli chiama « regola e modello, creato dalla natura a
mostrare l’ultima perfezione umana, la cui dottrina è la somma verità,
poiché il suo intelletto segua il limite dell’umano intelletto».
Ma già durante il Rinascimento incomincia una forte opposizione
contro la logica aristotelica, specialmente per opera di Bernardino
Telesio (1508-1588), che vuol fondare la scienza della natura sopra
l’esperienza, e accusa Aristotile di aver voluto spiegare la realtà con
ipotesi arbitrarie; e di Francesco Patrizi (1529-1597). Gli Umanisti
affermavano risolutamente, come fecero più tardi Giordano Bruno, Bacone
da Verulamio e Renato Cartesio, che la sillogistica dev’essere amplificata e
perdere il predominio tradizionale; che il sillogismo è incapace di farci
acquistare nuove cognizioni ed è una forma del pensiero
infruttuosa. 3. Francesco Bacone e G. Stuart Mill. Francesco Bacone (15G1-1626) considera la
scienza come lo strumento e il mezzo più efficace per volgere le forzo
della natura all’utilità degli uomini e per dare all’osservazione dei
fatti naturali un carattere imparziale ed oggettivo, combatte la
dottrina tradizionale e intende di offrire un nuovo metodo nella sua
opera capitale Instauratio magna scientiarum, che comprende due parti
distinte : la prima intitolata De dignitate et augmentis scientiarum, la
seconda Novum organimi in opposizione all’Organo di Aristotile. Egli
combatte aspramente il sillogismo aristotelico, attribuendo all’induzione,
il nuovo organo, l’ufficio più importante nella ricerca delle nuove
verità scientifiche; sostiene che il sillogismo è viziato profondamente
da una petizione di principio, poiché se la conclusione non è vera, non è
vera neppure la premessa maggiore; in questa critica Bacone s’accorda quindi
coi filosofi precedenti, specialmente con Sesto Empirico.
L’idea fondamentale della logica, quale è stata concepita dallo Stuart
Miti (1806-1873), consiste nel ricondurre la logica ai fatti e
all’esperienza, affinchè possa diventare una scienza come le altre, ossia
abbia per oggetto le cose quali sono; essa diventa «la scienza delle
operazioni intellettuali che servono all’estimazione della prova, cioè del procedimento
generale che va dal noto all’ ignoto, delle operazioni ausiliarie di
codesta operazione fondamentale», è insomma una logica reale che ha per
oggetto i fatti e non le idee. La teoria del sillogismo è
profondamente trasformata nella dottrina del^Mill. Anzitutto egli
dichiara che .ogni sillogismo, considerato nella sua forma ordinaria, contiene
una petizione di principio; così (piando si dice: Tutti gli
uomini sono mortali, Socrate è un uomo Socrate è
mortale la conclusione è presupposta nella premessa maggiore; noi
non possiamo essere sicuri della mortalità di tutti gli uomini, se
prima non siamo sicuri della mortalità di ciascun uomo; se si dice che la
mortalità di Socrate è dubbia prima d’essere estratta dalla premessa
maggiore, questa è colpita pure di incertezza e non può per conseguenza
servire a legittimare la conclusione. Il principio generale, ben lungi
dal provare la verità del caso particolare, non può essere accolto
come vero, se rimane l’ombra d’un dubbio sopra uno dei casi che
esso contiene. Quindi nessun ragionamento dal generale al particolare
può, come tale, provare qualche cosa, giacché da un principio generale
non si possono dedurre che i fatti particolari supposti conosciuti da
quel principio. Pertanto sembra che il sillogismo ci fornisca ogni
giorno la conoscenza di verità non ancora constatate o stabilite;
vi sarebbe dunque in esso la possibilità di trarre inferenza,
possibilità disconosciuta e quasi soffocata da formule artificiali; infatti è
incontestabile che la seguente proposizione: il duca di Wellington è mortale,
deve considerarsi come un’inferenza: ma si può trarla da quest’ultra
proposizione: tutti gli uomini sono mortali? Bisogna rispondere di
no. L’errore che qui si commette dipende dal fatto che si dimentica che
nel procedimento filosofico vi sono due operazioni e due parti, quella dell’
inferenza e quolla dell'abbreviazione e che si attribuisce alla seconda la
funzione della prima. Infatti che cos’è, una proposizione generale? Non
è altro che un registro abbreviato delle nostre osservazioni e
delle inferenze che ne abbiamo dedotte; quando dalla morte di Giovanni,
di Pietro, e di tutti gli individui dei quali abbiamo sentito parlare
concludiamo che il duca di Wellington è mortale, noi non possiamo senza alcun
dubbio passare per la proposizione generale: tutti gli uomini sono
mortali, come passeremmo per una stazione intermedia; però l’inferenza
non risiede in questa metà del cammino che va da tutti gli uomini al duca
di Wellington; essa è fatta (piando noi abbiamo osservato che tutti gli
uomini sono mortali. La garanzia della mortalità del duca di Wellington è
la mortalità di Giovanni, di Pietro, di Giacomo e di tutti gli altri
uomini a noi conosciuti ; dal fatto che tra il primo e l'ultimo stadio
del ragionamento noi interponiamo una proposizione generale, la prova
come tale non riceve alcun giovamento. Quale è dunque la vera
funzione del sillogismo? Tutte le inferenze primitive si fanno dal
particolare al particolare; per esempio il bambino che, essendosi
bruciato il dito, si guarda bene dall’accostarlo alla candela, ha
ragionato e concluso, benché non abbia mai pensato il principio generale:
il fuoco brucia; egli si ricorda del dolore provato, e fondandosi su questa
attestazione della memoria, crede che, quando vede la candela, se pone il
dito sulla fiamma, si brucierà ; egli n ensa ciò in tutti i casi simili
che gli si offrono, senza guardare più in là del caso presente; non gener
ali zza, ma i nferisce un fatto particolare da un altro fatto particolare
. Le proposizioni generali sono quindi semplici registri abbreviati di
inferenze già fatte e formule assai concise utili per dedurne altre.
Bisogna perciò dire non già che la conclusione del sillogismo è dedotta dalla
premessa maggiore, ossia dalla proposizione generale, ma solo
conformemente a questa; la premessa reale, o, meglio, l'antecedente
logico della conclusione, è la somma dei fatti particolari, dalla quale l’induzione
ha estratto la proposizione generale. Noi abbiamo potuto dimenticare
questi fatti individuali; ci resta però sempre al posto di essi una breve
annotazione, un memorandum, che, rammentandoci che certi caratteri sono
sempre legati a certi altri caratteri, ci permette di passare dalla
presenza degli uni all’esistenza degli altri. Ma realmente l’inferenza ha
luogo partendo dai fatti dimenticati e condensati nella formula generale al
fatto particolare di cui si tratta; il sillogismo quindi è essenzialmente
un’inferenza dal particolare ni particolare, la quale ha il suo
fondamento e quasi la sua autorizzazione in un’inferenza anteriore
dal particolare al generale ; la conclusione è ritrovata nella premessa
maggiore, na non è provata da questa. (’) 4. Altre obbiezioni
contro il sillogismo. Un altro celebre
filosofo inglese, Herbert Spencer (1820-1904) muove pure aspra critica al
sillogismo. Egli dice che noi non ragioniamo mai per sillogismi, e che se
vi sono verità che sembrano stabilirsi per mezzo dello due premesse, ve
ne sono altre che richiedono un procedimento o più semplice o piii
complesso, come le affermazioni elementari che inseriamo spontaneamente,
senza ricorrerò ad alcun termine intermedio, e le conclusioni che deduciamo da
un sistema di numerosi o svariati rapporti. Ma nuche ristretto entro
limiti più modesti, è il sillogismo la forma vera del ragionamento? Sia
il sillogismo seguente: Tutti i cristalli hanno un piano di
clivaggio Questo è un cristallo Dunque ha un piano di
clivaggio. Quosta serie di proposizioni esprime forse l’ordine voro
nel quale i nostri pensieri si succedono per produrre la conclusione?
Si può sostenere che prima di pensare a questo cristallo, io ho pensato a
tutti i cristalli e sono disceso dal generalo al particolare? Vi sarebbe qui
una coincidenza fortuita e affatto inesplicabile, poiché l’idea di questo
cristallo ha dovuto precedere la mia concezione di tutti i cristalli, ed
è quindi uno degli clementi della conclusione che mi ha suggerito uno
degli elementi generali della premessa maggiore. (!)
Liart>, Lee ìogìciens auglais contetnporains, pag. 24. F. Alcali] Se per
evitare l’obbiezione, si imita il posto delle premesse, si può sempre
affermare che prima di pensare alla proposizione generale: tutti i
cristalli hanno un piano di clivaggio, io ho già scorto in questo cristallo
tale proprietà; è vero che le mie esperienze anteriori mi determinano a
riconoscere la proprietà indicata nel caso particolare, ma il ricordo
delle esperienze passate non s'offre al mio spirito prima che io abbia
osservato il caso individualo; esso hanno lasciato in me la tendenza a
considerare, nel cristallo in questione, il piano di clivaggio piuttosto
che qualunque altro attributo; di qui io sono portato a pensare alla
proposizione generale che mi suggerisce la proposizione particolare, e da
quella ritorno a questa. Quindi ogni deduzione incomincia con un
rapporto inferito spontaneamente, ed ogni inferenza è ossenzialmente
induttiva. Al ragionamento dal particolare al particolare, secondo il
concetto del Mill, si può ricondurre la deduzione, diminuendo continuamente il
numero dei fatti affermati e osservati ; esso è a mela cammino fra le due
forme di ragionamento, è quasi la comune radice donde ambedue partono.
Oltre allo obbiezioni mosse al sillogismo dal Mill, dallo Spencer e
dai loro discepoli, pei quali la logica si riduce alla teoria dell'Induzione e
dolla prova sperimentale, e il sillogismo nd un'induzione mascherata, vi sono
altre obbiezioni di filosofi che, senza proporre le radicali riforme propugnate
dai primi, pure s'accordano con questi nel condannare la logica
d’Aristotile, per sostituirvi un sistema nuovo e più conforme alla verità
scientifica. Questi affermano che il sillogismo è una tecnica delle relazioni
dei concetti, cioè serve a rendere più chiare le relazioni che corrono
fra le nostre idee, e che il principale strumento della ricerca è sempre
l’induzione. In conclusione le obbiezioni che si movono al
sillogismo si possono ridurre essenzialmente a due principali:
1°. Il sillogismo non ci dà nella conclusione nulla di nuovo.
2". Pur affermando la novità della conclusione, si nega a questa il
carattere di novità scientifica, poiché l’inferenza dal particolare al
particolare non può offrire che conclusioni probabili, o in alcuni casi,
false; nel sillogismo classico: Gli uomini sono mortali lo
sono uomo Io sono mortale la conclusione non contiene più di
verità che la premessa maggioro; secondo i logici della scuola dello
Stuart Mill, bisognerebbe dire: Gli uomini del tempo passato sono
morti, Io sono uomo Dunque è probabile ch'io muoia. La
metodologia è la seconda parte della logica, che ha per line di
determinare le regole riguardanti la ricerca e la prova delle verità
scientifiche. Il metodo (da |i£xà e éòój, via) abbraccia quindi lo studio
dei mezzi coi quali lo spirito umano estende ed ordina le sue conoscenze;
donde la distinzione in metodo inventivo, che esamina i procedimenti e le
operazioni del pensiero per le quali dalle cognizioni note si passa a
quelle ignote; e metodo sistematico (da auv-:oxT]p.t, pongo insieme) che
invece studia le forme con le quali le cognizioni vengono ordinate
in un complesso di cui le singole parti abbiano tra loro relazione e
dipendenza reciproca. Per rendere più chiara tale distinzione osserviamo
l’esempio della psicologia ; questa scienza adopra nelle sue ricerche,
ossia ne)l' estender e le sue conoscenze, due strumenti essenziali che
sono Vintrospezione od osservazione interna e Vosservazione esterna, cui
vanno unite V indagine sperimentale e la misura 1, al secondo
ufficio, cioè a quello sistematico, la psicologia soddisfi con la definizione
del processo psichico, per distinguerlo dagli altri fenomeni naturali, con la
classificazione in fatti di conoscenza, di sensibilità, di volontà
ecc. Però bisogna osservare che la logica tratta soltanto
delle nozioni metodologiche generali, di quelle operazioni che si
presentano come indispensabili in ogni singolo ramo di scienza ; non v’è
scienza che possa fare a meno della definizione e della classificazione e dei
procedimenti più semplici e più generali. Inoltre il metodo di ogni parte
del sapere comprende un certo complesso di particolarità, che solo
gli specialisti hanno il dovere di conoscere e di applicare nelle loro
indagini; così al chimico soltanto spetta di apprendere tutto
quell’insieme di particolari procedimenti che sono propri della chimica,
l’uso degli strumenti, le precauzioni da osservarsi quando si osserva e si
sperimenta ecc. Questo compito, come è facile comprendere, sta fuori
del dominio della logica. Considerando la storia dello
sviluppo delle scienze, si può constatare che il metodo non si
costituisce a priori, ma piuttosto si deduce dalle scienze stesse quando
abbiano raggiunto un certo grado di progresso; anzi si può ben dire che
il metodo si trova non di rado in ritardo rispetto al cammino che
percorre la scienza, nello stesso modo che vediamo i trattati dell arte poetica
essere in generale l’espressione ritardata dell’arte contemporanea. Ed è facile
comprendere la causa di questo fatto, la quale dipende da ciò, che il
perfezionamento delle regole metodiche è dovuto per lo più alle
intuizioni e alle scoperte dell’uomo di genio, per cui vediamo Galileo,
Newton, Claudio Bernard, Darwin portare alle teorie logiche contributi
preziosi, che poscia divengono indicazioni e guida indispensabile per gli
scienziati posteriori. Ad ogni modo lo studio delle
operazioni metodiche, quantunque spesso il ricercatore si affidi, con molta
cautela, al suo buon senso naturale e trovi qualche volta nel caso
un utilissimo ausiliario, disciplina e regge la nostra
intelligenza, abbrevia il tempo della ricerca e ci fa conoscere più profondamente
l’organismo e il valore della scienza. « Quelli che camminano lentamente,
dice Cartesio, possono percorrere un buon tratto di strada, se sanno
tenere la via dritta assai più di quelli che corrono qua e là
allontanandosene ». 2. Il sapere scientifico. Il sapere scientifico incomincia a sorgere
quando un popolo raggiunge un certo grado di civiltà ed ha il suo
fondamento in un bisogno pratico della vita. E assai probabile che ogni
scienza sia derivata da un’arte corrispondente, la medicina dall’arte di
medicare comune anche ai popoli selvaggi, l’astronomia dalle
esigenze della navigazione, e forse anche la matematica ha attraversato
nel suo inizio un periodo, nel quale le verità acquisite venivano
considerate come conoscenze utili e derivavano dalle necessità inerenti
alla costruzione delle case, alla misurazione dei campi ecc. In questo
primo momento cognizioni pratiche e conoscenze teoriche formavano una sola
e identica cosa; cosi da principio in una persona si riunivano
strettamente diversi uffici, il medico, lo stregone, il mago, il
sacerdote, che doveva combattere le malattie, molte delle quali pel loro
carattere epidemico e violento suggerivano facilmente l’idea di uno o di
più principi malefici che s’introducevano nel corpo, donde la necessità
di ricorrere, per cacciarli, all’aiuto di forze sovrannaturali. Con
molta lentezza, quantunque non ancora completamente, la divisione del
lavoro sociale e la conoscenza delle leggi naturali hanno separato queste
funzioni tra loro discordanti, distinguendo lo stregone dal sacerdote e il
medico dall’uno e dall’altro. L’opinione ora dominante consiste nel
considerare la teoria come fondamento indispensabile delle applicazioni
pratiche, pur rimanendo l’uua e le altre indipendenti tra loro;
perciò vediamo che chiunque voglia oggidì dedicarsi all’arte della
medicina, deve prima d’ogni altra cosa apprendere le scienze, come
l’anatomia, la fisiologia, l’embriologia ecc., le cui conoscenze applicherà poi
nelle malattie che dovrà curare. Di qui la distinzione tra le scienze
teoretiche e le scienze pratiche-. le prime tendono alla cognizione pura e
hanno trasformato il mezzo in fine, acquistando coscienza d’una finalità
propria, la quale consiste nella spiegazione della natura, cioè d’una
massa enorme di fenomeni che l’uomo vuole ordinare razionalmente e spiegare per
mezzo di leggi; le seconde invece si fondano sopra le scienze per applicarne
i risultati ai vari scopi che l’uomo o la società possono proporsi di
raggiungere, e perdono quindi il vero carattere di scienza. In questo
modo, con lo svolgersi della conoscenza, il lavoro scientifico si è a
mano a mano diviso in due grandi parti: alcune discipline s’occupano
esclusivamente della teoria ed altre della pratica; quasi in ogni ramo
del sapere la parte teorica si è venuta staccando nettamente dalla parte
pratica. A noi spetta di considerare solo le scienze teoriche, ossia le
scienze nel senso più esatto e meglio determinato della parola. Se
si considera una scienza qualsiasi, la fisica o la chimica, la botanica o
la zoologia, si scorge senza difficoltà che esse hanno di mira non
-la conoscenza dei singoli corpi e dei singoli esseri e fenomeni separati e
distinti completamente gli uni dagli altri ma fatta eccezione, come si
vedrà in seguito, della storia,’ tendono a raggiungete concetti generali,
i caratteri che le cose hanno comuni, ciò che si ripete nei fenomeni, ossia
la c/usse, la legge. Vediamo qualche esempio, per chiarir meglio il
vero significato di queste osservazioni e le proprietà distintive di una delle
produzioni più mirabili dell’umano intelletto, quale è la scienza.
Lo studio del regno animale ha per fine precipuo di presentare in modo compiuto
e ordinato un quadro comprendente tutti gli esseri viventi nella natura; e
raggiunse la meta dividendoli e suddividendoli in gruppi, in classi, secondo
1 caratteri comuni a ciascuna di queste, in mammiferi, in uccelli, in
pesci ecc. La psicologia considera i processi psichici non in quanto sono
individuali, ma in quanto sono generali; essa non osserva, per esempio,
questo o quel determinato atto volontario, questa o quella determinata
serie di percezioni, ina vuole stabilire i caratteri generali
dell’atto volontario e della percezione. In fine la fisica mira a stabiiire
non come cada questo o quel corpo, ma la legge generale della caduta dei corpi,
ossia come, date le attuali con-' ( izioni dell universo, la caduta dei
corpi. si ripeta in quel dato modo ovunque e in ogni tempo.
Però il concetto di scienza non è sempre stato lo stesso, giacche
vediamo che, ad esempio, gli antichi avevano di essa un opinione assai
diversa da quella che ha valore nell’epoca nostra. 1 Per
spiegare l’ordine che ammirava nell’universo, Aristatile ricorse alla nozione
di essenza, di forma, di tipo-, eoli pensa che la costituzione
effettiva delle cose risulti di due fattori : i°. I tipi
immateriali, che tendono costantemente a realizzarsi nella materia, ed hanno, a
quel che pare, un’esistenza eterna ed ininterrotta; cosi il tipo «
quercia comune » guerci,s rmir esiste, ed io son certo che ad ogni
momento vi è nell’universo almeno un esemplare individuale della quercia comune.
2°. La materia, che subisce l’influenza dei tipi immate• riali, si lascia
muovere e ordinare da essi, opponendo però una certa resistenza, di guisa
che dove maggiore è la quantità di materia, ivi è più viva la resistenza di
questa ad assumere la forma dei tipi, e minore appare quindi l’ordine
: perciò nei cieli eterei l’ordine è perfetto; invece ''nella regione
sublunare o della materia bruta vi è molta irregolarità e disordine.
I tipi sono dunque eterni, permanenti e si riproducono nella
materia docile e resistente nel medesimo tempo. L’epoca nostra non ha
accettato questa dottrina, della quale ha messo in rilievo gli errori e
le conseguenze assurde ; essa non ammette nè la costanza dell’ordine, nè
l’esistenza di .irregolarità risultante dall’opposizione della materia.
Infatti, come già abbiamo detto, i tipi naturali, minerali, vegetali,
animali non sono permanenti, ma vanno soggetti a continue trasformazioni; il
nostro sistema solare sappiamo essere la trasformazione d’una nebulosa, la
terra essere stata un tempo un anello gassoso, poi una sfera liquida,
la flora e la fauna terrestre aver avuto un principio, essersi
arricchite successivamente e non aver cessato di trasformarsi. L’ordine è
certamente una delle qualità che appaiono in modo più spiccato a chi
osserva e studia i fenomeni dell’universo; può anche darsi che sia di questo
uno degli elementi essenziali; ma, ben lungi dall’essere costante, è
soggetto a mutazioni e a trasformazioni. In secondo luogo la
scienza moderna nega che vi siano fenomeni contrari alle leggi naturali,
che esistano deviazioni, anomalie risultanti da ima resistenza più o
meno, grande della materia; poiché anche nelle mostruosità e nei casi patologici
le leggi non soffrono eccezioni ; cosi se scorgiamo una piuma salire
verso l’alto invece di tendere al centro della terra, non affermiamo
certo essere questo fatto un’ infrazione della legge di gravità. In
conclusione, una scienza è un sistema di verità e di cognizioni generali,
che sono dovute ad un lavoro metodico dello spirito e della riflessione
razionale dell’uomo. “ Il popolo greco ha diritto a più d’un titolo di
gloria: a lui, o almeno ai suoi grandi geni, era concesso di fare i più
brillanti sogni speculativi, di creare con la poesia e le arti plastiche
capolavoii incompaiabJi; ma vi è un altra creazione dello spirito greco,
che si può dire non solo incomparabile, ma unica. Noi possiamo oggi
gloriarci del predominio che esercitiamo sulla natura grazie alla
conoscenza che abbiamo acquistato delle sue leggi; ogni giorno i nostri
sguardi penetrano sempre più addentro, se non nell'essenza delle cose,
certo nel succedersi dei fenomeni; questi trionfi a chi son dovuti, se
non ai creatori della scienza greca? 1 legami che in tale materia
uniscono l’opera moderna ai tempi antichi sono bene evidenti. A Iato ad
un immaginazione creatrice d’una ricchezza miìabile il Gieco possiede uno
spirito del dubbio sempre vigile, che esamina tutto freddamente; e non
sosta davanti ad alcuna audacia; ad un irresistibile bisogno di
generalizzare si congiunge un’osservazione così attiva e penetrante da non
lasciare sfuggir la più leggera sfumatura; una religione che accordava
piena soddisfazione ai bisogni del cuore, senza per nulla impedire la
libera azione di una intelligenza che minacciava o anche distruggeva lo
sue creazioni. Aggiungansi numerosi centri intellettuali aventi ciascuno
il piopiio emettere, 1 attrito continuo delle forze che escludeva
ogni possibilità di stagnazione, un’organizzazione politica e sociale
elio frenava i desideri vaghi e puerili della gente mediocre, senza mettere
in serio pericolo lo slancio degli spiriti superiori: tali sono i doni
naturali e le condizioni favorevoli che hanno dato allo spirito greco la
preminenza e gli hanno concesso di porsi e di mantenersi al primo posto
nel dominio della ricorca scientifica „. (') 4. La classificazione
delle scienze. Ora che abbiamo v
isto che cos è una scienza, possiamo chiederci quale relazione colie fra le
diverse scienze; poiché, volendo queste offrirci la conoscenza dell’universo,
ossia d’un complesso di fenomeni connessi gli uni cogli altri, non si può
negare che tra esse vi sieno legami e relazioni. Di qui la
necessità d’una classificazione delle scienze, che è stata tentata fino
dall antichità e che forma anche ai nostri tempi oggetto di
discussione. Aristotile ammette una scienza fondamentale, la
filosofìa prima, '-fùcoCfix npwTTj, avente per oggetto la realtà ultima e
1 essenza immutabile delle cose, alla quale sono su oi Gojipebz] bordinate
tutte le scienze, cioè la teoretica, la quale comprende la matematica, la
fisica, la storia naturale, la pratica, che corrisponde alla morale, e la
poetica, ossia l’estetica. Francesco Bacone (1560-1626) ha
tracciato una classificazione delle scienze fondata sulla sua teoria delle
facoltà dell'intelletto riducibili a tre principali, che sono: la memoria,
l’immaginazione, la ragione; dalla prima facoltà deriva la storia, che
può essere civile e naturale', dall’immaginazione deriva la poesia, che può
essere narrativa, drammatica e parabolica; infine sulla ragione è fondata
la filosofia, la quale ha un triplice oggetto: Dio, la natura, l’uomo;
donde la teologia, ossia la scienza che tratta di Dio, degli
angeli, e dei demonii; la filosofia naturale che comprende la metafisica,
la fisica e la matematica; la filosofia umana o antropologia, che contiene la
medicina, la psicologia, la logica ecc. Comte, fondatore della filosofia
positiva, è l’autore d’una celebre classificazione delle scienze, che
esporremo qui brevemente. Egli ha diviso prima di tutto il sapere, per
rispetto al fine che questo può proporsi, in teoretico e pratico. Alla loro
volta le scienze teoriche si possono considerare sotto un doppio aspetto:
o ricercano leggi valevoli per tutti i casi possibili, come le matematiche e la
fisica, e allora sono generali e astratte ; oppure applicano tali
leggi alla spiegazione dei vari esseri esistenti in natura, e sono
particolari, descrittive, concrete. Per esempio, lo studio delle leggi
generali della vita è oggetto d’una scienza astratta, la biologia ;
mentre il determinare il modo d’esistere di ciascuna specie di esseri viventi
mediante le leggi scoperte dalla biologia, dà luogo a scienze concrete,
quali sono la botanica e la zoologia; queste ultime quindi sorgono dopo e
per effetto delle prime. Le scienze astratte sono enumerate dal
Comte nell’ordine seguente : matematica, fisica, chimica, biologia, sociologia
; e una tale divisione non è arbitraria, ma fondata sopra diverse e
importanti ragioni. Anzitutto il Comte osserva che i fenomeni si
presentano alla nostra osservazione in una serie di generalità decrescente
e di complessità crescente, poiché ciascun ordine di fenomeni è meno
generale di quello che lo precede, ma più complicato; infatti, per poter
osservare un fenomeno in un maggior numero di casi, bisogna spogliarlo
(estrarlo) da un maggior numero di circostanze, e inversamente un fenomeno
che conserva un maggior numero di circostanze, si riscontra meno
frequentemente; anche in questo caso la comprensione e Y estensione
stanno ira loro in ragione inversa, come abbiamo osservato a proposito
dei concetti subordinati. Cosi i ienomeni tisici sono meno generali, ma
più complessi di quelli matematici; i fenomeni chimici meno generali
ma più complessi di quelli fisici. Inoltre questa scienza è
gerarchica, poiché ciascuna scienza presuppone quella che la precede e ne
dipende, almeno nei tratti essenziali, non potendosi studiare il fenomeno
più complesso senza conoscere quello più semplice, la fìsica senza la
matematica, la chimica e la biologia senza le scienze precedenti.
Inoltre la serie è storica, nel senso che le scienze sorsero 1 una dopo
l'altra nell’ordine indicato. Qui non bisogna confondere il sorgere, il
costituirsi delle singole scienze col loro sviluppo. La
classificazione del Comte è strettamente legata al suo sistema di
filosofia, al positivismo, e non è possibile accettare la prima rifiutando il
secondo. Si può ben dire che il problema della classificazione razionale
della scienza è un problema essenzialmente filosofico. In
questi ultimi anni le classificazioni delle scienze si sono moltiplicale;
il problema ha assunto un aspetto filosofico, e ciascuno che si accinge a
risolverlo, è guidato dalle sue vedute filosofiche o scientifiche. Noi citeremo
qui due fra quelle classificazioni che hanno ora maggior voga, quella di
Guglielmo Wundt, e quella del Windelband, esaminandole brevemente nelle
loro linee generalissime, come quelle che rispecchiano due fra gli
indirizzi filosofici ora predominanti. Secondo il IPundt, se
si classificano le scienze secondo il loro oggetto, si è condotti, dato
lo stato attuale delle conoscenze, a distinguerne tre gruppi: lo scienze
matematiche, le scienze della natura, le scienze dello spirito. Le
matematiche sono puramente formali, lo scienze della natura e quelle
dello spirito sono reali. Le scienze naturali indagano il contenuto
dell’esperienza facendo astrazione dal soggetto conoscente; mentre le scienze
dello spirito, che hanno come fondamento principale la psicologia, studiano
quei fenomeni, nei quali l’uomo, considerato come fornito di volontà e di
ragione, è un fattore essenziale: alle leggi dello spirito debbono essere
subordinate le leggi della natura, e la causalità fisica è governata da leggi
assai diverse da quelle che governano i fenomeni psichici; poiché, mentre nel
mondo fìsico si nota pur nel variare delle sue energie, una rigidità
immutabile, il mondo dello spirito invece manifesta un continuo
accrescimento d’energia, dovuto al fatto che ogni processo psichico è una
sintesi, un prodotto affatto nuovo fornito di proprietà che invano si
ricercano negli elementi che lo compongono. Inoltre in
ciascuno di questi due gruppi bisogna distinguere: 1° lo scienze
che hanno per oggetto la scoperta di leggi che reggono i fenomeni
attualmente dati dall'esperienza, scienze fenomenologiche; le scienze che
studiano le cose nella loro genesi, scienze genetiche ; 3° le
scienze che, considerando non piu i mutamenti passeggeri ma gli oggetti o
almeno i risultati durevoli, determinano per comparazione le relazioni di
queste cose, ne formano concetti distinti e riuniscono questi concetti in
sistemi, scienze sistematiche. Di qui il soguente quadro:
1° scienze formali: matematiche. scienze scienze
naturali se. fenomenologiche : fisica, chimica,
fisiologia, se. genetiche : Mimologia, geologia, scienza doll'crolulionc
degli organismi. se. sistematiche: mineralogia, holanica,
zoologia. reali scienze se. fenomenologiche
: psicologia. dello se. genetiche: storia.
spirito se. sistematiche: diritto, economia politica.
(') Il Windelband e il Jlickert distinguono le scienze
naturali, quali la fisica, la chimica, la psicologia, che studiano le
relazioni tra i fenomeni, le quali sono date da giudizi universali e
necessari, ossia da leggi, e sono quindi scienze rette da leggi; e le
scienze storiche, quali la meteorologia, la geologia, la storia, che studiano
la realtà considerata sotto l’aspetfo individuale e si limitano a stabilire
una pura successione di fatti, sieno essi naturali o morali. La storia
considera un organismo collettivo per sé stesso, come qualche cosa
d’individuale, di particolare, d’unico, mirando a rilevare i 0)
Wundt, Einleitung in die rhilosophie, E rate r Theil, Leipzig, Engelmann] caratteri
che lo distinguono da tutti gli altri organismi collettivi ; ingomma, un
gruppo d’individui, una famiglia, una nazione, lino stato sono esseri
concreti al pari degli individui, e sotto questo aspetto deve osservarli
la storia, che non è altro che la scienza del particolare, doli'
individuale, di ciò che non esiste che una volta sola e non si ripete
mai. Quindi, mentre le leggi naturali s’applicano ai fenomeni che si ripetono
sempre nella stessa maniera e non variano essenzialmente nelle loro
manifestazioni, invece nella vita storica non è possibile in alcun modo
stabilire leggi simili a queste, che si possano applicare tanto
all’avvenire quanto al passato, appunto perchè non esistono due
individualità storiche identiche, due avvenimenti che si possano
ricondurre sotto la medesima legge generalo. Gli avvenimenti storici non
costituiscono se non serie di fatti che si sono prodotti una sola volta
nel corso del tempo e non si riprodurranno mai più; e ciò è tutto
l’opposto della nozione di legge» che dà la formula dei fatti che si sono
sempre prodotti e sempre si riprodurranno: questa è la differenza
essenziale ed importantissima che corre tra le scienze naturali e le scienze
storiche. I principali procedimenti che il pensiero umano adopera per
estendere le nostre conoscenze, per passare dal noto all’ ignoto e che
fanno parte del metodo inventivo, sono: Vinduzione, la deduzione,
l’analogia e l'ipotesi. Il metodo induttivo c’insegna la via per risalire
dai fatti alle leggi, ossia, come s’è già accennato, ai rapporti costanti
e necessari tra due fenomeni, dei quali il primo dicesi causa e il
secondo effetto ; il primo mezzo per raggiungere questo scopo è
l’osservazione. L'osservazione si fa generalmente consistere in un
atto immediato del conoscere, nell’applicare il potere percettivo
alla constatazione dei fenomeni. Gli strumenti principali che adoperiamo
nell’osservare sono i sensi quando si tratta di fenomeni esteriori, la
coscienza quando vogliamo esaminare processi interni, pei quali è però sempre
indispensabile anche l’osservazione esterna. I sensi limitati e
imperfetti ricevono un aiuto prezioso dagli strumenti scientifici, i
quali possono o aumentare il potere di percezione, come il telescopio e il
microscopio, o rendere più esatte le osservazioni che noi facciamo, come i cronometri
che permettono di misurare un secondo e parti minime d’un secondo, oppure
sostituirli ai sensi stessi, quando i fenomeni da osservarsi sono
fuggevoli e difficilmente afferrabili, come ce ne porge esempio la fotografia
applicata allo studio dei fenomeni celesti, o quando i fenomeni non possono
essere da noi percepiti. Cosi la retina dell’occhio non è sensibile ai
raggi ultra violetti, dei quali invece rimane traccia sopra la lastra
fotografica. Però l’osservazione scientifica ha il suo fondamento essenziale e
la sua guida nella ragione, nell’ intelligenza la quale dirige la
ricerca, interpetra e classifica i fatti e ne trae le conseguenze; in una
parola, è il buon osservatore che fa le buone osservazioni ; lo spirito
di chi indaga sempre vigile, attento anche ai ienomeni che sembrano più
insignificanti, paziente nel persistere nelle ricerche, imparziale, cioè
libero da qualsiasi pregiudizio, può giungere a risultati e a scoperte di
grande valore, come ce ne porge un mirabile esempio il Galilei, che
possedette in grado eminente l’ingegno critico; e si deve solo a questo
se dalle sue indagini intorno ai fenomeni naturali seppe trarre conseguenze e
cognizioni importantissime: il suo metodo, come afferma egli stesso, si fonda
tutto sulla sensata esperienza non mai disgiunta dal ragionamento.
Innumerevoli persone avranno senza alcun dubbio osservato le oscillazioni
della lampada sospesa nel celebre Duomo, ma solo una mente severa e
indagatrice come quella del Galilei poteva da quel fatto avere il primo
impulso a stabilire rigorosamente le leggi del pendolo.
L’osservazione dev’essere quindi esatta, cioè fedele e scrupolosa:
bisogna raccogliere il maggior numero di fatti, nulla omettere e nulla
aggiungere. A questo fine occorre che l’osservatore sia fornito d’un
ricco corredo di cognizioni, affinchè non si lasci sfuggire quelle indicazioni
minuziose che spesso collegano tra loro fenomeni i quali in apparenza
non presentano nulla di comune, e possa compiere un’analisi completa del
fenomeno considerato, che solo uno spirito acuto, provvisto di profonda
cultura, sereno, libero di preconcetti è in grado di compiere. È inoltre
necessario che l’osservatore determini chiaramente la scelta dei fatti
che prende per soggetto dei suoi studi, giacché tutti i fatti non hanno lo
stesso valore, ma alcuni conducono più agevolmente allo scopo,
altri invece ne allontanano, e i fenomeni che la natura ci presenta
sono innumerevoli, e tra essi la mente umana deve sapersi muovere con
grande discernimento. In conclusione, se è vero che quando i fatti
che servono di base al ragionamento siano male stabiliti o erronei tutto
l’edificio rovinerà e le teorie scientifiche fondate sopra di quelli
saranno false, è però innegabile che nelle buone qualità e nella
perspicacia dello spirito risiede la condizione più preziosa per una buona
osservazione. Cosi, per citare un esempio, alcuni astronomi prima di
Guglielmo Herschell avevano visto una stella nella costellazione dei
Gemelli, e l’avevano presa per una stella fissa; ma l’Herschell non
s’arrestò alle osservazioni superficiali dei predecessori : esaminò la
qualità della luce, l’ingrandimento che presentava al telescopio, e
conchiuse che non poteva essere una stella fìssa; osservò quindi il suo
spostamento e dapprima io paragonò con quello delle comete e vide che non
coincideva; lo paragonò con quello dei pianeti e, confermando l’ipotesi
già formata, conchiuse che era un nuovo pianeta, chiamato poscia Urano.
Il Galilei così descrive con somma finezza la grande ricchezza
della natura nel produrre i suoi effetti: “ Nacque già in un luogo
assai solitario un uomo dotato da natura di un ingegno perspicacissimo e
d’una curiosità straordinaria; e por suo trastullo allevandosi diversi uccelli,
gustava molto del loro canto, e con grandissima maraviglia andava
osservando con che bell'artifizio, colla stess’aria colla quale
respiravano, ad arbitrio loro formavano canti diversi o tutti soavissimi.
Accadde che una notte vicino a casa sua sentì un delicato suono, nè potendosi
immaginare che fosse altro che qualche uccelletto, si mosse per
prenderlo, e, venuto nella strada, trovò un pastorello, che soffiando in certo
legno forato, e movendo le dita sopra il legno, ora serrando ed ora
aprendo certi fori che vi erano, ne traeva quelle diverse voci, simili a
quelle d'un uccello, ma con maniera diversissima. Stupefatto e mosso dalla sua
naturai curiosità, donò al pastore un vitello per avere quello zufolo, e
ritiratosi in sè stesso, e conoscendo che, se non si abbatteva a passar
colui, egli non avrebbe mai imparato che ci erano in natura due modi da
formar voci e canti soavi, volle allontanarsi da casa, stimando di
poter incontrare qualche altra avventura. Ed occorse il giorno
seguente che, passando presso un piccolo tugurio, sentì risonarvi dentro
una simil voce, e per certificarsi se era uno zufolo o pure un
merlo, entrò dentro e trovò un fanciullo che andava con un
archetto, eli ei teneva nella man destra, segando alcuni nervi tesi sopra
un certo legno concavo, e con lo sinistra sosteneva lo strumento e
vi andava sopra movendo le dita, e senz'altro fiato ne traeva voci
diverse e molto soavi. Or qual fusse il suo stupore, giudichilo chi
pnrticipa dell’ingegno e della curiosità che aveva costui, il quale
vedendosi sopraggiunto da due nuovi modi di formar la voce ed il canto, tanto
inopinati, cominciò a credere ch’altri ancora ve ne potessero essere in natura.
Ma qual fu la sua maraviglia quando, entrando in certo tempio, si mise a
guardare dietro la porta per veder chi aveva sonato, e s’accorse che il
suono era uscito dagli arpioni e dalle bandelle nell'aprir la porta!
Un'altra volta spinto dalla curiosità, entrò in un’osteria, e credendo
d’aver a vedere uno che coll’archetto toccasse leggermente le corde
di un violino, vide uno che, fregando il polpastrello d'un dito
sopra l'orlo d’un bicchiere, ne cavava soavissimo suono. Ma quando
poi gli venne osservato che le vespe, le zanzare e i mosconi, non
come i suoi primi uccelli col respirare, formavano voci interrotte,
ma col velocissimo batter dell'ali rendevano un suono perpetuo,
quanto crebbe in esso lo stupore, tanto si scemò l’opinione ch’egli
aveva circa il sapere come si goueri suono; nè tutte l’esperionze già vedute
sarebbero state bastanti a fargli comprendere o credere che i grilli,
giacché non volavano, potessero non col fiato, ma con lo scuoter l’ali
cacciar sibili cosi dolci e sonori. Ma quando ei si credeva non poter esser
quasi possibile cbe vi fossero altre maniere di formar voci, dopo
l’avere, oltro ai modi narrati, osservato ancora tanti organi, trombe, pifferi,
strumenti da corde, di tante e tante sorte, e sino a quella linguetta di
ferro, che sospesa fra i denti, si servo in modo strano della cavità
della bocca por corpo della risonanza e del fiato pel veicolo del suono;
quando, dico, ei credeva di aver veduto il tutto, trovassi più che mai rinvolto
nell’ignoranza e nello stupore nel capitarli in mano una cicala, e che né
por serrarle la bocca, nè per fermarle l’ali poteva nè pur diminuire il
suo altissimo stridore, nè le vedeva muovere squame nè altra parte, e che
finalmente alzandole il casso del petto, e vedendovi sotto alcune
cartilagini dure, ma sottili, e credendo cbe lo strepito dorivasso dallo
scuoter di quelle, si ridusse a romperle per farla chetare, e tutto fu
invano, sinché, spingendo l'ago più a dentro, non 10 tolse,
trafiggendola, con la voce la vita; sicché neanche potè accertarsi se il
canto derivava da quelle; onde si ridusse a tanta diffidenza del suo
sapere che, domandato come si generavano i suoni, generosamente
rispondeva di sapere alcuni modi, ma che teneva per formo poterveue
essere cento altri incogniti ed inopinabili. “ lo potrei con altri
esempi spiegar la ricchezza della natura nel produrre suoi effetti con
maniere inescogitabili da noi, quando 11 senso e l'esperienza non
lo ci mostrasse, la quale anco talvolta non basta a supplire alla nostra
incapacità “ Il Saggiatore. Un altro mezzo efficacissimo nel
raccogliere i fatti è Vesperimento, che consiste nel riprodurr e
artificialmente i fenomeni natnrali, per poterli stud iare nelle c
ondizioni p iù fa vorevoli . I vantaggi che lo sperimentare offre sopra
l’osservazione pura e semplice si possono ridurre ai seguenti :
a) I fenomeni che lo sperimentatore può procurarci sono più
numerosi di quelli offerti dalla pura osservazione naturale, potendo esso
ripeterli e moltiplicarli a sua volontà. Però l'esperimento non si può
estendere a tutti quanti i fenomeni dell’universo, e molti di essi non si
possono in alcun modo riprodurre. Cosi Galileo potè osservare due volte
il più straordinario e il più misterioso tra i fenomeni celesti: l’apparizione
e l’estinzione totale di stelle fisse, che vincevano in splendore tutte
le altre stelle e i pianeti: anzi una di esse si vedeva in pieno
mezzogiorno. Fenomeni di questo genero sono assai rari e si sottraggono
naturalmente alla prova dell’esperimento. b) I fenomeni
forniti dall’esperimento sono spesso più chiari, più evidenti ed hanno un
valore dimostrativo assai maggiore di quelli forniti dall’osservazione,
giacché, mentre la natura procede sinteticamente, e in un medesimo essere
si riscontra una moltitudine d’esseri, in un effetto una moltitudine
d’effetti; l’ esperimento invece separa questi elementi, isola que sti
effetti, pres enta un fenomeno separato dai fe nomeni concom itanti, rendendone
qui ndi più facile l’esame. Cosi ! osservazione della caduta dei corpi,
quale si prosoma in natura, è difficile o dà risultati assai scarsi;
mentre studiando tale fenomeno come si produce colla nota macchina
d’Atwood, tutti gli elementi e le circostanze di esso si possono rilevare
con precisione. c) Lo sperimentatore può variare indefinitamente
il gruppo delle cause insieme agenti, e raccogliere con tal mezzo
più fàcilmente gli indici rivelatori dei rapporti di causalità, e ottenere
anche fenomeni nuovi, che in natura non si possono constatare, come la
caduta dei gravi nel vuoto, la liquefazione dell’idrogeno e
dell’ossigeno. Come è fàcile scorgere, anche nello sperimentare, se
si vogliono ottenere buoni frutti, il predominio spetta sempre al
potere discernitivo della ragione ; anche in questo campo, come in quello
dell’osservazione pura, la natura non rivela i suoi secreti e le sue
leggi se non al ricercatore illuminato e guidato dalla luce
dell’intelligenza. 3. La ricerca della causa. U osservazione e 1 ’esperimento si possono
denominare operazioni preparatorie, in quanto servono quasi a fornire il
materiale, il complesso dei fenomeni, che verranno poi elaborati dall’
induzione per trarne le leggi generali ; quest’ultimo compito, che ha
nella scienza un’importanza essenziale e ne è il fine più alto, procede
anzitutto dalla ricerca della causa. Vediamo quindi di chiarire il
concetto di causa, soggetto di tante discussioni tanto nella filosofia
quanto nella scienza dei tempi nostri. Il principio razionale di
causalità consiste nell’affermazione che « nell’universo ogni fenomeno ha una
causa » . Quindi allorché si presenta un nuovo fenomeno, ossia
quando nell’universo ha luogo un mutamento qualsiasi, dobbiamo
considerarlo come la conseguenza, la continuazione, la trasformazione d’un
fenomeno anteriore. Noi diciamo che esiste un rapporto causale tra due
fenomeni, quando li consideriamo cosi strettamente legati l’uno all’altro, che
quando è dato il primo, l’altro si presenta inevitabilmente. Perciò
mentre nel significato volgare la causa si restringe a indicare il fenomeno
antecedente d’un altro fenomeno, a designare ciò che produsse una cosa o
un fatto, invece nel significato scientifico i due termini causa ed
effetto sono correlativi, l’uno non può sussistere senza l’altro, e il
passaggio, la transizione dal fenomeno antecedente al fenomeno conseguente
apparisce come il punto vitale, il « proprium quid » della causalità. Si
giunge così ad affermare l’identità della causa e dell’effetto, a
considerarli come due manifestazioni d’un’identità fondamentale, benché
differenti nel tempo. In conclusione, si può dire collo Stuart Mill che «
la causa è la somma delle condizioni positive e negative, che,
essendo date, sono seguite da un conseguente invariabile ». Cosi,
quando esprimiamo la legge biologica generale: Vaumento eli temperatura
produce un’azione eccitante su tutti i processi vitali, vogliamo indicare
che se è dato l’aumento della tempelatura, n ® se £ ue > invariabilmente il
crescere dell’energia e della ìapidità del movimento in un essere
vivente. 4. Valore del principio di causa. Il principio di
causa e una ipotesi che è accertata solo fino ad un certo punto e
si può sostenere che non si potrà mai avere una verificazinne completa del
principio di causalità per mezzo del1 esperienza. Il principio di causalità
stabilisce un ideale, che pei la nostra coscienza non potrà mai
avverarsi. Anzitutto 1 esperienza non può mai dimostrarci che
vi sia tra i fenomeni una continuità assoluta ; giacché in tutte le
evoluzioni che noi possiamo seguire, si trovano sempre /acune, differenze
non spiegate. Quando si sarà spiegato il passaggio dal fenomeno A al
fenomeno B scoprendo ]’ intermediario k, si avranno due questioni invece di
una: come si spiega il passaggio da A a k e quello da k a B?
In secondo luogo l’esperienza non ci palesa nessuna ripetizione assoluta,
la quale sarebbe una condizione necessaria per applicare la legge di
causa. Anche quando noi siamo convinti che A è la causa di B, non avremo
con ciò il diritto di applicare questo principio ai casi futuri, se non
nel caso che ci rappresentiamo A sempre in modo identico; il che
avviene solo in maniera approssimativa, giacché vi sono sempre
circostanze accessorie, gradazioni infinite, le quali lanno sì che una
data situazione non si possa mai riprodurre due volte nell’identica
forma. Ciò è vero non solo pei fenomeni organici, psichici e storici, dove le
condizioni e gli elementi sono assai numerosi, ma anche nel mondo inorganico:
la ripetizione assoluta è un ideale. In terzo luogo la serie delle
cause è infinita precisamente come sono infiniti il tempo e lo spazio.
Ogni arresto nella nostra investigazione è sempre fortuito o arbitrario;
e poiché secondo il principio di causa, ogni causa diviene alla sua
volta effetto, il volersi fermare ad una causa prima sarebbe come un
contraddire a quel principio; se anche nelle ipotesi più ardite siamo
costretti di fermarci ad un certo punto, questo non è che un limite di
fatto-, noi concludiamo sempre con un punto d'interrogazione, giacché in
virtù del principio di causa, vi è sempre un nuovo problema da porre e da
risolvere. Perciò si può dire in un certo senso che nessun fenomeno è
completamente spiegato. In realtà però si può sostenere che, anche
ammettendo il pensiero dell’ Hurne che noi non percepiamo mai la
causa, ma solo una successione, tuttavia per un numero estesissimo
di fenomeni la successione è inevitabile e continua, come dovremmo attenderci
se il principio di causa fosse vero. (’) 5. Evoluzione del concetto
di causa. L’idea di causa ha una
origine interna, soggettiva, ci è suggerita dalla nostra attività motrice. Un
essere, che per ipotesi fosse puramente passivo e vedesse o sentisse
successioni esterno costanti, non potrebbe avere alcuna idea della
causalità. Tutti i fatti di attività mentale che si manifestano per mezzo di
movimenti contribuiscono a far sorgere in noi l'idea empirica di causa,
come azione transitiva e conio mutamento; tra essi quello più importante è la
coscienza dello sforzo f. muscolare, ossia la coscienza d'un complesso di
sensazioni provenienti dalle articolazioni, dai tendini, dai muscoli, dalle
variazioni della respirazione ecc.; e la coscienza dello sforzo consiste
sovrattutto nella coscienza AeW'effetto prodotto, alla quale s’aggiunge T
idea confusa d’una creazione che emana da noi, d’una capacità che noi
abbiamo di produrre un fatto nuovo. Noi estendiamo poscia questa capacità
individuale e soggettiva di modificare la nostra persona e le cose, a ciò
che ci circonda, giacché in forza d’una tendenza istintiva l’uomo suppone
intenzioni, volontà, una causalità analoga alla propria in ciò che intorno a
lui agisce o reagisce, nei suoi simili, negli esseri viventi e in quelli
clic pei loro movimenti simulano la vita, come le nubi, le acquo correnti ecc.
È questo il periodo del feticismo primitivo elio s'osserva in tutte
le mitologie e in tutte le lingue; se ne scorgono ancor oggi le
trnccie noi fanciulli, nei selvaggi, negli animali, per es. nel cane
che morde la pietra che lo colpisce, e anche neH’uomo civile,
quando tornando ad essere per un momento un uomo primitivo, va in collera
contro una tavola elio lo urta. Dalla concezione popolare, pratica,
esteriore della causalità che deriva dal fatto, che ogni mutamento
suggerisce all’uomo normale che no è testimonio la credenza invincibile in un
agente noto o ignoto che lo produce, si passa al secondo periodo, che
incomincia colla riflessione filosofica e si sviluppa col lento
costituirsi delle scienze. Questo cammino si può riassumere nel seguente
modo: Hoffding, Psychologie. Alcan. si spoglia a poco a poco la nozione di
causa del suo carattere soggettivo, umano, senza che si arrivi totalmente a
raggiungere questa meta ideale; si riduce il carattere essenziale di tale
nozione a un rapporto fisso, invariabile, costante tra un antecedente e
un conseguente determinati; si scorge nella causa e nell'effetto
non altro che due aspetti o due momenti d’nn solo e medesimo processo, il
che alla fino equivale all'affermazione d’una identità.. (') 6. I
quattro metodi sperimentali di G. Stuart Mill. Come abbiamo già
detto, la scienza non bì ferma alla constatazione e alla descrizione dei
fenomeni, ma tende come ad ultimo fine alla ricerca delle cause, e quindi
delle leggi; queste ultime consistono in rapporti invariabili di successione
tra i fenomeni, e la causa non è altro che l'antecedente invariabile
dell’effetto; quindi la ricerca della causa e quella delle leggi
costituiscono in ultima analisi un unico problema, o almeno due problemi
tra loro indissolubilmente congiunti, e la soluzione del primo conduce in
modo facile alla soluzione del secondo. Il problema della
ricerca della causa si può esprimere nel modo seguente; « fra una
moltitudine di rapporti di successione, trovare un rapporto di causalità». Ogni
fenomeno che cade sotto i nostri sensi ha per antecedente non solo
il fenomeno che ne è la causa, ma altri fenomeni a questo concomitanti, e
in simile maniera ha per conseguenti non solo il suo effetto, ma altri
fenomeni concomitanti di tale effetto. Quindi il problema da risolvere
consiste nel saper distinguere con esattezza il fenomeno causa tra gli
antecedenti che non sono causa, oppure tra i conseguenti che non sono
effetto il fenomeno che è veramente effetto. Se i fenomeni, invece
di prodursi riuniti in aggregati più o meno complessi, costituissero una
serie unilineare, noi comprenderemmo con grande facilità che ogni
fenomeno è causa di quello che segue, ed è effetto di quello che lo
precede; ma la roaltà delle cose è diversa, e bisogna quindi ottenere per
mezzo della ragione ciò che non ci è dato direttamente dalla natura:
ossia bisogna mediante il ragionamento sperimentale (i) Kibot,
L’évolutìon des idée» generai*», p. 202 e Bgg. F. Alcan] in mezzo al complesso
dei fenomeni isolare il fenomeno causa e il fenomeno effetto. I quattro
metodi induttivi messi innanzi dallo Stuart Mill servono in parte a
questo scopo; essi sono il metodo d’accordo, il metodo di differenza, il
metodo delle variazioni concomitanti e quello dei residui.
1°. Metodo d’accordo. Il canone di
questo metodo è il seguente: Se due o più casi d’un fenomeno
concordano in una sola circostanza, sempre presente, questa è la
causa, del fenomeno. Sia da ricercare la causa del fenomeno a
accompagnato dai fenomeni ab, preceduti dai fenomeni ABC, nòe
diconsi antecedenti, ABC conseguenti; se in un secondo esperimento
s’ottiene il gruppo ode, preceduto dal gruppo ADE, si può concludere che
A ò causa di a. Infatti non si può affermare che siano B o C la causa di
a, perchè nel primo esperimento questi mancano ed a invece vi appare ;
per una ragione identica non si possono considerare come causa nò D nè
E. Esempio: più corpi in circostanze differenti, entrano in fusione e si
volatilizzano parzialmente, quando sono sottoposti ad una forte
temperatura: la fusione e la volatilizzazione dei corpi hanno dunque
evidentemente per causa il calore, unica circostanza comune.
Metodo di differenza. Il canone di
questo metodo è il seguente: Se un caso nel quale il fenomeno si
verifica, e un caso nel quale non si verifica, hanno in comune
tutte le circostanze meno una, questa presentandosi solo nel primo
caso, la circostanza per la quale sola i due casi differiscono, è la
causa. Se in un primo esperimento si ottiene il gruppo dei conseguenti
abe preceduto dal gruppo degli antecedenti ABC e in un secondo
esperimento si ha il gruppo he preceduto dal gruppo BC, si può
conchiudere che A è causa di a. La dimostrazione in questo caso è assai
semplice. Esempio: Tutte le volte che la pressione atmosferica si
esercita nella camera barometrica, il mercurio si eleva nel tubo
.barometrico: sopprimiamo questa pressione facendo il vuoto: se vediamo
il mercurio scendere, la causa cercata sarà il peso dell’aria; cosi
pure in tisiologia la funzione d'un nervo si può stabilire con
precisione, quando, tagliato il nervo, cessa la funzione. Metodo delle
variazioni concomitanti. Il canone
suona così: Un fenomeno clie varia in una certa maniera tutte le volte
che un altro fenomeno varia nella stessa maniera, è una causa di questo
fenomeno. Se in un primo esperimento abbiamo abc preceduto da
ABC e se in un secondo esperimento facendo variare A vediamo che
varia pure a, diciamo che il primo è causa del secondo. Variando ad
esempio la quantità di calore in un corpo, osserviamo il variare
concomitante della sna dilatazione; e giungiamo così a porre la legge che
il calore dilata i corpi; il calore (antecedente) si assume come causa
della dilatazione (conseguente). 4° Metodo dei residui. Il canone è il seguente: Sottratta da un
fenomeno la parte che si sa per induzioni anteriori essere l’effetto di
determinati antecedenti, ciò che resta fra i conseguenti sarà effetto di
quello fra gli antecedenti che si è trascurato. Supponiamo che si
abbiano gli antecedenti ABC e i conseguenti abc. Per induzioni precedenti
sappiamo che causa di b è B e che causa di c è C; resterà che causa di a
sia A. Con questo metodo l’odore sparso nell’aria dall’elettricità
guidò a scoprire l’ozono; così pure, poiché il movimento d’Urano si
spiegava nel suo insieme per mezzo di cause note, le irregolarità di
questo movimento formavano un residuo che, determinato con precisione, condusse
il Leverrier alla scoperta di Nettuno. Un bell’ esempio di questo metodo
è l’induzione con la quale Galileo trovò la causa del candore cinereo
della luna. Le cause possibili sono quattro, la luce del sole, quella
delle stelle, una luce propria, quella riflessa dalla terra; non può
essere la prima perchè si prova che quella parte della luna nella quale
si scorge il candore cinereo non è illuminata dal sole ; non la seconda, perchè
il candore cinereo si dovrebbe vedere anche nelle ecclissi, il che non
avviene, nè per la stessa ragione può essere la terza. Quindi la luce
riflessa dalla terra è la causa del candore cinereo. 7.
Osservazioni intorno ai metodi dello Stuart Mill. I quattro metodi
sopra descritti, che hanno il loro fondamento comune nell 'eliminazione di
tutte le circostanze che sono la vera causa del fenomeno in questione,
hanno per le ricerche scientifiche in generale un’importanza relativa,
la quale dev’essere ridotta nei suoi giusti limiti, giacché vediamo
spesso il fisico, il chimico, il fisiologo ricorrere, nello stabilire
esattamente la causa d’un fenomeno, a mezzi diversi da quelli proposti
dal celebre filosofo inglese. Anzitutto è stato osservato
giustamente che l’uso di questi metodi induttivi presuppone due
condizioni, che non sempre si verificano nella realtà, ossia: « che ogni
effetto fibbia una sola causa, e in secondo luogo che gli effetti
di ciascuna causa possano essere tenuti distinti dà quelli delle
altre ». Anche nella % r ita quotidiana noi osserviamo un numero considerevole
di fenomeni, che possono essere prodotti d a iiiii cause, tali sono per
es. TI movimento, il calore, il piacei e. la morte : in questi casi
è quasi impossibile ridurre le esperienze in formule così nette e precise,
come quelle che sopra abbiamo rappresentato per mezzo di lettere alfabetiche,
ed è molto difficile non omettere qualcuno degli antecedenti tra i quali vi è
la causa che si ricerca; quindi si comprende facilmente come l a
pluralità delle cause renda difficile il metodo di concordanza, anche
quando si moltiplicano le osservazioni e gli esperimenti. Cosi l’ignoranza
del peso dell’aria indusse i fisici ad attribuire al vuoto, o,
meglio, come essi dicevano, all’orrore del vuoto l'ascensione
dell’acqua nelle pompe. La seconda esigenza rende dubbio il
metodo di differenza; cosi nelle esperienze fisiologiche i risultati
ottenuti per mezzo della vivisezione rimangono non di rado dubbi,
giacché il fenomeno prodotto dalla soppressione oppure dalla lesione d’un
organo, come sarebbe ad esempio, il cervello, non è sempre da attribuirsi
in tutto ad esse, mà è spesso il contraccolpo più o meno lontano prodotto dalla
soppressione o dalla lesione d’un determinato organo sopra un altro, o anche
sopra l’insieme dell’organismo preso a soggetto d’esperieuza. Per
questa ragione le precauzioni e le cautele che deve prendere il fisiologo
sono rigorose e infinite, se non vuole cadere in errore.
Un’altra difficoltà, per citarne ancora una, si presenta quando
avviene che più cause insieme s’uniscano a produrre un medesimo effetto,
come il salire d’un areostato nell’atmoslera, prodotto dal combinarsi
dell’azione della gravità con altre cause, che non si possono trascurare,
se si vuol dare uua spiegazione esatta del fenomeno; oppure quando la causalità
è reciproca. Non osservando l a reciprocità delle cause, cadono in errore
quelli che sostengono essere il fenomeno economico la causa unica e
diretta del determinarsi degli altri fenomeni sociali, politici,
religiosi, giuridici, artistici e morali; mentre sono più nel vero quelli
che sostengono che i fenomeni sociali sopra indicati possano alla loro
volta esercitare un’azione determinatrice sopra il fenomeno donde hanno
tratto l’origine; così è innegabile che se la produzione economica stimola il
movimento scientifico, questo alla sua volta con l’invenzione di
macchine, di strumenti ecc. stimola e rende più perfetta la produzione
economica. 8. Eccezioni apparenti del principio di causa. Vi sono due idoe, che pare si
sottraggano all’universalità del principio di causa o che malgrado lo
sviluppo del pensiero scientifico hanno tuttora molta forza; sono le idee
del miracolo e del caso. J1 miracolo, preso non nel significato
religioso, ma nel significato etimologico più gouorale [mirari), è un
avvenimento raro, imprevisto, che si produce fuori oppure in opposizione
del coreo ordinario e naturale delle cose. Però esso non porta alla
negazione della causa intesa nel senso popolare, giacché suppone sempre
un antecedente: la Divinità, o una potenza ignota; ma ammette una
derogazione al determinismo, nega la causa nel senso scientifico; il
miracolo sarebbe la causa senza la legge. Per molto tempo nulla ò sembrato
più naturale del miracolo: nel mondo fisico l'apparizione d'una cometa, le
ecclissi e altri feuomoni simili erano considerati come prodigi e presagi, e
tuttora sono causa d’inquietudine per molte persone; nel campo della vita
codesta credenza è più tenace; nel secolo XVII spiriti illuminati
ammettevano ancora gli errore s o lusus naturar, stimavano la nascita di
mostri segno di cattivo augurio ecc. Peggio avveniva nel campo della
psicologia; sono noti i pregiudizi, così diffusi nell'antichità, non
ancora scomparsi, intorno ai sogni profetici, al mistero onde si è
circondato per tanto tempo il sonnambulismo naturale o provocato e gli
stati analoghi. Infine anche nella vita sociale vi sono molti utopisti,
cho pur respingendo la realtà del miracolo, l'ammettono però con grande
facilità nell'ordine politico o ricostruiscono la società umana ab imis
fundanientis seguendo i loro sogni. (') L’idea di caso è più oscura
e controversa. Nel significato volgare esso è un avvenimento elle non
presuppone nè causa nè leggo, un'eccezione alla regola generale, secondo
la quale ogni fatto è un effetto. Molti pensano che il caso sia uua causa
reale, ma oscura e impenetrabile, un principio di disordine e di
confusione, che con irresistibile potenza agisce nel mondo a dritto e a
torto, producendo ora con ostinazione capricciosa, una serio continua e
strana di avvenimenti, ora fenomeni isolati e mostruosi. Ma già nell’antichità
Aristotile, intravedendo la verità, scrisse: “ si dice che alcune cose
avvengono per caso, altre no, pur sapendo che tanto le prime quanto le
seconde si possono spiegare riferendosi a qualcuna delle cause ordinarie,.
Anche Hume afferma essere il caso non altro che l’ignoranza delle cause
vere. Il Cournot, studiato profondamente tale problema, dice die “
gli avvenimenti prodotti dall’incontro o dalla combinazione di altri
avvenimenti che appartengono a serie indipendenti le uno dalle altro sono
chiamati fortuiti o risultati del caso,. Innumerevoli sono gli esempi di questa
congiunzione o incrociamento di due o più serie di cause e di effetti,
indipendenti all'origine le uno dalle altre e non destinate per la loro
natura ad una influenza reciproca; cosi una serie di cause e d’effetti
conduce un viaggiatore a prendere un determinato treno e una serie di cause
e d effetti totalmente distinti produce in un luogo e momento determinato,
un accidente che uccide il nostro personaggio. Rappresentandosi con una linea
continua la catena delle ragioni che spiegano un fenomeno, se questa
catena 6 attraversata da un’altra catona e questa linea vioue tagliata da
una linea che parte da un altro punto, il risultato di tale intersezione
è qualcosa di fortuito, un caso, che non è altro quindi che l'incontro di
due serie di cause non solidali, o non presenta quel carattere di
assurdità che si scorge in un fatto senza causa, giacché suppone il
concorso di più cause; si potrà dire con maggior precisione che è un
fatto senza legge. Tra la definizione del Cournot e quella antica di
Aristotile, come è stato osservato, ( s ) esisto una profonda analogia, e
si può almeno diro che tanto per il primo quanto pel secondo il fortuito
consisto nell'incontro imprevedibile di cause e d'effetti fino a quel
punto indipendenti. Ribot,
op. eit., png. *210. (2' Da G. Miltiaud e H. Piérox nella Heviie de
Métapht/sique et de Morale. Dopo che si è osservato che a’
intenda per causa, è facile comprendere che cosa s’intende per legge,
sempre però nel campo delle scienze che sono anche dette nomotetiche,
appunto perchè mirano a stabilire leggi. Quando noi esprimiamo giudizi
universali, come i seguenti : tutti gli uomini sono mortali, tutti i
raggi luminosi che cadono sotto un angolo di 30 gradi, sono
riflessi sotto un angolo di 30 gradi; noi vediamo tosto che essi furono
veri noi passato e saranno nell’avvenire [manto nel pres ente . Quando il
chimico dice che ogni combinazione dello zolfo con l’ossigeno avviene
secondo rapporti fissi di peso, non si riferisce ad un momento, ad un
giorno, ad un anno, ad un secolo, ma Quindi nello stesso modo
che davanti a giudizi di tal fatta è lecito porre la parola sfM pg£
dominane, si può mettere anche la parola sempre, la quale £ .
richiamerebbe insieme col tempo presente anche il passato ” e
il futuro: sempre e dovunque le combinazioni di zolfo o (l’ossigeno si
sono fatte, si fanno e si faranno secondo rapporti fissi di peso.
Però il tempo presente che si adopera in queste proposizioni categoriche
universali non deve essere inteso nel senso che indichi una realtà
permanente ed eterna', giacché la scienza considera i fenomeni fìsici e
chimici, l’esistenza degli organismi viventi, le attività psichiche, gli
aggruppamenti sociali, c ome semplici possibilità : ossia tutti questi fenomeni
sono, possibili sempre e doni nane, quando ne sian o date le condizioni,
non vuol già dire che siano perpetuamente reali; la quale affermazione
evidentemente sarebbe erronea. Tediamo di dare le ragioni di questo
possibile * errore. Posso io dire in forma di giudizio
categorico: sempre e d ovunque i corpi si combinano secondo rapporti
fissi di peso? la combinazione dei corpi è una realtà costante ed
eterna ? No certo; la chimica non insegna forse che «ad una
certa temperatura tutte le attività chimiche sono sospese? Può
esservi stato nel tempo trascorso, potrà esservi nell’avvenire un periodo
di freddo universale nel quale alcuna combinazione chimica non era e non sarà
possibile; bisognerebbe quindi esprimersi con maggior precisione nel
seguente modo: sempre e dovunque, se alcuni corpi si combinano, le
loro combinazioni avvengono secondo rapporti lissi di peso.' Negli
enunciati generali della fisica si può constatare un fatto simile. Così
la legge d’attrazione non si può esprimere per mezzo d’un’affennazione
categorica ed universale come la seguente: tutti i corpi si attirano; ma
assai meglio e in modo più preciso in una forma condizionale: sempre
e dovunque, se due corpi pesanti sono soggetti, senza causa
perturbatrice o inibitrice, all’influenza che essi esercitano l’uno
sull’altro secondo le loro masse, la forza della loro attrazione è direttamente
proporzionale al prodotto della massa e inversamente al quadrato della
distanza. L ’impenetrabilità ci mette in presenza d’un
problema analogo. A prima vista nulla di più categorico di questa asserzione:
tutti i corpi nello spazio occupano un posto; che cos’è un corpo? è un
aggregato che ha un certo volume e una certa stabilità; vi sono corpi, ve
ne sono sempre stati e sempre ve ne saranno. Eppure possiamo chiederci
con ragione se la scienza non deve ammettere come possibile uno stato
dell’universo, nel quale ogni aggregato sarà sciolto e gli elementi veri
verranno separati e rimarranno indipendenti. Non vi sarebbero quindi corpi
percettibili per la nostra mano o per le nostre bilance, non vi sarebbero
più atomi o elettroni ; gli atomi e gli elettroni sono essi impenetrabili?
lo sappiamo noi di vera scienza? (*) (*) A. Isaville, La primauté
des jngements condiiiunnels, “ Rovue philos.] In conclusione possiamo dire che
alle leggi e ai teoremi universali conviene non la forma categorica, ma
la forma condizionale, poiché espri m ono affermazioni relative a
rap p orti e ad avveni menti consid erati solo come possibili, ossia
soggetti a determinate condizioni, le quali col tempo possono anche venir
meno. 2. I caratteri della legge naturale. Chiarito in tal modo il concetto di
legge naturale, possiamo chiederci: perchè noi crediamo, anche sulla
testimonianza d’un caso solo, che i casi futuri saranno simili ai casi
sperimentati? come da un certo numero di casi si trae una legge e si
estende a * r** 6 " tutti i casi omogenei possibili? perchè,
ad esempio, dopo r '“y ' m t, ’ z aver esperimentato una o più volte che
un corpo immerso in un liquido perde tanto del proprio peso quanto è il
peso del liquido spostato, il fisico passa a stabilire la legge generale:
sempre e dovunque se un corpo è immerso nell’acqua perde tanto ecc.
ecc.? Il fondamento logico di quest’affermazione è da ricercarsi in
un postulato, cioè in un principio indimostrabile, c he dev’essere
ammesso affinché la realtà riesca comprensibile : tale postulato è quello
deU.’uniformità della indura, il quale è alla sua volta fondato sul
principio dì causa inteso nel senso che cause simili in condizioni simili
producono effetti simili e sul principio della conservazione della materia
e dell’energia. Il postulato àe\Vuniformità della natura, la cui
esigenza era già stata compresa dagli antichi nell’espressione:
natura non facit saltus, non indica già che la realtà naturale è
costante e uniforme, ma che, pur essendo essa in perpetua evoluzione e
trasformazione, i mutamenti incessanti avvengono secondo leggi costanti e
uniformi. Il principio della conservazione dell’energia, che dà
alla scienza contemporanea della natura il suo carattere proprio,
trova la dimostrazione più evidente nella chimica, la quale, appoggiandosi
a tale supposizione, confermata da un gran numero d'esperienze, afferma
che la somma delle particelle materiali o atomi rimane sempre la stessa
in tutti i mutamenti che la materia subisce. Perciò quando un corpo
riceve nuove proprietà, ciò si spiega per mezzo d’una modificazione
nell’insieme e nelle modificazioni delle parti: produzione o soppressione
d’una sostanza significa aggregazione o disgregazione d’atomi che già
preesistevano, benché in altre combinazioni. Ammettendo quindi che la materia
persista attraverso a tutti i suoi mutamenti, si ammette ancora che la
somma dell'energia ossia la capacità di lavoro, di vincere la resistenza
che si manifesta nella natura materiale, rimane sempre la stessa; e solo in
apparenza avviene che l’energia nasca o si distrugga, come si può
dimostrare con qualche esempio: La forza colla quale una pietra
cade a terra dipende dall’altezza dalla quale cade, e, alla sua volta,
l’altezza dipende dalla forza con la quale la pietra era stata sollevata.
Quando la pietra s’è fermata sulla terra, pare che la forza si perda,
giacché la pietra non ha apparentemente il potere di muoversi dal suo
posto; ma, anche allora, il dileguarsi della forza significa solamente
che questa si è convertita in qualche altra cosa, in calore. Lo stesso
fenomeno avviene quando il movimento non cessa del tutto, ma è
solamente rallentato dall’attrito, giacché la forza perduta dal
corpo, per l’azione dell’attrito, non si perde in modo assoluto, ma
si trasforma in calore. Esperienze ripetute, sempre confermate, dimostrano che
la quantità di forza, o, meglio, d’energia che scompare sotto una forma,
trova il suo equivalente esatto in un’altra forma, cosicché la stessa
quantità della stessa specie d’energia potrà essere di nuovo restituita,
e qualunque sia la metamorfosi che può subire ciascuna delle
differenti forme d’energia, considerate a parte, la loro somma
rimane sempre la stessa. L ’importanza di questo principio è
grandissima per la s cienza, benché come legge generale della natura non
abbia ell e un valore ipotetico, giacche, non potenao mai
conoscersi il contenuto totale del la natura, non potrà inai ess
ere confe rmato dall’espe rienza se non in maniera approssimativa. (*)
Esso si deve quindi considerare come~u n~;7r7nc7'»fo o un 'idea che
ci dirige nelle nostre investigazioni. Infatti quando si presenta ai
nostri sensi un nuovo fenomeno, ossia C) HJmnsc] quando ha luogo
un mutamento dentro o fuori di noi, esso ci invita a scorgere nel nuovo
fenomeno non altro che la continuazione o la trasformazione del primo, o
almeno a ricercare un fenomeno antecedente, del quale sia la conseguenza
inevitabile, donde il principio di causalità, secondo il quale due
fenomeni ci appariscono cosi strettamente legati rimo all’altro, che,
dato il primo, l’altro si presenta inevitabilmente. La formula dell’induzione,
ossia la legge scientifica si può dunque esprimere nei seguenti termini:
1°. Ogni rapporto di causalità è costante. 2°. Il rapporto
constatato tra i fenomeni A e B è un rapporto di causalità.
3°. Il rapporto tra A e B è costante. Se, come ha dimostrato
l'Helmoltz, esiste veramente la legge di conservazione dell’energia, essa
deve valere tanto per la natura animata, quanto per quella inanimata.
Poiché la natura animata, dice un tisiologo idealista, è composta della
stessa materia dell’inanimata ed è in continuo ricambio materiale con ossa, e
poiché per mezzo delle sostanze assunte certe forme d’energia son trasportato
dalla natura inanimata in quella animata, la leggo di conservazione
dell’energia sarebbe interrotta, se nella sostanza viva l'energia perisse
o sorgesse, cioè se la stessa quantità d’energia introdotta nei corpi
vivi, non fosse ridata di nuovo alla natura inanimata, sia durante la vita, sia
dopo la morte. Studi recenti hanno dimostrato che tutta l’energia
assorbita dall’organismo coila nutrizione dalla natura inanimata,
abbandona poi di nuovo il corpo sotto altre forme; nell’organismo non vi
ha produzione nè perdita d’alcuna minima quantità d’energia.
3. L’evoluzione del concetto di legge. Nello sviluppo del concetto di legge si
possono distinguere tre periodi principali: quello delle immagini generiche,
quello delle leggi concrete o empiriche, quello delle leggi teoriche e
ideali. Nella prima fase la mente umana si forma una concezione
meccanica della regolarità d’un fenomeno, la quale si estende ad un
numero assai ristretto di avvenimenti: è il risultato della ripetizione
costante o frequente di alcuni cicli, (*) Verworx, Fisiologia
generale, pag. 222, Torino, Bocca] come, ad esempio, del corso del sole, della
lima, delle stagioni ; molti uomini non hanno che questa ombra, questo
simulacro di legge, che riposa sulla pura associazione,
sull’abitudine pratica, sull’ attesa spontanea d’una ricorrenza che è
stata percepita più volte. Questa nozione, quantunque sia assai
umile, tuttavia è stata assai utile nei primi passi percorsi dall’umanità
sul cammino della scienza, poiché ha frenato la tendenza vivissima
dell’immaginazione a popolare il mondo di cause capricciose e senza
regola: è stata la prima affermazione d’una credenza nella regolarità.
In un periodo posteriore la riflessione e la ricerca metodica fanno
sorgere lentamente le leggi empiriche, che consistono nella riduzione d’un gran
numero di fatti in una formula unica, senza però dare di essi la ragione
esplicativa. Nel corso degli avvenimenti la mente scopre tra due o
più fatti un rapporto costante di coesistenza o di successione, il
quale viene esteso ad altri casi; qui non è del tutto necessaria la costanza,
basta la frequenza. La legge empirica è identica ai fatti, ossia legge e
fatti non sono che due aspetti della stessa cosa. Si assimila facilmente
la legge empirica a un fatto generale; cosi in psicologia si dice: la legge
d’associazione o anche il fatto generale dell’associazione. In
secondo luogo la legge empirica è non di rado complessa ; non riuscendo sempre
a rinchiudere in una formula unica e breve molti fatti, essa deve
scindersi in più casi e adoprare lunghe formule per potere contenere i
casi particolari e le eccezioni. Appaiono infine le leggi teoriche
o ideali, che sono le più astratte e le più semplici; sono costruzioni
dello spirito che divengono sempre più approssimative a mano a mano
che salgono e s’allontanano dall’esperienza; e non possono essere
applicate, discendere dalla teoria alla pratica se non mediante
rettificazioni o addizioni. Per gli spiriti abituati alla disciplina
delle scionze rigorose la legge ideale è la sola valevole, onde
considerano con un certo disprezzo e con certa diffidenza le formule che
sono un semplice riassunto dei risultati dell’esperienza. Il
carattere approssimativo delle leggi teoriche deriva dal loro carattere
ideale. Cosi si è detto che « le leggi fisiche sono verità generali sempre
più o meno falsate in ogni caso particolare » ; per es., non è sempre
assolutamente vero che un movimento sia uniforme e rettilineo; la legge
teorica delle oscillazioni del pendolo non si può constatare in modo assoluto,
giacché non esiste un mezzo non resistente, una forza affatto rigida e
che non possa estendersi, nè un apparecchio di sospensione capace di
moversi senza attrito; un pianeta non potrebbe descrivere una ellissi
esatta, se non nel caso che girasse solo intorno al Sole, e poiché vi
sono più pianeti che agiscono e reagiscono gli uni sugli altri, la legge
di Keplero rimane vera solo idealmente. Si sa da ricerche compiute con estrema
precisione, che la legge di Mariotte sopra i rapporti tra la densità d’un
gas e la pressione che sopporta, non è rigorosamente esatta in nessuno di essi
; però tra la teoria e la realtà le differenze sono così tenui, che
nei casi ordinari si possono trascurare. Neppure le leggi della
termodinamica (conservazione dell’energia, correlazione delle forze)
adoperate con tanta frequenza ai nostri giorni pel loro carattere di
generalità e che qualcuno considera come il principio ultimo dei fenomeni, non
hanno un valore assoluto; infatti non è del tutto esatto il dire che ogni
cambiamento dia luogo a un cambiamento capace di riprodurre il
primo senza addizione o perdita. L’enumerazione delle leggi ideali
sarebbe lunghissima. Oggidì la nozione di legge è comune a tutte
le scienze od è usata nel significato più rigoroso nelle scienze
matematiche e fisico-chimiche. Però non è sempre avvenuto così. Nell'antichità
il termine è adoperato in un senso quasi esclusivamente sociale, giuridico,
morale, per cui si considerano le leggi naturali come norme impartite ai
fatti da una volontà soprannaturale, nello stesso modo che il legislatore
impone ni cittadini il proprio volere con norme non trasgreditoli; con
gli stoici l’idea di legge è trasportata per la prima volta dai fatti
morali ai naturali, e con la scuola epicurea cominciò a considerarsi come
la manifestazione spontanea della realtà intima dei fenomeni.
Il concetto di legge nel senso moderno si è formato tardi o assai
lentamente; Copernico o Klepero nel secolo XVI si servono della parola “
ipotesi il Galilei chiama assiomi le leggi fondamentali della natura e leoi-emi
quelle che ne derivano secondo la torminologia dei matematici.
Descartes incomincia la sua filosofia
della natura ponendo alcune lìegulae sire leges vaturales. Newton dice:
Axiomata sire leges motti ». L’estensione della pai'ola logge è dovuta assai
probabilmente al bisogno di stabilire una divisione netta tra gli assiomi
astratti dei matematici e i principi ai quali si attribuisce un valore
oggettivo e un esistenza nella natura. Infine con la celebro delinizioue
del Montesquieu (1689-1755): “ le leggi sono i rapporti necessari che derivano
dalla natura dello cose, il concetto di logge ha preso il più alto grado
di generalizzazione. Un altro fatto degno d’osservaziono è il
seguente : Cartesio chiama lo leggi della natura 41 regolo „ in quanto
esse servono a spiegarci i fenomeni; lo chiama “ leggi „ in quanto Dio le
ha stabilite all'origine dell’universo come proprietà della materia. Tiù
tardi la natura pronde il posto di Dio; il che è una sopravvivenza d una
concezione panteistica del mondo; poscia predomina la tendenza a designare lo
leggi coi nomi dei loro scopritori: legge di Mariotte, di Oay-Lussac,
d'Avogadro, di Weber ecc. Nel secolo XVII è Dio che stabilisce le leggi
della natura; nel XVIII è la natura stessa; nel XIX sono gli scienziati
stessi che si assumono un tal compito. 4. Cenno storico della
teoria logica dell’induzione. Benché abbia avuto il suo massimo
svolgimento nella scienza moderna, tuttavia la teori a logica
dell’induzione risale all’antichità, e la vediamo formulata per la prima volta
da Aristotile, pel quale l’induzione è il procedimento opposto al sillogismo
deduttivo, e consiste nel ragionamento che procede biamo tenerci lontani
dai pregiudizi e dalle illusioni, ch’egli chiama Mola e distingue in
quattro classi : Mola tribus, che derivano dalla natura e dalle tendenze
proprie dell’uomo; Mola spedis prodotti dal carattere e dalle particolarità
individuali proprie di ciascun nomo; Mola fori, che sono gli errori che
sorgono dal commercio cogli altri uomini, specialmente per mezzo del
linguaggio; Mola theatri, cioè gli errori che si ricevono per la via
della tradizione, dell’insegnamento e dell’autorità altrui, quando si
accolgono senza critica. Liberato il terreno da questi ostacoli,
sarà assai piè agevole salire dai fatti constatati per mezzo
dell’osservazione e dell’esperimento alle leggi; in ciò consiste la vera
induzione, che egli considera come la via migliore per costruire la
scienza. Egli però non attribuisce alla parola legge il
significato odierno, ma il senso d’una semplice generalizzazione empirica;
d à valore di prova solo all’induzione completa, all’ennmerazione compieta, che
nella maggior parte dei casi non è possibile, dimodoché non è mai stata
adoperata da nessuno dei grandi maestri della scienza. Si è osservato
giustamente che l’induzione baconiana trascende in un volgare empirismo,
poiché, c oncedendo minima importanza al ragionamento, non ci permette di
vedere distintamente se la connessione osservata tra vari fenomeui è puramente
casuale e sarà contraddetta da ulteriori osservazioni, o se dipende da ragioni
profonde che fanno estendere il principio generale ottenuto anche a fatti
non ancora esaminati. Bacone dichiara che la scoperta di nnove
verità può ottenersi soltanto per mezzo d’una raccolta metodica di fatti,
la quale deve essere fatta in modo da distinguere i fatti in tre
categorie, disponibili in tre tabelle differenti. La prima, che vien chiamata
tabula essentiae et presentine, contiene esempi concordanti nella
presenza del fenomeno che si vuole investigare; la seconda detta tabula
declinationis sive absentiae in proximo contiene esempi che mancano nel
fenomeno, ma che sono connessi cogli esempi in cui il fenomeno accade, ciascun
esempio corrispondendo per quanto è possibile a quelli già inclusi nella primn
tavola. La terza, che prende il nome di tabula graduimi si ve tabula
comparativa, comprende i fenomeni in cui il carattere ricercato si trova
in grado più o meno intenso, sia elio la variazione avvenga nollo stesso
soggetto, sia che in diversi soggetti paragonati fra loro.
Come è facile accorgercene, il procedimento induttivo viene in tal
modo sottoposto a troppe lungaggini, che ne rendono l’uso assai difficile
o poco pratico, benché Bacone abbia con lo sue tavole intraveduto i tre primi
dei quattro metodi dello Stuart Mill. Il creatore del metodo sperimentale
è BONAIUTI Galilei che vide più chiaramente di Bacone il vero carattere
dell’induzione e seppe accoppiare ad una mente critica e indagatrice di
supremo valore un’abilità insuperabile nello sperimentare. « Noi salutiamo
oggi il Galilei (cito a bello studio le parole non sospette d’uno straniero)
come il vero fondatore della scienza della natura, alla quale egli ha
dato il metodo più acconcio; noi salutiamo in lui lo scopritore della
legge della caduta dei gravi, con la quale ha posto la base alla scienza
del movimento, alla dinamica, e ha aperto in tal modo la prima porta a
tutta la fisica; con profonda ammirazione pensiamo alle sue osservazioni
astronomiche, e sopratutto alla scoperta dei satelliti di Giove, delle
stelle Medicee, mondo copernicano in piccolo: egli stesso visse e soffri
per la dottrina di Copernico, per la conoscenza scientifica dell’universo. Il
metodo tjalileiano, cioè il metodo sperimentale che riunisce armonicamente
l’induzione e la deduzione, l’esperienza e il pensiero, rappresenta, come
ha già affermato Emmanuele Kant, una rivoluzione dell’indagine
scientifica; l’antica filosofia naturale è condannata, per lasciare il
posto alla moderna scienza. Tutta l’opposizione fra questa e quella, il
progresso grande fra l’una o l’altra si può esprimere con brevi parole:
invece di chiedere: perchè cadono i corpi, da quale specie di impulso, da
quale ignota causa vengono sospinti ; il Galilei si pone il problema : come
cadono i corpi, secondo quale legge. Questo mutamento in apparenza leggero nel
porre la questione scientifica separa due età della conoscenza umana,
collocando al posto dell’inutile e ingannevole ricerca intorno
all’essenza delle cause il s olo compito possibile di indagare e
ritrovare l e leggi dei fenomeni » . (') 0) A. Riehl,
Philosophie der Gegenwart, pag. 33 e seg., Lipsia, Teubner Galilei concepisce
le forze naturali come capaci di peso e di misura nelle loro azioni, e
dice quin di essere la natura scritta in caratteri matematici, e i
caratteri essere t riang oli, centri e altre figure geometriche, e quindi
senza questi mezzi essere impossibile di intenderne umanamente
parola; adopera i sensi nelle esperienze, l’immaginazione per rappresentarci
all’intelletto le apparenze possibili o avverate dei corpi, la ragione
tanto nell’indagare le intime leggi del pensiero, quanto a ricercare con
le matematiche le leggi intelligibili del mondo esterno, essendo ogni cosa
creata con peso, numero e misura. Egli sottomette all’analisi ogni benché
minimo accidente, con instancabile pazienza r ipete l’oss ervazione e
l’esperimento variando le circostanze e rimovendo ' g li ostacoli che ne
potessero diminuire la sincerità. Tutte queste precauzioni, dice il
Fiorentino, sarebbero rimaste inu-j tili, senza quella geniale
divinazione dell’ingegno, che, quasi lampo attraverso d’una nuvola
squarciata, gli faceva alla lontana intravedere la possibile causa d’un fatto.
Vede oscillare una lampada, ne osserva i movimenti equabili, li misura
ai battiti del polso e corre col pensiero all’ isocronismo del pendolo.
Si sovviene aver veduto nelle tempeste cadere piccoli 1 grani di grandine
misti con mezzani e con grandi, tutt’ insieme, nè gli uni aver anticipato
l’arrivo in terra a preferenza degli altri e medita la legge della caduta dei
gravi. Raschia con uno scarpello di ferro tagliente una piastra
ottone per levarle alcune macchie, e movendolo con velocità sente
fischiare ed uscirne un sibilo molto gagliardo e chiaro;! guarda su la
piastra e vede un lungo ordine di virgolette! sottili, egualmente
distanti l’una dall’altra; rifà l’esperienza e s’accorge che il fischio
s’ode soltanto quando più veloce vi striscia, più inacutisce il suono e
più inspessisconsi le virgolette; ed eccolo pensare alle proporzioni delle onde
sonori ed alla teorica degli accordi musicali. Il pensiero e il
senso la natura e la ragione si trovarono riunite nell’ingegno del
sommo Galilei, ed a questo propizio congiungimento si del: bono le sue
maravigliose scoperte : non trascurar nulla di ciò che la sensata
sperienza ci porge ; nè d’altra parte arrestarsi impigliato nell’immediatezza
del fatto; tale fu la giusta misura ch’egli seppe trovare tra le angustie
del senso o gli sfrenati ardimenti del vuoto intelletto (Telesin).
Nel secolo XIX una trattazione profonda e singolare della teoria
induttiva è data dall’ inglese John Stuart Miti (1806-1873), che
definisce la logica « la scienza delle operazioni intellettuali che servono
all’estimazione della prova, ossia la scienza del procedimento generale
che va dal noto all'ignoto, e delle operazioni ausiliario di
quell’operazione fondamentale. Salire dal noto all’ignoto significa
ragionare, e ragionare, in senso esteso, è sinonimo d’inferenza, la
quale, come abbiamo già detto, nella sua forma originaria va sempre dal p
articolare al particolare: la logica ci mostra appunto come da questa
forma primitiva e irreducibile di ragionamento spunta l’induzione
scientifica ossia quella che va dal parti colare al generale. Il carattere
essenziale di quest’ultima consiste nel concludere che « ciò che è vero in un
caso particoc olare sarà trovato vero in tutti i casi che rassomigliano
al p rimo * . E chiaro che una tale operazione ha come prejmp pjgjounpostulato,
giacche per credere che ciò che s^pro d otto in un caso particolare si
riprodurrà in tutti i casi simili, bisogna prima ammettere « che vi
sono in natura casi paral leli, che ciò che è avvenuto una volta avverrà
pure in circostanze simili e avverrà tutte le volte che le stesse
ciscostanzo si ripresenteranno » o, in altre parole, è necessario
credere che i l corso della natura è uniforme, e l’uniformità della nat
ura alla sua volta riposa su l principio della causalità universale che,
secondo il Mill, trae la sua origine dall’esperien za" Egli censura
la definizione comune della causa ; gi aedi è, "se due
fenomeni che si succedono in ordine di tempo fossero l’uno causa
dell'altro, bisognerebbe dire che il giorno è la causa della notte e
viceversa; invece noi sappiamo bene che tale successione è soggetta a una
condizione, il levarsi del sole sull’orizzonte; è quest’ultimo fenomeno
quello che fa succedere la luce alle tenebre e, se venisse a mancare, non vedremmo
più il giorno alternarsi alla notte. Bisogna quindi definire la causa
d’un fenomeno « l' antecedente o la riunion e d’ antecedenti, di c ui il
fenomeno è invariabilmente e incondizionatamente la conseguenza. Dopo
l'apparizione dell'opera capitale del Alili “ Sistema di logica, si La
una vera fioritura importante di opere che trattano di questioni logiche,
e in particolare della teoria induttiva; frale più importanti noteremo le
seguenti: A. Baiu, La logique induttive et deductive (trad.
dall’inglese); Dii fondement de l'induction di S. Lacheli er (2" ed.
1896); Cristoforo Sigw art. Logik (3“ ed. 1904); Guglielmo Wundt, Logik
(2* ed. 1893-95). Degna di nota è la dottrina della contingenza
sostenuta in Francia da una schiera valorosa di pensatori, tra i quali
emergono Emilio B outro ux ed Enrico Bergson. Secondo tale dottrina la
contingenza è al fondo della natura, e l a necessità dello leggi naturali
è solame nte r elativ a, perchè la coni» non spiega mai tutto l'effetto,
e se questo facesse una cosa sola con la causa, non si potrebbo
considerare come un vero effetto. Si osserva quindi che nella naturn ad ogni
grado s'a ggiu nge sempro qualch e cosa di nuovo.qualche elemento che non si
trova nel grado precedente : cosi la coscienza s'aggiunge alla vita, la vita
alla materia, nella materia lo proprietà fisiche e chimiche s’uniscono
allo proprietà matematiche ecc. ecc. La contingenza che si nota in ogni forma
de ll’eBsere è il segno manifesto della libertà che agisce nel mondo dei
fenomeni; ossa scuote il postillato che rende inconcepibile l'intervento
della libertà nel succedersi dei fenomeni, la massima secondo la quale
nulla si crea o nulla si distrugge; essa ci porta ad ammettere uua libertà che
discenderebbe dalle regioni soprassensTbili, per mescolarsi ai fenomeni e
dirigerli per vie impreviste. ( l ) La tendenza ad estendere la
liber tà e la conti ngenza ai fenomeni della natura o dell'uomo tocca il minto
culminante nella dot trina del Bergso n, pel quale gli stati psichici profondi,
quelli elio formano la baso fondamentale dello spirito, costituiscono
un’eterogeneità assoluta: essendo ciascuno qualche cosa di unico nel suo
genere, non diviene uè causa nè effetto, non potendo la causa riprodurre sè
stessa; e non ha alcun rapporto colla quantità, essendo qualità pura;
alla quantità egli oppone la qualità, al meccanismo dello spirito il
dinamismo, allo spazio la durata pura, al determinismo la libertà. Però una
tale questione esco dai limiti della logica, per entrare nel campo della
metafisica. Uno dei seguaci del Bergson, il Le Roy, afferma che l e
leggi s cientifiche diventano rigorose solo un mulo si trasformano in con1
vonzione e si appoggiano a circoli viziosi: il corso degli
avvenimenti è regolare, abituale, ma non necessario; cosi la legge
della caduta dei gravi ha valore, ma solo quando forze estranee non la
turbano: Boutroux, De la contingence des loie de la nuture, pag. 149. F.
Alcali] la conservazione dell’energia s’applica solo ai sistemi chiusi, i
quali sono quelli appunto in cui l'energia si conserva.
Importante nel movimento del pensiero contemporaneo, è pure la
teoria di Ernesto Mach, fìsico e filosofo illustre. Questi pensa elio le
scienze fisiche c naturali non sieno altro elio descrizion i di fatti
naturali, ossia di fatti di coscienza, di sensazioni, e che quindi
tra il mondo della materia e Quello dello spirito non viT~) Euyssex] Ma,
è stato osservato, le forze naturali e il tempo bastano per spiegare le
irregolarità della crosta terrestre, senza ricorrere ai cataclismi; nè si
può affermare che il periodo attuale risalga solo a sei mila anni, ma a
molte migliaia di più; inoltre a periodi differenti non corrispondono
specie differenti, poiché certe specie appaiono in diversi strati successivi,
mentre altre si sono estinte prima che avesse fine l’epoca alla quale
appartenevano. Queste ed altre obbiezioni pur gravi fecero tramontare
l’ipotesi del Cnvier, della quale prese il posto e si diffuse rapidamente
quella del Darwin, Bisogna risalire fino al Rinascimento, per
trovare i primi tentativi d’interpretazione del mondo organico per mezzo
dell’evoluzione naturale. Se no trovano accenni in opere di scienziati e
filosofi appartenenti alle scuole più diverse, in Giordano Bruno, in
Guglielmo Leibniz, in Antonio Cesalpiuo, nel Buffon, nel Goethe, e più
chiaramente nel Damarli ecc. Il Darwin ebbe il merito, senza dubbio,
grandissimo di aver saputo mettere. insieme tutti i fattori dell’evoluzione
organica : vide nella lotta per l’esistenza la causa della selezione
naturale, a cui la variabilità offre la materia, che poi l’eredità
trasmette; accanto a questi fattori principali pose come fattori
ausiliari l’azione dell’ambiente sull’organismo, l’influenza dell’ uso e
del non uso degli organi, la scelta sessuale, la legge di
correlazione di sviluppo. L 'influenza dell’ambiente è la
causa più in vista; piante e animali si modificano mutando clima e paesi;
di tutti gli esseri viventi sopravvivono solo quelli che sanno
adattarsi all’ambiente. Gli animali debbono lottare non
solamente contro il suolo e il clima, ma anche fra di loro: le piante
sembra che si contendano i raggi del sole e il nutrimento della terra;
gli animali adoprano l’intelligenza e l’energia che possiedono per
procurarsi da vivere; gli uccelli da preda provvedono alla propria
esistenza mettendo a morte gli uccelli più piccoli e più deboli; questi
alla lor volta si nutrono di insetti, i quali vivono a spese del regno
vegetale; dimodoché tutti gli esseri, dall’animale più perfetto alla
pianta, si movono di continuo una guerra violenta e accanita; e in questa
lotta per resistenza vincono i più forti e i più fecondi. I caratteri
che assicurano il trionfo degli individui e delle specie si sviluppano
producendo nell’organismo modificazioni più o meno profonde, giacché le diverse
parti delPorganismo sono così strettamente collegate fra di loro, che i
mutamenti che accadono in una si fanno sentire più o meno anche nelle
altre, donde la legge di correlazione di sviluppo ; infine Veredità fissa
nella specie i caratteri acquistati dall’individuo. In tal modo la
selezione naturale, mediante continue modificazioni, conduce ad una
trasformazione continua e progressiva degli esseri animali e vegetali,
assicurando la sopravvivenza dei più perfetti. L ipotesi
darwiniana, appoggiata ad una grandissima copia di fatti, di osservazioni
e di prove, contribuì a spiegare molti fenomeni che fino allora erano rimasti
senza spiegazione, oppure erano stati spiegati in modo imperfetto; non è
quindi a meravigliarsi se oggi essa è accettata dalla maggior parte dei
naturalisti come legittima; benché le differenze nel modo di intenderla
siano assai gravi, e benché abbia segnato il principio d’una rivoluzione
radicale nell’ interpretazione scientifica della natura. E se oggi la selezione
naturale solleva non poche obbiezioni e appare di per sé sola insufficente
a spiegare tutti i fenomeni della vita organica, tuttavia i principi
messi innanzi dal Darwin devono figurare come la regola il « metodo »
generale che bisogna seguire nell' interpretazione dei fenomeni naturali.
(*) 5. L’analogia. Il
procedimento analogico ha pure, come abbiamo già accennato, molta
importanza nella ricerca scientifica. La parola « analogia » ha però
bisogno d’esser chiarita nei suoi significati essenziali, affinchè si
possa comprendere il valore che essa possiede nella ricerca scientifica.
Nel linguaggio volgare tale vocabolo s’adopera generalmente come sinonimo
di somiglianza, mentre in realtà non è che ima forma imperfetta di
somiglianza. In tutte le scienze si possono ritrovare esempi d’analogia.
Cosi nella chimica vi sono corpi analoghi, cioè capaci di combinarsi con
un altro corpo dato, producendo composti paralleli ; in fisica 0)
De Sablo, Studt di filosofia coni., pag. 143. Roma, Loeschcr] il suono è
analogo alla luce, avendo amendue un carattere comune che è la
vibrazione, malgrado la differenza del mezzo che serve di veicolo. L’analogia
riesce ancor più evidente e frequente negli esseri viventi; così malgrado
le differenze grandi che a prima vista passano tra un uomo e un uccello e
tra un uccello o un pesce, pure la loro struttura è analoga, poiché
tutti constano d’nna serie di segmenti vertebrali, che formano appunto la
colonna vertebrale; hanno tutti un capo che è collocato all’estremità
anteriore di questa colonna, un tubo digestivo che ne percorre tutta la
lunghezza e una certa quantità d’organi che si corrispondono a
vicenda. L’analogia, considerata come un procedimento dello spirito
che mira a nuove cognizioni, si può dire un’ inferenza che da una
rassomiglianza constatata di alcuni punti conchiude alla rassomiglianza su
altri punti; è un procedimento instabile, ondeggiante e multiforme, che
può dar luogo ad aggruppamenti imprevisti e ad invenzioni originali, come
ci dimostra la storia delle scoperte scientifiche, e in generale
tutti i prodotti della fantasia e dell’immaginazione. Negli spiriti poco
precisi e rigorosi nelle loro osservazioni Yanalogia si fonda per lo più sopra
il numero degli attributi paragonati, benché non sia raro il caso di analogie
singolari basate su pochissimi caratteri comuni; cosi un bimbo vede
nella luna circondata dalle stelle una madre colle sue figlie ; gli
aborigeni dell’Australia, racconta un viaggiatore, chiamarono un libro una «
conchiglia », perchè si apriva e si chiudeva come la valve di questo
animale. L’analogia è più profonda quando ha per base la qualità o
il valore degli attributi messi a confronto; allora s’appoggia sopra un
elemento variabile che oscilla dall’essenziale all’accidentale, dalla
realtà all’apparenza; cosi tra i cetacei e i pesci le analogie sono molte
pel profano, tenui pel naturalista. Valore dell’inferenza analogica. L’analogia può riferirsi ai termini oppure ai
rapporti', cosi se da una rassomiglianza di natura fra due organi si inferisce
la rassomiglianza delle funzioni, nella prima rassomiglianza
abbiamo un’analogia clie si riferisce ai termini; nella seconda ima
analogia elle si riferisce ai rapporti. L’inferenza analogica si
distingue dall’induzione per due caratteri principali: 1°
L’analogia è in realtà una deduzione fondata sopra una precedente
induzione, benché in apparenza proceda dal particolare al particolare.
Sieno per esempio i fenomeni A e B che abbiamo in comune i caratteri a b
c d ; constatando nel primo un quinto carattere x, posso inferire che
esiste pure un’analogia fra i due fenomeni anche rispetto al carattere x,
ossia affermo che anche in B si trova quest’ultimo carattere; per es. Franklin
nota che alla scintilla elettrica e al fulmine sono comuni alcuni caratteri, e
conclude che hanno pure comune la causa, donde la scoperta della
causa del fulmine e del mezzo per mitigarne gli effetti. Bisogna però notare
che il legame che esiste tra i caratteri a b c d e il carattere x
dev’essere costante e necessario, ossia deve avere il valore d’una legge
ottenuta mediante il procedimento induttivo; non dev’essere un fatto
accidentale, giacché, come è facile comprendere, in tal caso
l’analogia non sarebbe possibile o sarebbe per lo più errata. Molti errori
di ragionamento che commette l’osservatore volgare o poco circospetto
dipendono spesso da false analogie. 2°. Uanalogia è sempre
ipotetica, mentre ciò non si può dire dell’induzione. Se per es. io
osservo sulla terra i caratteri abed. l’atmosfera, il calore, l’umidità e la
vita, e constato nel pianeta Marte i caratteri abe, sono tratto a
inferire che anche in Marte esiste il carattere d, ossia la iuta;
però evidentemente questa inferenza è ipotetica, e rimarrà tale
finché l’esperienza non ne abbia provato la verità. Quindi il
ragionamento analogico è di uso assai delicato, e può condurre ad errori
assai frequenti anche nell’osservazione scientifica, come ce ne fanno fede
tanto le scienze che hanno per oggetto lo studio della natura, quanto le
scienze storiche. Un esempio celebre di fallaci analogie è quella
già citata di Newton intorno alla luce; è pure fallace quella che
Platone stabili fra lo stato e l’individuo, in forza della quale
conchiude che debbono esservi tre categorie di cittadini : servi,
guerrieri, reggitori, come vi sono tre facoltà dello spirito, sensibilità,
affettività, ragione; Platone non volle vedere che le proprietà osservate
nell’individuo non corrispondono esattamente alle funzioni esercitate
dallo Stato ; in un errore simile sono caduti recentemente quegli
studiosi che hanno stabilito un’analogia molto stretta fra l’organismo e
la società e hanno affermato che le funzioni sociali debbono corrispondere
alle funzioni dell’organismo, riconoscendo nella società un cervello, i
tessuti, la circolazione del sangue, un sistema nervoso, muscolare
ecc. 7. La logica dell' invenzione. Per ben comprendere la scienza nei suoi
caratteri essenziali, per coglierne lo spirito sotto le apparenze
superficiali, bisogna ancora considerare brevemente l 'invenzione, la
ricerca creatrice, la quale non di rado trascura i metodi, le forme e le
vie comuni dell’indagine, giacché il lavoro della mente che crea si
compie spesso come in un’atmosfera nebbiosa e oscura, spinto quasi
da un presentimento della verità che è anteriore al possesso chiaro e
cosciente di questa. In qualche caso lo spirito dell’ inventore è avvolto dalle
contraddizioni, non ha la coscienza ben chiara di ciò che compie e dello
scopo a cui mira, manca di rigore, di precisione, d’evidenza; spesso
nello scoprire una verità, grazie alla potenza intuitiva del suo ingegno,
salta a piè pari gli anelli intermedi che congiungono una verità
con un’altra, senza curarsi in nessun modo della continuità e della
concatenazione dei suoi ragionamenti. La storia ci prova ampiamente che
una conclusione nuova e giusta è uscita spesso da falsi ragionamenti, che
un edificio creato dalla nostra mente può essere esatto, mentre ne sono
false tutte le singole parti; non so quale scienziato ha un giorno
esclamato: « Io non vorrei raccontare il succedersi dei miei pensieri in
una ricerca, perchè mi potrebbero giudicare o un imbecille o un
pazzo » . L’amore esclusivo dell’ordine, della chiarezza, della logica
razionale, l’orrore per la contraddizione, che si ritrovano negli spiriti
comuni e mediocri, sono non di rado assenti neigrandi inventori.
Il Turgot, uno dei più saggi filosofi del secolo XVIII ha scritto :
« Se si elevassero monumenti agli inventori nelle arti e nelle scienze,
vi sarebbe un minor numero di statue per gli nomini, che pei fanciulli,
per gli animali, e soprattutto, 4 per la fortuna » .
L’importanza del caso nelle invenzioni scientifiche è •] stata
spesso esagerata, e va messa nei suoi giusti limiti; esso 1 va inteso in
un doppio senso: 1°. In senso largo, il caso dipende dalle
circostanze inteI riori e psichiche. Si sa che una delle migliori
condizioni per I inventare è l’abbondanza dei materiali, l’esperienza
accumuj lata, un periodo preparatorio lungo, complesso, laborioso, parI
ticolare o generale, che rende poscia lo sforzo efficace e facile; I nel
dominio del pensiero, come negli altri campi, non esiste 9 generazione
spontanea. Le confessioni degli inventori non lasciano alcun dubbio
9 intorno a questo punto, cioè intorno alla necessità d’un gran I
numero di schizzi, di saggi, di abbozzi preparatori, sia che i si tratti
d’uua macchina o d’un poema, d'un quadro o d’uu J edificio ecc. ; un’
incubazione profonda precede sempre l’e&pvjxa. 1 Qui il caso ha la
sua funzione incontestabile, ma dipende • J infine dall’ individualità, e
da questa spunta la sintesi impreM vista di idee che costituisce la
scoperta. 11 caso, in senso limitato, preciso, è un accidente for1
tunato che suscita l’invenzione, ma che non ha in questa il merito
maggiore : si può dire che sia piuttosto la convergenza jj di due
fattori, l’uno interno, il genio individuale, l’altro 9 esterno,
l’avvenimento fortuito. È impossibile determinare 9 tutto ciò che
l’invenzione deve al caso inteso in questo senso;* certo nell’ umanità
primitiva l’efficacia ne deve essere stata I enorme: la scoperta del
fuoco, la fabbricazione delle armi, degli* utensili, la fusione dei
metalli sono state suggerite da accidenti 9 assai semplici, come, per
esempio, la caduta d’un albero attra1 verso un corso d’acqua può aver
suggerito la prima idea d’un 9 ponte. Nei tempi storici la raccolta dei
fatti autentici forme-'® rebbe un grosso volume; chi non conosce il pomo
di Newton, la lampada del Galilei, la rana del Galvani? Huyghens ha
I dichiarato che senza un concorso imprevisto di ch’costanze, 9
l’invenzione del telescopio avrebbe richiesto un « genio so-* vrumano »,
mentre si sa che è dovuta ad alcuni bimbi che® giocavano con vetri nel
laboratorio d’un ottico; lo SchònbeinH scopre l’ozono grazie all’odore
fosforico dell’aria quando è attraversata da scintille elettriche; si dice che
la vista d’un granchio abbia suggerito a Giacomo Watt l'idea d’una macchina
ingegnosa. Le scoperte di Grimaldi e di Fresnel sulle interferenze,
quelle di Faraday, Arago, Foucault, Fraunhofer, Kirchhoff e di altri
cento debbono qualche cosa al caso. L’ufficio del fattore esterno è
chiaro, mentre è men chiaro quello del fattore interno, benché sia
capitale. Infatti lo stesso avvenimento fortuito passa davanti a milioni
d’uomini senza suscitare nessuna idea nuova. Quanti Pisani avevano
visto oscillare la lampada nel celebre Duomo prima del Galilei! Il
caso fortunato tocca solo a quelli che lo meritano ; per profittarne occorre
prima un acuto spirito d’osservazione, l’attenzione sempre desta e vigile,
infine, se si tratta di invenzioni scientifiche o pratiche, la
penetrazione che coglie i rapporti tra le cose e avvicina caratteri ed
elementi, che nessuno aveva pensato di riunire; in conclusione il caso è un’occasione,
non un agente di creazione. (*) Il Voltaire attribuiva ad
Archimede tanta immaginazione quanta a Omero; A. Baili, C. Bernard, Th.
Ribot hanno poscia determinato con una certa precisione l ’importanza che
l’immag i nazione ha nell e scienze. Tra i caratteri essenziali
dell’immagi nazione, il cui meccanismo sempre e dovunque è presso a poco lo
stesso, sono notevoli i seguenti: 1°. Un’invenzione qualsiasi ha
sempre i caratteri d’un’opera d’arte, e nella sua unità rassomiglia ad un
organismo vivente; essa non è mai ottenuta mediante un lavoro d'intarsio
discorsivo, ma è il frutto d'un pensiero intenso e profondo più che
metodico e minuzioso. 2°. Ogni inventore è un uomo d’azione; il suo
pensiero, cosi diverso da quello del contemplatore o del critico, va
dritto, rapido, è essenzialmente concreto e specifico, flessibile,
prudente, capace di adattarsi al variare delle circostanze e alle minime
indicazioni dell'esperienza. Si sa che l'abbondanza dei ricordi non è una
condizione sufficiente uè necessaria per creare; si è anzi osservato che
un’ignoranza relativa è qualche volta utile per innovare, e favorisc e
l’audacia; vi sono invenzioni scientifiche elio non si sarebbero
fatte séTIoro autori fossero stati trattenuti dai dogmi e dalle
opinioni Ribot, L'imagination créatrice, Alcali] dominanti nei loro tempi
e ritenuti come incrollabili ed eterni. La mente dell’inventore mira al
fatto, al risultato. 3°. La facoltà inventiva per eccellenza, come
ha osservato il Bain, consiste nella facoltà di identificare, di percepire
somiglianze e differenze, e suppone quindi una singolare attitudine a
pensare per analogie e por immagini; lo scienziato non si distingue in
questo punto dal poeta.Il metodo sistematico ha per fine essenziale
di dare alle cognizioni scientifiche un ordinamento razionale e di ottenere la
prova della verità. Mediante queste operazioni l’insieme dei fenomeni che
costituiscono l’oggetto di lina scienza diviene un complesso ordinato nel
quale tutte le parti hanno relazione e dipendenza reciproca. Al primo
ufficio la logica soddisfà con la teoria della definizione e della divisione,
che comprende la classificazione ; al secondo con la teoria della prova e
dei principi di prova. Quest’ultimo ufficio viene anche attribuito ad una
parte speciale del metodo, che appunto dicesi dimostrativo. In
tutte le scienze tali operazioni hanno molta importanza per diverse ragioni:
una raccolta di fatti e di cognizioni, come possiamo osservare nella tìsica,
nella botanica, nella zoologia ecc., quando viene fatta con ordine
sistematico, mette in maggiore evidenza la verità delle cognizioni
rintracciate, che vengono presentate in tal modo alla nostra intelligenza come
riunite in un quadro dai contorni chiari e ben determinati; in ciò il
sapere scientifico si distingue specialmente dal sapere comune e volgare che è
per lo più disordinato, confuso, e non distingue le nozioni importanti e
generali da quelle che sono meno importanti e particolari, ciò che
è vero da ciò che è falso. Il valore e l’utilità d’un ordinamento
razionale si possono chiaramente stabilire osservando l’ufficio che esso
compie anche nelle raccolte di minore importanza, come quando si tratta
d’una biblioteca, d’un museo, d’un erbario eco., il disordine fa perdere tempo
all’osservatore e gli impedisce di apprezzare l’importanza degli oggetti
che ha davanti agli occhi. La definizione è In più semplice
delle forme sistematiche; precede la divisione e la classificazione,
poiché, se ogni nozione generale, come già abbiamo visto nella prima
parte, ha ima comprensione che è la somma dei caratteri che essa
racchiude, ed un’estensione, che è il numero degli esseri che, possedendo
in comune quei caratteri, trovansi raggruppati sotto quella nozione, la
comprensione determina l’estensione, e quindi la definizione determina la
divisione. Ufficio primo della definizione è quello di
determinare con chiarezza e precisione le idee che sono l’oggetto
d’una scienza, ossia il co nte nuto dei singoli concetti; ora la definizione
d’un concetto si esprime, nel modo più semplice, mediante un giudizio, nel
quale il soggetto è il concetto che dev’essere definito e dicesi appunto
definito o definiendo ; e il predicato è quella nota o quell’insieme di
note, mediante le quali il soggetto viene definito, e dicesi definiente.
La definizione si può prendere in tre significati : a) è
l’operazione o l’insieme d’operazioni che mirano a determinare l’essenza
delle cose ; e in questo senso l’intendeva Socrate, che pel primo, al
dire d’Aristotile, applicò la mente alle definizioni. Definire era per
lui cercare razionalmente l’essenza delle cose, xò li iotiv ; cosi egli
voleva determinare l’idea della giustizia, della sapienza, della
prudenza, l’idea dell'uomo politico, del giudice ecc.; la definizione di
queste idee e di quelle simili permetteva di misurarne esattamente
l’oggetto e il valore e quindi di regolare meglio la nostra vita
pratica. E chiaro che in questo significato la definizione è
il mezzo della scienza, in quanto tende alla conoscenza dei caratteri
essenziali delle cose; b) la definizione può anche essere il fine
della scienza, ossia la nozione, il concetto, nel quale si rende stabile
il risultato della ricerca scientifica ; c) infine la definizione
può essere intesa come l’operazione, la quale consiste nello sviluppare in una
proposizione o giudizio il contenuto d’un concetto ottenuto mediante la
ricerca scientifica. In quest’ultimo significato è l’espressione della
scienza, la formula esplicita e breve dei risultati della scienza. I
caratteri e le note che formano il contenuto d’un concetto possono essere
numerosi e di specie diversa e di valore disuguale, e non possono
di conseguenza entrare tutti nella definizione scientifica; ma,
poiché la scienza ha per oggetto il generale, la definizione ha per
oggetto ciò che dicesi l’essenza ed esclude il particolare, l’accidente.
Vediamo quindi che vuol dire essenza d’un concetto. L’essenza
è costituita dall’insieme dei caratteri intimi che persistono in mezzo al
variare delle relazioni e delle modificazioni accidentali ; è ciò che l’essere
possiede in sé stesso, ciò che non può cessare d’appartenergli, senza che
esso cessi tosto di esistere. Li’accidente è ora un rapporto fortuito,
come ad esempio il posto occupato da un individuo o da un oggetto
nello spazio e nel tempo, ora una modificazione accessoria che altera,
per cosi dire, soltanto la superficie dell’essere che la subisce, senza
toccarne il fondo, è, in generale, tutto ciò che avviene negli esseri per
un concorso fortuito di circostanze esteriori. Si comprende
quindi come la definizione escluda l’accidente e accolga solo ciò che è
essenziale. Però bisogna avvertire che questi due concetti non
hanno limiti fissi, giacché l’accidente può alla sua volta divenire
oggetto di definizione; cosi, se non si può definire l’uomo per mezzo di
qualche malattia, cui vada soggetto, si può però definire la malattia nei
suoi caratteri essenziali, escludendone gli accidenti particolari, ai
quali esso può andare incontro. Però non tutte le nozioni si
possono definire in modo preciso e determinato, e nelle diverse scienze,
oltre le definizioni approssimate, come le idee di colore, tono, sapore,
vi sono definizioni oscillanti, come avviene per le idee che si
arricchiscono di continuo per mezzo dell’esperienza e mediante caratteri
che vengono aggiunti dalle nuove scoperte. Per esempio, dice il Taine, la
nozione che un uomo ordinario ha del corpo umano è assai misera e
incompleta: per lui è una testa, un tronco, un collo, quattro membra d’un
colore e di una certa forma; e questi pochi caratteri gli sono
sufficienti per la pratica usuale della vita ; ma è chiaro che i
caratteri propri del corpo umano sono infinitamente più numerosi
; l'anatomico vuol sezionare, notare, descrivere, disegnareil
manuale che si dà agli studenti ha mille pagine, e occorrerebbe un bel numero
d’atlanti e di volumi per contenere le hgure e l'enumerazione di tutte le
parti che l’occhio nudo ha constatate. Se poi l’occhio s’arma
d’un microscopio, questo numero si centuplica; al di là del nostro microscopio,
uno strumento piu potente aumenterebbe ancora la nostra conoscenza; continuando
per questa via la ricerca non ha termine. Inoltre in alcune scienze
le detinizioni segnano come il punto d’arrivo della ricerca scientifica,
in altre invece segnano il punto di partenza. Cosi nella geometria, dove
nessun ragionamento e possibile senza le definizioni, queste
debbono essere stabilite da principio; mentre nelle scienze sperimentali,
dove esprimono i risultati ottenuti, debbono rappresentarne le conclusioni. E
evidente che le definizioni del triangolo, del circolo, del quadrato ecc.
debbono precedere qualsiasi ragionamento intorno a queste figure; e
che la definizione delia « vita » nelle scienze biologiche non può essere
che il risultato di un gran numero di ricerche e di studi che riguardano
i fenomeni vitali. Infine nella definizione debbono entrare quelle
note che sono sufficienti per distinguere il concetto definendo sia
dai concetti simili, sia dai concetti che appartengono ad altre
classi; per questo si dice che la definizione si fa pel genere prossimo e
per la differenza specifica, de/ìnitio, dicevano gli Scolastici, fit per
genua proximum et differentiam specificavi. Definire pel genere prossimo, cioè
per quel genere che più, s avvicina alla comprensione del definendo, equivale
a indicare il gruppo di cui un oggetto o un individuo fa parte, e '
quindi attribuirgli implicitamente i caratteri di questo gruppocosi per
definire l’uomo è inutile dire che è un animale vertebrato, mammifero-,
quest’ultimo carattere, che esprime il genere prossimo, è sufficiente, giacché
implica i due primi. Definire per la differenza specifica vuol dire
constatare e determinare 1 caratteri speciali che appartengono solo
al definendo e lo distinguono da tutti gli altri esseri del medesimo
gruppo. Cosi se al carattere « mammifero » noi aggiungiamo, per designare
l’uomo, quello di bimane, gli attribuiamo con quest’ultimo concetto un
carattere che lo distingue da tutti gli altri mammiferi. 4.
Diverse specie di definizioni. Il metodo
che si adopera nel lare una definizione può essere duplice, positivo e
negativo. Il primo consiste nel riunire nella definizione tutti i
caratteri che servono a determinare il definendo; il secondo mira invece
a stabilire i caratteri che debbono essere esclusi e non possono
attribuirsi al definiendo. Quest’ultimo metodo ó assai meno perfetto e si
può considerare, nella maggior parte dei casi, come un complemento del
primo. La definizione si suole distinguere in nominale e
reale. La definizione nominale ha per fine di spiegare e di determinare
in forma precisa il valore e il significato d’una parola, o di fissare il
senso costante di alcune parole attraverso le varietà mutabili delle
significazioni particolari. Essa ha valore logico non in quanto sia una
semplice spiegazione etimologica o sintattica, nel qual caso la
definizione rientra nel campo della grammatica, ma solo in quanto serva
di preparazione alla definizione reale. Vi è un certo numero di parole
che non sono facilmente definibili pel numero e la varietà degli elementi
che contengono e che spesso sono il prodotto di varie epoche storiche; di
qui la difficoltà che s’incontra nel definire la « società » oggetto di tante
dispute nella scienza sociale contemporanea, la religione, lo stato ecc.
La definizione reale tende a darci invece l’essenza d’un concetto,
il valore intrinseco del definiendo, indicando i caratteri che questo ha comuni
con gli altri concetti simili, e quelli che ne lo differenziano; si fa
quindi, come s’è già detto, pel genere prossimo e per la differenza
specifica. Anche qui le difficoltà per ben definire non sono poche,
quando si tratti di concetti che si considerano come un prodotto storico o di
concetti scientifici, ai quali nuove esperienze possono di continuo
aggiungere nuovi elementi; sono minori per altre scienze, come ad esempio
perle matematiche, dove sono possibili definizioni perfette.
Inoltre la definizione, considerata sotto un altro aspetto, può
essere anche analitica o sintetica. E analitica quando risolve il
concetto del definito in più altri concetti; per es. l’eredità fisiologica
è la trasmissione di caratteri speciali dell’organismo dai progenitori ai
discendenti; oppure: il cerchio è una curva chiusa che ha tutti i punti^
della circonferenza equidistanti dal centro. L sintetica la
definizione, quando nel determinare i caratteri del concetto segue il processo
col quale il definiendo si è venuto formando, ossia costituisce un
concetto per mezzo di altri concetti più semplici. In questo senso la
definizione può essere detta genetica, in quanto espone la genesi
d’un concetto ; e questa si può considerare come la forma più perfetta
del definire. Un esempio di definizione genetica è il seguente : Se in un
piano, tenendo ferma una retta ad un suo estremo, la muovo sempre nello
stesso senso e in modo che essa torni alla sua posizione di partenza,
descrivo una figura che dicesi circolo. Si sogliono anche
distinguere due specie di definizioni genetiche, la diretta e V indicativa: è
diretta quando essa stessa produce e costituisce il definiendo; è
indicativa quando espone il modo col quale il definiendo può essere
prodotto da cause che sono distinte dal nostro pensiero, come avviene
delle cose prodotte dalla natura, per es. dei ghiacciai, dei venti
ecc. 5. Regole della definizione. Le principali regole che si debbono
seguire per ottenere una buona definizione logica sono le seguenti
: a) i concetti defi nienti non debbono essere una semplice
tautologia del concetto definito o definiendo, ossia il definiente non deve
ripetere colla stessa o con diversa forma grammaticale il definito, come
quando si dice che uomo bugiardo è colui che dice bugie. Questo errore assai
comune viene indicato dalla logica tradizionale colle note parole latine
: idem per idem definire. b) la definizione non dev’essere
circolare, ossia non ci deve spiegare il delùdente mediante il definito e
viceversa, ricordando 1 errore del circolo vizioso, come quando si
definisce la coscienza per la percezione dei fatti interni, e questi
ultimi vengono definiti per quei fatti che si producono nella
nostra coscienza. c) la definizione non dev’essere negativa,
ossia deve dire non già quello clie il definiente non è, ma quello che è,
ed esporre i suoi caratteri propri. Sarebbe negativa la definizione che
chiamasse la virtù la qualità opposta al vizio. d) la definizione
dev’essere infine chiara ed esatta, non dev’essere sovrabbondante, non
essere nè troppo ampia, nè troppo ristretta, deve evitare le espressioni
improprie, oscure, e anche le espressioni figurate, quando non
contribuiscono a chiarire il concetto. Cosi quando si dice che il bello è
lo splendore del vero, non si giunge ad avere del bello un concetto nè
chiaro nè esatto. Le definizioni di questo genere nascondono spesso
l’ignoranza di cognizioni sicure e profonde intorno all’oggetto che si
vuole definire, oppure anche l’imperfezione della scienza. 6. La
divisione. La divisione, intesa come
operazione logica, determina l’estensione d’un concetto, mentre la definizione
ne determina la comprensione ; essa si riduce quindi a un giudizio, nel
quale s’espongono le diverse specie d’una idea generale, e il dividendo,
che rappresenta il genere, fa da soggetto, mentre il dividente, che
contiene l’enumerazione delle diverse specie contenute nel dividendo, fa
da predicato. Anzitutto nella divisione bisogna considerare le note
contenute nel concetto da dividere, distinguere in esso gli elementi generici,
che sono costanti, dagli elementi variabili, che costituiscono il
cosiddetto fondamento o principio della divisione. Cosi nella nota
divisione delle lingue in monosillabiche, agglutinanti, flessive, le parti
divise sono queste ultime, il dividendo è il concetto lingua, e la divisione è
fondata sulla morfologia. Le regole della divisione sono le
seguenti: 1°. La divisione deve corrispondere esattamente all’oggetto
suo, ossia le sue parti debbono riprodurne tutta l’estensione, in modo che
nessuna parte ne sia trascurata e non ve ne sia alcuna superflua.
2°. Ogni divisione dev’essere fatta secondo un unico principio. Così se
dividiamo le opinioni professate dagli uomini in vere, false e dubbie, la
divisione posa sopra un doppio principio, la verità e la certezza: le opinioni
tutte, comprese quelle dubbie, sono vere o false ; cosicché converrebbe
fare due divisioni: a) tutte le opinioni sono o vere o false; b)
tutte le opinioni sono o certe o dubbie. 3°. La divisione non
dev’essere negativa, ossia ogni specie divisa deve avere caratteri
propri, non già essere una semplice negazione dei caratteri della specie
opposta. Così è negativa l’antica divisione degli animali in vertebrati e invertebrati.
4°. Le parti divise debbono essere coordinate ed opposte: bisogna
far in modo che nessun oggetto o nessun essere possa venir collocato in
due termini d’una medesima divisione. Cosi chi dividesse i fenomeni
naturali in fisici, chimici, psichici e volontari cadrebbe nell’errore che è
cagionato dal non osservare la presente regola ; infatti i fenomeni
volontari non sono nè opposti uè coordinati a quelli psichici, ma subordinati
ad essi, e ne sono parte. La divisione più semplice è quella die
dicesi dicotomia, la quale consiste nel dividere il genere in due specie
opposte, che si distinguono per la presenza nell'una e l'assenza nella
seconda d’un solo e medesimo carattere. La classi fic azion e delle
scienze concepita dal fisico Ampère è una vera e propria divisione
dicotomica ; egli infatti distingue le scienze in due grandi regni,
scienze cosmologiche che si occupano del mondo materiale e studiano la
natura, e scienze nooloyiche che studiano il mondo morale e spirituale.
Ciascuna di queste classi si suddivido alla sua volta in altre due classi
minori e così di seguito; l'Ampère giunge con questo metodo a stabilire
cento ventotto scienze speciali, che abbracciano tutte le cognizioni
umane. 7. La classificazione; utilità e specie diverse. Una forma sistematica del sapere
scientifico più importante di quella precedente è la classificazione, la
quale tende a presentare in modo compiuto e ordinato tutte le parti che compongono
un complesso di cognizioni omogenee. Essa si può dire una divisione
complessa risultante da una divisione principale e da una o più divisioni
subordinate o suddivisioni. Nella classificazione lo scienziato parte da
un concetto generale, ne distingue prima le specie immediate e più generali
; in ciascuna di queste poscia le specie rispettive, finché giunga
fino alle ultime specie per mezzo di successive divisioni e
suddivisioni. I vantaggi che presenta un tale ordinamento delle cognizioni
scientifiche sono evidenti. Anzitutto il contenuto di nna data scienza
viene compreso in un prospetto sintetico, che abbrevia il tempo
necessario per apprendere, riducendo in un certo senso il numero delle
cognizioni indispensabili; cosi per es. il regno animale abbraccia
probabilmente non meno di 600000 specie, che lo zooologo riesce a
conoscere in modo relativamente completo riducendo gli individui in
specie, le specie in generi, i generi in famiglie ecc.; il quadro in
tal modo semplificato può essere facilmente ritenuto e riprodotto
dalla memoria, benché non ci fornisca che una cognizione schematica o
scheletrica della natura, che per la scienza è però sufficiente e, pur
sopprimendo i caratteri particolari, estende mirabilmente il campo delle
nostre conoscenze. In secondo luogo la classificazione ci permette
di apprendere non solo un numero infinito di esseri o di oggetti, ma
anche la loro 'parentela mediante le loro affinità naturali. In tal modo
l’immensità della natura viene riassunta non solo in una forma concisa,
ma anche in una forma ordinata ed armonica. Inoltre la
somiglianza e le affinità constatate tra gli esseri appartenenti ad un
dato gruppo permettono spesso di inferire altre somiglianze ed affinità prima
ignorate. Così, come dice il botanico Adriano de Jussieu, quando sappiamo
che un certo numero di piante costituiscono una famiglia, di solito
siamo tratti ad attribuir loro le medesime proprietà economiche e
medicinali. La classificazione può essere artificiale o
naturale. La classificazione artificiale, che ha uno scopo
essenzialmente pratico e mnemonico, tende a darci la conoscenza degli
oggetti o degli esseri che si vogliono classificare fondandosi sopra un
numero ristretto di caratteri, i quali vengono scelti fra i più
appariscenti, senza badare alla loro importanza intrinseca; un esempio di
classificazione artificiale è l’ordinamento d’una biblioteca, dove i libri
vengono disposti o secondo l’ordine alfabetico, o secondo il formato, o,
meglio, secondo il contenuto. La classificazione naturale
invece si ha quando, per riprodurre in certo qual modo l’ordine della natura, è
fondata sopra la scelta dei caratteri più importanti, manifesti
oppure occulti, permanenti oppure evolutivi. La forma più perfetta
di classificazione naturale è quella detta genetica (da yiveatc nascita,
origine, formazione) la quale tende a classificare gli esseri secondo
l’ordine della loro apparizione. Cosi la biologia mira, secondo tale
principio, alla classificazione genetica delle forme viventi, la psicologia
a quella dei fatti psichici, la filologia comparata a quella delle
lingue. 8. Fondamento della classificazione. Il fondamento della classificazione
naturale è da ricercarsi, come si comprende facilmente da ciò che già si è
detto, non nelle pròprietà apparenti, ma nelle primarie o causali, ovvero in
quelle che sono segni di proprietà primarie o causali; ossia
bisogna fermare 1 attenzione sopra i caratteri che si posson
chiamare dominatori, perchè la presenza di ciascuno di questi trae
seco necessariamente quella d’un certo numero di caratteri subordinati,
essendovi tra un carattere dominante e i caratteri subordinati ad esso uniti un
rapporto costante e necessario, una legge non di successione, ma di
coesistenza, di contemporaneità. In altre parole, la presenza di certi
caratteri fondamentali fa supporre con certezza l’esistenza di altri
caratteri; come avviene specialmente nei gruppi animali. Per
questa ragione le classificazioni zoologiche sono fondate sui caratteri
anatomici e fisiologici più importanti ed essenziali; per esempio il
pipistrello, che in apparenza ha maggior affinità cogli uccelli, tuttavia
è messo fra i mamini. ' b 01cllè ^ questi ultimi possiede i caratteri
dominanti; in modo simile la balena è mammifero e non pesce
ecc. E pur sempre per questo motivo di regola generale nelle
classificazioni scientifiche si va dall’idea più generale a quelle che
sono a queste immediatamente subordinate, e così di seguito a mano a mano
alle specie più distinte, senza omettere alcun anello intermedio. Il
metodo dimostrativo ha per fine di giustificare la verità delle conoscenze
scientifiche, di accertare noi stessi e gli altri d’una verità già
scoperta facendola derivare dalla verità d’altre conoscenze, per offrire
in questo modo un fondamento logico alle nostre osservazioni. La
prova o dimostrazione, cosi concepita è un complemento necessario delle
altre operazioni logiche, le quali forniscono ed ordinano le cognizioni
scientifiche, ma non ce ne danno la giustificazione che appaghi la nostra
mente, collegando la verità d’una conclusione alla verità delle premesse,
come fa la prova. Nella prova bisogna distinguere tre
elementi principali : a) la tesi da provare. Ti*’er sé stesse in-,
dimostrabili. Spesso nella vita pratica, quando si vuole ottenere
qualche line particolare, si parte dalla tesi supposta vera e si
dimostra come essa non porti a nessuna conseguenza falsa. La prova
diretta e regressiva o induttiva che dir si voglia parte d
ai particolari, come abbiamo già d et to, p er salire al principio
generale ; dimodoché la verità di questo si deve am 300 0 00000 mettere
grazie alla verità dei particolari sui quali si fonda.» Questa
forma di dimostrazione ha la sua base nella verità del principio dell’
induzione, intorno alla quale già a lungo si è discorso, essa si adopera
in tutte le scienze, ma più specialmente nelle scienze naturali, e meno nelle
matematiche. •Sia per esempio da provare la tesi seguente: la
celerità della I erra nella sua orbita intorno al Sole é in ragione
inversa della distanza da esso; la prova si ottiene osservando se è
verificata almeno in due casi particolari, cioè quando la Terra si trova
nel punto più lontano dal Sole ossia nell’afelio, o quando raggiunge la
massima vicinanza col Sole, ossia nel perielio. La prova diretta
regressiva è d’uso assai frequente anche nella iuta pratica, quando per esempio
si vuol provare la bontà d un provvedimento o d’un disegno qualsiasi,
applacandolo nei casi e nelle circostanze particolari ; così Focione
disapprovava nna spedizione di poche navi che gli Ateniesi volevano tare
contro una città, dicendo che era troppo piccola per un’impresa ostile, e
troppo grande per un atto d’amicizia. 3. Prova indiretta. La prova indiretta e progressiva si ha
quando si prova la falsità della tesi opposta o aj^gpi partendo da due
principi generali. Sia per esempio da provare la tesi : due rette
perpendicolari ad una terza sono perpendicolari fra di loro; si prova la
falsità dell’antitesi: due parallele perpendicolari ad una terza non sono
parallele fra di loro, partendo dal principio generale che « da un
punto preso fuori di una retta non si può sulla medesima abbassare
che una perpendicolare » . Una seconda forma della prova indiretta
e progressiva si ha quando si dimostra che V antitesi conduce a
conseguenz e le duali o jono assurde, o sono in co ntraddizione con prin cipi,
la cui verità è solidamente stabilita e non si può in nessun casomeitere m
dubbio. Sia per esempio da provare la tesi seguente : il triangolo
equilatero non può essere rettan golo; si ammette, per ipotesi, che sia
vera la tesi opposta: il triangolo equilatero può essere rettangolo; in
tal caso la conseguenza è che il triangolo equilatero dev’essere anche equia ngolo
; e poiché ciò non è possibile ammettere, perchè dovrebbe avere dille
angoli retti, si conchiude essere falsa l’antitesi e vera la tesi da
provare. La prova indiretta regressiva, che dicesi anche
ap^gogica o induttiva, si ha quando si vuol provare la tesi
esponendo quali principi assurdi bisognerebbe accogliere se si ritenesse
T vera l’antitesi. Cosi per dimostrare la necessità del governo che
diriga e regoli l’attività dei cittadini, si espone quali principi falsi
bisognerebbe ammettere intorno agli uomini, per j~~l dimostrare che
l’anarchia è utile e giovevole alla società umana. I principi supremi
delle scienze. Le scienze hanno
per fine proprio la spiegazione della natura, la quale si presenta a noi come
una massa enorme di fenomeni; spiegare i quali vuol dire per la mente
umana ricondurli sotto rapporti di più in più semplici e generali, finché
si giunga ai princip! supremi e irriducibili di ciascuna scienza, cioè a quei!
principi e a quelle leggi che non si possono derivare d a i.rin-l o c a
leggi piu__semplici. La dimostrazione ci conduce in i ultima analisi a
tali principi supremi, giacché, dovendo una di giostrazione fondarsi
senti r e soura altre verità già areni? ] t a^e, dipende da altre dimo
str azioni ole presuppone: ina in u imo devesi giungere n e cessariamente
a verità fondamen' ^ mdimos trabil i, e che sono evidenti per sè stesse .
osi nella meccanica i principi irriducibili sono le leggi
fondamentali e più generali del movimento; nella fisica l’inerzia.
l’equivalenza e la trasformazione delle forze; nella chimica la teoria atomica;
nella biologia, la contrattilità, l'assimilazione e la proliferazione
dell’elemento anatomico, ossia la vita, che le scienze biologiche
studiano in tutte le sue svariate manifestazioni. L’irriducibilità di
queste leggi appare manifesta: il moto non si può dedurre dalla quantità,
nè 1 attrazione dal movimento, nè l’attività dall’attrazione. ) E
necessario però notare che se ciascuna scienza ha prin li -riducibili e
fondamentali, tuttavia le scienze tutte formano nel loro complesso una
specie d’organismo, le cui parti sono strettamente collegate fra loro e
si aiutano di continuo a vicenda; giacché sappiamo che nè il fisico può
fare a meno nelle sue ricerche delle cognizioni matematiche, nè il
chimico delle cognizioni fisiche, nè il fisiologo delle cognizioni di fisica e
di chimica e cosi di seguito. \ odiamo inoltre che i principi
fondamentali costituiscono una sene di nozioni di complessità crescente,
in modo simile a . quello che è già stato osservato nella classificazione
delle scienze del Cointe; infatti c iascun a nozion e, pur
contenendo un fiuid irriducibile, cade sotto l’estensione del
principiar piecede, e diviene di questo un caso par ticolare . Così,
coni* piuta per mezzo dell’astrazione e dell’analisi la distinzione
delle proprietà fondamentali, ne succede tosto la sintesi: il movimento
s’aggiunge alla quantità, l’affinità chimica all’attrazione, al movimento e
alla quantità ecc. 5Definizioni, ipotesi, postulati, assiomi. I principi supremi delle dimostrazioni si
possono ridurre a quattro classi principali: le definizioni, le ipotesi,
i postulati, gli assiomi. Le definizioni, secondo quanto s’è già stabilito,
conten-UPF'iNf£) Gomperz] dere, dipendono sopratutto dall’esame critico e dal
buon senso dell’osservatore. Il secondo caso è quello della
verisiiniglianza quantitativa, o calcolo delle probabilità, che consiste nel
determinare quale di due affermazioni di materia identica, ma opposte,
sia più probabile; se la causa a ha ora per effetto b, ora per
effetto c, sicché sia vero ugualmente che a produce b e che a non produce
b, si tratta di vedere quale dei due effetti b o c è più probabile;
chiamando m i casi di b ed n quelli di c, evidentemente sarà più
probabile quello degli effetti, che ha per sé il maggior numero di casi favorevoli.
Il probabilismo ha le sue radici nell’antichità e si può dire che
sia sorto con l’arte oratoria; i primi retori siciliani Corace e Tisia
considerano il verisimile (sìxós) come lo strumento necessario della
retorica, e distinguono due specie ‘»i, ver isimiglianza, 1 assoluta
(eìxój àTUÀòi;) e la relativa (eìxó? Tt); i filosofi della Nuova
Accademia, soprattutto Arcesilao e Cameade acuti osservatori della vita,
sostengono che in nessun dominio del sapere noi possiamo raggiungere
la verità e, per conseguenza, la certezza assoluta, ma che dobbiamo in
ogni caso accontentarci di semplici probabilità. Probabile aliquid esse
(dicebat) et quasi verisimile eaque se uti regula et in agenda vita et in
qunerendo ac disserendo » (Cicerone, Acad. II, X, 32). Dopo saggi
importanti di Biagio Pascal, di Giacomo Bernouilli e di Guglielmo
Leibniz, la logica del probabile trova, nei tempi moderni, due cultori
eminenti nel Laplace e nel Cournot. Il grande Trattato del
Laplace comprende due parti: una parte matematica, la Teoria analitica
delle probabilità (1812), e una parte filosofica, Saggio filosofico sulle
probabilità (1814), che espone, senza l’aiuto dell’analisi matematica, i
principi della teoria delle probabilità, i suoi risultati generali e le
applicazioni più importanti. Il calcolo delle probabilità riposa,
secondo il Laplace, sulla nozione del caso che ha il suo fondamento nella
nostra ignoranza delle cause e serve a dissimulare la nostra debolezza,
giacché nell’universo tutto è rigorosamente determinato e bisogna considerare
lo stato presente del mondo come l’effetto dello stato anteriore e come la
causa di quello che deve seguire. La causa che è manifesta in
certi fenomeni semplici, per es. nei fenomeni celesti, ci sfugge in altri
fenomeni più complessi, che noi, nella nostra ignoranza, attribuiamo
al caso. Benché la scienza tenda a eliminare sempre più i casi
fortuiti, tuttavia non è sempre facile respingere l’ipotesi del caso:
perciò le probabilità hanno una grandissima importanza nelle conoscenze umane.
« Le questioni più importanti nella vita sono per la maggior parte
problemi di probabilità; anzi, parlando con rigore, si può dire che quasi
tutte le nostre conoscenze sono solamente probabili, e, che nel piccolo
numero di cose, che, nelle stesse scienze matematiche, possiamo sapere
con certezza, i mezzi principali per giungere alla verità, l’aualogia e
l’induzione, si fondano sulle probabilità » . Il Cournot nel
1843 pubblica la sua * Esposizione della teoria dei rischi e delle
probabilità », colla quale vuole insegnare alle persone, che non conoscono le
matematiche superiori, le regole del calcolo delle probabilità, senza le
quali, non possiamo renderci un conto esatto nè della posizione
delle misure ottenute nelle scienze d’osservazione, nè del valore dei
numeri forniti dalla statistica, nè delle condizioni del successo di
molte imprese commerciali. Chiamasi probabilità matematica d'un
avvenimento il rapporto esistente tra il immero dei cas i favorevoli a
questo avvenimento e il numero di tutti gli altri casi possibili ; laonde
tutti questi casi debbono essere egualmente possibili.
Prendiamo un paio di dadi da giocare, in forma di cubi geometricamente
regolari e affatto eguali; in queste condizioni non si può ammettere che,
gottando i dadi nel modo consueto, i dadi caschino sopra una faccia piuttosto
che sopra un’altra; in altri termini, i casi di caduta d’ogni dado sono
ugualmente possibili. Ogni faccia dei dadi è segnata con numeri
(dall'uno al sei eompreso) e tutti e due i dadi si gettano nel medesimo
tempo; è chiaro che ogui faccia d’uno dei dadi può cadere con ogni
faccia dell'altro dado; si avrebbero così 36 casi possibili di
combinazione di numeri a due a due. Indicando l'uno dei dadi con A e
l’altro con B, possiamo comporre la seguente tabella dei 36 casi
possibili. TAam» o Cl l * u A B
11 1 2 1 3 1 4 1 5 1 6 A B
2 1 2 2 2 3 2 4 2 5 2 6
A B 3 1 3 2 3 3 3 4 3 5 3 6 A
B 4 1 4 2 4 3 4 4 4 5 4 6 A
B 5 1 5 2 5 3 5 4 5 5 5 6 A
B 6 1 6 2 6 3 6 4 6 5 6 6. Come
si disse, tutte le combinazioni di questa tabella sono ugualmente
probabili: cosi l’avere il numero 5 sul dado A e il numero 2 sul dado B,
è ugualmente probabile cbe l’avere 6 e 6 su tutti e due i dadi. Ma se
consideriamo la sortita dei numeri 2 e 5 indipendentemente dal dado sul
qualo possono comparire, allora la probabilità di sortita di questa
coinbinnzione si distinguer» dalla probabilità di sortita dell'altrn
combinazione 6 o 6 per questo, che la prima combinazione s'avrà tanto con
5-2 cbe con 2-5, mentre la combinazione 6 e 6 rimarrà limitata n una sola
volta fra le 36 coppie di numeri. In questo modo la probabilità matematica
di sortita dei numeri 5 e 2 (rimanendo indifferente cbe ciascun
d’essi appaia sul dado A o sul dado B) sarebbe di */j 0 ossia di
‘/ist mentre pei numeri 6 e 6 è solo di '/ss Se poi consideriamo la
sortita, sui due dadi, di numeri tali che la loro somma corrisponda ad
una quantità desiderata, allora la probabilità d'avere questa somma
sarebbe, por le differenti qualità, affatto diversa. Così per os. il numero 2
si potrebbe avere in un modo solo, cioè coll’uscita dei numeri 1-1,
mentre il numero 7 si potrebbe avere nei seguenti modi :
1-6, 6-1, 2-5, 5-2, 3-4, 4-3, per cui la probabilità dell'uscita
del numero 2 sarebbe di l jn, del numero 7 sarebbe di e / 3 «.
Dalla definizione data della probabilità matematica, risulta che
essa è sempre una frazione, vale a dire un numero di parti dell’unità,
alla quale questa probabilità s’avvicina tanto più quanto maggioro è il
numero dei casi favorevoli all’avvenimento in confronto doi casi possibili.
Questa frazione potrebbe cambiarsi nell’unità solo quando non esistesse nessun
caso sfavorevole all'avvenimento aspettato; ecco perchè l’unità si considera
come il simbolo della certezza. Carattere generale delle scienze
storiche 2. Oggetto delle scienze
storiche ~ 3. Svolgimento del concetto di storia 4. La storia ì> una scienza o
un’arte? La critica storica 6.
Esiste una scienza generale della società? Il metodo nello studio dei fenomeni
sociali. 1. Carattere generale delle scienze storiche. Come si è già accennato parlando della
classificazione delle scienze, la storia ha per oggetto il particolare,
l’ individuale, ciò che esiste una volta sola e non si ripete mai. Per
comprendere il valore di questa affermazione e per stabilire a quali
scienze si può sicuramente applicare, bisogna anzitutto determinare
con esattezza il significato dell’espressione: fatto o avvenimento individuale
di cui si occupa lo storico. Individuale è, in questo caso, ciò che
si riscontra una sola volta nel mondo, tanto se il fatto è singolare,
cioè non appartiene che a un solo corpo o essere, quanto se è generale,
cioè comprende una collettività, è comune a più esseri. In tal senso si
considerano come fatti individuali : la sovrapposizione degli strati,
terrestri, la quale non si è mai ripetuta nel corso del tempo ; le specie
vegetali e animali scomparse che hanno popolato la terra solo in un’epoca
determinata; tutti i fatti storici propriamente detti, che non si sono
prodotti che una sola volta nel passato, come gli imperi egiziano,
babilonese, persiano, la civiltà greca, la conquista macedone, la dominazione
romana, l’invasione dei barbari, il feudalismo, l’impero di Carlo Magno,
le Crociate, l’emancipazione dei Comuni, lo assolutismo del secolo XVII,
la Rivoluzione francese e così di seguito. Tutti questi fatti
e gli altri simili ad essi sono individuali, perchè si constatano una sola
volta nelle formazioni dello spazio e in quelle del tempo. I fatti più
universali sotto l’aspetto dello spazio possono entrare nel quadro della
storia tostocliè vengano individualizzati nel tempo, ossia quando
si sono prodotti una sola volta nei secoli decorsi. Appunto in
questo senso, secondo la nota ipotesi del Laplace, il nostro sistema
planetario è passato dalla nebulosa primitiva allo stato attuale
attraverso a tappe successive che non si sono mai riprodotte nel corso
del tempo. La stessa cosa si può affermare delle modificazioni
subite dalla crosta terrestre, dei fatti della storia umana: si è vista
una sola volta l’epoca della pietra rozza, una sola volta l'epoca della
pietra levigata e quella del bronzo; gli uomini d’un paese sono pure
passati una sola volta dallo stato di cacciatori a quello di pastori, e
da questo allo stato di agricoltori. Anche quando sembra che i
fatti storici si ripetano, codesta ripetizione è talmente differente, che i
fatti, i quali paiono ripetersi, in realtà sono nuovi. Cosi la produzione
letteraria si è manifestata in tutte le epoche; ma in ciascuna epoca essa
ha rivestito un carattere particolare: la letteratura classica del
periodo aureo in Grecia e in Roma è ben diversa dal nostro Cinquecento o
dalla letteratura francese dell’epoca di Luigi XIV. Ciò che bisogna
considerare in queste fioriture letterarie non è già il fondo comune
umano, la tendenza ad esprimere il bello mediante la lingua, ma la forma
diversa colla quale tale tendenza si è manifestata. Lo stesso
avviene di tutti gli altri fatti storici: tutti si ripetono, poiché
l’uomo rimane sempre il medesimo, coi suoi bisogni e colle sue aspizioni;
ma il contenuto delle sue produzioni varia di continuo e le opere sue
sono sempre differenti, possiedono un carattere individuale.
Ben diversa è la concezione dei fatti universali nel tempo, ossia
di quelli che si ripetono con differenze trascurabili, come la
rivoluzione dei pianeti intorno al Sole, la circolazione dell'acqua sulla
terra, lo scambio d’ossigeno e d’acido carbonico tra le piante e gli
animali ecc. Sono fatti che si sono prodotti, si producono, e, possiamo dire,
si produrranno anche nel futuro, quando siano date le condizioni
necessarie in forza del postulato dell’uniformità delle leggi di natura,
di cui già si è parlato diffusamente. Invece, dei fatti storici si può
affermare che sono fatti di successione, i quali sono avvenuti una sola
volta e non avverranno più; il che porta ad una eouseguenza importante, cioè
che i fatti storici non si possono esprimere, come i fatti naturali, per
mezzo di leggi universali e necessarie. \ Questa è la
differenza più grave che corra fra le scienze che si possono dire di sviluppo
e di successione e le ricerche teoriche, cioè quelle che studiano i fatti
di ripetizione. Alcuni sociologi hauuo creduto di ritrovare nella
storia alcune leggi sui generis: essi, considerando le serie intere di
fatti successivi come fatti singolari, le hanno riunite in fasci c ne hanno
tratte leggi mediante gli stessi procedimenti che le scienze
nomotetiche applicano ni fatti singolari di ripetizione. In tal modo si è
tentato di formulare la Ugge dell’evoluzione religiosa, secondo la quale
le concezioni religiose sono sempre passale attraverso a tre stati consecutivi
: il feticismo, il politeismo e il monoteismo (Spencer, Gumplowicz); la legge
dell’evoluzione politica, espressa nella formula seguente: la serie
politica incomincia con l'anarchia, passa pel clan famigliare, per la
tribù repubblicana dapprima, più tardi monarchica e aristocrntica, giunge
alla monarchia dispotica, e infine, con uu ritorno corretto verso le sue
origini, arriva ni governo parlamentare (Letourneau); la legge
dell'evoluzione della pittura, che nei suoi primordi è religiosa, per dare
origine alla pittura mitologica come ramo parallelo, la quale alla sua
volta divieue pittura storica; da quest’ ultima si stacca la ritrattistica, che
dà origine al genere, per giuugere infine per il paesaggio alla natura
morta (Brunetière). Ma non una di queste leggi e delle altre simili
può reggere all'esame dei fatti; esse non sono che generalizzazioni
arbitrarie, che non hanno il più piccolo fondamento nella realtà delle
coso. (') 2. Oggetto delle scienze storiche. Adunque la storia, concepita nel suo
significato più logico, ha per fine essenziale di esporre lo sviluppo
complessivo dell’universo, a cominciare dalla formazione dei corpi
celesti, svoltisi dalla nebulosa primitiva secondo il principio ipotetico del
Laplace, per giungere, attraverso alla geologia e alla trasformazione
successiva degli organismi vegetali e animali, allo sviluppo dello
spirito umano, al quale in modo più speciale s’applica il nome di
storia. In questo complesso entrano tanto i fatti universali quanto
i fatti singolari considerati nello spazio, ma che sono però 0)
XÉNOPOi., Le caracthrcde l’histoire, in Jievue phil., gennaio 1902, p. 38. Lee principes fondatHeniau.r de l’histoirè, p.
201-251. Paris, Lerotut, 1899. tutti individuali considerati nel
tempo, ossia che non si sono prodotti che una sola volta nel corso del
tempo e non si riprodurranno più nell’ identico modo : ogni fatto è unico e
non rassomiglia ad alcun altro in maniera completa. Tali sono per
esempio: la successione di zone sedimentarie nei terreni secondari o terziari;
le trasformazioni successive attraverso le quali sono passati i sauriani
rettili per mutarsi in uccelli, o quella dell ’elephas antiquus per
divenire l’elefante che osserviamo ai nostri giorni; oppure le vicissitudini
per le quali ha dovuto passare l’Impero germanico o la Penisola
italica per arrivare alla forma unitaria attuale, o la
trasformazione dell’epica cavalleresca leggendaria e primitiva nelle
opere individuali del Pulci, del Boiardo e dell’Ariosto. Per
evitare equivoco, è però necessario in questo punto uno schiarimento;
cioè bisogna stabilire una distinzione tra l’esposizione scientifica
naturale e l’esposizione storica d’un oggetto o d’una classe d’oggetti,
per esempio degli esseri viventi, della società umana ecc. Cosi la biologia
concepita come scienza naturale, che mira a farci conoscere le
leggi generali che governano la vita degli animali e dei vegetali,
non si deve confondere colla biologia considerata come scienza storica,
la quale ha in vece per fine di studiare le successive modificazioni e
trasformazioni dei medesimi esseri sulla superficie della terra dal primo
momento, se è possibile, della loro apparizione fino ai nostri giorni ;
in modo simile la società umana può essere oggetto d’una scienza
naturale, in quanto questa la studia e l’analizza nella sua maniera
di essere, di vivere, nella dipendenza dei suoi elementi ; e può
anche essere oggetto d’una esposizione storica nel senso comunemente inteso, in
quanto ne espone le vicende successive. (*) È quindi evidente che
nello studio di certe classi di oggetti il metodo naturale, che vuole stabilire
leggi, e il metodo storico, che vuole invece stabilire il modo di
successione dei fenomeni, possono alternarsi, ma non confondersi; giacché
le leggi naturali non si applicano che ai fenomeni che si ripetono
e non esprimono che il carattere quantitativo dei rapporti tra 0)
Rickert, Die Qrensen der naturwisseuschaftlichen liegriffsbildung, pag.
294. Leipzig, Mohr] i fenomeni, mentre la storia si occupa solo del lato
qualitativo dei fenomeni, e afferma che non vi sono due individualità
storiche che si rassomiglino, due avvenimenti che si possano ricondurre
sotto la medesima nozione generale o legge che si applichi tanto al
presente quanto al passato. (*) Noi ci limiteremo qui ad esporre
per sommi capi le regolo metodiche più. importanti che riguardano lo studio
dei fatti umani, cioè che riguardano la storia propriamente detta,
la quale ci interessa più da' vicino. Svolgimento del concetto di storia. Le varie trasformazioni cui il concetto di
storia andò via via soggetto servono a mettere in evidenza i vari
elementi che lo compongono e a farne conoscere meglio la vera indole e lo
scopo. L’idea di cercare un disegno generale della storia non si
era presentata, nè si poteva presentare, agli antichi, i quali non
avevano un concetto chiaro dell’unità del genere umano. Erano talmente
immedesimati nella società e civiltà in cui vivevano e di cui facevano
parte, che non sapevano riconoscere e pregiare il valore d’un’altra : lo
straniero era per essi un barbaro; essere civile, pei Romani che
conquistarono il mondo, voleva dire accettare le leggi, le istituzioni,
le idee di Roma, divenire in una parola, romano. La storia ha
però trovato in Grecia e in Roma cultori di grande valore ; pel primo
Tucidide rivolge lo sguardo sui fattori politici e, quasi, sulla base
naturale degli avvenimenti, le cause dei quali ricerca non già nelle
disposizioni di esseri sopranaturali, ma soprattutto nelle condizioni in
cui si trovavano i popoli, negli interessi degli Stati, e, in piccola
misura, nei capricci e nelle passioni degli individui; egli vuol descrivere
il corso delle cose umane, come farebbe per quello dei fenomeni naturali,
ricerca la verità con zelo infaticabile, e nessuno sforzo, nessun
sacrificio risparmia, per raggiungerla, per dare dei fatti un’esposizione
esatta. Col Cristianesimo si diffuse il concetto d’un Dio
unico, creatore e guidatore del mondo, innanzi a cui tutti gli uomini
sono eguali; e cosi sorse anche il concetto d’un disegno [Kickkbt] nella
storia, d’una niente superiore, che conduca ad un fine determinato. E
noto che questo concetto apparve per la prima volta nella Città di Dio di
S. Agostino e nelle Storie del suo discepolo Orosio. Cosi cominciò quella
che fu chiamata Scuola teologica, la quale in sostanza era la negazione
del vero metodo storico e la rendeva impossibile. Infatti l’uomo diveniva
un cieco strumento, senza proprio valore, nelle mani di Dio. che guidava
i popoli come un cocchiere guida i cavalli; i popoli sorgono o cadono,
perchè Iddio avvicina o allontana da essi la sua mano; le leggi dei fatti
bisogna cercarle nella mente divina, in cui ai mortali non è dato
penetrare. Quindi l’errore fondamentale non stava già neU’ammettere un
Dio creatore dell’uomo e. regolatore della storia, ma nel metodo
che si voleva seguire. Anche Galileo Galilei credeva in un Dio creatore
del mondo, autore dello leggi della natura; ma egli cercava queste ultime
studiando la natura e i suoi fenomeni. Invece gli scrittori del Medio Evo
pensano che gli avvenimenti storici sieno esclusivamente opera della
Provvidenza divina, considerano l’uomo come un semplice strumento e
la vita terrena non altro che una preparazione alla vita celeste.
Coi grandi storici del Rinascimento italiano questo concetto è totalmente
abbandonato; nelle storie del Machiavelli e del Guicciardini, infatti, la
Provvidenza è scomparsa del tutto; essa non è mai chiamata a spiegare
qualcuno dei grandi avvenimenti storici. Tutto ciò che avviene nella storia
è, per gli scrittori del Rinascimento, opera dell’uomo, e dell’nomo
individuo civile, razionale. Però l’uomo non è considerato come parte
integrante della società, ma isolato, immutabile. Così il Machiavelli nel
primo libro delle sue Storie narra gli avvenimenti dell’Europa nel Medio
Evo: perchè i barbari si precipitano sull'impero? perchè uno o un altro
generale romano offeso, geloso, irritato, li chiama per vendicarsi.
Perchè seguono le Crociate? perchè Urbano II, non avendo altro da
fare, pensò di darsi ad una « generosa impresa » . V’è sempre un
capitano, un politico, un uomo di Stato, che è la causa di tutto ; è esso
che fa le leggi, che fonda una repubblica o una monarchia, che muta i
governi, che apparecchia le congiure, le grandi rivoluzioni e le conduce al
fine desiderato; non vi sono forze generali d’alcuna specie che operino :
l’uomo rimane sempre lo stesso, e le differenze che vediamo di secolo in
secolo, da nazione a nazione, sono secondarie, più apparenti che reali.
(') Queste idee durarono fino al secolo 2àlll. Il primo che
osò prendere una via a fiat io diversa fu Vico. Egli accetta il pensiero degli
uomini del Rinascimento, cioè che le cause dei fatti storici sono da ricercarsi
unicamente nell’uomo e nelle modificazioni dello spirito umano, « questo
mondo delle nazioni è pur fatto dagli uomini e bisogna quindi ricercarne
leej-ipiegazione nella mente umana * ; non crede però che l’uomo rimanga
sempre lo stesso attraverso a tutte le trasformazioni sociali, ma assicura
invece che lo spirito umano muta col mutar dei tempi e che, se vogliamo,
per esempio, comprendere l’infanzia del genere umano, dobbiamo uscire di
noi stessi, rifarci in certo qual modo fanciulli. Questo è il concetto
che avviò la storia per una via nuova e che fa del Vico il precursore
dell’indirizzo seguito più tardi dal Wolf, dal Niebuhr, dal Savigny.
Questi ultimi iniziarono un nuovo metodo, studiando con metodo scientifico e
con grande pazienza i linguaggi, le mitologie, il diritto, la società
primitiva, le antiche istituzioni. Questa scuola pose in evidenza che la
mitologia, i linguaggi, le società nascono e crescono secondo leggi
determinate, senza essere creazione personale dell’uomo: l’uomo non
appariva più, quale una volta, come un essere immutabile in tutti i
tempi, i tutti i luoghi, con facoltà sempre identiche in ogni età,
in ogni razza o civiltà diversa ; ma d’ora in ora continuamente
mutabile, ed in questa sua mutabilità, in questo suo continuo diveìiire
doveva essere studiato. Di qui ha avuto principio quell’immenso
lavoro di indagini che va rinnovando ab imis fundamentis tutta la storia
del passato e disseppellendo ad una ad una le antiche civiltà ; si tende ad una
ricostruzione completa degli avvenimenti storici, fondata sulla conoscenza
critica delle fonti e di tutte le forze che agiscono nei gruppi sociali e
dei bisogni che cagionano i movimenti delle masse umane. Intorno
alla (!) Vili.ari, Scritti rari; il saggio “La Storia è una
scienza? „ passim. Bologna, Zanichelli] Pane 160
natura di questi bisogni spuntano le divergenze delle concezioni
storiche, oggidì assai numerose. Secondo la concezione eroica non
sono altro che ^bisogni degli eroi e dei geni che póngono in moto quella
màis in(ììgéstaqtte moles che è l’umanità; è una spiegazione insufficiente, che
riposa sopra una concezione antiscientifica della causalità, confonde
l’occasione del movimento storico con la sua causa e cade in un circolo
vizioso, poiché conclude dall’importanza dei risultati ottenuti dall’uomo di
genio a quella della sua energia, e fa poi di questa energia supposta la
causa dei risultati ; già Niccolò Machiavelli ha notato che la
storia insegna che i tempi porgono l’occasione ai grandi e questi
sanno afferrarla, mutando spesso il corso degli avvenimenti. (')
Una concezione ideolo gica della storia si ritrova nella celebre
opera di H. Th. Buchle « Storia della civiltà in Inghilterra ; » le azioni
umane, secondo questo scrittore, vengono determinate parte dalla natura, parte
dallo spirito. Il primo fattore si assoggetta il secondo, ed è quindi
preponderante, nelle zone calde e fredde, mentre nei paesi temperati, come
nell’Europa, la natura è subordinata allo spirito; gli Europei debbono la
loro civiltà ai progressi del sapere e dell’ intelligenza ; però la
civiltà non è già il prodotto arbitrario e casuale di cieche forze fisiche o di
potenze spirituali, ma si deve considerare come il risultato necessario
d’una serie di cause strettamente tra loro concatenate. La
concezione collettivista, sorta di recente, vede la causa dei movimenti
indicati in un « bisogno delle masse », e specialmente in un bisogno economici)
; la forma più importante di questa concezione economica della storia è
il cosiddetto materialismo storico, che ha il suo principale
rappresentante e fondatore in Carlo Marx (1818-1883). Questi sostiene
che t utto lo sviluppo sociale è determinato dal sistema economico, che
alla sua volta dipende dalla forma e dallo svilnpup della produzion e. La
struttura economica della società, egli dice, è la base reale, su cui
s'eleva poi 1 edificio giuridico e politico, cosicché i (_ modo dì
produzione della vi ta m&tedale domina in generale lo sviluppo della
vita sociale, politic» o_ (>) Il Principe, cap. VI, p. 6, ed.
carata da G. Lisio. Firenze, Sansoni] intellettuale . Il Marx distingui nella
storia dell’umanità tre periodi principali : il periodo a ntico, il f
eudale, il borghese o capitalista, tutti caratterizzati dal differente
modo di produzione : ciascuno porta ingenita la sua propria contraddizione e ci
mostra il progresso come uno sviluppo storico necessario. Il regime borghese,
nel quale viviamo, è d’origine recente, giacché incomincia nel -secolo
XVI, quando i grandi proprietari invadono a poco a poco il dominio dei
grandi coltivatori, spingendo nelle città gli abitanti delle campagne. La
soppressione dei mestieri e l’invenzione delle macchine hanno dato un
grandissimo sviluppo all’industria, nella quale s’ impiega un numero
sempre crescente di lavoratori. La storia è c|uindi dominata dal sistema
economico e non avrebbe c he una fonte p rincipale: i Jjiso^ni mat eriali
dell nomo; l’organizzazione economica che oravecliamo non è l’espressione
di leggi economiche eterne, ma non altro che una modificazione
dell’organizzazione economica medioevale, che alla sua volta deriva
dall’antica. Il fatto economico è per natura sua esclusivamente umano ;
precede nel tempo tutti gli altri fenomeni sociali, poiché, come
Aristotile ha già osservato fino dall’antichità, gli uomini non potevano
porsi a speculare prima d’aver provveduto ai loro naturali bisogni ;
infine è tra i fatti sociali il più semplice. È innegabile
che i fatti economici hanno sopra gli altri fatti sociali una efficacia
spesso decisiva, e che quindi la loro conoscenza ha molta importanza
nella spiegazione dello svolgimento storico delle società umane. Però non
bisogna dimenticare il legame che uni sce gli uni agli altri i fenomen i
s ociali: il diritto, l a religione, la morale, reconomia, la po Jitìca.
tutte le categorie di fatti che l’analisi distingue sono unite fra
loro da reciproche influenze ; lo stesso Marx ha notato ciò che v’è di
contingente nei progressi della tecnologia, ciò che questa deve al caso,
alle gr andi inv enzioni e all’im t elligenza . Quindi il materialismo
storico, secondo recenti interpreti (Antonio Labriola e Benedetto Croce),
fornisce una somma di nuovi dati, di nuove esperien ze., che entra
nella coscienza dello storico, si risolve in un ammonimento a tener
presenti le osservazioni fatte da esso come nuovo sussidio a intendere la
storia. La storia è una scienza o un’arte? Importante è pure la
questione non ancora chiusa se la storia sia una scienza oppure un arte;
ponendola alcuni risolutamente fra le scienze, altri fra lo arti, ed
altri accordandole i caratteri d’una scienza e nel medesimo tempo d un’arte.
Notevoli sono le argomentazioni chq il Croce pone innanzi per sostenere
che la storia è un’arte: egli distingue nella conoscenza umana due
forftd: la còrios'ceuza intuitiva e la conoscenza logica, conoscenza per
la fantasia e conoscenza per l intelletto, conoscenza dellWimrfnalc e àeW
universale, delle cosse delle loro relazioni; l'una è produttrice
d’imagini, l’altra produttrice di concetti. Lo intuizioni sono: questo
fiume, questo lago, questo rigagnolo, questa pioggia, questo bicchiere d’acqua;
il concetto è: 1 acqua, non questa o quella, ma l’acqua in genere, in
qualunque luogo o tempo si roalizzi. Le manifestazioni più alte della
conoscenza intuitiva e dolla conoscenza intellettuale sono arte e scienza. La
stona è un’arte, come la poesia, la pittura, la musica; essa ò una
pittura vora e propria, descrivo gli avvenimenti, vuole rappresentare vivamente
all’immaginazione degli uomini i fatti passati; racconta e non fa
deduzioni nè induzioni, secondo il metodo adoperato nelle scienze, non ricerca
leggi, nè foggia concetti, è diretta art narrandum non ad demonstrandnm.
Il questo qui, Vindividuimi umilino determinatimi è il suo dominio, od è
il dominio medesimo dell arte; la storia rientra perciò sotto il concetto
dell’arte. 1', un sofisma quello di credere che la storia abbia por
oggetto il concetto dell’individuale, donde si conchiude che la storia
sia conoscenza logica o scientifica; la storia elaborerebbe il concetto
d un personaggio, di Carlo Magno o di Napoleone ; d’un’opoca come del Ri
nascimento o dolla Riforma: d’un avvenimento come della Rivoluzione
trancoso e dell'unificazione d’Italia, allo stesso modo che la Geometria
elabora i concetti delle forme spaziali. Ma di tutto ciò non è niente: la
storia non può se non presentare Napoleone o Carlo Magno, la Riforma o il
Rinascimento, la Rivoluzione francese o l’unificazione d’Italia, fatti
individuali, nella loro fisionomia individuale, proprio nel senso cho dai
logici si dico che dell individuale si dà non concetto ma
rappresentazione. ( a ) Tra aite ola storia corre quosta differenza: la
prima è la conoscenza d una cosa, d’un sentimento, d’un carattere, la
conoscenza della lealtà possibile, non della realtà esistente e reale,
oggetto della storia 5. La critica storica. Lo storico trae la materia della
narrazione o dai fatti che egli stesso ha veduto, oppure dai * (*)
0) Croce, Estetica, p. 3. Palermo, Sandron, 1902. (*) Croce] fatti
che altri in tempi o luoghi lontani hanno osservato; d’onde la necessità
di valutare il grado di certezza delle testimonianze, per avvicinarsi più che è
possibile alla verità. Bisogna notare che l’uomo lascia traccia di sè e
delle sue opere non solo nei racconti scritti o tramandati di generazione
in generazione, ma anche nelle armi, negli ornamenti, negli strumenti che
adopera nella caccia, in casa ecc. ecc. La preistoria è basata quasi
esclusivamente sopra questi ultimi monumenti, non esclusi gli avanzi fossili
del regno animale e di quello vegetale. Il materiale per ricostruire il periodo
che segue alla preistoria ci viene fornito da una grande quantità di
monumenti, come iscrizioni, monete, sculture, edifici, opere pubbliche ecc.,
che provengono dagli stessi autori degli avvenimenti o dai loro
contemporanei ; l’interpretazione di essi rientra propriamente nel campo
dell’archeologia storica, la quale fornisce pure un prezioso sussidio alla
storia propriamente detta. Importante è il criterio per
stabilire la certezza della tradizione scritta e della tradizione orale,
per le quali s’incontrano non poche e gravi difficoltà, se si pensa che
non di rado per fatti e avvenimenti di lievissima portata e a noi
contemporanei, le testimonianze di persone oneste e coscienziose sono incerte e
contraddittorie ; per fatti di molto maggior gravità e che possono
riguardare tutto intero un popolo, le passioni, l’intelligenza, il
partito politico, gl’interessi degli osservatori possono turbare la narrazione
spesso in modo irrimediabile ; tali testimonianze debbono essere vagliate
con grandi cautele e con tutti gli speciali sussidi forniti dal metodo storico,
e con tutto ciò non sempre si riesce ad eliminare le alterazioni sia
volontarie sia involontarie. Avvenimenti come la origine del
Cristianesimo, la Riforma protestante, la Rivoluzione francese sollevano
ancor oggi polemiche e pregiudizi, che impediscono e offuscano la retta
valutazione di essi. n. quindi chiaro che il principio di
verisimiglianza e di probabilità, come dice il Croce, (') domina tutta la
critica storica ; l’esame delle fonti e delle autorità è diretto a stabilire
le testimonianze più credibili. Chi parla d’induzione e di dimostrazione
storica fa un uso metaforico di queste parole, le quali nella storia assumono
un aspetto affatto diverso da quello che hanno nella scienza. La
convinzione dello storico è la convinzione indimostrabile del giurato, che ha
ascoltato i testimoni, seguito attentamente il processo ; sbaglia, senza
dubbio, delle volte, ma gli sbagli sono una trascurabile minoranza di fronte ai
casi in cui coglie il vero. La storia è quindi ciò che l'individuo o
l’umanità ricorda del suo passato, ricordo dove oscuro, dove chiarissimo,
ricordo che con industri esami si procura di allargare e precisare
il meglio possibile; ma tale che non se ne può far di meno e che,
preso nel tutto insieme, è ricco di verità. Solo per spirito di paradosso si
potrà dubitare che non sia mai esistita una Grecia, una Roma, un
Alessandro, un Cesare, un’ Europa feudale e una serie di rivoluzioni che
l’abbatterono; che il 1° novembre 1517 si videro affisse le tesi di
Martin Lutero alla porta della chiesa di Wittemberga e che il 14 luglio
1789 fu presa dal popolo di Parigi la Bastiglia. Che ragione rendi tu di tutto
questo?, chiede ironicamente il sofista : l’umanità risponde : Io
ricordo. Chi si accinge a scrivere un’opera di storia deve attendere
a quattro operazioni principali, a ciascuna dolle quali risponde una
parte distinta della metodica : 1" Raccogliere il materiale,
donde Veuristica: ossia dottrina delle fonti. 2° Analizzarlo, donde
la critica delle fonti. Comprendere i fatti in sè e nei loro rapporti,
donde la co Riprensione dei fatti e loro rapporti. Esposizione dei
fatti. Queste quattro operazioni nella pratica s’intrecciano
e si confondono, giacché nel tempo stesso che, ad esempio, si
raccoglie il materiale, questo viene vagliato, e non si può vagliarlo senza
comprendere il valore dei fatti che esso fornisce. Le fonti sono il
materiale da cui si attinge la storia; dapprima furono tradizioni orali e
canti popolari, poi note scritte e anche, occasionalmente, iscrizioni e
documenti: più in là nell’età antica e nel medio evo non si andò; solo
nell’età moderna si pose mano a ricercare ed usufruire iscrizioni, documenti,
monete, tutti i prodotti dell’arte, e persino gli avanzi preistorici.
Tutto il materiale storico si può dividere in due categorie: a)
avanzi ossia tutto ciò che di un l'atto è rimasto ed esiste ancora, con
semplici reliquie o parti di fatti e di atti umani interamente spogli
d’ogni idea di ricordo per la posterità e innanzi tutto i resti corporei degli
uomini, poi la lingua, le abitudini, i costumi, le feste, i giuochi,
culti, istituzioni, leggi, utensili, monete, armi, edifizi; tra gli
avanzi sono da annoverarsi i monumenti nel senso più largo, vale a
dire tutto ciò cui è inerente l’intenzione di conservare la memoria dei
fatti; b) la tradizione, che mira a conservare il ricordo
degli avvenimenti col proposito appunto di essere fonte o materiale
storico. Si distingue in figurata, orale e scritta, secondo che consta di
rappresentazioni di persone di luoghi (ad es. carte geografiche, piante
di città e simili) e avvenimenti storici, oppure di racconti orali, leggende,
proverbi, canti storici, oppure di iscrizioni storiche, alberi
geneologici, calendari annuali, cronache, ricordi, biografìe e storie
d’ogni genere. Ufficio della critica storica è quello di
stabilire la verità effettiva dei dati contenuti nelle fonti, cioè decidere
se e fino a che punto siano da ritenersi come veri o come falsi,
come realmente avvenuti o no. Ciò si fa sempre affermando o negando,
sotto forma d’un giudizio, sia nei rapporti delle fonti coi fatti, sia
dei fatti tra loro; come indica anche il significato fondamentale del
verbo xpfveiv (separare, distinguere, giudicare) da cui è derivata la parola
critica. La metodica insegna i principi, le regole, l’arte onde s’adempie
a quell’ufficio. Tutto si riduce al raffronto di ciò che sottoponiamo a
critica con altri dati di cui siamo sicuri, all’esame, in una parola,
dell’incerto col certo. Si deve alla critica veramente metodica o scientifica,
se la storia è diventata una vera e propria scienza, giacché solo il
metodo scientifico ha reso possibile l’accertamento dei fatti storici,
cioè lo sceverare il vero dal falso, la storia, dalla leggenda. La
critica dicesi estrinseca, quando esamina se una data fonte sia da
considerare o no, e fino a che punto, come testimonianza storica, come vera e
propria fonte storica; e ha quindi per ufficio di a) provare l’identità
delle fonti ; b) stabilire quando, dove e da chi e per che modo (se originali
o derivate) furono prodotte; c) stabilirne il contesto originale
(recensione) e pubblicarle (edizione). La critica dicesi invece
intrinseca, quando esamina i rapporti delle testimonianze coi fatti, cioè
se le testimonianze corrispondano, e fino a che punto, alla realtà. Il
suo ufficio somiglia a quello del giudice istruttore, il quale deve
constatare la realtà d’un delitto dalle dichiarazioni dei testimoni e dalle
immediate tracce di esso; essa esamina la forza dimostrativa delle
singole tracce o testimonianze, raffronta e bilancia le ime colle altre.
(') 6. Esiste una scienza generale della società? I primi
saggi d’osservazione scientifica della vita sociale si ritrovano in
alcune opere di Platone e di Aristotile; ma solo nei tempi nostri lo
studio dei fenomeni sociali ha preso uno sviluppo notevolissimo e un’
importanza veramente straordinaria. Augusto Comte nel suo « Corso di
filosofia positiva » lo ha innalzato al grado di scienza indipendente,
dandogli il nome di « sociologia », che viene ormai generalmente
accettato ; nella nota classificazione comtiana delle scienze, la
sociologia tiene 1 ultimo posto, essendo sorta di recente e presentando
maggior complessità e minor generalità delle altre scienze. Ma la
sociologia è ben lungi dall’aver determinato con chiarezza e precisione
il suo oggetto e i suoi metodi; anzi alcuni negano ad essa il diritto
all'esistenza, affermando che i fatti che studia formano oggetto di altre
scienze già costituite. La sociologia viene generalmente intesa
come la scienza dei fenomeni sociali, cioè dei fenomeni che sono
propri della vita della società. Questo però non è sufficiente per
determinare l’oggetto della sociologia, poiché i fenomeni sociali sono già
studiati da un gran numero di discipline particolari, storia delle religioni,
del diritto, delle istituzioni Manuale Sei metodo storico di A.
CnivEU.ucci, pnssim. Pisa, Spocrri, 1897 (è la traduzione dei capitoli 3°
e 4° del Manuale del m. st. del Berkheim).] politiche, statistica, scienza
economica ecc. Ora due sono le soluzioni principali date a questo
problema. Secondo alcuni la sociologia è una scienza distinta dalle
scienze sociali particolari, ha un’individualità sua propria, considera in
tutta la sua complessità la realtà sociale, che le scienze particolari
dividono e decompongono per astrazione; essa è una scienza concreta,
sintetica, mentre le altre sono analitiche ed astratte. In questo modo lo
Stuart Mill afferma che la sociologia ha per oggetto « gli stati di
società » che si succedono nella storia dei popoli; l’insieme degli elementi
che formano lo stato di società è costituito dai fenomeni sociali
più importanti, come il grado d’istruzione e di cultura morale nella comunità e
in ogni classe, le condizioni dell’industria, del commercio, della ricchezza,
le occupazioni ordinarie della nazione, la sua divisione in classi, la forma
di governo, le leggi, i costumi ecc. La sociologia dev’essere
quindi come una filosofia delle scienze sociali particolari, e, come la
biologia ha preso il significato di filosofia delle scienze biologiche,
cioè d’una scienza che studia i fenomeni essenziali ed universali della
vita sotto le sue molteplici forme, cosi essa dev’essere la scienza
generale della società, deve analizzare le caratteristiche generali dei
fenomeni sociali e stabilire le leggi più alte dell’evoluzione
sociale. Altri invece affermano che la sociologia non può
essere che il sistema, il «corpus» delle scienze sociali; la moltitudine
innumera dei fatti sociali viene studiata dalle discipline speciali, che
diventano in tal modo come rami particolari della sociologia e devono prendere
un nuovo indirizzo e un nuovo metodo, derivanti dalla considerazione che
i fatti sociali sono tra loro intimamente legati e debbono considerarsi
come fenomeni naturali soggetti a leggi necessarie. Un esempio di questa
trasformazione ci viene presentata dalla storia. Sotto gli avvenimenti
particolari e contingenti che costituiscono la storia apparente delle
società umane, si cominciò a cercare qualche cosa di più fondamentale e di
più permanente, le istituzioni ; con ciò la storia cessa d’essere
uno studio narrativo e si apre all’analisi scientifica. I fatti che
vengono eliminati o considerati di secondaria importanza, sono i più refrattari
alla scienza, essendo propri ad ogni individualità sociale considerata in
un dato momento della sua vita ; mutano da una società ad un’altra, e nel
seno d’una medesima società: le guerre, i trattati, gli intrighi
delle corti o delle ‘assemblee, gli atti degli uomini di Stato
costituiscono delle combinazioni che non si ripetono mai nello stesso
modo e non sono soggetti a leggi definite ; la storia in questo senso si
limita a stabilire una pura successione di fatti. Invece le istituzioni
nel loro svolgimento conservano caratteri essenziali per lunghi anni e
anche, qualche volta, per l’intero corso d’un’esistenza collettiva,
poiché esprimono ciò che vi è di più essenziale in un aggregato umano ;
in questo campo i fenomeni sociali non possono più essere considerati
come il prodotto di combinazioni contingenti, di volontà arbitrarie, di
circostanze locali e fortuite, ma di cause generali permanenti e
definite. Quindi sotto l’azione dei principi, degli uomini di Stato, dei
legislatori, che era considerata un tempo come preponderante, si è scoperta
l’azione decisiva delle masse, si è compreso che una legislazione
non è che la codificazione dei costumi, che non può vivere se
non profonda le sue radici nello spirito dei popoli, e inoltre che
i costumi, le abitudini, lo spirito dei popoli non sono cose che si
creano a volontà, ma sono l’opera dei popoli stessi. Non pochi sono
gli argomenti cho si adoperano per dimostrare 1 impossibilità d'uua scienza
generale della società; si ricorre alle definizioni tra loro discordanti che i
sociologi propongono di essa, del suo metodo, del suo oggetto; per gli
uni la caratteristica dei fenomeni sociali è la continuità o storicità, per
altri la reciprocità d’azione, o la giustizia, o la sociabilità, o la
coscienza della specie; l'elemento primario e costitutivo della società è
ora l' individuo, ora la famiglia, ora l' orda ; nè può avvenire
altrimenti quando si pensi alla complessità estrema, alla variabilità di
tali fenomeni, le quali però, se attestano della gravissima difficoltà
dell'impresa, non sono prove sufficienti per poterne affermare l’impossibilità. Il
metodo nello studio dei fenomeni sociali. Intorno al metodo da adoperarsi
nello studio dei fenomeni sociali si notano divergenze simili a quelle
che abbiamo trovato nelle opinioni intorno al vero oggetto della
sociologia. Per un certo periodo di tempo ha avuto molta fortuna la
concezione biologica della società ; ma oggi per l'importanza maggiore
acquistata dalla psicologia e per altre cause lia perduto gran parte
della sua importanza e conta minor numero di sostenitori.
L’analogia biologica si fonda sul metodo induttivo e consiste nella
comparazione d’una società ad un organismo per la corrispondenza e il
parallelismo di non pochi caratteri fra l’una e l’altro. Cosi in ambedue
il punto di partenza, è uno stato semplice, indefinito, relativamente
omogeneo; lo sviluppo della società come degli organismi s’effettua per
differenziazione, successione e coordinazione delle parti differenziate ;
all’accrescimento della massa e del volume corrisponde la complicazione
graduale della struttura e delle funzioni, e, come gli individui, gli
aggregati sociali nascono, si sviluppano e muoiono. In secondo luogo
l’individuo nella società è l’equivalente dell’elemento anatomico
nell’organismo, e come i, io opino, credo, e quindi opinione
imposta da un’autorità posta al di fuori e al disopra di ogni critica)
afferma che il nostro sapere non ha limiti, che lo spirito umano può
giungere a conoscere la realtà quale essa è. Dogmatici sono stati Platone
e Aristotile e i razionalisti del secolo XVII. b) Lo scetticismo
rappresenta una dottrina opposta al dogmatismo; esso (da oxémopai,
esamino) afferma che il dubbio si estende a tutte quante le cognizioni.
Vi è uno Kulpe, EinUitung in die rhilosophie, p. 131. Leipzig, Hirzel] scetticismo
relativo, pel quale tutte le nostre cognizioni sono relative, vale a dire
dipendenti dalle circostanze accidentali in cui sono sorte, e quindi
valevoli solo per determinati luoghi o tempi; e uno scetticismo soggettivo, pel
quale la verità è una cosa affatto dipendente dall’ individuo. Manca
quindi un criterio assoluto della verità: la debolezza e
l’imperfezione dei sensi rendono impossibile una percezione sicura, e la
ragione per la sua stessa natura è condannata alla contraddizione.
Lo scetticismo ha avuto la sua massima fioritura nell'antichità fino
dall'epoca dei Sofisti. Protagora, fondandosi sul principio d’Eraclito
che tutte le cose sono soggette a una mutazione inces-, sante, ne trae la
conseguenza che le coso sono ciò che pare a ciascuno in un dato momento,
e che la verità dipende, corno il gusto, dal sentimento momentaneo degli
individui, cadendo cosi nello scetticismo che abbiamo denominato soggettivo:
l’uomo è la misura di ogni cosa, egli diceva : nàvitov xp 1 il i, ‘ xa,v
M T P SV Sv&puiitoj. Però questa frase si riferisce solo alla teoria
della conoscenza, non alla morale, corno sposso si dico. 11 Goethe,
guidato dall'istinto d’uno spirito superiore, ha compreso ciò : “ noi
possiamo, egli dice, osservare, misurare, calcolare, pesare la natura, ma ciò
avviene sempre secondo la nostra misura e il nostro peso, giacché l’uomo ò
la misura di tutto le cose „. Questa espressione equivale dunque a
dire: il reale solo può essere percepito da noi, l’irreale non può in
alcun modo divenire oggetto della nostra percezione ; noi uomini non
possiamo varcare i limiti dalla nostra natura, e la verità, per quanto
può essere percepita da noi, deve trovarci entro questi confini. (')
Gorgia Leontino cercò di dimostrare le seguenti tre tesi : nessuna cosa è
; anche se qualche cosa fosse, non sarebbe conoscibile; quando pure fosse
conoscibile, la cognizione che un uomo potesse acquistarne, non sarebbe
comunicabile ad altri ; in conclusione la verità non esiste, tutto ò falso.
Infine Pirrone, capo degli Scettici, affermò che le cose sono
inaccessibili tanto ai sensi quanto alla ragione, e che noi possiamo di
esse affermare o negare quello che vogliamo; il meglio che ci rimane a
fare consiste nell’astenerci da qualsiasi giudizio. Fra gli scettici posteriori
sono da ricordarsi Arcesilao e Cameade. Nei tempi moderni gli
scettici più famosi sono Montaigne e Charron. 0) Gompebz conclusioni;. Il
positivismo restringe il valore della conoscenza al campo dell’esperienza
e delle scienze positive, ai fenomeni e alle loro relazioni. Noi non
possiamo conoscere l’essenza dei fenomeni, le cause prime e i fini ultimi,
ma solo, mediante l’osservazione, l’esperimento e la comparazione, le relazioni
costanti tra i fenomeni, il loro succedersi, le somiglianze, le leggi. Pertanto
il positivismo elimina dalle scienze qualsiasi ricerca estranea a quella
delle leggi e rapporti costanti di coesistenza e di successione tra i fenomeni.
La filosofia positiva procede come le vere scienze, badando solamente ai
fatti e restringendosi a spiegare un fatto per mezzo di altri fatti; e il
fatto non è altro che il fenomeno. 11 fondatore del positivismo è
Comte, del quale abbiamo già esposto la classificazione delle scienze.
Secondo il Comte la coscienza passa per tre fasi principali, la fase
teologica, la metafisica, e infine la positiva. Nella fase
teologica lo spirito umano considera i fenomeni dell'universo come effetti di
forze e di esseri soprannaturali; anzitutto si considerano tutti i corpi
esteriori come animati, vivouti (feticismo), quindi si ammetto
l'esistenza di esseri invisibili, ciascuno dei quali presiede ad una classe
distinta d'oggetti, di avvenimenti (politeismo), finché tutte le divinità
particolari vengono comprese nell'idea d’un Dio unico, che, dopo aver
croato il mondo, lo governa sia direttamente, sia indirettamente per mezzo di
agenti soprannaturali. Nella fase metafisica i fenomeni vengono
spiegati non più per mezzo di volontà soprannaturali coscienti, ma
mediante astrazioni considerate come esseri reali: ciò che governa il
mondo è una forza, una potenza, un principio; si vogliono spiegare i
fatti colle tendenze della natura, cui si attribuisce ad esempio, la
tendenza alla perfezione, l’orrore del vuoto, una forza salutare ecc.
Infine nel periodo positivo si lasciano in disparte lo entità
astratte, come cause, forze, sostanze, e si ricerca la spiegazione dei
fatti nei fatti stessi, confrontandoli, ricercandone le affinità e classificandoli
per ragione di somiglianza ; la storia dell'umano pensiero cammina,
secondo il Comte, verso la sintesi, l’organizzazione dello scienze,
mentre il regno della metafisica volge al suo termine. d) II
criticismo, s’oppone tanto allo scetticismo, che, negando la possibilità di
qualsiasi conoscenza, finisce anche col negare sè stesso, quanto al
dogmatismo che ha una cieca fiducia nella ragione; mentre il positivismo
ammette solo la scienza positiva e come fine di questa la ricerca della
legge, il criticismo riconosce allo spirito umano altri campi di ricerca.
Esso investiga ed esamina lo stesso potere, conoscitivo, distinguendo
quali problemi può risolvere, e quali invece rimangono senza soluzione e fuori
del suo dominio. Il Kant ammette la conoscibilità del fenomeno, di ciò
che è dato alla nostra esperienza, e afferma l’inconoscibilità
dell’essenza delle cose; però vi è in noi una tendenza naturale a valicare
i i limiti del mondo dei fenomeni, e a penetrare nel mondo dei
noumeni (tò voupevov il pensato, la cosa in sè, l’oggetto quale noi
supponiamo che esista in sè stesso, in opposizione al fenomeno, che è
l’oggetto quale noi ci rappresentiamo nell’esperienza). Questa dottrina del
Kant che vien detta anche « razionalismo idealistico » si può cosi
riassumere : noi possiamo conoscere la realtà a priori mediante la ragione
pura, non come è in sè stessa, ma solo, come appare a noi e sotto
l’aspetto formale. Le scienze, come abbiamo visto, si possono anche dividere in
formali e scienze della realtà ; alle prime appartengono la logica e la
matematica e hanno per oggetto idee che non sono tratte dagli
oggetti reali; cosi i numeri e le figure della matematica vengono
costruiti e determinati dalla nostra mente. Le altre invece studiano
oggetti presi dalla realtà, dal mondo interno, dal mondo esterno, dal
passato, dal presente e che si impongono alla coscienza dell’osservatore.
Ora, si può chiedere se questi 0 £f?®tti) studiati dalle scienze reali,
esistono assolutamente, in se stessi, quindi in maniera indipendente
dalle rappresentazioni che noi ne possiamo avere, oppure si può dare al
problema un’altra soluzione. Le principali risposte a tale questione sono
tre: il realismo, il fenomenalismo, Videalismo. Il realismo
rappresenta la più antica concezione, giacché si presenta a noi come
naturale il fatto di pensare che le cose che stanno fuori di noi cosi
come noi stessi, siano quali sono apprese dalla coscienza che le considera
come gli ori li) Pauusv, jB ’inleitung in lite Philosojihie, pag. 368.
Berlin, Cotta] ginali ritratti dalle nostre sensazioni ; quindi crediamo
che gli oggetti sieno realmente rossi e verdi, chiari e oscuri,
lisci e ruvidi, dolci e amari. Però questo realismo ingenuo, che ha
ancora la sua influenza nella vita pratica, come quando ad es. diciamo di
vedere il sole levarsi e tramontare malgrado la scoperta di Copernico, non dura
a lungo; molti fatti vengono presto a dimostrare che le
rappresentazioni non sono una copia della realtà: le illusioni, le
allucinazioni, i sogni, la cecità dei colori parziale o totale, le differenze
individuali nell’acutezza visiva e uditiva ci convincono che la
percezione sensibile dipende in modo naturale da fattori soggettivi; si
aggiunga a ciò la relatività della percezione sensibile, per la quale ciò
che ad uno sembra freddo è percepito come caldo da un altro, a questo un
movimento pare lento, a quello veloce, e uno stesso oggetto al medesimo
individuo si presenta sotto diversi aspetti secondo le circostanze,
gli strumenti coi quali s’osserva, la luce, ecc. ecc. Quindi non è
più possibile pensare che lo spirito sia come uno specchio che rifletta
fedelmente l’immagine degli oggetti esteriori. L 'idealismo è stato
iniziato nella sua forma tipica dal filosofo inglese Berkeley secondo il
quale tutte le qualità dei corpi che percepiamo sono meramente relative a
noi, e i corpi non si riducono ad altro che a gruppi di qualità, le quali
esistono solo nelle nostre percezioni, sono pure parvenze e la loro
esistenza si riduce semplicemente all’essere percepite, esse est per dpi
; che cos’è, per esempio, una mela? un complesso di sensazioni visive,
olfative, gustative, tattili e nulla più. Infine la dottrina
del fenomenalismo fondata dal Kant afferma che tutto ciò che ci viene
dato nell’esperienza è costituito dai fenomeni; noi possiamo conoscere le
cose non come sono in sè, ma come appaiono a noi. Le leggi fondamentali,
alle quali la natura obbedisce e che ci aiutano a comprenderla, non
esprimono che le condizioni d’esistenza della nostra intelligenza. La
ragione è questa; poiché noi pensiamo il mondo dei fenomeni, bisogna
ammettere che vi sia una correlazione tra le leggi dell’ universo e le
leggi della nostra intelligenza; ora, per spiegare questa
correlazione sono possibili solo due supposizioni: o lo spirito ha
ricevuto dal inondo, mediante i sensi e l’esperienza, le leggi costitutive
conforme alle quali esso pensa; oppure lo spirito impone al mondo le sue
leggi proprie e l’obbliga in certo modo a costituirsi in modo che la
natura fenomenica gli divenga intelligibile. Kant accoglie quest’ultima
ipotesi, e quindi le cose che noi pensiamo sono per noi ciò che il nostro
spirito le fa essere; il nostro pensiero attuale e cosciente non fa
che prendere conoscenza d’un mondo di fenomeni, che gli preesiste e che,
diventando oggetto di conoscenza, ha già subito la legge del pensiero
umano in ciò che esso ha di essenziale e di costitutivo, di guisa che
tutto ciò che noi pensiamo non esiste in sè stesso, ma solo per rapporto
a nyi. L’importanza che i problemi sopra accennali hanno per la scienza, va
sempre più crescendo non solo presso i filosofi, ma anche presso gli
scienziati, tra i quali non pochi, b enché siano di continuo a contatto
deU'esperieiiza. meditano o s'accingono a risolvere problemi
filosofici gravissimi. Cosi un cèlebre fisiologo, Verworn,
nell’introduzione alla fisiologia generale, pone come fondamento a tutta
l’opera una teoria della conoscenza, giungendo alla conclusione “ che il
mondo fisico è un frammento della nostra psiche e cho è quindi naturale
il fenomeno, cosi meraviglioso sotto un altro aspetto, che le leggi le quali
reggono il mondo fisico sieno del tutto identiche a quelle che reggono la
nostra psiche; questo fatto ci pare tanto più probabile in quanto
troviamo che i fenomeni del mondo fisico sono ordinati secondo lo spazio,
il tempo, la causalitù, ossia secondo lo leggi logiche della nostra
mente; le leggi cho noi assegnamo al mondo fisico sono le leggi proprie
del pensiero, le leggi secondo le quali avvengono i fenomeni psichici,
perchè il mondo è solo ima nostra rappresentazione. 11 mondo esteriore è quindi
pura illusione, l’idea d' una realtù oggettiva è affatto insostenibile Helinhol
t z matem a tico, fisico o fisiologo di grand e. valore, speriinentatoro
geniale, pensatore profondo e limpido, cho ha lasciato una traccia
luminosa nei campi più diversi della scienza, ha pure proclamato la
verità che ogni discussione scientifica mena dritta all'analisi e alla
critica della conoscenza, che qualsiasi riflessione sul movimento scientifico
non può non metter capo a quesiti d'ordine conoscitivo; egli tenta la
soluzione del problema della conoscenza dal punto di vista della
psico-fisiologia e pensa che la [Verwork] conoscenza deve essere
analizzata, esaminata per scoprire in essa i fattori, gli elementi
impliciti, i presupposti che la rendono possibile. La filosofia
moderna, dice il Riehl, vive nelle opere di Mayer, Helmholtz, e Hertz . Dal
breve, ma profondo scritto del Mayer “ Osservazioni intorno
all'equivalente meccanico del calore „, si svolge chiaramente tutto il
compito e il metodo della conoscenza naturale e nel medesimo tempo i
limiti di essa, E fino agli ultimi tempi l'Helmholtz ha rivolto la
sua attenzione alle questioni della conoscenza teoretica, separando le condizioni
per l'intelligibilità delle cose dalle rose stesse, e tentando, dapprima
sulle orme del Kant, poscia scostandosene, di esaminare con intendimento
critico le basi della scienza della natura. Un ottimo esempio del modo
onde filosofia e scienza possono accordarsi in un’opera comune e feconda
si ritrova nei * Princip i della meccanica, dell' Hertz. 11 metodo
adoperato in quest’opera è il metodo generale delle scienze
teoretiche della natura, già conce-»' due correnti riunendosi
insieme vengono a costituire la scienza ; non diversamente pensano
i più illustri scienziati dei nostri tempi. Non potrà ritornare
un'epoca, nella quale la scienza creda di aver raggiunta la sua meta,
quando abbia accumulato fatti sopra fatti, nè un'epoca in cui la
filosofia osservi con disdegno il lavoro indispensabile di proparaziono
compiuto dalla scienza. Il costruire e il plasmare i mattoni per
innalzare un edificio è tanto importante quanto l'opera dell'architetto che
abbozza il disegno e guida l'esecuzione della casa. Quindi come alla
conoscenza verrebbe meno il materiale senza il paziente e faticoso lavoro
delle ricerche empiriche, .così all’edificio scientifico mancherebbe un disegno
senza l'elaborazione intellettuale dei fatti: l a scienza ha bisogno della
filosofia, e se ne foggia una per proprio conto, quando non ne trova
altre. Perciò può accadere che ricerchi i limiti del conoscere là
dove sono le condizioni di essa, oppure scambi i segni delle cose per le
cose stesse. In simile maniera l a filosofia non può fare a meno dell
a srionzfl. uon deve perdersi in vuote speculazioni, o restringersi
ad una teoria puramente formale della conoscenza, la quale non
possa raggiungere il nocciolo del sapere, i fatti offerti
dall’esperienza. La ricerca scientifica e la filosofia formano una cosa
sola, si completano a vicenda. Sull’ingresso della scuola di Platone, come si
dice, si leggeva: Nessuno, che non conosca la geometria, ossia, come
si direbbo oggi, che non conosca la scienza esatta, può entrare.
Una iscrizione analoga dovrebbe incidersi sulle porte dei nostri laboratori
e dei nostri gabinetti scientifici: non può entrare chi non abbia
studiato la filosofia. L'educazione filosofica è parte dell’educazione
speciale d’ogni scienziato; essa gli insegna a conoscere lo strumento dei
suoi strumenti e gli offre la norma per le sue ricerche. Rieiil, op. clfc., 8
Vortrag, passim. Voglio offrire una Raccolta di alcune fra le voci più
comuni nella logicn. Accidente: Aristotile contrappose l’accidente
(oupjìelltjxòf da oóv cum e |ia£vci> evento (recido ) allo sostanza
(oùo£a), come ciò die non può esistere da sé, ma solo nella sostanza; è
quindi una qualità o modificazione che non appartiene all’essenza della
cosa e si ritrova in questa senza esser legata necessariamente alla
sua idea; oggi s’adopera comunemente nel senso di cosa non necessaria,
che può essere e non essere, senza che la cosa muti o sparisca; cosi si
può concepire una roccia, senza pensare che sia aguzza o arrotondata: queste
ultimo qualità, rispetto al concetto di roccia, sono accidentali. Un
significato del tutto diverso ha nel ‘ sofisma per accidente „ e
nella “ conversione per accidente. Si dice argomento AD HOMINEM quello
che si fonda sopra un principio accettato come vero dall’avversario,
il quale si vede quindi costretto, per non parere in contraddizione con
sè stesso, ad accettare la tesi. Agnosticismo: (da a-fvoioxog, et neg.
e yiYvtòoxo), inconoscibile) si applica a quelle dottrine che affermano
l’esistenza noi mondo di qualche cosa che non si può conoscere, che è
inaccessibile alla mente umana, e che bisogna ammettere per potere spiegar
l’universo; la filosofia di E. Kant, che pone l’esistenza della cosa in
sè, e l’evoluzionismo di E. Spencer che dichiara inconoscibile
l’assoluto, sono dottrine agnostiche. Un buon dizionnrio di scienze filosofiche
is quello compilato da RANZOLI (vedasi), Hoepli. ANALISI -da àvoi, prep. che
esprime in composizione l'idea di retrocedere, di rifarsi da capo, e Xóo>
sciolgo -nel significato pin generale è l'operazione del pensiero
mediante la quale si scioglie un tutto nei suoi elementi, nelle parti
componenti, o si distinguono in un composto una o più parti; il metodo
analitico parte dai fatti particolari per salile ad un principio generale, come
f induzione ; la prova analitica è quella elio va dagli effetti alle
cause; giudizio analitico è, secondo il Kant, quello il cui predicato è
contenuto necessariamente nel soggetto: i corpi sono estesi.
Analogia: (àvee Xéyou pei matematici greci significa: nel medesimo
rapporto), è un'operazione logica per la quale, quando nell'idea od
oggetto A e nell’idea od oggetto C si sono riscontrali elementi o
caratteri comuni, si afferma che un altro o altri caratteri che sono in A
debbono pure ritrovarsi in B; l’analogia porta quindi a conclusioni ipotetiche,
elio possono poi essere confermate dall’esperienza.
Anfibolia: designa l'equivoco di senso prodotto dall'uso di termini
forniti di doppio significato, oppure di una speciale costruzione
sintattica d'uua frase; dal greco A;isp£-PoAog, elio va da due parti,
dubbio, da cui anfibologia parlare clic può prendersi in duo significati
anche opposti, es. : aio te Hannibalen vincere posse.
Antecedente e conseguente: in un rapporto logico dicesi antecedente
il primo termine, conseguente il secondo; cosi la causa è l’antecedente,
l'effetto il conseguente. Apodittico: (da àitoSetxvojxt, dimostro);
l'apodittica è quella parte della dialettica che insegna il modo di
dimostrare la verità d'un principio mediante il semplice ragiouameuto; Kant
ha chiamato giudizi apodittici quelli nei quali il predicato appartiene
necessariamente al soggetto, intendendosi per necessità l’inconcepibilità
del contrario; quindi pei giudizi necessari affermativi la formula è:
dev’essere; pei negativi: non può essere. Aporema: (da
ànopèui: dubito) è, secondo Aristotile, il sillogismo dubitativo, quello
che mostra l'ugual valore di due ragionamonti contrari. A posteriori, a priori:
la prima espressione significa ciò che risulta dall’esperienza; così le
idee a posteriori sono quelle fornite dall’esperienza; la seconda esprime
ciò che è dato anteriormente all’esperienza, ciò che non proviene dai fatti;
così si è detta scienza a-priori la matematica o scienza a-posteriori
la storia. Però tanto tra i Latini quanto tra i filosofi
medioevali l’espressione “ dimostrare a-priori, significa dimostrare
dalle cause; dimostrare a-posteriori dimostrare dagli effetti. Aquino nega
che Dio si potesse conoscere a-priori, perchè non si può conoscere dalle
cause, ma solo dagli effetti. Asserzione: ò l’atto
dell'esprimere una semplice verità di fatto, e giudizi assertori ha
chiamato il Kant quelli nei quali il predicato appartiene al soggetto, senza
annettervi T idea di necessità o di possibilità. Assioma: (dal
greco oj degno donde à{j(to|ia la stima che si fa d'una cosa, poi
principio evidente; Giambattista Vico nella Scienza nuova chiama gli
assiomi degniti) è una verità evidente per sè stessa, indimostrabile, che serve
di fondamento por altre proposizioni; secondo gli empiristi trae la sua
origine dall’esperienza, secondo gli aprioristi dalla ragione indipendentemente
dall'esperienza. Astrazione: (traduzione di àcpaipsoij da ino ab o
atpéw traggo, fu dapprima adoperata dagli scultori per esprimere l'atto
di estrarre il primo abbozzo dal masso informe) per Aristotile ò il
processo montale con cui, omesse le qualità accidentali della cosa, si
separano le qualità essenziali e si considerano per loro stesso; in
generale significa considerare separatamente ciò che in realtà non è separato,
decomporre una nozione in elementi. Canone: per Mill, che nel suo sistema
di logica ha formulato cinque canoni fondamentali dell'induzione
scientifica, è sinonimo di norma, di regola da seguirsi; canonica (da xaV(év,
xavóvoj, regolo per tracciare linee diritte) chiamarono gli Epicurei la
logica, la quale era un complesso di regole del pensalo, di norme per
discernere il vero dal falso. Categoria: le categorie sono i
concetti più generali delle cose, i generi supremi in cui si dispongono
le nostre idee, p. e. sostanza, qualità, quantità; il giudizio categorico è
quello che afferma o nega senza soggiacere ad alcuna condizione; sillogismo
categorico 6 quello composto di giudizi categorici. Causa: nel significato
comune e popolare ò ciò che produce un fenomeno, ciò che agisce, l'antecedente
d'un altro fenomeno; però un po' di riflessione basta a far comprendere
che la causa è determinata come tale solo dall’effetto, che i due
termini sono correlativi e l’uno non può sussistere senza l'altro; secondo
il Mill la causa non è altro che l'antecedente invariabile e incondizionato di
un fenomeno; il principio di causa o di causalità esprime il fatto che
nulla vi ha senza causa, che tutto ciò elio incomincia ad essere lia la
propria ragion d'essere in qualche cosa di anteriore e che cause simili in
circostanze simili producono effetti simili, secondo il principio
(ipotetico) dell’uniformità del corso naturale delle cose. Il CIRCOLO
VIZIOSO è un sofisma il quale consiste nel provar la verità d’una
proposizione, appoggiandosi ad un'altra, la quale alla sua volta non può
essere provata se non appoggiandosi alla prima. Composizione: ò il
complesso dei caratteri che sono contenuti in un’ idea, l’ insieme degli
elementi o note, che costituiscono ciò che si dice anche “ connotazione „
d'un concetto. Concetto: (dal latino conceptm che corrisponde ni
greco da ooXXappàvm, prendo insieme, concipio, per significare
che mediante il concetto apprendiamo il significato della cosa; i
Greci chiamarono il concetto anche 8poj, termine da ipt^io 10
termino) ò l'unità delle cose essenziali dell'oggetfo : non ò da
confondersi colle rappresentazioni, che sono varie, individuali,
mutevoli. Concettualismo: dottrina filosofica che ha per principale
rappresentante Abelardo, secondo la quale gli universali, ossia i generi
e le specie, pur essendo nomi comuni che designano qualità che appaiono
solo negli individui, hanno però, come concetti, una realtà nello spirito
di chi li pensa. Concomitante: due fatti sono detti concomitanti
quando si accompagnano e avvengono sia simultaneamente sia uno dopo
l'nltro; cosi sono fatti concomitanti l'aumento di calore e l’
innalzarsi del mercurio nel termometro. Concreto: si adopera
in opposizione di astratto, e pare che'sia d’ori gine latina e significasse
dapprima denso, spesso; Cicerone dice aer concretilo come opposto ad aer
fusilo; si applica a ciò che è fornito di tutte le sue qualità ed ha
un’esistenza reale per sé. Contingenza e contingente',
s’oppongono a necessità e a necessario; il vocabolo aristotelico xò
ou|ipepr,aóg tradotto in latino accidens e contingens designa ciò che
avviene, ma che potrebbe anche non avvenire; s’intende generalmente in un
doppio significato: contingente è ciò che lo spirito può concepire come
non esistente o esistente in modo diverso; oppure ciò che in realtà
potrebbe non essere o essere diversamente. Criterio: (da xptxiqpiov
che deriva da xpivm, giudico) è il segno o la regola, mediante la quale
si può riconoscere e distinguere 11 vero dal falso o che socondo
alcuni ò posto nell’ intelletto, secondo altri nella sensazione, nel
senso comune, neU'autorità ecc. ecc. Deduzione: forma di ragionamento,
che consiste in genorale nel par¬ tire da un principio generale noto, per
trarne conseguenze particolari, o nel trovare il principio ignoto d'una
conseguenza nota; si adopera tanto nelle scienze di puro
ragionamento, quanto nello scienze sperimentali. Definizione: è la
determinazione del contenuto d’un concetto che può essere espressa
mediante un giudizio, nel quale il sog¬ getto è il concetto da definire,
il defìniendo o il definito-, e il predicato è l'insieme di note con lo
quali il primo viene de¬ finito e dicesi definienle.
Determinismo: è la dottrina secondo la quale ogni fenomeno naturale è
l’effetto necessario d’una causa, oppure, secondo il pensiero di Mill [“More
Grice to The Mill”], ogni fenomeno ha per condizione d’esistenza un
insieme di circostanze positive e negative che costituiscono il suo
antecedente incondizionale, non già nel senso che l'antecedente
incondizionale produca effettivamente il conseguente, ma solo nel senso
che ne è seguito in maniera invariabile; il determinismo universale consisto
quindi neU’ammettere che il principio di causa ha valore tanto per
la natura materiale quanto per la natura spirituale. Si suole distinguere
il determinismo fisico, che riguarda i fenomeni fi sici, e il determinismo
psicologico, che riguarda quelli psi¬ chici e afferma che in ogni caso
particolare, dati i nostri mo¬ tivi d'agire, le nostre risoluzioni sono
determinate e seguono di necessità il motivo prevalente. Non si deve
confondere determinismo con fatalismo, secondo il quale gli avvenimenti
sono determinati ab aetemo in modo necessario da un agente esteriore.
DIALETTICA (8tà attraverso e ^éyio raccolgo) è l'arte che apre la strada
al vero o quindi alla scienza mediante il raffronto e la discussione
delle varie opinioni; Platone dico noi Cratilo:“ colui che sa interrogare e
rispondere come lo chiameremo se non dialettico?, osso quindi espone ed
esamina con arte polemica le opinioni favorevoli e quelle contrario
intorno ad un dato soggetto, rivelandone le difficoltà e le
contraddizioni. Dictum de omni aut de nullo: è l’espressione usata
dagli scolastici per significare che ciò che si dice d'un complesso di
cose o di esseri, si dice pure dei singoli, e ciò che si nega d'un
complesso, si nega pure dei singoli; esprime quindi il principio fondamentale
del sillogismo. DIFFERENZA SPECIFICA è l'insieme dei caratteri, mediante i
quali una specie si distingue da un’altra o dalle altre, appartenenti
al medesimo genere. “DISCORSIVO” designa la conoscenza e il
ragionamento mediato, nel quale entra come fattore importante il lavoro
della ragione; si oppone a intuitivo, giacché la conoscenza intuitiva è
quella che avviene per un atto immediato, subitaneo, senza passaro
da un’ idea ad un’altra, senza la comparazione di più idee, come avviene
nella conoscenza discorsiva. Divisione: nel linguaggio logico, è l'operazione
mediante la quale si determina l’estensione d’un concetto, mentre la
definizione ne determina la comprensione; la forma più semplice
della divisione è una proposizione in cui il soggetto ossia il
divi¬ dendo è il genere, e il predicato ossia il dividente enumera
le specie contenuto sotto quel genere. Dogma: o domma (da Box
ito, io penso, donde 8óf|ia: ciò che è pai’so conveniente, opinione,
principio professato, deliberazione) significa in generale un'opinione
che viene imposta da un’au¬ torità posta al di fuori e al disopra d'ogni
critica e d'ogni esame; il dogmatismo, in opposizione allo scetticismo,
ammette la possibilità di conoscere la realtà quale essa è.
Dubbio metodico: consiste nel sospendere il nostro giudizio intorno
a qualsiasi cosa, respingendo le opinioni anteriormente stabi¬ lite,
finché la verità non si imponga con assoluta evidenza ni nostro spirito;
si distingue quindi dal dubbio scettico, che nega la possibilità stessa
di conoscere alcnna cosa. Eclettismo (da èx-Xéyto, scelgo): si dice
del metodo filosofico che consiste nel raccogliere da sistemi filosofici
diversi e anche opposti opinioni e dottrine, che si cerca di conciliare
armoni¬ camente. Empirismo: (da èp-Reipia esperienza,
icatpdco io sperimento) ò la dottrina filosofica che fa derivare
dall'esperienza tutto ciò che conosciamo, e considera il fenomeno come
unico oggetto della nostra conoscenza. Ammette un’esperienza esterna
basata sul potere dei sensi ed un’esperienza interna basata sul
potere della riflessione; si distingue quindi dal sensismo, che
ammette essere i sensi la sola fonte di tutte le nostre cognizioni.
Eristica: (da spij, contesa, ipf£o>, io contendo) è l'arte di
disputare, di contraddire ad ogni affermazione dell’avversario pel
solo scopo o pel piacere di voler contraddire, è una derivazione e
una degenerazione della sofistica, con la quale non si devo
confondere. Esplicito: un giudizio o una nozione diconsi espliciti
quando sono chiaramente e precisamente espressi nella proposizione.
Essenza (essentia da esse, traduzione del greco cuoia) è un’espressione
di vario significato; è stata usata dai Greci por indicare ciò cbe
persiste identico sotto la varietà e la molteplicità dei fenomeni, ciò
elio cade solo nel dominio della conoscenza ra¬ zionale. Per gli
scolastici l'essenza è il complesso delle qua¬ lità indicate dalla definizione
e dalle idee che rappresentano il genere e la specie; designa quindi ciò
che nell’essere è intelligibile e concorre a definirlo, ossia i suoi attributi
fondamentali. Estensione d’un concetto: è il complesso degli individui e
degli os seri, dei quali un concetto o una qualità può essere affermato
come attributo, ossia il numero dei concetti cbe contiene sotto di
sé. Fenomenalismo: o fenomenismo, è la dottrina filosofica la quale
af¬ ferma resistenza dei fenomeni essere l'unica realtà, negando
l'esistenza della sostanza, della cosa in sé; noi conosciamo le coso come
appaiono a noi, non come sono in sè stesse. Forma: por Aristotile
la forma (popoli, et8oj) è attività ed energia, la materia (OXv)) è
passività o potenzialità; la forma trae dalla materia, per mezzo del
perpetuo moto che in essa suscita, la molteplicità dei particolari, ciò
facendo secondo certe regole e quindi introducendo in quella ordine e
uniformità; la forma è inscindibile dalla materia. Oggi per materia della
conoscenza s’intende il contenuto di questa; la materia è ciò cbe
indi¬ vidua i fatti e distingue, per esempio, il pensiero a dal pensiero
ò, dal pensiero c e cosi via: per la materia una proposizione logica di scienza
giuridica si distingue da una di etica, una legge economica da una legge
estetica; ma la logica che non entra nei dibattiti delle varie
discipline, ed ha per oggetto il pensiero in universale qualunque ne sia il
contenuto, la materia, prescinde da questa e contempla la forma.
Però un’affermazione logica, per esempio una qualsiasi affermazione
di scienza, non può esser vera formalmente o falsa material¬ mente,
perchè, in concreto, la sua forma b inseparabile dalla sua materia; la
logica non può prescindere dalla verità dei concetti, dei giudizi, dei
ragionamenti, per quanto prescinda da questi o quei concetti, giudizi, ragionamenti.
(Croce). Genere: in una serie di concetti in cui l'estensione va crescendo
e diminuisce la comprensione, dicesi genere il concetto più esteso
e meno comprensivo rispetto ai concetti meno estesi e più comprensivi:
animale, per esempio, rispetto a vertebrato, vertebrato rispetto a uomo, uomo
rispetto a Europeo e cosi via. Giudizio ; fu detto dei Greci
àitócpaaij, o Xóyos ànotpaxtxój, da &7ti e ig) il dubbio degli
scettici. Scolastica: è il secondo periodo della filosofia del
medio evo, che va dall' 800 al 1400; è preceduta dalla Patristica o
filosofia dei SS. Padri, è seguita dal Rinascimento ed ha per
iniziatore Scoto Erigeua e per centro Parigi; la Scolastica dipende
stret¬ tamente dalla religione, nella quale ritrovavano la verità;
è essenzialmente dogmatica e manifesta in generale una sfiducia e
una diffidenza più o meno grando verso la ragione o la scienza; una
questione capitale che si agitò nella Scolastica è quella che riguarda
gli universali. SINTESI (da ouv-xIS-rjpt: pongo insieme) nel significato
più lato designa ogni operazione che tendo a riunire in un tutto elementi
diversi. Si intende anche il processo mediante il quale dai principi si
scende alle conseguenze. SISTEMA – Myro: System Ghp – a highly powerful/hopefully
plausible version of System G -- (da oov-£<mj|u: metto insieme) è in
generale un tutto nel quale le singolo parti sono ordinatamente collegate
fra loro, un complesso di idee subordinate ad uno o a più principi generali
e fra loro coordinate. SOSTANZA (substautia, loti.: ciò elio sta sotto,
traduzione della parola aristotelica: &Ro-xe!|ievov, composta di imo sotto
e xsìpat io giaccio) è ciò che permane identico in mezzo al variare
delle qualità, del colore, della forma; per gli scolastici è ciò che
sussiste per sé (ens quod per se subsistit), mentre gli accidenti
sussistono nella sostanza e quindi per la sostanza. SUB-ORDINAZIONE è la
relazione che corre fra due concetti di cui l’uno ò contenuto
nell’estensione dell’altro. Cosi il concetto di uomo e subordinato a
quello di mammifero, che dicesi concetto sopraordinato. SUSSNZIONE (subsumptio,
da subsumere) è una specie di ragionamento che consiste nel porre due
idee nella dipendenza come di specie a genere, di caso individuale a
legge. Pel Lizio il sillogismo di sussunzione, che corrisponde al
sillogismo di pi ima figura, è il tipo perfetto del raziocinio. Emilio
Morselli. Morselli. Keywords: implicatura. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Morselli.”
No comments:
Post a Comment