Luigi Speranza -- Grice e Maierù: la ragione
conversazionale – la scuola di Roma -- filosofia lazia -- filosofia italiana --
Luigi Speranza per il gruppo di gioco di H. P. Grice, The Swimming-Pool
Library, Villa Speranza (Roma). Filosofo italiano. Roma, Lazio. Lessico
intellettuale europeo – Terminologia logica della tarda scolastica – centro di
studio del C. N. R., Ateneo Roma. Secondo le norme del lessico intellettuale europeo
il saggio di M. è stato sottoposto all'approvazione di MAURO (si veda) e GREGORY
(si veda). M esprime la sua gratitudine al prefetto della biblioteca apostolica
vaticana e ai direttori delle biblioteche angelica, Casanatense, nazionale centrale
Vittorio Emanuele II e Universitaria Alessandrina di Roma; Ambrosiana di
Milano; dell’archiginnasio di BOLOGNA; Padova; Marciana di Venezia; Corpus
Christi, Cambridge; della Biblioteka Jagielloriska di Cracovia; della
Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek di Erfurt; della Bodleian Library di
Oxford; della Bibliothèque Nationale di Parigi; della Oesterreichische
Nationalbibliothek di Vienna. Deve alla loro cortesia se lei è stato possibile
utilizzare i fondi manoscritti o a stampa sui quali è stato condotto il lavoro.
Ringrazia di cuore MINIO-PALUELLO (si veda), che lui ha fornito preziose
indicazioni relative alla traduzione boeziana degl’elenchi sofistici; Pinborg,
che ha messo a mia disposizione le notizie da lui raccolte su Maulevelt; MAURO
(si veda) e Dazzi, che hanno avuto la bontà di leggere e discutere con M. il
manoscritto. E ancora Zafarana, Crapulli, Bagliani, e Stabile. Un
ringraziamento particolare vada a GREGORY (si veda), che ha indicato M. un
metodo e lui ha aiutato costantemente e conctetamente durante la preparazione,
la stesura e la stampa del saggio. Senza i suoi consigli e il suo
incoraggiamento non avrei potuto superare le non poche difficoltà incontrate.
Spera che i risultati non siano del tutto inadeguati alla fiducia accordatami.
Roma. Nel corso dell’esposizione sono utilizzati i seguenti simboli: CP a D',
‘G’, ‘1°, ‘5 variabili proposizionali; ~ “non,” segno della negazione (~p, P);
‘3° «se... allora», segno dell’implicazione (p > q); «e», segno della
congiunzione. In genere è omesso. pq si legge: “p e q”; «0 », segno della
disgiunzione (pvg); = « equivale », segno dell’equivalenza (p = g). Per quanto
riguarda le citazioni di testi, si noti: dei testi tratti da manoscritti o da
antiche edizioni sono state normalizzate le grafie secondo l’usus scribendi del
latino classico; si è unificato l’uso delle parentesi per tutti i testi
(compresi quelli ricavati da recenti edizioni); le parentesi acute, ( )m indicano
sempre integrazione. Le parentesi quadre, [ ], indicano espunzione, o includono
una frase o un rimando utile alla comprensione del passo in esame. Gli studi
dedicati alla storia di quella parte della filosofia del linguaggio detta ‘dialettica’
dimostrano che l’insieme delle dottrine fiorite nella storia non può essere
ricondotto, puramente e semplicemente, al patrimonio ereditato dagl’antichi
romani. Possiede una propria autonomia e una fisionomia ben definita. È vero
però che ciò che i filosofi hanno elaborato non è spiegabile senza tener conto
dell’eredità degl’antichi. Proprio per questo, qualsiasi tentativo di delineare
una storia anche parziale dei concetti di filosofia del linguaggio deve
prendere le mosse da un esame di quanto i filosofi hanno ricevuto
dall’antichità. Ricorderemo quindi, brevemente, i filosofi italiani e i testi
di logica antica noti nel medioevo italiano. Cfr. Bonner, Medieval logic:
an outline of its development, Chicago, Moody, Truth and consequence in logic,
Amsterdam; Bochenski, A history of formal logic, trans. and ed. by I. Thomas,
Notre Dame, Ind; W. and M. Kneale [citato da H. P. Grice], The development of logic,
Oxford – originally, ‘The Growth of Logic,’ an Oxford seminar. Si tralascia qui di
ricordare e discutere opere come quella di Prantl, Geschichte der Logik im
Abendlande, Leipzig, utile per le notizie che fornisce ma superata
nell’imposizione. Di essa esiste una traduzione parziale con il titolo Storia
della logica in]. Maestro di logica per eccellenza è Aristotele. La sua
autorità è incontrastata. Con le sue affermazioni i filosofi fanno i conti
anche quando si è ormai operato un notevole distacco dalle posizioni
aristoteliche. Il complesso di opere aristoteliche che va sotto il nome di organon
-e cioè, “Categorie”, “De interpretatione” – su cui H. P. Grice ha datto
seminari publici a Oxford con J. L. Austin e J. L. Ackrill e J. O. Urmson --, primi
analitici, secondi analitici, topici ed elenchi sofistici – ma non la Retorica
o la Poetica, o Dell’anima --, a mano a mano che è conosciuto nelle sue varie
parti, è utilizzato e assimilato grazie a un’assidua ‘lettura’ nelle scuole,
especialmente al primo studio europeo a BOLOGNA, fondato in 1201. La storia della filosofia del linguaggio è,
per molti aspetti, la storia della penetrazione e dell’utilizzazione delle
opere dello Stagirita. Accanto alle dottrine aristoteliche sono da ricordare
quelle del “Portico,” -stoico-megariche. Esse hanno operato in modo meno
scoperto, grazie alla mediazione di BOEZIO (si veda), soprattutto, specie per
quanto riguarda la dottrina delle proposizioni ipotetiche e dei sillogismi
ipotetici, del resto sviluppate anche, nell’ambito della scuola del ‘Lizio’ aristotelica,
da Teofrasto e Eudemo. Ma per comprendere l’ ‘evoluzione’, p unita
longitudinale della filosofia del linguaggio e la posizione storica di certi
problemi è necessario tener conto, oltre che dei contributi dei due grandi filoni
della filosofia del linguaggio ricordati, anche di altri autori e testi che
hanno avuto notevole importanza per la conoscenza e lo studio delle dottrine. Innanzi
tutto, oltre alle opere retoriche, vanno segnalati i “Topica” di CICERONE (si
veda). Poi, il “De Interpretatione” attribuito ad Apuleio di Madaura che, con
le sue due parti dedicate rispettivamente allo studio dell’enunciato e [del
Occidente -condotta da LIMENTANI (si veda), Firenze).[Sta in Apuler Mapaurensis
Opera quae supersunt, De pbilosophia libri, Liber De interpretatione, ed. Thomas,
Leipzig. Per questo testo si veda Sullivan, Apuleian Logic. The Nature,
Sources, and Influence of Apuleius's De interpretatione, Amsterdam] 11
sillogismo categorico, è stato a lungo il manuale su cui si sono formati i filosofi.
Ancora, l’Isagoge di Porfirio, dedicato ai predicabili o quinque voces -genere,
specie, differenza, proprio e accidente -che, nelle traduzioni di VITTORINO (si
veda) e BOEZIO (si veda), è stato sempre ben noto e diffuso e ha fornito ai filosofi
la formulazione del problema degl’universali, che infatti prende le mosse dalle
parole del proemio. Inoltre, le opere enciclopediche di Marciano Capella (De
Nuptiis), Isidoro (Etymologiarum sive Originum), dedicate alla sistemazione
delle nozioni fondamentali delle arti liberali e che riservano quindi una parte
alla grammatica, la dialettica e la retorica, riprendendo dottrine aristoteliche
mediate prevalentemente dal De interpretatione attribuito ad Apuleio, almeno
per quelle che si trovano in esso; il Liber de definitionibus di Vittorino; le
opere di Boezio, siano esse le traduzioni di tutto l’Orgaron di Aristotele o di
Porfirio, siano commenti alle opere di Aristotele (uno alle Categorie, Si veda
la trad. di Boezio in Categoriarum supplementa, Aristoteles latinus, ed. L.
Minio-Paluello adiuv. Dodd, Bruges; i frammenti della trad. di Vittorino; v. la
posizione del problema degl’universali. Martrani Minner Fericis Capellae De
nuptiis Philologiae et Mercurii, ed. Dick, Leipzig; Cassiopori Senatorris
Institutiones, ed. Mynors, Oxford; Isidori Episcopr Etymologiarum sive Originum,
ed. Lindsay, Oxford. L’opera è edita tra quelle di Boezio in P. L. In
Categorias Aristotelis libri quatuor, P.L. Per l’ipotesi dell’esistenza d’un
secondo commento cfr. P. Hadot, Un fragment du commentaire perdu de BOEZIO sur
les Catégories d’Aristote dans les codex Bernensis, Archives d’histoire
doctrinale et littéraire] due al De Interpretatione?) o a Porfirio (due
commenti), o, ancora, ai Topica di CICERONE (si veda), siano monografie
(Introductio ad syllogismos categoricos, De syllogismo categorico, De
syllogismo bypothetico, De differentiis topicis, De divisione). Sono opere che
fissano una terminologia (che alla lunga soppianta quella di CICERONE e di
Apuleio e s'impone definitivamente) ed offrono ampio materiale per
l’approfondimento delle dottrine di filosofia del linguaggio. Infine, un’opera
anonima, Categoriae X, uscita forse dai circoli temistiani (MINIO PALUELLO l’ha
edita di recente sotto il titolo di PARAFRASI TEMISTIANA nell’ARISTOTELE LATINO,
‘lanciata’ da Alcuino, il quale forse per primo l’attribuì ad Agostino, con
un’edizione dedicata a Carlo Magno. Sono da ricordare ancora i Principia
dialecticae attribuiti ad Agostino, il De doctrina christiana e il De ordine
certamente di Agostino, più per lo stimolo fornito dall’autorità d’Agostino
allo studio della dialettica, della quale egli sottolinea spesso l’importanza
in quelle opere, che per un effettivo contributo dottrinale (esso, comunque, è
di matrice del PORTICO. Anic Mani Severini BoertHm Commentarii in librum
Aristotelis IIEPI EPMHNEIAXZ, rec. Meiser, ed., Lipsiae; Anrcrr Manti Severini
Boethii In Isagogen Porphyrii Commenta, rec. Schepps-Brandt, Vindobonae-Lipsiae.
In Topica di CICERONE commentariorum, P.L. 64, 1039D-1174B. 1? Introductio ad
syllogismos categoricos, P.L.; De syllogismo categorico libri duo; De
syllogismo bypothetico; De differentiis topicis; Liber de divisione. Cfr.
Ryk, On the Chronology of BOEZIO Works on Logic, Vivarium. Cfr. Anonymi Parapbrasis
Themistiana, PsEUDO-AUGUSTINI Categoriae decem, ed. L. Minio-Paluello,
Aristoteles latinus, Bruges. Cfr. P.L.; cfr. ora De doctrina
christiana, recensuit et praefatus est Green, Vindobonae. Cfr. P.L. Questo patrimonio
di testi e di dottrine non e tutto utilizzato nei vari periodi. Mentre la
cultura filosofica è dominata prevalentemente dai manuali ricordati, e
segnatamente dall'opera di Isidoro, Alcuino, per scrivere la sua Didlectica,
utilizza un corpo di testi comprendente Isagoge, Categoriae X, De
Interpretatione dello ps. Apuleio e il primo commento di BOEZIO al De
interpretatione. Nel successivo si diffondono, oltre all’opera
pseudo-agostiniana Categoriae X che lascia in ombra quella originale di
Aristotele (pure non ignota), il De Interpretatione dello ps. Apuleio,
l’Isagoge, il De interpretatione di Aristotele, i Topica di CICERONE e il De
dialectica dello ps. Agostino. Intanto, cominciano a diffondersi gl’altri
commenti di BOEZIO e tutta l’opera di Boezio (traduzioni, commenti, monografie)
s’afferma decisamente: la 1? Cfr. praefatio a De interpretatione vel
Periermenias, ed. L. Minio- Paluello-G. Verbeke, Aristoteles latinus, Bruges-Paris;
il De dialectica di Alcuino è in P.L. Una prima sistemazione dei dati relativi
alla diffusione di questi testi è in A. VAN pE Vyver, Les étapes du
développement philosophique, Revue belge de philologie et d’histoire. Per la
diffusione delle Categorie d’Aristotele, cfr. gli studi di Minio-Paluello: The
Genuine Text of BOEZIO Translation of Aristotle’s Categories, Studies; The Text
of the Categoriae: the Latin Tradition, The Classical Quarterly; NOTE
SULL’ARISTOTELE LATINO MEDIEVALE, Rivista di filosofia neoscolastica. Oltre
alla praefatio alle Categoriae vel Praedicamenta, ed. L. Minio-Paluello,
Aristoteles latinus. Cfr. L. Minro-Paluello, praefatio a De interpretatione. Per
la diffusione del De interpretatione, cfr. Isaac, Le Peri Hermeneias en
Occident de BOEZIO ed AQUINO. Histoire littéraire d'un traité d’Aristote, Paris]
sua influenza dura praticamente incontrastata. In questo periodo si rafforza e
consolida una tendenza, affiorata già nei secoli precedenti, a raccogliere in
un solo manoscritto più opere destinate a coprire un ampio arco di dottrine
logiche e perciò poste a base dell’insegnamento. Un gruppo di tre opere,
Isagoge, Categorie di Aristotele e De interpretatione, circola stabilmente
insieme; ad esso si affiancano le opere di Boezio, e soprattutto le monografie
De divisione, De differentiis topicis, De syllogismo categorico e De syllogismo
bypothetico che, insieme alle tre opere ricordate, costituiscono i septem
codices posti da Abelardo alla base delle sue esposizioni di logica. Altre
opere, come il De Interpretatione dello ps. Apuleio e i Topica di CICERONE,
sono oggetto di lettura. Ad esse si e intanto affiancato il Liber sex
principiorum, esposizione di sei categorie -principia: azione, passione,
quando, dove, situazione, abito) che integra quella di Aristotele, che ad
alcuni di questi temi non ha fatto molto spazio. Il Liber risulta composto da
uno o due frammenti di un’opera riguardante la expositio delle Categorie di
Aristotele dovuta ad un anonimo autore. Intanto nelle scuole cominciano a
penetrare le altre opere di Aristotele tradotte da BOEZIO e tutte tradotte di
nuovo dal î Cfr. per tutti, L. Minro-Paluello,
Les traductions et les commentaîres aristoteliciens de BOEZIO, Studia
Patristica, e Chenu, La théologie, Paris
(Aetas Boetiana). Cfr. Perrus AsarLarpus, Dialectica, the Parisian Manuscript by Rijk,
Assen. Ch; L.
Minio-PALUELLO, Magister Sex Principiorum, Studi Medievali. Per la storia della
cultura IN ITALIA nel Duecento e primo Trecento. Omaggio ad ALIGHIERI (si
veda). Il testo (AnonvMI Fragmentum vulgo vocatum Liber sex principiorum) è in
Categoriarum supplementa,; si veda 13 e — mem greco specialmente ad opera di
Veneto; Abelardo ha conoscenza degl’elenchi sofistici e dei primi analitici; i topici
(già però in parte noti ad Abbone di Fleury, Gerberto d’Aurillac e Notkero) e
gl’elenchi sono utilizzati da Adamo Parvipontano nell’Ars disserendi; Giovanni
di Salisbury per primo dà notizia dei Secondi analitici, venuti in circolazione
ma non ancora normalmente in uso a Chartres. Tutte queste opere sono già
oggetto di lettura a Parigi. Si ricostituisce allora il corpus delle opere
logiche di Aristotele, con o senza aggiunta di altre opere. Si denomina ars
nova il complesso di opere aristoteliche di recente acquisizione -Primi e
Secondi analitici, Topici ed Elenchi --, mentre con l’espressione quivi la
praefatio dell'editore; l’opera è in capitoli. Uno tratta della forma, cinque
delle prime cinque categorie ricordate, uno dell’habitus, uno de magis et
minus. Su Veneto, cfr. i contributi di L. Minio-Paluello: Giacomo VENETO Grecus,
Canonist and Translator of Aristotle, Traditio. Note sull’Aristotele latino
medievale, Filosofia scolastica; Veneto e l’aristotelismo latino, in Venezia e
l'Oriente fra tardo medioevo e rinascimento, a cura di PERTUSI (si veda), Firenze.
Cfr. M.T. Beonio BroccHieri Fumacatti, La logica di Abelardo, Firenze. Cfr.
Mio-ParueLto, Note sull’Aristotele latino medievale, Rivista di filosofia
neoscolastica, Cfr. Minro-PaLueLro, Adam of Balsham Parvipontanus and his Ars Disserendi, Mediaeval and
Renaissance Studies, Joannis SarissERIENSIS Episcopi CarnoTENSIS Metalogicon, rec.
Webb, Oxonii. Sui programmi di studio a Chartres e a Parigi cfr. Isaac; in
generale, cfr. GRABMANN, Aristotele, Mediaeval Studies, ora in
Mittelalterliches Geistesleben, Miinchen. Cfr. Minio-PaLueLLO, Magister Sex
Principiorum: il ars vetus si designano i testi in uso da tempo, anche se, in
seguito, l’espressione viene usata dai filosofi a designare prevalentemente le
tre opere: Isagoge, Categorie, De interpretatione, alle quali risulta quasi sempre
aggiunto il Liber sex principiorum. Queste sono, in sintesi schematica, le
linee storiche dell’acquisizione del patrimonio logico da parte dei filosofi.
Ma essi, mediante un assiduo studio e commento dei testi, giunsero ben presto a
elabotare gl’elementi fondamentali di un corpo di dottrine. Due contributi
dottrinali sono decisivi in tal senso. Da una parte, la dottrine della
GRAMMATICA RAZIONALE O FILOSOFICA, raccolte da Donato nelle Artes grammaticae e
da Prisciano negli Institutionum grammaticarum libri, sono oggetto di studio e
di commento, diventano testi di scuola e vengono distribuiti secondo criteri
scolastici. Di Donato si legge l’Ars zizor, l’Ars maior -libri primo e secondo
dell’ Ars maior -e il Barbarismus -libro terzo dell’Ars maior. L’opera di
Prisciano è divisa in Priscianus maior (comprendente i libri I-XVI degli
Institutionum grammaticarum libri) e Priscianus minor (libri XVII-XVIII). Tra i
commentatori di Prisciano corpus aristotelico ricostituitosi circola in due
forme, la FORMA ITALIANA (o italo-germanica), senza l’aggiunta di opere di
Boezio, l’altra francese, che ha in più il De divisione e il De differentiis
topicis di Boezio. Cfr. Aristoteles latinus, codd. descripsit Lacombe, in societatem operis adsumptis
Birkenmajer, Dulong, Aet. Franceschini, pars prior, Roma. Prosi Donati Serva
qui feruntur De arte grammatica libri, ex rec. Mommsenii, in Grammatici latini,
ex rec. Keilii, Lipsiae: Ars minor, Ars maior, Prisciani GrammaTICI
CAESARIENSIS Inustitutionum Grammaticarum libri XVIII, ex rec. Hertzii, in
Grammatici latini, cit., Lipsiae. Cfr. Roos, Die Modi significandi des Martinus
de Dacia. For- occupano un posto di rilievo Guglielmo di Conches e Pietro Elia.
Ma l’approfondimento delle dottrine grammaticali è stato possibile grazie alla
filosofia di Aristotele mediata da Boezio (compreso il Boezio degli opuscoli
teologici). Il secondo contributo è rappresentato dall’inserimento delle nuove
opere di Aristotele e soprattutto degli Elenchi sofistici nell'ambito
degl’interessi logico-linguistici in sviluppo. Gli Elenchi, commentati a
Costantinopoli da Michele di Efeso, tradotti e commentati da Giacomo Veneto,
rappresentano in Occidente il contributo di Aristotele e della tradizione greca
e bizantina mediata dal Chierico Giacomo alla chiarificazione dei problemi che
traggono la loro origine dall'uso equivoco delle parole nel discorso. Essi sono
il primo dei testi nuovi di Aristotele ad entrare in Occidente, e innanzi tutto
IN ITALIA, per poi passare in Francia, dove e già in atto lo sviluppo delle
dottrine logico-linguistiche, e quindi nel resto d’Europa. Lungo tutto questo arco,
da un lato l’analisi delle parti del discorso proposto dalle grammatiche di
Donato e di Prisciano, dall’altro l'indagine sui termini di cui si compone
l’enunciato, quale è nel De interpretatione e nei commenti boeziani ad esso,
contribuirono a individuare alcuni temi, che vanno da quello della vox a quello
della SIGNIFICAZIONE (SEGNO) e della consignificatio, dall’indagine sui
rapporti tra piano della realtà, piano mentale e piano [schungen zur Geschichte
der Sprachlogik, Beitràge zur Geschichte der Philosophie, Miinster
W.-Kopenhagen. Cfr. Minio-Paluello, Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino; Rrjk,
Logica modernorum. A Contribution to the History of Terminist Logic, On the
Theories of Fallacy, Assen; un bilancio del contributo grammaticale e del
contributo proveniente dalla dottrina delle fallacie si trova in In, Logica
modernorum, Il, i: The Origin of the Theory of Supposition, Assen] linguistico a quello, più complesso, tra oratio ed
enuntiatio da un lato e realtà SEGNATA – SIGNIFICATA -e intelletto che compone
e divide i concetti espressi dalle parole, dall’altro. Fino all’articolazione
dei termini componenti l’enunciato in categoremi o parti significative,
soggetto e predicato, e sincategoremi, particelle consignificative o operatori.
Dottrine semantiche ed enucleazione di strutture rilevanti da un punto di vista
sintattico sono ben presto sistemate in appositi trattati de proprietatibus
terminorum, detti anche parva logicalia in relazione alle dottrine propriamente
aristoteliche rappresentanti per eccellenza la logica, e che nel nuovo genere
della letteratura logica, le summulae, fanno seguito ai trattati nei quali le
dottrine aristoteliche sono riassunti per la scuola. Ma, contemporaneamente, ci
si dedicò allo studio dell’inferenza logica, elaborata a partire dagli stessi
testi aristotelici — Primi analitici e Topici — e da elementi del PORTICO. Si
comincia a parlare delle conseguentiae e si avvia la costituzione di dottrine
della logica degl’enunciati che trovarono posto in trattati autonomi. Questo
corpus di dottrine, appartenenti sia alla logica o CALCOLO DEI PREDICATI che
alla logica degli enunciati, è designato con l’espressione logica moderna, o
logica modernorum, mentre logica antiqua è detto l’insieme di logica vetus e di
logica nova. I trattati più significativi nei quali si concretizza la logica modernorum
sono i seguenti [Cfr. In Arist. Periermenias; e ancora DE Rijk, Logica
modernorum, Cfr. I.M. BocHENSKI, De consequentiis Scholasticorum earumque
origine, Angelicum; ma si vedrà con profitto di BòHNER, anche Does Ockbam know
of Material Implication, Franciscan Studies, ora in Collected Articles on
Ockbam, ed. Buytaert, Louvain-Paderborn. Una prima sistemazione in BòHNER,
Medieval Logic, Proprietates terminorum: studiano i vati categoremi, e
comprendono: de suppositionibus o dottrina della funzione di un termine che
occorre in una proposizione in luogo della cosa di cui si parla. Essa si
articola in varie specie; — de armpliatione; — de restrictione; — de
appellatione; — de copulatione; — de relativis, studio della supposizione del
pronome relativo, condizionata dal rapporto che esso ha col termine
(antecedens) al quale è ordinato. Queste dottrine hanno molto spesso, al di
fuori delle surzzzulae, sistemazione in trattati autonomi; Tractatus
syncategorematum: è lo studio delle particelle consignificative, o operatori
logici. Essi sono talora espliciti, talora impliciti in un categorema. Omnis è
un semplice sincategorema. “Differt” è un *categorema* che ha un importo
sincategorematico. Lo studio dei categoremi comprendenti un sincategorema trova
spesso posto nei trattati de esponibilibus. Ma sincategoremi e categoremi
aventi un importo sincategorematico condizionano la supposizione dei termini
che ad essi seguono, confondendoli. Si hanno così anche alcuni trattati de termiinis
confundentibus. Tutti i trattati dedicati ai sincategoremi hanno avuto alterna
fortuna. Spesso sono stati assorbiti nei Sophismata, raccolta di problemi
vertenti su proposizioni che richiedono particolari analisi proprio a causa dei
sincategoremi e termini con importo sincategorematico in esse presenti di: e
L.M. De Ryk, Logica modernorum. Cfr. anche, per una valutazione in termini di
logistica di alcuni temi, Prior, The Parva logicalia in Modern [Griceian] Dress, Dominican Studies;
WersnerpL, Curriculum of the Faculty of Arts at OXFORD (H. P. GRICE), Mediaeval
Studies, ha fatto il punto sulla questione (cfr. anche: Developments in the
Arts Curriculum at OXFORD. De consequentiis, dedicati alla dottrina
dell’inferenza logica e in genere alla logica degli enunciati; De
obligationibus: analizzano e sistemano le regole della disputa scolastica, che
hanno avuto origine dal quotidiano esercizio della disputa sulla traccia,
probabilmente, dei luoghi dialettici; De insolubilibus, dedicati all'esame di
proposizioni antinomiche secondo la tradizione del paradosso del bugiardo. La
discussione è condotta con l’aiuto di dottrine sematiche e serve a precisare il
significato di una proposizione; De veritate propositionis: è un genere di
trattato che si ricollega agli insolubilia e ripone in discussione il
significato della proposizione; trattati de probatione propositionis, trattati
de sensu composito et diviso. Quanto la logica debba a influenze bizantine e
arabe è ancora oggetto di indagine. Ma due fatti sembra siano definitivamente
acquisiti. Il primo è che di nessuna delle opere; ma si veda M. GrABMANN, Die
Sophismataliteratur mit Textausgabe eines Sophisma des Boetius von Dacien. Ein
Beitrag zur Geschichte des Einwirkens der aristotelischen Logik auf die
Ausgestaltung der mittelalterlischen philosophischen Disputation, Beitràge zur
Geschichte der Philosophie, Miinster. Cfr., per una presentazione
generale, Brown, The Role of the Tractatus de obligationibus, Franciscan Studies.
Secondo Birn, The Tradition of the Logical Topics: Aristotle to Occam, Journal
of the History of Ideas, queste dottrine hanno avuto origine dai Topici. Cfr., per alcune note
storiche, Prior, Some Problems of self- reference in Buridan, The British
Academy; RiJk, Somze Notes on the Mediaeval Tract] comprese nell’Organon di
Aristotele, fatta eccezione per i Secondi analitici, esiste una traduzione
dall'arabo, né risulta sia mai esistita, mentre, per quanto riguarda i Secondi
analitici, perduta la versione boeziana, essi sono tradotti dal greco da
Giacomo Veneto e poi da anonimo. Solo dopo Giacomo Veneto, Gerardo da CREMONA
(si veda) ne fece una traduzione dall’arabo. Ma tutto Aristotele, con eccezione
di poche parti, giunse ai latini prima dal greco che dall’arabo. È questo un
elemento in più a testimonianza che i rapporti culturali con l'Oriente greco
non furono mai interrotti. Per questo canale passa anche il commento agl’elenchi,
tradotto dal greco e attribuito ad Alessandro d’Afrodisia, peraltro perduto în
greco (il testo greco del commento agli Elenchi pervenutoci è di Michele di
Efeso. IN LATINO restano alcuni frammenti del commento di Alessandro - e il
commento ai Secondi analitici di Alessandro d’Afrodisia, del quale parimenti
manca il testo greco, entrambi tradotti da Giacomo Veneto. L'altro fatto è che
l’Isagoge alla logica di Avicenna, unico trattato logico dello Shifa tradotto
in latino, e la Logica di al-Ghazali circolarono ed ebbero influenza, insieme
con le opere di De insolubilibus, with the Edition of a Tract, Vivarium. Roure,
La problématigue des propositions insolubles suivie de l’édition des traités de
Shyreswood, Burleigh et Bradwardine, Archives d’histoire doctrinale. Un bilancio puntuale delle
traduzioni dal greco in latino è in L. Minio-Paluello, Aristotele dal mondo
arabo a quello latino, in L’Occidente e l'Islam nell'alto medioevo, CENTRO
ITALIANO DI STUDI SULL’ALTO MEDIOEVO, Spoleto, oltre che nel già cit. Giacomo
Veneto e l’aristotelismo latino. Cfr. Minro-Paruetto, Note sull’Aristotele
latino medievale. Giacomo Veneto e l’aristotelismo latino] Averroè e degli
altri filosofi arabi, in una direzione ben precisa: se della determinazione
delle intenziones o concetti, e quindi È ; ; ; h; scorso considerato a livello
mentale, e della discussione di problemi appartenenti alla metalogica. Filosofi
e testi della logica modernorum Il periodo di storia della logica oggetto
d’indagine in questo lavoro è limitato ai secoli XIV e XV. Ma l’esigenza di
rendere conto dei precedenti, o del formarsi di alcune dottrine, ci ha condotto
spesso a tener presente non solo opere del secolo XIII, ma anche i testi,
disponibili in edizioni, del secolo XII. Diamo qui di seguito uno sguardo
sommario ai filosofi e ai testi utilizzati. Ci si è limitati alla Dialectica di
Garlandus Compotista, alle opere di Abelardo (Introductiones Cfr. la Logica di
Avicenna in AviceNNAE perbypatetici phi i medicorum facile primi Opera in lucem
redacta È pon rota potuit per canonicos emendata, Venetiis mandato ac sumptibus
haeredum nobilis viri domini Octaviani Scoti per Bonetum Locatellum
Bergomensem, ff. 2ra-12vb; la Logica di AL-GHAZALI è in C.H. LoHR, Logica
Algazelis, Introd. and Critical Text, Traditio. ma si tenga presente anche il Liber
de intellectu di ax-Kinpi (o Liber introductorius in artem logicae
demonstrationis collectus a Mabometh discipulo ALquinpi philosophi) ed. in
Nacy, Die philosophischen Abbandlungen des Ja “qb ben Ishàq al-Kindî, Beitrige
zur Geschichte der Philosophie, Miinster. Di recente ha sottolineato
l’importanza dello studio delle intertiones, e quindi dell’influenza araba, J.
Pinporc nella rec. a RiJk, Logica modernorum, Vivarium, Dialectica, Edition of
the Manuscri i i I ; pts with an Introduct the Life and Works of the Autor and
on the Contents of dhe: Passent Work by Rijk Ph. D., Assen, dialecticae, Logica
Ingredientibus, Logica Nostrorum ®, Dialectica), all’Ars disserendi di Adamo di
Balsham, detto il Parvipontano, a quanto ha pubblicato Rijk nella Logica
modernorum: sia nel primo volume, dedicato alla penetrazione e ai commenti agli
Elenchi sofistici (Glose in Aristotilis Sopbisticos elencos, Summa
Sophisticorum elencorum, Tractatus de dissimilitudine argumentorum, Fallacie
Vindobonenses, Fallacie Parvipontane), nonché ai testi editi nello stesso
volume sotto il titolo Frustula logicalia ma relativi al secondo commento di BOEZIO
al De interpretatione; sia nella seconda parte del secondo volume, nel qual
esono edite alcune sumzzzulae (i testi utilizzati sono, nell’ordine: Excerpta
Norimbergensia, Ars [Sono la prima parte (comprendente Editio super Porphyrium,
Glossae in Categorias, Editio super Aristotelem De interpretatione, De
divisionibus) degli SCRITTI DI LOGICA, ed. PRA (si veda), Firenze. La seconda
parte, Super Topica glossae, fa parte della Logica Ingredientibus, e sarà
citata in modo autonomo. La Logica Ingredientibus è edita da Geyer, Abaelards
philosophische Schriften, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster W.
1919-27 (la numerazione delle pp. continua da un fasc. all’altro); ad essa si
ricollegano le Glosse super Periermenias XII-XIV, ed. da L. Minto-PALUELLO,
Twelfth Century Logic. Texts and Studies, Roma; la Logica Nostrorum petitioni
sociorum, è edida da GEYER, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster
(la numerazione delle pp. continua quella della Logica ‘Ingredientibus’). 48
Perrus Asaearpus, Didlectica, cit. (cfr. n. 21). 59 Apam Barsamiensis
Parvipontani Ars Disserendi (Dialectica Alexandri), in Minio-ParueLto, Twelfth
Century Logic. Texts and Studies, Roma. Cfr. De Ryxk, Logica modernorum.; i
testi elencati sono, nell'ordine: Glose in Aristotilis Sophisticos elencos;
Summa Sopbisticorum elencorum; Tractatus de dissimilitudine argumentorum;
Fallacie Vindobonenses; Fallacie Parvipontane. Emmerana, Ars Burana, Tractatus
Anagnini, Tractatus de univocatione Monacensis, Introductiones Parisienses,
Logica Ut dicit, Logica Cum sit nostra, Dialectica Monacensis, Tractatus de
proprietatibus sermonum. Ma si utilizzano anche le Fallacie Londinenses e le
Fallacie Magistri Willelmi®, che in realtà trattano temi riguardanti gli
Elenchi sofistici); sono stati presi in esame e utilizzati anche i testi che
Rijk riporta ampiamente nella prima parte del secondo volume (Ars Meliduna,
Summe Metenses) e quanti altri testi egli utilizza al fine di ricostruire le
origini della logica terministica confluita nelle summulae. Queste
costituiscono il tramite naturale tra l’insegnamento di Abelardo e le summulae,
secondo quanto ha suggerito Grabmann e ha dimostrato Rijk. I testi, tutti
anonimi, delle summulae edite sono datati dallo studioso olan[Cfr. De Rijk,
Logica modernorum, II, ii, Texts and Indices, Assen: Excerpta Norimbergensia;
Ars Emmerana; Ars Burana; Tractatus Anagnini; Tractatus de univocatione
Monacensis; Introductiones Parisienses; Logica Ut dicit; Logica Cum sit nostra;
Dialectica Monacensis; Tractatus de proprietatibus sermonum; Fallacie
Londinenses e Fallacie Magistri Willelmi. Cfr. Rijk, Logica modernorum, Ars
Meli duna e Summe Metenses. Cfr. GrABMANN, Handschriftliche Forschungen und
Funde zu den philosophischen Schriften des Hispanus, des spàteren Papstes
Johannes XXI, Sitzungsberichte der
Bayerischen Akademie der Wissenschaften, philos.-histor. Abteilung, Miinchen, e
soprattutto Bearbeitungen und Auslegungen der aristotelischen Logik aus der
Zeit von Abaelard bis Hispanus. Mitteilungen aus Handschriften deutscher
Bibliotheken, Abhandlungen der Preussischen Akademie der Wissenschaften,
philos.-histor. Klasse, Berlin,
e Kommentare zur aristotelischen Logik im Ms. lat. Fol. 624 der Preussischen
Staatsbibliothek in' Berlin. Ein Beitrag zur Abaelardforschung, Sitzungsberichte
der Preussischen Akademie der Wissenschaften, philos.-histor. Klasse, Berlin] dese
al periodo che va dalla seconda metà del secolo XII alle prime due decadi del
secolo XIII (sono collocati agli inizi di quest’ultimo secolo solo il Tractatus
de proprietatibus sermonum e le Summe Metenses. i | Per i secoli successivi, ci
si è limitati ad esaminare i testi appartenenti alla tradizione delle summulae
o singoli trattati rientranti nella tradizione della logica modernorum. Così sono
state prese in considerazione le Sumule dialectices la cui attribuzione a
Ruggero Bacone è stata rimessa in discussione, e dello stesso Bacone le opere,
certamente autentiche, Summa de sophismatibus et distinctionibus e Compendium
studii theologiae; quest ultimo ha notevoli affinità con le Sumule dialectices
ricordate. Sono state, naturalmente, consultate sia le Introductiones in
logicam che i Syncategoremata di
Shyreswood (f dopo Cfr. Rogeri Baconi Surzmza gramatica nec non Sumule
dialectices, nunc primum edidit Steele, in Opera bactenus inedita Rogeri
Baconis, OXONII. ; | Già P. Grorieux (Répertoire des Maîtres en théologie de
Paris, Paris) aveva collocato l’opera tra quelle dubbie; v. ora L.M. De Rj,
Logica modernorum, che avanza il nome del domenicano Roberto Bacone. R. SreeLE,
nell’Introduction all’ed. cit.,fa riferimento al Compendium per sostenere
l’autenticità. Roceri Baconi Liber de sensu et sensato nec non Summa de
sophismatibus et distinctionibus, nunc primum edidit R. Steele, in Opera
bactenus inedita Rogeri Baconis, Oxonii. FrarrIs Roceri Bacon Compendium studii
theologiae, ed. H. Rashdall, Aberdoniae. L'edizione è in GraBmann, Die
Introductiones in logicam des Shyreswood, Sitzungsberichte der Bayerischen
Akademie der Wissenschaften, philos-histor. Abteilung, Miinchen; si veda
ora SHERWOOD'S Introduction to Logic, transl. with-an Intr. and Notes by
Kretzmann, Minneapolis Minn. In O’DonneLt, The Syncategoremata of Sherwood; le
Sumemulae logicales, il Tractatus exponibilium e il Tractatus syncategorematum di
Pietro Ispano, divenuto papa col nome di Giovanni XXI; per le Surzzzulae
logicales di Lamberto di Auxerre, abbiamo utilizzato i cenni che ha fornito
Prantl nella sua Geschichte der Logik im Abendlande. Di Vincenzo di Beauvais si
è consultato lo Speculum doctrinale, che raccoglie tanta parte
dell’insegnamento grammaticale e logico del tempo. D’AQUINO, gli opuscoli “DE
MODALIBVS” e “DE FALLACIIS.” Tutte queste opere si collocano intorno alla metà
del secolo, con la sola eccezione del Compendium di Bacone. Alle esposizioni e
ai commenti al corpus tradizionale degli scritti Mediaeval Studies; cfr.
SHERWO0D'S Treatise on Syncategorematic Words, trans. with an Intr. and Notes
by Kretzmann, London. Perri Hispani Summulae logicales, quas e codice manu
scripto Reg. Lat. edidit Bochefiski, Taurini. In Muttatry, The Summulae
logicales of Peter of Spain, Notre Dame Ind. In Perri Hispani Summulae
logicales cum VersorI Parisiensis clarissima expositione. Parvorum item
logicalium eidem Petro HisPANO ascriptum opus, Venetiis Apud Jacobum Sarzinam;
cfr. ora PETER OF Spain, Tractatus syncategorematum and Selected Anonymous
Treatises, trasl. by Mullally, with an Intr. by Mullally and Houde, Milwaukee
Wisc.; le pp. saranno fornite di volta in volta. Per la datazione
dell’opera, cfr. ora Rik, Note on the Date of Lambert of Auxerre’ Summule,
Vivatium; per il testo, v. LampERTO DI AuxERRE, Logica (Summa Lamberti), prima
ed. a cura di F. ALESSIO (si veda), Firenze. Vincentit BeLLovacensIs Speculum
doctrinale, Duaci (ed. anastatica Graz). Useremo il testo che sta in BocHENSKI,
Sancti Thomae AQUINO DE MODALIBVS opusculum et doctrina, Angelicum. In AQUINO, Opuscula philosophica,
ed. SPIAZZI (si veda), Taurini-Romae] logici si farà riferimento solo
occasionalmente, e anche in tal caso si farà riferimento solo alle expositiones
di Alberto Magno e alle In librum primum priorum Analyticorum Aristotelis
quaestiones, attribuite a Duns Scoto e certamente databili al tempo del doctor
subtilis; si utilizzeranno inoltre le In libros Elenchorum quaestiones,
certamente di Duns Scoto. I filosofi e i testi presi in esame possono essere
distinti in tre gruppi. Va considerata innanzi tutto l’opera dei logici inglesi
nel suo complesso. Essa rappresenta il contributo più originale € più coerente
allo sviluppo e alla sistemazione delle dottrine logiche medievali. Di Occam, sulla
cui personalità è qui inutile soffermarsi tanto è universalmente riconosciuta
la sua importanza nella storia della logica, si sono esaminate, nell ordine,
l’Expositio aurea in artem veterem, la Summa logicae (nell edizione del Bohner
per la parte da lui pubblicata Be per il resto nell'EDIZIONE VENEZIANA), il
Tractatus logicae minor Le expositiones di ALsERTO Macno delle opere logiche
d’Aristotele stanno nei primi 2 voll. di Opera, cd. Borgnet, Parisiis. _ In
Opera omnia, I, ed. Wadding, Lugduni Sumptibus Laurentii Durand. n Ivi. n ©
Cfr. GuiieLmi pe OccHam Expositio aurea et admodum utilis super Artem veterem,
cum questionibus ALBERTI PARVI DE SAXONIA. Impensis Benedicti Hectoris
Bononiensis artis impressorie solertissimi Bononieque Impressa s. pp. Ockuam,
Summa logicae. Pars prima. Pars secunda et tertiae prima, ed. by Ph. Bohner,
St. Bonaventure N.Y-Louvain-Paderborn (la numerazione delle pp. continua da un
volume all’altro; perciò non sarà indicato il volume da cui è tratta la cit.).
Macistri GuieLMI (!) OccHam Summa totius logice, VENEZIA per Lazarum de Soardis
e l’Elementarium logicae, da collocare dopo il Tractatus logicae minor)".
Avversari di Occam sono Burleigh e Riccardo di Campsall. Il primo e maestro a
Parigi. Compose molti trattati di logica: sono expositiones della logica antigua,
oppure opere legate più propriamente alla tradizione della logica modernorum.
Di queste ultime sono state prese in esame le due redazioni incomplete del De
puritate artis logicae e il trattato De probationibus, sulla cui attribuzione
al nostro maestro sono stati di recente avanzati dubbi. Il secondo — fellow del
Balliol, poi del Merton ricordato come
maestro [m È in Buyraert, The Tractatus logicae minor of Ockbam, Franciscan
Studies; per la datazione di de sta e della seguente opera di Occam, cfr. ivi,
pp. 51-53. In Buvraert, The Elementarium logicae of Ockbam, Franciscan Studies: poiché non citeremo le
ultime pp. della seconda parte, la numerazione delle pp. non dà luogo a
confusione tra le due parti; omettesue mp l'indicazione del volume e
dell’annata della rivista. er le notizie biografiche relative ai maestri
inglesi che seguono, Empen, A Biographical Register of the arida of OXFORD to
(Di 1500, 3 voll., Oxford; per il nostro autore, cfr. MARTIN, Burley, in Oxford
Studies presented to Callus, Oxford, Rio. NI ties E Ockham and Some
Mertonians [LIKE H. P. GRICE], Mediaeval Sudies, e Repertorium ivi ferergicig, Mertonense,
De puritate artis logicae Tractatus longior. With a Revised Edition of the
Tractatus brevior, ed. by Bshner, St. Bonaventure N.Y.-Louvainna e 1955. È
contenuto nel ms. Erfurt, Wissenschaftliche Allgemeinbibli Amplon. Q. 276, ff.
6ra-19va; l’indice del ms. è in Tesio, Lea klung der Sprachtheorie im
Mittelalter, Beitrige zur Geschichte der Philosophie, Miinster. Pinborg avanza dubbi
sull’autenticità dell’opera] reggente nelle arti e come sacre theologie
professor — scrive, fra l’altro, una Logica valde utilis et realis contra Ocham
e delle Questiones super librum Priorum analeticorum: di entrambi utilizzeremo
quanto ha pubblicato Synan. La generazione successiva annovera Guglielmo
Heytesbury: fellow del Merton, e tra i fellows fondatori del Queen's, e poi
ancora fellow del Merton, è ricordato come maestro in teologia; e due volte
cancelliere di Oxford. Compone la sua opera maggiore, le Regulae solvendi
sophismata, e i Sophismata. Di lui si ricorderanno le Regulae, il De sensu
composito et diviso, il De veritate et falsitate propositionis (questi testi
sono Cfr. Synan, Richard of Campsall, an English Theologian, Mediaeval Studies, Introduction alle
Questiones (di cui alla n. seguente); v. WersHEIPL, Repertorium Mertonense. Rispettivamente:
Svnan, The Universal and Supposition in a Logica Attributed to Richard of
Cempsall, in Mediaeval Thinkers. A Collection of bitherto unedited Texts, ed.
O'Donnell, Toronto; e The Works of Richard of Campsall, I: Questiones super
librum Priorum analeticorum. Ms. Gonville and Caius 688, ed. by Synan, Toronto.
Cfr., oltre a Empen, op. cit., ad L: J.A. WrrsHerPL, Ockbam and Some Mertonians
(in part.: il suo testamento), e Repertorium Mertonense. Cfr. Erfurt,
Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek, ms. Amplon. F. 135, f. 17r: Explicit
quidem tractatus optimus datus OXONIE a mag. Hytthisburi; cfr. W. ScHum,
Beschreibendes Verzeichniss der Amplonianischen Handschriften-Sammlung zu
Erfurt, Berlin. Cfr. A. Mater,
Die Vorliufer GALILEI, Roma. Gregorio da RIMINI (si veda) cita i Sophiswata di
Heytesbury nel suo commento alle Sentenze. stati editi a Venezia, e il trattato
De propositionum multiplicium significatione, conservato in un solo
manoscritto. Billingham, poi, e maestro nelle arti e reggente e fellow del
Merton. Di lui si sono studiati lo Speculumz puerorum sive Terminus est in quem
e il De sensu composito et diviso Wyclif compose una Summula de logica e tre
trattati che vanno sotto il nome di Logice continuacio: sono stati tutti
pubblicati da Dziewicki nell'edizione delle opere latine di Wyclif sotto il
titolo Tractatus de logica. Condiscepolo di Wyclif al Merton e Strode, maestro
nelle arti, poeta e uomo politico: la sua Logica [Cfr. GuiLeLMI HENTISBERI
Tractatus de sensu composito et diviso. Regulae eiusdem cum
suphismatibus. Tractatus HENTISBERI de veritate et falsitate propositionis. Conclusiones eiusdem.
Impressum VENEZIA per Bonetum Locatellum sumptibus Octaviani Scoti. I capitoli
delle Regulae saranno citati autonomamente. Essi sono: De insolubilibus, De
scire et DVBITARE, De relativis, De incipit et desinit, De maximo et minimo, De
tribus praedicamentis. Venezia, Biblioteca Nazionale Marciana, ms. lat. VI, 160
(= 2816), ff. 252ra-253vb. 87 Cfr. Maierù, Lo Speculum puerorum sive Terminus
est in quem di Billingham, Studi Medievali, A ERMINI (si veda); notizie
biografiche; testo dello Speculum puerorum sive Terminus est in quem; testo
parziale del De sensu composito et diviso (dall’unico ms. noto, Parigi,
Bibliothèque Nationale, lat. 14715), ivi, appendice. J.
WycLir, Tractatus de logica, Now First Edited from the Vienna and Prague Mss.
by Dziewicki, London (First repr. New York-London-Frankfurt):
la Logica occupa le pp. 1-74 del vol. I; il tr. I Logice continuacio è ivi, pp.
75-120; il tr. II Logice continuacio è ivi, pp. 121-234; il tr. III Logice
continuacio occupa i voll. IT-III dei Tractatus de logica. Cfr.
Dictionary of National Biography, ed. L. Stefen-S. Lee, London, ad /., e EMDEN, op. cit.,
ad I. in sei trattati (uno dei quali dedicato alle Conseguentiae) è tutta
conservata nel ms. Bodleian, Canon. 219”. Un autore del quale non si sa altro
se non che e inglese” è Maulevelt: i più antichi manoscritti delle sue opere,
diffuse prevalentemente nell’Europa, sono della metà del secolo XIV”. I
trattati qui presi in esame sono Per il testo dei trattati ancora inediti ci
serviamo del ms. Oxford Bodleian Library, Canon. 219, ff. 13ra-52vb: la
successione dei trattati nel ms. non è quella voluta dall'autore; qui si darà
solo l'indicazione dei ff, non del trattato. Per il testo delle Conseguentiae
ci serviamo della seguente ed.: Stroni Consequentie cum commento ALEXANDRI
SERMONETE. Declarationes GAETANI in easdem Consequentias. Dubia Magistri PAULI
PERGULENSIS. Obligationes eiusdem Stropi. Consequentie RicarDI DE FERABRICH.
Expositio GAETANI super easdem. Consequentie subtiles HENTISBARI. Questiones in
Consequentias Strodi perutiles eximii artium doctoris domini ANtoNI
FracHantiani Vicentini. Impressa fuerunt VENEZIA que in hoc volumine
continentur per Lagarum de Soardis, sumptibus Heredum nobilis viri domini
Octaviani Scoti civis Modoetiensis et Sociorum 1517 Die 8 Aprilis. Risulta dai
sgg. ms.: Erfurt, Amplon. Q. 255 Explicit tractatus fallaciatum lectus Lovanii
per mag. Thomam Anglicum dictum Manlevel (f. 27), e Amplon. Q. Hec questiones
fuerunt compilate per Manlevel Anglicum doctorem solempnem. Non serve molto
alla identificazione del nostro autore quanto si legge in PRANTL (che ricorda
il Tractatus obligationum di Martin Molenfelt, per il quale cfr. Murtaty, The Summulae logicales); F. EHRLE, Der
Sentenzentommentar Peters von Candia des pisaner Papstes Alexander V.,
Miinster, che identifica Tommaso con Martino; GraBMann, Handschriftliche
Forschungen und Funde; K. MicHarsri, Le criticisme et le scepticisme dans la
philosophie, Bulletin international de
l'Académie polonaise des Sciences et des Lettres, Classe d’hist. et philos.,
Cracovie, ora in La philosophie au XIVE siècle. Six études, herausg. und
eingel. von K. Flasch, Frankfurt. Ma cfr. J. Pinpore, Die Entwicklung der
Sprachtheorie ..., cit.,146 n. 23; il Pinborg mi ha comunicato le notizie di
cui a questa e alla seguente n. con lettera del 18.8.70. Cfr. Gottinga,
Universitàtsbibliothek, ms. Theol. 124. De suppositionibus e De terminis
confundentibus. Un’adeguata datazione può essere proposta dopo un accurato
esame delle sue opere. Per la scuola parigina sono state invece considerate le
opere di tre autori: Buridano, Alberto di Sassonia, e Inghen. Buridano e
rettore dell’università. Delle sue opere
utilizzeremo il Compendium logicae (il Tractatus de suppositionibus sarà
citato L'incipit del trattato De suppositionibus è: Expedit ut terminorum
acceptio lucide cognoscatur, e l’explicit: Utrum istae propositiones de virtute
sermonis sint verae hoc patebit in libro de Consequentiis et sic sit finis
huius operis causa brevitatis ; del trattato De terminis confundentibus
l'incipit è: Affectuose summariam cognitionem terminorum vim confundendi
habentium, l’explicit: consequentia negatur quia antecedens est verum et
consequens falsum. Il secondo trattato rinvia al primo, ma i codici consultati
presentano varianti a questo proposito: il Vat. lat. 3065, f. 26ra, ha: aliquae
regulae positae sunt in tractatu de suppositionibus sic incipiente: Intentionis
praesentis in hoc tractatu etc. , e ciò è anche (meno in hoc tractatu etc. )
nell’Amplon. Q. 30, f. 141r; il ms. Cracovia, Biblioteka Jagiellotfiska, ha
invece (f. 295v): incipiente: Expedit
etc. , mentre i mss. Cracovia 2178 (f. 43v) e 2591 (f. 80r) omettono l’incipit,
pur conservando il rinvio al De suppositionibus. Il trattato De
suppositionibus, a sua volta, ha un rinvio all’altro: de quibus patebit [così i
mss. Cracovia 2178, f. 40v, e 2591, f. 75v; il Vat. lat. 3065, f. 68ra, ha
patuit] in libro de terminorum Confusione . Maulevelt parla dunque di tre
trattati (De suppositionibus, De terminis confundentibus, De consequentis) che
potrebbero essere parti di un'unica opera logica, o surzzza. Utilizzeremo il
testo dei due trattati secondo il ms. Vat. lat. 3065 (De ter minis
confundentibus, ff. 25vb-28ra, e De suppositionibus, ff. 65vb-68rb), per il
quale cfr. il mio Lo Speculum puerorum
..., cit., pp. 312-314. Cfr. Joannis
BuripaNI Perutile Compendium totius logicae cum praeclarissima sollertissimi
viri JOANNIS DORP expositione. Impressum Venetiis per Petrum de Quarengiis
Bergomensem. Anno domini 1499, die XI Maij, s. pp. I '''+—m_1 r o_o
T_—1-P-P1_1_.u nell’edizione della Reina #), i Sophismata®, le Consequentiae”;
si ricorderanno anche i Capitula a lui attribuiti dal ms. Vat. lat. 3065%.
Alberto di Sassonia e anch’egli rettore a Parigi, quindi, e rettore
dell’università di Vienna e poi vescovo di Halberstadt: ricorderemo le sue
Quaestiones in Ochami logicam, la Logica!” e i Sophismata. Inghen, professore a
Parigi e rettore, primo rettore dell’università di Heidelberg, ha lasciato
molte opere, ma qui saranno utilizzati solo i Textus dialectices. Le opere di
questi filosofi, per la diffusione avuta in tutta Europa, servono a
caratterizzare [Burano, Tractatus de suppositionibus, prima ed. a cura di
Reina, Rivista critica di storia della
filosofia. Burani Sopbismata, per felicem balligault parisius impressa die 20 Novembris 1493, s. pp. (ma con
paginazione a mano nell’esemplare utilizzato). Burani Consequentiae. Impressus
parisius per Anthonium caillaut, s. a., s. pp. 9 Ms. cit., ff. 105-107vb; per
essi cfr. G. FepERICI VESCOVINI, Sw alcuni manoscritti di Buridano, Rivista
critica di storia della filosofia. Per le quali cfr. l’ed. dell’Expositio aurea
di Occam. Arsertuci Logica. Perutilis Logica excellentissimi Sacre theologie
professoris magistri ALsERTI DE SAXONIA ordinis Eremitarum Divi Augustini.
Impressa Venetiis ere ac sollertia Heredum Domini Octaviani Scoti Civis
Modoetiensis et sociorum. Anno a Christo ortu. Die XII. mensis Augusti. 101
Cfr. ArseRTI De SaxonIa Sopbismata nuper emendata. Impressum est Parisiis hoc
opusculum Opera ac impensa Magistri
felicis Baligault Anno ab incarnatione dominica, s. pp. (ma l'esemplare
utilizzato ha la paginazione a mano).Stanno in Parvorum logicalium liber
continens perutiles Perri HispAnI tractatus priorum sex et [MARsILII
dialectices documenta, cum utilissimis commentariis perCONRADUM PSCHLACHER congestis, Viennae Austriae, Johannes
Singrenius. I trattati di INGHEN sono: Tractatus suppositionum, ivi, ff.
146v-166r; Tractatus ampliationum, ivi, ff. dottrine ampiamente conosciute e
accettate. Non più di un cenno è riservato al Tractatus exponibilium di Pietro
d’Ailly (} !%. Il terzo gruppo di FILOSOFI è quello ITALIANO. Pietro di Mantova
[si veda], studente a Padova, lettore di filosofia a BOLOGNA. Pietro ha
lasciato una Logica di notevole interesse. Gli altri filosofi o vissero a
cavallo tra il secolo XIV e quello successivo, come Paolo Veneto. Poiché
tuttavia le loro opere testimoniano che IN ITALIA l'insegnamento della logica e
impartito spesso su testi di filosofi inglesi o derivati da questi, essi sono
posti accanto ai filosofi del secolo XIV quali loro legittimi epigoni. NICOLETTI
(si veda), noto come Paolo Veneto, studia, fra l’altro, a Oxford e insegna in
varie università italiane e soprattutto a Padova; citeremo 168v-173v; Tractatus
appellationum, ivi, ff. 175v-179v; Textus de statu, f. 180; Tractatus
restrictionum, ivi, ff. 181v-182r; Tractatus alienationum, ivi, f. 182v; Prima
Consequentiarum pars, ivi, ff. 184r-193r; Secunda Consequentiarum pars, ivi,
ff. 194v-208v. Al titolo Textus dialectices seguirà solo l'indicazione dei ff.
103 Cfr. MacistRI PetrI DE ArLLvAco Tractatus exponibilium, Parisius Impressus
a Guidone Mercatore. In campo gaillardi. Id. Octobris, s. pp. (ma l'esemplare
consultato ha la paginazione a mano). Petrus MANTUANUS, Logica. Tractatus de
instanti, Padova, Johann Herbort; l’ordine dei trattati è diverso dai mss. alle
stampe; l’ed. utilizzata è s. pp., ma l'esemplare che ho consultato ha una
paginazione a mano; la segnatura della Bibl. Vat. è Ross. 1769; cfr. la
bibliografia in Lo Speculum puerorum ..., cit.,299 n. 16. La più completa
trattazione d’insieme del pensiero di NICOLETTI è ancora quella di F.
MomicLiano, NICOLETTI e le correnti del pensiero filosofico del suo tempo,
Torino; pet il soggiorno ad Oxford, cfr. B. NarpI, Letteratura e cultura
veneziana del Quattrocento, in La civiltà veneziana del Quattrocento, Firenze, dove
si afferma che NICOLETTI rimane a Oxford almeno 3 anni, e si le sue opere:
Logica parva, Logica magna, Quadratura. Paolo da PERGOLE (si veda) e discepolo di NICOLETTI a Padova e resse la
scuola di Rialto a Venezia; la sua Logica segue da vicino la Logica parva del
suo maestro; il trattato De sensu corpositio et diviso dipende dall'omonimo
trattato di Heytesbury !°; i Dubiz sono legati ai temi delle Consequentiae di Strode.
Altro discepolo di NICOLETTI e il vicentino Gaetano da THIENE (si veda), professore a Padova, che ha legato il suo nome
soprattutto al commento delle opere di Heytesbury (Regulae e Sophismata). Si
ricorda di lui l’Expositio delle Consequentiae di Strode. Il domenicano
Battista da FABRIANO (si veda) riporta il seguente documento. Die 31 Augusti
1390: Fecimus studentem fratrem Paulum de Venetiis in nostro studio Oxoniensi
de nostra gratia speciali cum omnibus gratiis quibus gaudent ibidem studentes
intranei. Item eidem concessimus quod tempore vacationum Lundonis possit libere
morati. Cfr. ora A.R. PerreraH, A Biograpbical Introduction to NICOLETTI, Augustiniana. Pauri VENETI Logica, [Venezia,
Cristoforo Arnaldo], s. pp. AI titolo Logica parva seguirà solo l’indicazione
del trattato. Pauri Veneti Logica magna. Impressum Venetiis per diligentissimum
virum Albertinum Vercellensem Expensis domini Octaviani Scoti ac eius fratrum
opus feliciter explicit Anno D. 1499 Die 24 octobris. Macistri Pauri VenETI
Quadratura. Impressum Venetiis per Bonetum Locatellum Bergomensem iussu et
expensis Nobilis viri Octaviani Scoti civis Modoetiensis. Anno ut supra. Cfr.
B. NARDI, op. cit., pp. 111-118. Cfr. Pau or PercuLA, Logica and Tractatus de
sensu composito et diviso, ed. Brown, St. Bonaventure N.Y.-Louvain-Paderborn
1961. Si tenga presente anche I. Bon, Paul of Pergula on Suppositions and
Consequences, Franciscan Studies , XXV
(1965), pp. 30-89. Cfr. per l’ed. dei Dubia, n. 90. Cfr. su Gaetano da Thiene: P. Silvestro
DA VaLsanziBIo, Vita e dottrina di Gaetano da Thiene, Padova 1949; per l’ed.
dell’Expositio (che citeremo col titolo Super Consequentias Strodi), cfr. n.
90. professore di filosofia e teologia a Padova, Siena, Firenze e Ferrara,
cominciò la sua carriera accademica un decennio dopo Gaetano da Thiene;
compose, fra l’altro, una Expositio del De sensu compositio et diviso di
Heytesbury. Il senese SERMONETA (si veda), magister artium et medicinae , figlio del
medico Giovanni, insegnò a Perugia, poi a Pisa (per quattro anni) e finì la sua
carriera a Padova; ricorderemo i suoi due scritti di logica: Super
Consequentias Strodi!5 e Expositio in tractatum de sensu composito et diviso
Hentisberi!*, Un’Expositio dello stesso trattato De sensu composito et diviso
scrisse anche il carmelitano senese Bernardino di LANDUCCI (si veda)), che
divenne generale del suo ordine.Cfr. J. Quérrr-J. Ecuarp, Scriptores Ordinis
Praedicatorum, I, Lutetiae Parisiorum 1719,847; G. Brorto-G. ZonTA, La facoltà
teologica di Padova, Padova. Cosenza,
Biographical and Bibliographical Dictionary of Italian Humanists and of the
World of Classical Scholarship in Italy, Boston, ad L’ed. dell’Expositio è in
Tractatus de sensu composito et diviso magistri GuLieLMI HENTISBERI cum
expositione infrascriptorum, videlicet: Magistri ALEXANDRI SERMONETE (impressum
Venetiis per Jacobum Pentium de Leuco, a. d. 1501, die XVII julii), Magistri
BERNARDINI PETRI DE LANDUCHES, Magistri PauLi PercuLENSIS et Magistri Bapriste
DE FABRIANO. Si veda ora L. GARcan, Lo studio teologico e la biblioteca dei
Domenicani a Padova nel Tre e Quattrocento, Padova, Battista da Fabriano. Cfr.
J. FaccioLATI, Fasti Gymnasii Patavini, I, Patavii; A. FagroNI, Historiae
Academiae Pisanae, Pisis; Ermini, Storia dell’università di Perugia, Bologna
1947,501. Cfr. l’ed. cit. inn. 90. Cfr.
l’ed. cit. in n. 113. Cfr. l’ed. del testo in n. 116; si vedano per le notizie
biografiche: J. TritHEMIUS, Carmelitana Bibliotheca sive illustrium aliquot
Carmelitanae religionis scriptorum et eorum operum catalogus magna ex parte
auctus auctore P. Petro Lucio BeLGA, Florentiae apud Georgium Marescottum
Contemporaneo del Landucci dovette essere il lodigiano POLITI, artium doctor:
alunno di MARLIANI (si veda), insegna calculationes a Pavia! e compose vati
trattati di logica: un De sensu composito et diviso, una declaratio della
Logica parva di NICOLETTI e una Quaestio de modalibus, che sarà qui utilizzata,
scritta al tempo di BORGIA (si veda). VETTORI (si veda), di Faenza, insegn a BOLOGNA,
medicina a Padova e poi di 1593, pp. 20-21; C. ne VrrLiers, Bibliotheca
Carmelitana, I, Aurelianis (ed. anast. Romae), nr. LXV, Bassani Porti Quaestio
de modalibus, Venetiis apud Bonetum Locatellum 1505; l'incipit è (ivi, f. 2ra):
Excellentissimi doctoris magistri
Bassiani Politi Laudensis quaestio de numero modorum facientium sensum
compositum et divisum. Quaestio est difficilis in materia de modalibus, utrum
tantum sex [....] , l’explicit è (ivi, f. 4rb): iam patet ex dictis quid sit
dicendum. Finis ; cfr. ivi la lettera dedicatoria a Rodrigo Carvajal, dalla
quale risulta che fu alunno di Gerolamo Marliani, vivente quando l’autore
scriveva (insegnò a Pavia nel 1486-87 e nel 1507: cfr. Memorie e documenti per
la storia dell'università di Pavia , Pavia 1878, ad I.), figlio di Giovanni
Marliani (per il quale cfr. M. CLaceTT, Giovanni Marliani and Late Medieval
Physics, New York 1941. Sul Politi cfr. C. DionisortI, Ermolao Barbaro e la
fortuna di Suiseth, in Medioevo e Rinascimento. Studi in onore di B. Nardi,
Firenze. Cfr. Quaestio de modalibus, cit., f. 3va: Pro cuius declaratione praesuppono mihi unum
fundamentum Petri Mantuani in primo capitulo De instanti anno elapso dum Papiae
calculationes profiterer per me fortissimis rationibus comprobatum ; il suo
Tractatus proportionum introductorius ad Calculationes Suiset è edito insieme
con la Quaestio ai ff. 4va-8vb. 120 Quaestio, cit., f. 3va: stante fundamento diffuse declarato in
tractatu nostro De sensu composito et diviso , e f. 4rb: Hoc autem diffuse declaravimus in tractatu
nostro De sensu composito et diviso . 121 Ivi: optime poteris sustentare definitionem Pauli
de suppositione absque aliqua limitatione, ut diffuse contra modernos
declaravimus super Logica patva . 12 Ivi, f. 3va: Alexandro nunc summo pontifice .] nuovo a
Bologna !*; ha lasciato molte opere di medicina e due opere logiche, composte
entrambe al tempo in cui insegnava logica a Bologna: la prima è Collectaneae in
suppositiones Pauli Veneti, la seconda è Opusculum in Tisberum de sensu
composito et diviso; utilizzeremo solo quest’ultima. Non di tutti questi
trattati si troverà qui un’analisi approfondita, ma ad alcuni si farà solo un
riferimento.La struttura della summzula, o summa, ha subìto una notevole
evoluzione. Essa risulta composta di alcuni trattati che riassumevano le
dottrine dell’Isagoge e dell’Organon (in questo caso, l’esposizione del De
interpretatione occupa il primo posto) ai quali seguivano altri trattati sulle
proprietates terminorum. Con la Summa logicae di Occam cade la distinzione tra
elementi della logica antiqua ed elementi della logica moderna. La materia è
ristrutturata, secondo un criterio ‘naturale’, in parti che studiano l’elemento
più semplice o termine, la proposizione, e il sillogismo o strutture logiche
complesse. Questo criterio naturale non corrisponde alla distinzione tra logica
elementare o degli enunciati e logica o CALCOLO DEI PREDICATI. Ma con il De
puritate artis logicae di Burleigh si fa un passo [Cfr. S. Mazzetti, Repertorio
di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre
Istituto delle Scienze di Bologna, Bologna. Cfr. per entrambe: BenEDICTI
VICTORII BononiensIS Opusculum in Tisberum de sensu composito ac diviso cum
eiusdem collectaneis in suppositiones Pauli Veneti. Expositio Benedicti
Victorii Bononiensis ordinariam logicae Bononiae publice profitentis feliciter
explicit. Laus deo. Finis. Bononiae. Cfr. Bonner, Medieval Logic] avanti.
L’opera, si è detto, ci è pervenuta in due redazioni. Se il tractatus longior
risulta di due trattati (de proprietatibus terminorum e de propositionibus et
syllogismis bypotheticis) e risente ancora del criterio naturale che presiede
alla Summa logicae di Occam, il tractatus brevior avrebbe dovuto risultare di
parti dedicate alle regulae generales -e cioè consequentiae, syncategoremata e
suppositiones --, all’ars sophistica -dottrina delle fallaciae --, all’ars
exercitativa -o de obligationibus -e all’ars demonstrativa -o sillogismo. Nel
iractatus brevior, dunque, la distribuzione della materia non obbedisce più che
a criteri puramente logici, ponendo in primo piano la logica degli enunciati.
Ma per avere un quadro più completo delle modificazioni subite dall'impianto
dei manuali di logica, è opportuno accennare ancora alla struttura di due
opere. Le Regulae solvendi sophismata di Heytesbury sono una surzzza !” (ma
vanno anche sotto il nome di Logica), ma della summa tradizionale conservano
ben poco. Si articolano infatti in capitoli dedicati agli insolubilia, al de
scire et dubitare, alla supposizione del relativo (de relativis), alla
expositio de incipit et desinit, ai problemi de maximo et minimo e a quelli,
compresi nel capitolo de tribus praedicamentis, relativi al moto locale,
quantitativo (de augmentatione) e qualitativo (de alteratione). Più
tradizionale la distribuzione della Logica di Strode. In un primo trattato Strode
ricapitola la materia dei seguenti libri: De interpretatione (con in più la
trattazione delle proposizioni ipotetiche), Isagoge, Categorie e Primi
analitici, nel secondo si toccano i seguenti argomenti: termine, proposizione,
de obligationibus (è, [Cfr, l’Introduction del Bonner a W. BurLEIGH, op. cif.,
pp. VI-XI. 127 Op. cit., f. 4va: traderem brevi summa e Et in sex capitula
nostram dividens summulam . 128 Così,
secondo ScHum, op. cit.,88, è nel cit. ms. Erfurt, Amplon. F. 135. questo, un
trattato dedicato, come avverte l’autore, ai principia logicalia e che deve servire ad introdurre i giovani in tractatus graviores !®); seguono gli altri
quattro trattati: conseguentiae de suppositionibus et exponibilibus,
obligationes, insolubilia. i Si può notare che in queste opere nuove esigenze e
nuovi problemi si fondono con esigenze tradizionali d’insegnamento. Ma emerge
sempre più l’affermarsi della logica degl’enunciati o consequentiae rispetto
alla logica dei termini, giacché la logica dei termini è sottoposta a verifica
mediante consequentiae. Ciò è stato già rilevato a proposito della suppositio,
ma trova ora nuove conferme soprattutto nella dottrina della probatio
propositionis. La logica elementare, specie nella probatio, è il presupposto
indispensabile di tutta l’articolazione del discorso e delle analisi proposte.
Contemporaneamente, anche a livello di organizzazione di un corpus di dottrine
logiche, la consequentia va a prendere il primo posto. Si è ricordata la
collocazione che essa ha nel tractatus brevior De puritate artis logicae di
Burleigh. Ma si pensi che, spesso, il sillogismo è considerato, come
dev'essere, un tipo di conseguentia (Riccardo di Campsall parla di consequencia
sillogistica e Alberto di Sassonia ha de consequentiis syllogisticis) fino a
giungere con SERMONETA (si veda), all’affermazione del primato delle
consequentiae rispetto ai sillogismi. Le corseguentiae sono communissima pars
libri Priorum, aut ad ipsum isagogicon. Tutto ciò è testimonianza di un lavoro
che lungo i secoli Fa Cfr. Logica, cit., f. 19vb: Et haec dicta de principiis
logicalibus ad iuvenum introductionem in tractatus graviores sufficiant . 19
Bonner, Medieval Logic, cit., pp. 29-31. 131 Cfr. Questiones ..., cit., 12.34,205.
{ sa” Logica, IV, 7: De consequentiis syllogisticis hoc est de syllogismis, . 28vb. È 133 Cfr. Super
Consequentias Strodi, cit., f. 2ra: Ad secundum dico libellum hunc esse
communissimam partem libri Priorum aut ad ipsum isagorgicon, et per consequens
immediate postponi debere ad librum ha avuto di mira l’identificazione di
strutture logiche sulle quali fosse possibile operare. Ma è ben noto che la
logica è, nel medioevo, una delle arti del trivio e HA PER OGGETO IL LINGUAGGIO
(è quindi una scientia sermocinalis)
come la grammatica e la retorica, differendo però da la GRAMMATICA e la
RETORICA perché DIALETTICA mira a discernere le proposizioni vere da quelle
false, mentre la grammatica e la retorica insegnano, rispettivamente, a SERVIRSI
del linguaggio con correttezza – LA GRAMMATICA -e con eleganza – LA RETORICA. A
sua volta, IL LINGUAGGIO-OGGETTO d’indagine è una lingua storica, il LATINO. È
da chiedersi perciò fino a che punto i risultati dello sforzo compiuto per
identificare strutture linguistiche sulle quali fosse possibile operare
validamente da un punto di vista logico autorizzino a parlare di logica
formale; o, in altri termini, se le strutture siano autentiche forme, siano
trattate SENZA FAR RIFERIMENTO AL SIGNIFICATO delle parole e al senso delle
espressioni. Quando si cerca una risposta, la difficoltà maggiore s'incontra nel
fatto che la proposizione studiata ha un ineliminabile importo esistenziale,
per cui elementi extra-logici -ontologici, gnoseologici -finiscono per
condizionare la trattazione della logica. È tuttavia utile indicare alcuni
elementi che documentano il progressivo affermarsi di una concezione formale
della logica. Oltre alla distinzione, troppo nota, tra materia e forma di un
argomento, ricordiamo che Buridano considera la copula est “formale
propositionis;” essa cioè è l’elemento Periermenias et anteponi ad librum
Topicorum, Elenchorum et Posteriorum. Patet hic ordo, quia de consequentia hic
tamquam de subiecto agitur, quae communiot est omni specie argumentationis seu
syllogismo simpliciter, de quo agitur in libro Priorum . Cfr. Moopy, Truth and
Consequence ..., cit.,10. 134 Cfr. R. CarnaP, Sintassi logica del linguaggio,
tr. it. A. Pasquinelli, Milano 19662,33. 135 Cfr. Tractatus de suppositionibus,
cum copula debeat esse formale propositionis; Reina legge: esse (verbum)
formale , ma l'integrazione è superflua. Ma v. BURIDANO, Consequentiae, cit.,
tei] formale della proposizione categorica o atomica; che Alberto di Sassonia
parla di “formale propositionis” per le ipotetiche: sono tali le particelle
sincategorematiche (come “si” – sillogismo ipotetico; “vel:, sillogismo
disgiuntivo) che fungono da connettivi tra proposizioni atomiche in modo da
formate proposizioni molecolari; che Heytesbury usa il termine forzza per
indicare una struttura logica, considerata solamente dal punto di vista
operativo, nella quale le variabili stanno per proposizioni. Il progressivo,
cosciente affermarsi del primato della logica degl’enunciati va dunque di pari
passo con l’individuazione di forme logiche. Infine, in un testo in cui si
discute della diversità delle logiche, proprie delle varie scienze, all’interno
dell’unica (universalis) logica comune a tutte le scienze, e quindi della
diversità della rationalis logica fidei e della logica naturalis, Holcot scrive.
Sed quid est dicendum: estne logica Aristotelis formalis, an non? Dico, quod si
non vis I, 7 (distingue tra materia e forma della proposizione o della
consequentia e precisa quali elementi siano da considerare spettanti alla
forma). 156 Cfr. Sophismata, cit., II, 8° Non Socrates currit vel non curtit ,
f. [4lra]: quia formale, scilicet nota
disiunctionis, in utraque affirmatur , e
Non aliquis homo currit si
aliquod animal currit , f. [4lra-b]: [..] eo quod in illo sensu negatio cadit
supra formale propositionis, scilicet supra notam conditionis. 157 Cfr. cap.
VI, app. 2, nn. 8 e 9 (in entrambi i casi si tratta della proposizione
copulativa. 158 Cfr. HoLcor Opus questionum ac determinationum super libros
Sententiarum, Lugduni 1518, I Sent., q. 5J: Eodem modo rationalis logica fidei alia debet
esse a logica naturalis. Dicit enim Commentator secundo Metaphysicae commento
XV quod quaedam logica est universalis omnibus scientiis, et quaedam propria
unicuique scientiae; et si hoc est verum, a multo fortiori oportet ponere unam
logicam fidei, et similiter alia logica utitur obligatus certa specie
obligationis, et alia libere respondens secundum qualitatem propositionum. Modo
philosophi non viderunt aliquam rem esse unam et tres; ideo de ea in suis
regulis mentionem non fecerunt. Sunt igitur in logica fidei tales regulae: quod
omne absolutum praedicatur in singulari de tribus, et non in plurali; alia,
quod unitas tenet suum consequens, ubi non obviat relationis oppositum. Et ideo, concessis
praemissis dispositis Terminologia logica della tarda scolastica 43 vocare
logicam formalem nisi illam, quae tenet in omni “agi sicut dicit Commentator
primo Physicorum commento XXV: ermo concludens per se debet concludere in omni
materia, tune patet, quod non. Si vis vocate logicam formalem illam, quae per
naturalem inquisitionem in rebus a nobis sensibiliter a non capit instantiam,
dico quod sic !®: secondo Holcot, la
logica aristotelica è logica naturale, e la sua validità non trova eccezione
nell’ambito della nostra esperienza. Essa è quindi formale nell'ordine della
natura. Ma la logica aristotelica non è una logica universale valida in ogni
materia (non è applicabile, ad tr pio, al dato rivelato, come al problema della
trinità) e in tal senso non è logica formale. Forse altri testi potranno ts
mentare meglio e chiarire con quale coscienza i maestri Fa ev si servissero dei
propri strumenti scientifici, e quindi della logica Ma sembra incontestabile
che qui s’affaccia 1 esigenza di una logica formale, la cui validità si estenda
ad ogni campo del sapere e non dipenda dalle particolarità della materia
trattata, De sia cioè condizionata dai princìpi di questa, ma ubbidisca solo ai
propri princìpi. Prima di concludere, è il caso di spendere qualche parola per
presentare questo lavoro e per collocarlo in rapporto ai temi ora accennati. na
. Ciascuno dei capitoli nei quali esso si articola è dedicato ie studio di un
termine o gruppo di termini, e quindi di una dotin modo et in figura, negatur
conclusio, quia in conclusione obviat cera oppositio; sicut si arguitur sic:
haec essentia est pater, haec essentia t.filius, ergo filius est pater; et
utraque praemissarum est vera, et app: ispositio tertiae figurae . . de"
Ivi (continuaz. del testo della n. prec.). Il passo è gar w F. Horemann,
Holcot. Die Logik in der Theologie, in Lo ssd Mediaevalia, 2: Die Metaphysik im
Mittelalter. Vortrige des si mi nalen Kongresses fiir mittelalterliche Philosophie
(Kéln 31 Aug.-6 Sept. 9 herausg. P. Wilpert-W.P. Eckert, Berlin 1963, p. 633. 44
Alfonso Maierà trina, che ha un certo rilievo nel quadro dell’insegnamento
logico della tarda scolastica. L’ordine con cui si succedono i capitoli non è
quello strettamente alfabetico. Il criterio alfabetico si compone con quello
dell’affermarsi cronologico delle dottrine. La combinazione dei due criteri ha
portato a una disposizione che, pur salvando la varietà dei temi trattati,
forse conferisce una certa unità all’esposizione. Le dottrine, proprie della
logica modernorum, relative ai termini e alle proposizioni hanno trovato una
particolare sistemazione in due specie di trattati che corrispondono a diversi
punti di vista. Uno è quello fornito dal de sensu composito et diviso: si pensi
al trattato di Heytesbuty). L’altro corrisponde a quello della probatio
propositionis -quale si trova, ad esempio, nello Speculum di Billingham. Si è
dato un certo rilievo a questi temi per due motivi. Primo, perché sembra siano
le dottrine verso le quali confluiscono le altre. Si vedano i rapporti tra
appellatio e senso composto e senso diviso, tra ampliatio e propositio modalis,
tra suppositio confusa, descensus e probatio, tra propositio modalis e
probatio, tra la dottrina della probatio e quella del senso composto e del senso
diviso: è una fitta rete di nessi che corre da un tema all’altro. Secondo,
perché i due punti di vista, in certo senso concorrenti, finiscono per
unificatsi. Il de sensu composito et diviso è in genere analizzato per mezzo
della dottrina della probatio dai filosofi italiani. Il rapporto tra di essi
costituisce uno dei temi più interessanti della filosofia scolastica del
linguaggio. I capitoli appellatio, ampliatio-restrictio, e copulatio affrontano
una problematica che, pur presente nella tarda scolastica, non ha ricevuto un
impulso notevole in quel periodo. Essi infatti svolgono una tematica
caratterizzante: le prime discussioni sulle proprietates terminorum. Segue un
capitolo che studia un aspetto della suppositio. La dottrina della suppositio
rappresenta il frutto più maturo dei parve logicalia e apre la strada allo
studio dei termini dal punto di vista della logica degli enunciati. Qui se ne
tratta un capitolo particolare, la confusio, al quale i logici della tarda
scolastica fanno continuamente riferimento e che mostra la tendenza a una nuova
organizzazione della dottrina in un quadro più ampio. Seguono capitoli dedicati
alla propositio modalis, alla probatio propositionis, al sensus compositus e al
sensus divisus, che dovrebbero meglio documentare la capacità di analisi dei filosofi
alle prese con un linguaggio storico e informale come IL LATINO mentre aspirano
a fondare un linguaggio scientifico, ideale, o formale. Quanto di tutto ciò la
logica derivi dalle dottrine grammaticali si vedrà nei singoli casi. Rijk, nella
sua Logica modernorum fa un primo bilancio dei termini che la logica fa propri RICAVANDOLI
DALLA GRAMMATICA FILOSOFICA O RAZIONALE. Di essi ricordiamo suppositio,
appositio, appellatio, IMPLICATIO, IMPLICITVM-EXPLICITVM, incongruu. Ma bisogna
aggiungere che la logica necessariamente fa leva sulle dottrine grammaticali
nella sua indagine sulle strutture linguistiche
del LATINO. Si pensi allo studio delle parti del discorso, in
particolare del NOME con i suoi casi (si veda la funzione dei casi obliqui in
contrapposizione al caso rectus), e del verbo e del tempo di esso. Del pronome
relativo e l’ANAFORA, la CATAFORA, l’ENDOFORA, e l’ESSOFORA, in rapporto al
problema della supposizione, la prae-suppositio, e l’implicatura. Si pensi al
rapporto tra forma avverbiale e forma causalis o nominale del modo; e, ancora,
a quanto siano presenti le dottrine delle costruzioni sintattica – SINTASSI,
SEMANTICA, PRAMMATICA -grammaticali, indipendenti, nella vox attiva o vox passiva,
e dipendenti (dictu72) e, in particolare, all’importanza che esse rivestono per
l’esame del senso composto e del senso diviso. Si vedrà se, e quale, utilità
possa venire alla discussione di problemi affrontati dai filosofi del
linguaggio del nostro tempo, come H. P.
GRICE, dalla lettura di testi del genere. Segnaliamo soltanto alcuni punti nei
quali il confronto risulta immediatamente interessante: 140 Op. cit., I, pp.
20-22; ma cfr. tutta la prima parte del secondo volume della stessa opera. la
dottrina dell’impositio richiama alla mente la critica della dottrina del nome
avanzata da ‘Vitters.’ La consignificatio temporis è negata’ da Russell. La
dottrina della copula e della predicazione può essere esaminata alla luce dell’ONTOLOGIA
– come rama della metafisica, come ha fatto D.P. Henry, sequendo H. P. GRICE –
“Semantics and METAPHYSICS,” Part II to his “Studies in the Way of Words”. Per
quanto riguarda i modali. Si veda l'esame dei particolari egocentrici e degli
atteggiamenti enunciativi operata da Russell. Si tratta solo di alcuni
argomenti e punti di contatto che permettono però di notare come il ripropotsi,
a distanza di tanti secoli, degli stessi temi sottolinei quanto siano
insoddisfacenti le formulazioni e le soluzioni finora affacciate, se la ricerca
intorno ad essi continua con impegno. Cfr. Ricerche filosofiche, ed. it. a cura
di M. TRINCHERO (si veda), Torino: ad es., $ 40, pp. 31-32. 14 Cfr. A Inquiry
into Meaning and Truth, tr. it. di L. Pavolini col titolo Significato e Verità,
Milano. Cfr. Henry, The De Grammatico of AOSTA: The Theory of Paronymy, Notre
Dame Ind.., che utilizza C. LEJEWSKI, On Lesniewski's Ontology, Ratio; per i particolari egocentrici, e per
gli atteggiamenti enunciativi. APPELLATIO. Appellatio —mpoonyopia
nell'antichità. Il valore primo e fondamentale dei termini appellatio e
appellare è, rispettivamente, atto di NOMINARE (DESSINARE) o semplicemente
‘nome’, e ‘nominare’, ‘designare’ DESSINARE. DISENNARE. Ma appellatio rende la
“rpoonvopia”, fra l’altro, in due contesti: quello aristotelico o LIZIO delle “Categorie”
e quello del PORTICO delle dottrine grammaticali. In rapporto al testo
aristotelico e all’insegnamento DEL PORTICO si sono costituite due tradizioni.
Di esse la più antica, e più ampiamente testimoniata, è senza dubbio la
seconda. Un primo cenno si trova nel spagnuolo Quintiliano, il quale,
discutendo del numero delle parti del discorso, si chiede se npoonvopia sia da
considerare una specie di nome o una autonoma parte del discorso -in questo
secondo caso, NOMEN è quella parte del discorso indicante una qualità propria,
individuale, esempio: ‘SOCRATE,’ o GRICEVS, STRAWSONIVS e PEARSIVS -mentre
appellatio è la parte del discorso indicante una qualità comune, esempio:
‘uomo’ -e se il termine “npoonvopia” sia da rendere indifferentemente con “vocabulum”
o [Cfr. Thesaurus linguae latinae, appellare, appellatio. Cfr. però L. ApAmo, BOEZIO
e VITTORINO traduttori e interpreti dell’ Isagoge di Porfirio, Rivista critica
di storia della filosofia, il quale rileva che Vittorino rende prevalentemente “xamyopeiv” con “appellare,”
xaxmyopla con “appellatio”, xatnYyopobpevos con appellativus. appellatio,
oppure se “vocabulum” debba essere distinto da appellatio, indicando il primo
termine i nomi comuni di corpi, visibili e tangibili, e il secondo i nomi
comuni di cose invisibili e non tangibili. Come è noto, per i grammatici
filosofici della tarda antichità il NOMEN può essere PROPRIVM *o* APPELATIVO. Un
NOME PROPRIO DESIGNA i nomi di persona
(o animale – H. P. GRICE, “Bellerophon rode Pegasus”). IL NOME APPELLATIVO i
nomi comuni: la dottrina del PORTICO è qui evidentemente ripresa. In questo
contesto è frequente il richiamo, esplicito [Institutiones oratoriae, ed.
Radermacher, Lipsiae. Paulatim a philosophis ac maxime Stoicis PORITCO auctus
est numerus (sc. partium orationis), ac primum convinctionibus articuli
adiecti, post praepositiones: nominibus appellatio, deinde pro-nomen, deinde
mixtum verbo participium, ipsis verbis adverbia. noster sermo articulos non
desiderat ideoque in alias partes orationis sparguntur, sed accedit
superioribus interiectio. alii tamen ex idoneis dumtaxat auctoribus VIII partes
secuti sunt, ut ARISTARCO et aetate nostra PALEMONE, qui vocabulum sive
appellationem nomini subiecerunt tamquam speciem eius, at ii, qui aliud nomen,
aliud vocabulum faciunt, novem. nihilominus fuerunt, qui ipsum adhuc vocabulum
ab appellatione diducerent, ut esset vocabulum corpus visu tactuque manifestum
‘domus lectus’, appellatio, cui vel alterum deesset vel utrumque ‘ventus caelum
deus virtus’. adiciebant et adseverationem,ut ‘eheu’, et tractionem ut
‘fasciatim’: quae mihi non adprobantur. vocabulum an appellatio dicenda sit
tpoonyopla et subicienda nomini necne, quia partvi refert, liberum opinaturis
relinquo. Ma appellatio vale nomen per Quintiliano: cfr. ivi, XII, 10, 34, vol.
II,408: res plurimae carent appellationibus. Più generalmente, per il valore
del termine APPELLATIO IN RETORICA, cfr. H. Lausserc, Handbuch der
literarischen Rbetorik. Eine Grundlegung der Literaturwissenschaft, Miinchen, Registerband.
Stoicorum veterum fragmenta, ed. Arnim, Lipsiae, $ 21 Diocles Magnes apud Diog.
Laért. VII, 57: toù Sì Xbyov tori pépn Evie, die gno Avoyévne TE Èv TD Tepi
pwviig xa Kpbatrrog * $voua, mpoonvopia, pfua, oiviecos, &pipov e $ 22:
Diocles Magnes apud Diog. Laért. VII, 58: tot Sì mpoonyopla pév, xatà tèv
Atovivnv, pépos Xbyov omuatvov xouviy Toubenta, olov “Uvapwroc”, “Immoc”. dvopa
SE tot pepog Abyov SnXoiy idtav mowrtnta, olov Atoyévng, Zwxpktng. Presso il
PORTICO tpoonyopia è parte del discorso accanto a $vopua, non una sottoclasse
di esso, come sarà PER I LATINI. per i latini.] o implicito, alla distinzione
tra vocabulum e appellatio. La tradizione aristotelica è legata a due passi
delle Categorie. Aristotele pone la definizione dei termini denomi[Prisciano
però ripete la dottrina originale. In Grammatici latini. Secundum stoicos PORTICO
vero V sunt eius (sc. orationis) partes: nomen, appellatio, verbum, pronomen
sive articulus, coniunctio. nam participium connumerantes verbis participiale
verbum vocabant vel casuale, e aggiunge, in Grammatici latini. Sic igitur supradicti
philosophi [del PORTICO] etiam participium aiebant appellationem esse
reciprocam, id est dvTavaNALO TOY mpoomyoplav, hoc modo: LEGENS EST LECTOR et LECTOR
LEGENS, CVRSOR EST CURRENS et CVRRENS CVRSOR, AMATOR EST AMANS et AMANS AMATOR,
vel nomen verbale vel modum verbi casualem. La lettura di alcuni passi dei
grammatici mostra quanto fosse articolata la discussione relativa a appellatio
in rapporto al nome (per altre occorrenze, cfr. Thesaurus linguae latinae,
appellatio): DiomEDIS Artis grammaticae
libri III, ex rec. H. Keilii, I, in Grammatici latini, cit., I, Lipsiae. Dopo
aver definito il NOMEN pars orationis
cum casu sine tempore rem corporalem aut incorporalem proprie communiterve
significans, aggiunge. Sed ex hac definitione SCAURO dissentit. separat enim a
nomine appellationem et vocabulum. et est hotum trina definitio talis:
appellatio quoque est communis similium rerum enuntiatio specie nominis, ut HOMO
VIR femina mancipium leo taurus. item vocabulum est quo res inanimales vocis
significatione specie nominis enuntiamus, ut arbor lapis herba toga et his
similia. Ma cfr. Appellativa nomina sunt quae generaliter communiterque
dicuntur. haec in duas species dividuntur, quarum altera significat res
corporales, quae videri tangique possunt (i altera incorporales, quae
intellectu tantum modo percipiuntur, verum neque videri nec tangi possunt; Ex
CWarISsII arte grammatica excerpta. Nomina aut propria sunt aut appellativa e
Appellatio dicitur quidquid praeter proprium nomen est. appellativa nomina sunt
quae generaliter communiterque dicuntur. haec in duas species dividuntur. alia
enim significant res corporales, quae videri tangique possunt, et a quibusdam
vocabula appellantur, ut HOMO arbor pecus. Alia quae a quibusdam appellationes
dicuntur et sunt incorporalia, quae intellectu tantum modo percipiuntur, verum
neque videri nec tangi possunt, ut est VIRILITA – H. P. GRICE, “HORSENESS” --, pietas
iustitia. ea nos appellativa dicimus ; PrIScIANO, in Grammatici latini. Quidam
autem IX dicebant esse partes orationis, appellationem addentes separatam a
nominibus, alii autem nativi o paronimi
(distinguendoli da quelli univoci e da quelli aequi-voci) nel seguente modo, secondo
la traduzione di Boezio. De-NOMI-nativa vero dicuntur quaecumque ab aliquo solo
differentia casu secundum nomen habent appellationem [tv xatà tobvoua mpoomyopiav
éxe], ut a grammatica grammaticus, et a fortitudine fortis . Sono partonimi
quei termini che hanno appellazione, cioè traggono la loro funzione di NOMINARE
e quindi la loro forma lingui, alii XI. his alii addebant etiam vocabulum et
interiectionem apud Graecos. Proprium est nominis
substantiam et qualitatem significare. hoc habet etiam appellatio et vocabulum.
Ergo tria una pars est orationis. Hoc autem interest inter proprium et
appellativum, quod appellativum naturaliter commune est multorum, quos eadem
substantia sive qualitas vel quantitas generalis specialisve iungit; Donato,
Ars grammatica, in Grammatici latini. Nomen unius hominis, appellatio multorum, vocabulum
rerum est. sed modo nomina generaliter dicimus. Qualitas nominum bipertita est,
aut enim propria sunt nomina aut appellativa . appellativorum nominum species
multae sunt. alia enim sunt corporalia alia incorporalia; POMPEO Commentum
Artis Donati, ex rec. H. Keilii, in Grammatici latini, Lipsiae. Qualitas nominum principaliter
dividitur in duas partes. omnia enim nomina apud Latinos aut propria sunt aut
appellativa. Sunt nomina appellativa quae appellantur corporalia, sunt quae
incorporalia, e ConsENTII Ars grammatica, ex rec. H. Keilii. Qualitas nominum
in eo est, ut intellegamus, utrum nomen quod positum fuerit appellativum sit,
an proprium. appellativa enim nomina a genere et specie manant. Appellativa
autem nomina, quae a genere et specie manare diximus, plures differentias
habent. nam vel rem corporalem vel incorporalem significant. Della distinzione
nomen-appellatio-vocabulum resta traccia nei commenti a Prisciano: cfr. quello
di Guglielmo di Conches, (in Rijg, Logica modernorum), quello d’ELIA (si veda)
e la glossa Promisimus (ivi, p. 260). 6 Cat. 1, la 12-15 (l’espressione messa
in parentesi è alla r. 13); transì. Boethii, Aristoteles latinus; cfr. STEINTHAL, Sprachwissenschaft
bei den Ròmern, Berlin. Nur ist allerdings xxtnyopia bei Aristoteles nicht véllig gleichbedeutend
mit rpoonyopia und Uvopa, so wenig wie xamnyopeiv] stica, da un altro termine,
che può essere detto principale o primitivo – RYLE, “FIDO”-FIDO --, con la sola
differenza, rispetto ad esso, della terminazione, o suffisso. Invece, dopo aver
precisato che le sostanze prime significano l’individuo (q68e qu, hoc aliquid),
Aristotele afferma: In secundis vero substantiis videtur quidem similiter ad
appellationis figuram [o sub appellationis figura, sub figura appellationis: o
oynua tig mpoonyoplas] hoc aliquid significare, quando quis dixerit HOMINEM
HOMO hominem vel animal. Non tamen verum est, sed quale
aliquid [motéy 7v] significat (neque enim unum est quod subiectum est quemadmodum
prima substantia, sed de pluribus homo dicitur et ani mal). Non autem
simpliciter qualitatem significat, quemadmodum album (nihil enim significat
album quam qualitatem), genus autem et speciem circa substantiam qualitatem
determinant (qualem enim quandam substantiam significant). Secondo Aristotele, mentre
i nomi delle sostanze prime designano la realtà individuale, un nome di una
SOSTANZA SECONDA desi[dasselbe ist wie rpoonyopevtw; sondern xatmyopia in der
hier gemeinten Bedeutung entspricht noch eher dem platonischen Ausdrucke
èrwwwyia. Wahrend nimlich évopa, Wort, nur das lautliche ovuforov, Zeichen, der
Sache ist, und in npoonyopia die Anwendung dieses dvoua auf die mit demselben
bezeichnete Sache liegt: ist xatnyopta das Wort, insofern es nicht bloss
Zeichen ist, sondern zugleich das Bezeichnete in sich fasst, d. h. das Wesen
und die Bestimmung der Sache aussagt und insofern Begriff ist . È da notare che
PrISCIANO (in Grammatici latini) dà come DE-NOMI-NATIVO il SOSTANTIVO rispetto
all’AGGETTIVO [cfr. H. P. GRICE, “FIDO IS SHAGGY”] (es. SAPIENS SAPIENTIA), che
è il contrario di quanto si può vedere in Aristotele (del quale si veda anche
Cat.). Per principale: cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 168A; per primitivo:
cfr. Martino DI Dacia, Modi significandi, in Opera, ed. Roos, Hauniae (cfr.
PriscIano, in Grammatici latini. Transl. Boethii, Aristoteles latinus; la prima variante è in
apparato critico, la seconda è corrente. 9 Cfr. Cat.; transl.] gnano il genere
e la specie. PRIMA SOSTANZA: ‘quest'uomo’ o ‘questo cavallo’ e SOSTANZA in
senso proprio. LA SECONDA SOSTANZA, ‘uomo’ o ‘animale’, pur utilizzando gli
stessi nomi che designano le sostanze prime (‘quest’'UOMO’ e ‘UOMO’), in realtà
designano di esse le qualità comuni. Sono — precisano i filosofi — degl’UNIVERSALI.
E l’UNIVERSALE, secondo la definizione aristotelica, è ciò che è predicabile di
più. Così, questo testo si presta ad essere accostato da un lato alla
definizione di NOMEN appellativum – SOSTANTIVO COMUNE --, poiché nome
appellativo è il nome comune, e ciò che in grammatica è detto ‘COMUNE’ in dialettica
è detto ‘universale’; dall’altro, al primo testo dello stesso Aristotele,
giacché, se ad esempio grammaticus deriva da grammatica, e grammatica è una
qualità, come album deriva da albedo e designa principalmente una qualità, sarà
lecito chiedersi, per un verso, se LA SOSTANZA SECONDA va considerate nella
categoria della qualità e, per un altro verso e soprattutto, se, e come,
‘gramma-] Boethii, Aristoteles latinus. Cfr. Copulata tractatuun parvorum
logicalium (ed. Colonia) che fa derivare la dottrina dell’appellatio da questo
passo (in BòHNER, Medieval Logic). Cat., De interpr. Cfr.
Introductiones Parisienses, Quidam terminus COMMUNIS SIVE UNIVERSALIS SIVE
APPELLATIVVS [“shaggy”]; Cfr. Occam, Summa logicae. Et ita omnia illa nomina
communia, quae vocantur secundae substantiae, sunt in praedicamento qualitatis,
accipiendo esse in praedicamento pro eo, de cuius pronomine demonstrante ipsum
praedicatur qualitas. Omnia tamen illa sunt in praedicamento substantiae,
accipiendo esse in praedicamento pro illo, de quo significative sumpto
praedicatur substantia. Unde in ista propositione: ‘Homo est animal’, vel:
‘Homo est substantia’, ‘homo’ non supponit pro se, sed pro suo significato. SI
ENIM SUPPONERET PRO SE, HAEC ESSET *FALSA*: ‘Homo est substantia’, et haec VERA:
‘Homo est qualitas’. Sicut si haec vox ‘homo’ supponat pro se, haec est FALSA:
‘Homo est substantia’, et haec VERA: ‘Homo est vox et qualitas’. Et ita
secundae substantiae non sunt nisi quaedam nomina et qualitates praecise
significantes substantias. Et propter hoc, et non propter aliud dicuntur esse
in praedicamento substantiae. Si noti però] tico” o ‘bianco’ possano designare
una sostanza. All’impostazione del problema contribuiscono due dottrine, cioè
la definizione di NOMEN data da Prisciano. Proprium est nominis significare
substantiam et qualitatem. O, come leggeno i filosofi substantiam cum
qualitate, e l’affermazione boeziana relativa alla costituzione degli esseri. In
una sostanza diversum est esse et id quod est. L’ id quod est è la sostanza
completa, ed è tale grazie a un esse, a una forma, che è un quo est, ciò grazie
al quale la sostanza diviene quello che è, ciò di cui la sostanza partecipa. La
dottrina grammaticale del nome, substantia et qualitas , si presta ad essere
interpretata alla luce della dottrina boeziana, per la quale la sostanza,
designata dal nome, è un composto, un quod est, e si costituisce in virtù di un
quo est, una forma. Ci si chiede: ciò è vero di tutti i nomi, non solo dei
denominativi e dei nomi di sostanza seconda, ma anche dei nomi di sostanza
prima. E come si può articolare nella PREDICAZIONE tale distinzione: ponendo a
soggetto la substantia, secondo la terminologia grammaticale, o il suppositum, secondo
la termi[che Boezio, In Arist. Periermenias, forma nomi di qualità dai nomi di
individui. Alia est enim qualitas singularis, ut Platonis vel Socratis, alia
est quae communicata cum pluribus totam se singulis et omnibus praebet, ut est
ipsa humanitas. Age enim incommunicabilis Platonis illa proprietas PLATONITAS,
SOCRATITAS, GRICEITAS, STRAWSONITAS, PEARSITAS, appelletur. eo enim modo
qualitatem hanc PLATONINATE – Platonitatem -ficto vocabulo nuncupare possimus,
quomodo hominis qualitatem dicimus humanitatem. È il problema posto nel De grammatico
d’AOSTA. Prisciano, op. cif., II, 18 (cfr. la prec. n. 5); per l’uso,
cfr.CHENU, La théologie au douzième siècle, Paris (è qui ripreso e parzialmente
modificato l’articolo Grammaire, Archives d’histoire doctrinale. Cfr. Girson,
La philosophie au moyen dge, Paris CHENU), e a predicato ciò che vien detto
rispettivamente la qualitas il
significatum. I filosofi hanno sviluppato questi temi, mentre nei secoli
successivi le dottrine fissate vengono tramandate in modo sostanzialmente
immutato. La storia della teoria dei paronimi o denominativi (o derivati) è
stata di recente ricostruita da Henry che ha studiato il De grammatico d’Aosta.
Riprendiamo qui le linee generali della dottrina anselmiana e seguiamo lo
sviluppo del problema. È noto che Boezio pone tre condizioni perché si abbiano
i termini denominativi: Tria sunt autem necessaria, ut denominativa vocabula
constituantur. Prius ut re participet, post ut nomine, postremo ut sit quaedam nominis
TRANS-FIGURATIO, ut cum aliquis dicitur a FORTITUDINE FORTIS, est enim quaedam
fortitudo qua fortis ille participet, habet quoque nominis partecipationem,
fortis enim dicitur. At vero est quaedam transfiguratio, fortis enim et
fortitudo non eisdem syllabis terminantur. ALBERTO Magno, I Sent., d. 2, a. 11,
sol. (cit. in CHENU, Duo sunt attendenda in nomine, scilicet forma sive ratio a
qua imponitur, et illud cui imponitur; et haec vocantur a quibusdam significatum
et suppositum, a grammaticis autem vocantur qualitas et substantia. L’influenza di Porfirio è
stata determinante per una impostazione del problema in termini di
predicazione: cfr. Moody, The Logic of William of Ockbam, London, in part. p.
74. 19 MartINno DI Dacia, /.c.; ma cfr. Cassionoro, Irstitutiones, cit., II,
iii, 9, p. 113: denominativa, id est derivativa [....] . 20 Cfr. Henry, The De grammatico ..., cit., pp. 79-101 (per la ricostruzione
storica del problema: in questo saggio sono sistemate le ricerche precedenti
dell’autore), e The Logic of St. Anselm, Oxford. In Cat. Arist., cit., 168A-B.
L’analisi delle tre condizioni in HenRry, The De grammatico A fondamento di questa interpretazione è la
dottrina boeziana della costituzione dell’essere mediante la partecipazione a
una forma, e quindi al nome che la designa: il denominativo si ricava dal nome
della forma, e si differenzia da questo soltanto nella parte terminale. Con ciò
non è ancora risolto il problema, se il nome ottenuto significhi principalmente
la forma o il soggetto al quale inerisce. Altrove, però, lo stesso Boezio
afferma che ALBUM [SHAGGY] è detto denominative di un corpo e perciò può essere
predicato del nome di corpo, ma non è possibile che la definizione di album o
SHAGGY, e tutto ciò che essa contiene, possa essere predicata del subiecium,
cioè del nome che funge da soggetto. Diverso è il caso di animal, detto di
homo: animal non solo può essere predicato di homo, ma, essendo esso posto
nella definizione di homo, la definizione di animal può essere predicata di homo.
Vengono così a configurarsi due tipi di predicazione secondo Boezio: una
predicazione secundum accidens, e si ha quando si predica del subiectum ciò che
è in subiecto, e una predicazione de subiecto (o in eo quod quid) o essenziale
– H. P. GRICE, IZZING, NOT HAZZING --, e si ha quando una parte della sostanza
è predicata della sostanza stessa. Questo secondo modo di predicazione ha luogo
quando le sostanze seconde sono dette di sostanze prime (non solo, in tal caso,
è predicabile il nome, ma anche la ratio o definitio del nome. Ma quando un
denominativo è predi[Cosa siamo soggetto (“FIDO”) e predicato (“SHAGGY”) è
detto da Boezio, In Arist. Periermenias. Termini autem sunt nomina et verba,
quae in simplici propositione praedicamus, ut in eo quod est Socrates disputat,
“Socrates” (FIDO) et disputat (IS SHAGGY) termini sunt. et qui minor terminus
in enuntiatione proponitur, ut Socrates (FIDO), subiectus dicitur et ponitur
prior; qui vero maior, praedicatur et locatur posterior, ut disputat (IS
SHAGGY); cfr. HeNRY, The Logic of St. Anselm. Boezio, In Cat. Arist.; cfr.
HENRY, The Logic of St. Anselm] cato di un subiectum, la PREDICAZIONE attiene
al nome, non alla ratio o definitio del nome. Si vede bene, dunque, che altro è
il modo in cui uomo (SHAGGY) è detto di Socrate (FIDO), o ‘animale’ di uomo,
altro è il modo in cui album (SHAGGY) è detto di una sostanza qualsiasi. E
poiché album (o grammaticus o SHAGGY) non è il nome della qualità (albedo,
grammatica, SHAGGINESS, HORSENESS, PLATONITAS), ma di un quale, cioè di un
soggetto cui la qualità inerisce (è nome cioè non della sua razio, ma del
subiectum), bisogna precisare in che modo esso denoti il subiectum. Anselmo nel
De grammiatico fa porre così il problema dal Discepolo. De
grammatico peto ut me certum facias utrum sit substantia an qualitas. I termini usati sono quelli
della definizione del nome data da Prisciano, ma posti in disgiunzione -substantia
an qualitas. Ben presto però, nel corso della discussione tra Maestro e
Discepolo, si cerca di spiegare come grammaticus sia substantia ET qualitas. Per
comprendere la risposta data dal Maestro nel testo di Anselmo, si consideri
innanzi tutto l’analisi che egli fa di homo: Nempe nomen hominis per se et ut
unum significat ea ex quibus constat TOTVS VEL OGNI homo. In quibus substantia
principalem locum tenet, quoniam est causa aliorum et habens ea, non ut
indigens illis sed ut se indigentia. Nulla enim est differentia substantiae sine qua
substantia inveniri non possit, et nulla differentiarum eius sine illa potest
existere. Quapropter quamvis omnia simul velut unum totum sub una
significatione uno nomine appelletur ‘homo’, sic tamen principaliter Boezio, In
Cat. Arist., cit., 191A-B. All’origine della distinzione tra definizione
nominale e definizione essenziale è Anal. post. II, 10 (93b 29 sgg.)
secondo ScHnoLtz, Storia della logica,
tr. MELANDRI (si veda) Milano. Cfr. De Grammatico, in S. Anselmi Opera omnia,
ed. Schmitt, I, Edimburgi; Anselmo stesso c’informa che il problema e molto
dibattuto al suo tempo. Tamen quoniam scis quantum nostris temporibus DIALECTICI
certent de quaestione a te proposita hoc nomen est significativum et
appellativum substantiae: substantia est homo et homo substantia. Si legga di seguito la
risposta fornita al Discepolo per quanto riguarda grammaticus: Grammaticus (SHAGGY)
non significat hominem et grammaticam ut unum, sed grammaticam (SHAGGINESS) per
se et hominem per aliud significat. Et hoc nomen quamvis sit
appellativum hominis, non tamen proprie dicitur eius significativum; et licet
sit significativum grammaticae, non tamen est eius appellativum. Appellativum autem nomen
cuiuslibet rei nunc dico, quo res ipsa usu loquendi appellatur. Secondo
Anselmo, dunque, ciò che distingue l’uso di homo e di grammaticus è che il
primo per se et ut unum significat ea ex quibus constat homo, il secondo non
significat hominem et grammaticam ut unum, sed grammaticam per se et hominem per
aliud significat; il primo è un nome di sostanza e quindi, boezianamente, praedicatur de subiecto: esso significa e
nomina la sostanza -est significativum et appellativum substantiae --, cioè,
ancora boezianamente, esso può essere predicato di un sudiectum non solo come nomen,
ma anche quanto alla ratio o definitio del nomen. Il secondo è nome di un
composto di sostanza e accidente, composto denominato dall’accidente che
inerisce alla sostanza: non qualitas, quindi, ma quale. Il suo nome è
predicabile del subiectum-composto, non lo è la sua definitio, 0 ratio: la
praedicatio secundum accidens importa che ciò che è predicato non costituisca sostanzialmente
un unum aliquid con la sostanza cui inerisce e da cui dipende sostanzialmente. Cfr.
AristoTELE, De interpr. 11, 21a 7-15; transl. Boethii, Aristoteles latinus. Eorum igitur quae
praedicantur et de quibus praedicantut, quaecumque secundum accidens dicuntur
vel de eodem vel alterum de altero, haec non erunt unum; ut homo (FIDO) albus (SHAGGY)
est et musicus, sed non est idem musicus et albus. Accidentia enim sunt utraque
eidem. Perciò altra è la significazione, altra la funzione nominativa di
grammaticus. Esso significa per se l’accidente, ma nomina il subiectum, l’uomo
che ha la grammatica; il subiectum è significato obliquamente, o secondariamente,
per aliud, ma è propriamente nominato. L’accidens è significato primariamente,
ma non è nominato. Vengono così differenziandosi due funzioni proprie del
nomen: una è la significatio, l’altra è l’appellatio. Anselmo usa poco questo
ultimo termine, ma usa molto appellativus, appellare. La prima è ordinata al
significato, l’altra al REFERENTE (DESIGNATUM, DENOTATUM); e l’appellatio è qui
lontana anticipazione della teoria della supposizione. Nelle sue opere, Anselmo
prospetta, fra l’altro, la possibilità di considerare il rapporto tra i nomi
come humanus SHAGGY e humanitas SHAGGINESS; poiché tuttavia tra di essi non
corre un vero e proprio rapporto di paronimia, egli non ne affronta l’analisi.
La considerazione di casi come questo avrebbe però permesso di dare al problema
un respiro più ampio, come si vede in Occam. Qualche decennio dopo AOSTA,
Abelardo riprende il problema in un contesto in cui la presenza di Prisciano si
è fatta più determinante. Va notata, innanzitutto, la distinzione che Abelardo
scorge tra il diverso valore di qualità in Aristotele e [Nec si album musicum
verum est dicere, tamen non erit album musicum unum aliquid. Secundum accidens
enim MUSICUM ALBUM, quare non etit ALBUM MUSICUM. Quocirca
nec citharoedus bonus simpliciter, sed animal bipes; non enim secundum accidens
; cfr. Henry, The Logic of St. Anselm. Un cenno in tal senso in BòunER,
Medieval Logic; ma cfr. D.P. Henry, The Early History of Suppositio; sonlin Stadics, ripreso in The
Logic of St. Anselm; ev appendice 2, n. 1. Henry rende significatio
per se con meaning e appellatio con
reference (cfr. The De grammatico ). Per
appellatio in AnseLMo, cfr. De Grammatico. Cfr. Epistola de incarnatione Verbi,
in Opera omnia, Romae; ma v. Henry, The De grammatico . in Prisciano: mentre per
Aristotele qualità denota tutto ciò che è considerabile sotto la categoria
della qualità, Prisciano ritiene che qualità sia nome di tutte le forme: omnium
formarum nomen accipitur. Ciò permette di considerare qualsiasi forma, quindi
anche le forme sostanziali, come qualità, e spiega come si siano moltiplicati i
nomi astratti per indicare le forme (es. deus/deitas), e si sia posto il
problema di ciò che li differenzia dai corrispondenti nomi concreti. Per quanto
riguarda più direttamente il problema dei paronimi, è da dire che Abelardo
include questi termini tra i nomina sumpta, i quali si distinguono dai nomina
substantiva perché sono detti delle cose semplicemente per significare la forma
che ad esse inerisce: essi #0 determinano la sostanza delle cose, ma denotano
ciò che è affetto da una certa qualità. 32 AseLARDO, Dialectica, Cfr. CHENU,
pet quanto riguarda i nomi divini.Ma già Anselmo parla di nomen sumptum (cfr.
Henry, The Logic of St. Anselm, cit., p. 64; s. ANSELMO, Epistola de
incarnatione Verbi, cit., p. 13; cfr. glossa Promisimus, in De Rx, Logica
Modernorum, Il, i, cit., p. 262. Per AseLARDO, cfr. Logica ‘Ingredientibus'. Sunt
autem omnia denominativa vocabula sumpta, non autem omnia sumpta sunt
denominativa. Sumpta autem vocabula ea dicimus, quae simpliciter propter
adiacentem formam significandam reperta sunt, ut “rationale”, “album”, “FAT,”
“SHAGGY.”. Non enim ‘rationale’ dicit animal rationale vel ‘album’ corpus
album, sed simpliciter ‘rationale’ ponit affectum rationalitate, ‘album’
affectum albedine, non etiam substantiam rei, quid sit, determinat. Sumptorum
veto tria sunt genera, quia quaedam cum nomine formae in materia vocis ex toto
conveniunt, ut “grammatica” o Letizia nomen mulieris cum grammatica nomine
scientiae o stato d’animi. Quaedam vero penitus a nomine formae differunt, ut
studiosus a virtute, quaedam autem cum per principium conveniant, per finem
disiuncta sunt, ut fortis fortitudo, quae cum in primis syllabis conveniant, in
ultimis differunt. Et haec tantum sumpta, quae scilicet principio conveniunt
cum nomine formae et fine differunt, denominative esse determinat. Denominativa
dicuntur subiecta illa quae habent appellationem ab aliquo, hoc est vocabulum
quodcumque significans ex forma adiacente secundum nomen, id est similitudinem
nominis ipsius formae, ut iam est expositum. Cfr. Dialectica. Sicut autem
nomina quaedam substan[Ci si chiede quindi in quale categoria vadano
considerati i nomina sumpta, e si risponde: quando contingit idem vocabulum res
diversorum praedicamentorum significare, secundum principalem significationem
in praedicamento ponendum est, ut album quod albedinem principaliter
significat, propter quam maxime repertum est atque ubique eam tenet, quam etiam
praedicare dicitut; e ancora: Cum enim tradat grammatica omne nomen substantiam
cum qualitate significare, album quoque, quod subiectam nominat substantiam et
qualitatem determinat circa eam, utrumque dicitur significare. Sed qualitatem
quidem principaliter, causa cuius impositum est, subiectum vero secundario.] tiva
dicuntur, quae rebus ipsis secundum hoc quod sunt data sunt, quaedam veto
sumpta, quae scilicet secundum formae alicuius susceptionem imposita sunt, sic
et definitiones quaedam secundum rei substantiam, quaedam vero secundum formae
adhaerentiam assignantur. Cfr. AseLarDOo, Logica ‘Ingredientibus’. Il tentativo
di ricondurre le parti del discorso studiate dal grammatico alle categorie
aristoteliche è già in Distributio omnium specierum nominis inter cathegorias
Aristotelis, ed. Piper, che ha attribuito il trattato a LABEONE (cfr. P. Pier,
Die Schriften Notkers LABEONE und seiner Schule, I, Freiburg i.B.-Tibingen, e
in Zeitschrift fiir deutsche Philologie.
Ma il sec. IX è il terminus ante quem per la composizione del trattato secondo
il De Rx: cfr. On the Curriculum of the Arts of the Trivium at St. Gall Vivarium
Cfr. Dialectica, cit., p. 113; v. anche ivi, At vero in his definitionibus quae
sumptorum sunt vocabulorum, magna, memini, quaestio solet esse ab his qui in
rebus universalia primo loco ponunt, quarum significatarum rerum ipsae esse
debeant dici; duplex enim horum nominum quae sumpta sunt, significatio dicitur,
altera vero principalis, quae est de forma, altera vero secundaria, quae est de
formato. Sic enim ‘album? et albedinem quam circa corpus subiectum determinat,
primo loco significare dicitur et secundo ipsius subiectum quod nominat. Alle
pp. 596 sg. della Didlectica, AseLARDO si chiede se la definizione formatum albedine , sia di 4/bum in quanto
voce oppure della sua significatio, e poiché sembra ovvio che sia definizione
della significatio, chiede ulteriormente se sia della significatio [Richiamando
quanto si è detto della soluzione anselmiana e confrontando ad essa quella
proposta da Abelardo, si può rilevare una stretta analogia tra le due
posizioni: per Anselmo, come per Abelardo, il termine denominativo significa
principal mente la qualità o forma da cui è tratto, e secondariamente il
subiectum che nomina. Il termine NOMINARE di Abelardo ha lo stesso valore
dell’appellare di Anselmo. Non è venuto alcun contributo originale tardo alla
interpretazione del problema dei paronimi.] prima (albedo) o seconda, e mostra
le difficoltà dell’uno e dell’altro caso. Conclude però a proposito della
significatio prima. Dicatur itaque illa definitio albedinis esse non secundum
essentiam suam, sed secundum adiacentiam acceptae. Unde et eam praedicari
convenit et de ipsa albedine secundum adiacentiam, hoc modo: omne album est
formatum albedine, et de omnibus de quibus ipsa in adiacentia praedicatur, e
per la significatio seconda: Potest etiam dici definitio eadem esse huius
nominis quod est album, non quidem secundum essentiam suam, sed secundum
significationem, nec in essentia sua de ipso praedicabitur, ut videlicet
dicamus hanc vocem album esse formatam albedine, sed secundum significationem,
se scilicet consignificando, ac si (si)c diceremus: res quae alba (HORSE,
PLATO) nominatur est formata albedine (HORSENESS, PLATONITAS) Cfr. De Rik,
Logica modernorum, Vincenzo DI BeauvEAIS si limita a richiamare la differenza
tra il procedimento aristotelico della derivazione del paronimo (da fortitudo,
fortis) e quello di Prisciano (da fortis, fortitudo): cfr. n. 6; PreTRo Ispano,
Summulae logicales, ripete la dottrina d’Aristotele e di Boezio, impostando il
problema in termini di predicazione; così, riprende anche la distinzione dici
de subiecto esse in subiecto, che ricorda quella boeziana praedicari de
subiecto-praedicari in subiecto. Eorum vero, quae dicuntur de subiecto, omnia
praedicantur nomine et ratione, ut homo de Socrate et de Platone. Eorum autem,
quae sunt in subiecto in pluribus quidem, neque nomen neque ratio de subiecto
praedicatur, ut haec albedo (SHAGGINESS, PLATONITAS, HORSENESS) vel hoc album
(SHAGGY, PLATO, HORSE). In aliquibus autem nomen nihil prohibet praedicari
aliquando de subiecto, rationem vero praedicari est impossibile, ut album de
subiecto praedicatur, ratio vero albi de subiecto numquam praedicabitur. Le
Sumzyle dello Ps. BACONE riprendono la terminologia e i problemi noti:
dezominativum, sumptum (è il concreto, mentre astratto è il termine dal quale
suzzitur il concreto); diversità del [Ma Occam ha fornito un’analisi esemplare
del nostro problema, inquadrandolo in quello più vasto del rapporto tra nomi
concreti e nomi astratti, dal momento che poi con Duns Scoto, i nomi astratti
formati sulla base di nomi concreti si erano moltiplicati sempre più. Andavano
quindi analizzate tutte le possibilità di rapporti tra nomi concreti e nomi
astratti in modo da poter individuare i paronimi e indicarne correttamente le
valenze significative. Secondo Occam, quattro sono i tipi di nomi concreti e di
corrispondenti nomi astratti; in tre casi però il nome astratto e il nome
concreto sono sinonimi, in quanto le forme astratta e concreta non importano
cose differenti. Innanzi tutto sono sinonimi le forme astratte e concrete della
categoria di sostanza (homo-humanitas), della categoria di quantità
(quantum-quantitas) o che riguardano la figura e sono riconducibili alla
quantità (curvum-curvitas), e della categoria di relazione (pater-paternitas).
Non c’è alcuna distinzione, infatti, nell'unità dell’indi[procedimento del
logico aristotelico e del grammatico di Prisciano. I nomi concreti sono tali
perché significant rem in concrecione et inclinacionem ad subjectum, sive ad
materiam in qua est accidens, quia album idem est quod res alba, res enim
nominat subjectum sive materiam in qua est albedo. Ma è bene ricordare che non
tutti i concreti sono denominativi, giacché, oltre a quelli che designano la
forma accidentale in congiunzione al suo subiectum, ci sono i concreti che
designano la forma sostanziale in unione con la sua materia. Cfr.
Summa logicae. Stricte dicuntur illa synonyma, quibus omnes UTENTES INTENDUNT
(users intend) uti simpliciter pro eodem; et sic non loquor hic de synonymis.
Large dicuntur illa synonyma, quae simpliciter significant idem omnibus modis,
ita quod nihil aliquo modo significatur per unum, quin per reliquum eodem modo
significetur, quamvis non omnes UTENTES CREDANT ipsa idem significare, sed
decepti existimant aliquid significari per unum, quod non significatur per
reliquum. Isto secundo
modo intendo uti in isto capitulo et in multis aliis de hoc nomine synonyma, o
cognomina. Un’esposizione molto chiata in Moopv, The Logic of William of
Ockbam, Occam, Sura logicae] -viduo, tra la realtà di esso e il principio
formale che lo fa essere quello che è, né si può supporre che la quantità, la
figura, la relazione siano cose distinte dalla sostanza quanta, o che ha
figura, o che sia in relazione. Alla domanda: che cosa significa dunque la
forma astratta humanitas rispetto alla forma concreta homo, Occam risponde che
la prima designa tutto ciò che designa la seconda, ma in modo differente,
giacché humanitas equivale a homo in quantum o qua homo, cioè alla forma
reduplicativa del nome. Infatti il nome astratto rende reduplicativa ed
esponibile la proposizione in cui è posto. Sono, inoltre, sinonimi i nomi la
cui forma astratta equivale a quella concreta con in più un sincategorema, o un
avverbio, e simili. Sono, infine, sinonimi i nomi la cui forma astratta è un
nome collettivo e quindi designa molte cose simul sumptae, mentre la forma
concreta può essere verificata pro uno solo (populus-popularis). Ma, oltre a
questi casi, vi sono nomi astratti che non sono sinonimi dei corrispondenti
nomi concreti, e costituiscono il quarto tipo. Essi sono di tre specie: innanzi
tutto, si dà il caso che la forma astratta abbia supposizione per un accidente
o forma che inerisca a un subiectum, e il concreto abbia supposizione per il
subiectum dell’accidente o forma predetta: così, ALBEDO sta per l’accidente,
album per il subiectum, cioè per IL CORPO BIANCO (il contrario si ha per ignis-igneus: ignis,
che è la forma astratta — sostantiva, meglio — sta per il subiectum, e igneus,
che è la forma concreta — aggettivale — sta per l’acci[4 Ivi, pp. 22 sgg.; per
la expositio in generale, cfr. cap. VI, $ 4; per la reduplicativa in part.,
cfr. Moopy, op. cit., p. 63. 4 Occam, Summa logicae: l’autore insiste sul
carattere arbitrario -ad placitum instituentis -della utilizzazione di un
termine in luogo di più altri. Possunt enim utentes, si voluerint, uti una
dictione loco plurium. Sicut loco istius totius ‘omnis homo’, possem uti hac
dictione “A?, et loco istius totius ‘tantum o qua homo’, possem uti hoc
vocabulo ‘B’, et sic de aliis.] dente);
inoltre, il termine concreto in molti casi può stare per una parte di una cosa
e la forma astratta — sostantiva — per il tutto (homo sta per il tutto in anima non est homo , mentre humanus sta per
una parte in anima est humana. L’anima infatti è una parte dell’uomo, o
viceversa: anima sta per una parte, ANIMATVM per il tutto; infine, talora il
concreto e l’astratto stanno per cose distinte, per le quali non valgono i
rapporti accidens-subiectum, parte-tutto, già esaminati, ma valgono altri
rapporti: quello tra causa ed effetto (homo che indica la causa, e humanus che
indica il prodotto dell’azione dell’uomo), tra luogo e ciò che sta in esso
(Anglia, Anglicus), tra signum e significatum (la differenza essenziale
nell'uomo non è l’essenza, ma è segno di una parte dell’essenza, la razionalità.
Orbene, denominativi in senso stretto sono i concreti inclusi nella prima
specie di concreti e astratti non sinonimi, mentre in senso largo sono
denominativi tutti i concreti che non siano sinonimi della corrispondente forma
astratta. Terminus autem denominativus ad praesens potest accipi dupliciter,
scilicet stricte, et sic terminus incipiens, sicut abstractum incipit, et non
habens consimilem finem et significans accidens dicitur terminus denominativus,
sicut a ‘fortitudine’ ‘fortis’, a ‘iustitia’ ‘iustus’. Aliter dicitur large
terminus habens consimile principium cum abstracto sed non consimilem finem,
sive significet accidens sive non; sicut ab ‘anima’ dicitur ‘animatus’. In Expositia aurea ...,
cit., ad l., però OccaMm aveva affermato: denominativum multipliciter
accipitur, scilicet large, stricte et strictissime: la prima accezione (large)
è esemplificata, fra l’altro, proprio con animatus (occorre come esempio della
secunda differentia dei nomi concreti e astratti non sinonimi, cfr. Summa
logicae; la terza accezione strictissime è quella aristotelico-boeziana; la
seconda è così formulata. Secundo modo dicitur denominativum cui correspondet
abstractum differens sola terminatione importans rem in alio formaliter
inhaerentem et ab eo totaliter differente, et isto modo dicitur materia formata
a forma. Si noti, infine, che sempre nell’Exposito aurea, la trattazione dei
denominativi è limitata al richiamo degli elementi boeziani e alla riconduzione
[Ma Occam va più oltre nell'esame di questo problema. Vi sono dei nomi che sono
detti absoluta, che significano primo tutto ciò che significano -quidquid
significatur per idem nomen, aeque primo significatur. Tali sono tutti i nomi
della categoria di sostanza e i nomi astratti della categoria della qualità. I nomi
non assoluti sono detti connotativi. Nomen connotativum est illud, quod
significat aliquid primario et aliquid secundario. Dei nomi connotativi è
possibile, a differenza dei nomi assoluti, dare una definitio quid nominis,
cioè una definizione nominale, che esprime ciò che è importato dal nome; di
album, ad esempio, la definizione nominale è aliquid HABENS [HAZZES] albedinem:
orbene, secondo Occam, album significa primariamente ciò che nella definizione
nominale è al nominativo -nell’esempio, aliquid -e significa secondariamente
ciò che nella definizione nominale è al caso obliquo: albedo . Nomi connotativi
sono tutti della praedicatio denominativa alla praedicatio univoca o alla PREDICATIO
ÆQVIVOCA. Al testo di Occam fa seguito un lungo passo che a un primo giudizio
sembra richiamare elementi di Buridano, incluso tra le lettere maiuscole F e M.
così: «F. Quamvis ista dicta venerabilis inceptoris clarissima sint ut notatur
hic per venerabilem nostrum expositorem magistrum Guilielmum de Ocham. M; esso
è dovuto all’editore, frate Marco da BENEVENTO (si veda). Summa logicae, cit.,
p. 33. #1 Cfr. ivi, p. 35, e Moopy, op. cit., p. 56, il quale rileva che la
differenza essenziale, della categoria di sostanza, è invece termine connotativo.
4 Summa logicae, cit., p. 34. 4 Così il Moopy, op. cit., p. 55, e L. Baupry,
Lexigue philosophique de Ockbam, Paris, s.v. connotativum; si veda sw.
connotatum una citazione dal II Sent., q. 26, O: Illud quod ponitur ibi (sc. in
definitione nominali) in recto est significatum principale et quod ponitur in
obliquo est connotatum: il termine connotativo connota ciò che significa
secondariamente; e s.v. significare, la quarta accezione. Ma cfr. Bacone,
Compendiumi. Deinde diligenter considerandum est ulterius, quod nomen inpositum
alicui rei soli extra animam, potest i termini concreti non sinonimi dei
corrispondenti astratti, e quindi tutti i denominativi (assumendo il termine in
senso stretto o in senso largo), e, più generalmente, tutti i termini contenuti
nelle categorie diverse da quella di sostanza, compresi i nomi concreti della
categoria della qualità. La terminologia, e quindi la soluzione, occamista non
è diffusa al tempo del maestro [Dopo di lui, Strode ritiene, semplicemente, che
connotare vale secundario significare, mentre multa simul significare extra
animam, et hec vocantur in philosophia cointellecta, et apud theologos
connotata . 50 Ivi, pp. 34-35. 51 Cfr, BurLEIGH (Super artem veterem Porphyrii
et Aristotelis, VENEZIA) che distingue semplicemente (sotto Denominativa vero,
nel commento alle Categorie) due tipi di nomi concreti: il concretum
substantiale e il concretum accidentale. Di essi, solo il secondo è
denominativo. Iste terminus homo est concretum substantiale, quia sibi
correspondet aliquod abstractum, scilicet humanitas, et non praedicatur
denominative; ideo dico quod omne denominativum est concretum sed non e contra;
nam concretum quoddam est accidentale et quoddam substantiale. Concretum
accidentale est denominativum, sed concretum substantiale non est denominativum
respectu illius cuius est substantiale. Srrope, Logic. Item, terminorum quidam
dicuntur abstracti et quidam concreti. Abstracti sunt illi qui ultra illud pro
quo supponunt non connotant aliquid inhaerere sibi, ut hic: li ‘homo’, li
‘albedo’. Sed concreti sunt illi qui connotant illis pro quibus supponunt aliquid
inhaerere, ut fere omnia adiectiva, ut ‘album’, ‘nigrum’ et alia adiectiva, ut
alibi magister declaravit. E? sic patet differentia inter suppositionem,
significationem et connotationem, vel inter supponere, SIGNIFICARE et
connotare. Supponere nam est pro aliquo capi ut subiectum et praedicatum in
propositione. Sed SEGNARE vel
SIGNIFICARE est aliquid repraesentare. Connotare vero est secundario
significare, ut li ‘album’ non significat principaliter, sed supponit pro
substantia quam etiam significa et connotat sibi inbaerere albedinem; v. anche
ivi, f. 15vb: terminus qui principaliter
significat substantiam, ut ‘lignum’ vel ‘lapis’, dicitur ex dicuntur esse
substantiae vel in praedicamento substantiae; sed qui connotant qualitatem,
‘album’, ‘nigrum’, sunt in praedicamento qualitatis, qui quantitatem, in
praedicamento quantitatis. Butidano e Wyclif accostano sempre a comnotare
l’avverbio accidentaliter: per l’uno ciò che è ‘connotato’ è ‘appellato’ dal [Burano,
Compendium logicae, cit., III, sotto Denominativa vero:Circa quam est primo
notandum quod triplicia sunt denominativa: quaedam sunt denominativa voce
tantum, quaedam significatione tantum, quaedam voce et significatione simul;
esempi del primo sono homo-bumanitas, che sono sinonimi: et alia denominativa
reperiuntur in terminis essentialibus et absolutis, e continua. Sed
denominativa significatione tantum sunt concreta habentia abstracta cum quibus
non conveniunt in principio vel non differunt in fine litteraliter vel
syllabaliter sed comnotant aliud accidentaliter pro quo sua abstracta supponunt
principaliter, ut li ‘studiosus’ est denominativum significatione tantum
respectu huius abstracti ‘virtus’, quia li ‘studiosus’ connotat accidentaliter
vittutem pro qua supponit li ‘virtus’. Sed denominativa voce et significatione
simul sunt concreta habentia abstracta cum quibus quantum. est ex parte vocis
conveniunt in principio litteraliter vel syllabaliter et differunt ab eis in
fine et connotant illud accidentaliter pro quo supponunt sua abstracta
principaliter, ut li ‘album’ dicitur denominativum voce et significatione simul
respectu huius abstracti albedo; quest’ultima specie sono i denominativi veri e
propri, i quali secundum illud nomen habent appellationem, id est connotant
illudaccidentaliter pro quo supponunt sua abstracta principaliter. WycLir,
Tractatus de logica, Terminus substancialis est terminus qui significat naturam
rei sine conmotacione accidentalis proprietatis; ut iste terminus, homo,
significat essenciam humanam sine connotacione extranea. Sed terminus
accidentalis est diccio significans essenciam rei, connotando accidentalem
proprietatem: sicut iste terminus, albus, significat substanciam et similiter
albedinem, que est proprietas extranea ab essencia, que est substancia. Terminorum
alius est concretus, alius abstractus. Terminus concretus est terminus
significans rem que indifferenter potest contrahi ad supposicionem simplicem
vel personalem; sicut iste terminus, homo, significat in proposicione tam
personaliter pro persona; quam eciam simpliciter pro natura. Sed terminus
abstractus significat pure essenciam rei sine connotacione aliqua ad suppositum
cui inest, sicut iste terminus deitas, bumanitas, albedo, CANITAS etc. Et sic
ex omnibus terminis concretis possunt abstracta capi. La definizione di termine
denominatus o denominativo non fornisce elementi notevoli. Si veda invece im.
Miscellanea philosophica, ed. Dziewicki, London. Nota primo quod “abstractum”
in terminis vocatur terminus qui termine concreto, come si vedrà; per l’altro
l’accidente è il significato primario del termine. I paronimi costituiscono
dunque una classe particolare di nomi, che pongono all’attenzione del logico il
problema del rapporto tra significatio e appellatio. Ma che cosa un nome
significhi, che cosa nomini, e se la funzione nominativa del nome sia primaria
o del tutto secondaria, sono domande che i filosofi si pongono per *tutti* i
nomi, non solo per i paronimi. Viene così in primo piano la considerazione del
momento istitutivo del nome, dell’atto, cioè, per il quale il nome è costituito
come vox significativa. Si constata che
all’origine del nome sta l’esigenza di designare le cose e che quindi la vox
diviene significativa innanzi tutto perché l’uomo possa parlare delle cose
usando segni fonici in luogo delle cose stes[significat formam substancialem
vel accidentalem primarie; sed concretum est terminus qui formam et suppositum
cuius est talis forma significat. Suppono quod cuilibet termino significati est
dare primarium significatum.Pro i ntellectu tamen, nota quod primarium
significatum alicuius termini est significatum ad quod intellectus tali audito
immediate fertur intelligendus; ex quo sequitur quod omnis terminus communis
significans habet duplex significatum, scilicet primarium et 2ndarium; sequitur
quod omnis terminus habens predicatum debet principaliter sumi pro significato
suo primario. Exempli gracia, cum proponitur, Homo est animal, INTELLECTVS
AVDIENTIS hanc proposicionem non fertur super Socrates nec Platone, sed
absolute super significato primario, quod est species humana que est humanitas.
Si autem proponitur cum predicata humanitate, videndum est si predicatum
limitat ipsum subiectum racione primarii significati vel secundarii. Et sic
revertitur nobis illa antiqua regula et famosa: Talia sunt subiecta qualia
permittuntur ab eorum predicatis [cfr. De Ryx, Logica modernorum, II, i, cit.,
p. 561]. Exemplum ad significatum primarium. Hec est regula vera: “Homo
communicatur multis, eo quod predicatum non potest com[e 5; si constata anche,
d’altra parte, che la vox resta significativa anche in assenza della cosa da
nominare e che quindi le due funzioni del nome non sono strettamente
interdipendenti. Altro è il significato, altro il referente del nome. Delle
occasioni che si offrono ai filosofi nei testi in uso nelle scuole come luoghi
per dibattere questi problemi, dobbiamo richiamarne due: una è rappresentata
dal secondo passo delle Categorie d’Aristotele e dalla sua utilizzazione nella
definizione delle fallacie’. L’altra è la definizione che Prisciano dà di NOMEN.
Esaminiamo brevemente i risultati in questo paragrafo. Ricordiamo che un’ampia
documentazione per lo studio di questi temi è fornita da Rijk nella sua Logica
modernorum. Come avvio allo studio di questi temi si tenga presente
l’insegnamento di Abelardo, il quale, esaminando la dottrina della petere
significato primario huius termini 40mz0, cum Socrates non communicatur multis,
licet Socrates sit illa humanitas que communicatur multis”. Exemplum, scilicet
significati secundarii, homo currit et predicatum limitat subiectum ad
significatum secundarium, cum non potest competere significato primario, eo
quod humanitas, sive species humana, non potest currere, nisi sit currens. Et
suppono quod significatum termini concreti accidentalis primarium est accidens
sive forma talem substanciam denominans; ut huius termini, album, significatum
primatium est albedo substanciam albisans. Similiter huius termini iustumz, est
iusticia subiectum iustificans. Ista supposicio tenet per primam Aristotelis
auctoritatem allegantem. Album solam qualitatem significat; quod intelligitur
primarie; sed substanciam cui inest albedo secundarie. Et cum omne denominans,
ut huiusmodi, sit prius denominato, ut huiusmodi, sequitur quod a principali
debet capere suam primariam significacionem sed omnem etsi non sequitur quod
album omnem substanciam significaret quod factum est. La prospettiva diversa di
Wyclif rispetto a quella di Occam è condizionata dalla soluzione REALISTICA – e
non NOMINALISTICA - al problema degli universali. Per la distinzione tra
significatum primarium e significatum secundarium, cfr. ancora m., Tractatus de
logica, I, cit., in part. pp. 7 e 76-77 (si veda p. 77: tripliciter contingit signum significare
secundarie quodlibet designandum, ecc.). 55 Cfr. cap. IV, $ 1. 56 In
particolare, cfr. la prima parte del secondo volume] impositio, o institutio
voluntaria, che è quell’atto libero dell’uomo che attribuisce a una vox una
significatio, distingue molto chiaramente la funzione propria della vox
significativa di essere signum, e quindi
di generare o constituere intellectum, e la funzione, secondaria secondo
Abelardo, di designare le realtà estra-mentali, detta, quest’ultima, nominatio
o appellatio. Nel procedimento istitutivo della vox, l’inventor ha guardato a
fondo nella natura delle cose: su questo stretto rapporto, in sede di
institutio, tra natura delle cose e nomen, si fonda la funzione secondaria
della vox. Perciò i nomi dicono riferimento (nominant, appellant) alla realtà
attualmente significata, perché tale è una quaedam imponentis intentio, e cioè
tale è la volontà dell’inventor. Nel caso di distruzione della realtà esterna
(“Roma”, il nome di Roma), però, il nome perde il suo potere appellativo -la
significatio rei - mentre sussiste la significatio intellectus. La prima è appunto
funzione secondaria, la seconda è funzione primaria della vox; e proprio perché
la prima è funzione che viene meno rebus deletis, essa è irrilevante ai fini
della determinazione della significatio vera e propria. La significatio si allontana
così dalla nominatio. Questa distinzione abelardiana tra significare e
appellarenominare è netta, specie nella discussione sugli universali, giacché
in questa indagine non ha peso la nominatio. Per quanto riguarda, poi, la
distinzione tra sostanze prime e sostanze seconde, Abelardo glossa
l’espressione aristotelica sub 5 Cfr. Logica ‘Ingredientibus’, qui vocabulum
invenit, prius rei naturam consideravit, ad quam demonstrandam nomen imposuit;
Logica ‘Nostrorum. Impositor (Compositor: Geyer) namque nominum rerum naturas
secutus est: così legge Rijk, Logica modernorum. Logica ‘Ingredientibus’. Rerum
quippe significatio transitoria est, intellectus vero permanens; cfr. BEONIO
BROCCHIERI FUMAGALLI; De Ru] figura appellationis così: ex similitudine nominationis . Il
Maestro Palatino, cioè, ritiene che, mentre le sostanze prime nominano le res
subiectae ut personaliter discretae , cioè in quanto
distinte l’una dall’altra, le sostanze seconde sembra significhino anch'esse le
cose come distinte, ma in realtà il modus nominandi dell’uno e dell’altro tipo
di sostanze differisce: le seconde infatti
sunt impositae propter qualitatem substantiae, e nominano le cose ut
convenientes, in quanto cioè le cose nominate dalle prime convengono in certo
modo tra loro. Abelardo perciò afferma che generi e specie, cioè le sostanze
seconde, sono in sensibilibus positae per appellationem, extra vero per
significationem: essi infatti nominano le cose sensibili e in certo senso le
significano, ma non le significano in guanto cose sensibili, dal momento che se
queste perdessero le loro forme attuali, sarebbero ancora nominate da generi e
specie; perciò la significatio di essi non è esaurita dalle realtà sensibili,
che non sta in queste. Anche per le sostanze seconde (anzi, a maggior ragione
per esse) vale quindi la distinzione tra significatio e appellatio-nomi[Logica
“Ingredientibu’, In secundis vero. In primis videtur et est, sed
in secundis videtur similiter, ut scilicet significent rem subiectam ut
personaliter discretam, sed non est verum. Et unde videtur similiter, supponit:
ex figura appellationis, id est ex similitudine nominationis. Similes namque
sunt secundae substantiae cum primis in eo quod casdem res quae discretae sunt,
nominant, sed in modo quidem nominandi differuntur, quia primae, in quantum hoc
aliquid sunt, nominant eas, id est ut personaliter discretas et ab omnibus
differentes, secundae vero easdem appellant ut convenientes. Sed wmagis.
Secundae non significant res suas ut hoc aliquid, sed potius ut quale aliquid,
quia cum primae substantiae maxime propter discretionem substantiae sint
impositae, secundae impositae sunt propter qualitatem substantiae. Logica
‘Nostrorum. genera et species quaedam, non omnia, in sensibilibus sunt posita,
hoc est sensibilia habent nominare, et ponuntur extra sensibilia, id est res
habent significare et non cum aliqua forma quae sensui subiaceat, quia si res
omnes formas quae sensui subiacent, amittefent, non ideo minus a genere et
specie nominari possent. Sunt igitur] [natio, tanto più, in quanto la
convenienza su cui si fondano non può essere esaurita dalla denotazione di una
singola res subiecta. Questo stesso tema è affrontato da alcuni dei primi
commenti agli Elenchi sofistici nella discussione della figura dictionis, che
dai grammatici viene definita: proprietas constandi ex dictionibus sive ex
sillabis tantum: la stessa vox, ad esempio homo, proprio perché può denotare
più individui, sembra che significhi la sostanza individuale, mentre in realtà
la significa soltanto sub figura appellationis, cioè, non la significa in senso
proprio, ma la nomina; CIÒ CHE È SIGNIFICATO IN SENSO PROPRIO È L’UNIVERSALE –
cf. Speranza, “Platone e il problema del linguaggio” – Grice, “Meaning and
Universals” --. I testi che affrontano il problema fanno tutti riferimento, esplicito
o implicito, a Categorie genera et species in sensibilibus posita per
appellationem, extra vero per significationem Cfr. Fallacie Parvipontane, cit.,
p. 586. 6 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cFigura dictionis
secundum appellationem est quando aliqua vox eadem figuracione appellat plura
et ex hoc videtur significare hoc aliguid. Ut hoc nomen ‘homo’ appellat
Socratem et Platonem eadem figura et ex hoc videtur quod significet Socratem et
Platonem; non tamen est verum; Summa Sophisticorum elencorum, cit., pp.
334-335, e TRACTATVS DE DISSIMILITVDINE ARGVUMENTORVRA, che dipende dalla Summa
riportandone perfino un esempio; Fallacie Vindobonenses. Ex similitudine
appellationis, ut hoc nomen ‘homo’ videtur significare hoc aliguid, [non: add.
Rijk, ma sembra vada espunto] quia appellat hoc aliquid, idest INDIVIDVVM, sed
non significat hoc aliquid, immo significat aliquid, idest VNIVERSALE. Il testo
non ha in questo caso un riferimento esplicito alle Categorie, ma la
terminologia risente delle discussioni sul passo ricordato. In Fallacie
Parvipontane non occorre il termine appellatio nella discussione della figura
dictiones, ma si sofferma che il sesto modo di questa fallacia è quello in cui
si confonde hoc aliguid con quale quid. Ut autem hoc facilius intelligatur,
sciendum quod dictiones determinate significantes dicuntur hoc aliguid
significare, ut propria nomina et prono-] [C'è da aggiungere che in questi
testi si trova talora un riferimento al nomen appellativum, che è appunto il
nome comune, o l’universale. Nell’Ars disserendi di Adamo Parvipontano,
appellatio ha un ruolo di primo piano e denota la funzione del nominare. Essa è
propria del termine comune, usato come comune, il cui corrispettivo, o
designato, è detto appellatum. L’appellatio dà luogo a sofismi O IMPLICATURE
(entanglements), se non se ne precisa opportunamente di volta in volta la
portata. Ma è bene seguire lo svolgimento del pensiero dell’autore. Adamo nella
sua opera si propone di illustrare quanti e quali siano i generi del discorso,
e quali i fini dell’arte che li studia. I generi del discorso — insegna — sono
due: l’uno si realizza attraverso interrogazione e risposta, nella disputa,
l’altro si realizza senza di queste, nella esposizione. Il fine è insegnare
come discorrere e come intendere ciò che è comunicato attraverso il discorso
nelle discipline filosofiche. Constatato che ogni discorso parte ab
interrogatione vel enuntiatione, che entrambe hanno due parti, il de quo si
parla, e il quid de eo o ciò che si dice £, e che ciascuno di questi può essere
considerato da due punti di vista, qualiter de quo o cosa designata, e qualiter
quid o termini designanti, Adamo comincia il suo studio dal de quo o soggetto,
precisando che la designazione di esso può essere chiara o oscura, mina.
Dictiones autem indeterminate significantes dicuntur quale quid significare, ut
nomina generum, nomina specierum. Indeterminate caratterizza il termine
communis o universalis che ha confusio. Ma cfr. Logica ‘Cum sit nostra’, per i
rapporti tra confusio e quale aliquid.Cfr. Glose..., cit., p. 222 (a proposito
di De sopb. el. Cfr. L. Minio-PaLueLLO, Introduction a ADAM or BALSHAM
PARVIPONTANUS, Ars disserendi; ci serviremo dell’introduzione del MinioPaluello
per l’esposizione dello schema dell’Ars. 6? Cfr. Ars disserendi] e'che la
designazione oscura può avere duplice origine: o perché si applica a differenti
cose, o perché il designatume è difficile da cogliere. Passando ad esaminare le
designazioni sofistiche, egli distingue quelle incomplexe, cioè consistenti di
una sola vox, e quelle complexe, consistenti di più voces. Le prime possono
aver luogo per aequivocatio, per univocatio, o con termini collettivi. Le
seconde possono aver luogo, se il sofisma è causato da un solo termine, in
quattro modi, di cui qui ci preme ricordare solo l’aequivocatio e
l’indistinctio. Se il sofisma sorge dal rapporto tra più termini, in molti
modi, di cui ricordiamo solo il termine collettivo. All’esame di ognuno di
questi livelli di sorgenti di sophismata Adamo fa seguire una esposizione delle
regole che permettono di dominare le difficoltà. In tutti i casi ricordati, il
Parvipontano fa ricorso al termine appellatio, per caratterizzare l’origine del
sofisma, e una volta a nominatio. Per la designazione sofistica incomplessa: —
l’aequivocatio è definita eadem diversotrum non eadem ratione appellatio, cioè
ha luogo quando si ha la stessa appellatio di più cose non allo stesso titolo,
in quanto il nome usato non conserva, nei vari casi, la ratio, la significatio,
o definitio grazie alla quale l’appellatio è stata data — l’univocatio invece è
eadem 9 Cfr. ivi, pp. 18 sge. 20 Ivi, pp. 25-31 (eguivocatio), pp. 31-32
(univocatio), pp. 32-33 (termine collettivo). 71 Ivi, pp. 42-44 (aequivocatio),
pp. 44-46 (indistinctio), pp. 62 sgg. (termine collettivo). 72 Ivi, p. 26;
definizione alternativa è: Aequivocatio est eadem diversorum huius aliter quam
illius appellatio. equivoce enim dicuntur omnia quorum duplex significatio
[GRICE, VICE e VICE], ma anche: Ex quibus igitur que aequivoce dicantur
comperiri difficile, duo: plurium pluribus ignorabilis differentia nec tamen
nulla; plurium modus appellationis pene idem nec tamen idem; cfr. Rik, Logica
modernorum, dove sono esaminati alcuni casi di
ratione diversorum eadem appellatio ”: essa si differenzia dall’aequivocatio
perché non causa, di per sé, sophisticam duplicitatem come si ha in quella; l’univocatio
perciò non è un vero e proprio principio sofistico, e si può vedere meglio ciò
nei commenti agli Elenchi sofistici ispirati al Parvipontano; l’uso dei termini
collettivi dà luogo a sofisma quando si ha plurium ut non unius appellatio: nel caso
della proposizione contraria non sunt concedenda, il sofisma sorge dal fatto
che contraria (termine incomplesso) designa due realtà opposte, e si può
dubitare se si parla dei due contrari separatamente o di entrambi considerati
insieme. Per la designazione sofistica complessa in cui il sofisma sorge dal
fatto che un termine è applicato a designare differenti cose, l’aequivocatio ha
luogo in tutti i modi in cui si può avere nella prima classe; l’indistinctio è
definita: cum quod ipsa verbi variatione distingui solet, in quibusdam non
distingui contingit, ed è così distinta dalla aequivocatio: Differt autem ab
equivocatione indistinctio quod illa ex diversorum est eadem nominatione, hec
ex unius indistincte variata (sc. nominatione). DI si può notare che nominatio
prende il posto di appellatio in questo caso. Infine, per la designazione
sofistica complessa in cui il sofisma sorge dall’uso di un nome collettivo in
connessione con altri termini, Adamo pone le stesse condizioni poste nella
prima classe e fornisce l'esempio, duo contraria non sunt conequivocatio
secondo Adamo, e op. cit., II, i, p. 495, n. 1, dove ratio è resa con
definition. Apamo DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32. 75 Ivi, p. 32 (22
rec.). % Per ulteriori considerazioni, cfr. RiJk, op. cit., I, p. 75. TI Apamo
DI BarsHam, Ars disserendi, cit., p. 32. 8 Ivi, p. 45; nella proposizione verisimilis falsi probatio falsi similis non
est, verisimilis può riferirsi a probatio oppure a falsi; di qui
l’îndistinctio, giacché non è chiaro quale caso abbia verisimzilis.] cedenda ,
nel quale il termine incomplesso contraria è sostituito dal termine complesso
duo contraria. Il valore di appellatio nel testo di Adamo può essere
ulteriormente chiarito da altre occorrenze: appellationum novitas, appellatio
permanens, appellatio secundum accidens e così via; tutte confermano che
l’accezione fondamentale è parallela a quella di nominatio. Si è detto che
appellatio è funzione propria del termine comune in quanto comune. Ciò fa sì
che, data l’ampiezza della possibilità di designazione di esso, appellatio
s'accompagni sempre nel testo all’indicazione di una pluralità (pluriumz,
diversorum) nei confronti della quale va operata una precisazione, una
determinazione limitativa. I seguaci del Parvipontano sviluppano questo
elemento elaborando la dottrina dell’ampliatio e restrictio dell’appellatio, in
alcuni trattati di arte sofistica. L’anonimo autore delle Fallacie Parvipontane
definisce l’aequivocatio in rapporto all’appellatio, così come si è visto nel
testo di Adamo. Aequivocatio est eadem diversorum non eadem ratione; è un caso
di congiunzione (altro esempio: duo et tria sunt quinque – 2 + 3 = 5. Si quos
autem appellationum talium perturbet novitas, sufficiat eis eorum que
distinximus sine nominibus cognitio, ne incognite distinctis incognita etiam
nomina adhibentem horreant. appellationum autem novitatem non horrebit
appellatorum tam frequentem usum quam necessariam disciplinam perpendens . 82
Ivi, p. 36 (28 rec.): Advertatur autem secundum ea que predicta sunt non ex
omni translatione equivocationem contingere, sed ex qua permanentem
appellationem fieri accidit et que eius sit ad quod transfertur . 83 Ivi,
p.4(2? rec.): quoniam secundum accidens
est huiusmodi certorum appellatio. contingit autem et hoc his que secundum accidens
fiunt appellationes frequenter, ut cum dicitur ‘pater istius est albus’. Cfr.
l’indice analitico dell’ed. cit. curata dal Minio-Paluello, per avete un quadro
completo dell’uso di appellatio. Terminologia logica della tarda scolastica 77
appellatio; l’univocatio è compresa sotto l’equivocatio e e questa può essere
intesa in senso lato quando (sc. est) ex
variata appellatione sive ex variata suppositione : in questo caso, suppositio
è concorrente di appellatio; ma suppositio vale qui subiectio, cioè è funzione
del termine che è soggetto grammaticale in una proposizione *; appellatio,
accostata a suppositio, ne assume in certo senso il valore: infatti ora
appellatio è proprietà del termine posto in una proposizione. Univocatio quindi
viene definita:manente cadem significatione variata nominis suppositio; quia,
etsi vatiatur suppositio, manet tamen eadem significatio ®. L’anonimo autore precisa che si hanno tre
specie di umivocatio: « Prima est quando aliqua dictio sumitur ad agendum de se
vel de suo significato ; esempi sono: « ‘magister’ est nomen e « ‘homo’ est species ; « Secunda species est
quando aliqua dictio transsumitur modo ad agendum de aliqua rerum alicuius
maneriei, modo de tali manerie rerum, ut cum dicitur: ‘homo est dignissima
creaturarum’. Potest enim sic intelligi ut fiat sermo de aliquo appellatorum
huius nominis ‘homo’; potest etiam intelligi ut fiat sermo de tali manerie
rerum; maneries vale ‘universale natura’ o ‘forma’ di una specie”; si noti
l’uso di appellata per designare i subiecta di homo”; Tertia species est quae
consistit in ampliatione et restrictione alicuius dictionis, quemadmodum
accidere solet in nominibus appellativis ®: 85 Fallacie Parvipontane; essa è
duplice: alia est principalis et per se, alia ex adiuncto . 86 Ivi, p. 561:
«Item. Univocatio ex dissimili acceptione unius termini accidit; sed
equivocatio eodem modo habet accidere; quare ratione similitudinis univocatio
sub equivocatione continetur . 87 Ivi, p. 562. 88 Cfr. De Rijk, op. cif., II,
i, p. 532. 89 Fallacie Parvipontane, cit., p. 562. % Cfr. De RyK, op. ciz., II,
i, p. 588. 9! Cfr. appendice 1 a questo capitolo. ® Fallacie Parvipontane,
cit., p. 562. 78 Alfonso Maierù il nomen appellativum è condizionato nella sua
funzione di soggetto dal tempo del verbo, di modo che può avere appellatio
rispetto a cose presenti, passate o future”, Il Tractatus de univocatione
Monacensis, che mostra parecchie somiglianze con le Fallacie Parvipontane,
definisce l’univocatio e la distingue dall’eguivocatio come segue. Est igitur
univocatio manente eadem significatione variata nominis appellatio, quando
scilicet aliqua dictio variat appellationem. (Nota) quod equivocatio consistit
in variata nominis significatione, univocatio consistit in variata nominis
appellatione 9. Se risulta chiaro che urivocatio è proprietà che appartiene ai
termini in base alla loro funzione significativa”, è altrettanto chiaro che,
confrontando questo testo e quello delle Fallacie Parvipontane, sempre più
suppositio e appellatio appaiono termini concorrenti; nel nostro Tractatus si
parla di ampliatio e restrictio dell’appellatio”. Nelle Fallacie magistri
Willelmi, la univocatio è ripresa sotto la figura dictionis e definita: eiusdem
dictionis in eadem significatione et terminatione varia appellatio , e si
aggiunge; « Et notandum quia variatur univocatio usu et accidente consignificatione.
Accidit enim ex hiis appellationem restringi vel ampliari 9. Anche questo testo conferma l’uso ormai
accertato 9 Cfr. ivi, e De RiJx, op. cit., II, i, pp. 494-497 e 528-533; cfr.
anche cap. II, $ 2. % De Ru, op. cit., II, i,p. 533. 95 Tractatus de
univocatione Monacensis, cit., p. 337. % Cfr. De RIJK, op. cit., II, i, p. 496.
9 Cfr. cap. II, $ 2. 98 Fallacie magistri Willelmi, cit., p. 691. Nelle
Fallacie Londinenses, cit., p. 665, si legge: In tertia acceptione (sc. figure dictionis)
dicitur appellatio dictionis, scilicet quedam proprietas que inest dictioni ex
eo quod supponit unum vel plura. Il contesto indica che qui suppositio ha il
valore tecnico più tardi comune (cfr. p. 668, e De Rjx, op. cit., II, i, p.
541); appellatio perciò è inglobato nella suppositio. Terminologia logica della
tarda scolastica 79 di appellatio come funzione della vox significativa capace, nella proposizione, di ampliazione e
restrizione. Il contributo dato dai grammatici alla dottrina dell’appellatio è
rintracciabile in alcuni commenti a Prisciano, là dove occorre la definizione
di rozen ( substantia et qualitas ). Guglielmo di Conches distingue quattro
gruppi di nomi: Nomina igitur vel significant substantias vel ea que insunt
substantiis vel quedam figmenta animi vel modos loquendi; substantias, ut hec
nomina ‘Socrates’, ‘homo’; vel ea que insunt substantiis, ut ‘albedo’,
‘nigredo’; figmenta animi, ut hec ‘yrcocervus’, ‘chimera’; modos loquendi de
rebus, ut ‘omnis’ 9. I nomi del primo gruppo sigrificano l’intelligibile, o
essenza di qualcosa ‘9, ma rorzinano le realtà individuali, anche se nel testo
non si fa alcun esplicito riferimento all’esistenza di esse!%; ciò non è vero
solo dei nomi appellativi (ad es. di horzo) ma anche dei nomi propri (Socrates)
!. Per i nomi del secondo gruppo, Guglielmo distingue tra ® Il testo del
commento di Guglielmo di Conches, secondo il ms. Firenze, S. Marco 310, è
ampiamente riportato dal De Ru, op. cit., II, i; il passo cit. è a p. 223. .
100 Ivi, p. 224: Significat ergo hoc
nomen ‘homo’ et similia appellativa substantiam, et non aliquam. Quod igitur ab
hac voce significatur, ita ut significatur potest intelligi, non tamen esse.
Unde dicimus quod solum intelligibile significat et non actuale (cfr. le considerazioni del De Ryx, ivi,
1227), i 101 La p. 224: Quamvis igitur
‘boo’ significet communem qualitatem omnium hominum et non ipsos homines, tamen
nominat ipsos homines et non ipsam qualitatem. Unde dicimus quod aliud
significat et aliud nominat (per il
riferimento all’esistenza, cfr. n. 100 e quanto ne dice De Ru, ivi, ; 227), Ù
102 la p. 224: hoc proprium nomen
significat substantiam ita quod aliquam individuam, et significat propriam
illius qualitatem . Nominat vero eandem substantiam quam significat, sed non
qualitatem; ma cfr. il testo di Boezio] forma astratta e forma concreta del
nomen, albedo e album: pet entrambi Guglielmo stabilisce cosa significhino,
cosa nomini. no: ‘albedo’ significat
solam qualitatem, hoc commune accidens. Nominat tamen sua individua, ut ‘hec
albedo est albedo 18. Più articolato è il discorso per 4/b4m, e ci riporta a
quanto sappiamo dei paronimi: ‘album’
idem accidens signific sl a i AR nto € denti at quod et albedo’, sed aliter, ;
‘at inherentiam illius accidentis et subiecti, quod hoc nomen albedo non facit.
Ergo hec duo nomina non in re significata differunt, sed in modo significandi
1%; e alla domanda, se album significhi sostanza e qualità, risponde: pg: ita,
sed secundario, quia cum determinet inherentiam acciale et subiecti, quia
certum est quia sola substantia est subiectum accidentium, secundario, idest
innuendo, significat substantiam 15, |
Della terza classe di nomi Guglielmo afferma che figmenta animi quoddam significatum animi significant et nominant
, mentre di quelli della quarta afferma che nec substantiam (nec) qualitatem significant
nec aliquid nominant !%, ; Guglielmo,
dunque, precisa per ogni specie di nome cosa significano, cosa nominano. Ciò è
particolarmente importante per i nomi delle prime due classi. La funzione del
nome in quanto designa qualcosa (zozzinatio) è identica a quella che nei testi
precedenti, abbiamo visto, era chiamata appellatio. In Guglielmo essa assume
sfumature che, a lungo andare, confluiranho nella dottrina della suppositio; in
particolare, per quanto riguarda i nomi della prima classe, Guglielmo afferma
che essi, nella propo193. Ivi, 1% Ivi. ist, iuziio 6 A Ivi; cfr. anche p. 225: Adiectiva igitur nomina nominant illas
substantias quibus insunt accidentia que significant, ut ‘4/44’ rem cui inest
albedo . 106 Ivi; p. 225, Terminologia logica della tarda scolastica 81
sizione, possono designare se stessi o la specie!: si tratta di quelle funzioni
che saranno chiamate appellatio
materialis e appellatio manerialis 0 simplex ‘!® e che saranno dette più tardi suppositio materialis e suppositio simplex . Di diverso avviso è
Pietro Elia, il quale, nella Sumzza super Priscianum, commentando la
definizione che Prisciano dà di nomen, riferisce le opinioni dei suoi
contemporanei: dai ragguagli di Pietro Elia, si può ricavare che ormai la
dottrina di Prisciano si è incontrata con quella di Boezio ( quod est , cioè res
existens , e quo est o forzza) e che
Prisciano viene spiegato con Boezio !”. Dopo aver esposto una prima opinione,
secondo la quale tutti i nomi significano sostanza e qualità !, perfino omnis e
nichil!!!, e una seconda, che sembra essere quella di Guglielmo di Conches !, ne
enuncia una terza, per la quale ogni nome significa una substantia, oppure modo
substantie: i nomi propri e appellativi significano la sostanza, giacché sono
107 Ivi, p.224: Sed quamvis proprie nominat (sc. ‘homo’) ipsa individua,
aliquando tamen ex adiuncto nominat speciem quam significat — ut hic: ‘bomo est
species” —; aliquando se ipsum tantum, ut hic: ‘homo est nomen? . 18 Cfr. De
Ru, ivi, p. 526; cfr. la glossa Promzisimus; v. quanto si dirà più avanti a
proposito del testo del ms. Vienna, lat. 2486. 19 Il De RiJk riporta ampi passi
dal ms. Paris, Arsenal 711: cfr. ivi, p. 231: Hoc autem est illud quod plerique
dicunt, scilicet quod omne nomen significat gu0 (quod: De Rijk) est et id quod
est, ut hoc nomen (‘bomo’) significat id quod est, idest rem que est homo, et
illud quo est, scilicet humanitatem qua est homo, quoniam homo ab humanitate
est homo . 110 Ivi: Et rursus hoc nomen
‘albedo? significat rem pro substantia que est albedo, et facere album sive
albedinem, ut fingam vocabulum, pro forma. Et hoc idem de cetetis nominibus
dicunt . ill Ivi: Quidam tamen nimis ridiculose dicentes quod ‘omnis’
significat formam que debet dici omnitas, fingentes nomen ad similitudinem
huius quod est ‘buzzanitas’. De hoc nomine quod est ‘richil’
dixerunt quod significat rem que non est pro substantia et nichilitatem pro
forma . 112 Ivi, pp.
231-232. 82 Alfonso Maierù stati trovati dall’imzpositor per parlare delle
sostanze !5; gli altri nomi, che sono nomi di accidenti, significano non la
sostanza, ma modo substantie !: così pure i sincategoremi e i figmentorum nomina !5. A quest’ultima opinione sembra aderire ELIA
(si veda) !!, In altri commenti a Prisciano vengono riprese alcune dottrine
nelle quali le correlazioni significatio (primaria) —forma e significatio
(secondaria)—substantia (o subiectum d'una qualitas) si vanno sempre più
accentuando, di modo che appellatio cessa di valere nominatio per limitarsi a
designare una natura universale, o anche l’intellectus di essa. Così, le
Glosule in Priscianum del ms. Colonia 201 affermano che il nome nozzinat la
substantia per via dell’imzpositio ricevuta, ma significat la qualità !”,
giacché la qualitas è in realtà la causa
[Dicunt ergo quod nomina propter substantias primo reperta sunt. Qui enim
nomina primo imposuit, ad loquendum de substantiis ea invenit . 114
Ivi: Sed postea dilatata est locutio, ita scilicet ut non solum de substantiis,
verum etiam de ceteris rebus vellent homines loqui. Imposuerunt itaque
accidentibus nomina quibus de illis agerent, sed positio eorum est secuta
positionem nominum prius impositorum propter substantias. Data sunt itaque nomina
accidentibus sed ita ut quamvis significarent illa accidentia, tamen modo
substantie significarent et in natura communi vel propria (vel) ut in natura
communi vel propria. Scis quid est modo substantie significare: significare
aliquid sine tempore et in casuali inflexione communiter vel proprie, vel quasi
communiter vel quasi proprie . 115 Ivi: i sincategoremi (omzzis, neullus) nichil significant sed tantum consignificant,
ut ‘omnis’ consignificat quoniam universaliter et ita quod sine tempore in
casuali inflexione et quasi communiter. Nichil enim commune pluribus
designat, sed quasi commune aliquid significaret plura complectitur . Hec vero
habent alia nomina huiusmodi, ut ‘quis’, ‘nichil et figmentorum nomina, ut
‘hircocervus” et ‘chimera’, ita scilicet quod nichil possit obici contra . 16 Ivi, p. 234. 17 Ampi
passi ivi: cfr. p. 228, n. 1: nomen substantiam tantum inventionis nominum !!, dal momento che la pluralità di qualità,
cioè di forme, è la vera causa della pluralità di nomi. Il commento anonimo a
Prisciano, contenuto nel ms. Vienna, lat. 2486, fornisce elementi, decisivi nel
senso indicato, commentando le espressioni significare substantiam e significare qualitatem . Per la prima,
l’anonimo autore riferisce un’opinione secondo la quale ogni nome significa
sostanza e qualità: ‘homo’ significat
essentiam que est horzo et istam proprietatem, scilicet humanitatem; et
‘albedo’ significat rem albam et aliquam proprietatem, scilicet albere vel
facere album. Et sic omnia alia !!. Per la seconda, si afferma: Significare
qualitatem est de notare de quo genere rerum aliquid sit vel de qua manerie.
‘Album’ bene denotat de quo genere rerum aliquid sit, scilicet quod ‘album?’
dicitur nomen corporum et quod semper intelligituralbum corpus !®. Le espressioni rem albam del primo passo e nomen corporum del secondo non devono trarre in inganno: non
si tratta di un significare che denoti realtà esterne, ma di un rinvio alla
realtà specifica, astratta, universale, cioè alla forma che è oggetto
dell’intelletto (intelligitur), come ben indicano i termini essentia, genus,
maneries occorrenti nei testi. C'è uno slittamento della nominatio, 0
significazione secondaria, o appellatio, verso il piano mentale, comunque
intralinguistico. Ciò trova ulteriore conferma nella dottrina secondo la quale
se albume, posto a parte praedicati; nominat, quia ei fuit impositum,
qualitatem vero significat non nuncupative, immo representando et determinando
circa substantiam propter quam tamen notandam substantie fuit impositum ;
perciò, continua il testo, ogni nome ha due significazioni: unam
per impositionem in substantia, alteram per representationem in qualitate
ipsius substantie . Similiter ‘album? per impositionem significat corpus —
idest nuncupative, quia qui dixit: dicatur hec res alba”, non dixit:
“substantia et albedo dicantur alba”; in quo notatur impositio —, albedinem
vero significat per representationem ut principalem causam. Riportato ivi, p.
241. 120 Ivi, pp. 242-243. 84 Alfonso Maierù significa una qualità, posto però
4 parte subiecti significa una essenza !!, La prima parte di questa
affermazione testimonia di una particolare interpretazione dell’appellatio come
proprietà del predicato, il quale come tale appellat formam o rationem
, come si vedrà; di modo che la dottrina dell’appellatio, se fa leva sul
momento istitutivo della vox, dice riferimento alla realtà estramentale
attualmente indicata; e se fa leva, invece, sul momento ‘significativo’ (nel
senso più forte), dice riferimento alla qualità o forma che è causa del nome.
La glossa Promisimus, infine, riprendendo la distinzione tra nomi propri e nomi
appellativi presente in Prisciano, analizza i rapporti tra significatio,
appellatio e nominatio, riporta varie opinioni sullo sfondo della
quadripartizione dei nomi di Guglielmo di Conches, e precisa che, secondo
un’opinione, il significare substantiam
et qualitatem è del nome proprio come
del nome comune o appellativo !2; per un’altra opinione, invece, solo i nomi
propri hanno appellatio-nominatio della sostanza significata, non della
qualità, mentre i nomi appellativi hanno appellatio, e appellant i loro
appellata in linea di diritto, ma non li nominant di fatto !*. Per quanto
riguarda i nomi astratti della categoria [Modo opponitur eis de hoc quod dicit
Boetius: “album michil significat nisi qualitatem”. Ita exponunt quod
intellexit: quando ponitur ex parte predicati, tunc significat qualitatem. Sed
bene potest poni in subiecto; et tunc significat aliquam essentiam ut ‘album
est corpus’: tunc ‘album’ quoddam corporeum significat . 12 Dal ms. Oxford,
Bodl. Laud. lat. 67, citato ivi, p. 258: Et eorum que significant substantiam
quedam determinant qualitatem circa substantiam, sive communem, ut ‘homo’, sive
propriam, ut ‘Socrates’, que ‘Socratitas” a Boetio appellatur [cfr. n. 13].
Concedunt ergo quod utrumque istorum nominum ‘homo’, ‘Socrates’ significat
substantiam et qualitatem; neutrum tamen eorum plura, licet alterum sit
substantia et alterum qualitas, que sunt plura, tamen significare substantiam
et qualitatem non est significare plura . 13 Ivi: Nomen proprium nominat, idest
appellat, cam substantiam quam significat, sed nullam qualitatem. De nulla enim
qualitate agitur per Terminologia logica della tarda scolastica 85 della
qualità, essi, — si dice, ed è dottrina più comune — sigrificant ma non
appellant '*. I nomi concreti della categoria della qualità, infine, nominant, idest appellant le sostanze cui ineriscono gli accidenti, e
significant primariamente la qualità. Per questa seconda opinione, dunque, i
nomi astratti significano, i nomi concreti della categoria di qualità
significano e nominano-‘appellano’, i nomi propri
significano-nominano-‘appellano’ l'individuo ma non significano una qualità, i
nomi comuni significano e ‘appellano’, e talora nominano. Il valore di
appellare non coincide con quello di nomzizare, come si è constatato finora:
l’appellare dei nomi appellativi non dice necessariamente rinvio al referente
estralinguistico, ma, sulla scia di quanto si è visto negli altri commenti a
Prisciano, rinvia solo agli appellata, al correlativo mentale designato dal
termine. Ci sono, anche da un punto di vista grammaticale ormai, gli elementi
per una considerazione della funzione appellativa di un nome, all’interno di
una proposizione, che sia condizionata appunto dalla struttura
logico-linguistica della proposizione stessa. Già con i Tractatus Anagnini la
dottrina dell’appellatio, alla proprium, ut hoc nomen ‘Socrates’ et significat
et appellat hunc hominem. Appellativum vero significat substantiam et omnem
appellat, sed non omnem, cui convenit proprietas designata per ipsum, scilicet
humanitas, nominat, sed quamlibet substantiam cui ipsum convenit appellat, quia
pro unoquoque eorum habet poni. Ut hoc nomen ‘boro? significat
hominem et omnem appellat et quemlibet hominem, sed nullum determinate . 14 Ivi: De hoc vero nomine
‘albedo’ dicunt quod solam qualitatem significat, scilicet a/bedinem, sed
nullam appellat, tamen omnem significat . 125 Ivi, p. 259: Nominant autem, id est appellant, adiectiva
substantias illas quibus insunt accidentia illa que eis significantur, ut
‘albus’ principaliter significat qualitatem (substantiam: De Rijk) determinando
eam inesse, secundario subiectum albedinis et illud nominant . 86 Alfonso
Maierù fine del secolo XII, non ha più una funzione centrale, ma il suo posto è
occupato dalle dottrine della sigrificatio e della suppositio. L’autore,
anonimo, richiamandosi alla distinzione tra nomi propri e nomi appellativi ‘%,
caratterizza l’appellatio come proprietà di un termine di aver riferimento ai
suoi appellata: in questo senso occorre a proposito della supposizione di un
termine in presenza della dictio ‘alius’ '? e a proposito della supposizione
conseguente all’uso comune ( de communi usu loquentium ), e in particolare
discutendo de nominibus articularibus ,
o nomi di dignità e cariche pubbliche, che, assunti al caso obliquo, hanno
appellatio ristretta !8, Appellatio dunque occorre nella discussione più generale
dell’ampliatio e restrictio d'un termine, di cui si dirà nel seguente capitolo
!?, Ma tra la fine del secolo XII e la prima metà del secolo XIII circa fiorì
quel genere letterario noto col nome di sumzzulae; in esse la dottrina
dell’appellatio, pur non svolgendo un ruolo centrale nella trattazione dei parva logicalia , appare ormai matura da un
punto di vista logico: l’appellatio non è più considerata come proprietà del
nome in quanto tale, ma proprietà di un termine in una proposizione, cioè in un
contesto sincategorematico, in una struttura sintattica logicamente rilevante,
nell’ambito della quale si precisano le possibilità operative dei termini. Se
ancora nella Logica ‘Cum sit nostra’ il riferimento sintattico non è
decisamente affermato e sussiste una considerazione del nome assunto nella sua
atomicità, il discorso si fa più completo e interessante negli altri trattati.
126 Tractatus Anagnini, cit., cfr. ad esempio pp. 301 e 316-317. 127 Ivi, p.
271: tunc precedens terminus
restringitur ad supponendum illa que cadunt sub appellatione sequentis termini ,
e ancora: sub appellatione sequentis
termini , nello stesso contesto. 128 Ivi, pp. 274-275: nomina articularia sumpta per obliquum restringunt
appellationem, ut ‘video regem’, ‘loquitur de rege’ . Cfr. cap. II, $ 2. 130
Logica ‘Cum sit nostra’, cit., p. 449: Et est appellatio sermonis Terminologia
logica della tarda scolastica [Le Introductiones Parisienses, dopo aver
definito i termini suppositio, significatio, consignificatio, definisce così
l’appellatio: Appellatio, ut solet dici, est presentialis convenientia alicuius
cum aliquo; vel: quedam proprietas que inest termino ex eo quod pro presenti
significat, ut solet dici. Ut hoc nomen ‘Antichristus’ non appellat
Antichristum, immo subponit et significat !, Perché un termine abbia
appellazione, si richiede la conside razione della struttura proporzionale
(convenientia) e il riferimento al tempo presente. Manca, nel testo, qualsiasi
cenno all’appellatio come funzione del predicato !°. } Anche il Tractatus de
proprietatibus sermonum definisce l’appellatio indicando come elemento
caratterizzante la connotazione temporale del tempo presente ‘*, che deve aver
luogo in un contesto proposizionale !*. E poiché l’appellatio è inferiore alla
suppopredicabilis significatio sine tempore . Vel: appellatio est proprietas
termini communis quam habet secundum quod comparatur ad sua singularia, que
comparatio inest ei secundum quod appellat. Ut cum dicitur: ‘homo est animal’,
iste terminus ‘homo? habet comparationem ad singularia, que comparatio inest ci
secundum quod appellat Socratem vel Platonem : interessante il rilievo relativo
alla predicabilità, ma il prosieguo del discorso mostra qual è il vero
interesse del nostro testo. Si noti che la suppositio è definita substantiva
rei designatio, idest significatio termini substantivi; è chiaro, dall’analisi
di homo contenuta nel primo testo, che suppositio e appellatio non si
escludono. 131 Introductiones Parisienses, cit., p. 371. 132 Seguono (ivi, pp.
371-373) sei regole relative all’ampliatio e alla restrictio di suppositio e
appellatio. 133 Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 722: Appellatio est proprietas que inest voci ex eo
quod assignet aliquem mediante verbo presentis temporis. Per hoc patet quod
ille terminus tantummodo appellat qui vere potest sumi cum verbo presentis
temporis; ille vero nil appellat qui vere non potest sumi cum verbo presentis
temporis, ille scilicet qui nil potest significare presentialiter. Appellare
est assignare aliquem. Unde terzzinum appellare nil aliud est quam terzzinum convenire alicui,
hocest esse assignare alicui mediante verbo presentis temporis . 88 Alfonso
Maierù sitio, in quanto è un capitolo di essa !%, l’appellatio può essere anche
definita come la coartatio (o restrictio) della suppositio mediante il verbo di
tempo presente !%, La Dialectica Monacensis, agli elementi già rilevati della
connotazione temporale in un contesto proposizionale, aggiunge che 4ppellare è
accidentale per il termine, e che la funzione del termine che appellat è quella
di essere predicato !”. Ancora, le Suzzzze Metenses caratterizzano in modo
molto chiaro l’appellatio come suppositio del termine pro iis qui sunt , pro existente , a differenza della
supposizione, che è funzione del termine non legata ai presentia supposita !*. 135 Ivi: cum suppositio et appellatio se habeant quasi
superius et nferius . 136 Ivi, pp. 722-723: Quoniam (autem) variatur per verbum presentis
emporis vel preteriti vel futuri, et cum talis variatio sit suppositio coartata
et talis suppositio coartata per verbum presentis vel preteriti vel futuri
dicatur appellatio. Dialectica Monacensis, cit., p. 616: Dicitur autem terminus appellare id de quo
vere et presentialiter et affirmative potest predicari. Ut patet in hoc termino
‘bomzo’, qui appellat Sortem, Platonem, et omnes alios presentes. Et
notandum quod terminus communis hoc quod appellat, supponit. Sed non
convertitur, quia multa supponit que non appellat. Iste enim terminus ‘bozz0?
supponit Cesarem et Antichristum, non tamen appellat cos, eoquod. non sunt
presentes. Unde accidentale est termino appellare id quod modo appellat, quia
iste terminus ‘hozz0” appellat Sortem cum ipse est, cras non appellabit ipsum
dum ipse non est, sed tamen supponit . La supposizione è comunque superior
all’appellazione; di essa si afferma: terminus communis pet se sumptus supponit pro
omni quod potest participari formam eius: , dove è presente un riferimento alla
forzz4 (natura universale) come residuo delle interpretazioni dell’espressione:
substantia et qualitas . 1388
Cfr. Summe Metenses, cit., p. 458: Quoniam appellatio est nota corum. que
accidunt termino inquantum est in propositione, ideo viso de suppositione
termini videndum est de appellatione eiusdem et de differentia que est inter
appellationem et suppositionem. Sciendum tamen quod appellatio termini est
suppositio eius pro iis qui sunt. Unde appellata dicuntur presentia supposita;
suppositio est tum pro existente tum pro non Terminologia logica della tarda
scolastica 89 Questa caratterizzazione è prevalente nel secolo XIII, e non solo
nelle varie sumzzzulae, ma anche in testi come lo Speculum doctrinale di
Vincenzo di Beauvais !*. Lamberto di Auxerre ricorda quattro accezioni di
appellatio, ma afferma che il valore principale resta acceptio termini pro supposito vel suppositis
actu existentibus !°. Pietro Ispano a
sua volta definisce senz'altro: Appellatio est acceptio termini pro re
existente , il che rende questa funzione del termine diversa dalla significatio
e dalla suppositio !!. La necessità dell’attuale esistenza della cosa appellata
fa sì che Pietro attribuisca l’appellatio non solo ai nomi comuni, ma anche ai
nomi propri quando designano una realtà esistente ‘4°. Bisogna però distinguere
due casi existente. Et ex hoc patet differentia inter appellationem et suppositionem
. Non autem terminus appellat nisi pro eo qui vere est. Et propterea manifestum
est quod multos appellavit quos modo non appellat, et multos postea appellabit;
item multos appellabat (appellat: De Rijk) quos modo non appellat nec postea
appellabit . 139 Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 240: Appellatio vero dicitur quaedam proprietas
quae inest termino, eo quod ille potest accipi pro aliquo supposito actu
existente. Unde differt a suppositione, eo quod suppositio est indifferens
respectu entium, et non entium: unde suppositio communior est quam appellatio ;
per la distinzione tra nomi comuni o appellativi e nomi propri, cfr. ivi,
95-98. 140 In PRANTL, Appellatio dicitur quatuor modis: propria nominatio,
proprietas nominum, acceptio termini pro supposito sub suo significato,
acceptio termini pro supposito vel pro suppositis actu existentibus... Quarto
modo est principalis intentio... . 141 Summulae logicales, cit., 10.01, p. 102;
continua così il testo cit.: Dico autem “pro re existente”, quia terminus
significans non ens nihil appellat, ut “Caesar” vel “Antichristus”, et sic de
aliis. Differt autem appellatio a suppositione et significatione, quia
appellatio est tantum de re existente, sed suppositio et significatio sunt tam
de re existente quam non existente, ut “Antichristus” significat Antichristum
et supponit pro Antichristo, sed non appellat, “homo” autem significat hominem
et supponit de natura sua tam pro hominibus existentibus quam non existentibus
et appellat tantum homines existentes . 14 Ivi, (10.02): Appellationum autem alia est termini communis,
ut 90 Alfonso Maierù riguardo all’appellatio del termine comune: se il termine
ha supposizione semplice (se cioè sta per l’essenza comune d’una cosa), allora idem significat, supponit et appellat ; se
invece ha supposizione per i suoi inferiora, esso significat la natura comune,
supponit per quegli inferiora per i quali viene quantificato e appellat gli
inferiora esistenti !9. L’uso dei termini appellatio, appellare da parte di
Guglielmo di Shyreswood merita un discorso più ampio. Innanzi tutto, va
precisato che secondo Guglielmo appellatio è la generale predicabilità del nome
in una proposizione che abbia il tempo presente !*. Ma il maestro ci informa
che, secondo alcuni (guidar), il predicato ha appellatio mentre il soggetto ha
suppositio 5. Ora, la “homo”, alia termini singularis, ut “Socrates”. Terminus
singularis idem significat, supponit et appellat, quia significat rem
existentem, ut “Petrus” . 143 Ivi, 10.03, pp. 102-103: Item, appellationum
termini communis alia est termini communis pro ipsa re in communi, ut quando
terminus habet simplicem suppositionem, ut cum dicitur “homo est species” vel
“animal est genus”; et tunc terminus communis idem significat, supponit et appellat,
ut “homo” significat hominem in communi et supponit pro homine in communi et
appellat hominem in communi. Alia est termini communis pro suis inferioribus,
ut quando terminus communis habet personalem suppositionem, ut cum dicitur
“homo cutrit”. Tunc “homo” non significat idem, supponit et appellat, quia
significat hominem in communi et supponit pro particularibus et appellat
particulares homines existentes. Introductiones în logicam, Appellatio autem
est presens convenientia termini i.e. proprietas, secundum quam significatum
termini potest dici de aliquo mediante hoc verbo: est . Appellatio autem (sc.
est) in omnibus substantivis et adiectivis et participiis et non in
pronominibus, quia non significat formam aliquam, sed solam substantiam (abbiamo tenuto presente le correzioni
suggerite in KNEALE, op. cit., pp. 246 sgg., al testo che il Grabmann ha
fissato nell’ed. cit.), e p. 82: Appellatio autem inest termino, secundum quod
est predicabilis de suis rebus mediante hoc verbo: est ; cfr. DE Rik, op. cit.,
II, i, pp. 563 sgg. In questo senso il BocHENSKI, A History of Formal Logic, cit., p. 176,
intende appellare come ‘nominare’ le cose presenti. GUGLIELMO DI SHYRESWOOD,
op. cif., p. 82: Dicunt igitur quidam.
quod terminus ex parte subiecti supponit et ex parte predicati appellat .
Terminologia logica della tarda scolastica 9i supposizione può essere duplice: aut secundum actum aut secundum habitum; della
supposizione abituale (che ha riscontro nella supposizione naturale di Pietro
Ispano 19), scrive: Secundum autem quod
est ‘** in habitu dicitur suppositio significatio alicuius ut subsistentis.
Quod enim tale est, natum est ordinari sub alio ; la supposizione attuale è
definita ordinatio alicuius intellectus
sub alio !: un termine, in quanto tale,
è naturalmente capace di fungere da soggetto e in tal caso ha supposizione
abituale; se è usato in una proposizione, esso è attualmente ‘ordinato’ a un
predicato, ed ha supposizione attuale. Ciò premesso, Guglielmo commenta così
l’opinione dei quidam: Et sciendum, quod ex parte subiecti supponit (sc.
terminus) secundum utramque diffinitionem suppositionis (sc. actualem et
habitualem), ex parte autem predicati supponit secundum habitualem suam
diffinitionem. Scieridum etiam quod terminus ex parte subiecti appellat suas
res, sed non secundum quod est subiectum. Ex parte autem predicati appellat.
Secundum autem quod predicatum, comparatur ad subiectum suum per aliquam suarum
rerum et secundum hoc appellat 199. Sembra di poter ricavare dal testo le
seguenti affermazioni: la supposizione attuale non importa l’appellatio; la
supposizione abituale, propria del termine in quanto tale, importa
l’appellatio; l’appellatio è perciò proprietà del termine in quanto tale: il
soggetto appellat in forza della sua ineliminabile supposizione abi tuale, il
predicato appellat in quanto esso ha solo supposizione abituale; e poiché il
predicato significa una forma che inerisce alla substantia del soggetto, il
termine predicato designa solo una 16 Ivi, p. 74. . o 147 Summulae logicales,
cit., 6.04, p. 58; cfr. DE Ru, op. cit., II, i, pp. 566 sgg.; cfr. anche cap.
II, nn. 67 e 69. : 188 Nel testo di GueLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cit., p. 74,
si legge sunt, che è riferito insieme a suppositio e copulatio. 149 Ivi. 150
Ivi, p. 82. 92 Alfonso Maierù 151 x n forma e appellat secondo che è ordinato
al soggetto, e grazie al soggetto; il predicato è quindi assunto nella sua
intenzione e aa; ; inerisce’ al soggetto che riceve estensione dalla copula !2.
Da quanto si è detto, appare evidente che la dottrina della appellatio proposta
da Guglielmo è ancora legata all’analisi grammaticale della relazione che
intercorre tra nome appellativo e realtà designata. Ma resta vero ancora, per
Guglielmo, che il nome, per sua natura (de se), supponit pro presentibus !* cioè ha la funzione, che gli deriva, come
si sa, dalla sua impositio, di nominare le cose presenti: è questa la ragione
per cui l’appellatio è legata, come a sua conditio sine qua non , alla connotazione
temporale della copula di tempo presente. 151
Cfr. ivi, p. 78: Queratur, utrum dictio, que predicatut, predicet solam formam
et si stet simpliciter aut non. Et videtur, quod non. Si enim ita esset, vere
diceretur: quedam species est homo sicut dicitur: homo est species. Dicendum,
quod hoc non sequitur. Omne enim nomen significat solam formam et non absolute,
sed inquantum informat substantiam defferentem ipsam et sic aliquo modo dat
intelligere substantiam. Nomen ergo in predicato dat intelligere formam,
dico, ut est formam substantie subiecti. Et ideo cum illa substantia
intelligatur in subiecto, non intelligetur iterum in predicato. Unde predicatum
solam formam dicit . Si ricordi che significatio è definita (ivi, p. 74): presentatio alicuius forme ad intellectum :
forma è una natura universale; per il De Rij€, op. cit., II, i, p. 563, n. 3,
l’espressione significatum termini del primo testo della n. 144 vale the universal nature the term signifies . 12
Così il De Rug (ivi, p. 564) intende il passo di Guglielmo: di contro ai quidam che appaiono sostenitori della teoria
dell’identità per quanto riguarda la copula (soggetto e predicato hanno la
stessa estensione, indicata dalla copula), Guglielmo è sostenitore della teoria
dell’inerenza (per la quale cfr. Moopy, Truth and Consequence..., cit., pp. 32
sgg., e cap. III). sa Cfr. GUGLIELMO DI SHYRESWOOD, op. cif., p. 85: Et dico,
quod ille terminus: homo supponit pro presentibus de se, quia significat formam
in comparatione ad suas res. Hec autem comparatio tantum salvatur in existentibus.
Solum enim est suum significatum forma existentium et proprie pro hiis supponit
de se ; per forma, e significatum, cfr. n. 151; per l’interpretazione proposta,
cfr. KNEALE, op. cit., pp. 247-248. Terminologia logica della tarda scolastica
93 Di contro alla dottrina che interpreta l’appellatio come una specie di
suppositio, e precisamente quella specie che vale in relazione al tempo
presente, dottrina che deriva dall’affermarsi della suppositio come teoria
generale del termine nella proposizione in sostituzione dell’appellatio (ben
illustrata dal De Rijk'*), sopravvive nelle sumzzzulae l’interpretazione
dell’appellatio come proprietà del termine derivante dalla primitiva impositio:
essa è documentata dall’Ars Meliduna, dalle Sumule dialectices attribuite a
Ruggero Bacone, ma anche nel Compendium studii theologiae di Ruggero Bacone.
Se, per parte sua, l’Ars Meliduna afferma ancora le tesi dell’appellatio come
risultato immediato dell’institutio 9, della 154 Cfr. Logica modernorum. Causa
institucionis vocum fuit manifestacio intellectus, idest ut haberet quis quod
alii intellectum suum manifestaret [....]. Notandum tamen quod institucio vocum
non fuit facta ad significandum, sed tantum ad appellandum, quippe cum
appellacio vocum magis sit necessaria ad loquendum de rebus subiectis quam
significacio. Quod autem ad appel landum fuerint voces institute, satis
probabiliter coniectari potest ex illa inposicione vocis que fit cum puero
nomen inponitur: ibi enim non queritur quid significabit illud nomen vel quo
nomine puer significabitur sed pocius quid appellabitur. Amplius autem ex hoc
quod ubicunque proprie ponuntur nomina in supposito semper ponuntur ad agendum
de appellatis tantum, ut dicto quoniam horzo currit. Appellant ergo nomina res
illas propter quas supponendas fuerunt instituta. Verba quoque similiter,
saltem casualia, idesi participia. Licet autem ad appellandum tantum fuerint
institute voces, tamen preter appellacionem habent etiam significacionem, sed
hanc ex appellacione contraxerunt sive ex institucione facta ad appellandum .
Discutendo della significazione dei nomi, l’autore c’informa che, secondo una
tesi, essi signi ficano le forme ideali, per cui desinente re appellata, manet vocis significatio
(ivi, p. 295); ciò ricorda da vicino
quanto scrive GIOVANNI DI Sa LIsBURY, Metalogicon, cit., IV, 35, p. 205: temporalia uero widentur quidem esse, co quod
intelligibilium pretendunt imaginem. Sed appellatione uerbi substantiui non
satis digna sunt que cum tempore transeunt, ut nunquam in eodem statu
permaneant, sed ut fumus euanescant; fugiunt enim, ut idem (sc. Plato) ait in
Thimeo, nec expectant appellationem ; cfr 94 Alfonso Maierù necessità del
riferimento al presente e della priorità logica della significatio e della
suppositio rispetto all’appellatio, giacché il nome conserva quelle quando
perde questa in seguito alla distruzione della cosa ‘appellata’ !*, il discorso
diventa più articolato negli altri due testi. L’autore delle Sumzule scarta sia
la dottrina della suppositio come proprietà del soggetto !”, sia quella
dell’appellatio come proprietà del predicato: l’appellatio è ordinata agli
appellata e perciò è proprietà del soggetto come del predicato, giacché entrambi
sono ordinati agli appellata; e poiché i termini che hanno appellazione sono
usati nella loro valenza significativa, ogni 4ppellatio è personale
(‘personale’ indica che il termine è usato a denotare le realtà significate) e
si può articolare a somiglianza della supposizione personale ‘*. L’autore,
inoltre, ricorda due opinioni Timaeus a Calcidio translatus commentarioque
instructus, ed. T.H. Waszink, Plato
latinus , IV, Londini et Leidae 1962, p. 47. Cfr. MurraLry, The Summulae logicales ..., cit., pp. lviti-lix. 156 Ars Meliduna,
cit., p. 316: Significat enim hoc nomen ‘Cesar’ adhuc illud individuum quod
olim significavit. Neque enim nomen re (ce)dente significationem amisit quam
prius habuerit, sed appellationem, — que est per verbum presentis temporis vera
attributio sive copulatio. Unde et semper exigit rem existendi. Distat ergo
inter suppositionem, significationem, appellationem, quia duo prima precedunt
tertium, ut in hoc nomine ‘Antichristus’; semper etiam post ipsum manent, ut in
hoc nomine ‘Cesar’; ipsa vero simul. Significat itaque ‘Cesar’ individuum, non
quod modo sit individuum, sed quod est vel fuit vel erit. Et ita significat
individuum quod non est nec tamen (erit) aliquod individuum. Sicut
supponit vel, secundum alios, significat boro qui non est et tamen quilibet
homo est, quia significatio dictionis appellationem ampliat . 157 Sumule dialectices,
cit., p. 268: quarto modo dicitur supposicio ‘proprietas termini subjecti’,
sive subjecti in quantum alii supponit et subicitur in oracione ; quindi è
scartata la tesi che intende la suppositio come substantiva rei designacio (ivi). 1588 Ivi, p. 277: dicitur quod appellacio est termini
predicabilis sine tempore significatio (significato: Steele). Quod est falsum:
quia appellacio dicitur per comparacionem ad appellata que respicit. Cum igitur
subjectus terminus equaliter respiciat appellata, sic terminus predicatus erit
appellacio Terminologia logica della tarda scolastica 95 relative al
riferimento temporale del nome che ha appellatio: una, più diffusa, sostiene
che il termine comune denota tutti i suoi (possibili) appellata, senza alcun
riferimento temporale (su questa affermazione, legata all’analisi del momer
appellativum, fa leva la dottrina dell’ampliatio e della restrictio); l’altra,
invece, intende l’appellatio del termine come riferita al presente, giacché terminus est solum nomen presencium !’. Questa seconda è l’opinione condivisa
dall’autore delle Sumzzle; fra i vari argomenti addotti a sostegno di essa, uno
è ricavato dalla dottrina della ampliatio: se il termine avesse appellazione
per il presente come pet il passato e il futuro, l’ampliazione non avrebbe
senso !, e conclude: Dicendum est igitur quod terminus est solum nomen
presencium vel existencium, nomen dico significacionis . Quare terminus de se
solum concernit presencia, et supponit pro illis de sui materia; pet naturam
autem verbi de preterito et futuro, vel habenti materiali eorum ut verba
ampliandi, poterunt stare pro preteritis et futuris!9!, All’obiezione, che si
può formulare contro la tesi che sostiene essere elemento caratterizzante
dell’appellatio il riferimento al tempo presente, che cioè il nome, a
differenza del verbo, non connota il tempo, e quindi non è giustificato alcun
riferimento subjecti sicut predicati. Cum igitur omnis appellacio sit respectu
significacionum, omnis appellacio erit personalis. Sicut autem supposicio
personalis dividitur sic appellacio potest dividi; alia discreta, alia communis
etc., et competunt eadem exempla tam a parte subiecti quam a parte predicati ;
cfr. Duplex tamen est sentencia de appellacionibus, quia quidam dicunt quod
terminus appellat de se appellata presencia, preterita et futura, et est
communis entibus et non-entibus. Alii dicunt quod terminus est solum nomen
presencium et nichil est commune enti et non-enti, sive preterito, presenti, et
futuro, secundum quod dicit Aristoteles in primo Metaphysice . 160 Ivi, p. 280.
161 Ivi. 96 Alfonso Maierù temporale ‘2, l’autore risponde che il nome, di per
sé, né significa né consignifica il tempo, ma, piuttosto, l’imzpositio che è
all’origine del nome è in relazione alla res praesens da nominare, e la significatio che ne consegue
non può prescindere da ciò !9, Dalla stessa posizione muove Ruggero Bacone nel
Corzpendium: in polemica con Riccardo Rufo di Cornovaglia, nega che il nome
designi un esse habituale indifferente alla connotazione temporale e
quindi valido per presente, passato e futuro!” e si richiama all’originaria
imzpositio del nome che esige la presenza della cosa designata. E all’obiezione
che il nome significat sine tempore ,
risponde che ciò è detto quantum ad
modum significandi, non quantum ad rem , che anzi, usare un termine per
designare una realtà non più esistente o non esistente è usarlo equivocamente
e, in fondo, dare ad esso una nuova impositio !£; e ancora: una vox petde la
sua significatio una volta distrutta la res signata ; se dunque una vox significa una
realtà non più presente, lo fa perché riceve una nuova imzpositio 19. 16 Ivi,
p. 283: His suppositis, est dubitacio super jam dicta quod nomen significat
sine tempore, igitur hujusmodi termini ‘homo’ ‘Sor’, cum sint nomina, non
determinant sibi tempus aliquod, nec appellata magis presencia quam preterita
vel futura . 163 Ivi: inponitur enim
nomen rei presenti et appellato presenti. Oportet enim quod sit presens et ens
actu cui nomen inponatur. Set hoc dupliciter: aut ens
actu et presens in rerum natura, ut ‘homo’ ‘asinus’, aut secundum animam, ut
‘chimera’ et hujusmodi ficta apud intellectum et cognicionem . Compendium . Nunquam
enim homines, quando inponunt nomina infantibus vel animalibus suis, respiciunt
nisi ad res presentes sensui, et ideo non abstrahunt a presenti tempore, nec ab
actuali ; cfr. Ars Meliduna, in n. 155. 16 Ivi, p. 57: Sic possumus inponere
illis nomina, set alia inposicione et alia quam illa que entibus fit, et
equivoce; ut Cesar potest per nouam inposicionem significare Cesarem preteritum
vel futurum vel mortuum, set equiuoce enti et non enti . 167 Ivi, p. 60: in part.: Si
enim non est pater, non est filius, nec Terminologia logica della tarda
scolastica 97 I testi ora esaminati rappresentano indubbiamente i documenti
d’una sopravvivenza di tesi tradizionali, talora riprese polemicamente (da
Bacone) contro l’affermarsi di quella considerazione dell’appellatio che
abbiamo detto sintattica: il termine può essere considerato nel momento della
sua utilizzazione in una proposizione, e in tal caso ha appellatio quando la
supposizione di esso è rapportata al presente. Una tale considerazione è
possibile grazie al sostituirsi della dottrina logica della suppositio, come
dottrina generale del termine nella proposizione, a quella dell’appellatio,
che, muovendo da premesse prevalentemente grammaticali (nomen appellativum), si
era affermata prima come dottrina del rapporto intercorrente tra il momzen
comune e i suoi appellata e poi come dottrina del zomzen condizionato dal tempo
del verbo nella proposizione; i due modi di considerare l’appellatio sono
esemplificati, fra l’altro, dalle due opinioni che abbiamo visto nel testo
delle Suzzule dello ps. Bacone. Ma, insopprimibile, rimane l’esigenza di
rapportare il nome al suo momento istitutivo, quando si pongono le premesse dell’appellatio
e della significatio; la tesi del decadere della vox dalla sua significatio
quando vien meno la res appellata sostenuta da Ruggero Bacone finisce, però, per
distruggere la possibilità non solo d’un discorso logico, ma d’un qualsiasi
discorso. Niente di nuovo, rispetto a quanto si è detto, si trova nella
tradizione dei commenti ad Aristotele fioriti nel secolo XIII !8. e contrario:
set signum et signatum sunt relatiua, ergo perempto signato, non erit vox
significatiua . 18 Si veda, ad esempio, ALserto Magno, Praedicamentorum liber
I, in Opera, I, cit., pp. 157b (i derominativa) e 158b: Et quod dicitur
appellationem (quae dicitur quasi ad pulsum, et componitur ab 4 praepositione
et pello, pellis) notat, quod alienum pulsum sit ad id quod denominatur, sicut
et nomen proprium appellatio vocatur proprie, quia ex collectione accidentium
ad id significandum appulsum est. Nomen enim commune propter hoc
dicitur appellativum, eo quod in eo multa pelluntut in unum, et ideo est
commune multorum . Ma si veda, per questi riferi[La trattazione della dottrina
dell’appellatio qual è svolta dai maestri del secolo XIV presuppone la
conoscenza dei problemi finora esaminati, da quello dei patonimi a quello del nomen appellativum a quello, ancora, che è posto dalla domanda se
l’appellatio sia una proprietà del predicato e se rimandi a una forma o natura
universale. Di Occam si è parlato a proposito dei patonimi; si è visto che la
sua dottrina è punto di arrivo di una tradizione di analisi, puntualizza lo
status dei problemi e fissa una terminologia. Per quanto riguarda l’appellatio,
il Venerabilis Inceptor ne precisa il significato una prima volta in
rapporto a suppositio, una seconda distinguendo due accezioni di appellare.
Ecco il primo passo, tratto dalla Sumzmza logicae: Est sciendum, quod ‘suppositio’ accipitur
dupliciter, scilicet large et stricte. Large accepta non distinguitur contra
pes arena sed appellatio est unum contentum sub suppositione. Aliter accipitur
stricte, secundum quod distinguitur contra appellationem !9, Il secondo passo
si legge nell’Elementarium logicae: ‘Appellare’ autem et ‘appellatio’
dupliciter accipitur; uno modo pro significare plura, per quem modum dicuntur
quaedam nomina esse nomina appellativa, non praccise quia significant sed quia
significant plura. Ideo nomina propria non sunt nomina appellativa . Aliter
accipitur appellare pro termino exigere vel denotare seipsum debere sub propria
forma, id est ipsummet praedicari in aliqua alia propositione. Et sic solebant
(dicere) quod praedicatum appellat suam formam et subiectum non appellat suam
formam. Nel primo testo Occam afferma che appellatio est unum menti e per altri,
Miztellateinische Worterbuch, s.w. appellatio e appellativus. 169 Summa
logicae, cit., pp. 175-176. 0 Elementarium logicae, cit., pp. 217-218. i
Terminologia logica della tarda scolastica 99 contentum sub suppositione nel senso che essa è un capitolo della
supposizione !; appellatio invece si contrappone a suppositio solo se si
intende che questa è proprietà del soggetto e quella del predicato: a chiarire
il secondo valore giova il testo dell’Elementarium. La prima accezione di
appellatio, appellare è legata alla dottrina del nomen appellativum , la seconda invece
caratterizza l’appellatio come proprietà del predicato che appellat suam formam . Ma cosa valga questa
espressione si ricava da altri passi: nella Sumzzza logicae l’espressione vale:
ipsum (sc. praedicatum) et non aliud !2, nell’Elementarium essa è glossata con praedicatum ipsum non mutatum seu variatum nec
alio sibi addito !#: dal punto di vista
logico, una proposizione il cui predicato appellat suam formam è vera quando lo stesso termine, non mutato,
cioè assunto per tutto ciò che esso importa dal punto di vista della
sigrificatio, è predicato de illo, pro
quo subiectum supponit, vel de pronomine demonstrante illud praecise, pro quo
subiectum supponit ! facendo una
proposizione vera; così, perché sia vera la proposizione album fuit nigrum , è necessario che sia stata
vera una volta la proposizione: hoc est
nigrum . Ora, non è richiesto in tali proposizioni che ciò valga anche per il
soggetto !5: è noto infatti che il verbo condiziona ciò che segue ad esso, non
ciò che precede, e che il soggetto di una proposizione con verbo di tempo o
comunque di valote diverso dal semplice presente ha supposizione per ciò che è
o pet ciò che può essere (o per ciò che fu, o sarà), mentre il predicato ha 171
Per Pu. Bonner (Ockbam's Theory of Signification, Franciscan Studies, VI [1946], pp. 143-170,
ora in Collected Articles on Ockham, cit.: v. in part. p. 230, n. 51) e il De
RiJ€ (op. ciz., II, i, p. 564) è quel capitolo che riguarda la supposizione di
un termine in relazione a cose esistenti; ma cfr. nn. 186 e 187. 172 Summa
logicae, cit., p. 195 (l’espressione occorre anche a p. 242). Elementarium
logicae, Summa logicae, cit., p. 195.
175 Elementarium logicae, cit., p. 218. 100 Alfonso Maierà supposizione, nel
suo valore specifico, per il tempo e il valore indicato dal verbo !. Nella
dottrina dell’appellatio di Riccardo di Campsall vanno distinte due fasi: la
prima è quella che emerge dalle Questiones super librum Priorum analeticorum,
la seconda si riscontra nella Logica. Nel primo testo, appellare occorre sia in
concorrenza con supponere, almeno in un caso in cui si tratta della suppositio
del predicato !”, sia nell'espressione « predicatum appellat suam formam , che
è usata come medium di argomentazione 18. l’autore non fa riferimento ad alcuna
connotazione temporale in questi contesti, e l’esclude esplicitamente là dove
definisce il nome comune o appellativo come quello che « significat naturam
communem habentem supposita !?: qualora
non avesse un « suppositum presens o 412
Alfonso Maierù In conclusione, Wyclif conosce due grandi generi di probazio:
una legata ai termini mediati, l’altra, meno formalizzata, che si ricollega
forse a una tradizione vicina a quella testimoniata dai Tractatus Anagnini”.
Infine, è importante rilevare che i maestri di formazione parigina, ma anche
Occam, non conoscono altro tipo di probatio che non sia la expositio: da
questo, che è il più diffuso, cominceremo l’esame dei singoli modi di ‘prova’
della verità delle proposizioni. 4. L’« expositio I termini exponere, expositio hanno una loro
storia anteriore all’uso che ne fanno i logici nel medioevo, sia nel campo
blema possit pluribus modis concludi. Ad quod dubium sine verbis respondeo quod
particularis affirmativa et universalis negativa de subiectis non
transcendentibus ad minus quadrupliciter probari possunt: a priori, a posteriori,
aeque et indirecte; ut ista propositio: ‘homo currit’ a posteriori potest
probari sic: ‘hoc currit et hoc est homo, igitur homo currit*; a priori sic:
‘omne animal currit, homo est animal, igitur homo currit’; ab aeque sic:
‘risibile vel animal rationale curtrit, igitur homo currit*; indirecte sic:
quia contradictoria istius significantis principaliter quod homo currit est
falsa, igitur ista est vera ‘homo cutrit’ . C'è da notare che il procedimento a
priori, quale qui esposto, ricorda molto da vicino l'operazione contraria alla
resolutio che Billingham chiama compositio; quello 4 posteriori, stando
all’esempio addotto, si identifica con la resolutio stessa; la probatio ab
aeque non contiene alcun accenno all’expositio, che è invece presente in
Wyclif; infine, la probatio indirecta è identica alla probatio indirecta ex
opposito di Wyclif. La dipendenza di Pietro da Wyclif non è proprio documentabile,
come si vede: va piuttosto detto che una stessa tradizione è giunta ai due
autori, probabilmente da fonte inglese; in Wyclif l'utilizzazione di questa
quadruplice probatio è puntuale e normale, mentre Pietro, per quanto mi
risulta, non va oltre questo cenno. 5 Manca in Wyclif ogni riferimento alle «
probatio per habitudinem Terminologia vogic. delta tarda scolastica 413 della
retorica ® che in quello delle tecniche di approccio agli auctores oggetto di
lectio ®. Il Mullally nota che l’origine del termine va ricercata nell’esigenza
di chiarire i vari sensi del discorso, compito che già Cicerone assegnava alla
dialettica 2. L’affermazione torna nel medioevo *, in un contesto in cui si
discute del compito che spetta al commentatore di Prisciano; in verità, l’esigenza
stessa della expositio, a tutti i livelli, ha la sua origine nel bisogno di
chiarire, illustrare, mostrare qualcosa mediante discorso. Nel secolo XII
troviamo in testi di logica due usi di expomere: uno, relativo alla vox che «
exponitut per significationem alterius predicabilium che ha una lontana parentela con la probatio
officialiter, come si dirà nel $ 6; cfr. Tractatus Anagnini, cit., pp. 285 sgg.
9 Per la retorica, cfr. LausBERG, op. cif., pp. 700 sg., sv. exponere ed
expositio. 61 Cfr. Boezio, In Arist. Periermenias, I ed., cit., p. 132; II ed.
cit., p. 157: expositor è il ‘commentatore’; e p. 7: « Cuius expositionem nos
scilicet quam maxime a Porphyrio quamquam etiam a ceteris transferentes Latina
oratione digessimus ; Cassionoro, Institutiones, cit., I, VIII 16, p. 32: «
nequaquam vobis modernos expositores interdico . Per la distinzione tra
autentici, disputatores, introductores e expositores cfr. E. R. Curtius,
Europdische Literatur, Bern 19619, p. 264.
MutLaLty, The « Summulae logicales ..., cit., pp. lxxiv sgg., in part. p. lxxiv
n., cita Cicerone, Bruto, xLI, 152: « latentem explicare definiendo, obscuram
explanare interpretando [....] . Il MuLLaLty, ivi, cita anche De doctrina
christiana di S. Agostino, III, dove le ambiguità verbali sono chiarite con
l’applicazione di regole grammaticali. GucLieLMo
DI ConcHes, De philosophia mundi, P. L. 172, 101-102: «Antiqui vero glosatores in expositione accidentium erraverunt. Quod
ergo ab istis minus dictum est dicere proposuimus, quod obscure exponere, ut ex
nostro opere causas inventionis predictorum aliquis querat et diffinitionum
Prisciani expositiones (il passo è cit. dal De Rixk, Logica
modernorum, Il, i, cit., p. 110, che segue il testo corretto da E. JeaunEAU,
Deux rédactions des gloses de Guillaume de Conches sur Priscien, Recherches de théologie ancienne et médiévale ,
XXVTI [1960], p. 218). 414 Alfonso Maierà vocis #, l’altro relativo alla propositio 9. Questo secondo solo,
opportunamente precisato, diviene corrente nella logica medievale. Che a questo
stadio l’accezione sia generica, si può constatare anche in Abelardo #; ma ben
presto essa si fa più rigorosa. La propositio in tal caso è detta exporibilis.
Ma poiché essa è tale in virtù di una vox 0 dictio, è necessario individuare
quali dictiones rendano esponibile la proposizione. Si afferma quindi che le
dictiones aventi tale proprietà sono quelle sincategorematiche o aventi un
importo sincategorematico. Pietro Ispano, nel Tractactus exponibilium, così
definisce la propositio exponibilis: Propositio exponibilis est propositio
habens obscurum sensum expositione indigentem propter aliquod syncategoreuma in
ea implicite vel explicite positum vel in aliqua dictione [....] mentre
Buridano afferma: expositio non est nisi explanatio significationis
syncategoreumatum $, La ricerca dell’identificazione dei termini esponibili è
operata % Glose in Arist. Sopb. el., cit., p. 212: Figura dictionis secundum
significationem est cumz una vox exponitur per significationem alterius vocis,
ut hec vox ‘quid’ exponitur per quale vel quantum, quia iste voces non videntur
differre in significatione, tamen differunt (cfr. anche De RK, op. cit., II, i, p. 500,
n.). 6 Introductiones dialetice secundum Wilgelmum, ms. Vienna lat. 2499, f.
27r, cit. in De Rik, op. cit., II, i, p. 132: Sed quocumque modo ipsi exponant
istam propositionem: ‘quoddam animal est homo’, absurdum est eam dici
regularem, quia absurdum est ut illud quod prorso continetur ab aliquo in
ordine predicamenti, de continenti regulariter predicetur : si tratta
semplicemente della conversione della proposizione. $
Cfr. cap. V, n. 74; v. anche KneaLE, The Development of Logic, cit., pp.
212-213. ST Op. cit., p. 104. 6 Consequentiae, cit., III, 1; cfr. cap. IV, n.
147. Terminologia
logica della tarda scolastica 415 nel contesto proposizionale, giacché è fatta
in vista di chiarire il senso dell’intera proposizione f, con l’aiuto delle
dottrine grammaticali, oltre che della tradizione aristotelico-boeziana. L’Ars
Meliduna individua in particolare le dictiones exclusivae” e i quantificatori”,
ma non usa la terminologia dell’expositio, mentre il quinto dei Tractatus
Anagnini, che tratta de quinque dictionum generibus (distributive, infinite,
aggettive, esclusive, relative) ? e che può essere considerato un trattato de
syncategorematibus come ce ne saranno nel secolo XIII”, usa il termine exponere
collocandolo in un contesto che è importante perché vi si distingue la propositio que exponitur e quella per quam exponitur , anche se la
terminologia è in concorrenza con quella della resolutio””. Tra quelle
dictiones che l’anonimo autore chiama distributive sono individuati i comparativi,
e tra quelle dette aggettive, i superlativi 9, la cui analisi 6 L’Ars Meliduna,
cit., p. 329, trattando della contraddizione, afferma che dictiones come
tantum, praeter, nisi, adbuc modificano il consueto rapporto tra le
contraddittorie secondo il noto schema del ‘quadrato’ delle proposizioni, e
perciò richiedono un’attenzione particolare che tenga conto dell'intero
contesto della proposizione condizionato da quelle dictiones. © Ivi, p. 333. ©
Ivi, p. 322. © Op. cit., p. 297 (argumentum del 5° trattato). 73 Come ad es. il
trattato Syrncategoremata di SHYRESWOOD, cit. © Op. cit., p. 317: Nos autem
admittimus eas et dicimus quod frequenter ca que exponitur est incongrua et
illa per quam exponitur, congrua, ut ‘Romanus est fortissimus Grecorum’, hec
est incongrua; hec autem: ‘Romanus est unus Grecorum et est fortior omnibus
Grecis aliis a se’, hec est congrua. Similiter ea que exponitur est
congrua, sed ea per quam exponitur est incongrua, ut “Socrates et Cesar sunt
similes’, hec est congrua; sed hec est incongrua: ‘Socrates est talis qualis
est Cesar”. Sed fottasse
nulla illarum resolutionum est congrua] ha origine grammaticale” ma ha
giustificazioni aristoteliche ®. Nel secolo XIII Guglielmo di Shyreswood, fra
l’altro, analizza l’expositio dei verbi incipit e desinit. Ma Pietro Ispano,
nel testo citato, così enumera i termini o dictiones (signa, nel testo) che
rendono esponibile una proposizione: Pro quo notandum est quod ea, quae faciunt
propositionem exponibilem, sunt in multiplici differentia. Nam quaedam sunt
signa exclusiva, ut tantum, solum ;
quaedam exceptiva, ut praeter , nisi ; quaedam reduplicativa, ut inquantum , secundum quod ; quaedam important inceptionem
vel desinitionem, ut incipit , desinit ; quaedam important privationem finis,
ut infinitum ; quaedam important
excessum, ut nomina comparativi et superlativi gradus; quedam important
distinctionem, ut differt , aliud ab , et sic de aliis; quaedam important
specialem modum distributionis, ut totus
, quilibet , et sic de aliis. Unde
propter ista, propositio redditur obscura et indiget expositione, et ideo
dicuntut facere propositionem exponibilem 8, Alla metà del secolo XIII, dunque,
i principi dell’expositio sono già stabilmente fissati, come testimonia l’opera
di Pietro Ispano. © Il MuttLALLy, op. cit., p. lxxvi, rinvia, per i
comparativi, a PRISCIANO, op. cit., III, 1 e 8, in Grammatici latini, II, cit.,
pp. 83 e 87. 78 ARISTOTELE, in Cat. 5, 3b 33-4a 9, afferma che la sostanza non
è suscettibile di più o meno, mentre ivi, 8, 10b 26-30 afferma che lo è
l’accidente. Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., ad I, e De differentiis topicis,
cit., 1178C: Namque ad comparationem nihil nisi accidens venit, hoc enim solum
recipit magis et minus . Ma v. m., In Isag., II ed. cit., p. 253: Quae uero
secundum accidens differentiae sunt insepatabiles, ut aquilum esse vel simum
vel coloratum aliquo modo, et intentionem suscipiunt et remissionem . 79 Syncategoremata, cit., pp. 75-78. 80
Tractatus exponibilium, cit., p. 104. In luogo di desinitionem, l’ed. legge
definitionem. Il trattato mostra l’expositio dei vari termini: esclusivi (pp.
104-108), eccettivi (pp. 108-110), reduplicativi (pp. 110-114), incipit e
desinit (pp. 114-118), infinitus (pp. 118-122), comparativi e [ Il secolo XIV
però riprende la dottrina, ne riesamina i fondamenti e ne fissa rigidamente le
regole operative. Innanzi tutto, vengono riesaminati i termini che rendono
esponibile la proposizione. Nel Tractatus de suppositionibus, Buridano afferma
che delle voces incomplexae, o semplici dictiones (distinte dalle voces
comzplexae o orationes), che significano sempre in stretta dipendenza dai
concetti ®!, alcune hanno puro valore di categoremi, cioè significano le cose
concepite mediante concetti, e perciò possono essere soggetto o predicato nella
proposizione; altre hanno puro valore sincategorematico perché significano solo
quei concetti che sono le operazioni mentali, come 707, vel, ecc.; altre,
infine, sono miste: o perché, oltre ai concetti che significano immediatamente
e da cui traggono la funzione sincategorematica, significano le cose concepite
ma zor possono essere soggetto o predicato, o perché hanno insieme funzione di
categorema e di sincategorema ®©. In altre parole, alle voces incomplexae
possono corrispondere concetti incomplessi o complessi *; questi ultimi,
sincategoremi come fat? o categoremi con sincategorema come chimaera, vacuum,
rendono esponibile la proposizione, nel senso che i loro molteplici significati
devono essere resi espliciti per
orationes illis aequivalentes in significando *. La proposizione superlativi (pp. 122-124),
differt e aliud (pp. 124-126), fotus (pp. 126-128), quaelibet e quantumlibet
(p. 128). 81 Sul rapporto tra concetti e discorso mentale da un lato, voces e
orationes dall’altto in Buridano, cfr. REINA, Il problema del linguaggio in
Buridano, I, cit., pp. 412-413. 8 Tractatus de suppositionibus, cit., pp.
187-188; cfr. REINA, op. cit., I, p. 405. 83 Tractatus de suppositionibus,
cit., p. 189, e v. Sophismata, 1, £. [Sra-vb], dove si afferma che tutto il
racconto della guerra di Troia ( conceptus valde multipliciter complexus ) è
stato significato con la vox incomplexa Iliade , come vacuum sta per locus non repletus corpore , che
implica tre concetti: locus, repletio, corpus. 8 Tractatus de suppositionibus,
cit., pp. 189 e 190 (duodecima regula). 27 418 Alfonso Maierù exponibilis, una
volta operata l’expositio, è propositio exposita; le proposizioni ad essa
corrispondenti sono le exporentes: tra la prima e le altre c'è equivalenza e la
regola fondamentale sul piano operativo è la seguente: Sunt consequentiae formales per exponentes
syncategorematum ab exponentibus ad expositam aut ab exposita ad aliquam
exponentium £. Abbiamo fatto precedere
il discorso su Buridano a quello su Occam perché Buridano, posteriore a Occam,
esplicitando il rapporto vox incomplexa conceptus complexus, aiuta a capite
Occam (anche se la posizione dei due filosofi è diversa: alla stretta subotdinazione
del linguaggio al pensiero in Buridano, fa riscontro in Occam la concezione del rapporto fra discorso mentale e
discorso vocale come rapporto fra due ordini paralleli di segni, rispetto ad un
unico ordine di significati *), il quale
tiene il discorso più sul piano dei rapporti formali e operativi. Nel capitolo De propositionibus aequivalentibus hypotheticis
Occam scrive: quaelibet categorica, ex qua sequuntur plures
propositiones categoricae tamquam exponentes, hoc est exprimentes quid ista
propositio ex forma sua importat, potest dici propositio aequivalens propo
sitioni hypotheticae ®. Si tratta di proposizioni apparentemente categoriche:
sono le proposizioni exclusivae®, exceptivae ®, reduplicativae” o inclu85
Burmano, Consequentiae, cit., INI, 1. 86 REINA, op. cit., I, p. 413 (cfr.
Occam, Summa logicae, cit., p. 179: suppositio materialis, simplex, personalis,
per concetti e per voces) e pp. 411-412 (suppositio materialis solo per i
termini vocali e scritti secondo Buridano). Summa logicae] denti termini
connotativi e relativi (come sizzilis) o collettivi”, oppure il relativo gui”,
o termini privativi (es. coecus) e infiniti (immateriale), o i termini
designanti figmenta animi (es.
chimaera)*; incipit e desinit*, il verbo fit": tutte queste proposizioni
hanno una loro expositio, ad opera di exponentes di cui numero e forma variano
di caso in caso”. Diamo un esempio per tutti: per la verità di Socrates est albus è necessario che siano vere: Socrates est e Socrati inest albedo ®. Alle proposizioni ricordate, Occam aggiunge
le universali costruite con i distributivi utergue, neuter”; di tutte, poi, dà
le regole della conversione !%, S'è detto che il secolo XIV stabilisce una
volta pet tutte le regole operative nell’ambito dell’asserita equivalenza tra
la pro9 I (per i connotativi, v. cap. I, $ 2). 92 Ivi, pp. 260-261. 9 Ivi, pp.
255-257 (De propositionibus in quibus ponuntur termini privativi et infiniti),
e c. 13, p. 258 (De propositionibus in quibus ponuntur termini privativi non
aequivalentibus terminis infinitis): la differenza sta in ciò che le prime
hanno due exponentes, mentre le seconde plures habent exponentes quam duae . 9 Ivi,
pp. 258-260. 95 Ivi, pp. 280-285. 96 Ivi, pp. 286-287. 97 È detto dei privativi
non equivalenti ai nomi infiniti, ivi, p. 258: « De talibus autem non potest
dari certa regula, quia secundum varietatem terminorum talium propositiones, in
quibus ponuntur, diversimode debent exponi . A maggior ragione differisce
l’expositio da tipo a tipo di proposizione. 98 Ivi, p. 253: « ad veritatem
talis propositionis requiruntur duae propositiohes, quae possunt vocari
expomentes ipsius, et una debet esse in recto et alia in obliquo. Sicut ad
veritatem istius: ‘Sortes est albus’, requiritur, quod haec sit vera: ‘Sortes
est’, et quod haec sit vera: ‘Sorti inest albedo’ (cors. mio). 99 Ivi, p. 254; esclude però le
universali costruite con omzis. che invece saranno incluse dagli altri autori] posizione
exponibilis e le proposizioni exponentes, per cui la congiunzione delle
exponentes IMPLICA, ed è IMPLICATA da, l’exponibilis. Ma anche a questo
proposito va ricordato qualche tentativo precedente. L’Ars Meliduna,
analizzando le ipotetiche compositae, considera come terza specie di esse le
propositiones IMPLICITE, che hanno luogo con il relativo !%: la proposizione
che implicat et continet vim alterius propositionis è detta IMPLICANS, l’altra è detta IMPLICITA (cf.
IMPLICITVM); mentre, quanto ai rapporti d’inferenza tra le due, si afferma che
alla proposizione IMPLICITA segue la sua simplex, quella proposizione que
remanet sublata relativa particula et verbo quod ei redditur; ad esempio: si
Socrates est aliquid quod cutrit, Socrates est aliquid. Ma all’implicita può
seguire illa quam implicat nel rispetto dell’habitudo terminorum, cioè dei
rapporti tra i termini in essa posti. L’analisi, condotta con l’ausilio della
consequentiae, non giunge tuttavia a riconoscere le strutture dell’equivalenza
vera e propria. Un tentativo ancora è nel secondo dei Tractatus Anagnini. Sotto
il titolo de equipollentiis cathegoricis si discute, fra l’altro, di un
argomentare secundum inferentiam, quando sia presente in rapporto inferenziale
uno di questi termini: ‘idem’, alie habent aliquid implicitum per relativam
particulam. IMPLICITA dicitur propositio que preter principalem significationem, — idest
preter significationem que ex principalibus attenditur —, tamen implicat et
continet vim alterius propositionis. Ut ‘Socrates est aliquid quod currit’
IMPLICAT istam: ‘aliquid currit’; et ‘homo qui est albus, est animal quod
currit’ has duas: ‘homo est albus’, ‘animal currit’. Unde magis proprie
diceretur ista IMPLICANS, ille IMPLICITE. Et generaliter: numquam ad IMPLICITAM
sequitur illa quam IMPLICAT, nisi hoc operetur habitudo terminorum. Ut ‘si
liquid est homo qui est Socrates, aliguid est homo.’ Sed non: ‘si aliguid quod
est Socrates est homo, aliquid est Socrate; quia non coaduniatur hic consecutio
habitudine terminorum . ‘indifferens’, ‘differ, ‘scitur’, ‘prete’, ‘nisi, ‘nunò’, ‘incipit’,
‘desinit’ !*. Si tratta di un tentativo, in cui il procedimento proprio della
expositio s’inttavvede solo nel caso dei termini incipit e desinit. Ma la dottrina è già fissata: basti per tutti
Pietro Ispano. Tuttavia si raggiunge il massimo di chiarezza e di
formalizzazione, definendone le regole sul piano operativo. Burleigh ne dà una
formulazione molto chiara. Discutendo della expositio di termini come tantum,
solum, incipit ecc., Burleigh ne richiama le regole fondamentali: la
proposizione exponibilis aequipollet, cioè equivale, e quindi IMPLICA ed è IMPLICATA,
dalla congiunzione delle sue exponentes; perciò (si ricordi la regola fornita
da Buridano) dall’exposita ad aliquam exponentium vale la conseguenza, giacché da tutta la
copulativa (e l’exposita ne è l'equivalente) a ciascuna parte è valida l’inferenza
(pg 2 p, oppure pq 2 q)!”, ma non viceversa; mentre la falsità di una parte è
sufficiente alla falsità del tutto !®, Alberto di Sassonia considera
proposizioni equivalenti alle ipotetiche quelle che contengono dictiones
exclusivae (tantum, solus, solum, unicus ecc.), exceptivae (praeter,
praeterquem, nisi 1% Op. cit., p. 240. 105 Ivi, p. 241: «Item. ‘Socrates
incipit esse; ergo Socrates nunc primo est’. Item: ‘Socrates nunc ultimo est;
ergo Socrates desinit esse. De puritate artis logicae. Item notandum pro
regula, quod omnis propositio exclusiva aequipollet copulativae factae ex suis
exponentibus ; per la proposizione exceptiva, cfr. p. 165, e così via; p. 171:
« exceptiva et exclusiva non sunt simpliciter categoticae sed sunt implicite
hypotheticae; valent enim copulativam factam ex suis exponentibus . 107 In
part. l’exclusiva implica la sua praeiacens: op. cit., p. 138: « Contra. Omnis
exclusiva infert suam praeiacentem; ergo cum ista ‘Pater est’, sit praeiacens
huius: “Tantum pater est’, oportet quod sequatur: Tantum pater est, ergo pater
est . 198 Ivi, p. 243: «Item notandum pro regula, quod ad hoc, quod copulativa
sit vera, requiritur quod utraque parts sit vera, et ad hoc ut copulativa sit
falsa, sufficit, quod altera pars sit falsa.] ecc.), reduplicativae (inquantum, secundum
quod) e quelle che contengono incipit e desinit. Il discorso è molto
particolareggiato per ciascun caso, discutendosi ogni volta dei vari valori
delle dictiones sincategorematiche, delle regole di ciascuna proposizione, dei
sofismi che di solito vengono formulati in ordine ad un certo tipo di
proposizione; noi ci limiteremo a riprenderne le linee generali. La
proposizione exclusiva ha esposizione per mezzo di una copulativa composta di
due categoriche, una affermativa, l’altra negativa: « ‘tantum homo currit’,
exponitur sic: homo currit et nihil aliud ab homine currit . Tutta la
copulativa è detta da Alberto exponens dell’esclusiva e per essa valgono le
regole, già viste, che reggono la copulativa !”, Alberto, inoltre, parla di
expositio propria e impropria: la prima si ha quando l’expomens è data nella
forma tradizionale e regolare, la seconda quando l’una o l’altra parte
dell’exporens contiene elementi non appropriati: ad esempio, della proposizione
« Socrates est tantum albus , il cui predicato è un termine connotativo, si ha
questa expositio impropria: Socrates est
albus et Socrates non denominatur aliquo alio accidente . La seconda
proposizione categorica non è regolamentare, e tutta la congiunzione è falsa.
L’expositio propria invece è questa: Socrates est albus et Socrates non est aliud
ab albo , che è vera 159, 19 Arserto DI Sassonia, Logica, cit., III, 6, f.
20ra: et ista copulativa dicitur exponens istius exclusivae, et utraque illarum
(sc. propositionum, affirmativa et negativa) sequitur ad illam . Ex isto
sequitur quod quaelibet pars categorica quae est pars exponens exclusivae
sequitur ad exclusivam: propter quod quaelibet pars copulativae sequitur ad
ipsam copulativam cuius est pars . 110 Ivi, f. 20rb; oltre che in tal caso,
Alberto pone expositio propria € impropria quando dictio exclusiva additur termino
significanti totum integrale come è
domus (f. 20va, 8% regola); quando la stessa dictio additur termino significanti numerum , (ivi,
92 regola), o additur termino communi
distributo habenti plura supposita (ivi,
10° regola). Terminologia logica della tarda scolastica 423 Anche la
proposizione exceptiva ha esposizione per mezzo di due categoriche, una
affermativa, l’altra negativa, che costituiscono una propositio copulativa!!.
Così omnis homo praeter Socratem currit ha la seguente expositio: Socrates non cutrit et omnis homo alius a
Socrate currit , mentre di nullus homo
praeter Socratem cuttit l’expositio è: Socrates curtit et omnis homo alius a Socrate
non currit !, Inoltre, ogni exceptiva ha
una praeiacens, che si ottiene da essa ( dempta dictione exceptiva et parte
extra capta, residuum dicitur praeiacens exceptivae !!5): il rapporto dell’exceptiva con la
praeiacens è regolato nel modo seguente: Si praeiacens exceptivae est vera, exceptiva
est falsa. Unde si ista est vera: ‘omnis homo cutrit’, ista est falsa: ‘omnis
homo praeter Socratem currit’ 14, Anche
la reduplicativa ha esposizione per mezzo di una copulativa !5: il numero dei
membri di essa varia però a seconda del numero dei termini dissimili in essa
presenti !!°. 111 Ivi, III, 7, f. 21va: Ex hoc patet quod omnis exceptiva aequivalet
uni copulativae in significando compositae ex una affirmativa et alia negativa:
diversimode tamen, sicut iam patuit, exponendo exceptivam affirmativam et
exceptivam negativam . 12 Ivi. 113 Ivi, f. 21vb; v. GuLieLMo DI SHyREswooD,
Syrcategoremata, cit., p. 62: Item si praejacens est in toto vera, exceptiva
est falsa et e converso ; anche un’altra accezione di praeiacens è fornita da
ALBERTO: Ulterius sciendum est quod copulativa composita ex duabus categoricis,
cui copulativae propositio exceptiva aequipollet in significando, dicitur
praeiacens exceptivae . u4 Ivi. 115 La controprova è fornita dal caso in cui la
negazione praecedit reduplicativam et
verbum principale , giacché allora fit
propositio contradictoria reduplicativae ; così la proposizione aequivalet uni disiunctivae , e cioè ha probatio
per causas veritatis : ivi, III, 8, f. 22va; cfr. $ 8 di questo capitolo. 116
Se la proposizione ha tre termini dissimili (es. homo in quantum animal est sensibilis ), ha
quattro proposizioni esponenti ( ad veri424 Alfonso Maierù Marsilio dà molto
spazio all’expositio nella seconda parte delle sue Conseguentiae. In undici
capitoli discute delle proposizioni includenti termini exceptivi (praeter, nisi
e praeterquam)!", le dictiones exclusivae (tantum, solum) "® le
reduplicativae (inquantum, prout, secundum eam rationem e simili)!, incipit'? e
desinit'*, o signa alietatis (differt, aliud, non idem, alterum e simili) ‘2,
infinitum'*, aggettivi di grado comparativo e superlativo !4, signa collectiva
(omnis)!®, totus !%, ita e sicut'?. Di tutte Marsilio fornisce l’esposizione
mediante proposizioni in congiunzione, nel modo ormai noto !*. tatem istius
requiritur veritas unius copulativae, compositae ex quattuor propositionibus;
v.g. istius copulativae: ‘homo est animal, et homo est sensibilis, et omne
animal est sensibile, et si est aliquod animal illud est sensibile’ , ivi, f.
22va); se la proposizione ha due termini simili ( homo in quantum homo est
risibilis ), quattro sono le esponenti ( requiritur quod haec sit vera: ‘homo
est homo’, et quod homo sit risibilis, et quod omnis homo sit risibilis, et si
aliquod est homo quod illud sit risibile , ivi, f. 22va); se invece tutti i
termini sono simili ( ens in quantum ens est ens), propter coincidentiam propositionum solum
habet tres exponentes, seu unam copulativam pro exponente, compositam ex tribus
propositionibus [....]: requiritur quod ens sit ens et omne ens sit ens, et si
aliquid est ens quod illud sit ens. Per incipit e desinit, cfr.
C. WiLson, Heytesbury. Medieval Logic and the Rise of Mathematical Physics,
Madison Wisc. In Textus
dialectices. de comparativis. de superlativis. De exceptivis sit haec regula: a
qualibet istarum ad suas exponentes simul sumptas vel e converso est bona
formalis consequentia: Terminologia logica della tarda scolastica 425 C’è da
aggiungere che, per le proposizioni esclusive, Marsilio esige che la praeiacens
costituisca il primo membro della congiun. zione di proposizioni mediante la
quale si opera l’expositio !?. Naturalmente, il rapporto tra l’exclusiva e la
praeiacens è definito in modo diverso rispetto a quello che vige, secondo
Alberto di Sassonia, tra l’exceptiva e la sua praeiacens: quando arguitur ab exclusiva ad suam
praeiacentem consequentia est bona 199.
Anche Pietro d’Ailly, epigono della scuola parigina, dedica un trattato alle
proposizioni esponibili !#, nel quale non si discosta molto dalla tradizione di
Buridano, Alberto e Marsilio. quia ibi arguitur ab aequivalente ad aequivalens ;
così per gli altri casi. La proposizione negativa è in genere prodata per disiunctivam de partibus contradicentibus
partibus copulativae . 129 Ivi, f. 197r: Et propositio quae remanet
deposita dictione exclusiva vocatur ptaeiacens . Prima est affirmativa, ut
‘tantum animal est homo”, quae exponitur per copulativam bimembrem cuius prima
pars est praeiacens et secunda universalis negativa. 130 Ivi, £. 197v. 131 Cfr.
op. cit.; sono sei capitoli: cap. I, f. [2v]: i termini privativi, negativi o
infiniti sono esponibili, ma de talibus
non possunt poni regulae generales vel, supposito quod possent poni, nimis
longum esset et nimis tediosum, et etiam cognito quid nominis talium dictionum,
facile est exponere propositiones in quibus ponuntur (contro Buridano: cfr. n. 84); afferma: illud
dictum non erat verum generaliter, scilicet, omnes propositiones in quibus
ponuntur termini relativi vel cognotativi (!) aequivalent propositionibus
hypotheticis (f. [3r]); ff. [3v-4r]: la proposizione
universale è esponibile se il quantificatore è ufergue o neuter, non lo è se il
quantificatore è omnis, o nullus, o quilibet; cap. II De
exceptivis, ff. [6r] sgg.; cap. III De exclusivis, ff. [14r] sgg.; cap. IV De
reduplicativis, ff. [21r] sgg., e in part., f. [21v]: Sed tamen apparet mihi
proprie dicendum quod in propositione proprie reduplicativa reduplicatio nec
est pars subiecti nec est pars praedicati, sed se tenet ex parte formae propositionis,
ideo denominat propositionem reduplicativam; et ita potuissem dixisse de
dictione et de propositione exceptiva quando locutus sum de dictione proprie
exceptiva in secundo corollario primae dubitationis principalis secundi
capituli, quamvis autem probabiliter dixerim oppositum ; cap. V De incipit et desinit,
ff. [24r] sgg., e in part., f. [25r]: Ex hoc La logica inglese posteriore a
Occam ha sviluppato queste dottrine, soprattutto in tre direzioni: da Sutton,
Burleigh e Occam !° è stata elaborata la dottrina dell’expositio dei relativi,
che poi ha ricevuto una buona sistemazione nel terzo capitolo delle Regulae di
Heytesbury; all’expositio de incipit et desinit sono stati dedicati vari
trattati, fra cui quello che costituisce il quarto capitolo delle Regulae di
Heytesbury; alla trattazione dell’expositio del comparativo e del superlativo
si è riallacciata in particolare la dottrina de maximo et minimo, di cui ancora
una volta Heytesbury ha offerto un esempio d’un notevole livello nel quinto
capitolo delle sue Regulae (ma va tenuto presente che in esso la terminologia
propria dell’expositio non è frequente !*). In questo contesto, vengono
introdotti nuovi temi, nell’analisi dei quali sono applicate le regole
dell’expositio: sono i temi propri della filosofia della natura che
caratterizzano il secolo XIV come secolo che ‘precorse’ (si prenda
l’espressione con la precauzione usata dalla più recente storiografia) il
secolo di Galileo, discutendo il ‘limite’ di una potenza attiva o passiva, o il
primo ‘quando’ di un processo di trasformazione. Il metodo applicato nell’analisi
di questi e analoghi problemi è quello logico-calculatorio, cioè una sintesi di
procedimenti logici e di procedimenti propri della filosequitur corollarie quod
quaelibet propositio de incipit vel desinit exponitur pet unam copulativam
compositam ex una de praesenti et alia de praeterito vel de futuro, sed tamen
per aliam exponitur propositio de incipit et per aliam propositio de desinit ;
cap. VI, altri verbi: fit (factum est, fiet) ed equivalenti, ff. [29r-30v]; in
part. il termine che segue questi verbi appellat suam formam (f. [30r]). 13 WersHEIPL, Developments in the
Arts Curriculum..., cit., p. 159. 133 Per i tre capitoli ultimi delle Regul4e
di Heytesbury, cfr. C. WiLsoN, op. cit., pp. 29 sgg.; per il De relativis, cfr.
un cenno nel mio articolo Il Tractatus de sensu composito et diviso di G.
Heytesbury, Rivista critica di storia
della filosofia. Salvo errore, in De maximo et minimo occotte una sola volta il
termine exponitur al f. 31vb; ma cfr. n. 48. Terminologia logica della tarda
scolastica 427 sofia della natura (calculationes): il risultato più celebre è
il Liber calculationum di Riccardo Swineshead. Ma, contemporaneamente, su di un
piano più propriamente logico-formale, Billingham viene inquadrando l’expositio
in un contesto che sistema, come si è detto, tutta la trattazione della probatio propositionis . Il termine
exporibilis è definito come quello che ha duas exponentes vel plures cum quibus
convertitur !*. È importante rilevare
che, mentre gli autori esaminati, specie quelli di forma zione parigina e lo
stesso Occam, danno una notevole importanza alle proposizioni exclusivae,
exceptivae e reduplicativae, Billingham dà invece importanza a proposizioni
contenenti altri termini quali omnis !, primum e ultimum'*, maximum e minimum,
comparativo !* e superlativo !’, incipit e desinit, e ai termini exceptivi ed
exclusivi, come a differt, aliud e aliter, riserva solo un cenno !4, e alle
reduplicative neppure quello. Tutto ciò testimonia di un interesse spostato
verso gli argomenti di filosofia della natura che fiorivano ad Oxford in quel
tempo. Billingham non sviluppa nel senso delle tecniche ‘calculatorie’ questi
temi, ma la scelta è indicativa di un clima culturale. Strode, nella Logica,
discute dei termini exporibiles, trattando, di seguito, le proposizioni
exclusivae (con un cenno alle exceptivae), le universali, semper totum infinite
immediate, incipit e desinit, differt, i gradi positivo, comparativo e
superlativo (e a questo proposito precisa che i termini maximum e minimum,
primum e ultimum, intensissimum e remississimum, velocissimum e tardis[Cfr.
Speculum] simum, propinquissimum e remotissimum, utilizzati dalla filosofia
della natura, sono superlativi e perciò esponibili) e le reduplicative 42.
Anch’egli definisce la proposizione esponibile in rapporto alle exponentes: Nam
dicuntur exponentes cum duae propositiones simul inferunt aliquam propositionem
formalem, vel plures, sic quod consequens sit determinatio antecedentis cum hoc
quod nulla illarum per se sufficiat istam inferre, et ad utramque istarum tam
coniunctim quam divisim ex exposita valet consequentia, per quod excluduntur
tam singularia quam causae veritatis 193, Questa definizione può essere così
illustrata: a) le exponentes sono due proposizioni che in congiunzione (sirz4!)
fungono da antecedente in un’inferenza logica rispetto a un’altra proposizione
(exposita); b) in modo tale che l’inferenza non valga da una exponens al
consequens; c) mentre l’exposita può fungere da antecedente rispetto alla
congiunzione o a una delle due exporentes ( tam coniunctim quam divisim ) !#.
L’accenno all’esclusione dei singularia si giustifica per il fatto che il
contesto riguarda l’expositio delle universali, e l’autore nega che l’expositio
di esse possa essere fornita dai suoi singularia!S: infatti scrive: 14 Op.
cit., ff. 24ra-26vb; per i superlativi elencati, cfr. ivi, f. 26ra. 18 Ivi, f.
24va. 14 Strode scrive: sic quod
consequens sit determinatio antecedentis ; la determinatio consiste in ciò che,
da un punto di vista formale, la congiunzione di più proposizioni (cui
l’expesit4 equivale) non infertur da una di esse: ciò è precisato nel testo. Ma
forse non è da escludere che l’autore intenda di più: si ricordi che si ha
conseguentia formalis secondo Strode quando il conseguens è de intellectu
antecedentis (cfr. Moony, Truth and
Consequence..., cit., p. 71). 145 Op. cit., f. 24va: Solebant tamen antiqui
dicere quod univetsalis exponitur per sua singularia, quod tamen non dico
servando quid nominis de li ‘exponi’ ; ma cfr. ivi, f. 21ra: Mobiliter supponit
cum ratione illius sufficienter contingit propositionem in qua ponitur concludi
ex una copulativa facta ex omnibus suppositis vel, nt verius dicatur, ex
omnibus] [ ‘omnis homo currit’ sic
exponitur: homo currit et nihil est homo quin ipsum, vel quod non, curtat, ergo
etc. !4; l’expositio non può essere data neanche mediante induzione: iste homo currit et iste homo currit et iste
homo curtit all’infinito, ergo omnis
homo currit ; ma sappiamo che la proposizione universale può essere probata
mediante inductio !. Tralasciamo per il momento il riferimento alla dottrina
delle causae veritatis che verrà chiarito più avanti.Wyclif affronta la
trattazione dei termini exponibiles, precisando che la proposizione esponibile
è equivalente ad una congiunzione di proposizioni !9. Nella Logica, egli tratta
delle proposizioni exclusiva !9, exceptiva, universale affermativa‘, delle
proposizioni includenti uno dei termini differt, aliud, non idem', incipit o
desinit'*. Nella Logice continuacio, l'esame della expositio emerge a vario
titolo nei tre trattati di cui essa si compone. Nel primo trattato si discute
della universale affermativa ‘5. eius singularibus, et etiam cum constantia
debita eorum suppositorum contingit omnes singulares et illarum quamlibet ex
tali propositione concludere, et primus modus dicitur probatio vel inductio, ut
iste: ‘homo currit et iste et sic de singulis et isti sunt omnes homines, ergo
omnis homo currit (testo già cit. nel cap. IV, $ 5), e f. 22ra: Probatur etiam quod illa ‘omnis homo currit’
non formaliter inducitur ex omnibus suis singularibus sine tali medio (il
medium, o constantia, è la proposizione isti sunt omnes homines ). 146 Ivi, f.
24va. 147 Cfr. cap. IV, n. 194. 14 Cfr. $ 8. 149 Cfr. Tractatus de logica] ; va
notato che Wyclif conserva, a differenza di Strode, la probatio per singulares.
Essa può essere provata nei quattro modi già esaminati (4 priori, a posteriori,
ex opposito, expositorie). Per quanto riguarda l’expositio della universale,
l’autore precisa: pro regula est
tenendum quod quelibet universalis affirmativa exponenda debet exponi per suam
subalternam, et universalem negativam convenientem in subiecto, sed de
contradictorio predicato !8: cioè di omnis homo est animal le exporentes sono homo est animal (subalterna) e nullus homo est quin sit animal (universale negativa). Avverte però l’autore
che l’expositio vatia a seconda del quantificatore, del soggetto (che può
essere un solo termine o più termini), del verbo (di tempo presente, o passato,
o futuro, oppure ampliativo), del predicato (che può contenere, ad esempio, un
relativo implicativo, come nella proposizione omnis pater generat individuum de sua
substancia cui est similis in specie. Anche per la universale negativa Wyclif
pone la quadruplice probatio !8, ma, di esse, la probatio ex equo non è data per mezzo di exponentes, bensì per suam simpliciter conversam vel quomodolibet
aliter equipollens !. In modo analogo,
la probatio della particolare affermativa è data in quattro modi !9, Nel
secondo trattato Wyclif affronta ex
professo il tema dell’expositio, che
infatti resta qui caratterizzante, nel senso che vengono talora accantonati, o
meglio presupposti, gli altri modi di probatio. L’autore tratta, nell’ordine,
dell’expositio delle proposi[Quadrupliciter ergo contingit exposicionem
huiusmodi variari; vel racione signi, vel racione subiecti compositi vel
simplicis, vel racione verbi, vel racione predicati ; in part. racione verbi
(con la ripresa dell’ampliatio), pp. 94-97; racione predicati, p. 98. 158 Ivi,
pp. 100-106. 159 Ivi, p. 105; ma vedi p. 106: Exponentes autem talium
universalium non inveni, quamvis cum diligencia sum scrutatus . 160 Ivi, pp.
107-115 (ex equo, cioè ex sua
simpliciter conversa , p. 115). Terminologia logica della tarda scolastica 431
zioni con i termini differt, aliud (e aliter, sic) !%; o exclusivae !® e
exceptivae 8, con i termini incipit e desinit'#*, o con le espressioni per se —
per accidens!©, con infinitum e inmediate'%; delle proposizioni includenti
aggettivi di grado comparativo !” o con termini de plurali (tali sono, ad
esempio, quattuor sunt duo et duo ; duo homines sunt homo ) !9. Nel terzo
trattato, egli discute delle reduplicative ! ancora sulle comparative !”°. Di
tutti questi casi egli fornisce un’analisi ampia e dettagliata, con esempi
(sophismata) dai quali si traggono conclusiones che riecheggiano (specie a
proposito de incipit et desinit, de maximo et minimo ecc.) le discussioni di
filosofia della natura correnti a Oxford. Non riteniamo di doverci soffermare
su questi temi. Segnaliamo soltanto che, in fondo, Wyclif nella Logice
continuacio torna sui principi enunciati nella Logica svolgendo la trattazione
con più ampio respiro. In Italia, Pietro di Mantova fa un discorso del tutto
analogo a quel che abbiamo visto fare dagli altri maestri, per quanto attiene
alla expositio delle proposizioni universali, exclusivae, exceptivae,
reduplicativae, o contenenti i termini infinitus, totus, aeternaliter, ab
aeterno, semper, differt, aliud, non idem, o comparativi e superlativi, o
immediate !". Anche per Pietro l’expositio 9 e ritorna [Tractatus de
logica, ( de maximo et minimo ). 171
Cfr. Codices Vaticani latini. Codd. 2118-2193, rec. A. Maier, Romae 1961, pp.
31-33 (l’ordine dei trattati, come s’è detto, è diverso nelle edizioni 432
Alfonso Maierù è operata per mezzo di una congiunzione di proposizioni e per
essa valgono le regole della copulativa !?, L’expositio è dottrina fondamentale
nelle opere di Paolo Veneto, ed egli ne tratta a più riprese: nel quarto
trattato della Logica parva!®, nella prima parte della Logica magna, e sia nel
primo trattato, dove si discute dei termini esponibili, resolubili e
officiabili *, sia nei trattati dal quarto al diciottesimo sche trattano delle
dictiones che richiedono l’expositio '%, ma anche nel trattato diciannovesimo,
dove si parla della expositio dei termini modali in forma avverbiale !%, sui
quali torneremo; infine, in più luoghi della Quadratura!”. Le regole che presiedono
alla expositio sono così sintetizzate da Paolo: [1] Ab omnibus exponentibus
simul sumptis ad suum expositum est bona consequentia, et e converso. . [2] Ab
omni exponibili ad quamlibet suarum exponentium est bona consequentia, sed non
e e nei manoscritti); v. n. 331 per incipit e desinit. 1?2 Logica, cit., f.
[22rb]: Et valet consequentia ab ista exposita ad istam copulativam et ad
quamlibet eius partem principalem, et e converso ab ista copulativa ad illam
expositam et non a qualibet parte istius copulativae et principali ad istam
expositam valet consequentia ; f. [28vb]: Oppositum tamen arguitur quod ab exclusiva ad
suas exponentes est bonum argumentum ecc. 173 Nell’ordine, viene qui discussa
l’expositio dell’universale affermativa (non della negativa, che è probata
dupliciter, aut per sua singularia aut
per suum contradictorium ), dei comparativi (positivo « comparabiliter sumptus ,
cioè in comparazione di eguaglianza, comparativo [es. fortior] e superlativo),
differt, aliud e non idem, le exclusivae, exceptivae, reduplicativae,
immediate, incipit et desinit, totus, semper, ab aeterno, infinitum. 174 Logica
magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb. 115 Si tratta, nell'ordine, di exclusivae,
exceptivae, reduplicativae e sicut, comparativo e superlativo, de maximo et
minimo, totus, semper et aeternum, infinitum, immediate; v. n. 337 per incipit
et desinit. 176 Ivi, I, 19, f. 7ira-vb, ma anche nel trattato quarto della
Logica parva, cit. 177 Soprattutto nella prima parte, ma anche nelle altre.
Terminologia logica della tarda scolastica 433 converso nisi gratia materiae Ex
cuiuslibet exponentis contradictorio sequitur contradictorium expositi, sed non
e converso Paolo da Pergola affronta gli stessi temi trattati da Paolo Veneto e
perciò non ci dilungheremo oltre. Per concludere, notiamo che l’expositio non è
un’operazione logica che riconduca i termini mediati a quelli immediati. Ad
essa è più appropriata la descrizione fornita da Occam, e già ricordata,
secondo la quale i termini connotativi devono essere ricondotti a quelli
assoluti: ma quest’ultimi sono appunto termini mediati. Nella expositio, inoltre
una delle exponentes è negativa: ciò perché i termini exporibiles sono
caratterizzanti e quindi, in certo senso, limitanti la proposizione: petciò
essi hanno un certo importo negativo, che va esplicitato. 5. La « resolutio
L’operazione logica che realizza pienamente l’esigenza di ricondurre i termini
mediati a quelli immediati è detta resolutio. Essa, infatti, meglio d’ogni
altra si riallaccia alla dottrina aristotelica già ricordata, per la quale la
proposizione mediata ha il suo principio di dimostrazione in quella immediata,
e in particolare in quella prima e più nota a noi secondo il senso !°. Ma i
termini che designano questa operazione, cioè resolutio e resolvere, non hanno
avuto un’accezione tecnica per molti secoli. Impiegati per designare la
risoluzione della proposizione o del sillogismo nei loro termini, come si è
visto !, nel secolo XII essi vengono usati in concorrenza con expositio,
exponete. Lusi si È 178 Logica parva, cit., III. 179 Logica] già accennato,
avviene nei Tractatus Anagnini!®, nei quali, c'è peraltro da aggiungere, si
parla di resolutio con una frequenza che non abbiamo riscontrato per expositio.
Nel terzo trattato, a proposito della dictio ‘qui’, considerando che, quando
essa è presente, la proposizione è apparentemente categorica (dal momento che
equivale a più categoriche avendo in sé ‘implicita’ un’altra proposizione),
l'anonimo autore parla di resolutio della prima « in copulativas ; nello stesso
contesto, parla di una « resolutio in adiectivis diversa da quella che ha luogo « in
substantivis , cioè della resolutio che una proposizione includente un relativo
ha quando contiene un aggettivo o un sostantivo come predicato, e della
possibilità che questa resoluzio sia impedita !*. Nel trattato 182 Cfr. n. 74.
183 Tractatus Agnagnini, Iudicium predictarum implicitarum potest haberi ex
resolutione ipsarum in copulativas. Debet autem talis fieri resolutio ut loco
relativi ponatur antecedens et loco antecedentis ponatur relativum pronomen cum
coniunctione. Unde istas concedimus: ‘aliquis bomo qui desiit esse, non est’,
quia copulativa vera est: ‘aliguis homo desiit esse et ipse non est®. Hanc
autem iudicamus incongruam: ‘gliquis homo qui non est, desiit esse’; ponit enim
aliquem hominem non esse, quod falsum est. Secundum predictum iudicium omnes
iste videntur incongrue: ‘Socrates erit album quod est nigrum’; ‘Socrates erit
senex qui est puer. Omnes istas dicuntur esse nugatorias et ita resolvuntur:
‘Socrates erit album quod est nigrum’: idest album est nigrum et Socrates erit
illud. Predictam resolutionem implicitarum non recepimus et dicimus aliter
faciendam resolutionem in adiectivis, aliter in substantivis. Et predictas ita
resolvimus: ‘Socrates erit album quod est nigrum’ idest quod est vel erit album
est nigrum et Socrates erit illud; similiter ‘Socrates erit senex qui est puer®
idest qui est vel erit senex, est puer et Socrates erit illud. Verumtamen
dicimus quod hee voces que sola significatione sunt adiectiva, possunt resolvi
sicuti pure substantiva et secundum hoc ista erit incongrua: ‘Socrates erit
senex qui est puer. — Quandoque inpeditur resolutio predictarum implicitarum in
copulativas vel propter signum universale vel propter defectum recti vel
propter aliquid aliud. Propter signum universale, ut cum dicitur. ‘omnis homo qui currit,
movetur® vel ‘omnis homo currit qui movetur; hec non potest resolvi; nam si
diceremus: ‘omnis Terminologia logica della tarda scolastica 435 quinto,
resolvere occorre a proposito della presenza in una proposizione di un termine
infinito (ad es. zon albus)!*, o di solus!9, per indicare l’esplicitazione di
quel che in tali casi la proposizione implica. Anche nel secolo XIII il valore
di resolvere resta generico, e può essere equivalente di exporere !. Ma è nel
secolo XIV che il significato di questo termine viene restringendosi e
specializzandosi. Per la verità, ciò non è riscontrabile né in Occam o
Burleigh, né in Buridano, Alberto di Sassonia e Marsilio, ma solo nei testi
degli autori inglesi fioriti intorno alla metà del secolo, e in quelli degli
italiani. Billingham, nello Speculuzz, scrive: Terminus resolubilis est
quilibet terminus communis, sicut nomen vel participium, qui habet aliquem
terminum inferiorem se secundum homo currit et ipse movetur®, esset non latina,
quia ad dictionem confuse positam non potest fieri relatio per relativum postpositum
in alia c(1)ausula. Similiter: ‘exaudio precem que fit ab illo’, ista
non potest resolvi, quia non dicimus: ‘prex fit ab illo et ego exaudio eam? . 184
Ivi, p. 313: Sciendum etiam est de
nominibus infinitis. Ut cum dicitur: ‘Socrates fuit non-albus’, non est sic
resolvendum ‘Socrates fuit non-albus’ idest: Socrates fuit et non fuit albus,
sed sic resolvendum est: Socrates fuit aliguando et tunc non fuit albus . 185
Ivi, p. 319: Nos autem dicimus quod talis locutio potest esse congrua et vera,
etiam dictione transsumptive posita, quia non sic resolvimus ‘solum flumen
currit idest: non alia res currit, sed ‘solum flumen currit, idest non alia res
fluit. — Dubitatur de hac dictione ‘solus’, quam exclusionem habeat quando
adiungitur nomini proprio pertinenti ad non existentia cum verbo pertinenti ad existentia
et ad non existentia. Quidam eas non recipiunt, immo dicunt eas positas propter
resolutionem, ut ‘solus Cesar non est’, idest Cesar non est et non aliud non
est . 18 GueLIELMo DI SHyreswoon, Syncategoremata, cit., p. 65: Quod patet si
comparetur affirmativa conclusionis ad affirmativam praemissae et negativa ad
negativam, cum tam praemissa quam conclusio resolvitur in affirmativam et
negativam . 436 Alfonso
Maierù praedicationem; et tunc resolvitur quando capitur inferius eo in eius
probatione, et componitur quando capitur superius eo !87, Un termine si dice
resolubile, secondo Billingham, quando nella probatio si fa ricorso ai suoi
inferiora; ciò non è vero solo dei nomi e dei participi, ma anche dei verbi (
Consimiliter fit resolutio verborum ad substantiva, ut: ‘homo currit, ergo homo
est currens’, et e contra compositio ) !8*. Tale probatio per inferiora è la
resolutio, propriamente parlando; il ricorso ai termini superiores è detto
compositio !9. Per quanto riguarda la resolutio, il discorso si sposta di conseguenza
sul rapporto tra i termini inferiori e superiori, spesso affrontato nei
trattati de consequentiis. Billingham ne tiene conto e riprende le seguenti
regole: 1) ab inferiori ad suum superius
sine aliqua dictione habente vim negationis valet consequentia ; ad esempio è
valida la conseguenza homo cuttit, ergo
animal currit . Ma l’inferenza vale talora anche cum dictione habente vim negationis quali sono i termini esponibili, il non e i
termini privativi e infiniti; così è valida l’inferenza: tantum homo currit, ergo tantum animal cutrit ;
2) Ab inferiori ad suum superius cum
constantia subiecti et cum dictione habente vim negationis post superius et
inferius tenent consequentia ; 3) Ex
prima regula sequitur alia, quod negato superiori negatur inferius, quia
sequitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’, quia ex opposito
consequentis sequitur oppositum antecedentis. Nam sequitur: ‘non homo cutrit et
hoc est homo, ergo hoc non currit’ 19,
Secondo Billingham, la prima regola regge il sillogismo expo[Speculum..., cit.,
pp. 340-341; ma cfr. pp. 367-368, e passim, dove resolvere e resolutio hanno
valore generico. 188 Ivi, p. 342. 189 Cfr. n. 45, e capp. VII, nn. 36 e 37. 190
Speculum..., cit., pp. 341-344. Terminologia logica della tarda scolastica 437
sitorius affermativo; la seconda, il sillogismo expositorius negativo: entrambi
questi sillogismi sono alla base, secondo il maestro oxoniense, di ogni
disputa, anzi della possibilità stessa della dimostrazione, giacché essi sono
fundamentum di ogni altro sillogismo !9. Il richiamo all’espressione syllogismus expositorius merita qualche cenno che ne chiarisca il
significato. Essa è già in uso nel secolo XIII!?. Nel secolo XII, invece, l’Ars
Meliduna ha l’espressione sillogismus
expositionis : richiamandosi all’autorità di Aristotele, il testo afferma: Per
sillogismum expositionis fatetur Aristotiles probari posse sillogismos tertie
figure, ubi duo dicuntur de tertio e
aggiunge: Et dicitur merito talis
sillogismus expositionis, quia quodammodo exponitur medium per suum inferius .
Ma dagli esempi addotti si può ricavare che non si tratta del nostro sillogismo
‘*. Più probabile che 191 Ivi, pp. 341-342: Super quam regulam fundatur
syllogismus expositorius in tertia figura et iste syllogismus est fundamentum omnium
syllogismorum affirmativorum. Super quem syllogismum fundantur alii syllogismi
negativi, quo syllogismo expositorio affirmativo vel negativo negato, non erit
ulterius disputatio, nec potest arguens aliquid pro bare nec improbare aliquid
esse; quod si arguat per syllogismum in modo regulato et negatur illud, et tunc
statim veniet ad syllogismum expositorium . 192 Cfr. ad es., M. Fernanpez
Garcia, Lexicon scholasticum philosopbico-theologicum, Ad Claras Aquas 1910
(basato sulle opere di Duns Scoto), pp. 667a-668a, dove esso è definito come
quel sillogismo che ha per medium un terminus discretus; cfr. anche rs. Duns
Scoto, In librum primum priorum Analyt. Arist. quaestiones, cit., q. XI, ff.
289b-290b. 193 Ars Meliduna, cit., pp. 381-382; infatti il testo, tra i due
passi, contiene quanto segue: Exempli gratia: ‘omne animal est res, omne animal
est substantia, ergo quedam substantia est res’. Quod conclusio vera sit potest
ostendi ostenso utramque extremitatum de hoc inferiori medii Socrate probari
per tertium modum prime, hoc modo: ‘omne animal est res, Socrates est animal,
ergo Socrates est res’; similiter ‘omne animal est substantia, Socrates est
animal, ergo Socrates est substantia’ . Basti esaminare questi esempi alla luce
di quanto detto e di quanto diremo appresso. 438 Alfonso Maierù si avvicini al
sillogismo expositorius quello che l’Ars Meliduna chiama inmiediatus, cuius maior propositio est inmediata , con
preciso riferimento al rapporto inferius-superius'*. Guglielmo d’Occam nella
Suzzzza logicae scrive: syllogismus
expositorius est qui est ex duabus praemissis singularibus dispositis in tertia
figura, quae tamen possunt inferre conclusionem tam singularem quam
particularem seu indefinitam, sed non universalem, sicut nec duae universales
in tertia figura possunt inferre universalem 195, A chiarimento di questa
definizione Occam precisa che le due premesse singolari non richiedono soltanto
che il soggetto sia un termine singolare, ma che la realtà designata da esso
non sia di fatto più cose distinte '%, Per Occam il sillogismo espositorio è di
per sé evidente, per cui, se un argomento può essere ricondotto ad esso, questo
argomento è corretto !”. Un'ultima osservazione Nel testo aristotelico
richiamato (Anal. pr. I 6, 28a 23 sg.) a expositio corrisponde Exeo oppure
txtiderdar. 1% Ivi, p. 383: Alius
mediatus, alius inmediatus. Inmediatus dicitur cuius maior propositio est
inmediata, idest terminos habens inmediatos, scilicet tales quorum alter non
potest de altero probari per medium demonstrativum, idest per tale medium quod
sit causa inferioris et inferius superioris . 15 Summa logicae, cit, p. 367. 16
Ivi, p. 368: Est igitur dicendum quod syllogismus expositorius est, quando
arguitur ex duabus singularibus in tertia figura, quarum singularium subiectum
supponit pro aliquo uno numero quod non est plures res nec est idem realiter
cum aliquo quod est plures res , e p. 306: Est tamen advertendum, quod ad syllogismum
expositorium non sufficit arguere ponendo pro medio pronomen demonstrativum vel
nomen proprium alicuius rei singularis. Sed cum hoc oportet, quod illa res
demonstrata vel importata per tale nomen proprium non sit realiter plutes res
distinctae. Est autem probatio sufficiens, quia syllogismus expositorius est ex se
evidens nec indiget ulteriori probatione. Et ideo multum errant, qui
negant talem syllogismum in quacumque materia , e p. 306: Eodem modo, quando aliquis discursus potest
reduci ad talem syllogismum va fatta in merito alla definizione di Occam: egli
afferma che il sillogismo espositorio ha luogo nella terza figura (il termine
medio, in tal caso, è soggetto in entrambe le premesse), nella quale i sillogismi
non hanno mai una conclusione universale (neppure quando hanno due premesse
universali), ma possono avere solo una conclusione singolare, particolare o
indefinita. Billingham recepisce questa dottrina, come si può rilevare confrontando
quanto abbiamo riferito sopra con quanto è detto da Occam: per lui, infatti, il
sillogismo espositorio è fundamentum di tutta l’argomentazione (e ciò perché,
come afferma Occam, esso è per se
evidens); le premesse sono costituite di termini inferiori ai termini comuni e
perciò non possono essere che singolari. Billingham però si discosta da Occam
perché estende a tutte le figure il sillogismo espositorio '*, ma, ancora come
Occam, proibisce ch’esso possa concludere con una proposizione universale (e
non potrebbe essere diversamente: la conclusione non può mai essere più ampia
delle premesse, secondo il noto adagio scolastico amplius quam praemissae conclusio non vule );
infatti egli fa ricorso alla resolutio solo per la probatio della indefinita
affirmativa (e della particularis affirmativa, quae semper convertitur cum indefinita
affirmativa ) !?: essa deve essere provata per duo demonstrativa , giacché non est indefinita quin habet vel habere
potest demonstrativum sibi correspondens, nec e contra 2°, Le due derzonstrativae fungono da premesse
del sillogismo, la indefinita (o particularis) da conclusione. E va rileexpositorium
vel per conversionem vel per impossibile vel per propositiones acquivalentes
assumptas, non est fallacia accidentis . ù 1 198 Speculum..., cit., p. 342: Potest tamen syllogismus sr esse in qualibet
figura: item in prima figura: ‘hoc currit et homo est ! si] ergo homo cutrit’;
exemplum secundae figurae: ‘homo est hoc et anim: est hoc, ergo animal est
homo? . 19 Ivi, p. 351. 200 Ivi, p. 350. 440 Alfonso Maierù vato che questo
distingue l’expositio e la resolutio: la propositio exponibilis è convertibile con le sue exporentes in congiunzione,
mentre le proposizioni immediate non sono convertibili con la propositio resolubilis . Questa è dottrina
comune a tutti i logici in questo periodo 2, Quanto alla indefinita negativa,
essa può essere probata o mediante il sillogismo espositorio negativo, o
mediante una con201 BrLLincHaM, Speculum, cit., p. 344: Terminus exponibilis
est qui habet duas exponentes vel plures cum quibus convertitur, Et in hoc
differt a resolubili, quia licet sequitur formaliter , non sequitur e contra;
sed in exponibilibus bene sequitur sic et e contra; STRODE, Logica, cit.,
£.18vb: Regula tamen est quod a resolventibus ad resolutum est bona
consequentia; sed non oportet quod valeat e contra; si (!) pro omnibus expomentibus
ad earum expositam consequentia tenet generaliter et e contra (cfr. anche f. 24va); WwcLte, Tractatus de
logica, I, cit., p. 83: Ex istis elicitur talis regula, quod universalis
proposicio exposita convettitur cum suo antecedente debite exponente, licet non
universaliter. Sed quandoque proposicio resolutorie vel officialiter proposita,
cum suo antecedente, gracia materie, convertitur ; PreTRo DI MANTOVA, Logica, cit, f. [76vb]: semper a resolventibus ad resolutam arguitur
componendo et valet consequentia et non e contra de forma ; PAoLo VENETO,
Logica parva, cit., III: a quanto riferito sopra (v. n. 178), va aggiunto: [4]
A resolventibus ad resolutum est consequentia bona, sed non e converso. Ab
officiantibus ad officiatum est consequentia bona, sed non e converso . A
descriptione ad descriptum est bona consequentia, et e converso , e ancora, ., Logica magna, cit., I, 1, 4, f.
13rb: Ex istis elicitur talis regula,
quod universalis propositio exposita convertitur cum suis exponentibus sumptis
simul, sed propositio resolutorie vel officiabiliter probata cum suo
antecedente resolutorie vel officiabiliter ipsum inferente non convertitur nisi
gratia terminorum , e I, 20, f. 73vb: Et in hoc est differentia inter propositionem
exponibilem, descriptibilem, resolubilem et officiabilem: quia propositio
exponibilis cum suis exponentibus convertitur, propositio descriptibilis cum
suis descriptionibus convertitur, sed propositio resolubilis non convertitur
cum suis resolventibus: Ita similiter propositio officiabilis non convettitur
cum suis officiantibus; propterea, si ab officiantibus ad officiatam est bona
consequentia, non oportet quod e contra sit bonum argumentum.] sequentia, il
cui antecedens sia la corrispondente proposizione universale negativa 2°,
Strode ha una dottrina del tutto analoga a quella di Billingham: la resolutio o
resolutio per duo demonstrativa non è altro che il syllogismus expositorius , che è in funzione
del termine comune °*; la resolutio è la probatio della proposizione indefinita
o particolare, anche se nella proposizione sono presenti altri termini che
richiederebbero un altro genere di probatio (tali sono verbi ampliativi o di
tempo passato e futuro, incipit, intelligitur, e i termini privativi ?*). I
fondamenti del sillogismo espositorio sono quelli posti da Billingham; ma,
oltre alle regole di inferenza che definiscono i rapporti tra termini
inferiores e superiores, Strode richiama altre regole, fondate sull’autorità di
Aristotele: una afferma che quando un termine è predicato di un soggetto che
sia suo inferior, tutto ciò che si dice del predicato si dice del soggetto;
l’altra afferma che, se in un sillogismo il medio è un pronome dimostrativo,
gli altri due termini debbono costituire soggetto e predicato nella
conclusione; c'è da aggiungere che Strode chiama anche ‘resolutorius il
sillogismo espositorio nega22 Cfr. Speculum. Logica, cit., f. 18vb: Similiter tenet iste modus arguendi, ut: ‘iste
Socrates hoc non est, et iste Socrates est homo, igitur homo hoc non est’;
‘haec non est vera et haec est aliqua propositio, igitut aliqua propositio non
est vera’. Et iste modus arguendi vocatur syllogismus expositorius vel
resolutio propositionis ratione termini sui communis; omnis nam terminus
communis non impeditus est sic resolubilis per duo pronomina , e f. 21rb: Et
consimiliter respectu cuiuscumque casus scripti; nam cum talis terminus ‘omnis’
praecedit, ad resolvendum propositionem in qua ponitur ille, deleatur ille, et
loco illius ponatur pronomen demonstrativum sui suppositi cum affirmatione
eiusdem in recto de illo pronomine et erit syllogismus expositorius . Resolvere è usato anche per
indicare la prova dell’officiabile; perciò l’aggiunta per duo demanstrativa per
la resolutio (cfr. ivi, f. 18vb). 20 Ivi, f. 19ra: Debet .amen ad concludendum
particularem vel indefinitam de verbo ampliativo quandoque aliter capi
constantia quam in illis mere de praesenti, ut ista: ‘homo cu*rebat’, sic
resolvitur: ‘hoc cur442 Alfonso Maierù tivo 2°; resolutorius ed expositorius
sono quindi sinonimi, come confermano i Dubia di Paolo da Pergola 2%. rebat et
hoc est vel fuit homo, ergo homo currebat’. Similiter ‘puer fuit senex’, sic
resolvitur: ‘hoc fuit senex et hoc est vel fuit puer, ergo puer fuit senex”. Et
consimiliter sic dicitur de futuro, ut ‘senex erit puet’, sic resolvitur: ‘hoc
erit puer et hoc est vel erit senex, ergo senex erit puer?. Similiter ‘coecus
potest videre’, sic resolvitur: ‘hoc potest videre demonstrando aliquem
hominem, et hoc est vel potest esse coecus, etgo coecus potest videre’.
‘Socrates incipit currere’ sic resolvitur: ‘hoc incipit currere, et hoc est vel
incipit esse Socrates, ergo etc... ‘Album desinit sedere’ sic resolvitur: ‘hoc
desinit sedere, et hoc est vel desinit esse album, ergo etc.’. ‘Chimaera
intelligitur: hoc intelligitur, et hoc est vel intelligitur esse chimaera, ergo
etc.’ Consequentiae, cit., f. 26va-b: Si
tamen ex uno termino formaliter infertur alter, et non e converso, respectu
cuiuscumque verbi tam a parte subiecti quam a parte praedicati in recto,
terminus inferens dicitur inferior et illativus dicitur superior, de quibus
datur ista regula: ab inferiori ad suum superius sine aliqua dictione habente
vim negationis nec confundendi praeposita est bona consequentia, quae fundatur
super multa dicta Porphytii et Aristotelis, scilicet de quocumque dicitur
inferius, ut species, de eodem dicitur superius, ut genus. Item Philosophus in
Praedicamentis dicit: quando alterum de altero praedicatur ut de subiecto, id
est de inferiori, quicquid dicitur de illo quod praedicatur dicitur de isto
quod subicitur, quod intelligitur de directa praedicatione. Item confirmatur
regula per rationem . Et super hac regula fundatur syllogismus qui vocatur
expositorius, cuius praemissae sunt mere singulares, cum quibus habet omnis
indefinita vel particularis resolvi, ut: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo
currit’, et sicut in tertia ita et in prima figura, ut ‘hoc est currens et homo
est hoc, ergo homo est currens’, et sicut in prima etiam in secunda. Et hoc est
quod dicit Philosophus secundo Priorum quod medio existente hoc aliquid, id
est, pronomine demonstrativo, necesse est extrema coniungi, id est constituere
conclusionem. Et nota quod similiter est syllogismus resolutorius negativus, ut
‘hoc non currit, et hoc est homo, ergo homo non currit?. — Et notandum quod in
omni tali syllogismo oportet quod solummodo illud quod demonstratur in maiori
demonstretur in minori, et sic iste modus syllogizandi tenet ab inferiori ad
suum superius sine negatione er sine termino confundente. Sed iste modus negativus
tenet per istam regulam: ab inferiori ad suum supetius cum negatione postposita
inferiori et superiori Terminologia logica della tarda scolastica 443 Wyclif,
sia nella Logica?” che nella Logice continuacio ”*, tratta dei termini
resolubiles, o comuni e mediati, che vanno probati per mezzo dei termini
immediati ?”. La resolutio è riconducibile al sillogismo expositorius, e Wyclif
nota che, sebbene esso sia più comune nella terza figura, si può avere in tutte
le figure purché la cosa denotata dal pronome hoc sia, diciamo con espressione
occamistica, una numero ”°, La resolutio è probatio cum debita constantia superioris de
inferiori. Similiter tenet cum quacumque dictione habente vim confundendi
postposita (cors. mio). 206 PaoLo pa
PercoLA, Dubia, cit., f. 66va: In hac secunda parte principali huius tractatus
tria agere propono . Secundo,
syllogismum resolutorium suis conditionibus limitabo. Tractatus de logica,
cit., I, p. 4, e ancora p. 6: Termini
resolubiles sunt termini communes qui possunt resolvi usque ad terminos
singulares; ut isti termini, anizzal, homo, etc. . 208 Ivi, p. 82: Sunt enim,
quantum ad propositum pertinet, aliqui termini resolubiles: ut termini
communes, puta nomina, verba, adverbia, et participia habencia signa ipsius
inferiora . 209 Ivi, p. 68: Et semper
terminus mediatus, si sit resolubilis, debet probari per terminum immediatum,
ut iste: homo currit, sic resolvitur: Hoc currit: et hoc est homo, igitur homo
currit. Alia proposicio: Cras ero episcopus, sic resolvitur: tunc ero
episcopus: demonstrando crastinam diem per ly “tunc”; et tunc erit cras:
igitur, etc. Ista proposicio: alicubi Deus est, sic probatur: ibi Deus est, et “ibi”
est alicubi; ergo etc. Et ista proposicio: aligualiter ego moveor, sic
probatur: Taliter, vel sic, ego moveor; et “taliter” est aliqualiter; ergo,
etc. . 210 Ivi, p. 37: Et notandum quod
in qualibet figura potest fieri syl/ogismus expositorius. In prima figura sic:
boc est homo, et Sor est hoc: ergo, Sor est homo. In secunda figura, sic fiet
syllogismus expositorius: virtus est hoc, et bonitas est hoc; ergo, virtus est
bonitas. In tercia figura sic fiet syllogismus: boc diligit Deum, et hoc est
homo; ergo, homo diligit Deum. Et iste syllogismus expositorius in tercia
figura est maxime usitatus. Et sciendum quod oportet bene notare rem pro qua
supponit hoc pronomen hoc in syllogismo expositorio; quia si fuerit diversa
supposicio in antecedente et consequente, tunc syllogismus non valet: ut hic:
hoc est Petrus (demonstrando naturam humanam) et hoc est Paulus (demonstrando
eandem naturam): ergo Petrus est Paulus. Hoc argumentum non valet . 444 Alfonso Maierù a posteriori della particolare affermativa: si tratta però
di una probatio a posteriori inferiori ,
distinta da quella probatio che l’autore chiama a posteriori totaliter separato (0 demonstracio 4 signo, vel demonstracio quia )?!,
Anche la particolare negativa ha probatio a posteriori , ma inferendo talem particularem negativam ex
singulis ; gli esempi addotti tuttavia sono vere e proprie resolutiones??, Nel
caso di proposizioni come chimera non
intelligitur a te , Wyclif introduce un altro modo di probatio (si ricordino i
modi 4 priori, a posteriori, ex equo e indirecte), che è detta captio ?*; anche
questo è un modo di probatio 4 posteriori 4. 211 Ivi, pp. 107-108: Secundo modo probatur particularis a
posteriori, et hoc dupliciter: vel a posteriori totaliter separato, vel a
posteriori inferiori. Exemplum primi: în corpore quod videtur a me sunt
subiective opera ciones vitales; ergo: corpus quod videtur a me est vivum. Et
illa probacio est famosa aput philosophos natutales, et vocatur demonstracio 4
signo, vel demonstracio quia. Exemplum secundi est tale: hoc currit, et hoc est
homo, ergo homo currit. Et isti modi probandi innituntur sophiste, de quo datur
talis regula: Quod ad particularem affirmativam aut sibi equivalentem inferendam
resolutorie oportet maiorem esse singularem proposicionis inferende et minorem
esse singularem de subiecto sinonimo cum priori, et verbo ac predicato
proporcionalibus verbo et subiecto proposicionis principaliter inferende. Verbi
gracia, inferendo istam, homo currit, sic arguitur: hoc currit, et hoc est
homo; ergo, homo currit. Secundus modus probandi est a
posteriori, ut inferendo talem particularem negativam ex singulis; de quibus
utendum est arte consimili, sicut dictum est de inductione particularis
affirmative. Ut, homo non est papa, quia hoc non est papa, et hoc est homo,
igitur etc. Homo non fuit ad bellum troyanum, quia hoc non fuit ad bellum
troyanum, et hoc est vel fuit bomo; igitur, etc. . 213 Ivi, p. 118: Sed forte
contra illud arguitur inducendo quintum modum probandi proposicionem, qui
capcio dicitur. Nam tu
intelligis istam proposicionem: aliguid quod non intelligitur a te est, cum
intelligere potes quod claudit contradiccionem. Intelligis ergo subiectum huius
proposicionis, et per consequens eius primarium significatum; et cum solum
primarie significat aliguid quod non intelligitur a te, sequitur quod tu
intelligis aliquid quod non intelligitur a te. Sic enim probatur quod #4 scis
aliguam proposiTerminologia logica della tarda scolastica 445 Pietro di Mantova
discute del sillogismo espositorio, del quale scrive: in quolibet syllogismo
expositorio terminus qui est medius est terminus discretus aut aggregatus ex
termino communi et discreto 25, ma non
parla di sillogismo risolutorio; nelle edizioni, si può leggere solo il
seguente titolo d’una parte: De eodem syllogismo resolutorio, sotto il quale è
trattata la dottrina della resolutio. Pietro, a questo proposito, afferma: quaelibet propositio cuius primus terminus est
resolubilis resolubiliter tentus non verbalis, probari debet per duo demonstrativa
2!6; cioè all’espressione terminus discretus aut aggregatus ex termino
communi et discreto del testo
precedente, cortisponde qui l’espressione duo demonstrativa , e poiché non quilibet terminus discretus est
immediatus, nec quilibet terminus demonstrativus est immediatus ?”, la probatio della proposizione resolubile
non può essere opera d’un qualsiasi sillogismo espositorio, ma solo di quello
che abbia come premesse proposizioni immediate: il sillogismo sarà allora
‘resolutorio’, caso particolare del sillogismo espositorio. Per i sillogismi
espositori, si precisa ch’essi possono aver luogo in tutte le figure, e che
concludono validamente se affertivi, mentre alcune accortezze richiede la
conclusione nei sillocionem esse veram quam non scis esse veram, capiendo talem
proposicionem scitam a te: aligua proposicio est vera quam non scis esse veram.
Sed dicitur quod conclusio intenta est impossibilis. Ulterius dicitur quod
modus probandi per capcionem est modus probandi a posteriori; nam posterius est
me scire illam proposicionem: aligua proposicio est vera quam nescio esse veram
sic significantem, quam me scire aliquam proposicionem esse veram quam nescio
esse veram. Ideo ille modus probandi, sicut quilibet alius significabilis,
continetur sub aliquo predictorum . 25 Logica] gismi negativi, specie se in
quarta figura 2!5, Analogamente, il sillogismo ‘resolutorio’ concluderà secondo
le stesse regole in tutte le figure, dal momento che, ripetiamo, non è altro
che il sillogismo espositorio applicato alla probatio delle proposizioni
resolubili, Il termine resolubile è definito: terminus communis aut discretus
non demonstrativus terminus, quo contingit aliquem terminum immediatum notiorem
reperire eandem rem significantem per quem concludi potest ?. La proposizione in cui il termine è posto
si dice probabilis®!. Pietro precisa anche che nel resolvere le parti del
discorso diverse dal verbo, il termine notior è tale a posteriori, mentre nel
caso dei verbi il termine è notior a priori, ed è il verbo esse 2. Pietro
chiama resolvenda o composita la proposizione mediata, e resolvens la
proposizione immediata grazie alla quale si opera la probatio; una volta
effettuata la resolutio, la proposizione mediata è resoluta 3. 218 Ivi, f.
[73ra-b]. 219 Ivi, f. [76va], sotto il citato titolo De eodem syllogismo resolutorio
: Ostendemus nunc quas propositiones etiam concludere possint expositorii
syllogismi, et praemittamus quod terminorum secundum quos et per quos probari
possunt propositiones. 20 Ivi, f. [76va-b]. 21 Cfr. n. 30, [4]. 22 Op. cit., f.
[76vb]: Refert tamen in resolvendo et
alias partes ora tionis, quia in resolvendo alias partes orationis a verbo,
capitur terminus qui est notior a posteriori; in resolvendo vero verba capitur
terminus qui est notior a priori, scilicet verbum substantivum ; per i termini
e le propo sizioni immediati a priori o a posteriori, cfr. il testo di f.
[76va], in n. 39; per quanto riguarda il resolvere verbum, esso è definito (f.
[77vb]): est notius verbum exprimere, scilicet substantivum et eius
correspondens participium ; ci si chiede anche (f. [77rb-vb]): utrum quodlibet
verbum adiectivum sit resolubile in verbum substantivam et suum participium .
23 Ivi, f. [76vb] (continuaz. del passo della n. preced.): Huius enim resolvendae ‘hoc currit’ resolvens
est haec: ‘hoc est currens’. Ideo bene Terminologia logica della tarda
scolastica 447 La resolutio vale come probatio delle proposizioni affermative
indefinita, particolare e singolare, purché il primo termine sia resolubile 24;
nelle corrispondenti negative vere la resolutio è lecita solo quando il
termine, in virtù del quale è operata la resolutio, ha supposita, altrimenti
bisogna assegnare, come medium di prova, le contraddittorie di esse 5. Paolo
Veneto conserva ancora un valore piuttosto generico dei termini resolvere,
resolutio, con riferimento al relativo implicativo qui, che equivale a et (0
vel) e ille”, e alla resolutio di sequitur tamquam a priori: ‘hoc est cutrens,
igitur hoc currit’, et ideo a resolvente ad resolvendam vel compositam in
verbis valet argumentum de forma et non e contra. In aliis autem partibus
orationis non valet de forma a resolvenda vel composita ad resolventem nec e
contra, sed de forma bene valet a resolventibus ad resolvendam. Convenit autem
inter verba resolvenda et alias pattes orationis, quia semper a resolventibus
ad resolutam arguitur componendo, et valet consequens, et non e contra de forma;
cfr. anche f. [78rb]: non valet
argumentum de forma a composita ad resoìventem, sed bene e contra a
resolventibus ad compositam tam in verbis quam in aliis . 24 Ivi, f. [80ra]: De indefinita autem sive particulari et
singulari teneatur quod ipsa est probanda a primo termino a quo in ea potest
sumi probatio. Ex quo sequitur quod est diligenter advertendum quod non
quaelibet indefinita sive particularis probari potest per duo demonstrativa, et ideo illa ‘tantum animal est homo’ per duo
demonstrativa non habet probati quia sumeretur falsum . 25 Ivi, ff. [79va-b], e
[79vb-80ra]: Pro omnibus igitur
propositionibus negativis veris resolubiliter probandis dicatur quod, si
termini ratione quorum probandae sunt supposita habeant, sunt resolubiliter
probandae, sed si suppositis carent capiendae sunt contradictoriae concludendo
istas esse veras indirecte eo quod contradictoriae sunt falsae, et ita
conceduntut conclusiones ibi illatae secundum istam regulam probandae ; per
suppositurm, cfr. cap. IV, nn. 62 e 99. 26 Quadratura, cit., II, 22, f. 34va: Patet consequentia, quia relativum non
confusum est resolubile in pronomen relativum et notam copulationis, aut in
pronomen relativum et notam disiunctionis , e f. 34vb: Nulium relativam nominis
confuse limitatum est in pronomen relativum et notam copulationis
universalite(r) resolubile , ecc. 448 Alfonso Maierù qualsiasi verbo nel
presente del verbo esse 2. Ma, naturalmente, prevale l’uso tecnico dei termini.
Scrive nella Logica magna: est sciendum
quod omnis terminus communis pro aliquo suppositivus, et omne verbum praeter
verbum substantivum praesentis temporis et numeri singularis, est resolubilis;
omnis enim propositio in qua subicitur huius(modi) terminus habet probari per
duo pronomina demonstrativa sibi correspondentia 28, C'è però da notare che, in
concorrenza col termine resolubilis, Paolo usa talora resolutorius?. La probatio
resolutorie è propria, secondo il nostro
autore, delle proposizioni indefinita e particolare, e della singolare che non
abbia come soggetto un pronome dimostrativo 2°. Le corrispondenti negative
possono essere provate in tre modi: o resolutorie, o assumendo la contraditdittoria
e dalla falsità di questa ricavando la verità di quella, 21 Ivi, II, 37, f.
40rb: Omne verbum praeter verbum substantivum praesentis temporis est
resolubile in verbum substantivum ; subiectum
enim huius: ‘omnis homo currit’, supponit pro omni homine qui est solum ratione
resolutionis illius verbi ‘cutrit’ in ‘sum, es, est’, sed aeque bene
resolvuntur illa verba ‘erit’, ‘fuit’ in ‘sum, es, est’, sicut illud verbum
“currit’ , ecc. Ciò in un contesto in cui si discute de suppositione termi norum respectu verborum
praeteriti ac futuri temporis . 28 Op. cit., I, 1, 4, f. 13rb. 29 Ivi, f. 13va:
Exempla de adverbiis resolutoriis, ut:
‘aliqualiter est” resolvitur isto modo
Logica parva. Qualiter propositiones illative probentur praesenti
doctrina dignoscitur satis plene. Et primo namque a resolutione est inchoandum,
qua indefinitae, particulares et singulares de subiecto non pronomine
demonstrativo rationabiliter inferuntur. Quaelibet ergo talis est taliter
inferenda, ut pro antecedente sumantur duo demonstrativa, in quorum primo
praedicetur praedicatum resolvendae et in secundo subiectum: verbi gratia,
‘homo currit’ sic resolvitur: ‘hoc currit et hoc est homo, ergo homo currit’ ;
la Logica magna, cit., I, 1, 4, f. 13rb, afferma che tale probatio è propria
della indefinita, e non menziona le altre proposizioni. Terminologia logica
della tarda scolastica 449 o mediante la universale negativa corrispondente ?!,
Il sillogismo che ha come premesse due proposizioni dimostrative è detto
expositorius o demonstrativus: può essere affermativo o negativo e ha luogo
solo nella terza figura °°. È evidente che il sillogismo demonstrativus è
riconducibile alla probatio mediante demonstrativa, ma Paolo Veneto non insiste
nel collegare le due dottrine né nella Logica parva, né nella Logica magna.
Paolo da Pergola, nella Logica, considera propositio resolu21 Ivi, f. 13va, scrive: Indefinita vel particularis negativa potest
tripliciter probari: uno modo per duo demonstrativa quemadmodum est (haec)
indefinita affirmativa ut ‘homo non currit: hoc non currit et hoc est homo,
igitur homo non cutrit’. Secundo modo potest probari recurrendo ad eorum
contradictoria ipsa probando vel improbando, quo facto statim patebit veritas
indefinitae vel particularis negativae. Tertio modo potest probari per universalem
negativam sibi subalternantem, ut ‘aliquid non currit’ probatur sic: ‘nihil
currit, igitur aliquid non currit’ . 232 Ivi, II, 13, f. 175vb: Et iuxta
tertiam reductionem est notandum quod syllogismus expositorius non potest fieri
nisi in tertia figura. Et ratio, quia ad syllogismum expositotium requiritur
antecedentia duarum demonstrativarum (ex demonstratarum) inferentium
propositionem mediatam; modo hoc non potest fieri in aliis figuris. Si
enim dicitur in secunda figura: ‘animal est hoc et homo est hoc, ergo homo est
animal’, consequentia bona est et formalis, sed non syllogismus demonstrativus
propter causam dictam. Similiter si dicetur: ‘hoc currit et homo est hoc, ergo
homo currit’, syllogismus expositorius vocari non debet, sed syllogismus
irregularis, optima consequentia formalis existens. Eodem modo est dicendum de
negativis .. Numquam tamen est dicendum quod aliquis horum sit syllogismus
expositorius vel demonstrativus; ubi autem syllogismus demonstrativus non ita
stricte sumetur, potest sine periculo dici quod in qualibet figura talis
reperitut sicut exemplificatum est. Verumtamen est advertendum de pronomine
demonstrativo ne supponat pro aliquo communi, quia tunc impediret syllogismum
demonstrativum, aut quia esset terminus communis, aut quia ratione eiusdem
suppositio mutatur, sicut hic: ‘hoc est pater et hoc est filius (demonstrando
essentiam communem), igitur filius est pater’ . Salvo errore, il syllogismus expositorius non è menzionato nella Logica parva, né, nelle
due opere logiche fondamentali, è messo in relazione alla resolutio.] bilis sia l’indefinita e la particolare, che la
singolare non dimostrativa 2; le loro corrispondenti negative possono essere
provate sia resolutorie, sia per suum
contradictorium 4, in modo analogo a
quanto ha affermato Pietto di Mantova. Nei Dubia, invece, Paolo affronta la
trattazione del sillogismo ‘resolutorio’, del quale si afferma che è fundamentum omnium syllogismorum . Perché si
abbia un tale sillogismo sono necessarie, tra le altre, le seguenti condizioni:
Quod si syllogismus (in rapporto alle quattro proprietà: che risulti di tre
termini; quod semper minor fit in recto ;
quod conclusio sit omnino conformis
maiori ; quod sit in figura: nam in omni
figura potest fieri syllogismus resolutorius ); Et won in modo ( quia si esset
in aliquo 19 modorum non esset syllogismus resolutorius per immediata
procedens, sed per mediata ); Et medium sit hoc aliquid et non quale quid ( Id
est, sit terminus demonstrativus pro uno solo supponibilis et non pro pluribus ). La resolutio deve avvenire per immediata
apud sensum vel intellectum 5, Da questi
elementi risulta che il syllogismus
resolutorius altro non è che il
tradizionale syllogismus expositorius .
Ma risulta anche, dal richiamo a ciò ch’è immediato rispetto al senso o
all’intelletto, confermato quanto s'è detto, che cioè esso va ricondotto alla
dottrina aristotelica dei Secondi analitici. 23 Op. cit., p. 45: Resolubilis
est triplex, scilicet indefinita, patticularis, singularis non demonstrativa
simpliciter quae probantur sumendo duo pronomina demonstrativa simpliciter,
primum conforme subiecto propositionis resolubilis et secundum in recto ut
patet in exemplis. Particularis vero indefinita, et singularis negativa possunt
probari dupliciter, primo resolutorie et hoc ubi subiectum pro aliquo supponit,
ubi vero pro nullo supponit non potest probari resolutorie quia minor est
falsa, debet igitur tunc aliter probari scilicet per suum contradictorium . 25
Op. cit., ff. 68vb-69ra, Terminologia logica della tarda scolastica 451 6. I
termini officiales Quanto alla grafia dei termini occorrenti in
questo paragrafo, va precisato che la tradizione manoscritta del secolo XIV ha
officialis, officialiter e così via, mentre manoscritti e stampe del secolo XV
hanno officiabilis** e così via. Noi scriveremo generalmente officialis, e
useremo come equivalente italiano ‘officiabile’. Officialis deriva da officium:
quest’ultima termine vale sia ‘funzione’, sia ‘compito’ e ‘fine’ ”. Il nostro
officiaiis non va confuso con quei termini officiales che designano dignità e cariche pubbliche #*,
anche se il valore nei due casi è analogo: alcune persone hanno un officiuz:
nella società, alcuni termini hanno un officium nella proposizione e nel
discorso; si può, anzi, seguire un graduale passaggio dal primo al secondo
valore del termine: i maestri hanno un loro officium??, le arti hanno un 236 Ma
si vedano i mss.: Vat. lat. 3038, f. 8r: Et sicut dictum est de praedictis
officiabilibus vel officialibus (il testo è quello di BILLINGHAM, Speculum...,
cit., p. 367, in apparato alla r. 34), e Cambridge, Corpus Christi College 378,
f. 42r (cit. in n. 185 del cap. VII). 237 Cfr. LAauSBERG, op. cit., p. 765. 238
Nei Tractatus Anagnini, cit., p. 274 (cfr. cap. II, n. 56); cfr. anche Occam,
Summa logicae, ‘angelus’ est nomen mere absolutum, saltem si non sit nomen
officii sed tantum substantiae . Secondo M.-D. CrÙenu (Tbhéologiens et
canonistes, in Études d’histoire du droit canonique dediées è Gabriel Le Bras,
II, Paris 1965) il termine officium in S. Tommaso deriva da Ismoro, Etyz.,
cit., VI, xix, 1, per il quale le funzioni dell'anima sono officia che si
esercitano nell’unità d’una natura (p. 838): ministerium, in sinonimia, assicura
la sacralizzazione dell’officium, sia per i teologici che per i canonisti, in
ecclesiologia come in liturgia (ivi). 239 Cfr. di RosceLLINO, la lettera ad
Abelardo (in J. ReINERS, Der Nomi nalismus in der Friibscholastik, Beitrige zur Geschichte der Philosophie des
Mittelalters , VIII, 5, Miinster i. W. 1910, p. 80): « Quia igitur suscepto
habitu doctoris officium mendacia docendo usutpasti, utique monachus esse
cessasti, quia beatus Hieronymus monachum, monachus ipse, diffiniens:
‘Monachus’ inquit ‘non doctoris sed plangentis habet officium, qui se vel 452
Alfonso Maierù loro officium?, le arti sermocinales studiano gli officia delle
vatie dictiones *!, Per le Summe Metenses e per il Tractatus de proprietatibus
sermonum, officium è proprietas dictionis o sermonis, mundum lugeat et domini
pavidus praestoletur adventum’, e GoFFREDO DI Fontames, Quodl. XII, q. 6, ed.
J. Hoffmans, Louvain 1932: « Utrum liceat doctori praecipue theologiae recusare
quaestionem sibi positam »; la risposta
è che il maestro in teologia è « doctor veritatis habens officium publicum
docendi » (pp. 105 e 107); nella disputa scolastica, l’opponens e il respondens
hanno « diversa officia » (Tractatus Anagnini, cit., p. 260). 20 Cfr.
Cassioporo, Institutiones, cit., II, I, 1, p. 94: «officium eius (sc.
grammaticae) est sine vitio dictionem prosalem metricamque componere »; e ms.
Oxford, Bodl. Library, Laud. lat. 67, f. 6ra (cit. dal De RiJk, Logica
modernorum, II, i, cit., p. 165): « Officium eius (sc. dialetice) est docere,
argumenta invenire ad probandam questionem propositam et de eisdem iudicare »;
considerare l’officium è un topos delle introduzioni alla dialettica nel sec.
XII (DE Rtjk, op. cit., II, i, p. 148); cfr. ms. Vienna, lat. 2486, f. 17r (in
De RK, op. cit., II, i, p. 235, sotto Quod officium): « Officium uniuscuiusque
artis est quod convenit opifici secundum ipsam artem » e ancora: huius artis officium est considerare
proprietatem litterarum in sillabis, proprietatem sillabarum in dictionibus,
proprietatem dictionum et uniuscuiusque accidentis earum in sintasi »; Summa
Sophisticorum elencorum, cit., p. 267: Officium eius (sc. opificis agentis ex
arte) est sic disputare ut videantur circa propositum ea esse que non sunt ».
21 Cfr. ms. Chartres 209, f. 37rb (in Hun): del verbo est si dice: quantum ad officium quod exercet in oratione
in ui substantiui consideramus » e aliud est agere de uocibus per se consideratis,
aliud de eisdem ad uim et officium quod habent in oratione posite relatis »;
Fallacie Parvipontane, cit., p. 569: Et
notandum quoniam nomina supponentia verbum duplex habent officium. Supponit
enim quandoque nomen pro aliquo suorum appellatorum, quandoque pro nullo ».
ABELARDO (Introductiones dialecticae, cit., pp. 73-74) parla di officium delle
voces, ma anche delle litterae; per l’officium del verbo est, si veda, cap. III,
n. 26. 22 Cfr. Summe Metenses, cit., p. 474: Est ergo locus sophisticus in
dictione qui provenit ex proprietatibus dictionis. Que sunt significatio, consignificatio,
officium, transumptio, constructio, ordinatio, prolatio, terminatio eic.», e
Tractatus de proprietatibus sermonum, cit., p. 707: utile videtur instituere tractatum de
sermonibus et diversitate proprietatum et Terminologia logica della tarda
scolastica 453 mentre le dictiones
officiales » sono quelle quarum
constructio est deservire partibus aliis » %. La caratterizzazione del
termine officiabile come quello che ha il compito di ordinare il discorso o
determinate un contesto presuppone l’analisi sintattica delle strutture della
proposizione. Poiché il compito di ‘costanti’ e ope ratori nella logica medievale
è svolto dai sincategoremi ?#, questi saranno i termini officiabili per
eccellenza per lungo tempo, dalle Summe Metenses* a Guglielmo di Shyteswood #9
e Ruggero Baofficiorum que considerantur iuxta sermonem. Que sunt copulatio,
appellatio, suppositio, et multa alia de quibus dicemus inferius ». Si noti la
differenza tra i due testi: nel primo, officium è elencato tra le proprietates,
nel secondo officia è in endiadi con proprietates: ma si può supporre un
passaggio dalla posizione del primo testo a quella del secondo. Cfr. anche DE
Rijk, Soze Notes on the Mediaeval Tract De insolubilibus..., cit., p. 100 (v.
cap. II, n. 91) e p. 112: Sequitur de
secunda specie insolubilium. Que provenit ex officio vocis
vel ex his que circumstant vocem. Que sunt tria: significatio, suppositio, appellatio.
Unde videndum quod, quando ex aliquo officio quod est in voce vel circumstat
vocem, provenit insolubile, id est cassandum, si sit accidentale. Cfr. Summe
Metenses: tra queste dictiones sono anno[verate
pva). exponentium sui oppositi. Nec dicuntur exponentes nisi significantur
copulative, nec causae veritatis nisi significantur disiunctive. Secondo
Strode, dunque, le causae veritatis sono opposte alle exponentes. Queste
operano in congiunzione -significantur copulative --, quelle in disgiunzione – disiunctive.
Per le causae veritatis valgono quindi le regole della disgiunzione (p
> p v q – “She is in the kitchen; therefore, she is in the kitchen or in the
bedroom”), mentre per le exporentes valgono le regole della congiunzione (pq 2
p – “She likes peaches and cream; therefore, she likes peaches”). Strode se ne serve per la
probatio delle negative dell'esclusiva, eccettiva e reduplicativa, ma anche
delle proposizioni in cui compaiono i termini incipit e desinit. Quanto a
quest’ultimo caso, va rilevato che Heytesbury aveva assegnato alle proposizioni
contenenti incipit o desinit una duplice expositio, tra cui si doveva scegliere
di volta in volta quella più conveniente al problema in esame *%; i due modi
dell’expositio non costituivano però una disgiunzione di proposizioni in
congiunzione. Strode, invece, as54 Logica, cit., f. 19rb; cfr. anche f. 24rb: Et
hoc est generaliter (notandum): cum aliqua propositio habet exponentes, eius
contradictorium habet causas veritatis . 35 Ivi, f. 26va: Ista tamen ‘Socrates
non est asinus in quantum est homo? et consimiles debent dici reduplicativae et
habent (probari) per causas veritatis oppositas exponentes reduplicativae,
sicut convenienter dictum est de exclusivis et exceptivis , ma cfr. f. 24rb,
dove si assegnano le causze veritatis anche all’opposta dell’esclusiva
negativa. 36 De incipit et desinit, cit., f. 23va: Incipere dupliciter solet exponi: videlicet
per positionem de praesenti et remotionem de praeterito, ut quod in praesenti
instanti est et immediate ante instans quod est praesens non fuit; aut per
remotionem de praesenti et positionem de futuro, ut quod in praesenti instanti
non est, et immediate post instans quod est praesens erit. Desinere etiam
dupliciter potest intelligi, scilicet vel per remotionem de praesenti et
positionem de praeterito, ut quod in praesenti instanti non est, et immediate
ante instans quod est praesens fuit; vel per positionem de praesenti et
remotionem de futuro, ut quod in praesenti instanti est et immediate post
instans quod est praesens non etit . Cfr. agg analoghe in GueLieLMO DI SHyrEswooD,
Syncategoremata, segna piuttosto la disgiunzione di due congiunzioni di
proposizioni (pq v rs), e cioè le causae veritatis 7. La stessa cosa fa
Marsilio, ma solo limitatamente al caso in cui il verbo incipit affirmatur de subiecto singulari substantiali (ad es. di Socrates) Tra i filosofi italiani,
Pietro di MANTOVA (si veda) si serve della probazio per causas veritatis per
l'esclusiva ®, l’exceptiva mere negativa” Logica, cit., f. 25ra: Incipit
communiter debet exponi per positionem de praesenti et remotionem de
praeterito, ut: ‘hoc nunc est et immediate ante hoc instans quod est praesens
hoc non fuit, ergo hoc incipit esse’; vel per remotionem de praesenti et
positionem de futuro, ut: ‘hoc munc non est et immediate post hoc instans quod
est praesens hoc erit, ergo hoc incipit esse’. Et e converso modo debet exponi
li ‘desinit’, ut dicunt, per remotionem de praesenti et positionem de futuro,
ut: ‘hoc nunc non est et immediate ante instans quod est praesens fuit’, vel
per positionem de praesenti et remotionem de futuro, ut: ‘hoc nunc est et
immediate post instans quod est praesens non erit’. Sed ego dico quod tales
potius debent dici causae veritatis et non exponentes, ut patet in praecedenti.
In istis ergo servetur haec regula, quod non oportet aliquam propositionem de
incipit et desinit exponi nisi ut propositio simplex et singularis numeri. WycLIr,
nel porre il problema, non esplicita il riferimento alle causae veritatis , per
cui è difficile intendere se si sia staccato dal modo di Heytesbury; cfr.
Tractatus de logica. Sor incipit esse, sic exponitur: Sor nunc est, et
ipse immediate ante hoc non fuit: igitur etc. Vel sic: Sor iam primo est et
ipse inmediate ante hoc non fuit: ergo, Sor incipit esse , e p. 191: Et hoc est quod solet dici: hoc verbum,
incipit, debere disiunctim exponi per remocionem de presenti et posicionem de
futuro; vel per posicionem de presenti et remocionem de preterito; ut, si Sor
munc est effectus et non prius fuit, tunc incipit esse. Vel si non est in
instans quod est presens, et inmediate post illud erit, tunc incipit esse. Et
sic de desinit . 328 Cfr. Textus dialectices, cit., f. 201r. 329 Logica, cit.,
f. [29ra-b]: exclusiva in numero plurali affirmativa habet duas causas
veritatis, quarum una est gratia alietatis et alia est gratia pluralitatis:
verbi gratia, ‘tantum 12 sunt apostoli dei’ altero illorum modorum verificari
potest: ‘12 sunt apostoli dei et nulla non 12 sunt apostoli dei’, vel sic: ‘12
sunt apostoli dei et non plura quam 12 sunt apostoli dei’. Unde talis
propositio exclusiva in numero plurali non debet exponi quia propositio
exponibilis copulative significat et non veri480 Alfonso Maierù e le
proposizioni de incipit et desinit. Paolo Veneto avvia il processo mediante il quale
questa forma di probatio diventerà con Paolo da Pergola un procedimento
autonomo, fissando nella Logica parva la seguente regola (che, si noti, segue
quelle relative alla probatio mediante expositio, resolutio, officiatio,
descriptio, e a senso composto e senso diviso): ab una causa veritatis ad propositionem
habentem illam causam ficatur disiunctive (ex distiunctive), et ab exposita ad
quamlibet suarum exponentem est bonum argumentum formale, sed talis propositio
neque verificatur copulative neque ab ista exclusiva ad quamlibet esponentium
valet consequentia: convertitur enim cum tali disiunctiva cuius quaelibet pars
principalis est copulativa, igitur etc.. Come si può notare, la probatio qui è
data mediante la disgiunzione di due copulative. Ai ff. [41vb42ra], invece,
Pietro di Mantova scrive: Sed ista ‘a te differt omnis asinus’ habet duas
causas veritatis, quia primus terminus in ea mediatus est resolubilis et
exponibilis. Ideo ista significat disiunctive sic: ‘a te differt quilibet
asinus, id est a te differens est quilibet asinus’ resolvendo, vel exponendo
sic: ‘omnis qui est asinus est tecum et nullus asinus es tu, igitur a te
differt quilibet asinus’, et hoc est verum et ideo illa est vera ‘a te differt
quilibet asinus’: in questo passo l’accezione di causae veritatis sembra essere generica. 35 Ivi, f. [33va]: exceptiva
mere negativa non habet exponi, sed habet causas veritatis disiunctive, et
regula superius data de expositione exceptivae vera est de exceptivis non mere
negativis . 31 Ivi, £. [47rb-va]: Incipit
solet sic exponi: ‘Socrates in instanti quod est praesens est et non immediate
ante instans quod est praesens fuit veli Socrates in instanti quod est praesens
non est et immediate post instans quod est praesens erit, igitur Socrates
incipit esse’. Sed haec consequentia non valet quia in primo esse mundi ; et
quod illa disiunctiva sit vera patet quia eius prima copulativa est vera in
illo casu , f. [47va-b]: Ideo dicitur
quod illae dictiones ‘incipit’ et ‘desinit’ et huiusmodi non habent exponi sed
habent causas veritatis, e f. [48ra]: Aliquando autem li ‘incipit’ non habet illas
causas veritatis per positionem de praesenti et remotionem de praeterito vel
negationem de praesenti et positionem de futuro, sed aliquando habet easdem
causas veritatis quas li ‘desinit’, quia illae convertuntur: ‘Socrates incipit
non esse’ et ‘Socrates desinit esse’ ; cfr. WiLsoN]mest bona consequentia *. In questo contesto, le causae veritatis sono
assegnate alla proposizione denominata
ab ablativo consequentiae : data la proposizione homine currente risibile cutrit , poiché
l’ablativo assoluto può essere risolto in una proposizione condizionale ( si
homo currit ), o temporale ( dum homo currit ), o causale ( quia homo currit ),
la proposizione originaria sarà vera quando almeno una delle proposizioni alle
quali x equivale l’ablativo assoluto è vera**. Ma, ancora nella Logica parva,
si afferma che la proposizione esclusiva negativa ha duas causas veritatis, oppositas exponentibus
exclusivae affirmativae **. Nella Logica
magna, invece, si fa ricorso alla probatio per causas veritatis, oltte che per
l’esclusiva negativa *5, anche per la reduplicativa negativa 9 e per incipit e
desinit *", in modo analogo a quanto afferma Pietro di Mantova. Infine,
332 Logica parva, Logica magna, cit., I, 5, f. 35va. 336 Ivi, I, 8, f. 4irb: Si
autem (sc. negatio) cadit in totum et super reduplicationem, non habet exponi
sed solum habet causas veritatis quae sunt contradictoriae exponentium
reduplicativae sibi oppositae ; nella Logica parva, cit., IV, invece, aveva
scritto: Negativa vero reduplicativa,
cuius negatio praecedit notam reduplicationis, non est exponenda sed probanda
per suum contradictorium ut saepe dictum est. 337 Mentre nella Logica parva,
cit., IV, l’autore ritiene che dupliciter exponitur , nella Logica magna,
cit., I, 18, f. 65va, dopo la discussione di molte opinioni, scrive: Propositio ergo respectu huius verbi ‘incipit’
vel ‘desinit’ exponi non habet, sed habet causas veritatis quarum quaelibet
propositionem de incipit vel desinit potest inferre, et disiunctiva ex eisdem
cum ipsa propositione convertitur. Unde haec propositio ‘hoc incipit esse’
habet duas causas veritatis, quarum una est copulativa duarum demonstrativarum,
unius de praesenti affirmativae et reliquae de praeterito negativae cum
determinatione huius dictionis ‘immediate’, ut: ‘hoc nunc est et hoc immediate
ante instans quod est praesens non fuit’, Secunda causa veritatis eiusdem est
una copulativa talium duarum, unius de praesenti negativae et alterius de
futuro affirmativae cum consimili determinatione, ut: ‘hoc 31 482 Alfonso
Maierà Paolo da Pergola scrive: Probabilis per causas veritatis est illa
propositio quae habet multas causas veritatis disiunctive sumptas, sicut
incipit, desinit et ablativus in consequentia 38: per quanto riguarda incipit e desinit, non
c'è bisogno di altri riferimenti dopo quanto si è detto. L’ ablativus in
consequentia ci riporta alla Logica
parva di Paolo Veneto, dal quale il Pergolese, al solito, dipende *’, Tuttavia
egli allarga il discorso, riservando questo tipo di probatio alle
contraddittorie di ciò che può essere provato non solo mediante expositio, ma
anche mediante resolutio, descriptio e officiatio, e in genere a tutte le
proposizioni negative: Nota quandocumque propositio probatur copulative, sive
resolubiter sive exponibiliter sive officiabiliter sive descriptibiliter, eius
contradictorium est probabile per causas veritatis, scilicet per disiunctivam
compositam ex partibus contradictoriis #9, nunc non est et hoc immediate post
instans quod est praesens erit’. Similiter haec propositio ‘hoc desinit esse’
habet duas copulativas causas veritatis, quarum una componitur ex duabus
categoricis, una de praesenti negativa et alia de praeterito affitrmativa, cum
hac determinatione ‘imme: diate’; ut: ‘hoc mune non est et hoc immediate ante
instans quod est praesens fuit’. Secunda causa veritatis ipsius est una
copulativa composita ex duabus talibus, quarum una est affirmativa de praesenti
et reliqua negativa de futuro cum simili determinatione, ut: ‘hoc nunc est et
hoc immediate post instans quod est praesens non erit’. Vel,
si tibi placet, potes dare causas veritatis cum prioribus convertibiles
breviores, ut: ‘si hoc nunc est et immediate ante munc non fuit, hoc incipit
esse’; et: ‘si tu non es albus et immediate post nunc eris albus, tu incipis
esse albus’. Eodem modo dico
de li ‘desinit’. Non ci addentriamo qui nella determinazione dell’atteggiamento
che Paolo Veneto tiene rispetto a Pietro di Mantova. Logica, cit., p. 79. 33 Si
noti che manca ogni cenno alle causae
veritatis per la esclusiva negativa
(ivi, pp. 57-60); nella trattazione De consequentiis, però, si trova la regola
riferita da Paolo Veneto nella Logica parva (ctr. ivi, p. 98). 30 Ivi, p. 84; e
ancora (ivi): Si vero est mediata (sc.
propositio) debes videre an sit affirmativa vel negativa; si est negativa,
debes cam probare per causas veritatis, aut per contradictorium, aut per
singulares, ut supra Terminologia logica della tarda scolastica 483 Il
riferimento all’expositio è stato ampiamente illustrato; altrettanto chiaro
risulta il cenno alla resolutio, officiatio, descriptio quando si pensi, come
si è detto, che in tutti questi casi la probatio è data mediante congiunzione
di proposizioni, la cui negazione è una disgiunzione di proposizioni negative.
dictum est . Questo passo può essere chiarito ricordando che BILLINGHAM
(Speculum..., cit., p. 357) ha assegnato l’oppositum per la probatio di
dimostrativa e universale negative o con soggetto infinito, e per l’indefinita
negativa ha assegnato una probatio disiunctive: cioè universale negativa o due
dimostrative (quest'ultime sono il sillogismo espositorio negativo); che PaoLo
Veneto (Logica megna, cit., I, 1, 4, £. 13va) ha assegnato tre modi di probatio
alla indefinita o particolare negativa: sillogismo espositorio negativo,
contraddittoria, universale negativa, e che per la universale negativa (ivi, f.
14ra) ha assegnato il contraddittorio; Wyclit e Pietro di Mantova hanno svolto
quel discorso che abbiamo richiamato nel $ 3. Qui Paolo da Pergola, parlando in
generale della proposizione mediata negativa, richiama tutti questi vari modi
di probatio accanto a quella per causas
veritatis. Il trattato contenuto nei ff. 6ra-19va del ms. Amplon. Q. 276 della
Wissenschaftliche Allgemeinbibliothek di Erfurt! si compone di varie
guaestiones, per ciascuna delle quali si adduce una lunga serie di argomenti
(cominciando in genere, dalla parte negativa: videtur quod non), ai quali si
risponde (in oppositum) spesso dopo aver formulato una determinatio brevissima,
magari di una sola proposizione; ma talota si risponde di volta in volta dopo
ciascun argomento. L’autore — chiunque sia — si preoccupa di fornire una casistica
delle difficoltà che possono sotgere nell’obiettare, e nel rispondere alle
obiezioni, contro i sophismata?. Il trattato si colloca quindi tra quelli che
intendono offrire sussidi ai protagonisti della disputa scolastica. E poiché le
difficoltà nascono sempre dall’uso dei termini cui si fa ricorso, la
trattazione verte necessariamente sul valore dei termini e sui modi di
‘provare’ le proposizioni che li contengono. 1 Cfr. Introduzione, n. 79. Il
microfilm del ms. di cui mi sono servito non è eccellente; manca il fotogramma
del f. 14r; il f. 15 del ms. dev'essere corroso in una delle col. 2 Ms. Amplon.
Q. 276, f. 6ra: Quoniam in(n)ata est nobis via a communibus ad propria, ideo
nos de modo opponendi contra sophismata cen E PA primo de communi modo
opponendi et respondendi dicamus. Gli argomenti trattati possono essere così
riassunti: 1) ci si chiede se l’inductio sia un modo valido di probare la proposizione
universale 3; 2) a) se la probatio per
contradictorium sia bora, e cioè valida
‘ e b) se la probatio a destructione
consequentis , o anche la probatio ex
opposito conclusionis inferendo oppositum praemissae sia valida 5; 3) ci si chiede de probationibus incidentibus in
multiplicibus, ut in aequivocis : an
sufficiat cognoscere aliquod multiplex in uno significato 9; ma la quaestio si articola in varie
questioni: a) an aliquod nomen sit aequivocum 7; b) an... significatio dictionis sit eius forma
accidentalis 8; c) utrum sufficiat probare multiplex in uno
probato significato vel non, et ad illud persuadendum oportet inquirere utrum
aequivocum significet per modum copulationis sua significata aut per modum
disiunctionis 9; d) an nomen aequivocum
possit distribui pro omnibus suis significatis sive pro quolibet singulari
cuiuslibet significati simul a signo universali sibi addito 1%; e) an sit contradictio in aequivocis !!; f) an propositiones habentes terminum
aequivocum debent dici una vel plures !2; 4) a) sulla base di quanto si è detto ci
si chiede poi an copulativa sit una !5,
e 3 Ivi. 4 Ivi, f. 6va 5 Ivi, £. 7vb. 6 Ivi, f. 8vb. 7 Ivi, quod non est,
videtur: f. 8vb; Quod umne nomen sit aequivocum sic videtur : f. 10ra. 8 Ivi,
f. 10vb. 9 Ivi, f. 11rb. Cfr. ps. Duns Scoro, In librum I priorum Analyticorum
Aristotelis quaestiones, cit., q. x, ff. 230b-231b: Utrum terminus aequivocus
contineat sua significata per modum copulationis. 10 De
probationibus, cit., f. 11vb. 11 Ivi, f. 12rb. 12 Ivi, f. 12vb. 13 Ivi, f.
14va. 486 Alfonso Maierù b) an sit
(contradictio in copulativis) 14; 5)
analogamente, a) quaeritur an
disiunctiva sit una vel plures 55; b) an sit contradictio in disiunctivis ‘6; ” 6) quaeritur an haec propositio ‘homo albus
currit’ sit una (vel plures) 17; i 7) an
falsitas implicationis falsificet propositionem 18; 8) an una negatio possit negare plures
compositiones 19; 9) infine, si discute
de incipit et desinit: Quaetitur de
expositione et significatione istorum verborum ‘incipit’ et ‘desini’. Primo
quaeratur quid significent, secundo utrum suum significatum ipso (?) esse
syncategorema vel categorema : a) De primo sic quaeritur, utrum significent
motum vel mutationem 2; b) Deinde quaeritur an si(n)t syncategoremata 8; c) quid ponitur in huius(modi)
praedicationibus (?) proposi tionibus, et videtur quod hoc quod dico ‘incipit’
et ‘desinit’ 2; d) (D)einde quaeritur de negatione istorum, et
primo utrum habeant intellectum negationis secundum quod possunt confundere,
dato quod aliquo modo sit ibi negatio 8;
e) utrum possi(n)t confundere ratione
istius negationis #; f) j; oppure 7 D LC, .v.#), e non viceversa !. I sersus di una proposizione
in disgiunzione sono causae veritatis di essa: basta perciò che sia vero uno
dei sensus perché sia vera l’intera proposizione. Così non è per i sersus in
congiunzione, poiché in tal caso è necessario che siano veri tutti i sensus
perché si abbia la verità vede in ciò un’accettazione della dottrina
occamistica della suppositio simplex da parte di Heytesbury. l De propositionum
multiplicium significatione, cit., ff. 252vb-253ra: Unde et si arguitur sic: praecise tot scis
quot sunt aliqua quae Plato scit esse, ergo non scis plura quam sunt aliqua
quae Plato scit esse, non valet argumentum. Nam per id antecedens non probatur
id consequens nisi pro altero sensu : si tratta della singolare negativa; il
procedimento è analogo a quello di cui alla n. 9; ancora, ivi, f. 253ra: Si tamen arguitur sd istam probandam, sic
incipiatur: talis propositio sic praecise significans potest esse quod rex
sedet et quod nullus rex sedet? (...) tunc ista est impossibilis, igitur non
potest esse sicut ista significat, et ista significat praecise quod potest esse
quod rex sedet et quod nullus rex sedet, igitur non potest esse quod potest
esse quod rex sedet et quod nullus rex sedet: neganda est consequentia; nam consequens
id, ut praedictum est, suos sensus copulative significat, quorum tamen alter
sequitur ex isto antecedente; per la proposizione in esame, cfr. n. 18; il modo
della probatio richiama il procedimento della probatio officialiter. Probare
occorre un’altra volta al f. 252va, nella discussione della universale; A Ivi,
f. 252va: Ex quo etiam apparet, cum cuiuscumque propositionis copulative solum
significantis contradictorium disiunctive significet quod cuiuscumque
multiplicis plures sensus copulative solum significantis contradictorium
disiunctive significat opposito modo quo etiam talis universalis multiplex
significat copulative . Terminologia logica della tarda scolastica 495 della
proposizione cui la congiunzione equivale '. Anche l’espressione causae
veritatis ha dunque il valore noto; nel caso speci fico, designa solo i sensus
in disgiunzione !*. Questo è il primo dei casi esaminati nel trattato. Seguono
poi il caso in cui la proposizione universale affermativa non significa tutti i
suoi sersus in forma universale, ma uno di essi in forma universale e un altro
in forma particolare ‘5; la proposizione particolare affermativa o negativa !;
la proposizione singolare affermativa o negativa !”. L’autore passa quindi ad
esaminare le ipotetiche, e comincia dalla proposizione de copulato extremo!*.
Si discute poi della [Nam si copulative significaret, ad eius veritatem
cuiuslibet sui sensus veritas requiretetur (è detto della particolare, cfr. n. 16). 14
Cfr. ivi: est fallacia consequentis
arguendo a propositione habente plures sensus disiunctive ad unum sensum, e f.
253va: Ca] arguitur a propositione
plures causas veritatis habente ad unam istarum, ideo est fallacia consequentis
. L'espressione causae veritatis occorre ancora altre tre volte, ai ff. 252va,
253rb, 253va. 15 Ivi, f. 252vb: Quaedam tamen universales sunt multiplices, non
tamen sensu; quaedam enim sunt universales multiplices quae in uno sensu sunt
universales et in alio particulares vel singulares existentes . Se affermativa, tale proposizione significa
i suoi sensus in disgiunzione; se negativa, in modo opposto, e quindi in
congiunzione (ivi). 16 Ivi: Patet igitur quod quaelibet particularis
affirmativa multiplex, et etiam negativa quae in quolibet suo sensu est
particularis, suos sensus disiunctive significat , e: Nam ad hoc quod verificetur particularis
aliqua sufficit quod verificetur aliquis eius sensus . 17 Ivi: Consimiliter
etiam de singularibus est dicendum pro parte. Negativa autem singularem (!)
singulari affirmative disiuctive significanti [segue vuoto di circa sci
lettere] copulative significare suppono . 18
Ivi, f. 253ra: Consimilis etiam responsio est ad propositiones hypotheticas
multiplices, ut sunt propositiones de disiuncto et de copulato extremo,
copulativae, disiunctivae, temporales, conditionales: non potest esse (una)
responsio. Unde primo est
sciendum quod quaelibet affirmativa 496 Alfonso Maierùà copulativa !. Sia data
la proposizione [1] tantum Socrates est
homo et aliquod istorum et plures homines sunt ; essa può essere intesa come
composta di due proposizioni, delle quali una risulti una proposizione de
copulato extremo. Gli elementi che possono essere presi in considerazione sono
perciò i seguenti: [2] tantum Socrates
est homo ; aliquod istorum et plures homines sunt ; [4] tantum Socrates est
homo et aliquod istorum ; [5] plures
homines sunt . La [3] e la [4] sono proposizioni de copulato extremo, ciascuna
delle quali ha in comune con l’altra l'elemento aliquod istorum (l’extremzuze copulato è il soggetto nella
[3], il predicato nella [4]). I sersus della [1] possono essere dati indifferenter
dalla congiunzione della e della, o dalla congiunzione della e della. Poiché
non si ha motivo di preferire una congiunzione di sersus all’altra, la [1]
significherà i suoi sersus mediante una disgiunzione, il cui primo multiplex et
hypothetica quae est particularis, indefinita vel singularis ut praemissum est,
suos sensus disiunctive significat. Unde et ista: ‘potest esse quod
potest esse quod rex sedet et nullus rex sedet . Si noti che l’autore
include le proposizioni de copulato extremo tra le ipotetiche; l’esempio
addotto è quindi una proposizione de copulato extremo, propriamente categorica
(del resto, non avrebbero altrimenti senso le indicazioni circa la quantità
della ‘ipotetica’. Negata, la proposizione in esame significa i suoi ‘sensi’
oppositis modis copulative (ivi). La conclusione di questa
discussione è: Idem etiam de propositionibus multiplicibus de disiunctis
extremis et affirmativis (ivi). 19 Ivi, sotto: Pro copulativis est tunc
sciendum ex suarum partium principalium captione solum significans copulative,
sive utraque eius pars copulative sive utraque disiunctive, sive una eius pars
disiunctive et alia copulative significet illis duobus modis quibus et istae
partes significant copulative, et cuiuslibet talis contradictorium oppositis
modis quibus istae partes significant disiunctive significabit . Terminologia logica della
tarda scolastica 497 membro sarà la congiunzione della [2] e della [3] e il
secondo membro sarà la congiunzione della [4] e della [5] ?°. Anche nel caso
della proposizione [6] Socrates currit
vel Plato currit et Socrates non curtrit , si possono avere interpretazioni
diverse: la si può cioè intendere come una congiunzione di proposizioni,
formata da [7] Socrates currit vel Plato
currit , e da [8] Socrates non curtrit ,
oppure come una disgiunzione di proposizioni formata da [9] Socrates currit , e da [10] Plato currit et Socrates non cutrit . Poiché
l’una o l’altra interpretazione si addice a simili proposizioni ( indifferenter
copulativae vel disiunctivae possunt esse ), i sensus della [7] saranno
espressi da una disgiunzione, di cui un membro sarà una congiunzione e l’altro
ancora una disgiunzione . La negazione premessa alla disgiunzione dei sensus
della [7] (e così della [1]) darà luogo a una congiunzione di proposizioni
negative 2. Heytesbury esamina ancora proposizioni il cui dictum può essere
inteso multipliciter®, proposizioni che hanno vari sersus in funzione di un
pronome relativo in esse presente che può riferirsi a due diversi
antecedentes”, e conclude la discussione 20 Ivi, f. 253ra-b; le [1]-[5] sono
indicate da Heytesbury con le lettere dalla alla e; l’analisi è già nel testo, dunque. 21
Ivi, f. 253rb. 2 Ivi: Ex quo satis patet eius contradictorium istis duobus
modis significare copulative . 3 Ivi: est
sciendum quod sunt quaedam propositiones multiplices quarum est dictum
multiplex, a quibus ad suum dictum arguendo fallit processus ; esempio è: non
scis propositionem falsam esse propositionem veram vel propositionem falsam
sciri a te . 2 Ivi, f. 253rb-va; esempio è: aliquid differt ab animali quod non
differt ab animali: antecedens del relativo quod può essere sia animal sia
aliquid; esso significa disiunctive (causae veritatis). 32 498 Alfonso Maierù
con un'analisi dei sersus delle proposizioni comprendenti una condizionale ®.
25 Ivi, f. 253va-b. Sono di vario genere (ivi, f. 253va): Quaedam tamen sunt conditionales quae
indifferenter copulativae vel conditionales, et quaedam disiunctivae vel
conditionales, possunt esse. In entrambi i casi significano i loro sensus
disiunctive, mentre le contradicentes significano i loro sensus copulative. I
termini “compositio” e “divisio rendono “oivdeois” e “Sraipeote” occorrenti
nelle opere aristoteliche, principalmente in due contesti: quello del De
interpretatione, dove, a proposito dell’enunciato, che risulta di più termini,
si dice che la verità e la falsità sono attinenti alla compositio, o
affermazione di un termine dell’altro, e alla divisio, o separazione di un
termine dall’altro; e quello del De sopbisticis elenchis, dove si parla delle fallacie
secundum compositionem e secundum divisionem. Ci soffermeremo sulla seconda
delle dottrine aristoteliche, ma non è inutile un rapido esame preliminare dei
valori che i due termini e i corrispondenti aggettivi assumono [Non ci
occupiamo della Suxipeoig platonica (cfr. ad es. FEDRO). Per i valori degli
stessi termini in RETORICA, cfr. LAUSBERG. De
interpr.; cfr. transl. Boethii, Aristoteles latinus: circa compositionem enim
et divisionem est falsitas veritasque ; cfr. anche 6, 17a 25-26, transl.
Boethii, ivi, p. 9: Adfirmatio vero est
enuntiatio alicuius de aliquo, negatio vero enuntiatio alicuius ab aliquo , e
Metaph. VI 4, 1027b 19
sgg. e XI 11, 1067b 26; in part. per obvieowe cfr. Top. VI 13, 150b 22 e 14,
151a 20.31. 4 Cft..6.2; 500 Alfonso Maierùà nei testi logici. Dei due termini,
compositio è privilegiato rispetto all’altro, per il maggior numero di
accezioni con le quali occorre. Nel suo Tractatus syncategorematum Pietro
Ispano fornisce una sistematica esposizione dei vari modi in cui può essere
inteso il termine compositio *. Compositio può essere rerum o modorum
significandi: compositio rerum è quella della forma con la materia,
dell’accidente con il suo subiectum, delle facoltà con l’essenza (potenze
dell’anima con l’anima), delle parti integrali tra loro in un tutto (nella
linea, le parti della linea rispetto al punto e della superficie rispetto alla
linea), della differenza con il genere nella costituzione della specie 5. La
corzpositio modorum significandi può essere o di una qualità con la sostanza,
espressa dal nome $, o di un atto con la sostanza ed è espressa dal verbo”. La
compositio di un atto con la sostanza può essere duplice: si può intendere
l’atto in quanto habet inclinationem ad
substantiam, secundum quam inclinationem dicitur de altero , cioè in quanto
l’atto è considerato ut distans , ed è
il verbo di modo finito; ma può intendersi l’atto unitus alla sostanza, in quanto privatus ista inclinatione, et sic est in
participio ®. La compositio actus ut distantis è ancora duplice: può essere in rapporto con
una substantia exterior , come nel caso
della proposizione Socrates 4 Cfr. op.
cit., pp. 483 sgg. Ma si veda anche la traduzione inglese di Mullally (PETER OF
SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., pp. 17 sgg.). Si confronti quanto
dice Pietto Ispano con la triplice distinzione di compositio (rei, intellectus,
sermonis) di Dialectica Monacensis, cit., p. 569. 5 PetrI HIsPANI, Tractatus
syncategorematum, cit., p. 484B. Per la composizione degli accidenti con il
subiectum, si veda il Liber sex principiorum, cit., p. 35: Forma vero est
compositioni contingens, simplici et invariabili essentia consistens.
Compositio etenim non est, quoniam a natura compositionis seiungitur . 6 PerrI HISPANI, op. cit., p. 484B. 7 Ivi,
p. 484C. 8 Ivi, p. 485F. currit °, o può essere in rapporto con una substantia intra , x quando il soggetto è
sottinteso, come nel caso di currit !°. In tutti questi casi, si può dire che il
concetto di compositio, in quanto fa riferimento agli elementi di cui esprime
un rapporto, rientra nella categoria di relazione !!. Opposta alla composizione
è la negatio !?. Particolarmente importante è la compositio actus ut distantis perché sta alla base del costituirsi della
proposizione 5. Il caso più semplice è quello del verbo est: esso consignificat compositionem , ma poiché
rispetto agli altri verbi esso è natura prius giacché in eis intelligitur !, tutto quello che di esso si dice vale per
gli altri verbi. Alla radice di questa interpretazione sta un passo già
ricordato di Aristotele 5, ampiamente sviluppato dalla grammatica speculativa
!. Che il verbo est, e 9 Ivi, p. 491D. 10 Cfr. ivi, e p. 486D: Quod autem in
verbo fit compositio actus ut distantis, patet per hoc quod actus significatus
per verbum semper significatut ut de altero; cum nam dico “‘cutrit’, oportet
intelligere substantiam determinatam, de qua dicatur ‘curtit’, ut praedicatum
de subiecto . 11 Si veda ivi, p. 484A: Sciendum ergo quod compositio ad aliquid
est, quia compositio est compositorum, et compositio et composita sunt
compositione composita quare compositio in praedicamento relationis erit . Cfr.
anche H. Roos, Das Sophisma des Boetius von Dacien Omnis homo de necessitate est animal in
doppelter Redaktion, Classica et Mediaevalia
, XXIII (1962): la necessitas
habitudinis terminorum (p. 190) non è
altro che necessitas compositionis (pp. 191-192). 12 Perri HisPANI op. cit, p.
490D: Cum secundum diversitatem compositionis (ex compositionem) diversificetur
negatio, ideo post compositionem, dicendum est de negatione ; ma cfr. L.M. DE
Rjk, On the Genuine Text of Peter of Spain's Summule logicales, II, cit, p. 89:
natura divisionis non potest cognosci nisi cognoscatur natura compositionis .
13 PerRI HISPANI, op. cit., pp. 487A sgg. 14 Ivi, p. 483F. 15 De interpr. 3,
16b 22-25 (cfr. cap. ILI, n. 8). 16 Cfr. ad esempio Tommaso DI ERFURT,
Gramzzatica speculativa, in Duns ScotI Opera omnia, I, cit., xxvii, $ 1, f.
59b: Verbum habet quendam modum
significandi, qui vocatur corzpositio, de quo antiqui 502 Alfonso Maierù quindi
ogni altro verbo, significhi quella compositio che è rapporto fra due termini
nella proposizione è dottrina comune; non altrettanto comune è la dottrina che
suo opposto sia la regatio. Si legga Guglielmo di Shyreswood: Sequitur de hac
dictione ‘non’, et videtur quod debeat esse verbum quia significat divisionem
et haec, ut videtur, opponitut compositioni denotatae per hoc verbum ‘est’, et
sic debet esse verbum sicut et ipsum; contraria enim ejusdem sunt generis. Et
dicendum quod haec ratio peccat dupliciter, tum quia haec dictio ‘non’ cum
significet divisionem tantum — haec dictio ‘est’ non significat compositionem
tantum ut dictum est prius et sic non significant contraria — tum etiam quia
compositio denotata sive consignificata per hoc verbum ‘est’ non opponitur ei
quod est ‘non’, quia compositio est modus significandi dependenter, ratione
cujus exigit sibi nominativum et hoc est illud quo propositio est unum ex suis
partibus. Cum autem huic consentit Grammatici mentionem expresse non fecerunt,
quem tamen modum moderni Verbo attribuunt, moti ex dicto Philosophi I.
Perihermenias, cap. 3. ubi dicit quod hoc Verbum est, significat quandam
compositionem, quam sine extremis non est intelligere; et tamen hoc Verbum,
est, in omni Verbo includitur, tanquam radix omnium, ideo compositio omni Verbo
inhaeret, per quam Verbum distans a supposito, ad suppositum principaliter
inclina tur (ma cfr. xviii, $ 10, f.
53b, dove l’autore, trattando della figura, afferma che essa sumitur a proprietate rei e che le proprietà comuni in rebus sono tre, proprietas simplicis, proprietas compositi, et
proprietas decompositi , e continua. Ab his tribus proprietatibus
imponit Logicus tres voces, ad significandum scilicet Terminum, Propositionem,
et Syllogismum, licet aliter sumatur simzplicitas, compositio, et decompositio
in nomine figurae simplicis, compositae et decompositae, quam in Termino,
Propositione, et Syllogismo. In Propositione enim et Syllogismo sumitut
compositio secundum distantiam circa diversa significata diversarum vocum
cadens. Sed in nomine compositae, et decompositae figurae, sumitur compositio
secundum distantiam vocum circa idem significatum eiusdem dictionis cadens ).
Cfr. anche Martino DI Dacia, Modi significandi, cit., nr. 112, p. 53: Huic
autem modo significandi essentiali generali iungitur alter modus significandi
immediatior qui dicitur compositio, et ille complectitur ab omni verbo. Et est
compositio modus significandi sive intelligendi uniens exttemum distans cum
altero extremo ; R. BACcONE, Surzza gramatica, cit., p. 80. Terminologia logica
della tarda scolastica 503 anima, asserit et est affirmatio; cum autem
dissentit, deasserit et est negatio. Est ergo compositio hujus verbi
‘est’ sicut subjectum affirmationi et negationi et opponitur negatio ejus quod
est ‘non’ affirmationi et non compositioni, nisi affirmatio vocetur compositio,
et hoc est aliud a compositione hujus verbi, ut dictum est !. In breve, la compositio è
anteriore all’affermazione e alla nega- zione, e perciò la particella zor non
si oppone a compositio; ma se si assume compositio nel senso di affirmatio, la
negazione non vale divisio, e si ha una contrapposizione. L’equivalenza tra
com- positio e affirmatio, divisio e negatio è affermata da Boezio !* ad I?
Cfr. Syncategoremata; ma cfr. anche: Sed vi- detur adhuc quod quando ‘est’ est
tertium adjacens, non sit ibi praedicatum, sed solum compositio (cfr.
W. or SHERWwooD'°s Introduction to Logic, cit., p. 27, n. 25), e Introductiones
in logicam, cit., p. 33: Sed (sc.
verbum) consignificat compositionem, quae est copula et omne aliud verbum sic
con- significat per naturam illius. Cfr. MARTINO DI DACIA, Quaestiones super
librum Peribermeneias, in Opera, cit., q. 12 Utrum eadem compositio in numero est in
affirmativa et in negativa , pp. 246-247: Ad quaestionem dico, quod certum est, quod
quaestio nostra non est de compositione, quae est actio intellectus, qua
componit unum cum altero. Nam talis compositio solum est in affirmativa. Sed
tantummodo quaerit de illa compositione, quae est modus intelligendi et datus
verbo pro modo significandi, et de tali dico, quod ipsa est eadem numero
affirmativa et negativa . 18 Cfr. In
Arist. Periermenias, II ed., cit., p. 49: Igitur quotiens huiusmodi fuerit
compositio, quae secundum esse verbum vel substantiam constituat vel res
coniungat, adfirmatio dicitur et in ea veri falsique natura perspicitur. et
quoniam omnis negatio ad praedicationem constituitur igitur quoniam id quod in
adfirmatione secundum esse vel constitutum vel coniunctum fuerit ad id addita
negatio separat, vel ipsam substantiae constitutionem vel etiam factam pet id
quod dictum est esse aliquid coniunctionem, divisio vocatur. Ma già in Boezio è
l’affermazione dall’anteriorità della compositio intellectuum (e
conseguentemente verborum, che su quella si modella) rispetto all’affirmatio e
alla negatio (ivi, p. 75): Nunc vero quoniam in intellectibus iunctis veritas
et falsitas ponitur, oratio vero opinionis atque intellectus passionumque
animae interpres est: (quare) sine conpositione intellectuum verborumque
veritas et falsitas non videtur existere. quocirca praeter aliquam
conpositionem nulla adfirmatio vel ne504 Alfonso Maierù Abelardo ”, da Occam® a
Billingham® e Strode?, Burleigh, poi, afferma in generale che il sincategorema
è dispositio compositionis * e, in particolare, che i sincategoremi
possono essere riferiti o alla compositio materialis , cioè alla proposizione
intesa materialiter (in quanto sta per se stessa), o alla compositio formalis , cioè alla proposizione
assunta nella sua valenza significativa *. Ma si ricordi che tutta la
discussione sulla proposizione modale verte sulla questione se il 7z0dus
determini o non determini la compositio o l’inhaerentia costituente la proposizione
#5. Se la compositio fonda la proposizione tanto che omnis progatio est (cors. mio). 19 Cfr. Introductiones
dialecticae, cit., p. 75: Compositionem
vocat affirmationem quia ostendit coniungi praedicatum subiecto. Divisionem
vocat negationem quia dividit praedicatum a subiecto . Ma come Boezio, anche
AseLARDO ritiene che la compositio intellectuum sia anteriore all’affirmatio e
alla negatio (Logica ‘Ingredientibus’): Sed tamen consignificat (sc. ‘est’),
id est cum aliis significat quandam comzpositionem, id est quendam compositum
intellectum sive affirmativum sive negativum, et per compositionem tantum
compositionem intellectus accipimus. Cfr. Prooemium libri Periermenias (in
Expositio aurea, cit.): Nam in
compositione et divisione est veritas vel falsitas e sine compositione et divisione, hoc est,
sine affirmatione et negatione non sunt vera nec falsa . 2 Speculum..., cit.,
p. 338: Terminus est in quem resolvitur propositio, ut praedicatum et de quo
praedicatur, apposito vel diviso esse vel non esse, id est in propositione
affirmativa vel negativa , e il ms. Venezia, Bibl. s. Marco, Z.
lat. 277 (= 1728), f. 2r, espone (cit. ivi, p. 323): composito vel diviso, esse vel non esse, idest
in propositione negativa vel affirmativa . 2 Cfr. Logica, cit., f. 13rb: Et dicuntur sola verba significare cum tempore,
quia ipsa sola sunt instrumenta quibus mediantibus [anima est] anima est apta
pro certo tempore componere vel dividere, id est affirmare vel negare . 23
Cfr. De puritate artis logicae, cit., p. 221. 2 Ivi, pp. 141, 224-225, 227,
235, ecc. 25 Cfr. cap. V, $ 3: compositio e inbaerentia sono sinonimi per le Sumzze Metenses e
Guglielmo di Shyreswood positio est compositio *, la proposizione composita però è la
proposizione ipotetica: così per lo ps. Apuleio ”, per Ars Meliduna*, per
Averroè ?, per Alberto Magno Un'altra accezione meno stretta di compositio è
quella che denota l’unione di più voces costituenti un’oratio, non necessariamente
una enuntiatio o propositio 8; in tal caso il termine è equivalente del
boeziano comzplexio ®, e terminus compositus sta a designare anche l’unione di
nome e aggettivo #. Ma compositio 2% L.M. De Rijk, On the Genuine Text of Peter
of Spain's Summule logicales , III,
cit., p. 46 (è il commento a Pietro Ispano di Robertus Anglicus). 2 Cfr.
Peribermeneias, cit., 2, p. 177 (v. cap. V, n. 26); cfr. SULLIVAN, Apuleian
Logic, cit., pp. 24-30. 28 Op. cit., p. 352: Deinceps ad compositas ypotheticas transeamus.
Compositarum, prout hic accipitur ‘composita’, quatuor sunt genera . 2 Cfr.
AristoTELIS Opera cum AverROIS commentariis, I, i, Venetiis 1562 (ed.
anastatica Frankfurt a. M. 1962), De interpretatione I, 721: Oratio est vel simplex vel composita Composita vero
est, quae ex duabus constat orationibus simplicibus . 3 Liber I Peribermeneias,
in Opera, I, cit., p. 410b: enuntiatio simplexcomposita o hypothetica. 3 Cfr.
PETER or SPAIN, Tractatus syncategorematum..., cit., p. 20 (proposizione
imperfetta). 32 Cfr. Boezio, In Cat. Arist., cit., 169A: Sine complexione enim
dicuntur quaecunque secundum simplicem sonum nominis proferuntur, ut homo,
equus: his enim extra nihil adjunctum est. Secundum complexionem dicuntur
quaecunque aliqua conjunctione copulantur, ut aut Socrates aut Plato, vel
quaecunque secundum aliquod accidens conjunguntur ; e 181A (il testo è nella n.
6, cap. III). Si noti però che cormzplexio vale anche conclusio e ‘dilemma’ in
Cicerone (cfr. KNEALE, op. cit., p. 178). 3 BrLLincHAM, Speculum..., cit., p.
351: Sic cum terminis compositis, ut
‘homo albus currit: hoc cutrit et hoc est homo albus, igitur etc.’ ; il termine
compositus nell'esempio è homo albus. Cfr. Pretro DI MANTOVA, Logica, cit., f.
[66vb]: nomen compositum è vox incomplexa risultante di più parti: Verumtamen quia consuevimus scire quid
vocabulum significaret extra compositionem, cum veniunt duo vocabula in
compositione, vocabulum illud resultans dicimus significare aut connotare illud
quod istae duae dictiones significant per se sumptae antequam intrarent
compositionem 506 Alfonso Maierù designa
anche l’unione di termini significativi nella proposizione o nel periodo #.
Un’accezione più tecnica di compositio, ma poco diffusa, è quella che denota il
procedimento logico della probatio quando si procede dai termini superiori:
così in Billingham *, e forse i precedenti sono da rintracciare nei Tractatus
Anagnini* e nelle Summulae di Pietro Ispano ”. Nella dottrina della conoscenza
(in particolare del giudizio), compositio si oppone a resolutio e designa o,
platonicamente, il processo dal molteplice all’unità oppure, aristotelicamente,
il processo dal semplice al complesso *. (esempio può essere respublica);
invece, nota il Mantovano (ivi, f. [65ra]): quilibet conceptus mentalis est
simplex, ita quod nulla est pars orationis in mente quae sit composita, quia
tunc partes orationis significarent separate . HevrEsBury,
De sensu composito et diviso, cit., f. 3a-b, ha terminus aggregatus (es. duo homines ). * HevTesBury, De scire et
dubitare, cit., f. 14vb: et quod illa
propositio significat praecise iuxta compositionem terminorum , e f. 15va: et
quod haec propositio ‘hoc est homo? significat primo et principaliter iuxta
compositionem terminorum ; STRODE, Conseguentiae, cit., f. 32ra: Sed omnes istae regulae debent intelligi
generaliter cum significant praecise ex compositione suarum partium primarie
praecise significantium . 35 Cfr. cap. VI, n. 55. 3% Tractatus Anagnini, cit.,
p. 225: Contra hoc quidam dicunt: illud quod est superius cognitione, etiam fit
pars in constitutione inferioris, perhibentes speciem constate ex genere et
substantialibus differentiis. Hoc verbo quidem simplices abducti dicebant genus
esse quasi materiam, differentias vero quasi formas ex quibus iunctis
constitueretur species. Sed dicit Magister Adam: “omne significatum dictione
est simplex et incompositum”; et dicit ‘componitur’, idest diffinitur,
‘constitutio’ pro diffinitio, ‘constitutio specie? pro diffinitio speciei. Item, compositio illa,
secundum quam reducuntur inferiora ad sua superiora, opposita est illi
compositioni, secundum quam superius reducitur ad sua inferiora ; il
procedimento, caratterizzato da Billingham come compositio, è il primo, se per
reducere si intende ‘ricondutre’, ‘riportare’ logicamente. 3 Cfr. GarceAU, Iudicium ..., cit., pp. 268-269; cfr. n. 5 al
cap. VI Terminologia logica della tarda scolastica 507 Per quanto riguarda,
infine, la terminologia impiegata nella trattazione del senso composto e del
senso diviso, notiamo che vengono usate le seguenti espressioni: fallacia
compositionis fallacia divisionis, o semplicemente compositio (o coniunctio)divisio;
sensus compositionis sensus divisionis; sensus compositussensus divisus®. 2.
Aristotele Le fallaciae del ‘senso composto’ e del ‘senso diviso’ sono
illustrate da Aristotele negli Elenchi sofistici, ai capitoli 4° e 20 #!.
Incluse tra gli errori dipendenti dal linguaggio usato (rapà TÙv Mew, secundum
locutionem, o dictionem) esse sono stretta. mente connesse, tanto da
rappresentare l’una il reciproco dell’altra. Infatti, si ha fallacia in senso
composto quando si congiungono termini che vanno tenuti divisi, e si ha fallaci
in senso diviso quando si dividono termini che vanno presi in congiunzione tra
loro. Perciò, nel corso del capitolo 20, Aristotele sugge 39 La schedatura del De sensu composito
et diviso di HevresBurY ha dato i seguenti risultati: oltre a sensus compositus
e sensus divisus, l’autore usa, per designare senso composto e senso diviso:
compositio e divisio (ivi, ff. 2ra, 2rb tre volte, 3va, 4ra), fallacia
compositionis et divisionis (f. 3ra-b) e ancora: sensus divisus significat
divise (f. 2vb), diversitas componendi vel dividendi (f. 2ta), componere vel dividere (f. 3rb); usa inoltre compositio per indicare
l’unione di più termini che segua un altro termine, ad esempio possibile (f.
2rb, 2va tre volte); simplex compositio — duplex compositio (f. 3rb). Per le occorrenze nelle Regulae,
cfr. n. 147. 4 De soph. el. 4, 165b 26 e 166 a 23-38. 41 Ivi 20, 177a 33-b 34.
. 4 Ivi, 177a 34-35; transl. Boethii (rivista in base alle indicazioni
fornitemi da L. Minio-Paluello con lettera del 23.12.71) in Boezio, Elenchorum
sophisticorum Aristotelis interpretatio, P. L. 64, 1029C (si tratta della
traduzione boeziana elaborata sul greco dal Lefèvre d’Etaples): Manifestum autem et eas, quae propter
compositionem et divisionem, quomodo solvendum, nam 508 Alfonso Maierù risce di
assumere in congiunzione i termini che, intesi divisi, dànno luogo alla
fa/lacia in senso diviso e, viceversa, di assumere divisi i termini che,
congiunti, dànno luogo alla fa/lacia in senso composto. I medievali hanno poi
fatto propria la raccomandazione aristotelica: ripetono spesso ubi peccat
compositio, ibi solvit divisio , e viceversa ‘, e trattano insieme le due
fallaciae come due complementari possibilità di errore. Gli esempi con i quali
Aristotele dà una prima illustrazione del senso composto sono: a) possibile est sedentem ambulare, et non
scribentem scribere ; b) discit nunc
litteras, si quis didicit quas scit ; c) quod unum solum potest ferre, plura potest
ferre *. È evidente che l’errore si
divisa et composita oratio aliud significat cum concluditur, contratium
dicendum ; ma v. anche De sopb. el. 23, 179a 11-14; transl. Boethii in Boezio,
op. cit., 1032B. 4 Cfr. Glose in Aristotilis Sophisticos elencos, cit., p. 246:
Conpositio est solvenda per divisionem,
et divisio per conpositionem ; Fallacie Parvipontane: Ubi enim fallit divisio,
ibi solvit compositio, et econverso ; Vincenzo DI BEAUVAIS, op. cit., 277: Iuxta
quod dicit Aristoteles, ubi fallit compositio, ibi soluit divisio, et e
converso e ad haec omnia docet
Aristoteles simul soluere, scilicet ut si concludatur divisim, dicendum est
quoniam coniunctim concessum fuit, et e converso ; Ps. BACONE, Sumule
dialectices, cit., p. 342: Nemo enim debet dubitare quin fallacia composicionis
decurrat super hanc maximam, ‘si conjunetim ergo divisim’, divisio super hanc
maximam, ‘si divisim ergo conjunctim’; ergo (in) fallacia composicionis
conceditur composicio et probatur divisio, et in fallacia divisionis e
contrario ; ALBERTO M., Liber I Elenchorum, in Opera, IL, cit., p. 547b: Adhuc autem notandum, quod licet semper simul
sint compositio et divisio in oratione quantum ad hoc quod si compositio
fallit, divisio solvit, et e converso ; ALBERTO DI Sassonia, Logica, cit., V,
4, f. 40rb: omnis syllogismus peccans per fallaciam compositionis solvitur pet
divisionem et e converso ; BILLINGHAM, De sensu composito et diviso, in Speculum...,
cit., p. 387, ma cfr. n. 97. % De sopb. el. 4, 166a 23-32; transl. Boethii in
Boezio, op. cit., 1010D1011A. Teniamo presente anche le osservazioni di COLLI
(si veda) in ARISTOTELE, Organon, trad. it. e note, Torino. Per il terzo
esempio, il Colli rinvia a PLaToNE, Euthyd., 294A. Terminologia logica della
tarda scolastica 509 nasce in tutti i casi dal porre in congiunzione termini
che vanno presi separatamente: la prima proposizione va intesa così: ‘chi sta
seduto può camminare, chi non scrive può scrivere’, mentre, assumendo congiunti
i termini sedentem-ambulare, scribentemscribere, si cade in errore; la seconda
va interpretata: ‘intende le lettere, giacché ha imparato ciò che ora conosce’
e non: ‘intende le lettere, giacché ha ora imparato ciò che conosce’,
congiungendo didicit-nunc; la terza: ‘chi può portare un solo oggetto, può
portarne più’ uno per volta, non contemporaneamente. Gli esempi che Aristotele
utilizza per il senso diviso sono: a) quod quinque sunt duo et tria, paria et
imparia, et quod majus aequale, tantumdem enim est majus et adhuc amplius ; b) ego posui te servum entem liberum ; c) quinquaginta virum centum heros liquit
Achilles 4. In questo caso, gli
enunciati vanno così interpretati. Il primo: 5 è uguale a 2 e 3, e il 2 e il 3
sono rispettivamente pari e dispari; non è vero che 5 è uguale a 2 e 5 è uguale
a 3 (separatamente) e quindi che 5 è insieme pari e dispari; né è vero che
qualcosa è maggiore ed uguale a qualcos'altro, che seguirebbe se si ritenesse
che 5 è uguale a 3 e che 5 è uguale a 2 (mentre è maggiore di entrambi) per il
fatto che 5 è uguale a 3 e a 2. Il secondo: ‘io ho fatto di te che eri schiavo
un uomo libero”, mentre non è corretto intendere (separatamente) ‘io ti ho
fatto schiavo e io ti ho fatto libero’. Il terzo: ‘di cento uomini il divino
Achille lasciò cinquanta’, ma non separando la parola virum da centum e
congiungendola a quinquaginta. Nel capitolo 6, poi, dove tutte le fallacie sono
ricondotte all’ ignoratio elenchi ‘,
Aristotele afferma che composizione e divisione derivano dal fatto che il
discorso, nonostante l’appa4 De sopb. el. 4, 166a 33-38; transl. Boethii in
BoEzio, op. cit., 1011A; il secondo esempio, che ha riscontro in TERENZIO,
Andria (v. 37: Scis: feci ex seruo ut esse libertus inihi ), probabilmente
deriva da una commedia greca; il terzo, forse da un poema perduto. 4 De sopb.
el.] renza, non è lo stesso se inteso in un modo o nell’altro, e perciò i due
sensi vanno distinti alla ricerca di quello corretto ”, Infine, nel capitolo
20, dove mostra la soluzione da dare a questo tipo di fallacia, Aristotele dà
un altro buon numero di esempi di enunciati, nei quali l’interpretazione in un
senso o nell’altro conferisce al tutto un valore diverso. Ricordiamo tre di
essi che hanno avuto una certa fortuna nel medioevo. Il primo: Putasne quo vidisti tu hunc percussum, illo
petcussus est hic? et quo percussus est, illo tu vidisti? , donde appare la
differenza tra il dire videre oculis
percussum e il dire oculis percussum videre (‘vedere, con gli occhi, colui che è percosso’
e ‘vedere, colui che è percosso con gli occhi’): esso avrà fortuna nel secolo
XIII, in concorrenza con il secondo esempio del senso composto sopra riportato.
Il secondo è: Putasne malum sutorem
bonum esse? sit autem quis bonus, sutor malus, quare sutor malus ® e mostra la difficoltà che nasce dal fatto
che attributi opposti sono congiunti con lo stesso nome; il calzolaio, buon
uomo e cattivo artigiano, non può essere ciabattino buono e cattivo insieme. Il
terzo esempio è: Putasne ut potes, et
quae potes, sic et ipsa facies? non citharizans autem habes potestatem
citharizandi, 47 Ivi, 168a 26-28; cfr. anche 7, 169a 25-26. nei 20, 177a 36-38
e b11; transl. Boethii in Borzio, op. cit., 1029D# Ivi, 177b 14-15; transl.
Boethii in BorzIo, op. cif., 1030A. L’esempio occorre anche in De inferpr. 11,
20b 35-36, dove si discute della liceità di affermare unum de plutibus vel plura de uno e quindi di operare un’inferenza valida da due
proposizioni in congiunzione tra loro con predicati differenti e identico
soggetto (ma è da notare che la transl. Boethii, Aristoteles latinus , II, 1-2, cit., p. 24, ha
citharoedus dove Aristotele ha oxvTEÙS) a una proposizione con soggetto
immutato e predicati in congiunzione tra loro. fa Terminologia logica della
tarda scolastica 511 citharizabis igitur non citharizans 9; esso si ricollega al primo degli esempi del
senso composto sopra ricordato. La dottrina di Aristotele, per quanto riguarda
il nostro argomento, è tutta qui. Un contributo potrebbe ticavarsi dalla discussione
dei sillogismi modali a premesse in senso composto o in senso diviso, ma le due
pagine della logica aristotelica non sono accostabili immediatamente 5. Per
l’una, come per l’altra, saranno i maestri medievali a fornire analisi più
precise e puntuali. 3. Da Boezio alla fine del sec. XII La prima patte della
Logica modernorum di De Rijk è, come s'è detto, uno studio sulla dottrina dei
sofismi nel medioevo fino al secolo XII incluso. I risultati cui l’autore è
giunto sono i seguenti: a) la prima fonte per la dottrina dei sofismi nell’alto
medioevo è Boezio, che ne fornisce alcuni elementi nel secondo commento al De
interpretatione © e nell’Introductio ad syllogismos categoricos *. Ma tra i
sofismi esaminati da Boezio in questi testi non figurano quelli secondo la
composizione e la divisione; De soph. el. 20, 177b 22-25; transl. Boethii in
Boezio, op. cit., 1030A. 51 Cfr. BocHENSKI, La logigue de Théophraste, cit.,
che registra a p. 136 ( Index des termes techniques grecs ) solo Statpeote, che
però occorre, alle pp. 63 sg. e 114, a proposito della ‘scala ontologica’
platonica, dalla quale trae origine il sillogismo aristotelico, e del rapporto
tra i termini di questo. 52 In Arist. Periermenias, II ed., cit., pp. 129-134, cit.
in De Rgk, Logica modernorum, I, cit., pp. 25-27; le fallaciae ricordate sono
quelle secundum aequivocationem, secundum univocationem, secundum diversam
partem, secundum diversum relatum, secundum diversum tempus, secundum diversum
modum: cfr. ivi, pp. 27-28. 5 Op. cit., 778B-780A e 803B-D; cfr. DE Rik, op.
cit., I, pp. 4041. 5 Cfr. il prospetto in cui sono confrontati i risultati
raccolti dai due testi boeziani in De Rik, op. cit., I, pp. 42-43. Ma cfr.
Frustula logicalia, cit, p. 616: Queritur cur Boetius non enumeravit divisionem
et coniunctionem et amphiboliam, que magis proprie impediunt propositionum
dividentiam 512 Alfonso Maierù b) sulla traccia di Boezio si muovono le varie
Glosule in Peribermeneias fino ad Abelardo 5; c) il primo cenno in Abelardo al
sensus per divisionem e al sensus per compositionem quale indicato dagli
Elenchi sofistici è nella Logica ‘Ingredientibus’, a proposito delle modali: la
modale in senso composto è modale de Sensu, la modale in senso diviso è modale
de re *; d) Adamo Parvipontano nell’Ars disserendi enumera i sofismi ex
coniunctione ed ex disiunctione, corrispondenti al senso composto e al senso
diviso di Aristotele”, segno di una più decisa penetrazione degli Elenchi
sofistici nelle scuole medievali. Ma è con i primi commenti agli Elenchi
sofistici prodotti dalla scuola di Alberico di Parigi e poi con i commenti dei
Parvipontani che si hanno le prime esposizioni sistematiche del senso composto
e del senso diviso, tanto che esse penetrano anche nelle esposizioni del De
interpretatione, là dove Boezio aveva introdotto le fallaciae 8. Noi cercheremo
di ripercorrere brevemente il cammino della dottrina utilizzando i testi editi
dal De Rijk. Le Glose in Aristotilis Sophisticos elencos dànno un’analisi
abbastanza elementare del testo aristotelico, e riferiscono opinioni di maestri
precedenti. La conpositio è definita [....] proprietas orationis secundum quam ea
que divisim data sunt, coniunctim accipiuntur, ut ‘iste veronensis valet bunc
panem et hunc, ergo vale duos panes’. Non sequitur, quia datum est istum
veronensem quam que enumerat . Cfr. n. 58. 55 Cfr. De Rijx, op. cit., I, pp.
44-48. $ Op. cit., p. 489, e Glosse super Periermenias..., cit., p. 13; cfr. De
Rijk, op. cit., I, pp. 57 sgg., dove si discute della conoscenza che Abelardo
aveva degli Elenchi sofistici. 5 Op. cit., pp. 63 e 65; cfr. De Ru, op. cit.,
I, pp. 72 sgg. 5 Cfr. Frustula logicalia, cit., p. 613, pp. 616 sg. (cfr. n.
54) e p. 619: Videntur tamen quedam esse
que impediunt contradictionem, que Boetius non ponit, scilicet divisio,
compositio, accentus, amphibologia . Terminologia logica della tarda scolastica
513 valere hunc et hunc panem divisim, sed non coniunctim 9. Ciò che distingue la compositio e la
divisio è questo: quando la seconda è vera e la prima è falsa, si ha il
sophismza conpositionis, quando la conpositio è vera e la divisio è falsa, si
ha il sophisma divisionis®. I modi o le specie di composizione sono tre, per il
nostto testo: quandoque conponimus plura
uni, ut ‘iste veronensis valet bunc et bunc pane; quandoque unum pluribus, ut
‘Socrates et Plato habet unum caput’; quandoque plura inter se, ut ‘possibile
est album esse nigrum’ vel ‘hic et hic veronensis valet istum et istum panem’ ®®.
Nel testo si introduce una distinzione importante: senso composto (corpositio)
e senso diviso (divisio) possono avere otigine in voce, cioè nella struttura
linguistica della frase, o securdum intellectum, cioè nella diversa
intelligenza della frase stessa °°. Apprendiamo che Maestro Giacomo Veneto
riteneva che oggetto dell’analisi del logico sia la struttura della frase ®
giacché il logico in essa individua le difficoltà o deficienze che dànno luogo
ai sofismi. Un esempio di questo modo di considerare il senso composto e il
senso diviso può essere il seguente, relativo al senso composito: ‘omne non-scribens potest scribere, sed
Socrates est nonscribens, ergo potest scribere, ergo Socrates scribit’ dove datum est Socratem scribere cum potentia (sc.
potest scribere) et postea divisum est a potentia, cum intulit: ‘ergo Socrates
scribi *. 5 Op. cit., p. 209. 9 Ivi. s
Ivi. 6 Ivi, p. 246 (a De sopb. el. 20, 177b1): Due sunt species divisionis et conpositionis,
(una) secundum intellectum, et altera secundum vocem . 6 Ivi, p. 209: Magister vero Iacobus dicit conpositionem et
divisionem tantum esse in voce, et non secundum intellectum. Est autem
conpositio secundum ipsum quando aliguid conponitur cum aliquo et postea
accipitur divisim et seorsum . # Ivi. 33 514 Alfonso Maierù Il nostro autore,
per la verità, almeno in due luoghi riconosce che Aristotele tratta della
corpositio e della divisio secundum
vocem , e sottolinea il primato dell’oratio che esprime l’intellectus ©. Questi
rilievi sono importanti perché permettono di notare come i maestri medievali
mirassero a trasferire sul piano linguistico il discorso sui sofismi, in modo
da trovate su questo piano accorgimenti formali atti a evitare errori. Un altro
testo, quasi contemporaneo alle Glose, cioè la Surzzza Sophisticorum elencorum,
critica questa tesi e il tipo di analisi in vocibus o in sermonibus o în
terminis % e sostiene che il sofisma in senso composto (compositionis) o in
senso diviso (divi sionis) ha origine in intellectibus, nel fatto cioè che una
proposizione si presta ad essere interpretata secondo diversi punti di vista.
Si richiama l’attenzione, ad esempio, sulla proposizione possibile est sanum esse egrum , la quale,
intesa in senso diviso, è vera, in senso composto è falsa, senza che la diversa
considerazione implichi modificazioni nella struttura linguistica 65 Ivi, p.
222 (a De sopb. el. 6, 168a 26): Ad quod
dicendum quod Aristotiles loquitur hic de conpositione et divisione que fit
secundum vocem et non secundum intellectum. Et conpositio et divisio secundum
intellectur continetur sub oratione, quia oratio continet amphibologiam et
conpositionem et divisionem (cors. mio),
e p. 246 (a De soph. el. 20, 177b1; continua il testo cit. in n. 63): Sed cum dicit Aristotiles: “quod est secundum
divisionem, non est duplex”, tunc loquitur de divisione vocis, quia alia vox
est divisa et alia conposita. Quidam enim dicunt quod hec conpositio fit in
intellectibus; quidam alii dicunt quod tantum fit in vocibus . Illi qui dicunt
quod fit in sermonibus vel in vocibus , e p. 314: Et ideo sciendum est quod
secundum illos qui dicunt sophisma conpositionis tantum esse in terminis: Hec
autem sententia, scilicet quod compositio dicatut tantum in terminis, nobis non
placet. Sed dicimus quod fallacia compositionis fit in intellectibus, et hoc
videlicet quod plura significantur vel intelliguntur in aliqua oratione ; lo
stesso vale per la divisio, pp. 317 sgg. Terminologia logica della tarda
scolastica 515 della frase. Lo stesso testo ammette, però, che i sostenitori
della tesi opposta evitavano l’errore in senso composto o in senso diviso
ricorrendo ad accorgimenti riguardanti la disposizione dei termini
nell’enunciato. L’opposizione del nostro anonimo autore, in realtà, non vale a
negare una linea di tendenza che riconosce nella constructio, nella ‘sintassi’,
cioè nella diversa disposizione dei termini nell’enunciato, l’unica possibilità
di fissare regole stabili per il riconoscimento dell’un senso e dell’altro.
Semmai, le sue critiche sottolineano la necessità di un’analisi approfondita, i
cui risultati valgano a fugare ogni dubbio. Et ideo sciendum est quod secundum
illos qui dicunt sophismata conpositionis tantum esse in terminis, fit illa
talis conpositio duobus modis, aut scilicet quando prius coniungimus duas voces
et postea separamus, scilicet cum relinquimus unam et concludimus aliam, ut
superius diximus [è il caso di potest
scribere nell’antecedente e scribit nella conclusione], aut quando prius aliquod
adverbium iungimus cum aliquo verbo, postea illud idem iungimus cum alio verbo,
ut in supradictis paralogismis patuit [è il caso, ad esempio, di verum est nunc Socratem fuisse conclusum, ergo
nunc verum est quod Socrates fuit conclusus ]. Et
etiam sciendum est quod secundum istos nulla orationum predictarum est
multiplex. Unde non est dividendum, sed dicendum quod alia est conposita et
alia divisa. Ut in istis est: ‘veruzz est nunc Socratem fuisse percussum’, hec
est composita: ‘ergo verum est quod Socrates fuit percussus nunc’, hec divisa .
70 Sulla scia
della Summa, almeno per quanto ci riguarda, si muovono le Fallacie
Vindobonenses, cit.: analoga è la caratterizzazione della fallacia in base
all’intelligere (p. 508: Fallacia compositionis est quando compositio est
falsa, et divisio vera, ut ‘omnia individua predicantur de uno solo’. Si velis
intelligere coniunctim, falsum est. Si vero divisim, verum est, idest quod
unumquodque individuum predicatur de uno solo. Fallacia divisionis est quando
divisio est falsa et compositio vera, ut ‘duo et tria sunt quinque?. Si velis
intelligere divisim, falsum est; si vero coniunctim, verum est), come è analoga
la distinzione dei paralogismi secundum habundantiam e secundum defectum (cfr.
la Summa, cit., p. 320: Item. Vel alii
paralogismi qui fiunt secundum habundantiam et defectionem, de quibus dubium
est sub [Più interessante la trattazione della compositio e della divisio
contenuta nelle Fallacie Parvipontane. Precisato che senso composto e senso
diviso sono pertinenti alla substantia vocis, cioè alla ipsa vox, mentre
accentus e figura dictionis spettano agli accidentia vocis, compositio e
divisio sono così descritte: Compositio itaque est fallax coniunctio aliquorum
que voce et intellectu dividi debelre)nt vel intellectu tantum. ‘Fallax
coniunctio’ dicitur ideo quia nisi sit fallacia, non est compositio. Hoc enim
nomen ‘compositi’ prout hic sumitur, nomen fallacie est; ‘voce et intellectu
ideo dicitur quia compositionum alia fit voce et intellectu, ut hec: ‘possibile
est album esse nigrum’, alia intellectu tantum, ut hec: ‘ista navis potest
ferre centum homines”. Divisio est fallax divisio aliquorum que voce et
intellectu coniungi deberent". Riteniamo che ciò che è detto di compositio valga
anche di divisio, anche se non risulta esplicitamente dal testo. Compositio e
divisio sono dunque i nomi delle fallacie, la prima delle quali è una
congiunzione erronea, la seconda una divisione erronea di termini: congiunzione
e divisione erronee che hanno la loto radice non solo nella vox ma anche in
intellectu, o addirittura soltanto nell'intelletto ??; con ciò il testo assume
una posizione media tra chi qua specie fallaciarum reducantur , e le Fa/lacie
Vindobonenses, cit., p. 509: Item fiunt paralogismi secundum compositionem.
(Qu)orum quidam videntur fieri secundum superhabundantiam, quidam (secundum)
defectum : ma il rilievo è già in DE Ry. Più oltre ci si chiede quale
differenza vi sia tra la fallacia secundum plures interrogationes ut unam e
compositio e divisio: Eadem enim est
oratio sophistica ex compositione et divisione et secundum hanc fallaciam. Verbi
gratia: ‘quingue duo sunt et tria’. Sub hac forma proponuntur plures
propositiones velut una. Potest etiam intelligi composita, similiter et divisa.
Et videntur adtendi omnes iste fallacie secundum idem quod secundum
copulationem terminorum. Et tamen adtendenda est differentia quia compositio
vel divisio fit secundum coniunctionem vel disiunctionem vocis cum coniunctione
vel disiunctione intellectus; fallacia Terminologia logica della tarda
scolastica 517 sosteneva che la radice del sofisma è la vox e chi sosteneva
ch'è l’intellectus. i; 3 L’anonimo autore presenta poi un’accurata analisi dei
vari ‘modi’ sofistici propri del senso composto e del senso diviso. Essi sono
undici: cinque sono comuni ai due sensi, tre del senso composto, tre del senso
diviso. Esaminiamo i primi cinque modi comuni. Primus est quando aliqua dictio ita sumi potest ut
sit subiectus vel predicatus per se vel determinatio predicati ?3. La
proposizione possibile est album esse
nigrum può essere interpretata in modo
da considerare possibile soggetto e il resto predicato, o viceversa, e meglio,
che il dictum album esse nigrum sia soggetto e possibile sia predicato: in tal
caso, la proposizione è in senso composto ( erit oratio composita ) e falsa;
oppure, si può intendere che possibile sia determinatio pre dicati , cioè che a/bum sia
soggetto e possibile est esse nigrum sia predicato; qui possibile determina solo il
predicato determi. nando la copula est, e non è uno degli estremi della
proposizione: essa interponitur, la proposizione è in senso diviso e vera”.
Secundus modus est quando aliqua dictio ita sumi potest ut sit predicatus
cuiusdam cathegorice vel determinatio consequentis cuiusdam ypothetice ”. Data
la proposizione Socratem esse animal si
Socrates est homo autem secundum plures interrogationes ut unam facere fit
secundum modum proponendi qui fit tanquam una proponatur, cum plures proponuntur.
Unde non adtenditur secundum vocem ideoque extra dictionem dicitur esse hec
fallacia; la prima interpretazione intende la proposizione come un sermo de dicto , la seconda come sermo de re; v. cap. V. 75 Ivi, p. 577. 318
Alfonso Maierùà est necessarium , si può intendere che mecessarium sia predicato
del dictum di si Socrates est homo,
Socrates est animal : in tal caso la proposizione, composta di un soggetto (che
è il dictum di una ipotetica) e di un predicato, è categorica, è in senso
composto e vera; ma può intendersi che wecessarium determini solo il
conseguente dell’ipotetica si Socrates
est homo, Socrates est animal in modo
tale che antecedente sia si Scenes est homo e conseguente sia tutto Socratem esse animal est necessarium : in
questo secondo caso è in senso diviso e falsa ”. PA foce fee si qa aliqua
propositio ita sumi potest ut È lusdam ypothetice copulate vel i i cuiusdam
condicionalis 7, 7 iabnianicaii Sia data la proposizione Cesar est animal et Cesar est substantia, si
Cesar est homo : se la si intende come proposizione copulativa, le sue due
proposizioni componenti congiunte da ef sono Cesar est animal , Cesar est substantia si Cesar est homo ; in
tal caso la proposizione è in senso diviso e falsa; se invece la si intende
come una proposizione condizionale tuo antecedens è si Cesar est homo e suo consequens è Cesar est animal et Cesar est substantia : qui
Cesar est animal è parte del conseguens:
la proposizione è in senso composto e vera ®, Quartus modus est quando dictio
di i A ; istrahi potest ad di diversorum potest esse determinativa”9, si VSS
IRE Nella proposizione quicquid est
verum semper est verum , l’avverbio semper può intendersi in congiunzione col
primo est o col secondo est: se si intende quicquid est semper verum est verum.] la
proposizione è in senso composto e vera; se si intende quicquid est verum, semper est verum , è in
senso diviso e falsa ®0. Quintus modus est quando aliqua dictio non posita
intelligitur apponenda, vel semel posita intelligitur repetenda 8; Nella
proposizione Socrates videt solem ubi
sol est si può sottintendere existens, e
se si congiunge a Socrates ( Socrates existens videt solem ubi sol est ) si ha
senso composto falso ©, se invece si congiunge con solerz ( Socrates videt
solem existentem ubi sol est ), si ha senso diviso vero. Invece nella
proposizione tu es vel eris asinus si può intendere ripetuto un termine: se è da
ripetere #4, si ha la proposizione tu es
vel tu eris asinus che è una
disgiunzione in senso diviso e vera (è vera la prima proposizione che la
compone); se è da ripetere 4sir4s, si ha tu es asinus vel eris asinus che è una proposizione de disiuncto predicato , in senso composto e
falsa ®. I modi propri del senso composto e del senso diviso sono dati nel
testo in parallelo e mostrano come un senso sia il reciproco dell’altro. Primus
modus qui est compositionis proprius,
est quando aliqua predicantur de aliquo divisim que volumus fallaciter de eodem
predicari coniunctim; Primus modus qui est proprius divisionis, est quando
aliqua coniunctim predicantur que fallaciter volumus divisim predicari de illo
*. 80 Ivi, p. 579.
81 Ivi. 8 In realtà, si può chiedere a chi vada riferito existens, se a
Socrates, o a sol in ubi sol est; dalla conclusione del paralogismo seguente si
ricava che va riferita a Socrates: Potest enim intelligi hec dictio ‘existenten’,
et sic propositio vera est; vel hec dictio ‘existens’, et sic propositio falsa
est. Fit ergo secundum hoc talis paralogismus: ‘Socrates videt solem ubi sol
est, sed ubicumque Socrates videt, ibi sol est, ergo Socrates est ubi sol est’ (ivi). 83 Ivi. 84 Ivi, p. 580. 520 Alfonso Maierùà
L'esempio che illustra il modo del senso composto è: hec ypotetica est simplex et est propositio,
ergo est simplex propositio nel
consequens noi congiungiamo erroneamente due termini (& siva plex
propositio ) che andavano tenuti divisi. Per il modo del senso diviso il testo
fornisce quest’esempio: iste homo est
albus monachus et iste homo est monachus, ergo iste homo est albus : nella
conclusione noi predichiamo albus di homo erroneamente separato (‘diviso’) dal
termine monachus ®. i Secundus modus secundum compositionem est quando aliquid
attribuitur pluribus gratia cuiuslibet eorum et postea assumitur tam uam
attribuatur eis gratia eorum simul; Secundus modus secundum Siivi stonem est
quando aliquid attribuitur aliquibus gratia eorum simul postea autem sumitur ac
si attributum sit eis gratia singulorum *, i Anche qui gli esempi illustrano
come il modo della composizione e quello della divisione siano reciproci. Per
il senso composto: individua predicantur
de uno solo, sed ista duo Socrates e Plato sunt individua, ergo predicantur de
uno solo ; è evidente che predicari de
uno solo è proprio di ciascuno individuo
non di più insieme. Viceversa, per il senso diviso: isti duo hatiliies desinunt esse, si aliquis
desinit esse, ipse moritur, ergo isti duo moriuntur ; desinere esse qui è
predicato di duo homines insieme considerati, mori è predicabile solo di
ciascuno singolarmente preso: posto perciò che solo uno dei due uomini muoia, è
vero che isti duo homines desinunt esse , ma non che tei duo moriuntut , Tertius modus qui est
secundum compositionem, est quando aliquid attribuitur alicui respectu
diversorum temporum, postea fallaciter infertur ac si attributum sit illud
respectu unius temporis tantum 88; Tertius modus qui proprius est divisionis,
est quando aliqua negando sive affirmando attribuuntur alicui coniunctim,
postea vero separatim inferuntur ®, Anche in quest’ultimo caso si ha, come nei
due precedenti, una diversità di predicazione. Socrates fuit in diversis locis, ergo verum
fuit Socratem esse in diversis locis e album fuit nigrum, ergo verum fuit album esse
nigrum sono esempi che illustrano come
ciò che è predicato va inteso divisimz secondo una diversa verificazione
temporale e non coriunctim, cioè con simultanea verificazione; sono perciò
esempi del senso composto. Socrates non
potest esse albus et niger, ergo Socrates nec potest esse albus nec potest esse
niger : la negazione qui riguarda la contemporanea predicabilità di due
contrari, non la predicabilità anche ‘divisa’ di essi; è un esempio di senso
diviso”. Questa lunga analisi dei vari modi — che trova riscontro in parte nei
Tractatus Anagnini* ed è presupposta dalle Fallacie 89 Ivi, p. 582. 90 Ivi, pp.
581-582. 9 Op. cit., pp. 331-332: si esaminano congiuntamente compositio e
divisio. Il testo annuncia septem
principales modos (p. 331), ma s’interrompe
dopo il sesto. I primi due modi corrispondono ai primi due modi comuni delle
Fallacie Parvipontane (ivi: per il primo modo è dato l'esempio album possibile
est esse nigrum ; il secondo segue il primo senza soluzione di continuità ed ha
il seguente esempio: necessarium est
Socrates esse animal, si Socrates est homo ); il terzo modo ( deceptio
proveniens ex diversa transsumptione partium orationis , ivi) può essere così
illustrato: data quodlibet animal est de
numero hominum , se si intende che est è il predicato e tutto il resto
costituisce il soggetto, la proposizione è vera e vale quodlibet animal de numero hominum est , cioè
vive; se invece quodlibet animal è soggetto, est la copula, de numero hominum il predicato, allora è falsa. Manca il quarto
modo. Il quinto è deceptio proveniens ex
diversa determinatione orationis ad orationem, dictionis ad dictionem (ivi, pp. 331-332): dato l'esempio decem et octo homines sunt decem et octo asini
, se si intende come se fosse decem et
octo homines sunt totidem asini , la proposizione è falsa; se invece si
sostantivizza decemz, essa vale
Londinenses® — va tenuta presente perché rappresenta un tentativo serio
di fissare, nella struttura della proposizione, elementi per individuare
l’origine degli errori e quindi fornire la soluquanto decem res sunt decem homines et octo asini ed
è vera. Infine: Sextus modus est
deceptio proveniens ex diversa coniunctione vel disiunctione: data verum est
Platonem et Ciceronem et Socratem esse duo , se la congiunzione “et” è sempre
copulativa -- cioè congiunge proposizioni --, l’enunciato è falso. Se una sola
volta è copulativa, l’enunciato è vero e il senso è: ista duo enuntiabilia sunt
duo. Questi modi non hanno riscontro nei modi comuni delle Fallacie
Parvipontane, anche se l’ultimo ricorda il procedimento del quinto delle
Fa/lacie (dove però è data la disgiun- zione) e il penultimo quello del quarto:
ma gli esempi appartengono a una tradizione diversa. ® Op. cit., pp. 657 sgg.,
ha tredici modi, di cui sette comuni e tre propri alla composizione e alla
divisione. Cominciamo dai modi propri: essi ripe tono, talora migliorandola, la
formulazione delle Fallacie Parvipontane (in particolare, cfr. p. 661: Secundus trium propriorum modorum composi-
tioni provenit ex eo quod aliquid in una propositione predicatur collective et
post predicatur distributive. Secundum hoc sic paralogizatur: ‘Socrates et
Plato habent quatuor pedes, ergo sunt quadrupedes’ , dove formulazione ed
esempio illustrano meglio lo spirito del modus, e p. 662: Tertius et ultimus
propriorum modorum divisioni provenit ex eo quod in una propo- sitione aliquod
verbum copulatur ratione unius instantis, in conclusione ratione plurium , che
è formulazione che allinea bene al corrispettivo modo del senso composto il
terzo del senso diviso). Dei modi comuni, il primo, il secondo e il sesto
corrispondono rispettivamente al primo, secondo e quarto delle Fallacie
Parvipontane. Il terzo modo [Tertius modus septem communium provenit ex eo quod
sub eadem forma vocis incidunt due propositiones ipotetice ) si articola in una
tri- plice suddivisione, di cui il primo elemento è accostabile al terzo modo
comune delle Fal/acie. Gli altri due elementi sono: Secundus subdivisorum provenit ex eo quod sub
eadem forma vocis incidunt due propositiones ipotetice, quarum una est
conditionalis, reliqua disiuncta e Tertius subdivisorum provenit ex eo quod sub
eadem forma vocis incidunt due propositiones ipotetice, quarum una est
copulativa, reliqua disiuncta. I rimanenti modi comuni sono: Quartus septem
modorum communium provenit ex eo quod aliqua dictio potest determinare aliquam
orationem totalem vel partem illius : data la proposizione omne animal
Terminologia logica della tarda scolastica 523 zione di essi. Se è vero che,
come riconosce Rijk, le analisi grammaticali hanno contribuito allo sviluppo
della logica nel secolo XII più di quanto non abbia fatto la dottrina delle
fallacie, è da ritenere che la stessa analisi dei sofismi, almeno per quanto ci
riguarda, è condotta con criteri che hanno origine gram- maticale. In
conclusione, nel secolo XII le strutture linguistiche in cui si concretizzano
le fallacie del senso composto e del senso diviso vengono sottoposte ad attenta
analisi”. Un testo delle Sentenze di Pietro di Poitiers è illuminante per
quanto riguarda un orientamento che si fa luce: quello di individuare
attraverso la stessa disposizione dei termini in una proposizione il senso com-
posto o il senso diviso: rationale vel irrationale est homo , ome può
distribuire animal rationale vel
irrationale e la proposizione è falsa, o
solo animal rationale e la proposizione è vera. Quintus septem modorum communium pro- venit ex
eo quod oratio potest subponere verbo vel pars orationis : data la proposizione
verum est Socratem esse hominem et
Socratem non esse hominem , si può intendere che soggetto sia Socratem esse hominem et Socratem non esse
hominem che è il dictum di Socratem esse hominem et Socrates non sunt
homo , e la proposizione è vera; se invece Socratem ogni volta che occorre è
soggetto, il dictuz già formulato deriva da Socrates est homo et Socrates non est homo e la proposizione è falsa (ivi). Septimus et ultimus septem modorum communium
provenit ex eo quod aliqua dictio potest intelligi preponi vel postponi : in album est omnis homo , album può essere il
predicato di omnis homo est albus e la proposizione è vera, oppure la
proposizione può valere: hoc album est omnis homo e in tal caso è falsa (p. 661). Tutti questi
modi, salvo qualche analogia, non hanno un preciso riferimento in quelli dei
testi precedentemente esaminati. 9 Cfr. Logica Modernorum, cit., II, i, p. 491.
% Oltre ai testi esaminati, cfr. l'Ars Meliduna, cit., che ha un cenno alla
fallacia secundum compositionem et divisionem. È un esame delle difficoltà che
sorgono dall’uso dei numerali, cui si fa ricorso da Aristotele in poi: duo et
tria sunt aliqua, aliqua sunt quinque, ergo aliqua sunt duo et tria, ecc.); per
le Sumzzze Metenses, cit., cfr. p. 477. 524 Alfonso Maierù Et assignant
hic compositionem et divisionem, sicut si dicatur: Iste potest videre clausis
oculis, id est oculis qui sunt clausi, per divisionem verum est; si oculis
clausis, id est quod simul sint clausi et videat per compositionem falsum. Si
tamen ex parte subiecti dicatur: clausis oculis potest iste videre, magis est
sensus divisionis, et verum est Ita etiam de impenitentia finali potest iste
penitere, sed si peniteat iam non erit finalis, et ideo his positis in
predicato magis erit sensus compositionis et falsitati propinqua est locutio 9.
Il tentativo
fatto dai vari maestri è stato quello di analizzare la proposizione per vedere
quale senso fosse corretto attribuirle. Ma ora si mette in rilievo che a
seconda che alcune dictiones stiano a parte subiecti o a parte praedicati fanno
meglio senso diviso o senso composto. Questo principio si tradutrà più tardi in
regole precise: si individueranno strutture che permetteranno di valutare facilmente
il senso della proposizione e quindi la sua verità o fal- sità. Si tratterà di
regole convenzionali, arbitrarie, ma che hanno grande importanza. Il periodo
che va ad Occam non apporta notevoli novità nella dottrina del senso composto e
del senso diviso. Ciò va detto anche di Buridano e di Alberto di Sassonia, che
i i, pure vissero quando una vera svolta veniva operata nella | trattazione di
questo tipo di fallacie. Il discorso degli autori, ora, si muove in genere
sulla traccia del testo aristotelico e solo qua e là affiora una notazione di
un qualche interesse. i Vediamone qualcuna in via preliminare. 95 Perri
PrcravensIs Sententiae, II, 17, edd. PS Moore-J.H. Garvi DIG 5 È -J.H. Garvin1%
Dee: Notre Dame Ind. 1950, pp. 128-129, cit. in De RuK, op. cit.,, Ds 175. % Il
rilievo è già in Wirson, William Heytesbury..., cit., pp. 12-13. Terminologia
logica della tarda scolastica S25 Sappiamo che Aristotele suggeriva di
risolvere la fallacia della composizione intendendo divisi i termini e
viceversa, ma ora si tileva che non ogni composizione o divisione dà luogo a
fallacia. L’affermazione tradizionale va dunque intesa in senso restrittivo: là
dove c’è fallacia della composizione, la soluzione è la divisio, e viceversa”.
Un altro tema che talora affiora è quello della riduzione del senso composto e
del senso diviso ad altre fallacie, per il quale si è visto che Aristotele
offre la traccia con la riduzione all’ ignorantia elenchi . Ma alla fine del
secolo XII in quei commenti a Boezio editi dal De Rijk sotto il titolo Frustula
logicalia si sosteneva che Boezio non aveva accennato alla comzpositio e alla
divisio perché intendeva comprenderle sotto l’aeguivocatio, da intendere in senso
lato”. Invece Pietro Ispano, Tommaso 9? Cfr. Tommaso D'Aquino, De fallaciis,
cit., nr. 657, p. 230; Occam, Elementarium logicae, cit., pp. 121 e 123. È per
lo meno equivoco ciò che si legge nei Tractatus Anagnini, cit., p. 330: quas (sc. fallacias compositionis et
divisionis) ideo mixtius tractamus quia ubicumque est fallacia compositionis
potest esse fallacia divisionis, et e converso ; si vedano invece Fallacie
Vindobonenses, cit., p. 508: Et est
sciendum quod ubicumque est compositio, ibi est divisio, et e converso; sed non
ubicumque est fallacia compositionis est fallacia divisionis, nec e converso ,
e Dialectica Monacensis: numquam in
eodem paralogismo debent assignari hee ambe fallacie, sed altera tantum ; così
va intesa la Surzzza Sopb. el., cit, p. 313: iEt notandum est quod ubicumque
est conpositio, ibidem est divisio. Sed quando compositio facit fallaciam, tunc
est sophisma compositionis; quando autem divisio facit fallaciam, sophisma est
divisionis . E si legga Occam: Circa quas non
est curiose disputandum an sint una fallacia vel plures, aut quis vocandus sit
sensus compositionis et quis divisionis. Hoc enim parum vel nihil prodest ad alias scientias
intelligendas (Tractatus logicae minor).
Comprehenderat Boetius enim sub equivocatione amphibologiam, coniunctionem et
divisionem, quorum sophismata habent fieri secundum termini alicuius diversam
acceptiorem , e p. 619: Ad quod dicendum
quod ‘eguivocatio’ laxo modo accipitur a Boetio, ut dicatur: equivocatio idest
proprietas secundum quam aliquid significat plura equivoce à d'Aquino !, Duns
Scoto !" e Occam ‘® pongono il problema del rapporto tra arzphibologia e
compositio et divisio, anche se lo stesso Occam finisce per considerarlo
problema non rilevante dal punto di vista della logica applicata !®. Ma in
questo periodo la discussione sul senso composto e sul senso diviso trova il
suo centro nella identificazione del tipo di ‘molteplicità’ che occorre in
queste fallacie e delle ‘cause’ che la determinano. Già le Glose distinguevano
le fallaciae in dictione secondo una triplice molteplicità: attuale per
l’anfibologia e l’equivocità, potenziale per composizione e divisione (e, sarà
specificato in seguito, per l’accento), fantastica per la figura dictionis, forse seguendo il commento
d’Alessandto (senza dubbio l’Afrodisio), ora perduto ‘9. Tutti gli autori che
se ne occupano nei secoli XIII-XIV !% confermano che la molteplicità potenziale
ha luogo nel senso composto e nel senso diviso. Per quanto riguarda le cause, i
testi ne identificano due in rapporto a tutte le fallacie: causa apparentiae e
causa non existenprincipaliter; et in hoc sensu amphibologia, compositio,
divisio, accentus sunt equivocatio. Summulae logicales. In libros
Elenchorum quaestiones, cit., q. xix, $ 2, p. 240b. 102 Cfr. Summa logicae,
III, iv, 8, cit., f. 99rb (dove si discute delle modali), e Tractatus logicae
minor, cit., p. 87 (trattando dell’alternativa proposizione
categorica—proposizione ipotetica). Elementarium logicae, cit., p. 121 (a
proposito delle modali); v. n. 97. 10 Op. cit., p. 222. 105 Ma v. ALEXANDRI
quod fertur in Aristotelis Sophisticos elenchos com:mentarium, ed. M. Wallies, Commentaria in Aristotelem Graeca , II, m,
Berolini 1898, p. 22; cfr. PreTRo IsPANO, Surzmzulae logicales, cit., 7.08, p.
67. 106 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 569; Pietro IsPANO, op. cito;
ALserto M., Liber I Elenchorum; VINCENZO DI BEAUVAIS, op. cit., 276; Tommaso
D'Aquino, op. cit., nr. 656, p. 230; Duns Scoro, op. cit., q. xix, in part. p.
241; Buripano, Compendium logicae, cit., VII, 2. Terminologia logica della
tarda scolastica 527 tiae (o defectus, o deceptionis, o falsitatis); esse
possono facilmente essere ricondotte a una definizione scolastica di fallacia
che troviamo in Pietro Ispano: fallacia
est apparentia sine existentia !”. Nel
caso del senso composto e del senso diviso, si cerca di individuare la causa
della confusione tra i due sensi ( causa apparentiae ) e il principio
dell’errore ( causa non existentiae , causa defectus ). Ma la discussione sulle
cause chiarisce come vada intesa la molteplicità potenziale chiarendo i vari
punti di vista dai quali può essere considerato il discorso fallace.
Molteplicità potenziale si ha quando le dictiones o voces occorrenti
nell’enunciato sono materialmente le stesse, ma dànno luogo a diversi
significati. L'identità materiale (o ‘sostanziale’) delle voces è causa apparentiae , la pluralità dei sensi, o
pluralità formale, o attuale !%, è causa
non existentiae . Tuttavia detta pluralità formale è spesso ricondotta al
diverso pronuntiare ', alla diversa prolatio !!° opunctuatio!!! che inter107
Op. cit., 7.03, p. 66. 108 Cfr. Dialectica Monacensis, cit., p. 570; GUGLIELMO
DI SHYRESWOOD, Introductiones in logicam, cit., pp. 89-90; Pietro ISPANO, op.
cit., cit., 7.25, p. 74, e 7.28, pp. 75-76; Ps. Bacone, Sumule dialectices,
cit., pp. 334-337; ALserTo M., op. cit., p. 548a; Tommaso D'AQUINO, op. cif.,
nr. 657, p. 230; Occam, Tractatus logicae minor, cit., p. 86; BurIpANO, op.
cit., VII, 3. Si notino, in particolare, nel testo di Tommaso d’Aquino, le
equivalenze potentialiter-materialiter, formaliter-actualiter, e si legga
BuRIDANO (op. cit., VII, 2): Multiplicitas potentialis dicitur cum vox,
existens eadem secundum materiam et diversa secundum formam, habet multas
significationes . 19 Arserto M., op. cit., p. 545b: Divisa sic pronuntianda est . Composita autem
oratio sic pronuntiatur ; v. n. 113. Per
la pronuntiatio nella retorica classica, cfr. CICERONE, DE INVENTIONECiceRoNnE,
De inventione: pronuntiatio est ex rerum et verborum dignitate vocis et
corporis moderatio; ma cfr. LAusBERG, op. cit., p. 787. V. anche ps. BAcoNE,
Sumule dialectices, cit., p. 331. 110 Cfr. Dialectica Monancesis, cit., p. 569:
ex modo proferendi ; Ps. Bacone, Sumule dialectices. -it., pp. 331 e 337. Il
Occam, Suzzrza logicae, cit., III, iv, 8, f. 99ra: Causa non existentiae est diversitas
punctuationis , e Elemzentarium logicae, cit., p. 121. 528 Alfonso Maierù viene
nella utilizzazione pratica dell’enunciato !!, Alberto di Sassonia, invece,
definisce: Causa autem defectus est
diversitas constructive orationis earundem (sc. dictionum), sicut patet in illa
‘quidquid vivit semper est’ !!. Il
riferimento alla constructio!!* indica che alla base di questa dottrina può
esserci una preoccupazione di origine grammaticale, che più chiaramente
traspare, presso lo stesso Alberto e presso altri autori, proprio nella
descrizione della compositio e della divisio: una oratio è composita quando dictiones ordinantur secundum situm magis
debitum , ma è divisa quando dictiones
ordinantur secundum situm minus debitum !5, mentre altti maestri non privilegiano la
compositio rispetto alla divisio 9 (ma il riferimento alla construc[12 Cfr.
ALBERTO M., op. cif., p. 535a-b: Modi
autem arguendi sunt duo, scilicet
secundum apparentiam acceptam in dictione, secundum quod dictum est idem quod
voce litterata et articulata pronuntiatum est sive prolatum: omne enim quod dicendo profertur, hoc vocatur
dictio: unde hoc modo et oratio dictio est: forma enim dictionis hoc modo
accepta prolatio est: et quae una continua prolatione profertut, una dictio: et
quae pluribus, plures est dictiones . 113 Logica, cit., V, 4, f. 40va. 114 Per
i rapporti tra comstructio, congruitas e perfectio come proprietà del discorso
secondo Martino di Dacia, cfr. PinBoRG, op. cit., pp. 54-55. 115 Così Pietro
IsPANO, op. ci., 7.25, p. 74; cfr. Aquino, op. cit., nr. 657, p. 230; SASSONIA,
op. cit., V, 4, f. 40rb, parla di magis apte construi e minus apte construi rispettivamente per sensus compositus e sensus
divisus. . 116 Cfr., ad esempio, SHyreswooD, Introductiones in logicam, cit.,
p. 89: Est compositio coniunctio
aliquorum, que magis volunt componi. Divisio est separatio aliquorum, que magis
volunt dividi » (si ricordi che in altro senso Guglielmo privilegia la
compositio: cfr. n. 17);VINCENZO DI BeAUVAIS, op. cit., 277, dove distingue
composizione e divi sione essenziale e composizione e divisione accidentale e
precisa che l’oratio è composta in rapporto alla composizione essenziale e
divisa in rapperto alla divisione essenziale e, se falsa, è resa vera
rispettivamente dalla div'-io
Terminologia logica della tarda scolastica 529 tio è rintracciabile in testi
della fine del secolo XII !!?). Per chiarire la natura di tale posizione,
esaminiamo l’esempio addotto da Alberto: è il noto sofisma quicquid vivit semper est ». Ci si chiede con
quale verbo più propriamente semper vada congiunto, e si risponde ch’esso va
congiunto con est: dunque, congiunto con es fa senso composto, congiunto con
vivit fa senso diviso. Che gli avverbi de natura sua habent determi nare verbum »,
come scrive Pietro Ispano !!, è dottrina grammaticale; se ne conclude che
semzper potius determinabit verbum
principale quam minus principale » !'9, cioè es? piuttosto che vivit. Guglielmo
di Shyreswood ricorda che secondo Prisciano adverbia magis proprie habent precedere suum
verbum »!2: di qui dunque i cenni al situm magis debitum » che troviamo
accidentalis » e dalla compositio
accidentalis »; BurIDANO, op. cit., VII, 3. 117 Per un verso cfr. la Diglectica
Monacensis, cit., p. 569; Est itaque
quedam compositio sermonis que nil aliud est quam constructio sive ordinatio
alicuius sermonis componibilis vel incomponibilis ad alterum cum quo videtur
potius quam cum alio coniugi, sic tamen se habens quod ab illo possit dividi et
ordinari cum alio cum quo videtur minus coniugi et ordinabile. Divisio autem
est separatio alicuius ab aliquo cum quo natum est ordinari secundum debitum
sicut qui debet esse in partibus illius orationis. Ex hoc patet quod ista
oratio que multiplex est ex compositione et divisione, quantum est de se,
sensum compositionis semper habet actualiter et principaliter, sensum vero
divisionis protestate »; pet l’altro cfr. le Fallacie magistri Willelmi, cit., p. 687: Fallatia secundum compositionem est quando
infertur coniunctim ex divisim dato tamquam coniunctim dato. Dicitur autem in
dictione quia fallit ex proprietate dictionis, scilicet compositione, cum sit
compositio dictionum constructio innitens compositioni. Fallatia secundum
divisionem est cum infertur ex coniunctim dato quasi divisim dato. In dictione
dicitur esse quia fallit ex proprietate dictionis, ut ex divisione, cum sit
divisio dictionum constructio innitens divisioni. Ideoque secundum divisionem
nominatur hec fallatia ». 118 Op. cit., 7.25, p. 74. 119 Ivi. 120
Introductiones in logicam, cit., p. 91; cfr. PRISCIANO in Grammatici latini,
nei testi. Ma sem di i i bra un’indebita estensione caratterizzare senso È pra
il testo più illuminante tra quelli sfogliati in ordine al ‘Porto tra queste
analisi e la dottrina grammaticale dell: constructio sono le quaestiones » di Duns Scoto sugli Ele, chi
sofistici. La sua analisi è tutta impregnata delle dista È delle esigenze
derivanti da un’impostazione in linea con la ram. matica speculativa. In essa
trovano posto e sistemazione o i temi della pronuntiatio, prolatio e punctuatio
che abbiamo vi accennati e utilizzati dagli altri autori. i Di cit., VII, 3,
primo modo. Occam, nella Sunzza logicae, cit A » 99ra), per questo sofisma fa
riferimento solo alla diversa puachia: Tractatus logicae minor, cit. 86. i È
sotto il pri : ‘-, p. 86, i due esempi sono dati di segui ae polo continua poi
affermando che, se c'è una lea compositus în quo dis composto e diviso, essa è
che ille sensus est di duo siiae di ictio componitur cum alia dictione; et ille
est divisus ictio cum nulla alia immediata sibi componitur » (p. 119): in
un’altra, non si ‘compone’ i tra, ; npone’ con una terza dictio nella si izi
cfr. l'esame dei modi, più avanti (nn. 133 e 134), COCAINA 531 Terminologia
logica della tarda scolastica Conviene perciò seguire il suo discorso fin
dall’origine. Distinta una triplice molteplicità !2, egli afferma che la molteplicità
potenziale si ha quando est ibi
identitas vocis secundum materiam, et non secundum formam » ‘, e che la forza
non è altro che la prolatio 4. Causa
apparentiae » della fallacia in senso composto e in senso diviso è: unitas materialium cum similitudine orationis
compositae ad divisam et e converso in
divisione »: non si tratta soltanto della materiale identità delle dictiones,
ma anche di una diversa somiglianza dell’un modo all’altro che sulla materiale
identità si innesta; questa diversa somiglianza si fonda sui diversi modi proferendi compositim vel divisim , che
sono di specie differenti '”. Ora, precisa l’autore, modus
proferendi est quidam modus significandi Logicalis, per quem unus intellectus
ab alio distinguitur !%. Accanto ai modi
significandi grammaticali, che stanno a base della constructio !”, Duns Scoto
pone dunque i modi significandi logicales che fondano la diversità dei ‘sensi’
(inzellectus) anche là dove è una stessa constructio. Essi
12 Op. cit., q. xix, $ 4, f. 24la. 13 Ivi. 14 Ivi: Actualis multiplicitas est,
quando est ibi identitas vocis secundum materiam, et formam, quae est prolatio .
15 Op. cit., q.
xxiv, $ 5, f. 247a: Unde dicendum, quod
unitas mate. rialium cum similitudine orationis compositae ad divisam, est
causa apparentiae in compositione, et e converso, in divisione. Et licet istae
similitudines radicaliter proveniant ex unitate materialium: istae tamen similitudines
super modos proferendi compositim, vel divisim fundantur, qui tamen sunt specie
differentes . Perciò le due fallacie non vengono unificate dall’autore (cfr. q.
xxiii, f. 245: Utrum compositio et divisio sint duae fallaciae distinctae
specie ). 126 Ivi, q. xxvi, $ 4, f. 249a. 127 Ivi: Ad rationes. Ad primam dicendum, quod si maior
intelligitur solum de modis significandi Grammaticalibus, qui sunt principia
construendi unam dictionem cum alia, tunc falsa est maior. Sed si intelligatur,
quod omnis diversitas in oratione, vel provenit ex diversitate significati, vel
modorum significandi Logicalium, tunc vera est, et minor falsa . sa Alfonso
Maierù sono infatti ex parte nostra !® e si traducono in una diversa prolatio e in
un diverso punctuare, che non toccano la constructio in quanto tale !®. Ma la
constructio operata dai modi
significandi grammaticali dà luogo
(naturalmente, si potrebbe dire) al senso composto, mentre il senso diviso
interviene facendo quasi violenza alla natura delle dictiones e alla loro
disposizione nella orazio: 0, meglio, il modus proferendi che sta alla base del senso composto è più
rispettoso della constructio che non il modus proferendi che fonda il senso diviso; ciò risulta dall’esame
dei tre modi, concretizzati in tre esempi, che Duns Scoto assegna alla
composizione e alla divisione !, 128 Ivi, $ 2, f. 248b: Dicendum, quod diversitas modi proferendi est
ex parte nostra. Sed quod oratio sic prolata, hoc significet, et sub alio modo
proferendi significet aliud, hoc non est ex patte nostra . 129 Ivi, q. xxi, $
6, f. 243a, discutendo del rapporto tra molteplicità attuale e molteplicità
potenziale: Est tamen intelligendum, quod licet determi nata (ex terminata)
prolatio determinet orationem multiplicem secundum actualem multiplicitatem, et
potentialem, sicut accidit in compositione, et divisione, una tamen
multiplicitas ab alia differt. Nam determinata pio: latio orationis multiplicis
secundum potentialem multiplicitatem, punctuando ad alterum potest ipsam
determinare, manente semper eodem ordine vocum. Sed determinata prolatio,
manente eodem ordine vocum, punctuando, non determinat orationem multiplicem
secundum actualem multiplicitatem ad alterum sensum, sed ipsa transpositio
terminorum. Si enim dicatur Pugnantes vellem ma accipere, ly pugnantes, non pet
punctuationem ad alterum sensum potest determinati. Per il primo modo (sedentem
ambulare est possibile), cfr. ivi, q. xvi, $ 3, ff. 248b-249a: Sed ulterius oportet videre, quis modus profe:
rendi facit sensus compositum et divisum. Et
dicendum est, quod continua prolatio eius, quod est sedentem, cum hoc quod est
ambulare, causat sensum compositum. Iste autem modus proferendi possibilis est in oratione,
nam sic modi significandi Grammaticales ad invicem dependentes terminantur et
quae nata sunt coniungi coniunguntur. Iste autem sensus accidit orationi
praeter aliquam violentiam, ideo iste sensus magis appropriatur orationi.
Sensus autem divisionis accidit ex discontinua prolatione earundem partium. Et
quia quae nata sunt coniungi ad inviTerminologia logica della tarda scolastica [Sembra
che queste precisazioni possano illuminare testi che, mancando di espliciti
riferimenti, altrimenti risulterebbero oscuri 15, cem, separantur, ideo iste
sensus minus appropriatur orationi, unde accidit ei cum quadam violentia ; per
il secondo modo (quingue sunt duo et tria), ivi, q. xxx, $ 1, f. 25la: Ad
primam quaestionem dicendum, quod Coniunctio, vel copulatio, per se copulat
inter terminos: per accidens autem inter propositiones. Et huius ratio est: nam
cum Coniunctio sit pars orationis, habet modos significandi secundum quod cum
aliis partibus orationis consttui potest; sed non construitur, nisi cum illis,
inter quae copulat, oportet igitur ista habere modos significandi sibi
proportionabiles, qui sint principium constructionis; ergo non copulat inter
orationes. Sed tamen, quia terminos inter quos copulat accidit partes unius
orationis esse, vel diversarum, ideo dicitur copulare inter terminos, vel inter
orationes. Magis tamen proprie potest dici, quod coniunctio posset copulare
inter terminos unius orationis, vel inter terminos diversarum orationum ; per
il terzo modo (quod unum solum potest ferre plura potest ferre), ivi, q.
xxxiii, $ 3, f. 253a: Circa tamen modos intelligendum est, quod tot sunt modi
secundum compositionem, et divisionem, quot modis componere contingit, quae
nata sunt componi, et illa ad invicem dividere, resultante diversitate
sententiae. Sed ad videndum quae nata sunt componi, intelligendum est, quod
Priscianus dicit, in maiori volumine, quod omnis determinatio, et omnia
Adiectiva Nominaliter, vel Adverbialiter designata, praeponuntur aptius suis
substantivis, ut fortis Imperator fortiter pugnat, et ratio potest esse, nam
Adiectiva de se quasi infinita sunt, et ideo per sua Substantiva determinantur.
Dicit etiam Priscianus, quod licet omnia postponere, exceptis monosyllabis, ut
nunc, turc, et huiusmodi, sed hic videtur esse dicendum, quod quando
determinatio componitur cum deter- minabili subsequenti, tunc dicitur oratio
composita; et quando ab eodem removetur, dicitur divisa: sed huic modo dicendi
repugnat iste paralogismus, Ex quinquaginta virorum centum reliquit divus
Achilles, nam si praedicta oratio dicetur composita, quando ly wvirorum
componitur cum ly Quir- quaginta, tunc propositio est falsa, cum tamen ille
paralogismus sit para- logimus divisionis, et tunc dicitur esse vera in sensu
composito, sed tunc dicendum est, quod haec est littera, Quinguaginta ex centum
virorum, etc. vel quod paralogismus ille est compositionis, ponitur tamen inter
paralo- gismos divisionis, etc. . 131 In particolare, cfr. Ps. BACONE, op.
cif., pp. 334-336 e 341-342, oltre al testo di Occam, in n. 117. * 534 Alfonso
Maierù Accenniamo, per concludere, ai modi posti da ciascun autore. Pietro
Ispano assegna due modi al senso composto e due al senso diviso ‘©, mentre le
Sumzyle attribuite a Bacone forniscono due modi per il senso composto e due per
il senso diviso, e ne aggiun- gono per ciascun senso un terzo in forma
dubitativa !8. Il testo 12 Op. cit.: Compositionis duo sunt modi. Primus modus
provenit ex co, quod aliquod dictum potest supponere pro se vel pro parte sui,
ut haec: “sedentem ambulare est possibile” . Et
sciendum quod soleat huiusmodi orationes dici de re vel de dicto. Quando enim subiicitur pro
se, dicitur de dicto, quando subiicitur pro parte dicti dicitur de re. Et omnes
istae propositiones sunt compositae quando dictum subiicitur pro se, quia
praedicatum competentius ordinatur toti dicto quam parti dicti. Secundus modus
‘provenit ex eo quod aliqua dictio potest referri ad diversa, ut “quod unum
solum potest ferre, plura potest ferre” (ivi, 7.27, p. 75); Divisionis duo sunt modi.
Primus provenit ex eo quod aliqua coniunctio potest coniungete inter terminos
vel inter propo. sitiones ut hic: “duo et tria sunt quinque” (ivi, 7.29, p. 76); Secundus modus provenit ex co quod aliqua
determinatio potest refetri ad diversa, ut tu vidisti oculis percussum”. Haec
est duplex ex eo, quod iste ablativus “oculis” potest referri (ad) hoc verbum
“vidisti”, vel (ad) hoc participium “percussum” (ivi, 7.30, p. 76). 133 Op. cit: Et sunt duo
modi secundum hunc locum (sc. fallaciam compesicionis); primus, quando aliquid
componitur cum uno et cum dividitur “non componitur cum alio, ut ‘possibile est
sedentem ambulare’ Edi et universaliter, omnis oracio que est ex modo nominali
dicitur esse secundum quod est de re et dicto (p. 335); Secundus modus est quando aliqua
diccio componitut cum uno et cum dividitur potest cum alio componi, ut
‘quicumque scit litteras nunc didicit illas [...}' (ivi); [..] 3.48 modus est
quando determinacio componitur cum uno, et cum dividitur componitur cum alio
subintellecto (p. 336); Primus est modus (sc. fallaciae divisionis)
quando aliquid dividitur ab uno et non componitur cum alio, ut ‘quecumque sunt
duo et tria sunt paria et imparia; Secundus modus est quando aliqua determinacio
dividitur falso ab uno et componitur cum alio posito in oracione, ut ‘deus
desinit nunc esse’ (altro esempio è quadraginta virorum centum reliquit dives Achilles ) (p. 337); In hoc tamen
paralogismo dicitur esse 3.48 modus divisionis, quia cum dividitur determinacio
ab aliquo actu posito in oracione componitur intellecto, set hoc forte non
facit composicionem de Terminologia logica della surda scolastica 535 delle
Suzzule è riecheggiato abbastanza da vicino dalla esposizione di Alberto Magno,
il quale attribuisce tre modi alla compo sitio e tre modi alla divisio !*.
Vincenzo di Beauvais, che segue qua hic loquimur, et propter hoc est ibi primus
modus (ivi). 14 Cfr. op. cit., pet il
senso composto: primus provenit, quia
aliqua dictio in oratione est composita cum aliquo, et tamen non dividitur id
quod est in oratione: et tales sunt hae duae orationes, ut posse sedentem
ambulare, et posse non scribentem scribere; Secundus modus provenit ex hoc quod aliquid
componitur cum aliquo in oratione eadem posito, et dividitur etiam ab aliquo
posito in eadem oratione: et hujus exemplum est, discere nunc litteras,
siquidem didicit quas scit (pp.
545b-546a); Tertius modus est, quando
componit cum aliquo in oratione posito, sed sub intellectu in eadem oratione;
et hujus exemplum est quod dicitur, quod unum solum potest ferre, plura potest
ferre: sensus enim compositionis est secundum quod continua et composita est
prolatio inter haec duo, 747 solu:, cum hoc verbo infinitivo, ferre, sic, quod
potest ferre unum solum, ita quod nihil amplius plura potest ferre: sic enim
composita est et falsa: et sic dictio exclusiva respicit infinitivum ferre:
quia quod sic unum solum potest ferre, et nihil amplius, non potest ferre
plura: quia sic dictio exclusiva ponit formam suam circa hunc terminum, unu, et
excludit id quod est oppositum uni ab infinitivo super quod ponitur posse vel
possibile: et ideo quod sic unum solum potest ferre, non potest plura ferre. Si
autem discontinua et divisa sit prolatio inter haec duo, unu solum, tunc dictio
exclusiva excluditur ab isto termino, unutt, et conjungitur cum participio
subintellecto quod est ens vel existens solum, potest ferre: et hoc est verum:
et ideo divisa est vera, composita falsa; per il senso diviso: Primus ergo
modus erit, quando aliquid dividitur ab aliquo in oratione posito, et cum nullo
componitur in eadem oratione posito: et de hoc duo sunt exempla sic, quinque
sunt duo, et tria: et formatur sic: quaecumque sunt duo et tria, sunt quinque:
duo et tria sunt duo et tria: ergo duo sunt quinque, et tria sunt quinque, quod
falsum est. Adhuc alia oratio: quaecumque sunt duo et tria, sunt paria et
imparia: quinque sunt tria et duo: ergo quinque sunt paria et imparia. Adhuc
autem penes eumdem modum accipitur et haec oratio, quae est majus esse aequale
et formatur sic: quod est majus, est tantumdem et amplius: sed quod est
tantumdem, est aequale, et quod est amplius, est inaequale: ergo quod est
tantumdem est aequale et inaequale. — Cum autem in his orationibus sit
multiplicitas in hoc quod eadem oratio secundum 736 Alfonso Maierù da presso
Aristotele, ammette tre modi di paralogizzare per il senso composto e tre per
il senso diviso '5. Tommaso d’Aquino conosce tre modi che valgono sia per il
senso composto che per il senso diviso, i quali però non aggiungono niente di
nuovo al materiam in omnibus his divisa et composita non eadem significat, sed
aliud, in omnibus his significat divisa et composita. Exemplum autem ; juod est
quando aliquid in eadem oratione componitur cum aliquo, et ii ab isto
componitur cum aliquo in eadem oratione posito, ut ég0 te posui cane entem
liberum: et est in hac oratione multiplicitas, ex eo quod oc participium,
erfemz, potest componi cum hoc nomine, servum, et si est oratio composita et
vera: vel dividi ab illo et componi cat e nomine, liberum, et sic est divisa et
falsa: et hoc juxta secundum oa compositionis. Exemplum autem ejus quod est tertius modus co sitionis (scilicet quod divisum ab aliquo in
oratione posito ine cum aliquo non in eadem oratione posito, sed sub subjecto
intellecto) i hoc: quadraginta virorum, centum reliquit divus Achilles: et est
h multiplicitas ex eo quod haec dictio, certurz, potest componi cum res
termino, viror4m, et tunc est adjectivum ejus et est casus genitivi: et Sic Rae
est composita et vera sub hoc sensu, centum virorum ita orco cigno quadraginta.
Vel iste terminus, centum, potest addi ad hunc um, reftguit, et tunc componitur
cum hoc termino subintellect st: est virorum, et sic est divisa et falsa sub
hoc sensu, quod de prezà qua aginta virorum, centum reliquit divus Achilles,
quod est impossibile. sti ergo sunt modi compositionis et divisionis. Ma l’aut
a Di gere chiarisce ulteriormente il meccanismo del senso composto pei ee pag:
Si autem quaeritur penes quid accipiantur modi compoonis et divisionis? Satis
patet per praedicta: quia divisum ab aliquo i oratlone posito: aut non
componitur cum aliquo in eadem a sic est
primus modus: aut componitur cum aliquo: et si componitur, ta "gn cum
aliquo in oratione posito, aut non posito, sed subintellecto. primo modo est
secundus modus, altero autem modo tettius t: in pine quam in divisione . >
sn pat ei senso composto: Primus fit eo
quod parti È og soin 1 intellectae, potest ordinari cum diversis verbis, bre
sie > si ile est ambulare, possibile est ut ambulet; possibile agi ipa cun
ser re “N ut stano ambulet. Minor muli ;, est vera; distingui niter de re vera,
de dicto (ex dicta) falsa. Secandas inte rn Terminologia logica della tarda
scolastica 537 testo dei suoi predecessori. Anche Duns Scoto assegna tre modi,
come si è visto, e sono comuni ai due sensi !”; ma Guglielmo adverbium possit
componi cum uno verbo, vel ab illo dividi, et componi cum alio, ut hic: Quod
scit aliquis nunc didicit; sed magister litteras nunc scit; ergo nunc didicit,
non valet ; Tertius fit, eo quod nota exclusionis possit componi cum diversis
verbis, ut hic: Quod unum solum potest ferre, non potest plura ferre; per il
senso diviso: uno modo, eo quod dictio
copulativa vel disiunctiva potest copulare dictiones, vel orationes; secundum
quem sic paralogizatur: Quaecunque sunt duo et tria, sunt paria et imparia;
quinque sunt duo et tria, ergo etc. Secundo modo, eo quod participium possit
coniugi cum diversis nominibus, ut hic: Ego posui te servum entem liberum;
entem potest coniungi huic nomini servum, et sic est vera composita, quia
priori nomini natum est plus componi; vel ab eodem dividi, sic est falsa
divisa. Tertio modo hoc idem contingit, quando aliquod nomen cum alio nomine
potest coniungi vere, vel ab codem dividi false; ut hoc nomen centurz in
exemplo Aristotelis, cenzum quinquaginta virorum reliquit Achilles. Iteque
secundum divisionem potest fieri paralogismus, quoties a coniunctim dato,
infertur divisim; et e converso secundum compositionem sic: Iste est bonus, et
est clericus; ergo est bonus clericus, et e converso potest argui similiter
secundum divisionem . 1386 Op. cit.: Primus modus est quando aliquo dictum
potest supponere verbo vel ratione totius vel ratione partis: si ratione totius
supponat, erit oratio composita, si ratione partis, erit oratio divisa (nr. 658, p. 230): corrisponde al primo modo
del senso composto di Pietro Ispano, fa leva sull’esempio base: possibile est album esse nigrum , e richiama
la distinzione della modalità de dicto dalla modalità de re; Secundus modus provenit
ex eo quod aliquando praedicatum, in quo pluta adunantur per coniunetionem
copulativam vel disiunctivam, potest attribui subiecto coniunctim vel divisim.
Si coniunctim, est oratio composita; si divisim, oratio est divisa (nr. 659, p.
230): anche qui, l'esempio è classico, ma è dato al negativo: quinque non sunt
duo et tria: la discussione verte sull’interpretazione del rapporto tra
soggetto e il predicato duo et tria; Tertius modus est, quando una dictio
potest coniungi diversis dictionibus in locutione positis: erit autem tunc
secundum hoc composita oratio, quando coniungitur cum dictione cui magis
apparet, vel apta nata coniungi; divisa (diversa: Spiazzi) vero, quando ab ea
disiungitur. Sicut in hoc paralogismo patet: Quod potest unum solum ferre,
plura potest ferre (nr. 662, p. 231).
137 Op. cit. gli esempi sono: (a) sedentem ambulare est possi d’Oc i i lea atti
due modi comuni al senso composto e al senso n Pe gl 5 stessi occorrono anche
nei trattati di Burleigh editi er !. Alberto di Sassonia, invece, torna ai tre
modi, ma 5 adem aut aliquibus eisde i b ‘m replicata vel repetita, eadem dicti
i cum una vel pluribus (Elezentarium
logicae, cit., pp. 119-120; di. Tresa 139 Per il pri i imo modo con i termini i
. i modali, cfr. D i i i di do 9 . De puritate ar, ass per il secondo modo con
et, cit, ivi, a 242: fa pio, oa pini tra
pg inter duos terminos ia $ 5 est locutio, ex eo d i : I, IG È quod potest inc
bag cà propositiones. Et haec distinetio e rit deg a mitrigria Ma iena secundum
quod copulant inter terminos È ergono meine 8 secundum quod copulat inter
propositiones sic rotta sig con vel, cfr. ivi, p. 243: Et est sciendum faod “gu
Legea cp ‘vel? ponitur inter duos terminos, uiciea csbieg 3 hei potest
disiungere inter terminos vel inter proposi. ri Arg Propositiones, sic est
disiunctiva, si disiungat inter ‘minos, e disiuneto extremo. Et h: istincti
;ecun Lernia la le d j laec distinctio est s o eri Le Secundum quod disiungit
inter duos = O nis, si !s divisionis; secundum quod disiungit i, Li ionis; quod
disiungit intel SIC est sensus
compositionis ; e con si, cfr. la dieci hi e Terminologia logica della tarda
scolastica 539 anche questi sono comuni ai due sensi !°. Più interessante
l’esposizione di Buridano, il quale, dopo tre modi comuni ai due sensi che ben
rispecchiano quelli dei testi finora ricordati ‘4, esamina altri tre modi,
anch'essi comuni: la negatio può cadere sull’intera proposizione categorica, è negatio negans e rende composta e falsa la proposizione, o
può cadere sul soggetto soltanto, è negatio infinitans e rende divisa e vera la sofisma Socrates dicit verum si solum Plato loquitur ,
ivi, p. 250, e del sofisma omnis homo,
si est Sortes, differt a Platone , pp. 42 sg. 14 Il primo riguarda le modali
(cfr. Logica, cit., V. 4, f. 40va: oratio respectu alicuius modi ); il secondo
riguarda le proposizioni che ratione
alicuius coniunctionis vel adverbii possono essere intese come proposizioni
categoriche o ipotetiche (ivi, f. 40vb); il terzo sorge ex co quod in aliquibus
propositionibus aliqua dictio ex diversis coniunctionibus ad diversas dictiones
eiusdem orationis causat diversos sensus, sicut de illa: ‘quicquid vivit semper
est’ (ivi, f. 41ra). 141 Primus modus est per hoc quod una determinatio
potest coniungi cum utroque duorum determinabilium et separari ab altero, vel
unum detetminabile cum utraque (ex utroque) duarum determinationum, ut in illa
oratione: ‘quaecumque scit litteras nunc didicit illas’ , et in hac oratione
‘quicquid vivit semper est . Similiter in illa: ‘quadraginta virorum centum
reliquit divus (ex dives) \Achilles®. In hoc autem modo sensus compositus
vocatur quando illa dictio coniungibilis diversis coniungitur cum illo ad quod habet situm magis
convenientem et divisus (ex divisis) vocatur quando separatur ab illo ad quod
habet situm magis convenientem, ut quando coniungitur cum illo ad quod habet
situm minus convenientem. Secundus modus est per hoc quod diversi termini
possunt coniunctim esse unum subiectum vel unum praedicatum, vel possunt
divisim unum esse subiectum et alterum praedicatum, ut in hac oratione
‘sedentem ambulare est possibile’. Potest enim totum dictum subici
et modus praedicari et e converso, et est sensus compositionis; vel potest una
pars dicti subici et alia praedicari et quod modus se teneat ex parte copulae,
et est sensus divisus et propositio divisa . Tertius modus ponitur prout
plures termini possunt simul coniunctim subici vel praedicari in una propositione
categorica, et possunt etiam divisim subici vel praedicari, et aequivalent tunc
uni propositioni hypotheticae, ut in hac propositione: ‘quinque sunt duo et
tria’ (op. cit., VII, 3). sia Alfonso
Maierù proposizione (è il quarto modo) !®; la negatio negans può cadere
sull’intera proposizione ipotetica, e rende la proposizione co: ‘ posta e
falsa, o può cadere solo sulla prima categorica e la pro “ sizione allora è divisa
e vera (quinto modo) !*; infine data lino. tetica homo est asinus et equus est capra vel deus
est Îae può avere una disgiuntiva, e la proposizione tutta è composta e vera,
oppure una congiuntiva, ed è divisa a falsa (sesto modo) !4, Buridano, il quale
non esclude che possano darsi altri modi ritiene che questi siano i principali
!5, i 5. La logica inglese da Heytesbury a Billingham La trattazione del senso
composto e del senso diviso nel secolo XIII e fino ad Alberto di Sassonia è
caratterizzata da due elementi: a) innanzi tutto, come si è detto, un accostamento
diretto al testo aristotelico, scavalcando la mediazione delle summulae o dei
commenti agli Elenchi sofistici fioriti alla fine del secolo XII: questo
accostamento è rivelato dai ‘modi’ presi in esame della maggior parte degli
autori che sono riconducibili in genere ad esempi occorrenti in Aristotele; b)
in secondo luogo, da un’analisi condotta con i mezzi forniti dalla grammatica
speccilerive; ed è singolare che se nel solo Duns Scoto, tra gli autori
esaminati, le dottrine vengono in luce sistematicamente, l’uso di certa termi:
nologia e certe interpretazioni vadano ricondotte alle dottrine della lasagne
speculativa nelle quali trovano la loto giustificazione, L. sie sea come in
Occam e Buridano, esse sono in via di Nel secondo quarto del secolo XIV in
Inghilterra alcuni logici 12 Ivi, 13 Ivi. 14 Ivi. 145 Ivi. Terminologia logica
della tarda scolastica 541 impostano diversamente il problema. Emergono sugli
altri Guglielmo Heytesbury prima e Riccardo Billingham poi. Entrambi dedicano
un trattato ai problemi del senso composto e del senso diviso. Ma Heytesbury ne
parla a lungo anche nel secondo capitolo delle Regulae solvendi sophismata,
cioè il De scire et dubitare, e s'è detto che le Regulae vanno datate al 1335
‘9, di modo che, a questa data, Heytesbury aveva elaborato la sua dottrina,
almeno per quanto riguarda un capitolo fondamentale !. È probabile che 14 Cfr.
Introduzione. Ma nei vari capitoli delle Regulae, cit., è presente la dottrina
del senso composto e del senso diviso: cfr. De insolubilibus, f. Tra: Sed ista obiectio et ratio nimis cavillatoria
est, et bene potest dici sophistica, quia vadit solummodo ad verba et non ad
intellectum, cum intelligantur omnia superius posita i sensu diviso; arguit
autem iste cavillator contra ista in sensu composito: nimis enim esset prolixum
in verbis tantum instare, ut nihil diceretur quod cavillatorie non posset
impugnari. Ideo non tantum ad verba nuda, sed ad sententiam referas argumentum
et videbis quam potenter concludit ; De relativis, f. 21rb: ‘Tam incipit
aliquis punctus moveri qui per tempus quod terminatur ad instans quod est
praesens quiescet, ergo iam incipit aliquis punctus moveri et ille per tempus
termi natum ad instans quod est praesens quiescet’: notum est quod non valet
consequentia, quia antecedens est verum in casu et consequens impossibile. Unde
universaliter hoc nomen relativum relatum ad terminum stantem confuse tantum
non habet sic exponi. Arguitur enim in huiusmodi expositione a sensu composito
ad sensum divisum , e f. 21va, a proposito di casi col verbo apparet (altri
casi con apparet in De scire et dubitare, f. 14va); De incipit et desinit, f.
26rb: Ad aliud cum arguitur quod Socrates in aliquo instanti desinet esse
antequam ipse desinet esse, optime respondetur distinguendo illam penes
compositionem et divisionem. Sensus divisus est iste: ‘in
aliquo instanti antequam Socrates desinet esse, Socrates desinet esse’, et ille
sensus claudit opposita. Sersus compositus est iste: ‘Socrates desinet esse in
aliquo instanti antequam desinet esse’; in isto sensu tenendo totum illud
aggregatum a parte praedicati, satis potest concedi illa propositio ; De maximo
et minimo, f. 31va-b: Sed arguitur forte
quod primum est falsum quia non est possibile quod 4 punctus sic movendo ita
cito tangat punctum ultra 4 sicut 5, ergo 4 non poterit ita cito tangere
aliquem punctum ultra 6 sicut %. Huic dicitur concedendo conclusionem, et ex ista non
542 Alfonso Maierù in Inghilterra le Regulae siano state al centro di
discussione al loro apparire; è certo però che del De scire et dubitare è stato
fatto un adattamento incentrato sulla dottrina del senso composto e del senso
diviso, adattamento che, sotto il titolo (che è l’incipit) Termini qui faciunt
8, ha avuto una certa fortuna nelle scuole !9. Viene da chiedersi quale dei due
trattati di Heytesbury sia anteriore all’altro, se le Regulae o il De sensu
composito et diviso: la fortuna arrisa al secondo capitolo delle Regu/ae, che
non si spiega se fosse stato disponibile l’altro trattato, farebbe pensare
all’antecedenza della composizione delle Regulae; l’altro trattato, in tal
caso, sarebbe stato composto per l’esigenza di sistemare tutta la materia nel
corso della discussione nell’ambito universitario. Ma questa è solo un’ipotesi
e non abbiamo elementi sufficienti a confortarla. È un fatto però che, oltre ai
termini modali, vengono in primo piano in questa discussione i termini che
riguarsequitur quin ita cito sicut 4 poterit tangere, poterit ipsum etiam
tangere aliquem punctum ultra è, quia ista significat sensum divisum et alia
concessa denotat compositionem , e ivi, f. 3lvb: antecedens nam significat secundum divisionem,
consequens autem secundum compositionem (cors. mio). 148 Cfr. appendice 1 a questo
capitolo. Ma è da tener presente che anche il primo capitolo delle Regulae,
cioè il De insolubilibus, ha avuto fortuna: cfr. WersnereL, Repertorium
Mertonense, cit., pp. 212-213; il primo testo citato dal Weisheipl è
l’expositio che ne fa Johannes Venator: cfr. il mio Lo Speculum ..., cit., p. 313 n. 67. 149 Il
trattato fra l’altro è in due codici, Padova, Bibl. Univ. 1123 e Worcester,
Cath. F. 118, che contengono, nella prima parte, una successione di piccoli
trattati che potrebbero aver costituito un corpus di manuali per principianti
negli studi di logica, corpus formatosi nella seconda metà del sec. XIV in
Inghilterra (il ms. padovano è inglese); il cod. di Worcester porta
l'intestazione Sophistria secundum usum
Oxonie , mentre il rilievo per il codice padovano è dovuto al compilatore del
catalogo manoscritto (cfr. c. 341). Il confronto fra il contenuto dei due
codici merita un’analisi più approfondita. Il WersHEIPL, The Development...,
cit., p. 159, rileva che al De scire et dubitare, comunque, si affiancano
discussioni analoghe a Oxford: si ricordi fra l’altro, la discussione di John
Dumbleton (primo libro della Surzzza) sull’intensio e remzissio della credenza,
ecc. Terminologia logica della tarda scolastica 543 dano ‘atti dell'anima’,
come si vedrà in seguito; che termini modali e verbi designanti actus animae sono ferzzini officiales secondo la dottrina
della probatio propositionis !°; che il De sensu composito et diviso di
Billingham tratta prevalentemente dei zermini officiales!!; che in un
adattamento anonimo !° dell’altro trattato di Billingham, lo Speculum, la
dottrina della probatio dei termini officiales è ricondotta a quella del senso
composto e del senso diviso, come non è nello Speculum di Billingham. : Tutto
ciò fa pensare che i temi del De scire et dubitare di Heytesbury, più che non
quelli del De sensu composito et diviso, abbiano avuto fortuna in Inghilterra
per la dottrina che ci riguarda, a meno che non si postuli l’esistenza, in
ambiente universitario, anteriormente a Heytesbuty e a Billingham e quindi ai
manipolatori dei loto trattati, di un testo o di un dibattito che abbia
condizionato e convogliato lo svolgimento successivo delle elaborazioni
relative al senso composto e al senso diviso sui termini che saranno poi detti
officiales !*. In tal caso però il De sensu composito et diviso di Heytesbury
con la sua ricca articolazione resterebbe sempre più un fatto isolato che non
trova precedenti, se non quelli lontani (e non sappiamo quanto noti in ambiente
oxoniense) del secolo XII. Forse per sciogliere questo nodo sono necessarie
altre indagini sui manoscritti. Ciò che caratterizza le analisi del senso
composto e del senso diviso proposte in ambiente oxoniense rispetto a quelle
dei secoli precedenti e dei contemporanei che operano in continente! è 150 Cfr.
cap. VI, $ 6. 151 Vedi più avanti, p. 556. 152 Cfr. Cambridge, Corpus Christi
College ms. 378, ff. 34v-45v; per esso v. il mio Lo Speculura ..., cit., pp. 302 e 323-324. 5 153
L’ipotesi è stata già avanzata in Lo Speculum ..., cit., pp. 389 390 n. 128, sulla
base d’un primo confronto tra i testi di Heytesbury e di Billingham. ; i : d
154 Quando Occam scrisse il Tractatus logicae minor e l’Elementarium (nel quale
ultimo dà ampio spazio alla dottrina delle fallaciae) era in con544 Alfonso
Maierà l’abbandono sia del testo aristotelico — che non viene più seguito da
vicino e costituisce così solo il lontano punto di partenza della discussione —
sia dell’impostazione mutuata dalla grammatica speculativa, quale abbiamo
trovato in Duns Scoto: resta, di questa, un’esigenza che ormai la logica ha
fatto propria da tempo, e cioè l’attenzione alla ‘struttura’ della proposizione
esaminata; non sono però più rodi significandi o proferendi a fornire la intellectio
dei vari sensus della proposizione, ma la ‘posizione’ occupata dalle varie
dictiones. Il tema ha avuto uno sviluppo notevole grazie alla discussione sulle
proposizioni modali, come abbiamo visto nel capitolo quinto, ma ora viene
esteso a tutta la trattazione del senso composto e del senso diviso, e, più
generalmente, diventa punto cruciale delle analisi logiche di questo periodo,
giacché è su di esso che si incentra, come si è detto, anche la discussione
della probatio propositionis. Un altro elemento caratterizzante è il controllo
dei rapporti tra senso composto e senso diviso effettuato mediante corseguentia
che, accennato qua e là in precedenza!5, viene esaltato nell’analisi proposta
da Heytesbury. Ci siamo già occupati in altra sede del trattato di Heytesbuty
!%; tinente da tempo (v. Introduzione. Quanto ai rapporti d’inferenza dell’un
senso dall’altro, già ABELARDO, Glosse super Periermenias, rilevava a proposito
delle proposizioni con possibilis: Et videtur semper affirmatio ‘possibilis’ de
sensu inferre affirmativam de rebus; sed non convettitur. E
contratio autem negationem ‘possibilis’ de rebus inferre negationes de sensu, e
p. 32: Cum autem affirmative de
‘possibili’ de sensu inferant affirmativas de rebus (sed non convertitur) et
negative de rebus negativas de sensu (sed non convertitur) . Cfr. Occam,
Elementarium logicae, cit., p. 123: Est autem sciendum quod, licet talium
orationum sint semper distincti sensus, tamen saepe unus sensus infert alium
ita quod saepe impossibile est quod unus sensus sit verus sine alio . Gli altri testi pongono
paralogismi (figure sillogistiche), non conseguentiae. Cfr. Il Tractatus de sensu composito et diviso di Guglielmo Heytesbury, Rivista critica di storia della filosofia] a
questa esposizione rimandiamo per problemi particolari e ci limitiamo qui a
richiamare gli elementi fondamentali che carattetizzano l’opera !7. Il maestro
individua otto modi del senso composto e del senso diviso. Essi sono
classificati in base ad elementi sincategorematici o che hanno importo
sincategorematico. Il primo ha luogo con i termini ampliativi o modali 8: si ha
senso diviso quando il ‘modo’ viene a trovarsi tra le parti del dictum e, se
verbo, è in forma personale; si ha senso composto quando il modo precede il
dictum e sta 4 parte subiecti: il modo in tal caso, se verbo, è impersonale !9.
Il secondo modo ha luogo con i verbi dotati di vis confun157 Sarebbe da discutere lo stato
del testo, anche in ordine ai commenti che esso ha avuto in Italia, ma è
questione che ci porterebbe troppo lontano. Ci limitiamo qui a utilizzare
l’edizione veneziana del 1494, che raccoglie le opere di Heytesbury. Nel prossimo
paragrafo, parlando dei maestri italiani, diremo qualcosa circa il testo
ch’essi avevano presente, almeno per quanto riguarda la distinzione dei vari
modi. 158 De sensu composito et diviso, cit., f. 2ta-b: Et primus modus sicut in principio fuit
exemplificatum est mediante hoc verbo ampliativo ‘possum’ vel quocumque
consimili ampliativo, sicut ‘convenit’, ‘verum’, ‘possibile’, ‘impossibile’,
‘contingens’ et sic de aliis, quibuscumque similibus accidit compositio et
divisio . 159 Ivi, f. 2rb: Et sciendum est quid sit sensus compositus et divisus
respectu primi modi, sicut et respectu aliorum modorum, et generaliter respectu
quorumcumque modorum positorum, et primo cum hoc verbo ‘potest’ sive fuerit
suus modus, qualis est ille terminus ‘possibile’, ‘necesse’, ‘necessario’ vel
‘de necessitate’ et sic de talibus. De quibus sciendum est quod quando aliquis
ipsorum invenitur in aliqua prmpositione absque alio relativo implicativo
sequenti [v. il 3° modo], tunc est sensus divisus et tunc tenetur illud verbum
ampliativum in tali proposittone personaliter . Sed quando illud verbum
‘potest’ vel suus modus totaliter praecedit in aliqua propositione, tunc est
sensus compositus et tunc sensus compositus significat identitatem instantaneam
possibilem respectu istius compositionis sequentis illum terminum ‘possibile’
et tunc tenetur ibi talis terminus dendi 1: si ha senso composto quando il verbo
precede gli altri termini, e senso diviso quando tale verbo non è il primo
nella proposizione 181, ì Il terzo modo si verifica con il pronome relativo !£.
Il caso più semplice è quello del pronome gui: esso può avere expositio in et
ille; se ha expositio, la proposizione categorica equivale a una ipotetica,
cioè alla congiunzione di due proposizioni categoriche; se non ha expositio, la
proposizione resta categorica. Si ha senso composto nel secondo caso, senso
diviso nel primo !£, ampliativus impersonaliter ; v. cap. V, $ 7. 10 Ivi, £ 2rb: Secundus
modus est mediante termino habente vim confundendi, sicut sunt huiusmodi verba:
‘requiro’, ‘indigeo’, ‘praesuppono’ incipio’, ‘desidero’, ‘cupio’, ‘volo’,
‘teneo’, ‘debeo?’, ‘necessarium’, ‘semper’, ‘in aeternum’, ‘aeternaliter’,
‘immediate’, et sic de aliis . ” del Nel primo caso non è lecito il descersus
dal termine confusus ai suoi inferiora, mentre nel secondo il termine non
confusus ha supposizione dreraioit Ma Heytesbury non si sofferma su tutto ciò.
; "Ivi: Tertius modus est mediante
termino relativo ‘qui’, ‘quae’ quod’, qualiscumque?, ‘quicquid’, et hoc maxime
respectu termini communis stantis confuse tantum, sicut sic arguendo: immediate
post hoc erit instans quod immediate post hoc erit, ergo immediate post hoc
erit instans et illud immediate post hoc etit . ; 163 Ivi, £. 2va-b: Nota hic
duas regulas pro relativis. Prima est quod illud relativum ‘qui’, ‘quae’,
‘quod’ vel ‘quid’, quandoque exponitur per unam coniunctionem ‘et’ et per illud
relativum ‘ille’, ‘illa’, ‘illud’, et aliquando non exponitur, quando ipsum
praecedit negatio vel terminus includens negationem, [2] et quando refert
terminum stantem confuse tantum, [3] et quando praecedit verbum principale,
sicut patet in proposi tionibus antedictis in tertio modo. — Secunda regula
est, quod quando relativum ponitur in eadem categorica, supponit sicut suum
antecedens ut ‘omnis homo est animal quod est rationale’, sed relativum positum
in alia categorica variat suppositionem, ut ‘omnis homo est animal et illud est
rationale’: quia terminus relativus numquam debet sic exponi dum refertur ad
terminum communem stantem confuse tantum (cfr. [2]),
sive post negationem (cfr. [1]), sive post terminum distributum immediate
positum, quod fit quando propositio est in sensu composito. : tunc est sensus
divisus quando illud relativum subsequitur verbum principale. Li] Terminologia logica
delli tarda scolastica 547 Il quarto modo si ha con i termini infinitus e totus
che, quando precedono tutta la proposizione, hanno valore sincategorematico,
altrimenti hanno valore di categoremi: nel primo caso la proposizione è in
senso diviso, nel secondo in senso composto !*. Il quinto modo si ha con la
congiunzione ef !9 posta fra termini che stanno 4 parte subiecti o 4 parte
praedicati 16. essa fa senso composto quando dalla proposizione originaria non
è possibile inferire una congiunzione di proposizioni, senso diviso nel caso
contrario o quando sia possibile inferire una proposizione contenente uno dei
due termini senza l’altro col quale in origine stava in congiunzione !. Il
sesto modo si verifica quando occorre la congiunzione tune est sensus
compositus quando illud relativum praecedit verbum principale (cfr. [3]),
et hoc sive illud relativum sumatur in recto sive in obliquo . 16 Ivi, f. 2rb: Quartus modus est mediante termino quandoque
categorematice sumpto quandoque syncategorematice, cuiusmodi est terminus
‘infinitus, -ta, -tum’, TOTVS, -ta, -tum’; et ad hunc modum possunt reduci isti
termini prius positi adverbialiter, scilicet ‘semper, ‘in aeternum?’, ‘aetetnaliter?
et sic de aliis (l’autore li ha posti
anche nel secondo modo, n. 160); f. 2vb: Unde generaliter quando iste terminus
‘infinitum’ vel aliquis huiusmodi terminus syncategorematice praecedit totaliter propositionem ita quod istum non
antecedit aliquis terminus qui est determinatio respectu istius termini stantis
syncategorematice, tunc est sensus divisus : se ne inferisce che nel caso
contrario si ha senso composto (ma cfr. f. 3ra: sed quando aliquis terminus determinabilis
respectu istius praecedit ipsum quando ponitur a parte subiecti, tune tenetur
categorematice, sicut quando ponitur a parte praedicati ). 165 Ivi, f. 2rb: Quintus modus mediante illa copula
coniunctionis ‘et’, sicut sic arguendo: isti homines sunt Romae et Ausoniae,
igitur isti homines sunt Romae . 166 Si ricava dagli esempi che occorrono ivi,
ff. 3ra-b. 167 Ivi, f. 3ra: Respectu
notae huius coniunctionis ‘et’, si fiat compositio vel divisio, faciliter
potest cavillari, quia differentia faciliter apparet inter sensum compositum et
divisum; è infatti uno dei modi più tradi zionali. L'ultimo caso ha riscontro
nel testo della n. 165. sa Alfonso Maierà vel'®: si ha senso diviso quando è
possibile interpretare la proposizione originaria come una disgiunzione di
proposizioni categoriche, e senso composto quando ciò non è possibile !9, Il
settimo modo ha luogo con le determinazioni ita o sicut in quanto esse hanno il
potere di limitare ‘a un certo tempo’ (passato, presente, o futuro) la
supposizione dei termini seguenti !”; se una proposizione è preceduta da una
tale determinazione e non è de simplici
subiecto et de simplici praedicato 17,
si da senso composto; se invece la determinazione manca, si ha 1 Nel primo
elenco dei modi, questo appare come settimo (ivi, f. 2rb): Septimus modus mediante ista disiunctione
‘vel’, ut patet in hoc sophisma(te): ‘omnis propositio vel eius contradictoria
est vera’ . Ma nell’esposizione dei modi esso è discusso come sesto (£. 3rb).
19 L’autore non fornisce molti elementi. Precisa tuttavia, nell’ambito della
validità delle regole della disgiunzione note dalla logica degli enunciati
(ivi, £. 3rb): si vero fuerit post distributionem vel negationem vel aliquem
terminorum habentem vim negationis distribuendi vel confundendi, tunc [non]
fallit argumentum tamquam ab inferiori ad suum superius cum negatione vel
distributione, quia universaliter disiunctus est superior quam aliqua eius
pars; ideo non sequitur: tu differs ab asino, ergo tu differs ab homine vel ab
asino (differo è termine confundens).
170 È sesto nella prima elencazione dei modi; ivi, f. 2rb: Sextus modus est
mediante illa determinatione ‘ita’ vel ‘sicut’, ut “ita erit’, ‘ita fuit, ‘ita
est’, ‘sicut est’, ‘sicut fuit’, ‘sicut erit’, ut sic arguendo: ita est quod
Socrates erit tantus sicut Plato, ergo Socrates erit tantus sicut Plato, vel e
contra . I Ivi, f. 3rb: Quando arguitur componendo vel dividendo mediante hac
determinatione ‘ita est’, ‘ita fuit’, ‘ita erit’, ‘ita potest esse’, vel
respectu termini distributi, vel respectu duplicis compositionis, vel
negationis, vel alicuius habentis talem vim cuiusmodi est iste terminus
‘necesse’, frequenter fallit ille modus, ut sic arguendo: ita erit quod tu es
omnis homo existens in ista domo, igitur tu eris omnis homo existens in ista
domo . Respectu tamen compositionis simplicis, de simplici subiecto et de
simplici praedicato, bene valet consequentia: ita erit quod tu eris episcopus,
ergo tu eris episcopus , et causa est, qui ad idem instans refertur determinati
et illa propositio, sed non est sic de aliis . Sembra quindi che, per
Heytesbury, quando la proposizione che segue la determinazione ha lo stesso
tempo della determinazione, è valida l’inferenza, se invece il tempo della
proposizione è senso diviso, giacché in tal caso soggetto e predicato, la il
tempo del verbo non è al presente, si comportano come in qualsiasi proposizione
di verbo ampliativo. eda) L’ottavo modo è proprio dei verbi che designano atti
dell dia letto o della volontà !?; alcuni di essi sono elencati nel secon
" modo tra i termini aventi vis confundendi . Essi hanno quia i capacità
di ‘confondere’ i termini seguenti, ma oltre fa ciò ue il potere di far sì che
il dictum seguente appellat se pi Si ha
senso diviso quando il verbo sta tra = parti del Ing Um; se invece totalmente
lo precede '® o lo segue !, allora si ha senso composto. Mo Le A questi otto
modi Heytesbury fa seguire in una p 14 cazione un nono modo, che poi tralascia
nella span pren zione, perché ritiene sia da considerare sotto la E e ca niîs ,
ma che avrà fortuna presso i commentatori del seco ; Ecco il testo: Nonus
modus, mediante termino nie poso a ser legni | 5 > a i i de futuro ad eundem
termim r respectu verbi de praeterito vel d i eun È È a parte praedicati;
respectu eiusdem verbi qui modi possunt redu i i i eno diverso da quello della
determinazione, l’inferenza non è valida (così alm i o i 1 n * DIRCI n Se ruta Octavus modus mediantibus terminis pe reni
volusitatisi sive intellectus significantibus, sicut sempe en oc verl ;
‘haesito”, ‘credo’, ‘volo’, ‘desidero’, ‘appeto’ et sic de aliis . s 173 Cfr.
n. 160. 17 Cfr. cap. I. | 3 RE 5 De sensu composito et diviso, cit., f. 3va: et tunc
est So È pins ue divisus in istis propositionibus, nre ed pr gen i i jat inter
huiusmodi casi intellectus seu voluntatis media i | È : infinitivi modi . Sed
quando huiusmodi verbum praecedit totaliter, tunc t sensus compositus [....] . . . : ha 176 Questa
precisazione è solo nel De scire et dubitare, cit., f. 13rb (è pic attenuata
nel trattato De sensu composito et diviso?), ma è Ra a incertezza dall'autore:
cfr. il mio Lo Speculum ..., cit., pp.
3899 ni Alfonso Maierù ad compositionem vel divisionem, sed magis est fallacia
figurae dictionis, ut ‘album erit nigrum, ergo nigrum erit album’: non sequitur
1”, Per tutti i modi, Heytesbuty precisa che l’inferenza dal senso composto al
senso diviso, o viceversa, non vale a meno che ciò non sia possibile gratia terminorum 19: così, per l’ottavo modo, quando occorre il
pronome hoc in una proposizione il cui verbo sia scio, senso composto e senso
diviso sono equivalenti 1? De sensu composito et diviso, cit., f. 2rb: il testo
ha 4 parte praeteriti invece di 4 parte praedicati. 178 Per il primo modo, cfr.
ivi, f. 2va :« Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum, ubi sensus divisus
verificetur per huiusmodi successionem respectu diversarum partium temporis
cuius compositio est possibi lis pro instanti, consequentia non valet. Sed
respectu terminorum in quibus huiusmodi compositio est possibilis per instans
nec aliunde per aliquam relationem implicativam aliud denotatur per sensum
divisum quam per sensum compositum, vel e contra, valebit consequentia ; per il
secondo modo, ivi: « Arguendo a sensu composito ad sensum divisum mediante
aliquo termino habente vim confundendi terminum sicut prius est dictum,
generaliter consequentia non valet ; per il terzo modo, ivi: «Item respectu
terminorum relativorum non valet consequentia a sensu composito ad sensum
divisum communiter, nisi fuerit gratia materiae (ma un discorso più complesso si vedrà nei
commenti); per il quarto, ivi, £. 2vb: « respectu terminorum qui sumuntur
aliquando categorematice, aliquando syncategorematice, inferendo sensum
compositum ex sensu diviso fallit consequentia ; per il quinto, ivi, f. 3ra:
«Sed satis possunt faciliter aliqui respondere dicendo quod non valet
consequentia arguendo a sensu diviso ad sensum compositum seu e converso
mediante illa nota coniunctionis ‘et’ post terminum distributum. Similiter cum
ista coniunctio ‘et’ copulat duos terminos a parte subiecti positos quorum unus
est distributus alius non, difficilis est responsio (ma la differentia fra i
due sensus faciliter apparet: cfr. n. 167); per il sesto, cfr. n. 169; per il
settimo, cfr. n. 171; per l’ottavo, ivi, f. 3va: «In omnibus (sc. exemplis) nam
est sensus divisus impertinens sensui composito et e converso et proptetea est
consequentia mala e « potest igitur dici quod non valet
consequentia huiusmodi arguendo a sensu diviso ad sensum compositum nisi gratia
terminorum . 551 Terminologia logica della tarda scolastica i ALE i drianii
giacché è irrilevante che il termine immediato (hoc) preceda o segu ; 179 verbo
!?. Ho E: E° î Il trattato di Heytesbury non è privo di ge sog testo che
abbiamo esaminato !°, e non sempre gli eleme La valgono a chiarire la portata
delle affermazioni del ce (slide i i in ciò sia ir i i trina. Ma aiutano in ciò
s : fissarne con chiarezza la dot i . e a quanto sappiamo delle dottrine
precedenti (per bm o a le proposizioni cum dicto, specie le moda li, e i ta ig
pe tutto, mentre per quanto riguarda i relativi ca der ci sun i che però no! Yh,
Occam, Sutton ‘*, 1 e s'è detto, a Burleigh, pe a Lnccvis in termini di senso
composto e La diviso), s mi ro Wo Siae zan] i sedi de scire — ha Su tutti i
modi, l'ottavo — ge in Heytesbury la trattazione più estesa nel De sensu
sonpasie Ù i i sta ivi. Itre a quella delle Regulae). Questi verbi, cui è i ap
i ione 12, nel secolo XIV ricepre riservata una particolare attenzione "*,
cer vono, come si è detto, un’accurata analisi. Nella Logica i ini i i insieme i verbi scio, dubito, volo e
i termini modali sono trattat izi ivisione: si ha senso composto i i e e alla
divisione: si np ordine alla composizione e ( cl cina uno di questi termini
precede il resto ar Line pa i i i tra gli elemen i ivi ndo il termine sta le
del ice i 5 in fine della proposizione (cioè dictura; quando invece sta in tin
mana icati izione s assi a parte praedicati), la proposi? id Art probata in
senso composto o in senso A i iu Cit., pp. 254-255. 19 ivi, f. 3va, e Il Tractatus
..., cit., PP. 4? sala 180 iaia a e e alla successiva eliminazione del nono ;i
basta scorrere i rilievi fatti nelle note precedenti. 181 . VI, n. 132. : nu: .
dr 182 ‘n dall'Ars Meliduna, cit., p. 348, dove i verbi | piso | A sono detti
verbi quorum significatio proprie ce si sg
i Strope, Logica, cit., f. 19ra: Et ideo
quando in dun ga orum: ‘scio’, “dubito”, ‘volo’ et terminus rogge peo grin : ;
° i i ici Opos: i iti dictum, dicitur talis pr s A iragiorg pg sorde ‘possibile est album esse nigrum’. F posito,
ut ‘scio Socratem currete’, pos 952
Alfonso Maierù più che al posto occupato dai verbi indicanti atti dell'anima e
dai modi, bada, come si è visto !#, alla supposizione che essi conferi scono ai
termini sui quali operano: nel senso composto causano supposizione semplice,
nel senso diviso supposizione personale. La stessa tesi di Strode è sostenuta
dall’anonimo adattamento dello Speculum contenuto nel ms. 378 del Corpus
Christi di Cambridge: si ha senso composto quando uno dei detti termini (e sono
zerzzini officiales) precede il resto della proposizione, senso diviso quando
sta per i termini del dictum; quando sta in fine, allora indifferenter si può
avere senso composto o senso diviso 185, quando mediat accusativum et infinitum
verbi in propositione, ut ‘album possibile est, vel potest esse nigrum’,
dicitur sensus divisus. Sed quando finaliter sequitur, dubitandum est
arguentem, an velit tenere talem propositionem arguens in sensu composito vel
in sensu diviso, sicut in ista ‘omnem hominem esse animal est necessarium’. Si
sumatur in sensu composito, conceditur quod sic tunc debet probati: talis
propositio est necessaria, scilicet ‘omnis homo est animal’, praecise
significans quod omnis homo est animal, ergo omnem hominem esse animal est
necessatium. Et si capiatur in sensu diviso, debet probari ut universalis,
scilicet per singularia vel pet exponentes, quarum quaelibet est falsa ; cfr.
anche ff. 19rb e 26vb. 14 Cfr. capp. V, $ 7, e VI, $ 6. 185 Op. cit., f.
42r-43r: Termini officiabiles sunt omnes termini facientes sensum compositum et
solum talis propositio in sensu composito est officiabilis. Et termini
facientes sensum compositum sunt omnia signa modalia, ut ‘possibile’,
‘impossibile’, ‘contingens’ et ‘necessarium’, et omnia verba significantia
actum mentis, ut ‘scire’, ‘nolle’, ‘credere’, ‘imaginari’, ‘percipere’,
‘dubitare’, ‘haesitare’, ‘demonstrate’ et similia. Unde quando aliquis istorum
terminorum totaliter praecedit dictum propositionis facit sensum compositum
(tantum 4dd. inferl.), ut ‘scio deum esse’, ‘possibile est hominem esse
animal’. Sed quando aliquis istorum terminorum intermediat dictum
propositionis, scilicet (ponitur) inter accusativum casum et infinitivum modum,
tunc facit sensum divisum tantum, ut ‘hominem possibile est cuttere’. Sed
quando aliquis istorum terminorum finaliter
subsequitur dictum propositionis, tunc ista propositio potest
indifferenter sumi in sensu composito vel in sensu diviso, ut ‘hominem cutrere
est possibile’. Omnis propositio in sensu composito est officiabilis, ut ista
‘necesse est deum esse’ sic officiatur: talis propositio est necessaria ‘deus
est” propter eius Terminologia logica della tarda scolastica 553 Il trattato
Termini qui faciunt, a proposito degli stessi termini (modali e verbi
designanti atti dell'anima), scrive quando aliquis praedictorum terminorum vel
consimilium praecedat totaliter dictum propositionis vel finaliter subsequitur,
tunc ii illa propositio in sensu composito , e aggiunge: sed quando quis dictorum terminorum mediat
dictum propositionis, id est ponitur in medio inter accusativum casum et modum
infinitum, tunc illa propositio est totaliter accepta in sensu diviso !; ica SAR
la stessa tesi ritroviamo nell’anonimo trattato Termini cu. quibus ®8. Il
trattato De sensu composito et diviso di Riccardo Billingham è da ricondurre a
queste ultime discussioni. be L’autore si interessa a quello che considera il
primo modo primarium significatum ‘deum esse’, igitur necesse est deum esse. Li
Lay propositio in sensu diviso est resolubilis, si primus e sit reso! ni vel
exponibilis, si primus terminus sit exponibilis. tì um prim: ; ‘hominem
possibile est currere’ sic resolvitur: hoc possibile est nn fa hoc est homo,
igitur etc. Exemplum secundi: ‘omnem esi pe est currere’ sic exponitur: hominem
possibile est currere et nih | est homo quem vel quam non est possibile
currere, igitur etc. Unde propositio è rg diviso debet probari per primum terminum mediatum in
illa i proposi ros : Il primo termine sul quale la probatio si opera può essere
impedito Si A DI s° Sed nota quod primus terminus. probabilis impeditur sex mo;
1 ni modo, per propositionem hypotheticam, ut ‘si homo currit, “1 currit?.
Secundo modo, per propositionem modalem in sensu composito, ut pe cutrere est
impossibile’. Tertio modo, per exceptivam et per exe cp ut ‘omnis homo praeter
Socratem currit?. Quarto modo, in propositione p cr ralis numeri, ut ‘duo
homines habent duo capita’. Quinto modo, pa 5 relativum ponitur a parte
praedicati et refertur ad terminum stantem discre e vel determinate, ut ‘homo
currit qui est albus?. Sexto modo; per ig tionem negativam, quae debet probari
per eius oppositum, ut n us e currit’ A_ parte l’ultimo modo, ben noto agli
altri sostenitori E" pro pei i primi cinque non sono ricordati come
impedienti la probatio del primo mine: ma essi richiamano regole del senso
composto note in past (1° e 2°, 4°) o al tempo dell’autore (5°); per il terzo
modo, cfr. il cap. IV. 186 Cfr. appendice 1. 187 Cfr. appendice 2. 554 Alfonso
Maierà e che ha luogo con i termini officiales: modali e verbi significanti
actum mentis! Degli altri modi, egli ricorda quello che può essere luogo con
e?! o con vel!9, Ma, per quanto riguarda il primo modo, egli afferma
categoricamente ! che si ha senso composto quando il termine comune è preceduto
da un termine officiabile e senso diviso quando il termine comune segue il
termine officiabile ‘2, giacché la probatio propositionis può essere fatta solo
in base al primo termine della proposizione !?, Per il resto, il trattato non
contiene novità né a proposito della dottrina che qui ci interessa, né per
quanto attiene alla probatio della proposizione quale la conosciamo. i È
necessario rilevare, concludendo queste note, che la dottrina della probatio si
è così impadronita di quella del senso composto e del senso diviso, che in
Heytesbury si presentava come una sistemazione dei vari capitoli della logica
di quel tempo-in funzione di un preciso punto di vista. Questo predominio della
probatio sul senso composto è sul senso diviso dopo Heytesbury permetterà, come
vedremo, ai maestri italiani di spiegare il testo . de [Voco autem officiale
omnem terminum verbalem significantem actum mentis, ut ‘imaginor’, ‘intelligo’,
‘scio’, ‘credo’, ‘dubito’ ‘significat’, ‘supponit’ et huiusmodi, quae
communiter verba non sunt vera actus singulis simplicis sicut sunt huiusmodi
verba ‘percutio’, ‘vendo’, ‘do’ et huiusmodi ; ma si veda, per i modali, ivi e
Speculur, cit., pp. 345-346. o Ms. Paris, B.N., lat. 14715, f. 82ra: Penes secundum modum compositionis et
divisionis fiunt per o" (notam?) copulationis ut ‘quinque sunt duo et
tria’, quae falsa est . DE Cfr. ivi, f. 82ra: Similiter in sensu diviso cum
disiunctione, ut contingit hoc esse, igitur contingit hoc esse vel non esse; tu
scis 4 vel b igitur tu scis 4; haec significat 4 esse, igitur significat et esse
vel £ non esse : Evidentemente Billingham, che non si rifà al trattato di
Heytesbury, adotta uno schema tradizionale in due o tre modi, al quale si
riferisce, 191 BILLINGHAM polemizza contro chi sostiene che si abbia senso
composto anche quando l’officiabile segue gli altri elementi della
proposizione: cfr op. cit., pp. 389 sgg. ° 192 Ivi, pp. 387-389. 19 Cfr.
Speculum..., cit., p. 373. —1 Terminologia logica della tarda scolastica 553 di
Heytesbury con le nuove regole, in modo da eliminare ogni incertezza
dall’opuscolo del maestro. 6. I trattati italiani dei secc. XV-XVI In Italia la
dottrina che studiamo ha avuto due forme, legate a due diverse tradizioni. La
prima (per la quale basti ricordare Paolo Veneto), è quella più diffusa nella
logica inglese, incentrata sui termini officiales; l’altra — della quale
esamineremo, nell'ordine, i testi di Paolo da Pergola, Battista da Fabriano,
Alessandro Sermoneta, Bernardino di Pietro Landucci e Benedetto Vettori — segue
invece da vicino il resto di Heytesbury, che in Italia ha avuto enorme fortuna.
Paolo Veneto tratta ex professo del senso composto e del senso diviso nel
trattato 21 della prima parte della Logica magna. Riconosciuto che la dottrina ortum trahit a terminis officiabilibus !*, egli respinge la tesi di coloro che
assumono la proposizione in senso composto quando il modus! precede il dictum o
lo segue e in senso diviso quando esso sta tra le parti del dictum '6, ma
respinge anche la tesi di chi (come Pietro di Mantova) ritiene che si ha senso
composto solo quando il modus precede il dictum, mentre quando esso sta tra le
parti del dicturz 0 lo segue si ha senso diviso !”. Per parte sua si schiera
con coloro che 14 Logica magna, cit., I, 21, f. 76rb. 195 Si ricordi (cfr. cap.
VI, n. 279 e il cap. V, sulle proposizioni modali), che Paolo Veneto ammette
varie specie di ‘modi’; cfr. ivi, f. 76rb-va: Pro quo est notandum quod omnes illi modi
superius explicati, puta nominalis, verbalis, participialis et adverbialis,
sensum compositionis et divisionis exprimere possunt, sed qualiter est
difficultas . 196 Ivi, f. 76va: Dicunt
quidam quod universaliter quandocumque modus simpliciter praecedit orationem
infinitivam vel finaliter subsequitur eandem, sensus compositus firmiter
nominatur, ut ‘possibile est Socrates currere’, “Socratem currere est
possibile’; sed quando mediat dictum, sensus divisus vocatur, ut ‘Socratem
possibile est currere’ . 197 Ivi: Alli
dicunt quod quando modus simpliciter praecedit est sensus 256 Alfonso Maierù
ritengono che il modus posto in fondo fa sì che la proporzione sia assunta
indifferenter in senso composto e in senso diviso: Dico ergo aliter tenendo
medium istorum, quod quandocumque modus simpliciter praecedit dictum
categoricum vel hypotheticum facit sensum compositum, et quando mediat verbum
dicti et primum extremum tenetur in sensu diviso; sed quando finaliter
subsequitur idem potest indifferenter sumi in sensu composito et (in) sensu
diviso 18, Li Quando è in senso composto, la proposizione è officiabile in
ragione del termine officiabile che precede o segue il dictum (la proposizione,
con l’officiabile che segue il dicturz, aequipollet ‘9 a quella con
l’officiabile che precede); ma quando è in senso diviso essa è resolubile. Ma
bisogna fare attenzione: quando la proposizione in senso diviso ha il zzodus a
patte praedicati , se un termine comune precede il verbo di modo infinito, la
probatio comincia dal termine comune; ma se il verbo è preceduto solo da un
termine immediato, la probatio comincia dall’officiabile anche quando questo
sia preceduto da un termine comune posto comunque dopo compositus ut prius, sed
quando mediat vel finaliter subsequitur est sensus divisus, ut “4 scio esse
verum’ et ‘4 esse verum est scitum a me. Cfr. PieTRO DI MANTOVA, Logica, cit.,
f. [105va]: Item, praemittamus quod verba pertinentia ad actum mentis faciunt
sensum compositum et sensum divisum. Faciunt autem sensum compositum cum
totaliter praecedunt dictum propositionis, ut ‘scio hominem currere’; sensum
autem divisum faciunt cum inter partes dicti mediant aut totaliter sequuntur:
ideo haec est in sensu diviso ‘hominem scio currere’, aut ‘hominem cutrere
scio’ (è il trattato De scire et et
dubitare, e la giustificazione è che questi verbi operano la e a sui termini
seguenti, non su quelli precedenti; si veda cap. VII, 198 ; i " Ried ale
Logica magna, cit., I, 21, f. 76va; in luogo di surzi, In sensu composito est
falsa (sc. propositio ‘creantem esse deum est necessarium’) quia tunc
aequipollet huic ‘necessarium est creantem esse deum’ et officiabilis, sicut
illa valet: propositio est necessaria ‘crean: est deus’ sic primarie
significando, quod falsum est . i Terminologia logica della tarda scolastica
557 il verbo di modo infinito ?°, Degli officiabili, i termini modali nella
forma verbale fanno senso composto se sono presi impersonalmente, senso diviso
se presi personalmente ?", mentre la loro forma avverbiale, che è
esponibile, si comporta in tutto come la forma nominale ?®. La proposizione
interpretabile in senso composto e in senso Est ergo pro toto notandum quod
quando talis modus finaliter subsequitur et tenetur in sensu diviso, si verbum
infinitivi modi terminus mediatus praecedit, ab ipso incipiatur probatio
propositionis. Si autem fuerit terminus immediatus, a modo incipiatur probatio
propositionis per officiantes, non obstante quod ipsum praecesserit terminus
mediatus existens post verbum, verbi gratia dicendo: ‘hoc esse creans est
necessarium’, illa propositio officiabilis est sicut illa cui aequipollet: ‘hoc
necessarium esse est creans’. Sed dicendo: ‘hoc creans esse est necessarium’,
propositio illa est resolubilis respectu istius termini ‘creans’, sicut illa
‘hoc creans necesse est esse’. Ita ergo quod si dicerem ‘deum esse creantem est
necessarium’, primus terminus probabilis est li ‘deum’ et secundus est li
‘necessarium’. Sed si dicerem: ‘deum cteantem esse est necessarium’, primus
terminus est li ‘deum’ et secundus li ‘creantem’, dato adhuc quod sit appositum
verbi infinitivi . È da notare che, allo stesso proposito (senso diviso con
modo in fine), l’autore ha sostenuto che la proposizione creantem esse deum est necessarium è resolubile grazie al termine creanferz,
così: hoc esse deum est necessarium et
hoc est creans, ergo creantem esse deum est necessarium , e che la proposizione
hoc esse deum est necessarium va officiata ( Et in sensu diviso similiter,
quia debet officiari immediata facta resolutione primi termini , ivi). 201 Ivi,
f. 76vb: Verumtamen est notandum quod huiusmodi verba ‘potest’ et ‘contingit’
non habent huiusmodi distinctionem. Quandocumque nam personaliter sumuntur
faciunt sensum divisum, ut ‘antichristus potest esse’, aut ‘Socrates contingit
currere’; sed quando impersonaliter sumuntur, tune faciunt sensum compositum,
ut ‘potest esse quod antichristus sit, vel currat”, ‘contingit hominem currere’
aut ‘contingit quod Socrates legit, vel disputat’ etc. Quaecumque igitur dicta
sunt de terminis officiabilibus possunt etiam in terminis modalibus
exponibilibus confirmari, ita quod quando modus praeponitur facit sensum
compositum, ut ‘necessario omnis homo est animal’, quando mediat inter
subiectum et praedicatum facit sensum divisum, ut ‘omnis homo necessario est
animal’; sed quando finaliter subsequitur potest 558 Alfonso Maierù diviso può
essere vera o falsa in entrambi i sensi: ma è necessario distinguere questi
sensi, a meno che la proposizione non sia vera in entrambi 2°. Regola generale
è la seguente: A sensu composito ad
sensum divisum et e converso non valet argumentum 24, anche se in casi particolari l’inferenza
può essere valida 25, I maestri che commentano il testo di Heytesbury ne espongono
la dottrina in sette o otto modi 2%: in genere i modi 5 e 6 di Heytesbury sono
trattati in uno solo, il quinto 2”, mentre c'è oscillazione a proposito
dell’ultimo modo appena accennato da Heytesbury: alcuni ne trattano, altri no
?®, indifferenter sumi in sensu composito vel diviso, ut ‘omnis homo est animal
necessario’ , . i Ivi, f. 76va: Dico
quod quaelibet istarum (sc. propositionum) et consimilium cum proponitur est
distinguenda secundum compositionem et divisionem nisi in utroque sensu fuerit
vera . 24 Logica parva, cit., III, e Logica megna, cit., I, 21, f. 76vb: Ex
ista sententia infero istam conclusionem, quod a sensu composito ad sensum
divisum cum termino officiabili frequenter fallit argumentum [....]. Similiter
a sensu diviso ad sensum compositum non valet talis forma arguendi . ca Ivi, f. 74va: Et si ex his concluderes
quod sensus compositus convertitur cum sensu diviso, dico quod verum est quando
utrobique modus est primum probabile . Sed quando modus non utrobique
est primus terminus, tunc sensus compositus non convertitur cum sensu diviso . Si tratta, in tal caso, dell’equivalenza
(convertitur) tra i due modi. 206 Invece di Unde octo vel novem modis accidit del f.
2rb dell'edizione 1494 del testo di Heytesbury, il ms. Roma, Bibl. Casanat. 85,
f. 8rb, il ms. Venezia, Bibl. Marciana, Z. lat. 277 (= 1728), f. 12v, e l’ed.
1501 col commento di Sermoneta, cit., f. 3rb, leggono Unde septem vel octo modis . ar Il testo del 1501, cit., f. 12rab: Quintus modus mediante illa copula
coniunctionis ‘et’ et ‘vel’ ; il ms.
Marciano, al f. 12v, pone solo la copula
coniunctionis ‘et’ e non accenna a vel;
ma a f. 14r tratta di e£ e al f. 14v, di seguito, di vel. 208 I mss. Casanat. e
Marciano non hanno l’ottavo modo (il nono di Heytesbury) né, dei commenti, lo
hanno quelli di Paolo da Pergola e di Benedetto Vettori, come si vedrà.
Terminologia logica della tarda scolastica 559 Il primo di questi commenti è
quello di Paolo da Pergola. Il maestro discute sette modi e di ciascuno
considera analiticamente gli elementi differenzianti l’un senso dall’altro e i
casi in cui l’implicazione di un senso da parte dell’altro è lecita. Il primo
modo ha luogo con i termini modali ( sive sumantur nominaliter, sive
verbaliter, sive adverbialiter ), e si ha senso composto quando il modo praecedit vel subsequitur dictum propositionis
, e, se è verbo, esso ha forma impersonale; quando invece il modo (se verbo, in
forma personale) mediat inter partes
dicti seu extremorum si ha senso diviso
?”. In tre modi differiscono senso composto e senso diviso: innanzi tutto, il
senso composto esige, a differenza del senso diviso, che i termini della
proposizione abbiano una verifica istantanea; inoltre, la proposizione in senso
composto richiede che si possa formulare la corrispondente proposizione de
inesse insieme con la proposizione modale senza che ne segua alcun inconveniente,
ma ciò non è richiesto dal senso diviso 210. infine, il senso composto va
provato officialiter, mentre il senso diviso va provato secondo che richiede il
primo termine della proposizione ?!!, Dall’uno all’altro senso, e viceversa,
vale l’inferenza solo quando si verificano le seguenti tre condizioni: che
anche il senso diviso come il senso composto richieda una verifica istantanea
(l’esempio addotto ha il verbo potest)”; che il relativo implicativo qui, Cfr.
PaoLo pa PercoLA, De sensu composito et diviso, cit., p. 149. 210 Ivi; forse è
un po’ forte intendere l’espressione ponere in esse come formulare la proposizione de inesse
corrispondente, ma cfr. n. 239. 21 Ivi. 212 Cfr. gli autori seguenti. Credo che
questo sia il senso della frase di Paoto (op. cit., p. 150): Prima, quod
compositio sit verificabilis pro instanti et non exigat tempus limitatum. Ideo
non sequitur: Tu potes proferre A propositionem, ergo potest esse quod tu
proferas A propositionem . Qui compositio non vale senso composto (ché
altrimenti avremmo una ripetizione di ciò che si sa) ma vale ‘complesso’ dei
termini che costituiscono una quando è presente nella proposizione, non denoti
altro nel senso composto e altro nel senso diviso; che i termini occorrenti non
siano repugnantes o opposti (es. iustus-iniustus)?, Nel secondo modo, con i
termini confundentes, si ha senso composto quando il termine comune ha
supposizione confuse tantum e senso diviso quando ha supposizione determinata:
poiché la supposizione determinata è verificabile mediante disgiunzione, ciò
che differenzia l’un senso dall’altro è che nel senso diviso si ha la verifica
con disgiunzione che nel senso composto non si può avere. Perciò dall’uno
all’altro senso e viceversa non vale l’inferenza, almeno da un punto di vista
formale, anche se può valere gratia
terminorum ?!, Il terzo modo ha luogo
con i pronomi relativi. Senso composto e senso diviso possono aversi in due
modi: innanzi tutto, si ha senso composto quando occorre nella proposizione qui
(relativo implicativo) e senso diviso quando in luogo di qui si ha et ille; ma
in entrambe le proposizioni può occotrere lo stesso pronome qui: in tal caso il
senso composto si ha quando il pronome precede il verbo principale ed è unito
al suo antecedente; quando invece esso segue il verbo principale, si ha senso
diviso 2! Nel primo caso, il senso diviso costituisce una ptoposizione
ipotetica di contro al senso composto che è proposizione categorica; nel
secondo caso il senso diviso è magis
distributus rispetto al senso composto.
Perciò, nel primo caso l’inferenza tra i due sensi vale solo eccezionalmente
?!5; nel secondo, l’infeproposizione o un dictum, e quindi sta per la
proposizione stessa in senso composto o in senso diviso. Cfr. StropE, Logica,
cit., f. 23vb: ali quando verbum
requirit instans pro supposito, id est pro quo debet propositio probari vel
verificati, et aliquando tempus . 213 PaoLo DA PERGOLA, op. cit., p. 150. 214
Ivi: il testo ha solo non valet argumentum de forma , ma pare che
ciò importi che può valere gratia
materiae . 215 Ivi. 216 Ivi, p. 151: A resolutione de gui in et et ille, illa,
ilud valet arguTerminologia logica della tarda scolastica 561 renza vale dal
senso diviso al senso composto, e non viceversa CA Il quarto modo, che si
verifica con totus e infinitus, è spiegato da Paolo con gli stessi elementi
forniti da Heytesbury: si ha senso diviso quando uno di essi precede tutti gli
altri; se invece segue il verbo principale, o è preceduto da un altro termine,
si ha senso composto. La differenza fra i due sensi è quella che deriva dalla
funzione di categorema o di sincategorema che i due termini possono avere, e
dall’uno all’altro senso e viceversa non vale Vinferenza 28, . Il quinto modo
ha luogo con et o vel (oppure 442): si ha senso composto quando i termini
congiunti da e? o vel stanno collective e senso diviso quando stanno divisive;
oppure: senso composto è quando i termini in congiunzione o in disgiunzione
stanno dalla stessa ‘parte’ della proposizione (cioè dalla parte del soggetto o
del predicato), senso diviso quando stanno in parti diverse. La differenza tra
l’un senso e l’altro è data dal fatto che il senso composto richiede la
verifica di tutti i termini della congiunzione 0 della disgiunzione insieme,
mentre il senso diviso comporta la verifica di ciascun termine per sé (e quindi
anche di uno in assenza degli altri). Perciò, infine, dal senso composto al senso
diviso DO viceversa non vale la consequentia”?. Per quanto riguarda în
particolare la disgiunzione, poiché da un elemento di essa all’intera
disgiunzione vale l’inferenza ( hoc est homo, ergo hoc est homo vel asinus ),
Paolo da Pergola avverte che questa non ha luogo quando la disgiunzione è
preceduta da un termine distrimentum quinque conditionibus observatis. Prima
quod non referatur antecedens stans confuse tantum. ...]. Secunda quod non
praecedat terminus distributus. Tertia quod verbum principale non sit negatum.
(tesa FA Quarta quod non praecedat terminus qui indifferenter potest teneri
categorematice et syncategorematice. Quinta quod non praecedat terminus modalis
de sensu composito . 217 Ivi. 218 Ivi, pp. 151-152. 219 Ivi, p. 152. 562
Alfonso Maierù butivo o avente importo distributivo ( tu differs ab asino, ergo
tu differs ab homine vel ab asino : non vale) ?®, Il sesto modo si ha con la
determinazione ita fuit ?!, ita erit, ita potest esse: una proposizione è in
senso composto quando è preceduta dalla determinazione (e il verbo in tal caso
è di tempo presente, come si ricava dagli esempi), altrimenti è in senso diviso
(e il verbo non è di tempo presente, ma ha il tempo che ha la determinazione
del senso composto). Il senso composto importa che la determinazione restringa
la proposizione al tempo o al modo indicato dalla determinazione, mentre il senso
diviso considera la proposizione absolute 2. Dal senso composto al senso diviso
l’argomentazione non vale quando intervengono altri elementi sincategorematici
2*; se invece è in terminis simplicibus ,
l’argomentazione vale dall’un senso all’altro senso e viceversa ?*. Infine, il
settimo modo si ha con i termini mentali: quando il termine mentale precede o
segue il dictum della proposizione, si ha senso composto (come per il primo
modo), quando esso sta tra le parti del dictuzz si ha senso diviso. Nel senso
composto, essendo il dictum determinato dal termine mentale, i termini del
dictum sono disposti alla confusio e alla appellatio rationis 3, ciò che non
avviene per il senso diviso. Per quanto attiene ai rapporti fra i due sensi,
l’autore elenca nove regole, delle quali la sesta, la settima e l’ottava
riguardano 220 Ivi, p. 153. 221 L’editore legge Il/la fuit (ivi). 22 Ivi. 223
In tre casi secondo l’autore: Primo cum
termino distributo ; Secundo mediante
termino confundente confuse tantum. Tertio respectu duplicis
compatationis (ivi, p. 154). 224 Ivi: Sed in terminis simplicibus et sine
distributione et sine termino confundente confuse tantum respectu simplicis
comparationis, a sensu composito ad sensum divisum, et e contra valet
argumentum . 25 Ivi: sensus compositus
est aptus natus ad confusionem et appellationem rationis, dummodo terminus
fuerit capax; divisus hoc non exigit simpliciter . Per l’appellatio rationis,
cfr. cap. I, $ 6. a Terminologia logica della tarda scolastica 563 i sillogismi
6 e la nona dà raccomandazioni per l’utilizzazione del settimo modo nella
disputa e nei casus obligationis ?: petciò tralasciamo queste ed esaminiamo le
prime cinque. Prima regula est ista, a sensu composito ad sensum divisum et e
contra non valet argumentum nisi in
tribus casibus; primo, cum termino demonstrativo simpliciter sumpto ut: Hoc
scio esse verum, ergo scio hoc esse verum . Secundo, cum prunomini demonstrativo
additur determinatio palam convertibilis cum praedicato. Ideo bene sequitur:
Hoc album scio esse album, ergo scio hoc album esse album, et e converso.
Tertio cum pronomini demonstrativo additur determinatio palam superiori
praedicato ut: Hoc coloratum scio esse album, ergo scio hoc coloratum esse
album 28. Ma questi tre casi non valgono con i termini dubito, credo, imaginor,
suspicor, apparet 2. Per quanto riguarda le regole successive, bisogna
premettere che Paolo distingue, con Heytesbury, termini omnino noti (come ens, aliguod, hoc), termini medio modo noti (substantia, corpus, homo, Socrates), e termini
omnino ignoti (come le variabili A, B,
C). La seconda regola è la seguente: A
termino magis noto ad minus notum vel omnino ignotum in terminis mentalibus non
valet argumentum, nec a minus noto ad magis notum 2°, Le regole tre e quattro ? riguardano
proposizioni contenenti termini omznino ignoti: si tratta di problemi de scire
et dubitare (quando si può dire che una proposizione è scita, dubitanda, neganda
ecc.), che non esaminiamo in questa sede. Infine, la quinta regola è la
seguente: A sensu diviso ad sensum
divisum de forma non valet argumentum : ad esempio, 226 Ivi, pp. 156-158. 21
Ivi, p. 158. 228 Ivi, pp. 154-155. 29 Ivi, p. 155. 230 Ivi. 231 Ivi, pp.
155-156. 564 Alfonso Maierù non vale A
scio esse verum, ergo verum scio esse A , giacché non si tratta di conversione
semplice della proposizione; la conversa di A scio esse verum secondo Paolo è scitum esse verum est A? Il testo di Paolo
dipende strettamente da quello di Heytesburye ne rappresenta una lettura
attenta alle minime pieghe del discorso, condotta secondo il criterio della probatio propositionis (in particolare nel primo modo), che però non
è spinto, mi pare, fino a forzare l’originale carattere del testo. Ciò che
Paolo viene esplicitando si irrigidisce però in piatte formule scolastiche, che
del resto ben rispondono alla intenzione dell’autore, il quale vuole fornire,
come dice nella dedica a Pettus de Guidonibus, una tavola o prontuario ordinato
della materia, già nota e diffusa in modo disordinato, come strumento cui
ricorrere per evitare i sofismi con l’ausilio di regole certe ?*. La seconda
expositio del testo di Heytesbury che esaminiamo in questa sede è dovuta a
Battista da Fabriano. Egli premette all'esame dei singoli modi alcune
osservazioni. Innanzi tutto, arguendo a sensu composito ad sensum divisum
aut e converso ut plurimum et frequenter consequentia non tenet 24: la proposizione in senso composto e quella
in senso diviso non si implicano reciprocamente, né l’una in qualche modo
implica l’altra, da un punto di vista generale. Inoltre, non è possibile dare
un’unica descrizione del senso composto e del senso diviso, essendo i modi più
di uno; quindi, ad esempio, non si può caratterizzare la proposizione in senso
composto come quella in cui il modo precede o segue il dictum e la proposizione
in senso diviso come quella in cui il modo sta tra le parti del dictum: infatti
non tutte le proposizioni in senso 232 Ivi, p. 156. 233 Cfr. ivi, p. 149. 234
BarTISTA DA FABRIANO, Expositio..., cit., f. 4ra. composto o in senso diviso
hanno un modo e un dicturz. Quindi è necessario fornire, per ogni modo, una
descrizione appropriata dei due sensi ”5. L’osservazione è impottante, specie
se si tiene presente che lo stesso Paolo Veneto impostava ancora la
determinazione dei due sensi sulla posizione del termine officiabile nella
proposizione. Battista da Fabriano ricava il rilievo dall’esame dei vari modi
di Heytesbuty. I modi esaminati sono otto. Rispetto al trattato di Paolo da
Pergola, Battista considera in più il modo caratterizzato dai termini
connotativi. In breve, seguiremo l’esposizione di Battista, sottolineandone gli
elementi di novità. Nel primo modo (con i termini modali), la forma verbale del
modo (ad es. potest) assunta personaliter fa senso diviso ?*, assunta
impersonaliter fa senso composto #”; la forma nominale (possibile, impossibile)
fa senso composto quando precede o segue il dictum, se cade inter partes dicti fa senso diviso 8. Le differenze fra i due
sensi sono quelle stesse elencate da Paolo da Pergola”? e sostanzialmente allo
stesso modo è fissata qui la possi235 Ivi, f. 4ra-b. 236 Ivi, f. 4va: personaliter quando (sc. potest, non potest)
construuntur cum recto a patte ante , cioè quando il verbo è preceduto dal
nominativo (rectus). 237 Ivi: Sed ista verba sumuntur impersonaliter quando non
recipiunt suppositum per rectum, sed totaliter cadunt super adaequatum
significatum alicuius propositionis . 238 Ivi. 239 Ivi, f. 4vb: Prima, quia propositio in sensu diviso
universaliter probatur secundum exigentiam termini mediati praecedentis, si
quis fuerit talis, de sensu composito autem probatur officiabiliter. Secunda
est, quia propositio de sensu diviso cum li possibile non ponitur in esse sed
de sensu composito cum li ‘potest’ vel ‘possibile’ ponitur in esse, sicut ista:
‘possibile est te esse Romae? aut ‘potest esse quod tu sis Romae’; istae duae
debent poni in esse, id est, si possibile est te esse Romae et ponatur: ‘tu es
Romae’, nullum sequitur impossibile; et similiter, si potest esse quod tu
curras, et ponatur in esse quod tu curras, hoc admisso, nullum sequitur] bilità di inferenza da un modo all’altro 9.
Nel secondo modo, con i termini confurndentes, il senso composto si ha quando
il termine confundibilis segue quello confundens; quando invece il termine
confundibilis precede quello confundens si ha senso diviso #!, Le differenze
fra i due sensi sono fornite qui molto più chiaramente che nel testo di Paolo
da Pergola: impossibile. Et hoc modo intelligitur: possibili posito in esse
nullum sequitur impossibile. Sed de sensu diviso non ponitur in esse, ut ‘album
potest vel possibile est esse nigrum’ non ponitur in esse, quia de facto album
possibile est esse nigrum et tamen, si ponatur in esse, sequitur impossibile
[cioè album est nigrum], ut patet.
Similiter de ista ‘sedentem possibile est currere’: si ponatur in esse,
sequitur impossibile, videlicet ‘sedens currit?. Tertia differentia est, quia
propositio in sensu composito cum li ‘possibile’ vel ‘potest’ requirit
verificationem instantaneam respectu compositionis sequentis, hoc est requirit
compositionem sequentem posse verificati pro instanti mediante ista nota ‘est’,
ut patet, sed de sensu diviso hoc non requirit, sed significat successionem
respectu diversarum partium temporis respectu illorum terminorum positorum in
illo dicto . 20 Delle regole di BATTISTA, la quinta (ivi, f. 5vb) riassume le
tre condizioni di validità poste da Paolo; la prima (ivi, f. Sra), la terza
(ivi, f. 5va) e la quarta (ivi, f. 5va-v) sottolineano separatamente la
mancanza delle stesse condizioni. Nuova è la seconda regola (ivi, f. Srb-va): Secunda
regula: arguendo a sensu composito ad divisum cum li ‘possibile’ vel ‘potest’
in terminis compositis non valet consequentia formaliter et simpliciter. Unde
non sequitur: ‘possibile est te esse omnem hominem, ergo tu potes esse omnis
homo’ . 241 Ivi, f. 6rb; ma Battista caratterizza la differenza tra i due sensi
servendosi di varie formule (ivi): est
sensus compositus in hoc modo cum terminus communis stat confuse tantum sequens
aliquem istorum terminorum vel, melius, sensus compositus est cum terminus
communis stat confuse tantum vel immobiliter, sensus vero divisus est cum
terminus capax confusionis stat determinate vel mobiliter; nam dicendo:
‘promitto tibi omnem denarium’, haec est in sensu composito quantum ad hunc
modum, et terminus communis non stat confuse tantum; vel dicatut quod sensus
compositus est cum terminus confundibilis ab his terminis sequitur aliquem
horum termi norum, divisus vero cum terminus confundibilis praecedit vel cum
idem terminus stat determinate. differt sensus compositus a diviso quantum ad istum
modum dupliciter. Primo, quia ista de sensu composito est probabilis ratione
termini facientis sensum compositum, sed illa de sensu diviso ratione termini
praecedentis. Secundo, quia propositio de sensu diviso requirit verificationem
disiunctivam vel copulativam, ut ‘denarium promitto tibi’ aut ‘omnem denarium
tibi promitto’, illa vero de sensu composito non requirit talem verificationem,
ut ‘promitto tibi denarium’ non requiritur quod promittam tibi 4 denarium vel
quod promittam tibi et denarium, et ita de aliis similiter 2. I due sensi sono ad invicem impertinentes e perciò non è lecita l’inferenza dall’uno
all’altro *, a meno che i termini che insieme a quello confundens formano la
proposizione non siano singolari e semplici, giacché in tal caso la
supposizione non varia, sia che il termine segua sia che preceda il verbo
confundens. Così sono lecite le conseguentiae: incipio videre Socratem, ergo Socratem incipio
videre , promitto tibi 5 denarium, ergo
b denarium tibi promitto ?f. Nel terzo
modo, con il pronome relativo, si può avere senso composto in tre forme: quando
l’antecedens del relativo ha supposizione confusa tantum (es. promitto tibi denarium quem tibi promitto ),
quando il relativo è congiunto all’antecedens che sia distributum (cioè
quantificato da omnis) senza che tra antecedens e relativo sia posto il verbo
principale ( omnis homo qui est albus curtit ), o quando il verbo principale è
preceduto dalla negazione ( chimaera quae currit non movetur ). Quando non si
verifica nessuno di questi casi, si ha senso diviso (es. ali242 Ivi, f. Grb-va. 243 Ivi, f. 6va.
Aggiunge l’autore (ivi): Et notandum
quod ‘indigeo’, ‘requiro’, ‘praesuppono’ et huiusmodi non confundunt confuse
tantum nisi cum gerundio. Unde si dicatur: ‘indigeo oculo”, li ‘oculo’ stat
distributive, sed dicendo: ‘indigeo oculo ad videndum’, li ‘oculo’ stat confuse
tantum immobiliter . 24 Ivi, f. 8va. 568 Alfonso Maierù quis
homo qui est albus currit )?5. Tenendo presente che il pronome qui in una
proposizione in senso composto non può essere risolto in ef e ille e che il
pronome relativo, posto nella stessa categorica, ha la supposizione del suo
artecedens, mentre, posto in una categorica diversa da quella che contiene
l’antecedens (si tratta quindi di una proposizione ipotetica composta di due
categoriche), ha supposizione determinata e replicat totam compositionem sui antecedentis (così, data omnis homo est animal et illud est rationale ,
la seconda categorica vale animal quod
est omnis homo est rationale , di modo che illud ha supposizione determinata ma
replicat [cioè richiama] tutta la compositio precedente) 24, argomentando dal
senso composto inteso nella prima forma al senso diviso non vale la
conseguentia perché l’antecedente è vero e il conseguente è falso 2”;
argomentando dal senso composto inteso nella seconda forma al senso diviso la
consequentia non vale”, ma vale se si argomenta dal senso diviso al senso
composto ?*; argomentando dal senso composto nella terza forma al senso diviso,
non valet consequentia de forma licet
valeret quandoque gratia materiae 9. Per
quanto riguarda il quarto modo (con infinitus e totus) l’autore non fornisce
altro rispetto a quanto sappiamo ?! se non 245 Ivi, ff. &va-b e 9vab. 26
Ivi, f. 8vb. 27 Ivi, ff. 8vb-9ra. 248 Ivi, f. 9ra. a Ivi, f. 9rb: Arguendo tamen e converso in omnibus his,
consequentia est bona, quia in his quicquid significat sensus compositus
significat sensus divisus, et plus, ut dictum est . 250 Ivi, f. Iva. 251 Senso
composto è quando il termine è categorema, cioè quando è a parte praedicati, o
a parte subiecti, ma preceduto da una determinatio (ivi, ff. 9vb e 11ra);
dall’un senso all’altro e viceversa non vale la consequentia (ivi, ff. 10ra e
11rh). Terminologia logica della tarda scolastica 569 la determinazione chiara
della differenza fra senso composto e senso diviso: Et differt valde sensus
compositus a diviso mediante hoc termino ‘infinitus, ta, tum’. Primo, quia in
sensu composito significat aliquod certum et determinatum esse sine principio
et sine fine . Sed in sensu diviso syncategorematice significat, quocumque
finito dato vel dabili, dari maius in quacumque proportione . Est
enim una alia differentia, quia syncategorematice est signum confusivum et
re(d)dit totam propositionem exponibilem. Unde haec est exponibilis ‘infinitus
est aliquis numerus’ et praedicatum stat confuse tantum, ut patet. Sed haec
‘aliquis numerus est infinitus’ non est exponibilis sed resolvitur, et
praedicatum stat determinate ??; Differt
sensus compositus a diviso cum isto termino ‘totus’ etc., quia in sensu
diviso reddit propositionem exponibilem, in sensu composito est ferminus resolubilis.
Item in sensu diviso convertitur cum universali et est terminus confusus, sed
in sensu composito neutrum sibi convenit, ut patet. Item differunt in
significato, quia in sensu diviso et syncategorematice ‘totus’ idem est quod
‘quaelibet pars’ sed in sensu composito
significat ens integrum et perfectum cui nihil deest, ut patet ex usu loquendi
et accipiendi hos terminos 25, î Dall’uno all’altro senso l’inferenza non vale;
né si dica che argomentazioni come infinita sunt finita, ergo finita sunt
infinita sono consequentiae valide
perché si procede a conversa ad convertentem ; risponde il maestro: Dicatur quod nulla illarum est bona conversio,
cum continue in una tenetur idem terminus categorematice et in alia
syncategorematice 25, Il quinto modo,
come è noto, ha luogo con le congiunzioni et e vel: si ha senso composto quando
i termini congiunti da una delle due particelle stanno collective e senso
diviso quando i ter mini stanno divisive ; ciò significa che, mentre le
proposizioni; a deest il testo aggiunge est. 254 Ivi, f. 1lva. 25 Ivi. 570
Alfonso Maierù in senso diviso equivalgono, rispettivamente, a una congiunzione
di proposizioni se si tratta della particella ez, e a una disgiunzione di
proposizioni se si tratta di vel *, le proposizioni in senso composto
richiedono che la verifica della congiunzione o della disgiunzione avvenga
rispettivamente coniunctim o divisim?". Ecco alcuni esempi. Le
proposizioni Socrates et Plato sunt duo
homines e omnis numerus est par vel impat sono in senso composto perché non equivalgono
a Socrates est duo homines et Plato est
duo homines e a omnis numerus est par vel omnis numerus est
impar ; le proposizioni tu es homo et
albus , tu es homo vel asinus sono in
senso diviso perché equivalgono, rispettivamente, alle proposizioni molecolari tu es homo et tu es albus , tu es homo vel tu es asinus , per le quali
valgono le regole operative della congiunzione e della disgiunzione. Se però il
complesso di termini congiunti dalle suddette particelle è preceduto da un signum confusivum , distributivo o negativo
(es. differt, aliud), le proposizioni sono in senso composto e le regole della
congiunzione e della disgiunzione non sono applicabili 8. Per quanto riguarda
il sesto modo, le notizie date da Battista 256 Ivi, f. 1lvb: Et ex his patet
differentia inter sensum compositum et divisum quoad hunc modum, quoniam in
sensu diviso copulatum aequipollet copulativae et disiunctum disiunctivae, sed
in sensu composito non. Patet etiam alia differentia, quia in sensu diviso a
copulato ad quamlibet eius partem et a qualibet parte disiuncti ad totum
disiunctum valet consequentia, sed in sensu composito non valet . 251 Ivi, f.
1lva per la congiunzione ef: Sensus veto
compositus requirlt verificationem totius copulati collective et non divisive ,
f. 11vb pet vel: Sensus vero compositus
[....] requirit quod verificetur totum
disiunctum collective . 28 Ivi, f. 12ra-b. Infine, l’autore si chiede se, poste
le particelle 4 parte subiecti, i termini congiunti o disgiunti siano tutti
distribuiti oppure solo il primo; es. omnia duo et tria sunt quinque , omnis homo vel asinus est asinus : cfr. ivi,
f. 12rb-va. Terminologia logica della tarda scolastica 571 sono analoghe a
quelle fornite da Paolo, comprese le regole riguardanti la validità
dell’inferenza dall’un senso all’altro, con la sola aggiunta della non validità
nel caso sia presente un relativo implicativo ?. È da notare però la
precisazione relativa al valore della copula est della proposizione che nel
senso composto segue la determinazione: Universaliter in omnibus huiusmodi propositionibus li ‘est’
non significat tempus quod iam e(s)t praesens, sed tempus quod tunc in illo
instanti ad quod fit limitatio fuit praesens vel erit praesens. Il verbo “est”,
cioè, PERDE LA CONNOTAZIONE TEMPORALE AD ESSO PROPRIA, e conserva il solo
valore sincategorematico, lasciando che la connotazione temporale sia affidata
al tempo del verbo posto nella determinatio. Anche per il settimo modo l’autore
ritiene la dottrina tradizionale: con i termini designanti atti dell'anima la
proposizione è in senso composto quando il verbo, sive praecedat sive sequatur,
determina il dictum, e allora la proposizione va provata in funzione del verbo
che causa senso composto; è in senso diviso quando il verbo sta tra le parti
del dictum ed è da probare in funzione del primo termine della proposizione
stessa. Perciò le proposizioni esprimenti i due sensi sono valde ad invicem impertinentes et raro vel
numquam convertibiles 24, a meno che la
consequentia dall'uno all’altro senso non valga gratia materiae et terminorum. L’ottavo modo è
qui per la prima volta discusso. Facendo leva sulla distinzione tra termini
substantiales e connotativi o accidentali, ricavata da Occam?, l’autore afferma
che l’ottavo 259 Per le regole, cfr. ivi, ff. 13rb-14va; per il relativo, ivi,
f. 13vb. 260 Ivi, f. 13rb. 261 Cfr. capitolo III, e capitolo IV, $ 2. 22 , f.
14vb. 263 Ivi. 264 Ivi, f. 15va. 265 Summa logicae, cit., pp. 33-36; v. cap. I,
$ 2. 572 Alfonso Maierù modo ha luogo con i termini accidentali o connotativi,
e aggiunge che, se questo modo è meglio assimilabile alla fallacia figurae dictionis o dell’accidente, se ne discute nel senso
composto e nel senso diviso perché quei termini, posti 4 parte praedicati,
hanno appellatio rationis se costruiti con i verbi designanti atti dell'intelletto,
e appellatio temporis se sono costruiti con il verbo al tempo
passato o futuro *. Si ha senso composto quando il termine connotativo ha
appellatio ( animal fuit album , cognosco
venientem ), se il termine non ha appellatio la proposizione è in senso diviso
( album fuit animal, venientem cognosco )
?”, L’inferenza dall’un senso all’altro non vale, se non talora gratia materiae 24. Né è da dire che la consequentia vale, ad
esempio, nel caso di album erit hoc perché si considera hoc erit album come conversa della prima: infatti la 266
BATTISTA DA FABRIANO, ., f. 17rb-va: Iste est octavus et ultimus modus. Et fit
mediantibus terminis accidentalibus vel connotativis positis quandoque a parte
praedicati quandoque a parte subiecti respectu verbi de praeterito aut de
futuro aut verbi concernentis actum mentis vel intellectus , e f. 17va-b: Notandum tertio quod appellatio temporis est
acceptio termini habentis respectum ad solum tempus importatum per verbum, ut
“hoc erit album’: li ‘album’ respicit solum tempus futurum et ad hoc (ex huc)
ut ista sit vera requiritur quod aliquando erit ita quod hoc est album; sed in
illa ‘album erit hoc”, li ‘album’ stat ampliative et supponit divisive pro eo
quod est vel erit album et non requiritur quod erit ita quod est album; et
similiter dicatur respectu verbi de praeterito. Appellatio autem rationis est acceptio
termini limitati a termino praecedente concernente actum intellectus, ut
‘cognosco venientem’: ibi est appellatio rationis [est], quia terminus sequens
terminum concernentem actum intellectus supponit pro suo significato sub
ratione tali; unde ipsa significat quod cognosco aliquid sub ratione venientis;
sed sic non significat illa ‘venientem cognosco’, sed quod illa(m) rem cognosco
et illa est veniens, et ideo patet quod valde differunt ; il cenno alla fallacia
figurae dictionis e alla fallacia
accidentis è al f. 17va. 267 Ivi, f.
17va. 268 Cfr. in part. ivi, f. 18rb. Terminologia logica della tarda
scolastica 573 conversione della prima proposizione è: hoc erit quod est vel erit album ?9. Ancora più analitica l'esposizione di
Alessandro Sermoneta rispetto a quelle esaminate; di essa ricordiamo gli
elementi nuovi e caratteristici. Scopo dell’opuscolo di Heytesbury, secondo
Alessandro, è quello di facilitare la soluzione dei sofismi e di aiutare ad
evitare gli errori, giacché compito di quella parte della dialettica che si
chiama sofistica (o sopbistaria) non è quello di far sì che gli altri cadano in
errore, quanto quello di evitare gli errori ?°°. L’opuscolo perciò è da
pospotre a quello dei Primzi analitici !: questo mostra la corretta formazione
del sillogismo, il nostro trattato mostra le deceptiones; infine, esso fa parte
della dialettica ??, Del senso composto e del senso diviso non è possibile dare
una descrizione univoca — ritiene Sermoneta ”* con Battista da Fabriano —
giacché i modi sono otto, e può succedere — aggiunge Alessandro — che una
stessa proposizione, considerata secondo vari modi, può essere ora in senso
composto, ora in senso diviso 7°. Primo modo. Quando un termine modale totaliter praecedit 269 Ivi, f. 17vb. 270
SERMONETA, Expositio..., cit., f. Sva: Non enim inventa est ut aliis
concludamus falso, sed ut deceptiones vitemus . zm Ivi. 22 Ivi: Ad tertium
dicitur quod utilitas huius non parva est sicut et totius dialecticae cuius est
pats . Item a progenitoribus nostris ars artium et scientia scientiarum dicta
est; ad omnium nam methodorum principia viam habet (cfr. Prerro Ispano, Surzzzulae logicales,
cit., 1.01, p. 1). 23 Op. cit., f. Svb. 214 Ivi: Secundo est notandum quod ex
quo octo modis causatur sensus compositus et divisus, non inconvenit ut
respectu diversorum terminorum potentium causare sensum compositum et divisum
una et eadem propositio sit de sensu composito et diviso sicut ista. ‘tu potes
esse hic et Romae in 4 instanti’: est enim de sensu diviso primi modi et de
sensu composito quinti modi merito li ‘et’ . 574 Alfonso Maierù aut finaliter
subsequitur dictum propositionis, fit sensus compositus, quando vero mediat
inter pattes dicti erit de sensu diviso 5; in particolare il verbo potest, assunto
personaliter, fa senso diviso, assunto imzpersonaliter fa senso composto ?”. Le
differenze fra i due sensi costruiti con potest e possibile e le loro negazioni
sono queste: la proposizione in senso composto è officiabile, quella in senso
diviso resolubile o esponibile; la prima requirit verificationem instantaneam ?*, la seconda non la richiede; da ciò segue,
in terzo luogo, che la prima de possibili
può essere posita in esse , ma non così la seconda ”?, La
discussione delle obiezioni fornisce ulteriori chiarimenti: il modo necessario,
che, essendo avverbio, dovrebbe essere exponibilis %, in realtà equivale al
modo wecesse e petciò fa senso composto, mentre possibiliter non equivale a
possibile e quindi è esponibile e non fa senso composto ?8!; né fanno senso
composto e senso diviso verum e falsum: evidentemente, Sermoneta non ritiene
che questi due termini siano propriamente modali. 25 Ivi, f. 6ra. 26 Ivi, f.
6rab. 201 Ivi, f. 6rb. 218 Ivi, ma cfr. ff. 6vb-7ra: per verificationem instantaneam in proposito
non intelligimus quod praedicatum requirat mensuram instantis, sed ponatut in
esse id quod importatur per propositionem; et ideo concedit magister quod
possibile est te moveri, quia licet motus non mensuretur in instanti, tamen
debet poni in esse hoc totum in hoc instanti, veritas haec, scilicet, quod tu
moveris: non tamen quod sit ita, sed quod sibi non repugnat pro tali instanti
verum esse te moveri (nella risposta alla quarta obiezione non esaminata da
noi). 299 Ivi, f. 6rb. 280 Cfr. capitolo VI, $ 6. 281 Obiezione e risposta in
SERMONETA (si veda): Ad secundum dicatur quod non inconvenit li ‘verum’ et
‘falsum’ non facere sensum compositum et divisum nisi in voce aut in scripto,
non tamen proprie, cum intellectus hoc non faciat; et ratio est, quia li
‘verum’ non ponit neque aliud dicit quam si non poneretut; ideo, Terminologia
logica della tarda scolastica 575 L’inferenza dal senso composto al senso
diviso e viceversa non vale generalmente 28. Secondo modo. Con un termine
corfundens, sensus compo- situs fit
quando terminus communis confunditur confuse tantum a tali termino praecedente .
Sensus vero divisus fit cum sequantur huiusmodi signa terminum ab eis
confundibi- lem 4. Le differenze tra i due sersus sono quelle
note 28, così come ci è nota l’imzpertinentia dei due sensus e quindi che la
consequentia non è lecita ?*. Terzo modo. Dopo aver precisato, secondo la
tradizione, qual è il senso composto e quale il senso diviso con i relativi e
le diffe- renze fra i due sensi ?”, Sermoneta fornisce un lungo elenco di documenta de mente He(nti)sberi , in cui
ricapitola la dottrina e le condizioni di verità, anche in rapporto agli altri
modi: Primum, quod sensus compositus causatur mediante hoc relativo ‘qui’ cum
antecedens stat confuse tantum. Ex quo sequitur quod tunc non valet argumentum
a sensu composito ad divisum, scilicet cum relativum resolvitur. Probatur, quod
a termino stante confuse tantum ad eundem quia omnis propositio infert suum
dictum fore verum, ut scribitur in Postpraedicamentis; et ad oppositum negatur
assuntum, nec terminum modalem dixerunt logici mobilitare, nisi cum est aptus
natus facere sensum compositum et divisum . Tralasciamo le altre due obiezioni.
283 Ivi, f. 6rb; al f. 7ra-va l’autore elenca quattuor documenta tratti da Heytesbury e un corollario, relativi
alle condizioni di validità caso pet caso, che sostanzialmente niente
aggiungono a quanto hanno affermato i commenti già esaminati. 284 Ivi, f. 7vb.
285 Ivi, f. 7vb-8ra; i verbi careo, indigeo, requiro, ecc. faciunt con- fundere confuse distributive
mobiliter cum absque gerundiis ponuntur in propositione, ut ‘careo pecuniis”.
Quando vero cum gerundiis collocantur, confuse tantum, ut ‘indigeo oculo ad
videndum; cfr. il testo di Battista da Fabriano, di cui alla n. 243). 286 Ivi,
ff. 7vb e 8rab. 287 Ivi, 9va. 576 Alfonso Maierù stantem determinate non valet
argumentum 28; Secundum docu- mentum est
quod sensus compositus fit cum immediate hoc relativam ‘qui’ additur termino
distributo, sic scilicet quod non mediat inter relativam et terminum
distributum verbum principale; divisus vero cum resolvitur relativum actualiter
aut cum inter ter- minum distributum, scilicet antecedens, et relativum cadit
verbum principale, ut ‘omnis homo qui est asinus currit’. Ex hoc sequitur non
valere argumentum arguendo a sensu composito ad divisum; patet, quia tunc maior
est distributio in sensu diviso quam in composito 9; ‘Tertium documentum, quod
etiam causatur sensus compositus mediante hoc relativo ‘qui’ cum principale
verbum negetur, sive relativum prae- cedat sive non; divisus autem cum
resolvitur relativum 29; Quartum documentum: sensus compositus fit cum hoc
termino relativo ‘qui’ quando coniungitur termino potente stare categorematice
et syncate- gorematice, sive immediate coniungatur sive non, dummodo praecedat
talis terminus stans syncategorematice; divisus vero cum resolvitur relativum
aut non praecedit talis terminus ipsum relativum 2. Quin- tum documentum:
sensus compositus fit cum praedicto relativo ‘qui’, cum praecedit terminus
modalis faciens propositionem de sensu com- posito; divisus vero cum ipse modus
aut verbum termini modalis facit ipsam de sensu diviso aut cum actu resolvitur
relativum 22; Sextum documentum: sensus compositus fit cum hac determinatione
‘ita erit’, ‘ita fuit’, ‘sic est’, ‘sic fuit et cum hoc relativo ‘qui’ simul,
divisus vero cum non ponitur li ‘ita erit’ etc. 29. Di questi sei docuzzenta, i
primi tre riprendono le tre forme del senso composto di Battista da Fabriano, e
gli altri tre ricol- legano questo modo al primo, al quarto e al sesto. Niente
di nuovo aggiunge Sermoneta per i modi quarto RE 288 Ivi, f. 9vb. 289 Ivi; in
luogo di distributo, il testo ha distributivo. 290 Ivi, f. 10ra. DI Ivi. 22
Ivi, f. 10rb; al secondo au2, il testo aggiunge si. 29 Ivi. 294 Ivi, f. 1lrb-vb
(differenze tra senso composto e senso diviso, non validità della conseguentia
dall'uno all’altro senso, discussione di difficoltà). Terminologia logica della
tarda scolastica DIT quinto ?5 e sesto 2%, Al settimo modo, invece, dedica una
lunga analisi della quale ci limitiamo a ricordare qualche punto: si ha senso
composto quando un verbo designante atti dell'anima determina il dictum della
proposizione; ciò avviene, secondo Sermoneta, sia quando il termine precede il
dictu72 sia quando esso lo segue (e ciò è secondo l’intenzione di Heytesbury)?;
si ha senso diviso solo quando il termine sta tra le parti del dictumz ?*; ma
se il verbo cade su di un solo termine ( cognosco Socratem ) o su di un
incomplexum che significhi un complexum ( scio 4 propositionem ), si ha senso
composto quando il verbo precede e senso diviso quando segue ??. Tre sono le
differenze tra i due sensi: innanzi tutto, i verbi in questione confundunt confuse tantum terminum capacem
confusionis cum faciunt sensum compositum, sive se teneant in dicto
propositionis a parte subiecti sive a parte praedicati; unde ‘scio quod homo
est animal’: tam li ‘homo’ quam li ‘animal’ confunduntur; in sensu vero diviso
non confunditur nisi illud quod se tenet a parte praedicati, ut ‘alterum
istorum scio esse verum’: solum li ‘verum’ confunditur ; inoltre, in
sensu composito terminus supra quem cadit talis terminus faciens sensum
compositum appellat suam formam, et non in sensu diviso ; ma esse acquistano
luce dalla differenza fondamentale, cioè: de sensu composito propositio est officiabiliter
probanda aut descriptibiliter, de sensu vero diviso secundum exigentiam primi
termini probanda est ®°. Perciò,
continua Sermoneta, arguendo a sensu
composito ad divisum aut e 295 Ivi, f. 13ra-vb (come sopra). 296 Ivi, ff.
14rb-15ra. 297 Ivi, f. 16rb: ut arguitur velle magister ; Sermoneta però
ricorda: Ali vero dicunt: solum cum dictum praecedit talis terminus fit sensus
compositus (ivi). 298 Ivi. 299 Ivi, f. 16rb-va. 300 Ivi,
f. 16va. 37 578 Alfonso Maierù contra in his terminis non valet argumentum:
probatur merito differentiae ratione appellationis formae et confusionis in
sensu composito quae non servatur in diviso *. Ma poiché appellatio e confusio non hanno
luogo ( esse non possunt ) quando il soggetto della proposizione è il pronome
hoc non accompagnato da un aggettivo che lo determini ( absque aliquo
determinabili ), vale l'argomento dal senso diviso al composto e viceversa
perché ciò che si intende con la proposizione in senso composto si intende con
la proposizione in senso diviso, e quindi le due proposizioni si equivalgono (
convertuntur )®*%; ciò si ha anche quando oc, posto a soggetto della
proposizione, è accompagnato da un determinabile, purché il determinabile sia palam convertibile cum praedicato oppure superius ad esso ®%, Per quanto
riguarda, infine, l’ottavo modo, che ha luogo con i termini connotativi, si
deve rilevare che Sermoneta limita la possibilità del senso composto e del
senso diviso ai casi in cui i termini connotativi siano posti in una
proposizione che abbia il verbo di tempo passato o futuro, o participi
equivalenti, oppure abbia incipit o desinit: si ha senso composto quando il
connotativo segue il verbo e ha appellatio temporis , e senso diviso quando il
connotativo precede il verbo, cum a
parte ante non appellet 4; nessun
accenno si fa qui ai verbi designanti atti mentali (che secondo Battista da
Fabriano fanno sì che il termine connotativo che segua il verbo abbia appellatio rationis ) giacché di questo
Alessandro ha già parlato nel settimo modo, come si è visto. La trattazione del
senso composto e del senso diviso svolta 301 Ivi, f. 16va-b. 302 Ivi, ff.
16vb-17ra. 303 Ivi, f. 17ra. Seguono altre regole (ff. 20va-22vb), che
riesaminano i vati temi toccati da Heytesbury. da Bernardino di LANDUCCI (si
veda)è la più sistematica tra quelle finora esaminate: essa utilizza e discute
i trattati di logica dei maestri più rinomati IN ITALIA al suo tempo, ed
accenna almeno due volte alle opinioni di SERMONETA (si veda), che designa come
quidam doctor, di modo che può essere considerata come il punto di arrivo di
una tradizione di interpreti della dottrina del senso composto e del senso
diviso. Secondo Landucci, il trattato fa parte degli Elenchi sofistici e perciò
esso non è da porre dopo i Primi analitici, come vuole il Sermoneta *”,
Inoltre, l’autore fa sua la tesi secondo la quale non è possibile dare una
descrizione univoca di ‘senso composto’ e di ‘senso diviso’, giacché di volta
in volta diverse sono le raziones che presiedono alla individuazione dei vari
modi ®%. 305 Lanpucci, Expositio..., cit.: autori espressamente ricordati,
oltre ad Aristotele, Averroè e Heytesbury, sono Strode, Pietro di MANTOVA (si
veda), NICOLETTI, e Paolo da PERGOLA (si veda). Si legga il seguente passo
relativo alla discussione circa la capacità di omnis di distribuire tutto il
disiuzcium o il copulatum’ a parte subiecti: Ad hoc dubium inventi sunt plures
modi respondendi. Primus est Petri Mantuani, qui tenet quod totum disiunctum et totum
copulatum sit subiectum. Secundus est Pauli Veneti, cuius opinio in diversis
operibus est diversificata: nam Sophismate nono tenet quod prima pars solum sit
subiectum, et in Quadratura tertio dubio secundi principalis, et in Logica
magna et etiam in Parva tenet quod totum disiunctum vel copulatum sit
subiectum, attamen solum prima pats est distributa, et illa appellatur ab eo
subiectum distributionis. Tertius modus est Hentisberi, Sophismate septimo, qui
dicit quod talis propositio est distinguenda eo quod subiectum potest esse
totum disiunctum aut una pars tantum, quapropter utramque partem sustentando
respondetur ad argumenta probantia quod non distribuatur totum . 306 Cfr. ivi, f. 2rb
(posizione del trattato della suzzzza della logica) e f. 3vb (per la verificatio instantanea ): cfr. nn. 307 e 325.
307 Ivi, f. 2rb: Circa secundum dicit quidam doctor quod iste libellus est pars
libri Priorum et quod immediate postponendus est ad illum librum, quod quidem,
salvo meliori iudicio, non puto esse verum . Ideo puto aliter esse dicendum,
videlicet quod iste libellus sit pars libri Elenchorum . 308 Ivi, f. 2vb. 580 Alfonso Maierù L’esame
degli otto modi segue uno schema costante: in una prima parte si descrivono il
senso composto e il senso diviso e se ne mostrano le differenze, in una seconda
vengono poste le regole dell’inferenza dall’uno all’altro senso, in una terza
vengono poste obiezioni (con le relative risposte) a ciò che è detto nelle
prime due parti. In questa sede noi trascureremo quanto Landucci afferma circa
i modi terzo ®”, quarto *°, quinto ®!, sesto ®!° e ottavo (con appellatio temporis soltanto) ?: in essi infatti l’autore non
prospetta nulla di nuovo rispetto a quanto già sappiamo dai commenti
precedenti. Diverso è il caso dei modi primo, secondo e settimo, che sono
simili tra loro, e nei quali si propone un discorso unitario che mira a fissare
per ciascuno di essi caratteristiche tali che lo distinguano dagli altri due.
Il primo modo ha luogo con i termini modali. Ora, il termine modale è così
descritto da Landucci: Terminus modalis
est terminus determinativus alicuius dicti et connotativus alicuius passionis
propositionis, non habens vim faciendi tale dictum appellare formam *!*. I modi sono i quattro classici, più
veruzz e falsum: Landucci non accetta la definizione di Occam secondo cui
qualsiasi termine che possa predicarsi di un dictum è da considerare modus?*5;
egli ritiene invece che solo quei modi che determinino una proposizione
connotandone una qualche caratteristica siano termini modali. Termini come
scitum, dubium, intellectum, cognitum non sono modali perché, oltre ad avere
ciò che è proprio dei modali, fanno sì che il dictum appellet for309 Ivi, ff. 9vb-12vb. 310 Ivi,
ff. 12vb-15rb. 311 Ivi, ff. 15rb-17vb. 312 Ivi, ff. 17vb-20rb. 313 Ivi, f.
23vb-24vb. 314 Ivi, f. 3ra. 315 Cfr. cap. V, $ 6. Terminologia logica della
tarda scolastica 581 mam 355: essi
rientrano propriamente nel settimo modo, come vedremo. Senso composto e senso
diviso così sono caratterizzati: Ideo sensus compositus in primo modo causatur
quando terminus modalis totaliter praecedit aut finaliter subsequitur totum
dictum totius propositionis in qua ponitur, aut finaliter subsequitur (!);
sensus vero divisus causatur quando terminus modalis mediat inter partes
propinquas totius dicti; unde partes propinquas dicti appello totum quod
regitur a parte ante et a parte post respectu verbi illius dicti, id est a
verbo orationis infinitivae vel coniunctivae 317. Ma Landucci, dopo aver precisato che
questa è l’opinione di Heytesbury, Paolo Veneto e Paolo da Pergola !, ricorda
le opinioni di Strode*? e Pietro di Mantova ° e conclude: Istarum opinionum unaquaeque est sustentabilis
et nulla est demonstrativa, et ideo eligat scholaris illam quae sibi magis
placet ®!. 316 Op. cit., f. 3ra-b et non
habet vim faciendi appellare formam tale dictum, quod dico ad differentiam
istorum terminorum ‘scitum’, ‘dubium’, ‘intellectum’ et ‘cognitum’, quia, licet
possunt determinare dictum propositionis et ‘connotare passionem, non tamen
sunt termini modales primi modi, ex eo quia habent vim faciendi tale dictum
appellare formam . 37 Ivi, f. 3rb. 318 Ivi: Prima opinio est communis tenens
quod diximus, et est opinio etiam Hentisberi, Pauli Veneti in Logica parva et
Pauli Pergulensis in hoc tractatu . 319
Ivi: Secunda est opinio Sttodi in Consequentiis suis, qui ponit quod quando
modus totaliter praecedit est in sensu composito et quando mediat est in sensu
diviso; sed quando finaliter subsequitur, tunc est distinguenda, quia potest
capi in utroque sensu . 320 Ivi: Tertia est opinio Petri de Mantua in capitulo
de modalibus, ponentis modum praecedentem facere sensum compositum, mediantem
vero et subsequentem facere sensum divisum, et hoc potest etiam elici ex
tractatu soppositionum, ubi ipse tenet in octava regula quod termini modales
non habent vim confundendi nisi terminos sequentes, et ideo quando finaliter
subsequuntur non confundunt aliquem terminum, et per consequens tunc faciunt
sensum compositum. Le differenze fra senso composto e senso diviso sono
quattro; le prime due sono generali. Per la prima, la proposizione in senso
composto va provata in funzione del termine modale, mentre la proposizione in
senso diviso va provata ratione primi
termini, dummodo talis terminus fuerit mediatus #2; per la seconda, nella proposizione in
senso composto il termine modale confundit tutti i termini comzunes presenti
nel dictumz; non è così nel senso diviso, giacché la confusio non si esercita
sui termini che precedono il modus *. Le altre due differenze riguardano
potest, non potest e possibile, impossibile. Precisato che potest fa senso
composto quando è usato impetsonalmente e senso diviso quando è usato
personalmente **, Landucci pone la terza differenza, per la quale la
proposizione in senso composto ( cum dicto praesentis temporis soltanto, cioè con il verbo del dictum
all’infinito presente) richiede una verificatio instantanea , che non è richiesta
dalle proposizioni in senso diviso. Cosa sia da intendere con verificatio instantanea è un problema che Landucci si pone. Rifiutata
la tesi di Sermoneta ( quidam doctor )®5 e di chi 322 Ivi, f. 3va, e continua: Voco autem terminum mediatum omnem terminum
excepto pronomine demonstrativo singularis numeri; pronomen vero demonstrativum
singularis numeri appello terminum immediatum, et quando ponitur pro subiecto
in propositione, talis propositio dicitur immediata, ut haec: ‘hoc est homo’
demonstrato Socrate. Et notanter dico ‘singularis numeri’, quia in
numero plurali est terminus mediatus et communis, ut vult Paulus Venetus in
Logicula ; cfr. cap. VI, n. 41. 32 Ivi, f. 3va. 324 Ivi (ciò vale anche per contingit; tra i
modi è incluso anche il verbo oportet, e di tutti e tre i verbi è detto: personaliter vel impersonaliter sumpta : f.
3ra). Ivi, ff. 3vb-4ra: Unde requirere verificationem instantaneam
diversi diversimode exponunt. Nam quidam doctor dicit quod propositio de sensu
composito de li ‘potest’ etc. requirit huiusmodi verificationem, ut puta ista:
‘possibile est te moveri’, non quia praedicatum seu res importata per praedicatum
mensuretur instanti, quia motus non mensuratur instanti ex quo est de numero
successivorum, sed quod ponantur in esse id quod Terminologia logica della
tarda scolastica 583 ritiene che la verifica istantanea di una proposizione
esige che sua de inesse sibi
correspondens pro infinito modico tempore possit verificati *5, egli così spiega la frase: propositio de
sensu composito de li ‘potest’ etc. requirit verificationem instantaneam, id
est requirit ad hoc quod sit vera quod arguendo a sua de inesse de praeterito
vel de futuro ad suam de inesse de praesenti cum tali determinatione ‘ita
fuit’, seu ‘ita erit’ si sit de futuro, consequentia valeat, ut, verbi gratia,
haec propositio de sensu composito ‘possibile est te esse Romae’ requirit
verificationem instantaneam, id est requirit ad hoc quod sit vera quod arguendo
ab ista de praeterito ‘tu fuisti Romae’ vel sibi consimili ad talem de
praesenti ‘tu es Romae’ cum ista determinatione ‘aliquando fuit ita quod’,
consequentia valeat; et quia huiusmodi consequentia valet, scilicet: ‘tu fuisti
Romae, ergo aliquando fuit ita quod tu es Romae’, ideo illi de sensu composito
correspondet veritas instantanea; ideo illa est vera, immo est necessaria, quia
omnes tales propositiones de sensu composito verae sunt necessariae, et eodem
modo dicatur de futuro; et si talis consequentia non valeret de praeterito aut
de futuro, tunc illa propositio de sensu composito non posset esse vera, immo
esse(t) impossibi- lis. Vel dicatur, et brevius, quod propositio de sensu
composito de li ‘potest’ etc. requirit verificationem instantaneam, id est
requirit ad hoc quod sit vera quod sua de inesse de praesenti, si sit in mundo,
sic adaequate significando sit possibilis, et si sit illa de sensu composito de
negationibus praedictorum terminorum ‘potest’ et ‘possibile’, requi- importatur
per propositionem, ut puta veritas illius propositionis seu signi ficatum, ut
sit sensus quod in hoc instanti tu movearis, non tamen quod sit ita, sed sibi
non repugnat pro tali instanti verum esse te moveri. Sed iste doctor iudicio
meo volens istam differentiam declarare intricavit se et nescivit eam
exprimere, et dictum eius est falsum. Nam quaero: per verificationem
instantaneam aut ipse intelligit quod sua propositio de inesse sit vera in
instanti, aut quod suum significatum sit verum in instanti, aut quod sibi non
repugnet esse verum in istanti. Modo quocumque intelligat, sequitur quod omnis
propositio vera requirit verificationem instantaneam, quod est falsum et contra
Hentisberum in tractatu De incipit et desinit, ubi ponit quod aliqua est
propositio quae pro sui veritate requirit tempus limitatum; unde omnis
propositio vera, est vera in instanti, quod probo ; cfr. il testo di SERMONETA (si veda) in n.
278. 326 Ivi, f. 4ra. 58 rit quod sua de inesse, id est indicativa illius
dicti, absque negatione sit impossibilis etc. #7, La verifica è risolta dunque
dall’autore in prima istanza in una operazione logica complessa, nella quale
sia posta come antecedente una corseguentia e come conseguente la proposizione
in senso composto; in seconda istanza in una consequentia nella quale sia posta
come antecedente l’affermazione della possibilità della proposizione de iresse
e come conseguente la proposizione in senso composto, ad esempio, la verifica
di possibile est album esse nigrum nel secondo caso va data così: ‘album est nigrum’ est possibile sic adaequate
significando, ergo possibile est album esse nigrum , dove sia l’antecedente che
il conseguente sono falsi. La quarta differenza afferma che per i suddetti modi
(potest, possibile e non potest, impossibile) la proposizione in senso composto
esige che se è posta ir esse, cioè si
accipiatur sua de inesse sibi correspondens come spiega Landucci, allora nullum sequitur inconveniens , petché si talis
propositio de sensu composito sit vera, sua de inesse sibi correspondens, si
sit in mundo, erit possibilis ; ciò invece non è vero per il senso diviso,
giacché la proposizione può essere vera e la sua de inesse essere impossibile:
così album potest esse nigrum è vera, ma la sua de inesse album est nigrum è impossibile ®8. Quanto alla liceità
dell’inferenza dall’un senso all’altro, Landucci afferma che con potest e
possibile non vale l’inferenza dal senso diviso al senso composto né e contra
negative quando un verbo o participio
richiede tempus limitatum pro veritate
talis propositionis (cioè non vale: tu
potes pertransire hoc spatium, ergo possibile est te pertransire hoc spatium »:
prima regola) *; né vale dal senso composto al senso diviso vel e contra 327 Ivi, f. 4rb. 328 Ivi, f.
4rb-va. 329 Ivi, f. Ava. Terminologia logica della tarda scolastica 585
negative con gli stessi modi in terminis
compositis seu distributis a parte praedicati (esempio: non vale possibile est te esse omnem hominem, ergo tu
potes esse omnis homo : seconda regola); né, sempre nello stesso caso, vale dal
senso diviso al senso composto aut e
contra negative cum terminis per se aut per accidens repugnantibus ( album potest esse nigrum, ergo possibile est
album esse nigrum : terza regola)*!; né dal senso composto al senso diviso ( et
e contra negative ) con il relativo implicativo ( possibile est antichristum
esse hominem qui est, ergo antichristum potest esse homo qui est: quarta
regola) *°. Più generalmente (quinta regola) con tutti i termini modali non
vale de forza l’inferenza dall’un senso all’altro e vecevetsa, date le
differenze che sussistono tra senso composto e senso diviso, purché nella
proposizione siano posti termini comuni 53, Il secondo modo ha luogo con i
termini che hanno vis confundendi , cioè
mediantibus terminis potentibus
confundere confuse tantum vel distributive mobiliter vel immobiliter #4, purché essi non connotent passionem propositionis nec
faciant appellare formam *5: la prima
precisazione distingue il secondo modo dal primo, mentre la seconda lo
distingue dal settimo *%. Né si 330 Ivi, f. Sra. 331 Ivi, f. 5rb; e: Unde voco
terminos per se repugnare oppositos contrarie (ut ‘album’ et ‘nigrum’),
contradictorie (ut ‘homo’ et ‘non-homo?), privative (ut ‘caecus’ et ‘videns’),
relative (ut ‘dominus’ et ‘servus’); etiam generaliter illos terminos appello
per accidens repugnare qui non opponuntur proprie aliquo istorum modorum, tamen
non possunt de eodem affirmative verificari, ut 4 locus et 4 locus, et esse
adaequate in 4 et esse adequate in © instanti (f. Srb-va). 332 Ivi, f. Sva. 333. Ivi, f.
Svb. 334 Ivi, f. 7vb. 335 Ivi, 336 Ivi, f. 8ra: Et notander dixi a principio:
‘dummodo tales termini 586 Alfonso Maierù dica, aggiunge LANDUCCI (si veda), che
tali precisazioni sono superflue giacché una stessa proposizione può essere in
primo modo o in secondo, o in secondo e in settimo, per diversi motivi *.
L’autore, pur definendo probabilis questa opinio, titiene che i modi vadano
tenuti ben distinti **: se così non fosse, il secondo modo includerebbe il
primo e il settimo come suoi casi particolati, ed Heytesbury avrebbe dovuto
cominciare dal secondo la sua trattazione, come invece non ha fatto’; fra
l’altro, avverbi come necessario e contingenter fanno senso composto nel
secondo modo, anche se sono modali, e solo impropriamente si dice che lo fanno
nel primo, così come impropriamente connotano una passio della proposizione
#°;. sono infatti esponibili, non officiabili, come si è tante volte ripetuto.
Le differenze fra i due sensi sono così formulate: Prima est, quoniam
propositio de sensu diviso ad hoc quod sit vera requirit verificationem in
suppositis termini communis cum descensu copulativo vel disiunctivo; propositio
veto de sensu composito non, quia uterque descensus sibi repugnat . Secunda
differentia est, quoniam propositio de sensu composito ut plurimum probanda est
ratione termini confundentis, sed sua de sensu diviso non #4. non sint connotativi’ etc., ut pet hoc
differat secundus modus a primo; dixi etiam: ‘non facientibus appellare
formam’, ut pet hoc differat a septimo . 337 Ivi. Una posizione analoga a
quella respinta aveva sostenuto SERMONETA nell’introduzione alla sua Expositio:
Ad hoc respondetur quod, licet haec
opinio sic arguens sit probabilis, tamen magis consonum videtur veritati
secundum mentem Hentisberi ipsum [!, cioè i modi 1°, 2° e 7°] separari quam non
[....]. 339 Ivi, f. 8ra-b: Etiam si secundus modus non separaretur ab illis,
tunc Hentisber errasset in isto suo tractatu, quoniam secundus modus esset
communior et subalternans primum et septimum: sed communiora sunt praemittenda
in doctrina, teste Aristotele et Commentatore in primo Physicorum t.c. LVII et
etiam tertio Physicorum t.c. II, ergo Hentisber debuisset tractatum suum
incipere a secundo modo et non fecit, ergo errasset . 30 Ivi, f. 8rb. MI Ivi.
Terminologia logica della tarda scolastica 587 Esse riaffermano che la
proposizione in senso diviso è probata mediante descensus, mentre la
proposizione in senso composto, richiedendo la probatio in funzione del termine
confundens, sarà exponibilis oppure officiabilis. Di qui la regola generale
fornita da Landucci: Arguendo a sensu
composito ad sensum divisum aut e contra in isto secundo modo non valet
consequentia #%, Il settimo modo ha
luogo con i verbi che riguardano atti della mente: ma questi verbi possono
designare atti della volontà (volo, nolo, malo, cupio, desidero, opto, odi) o
operazioni dell'intelletto: absque formidine come scio, teneo, cognosco, concedo, nego, o cum
formidine come dubito, credo, imaginor,
suspicor, apparet e simili 8. Questi verbi possono cadere su di un complexum verbale , cioè un dictum
all’accusativo e l’infinito o con quod e il congiuntivo, o sopra un terminum incomplexum (Socrates, a propositio ): nel primo caso, se uno di essi
precede o segue il dicturm fa senso composto, se sta tra le parti del dictu72
fa senso diviso; nel secondo caso, se esso precede il termine, si ha senso
composto, se segue a questo, si ha senso diviso *4. Il senso composto e il
senso diviso differiscono perché il primo ‘confonde’ i termini comuni seguenti
capaci di ‘confusione’ e fa sì che il dictum o il termine seguente appellat formam , e il secondo non fa ciò *5;
inoltre, la proposizione in senso composto è officiabilis, la proposizione in
senso diviso non lo è #4, 342 Ivi, f. 8rb-va. 34 Ivi, f. 20rb-va. 34 Ivi, f.
20va. 35 Ivi, f. 20vb; e ancora (ivi): Quid autem s[c]it appellatio formae puto
notum esse ex Logica parva, quoniam ille terminus appellat formam qui
repraesentat suum significatum sub conceptu proprio . Ivi: Landucci precisa che il primo termine
della proposizione in senso 588 Alfonso Maierù Di qui le regole generali: [1]
Arguendo a sensu diviso ad sensum compositum aut e contra in praedictis
terminis non valet consequentia #7; Arguendo a sensu diviso ad sensum
compositum et e contra in praedictis terminis ubi praedicatum sit iste terminus
‘hoc’ et subiectum, in sensu diviso, non sit terminus pet se notus non valet
consequentia 4, si foret ter. minus per
se notus bene valeret consequentia *’; [3] Arguendo a sensu diviso ad sensum
compositum ubi subiectum fuerit terminus pet se notus absque aliquo
determinabili, et praedicatum fuerit hoc pronomen ‘hoc’, consequentia est bona,
et e contra, mediante verbo importtante scientiam vel certitudinem ; notanter
vero dixi ‘cum verbo importante scientiam’, quia cum isto verbo ‘dubito’ non
valet consequentia 59, Tralasciando le regole non riguardanti strettamente
l’inferenza, concludiamo ricordando le due regole relative a hoc quando è soggetto
della proposizione: l’inferenza è valida dall’un senso all’altro e viceversa se
il pronome è absque aliquo determinabili
5, oppure cum suo determinabili palam convertibili cum
praedicato aut palam superius ad ipsum #*. L’operazione compiuta da Landucci, come si
può rilevare, è consistita nel fissare criteri distintivi in modo da
giustificare pienamente l’articolazione dei modi proposta da Heytesbuty; egli
ha mirato a precisare la dottrina tradizionale che aveva unificato modali
(primo modo) e verbi designanti atti dell’anima (settimo) sotto lo stesso
motivo della probazio officialiter, e ha identificato composto dev'essere
immediato perché essa possa essere probata officiabiliter ; così è nel caso di ego scio hominem esse animal . 347 Ivi, ff.
20vb-21ra. 38 Ivi, f. 21ra. 349 Ivi, f. 21rb. 350 Ivi. 351 Ivi, f. 21vb. 352
Ivi, f. 22ra. Terminologia logica della tarda scolastica 589 motivi precisi che
non permettono la riduzione al secondo modo del primo e del settimo. Di diverso
orientamento è la trattazione di Benedetto Vettori: più vicina al testo di
Heytesbury nel ritenere l’articolazione in otto modi con la distinzione del
quinto (con et) dal sesto (con vel) e con la mancata inclusione del nono,
accennato e non sviluppato dal maestro inglese, relativo ai termini
connotativi, la discussione del Faventino si svolge su di una linea generale
che non ritiene niente della impostazione dei quattro commenti finora esaminati
e sembra anzi in diretta polemica con la matura esposizione di Landucci, le cui
tesi in certo senso vengono capovolte. Nell’esame di questo trattato, ci
limiteremo a segnalare questi motivi di dissenso all’interno della tradizione
più comune e che servono a chiarire l’origine e la destinazione di certe
precisazioni, specie di Landucci: otterremo così un quadro più chiaro
dell'esame finora condotto. L'esposizione si articola in lezioni, e sono otto
in tutto; di esse una è introduttiva, mentre la sesta discute insieme i modi
cinque e sei. Nella prima lezione Vettori chiarisce il suo atteggiamento in
questo trattato. Innanzi tutto afferma che il senso composto e il senso diviso
possono essere considerati o secundum se
et absolute , oppure unius per rispectum
ad alterum . Considerata in se stessa, la nozione di senso composto è fondata
sulla nozione di verità o falsità istantanea (quindi sulla verifica istantanea)
della proposizione corrispondente al dictu7z, che ha una sua determinazione ad
opera di un modo; perciò la proposizione in senso composto de modo non exponibili vel verbo concernente
actum mentis è officiabilis, giacché
tale probatio explicat 353 VertORI,
Opusculum in Tisberum..., cit., lect. I, 1: Et sic notitia sensus compositi secundum se
causatur ex notitia instantaneae veritatis vel falsitatis propositionis
significantis dictum vel determinatum a modo reddente sensu(m) compositum. propositionem
significantem dictum categoricum propositionis officiandae, cuius praedicatum
denotatur inesse subiecto secundum idem tempus imperceptibile. Considerato in
se stesso, il senso diviso a sua volta può essere mostrato (potest ostendi) in
due modi: aut explicatione propositionis, aut expositione eiusdem #5; perciò la nozione di esso è legata alla
explicatio o alla expositio; la explicatio di tu non potes pertransire 4 spatium è: tu non habes potentiam ad pertranseundum 4
spatium , che è falsa; mentre la expositio (0 resolutio, dice Vettori) esige
che sia vera in un tempo percettibile la proposizione hoc possibiliter currit ; per questo si suol
dire che il senso diviso deve verificari
temporaliter 3%, Considerati poi l’uno
in rapporto all’altro, i due sensi rientrano nella dottrina della conseguentia
come specie nel genere ?7. Da queste considerazioni deriva la determinazione
del posto da assegnare al trattato tra i libri logici: in quanto i due sensi
sono considerati in sé, la nozione di senso composto e di senso diviso è legata
alla conoscenza della proposizione e in tal senso è pars determinationis libri Periermenias ; in
quanto essi sono considerati in rapporto tta loro, il trattato va posto
immediatamente dopo il trattato delle conseguenze e immediatamente prima dei
Primi analitici. 1 fini del trattato possono essere interno o esterno alla
logica; fine interno è la soluzione dei sofismi, fine esterno è servire a tutte
le scienze ?. Per quanto riguarda le cause del senso composto e del senso
diviso, è da tenere presente che ‘causa materiale’ è il 354 Ivi. Si ricordi
come è data la probatio officialis: Talis propositio est..., quae praecise
significat ..., ergo... dictum verbale o un suo equivalente, giacché compositio e
divisio sono proprietà logiche di cui la prima inferi cioè esige l’istantanea
verifica della proposizione, e l’altra la verifica temporale, e si sa che la
verifica è proprietà delle proposizioni o dei dicta soltanto *. Inoltre, il
modo, o il termine comzponens vel dividens, dà nome e definizioni al dictum
composto o diviso ! e quindi la capacità di confondere (virtus confusiva),
propria del termine che è modo, opera o su tutto il dictuzz o solo su di una
parte di esso e fa senso composto e senso diviso *°: perciò la virtus confusiva
del modo ne è la causa formale; e poiché la confusio è opera dell’intelletto (
est de operatis ab intellectu ), senso composto e senso diviso sono legati
all’apprebensio, della capacità di un termine di ‘confondere’ un dictumz, da
parte dell’intelletto *4, il quale così ne è causa efficiente. Di qui seguono
due affermazioni di notevole importanza: innanzi tutto, senso composto e senso
diviso non hanno luogo senza la confusio del termine; inoltre, non hanno luogo
senza il riferimento all’intelletto (sine intellectu). Come si può notare, la
seconda affermazione riprende il vecchio tema del rinvio all’intelletto, del
resto già presente in Heytesbury, per il quale senso composto e senso diviso
sono molto simili quanto alla struttura linguistica (vox) ma omzzino
impertinentes quanto all’intelletto, in ordine alla verità e alla falsità e quoad formam arguendi #7, Ma sulla prima affermazione si fonda tutta
la struttura del trattato di Vettori. Egli si chiede infatti, subito dopo, se
si possa 36 Ivi, lect. I, 2, supponitur primo, e prima conclusio. 361 Ivi,
supponitur secundo. 362 Ivi, supponitur tertio. 363 Ivi, secunda conclusio. 364
Ivi, supponitur quarto. 365 Ivi, tertia conclusio. Ivi. 357 HeyTEsBuRY, De
sensu composito et diviso, cit., f. 2ra. 592 Alfonso Maierà dare un’unica
definizione di senso composto e senso diviso. Ricordata l'opinione che abbiamo
visto essere propria di Battista da Fabriano, Sermoneta e Landucci, egli la rigetta
come falsa imaginatio *8; egli afferma
che, non essendo il concetto di senso composto e senso diviso mere aequivocus , esso può fungere da concetto
comune e indifferenziato (indifferens) rispetto ai concetti propri causati dai
vari modi 9, Ora, la ratio communis propria di questo concetto è quella che si
è detto: non c’è senso composto e senso diviso sine virtute confusiva + Da questa affermazione seguirebbe che la
proposizione possibile est Socratem esse
istum hominem non è in senso composto
perché nessuna parte del dicturz ha confusio, € che la proposizione possibile est Socratem esse hominem è in senso diviso giacché solo una parte del
dictum ha confusio: entrambe, invece, secondo la dottrina tradizionale,
dovrebbero essere in senso composto perché il modo precede totaliter il dictum;
seguirebbe inoltre che la congiunzione e?, la disgiunzione vel e il relativo
implicativo, non avendo capacità di confondere, non farebbero senso composto e
senso diviso, e quindi i modi tre, cinque e sei non sarebbero tali”. Per
rispondere a ciò, Vettori afferma ancora una volta che un termine fa senso
composto quando ‘confonde’ o tutte le parti del dictum o almeno la principale,
cioè il soggetto, e fa senso diviso quando confonde la parte più remota, cioè
il predicato; perciò, continua Vettori, alcuni termini che non hanno tale
capacità, non possono fare senso composto 0 senso diviso, ma possono causare
corzpositio e divisio (giacché altro è compositio, altro senso composto, e così
via); tali sono tutti termini elencati da Heytesbury ad eccezione di quelli del
primo e dell’ottavo modo, VETTORI (si veda), dubitatur primo. 39 Ivi. ; . ; Ivi (in particolare il secondo corollario al
primo dubbio). 371 Ivi, dubitatur secundo. Terminologia logica della tarda
scolastica 593 dei quali si parla communiter quando si tratta di senso composto
e di senso diviso *; perciò non ex
diversa applicatione modi ad dictum nascono le diversità tra i due sensi, ma dalla
diversa confusio *: ci sono proposizioni, il cui modo (in forma nominale)
precede il dictum, che non sono officiandae perché il soggetto di esse non è
confuso (es. in possibile est Socratem
currere solo il predicato è ‘confuso’),
e perciò sono in senso diviso (come Socratem possibile est currere e Socratem currere est possibile ; ma, mentre
quella è explicanda, queste sono resolubiles); proposizioni come possibile est hominem esse Socratem sono invece in senso composto perché il
soggetto è confuso e quindi sono da probare officiabiliter o exponibiliter.
Ora: se non c'è confusio e il modus precede tutto il dictum, si avranno proposizioni
compositae, non in senso composto, e se il modus sta tra le parti del dicturz,
si avranno proposizioni divisae, non in senso diviso; le compositae possunt probari vel explicative, ut in sensu
diviso, vel officiabiliter aut expositive ut in sensu composito 3, Ciò premesso, egli accetta le osservazioni
relative alle proposizioni « possibile est Socratem esse istum hominem e « possibile est Socratem esse hominem ;
ritiene inoltre che ez, vel e qui facciano compositio e divisio, ma non senso
composto e senso 372 Ivi, supponitur primo; in part: «Quia autem stat aliquos
esse terminos non habentes vim assignatam, ideo ab actione sensus compositi vel
divisi auferuntur, licet ex eisdem causetur compositio vel divisio in
propositione: hi igitur erunt qui assignantur a Tisbero in littera, praeter hos
de primo et octavo, quibus communiter utimur in locutione sensus compositi vel
divisi . È evidente qui il riferimento alla tradizione, per la quale modali e
verbi designanti atti di volontà (1° e 8° modo) fanno senso composto e senso
diviso essendo officiabili; l’autore non accenna, infatti, al secondo modo, che
per Heytesbury è appunto «cum terminis confundentibus . 373 Ivi,
supponitur secundo. 374 Ivi, supponitur
tertio. 38 Alfonso Maierù 594 diviso. Egli è cosciente che quest’affermazione
nega la dottrina di Heytesbury e degli altri logici e perciò la dà come sua IDE
personale ?. Egli continuerà così a parlare di “senso composto’ e di ‘senso
diviso” secondo la terminologia tradizionale, anche in quei casi in cui avrebbe
dovuto semplicemente parlare di Lp e divisio, e continuerà a descrivere i modi
nella maniera tradizionale. N Tralasciando i modi terzo, quarto, quinto e
sesto, cl soffetmiamo brevemente sui quattro rimanenti, limitandoci ad esaminare
la caratterizzazione fornita da Vettori. a Primo modo. Ha luogo quando i
termini ampliativi o, bageg si operano su di un dictum verbale o un suo «prec
Ss a senso composto quando il modo precede ° segue i ic n mentre quando sta tra
le parti del dictum si ha ce De È, il termine modale, sia quando è officiabile
che quando cp ; nibile, è sempre in primo modo 8; i verbi potest e contingi 375
Ivi, in fine: «Et sic his habitis facilis est responsio ad gup dum corollarium,
concedendo id Laren gra soir pa er) pro
aliis autem tribus negatur notam cor n be hdi i implicativim non facere
compositionem vel divistonem, quan ipa e nullum illorum facere sensum
compositum La cap cum nullum horum habeat vim confusivam, ut pro egg ir 3 Gu
hoc arguatur fere omnia in tertio articulo esse contra core Lodi logicos,
concedatur. Ideo volui haec dixisse Reni prop: hear noster habeat quod obicere,
et hoc de tertio articulo et per q hodierna Pad; A her 376 Ivi t. rimo. da n è
ia la tesi di Strode e di -_ ko; Lei magna), relativa alla distinzione da fare
quando il modo s gr ps 318 Ivi, fertio, fra cui: Ex quo sequitur è pen lic
nomen sensus compositi in propositionibus modalibus ut = uerunt q cai SI cfr.
ad es. il Landucci, per il quale in questo caso si e unta modo; cfr. anche il
testo del VETTORI, 0p. cit. lect. III, i ‘ubi sl fis ; prima conclusio, dove si
ripropone il problema per g men pira si risponde: Termini modales adverbialite= sumpti componuni
Terminologia logica della tarda scolastica 595 assunti impertsonalmente fanno
senso composto; personalmente, senso diviso; il dictum vero segue alla
proposizione vera: deum esse è dictum di deus est ; quindi, vera questa, segue che è
vero quello e non viceversa; triplice è la differenza tra i due sensi: a) il
senso composto ha verificazione istantanea, sia perché tutta la compositio è
determinata dal modo, come vuole Heytesbury, sia perché tutte le parti della
comzpositio sono ‘con- fuse’ dal modo, come si è detto, mentre il senso diviso
richiede, a sua volta, una successione temporale, sia perché il modo determina
una parte del dicture, sia perché è confuso solo il pre- dicato; b) il senso
composto è officiabile o esponibile, mentre il senso diviso probatur ratione termini mediati ; c) la terza
dif- ferenza proviene ex parte illativae
positionis ; cioè la proposi- zione in senso composto implica una proposizione
nella quale il modo sia affermato della proposizione de inesse corrispondente
al dictum (es. necesse est hominem esse
animal, ergo haec est necessaria ‘homo est animal’ ) e ciò non è possibile per
il senso diviso (non vale l’inferenza: homo contingenter est animal, ergo haec est
contingens ‘homo est animal’ ) 1, Secondo modo. Si ha con un termine che ha vis confundendi (confuse tantum, mobiliter o immobiliter) nei
riguardi di un proprie et per se in primo modo , e ciò contro Heytesbury, che ratione suae confusionis vel immobilitationis li tratta nel secondo modo. Ivi, lect. II, 1,
quarto. Ivi, quinto; continua: Ex quo
patet error nostri aemuli conce- dentis esse id ad quod esse verum sequitur
suam propositionem esse veram. Jam enim scripsimus circa notitiam insolubilem
aliquam propositionem esse falsam, cuius dictum adaequate est verum, ut haec
‘Socrates dicit falsum’, posito quod nihil aliud dicat, et tunc ipsa est falsa,
et Socratem dicere falsum est verum ut sequens, ergo etc. Et hoc idem militat
contra ponentes obiectum scientiae-vel dubitationis esse significabile complexe
et non ipsa conclusio ; quest’ultima è
la posizione di RIMINI (vedasi) Gregorio da Rimini (ma cfr. cap. I, appendice PERGOLA (vedasi). Ivi, sexto. dictum © d'un
suo equivalente: termini aventi la capacità di “confondere” sono di tre specie:
alcuni esercitano mediate tale capacità (così omnis nella proposizione
universale affermativa, e non causa compositio ), altri la esercitano immediate
(come le dictiones exclusivae , e non
causano compositio ); altri infine la
esercitano sia immediate che mediate, purché non siano im- pediti da altro
sincategorema: di essi, alcuni confundendo immo- bilitant , altri no; fra i
primi, sono incipit, desinit, promitto, debeo, obligor, necesse, necessario €
impossibiliter; fra i secondi, scio, credo, volo, cupio, immediate **; si ha
senso composto quando sono ‘confusi’ quei termini che possono esserlo: se si ha
confusio mobilis, la verità o falsità della proposizione è mostrata dalla dalla
verità o falsità del descersus a una proposizione de di- siuncto exttemo ; se si ha confusio
immobilis, la verità o falsità sarà provata mediante descensus alla equivalente
proposizione in senso diviso; si ha senso diviso quando un termine comune della
proposizione non è confuso perché antecede il termine confundens: la verità o
falsità di essa sarà provata con descensus dal termine comune non confusus,
descensus che non è possibile col senso composto. Di qui deriva l’analisi dei
rapporti tra primo e secondo 382 Ivi, lect. III, 1, conclusio. Ivi, supponitur
primo: cfr. LANDUCCI, f. 7vb. 34 VerTORI, op. cit., lect. III, 1, supponitur
tertio, e cfr. supponitur quarto: Et ex
hoc supponitur quarto quid nominis sensus compositi et divisi in secundo modo.
Sensus enim compositus tunc est, cum vis terminorum confundentium confusiva et
per consequens vel illius immobilitativa est in terminum communem, ratione
cuius veritas vel falsitas datae compositionis, si ex confusione et
mobilitatione est, habetur verificata vel falsificata proposi- tione de
disiuncto extremo compositioni correspondente ut descensus; et si compositio
fuerit ex immobilitatione consequente aliqualem confusionem termini, erit
verificata vel falsificata propositione exprimente descensum illius termini
communis in divisa propositione compositae correspondente, ad mo- dum quo
ea(n)dem declarat compositionem ex vi immobilitationis termini factam. Et sic
sensus divisus erit, cum vis illorum terminorum confundentium modo: il secondo
modo è superior al primo, che è inferior a quello ( Le. ] differentiam secundi
modi compositionis a primo esse sicut superioris a suo inferiori ) #9; ciò è
contro l’opinione di Landucci ( Senensis quidam scrive Vettori), ma alla obiezione di Lan-
ducci, che non si capisce perché, se così fosse, Heytesbury avrebbe cominciato
il suo trattato dal primo modo anziché dal secondo Vettori risponde che questo
si deve al fatto che comunemente si parla di senso composto e senso diviso a
proposito dei termini che denotano la possibilità, inclusi perciò nel primo
modo *%, Accostiamo subito a questi due l’ottavo modo. I verbi desi- gnanti
atti della mente sono di due specie: alcuni designano un atto interiore
(intelligere, scire, velle), altri designano un atto este- non transcendit in
terminum communem per praecedentiam illius ad ipsos ratione cuius veritas vel
falsitas datae propositionis divisae habetur ES descensu illius termini
communis repugnante eidem in sensu composito. L'esempio addotto per il secondo
caso del senso composto è niecessatio:
omnis homo est animal : l’autore non illustra come va operato il descensus in
questo caso; si limita a ribadire che datae propositionis veritas habetur verificato
vel falsificato descensu attributo illi termino i S diviso extraneo eidem in
sensu composito . sana sa Ivi, supponitur septimo; continua così il testo: Quilibet
enim terminus qui ratione sui significare posse esse vel non posse esse facit
sensum compositum in primo modo cum quilibet talis habeat vim confun- dendi
tantum ratione suae confusionis, faciet sensum compositum vel divisum in
secundo modo et non e contra; patet enim aliquem esse terminum com- ponentem
vel dividentem in secundo qui nullatenus significat posse esse vel non posse
esse et sic a ratione compositionis primi modi secluditur . Tuttavia vii [..]
supponitur sexto, quod licet quilibet terminus ‘cdimponena vel dividens in
primo modo possit ratione suae confusionis componere vel divi cà in secundo
modo, aliqua tamen est propositio in sensu composito vel ; iviso in primo quae
nec est composita vel divisa in secundo modo, ut hi ‘necesse est Socratem esse
istum hominem’ et ‘Socratem necesse est fees istum hominem?. Et hoc patet per
quid nominis sensus compositi o divisi in secundo modo (cfr. n. 384) sith 386 Ivi, sotto supponitur
septimo. riore (video, tango, audio)". Solo i primi fanno senso composto e
senso diviso in questo modo. Tali verbi possono cadere su di un termine
incomplexus, o su di un dictum complexum (di qui la distinzione tra probatio
descriptibilis e officialis); se cadono su di un complexum, o dictum
categoricum, perdono ogni vis appellationis formae , giacché appellare formam est restringere terminum ad
sui definitionem, sed dictum categoticum nullam habet definitionem, igitur non
appellabitur appellatione formae 39; del
resto, solo con un complexum si ha senso com- posto e senso diviso ?, e
precisamente si ha senso composto quando il verbo precede o segue il dictuz,
mentre se sta tra le parti del dictum si ha senso diviso 32. il primo ha
probatio offi- cialis, il secondo va provato secondo il termine mediato
precedente, se è presente nella proposizione ®”. Per concludere, esaminiamo
l'impostazione che Vettori dà del settimo modo, che ha luogo — egli dice — con
le determi nazioni ita est, ita fuit, ita erit. Egli così procede: dei termini
am- pliativi, alcuni significano la possibilità ( consignificant posse esse vel
non posse esse ) e appartengono al primo modo; altri invece consignificano il
tempo, sia se sono considerati in sé (al tempo passato o futuro), sia se
considerati nella forma di participio Ivi, lect. VIII, 1, supponitur primo.
Ivi, supponitur secundo. 389 Ivi, supponitur tertio. :, 39 Ivi, supponitur
quarto; continua: Hoc idem patet quia sequitur tamquam ab eodem idem: ‘tu
intelligis hominem esse animal, ergo hominem esse animal intelligis’, quod non
contingeret si dictum illud formaliter appellaretur, sicut hic non sequitur:
‘tu (ergo textus) hominem intelligis, ergo intelligis hominem’, ut patet
intuenti . Ivi, supponitur quinto. 392
Ivi, supponitur sexto. . 33 Ivi, supponitur septimo, e conclude: Et scias istam
differentiam non causare omnimodam impertinentiam inter hos sensus, quia
aliquibus conditionibus observatis sensus illi erunt pertinentes. Adam est
praeteritus, antichristus est futurus: il participio è detto distractivus;
considerando che ampliatio est dilatatio verbi, vel ratione sui, vel ratione
participii distractivi ultra propriam sui consignificationem ad plures scilicet
temporis differentias , può accadere che unì verbo ampliato possa essere
restrictus di fatto ad unam temporis
differentiam tra quelle richieste
dall’amzpliatio; così avviene nel nostro caso, giacché ita, (e solo per
accidens l’espressione aliquando fuit
ita ) limita a un istante del tempo connotato la verità della proposizione #9,
e quindi l'aggiunta di if4 a un dictum è causa formale del senso composto in
questo settimo modo ?, Di qui deriva che il senso composto si ha con l’aggiunta
di ifa che restringe l’arzpliatio del tempo del verbo nella proposizione a un
istante del tempo con- notato dal verbo che fa parte della deterzzinatio, e che
è il passato o il futuro; il senso diviso è dato dalla proposizione senza
deter- minazione e col verbo ampliato -- es. senso composto: aliquando fuit ita
quod Socrates EST albus, senso diviso: Socrates FUIT albus. Di qui ancora
risulta che il senso diviso sta al senso composto come il più ampio al meno
ampio. Nel primo caso quella compositio che è il senso diviso ha verità
verificabile nel tempo 3% Ivi, lect. VII, 1, conclusio, e praemittitur primo.
praemittitur secundo; cfr. anche: Quantum ad primum prae- supponitur primo quid
nominis restrictionis. Unde restrictio est acceptio termini in propositione pro
paucioribus quam in propositione ampliata. Dico ‘acceptio termini in
propositione’, ut denotetur restrictionem non fieri extra propositionem: est
enim species suppositionis, quae est proprietas termini proportionaliter capti.
Dico ‘pro paucioribus quam’ etc., ut deno- tetur terminum discretum non posse
restringi . Supponitur secundo quod
terminum restringi ad pauciora in propositione potest dupliciter intel- ligi:
vel ad pauciora scilicet supposita personaliter termino attributa, vel ad
pauciora, id est, ad pauciores temporis differentias connotatas per verbum cui
accidit ampliatio vel ratione sui vel ratione participii ampliativi, et haec
erit restrictio ampliationis cui committatur compositio septimi modi . 39 Ivi,
1, praemittitur tertio. Ivi, praemittitur quarto. Veritas compositionis divisae
proportionatae illi de sensu composito est temporalis et non istantanea), nel
secondo invece è istantanea (veritas limitatur ad certum instans proportionatum
propriae connotationis verbi restricti : propor- zionato, cioè, al passato o
futuro, secondo i casi) **. 398 Ivi, supponitur septimo. Il testo del trattato
“Termini qui faciunt” si trova in due manoscritti: PADOVA, Biblioteca
Universitaria 1123, ff. 10va-11vb, e Worcester, Cathedral Library, F. 118, f.
30v sgg. Ho esaminato il ms. Padovano. Il testo, ANONIMO, ha, al f. 10va,
Incipit :termini qui faciunt” e, al f. 11vb, Expliciunt termini qui faciunt. Il
trattato quindi trae il suo titolo dall’incipit. Anche a una prima lettura si
può rilevare che ci si trova di fronte non a un’opera originale, ma ad un
adattamento di un capitolo delle Regulae solvendi sophismata di Heytesbury,
intitolato “De scire et dubitare”. Il materiale del capitolo di Heytesbury è
qui organizzato in modo da offrire in primo piano la descrizione del senso
composto e del senso diviso, alla quale seguono VI casus con le relative
risposte. Nel suo testo, invece, Heytesbury vuole chiarire le difficoltà
relative all’uso di scire, dubitare, ecc.; per far ciò, egli formula gli stessi
VI casi; passa quindi a descrivere senso composto e senso diviso. Infine
risolve i casus. Heytesbury e il suo anonimo manipolatore si propongono fini
diversi. A conferma della dipendenza del trattato “Termini qui faciunt” dal
testo di Heytesbury diamo di seguito in sinossi i passi più importanti dell’uno
e dell’altro (si noti la successione dei fogli dei passi riportati: si
constaterà quanto diversa sia la collocazione dei brani paralleli nel testo di
Heytesbury e nel nostro trattato. Ms. Padova, Bibl. Un. 1123 (f. 10va) Termini
qui faciunt propositiones aliquando sumi in sensu composito et aliquando in
sensu diviso et sunt isti et consimiles: scie, dubitare, imaginari, nolle,
velle, ‘perci- pere’, CREDERE, ‘intelligere’, POSSIBILE, impossibile,
‘contingens’, NECESSARIUM, et alii consimiles. Unde notandum est quod quando
aliquis praedictorum terminorum vel consimilium praecedat totaliter DICTUM
PROPOSITIONIS vel finaliter subsequitur, tunc sumitur illa propositio in sensu
composito, ut illa ‘Scio deum esse’, ‘Dubito Socratem currere’, ‘Possibile est
album esse nigrum’, ‘Hominem esse album est impossibile’. Et
significant tales propositiones sic: Scio deum esse, id est scio QVOD deus est.
Credo Socratem cutrere, id est: credo QVOD Socrates currit; ‘possibile est
album esse nigrum’, id est: “Hoc est possibile: quod album est nigrum, et sic
de aliis. Sed quando aliquis dictorum terminorum mediat dictum propositionis,
id est ponitur in medio inter ACCUSATIVVM CASUM et, modum infinitum, tunc illa
propositio est totaliter accepta in sensu diviso. Et tales sunt istae: ‘4 scio
esse verum’, ‘SOCRATEM percipio currere’, ‘album possibile est esse nigrum’
etc. Et istae significant sic: ‘4 scio esse verum’, id est illud quod est 4
scio esse verum; ‘Socratem percipio currere’, id est: illud quod est Socrates
percipio [De scire et dubitare. Ad cuius evidentiam est notandum quod aliquando
accipiuntur propositiones quaedam in sensu composito quibus consimiles sumuntur
in sensu diviso quae non convertuntur cum illis acceptis in sensu composito.
Item sciendum quod huiusmodi propositiones maxime fiunt per terminos actum vel
habitum animae importantes, aut posse esse vel non posse esse, seu esse
necessario vel non esse, vel impossibile esse vel non esse. Eiusmodi sunt isti termini:
scire, dubitare, intelligere, imaginari, percipere, velle, nolle, possibile’,
‘impossibi- le’, necesse et sic de aliis multis. Quod autem cum his terminis
fiant tales propositiones satis apparet iuxta communem modum loquendi [H. P.
GRICE, “ORDINARY LANGUAGE”], ut cum dicitur: ‘scio 4 esse verum’ et ‘4 scio
esse verum’. Propositiones istae multum sunt similes, sed non convertuntur. Una
enim accipitur in sensu diviso et alia in sensu composito sicut et hic. Aliquam
propositionem dubito esse veram’ et ‘dubito aliquam propositionem esse veram,
intelligo vel imaginor aliquem punctum esse medium huius corporis’ et ‘aliquem
punctum intelligo vel imaginor esse medium huius corporis. Et ita apparet quod
multae sunt propositiones similes sicut istae iam praemissae et aliae huiusmodi quae non convertuntur, cum
una accipiatur in sensu currere; ‘album possibile est esse nigrum’, id est
illud quod est album possibile est esse nigrum postea, vel sic: de re quae est
alba potest fieri res nigra, et sic est de aliis. Ad istam conclusio- composito
et alia in sensu diviso, quia sensus compositus rato vel numquam convertitur
cum sensu diviso, sed in maiori parte quantumcumque sint similes sunt tamen
sibi invicem impertinentes sicut inferius patebit. Item tamquam pro regula est
observandum quod cum aliquis istorum terminorum vel similium praecedit
totaliter dictum alicuius propositionis seu sequitur finaliter, tunc talis
propositio accipienda est in sensu composito, sicut sic dicendo: ‘scio 4 esse verum’;
tota illa propositio accipitur in sensu composito, et tunc convertitur cum hac
propositione ‘scio quod 4 est verum’, et ex hoc sequitur quod talis propositio
‘a est verum’ vel aliqua propositio significans quod a est verum est scita a
me. Multi tamen sunt termini prius accepti qui non multum competenter sequuntut
finaliter huiusmodi dictum propositionis, quia improprie diceretur: ‘4 esse
verum scio”, ‘aliquam propositionem esse veram scio’. Aliqui tamen istorum
competenter possunt sequi huiusmodi dictum finaliter. Convenienter nam dicitur:
‘4 esse verum est possibile’, ‘hominem currere est possibile', ‘hominem esse
asinum est impossibile’: sive igitur totaliter praecedit talis terminus dictum
huiusmodi sive sequatur finaliter, erit totalis propositio dicta accepta in
sensu composito. Prima supponatur nem
probandam arguitur sic, et primo supponitur ista propositio: suppono quod omnis
propositio, de qua consideras quam non scis esse veram nec scis esse falsam, sit
tibi dubia. Deinde ponitur iste casus, quod tu scias quod 4 sit altera istarum duarum
propositionum ‘deus est vel ‘homo est asinus’ et lateat te quae istarum s[clit
4... (f. 11ra) Ad eandem conclusionem probandam arguitur sic, et ponitur iste
casus, quod tu scias quod a s[cJit unum istorum contradictoriorum: ‘rex sedet’
et ‘nullus rex sedet’, ita quod tu scias quod quodcumque istorum sit verum quod
illud sit 4 et e contra, nescias tu tamen quae istarum sit 4, sicut nec scias
quae ista- rum scit vera; isto casu posito, facio tibi istam consequentiam. Tertio
ad eandem conclusionem arguitur sic, et ponitur quod Socrates sit coram te et
scias tu bene quod ‘hoc est hoc demonstrando Socrate et nescias tu quod hoc est
Socrates, scias tamen bene quod ista propositio ‘hoc est Socrates’ significat
praecise quod hoc est Socrates, tunc isto posito sequitur quod ista propositio
‘hoc est Socrates’ est tibi dubium quod quaelibet propositio de qua considerat
aliquis quam ille nescit esse veram nec scit esse falsam sit dubia eidem. Deinde
ponatur quod tu scias quod 4 sit altera illarum: ‘deus est’, ‘homo est asi-
nus’, quarum unam scias esse ve- ram et necessariam, scilicet istam ‘Deus est’,
et aliam scias esse falsam et impossibilem, scilicet istam ‘homo est asinus’,
et te lateat quae illarum sit 4. Item arguitut ad idem sic. Ponatur quod tu
scias quid sit ve- rum istorum, demonstratis istis contradictoriis tibi dubiis:
‘rex se- det’, ‘nullus rex sedet’, sic quod scias quod, quodcumque istorum sit
4, quod ipsum sît verum, et quod solum ipsum sit 4 et e con- tra, et cum hoc
scias quod 4 est verum istorum, nescias tamen quid istorum sit 4 sicut nescis
quid istorum sit verum. Istis po- sitis, fiat haec consequentia... Item ad idem
arguitur sic. Po- natur quod tu scias quod hoc sit hoc, demonstrato Socrate, et
ne- scias tu quod hoc sit Socrates, scias tamen quod haec propositio ‘hoc est
hoc’ significat praecise quod hoc est
hoc, et etiam quod ista propositio: ‘hoc est Socrates” significat prae(f.
12vb)-cise quod hoc est Socrates. Sit enim Socrates coram te quem scias esse
homi- nem et nescias ipsum esse Socra- tem, quc posito cequitur quod
Terminologia logica della tarda scolastica Quarto arguitur [sic] ad ean- dem
conclusionem sic, et ponatur quod Socrates sit coram te, scias tu bene quod
ipse est Socrates vel Plato, nescias tamen quis istorum ipse sit, scias tu bene
quod ista propositio ‘hoc est Socrates” signi- ficat praecise quod hoc est
Socra- tes, tunc ista propositio ‘hoc est Socrates’ est tibi dubia... Quinto
arguitur ad eandem conclusionem probandam sic, et ponitur quod tu scias quid
demon- sttetur per subiectum huius pro- positionis: ‘hoc est homo” et quod
aliquid scias esse hominem et nihil dubitas esse hominem et quod tu scias istam
propositionem ‘hoc est homo’ sic significantem praecise quod hoc est homo, tunc
ista propositio ‘hoc est homo” est scita a te esse vera vel scita a te esse
falsa... (f. 1lva) Sexto arguitur ad probandum conclusionem sic: po- natur quod
4, è, c sint tres propo- sitiones quarum duae primae, sci- licet 4, d sint
scitae a te, tertia sit c dubia; et dubitantur sic istae propositiones vel
removean- tur a te, ita quod nescias quae istarum s[clit 4 nec quae d nec quae
c nec quae sit tibi dubia. Isto posito, arguo sic: aliqua ista- rum est scita a
te et quaclihet haec propositio ‘hoc est Socrates” est tibi dubia. Item posito
quod scias quod hoc sit Socrates vel Plato, nescias tu tamen an hoc sit
Socrates nec scias an hoc sit Plato, et tunc erit ista propositio tibi dubia:
‘hoc est Socrates’... Item suppono quod tu scias quid demonstretur per
subiectum huius propositionis: ‘hoc est homo” et scias quod illa propositio
signi- ficat praecise sicut termini illius preetendunt, et quod scias aliquid
esse hominem et nihil dubites esse hominem; quo posito, sequitur quod ista
propositio: ‘hoc est homo’, sit scita a te esse vera vel quod illa sciatur a te
esse falsa... Item sint 4, d, c tres proposi. tiones, quarum duae sint scitae a
te, scilicet 4 et 2, et tertia, scili- cet c, sit tibi dubia, et nescias quae
illarum sit 4 vel b, et simi- licter lateat te (f. 13ra) quae illa rum sit tibi
dubia. Istis positis, sequitur quod aliqua illarum pro- positionum sit scita a
te, quia tam a quam È sciuntur a te per casum, et sequitur etiam quod quaelibet
illarum sit tibi dubia... 606 istarum est dubia, ergo conclusio... Septimo
arguitur ad eandem conclusionem sic: tu scis quod hoc est Socrates et dubitas
an hoc sit Socrates eodem demonstrato, ergo illud est scitum a te et tibi
dubium; et antecedens arguitur sic, et ponatur quod heri vidisti Socratem et
neminem alium, et scias tamen bene quod adhuc ille homo quem heri vidisti est
So- crates, et sit Socrates hodie coram te et lateat te quod iste est So-
crates, tunc sic: tu scis quod iste homo est Socrates; hoc arguitur sic, quia
demonstrato isto homine quem heri vidisti, scis bene quod iste est Socrates,
sed neminem heri vidisti nisi istum hominem, ergo demonstrato isto scis bene
quod iste est Socrates et dubitas an iste idem sit Socrates per ca- sum, igitur
sequitur conclusio. Alfonso Maierù Item tu scis quod hoc est Socrates et
dubitas an hoc sit Socra- tes, eodem demonstrato; propter quod ponatur quod
heri videris Socratem et scias adhuc quod ille homo quem heri vidisti est So-
crates, et videas Socratem modo, et lateat te an sit Socrates, sed credas quod
ille homo quem nunc vides sit Plato, et non videas ali- quem nisi Socratem;
istis positi scis quod hoc est Socrates d monstrato illo quem heri vidisti,
quia absque haesitatione conce- deres quod hoc est Socrates, de- monstrato illo
quem heri vidisti, quia scis bene quod ille quem heri vidisti est Socrates
demon- strato illo quem heri vidisti. Scias nam gratia exempli quod neminem
vidisti heri nisi illum qui est So- crates, et tunc sequitur quod tu scis quod
hoc est Socrates, de- monstrato illo quem heri vidisti, et eodem demonstrato
dubitas an hoc sit Socrates, quia, demonstrato illo quem iam vides, dubitas an
hoc sit Socrates, et idem est quem iam vides et heri vidisti, igitur eodem
demonstrato scis quod hoc est Socrates et dubitas an hoc sit Socrates. Alfonso Maierù. Maierù. Luigi
Speranza, “Grice e Maierù”.
Luigi Speranza -- Grice e Mainardini:
l’implicatura conversazionale del popolo romano di Livio – filosofia veneta –
filosofia padovana – la scuola d Padova -- filosofia italiana – il consorzio
degl’eroi -- Luigi Speranza (Padova). Filosofo italiano. Padova, Veneto. Grice: “Padova tries to institute the
‘regnum’ as between Aristotle’s ‘polis’ and the modern ‘stato,’ but in which
case, we wouldn’t call it ‘politeia’ anymore!” -- Grice: “When I studied change I focused on
von Wright – but then there is Padova and his ‘grammatica del mutamento’!” Nato da una famiglia di giudici e notai –
il padre: ‘di Giovanni’ -- che viveva vicino al Duomo di Padova, completò i
suoi studi a Parigi dove fu insignito dell'autorità di rettore. Il tempo
trascorso a Parigi influì moltissimo sull'evoluzione del suo pensiero. Gli anni
parigini furono molto importanti e fecondi per l'evoluzione del suo pensiero e
la visione dello stato di corruzione in cui versava il clero lo portò a
diventare anti-curialista. A Parigi incontrò Occam e Jandun, con cui
condivise passione politica e atteggiamento di avversione verso il potere
temporale della Chiesa. Con Jandun rimase legato da grande amicizia e assieme a
lui subì l'esilio. Mainardini dopo le sue dure affermazioni contro la
Chiesa venne bollato con l'epiteto di “figlio del diavolo”. Mainardini si
trova a Parigi quando si sviluppò la lotta tra Filippo, re di Francia, e il
Papato. Tutto ciò, assieme al vivace contesto culturale in cui si muoveva, lo
portò alla compilazione della sua opera maggiore il Defensor Pacis, l'opera cui
deve la sua fama e che influì moltissimo sia sul pensiero filosofico-politico
contemporaneo che su quello successivo. A Parigi sperimentò una monarchia
decisa ad accrescere il proprio potere e la propria autorità su tutte le forze
politiche centrifughe del momento ivi compresa la Chiesa di Bonifacio VIII.
Diventato consigliere politico ed ecclesiastico di Ludovico il aro lo seguì a
Roma in occasione della sua incoronazione imperiale e qui fu nominato dallo
stesso Ludovico vicario spirituale della città. L'incoronazione imperiale
avvenne ad opera del popolo romano anziché del papa inaugurando, così, quella
stagione dell'impero laico che Mainardini vagheggiava e che avrebbe aperto la
strada alla laicizzazione dell'elezione imperiale e alla cosiddetta Bolla d'Oro
di Carlo IV di Boemia. Con la
Bolla d'Oro fu eliminata ogni ingerenza del papa nell'elezione imperiale
diventando così un fatto esclusivamente tedesco. Fu ancora con Ludovico quando
questi si ritirò, dopo il fallimento dell'impresa romana, in Germania dove
rimase fino alla morte. È del periodo immediatamente antecedente la sua morte
la compilazione di alcune opere minori tra cui spicca il “Defensor Minor,” un
piccolo capolavoro. Si può definire l'opera di M. come il prodotto di tempi in
cui confluiscono la virtù del cittadino, il nazionalismo francese e
l'imperialismo renano-germanico. Il Difensore della pace” è la sua opera
più conosciuta in cui, fra l'altro, tratta dell'origine della legge. Il
suo fondamento era il concetto di ‘pace,’ intesa come base indispensabile dello
Stato e come condizione essenziale dell'attività umana. Si tratta di un'opera
laica, chiara, priva di retorica, moderna e per alcuni versi ancora attuale. La
necessità dello Stato non discendeva più da finalità etico-religiose, ma dalla
natura umana nella ricerca di una vita sufficiente e dall'esigenza di
realizzare un fine prettamente umano e non altro. Da questa esigenza nascono le
varie comunità, dalla più piccola alla più grande e complessa, lo Stato. Ne
deriva la necessità di un ordinamento nella comunità che ne assicuri la
convivenza e l'esercizio delle proprie funzioni. Per Marsilio questa esigenza
ha caratteristiche prettamente umane che non rispondono a finalità etiche ma
civili, contingenti e storiche. Alla base dell'ordinamento c'è la volontà
comune dei cittadini, superiore a qualsiasi altra volontà. È la volontà dei
cittadini che attribuisce al Governo, “Pars Principans,” il potere di comandare
su tutte le altre parti, potere che sempre, e comunque, è un potere delegato,
esercitato in nome della “volontà popolare.” La conseguenza di questo principio
era che l'autorità politica non discendeva da Dio o dal papa, ma dal “popolo,” inteso
come “sanior et melior pars.” In questa ottica egli propone che i vescovi
venissero eletti da assemblee popolari e che il potere del papa fosse subordinato
a quello del concilio. Ludovico il aro Marsilio pone il problema, che
tratterà anche nel Defensor Minor, del rapporto con il Papato e con i suoi
principi politici costruiti. occulta
valde, qua romanum imperium dudum laboravit, laboratque continuo, vehementer
contagiosa, nil minus et prona serpere in reliquas omnes civitates et regna
ipsorum iam plurima sui aviditate temptavit invadere segretamente, con i quali
aveva cercato, e continua a cercare, di insinuarsi subdolamente in tutte le
altre comunità e regni che aveva già tentato di attaccare con la propria enorme
avidità (Defensor pacis) Il giudizio di Mainardini sulla chiesa come
istituzione è molto negativo e lo manifesta con la crudezza di linguaggio che
gli è solita quando affronta l'argomento dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa.
Lo scalpore suscitato da questa opera obbligò Mainardini a fuggire presso
l'imperatore Ludovico il aro, con il quale scese in Italia. Il Defensor minor
si colloca fra le opere minori di Mainardini, ma si distingue per la sua
importanza. Si differenzia dal Defensor pacis per essere un'opera più
propriamente teologica mentre l'altra è prevalentemente politica. Lo studio
condotto nel Defensor Minor riguarda la giurisdizione civile ed ecclesiastica,
la confessione auricolare, la penitenza, le indulgenze, le crociate, i
pellegrinaggi, la plenitudo potestatis, il potere legislativo, l'origine della
sovranità, il matrimonio e il divorzio. Il Tractatus de iurisdictione
imperatoris in causis matrimonialibus che Mainardini compila in occasione del
divorzio di Giovanni di Moravia e Margherita di Tirolo-Gorizia si trova
nell'ultima parte del Defensor Minor. Le relazioni tra i coniugi erano
tanto insostenibili che la sposa preferì fuggire. Intervenne l'Imperatore,
imparentato con la sposa, e progettò il matrimonio tra la fuggitiva e Ludovico
di Brandeburgo ma a ciò ostavano il precedente matrimonio e alcuni legami di
sangue. Il “Tractatus de translatione imperii” – “Trattato della translazione dei imperii” -- è un'opera che niente aggiunge alla fama
derivatagli dal Defensor Pacis anche se ebbe una certa diffusione. Si può
considerare questo trattato come una storia sintetica dell'Impero dalla
fondazione di Roma da Romolo (alla LIVIO) fino al secolo XIV. In M. lo
“stato romano” è concepito come prodotto umano, al di fuori da premesse
teologiche quali il peccato o simili. È fortemente affermato il principio della
legge quale prodotto della comunità dei cittadini, legge dotata di imperatività
e co-attività oltre che ispirata ad un ideale di giustizia. Questo ideale di
giustizia deriva dal con-sorzio o concerto civile, l'unico soggetto che può
stabilire ciò che è giusto e ciò che non lo è. Per M., l'uomo deve essere
inteso come libero e consapevole. Nel Defensor Pacis appare diffuso un
costituzionalismo affermato fortemente nei confronti sia dello Stato che della
Chiesa. È tra i primi studiosi a distinguere e separare la legalita (ius) dalla
moralita (ethos, mos), attribuendo il primo alla vita civile e il secondo alla
coscienza. Mainardini è sempre un uomo del suo tempo, saldamente ancorato nella
sua epoca, ma con intuizioni che ne fanno un uomo nuovo, anticipatore per certi
versi del Rinascimento. La definizione del nuovo concetto di Stato, autonomo,
indipendente da qualsiasi altra istituzione umana o, a maggior ragione,
ecclesiastica è il grande merito di M.. Anche nella Chiesa viene
affermata una forma di costituzionalismo contro il dilagante strapotere dei
vescovi e dei papi. È ancora l'universitas fidelium a prendere, attraverso il
Concilio, ogni decisione riguardante qualsiasi materia di ordine spirituale. Il
nostro autore non teme di scagliarsi contro la Chiesa, a negare il primato di
Pietro e di Roma, affermare la necessità del ritorno del clero a quella povertà
evangelica tanto cara ad alcune sette riformiste di cui lui certamente conobbe
e comprese il pensiero. Lotta contro la Chiesa ma solo per conservarne o
rivalutarne il più vero, autentico e originario contenuto e significato. Quasi
riformista e conservatore nello stesso tempo, riformista là dove è contro la
corruzione dilagante nella Chiesa di quel periodo, conservatore là dove accetta
la necessità di un ordine costituito, della religione, della morale, intese nel
senso più puro. La modernità di M. consiste anche nel metodo della sua
trattazione e della terminologia che usa, sempre stringata ed esaustiva, aliena
da qualsiasi di quelle forme di retorica che era caratteristica degli autori
medievali. Altri saggi:: “Il difensore della pace,” C. Vasoli. POMBA,
Torino, BUR, Milano, Ancona E., C. Vasoli, MILANI, Padova (collana Lex
naturalis; Battaglia F., La filosofia
politica del medio Evo, Milano, CLUEB Battocchio R., Ecclesiologia e politica,
Prefazione di G. Piaia, Padova, Istituto per la Storia Ecclesiastica Padovana, Beonio-Brocchieri
Fumagalli M.T., Storia della filosofia medievale (Bari, Laterza,), Berti E.,
“Il ‘regno’ di Mainardini: tra la civis romana e lo stato italiano,” Rivista di
storia della filosofia medievale, Briguglia G.,
Carocci Editore, Cadili A., Amministratore della Chiesa di Milano, in
Pensiero Politico Medievale, Capitani O., Medioevo ereticale, Bologna, Il
Mulino, Capitani O., Il medioevo, Torino, POMBA, Cavallara C., La pace nella
filosofia, Ferrara, Damiata M., Plenitudo potestas e universitas civium,
Firenze, Studi francescani, Del Prete
D., Il pensiero politico ed ecclesiologico, Annali di storia, Università degli
studi di Lecce Dolcini C., Bari, Laterza, Merlo M., Il pensiero della politica
come grammatica del mutamento, Milano, F. Angeli, Passerin d'Entréves A., Saggi
di storia del pensiero politico: dal medioevo alla società contemporanea,
Milano Piaia G., Mainardini e dintorni:
contributi alla storia delle idee, Padova, Antenore, Piaia G., La Riforma e la
Controriforma: fortuna ed interpretazione, Padova, Antenore, Simonetta S., Dal
difensore della pace al Leviatano, Milano, UNICOPLI Toscano A., Marsilio da
Padova e Machiavelli, Ravenna, Longo, Defensor pacis Defensor minor Tractatus
de translatione Imperii Tractatus de iurisdictione imperatoris in causis
matrimonialibus Dizionario di storia, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Marsilio
da Padova, su sapere, De Agostini. Dizionario biografico degli italiani,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana. marsilio: essential Italian philosopher. Marsilio
dei Mainardini, Marsilio di Padova. Mainardini. Keyword: il popolo italiano, consorzio
conversazionale, difensore della pace, leviatano, allegoria del buon governo –
allegoria del buon governo, Livio, Romolo, Machiavelli -- Refs.: Luigi
Speranza, "Grice e Mainardini" per il Club Anglo-Italiano; Luigi
Speranza, “Grice e Mainardini – la massima del consorzio conversazionale.” –
The Swimming-Pool Library, Villa Speranza, Liguria, Italia.
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