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Thursday, January 23, 2025

LUIGI SPERANZA -- "GRICE E ROSSI"

 

Luigi Speranza -- Grice e Rossi: l’implicatura di Lucrezio – la scuola di San Giorgio -- filosofia campanese -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (San Giorgio). Filosofo campanese. Filosofo italiano. San Giorgio, Campania. Il più grande e puro metafisico" nelle parole di VICO (si veda). Vive a Montefusco. Studia a Napoli. Scrive diverse saggi tra cui il più importante rimane “Della mente sovrana del mondo”.  Altri aggi: Considerazioni di alcuni misteri divini, raccolti in tre dialoghi,  Dell'animo dell'uomo, Dizionario biografico degli italiani, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. DISPUTAZ10NE UNICA DELL’ANIMO DELL’UOMO DEPUTAZIONE UNICA Nella quale fi fciolgono principalmente  gli Argomenti di LUCREZIO (si veda) contro all’Immortalità.   OPERA DI R., abate Infoiato di S. Giorgio ec. -J> fi D All’ Illustrissimo Signor Marchese   D. LORENZO   BRUNASSI VENEZIA. Con Licenza de' Superiori w>5' ! •yr&Si fftm/rbr   Nil tam diffìcile eff, qtiiu qiuerendo  inveffigari poffìet. Ter. Heautontim, A3, 4. Se. r.  %   1 ILLUSTRISSIMA   % 9  SIGNORE  tv  Ella dimora, che in questa nostra città di Montefufcolo per alcun tempo fatta avete, tanti argomenti di virtù,  e nel riguardevole uffizio di Regio Uditore, e in_>  tutti gli utti -cibila vita^  avete dati; che in ogni  parte di quella ben ampia Provincia, la lode, e’1 nome vostro nelle bocche  degli Uomini rifuona da  per tutto. Per la qual cofa io non folamente ho  dovuto rivolgermi verfo  di V oi ad ammirarvi, ed  amarvi con tutti gli altri;  ma ancora ho potuto alla degniffima persona vostrà  alcun particolare oflequio  preftare : e fi il mio libro  dell’immortalità dell’animo, che ora efee alla.,  pubblica luce, dedicare, e  confecrare. Concioffiachè  la V irtù fola di per fe, fenza dover altro cercare, fia  potentiffima cagione, perché riveriamo, ed onoriamo colorò, che adorni ne  fieno: e più quelli, che nel  più alto feggio di lei collocati veggiamo. Nel che  nondimeno, mentre l’af: ' • fe  lezione dell’ animo rivelente, e divoto ho fegui ta; nel tempo medefìmo  all’ opinione del libro, e  I9ia?r ip cr e do a -baflanza  a ver provveduto. Perciocché io non dubito, che v quella mia Opericciuola,   (qualunque ella ha) oltre  a’ confini dell’ Italia, ed  • oltre al ter mi ne d ella prefenteEtà,inRegioni rimote, ed a futuri tempi coll’autorità del tifone volo, e  chiaro nome voffro nom>  abbia a trapaliate. Grande fermamente, e di gran  laude degna è la Virtù voftra, che fin dalla prima  giovanezza con perpetuo  tenore, belle, e laudevoli opere ed alle private, pe rione, ed alle pubbliche  cofe profittevoli arrecando, fi è dimoftrata. Nel     ti lumi di Giurifprudenza,    quanti ivi fono, ri luffe.,  ella con grande ammirazione di tutti : poiché appena varcati tre luftri, a  prò di litiganti, e di rei, '  tifiti a dotte, ed eleganti, e fpiritofeOrazioni vi udirono recitare. Per la qual cosa  di dì in dì Tempre più crefcendo l’ opinione del valor voftro, del pregevole  ornamento della Toga di  Giudice della Gran Corte maturamente fu il voftro merito onorato. E in  * quel gra vidimo Miniftero   con lucidezza di feienza,  e con incredibile coftanza il dritto cammino del V ero Tempre tenendo, e in  ogni affare la prudenza ufando; cosi bene avete adoperato, che l’approbazione, e l’amore di ognuno, e in quefti vicini ben  avventu roti tempi il favore ancora della Maeftà  del Gloriofiffimo Re noiìro avete meritato. Quin‘ di l’ alta di lei Regai provvidenza, il -primo onore  confervandovi intero, a  moderare i Tribunali delle Provincie, ed a tenerne  gli errori, e le corruttele  lontanila conofciuta V irtù voftra ha prefcelta. E  a 2 ben la Città noftra innanzi ad ogni altra, e tutta la  Provincia, delle diritte,  fagge, e fcorte maniere-,  voftre con comune ripofo, e comun contento copioii frutti han ricolti. Ne  folamente nella nobili^  ma fcienza delleLeggi,ma  in altre parti ancora dell’  umano fapere Voi avete  molte fatiche, e vigilie,  collocate: le quali e la noja adergono di quegli ftudj, e ne ajutano l’ intelligenza, e la cognizione dilatano, e compiono dell’  Uomo. Ne finalmente^,  nelle pulitezze, e amenità delle Lingue più belle  non avete ancora efercitato lo ’ngegno : poiché con  elette Poefie tofcane e latine, della nobile Academia Cofentina, e della,,  famofa Arcadiadi Roma,  ove liete aferitto, avete  fuperata l’ opinione. Ma  la voftra loda più ricca, e  adorna £ difeopre, e più  chiara, e luminofa nelle  dovizie, e negli fplendori   del  delle magnifiche, e memorande laudi del Signor  Duca di San Filippo voftro degniffimo Padre. Le  quali fe non diftintamente narrare, ne degnamente celebrare, che non è  luogo, ne io con niuno ingegno potrei; perchè fon  pur voihe, debbo almeno in alcun modo additare. E in particolare alcuna  parte del veramente maravigliofo governo, che  delle pubbliche cofe egli  ha fatto, nel confiderabile  . .Ma  Digitizéd t    Magiftrato di Eletto del  Popolo debbo rammentare in ogni modo. A quella importantiffima ammiri ideazione in tempi difficili, e pericolofì, con tutti  i fuffragj più volte chiamato il Signor Duca, con  mirabil fapienza, e con.»  incredibile iludio, e fatica i  pubblici affari ha condotr  ti a felice fine. Egli la pubblica falvezza fempre meditando, e a quella ogni  penfiero, ed ogni operai  rivolgendo, una cofa affai difficile ha confeguita: che  per tutto il tempo, che  quell’ immenfo pefo ha_»  foftenutó, giammai ne per  colpa murray-rtc-per qualunque fortunofo evento,  ne di fterilità, ne di guerre, ne di altro fimigliante,  nella Città, e nel Regno  la fcarfità, e la fame fiali  potuto introdurre. Perciocché, oltre ad ogni altro ingegno di fcorto provvedimento, in ogni tempo da lontane Regioni per  lunghi tratti di mare co- t   « piofe annone fonofì fatte  approdare ne’noflxi Porti.  Nel che con raro efempio  di carità verfo la Patria,  di o/Iequio verfo il Principe, delle fue proprie fo~  ftanze molto oro ha profufo. Sopra tutto di eterna memoria degno è quello, cheneiravvicinamentodelle vittoriofe Infegne  dell’invitto, pio, felice^.  Re noftro, in tempi pieni  di timori, e di fofpetti,  premendo ancora il nolfro Suolo le armi nemit'àìf b che; s che; mercè de’fuoi alti  configli, nella Città, e  contorni ogni cofa videfi  tranquilla, e quieta. Orche le rapine, le occifioni, i tumulti, che i trifti,  e iediziofi Cittadini in foIniglianti tempi meditar  fogliono, tenefiè dalla. Città lontani; Egli follecitamente le cofe alla vita  neceflarie appreftando 5 e  gli animi feroci della plebe mitigati, e addolciti  co’ Signori conciliandola tranquillità, e la pace nella Città, e quindi in tutto  il Regno fuori di ogni opinione ritenne. Onde potè dirti allora, che eglf il  Signor Duca la Città faiva, falve le vite, e  foflanze de’ Cittadini al  Gloiiofo Re noflro avefle  ' conferva te. Caro pei - tan„ * to al Re, alla Regai Cit„ tà, ed al Regno, a.fublinii.  degnità fi è veduto meritevolmente afcefo. E prima il pregevoliffimo onore ottenne già di dover   b 2 Egli Mf  Egli colla fua Famiglia,  in uno qual più voleffe de’  nobiliffimi Seggi, fra Patrizj effer annoverato, e  delcritto-. Pe^qticfte vie,  e con ifplendidiffime affinità la fua Cafa nel più alto luogo de’ Baroni, e Signori del Regno ha follevata. Oltre al le nobili Famiglie Spina della Sardegna, e Poliaftri della splendida nobiltà Cosentina, in donando a Voi in  Isposa la Signora Marchefa D. Marianna Orenghi,  Dama di rare doti, tutti i  pregi di quella nobiliffima    Famiglia nella fua propria   Cala ha trasferiti.Per chiù- '.    quella chiariffima Fami-.  glia ella è nobile in Ventimiglia,Città principale  pofla nel fuolo di Genova. Ella è altresì nobile  in Roma, rocca dell’Eccleiiaftico Imperio. Ed ivi a  > | quella Repubblica faggi,>, Togati » e prodi Capitani; equi Senatori in Cam- dere in brieve giro più cofe     pidoglio, qual fu un Giovan Angelo Orenghi, e_>  degniffimi Prelati, e Car-, dinali; tra quali il Cardinal Niccolò Orenghi di  onorata memoria, alla-,  Chiefa ha donati. In oltre alla Signoril Cafa Maffa degli antichi Baroni del  Vaglio gli Orenghi Erettamente appartengono : '  della qual Cafa fu già l’Ava paterna della Signora  Marchefa, che del lodatiffimo a memoria noftra  Cardinal Girolamo Maffacafanatte, è degnifsima  ma Pronipote. Quella picciola parte delle voftre_>  amplissime lodi ho io qui  potuto ricordare, molte,'  e grandi cofe lafciate addietro. Dal che nondi. meno lì può vedere, che  di fommo pregio è la mia  fperanza, che ’l mio libro, che ora al volil o merito inchinato vi prefento, dedico, e confacro j  ficcome 1’ accefo delìderiadel di voto animo mio  contenta in parte; cosi  fra molte genti, e pe r mol•. :. . " te.    / .   te età debba effe re .durevole memoria della ferviti! mia; della quale fopra  ogni altra cofa del Mondo  onorandomi--, -volentieri  mi confermo f'- 1 Di U. S. Illuftriflima    ma rno   Divotifs ., eri Obbligatifs. Servitore  - L' Abate Roflì di S. Giorgio.  Oicbè può avvenire, che quefa  mia Difputa capiti nelle mani  di alcuni, che le vane fittilit'a, e, pregiudizj feguono ancora  della vo/gar Ftlofofia; e' fa di  me fieri, che io qui alcuna cofa ne dica,  che mi pare dover dire per liberarla, fe  è pnjjìbilc, dalle coloro accufe. Imperocché eglino cerfh mente bia finteranno leu  maniera di filofofare, che io ho prefo a  feguire : e le dottrine, che vi arreco t  tutte, o parte come nuove, e frane rifiuteranno : e nelle ofeurità, nelle quali  forza è che alcuna volta fi abbattano, e  dove da' fienfi, e parlari loro i miei fi  dipartono,come fogliono in sì fatte accu fe di leggieri trascorrere \ fufpicberanno  ancora per avventura, che alcuna cofcu»  vi fi a fionda, che colle verità della' nofra Santa Religione non ben confenftt,  Or io innanzi ad ogni altra cofa /* Alti fi  fimo Dio chiamo in tefliShnio, che con-,   * c quefa    + t    quejla tuia fatica altro non ho io intefo,  che quelle verità, quanto più per me fi  è potuto, nell ’ ordine naturale ancora co *  fumi della Filofofia avvalorare, e oi di quel torrente d’Eloquenza divina, con la quae vi avete fatta una fpezie di favellare tutta vo:lra propia ? perch è p ropia di co tal Jcienza ? Dela bellezza, e’ leggiadra de’ traf porti, che ufate_»  tutti opporti, dome debbono eflere, a quelli, che  ufa l'eloquenza Umana; perchè quefta debbe fare  dello fpirito corpo, e voi in certo modo fate del  corpo fpirito. Voi liete degno, Signor D. Tomma- \  fo, non già di Montefufcolo, ma della più famofa  Univerfità dell’ Europa. Laonde poiché la voilra modedia, eguale alla voftra gran dottrina, e virtù ve  ne fa contento, almeno giovate il Mondo di coterta  fappfentiflìma Scritturai la quale l’aflìcuro, che recherà gloria, non che a Napoli, all’ Italia tutta,  con merito grand irti rno inverfo della Pietà, che fi rifonda in utilità di tutte le Repubbliche, e molto più  Criftiane: e vi fo divota riverenza. Uantunque negl* infelici  tempi del Gentilefimo  denfiflìme tenebre d’ ignoranza delle cofc Divine, (alvo il Popolo Ebreo,  premettero tutta l’Umana  generazione; pure per lo Covrano magillero della Mondana fabbrica, e per l’ordinato, e collante corfo de’ moti, e delle  generazioni da una parte, e per la virtù  dell’Umana intelligenza, c per 1’interna,  e comun legge, e regola delle operazioni della vita,dall’ altra; delle quali cofe,  quella è certa, ed illultre lignificazione,  e quella è chiara, ed indubitata cognizione di Dio; aggiuntevi ancora te reliquie  della tradizione de’ primi. Uomini; pec  tutte quelle cagioni, era nondimeno nelle menti degli Uomini altamente infitta   A Topi  NI  nz T opinione dell’ autorità, e del principatoDivino, edinfieme dell’ Immortalità  degfi Animi umani, e del t fa patta inferno  opinioni di' loro al futuro Secolo. E tra’Filofofi,i più  gravi, e fublimi, purgata la Religione daldella Satura h ttolta moltiplicazione delle Deità, e  divinale dei r dalFaltrc feoncezze, e fozzure della V olaumdeirvo- f U p Cr ttizione, vennero a conofcere,   on folo Autore dover vi etterc, e un folo  Arbitro di tutte le cofe:c la Divina origine, e l’immortal condizione degli Animi  noftri, e le pene degli fcellerati, e i premji  degl’innocenti ebbero per fermi, e più  minuti, ed ofeuri, febbene ne la forma zionc dell’ Univerfo, per potere, ed ingegno di mente fovrana; ne l’informazione del corpo umano, per condizione di  mente inferiore informante, comprendere potettero; tuttavia la più parte di  loro, ne provvidenza di Mente Eterna,   r ne realità di Animo Immortale in altro   modo negarono, che, nel Mondo la rea4* lità del Divino cflere, e nell’ Uomo, la.   verità del dovere onefto ritenendo. Il che i moderni Epicurei con tutta laco  # pia de’ lumi de’ noftri avventurofi tempi   non fanno; come quelli, che per eftrema malizia, ò cecità, non de l tut to convinti, per non potere concedere in Dio realità di Edere fenza verità di legge, e nell*   Uomo verità di legge fenza realità di natura foffanziale; e per non volere l’una  per l’altra in Dio, e nell’ Uomo rirenerc;  fi gittan più tofto negli effremi dell'empietà del totale annullamento di ogni  realità, e di ogni verità Divina, ed umana.   Ora per forza di que’ naturai» lumi, e di  quelle antiche origini, e’ non è da maravigliare, che Lucrezio, il più fiero nemico del culto, e dell' Immortalità, abbia  nondimeno per vere, ed affermi alquante  cofe, che l’infelicità de’fuoi tempi fol potè fare, che noi conduceflfero per diritto  cammino al conofcimento del Y r cro. Le  quali prima di ogni altra cofa convien  notare, con alcune altre offervazioni, %   che lafciate addietro, più intrigata, e malagcvole fenza dubbio rederebbono l’ intraprefa inveftigazione. E in prima quel  Filofofo, dopo avere argomentato, che f/To Lucrezio  i tre Volgari Elementi, l’Acqua, l’Aria, g^EicZnti  e’I Fuoco doveflono l’Animo, e 1’Anima non vagliano   dell’ Uomo poter comporre; .«g p°' LE3Èi2  con apertiflime parole, che quelle tre Na- gfUe. A 2 tu  Jflfc. m  v lì   .aÉ    Bt   m S «fitti  ftkjili   Jfr !    4  il   fr 4 t    f V',,4 4   É 4.  r>    j2^ W m Anìmofecon do LUCREZIO  fon di altro  genere, dcu  que' dm ve gnono agli occb\ e agli al tri fenfi* chi; ma d’ altro genere più fublime, e  più vigorofo, e più mobile di gran lunga.   Nunc age, moveanf animum res accise : tir unde ^monl   Qu >**'«» i > nilfimo, dove fuole ella rifuggire per  trarne comuni (limi argomenti in tutte le '  piùofcure, e malagevoli quiftioni della  Natura. Qnefto tcgttt*tnfinito, nel quacureineU c le truovano eflì e copia per ogni fuftanza,  mafatuol 1 c d ingegno per ogni lavoro, c virtù, e  r infinito. ' porere per ogni maniera di operazione.   Sicché vergendo, non potere al fortunofoconcorfo degli atomi lagrande, e maeftrevole opera dell’ Uni verfo aflolutamentc affegnare;dicono f che per un tempo infinito, dopo infiniti varj accozzamenti, fien finalmente gli aromi potuto  a quel termine pervenire, come nel. li‘ ' bro v:   Nani certè neque confìtto primordi* rerum  Ordine quoque fuo, atque fataci mente locar unt:   Nec quo: quoque darent motu: pepigere profetici.   Sed quia multa modi: multi: prìmordia rerum  Ex infinito )*m tempore peretta plagi:-,   Ponderi bufque fui : confuerunt concita ferri,   Omnimditque coire, atque ormila ^er tentare,   Qut rMa   «v   Qutcumque inter fe pqffent congrega crenrez  Troptèrea Jìi, ufi magnum vulgata fer   piane, e Semplici cogitazioni noflre. E,  in fine è affai malagevole a ritrovar cotal Uyr.. .r’iVero a forza di fillogiftici ragionamenti; poiché l’una parte, e l’altra della  contradizione, contradicenti fillogifmi  quinci, e quindi fomminiflrano, e vie  « più inviluppano la difficoltà. Onde i più _  fenfati, e collanti fon coflretti a fofpenderé i giudizj; ed i malavveduti, c leggieri fi rivolgono a difendere 1’ uno de’ due Conrradittorj, e fra loro di vili l’ un  contro dell’ altro oftinatamente combattono. Il Vero minuto, c fcompigliato della foflanza materiale ùmilmente e’  non può ne forma fantallica dipingere,  ne intellettuale, o ragionevole efprimere, nc conchiudere fillogifmo per  una contraria ragione. 11 noflro intendimento, poiché dalla parte dell’ Animo è  unirà, che aduna, c contiene il numero,  che è la vera diffinizione dell’Intelligenza, ed è manifefla nel raccoglimento,  che ella fa del numero della materia nej.  fenfo, e de’ fenfi nella cognizione, e_,, ' delle varie cognizioni nell’ univerfale,   cd   0  cd in fe medcfima, per quella cagione»,  non può raggiugnere, c diftinguere quello ccce/Iivo sminuzzamento, e dilfipamenro, ne può accozzarlo, e cederlo  a comporne 1’ eftcnfione. E poi una affai ardua imprefa di pervenirvi con argomenti : perciocché la mente dell’Uomo  nel fuo intendere, che è il Tuo edere,  non avendo niuna abilità per quella maniera di Vero cotanto a lei dilfi migliaate, fenza feorta, e fenza lume fi svia-,  qua, e là adirquctlo, o quello con mal  fondati ragionamenti; ficcome è manifedo nelle molte, e varie fentenze, delle quali niuna ha niuno pofitivo argomento per fondare il proprio Vero; e  tutte, e ciafcuna han molti, e forti argomenti per abbattere il Vero contrario  delle contrarie. Quindi ficuramente, fe  T amor delle parti non in rutto gli acciecafie, porrebbon giungere finalmente a  conofccre, che il Vero non può trovarli  nel dil’cioglimenro degli enimmi in uno  de contradittorj, ma dee ricercarli nel  temperamento, e nell’ accordo delle contradizioni, e nel viluppo degli enimmi,  e nelle maraviglie. Stando così le cofe, i filosof  antichi del giardino preoccupati da quel pregiudizio,  e i Novelli fpaventati dall’ apparente^,  contradizione, o affatto non han ricercato il vero maravigliofo, o leggiermente  i ~ facendolo, tolto quelli alla preoccupa zione, e quelli allo fpavento cedendo,, ' fonofi late iati fedurre dalle vicende delle   forme corporali ad aver per cert3 la mortalità degli Animi noflri, con ifconvolgiroento, c rovina della Naturale, e della, ' Morale feienza, e della Ci vile 3 e della Di vina altrelì.E qui lien terminati gli avvertimenti, dopoi quali è ormii tempo di fare quello, che gli Epicurei non han fatto, cioè di farci a confidcrare l’ inrendimentodeli’ Uomo, l’ effenza, la proprietà, e le operazioni lue : nc per tanto tutta  la felva degli argomenti, che di là, o altronde trar fi poffono, penfiamo di allegare, che sì trapaleremmo i limiti di uua  Difpura, eforfi alquanto ci difeofterem Sì arrecala mo dalla P ro P°H l foluzione, m t tanti, e  teiere timo- tali ne feerremo, quanti, e quali credere ijlinzlonf mo P'ùf,ire al propolìto fenza rincrefcedelle idee del- Vole proliffltà. JtiU* ‘Iute ^ in primo luogo conviene allegare la   ria, a,em diftinzione, e la dilucidazione dell’Idce  della Mente, c della Materia, che ivi.,  altra guìfa propofta, che da’ Volgari non  fi è fatto finora, e farà ella un gagliardiffìmo argomento dell’ immaterialità dell*  Animo, ed agli altri argomenti maggior  forza, e lume fomminillrcrà, che arrecheremo dappoi. Per non tacer nulla di  quelle co fe, che lafciate addietro ofeurerebbono la dottrinajleldee dellaMateria,  e della Mente, s’io non erro, elle in noi,  e con noi nafeono a quello modo. Nell*  Uomo di corpo, e di anima comporto,  (cheunquefia l’Animo ) per erta coftituzione nafee certamente il fenfo del proprio corpo, il qual fenfo apprende la prima, ed ampia, e comune azion Tonificante della lortanza corporale : Similmente  da quella cortituzione mcdefima rifulta  la cognizione, o cogitazione del proprio  animo, e del proprio intendimento, Ia^.  quale comprende, ed esprime la prima, ed ampia, e comune significazione del1’Edere mentale. Quelle due Idee così dirtinte, con dirtinte significazioni, ed espressioni, sono ad ogni uno per la cofeienza della propria cognizione, e del proprio senso manifede jdccome è a tutti parimente manifeda la contenenza, o  inclusone, e la lignificazione, o efpreffion loro. Cioè 1’Idea del corpo chiaramente contiene, ed include, e significa,  ed efprime P eftenfionc; e 1’idea dell’  Animo, e dell’ Intendimento con pari  lucidezza la cogitazione efprime, e include, e contiene. Orio non poffo acquetarmi a quello, che gli altri fanno,  che da quelle fole idee della mente, £«.  della materia, e da quelle fole contencnze, senza dir altro, traggon 1’ argomento della didinzione delle due Sudanze.  A mio giudizio con troppa fretta coniar mqftra ìl chiudono, che 1’e de n za del corpo da F  difetto dcll'ar- Sdendone, c non già l’Intelligenza, o  de' cartellante Cogl fazione; e che 1 cuenza dell Aniin far quella mo la Cogitazione, o Intelligenza, e non  fazione? 0 ' già 1’ Edenfionc. Ma credo in ogni modo  doverd andare più oltra, e più a minuto  olTervare lecofc, per poter su fondamentapiù falde, e più ampie fondare quella  importantidìma confeguenza. Per modrar di padaggio il difetto, e la debolezza di quel corto ragionamento; P edenfione, che il corpo di fe apprefenta ad apprendere, certamente ella è quell'eder  medefimo, che nella coftituzione dell’  Uomo, e per quella coftituzione può il  corpo oggettare,e lignificare; e che l’intendimento noftro dall’altra parte può  percepire, ed apprendere: ma non è già  egli certo, che quella lignificazione cosi  fatta arrechi il primo, e principal edere  corporale, in cui è dovere che fi riponga  laSuftanza, o Edenza ;o almeno none  cofa delira, che il corpo con quel foloeffere tutta la fua edenza, o Suftanza appresemi all’Animo a comprendere. Oltre  a ciò l’ eftenfìone, come è un edere uniforme, e univcrfale; così è il più tenue,  e leggiero, ed è come nel frontifpizio della propria codituzione dell’ Edenza corporale locato; il quale perciò la proprietà, cioè la propria differenza, che è l’atto  e la forma, onde fi termina, e compie V  edenza, Secreto, e ripodo,non può discoprire, ed efporre al primo SenSo, ed alla  prima percezione dell’Uomo. E quella^,  uniformità, e comunità, di più per quella fteda ragione di edere uniforme, e»,  comune, è neceffariamente confuSa, e  indiftinta: che pe r tanto certezza, e chiarezza niuna in niuna guifa può infondere  nell’ idea.La qual cofa tanto più è da credere, che nella fofianza delCorpo del rutto di vifìbile è uopo, che una moltitudine  di particularità infieme adunandofi, vegna a confonderfi in una uniforme, e comune percezione in quella prima Idea,  eh c ancor effa dal fuo lato fottile, leggiera, cftrema, cojnune, uniforme, indiftmta. Or chi potrà dire, che in quella indiftinzione, e confufione, ed in quella  leggerezza,ed eftremità di cofe, d’ idee,  c di fignificazioni, ripor fi polla l’eftenza?  Per dir tutto in poche parole, quella fignificazione elfendo come una produzzionc della foftanza corporale, che di là  ft propaga nel fenfo dell’ (Jomojegli è fenza dubbio un manifcfto errore,il riporvi  il primo, e principale, e ftante, e profondo e fiere, qual’ è, e qual efter dee l’effenziale delle cofe. Finalmente fe 1» Idea  contiene, e comprende, ed efprime 1*  efìenfione, fermamente ella 1* adegua ancora, e fi combacia con lei, che altrimenti come polla comprenderla, e contenerla, non fi può dire. Adunque l’idea, e 1’Animo, diciam così, ideante,   fi vede per quella via, che coll* ellenfione che apprende, ed efprime, pofla eftenderfi ancor elfo, e sì P Animo nell’ idea  dell’ ellenfione dal lato della potenza, e*  pareeftenfo, quantunque nell’ideadella  cognizione, dalla parte dell’ obbictto,  tale non fi ravvili. Ed allo ’ncontro, perche l’idea della cogitazione non è dell’Animo solo; li perchè animo folitario  non è nell’ Uomo, onde il corpo ancora  nelle produzioni mentali dee in alcun.»  modo concorrere; fi perchè nella cognizione de’ materiali obbietti, ne impreffione, uè efpreflione fenza corporale eftenfionefi può .concepire; per quella cagione il corpo dalla fu3 parre fi fa vedere  in alcuna guifa cogitante dal lato della  potenza; avvegnaché dalla parte dell’  obbietto, come tale non fi ravvili nell*  idea deli’ ellenfione. Or come in quella  ultima oppofizione si è fatto, così in tutte le altre, quanto fi è detto del corpo,  per far vedere l’insufficienza dell’idea  dell’ ellenfione a dimolìrare 1’ Eflenza  corporale, tanto con altrettante parole  fi può dir dell’ Animo, per fare intendere, che l’Idea della cogitazione none   fufficiente a poter diffinire l’ effienza, o  lultanza mentale, In fine non debbo falciar di dire, che il volere colle prime,  c (empiici, c comuni idee dell’ Animo  il voler noftro diffinire l’ c (lenze delle cole, è per  lenze deill_> Dio cola tanto pericolola, quanto e per' refe eolie fri- verfa maniera di filofofare. Alle quali ra"cìidee^è'co- g on  quando io pongo mente, inrendo  fei pericolofa, bene perchè quella celebre dimoftrazionc Cartefiana in quel modo propoda,fia  (lata, e fia ancora da moiri con ogni argomento fieramente combattuta. Adunque per quelle due prime (empiici idee..,  della Mente, e della Materia, e per quelle indiftinte, e comuni loro lignificazioni,  non può giuftamente venirli a quella graviffima conchiufione;ma è neceffiario riguardare per tutta 1’ effienza corporale,  e in tutte le fu e forme, e modi, e moti,  ed operazioni;ed oltre ciò offiervare tutta Ledendone del fenfo, quanto egli c  nel proprio corpo congiunto, o quanto  da circolanti corporali obbietti riceve.  Ed ancora in tutta l’ effienza mentale, ed  in tutte le fue forme, e modi per tutta la  capacità della coscienza, e della Scienza, quanto in fe medefima vede, o dall’altre cofe raccoglie, e ciò fatto, fe_  troverai!!, che nell’ Elfcnza del Corpo  la fola Eftenfione fifeerne da per tutto  fenza niun eflerc, o potere di cogitazione, o intelligenza; e nell’ £lfenza_,  mentale, fé feorgeraflì folo intelligenza, o cogitazione in ogni ricetto fenza  niun edere, o modo di ettenfione; allora, e non prima fi potrà conchiudere, che quefte fieno certamente due™.  Elfenze, o foftanze, l’ una dall’ altra™,  realmente didime. La ragione del dover negare alle fempliei idee quel che  fi crede dover concedere all’intera, e  compiuta cognizione della feienza, ella è, a chi ben v> attende, chiariflima. La significazione, ed espreflion particolare, e manchevole, qual’è quella delle fempliei idee, già ella molro, o poco laici il in tenebre una parte dell’ effenza, che non è in niun modo lignificata, ed efprelTa : onde volcndofi a_>  quella elfenza donar qualche attributo, non fi può fare lenza gran temerità:  conciottiachè ragionevolmente debbafi  dubitare, fe nella parte non lignificata  vi rimanga afeofa alcuna ragione efcludente quello attributo, che le fi vorrebbe concedere, e volendofi negare, non  può niuno, falvo fe non è fconftgliato,  e temerario, rifolverfiafarlo: perciocché fi dee poter fufpicare, che nella^  parte non lignificata alcuna ragion fi  rimanga, che includa quel cotale attributo, che le rivorrebbe negare. Adunque l’ Idea del corpo, che contie nc l’cftenfione ( qualunque ella fia ) cfTcndo  pur nondimeno particolare, forza è che  ne lafci in dubbio, fe altro vi fia nell’  effenza corporale, che includa la cogitazione, o intelligenza; e fimilmcnte_,  qualunque ella fia 1’ idea della cogitazione dell’ Animo, e quantunque didi nta, e chiara fi voglia, giacché ella è.  particolare, ne fa per quella cagion fofpicare,che altro pofla efTervi nell’ Animo, che includa Fedendone. E pertanto per fi fatte idee non può giammai giugnerfi a tale, che quelle due Eflenze fi  veggano in tanta luce, che chiaramente apparifea l* Animo efTer foftanza_»  cogitante, o intelligente. Ma nel  fatto di una intera, e perfetta lignificazione le cofe danno altrimenti; imperocché ogni elTenza col fuo mcdefimo  edere lignificando, per modo che l’effere medefimo fia lignificare, e’1 lignificare altroché federe non fia,cdel tutto imponibile, che la lignificazione cotanto dall* efifere fi difcofti,e quello da  quella cotanto fi diparta, che tutta intera una lignificazione niente affatto lignifichi, di un ampio elfere che fi c; e che un  ampio intero elfere non fia nulla affatto  di una perfetta lignificazione, che fi ha.   Ora egli è, o agevolmente può elfere ad v    ognuno manifefto, che in quanto colla., zioneficon Icorta’del fenfo, e col cammino della_, ^caadejbefeienza li olferva, o fi argomenta nella  materia, di foftanze, forme, lavori,; • %  movimenti, generazioni, e qualunque  operazione, per tutta cotaf ampia, ed  intera lignificazione niente affatto fi feorge, ne pur leggiermente adombrato, ne  di effenza, ne di modi di effer della mente : ed è parimente, o può di leggieri  efferc a tutti manifefto, che per tutta  la fignificazione, ed efpreffion mentale,  che ci viene o dalla feienza, o dalla  cofcienza, nulla affatto di materia, ne  cffenziale, ne modale, nc edere, ne operare vi fi (cerne. Adunque egli è imponibile, che la materia fia, o che abbia, o produca tutto il magnifico edere mentale, e che niente di quell’ edere dimoftri in niuna parte dell’ ampia, ed  intera Tua lignificazione; e che la Mente fia, o che abbia tutto l* edere materiale, e niente di quello dimoftri in_»  niuna parte dell’ ampia, ed intiera lignificazione Tua. Tanto era da fard,  che non fi è fatto, per condurre quel; v Vi*’ la dimoftrazione ad una chiaridi ma chiarezza   La ragione, che dalli materia dritdelP immorta- tamente efclude la cogitazione, per la mo Umano* 11 * ^ ^iare °S n ‘ circuizion di parole, ella  11 ° non è altro, che quella reai diftinzione, che per tutta la foftanza materiale per ogni parte s’interna, per modo  che niuna parte c della materia, che o  in altre parti da fe contenute ella non  fia da dividere; o che niente contenendo, non fi debba ad una ftrema minutezza di ogni contenenza vuota ridurre. Per cotal ruinofa diftinzione, la foftanza della materia, o nell’un modo,  * o nell’ altro, ella è tutta diftinta, e tutta divifibilc: tutte le Tue parti fon Fune  fuori dell’ altre, foni’ une all’ altre avveniticcie,ed eftranee; non fi potendo  a niun patto ritrovare parte della materia per nello di reale identità nell’  altra implicata. Anzi di vantaggio il  tutto medcfimo fi può dire in certo modo, che e’ non fia, c non infida nelle»,  fue parti: inquanto che il tutto non è  tale unità, che intera, ed indivifa nel  numero delle parti fi eftenda. E le_*  •parti allo ’ncontro in certa guifa pur  puoffi affermare, che non fieno nel  tutto, inquanto che elle non fono di  quel numero, che fenza confufione_,  benché indiflinte, nel tutto fi adunino.  In sì fatta maniera di efTere, più fiate in  più luoghi altrove efplicata, è cofa^  manifefta, che le parti non poffono infra di loro in guifa alcuna comunicare;  ne 1* une nell’ altre per niuna via penetrare; ne può avvenire giammai, che  elle in niun modofcambievolmente fi  contengano, o comprendano, o inchiudano : Ne finalmente comunicazione,  o penetrazione, o contenenza, comprendone,o inclufione alcuna può ef fere    I  L'imfenetrabVita della Materia,  ovejh da ri fOì’re. «fere ne pur fra ’I tutto, e le parti ^ Or  tutto quello novero di ragioni, che vicendevolmente l’une 1’altre implicando, fono ccrtiffime produzioni della  reai diftinzionc, che noi fotto una ap.  pellazion comprendiamo d’impenetrabilità, come le contrarie con un fol nome di penetrabilità nominiamo; quelle  ragioni, dico, fon la (lefliilima cecità,  O amenzia della materia. Siccome quella profonda, e difcorrevole diftinzion  reale difperde ogni penetrazione, e comunicazione di elTenza, cosi fa ancora  di ogni penetrazione, e comunicazione  di fcienza. Conciofliachè la Scienza, o  intelligenza, ed ogni cognizione, e cogitazione, altro che comunicazione, e  penetrazione non fia: ficcome la fcomunicazione, e l’ impenetrabilità, altro non  fono che cecità, o fconofcenza. Per  Dio la facilità fola, e’1 chiarore di quella luminofa dimoftrazione potrebbe per  avventura per un fol momento farne  travvedere la fermezza, e la ficurezza.  Imperocché come può la materia intendere quello, che non contiene ? E  come contenere quello, che elTa non è ? Per qual via, e con qual potere fi effonderà la materia ad includere colla conofeenza quello, che efclude coll’ effenza?Come diftinta effondo dall’ altre  cofe, ‘comunicherà con quelle medefìme  per apprenderle ? Come dentro di fé,  e quali da fé (leda diftinta, ed efclufa,  potrà o a fé ri volger fi, o in fe il fuo  edere raccòrrò, per intender fe, e le  cofe fue ? In qual modo pofta fuori delle cofe, che ella non è, e fuori di fe  niedelìma, che non contiene, potria  1* altrui, o’I fuo proprio edere dentro  di fe conchiudere coll’ intelligenza ?  Qual farà il fentimento di quel tanto  deuro, quanto celebrato principio, che  l’operare fiegue all’ edere, fe non quello; che federe è regola, e norma dell*  operare : che quale, e quanta è Cedenza, tale, e tanta eder dee 1’ operazione:  che l’operazione non può fuori eftenderd dell’edenza: che in dnc l* operare è  una produzione dell’cderc, dechè l’effonzada operante; d’operare mededmo,el’  operazione da edftente, e da edo edere  a rincontro. Per le quali certi (lime regole  fedi maggior lume abbifognade, vie più lì dichiarerebbe ciò, che diciamo; che non  fi può contenere, ne includer quello,  che non fi è; come quello che non fi contiene, ne include, non fi può intendere.  Adunque certifiimo argomento, e chiarifiìmo di cecità, ed infenfatezza, è ladiftinzion reale coll’ impenetrabilità,  fcomunicazione, ed efclufion materiale.  La diltinzione, che per varj divarie cofe, e diflacca 1’ eflenze, e proibifce le  coriofcenze; nella coftituzione dcll’intutto divifibile material fotlanza giugneall’  ecceflo di diftinguere; per modo che affatto ogni comunione tronca di eden za,  ed ogni via chiude d’ intelligenza. Laonde e’ non è da maravigliare, fe in  tutte le Lingue più belici’ intelligenza  colla penetrazione, comprenfione, contenenza, ed inclufione è lignificata; e  con contrarie appellazioni è lignificata  la fconofcenza. Ed è da ammirar molto,  che i novelli Filofofi fien così ciechi,  che la cecità della Materia per quella  via non abbiano ravvifata, che fi prefenta nel primo afpetto delle cofe, non  che nel procefio dell* invelligazione.   Con dimoftrare la cecità della materia, abbiamo inficme dimoftrata 1’ immaterialità della mente; Imperocché fe  la materia è cieca, perchè ella è di vilibile, la mente dee eflere indi vilibiie,  perchè è intelligente. Pur nondimeno  c uopo in efla intelligenza oflervar la  di lei immaterialità, come in efla natura  diviflbilc la cecità, c l’amenzia abbiam’  oflervata. Adunque fe la Mente cono- °V e f,a  fce le fue cognizioni, come per la pri- trabiitàdeima, e più interna, più lucida notizia I* Mente.  della colcienza è certiflimo, ella certamente le Tue cognizioni, e 1’ eflere di  quelle, e ’i fuo medefimo dee in fc contenere : e con quelle Tue operazioni, e  con tutto il fuo eflere, per pcnetrevole comunione, e per indiflolubil neflo  d’ identità, efler dee una cofa medelima realmente indiflinta, ed indivifa.   E poiché per mezzo delle cognizioni  apprende tante cofe, quante ve n’ ha,  in tutte l’Iflorie, e in tutte le Scienze,  ed Arti; la Mente quell’ immenfa ampiezza, e quel novero infinito di forme  memorabili, fcibili, ed agevoli conterrà tutte nel fuo intendere, e nel fuo  eflere penetrando, e includendo :   F con reai neffo tutte le cofe comprendendo, cd unificando nella Tua intelligenza; e la Tua intelligenza in tutte le  cofe eftendendo, indiftinta, ed indi vita da quelle così, come è dal fuo efte-[  re medcfimo,e dalle fue medeGmc cogni.  zioni.Dal che chiaramente fi feerne, cfter  l’intelligenza, e per confequcnte 1’Eflcnza mentale con tutta quell’ ampiezza, e  4; con tutta quella dovizia, che accennata abbiamo efier, dico, nondimeno indiftinta, femplice, ed indivifibile.Concioflìachc  comunione, penetrazione, e inclufione,   Veneu-abi- fono co ip indiftinzione, o identità una  hta, e rden- r ...   tiù fono um cola, c per poco una ragione, o notizia  c»fa medejì. medefima. Siccome la reai diftinzione  fminuzzaper tutto la foftanza della ma*  teriajondel’eflere materiale è impenetrabile^ incomunichevole; così la penetra-»  zione, la comunione, e l’ inclufione per  tutto realmente conduce, e connette l’in.  telligenza; onde l’ intendere, e 1’ eflerementale efter dee indiftinto, femplice  ed indivisibile, immateriale, e immortale. Certamente la fola eftre ma chiarezza  di quefta dimoftrazione a non fani intelletti può per avventura far dubitare   della fermezza per un momento. Imperocché come potrebbe la Mente, o  non contenere quel, eh’ intende, o non  eflerc quel, che contiene, o edere da.  ciò che contiene realmente diftinta ?   Come mai potrà efcludere, e (terminare coll’eft’enza quel, che include coll’intelligenza ? Come fopra di fe ritornando, o in fe il fuo effere raccogliendo A ) 0 ad intender fe, e le fu e cognizioni;  trebbe poi cfler tutta in fe, e quafi  fe realmente diftinta, ed efclufa ? E in  fine il proprio, e 1* altrui edere, nell*  intelligenza accogliendo, come può avvenire, eh’ ella fia pofta fuori delle cofe,che intende, e che efler dee, e fuori di '  fe medefima ancora, qual certamente  larcbbe, fe fuflc divifibile, e materiale ?   Non ci ha dcll’indivifibi!ità,c dell’immaterialità argomento più ficuro di quello, che eia penetrabilità, e della comunione, che è l’intelligenza. L’Identità, che per varj gradi di varie cofe  fomminiftra 1* intelligenza, c connette  l’edenza; nella coftituzion della mente  giugnendo fino alla penetrabilità, ed  infelfionc, che adduce ogni comunio : Fa ne di eflere, ed ogni lume d’intendere,  viene in tanta chiarezza, che egli è  una maraviglia, che alcun de* Filofofi  abbia difperato di poter trovare (ufficiente ragione deli’ Immortalità dell*   Animo dell* Uomo, la quale fenza fatica d’inveftigazione nel primo afpctto  delle cofe ci fi apprefenta. Con quello argomento fenza fallo  ^ffHré P, °mate- fino il fondo è fiato difcopcrto dell’  riale quale efienza materiale, che è la reai diftindeU^mmte 2 j one ^ e j a di vifibilità, onde la cecità,  e 1’ infenfatezza immediatamente dipende. E infiemcmente il principio,  e 1* origine dell’ efienza mentale abbiam ritrovato, che è la reale indiftinzione, e 1’ indivifibilità; onde l’immaterialità, e immortalità neccflariamente difcendono. Ora da quel primo fondamento del, - materiale eflere, molte altre proprietà  procedon della materia: ciò fono mutabilità, e mobilita; novità, e contingenza; impotenza, ed inerzia; e in fine fug ^gezione, c dipendenza, che tutta l* effenza della materia adempiono per avventura. Come altresì da quel principi» ^ pio dell' Efler mentale molte proprietà  provengono della mente : quali fono,  coflanza, ed immobilità; neceffità, ed  antichità; potenza, ed arte; e finalmente libertà, e independenza, che tutto  1 ’ effer mentale fi può credere, che  adeguino. Le quali cofe fono altrettanti fermiflìmi argomenti, 1 * une della cecità della Materia, e l’ altre dell’ Immortalità della Mente. Ma alla difputa di  fi fatte ragioni e’ fa di meftieri premettere una confiderazione, con utilità de novelli Epicurei, per fargli fin da ora  argomentare la debolezza degli argomenti Lucrcziani : e di tutti gli altri, per  agevolargli l’ inrelligerfza di quanto imprendiamo a dire di quelle ducEffenze.Io  prefuppongo, che quelli novelli abbian  già fatto quel, che gli antichi non penfarono di fare, o fecero leggiermente,  e trafeuratamenre : cioè che abbiano  afTai filofofato fopra la Natura immateriale; che nondimeno per la cagione, che dirò, fi fian rimafi nell’errore.  Prendendo eglino la corpulenza, e la forza fenfibile della materia per falda, e chiara verità, e realità; e per la finezza, e   fotti  4 tutto corporeo, e dirtolubile, e mortale apparifee; e dall’ altra,  per gli altri argomenti fi feerne incorporeo, ed Immortale : non può niuno  ne a quello, ne a quello, ne alla mortalità, ne all’ immortalità, non prima  avendola va nità de’ contrari argomenti dimoftrata, fe non per temerità, e  per capriccio attenerfi. E trovandoli  per avventura amenduele parti inaceslibili, cd inoperabili, c dovere allora,  che fi temperi, e fi mitighi la forza degli  uni, e degli altri argomenti, affinchè o un  qualche comune effetto infieme lor forza comunicando, arrechino; o lor forza  dividendo, in diverfe foftanze, o modi,  divedi effetti producano. Nel qual tem- pcramento,e mitigamento egli è fenza,e fallo riporto il Vero maravigliofo : come del Vero della Mente abbiamo già  detto doverfi fare: e come a fuo luogo  in quefta medefima Difputa, col favor  di Dio, noi faremo in effetto. Frattanto fe lo feopo degli argomenti Lucrcziani è, che la Ragione, e l’Animo  dell’ Uomo fia del tutto diffolubile, e  mortale; che egli prende da diffipamenti, fucccffioni, vicende, e mutamenti,  •che vi fi veggono : e per contrario i  contrarj argomenti vanno a dimoftrare,  che la fortanzial ragione, e I’ Animo  egli è in fe medefimo indiffolubile, ed  immortale; non c egli un giurto, e ragionevole temperamento, e mitigamen-to del contrarto degli argomenti, il dire, che l* Animo debba effere in fe, e  verfo di fe immortale per forza de’ fe-tèéà condi argomenti; e che la forza de’ primi più oltra non vaglia a conchiudere,  fe non che l’Animo lia dall’ Uomo diffolubile, e in quello fentimento, e in  quello rifguardo mortale ancora?   La fola Compofizione, che è nell’   Uomo, ella è fufficientiflima cagione di  ogni variazione, la qual perciò a quella compolìzione fola puoflì attribuire :  onde necelfità di dover dedurre, che-,  elTd Natura ragionevole immediaramente patifca que’fvariamenti, ed ella debba clTer caduca e mortale, non vi li,  fcorge niuna affatto. Gli fcadimenti,  gli avanzi, i eominciamenti,e i lini fono varie guifc, evarj modidieffa compolizione.La compofizione è principio, ' ». 41   c radice di ogni variazione. La natura ^luziongeL  ragionevole, quantunque ella in le da ti gli argomutamenti corporali immune, e libera; nienti ima*  tuttavia congiunta colla variabile mareria, dee neceffariarnentfc non in altra  guifa, che variando, difpiegar le fue«  ragionevoli operazioni. Sarà quella Tempre una generai foluzione affai fondata,  c forte di tutti gli argomenti di Lucrezio, che può offufear eziandio quella apparente evidenza, con che ha prefi  i materiali intelletti de’ Cuoi feguaci:  e’1 farà ella Tempre, finché eglino non  auran dimoftrata 1’ impofiibilità della.,  natura immateriale, o 1* impoflibilità  del concorfo, ed unione della medefima colla materia, e che a natura immateriale fia ripugnante, il potere con  quelle variazioni, che nell’ Uomo veggiamo, in niuna guifa operare. Il che  ficcome finora non han fatto, così non  éda credere, che fian per fare in avvenire. Ora ritorniamo al propofico, per  dimofirare in oltre per la mutabilità,  o mobilità cieca la Natura materiale; e  per l* immutabilità, o immobilità, immortale l’intelligente: come già prima . nbbiam fatto, per la reale difiinzione,  ed efclufione dell’ una, e per la reale_  indifiinzione, ed inclufione dell’ altra.  Nell’ eftenfione, o efirapofizione, che  - firZlonc' 1 ^- ne ^ a materia è manifcfta, noi feorgendo  Ucecita della allora quella difiinzione, ed efclufione,  de tornir* ne argomentammo la cecità, ed amenzia:  e nell’ intelligenza, che è in noi, e nell*  e (Ter noftro evidente, veggendol’indiftinzione,e P inclufione; quindi raccogliemmo, •*» • •    tal ila de Hi  Mente. . 51  mo dover la mente edere indivifibile, ed  immortale. Ora nell’ eftrapofizione me- - 4 -v   dcfima, di più la mutabilità, la mobilità,  e’1 moto oflcrvando; e nell’ intelligen- r  za, di più la immutabilità,e l’immobilità, e la quiete ritrovando; di nuovo  1* una, e l’altra conchiufione dell’ una,  e dell’altra natura verremo a provare. V -. L’ Eftrapofizione, per cominciar dalla  prima, c la radice di ogni variazione,. 1   mutazione, e moto; perciocché mancando alla materia unità reale, che_,.  aduni,0 unifichi le parti, e 1’ edere  dell’une nell’ altre implichi, e le Aringa, e fermi indillolubilmente; per necelfltà deonfi poter le parti 1* un e dall’ \  altre feparare, e fcambiarft infra di loro, e variare, c mutare, e muovere.   Il reai numero delle parti, l’une dall’  altre in realtà diftinte, e 1’ une fuori dell’altre eftftenti, è il medcfimo etter  mobile, e variabile della materia: c Ia_,  fletta mutabilità, e mobilità: è il principio di ogni attuai variazione, c mutazione, e moto. Il difetto di quella reale unità, che contenga il numero a quel ^ Materia,  modo, é il verace vuoto, col quale, e. . G 2 nel quale dee poter muoverli la materia: che gli Epicurei ad altra maniera di fallo vuoto trafportano; e i novelli Peripatetici, e i traviati de’ Cartcfiani n:egano a torto, quello vero vuoto con quel falfo degli Epicurei confondendo. V Annone delle parti, Fune  all altre in ordine al luogo fuccedcnti, è come un fluflo, c una fuga delle  medelime per Io fpazio: la quale di fua  natura domanda I’ attuai variazione, c  mutazione, e ’I moto attuale. Il moto  allo ’ncontro egli è l’atto dell’ eflenfione, o efirapofizionc : ed è prefcnte,ed  attuai efienfione, e fuccelfione. Nel moto di per fc conlìderato non folamenre  e lubricità, e flufTo, e fuccelfione di  parti in ordine al luogo; onde le parti  fieno 1’ une fuori dell’ altre allogate : ma  e altresì fluflo f e fuccelfione in ordine  a tempo; onde le parti fieno I’ unc_,  dopo dell’ altre nel tempo efifienti : dimodo che ognuna delle parti del moto •  allora ella è, quando 1’ altre fue compagne o fono già preterite, o fono per  efiere in futuro: che o più non fono,  o ad elTere non fono ancora pervenute.  II che vero cdendo, come infallantemente è; qual maggiore (Minzione può  avervi dell’ edere, e del non edere ?  qual più certa efclufione di quella, che  Pelle r fa del nulla, ed il nulla fa del Ee Aere all* incontro ? come ciò, che c, può  mai procedere egli a contenere, ed includere quello che non è, quantunque  o fia dato da prima, o debba edere dappoi ? ficcome non vi ha maggior diftin*  zione dell’ edere, e del nulla, ne più  chiara efclufione; perciocché il nulla,  che non è a niun patto, c ogni efclufione di ogni realità; e l’ edere che realmente è, è ogni efclufione di ogni nullità del non edere: così non ci ha modo più potente a diftinguere, ed cfcludere,cpcr confegucnte più certo, e  più chiaro modo di efcluderc, ed eftingucre ogni intelligenza di quello, che  è il moto, che perchè fia, 1’ edere, c’1  non edere congiunge inficine : le cui parti deono edere tali, che una edendo,  T altre afFarto non fono, dovendo e(Fcre o preterite, o future. Non eie, ne  può eflervi più chiaro argomento dice  o nio    cita, ed infenfatezza, della mutabilità,  J' 30é-' UHP    nn. 1 a  \ "W" 2   •* Wa     * >• ' le     le parti non poflbn Pune dalPaltre fcevcrarfi, ne (cambiarli infra di loro, ne  murarli, o muoverli in niuna guifa. J  L’identità delle parti, l’unc nelP elTere "   dell’ altre infiflenri, P unc nell’ altre penetranti^ deflfo elTere invariabile, ed  immobile dell’ intelligenza, è elTa in va- #•   riabilita, ed immobilità, e coftanza, e  virtuofa quiete della mente. L’ inclusone è la virtù maravigliofa, che Urigne,e aduna, e contiene, econferma_.. -1   P clTcnza mentale ad eder libera, e immune dalle mutazioni, e da moti della  materia, e ad elTere in quello riguardo invariabile, ed immobile, e quieta.   Quella identità, ed inclulione è ella il Ver 5  verace pieno della Mente, che ne i voi- Tra magari Peripatetici, ne gli fciocchi de’ Car- ta!e '  tefiani, e tanto meno gli Epicurei intendere non han potuto finora. L.’infi- - ^ > Y'  llenza, ed infeifione delle parti, che ne  luoghi eftendono,ne difpergono tempi, è quello che ogni corporale lubricità, e fltilTo, e fuccelfione allontana^. • ** ì   dall’ elTere intelligente. Ma di cotalin- fillenza,o penetrazione, o inclufione,  egli è da fapere, che altra cofa non è,   che (lane l’atro, che 1’ Idea, o percezione. L* intelligenza è principale,  radicai percezione, ed Idea: e 1* Idea,  o percezione, è prefente, ed attuale  intelligenza; nella quale 1* immobilità,  cd invariabilità del mentale edere, e  1* indivilibilità, e Immortalità in chiaridimo lume lì difeoprono. La prefente,cd attuai percezione dell’ Idea, niuna parte della potenza intelligente, e  niuna parte dell’ intendevole obbierto  preterendo, o in futuro rifervando,  cioè ogni parte della cofa, che intende,infieme comprendendo tutto aduna  in un atro, ed in una prefenza di un  femplice edere indi vifibiìe. Poiché l’ intelligenza penetrando, ed includendo  tende all’ influenza di ogni fuo clTere^  in una unità di eflenza: la percezione  c, prefente, ed attuale inclusone, c penetrazione, ed influenza. Ella è l’atto  di quella virtù, c la fermezza, c’1 ripofo, e la quiete della mente, nella..,  pod'cdìone dell’ edere, c del fapere.  Non vi ha maggiore indiftinzione, ed  inclufione dell* ogni edere, cioè di quella edenza, che tutto il fuo proprio esere poflìede, che di fé, e delle fue cofc ogni nullità efcludendo, include ogni  fua realità: onde l’atto, e la prefenza,  cioè il prefente edere attuale, che ogni  realità a fe appartenente contiene, è  nel colmo dell’ indidinzione, e dell’ inelulione, che ogni nullità, e vacuità, e  lubricità, e fluflo, e mutamento efclude. Tal fermamente è la percezione,  o idea, le cui parti sì elleno fono a fe  prefenti, che una parte eflendo, tutte  l’ altre con quella, ed in quella eder  deono fenza edenfione di luoghi, e fenza fucccflìone di tempi; tutta prefente, ed in atto in fe, e con fcco tutto  il fuo edere conchiudendo. Siccome il  moto edende, e (minuzza, e difperge  le parti della materia; ed è perciò eda  variazione, e mutazione : così la percezione, o idea, diciam così, intende,  e conclude tutto l’ edere della Mente :  e per tanto è la dedìdima invariabilità,  o immobilità, o permeglio dire, è edo  ftabilimcnto, ed eda quiete della Mente. Non è nella natura, ne in Cielo,  ne in Terra unione più dretta, ne piu  intima, ne più falda, e indidblubile della percezione: non ci è della percezione più ficuro, ne più chiaro argomento d’invariabilità, ed immobilità, e di. . quiete. La Mente che nell’ inclufione,   ttjftmo arco - e penetrazione deir intelligenza fi dimenio d' m- moftra femplice edere, ed indivifibile,  faòlaìwia!' ^ cm P^ ce » penetrabile. La Materia per  la compofizione, edeftenfione,o eftrapofizione è divifibilc, variabile, mobile : la Mente per la penetrazione, ed inclufione è immobile, ed invariabile. La Materia ha il fuo proprio atto della  ;, propria edenza, che è il moto: la Men te, ella ancora ha il fuo proprio dei  proprio edere,che è F Idea. Nell’ eden*  dono, efcludone, variazione, e moto  la Materia dimoftra da fua cecità, ed  amenzia: e la Mente ndia'penetrazio&  ne, inclufione, invariabilità, ed, immoti lì bilica  biliti fi diicopre indiviiibiie, ed immortale. Non ci ha cofc più tra fe diverfc, della Materia, e della Mente: non re  ci ha piu evidente contrarietà di quel- / ra U M/ela, che è tra l’Idea della Mente, e ’1 rìsela Mammolo della Materia. Ma affinchè niu no rivolgendoli alla materia, ed alla  mente deli’ Uomo, ed a’ mori, ed alle  idee del medefimo, non fi turbi, o eoa  tacita oppofizionc non contratti quella  nottra dimoftrazione; promettiamo in  luogo più opportuno di quella Difputa  far vedere, come nel congiungimento  di quelle diverfe nature, e di que’ diverfi modi-, vie più venga adilluttrarfi,  e confcrmarfi la prefente dottrina.   Dall* eflerc indiftinto, penetrevole, ed inclufivo dell’ intelligenza, e fegue Quarta dìdi neceffirà, che l’ intelligenza eflcr deggià interminata, e univerfale : come-, tdfà-Atuu  dall’ eflerc dillinto, impenetrabile, ed uc  elclufivo della materia, necefli riamente avviene, che la materia debba efler terminata, e particolare. E benché la  penetrazione, ed inclufione chiaramente voglia aver con beco infiniti, eduniverfalitir e l’ efclufionc, ed impenetrabilità pur con pari chiarezza arrechi  terminazione, e particolarità, anzi più  torto la penetrazione, ed inclufione-,  paja eflere non altro, che erta infinità, cd univerfalità: e 1 * efclufione, ed  impenetrabilità colla particolarità, e-»  terminazione pajano edere una medelima ragione; contuttociò quelle due  ragioni fono due nuovi rilucenti (Timi  lumi, co* quali nuovamente per nuove vie rinveniremo coll’ uno la cecità, ed infenfatezza delia materia,  e coll’ altro l’ immaterialità, ed immortalità della Mente. Le quali cofee’ perciò conviene, quanto più c podibile,  fpiegare,e dichiarare paratamente. Per  ^Aeco- cominciar quindi, Univerfale c quello,  che tutte le cofe, o quelle che gli appartengono, cioè tutto il numero, e tutta la varietà delle differenze, forme, e  modi pienamente contiene, e sì contien  egli ciò che e’ contener dee, che le forme,o le differenze per lungo ordine di  cagioni l’ une dall’ altre procedenti, e  tutte da una prima, e principale pendenti, effo Univerfale dee produrre-,,  eziandio. Una principale unità per altri   mezza. DELL’ UOMO. 6 1  mezzani principi inferiori, che indi provengono, ed ordinatamente gli uni agli  altri fuccedono, con fucceffive produzioni fi eftende fino all* cflremiti degli  ultimi particolari a contenergli, e produrgli. Or quella cflenza, o nozione,  o ragion di univerfale, manifefta mente  ella efler dee indivifibile,ed immateriale. Conciofliachè eflere immateriale, ed  indivtfibile altro e* non fia, che eflere  in tutti, e con tutti i particolari, e tutti comunicando, penetrando, includendo, adunare in una fempliee, indi viabile unità di efienza, o foftanza. Senza  quella principale unità contenente, e  unificante, ficura mente le diftinzioni, e  le differenze de* particolari fminuzzerebbono, e difperderebbono ogni comunicazione, e contenenza: e fenza_»  quel numero contenuto, fenza fallo  T uhità rimarrebbe ruota di ogni pienezza, e ubertà. Or 1* intelligenza^  deir Uomo, che ella efprimendo, eraffojtiigliando, fi eftenda da per tutto> a  imprendere,e conchiuder tutto il numero, e tutta la varietà dell’ Univerfo  i* Iftorie, e le Scienze x eT Arti il roani fe  y   V.jt., nifdhno a chi che fia. Adunque l’Univerfale,chc non altro, che una ragione, o nozione, o Idea parendo elTere  da fé nel primo afpetto non dimoftra  realità; li Icorge pofcia, ed è reale»,  nell’intelligenza; la cui realità il chiaro lume della cofcienza a tutti dimoftra. E l’intelligenza, che è una realità, o reai natura, o foftanza; c pertanto nel primo afpetto non arreca univerfalità; fcernefi pofcia aver vera univerfalità nell’ idea,o nozione, o ragione dell’ Univerfalc; la cui immaterialità a tutti innanzi appretta 1* evidenza»,  della ragione. Cotal ritorno, e fcambievole fomminiftramento proprio dì  qualunque più invitta, e piu illultre dimoftrazione non intendongli Epicurei:  onde nell’ LJniverfale, che di per fe i  {blamente nell’ idea della Mente, turtocche ben vi veggano indivifibilirà, ed  immaterialità; credon pur nondimeno  non più che ideale, e immaginario V ellere immateriale: e poi nell’ intelligenza,  che è, e fi vede edere folo in nature  particolari, febben ravvifano univerfalità; pur ii fanno a credere, che materiale, e divisibile efler debba quella natura univerfale; dovendo per forza»*  di sillogiftica dimollrativa conneffione,  all’ Univerfale, per l’ intelligenxi, conceder realità; cd all’ intelligenza, per  l’ univerfale donare immaterialità. Ma  egli è ben uopo quella univerfalità, che  nell’Arte, nell’ litoria, e nella Scienza  fi manifefta, deferivere più particolarmente : affinchè quello argomento non  paja anzi un lavoro di fantafìa, che  vero, e fermo, e fondato in Sicure, e  indubitabili realità. La nollra intelligenza, come ognun vede, mifura tutti  i modi dell’ eftenfionc, e diftingue, e  diffinifee tutte le forme del numero;  onde eHa è aritmetica, e geometrica : ed  al medefimo modo tutte ancora le varie fpezie, e varie operazioni delle co*  fe oflerva, e difeerne, ed eftima; onde ilìorica, e fisiologica può divenire.  Non è adunque la Mente una particolar diterrainata dimenfione, ne c un»*  certo, e particolar numero diterminato; ne finalmente è ella certa,e diterminata forma, o fpezie di quelle, O  quelle nature; ma efler dee, ed è uni>  4 P» P verfal    ftwrtl* I Univer fatiti  deità Screma*  del P Arte, e  della Storia. (Séif 4/.  ^4  V  V,  St>\ °S n ‘ cofa efplicando, e argomentando: che è Io tteflo che dire, che ella  i numeri, e i peli, e le mifure, colla,  univerfalità, dentro di.fc il molto nell’uno accogliendo, e il molto dall’ uno  riproducendo, diftingue, ed efprime:  ficcome con più ragioni nel noftro Volumetto Metafilico abbiam provato per  ogni parte .Ora dalla univcrfalità, della  quale abbartanza fi è favellato, trapaffiamo alla necertità, ed antichità per ricoglierne altri argomenti.   Ma io non prendo ad ofiervare Peffere necertario, per trar quindi drittamente  Immortalità  nuovo, c contingente per argomentarne cecità, ed infenfatezza nella materia. Perciocché agevol cola è ad intendere, quanto nell’ indiftinzione la nec ertiti, ed antichità; tanto nella neceffità, ed antichità 1’ertere indivisìbile,  ed immateriale: ed al primo afpctto,  come /iella dirtinzione della materia fi  ravvifa torto novità, e contingenza j così nella novità; c contingenza 1’efler  cieco, ed infenfato fenza molto (lento fi riconofce. Onde il far quegli argomenti, farebbe più torto di ciò eh*  è (lato detto, una riftucchevole ripetizione, che di nuovo ingegno, una dimoftrazione novella. Benché non porta   negarli    #  argomenti d’ immaterialità, ed 1   salirà nella Mente : ne 1’erter    m  . ss» a   negarti, che la ncccifità fopra la indicazione; e la contingenza fopra la diftinxione aggiungono una, come dicono,  nuova formalità. Adunque nella neceffita. fi vuol notar folamenteil primato,  .e’1 principato del proprio edere : che  è*il più forte de’ nobililfimi argomenti  Platonici, da più degli .Autori trattato  con poca dcgnità.E nella contingenza deefi moftrare fol la fuggezionc, e  la dipendenza, che meglio di ogni altra  cofa ne conduce a quel Vero, che nella  materia andiam ricercando. E vuolfi per  tanto dcfcrivcrc prima la necclfirà, e_  poi la contingenza: avvenendo per fimiglianti acribologie, che mirabilmente e  l’ idee fi dichiarino, e li fortifichino gli  argomenti. Or la neceflità, che altro è   Jìù*cbeelia fc non identità, o inclufione_  Jìa. dell’clferc in una fempliee unità; onde   l’efienza con ogni fua parte, e con feco medefimaè infeparabilmente conneffa ? E poiché un cotal nello non può  conccpirfi che fia, fe non infra più Ragioni, o elementi, o parti; 1’identità dell’uno col numero inclufo;e del numero coll’ uno includente; c delle parti    if.  tr del numero infra di loro in quell’uno»  medefnno, e’ farà certamente il nello  della uccelliti. E in fine non potendo»  tutto ciò edere fenza intrinfeco producimento, e fenza intrinfeco procedo  dell’ uno dall’ altro; nelj’ efienza necef»  faria, necelfiria mente eflèr dee principio, mezzo, e fine:, così che il principio internamente produca il mezzo, c’I  fine, e a quelli comparta tutto il fuo  edere, e in tutto 1’eflere di quelli fi  diffonda •e ’l mezzo, e ’l fine vicendevolmente tutto il loro edere nel principio rifondino, e in quello ritornino,,  e fi ripolino. La necelfita è edenza.,  avente unità, e numero,. principio,  mezzo, e fine per interne comunicazioni indivifibilmente congiunti. E adunque la necelfita in fc, e con feco,,eLda fe medefima, ed avendo in fc mer. ìzo, e fine prodotti da un principio,,  che è ella medefima; viene con ciò  avere il primato, e ’l principato del fua>  proprio edere, da ogni altra edenza m?  quello rifguardo libera, c indipendente. Dichiarate così quelle nozioni, di-'  eiamo’ che la neceflirà, o non è ella_,  MI». a fiat “nitiVarl    l.,T>  rx  uX '    T ..V  Vk K T'  V • rV‘ te.    -a -V   ; u.   e procaccievolc la fcien onde pròve' za • Quello è dedò ficuramente tutto il  i ™. nerbo di quel famofo argomento platonico, che T Anima dell’ Uomo muova fe medelima: e perciò da fe dipartirli, ed abbandonare fe (leda a vcrun__»  patto non poifa giammai. E di queiraltro pur di Platone, che nel primo è implicato, cioè che l’Anima dell’ Uomo,*'  fia eda vita, onde il corpo fia, e li di?  t ca vivente : e per tanto finir di vivere  platonico del? per niuna contraria forza di natura non  immortaliti. poflain niuna guifa. Perciocché qual’aitra cola è ella la vita, fe e* non è un«,  atto perenne, e podcrofo nelP edere, e  nell* operare? la vita è edcnza attuola,  ed atto eflenziale, o foilanziale: è edere, ma perfetto, pieno, vigorofo operante : è ella altresì operare, ma faldo,  tobufto, incettante. La qual cofa unicamente è polla nella generazione,  comunicazione dell’ edere. Nella vita  adunque è pofleflione dei proprio cfsere, e del proprio operare, che fi diftingue, e fpecifica nella pollone del  vero, e del retto, e della fcienza, e  della legge, col potere ad apprenderlo,  e confeguirlo : e nella pofseflione del  proprio potere, colla fcienza ad intenderlo, e a reggerlo colla regola. La vita perfetta è il fapere, volere, e potere della mente. Ma fonovi nondimeno certi gradi d’ imperfetto vivere, per  gli quali a quella fommità della vita  mentale, dall’imo d’ impcrfcttiflìme vite fi afccnde, che altrove forfè dilegueremo ., •divediamo ora della Novità, e Contingenza della materia, e del fuo eflere^ f.  fpregcvole, fuggetro, e dipendente. Il v  che, per quel che dell’ intelligenza detto abbiamo, come facile a comprendere, preftamente in pochi motti fpedireroo. Siccome nell’inclufione dell’ intelligenza è il vincolo della neccffità ma-. ' i   mfcfio ;cosi nella efclufione della mate- \ • • 4  ria chiaramente feernefi l’ infragnimen- to, e ’1 difcioglimento della contingen- ebetekj  La contingenza ella è sì fatta, che Z£ s l™. 1  • parti, 1 ’ une all’ altre fono rtra «• K 2 mere, ,la Materia fi fpopjia  dì ogni prin  CÌpGtO «  nierc,avveniticcie,e nuove; ed al tutto ancora, che non in altra guifa, che l’une all’ altre avvenendo, e congregandoli infierae, compongono; e 1’ une  dall’ altre dipartendoli, c fegregando- fi, agevolmente depongono. Come  rincontro per le ragioni medefime, il  tutto alle parti Tue, onde ora è coftrutto, ed ora diftrutto, egli è Uranio,  nuovo, e avveniticcio. E giacche l’ indiftinzione decedere è il nodo infolubiie della necedità; ben egli è uopo, che nell’ogni diftinzione- tanta contingenza li ritrovi, quanta non può edere  altrove. La Materia adunque per cotai  difetti non può in fe edere, ne confetf  co, ne da fe;ne può avere interni principi, mezzi, c fini per interne comunioni infcparabilmente infieme avvinti.   Il perchè non potendo muovere, o reggere fe medefìma dentro di fe; ne_,  fuori di fe altrove in altre cpfe penetrare a muovere, o reggere foftanze  da fe diftinte; è forza che ella fi rimanga nuda d’ogni primato, e principato di edere, c di operare, fenza lume di faperc, fenza nume di volere, ., ZT. ' efenza fermezza di potere, di fcienza,  di arte, e di regola fprovveduta, eie- v  ca, infenfata, inerte, informe, ed im- a  potente del tutto. Quel capo di foggezione, e di dipendenza, fecondo quella generai ragione del non edere, egli  è come radice di tre più proprie,  più fpeciali dipendenze: il primo di non  intendere alcun edere, o vero; l’altro  di non appetir retto, o bene niuno,c’l  terzo, ed ultimo di non avfcre niun_»  vigore verfo niun obbietto, di muovente fe medefima. E qui altresì è cofa degna di maraviglia, che in quel generai  difetto, è manifefto lo fcioglimento,  e’1 fluita della contingenza, quafi dei  non edere; onde 1* edenza, o fuftanza ^  della materia è rifolubile, caduca,  temporale. La qual contingenza fi diriva, e comparte ne’ tre capi fudeguenti: deche nel primo di quelli c la contingenza del non fapere; onde la Materia è cieca, ed infenfata :c nel fecondo è la contingenza del non volere ;,  onde la Maceria è difinchinevole, ed  indifferente : e nel terzo è quella del  non potere, onde la Materia è pigra,   e feioperata. Quello egli c tutto il fà yf reomento mofo argomento Ariftotelico di là preAnjtotelico rii r r •   dciu Divini. *° » che qualunque corpo fi muova, e    ta    debba da altro corpo efler moflfo : onde per non procedere in infinito, abbia  ad efTcrvi un primario principio, da fe  movente il tutto. Conciofliachè, come il  potere della Mente ritorna nel Capere, e  nel volere, per gir colla cognizione verfo il vero, che fi conofce, e coll’amore  verfo il rètto, che fi appetifee; così il  non potere della materia fi ellende al  non Capere, e al non volere il vero,  che non s’ intende, e ’l buono, che non  fi vuole. Adunque come nella coCcienn za dell’ Uomo,da que’ tre principi del»trìnci} j men - le tre poteftk mentali fi perviene, a co*  **• noCcerel’ Immortalità della mente dclP  Uomo; onde poi di più conoCcijmo la  cecità, ed inCenCarezza della materia; così nella conoCcenza, che abbiamo della  Materia, fimilmente da’ tre principi de vizj materiali, fi comprende la cecità  di quella Coftanza, e 1* inerzia, e 1* indifferenza, ed impotenza:* onde poi vegniamo a conoCcere 1’infinito Capere,  volere, e potere della mente del Mondo. Imperocché il primario generai capo viziofo, ci mette dinanzi agli occhi Come da tre  il difettofo lubrico edere della Mare- ^{Tcomjce  ria: onde argomentali infinita efl'enza, l’impotenza^  che l’abbia dovuta trarre dal nulla. Il  primo fpczial vizio del non Capere, ne zadeltaMe * h  fa intender chiaramente il difordinato, Um,c turbolento, ed informe edere della_,  medefimajonde fi argomenta infinita  lapienza, che coftanza, ed ordine, e—;  .forma le abbia donato. Il fecondo, e’I  terzo del non volerete del non potè- *>-,   re, fa veder l’ edere materiale del tutto impotente, ed inetto: onde fi raccoglie dovervi edere Comma benevola po- vV tteda, ed onnipotente Nume, che dritti, e fruttiferi inchinamenti, e moti le  abbia conceduti. L’ uno, e T altro è egli  un ben triplicato argomento dell r Immortalità della Mente dell’ Uomo,e_  dell’ efidenza della Mente del Mondo •  c della fuggezione, e dipendenza della  Materia particolare dalla Mente particolare dell’Uomo; e della materia univerfale mondana dalla mente univerfale del Mondo. Il quale Aridotelico argomento nondimeno, menti tenebrofe,   v altri  4W4 '   i A   Vii T-' Cowf /* della Scienza,   mento, quel Filofofo riftretto dentro  de’ confini deli’ attività del fenfo dalle-,  materiali origini, che in quelle ofeurttà, e in quelle anguftie poflono parere  e’ prende, e così efprime ne’ feguenti  ve rii. -m* j w*   Tum cum gìgnimur, et viu cum limen humus :  i&wrf ftu conveniebat, uti cum corfore, cìr «nà  Caw membris videatur in ipfo fanguine creJTe;   velut in cavea per fe Jìbi vivere folam  Conventi, ut fenju corpus tamen affluat orane. Siccome contro all* efiftenza della».  Mente univerfale, 1* argomento, che  dalla fenfuale origine del Mondo traggo 1 più i novelli, che i prifehi Epicurei, cioè che nell’Uomo, e nel Mondo, altro che *1 corfo de’ penlìeri loro,  ed altro che la mole, e i moti della  materia non veggendo; nell’ Uomo alsfro che un fugace penfiero, e nel Mondo  altro che mobile materia non elTere argomentano; quell’ argomento, dico,  per quella fola dottrina delle due fpc-t  2,c di foftanze, c di origini, fenza far  altro, rimane fviluppato,c fpianatoper  ogni parte. Perciocché, fe niun di loro, non convinte prima di vanità le fpirituali follarne, e le fpirituali origini,  che con chiari, ed invitti argomenti  abbiam dimoflrate, crede di premerci  ancora coll 'apparenze delle origini fendali; egli è Scuramente uno feempio. Con tutto ciò e’ fa di meftieri, che  quelle inviabili origini in quello luogo  in alcun modo almeno deferivamo.  Adunque poiché 1* eflfer neceflario, e_  T efler eterno fono i primi, e più certi, e più fplendidi lumi dell’ umana cognizione; e poiché 1' infolubilc della.*  neceflità, e 1’ antico dell’ eternità fon  proprie doti dell’elTenza indillinta, penetrevole, e comunicante; e* non altrove, che nelle tre principali forme del  fapere,del volere, e del potere indiftinzione, penetrazione, e comunicazio*  ne può rinvenirle d’altra parte e* non  ci ha cofa più fparuta, e vana, e fuggevole della contingenza, c della novità, le quali quanto dal vincolo della_*  neceflità, e dal primato dell’ eternità li  dipartono, altrettanto dall’ edere, e dal  conofcere fi allontanano; e come la novità, e la contingenza fono proprie.,  dell’ cflenza tutta divilìbile, e impenetrabile della materia, così alla medeflma materia la neceflità, e antichità, o  eternità fono improprie, e repugnanti;  e finalmente poiché non altrove 1’ ogni  diftinzione, colla divifibilità,e impene  dell; uomo- sj   trabilità ritrovali, che nella cecità, indifferenza, e impotenza materiale; Poiché, dico r tutte quelle cole per lucidilfime nozioni, e per certilTimi argomenti fon vere, e manifelle, e conte : egli è in ogni modo da dire, che la  neceflità, e V eternità non già nel vuoto^ nel nulla, ma nel pieno, e neH’cffererne nell* edere della materia difttnta, divifibile, impenetrevoFe, e contingente, e nuovo; ma nell’ edere della mente, fndiflinto, indi vifibile, penetrevole, necelfario, ed eterno, lì debbano allogare. Anzi che la neceflità,  ed eternit* fiano Ta fteflìflima mental  natura primaria, e lovranare che FjLj  M ente prima altro ella non ITa, cheeffa neceflità, cd eternità, di Capere, volere, e potere dotata. La quale per  Letìfere necelfario, ed eterno, da unico, fupremo, libero, e indipendente  principio' del fuo elfere, che è l r ogni  eflfere fpiritnafe; e dell’ elfere della materia, che è l r ogni edere corporale, cut  abbia ogni folhnza, ed ogni potere conceduto, ed apprettata ogni forma. Por,  perchcogni particolare alfuouniverfale,  come a Fonte rivolo fi dee riportare;  Umilmente è da tener per fermo, che-*  come la materia dell’ Uomo dall’ immenfa felva dell’ Univerfale materia ella è tratta; così la Mente particolare  del medefimo,dall’ infinito potere della  Mente univerfale è provenuta. Ma la  Mente dell* Uomo, benché ella è in alcun modo di neceflità,e di antichità  partecipe, e delle tre forme ornata;  onde può fignoreggiare la Materia, e di  -vita, moto, fenfo, c d’ideali forme fignificanti cogitative, e fenfitive fornirla; tuttavia perchè ella è finita, e particolare, non può dominar la Materia,  ne con produzioni di foftanze, ne con  introduzioni di reali forme. Dal che li  raccoglie efler dritto della Mente univerfalc, che ella, come ha prodotta, e  moda, e moderata la Materia univerfale per la formazione di tutte le fpezic  delle cofe mondane, ad edere; così parimente abbia prodotto, e moda, e figurata la materia particolare per 1* in- *  formazione, onde fieno l’idee, e forme ■.  fignificanti a fentire,e a conolccre. Nel  qual noftro diviiamento è pure, a mio giudizio, memorevole un bel cambio  di libertà, e di dipendenza tra la Mente particolare, e la particolar materia  nella coftituzione dell’Uomo. Imperocché la Mente, comechè per le tre forme mentali aver deggia primato, libertà, ed indipendenza; con tutto ciò perchè è terminata, e particolare, non può  ella da fé trarre la Materia al fuo consorzio, ed alla compofizionc dell’ Uomo: onde per la particolarità, e terminazione, ella è in quello ancora, e fuggett 3,e dipendente : e la materia, benché per le tre forme viziofe materiali,  di Tua natura fia dipendente, e ferva;  nulladimanco, perchè è ella con tan- '  to ingegno formata, che debba eflcrc  informata al fenfo, ed alla cognizione;  è libera, ed independente dalla materia  univcrfale. Conciollìachè quella forma,  che è magifterio di Sovrano Sapere, non  Solamente la Sottragga alla debolezza,  cd alla cecità della materia, ad ogni altra formazione di per Se impotente;  ma oltre ciò la debba diftinguere, e Segregare dall* univerSal Seminario, e dalla formazione universale dell’ altre co •M Se.   ' ¥      ri.  1    »  Vera orìgine dell' Uomo  rintracciata  col lume della filofofia. Origini mafaiche eziandio all’ umano  faPere chiare,  efuminofe. Sicché per quelle vie vienfi a conofccre eziandio, che dalla mente univcrfale, non già la fola mente particolare per creazione; ma infieme la particolar materia deir Uomo, quanto alla formazione, immediatamente è dovuta procedere. Quella è ella 1* origine deir Uomo, che con quell’ altra del  Mondo giunte infieme, fono il vero  pieno, perfetto, armonico, e maravigliofo delle facre origini mofaiche, con  ogni ragione,c con ogni legge, c regola concordi : quanto ofeure a’ baffi, e caliginofi intelletti, tanto a’ fublimi, e  purgati eziandio dentro i confini dell*  umano faperc Iuminofe. Laddove e»,  manchevoli, e difordinate, ed inette,e  da ogni ragione, e regola difeordanti,  le origini di Diodoro, e di LUCREZIO (vedasi), e  d’ altri fenfuali Filofofanti, anche al lume del mondano fapere per falle fi riconofcono. Per fare come un Epilogo delle cofe della natura dell’ Animo finora deputate; prima abbiam provato, che*.  1* Animo è ineftenfo, e penetrevole.  Secondo, che elTo è immobile, ed invariabile .Terzo, interminato, ed umverfale T abbiam dimoftrato; inquanto Tinimobilità, e T infinità fi oppongono alla  mobilità, e finizione materiale. Quarto, che e’ debba avere dell’ edere neceffario, ed antico. Quinto, ed ultimo che egli abbia libertà, cd indipendenza, e primato, e principato del  proprio efTere, e dell’ alrrui. Da tutte, e ciafcuna delle quali ragioni egli  fi è conchiufo, dover T Animo in__.  ogni modo edere immateriale, ed immortale. Di più colf ultimo argomento del primato, abbiamo feoperta la vanità di uno de’ principali argomenti dell’Avverfario. Ma quante ragioni abbiamo  allegare, per convincerne della diverfità delle due nature dell* Animo, e del  Corpo; e per conofcere T edere fpirituale,ed Immortale dell’ uno, e T eder  cieco, ed infenfato dell’ altro; altrettanti oftacoli pare che dinanzi ci fiamo  opporti, per non intendere il concorfo,  e la congiunzion loro a coftituire un_i  principio di edere, e di operare nelT  Uomo. Imperocché quanta fra quelle^  due nature è diderenza nella foftanz#  Mto* M 2 dell’ ci  *» DELL’ ANIMO  .deir edere, e nella maniera dell’ operare; altrettanta ripugnanza pare dovervi edere ad unirli infieme alla coftituzione di una natura. La qual diflicultà  ella è tale, che come l’altra dell’unità  dell’ edere, e dell’ operare dell’ Uomo,  prima ha fofpinti gli Epicurei a credere  che l’animo, e ’l corpo fiano una medefima natura; così la difficoltà del potere edere due nature diverfe, gli ha»,  poi nell’ errore vie più confermati.  Gonciodiachè prima fi prefentò loro innanzi quella unità, onde facilmente»,  ConcKiufero la dmiglianza delle due nature : e pofeia contro ad ogni più forte  argomento, che l’animo di altra natura dover edere dimoftrade, han fatto  riparo con quella ripugnanza : che nature cotanto diverfe non potelfono convenire infieme a comporre una medelima eflenza. Sicché tutti gli argomenti  della mortalità da quelli due capi, che  ora abbiamo additati, difendono. Ed  ancora quella immaginata ripugnanza,  cotanto ella ha potuto fopra lo fpirito  di alcuni moderni Filofofanti; che per  le loro vie, e giuda i loro principi,   non potendo eglino unire infieme lanatura fpirituale, e la corporale a formar 1’Uomo, fonofi rivolti a voler riftringere, e rinferrare la foftanza dell’Ani- irrori di  mo chi ìh una parte, e chi in un* al- t&StS.  rra acl i^elabro,come già argomentato tomo alta Se.  avea Lucrezio, che dovette farfi; T animo di fuori venitte a compor l’Uomo, e non gii col corpo da fimiglianti  principi nafcefle. Or chi crederebbe che anzi quella diverfirà è ben ella la,  cagione, onde la natura fpirituale, e  la corporale fono inchinevoli, e prette  a convenire infieme, o nel mondo alla  formazione per lo produci mento di tutte le fpezie materiali, o nell’ Uomo a  produr 1* Uomo, e le forme fenfitive,  e lagionevoli all informazione? 1 cotanto egli è vero, che P inveftigazione,  dal principio male avviata, per tutto  il corfo, poi fino alla fine fa traviargli  Uomini dalle verità, quantunque agevoli, e piane. E per difingannareognuno, noi dicemmo gii, che la Mente 7  per 1 inclufionc, o penetrazione è ella *  i n S e et nj °fa f attuo fa y operante; e per la  raedefima cagione è altresì invariabile w ^ «P f    I,  e per così dire,impallìbile, o impaziente: e che la Materia, per l’ efclufione,  o impenetrabilità è infenfata, viziofa,  fcioperata; e per tanto è oltre ciò mutabile, e per così dire, paflibile, o paziente: poiché immobilità, ed invariabilità, che della Mente c propria, egli  c il medeiimo, che impaflibilità, o impazienza: e mobilità, o mutabilità, che  della Materia efler propria dimoftrammo, è lo flelTo che pazienza, o paflibilità. In quella impaflibilità, per cui la  Mente non può edere moda, mutata,  o variata, e può parer vizio, o difetto, e nondimeno è virtù: e propriamente ella c l’atto pieno, perfetto, vigorofo, onde la Mente è, ed intende tutto ciò che eder dee, ed intendere: ed  infieme produce ad edere, ed efprime  a conofccre ogni foradiera edenza. E  così la padibilità, o pazienza, per cui  la materia non è immobile, e invariabile, può parere virtù; e tuttavia è vizio: e propriamente ella è la potenza  vacua, imperfetta, inferma, onde Ia_#  materia non ha proprie forme di edere, ne d’ intendere; ne di produrre, ne di efprimere realità, o idee nell’ altre  cofe. E ficcome V atto mentale, cheper 1’immobilità fembra dover edere  infertile, ed informe, dalla fua unitali  conduce alla moltitudine, a produrre-,  molte, e varie forme di edere, e da  intendere nella variabil materia; così  la potenza materiale, che per la mobilità par dover edere fertile, e formofa,da fe trafcorre ne’ difordini,e negli  errori. Ma ben ella dalla moltitudine  all* uno,, cioè ar conciglio, all* ordine,  ed alla forma eder può condotta per  forza, ed ingegno della Mente, LaMateria da fe non ha forma, ne atto ^nzTddl^L  alcuno; ma per quello appunto ella è virtù della tutta capace, ed abile a ricevere ogni ^detuM^  forma, ed ogni atto. La fodanza eden- mia..  fa, rutta didinta, e di viflbile della materia, che in dividendo o non mai ad  alcun termino perviene, o termina in  indivifibili edremità: quanto per quedo  ella apparifce mobile, e variabile; tanto s’ intende eder pieghevole, ed arrendevole, ed odequiofa a prendere tutte  le forme, e i modi,, che *1 fapere, e  volere mentale può ritrovare. Se la materia non forte tale qual’ è, eftenfa,  impenetrabile, divifibile, e variabile in  ogni modo; non potrebbe ella efler capace a ricevere forme, ne reali operanti nel Mondo, ne ideali lignificanti nell’  Uomo. Se la Mente non forte ineftenfa, indiftinta, immobile, ed invariabile;  non avrebbe ella ne potere, ne ingegno di forme; ne potrebbe aver virtù,  ne modo d’ informar la materia. La_.  leggerezza, ed incortinila, e variabilità, ella è della abilità della materia ad  erter formata, o informata. La fermezza, e cortanza, ed immobilità, ella è deffa virtù della Mente a formare, o informar la materia. La Mente per la  virtù, che è il fuo atto, è principio delle cofe operante. La Materia per lo difetto, che è il fuo edere potenziale, è  principio delle cofe, per così dire,paffivo. Quella è la più rimota attitudine,  e capacità della materia per la produzione del Mondo, e per la cortiruzione  dell’Uomo a concorrere, e a congiugnerfi colla Mente. Ma altro e* fa ben  di meftieri, che polTa edere vicino apparecchio a sì grandi opere maravigliofc.  La Materia, fecondo l’ opinione di  coloro, che nell’inizio delle cofe vogliono il vuoto, dee edere fcompigliata, e fparfa in moti difordinati, e turbolenti : e fecondo 1* altra degli altri,  che noi vogliono, dee darli immobile,  e fcioperata: nell’uno, e nell’altro fiftcma ad ogni formazione inetta, ivi per  lo fcompiglio,e difordine, che proibire ogni fruttuofa compofizione, equi  per 1* immobilità, e fcioperaggine, che  toglie affatto ogni sforzo ad ogni intraprefa. Il perchè gli uni, e gli altri  per viediverfe s’ingegnan di adempier  quei difetti della materia, e di apparecchiarla, e condurla alla formazione.  Ma lafciato da parte dare il contrado  di quelle rimotc origini, che qui non  ha luogo; egli è certiflimo, che la materia di per fe impotente, ed infruttuofa, con due condizioni può pervenire a  comporfi, e variarli, e a comporre, e  produrre i var j frutti delle varie fpezie  delle cofe. L’uno è il contatto, che  aduna le parti; l’ altro è il confenfò, o  concerto, che unifce infieme i movimenti. La Materia quando ha le parti   N con  Due condizioni necejpiriea comporre, e Variar  la Materia;   congiunte in un lol corpo, e i moti  cofpiranti in un fol moto; allora è ella  nel colmo dell’ eflere variabile, e pieghevole, e offequioSo. La Materia pria  Sminuzzata, e raffinata, colle parti inficine accolte, e co* moti tutti in uno  convegnenti, ha la maggiore Squisitezza dell* eflere paffibile, o paziente, che  è,o a raflomigliar l’ idee mentali modali, o a congiugnersi con idea Softanziale, la più vicina, e più pronta diSpofizione. Imperocché in quello fiato, con  quelle doti la materia in certa guiSa allora è con Seco, e da Se, ed in Se : ed  ha il primato, e *1 principato del Suo  proprio eflere, nel tutto le parti adunando; e ’l tutto alle parti eftendendo;  e le parti fra loro, e col tutto infieme  giungendo : ficchè ne moto in una parte può SuScitarfi, che per tutte V altre  parti non diScorra, e per tutto in ogni  lato non fi diffonda; ne modo, o forma può imprimerli in una parte, che»,  ad ogni altra infiememente da ogni banda non fi comunichi. Con che la materia tanto all* eflere mentale fi avvicina, che ben può tutte le idee della mente agevolmente cipri mere, e tutti  i numi prontamente efeguire, c la fuftanziale idea fecondare, e con quella  Erettamente collcgarfi acoftituir l’idea,  e’1 nume dell’ Uomo. Colla copia, e  col contatto delle parti, e col confcnfo, ed armonia de’ moti, la materia ha  tutta la felva, c tutto il potere, e tutta l’abilità per appreftare a Mente fuperiore tutte le forme delle cofe, colla  produzione di tutte le fpezie mondane^  c per appreftare fe medefima a Mente  conforte, per la coftiruzione dell’ Uomo, col producimento di tutte le forme ideali fenfirive, c ragionevoli.   Ma per deferivere più particolarmente la maravigiiofa unione delia Mente,  e della materia nell’Uomo, non già per hmfrabÙZ^,  confermarla, che di già abbiam fatto;  è uopo affifarci ad oflervare le opera- t^Materi  zioni dell’ animo noftro : che giufta il nell'Uomo  veriflimo volgar principio, quale 1’ effer delle cofe, tale ancora è l’operare:  e vicendevolmente qual è quello, tale  efter dee quello infallantemente. Quando l’Uomo apprende le forme fcnfibili  della materia circoftante; e in appren. » N 2 dendo    Sì prende  ad adombrare .t i»  f:  Coro* Al-»  . A lente apfrc r da le formai   ì • de' fenjtbili   obbietti  li   dendo quelle forme da* piccioli indizj -,  c rudimenti negli organi de* fenfi introdotti, come altrove abbiam ricordato,  le difpiega, e dilata; certamente allora la mente nodra, e raccoglie in uno i  numeri, ed adegua le dimenfioni, ed  efprime le modificazioni della materia.  In quelle fcnfuali figurazioni la mente  ha per fuo oggetto la materia formata;  e in quell’ edere della materia, diciatti  così, obbiettivo, la mente fi congiugne  in alcun modo colla materia ;ficchè ornandoli delle di lei forme, dentro di fc  nel fuo eflere eftende, fpiega, e figura  la material fodanza. Similmente quando da’ geometrici elementi, e dalle-,  combinazioni, e da’fillogifmi, la Mente dell’ Uomo da fc giugne a trovare  forme artificiose, da trasmettere nella  materia; quelle forme medefime, nel  fuo medefimo edere codruifce; molti  particolari in uno, cioè nell’ una* fua_.  Semplice, e indivifi&ile edema, edenStoni, figure, e numeri effigiando. Adunque nelle mentali nodre operazioni, due  cofe quanto certe, tanto memorevole  intervengono* L’una è, che la Mente con Vf.  V   M    VÙk' i, %    dimento. Per quello novello fiflema.»  coflrutto fopra faldilfime fondamenta,  S’intende bene quali fieno i principi . ;. LHj dell* Uomo: e le maniere dell’ operare,  utilità del come colle più interne, e più fecrete  nuovo fijiema guife dell* eflere mirabilmente confentano : e la Mente dell’ Uomo, e dell’ Univerfore la materia dell’ uno, e dell'  altro: e TofTequio di quella, e di quella materia :c la virtù di quella Mente,  e di quella; dell’ una a formare, e dell'altra ad informare, con mille altre verità finora alla maggior parte degl’ ingegni nafcofte, vegnono a conofcerfi  chiaramente. Sopra tutto per quefta_r>  dottrina, 1’argomento di Lucrezio, che  dal confenfo dell’animo, e del corpo,  il contatto di quelle foftanze; e dal contatto l’uniforme natura di amendue*. Vucrezio.  vuol concludere ;'nel quale tanto confìdanoi novelli Epicurei; fi difcopre-chc    Secondo  argomento di    | / l   'egli è ufeito dal più cupole più renebrofo fondo dell’umana ignoranza. L’ar  gomento è efpreflo in que’ verfq : - hit. Uh H, *tm   e. L bt. enim propellere membra,  f I.v  Corpoream docet effe. Ubi. enim  Corripere exjomno corpus, mutar eque vultum,   Atque hominem tqtum regere, ac ver far e videturz   {Quorum nil fieri fine ta8u pqffe videinus^ '1   J«M! r i t.*V.mentale, che è la penetrazione, e i’ in»  elulione. E che 1’ eftenfione, la fucceffione, e ’l moto con quel contatto, e  con quel contenta, fono il più pronto,  c predo inchinamento, ed olTequiodella materia. E in fine, che P oflequio apprettato con quelle condizioni, e’1 pòcere efaltato con quelle doti, fono la  maniera più adattata, e più conface vole di unire infìeme la Mente, c la Materia alla coftituiione dell’ Uomo. Ma fe Lucrezio colla feorta de’ tanfi non potè penetrare in quelle profondità; almeno dalla poteflà, e dall' imperio, che P Animo ha fopra il corpo,  potea coll* efempio d* illullri Filotafi  alcuna cofa argomentare di più pregevole, che non ha fatto. Tanto più, che  quella prerogativa cosi bene efprirae  in quelli verta : 0   Citerà pars arùieé per totum dljjìta corpus   Paret, et ad numen mentiti momenque movetur :  a  \dque Jìbi Jolutn per fi fipit, cSr fibi goudeti   Cum ncque res animami neque corpus commove t ulta •   Concioflìachè lo fptendore di cotal   prin  ., tn«  » wn    io8  folo, ma tutti in un colpo avrem ricili  i nervi di tutta 1’ argomentazione Lucreziana. E benché con dimoftrarc lo  fcambievole inchinamento, c combaciamento di quelle nature, fi è in parte-,  (pianata la difficultà; tuttavia ci c altro  da dire ancora, per farne da prcflo ad  offervare quella maravigliofa unità. Nel  fenfo, e nella cognizione dell’ Uomo,  o per la percezione delle efterne for-»  me, o per la concezione dell’ interne  idee; egli è da por mente ad una cola  affai memorevole, che non fi è finora  nelle bocche udita, ne su i libri letta  delle novelle famiglie de’ Filofofanti :  cioè, che quanto da noi, o concependo  fi penfa, o con percezioni fi apprende,  tutto dee effere in fé raccolto, acconcio, ordinato, e comunicante: e niente, che o diflìpato fia, o confufo, o  difcordantc, può ne effere efpreffo dagli edemi obbietti, ne per interne idee  figurato. L’ obbietto del noftro fenfo,  e della noftra cogitazione, proporzionevolmente fecondo che più, o men-»  vive, e chiare fono le fenfazioni, e le  idee, egli de’ bene effere ordinarameu• j,. i * o te confetto, c congegnato: licchè le parti ciafcuna al fuo luogo adattate, etra  loro congiunte compongano ciò che_  deono comporre: e poi per lo moto, il  tutto colle parti, e le parti col tutto, .   ed infra di loro, comunichino infieme  vicendevolmente. Imperocché, come  altrove è flato detto, qual’ è nella Mcn- OlfaV è la  te la penetrazione, e 1’ inclufione; tal’ L///ES,  è il moto nella materia: onde la pene- limato  trazione, un moto della natura fpiri- ne ^ t,AaUr,a '  tuale fi può dire che fia; c ’l moto all’  incontro una penetrazione della corpo- '  ralc. Oltre a ciò la confettura, e’inumero, e le dimenfioni con arte voglion  ettere difpofte: ed in numero, c mifura regolatamente vuole il moto per tutto da un capo all’ altro trascorrere :e di  quindi nella fua origine ridondare: e-,  tutto ciò variamente, fecondo il vario  ingegno, c ’l vario modo delle cofe.   Conci oflìac he, come nell’ efprelfione  dell’ efterne fignificazioni, o azioni, tutto l’ ingegrio, e tutto il movimento  vien da fuori, e fi riproduce nel fenfo  dell’Uomo; così nelle figurazioni interne, a formar 1’opere dell’ arte, tutto   r in V /   I JT Luce, e lenebre che fiato elle.    I,no  T ingegno, e ’l movimento dall* interno fenfo dell* Uomo provenendo, nelle materie efteriori pofcia fi diffonde.  Fermamente ove è diflipamento, tumulto, difordine, e difeordanza, quivi ci ha egli un chaos tenebrofo al fenfo, ed all’ intendimento dell’ Uomo : ed  ove è adunamento, ordine, e concordia con vigore, ed attività; ivi èchiariflima luce. Sicché le tenebre non fi  può dire, che altro elle fieno, fc noru»  che difordine, e dilpergimento, e difeordanza di parti, e di movimenti: e  la luce all’ incontro ben fi può credere, che altro ella non fia, che piena,  vigorofa, ed ordinata comunicazione di  modi, e di moti. Perchè la Mente dell’Uomo è ragione, ordine, regola, virtù, ed atto penetrevoleje le operazioni mentali, fono elleno o elementi, o  congiungmmenti, o fillogifmi di feienze, e di arti; non può per tanto la».  Mente altrimenti operare, che fimiglianti modi ordinati, e ragionevoli, ed  attuofi, e penetrevoli, o per le formazioni producendo, o riproducendo per  1’efprelfioni. Cioè adire,ficcome ali    in in  intendimento noftro fon naturali, e proprj gli elementi, o generi, le combinazioni, e i fillogifmi dialettici, metafifici, geometrici, ed altri d’ altre Facoltà, e Scienze, che tutti dal copiofofon- **  te della foftanziale, ed univerfal ragione, eh’ è della Mente, produconfi; così  folamente le acconcie,ed ordinate, e  ragionevoli, e penetrevoli forme,  modi, ancora dell’efterne significazioni, ed azioni fono al medefimo intendimento adattate, e proprie: e feonvenevoli, e fconcie, e difadatte, e per  confeguente infenfibili, edifintendevoli  fono le cofe difordinate, e feompigliate, e difeordanti. La qual cofa, per  quello tante tolte da noi ricordato  principio, che qual è delle cofe Federe, taf è l’operare, è affai chiara, e manifella. E come le Scienze, e 1* Arti  fono ampliarne tele di ragioni, e di mo- ze te e /^ m  di, e lavori con penetrevole comunio  fino mfiìffine conteftej e le fignificazioni efterne,  che figurano, c fiedono il fenfo, firnilmente con forme, e modi, e moti mifurati, e comunicanti compongono di  cofe fatte, o nate la Storia; così è da tenere per fermo, che Cielo, Terra,  Mare, e tutta la macchina mondana, di  elementi, e di congiunzioni, e fillogifmi aritmetici, geometrici, e fiatici coftrutta; e di copiofe,e vigorofc forze,  e moti fornita, da un principio per tutte le linee fino all* ultime eftremità,  per continuata ferie gli uni dagli altri  procedenti, tutra confcco medefim.'L,  comunichi, e in fe medefima fotti Ita, e  da fe a fe, da’ principj a mezzi, c fini,  virtù, c vita fommimftri. I quali modi,  e mori j maeftrcvoli ingegni di fovrana  fapienza, ne’l fenfo noflro, ne 1* intendimento può diftinguere, e fccrnere a . V niun patto: e chi di proprio ingegno a  s ^ fuo modo di fingergli ardifce, egli è  \ certamente un infano. E per li quali   modi, perchè ordinati, e ragionevoli,  .la materia è, per così dire, fcibile; e  è non per fe fletta : perchè d i fe flef f er onevor*' c ^ a ® inferma,ed informe, dal diviìntlol no Platone per tal cagione condannata  duce la Men. a rimanerli in perpetue tenebre fe potrà. Ecco adunque del conofcimento  dell* informazione un aliai notabile profitto. La Materia dell’ Uomo, per ordine, ed incatenamcnto de' principi, mezZl, e fini, tanto nella fabbrica dell' organo .quanto nell’ influenza del moto,  ella e comporta con tale ingegno, che  tutta m fe infittente, ed in fe raccolta,  e per tutto operante, e rivolta ad apprendere le forme efterne degli obbietti elterni, e a produrre l’ interne degl’  interni : e fecondo querte, e quelle, che  fanno un concerto di lumi a profittar  nella icienza, a regolare la vita, c ad  operare nell'arte. L’altre naturali compolizionl, e l’univerfo medefimo della  Matura, non fono in altro modo, che  per e fiere efpreflTe da idea nel fenfo, c ^ :   ne i a n.°f; ta210ne: ma Ia magnifica opera dell umano comporto è tutta ordinata ad efprimere, ed apprenderle cole. Il corpo organico è un arrificiofifli P/ r ef P rimere, e raflbmigltare tutte le forme, e apprendere e fUn ca  cor t°   bile Tfl,e – azi de fpeciofi, ed attuofi obbietti circoflanti. La materia dell’ Uomo a quel   modo coftrutta, e modificata è infine   una mente materiale. Adunque la Men P te. :   r unità diir  Uon w.    1 ar    ri4« tc, modificata fecondo quella ordina*  fì fwV» ta » c ragionevole modificazione del corpo organico, in primo luogo fente, o  avverte quella fua modificazione : e per  tal cagione, e in oltre per 1’intima unione, avverte ancora, o fente la materia congiunta. Conciofliachè quanto  quel modo V è apprettato dalla formai  corporale; tanto ella da fe per naturai  virtù lo produca : ficcome appunto avviene nelle minute, e variabili, e lievi  informazioni de’ fenfi, e delle cogitazioni particolari. Comunque egli ciò  fia, la Mente fenza fallo i universa»  composizione delle parti, e V univerfo  confenfo de* moti, che tutte le parti in  uno, e tutti i moti in un fol moto congiunge, por P influenza de’ principi ne*  mezzi, e ne* fini, e per lo ritorno di  quelli in quelli ;Ia compofizione, dico,  e’1 confenfo univerfale, prima conclude nell’ unità della ifua univerfal cogitazione; e poi, in quanto è modificata  ne’ principi, fente quivi il ritorno de’mezzi, e de’ fini: ed in quelli allo’ncontro, fecondo i quali fimilmente è modificata, fente 1’ influHo de’ principi :  onde viene a formarli un confenfo lucido, univerfale, con che più efpreflamente avverte, e fenre la Tua unione)  p’I corpo organico congiunto, e tutte  le parti, e tutte le azioni fra loro Team  {fievolmente comunicanti. E in cotal  modo, della materia con ferma, e (U*  bile modificazion ragionevole, ordinata al fenfo,ed allo ’ntendimento; e deN  la Meme, che è erta lòftanzial ragione,  che per naturai producimento, e per  P unione del corpo, nel corpo imprem  de quella modificazione medefimaj dell’uno, e dell’altro ftretri infieme, ed  uniti, in quello già deferitto intreccio  di (labili, e fondamentali percezioni,   •fa fic ne il fenfo ragionevole, e la cogi- dei fenfo   tazion fenfuale, che è la Natura dell’ e della cog?Uomo. Ne è da lafciare addietro, che uz,one •  de’ due modi di operare, l’uno della»,  diftribuzione dell’ univerfale ue* molti  ^particolari, e l’altro del raccoglimento de’ molti particolari nell’ univerfale,   -da Mente qui con quello fecondo mordo adopera; poiché di molte partile  -di molti momenti, e movimenti forma  un corpo folo,ed un folo movimento: ficcome fa delle forme aritmetiche, e  geometriche, e dell* altre di lor natura  eflenfe, e divifibili, che aduna nell’ineftenfa, e indi visìbile fua cogitazione;  così nelle concezioni, quando ella da  fe le inventa; come nelle percezioni r  quando ella in quelle già inventate, e  fatte s’ incontra. Laddove per contrario nelle percezioni degli obbietti eterni, nell’organo univerfale dell’ univerfal fenfo,e ne’ particolari de’ fcnfi particolari, la fua unità, ed univerfalità  già piena, e feconda comparte ne’ minuti indizj, o immagini, all’ impresone, che ne riceve; tutte dall’intimo  univerfal fenfo, e cogitazione riproducendole. E ormai, a mio credere, ritrovata già 1’unità dell’ effenza, e della operazione dell’ Uomo. Poiché ogni  unità, o metafilica, o fifica,o etica,  di arte, od altra come che fia, fe vi ’  ha di altro genere, certamente ella fi  compie per unione di atto, e di potenza; così che, o per identità, o per naturai produzione, o per azion morale,  o artificiofa, 1’ atto colla potenza, cquella con quello fi avviluppino infame,  © fievole fi difeopre. Imperocché primamente il fenfo lucido ragionevole, che dalla coftituzione delle due  nature rifulta.è quello, che nafce,e fi  eltingue coll’Uomo : e che propriamente per gli varj gradi dell’ età quelle variazioni, e quelle vicende patifee:  e non è già la pura, e lineerà intelligenza della parte pura, e lineerà fpirituale. Quel fenfo, che è univerfale,  nella già cfplicata univerfal modificazione della materia congiunta, al variare della materia medefima, ne’ varj  particolari modi, e moti, che al moto,  e modo univerfale fopravvengono, o  dentro dell’Uomo fufcitati, o di fuori  tra fm e Hi, ancor elio dee elfcr variamente figurato, e mollò. E quando nel  procedo dell’ età, al variare degli anni,  o ancora per morbo, o per qualunque  altra cagione i modi,e moti li pervertono, e turbano, o illanguidifcono, o  celiano, o fi cancellano in parte, o in tutto; allora forza è che quel fenfo, di  che parliamo, più, o meno, tutto, o  parte pervertito, e difordinato, ofparuto, o deformato ne vegna. Ne’ quali cangiamenti, nella parte materiale, e  non altrove, come defcrivonfi i modi,  c fi miniftrano i moti; così i difordini,  e » fopimenti, e i vuoti, ed ogni altro vizio principalmente addivengono. E da  quel lato, onde eflo fenfo è di conditoli variabile, e mortale, a tutti quei  cangiamenti, ed accidenti è fortopofto,  falva, e intera, e illibata rimanendo la  parte pura dell’intelligenza, che a quelle varietà la fola univcrfal cognizione,  o cogitazione fomminiftra, c’ tutte-,  quelle varietà lènza moltiplicazione, e  fenza giunta riproduce. E qualunque  fa la (ecreta guila della unione delle-,  due nature, e cheunque ne rifiliti,!!  Mente, ficcome nella reale, e (labile  informazione del corpo organico, che  è come foftanzial percezione, indiflinta, c indivifa, include, c penetra, ed  adegua il vario lavoro di quella prima',  e (labile modificazione; e come nelle  percezioni, che fono ideali, e leggiere,   e fugaci informazioni, fimilmente indiftinra, indivifa, e invariata, penetra, c  include, ed efprime quei varj minuti  modi particolari; c sì quella prima fo-.  ftanzial modificazione, come quelle fecondane accidentali dall’ unità, e dall’  univerfalità della fua virtù, e natura»,  produce, o riproduce; così quando  quei modi, c moti fi turbano, o cedano, o fi cancellano tutti, o parte; la v Mente allora, o in parte, o all’ intutto  fofpende le lue produzioni, c depone  quelle modificazioni fenza pervertimcn- gbi di 'modi  to,e fenza detrimento della fua foftan- corporali.  za, falva,ed intera prima nel fenfo univcrfale' raccogliendoli; e poi, fe elfo univerfal modo, e moto organico coffa, o fi cancella; nella fua propria unità, ed univerfalità della fua pura natura, e intelligenza raccolta, li rivolge  ad altri obbietti, e di altre forme fi  adorna, ad altro vivere, e ad altro  fapere. ' 'f   Quella nofira foluzione non lafcia»,  luogo a dubitare della vanità, ed infcrmezza dell’argomento Lucreziano. Imperocché nel noftro fillema tutti, dr cram J    * vv rz8 ciani così, i fenomeni delle fenfuali,e  ragionevoli operazioni deli’ Uomo, con  quei crefcimenti, e fallimenti venendo  pianamente efplicati: ficchè,dato che—   È intelligenza dell* Uomo fia fodanziale, e la materia fia bruta, c cieca, come noi affermiamo, e niegano gli Epicurei; le operazioni della ragione, e—  del fenfo pur nondimeno così darebbono elle, come ora danno; per certo  che quell* argomento il più riputato,  non vale a concluder nulla. Che fe poi  fi pon mente, che gli Epicurei, con tut- «  to l’ingegno loro, non han finora potuto da niun modo, o moto argomentare della materia niuna diffidenza, eabilità all’ opere fenfuali ragionevoli  dell’Uomo; tantoché l’imprefa di fpiegare quei fenomeni difperando, hari—  lafciata dare; allora certamente la no-, dra foluzione farà ancora dell’ ederefpirituale,e immortale dell’Animo una  novella dimodrazione. E per ìfcorgere  la convegnenza, eia bellezza della dottrina, tutto il penfamento è qui oratempo di rapportare. Noi adunque prima poniamo due tra fe lontaniffime-f;:   cdre  r  av A  eftremità, 1’ una del più e ccelfo flato  di perfetta intelligenza, e l’ altra della  più bada condizione della cecità della  materia. Le quali Mente, e materia  in quelle eftremità conflderiamo, che  amendue per contrarie ragioni ugualmente da fe sbandifcono ogni docilità.  L’ intelligenza perfetta da un lato, per  1 °& n’includono, e penetrazione dovrebbe ella certamente ogni lubricità,  e fluflo,e fucceflione efcludere di dottrina: e si perfetta dottrina, e perfetta feienza in ogni tempo pofledere : e  non mai in niun tempo docile poter effere; che fenza il lubrico, e ’l vicendevole di variate, e fugaci percezioni, e  ragioni non può ftare.La Materia dall*  altro lato, nell’ eftremo deli’ impotenza, e deformità, per la dimoftrata impenetrabilità, ed ogni efclufione, docile in niuna guifa non può ella eflèr  giammai : fe la docilità con tutta la fua  incoftanza.e lubricità, pur tuttavia includono, e penetrazione inftantemente  domanda.   Appreflo, quelle due nature da quell’eftremità argomentiamo poter ricede 4 R re zza* '  4 *t   X +W    rM  re a quello modo: Cioè, che Ueflfere  mentale da quella fublimità, per varj  gradini di varie foftanze giù dechinando, giunga finalmente a poter congiungerfi in uno colla materia, e a poter  cfprimere modi, c mori materiali : e  che T eifer della materia dall’ imo di  fila imperfezione, per varj gradi di variate forme, e lavori innalzandoli fu  pervenga al fine, fino a collogarfi, e  ftrignerfi. colla Mente, e a poter railomigliare, e lignificare modi fpirituali,  e mentali: e così nell’ Uomo, in cui,,  in fine quell’ingegno medefimo,fe non altro, ci (copre l’origine dell’ errore.   Perciocché la Mente piegando all’ imo  dell edere mentale, c la materia ergendoli al lammo dell’ edere materiale a  formar 1 Uomo; in quella natura, e  propriamente nel fenfo lucido, la Mente per 1 edendoni, e variazioni materiali, e la materia per gl’ ingegni, e lumi mentali li tengono afcole : onde la  Mente, materiale edere; e la materia  poter edere mentale gli Epicurei han_» Cagiont-*  creduto, alle fole lignificazioni fenfua  li rivolti. Ma eglino avrebbon potuto w‘.  penfare, che fe la Mente nella propria  fua altezza non potria mentir la mate- r   ria : e la materia nelle fue natie badezzc non può fimigliare la Mente; perche i \ i la Mente in chiara luce feernerebbefi immateriale; e qui la materia  chiaramente infenfata,c cieca fi ravviferebbe; nell’Uomo, ove 1 ’ una fotto  alle fembianze dell’ altra fi tiene afeofa, è una neeelfità, che ne 1* effer cieco  della materia, ne 1’ immaterialità della  mente, per altra via, che per quella^  degli argomenti col cammino della ragione non fi podano ritrovare.   Quella è certamente una nuova dimoftrazione, che abbiam tratta dalP intelligenza, rifguardata nell’ idea di fovrana perfezione : laddove tutte le altre prima allegate fono (late tolte dall*  intelligenza, confiderata nel fuo edere  generale, e comune : avvegnaché dalla  comunità de’ generi all’ idee perfette, e  da quelle a quelle fiavi commerzio, e  comunicazione vicendevole di cogni' zioni,e di feienze, come nel primo capitolo della noftra Metafilica abbiamo  dimollrato.   Colla dottrina della univerfal percezione, che fidamente 1* anima contri' buifee a* varj modi, e mori, che nella  materia avvengono; e con quella dell’  univerfal fenfo dall* unione delle due.*  nature rifultante, che c la proprietà  dell* Uomo, e che propriamente per cagion della parte materiale, dee con_>  quei moti, e modi efler modificato, e  modo; con quella dottrina, dico, tutC te le altre difficoltà vegnono ancora a dillrigarfi degl’ impedimenti, e de’ turcibamenti, che cagiona l’ebbrezza; e de’ delirj, e de’fopimenri, edetarghi, che  certi morbi arrecano; e in particolare  il pericolofo diflipamcnto, che produce  la velenofa forza dell’ Epilelfia, ed ogni  altro fìmigliante accidente. Che come  tutte convegnono in quell* uno argomento generale delle variazioni, che_  dalla materia nelle operazioni dell’animo trapalano a turbare, o interrompere, o abolire il fapcre; così tutte con  quell’ una generai dottrina, ugualmente per ogni parte fviluppate rimangono. Cioè dire, che quegli accidenti, che*l  vino, e’I veleno epilettico, come Lucrezio l’appella, e gli altri malori inducono nell’ Uomo, fono eglino folamente  valevoli a difordinare, o interrompere, o affatto caffare le forme fenfitive,  e cogitative ne moti, e modi corporali, e non altra cofa altrove. I quali  lafcia allora la Mente di più avvivare,  e illuftrare in tutto, o in parte, eoa-»  fofpendere, come fu detto abbiamole  fue produzioni, e con deporre le modificazioni: ed indi prima ne’ principali  feggi corporali, e poi, fe più oltra è  (dipinta, nella fua propria unità, ed univerfalità fi ritira da quello ffrazio.   Ma è in alcun modo diftinto 1* argomento del timore, e del lutto, che LUCREZIO amareggiando, ed affannando l’animo,  foventi volte conducon l’Uomo a morire. Imperocché in quel primiero capo di argomenti de’ varj gradi dell’età,  e de’ varj accidenti de’ morbi, le variazioni immediatamenre, c principalmente il corpo immutano, ed offendono: le quali perchè nelle operazioni dell’animo ancora trasfondono i difetti, e i  difordini; per quefto folo, fono a LUCREZIO argomento di mortalità. Ma il timo re, c ’l lutto fono morbi dell’ animo, e  l’animo immediatamente, e propriamente conturbano, e affliggono : e quando  • l’Uomo per quelle offefe viene a finire, nell’ animo è il principio, e V origine del danno, e dall’ animo al corpo . trapaffa; fìccomc per contrario ne’morbi corporali, dal corpo all’ animo Lucrezio argomenta, che debba la mor-, • te trapaffa re. Così ugualmente per gli   morbi, che fono manifeffe cagioni della morte corporale, perchè varie paffioni nell’ animo inducono; e dalle passioni,  doni, che fono manifede offcfc dell’animo, perchè c morbo, e morte al corpo arrecano; pare à Lucrezio dall’ima  parte, e dall’ altri potere la mortalità  dell’animo argomentare : c poi dclla,  cu ragione dell’ uno, e dell’ altro propone come un nuovo argomento, foggiugnendo.   Addere enimpartes, aut ordine trajicere &quume(l y  Aut ali quid pr or funi de fummx detrabere illuni,  Commutare animum quicumque adori tur, le cogitazioni, e tra le fen(azioni,e gli V affetti; così tra' le cogitazioni, e gli affetti c più ffretta appartenenza, e con r • neflìonerper modo che non mai, ne coa • gitazione fenza ogni fenfo di affetto,  ne affetto fenza ogni lume di cogitazione fi può trovare. Da cotcfte cole  Quii fiati (ì fa chiaro, che come il fapcre, cosi  '1 volere dell’ Uomo non è la pura, e  fincera parte dell’ animo; ma è quel vo- lece proprio dell’Uomo, di fenfo inficine, e di ragione commifto, che dall’  unione delle due nature dee rifultarc.  Laonde i varj moti, e modi delle va- ' i r ie affezioni, o paffioni propriamente in   • - : quel volere, e non già nella parte pu ra dell’ animo le loro vicende ingerif’ m cono: e le anzie, e gli affanni, e i tedj  ' del timore, e del lutto quella parte-,  conturbano, e corrompono fino a condur 1’Uomo mi fero alla morte. E dell’  Animo avvien folo, come nc’ modi del  Capere, che fofpenda le produzioni, e  diponga le modificazióni del volere; e . intatto, e purgato, e puro fi ritiri nel • la fua univerfalità, per rivolgcrfi ad   altri obbietti con altri amori più puri,  e più e più finceri. Ma perchè noi nei prefente ragionamento del fa pere dell’uomo, di altro genere di operazioni 4 che  delle fcnfuali,e fantastiche non abbiati!  fatto menzione; non è per tanto, che  dentro gli angufti confini del fenfo, e  dell’ efpreilioni fensuali, debba efler ristretta la cogni'zion noftra. Da quelli  univerfal cogitazione, o cognizione,  ficcome perchè dalla parte corporale è  ella fenfitiva, ne debbon nafeere Itu,  fenfazioni, e l* efpreilioni di fenfibili  obbietti; così perchè dalla parte immateriale, e ragionevole, ed intelligente,  le ragionevoli cognizioni provenire ne  debbono. Siccome nel fenfo univerfale, per fomma finezza, pieghevolezza,,  c mobilità, e per uniformità di virtù,  e di foftanza, onde è come un genere  generaliifimo del fentire, fono i primi  elementi, o principi, onde rutte le par*»  ticolari fenfazioni, ed efpreilioni fenfibili formate ne vengono; così in efTa_,  cogitazione, o cognizione, da ogni altra  cofa fceverata, ed in fe r ccolta, fono  tutti gli clementi, o principi delle ragionevoli produzioni, e delie Scienze,   S a che cd elfa cognizione è infieme generale cflenza, e generai conofcenza : e i  fuoi elementi, onde è coftituita, fono.  inficmemente parti, o principi di quella eflenza ad edere; e fono prime nozioni, o ragioni di conofcere, o intendere alla Scienza. Cotefto è il bivio deh  fapere dell’ Uomo, nel quale in oltre.,  è da notare, che TUomo nella via del  fenfo è analitico, conducendofi da’ particolari a gli universali; e nella via. della Scienza è Sintetico, dagli universali  ai particolari avviandosi. Ma gli elementi del SenSo, in quanto Sono minuti, imperfetti, informi, fon pure come  altrettanti generi: e le nature fenfibili-y in quanto perfette, e compiute, fono anco in quel riguardo particolari. E le  eflenze perfette ragionevoli, e intelligibili, perciocché quando vi fi perviene, illuminano tutta la Scienza, fono  come univerSali: e i generi, perchè fono imperfetti, ed ofeuri, in quello riguardo fono come particolari da riputare. Similmente come il fapere, così  il volere, o dalla parte impura fenfuale genera volontà, ed affetti foraiglian  Bìvìodel  jà ^cre delP ti, dietro a gl’incitamenti del fenfo;  o dalla parte pura fpirituale produce»,  voleri, ed affezioni ragionevoli dietro  alla guida della Ragione. E quello è il  bivio della vita,in cui fcorgonli le origini delle due celebrate porzioni dell’Uomo, che il volgo de’Filofofi, quanto con magnifici parlari decantavamo  con ofcuri fenfi intriga, ed ofeura.   Adunque la Mente noftra, per la virtù  tante fiate ricordata, e in tanti modi  provata di muovere, e reggere fe fteffa, prima fopra le fenfazioni medefime. E ixti tiMnet certo : velut aurei, atque oculi funi,   Atq\ aliifenfus, qui vitam cumque gubcriumt:.   t   Et Dilati mnust atque ‘ oculut t ntirefvs féorjltttv   Secreta a ‘nobis nequeunt fentiret neque effe :   Sed tamen in parvo linquuntur fenipore tali i Sic animus per fe non quii fine corpore, dr ip/ó   ' Efse hominet illiut quafi quod va; efse videtur :   .'o'F 1 .' Qs,  t #   Sive aliud quidvts potius coniunaius et   i • .«li» > yjp r i M Etagere quondoquidem e #*, corpus, adixret.   V.v. -tftbv* "o >s   Tutto il nerbo di quello argomento egli è r a mio credere*!!) quella una sola cosa riporto; che 1* operare, fia^  del Tutto, di cui è ancora 1’edere :  onde a niuna delle parti, che’1 compongono, quell’edere, e quell’ operare medefimo debba edere attribuito  Il fentire adunque, e’1 ragionare dell’Uomo, che certamente è dell’ Uomo’,  cioè del comporto, e del tutto, all’amo  mo folitario non dee poter convenire :  c per confeguente 1* animo folo, fenza  il corpo, e fenza 1* Uomo, non può  fentire, ne ragionare, ne affatto edere : fcevero di fenfo,e di ragione, non  potendo già avvenire, che l’animo da  in niun modo. Si aggiunge a quefto,  che P eder di Parte è fermamente effe- ^ t  re di relazione, o di rapporto; onde»,  la parte al tutto appartenga, e col tutto da congiunta infeparabilmente. Egli T-V*  è vero, che ci ha alcun genere di parte,  che verfo di fe condderata, ella ancora è un tutto : quali fono le parti del .1 «à-J  tutto cftenfo, e variabile, e quali in»,  ogni altra accidentale compodzione.   Con tutto ciò cotali parti, quando elle *  fono fegregate dal tutto, perdon quell’  eder di parte, con ogni altra cofa, che in quel rifguardo lor conveniva. E che  Lucrezio a quefto ancora abbia rifguardato, dalla dottrina del medefimo intorno alla indivifibilità de’ primi corpi,  è manifefto. Volendo egli indivifibilt  quei primi elementi, e volendogli variamente figurati; acconfente bene,  che quelli abbian parti, non già avveniticcie, ma natie; non quinci, e quindi raccolte a compor P elemento, ma  in quello nate: il cui edere, tutto fia  dell’ elemento, che le contiene; ed abbiano a quello necefTario rapporto ;on. de Pune dalP altre, e dal tutto non_,  poffano per qualunque potere effer feparate giammai. Il luogo di Lucrezio  ciUd^Lucre- è alquanto malagevole ad intendere j  zio, non ’m - Picchè P acutezze de* più nobili Spofitor ‘ P oturo falciar delufe. Il qual  jj>ojì on % nQ j ^ er j a p ua importanza abbiara voluto qui arrecare, ed mterpetrare ., I»,   Tum porri, quorum e/l exttmum quodque cacumen  Corforìs ìll\us % quei noftri cerner* fenfitt  Jam nequeunt : hi nimhrutn fine fartibuy extat >, \ Et minima cwtfat naturai nec fuit umquam ' Uh. U JL Ver . Ter fe fecretum, neque pofìbac effe v debiti  Alterius quoniam ejìrpfum : frinì* quoque,  fluire a/ùe fìmiles ex ordine parte: gmine condenfo naturavi eorforis explent.   quoniam per fe nequeunt confi are ^neceffe ejl  H*rere, ««c/e ?«e  Hatura nitritale Jì truova  la vera ragione di ejfer un  tutto.    t.  domanda, che dentro di fe abbia a contenere tutte (e parti, onde è coftituito: e la parte allo Scontro vuol’ efler  tale, che tutta quanta ella è, con ogni  fuo eflere, (la, diciam così, incorporata nel tutto. Di modo che l* eflere del  tutto in quello principalmente confida,  che contenga le Tue parti in guifa,chc  non pofla ne eflere, ne intenderli, lenza che lia,e s’intenda con quella contenenza : e 1’ edere di parte in quello  lia unicamente riporto, che debba del  tutto eflere, e nel tutto abbia ad edere contenuta; licchè non eflere giammai, ne pofla immaginarli lenza quel rapporto, e lenza quella, per così dire,  partiva inclusone .Se quello è vero, come è appreflo di erto Lucrezio ancora;  egli è da tenere per fermo, che la verace, e fincera, e perfetra condizione  dell’ efler tutto, altrove, che nella natura fpirituale, c mentale non pofla_,  rinvcnirfue che la natura corporale, e  bruta non più, che di una imperfetta  limiglianza di quell’ eflere lia capace '  Imperocché la natura mentale, per Io  fenfo,e per l’ intelligenza di le, e dell'altre cofe che fente,ed intende; chiaramente dimoftra dover ella contener  fé medefima, e 1’ altre eflcnze con ogni  identità, e comunicazione: e fé medelima,e 1* altre eflenze dover penetrare  da per tutto. Con che quella inclufione, e quella contenenza, che *1 tutto  ha delle Tue parti, e quel paflivo incorporamento, con cui le parti fono nel  tutto, dimoftra dover fola perfettamente pofledere. Nella qual cofa è principalmente riporto il reciproco rapporto,  e la neccflaria conneflione, onde il tutto dalle parti, e quelle da quello, e»,  1* unc dall* altre non portano fepararrt.  Per contrario la natura corporale tutta per ogni vcrfo limitata, ed efclufa,  c diftinta, di quella inclufione, e di  quello incorporamento non è capevole:febbene, come qui, ed altrove abbiam dichiarato, può la Materia per finezza, e per fublimità, ed attività di  foftanze, e per conneflione di parti, e  confenfo di moti cotanto ingentilirli,  che vegna tanto, quanto a Materia è  poflibile, un tutto perfetto a raflomigliare. Oltre a ciò, contenenza, ed uni V vcrfalità fono una cofa medefima :   Teflere un tutto, e l’ edere univerfale,  fono una medefima elfenza. Donde fi  può intendere, che alla perfezione del  tutto, due cofe vi fi richieggono necef  fariamenrc; l* una, chc’l tutto debba  aver perfetta pienezza in ampia indivi»  fibile unità; l’altra, che tutti i particolari, che gli appartengono, dentro  quella pienezza fiano realmente comprefi. Benché quelle due condizioni ad  una fola finalmente pofiono riferire :  concioflìachè, ne perfetta contenenza.,  fenza palfiva inclufione, ne pafliva inclufione fcnza perfetta contenenza, poffa clfervi in alcun modo. Per cotclle_  leggi, primieramente ogni fpezie di tutto, generalmente confiderato quell’ effere, dee con tutte le fue cofe efl'erc-, • •   in fe medefimo riftrcrto,e chìufo,e da Goog[e    •J    t  gegno, colla noftra principal dottrina  potta fcioglierlo di leggieri; pure per  produrnoi il frutto delle noftre fpecu- ’ \  {azioni, ci rifolviamo a parte trattarlo. Adunque quel che di tutti gli altri  argomenti abbiam fatto, e faremo apprettò; di quello argomento ancora facciamo al prefcntc; ingegnandoci a più  potere fortificarlo da ogni parte. La_.  neceflità del dover 1* Anima fcparata effcr fornita de’ cinque fenfi, che Lucrezio fcmbra voler confermare colle immagini de’ Pittori, e de’ Poeti, che attedino l'antico comun fcntimento, ella  è in fatti da quel Fiiofofo data appoggiata fopra quel fermidìmo principio;  che ogni edenza, o natura comune»,  dee con alcuna delle fue differenze, o  proprietà elfer diterminata neceffariamente : e che fenza ogni fua differenza, o proprietà non può ella dare in_»  niuna guifa. Siccome allo’ncontro, proprietà,o differenza niuna e! può avervi  mai fenza il fondamento, diciam così,  della Natura, o edenza comune. Perciocché 1 * Anima con generai fenfo, e  percezione delie cofe, per ogni modo  dover edere; anzi altro, che quel fenfo, e quella generai percezione non effere, egli è ad ognun che vi ponga»»  mente, manifedo .Dal che fegue bene,  che il fenfo, e la percezione generale,  come con alcuna delle fue proprietà  e particolari forme eder dee compiuto, e perfetto; così quelle proprietà, e  particolarità medelime di necedità egli  implica nell’Anima. Fermamente non  può capirfi a niun patto, come l* Anima feparata poffa aver niun fenfo, o  percezione, che nel tempo medefimo   X ella    m: m ^  Sottilità dì  Lucrezio non  inteja da gli  Sfojìtori,  ella nc veda, ne oda,nc per niuno degli altri fenfi particolari, niuna percezione abbia degli obbietti. Dall’altra parte, 1’ impoflibilità di avergli in quello  flato, egli è per certo una gran fottilità, con che Lucrezio la compruova,  che niuno degli Spofitori ha potuto penetrare finora .Onde, e nel variar Iniezioni, che ftanno bene, e nel fupplirvi i fcnfi,che non vi mancano, eglino  fonofi affaticati in vano. Prende egli  a conliderare i fenfl in idea, fecondo le  loro, per così dire, formalità metafificamente,c gli rapporta all’Anima : e  infieme gli confiderà nelle loro realità,  e corpulenze filicamente, e gli riferifce al corpo: e poi argomenta, che come i fenfì, ne effere, ne operare pofTono  feparatamente dall’ Anima; così allo  fteffo modo non deono potere, ne edere, ne operare feparati dal corpo, e  dall* Uomo. Concioffiachè 1* anima ila  l’uno Ideale, o formale, o metafilico,  onde le proprietà, o differenze de’particolari fenfi debbano procedere; e  1’Uomo, e’I corpo fia V uno Reale, o  materiale, o tìfico, nel quale quelle—   proprietà, e differenze medcfime debbano eflere incorporate diverfamente,  fecondo quei diverfi rifguardi, di diversi principi, e procefTi.Con ciò viene egli a conchiudere, che poiché l’Anima da una parte non può edere sforni- 7  ta de’ fenfije dall’ altra non può in niuna guifa efferne provveduta • che ella  non può ne fentire, ne in altro qualunque modo operare, ne effere affatto  dal corpo, e dail’Uomo feparata. Udiamo le parole fue proprie, e poi vegniamo alla Soluzione.   Vr eterea fi immortali t natura animai efi,  Et fentire poiefi fecreta a corpore nqfiro :   QuinqueiMt opinor)eam/aciendum efifenfibus auHantt  Ntc ratione alia nofmet proponet e nobis   " i t Tofiumus infermi animai Acheronte vocari.   riHores itaque, et f criptorum Stola priora  Sic animai introduxerunt fenfibut cucì ai r  L * At ne 1° natura ragionevole, ed intelligente, e’I Tuo operare efplichiarao, e  la fenfibile non lafciamo addietro, deono difdire che nel più alto, e puro dell*  intelligenza medcfima, quanto a Uomo  è conceduto, poggiando, a quelle fublimità non afccndtamo ? Ma nulladimanco in cotali cofe, affai probabili ragioni, e dove di farlo ci è permelfo, giufte dimoftrazioni allegando, V affare  condurremo a tale, che anzi da defiderio di più oltra conofcere accefi, che  da difperazione di potervi altro edere,  confufi rimanghiamo. Per rifecare ogni  rincrefcevolc lunghezza, io dico fulla  e lucidezza.  Sicché il fenfo dell’ Uomo, ove egli è  più virtuofo, e più lucido j quivi è in  quefle, e quelle parti diflinto, c diviio : ed ove è unito, ed uno; ivi è torbido, confufo, ed ofuro. Ma nello fla  r   è  w  l’Anima,  fepnrntn dee  potere operare  con piìi francbezza, e virtù.    to della Separazione, fenza far violenza  nc a ragione, ne a cofa alcuna, e’ ci  convien credere, che l'Anima fottratta  a quelle gro(Tezze,e da quelle angurie  Sprigionata, a voler riguardare la natura di lei, e la fua virtù naturale, quel  potere medefimo, che ella ha fopra la;  materia penetrcvole, con più Sovranità^ più vigore efcrcitar polla; e maggior copia di maggior finezza, ed attività di quella materia dominare. E per  confcguente non riftretta fra quei cancelli, ne in quelle nnnurczze fpartita;  ma dilatata, e in fc raccolta, con uilfolo ampliamo fenfo universale, polla  e più diftinramcntc (cernere, e più altamente penetrare, e più chiaramente  apprendere tutte le forme,e tutte le«,  azioni delle cofe materiali. Se l’Uomo  per virtù dell’ Anima ha imperio, e poreftà Sopra la materia pcnetrevole in»  terna; e dona a quella, e nc riceve a  rincontro le modificazioni; e col minifierio della medefima produce il fenfo,  e la cogitazione univerfale; e fecondo  la divilata varietà in tante maniere il  difiignuc, quante in noi le ne veggono;. i 1 pri,? cip >   primi, e’1 temperamento loro, c l vaftarata. g j 0 ingegno de’lavori, e tutte le generazioni, e le fufianae, e gli ordinati  procedimenti » e k virtuofe influenze v de*    ikir  de’ Celefti corpi, e tutto il concerto r  e ’1 fiftema del Mondo, e la cottruzione dell* Uomo può meglio efplorare r  e penetrare, ciascuna fecondo la propria capacità r e virtù. Perciocché è  da credere, che le menti finite emendo, abbiano le proprie fpirituali tnodi-i  ficazioni; onde fieno dall’ infinito circoferitte, ed infra di loro diftinte.Ein  particolare, che la menre dell’ Uomo,  per una cotal proprietà di più fra ella propriamente inchinata, ed adattata a  congiugnerfi colla materia per la cortituzione deli’ Uomo. Per quefti nottri  divifamenti s’intende ciò, che dir vollero quei Filofofi,che di certi veli corporali, gli Spiriti puri diceano dover effere provveduti; e alcuni Padri, che  le Anime e gli Angeli corporee foftanze riputarono. Cioè non altro eglino  a-ver voluto infirmare da quello r che  noi della maniera di operare dell’Animo feparara abbiam conchiufo, fi dee:  tenere per fermo. Cosi fimilmente è da  interpetrare quella Sentenza, che la_.  Mente d’ un’ altra mezzana natura abbisogni, per potere attemperai alla materia * Finalmente, che la villa Tifacela non per inrromilfionc della luce». '. 1   efterna nell’occhio, ma per eftramillione della interna verfó gli obbietti; è  fenza dubbio nata dalla cognizione dell*  imperio, e potere della Mente fopra la  materia penetrevole, e dal minifterio,  ed oflequio di quella verfo di quella :  onde è il vigore della virtù mentale alla produzione, o alla percezione delle  cofe.E qui poffumo dire aver terminata la Dilpnra colla foluzione degli argomenti più principali, e più forti. Perchè dopo avere ben fondata la reai difìinzionc dell’ intelligenza : e dopo avere altri punti ftabiliri, così come fatto  abbiamo delle più rilevanti verità; gli  argomenti, che ci rimangono, così leggieri, e piani 1} difcoprono; che più per  non parere, che nftuf aulente gli tralandiamo, che per necdfiti, che abbiano  di particolar foluzione, gli dobbiam ricordare, a ciafcuno argomento adattando quelle generali dottrine : il che farem brevemente. E prima veggiamo di  quello, che c in quei verfi efpreflo: Denìque cum corpus ncque at per far e mimai  Dìjjìdium, quirt in tetro tabefcat odore r  Quid dubitar quin ex imo y penitufque coorta  Emanar iti uti fumus y diffufa anima vis 1  Atque ideo tanta mutatum fu tre ruina  Conciderit corpus pcnitus I quia mota loco funt  Fundamenta forar anima r manantque per artus,  Terque viarum omnes fiexus y in corpore qui funt r  Atque / or amina : multi modi s ut nofcere pojjìs  Difpertitam anima naturavi exijje per artus 5 Et prius effe /ibi diflraclam corpore in ipfo,  Quitm prolapfa forar enaret in aCris aurar 1 ' Dalla. dillofuzione, c putrefazione  del corpo umano r che al dipartimento 1  dell’Anima fegue immantinente, vuol  Lucrezio inferire r che L’ Anima debba  eflere fparfa per tutto il corpo: che i  di lei principj componenti fieno con_*  quelli del corpo talmente intralciati T c  intrigati; che quella eflcr 'debba la cagione, onde al dipartirti- dell’ Anima,  una totale fovverfione al corpo ne avvenga : ficchè tutto fi cangi, e impu• m  tridifca., c tramandi fuora 1’intollcrabil  fetore - E poi ne’ feguenti verfi foggi tigne, che il folo deliquio, avvegnaché  allora 1 ’ Anima non vada via, ma foi  difiratta, o opprefla languifca; tanti  cangiamenti nel volto, e negli occhi,  e in tutto il corpo produce; quanti le  grida, e le lagrime badino a rifvcgli3re   ^riterfetri ^ e ’ circoftanti. De’più migliori Interno» ban capì- pcrri di Lucrezio, non bene han capila la forza ù t;1 la forza dell’ argomento. Eglino moMntO'. arS ° firan di credere, che quel Filofofo teglia, che F Animo, e l* Anima flano  una medefuna cofa; e quanto qui dice  dei doverfi in morte difperderc i componimenti dell’Anima, onde il corpo  imputridifca; che tanto intenda di dire  dell’ Animo, e dell’ Anima infieme,  E una natura coll’ altra confondendo crvvéro prendendo efli 1* Anima per la  fola parte incorporale; e quella idea t *  e quell’ appellazione alla mafia degli  umori, e degli fpiriti non concedendo,  fecondo quefto lor proprio fentimcnto.  prendono l’argomento Lucrcziano:  fon contenti di rifponder folamentc,  che la putrefazione, e ’l fetore del corpo  morto, non è effetto della divifione, e del dilfipamento dell’ Anima; ma  di altra cagione tutto diverfa. La qual.  rifpofta, fe vuolfi comprendere la par- ...,  te fenfuale, è certamente falfa : c fe,  meffa da banda la fenfuale, come quella, cui V appellazione, e 1* idea d’anima non convegna, della sola parte incorporale si vuole intendere; e senza  dubbio fcempia, ed inetta: perciocché  corre a far difcfa, dove non bifogna e quella parte, ove è indrizzata 1’ oppofizione, fcoperta lafcia, e fenza diFefa. Si aggiugne a quello, che quando LUCREZIO (vedasi) dice, dover efTere dal profon- '• t *'  do fcolfi i fondamenti dell’ Anima, e  fuora difTipati, e difperfi; dicono eflì,  che con ciò s’intenda elfer 1’ animo il,  fondamento del corpo; il che è ancora  vero: ma eglino non intendon già per  fondamenti i primi componenti, il  cui dilTipamenro cagioni quello effetto. :.  ne’ corpi morti: che è per certo un non #   - affatto intendere 1 * argomento. Ad un- cye f e “ c e re *j } 0 e  que Lucrezio tratto dalla forza del ve- PAAimi^L*  ro, tenne per fermo, che 1’Anima, c  1’Animo, cioè il principio intelligen- Mmrumt. Hmìz O'   te  tc, c la parte corporale miniera del  fenfo, foflono due nature didinte : per  modo che contro a quella opinione,  che l’Animo altro e’ non fotte, che un*  armonia, o concerto, o temperamento,  con lunga fchiera d’ argomenti fieramente combatte; e vuole in ogni modo, che T Animo fia una fpezie,ed una  fodanza. Con che viene a dire, che  r Animo fia una fpezie, ed una fodanza didima dalla mafia, e modi, e moti  animali. Poiché certo dell’ eflere dell’  Anima; dell* Animo folo, come di una  cofa aflai ofcura, va ricercando che e*  fia: e in quella ricerca dice,che e’ non  fia già un’ armonia, o qualunque altro  modo, ma una certa particolar foftanza. Appretto, comechè per l’Anima e’  dica efiere baftevole il calore, e l’aria  e l’aurc; tuttavia a produr 1’ Animo,  niuna di quelle cofe crede poter badare: ne altro e’rirrova nella felva delle  corporali fpezie, cui pofla attribuire  quella maravigliofa produzione. Onde  conclude, che cotal natura producitrice dell’ Animo, fia del tutto nafcoda,  ed ignota, e innominata: di che fin dal principio della Difputa nc abbiamo allegate le teftimonianzc di più luoghi .Finalmente c’diftingue bene gli utfizj dell'  Animo, e dell’ Anima; e ’1 fupremo  dell’ intelligenza, e del reggimento del  corpo all’ Animo aflegnando; le parti  dell’ ubbidire, e dell’ efeguire all’ Anima accomanda. Ed efpreflamente,che  l’Animo, e l’Anima fono due foftanze  tra loro diftinte, febbene {grettamente  infieme congiunte: e per la {{retta congiunzione, quanto argomenta della natura dell’ Anima, vuol che dell’Animo  ancora s’intenda. Sopra il qual fondamento buona parte degli argomenti di  lui fono appoggiati. LUCREZIO (vedasi) adunque  da quel fubito cangiamento de’ corpi  morti, o languenti, non può, ne vuole egli inferire il difperdimento, ed  annullamento dell’Animo; ma sì bene  il difperdimento, e l’ annullamento dell’Anima; cioè della parte bruta, e fenfuale : e quindi per la {{retta unione*,  delle due nature, vuole che lo lìruggimento dell’ Animo infieme fc ne argomenti. La qual cofa, comechè e’ ben  vedelTe non efler neceflaria conchiu Z 2 fione di neceflfario fillogifmo; perciocché di cofe diftinte, comunque infieme congiunte, mancando 1* identità  dell’ edere, dall’ una all* altra cofani  non può con certezza condurli l’argomento a conchiuder nulla; con tutto  ciò, tra perchè l’Animo una fottiliflìma, e le vidima foftanza cder e* li avvifava; e perchè la robuftezza, e’1 potere dell’Animo nell’intendimento di lui,  e degli altri Tuoi pari, fparuta, e debile cofa appariva; per quelle cagioni  pensò egli, che come il totale disfacimento del corpo, non altronde, che  da quello dell’ Anima proviene; cosi il  diflìpamento dell’Anima fenza 1* ellinzion dell’ Animo, non potede avvenir*.  Ed ecco come noi in efplicando il fenfodi Lucrezio, abbiamo infieme difciolto il fuo argomento. Imperocché abbiam fatto vedere, come edendol* Anima, e l’Animo, cioè la parte corporale minilira dclfenfo,e l’incorporale  principio dell’ intelligenza, due nature  dillinte, quali ad elfo LUCREZIO (vedasi) pajon  d* edere, 1* argomento in buona Loica  dal didìparaento dell’ Anima, quello   :i dell’Animo non può conchiudere a ni.  un patto. Ne dalla (fretta congiunzio-    •v-W,    del fcnfo fono ftromenti,il cui confenfo, e cofpiramento, anima egli appella, ciò intefe di affermare; quantunque,  che 1 ’ animo ancora fia divifibile, vuol  che da quella si fatta divifione fi argomenti. E dell' infermezza di tal conchiufione per la diftinzionc di quelle»,  due nature, che Lucrezio appruova,e  noi abbiam provata, con tutto quello,  che al precedente argomento fi è fatto,  non riman luogo a dubitare : e così  tutti gli altri a quello finiiglianri, che  dal confondere in uno il principio intelligente, c la parte fenfualc, tutta_,  lor forza ritraggono. I quali tutti, non  già col folo ribattere, o fchifare i colpi negando, come ufano di fare i Vol  gari; ma la foftanza indi vifìbil e dell’Animo, e le fue maravigliofe operazioni, ed ogni altro dimoftrato pregio  v^per tutto opponendo; e quindi da cer' ti, cd indubitati principj argomentando; fi fa chiaramente vedere, che’l varino e’ percuotono dell’ ària. Più larga  '-via ne apre il feguente argomento a  derivarvi i fonti della principal noftra  dottrina, il quale con chiarezza è ne*   .r : fe-. iSs   fegucnti verfi efplicato :.   Dtnifue cur animi numquam mens, confili umqu   Gignitur in capite, aut fedi bus, manibufve ? fed unii . v   Sedibus, «ir certi s regionibui omnibus bar et ?   Si non certa loca ad nafcendum reddita cuique  Sunti «ir ubi quicquam fojjit durare creai um;  Atque ita multimodis prò totis artubus effe y  Membrorum ut numquam exijlat prxpojìerus orda.  Vfque adeo f equi tur ret rem : neque fiamma creavi    Lib. tll.   Nono argomento. Fluminibus /olita e/ly neque in igni gignier algor. Circa 1’origine dell’Anima, in prima  e* ci oppolc Lucrezio, che ella nafeer  debba infieme col corpo; perchè fi vegga col corpo, e con tutte le membra  crcfcere inficine. E poi del feggio, dove l’Anima fia allogata, ftabilifce che  certo, diflinto, particolare, e proprio  e debba clfere. Finalmente, amendue  quelle cofe giunte infieme, dal nafeere, c dall’ cficre 1’ Anima in certo, e  ditcrminato luogo, egli argomenta, che  fuori del corpo, e fuori del fuo proprio  luogo non polfa folTiftere. Noi allo ’ncontro con bello intreccio di metafifi.   A a che per altre opportunità; delle cogitazioni: c nel fecondo per la finezza, c vivacità del fenfo, e per lo fervore, e_.  Copia de’ fluori più (pi ri rosi; degli affetti; ma ben ella è in tutti i luoghi, e ini.  tutte le parti del corpo organico colla  fortanz'a > come è in tutti per 1’ opera-.  zione del fenfo, e della cogitazione. Or due foli argomenti di quelli, che  wnfaìm !r- Cì ^ am proporti, rimangono a trattare:  Sfotefuo^ de’ quali il primo più al platonico dogma della preefiltcnza dell’ Anime va a  ' '.T colpire dirittamente, che nel punto  .. f,"*; .- dell* immortalità : che per diletto de’   * plausibili divifi di quella (cuoia, non_*  abbiam voluto lafciare addietro, coti-,  gli altri che contro a quella medefima opinione,o alla pitagorica Metemficosi, o ad altro, che alla principal noftra  quiflione fono indirizzati: c’1 fecondo,  il tedio, c 1 a /Fan no di coloro, che.,,  muojono, ci oppone contra, di faciliffìma foluzione. Col quale, efpugnati prima di grado in grado i più robufti argomenti, convien conchiudere la prclentc difpurazione. Il primo adunque  que’ vcrfi, che con leggiadria, ed  acutezza è da LUCREZIO (vedasi) spiegato.  Tr eterea fi Immortali s natura animai, L'I  . - Conflati et in corpus najeentìbus infinuatur; Cuì Juper cnteaElam atatem j neminijjf nequimus f   Interi iffe, c ir qut nunc ejl, nane effe creatam.   Nec vejìigia gejlarum rerum ulla tenemus l  .-*• fi t-'Mope™ e Jl animi mutata potejlas,   Omnrs ut aBarum exciderit retinentia rerum:   No» ( ut opinor ) id ab Uto jam longius errai.  Quapropter fateare neceffe ' eff, qu « fift ante,    interìiffe,.  co col dire, che fenza giufta cagione, la pura luce deli’ Anime da Cielo inTerra/i traeflono, a congiugnerti co’  tenebrofi corpi terreni. Per quelle medefimp ragioni Lucrezio e’ fi avvisò,  che 1 * anticipata produzione dell’ Anime, e’I comun loro nafcimcnto co’corpi, bollono due ellremità, delle quali  una vera, e 1’ altra falla ncccllariamente eflcr dovefie. Onde mcllolì a convincere di fallita il primo efiremo dell’  anticipato nafcimcnto, per quello che  1’ Anime congiunte, di andare cofe niuna memoria (eco arrechino al mondo;  conchiufe,che’i fecondo diremo del comune, e promifeuo nalcimento dovefie  cfler vero: e per confeguente, che l’Animc corporee doveflono edere; e come i corpi, elle ancora corruttibili, e  mortali. Tutravia gli antichi Platonici  co* loro profondi fenfi, c magnifici parlari, le minutezze, e le arguzie degli  Epicurei, picciola allora nazione de’ Filofofanri, aveano per nulla: e col temperamento della reminifeenza-, che ne  -viva, ed cfprclla memoria, nc c tota- 5 -'  le oblivione; e col dimollrarc come-,  l v ' l’antiche notizie, col conjugio de’ corpi porefiono effcrc ofcuratc; il prefente argomento deludevano di leggieri.  Ma noi tra quelle eftremità il vero mezzo abbiamo apprefo, che 1’Anime non  già co’ corpi, ne da’ corpi, ne per tanto innanzi a loro, ma bene in eflì nel  punto medelimo da principio ideale, a  mentale debbano effer create : e tutto  ciò dalla natura dell’Animo, c da quella del corpo, e da una mirabile armo,  nia di natura, e di legge, e da ogni  parte del ragionevole umverfo comprovando; c’I vero del mirteto platonico  difcoperro,e la difficoltà di quello argomento abbiamo fpianata Al fecondo argomento, che è l* ultimo di tutti; dato, e non conceduto,  che ogni Uomo in morte fi dolga di morire; il che de’ vizioii Uomini, cui i vifibili obbietti, e l’idee ofeurare, e gli  affetti rapir fuo!c r è egli vero, e non_»  già de’ virtuofi, che colla meditazion  della Morte ogni fpecie, ed ogni amore del prefente fecolo deporto, vivaci  idee, e acccrt affetti nudrifeono dell’  invirtbile Mondo; dato dico, c noiu conceduto, che così dea la cofa, come  canta Lucrezio; giuda i noftri principi  rifpondiamo brevemente, che quel do*  lore e* non è della pura intelligenza, ne  dell’ Anima fola; ma bene è del fcnfo  impuro dalla unione delle due nature  rifultante: ed è dell’ Uomo per quella  unione medefima codituito. Il qual fenfo, coll’ Uomo., eder mortale, fol viene a concludere 1’argomento. Al che Soluzione possiamo accomodare l’acutezza di Lattanzio col dire, che finche 1’ Uomo vi  mrgonunto. ve, quando l’Anima è ancora nel corpo congiunta, c’ non è tempo di dover  ella fentirc la fua liberazione; anzi più  tolto i languori, e le corruzioni corporali di quegli ultimi momenti le convien fofFerirc: e quando I’Uomo è già, morto, e’ non è tempo allora di poter   fignilicare il fuo fenlò. Sicché Lucrezio  da ogni parte ingannato fi mife a dire:    Db. Uh quod fi immortali nofira fcret mens, *  Non lavi f e morlens dijjolvi conquereretur :   Sed mogis ire f mas, vcfiemque relinquere, ut anguis,  Gaudenti frtlonga fenrx aut ccrma cervus.   fi 7 " : W Con quella ftiedefima riTpofta, la vanità deirargomenro, che a’recitati ver- Dtmde c ! mo.  li immediatamente va innanzi, li dimo- fuafoivzione. {Ira ancora. Dove dice, che 1’Uomo in  morendo, non lo fceveramento dell’Anima, ma il diftruggimento (ente, ed  avverte :1* Anima non da un luogo all*  altro del corpo intera trapalare, ma_,  nel Tuo proprio luogo, come ogni altra  parte infievolire, e mancar lente appoco, appoco. Perciocché è da dire, che **  l’Uomo è quello che muore; e di quel- ''  la vita, e di quei fenfo, che dalle due  nature rilulta, e’puo efifer vero quel che  e’ dice fentirfi, ed avvertirli in quel  punto; donde il patimento, c ’l mancamento, c la mortalità dell’anima pura, e  del fenfo, o intelligenza pura, che niente  di quello foflFrono, e niente fentono,o  avvertono, non dcefi a niun patto argomentare. Finché 1’ Uomo vive, e finche l’Anima è col corpo congiunta, il  fenfo proprio dell’ Uomo, e la vita propria dell’ Uomo per legge di unione è  fol operante. E quivi lono i mancamenti, e i profitti : e in quella parte,  di quella fono i fenfi, e l’ avvertenze,   -«4 C c che fi fentono, o avvertono. Se più  rodo coll’ allegata acutezza di Lattanzio, che propriamente contro a quello argomento ritrovò quel nobile autore, non fi vuol far difefa; che ben_  può Ilare.   Sciolti a quello modo tutti gli argomenti Lucreziani, perocché alcuni piti  minuti, e leggieri, che o fono eftcnfioni,o particolareggiamenti de* più prinf en f° cipali; o in qualunque maniera a quelli  JSf/. I* 1 rapportano; ed altri,che ad altro fc-, gno mirano, che al punto dell* Immortalità, inutile, e nojofa opera farebbe a  volergli perseguire partita mente; fciolti, dico, gli argomenti, e fatte le dimollrazioni dell’ immortai natura dell’Anima dell* Uomo, niente rimane, perchè  non Ita terminata la prò polla Di Sputa.  Ma tuttavia del fenfo degli Animali  bruti conviene foggiugnervi un brieve  ragionamento, per placare ogni Sollecitudine, ed affanno degl* ingegni vacillanti, edubitoli. Imperocché dalla comune, c volgare openione nafeene-,  pure un molefto argomento, o fofpicamento in contrario. Concioflìachè la cognizione, che nella via del hlofohco  inveftigamento fola ne fa lume nel ricercare l’immaterialità, e 1* immortalità dell’ Anima umana; comunque, e  qualunque a gli animali bruti li conceda; non pare, che in quel cammino poffa edere così ficura,e così fida feorta,  come ella è in effetti. E adunque con  ogni fludio da dimoftrare la fallita di  quella ftolta openione:'il che altra via  tenendo da quella, che finora han tenuta i moderni Fifiologi, con altri argomenti, *col favor di Dio, faremo  fpeditamente.   E’pare, che i difenfori dell’Immortalità  dell’Anima ragionevole, ogni cognizione  debbano difdire a’ Bruti; ovvero colla  cognizione conceder loro i’immarerialità, e l’ immortalità parimente. Perciocché dal dover 1’Anima ragionevole»,  effere immateriale, ed immortale, perche  è di cognizione dotata, tanto può conchiuderfi, che i bruti, perchè e’ non»,  fieno immateriali, debbano edere di cognizione privi; quanto che i bruti eziandio abbiano ad edere immateriali, perchè abbiano cognizione. Siccome gli   C c 2 EpiL’ opinion  volgare dit/ avori   /’ Immortaliti  dell" Anima-»  delf Uomo  Epicurei, i quali tcgnono,che l’Animo  umano fi a materiale, non poflono, a mio giudizio, a’ bruti non donare alcuna Torta di cognizione: ne’ quali da una  parte veggono ordinate operazioni; ed  a* quali dall’ altra non fi può negare—  qualunque più pregevole condizione, o  fpezie di materia. Ma con tutto ciò, come potrebbe agli Epicurei venir voglia  di negare ogni cognizione a’ bruti, con  dividere dal fenfo cieco la cognizione -,  c l’uno ad una fpezie di materia, e l’altro ad altra fpezie aflegnare; e lafciata  l’inferior materia fenfuale a’ bruti, la  miglior parte all’ Animo dell’ Uomo riferbarejcosì de’partiggiani dell’Immortalità, una parte fi fon voluti lafciar condurre a concedere a’bruti cognizione, con  diftinguere più maniere di cognizioni: e  quelle così diftinte, come loro è paruto,tra l’ immateriale, e la material natura, tra gli Uomini, e le beftie compartire. Onde non c da reftarfi in quel  -folo argomento, il quale nondimeno noi  tratteremo a fuo tempo; ma fa di meftieri di una intera deputazione. In così fconcia openione, e come farem vedere   dcre dappoi, a gli Uomini, ed al fommo  Dio ingiuriofa, più per forza di pregiudizi 1 che per niun valevole argomento  fono eglino caduti. Nella qual preoccupazione nondimeno, c dalla quale»,  pofcia e’ fon giri raccogliendo degli argomenti : o più torto le preoccupazioni, o i pregiudizi mcdefimi han fatto  contro al vero, arme di argomenti. Or  per cominciare, ognun fa che 1* ingan-.  no de Volgari e non e altro, che que- de'isolg*  fto.Le operazioni animalefche fono elleno certamente diritte, e regolate cotanto, che il naturai diritto monaftico,  quanto loro conviene, adempiono interamente: ed al focicvole domeftico,ed  infino al politico ancora in alcune fpezie pervengono: lafciando ftarc mille»,  varj particolari ingegni di operazioni  in quelli, e quelli animali, che fanno le maraviglie del volgo. Adunque  per quel veriflimo principio, che ogni  ragionevole azione dee da ragionevole principio provenire; tantofto fenza»,  niuna difamina, a quelle cotali operazioni interno principio di cognizione»,  hanno eglino attribuito. E ficcome que-fio  lo pregiudizio è di fuori venuto dalle  cofej così dall’altra banda, da eflo Uomo, e dalla di lui natura, e fua maniera di operare un’ altro n’ è Torto nientemeno del primiero faftidiofo. Giacché  il fenfo a’ bruti in ogni modo fi deeconcedere, e’1 fenfo proprio dell’ Uomo nella cofcienza di ognuno fi dimoflra edere di cognizione illudrato jquin. di eglino, che’l fenfo altresì degli ani• mali di alcuna cognizione fornito etter  debba, han creduto. Per parlar prima  di quello fecondo pregiudizio, che hanno i Volgari in conto di gagliardo argomento, e che del primo può di leggieri più prettamente fpedirfi; batta ricordare, che alla coftituzione dell’Uomo due diverfe nature concorrono.  Per la qual cagione, come delle due foftanze un folo ettere, che è 1 etter proprio dell’Uomo rifulta ;così parimente  de’ due generi di operazioni, che a quei  diverfi principi rifpondono, un folo  operare, che è il proprio operar dell’  Uomo di amendue quelle proprietà dotato, dee provenire : ciò che in più   luoghi di quella Difputa, e nella soluzione degli ultimi argomenti abbiamdimoflrato. Donde, che ’l fcnfo dell’uomo e’ non Ha Tempi ice, e puro Tento; e  che la cognizion del medctìmo non pura, e Tcmplice cognizione ella ila; ma  che quello con alcuna luce di cognizione, e quella con alcuno adombrameli-.   to di TenTo, efler debbano, argomentammo .Giuda quel noftro veriflimo diviTamento, Ticcomc chi dalla cognizio- B contórni  ne dell’ Uomo inTcrir voletTe, che le jenfaiTf^fo  cognizioni degli Tpiriti puri, Toflon elle furo jènzj^  altresì commifte di TenTo, per non po- f^orìtroije  ter capire, che cognizione Tenia ogni TenTo Ti poffa ritrovare, egli in grande  errore fi abbaglierebbe r così parimente va errato colui, che dal TenTo dell’uomo argomentando, il TenTo ancora delle bedie voglia credere, che fia con cognizione congiunto, per non potere intendere, come TenTo Tcevro di  ogni cognizione rinvenire fi potTi. Se  nell’ Uomo Tolo le due nature convcgnono infieme ad edere, ed operare: e ",   fuori dell’ Uomo e’ non è altrove in altra Tpezie sì fatto mefcolamento :e per  cotal cagione è nell’ Uomo il TeuTo mi do  fio di cognizione, e la cognizione a_#  rincontro è comporta di fenfo; e’ pare per Dio una chiariflima evidenza,  che fuori dell’uomo, come cognizione  non può efferc fe non pura, fenza niuna nebbia fenfuale; così fenfo non pof• fa avervi non del tutto cicco, fcnza ogni lucidezza di pognizione .Da tutto  ciò chiaramente fi comprende, che.»  quanto il fenfo limano agl’ inconfiderati c occafion di errare, e di credere-, che il fenfo de’ bruti è a quello dell’uomo fimigliante; tanto è chiaro argomento a’ più fenfati di tenere per  fermo, che come la cognizione del genere puro fpirituale, perchè non è cognizion di Uomo, non dee erter fenfuale : così il fenfo del puro material  genere, perchè non è fenfo d’Uomo,  non può erter luminofo. Intorno a che  egli è affai da maravigliare,che i Volgari Peripatetici, ed i Cartefiani, fono  i g iriejìa- eglino da una medertma cagione ftari fofpinti in diverfe eftremità di erroiia vmcÀgton ri eftremamente contrarj. Imperocché  medejìtna fi - gjj un j jC gjj a |tri fedotti dal fenfo urna trarfinorT. no, credendo non mai poterli fenfo da cognizion feparareji primi per non torre il fenfo a’bruti, la cognizione ancora  1’han conceduta : e i fecondi per non  donare a’ bruti cognizione, il fenfo ancora P han tolto. Le quali eftremc openioni noi ugualmente falfe riputando,  liam venuti a quello, di dover feparare quelle due facoltà, per lafciare a’bruti il fenfo folo, ed alle pure immateriali Portanze la fola cognizione. E tanto  balli aver detto di quello fecondo pregiudizio, per torgli ogni forza, non folo di argomento per convincere, ma_.  ancora ogn’ illulìone di pregiudizio per  preoccupare. Ma quel primo ha egli  per le menti degl’uomini fparfe tenebre più denfe, e più univerfali :che dicemmo già eflcr nato dal vedere gli  Animali bruti, diritte, e regolate,  ragionevoli operazioni produrre ogni  ora. E intorno a quello, onde, come  fopra abbiam notato, falli ancora il  principale argomento loro, dee rutta  la feguente Difputa aggirarli, in dimoftrando,che altra cagione vi lia del diritto, e ragionevole operare de’ bruti,  che quella delP interna cognizione. B  . D d pri  no Epicurei Jo- bachè la Mente, e la Materia colle iomigliante. ft anzc>c co’modi loro nell’Uomo convenendo abbian gli Epicurei medi in confusone; per modo che eglino la_>  Natura immateriale, che è il principio  intelligente, annullando, han l’anima  dell’uomo tra le pure materiali fpczie  annoverata: e i modi mentali, e i modi, e foftanze della materia, negli animali bruti avvenendo, abbian confufi i  Volgari; (ìcchè fpiritualizzata, diciam  così, la materia, V Anima delle beftie  nel ruolo han meflfa delle foltanze cognofeitive. Perchè nell’Uomo, da una  parte la fola materia è al fenfo riguardevole; c dall’ altra le mentali operazioni,che ficemorrfi n'dta' cofciùiiza,Co’  modi, e moti materiali, e loro vicende, e variazioni procedono; i fenfuah  Epicurei -han creduto, che la Materia a  tanta finezza, e attività,e ingegno pervenga, che poffa ella efler principio  dell’ umane cognizioni. B i Volgari, negli animali bruti, perchè la materia de’modi 4 prima è bello il vedere, che 1’inganno  L 1 instino j c ’ volgari Peripatetici è a quello dede luefloVeJi gh Epicurei aliai fimigliante. Conciof 2ii  modi dell’arte, e della feienza mentale ornata, cd ordinata, veggon produrre ragionevoli opere da una parte: e,  dall’ altra al Colo uomo, come è dovere, concedono immatcrial principio intelligente: fono eglino perfuafi,che la  materia porta in alcun modo e/Tcre principio di alcuna cognizione. Nella qual  cofai Volgari per certo più bruttamente errano di coloro. Imperocché gli Epicurci, negata una volta la natura^  immateriale, che è tutto il loro errore,  concordan poi con feco rteflì, e giuda  i proprj principi da prima preferitti,  profeguono a dire, quanto poi affermano appreso dell’Anima dell’Uomo. Ma  i Volgari da’ loro principi ben lungi fi  dipartono, c apertamente fi contradicono: quando, concedo che. vi fia natura immateriale, c nell’ crter principio  di cognizione la colei eflTenza riporta;  pure ne’bruti alcuna cognizione poi donano alla materiale per colorir Tinca  danza, e mitigar la contradizione; nuove fpezie di nature immateriali, e nuove fpezie di cognizione a capriccio poi  fingono. Dalla qual cola il comune aiv   D d 2 gogomcnro è tratto di coloro, che niega-, no a’ bruti ogni qualunque cognizione:  il quale argomento allegheremo noi pofcia, fé avremo tempo, e luogo opportuno di farlo.   Ora alcune più rimote, e più geneil fenfo i ra jj confiderazioni ci deono condurre  uniforme, a quelle f che piu vicine tono, e pra  proprie del propofito noftro E in ogni  modo in primo luogo fi dee efplicare,  come il fenfo, o natura fenfuale è una,  ed uniforme, che tutte le maniere, e,  forme delie fenfazioni in quella unità,  ed uniformità comprende : che medesimamente è il fuo edere ampio, ed universale, qual’ è, ed efler dee ogni altra  natura comunella qual verità bene intefa, non fi può dire quanta luce fia per  arrecare a quella ofcuriflima quiftione.  •Adunque fiocone la cognizione, o ragione, o natura ragionevole tutte  guife, e tutte le forme di ragionare 'in  una uniforme unita, ed univerfalità contiene, infino a perfetta luminofa Scienza, arte, e legge ragionevole; così al  termine di perfetta material feienzà,  irte, e legge fenfuale*, da fimigliante  • w « v principio uno, uniforme, e univerfaie il ienfo eziandio fi conduce. Alle  quali due nature giacché con Peripatetici, e non già con L’ORTO ora deputiamo, dobbiamo aggiugnere la natura  intelligente; quelle tre nature a quello modo ordinando. Che la pura Intelligente nella fua immobile uniforme s!  unirà, tutte le intellezioni di tutti gl’uè intelligibili accolga fenza vicende, e Nature, /«lenza variazioni: c che l’impuro Senfo ^onroole^e  tutte le fue proprie varietà di fentire, Scnfualt.  in una mobile, e divifibile unità con moti, e modi con perpetuo flufio varianti, debba contenere : E la natura  ragionevole polla in mezzo al fenfo, ed  alla intelligenza, moti fenfibili, e lumi  intelligenti inficmc congiugnendo tutte le fue particolarità Umilmente in fe  aduni, fino al fine di perfetta feienza,  legge, ed arte ragionevole. Sicché 1* Intelligenza fia ciò che ella è, fenza millura di fenfo ^ il Senfo fia il fuo proprio edere, fenza ogni luce d’ intelligenza : e la Ragione così abbia le fue  proprietà, che mefcoli infieme col torbido fenfua le, il chiaro dell’ intelligenza.   Due fonimi  generi, P uno  dell ’ effere  terilene feltro  dell' ejjer  immagine reale, che non è propriamenove fi ritruo- f c quella, o quella fpezie particolare.  v ’-> ed mela Così flando elleno quelle cofc, ad in- '  ìarila >. aiUC0 ' tcllerti metafifici cotanto chiare, quanto più non fi può dire, P Intelligenza (  la Ragione, e ’l Senfo fono ciafcuna una  unità uniforme, efprelfiva, e raflomi• gliativa di quell’ elfere, ed a quel modo, eh’ è a fe convenevole. L’ Intelligenza è un Siiiogifmo già perfetto,che  con totale penetrazione, e con cccelfiva chiarezza comprende Puniverfo effere intelligente lenza ombre, e lenza  vicende. La Ragione, o cognizione umana non è ella altro, che un argomcnto: cioè una poterti, o facilità, per co- *  sì dire, di rtllogizzare, che tutto l’ertere  ragionevole va a conchiudere con vicende, ed ombre. Secondo che noi nella noftra metafilica abbiamo rtabilito,  la ragione dell* Uomo, ella non in altro  modo giugne a conofcere gli obbietti,  che argomentando dalle minute, e rozze loro fimilitudini; ed indi le intere,  e più perfette immagini riproducendo,  ed efplicando. Ella adunque ertendo coterto Colo crtere di argomento, che è erte-. Cfme r/tm  re ideale, ed efprertivo, uno, unifor- e£?mto“ emme, penetrevole, uni verfale: viene con ten £ a tutt^  ciò a potere efprimer tutte le differenze, e forme ragionevoli, una rimanendo, ind irti nra, indivifa, con quell’ una  unità efprefliva, argomentativa. La Ragione, tutto ciò che le rt apprefenta con argomento in fc raccogliendo,  e fe medefima, c ’l fuo fenCo, e le fue  percezioni, e cogitazioni penetrando,  c includendo, tutto il novero apprende.  delle forme, che T appartengono. Così  il fcnfo,col contatto, e col conciglio, Comelffene confenfo della più fin 3,e più valente   E e porzione della materia in quel modo r  che noi già dichiarammo, divenuta penetrevole, le azioni, e le significazioni  de’ fcnfibili obbietti, ed eziandio degl’  interni appetiti con incredibile agevolezza, e virtù raflbmiglia : ed iniicme  per adattati canali, con abili dromenti  produce operazioni ad ogn’ interna-, r  ed edema lignificazione corrifpondenti.  il Senfo è Egli è il fenfo come un materiale argoargomento* mento; cioè una elprelhone, e riproduzione, con che la più virtuofa parte del1* •. la materia raccoglie in fé tutte le particolari, minute, ed imperfette lignificazioni, ed azioni materiali .. A llmiglianza  della natura intelligente, e della ragionevole alTai più, il lenfo ancor efìfo è una  efprefliva ideale unità materiale, uniforme, ed universale: e cotale ella effetido, le varie maniere dell* edere Tenibile dee tutte produrre, fino a poter  pervenire a perfetta faenza, legge, ed  arte fenfuale. L’intelligenza ella è purgata da ogni grettezza, e impurità^, ed  c libera da ogni mutamento, di pure t  e lucide notizie conteda in una amplif^ ->•*«* •; • - ima *  S*V-'VT et ♦ {ima faenza deli’ ogni effere intelligibile. Il fenfo è impuro, variabile, tcnebrofoj e nondimeno con cieche idee,  e combinazioni, e fillogifmi conchiude  Tumverfa materiale erprclfione, e produzione d’ ogni fenfibile obbietto. La  cognizione, o ragione di fenfo commifta, e di lume d’ intelligenza, per  convenienti idee, e componimenti, e  per fillogifmi fi raccoglie in una ben  ampia fcienza lucida argomentativa.   Siccome la fcienza ragionevole è penetrabile, e inclufiva per interne comunicazioni, e produzioni; così il fenfo  egli è a fuo modo pur penetrevole, e  inclufivo per finezza, ed agevolezza di  materie, e moti. La fcienza ella è un*  ampia forma univerlale del vero ragionevole, piena, e feconda delle ragionevoli forme, fino alle più particolari,  ed eftreme : c’1 fenfo è umvcrfal forma del vero fcnfibile, con ferie di limili forme fubordinate, potente a produrre tutte le guife delle fenfibili ope- H && è  razioni. Il femo e della corporal natu- cieca-.  ra come una fcienza cieca : come la_- •frtowdcofcienza è della natura incorporale, per fumìmfo.   E c 2 Così dire, un fenfo luminofo. Poflfono  adunque i Volgari Filofofanti fé non-,  credere, fofpicare almeno, chele infinite combinazioni, e fillogifmi ciechi  de’ principi, o elementi, onde il fenfo  è coftituito, vaglion di per fe foli, fenza niun lume di cognizione a produrre  tutte le ordinate azioni fignificati ve,  ed operative degli Animali. Cotefte-,  '; r v tre Nature, ciafcuna di per fe feparatamentc nel fuo proprio regno, hanno  elleno perfetti principi operanti. Ne  all* intelligenza e* fa uopo ne de’ procedi della ragione, ne delle macchinazioni del fenfo. Ne il fenfo, o degli  {labili comprendimenti dell* intelligenza, o delle lucide argomentazioni della  ragione abbifogna. Ma nell* Uomo,  nel qual folo due nature convengono,  fenfo, cd intelligenza e*fi mefcolano infteme : e come le turbolenze fcnfuali  ^rToffufeano la luce della cognizione; cofienìt la cali- sì i chiarori ragionevoli illuflrano la«.  frJIAZ caligine del fenfo.  dell' intelii- Cosi dette quelle cofe, più per afteret enza • ger loro il malnato pregiudizio, che  per convincergli del tutto j rivolgiamo  ' ‘ ormai il fermone a quelle, che maggior  forza di argomento ne pare che debbano avere. Benché ne il pregiudizio e* v ’. V * •.   fi è potuto combatterete non in alcun '  modo argomentando; ne argomento  niuno fi potrebbe adoperare, fé non in  qualche maniera contro al pregiudizio  combattendo; ne altronde parmi po %  ter meglio cominciar quella parte, che  dalla famofa definizione Ariftotelica^  della Natura, la quale i Volgari di lui  'feguaci malamente interpetrando, difcreditano; e i meno feorti moderni  affatto non intendendo, deridono. Perciocché il fecrcto di quella mifleriofa_,  definizione difeoperto, tutta affatto diffiderà la nebbia del Volgare abbacinamento. Lafciata Ilare ogni altra cofa,  che dir fi potrebbe, per efplicar quel-,  la definizione, che qui non è uopo; io \ à d'^nìziow  porto ferma openione,che quel Filofo- Arìj tot elicne  fo, quando e’ diffe, la natura effier prin- u 1 A  cipio di moto, e di quiete; che egli, *  allora intefe infinuarne di più la comu- —  nicazione, e la diftinzionc, che infic- ^  mementc la Natura ha colla Scienza,  e coir arte. Sono certamente Natura,   Scierà  Scienza, ed Arre tre primarj principi,  natura - j c h e ogni genere di forme compiono  Jnejcnò t, e 1* univerlità delle cofe. La Natura mol?' n yù.i timi vendo, o producendo : che produzioL-nivirjo c moto £ C omc più giù dimoftrere mo)fonó una medefima cofa. L’Arte  componendo, e formando; e la Scienza penetrando, e intendendo. La Scienza generalmente confiderata, altro non  è ella che principio di cognizione: ficcorae 1’ Arre pur prefa in generale, e*  non è che principio di formazione. La  Natura, ne di formazione come l’ Arte, ne di cognizione come la Scienza;  y mafoldi moto, e di quiete e principio.  Quella diftinzione di quelli tre principj additar volle il Filofofo in quella  fua diffinizione con ifceverar l’Idea, e  ‘ l’elTenza della Natura dall’ idee, ed ef  viV'X fenze della fcienza,c dell’ Arte; e con  rillringerla alla lua determinata proprietà. Ma fono nulladimanco quei princiComunìone di pj tra loro inficme comunicanti, cofueì trefrìn* mG dalla defìnizion medefima è facile  c ' iJ ' argomentare. Perciocché, nc l’Arte e’  può di niuna formazione elTer principio; nc la Scienza di cognizione senza virrìi di produrre, che e la Naturar  e Icambicvolmente nella Natura è inficine Ja feienza, e 1* Arre; perchè a_,  niun patto c’ porrebbe la Natura cfler principia di produzione senza idea, e  regola, e modo di produrre; il che è  cfler Scienza, ed Arte. Quanto è imponibile, che v’abbia alcun producimene di cognizioni foie n tifi che r e di  forme artificiose senza potere di produrre: altrettanto potere, o virtù ninna e’ non può eflervi senza modo, o  regola di produzione. La scienza, l’arte senza virtù di produzione farebbono (lenii r ed infruttuose per impotenza, e si rimarrebbono in una ofeura, e tenue generalità di sapere. E la  Natura senza via, e regola, farebbe,  per tumulto, e difordine di parti, e di  moti ancor ella infeconda, e rollerebbe in una fparuta, e informe comunità  d’edere. Tanto la scienza, e 1’arte;  quanto la Natura, come è ben uopo t  hann’elleno potenza, ed atto, de’quali come di due necessarj principj si compiono. La potenza dell’arte, e della scienza è la virtù producente; 1’idea T   o for  V    i*. o forma, o regola è il di loro atto. Per contrario la forma, o regola, o idea è  la potenza della natura; e’1 suo atto  è la virtù produttiva, L’atto proprio  'QuùIJùl^ d e i| a scienza è la potenza della Natu f unita della K Natura qua- ra : e 1 atto proprio della natura e la le de ! i,i s I icn potenza della scienza, e dell’arte». ili /f | • r • con bel reciproco lovvenimcnto j soccorso. La regola, o idea ella è l’unità della natura; la qual fottratra,  difturbafi l’adunamento, e’l consenso delle parti, e de’moti; onde la Natura in molte, e varie parti, e in molti, e difeordanti mori fi frange fi difperde, che nulla producono. L’unità della Scienza, e dell’Arte è egli il potere di Natura: il qual tolto, la comunicazione, o inclusone s’interrompe: dal che 1’Arte, e la Scienza in molte, e  varie idee ^.cogitazioni fi fmhiuzza, che nulla conoscono, ne formano. Ma  tuttavia. è da notare, che 1’edere, c’1 potere della Scienza,e dell’Arte, quantunque egli è foftanzievole, e naturale, cfler dee nondimeno inclusivo, penetrevole, e luminoso: che altrimcnte la scienza e l’arte con edere, e con po vi   'l 1 za.  ‘:\v j   xfcr  ui,  r*v.'  V 1 ,jr * tv*gj  NpJ  V S  •'i  *#• La Scienti  'una N aura Aquella fcientifiche, c quella artificiofe,  con edere, e con potere penetrevole,  lucido, inclufivo.E la Scienza coll’Arte, non vuota, vana, fpoflata, fantaftica; ma è reale, vera, piena, collante,  poderola, per edere, c per potere di  reale follanzievole natura: nel che l’Eternità della Scienza, dell’ Arte, e della Legge è locata : la qual cola, dopo  "lunghi contraili, e’ non han potuto nettamente difpiegare i Volgari. E la Natura non è ella informe, irregolare^*  difordinata; ma è formofa, ordinata,  diritta, per idee, e regole di verace, e  falda Scienza, ed Arte : nel che la fempiternit'a dell’Universo è ripolla, che i filosofi del GIARDINO intendere giammai non-,  han voluto. Quel che al prefente rileva è, che con quanto ho detto della.»   • Natura, e degli àTtrf due principi, io  fon venuto a dimollrare, che le ordinate, e ragionevoli operazioni della^  Natura particolare degli animali bruti,  come quelle della Natura univerfale,  deono poter provenire da principio interno di Scienza, ed Arte cicca. E perchè il maravigliofo potere delle idee cieche, che alla Natura abbiamo attribuite, finalmente tutti ricono- P!ìt fpezie  lcano; egli è da notare, che oltre alle ^^ orme  forme reali delle cofe, che già fono in  eletto, e fono a’fenfi nortri manifefte,  e vi ha altresì delle forme ideali, checosì appelliamo, divife in tre diftinte •  Jpezie, o più torto in tre ufficj diverfi.   Il primo egli è dell» ideali, come lor dicefi plaftiche, dalle quali generalmente a formarli, ed efplicarfi vegnono le  reali. Quello genere è egli principalmente riporto, e chiufo nel feno degli  elementi; onde nella prima origin loro, Erbe, e Piante, e Animali ufeiron «  fuori alla lucè : ed al prefente ancora  non di rado ne avvengono novelle produzioni. E in fecondo luogo le medelime ideali, nelle fortanze delle cofeper tutte le fpezie elle ferbanfi involte : donde ogni cofa può produrre il lìmile, e propaginar la fua fpezie. Il fe.  condo genere è dell’ ideali, cui noi diciamo lignificati ve, che fpiccanfi dagli r&jt  obbietti, e a rapprefentar vegnono a’ V Mainiiioltri lenii tante varietà di colori e di rettrici f ono  forme, quanti già ne veggiamo. Il ter- tt  Pi • Ffa zo, che fa al propofito, è dell’ ideali direttrici fopra tutte 1’altre di fommo  valore, e pregio, che il fovrano uffizio  hanno elle di reggere i moti, e le operazioni. La Natura di tutti e tre quei . ! generi d’ Idee eflfer dee fornita: del primo, e fovrano delle direttrici; affinchè  i movimenti fieno regolati, profittevoli, e fruttuufi: del fecondo genere delle plaftiche; affinchè le forme, o fpezie delle cole fieno durevoli, utili, egradite : e in fine del terzo delle fignificative; per fomminiftrare al fenfo acconce lignificazioni, ed efpreflìo ni, onde fi promuovano le operazioni, e le  comunicazioni delle particolari nature  infra di loro fi compiano. E ritornando  alle direttrici, è affai ragionevole penfamento,che cotali Idee ne’ corpi Celcfti, e ne’ loro fiti, ed afpetti, c movimenti fien ripofte. E non per altro,  che per quelle tre Idee moderatrici è  da credere, che il Mondo, magnimi-,  KtlU Kd Animai fu da Platone appellato. Nella  tuv sensuale particolar Natura del fenfo e’ ci ha ètuualapcr fut t; a perfezion della Natura Univer si 0 * natU " fale *. Oltre al fommo potere, ed al perfetta  fetro concilio de’ principi coll’ idec_,  plaftiche, e fignificative, avvi ancora la fovrana regola delle idee direttrici per Io governo della vira. La Natura fenfuale ella è (opra tutte le corporali nature perfetta, e Copra tutte lì  avanza ad imitare la Natura Univerfale: ficcome l’uomo,’ nel quale tutto il  filloma del fenfo, fornito d’ ogni maniera dMdee, egli è oltre ciò governato dall’ Idee lucide ragionevoli, Copra  tutte le terreftri foftanze rafTomiglia, 1’Univerfo me de fimo illudrato dall’ intelligenza della Mente Unìverfale. Or  poiché è neccflario, che negli Animali  bruti vi fin (ufficiente provigione d’idee  direttrici ben ordinate; per qual cagione e’ vi richieggono di vantaggio il  reggimento delle cognizioni ? Non fono forfè l’ Idee cieche direttrici badevoli a moderare 1’ arruolo moto del feafo ; e fecondo i movimenti interni, o  fecondo l’eftcrne lignificazioni, non fono elleno valevoli a produrre quelle,  e quelle ditcrminate operazioni ? Come potranno- le plaftiche idee diftribuixc il chaos della Materia fcminale,, e-, reggerne i moti per generar erbe, ed  alberi, ed artificiofiilìme forme di Animali ; e non varranno le direttrici a.  moderar l’azioni, e i moti fcnfuali per  confervare la vita^E egli per avvenrura il fatto della confervazione della vimerzio tra ta P*u ingcgnofo, e piu artihciolo deljiicbe ? 7 e f° rrnaz ' one medefima ? Egli non ci  ideejìlnifi- ba tra quelle due fpezie d’ idee dieative. rettrici, e plaftiche, somiglianza, e  comunicazione, e commerzio si fatto,  che l’impreflìoni talora delle plaftiche  '  pervengon fino al fovrano feggio delle   lignificazioni, e direzioni, e quivi figni’• ficative, e direttive divegnono ; ed al lo ’ncontro le figure delle direttrici, e  lignificati ve difcendono giù al luogo delle generazioni, e per così dire, plaftico  - w ingegno, e potere acquila no ? Siccome  la mafia dellgk^a*e*i*,dà*i»m così, genetliaca, è egli un indigefto, e confufo  chaos, e in certo modo indifferente, e  indeterminato, che'' nondimeno l’idea  plaftica diftingue, dirermina, e forma  fino a perfetta generazione; così il moto fenluale è propriamente indeterminato, e indifferente, e come confufo, e indigesto chaos,che tuttavia l’idea direttrice dee poter diftinguere, e formare  fino all* intero governo del vivere animalefco . Egli è fopra ogni altra cofa  da por mente, che il moto del fenfo è  della più preziofa.,e più agevole materia; ed c il più vigorofo, ed efficace tra  tutti gli altri, Tempre pronto, e fpedito, ed operante: e che 1’ idee direttrici del medefimo fenfo fono vivaci, ed  efprefle, e ben ordinate, e compiute ;  cioè per diftinta, e lunga ferie fono in  sì fatto modo compartite, che da certe più ampie, e generali, che in una,  prima, e principale, ampliffima, ed unrverfaliffima idea fono accolte, tutte l’altre minori procedono; e quefte medcfime infra di loro 1’une dall’altre, da  quella prima comuniffima idea fino all*  eftreme, e particolari ordinatamente dipendono . Òr egli efleiido nell’animale, da una parte quel virruofo, e perpetuo, e univerfal movimento; e dall’altra quel ben fornito, ed ordinato reggimento di efficaci idee ; qual’ altra 'cofa fia uopo, perchè l’animale poffa^  agi’inrerni incitamenti del fuo corpo,   w ed agli efterni de’ corpi circoftanti regolare le operazioni, di che la vita abbifogna ? Siccome fciocchiflìmo penfamento c* farebbe di chi alla virtù feniuale, altra forza d’ altra potenza aggiugner volctfe, per muovere l’animale ; cosi ugualmente, a mio giudizio,  vaneggiano coloro, che all* intera,  perfetta regola fcnfuale, altra regola  d’ altro ingegno vogliono fopra porre-.  JtJèZjòT* P er governarlo . Il fenfo è vigorofa virtù motrice, per idee cieche direttrici,  valevole a produrre ordinate, e profittevoli operazioni . Quindi raccogliefi  bene effer dovere, che 1’animai bruto,  che è indocile, nafea addottrinato di  quanto ha a fare per fua difefa : e per  contrario l’nimai ragionevole, che è  docile, imperito, ed indotto de’ Tuoi  f affari e’ convien chfc nafea al mondo,  Poiché ridec del Bruto e’ sono corpoTer qual co- rali, e cieche ; deono elle con tutto  rottone- 1’ apparecchio della materia, c con tutvnie rufea in- to il lavoro delle forme infiemementeT  dotto, effer trafmefTe per via di generazione:, Siccome l’ idee genetliache, di fimil fat ta, tanto nell’Uomo quanto negli altri animali, non per difciplina fi apprendono, ma bene per naturale operazione fi fommimftrano . E poiché tutte.»  ridee dell’ Uomo fono lucide, elle di  neceflìtà colia luce delia cognizione, l’una dietro all’ altra, e dall’ altra l’una  efplicandofi, crefcer deono a formare  la feienza . Per rimontare ali’ altezza.»  de’ primi principj, di che largamente  nella fuperior Difputa fi è favellato, la.  Mente è ella in fe, e con fe medefima, ed è in fe, e con feco operante :  il perchè 1 ’ Uomo di Mente dotato,  a quella guifa operando,- fe medefimo  infegna o nella Mente univeraale, o  nella universal materia, da’particolari a gli universali, e da quelli a quelli discorrendo; e in cotal modo arti  inventando, ed esplicando scienze, ed  iftorie teflendo . Ma il SenSo cicco materiale, da ogni altra coSa e in Se, e  per poco da Se fieflo diviSo, e non può  fermamente in Se, e con Se operando come fa la ragione dell’uomo, insegnare Se medefimo : e perciò con tutte  1’altre forme, ed operazioni, e lavori  materiali, unicamente per gencrazio   G gne efler dee formato, ed idrutto . Erme derano b cn dj m olto i Volgari, che voogc,u ' gliono l’animale addottrinato per quaErroredìal - lunque cognizione . Errano eziandio  fan  mcdefima debbono immediatamente  procedere . Ed in ciò egli è ben latto   éeU’Vom* avvcrtire » che la Mente deli’ Uomo  la Materia da una parte; e la Materia univerfale-  jeZnoUtrfn- ^ a ^ l{ d rr3 > cileno amenduc affettano il  creato . primato, e’1 principato dclfc cofe . La  Mente dell’ Uomo per 1’ indifiolubil  m ncflTo della penetrevole, e comuniche vole identità, per la quale in alcun modo ella da fé procede, c in fé ritorna,  e in fé ripofa; avendo principio, mezzo, e fine infeparabilmente connetti in  una indivifibile, reale unità; e per l a .  quale è ancora a Tuo modo proporzionevolmenro ampia, ed univcrfalc: e la  materia per la fua ampiezza, ed univerfaliti, onde ogni efifere del fuo genere abbraccia, c contiene ; cd onde in alcuna gnifa, una, penetrevole, e comunicante f! fa vedere . Perciocché a  fondare il fourano primato, e principi- t  to dell’ efifere, due cofe infieme concorrono ; Luna è I* identità, che invincibilmente unifee tutta l’ettenza, o foflanza, e tutta in ogni parte rendela a  -fé medefima infittente, e prefente: l’altra c l’ ampiezza, e contenenzjuwrit'er fale, che ogni eflerc dentro di le di ogni genere largamente comprendevi  anzi primato, ed univerfalità e’ paioli  di eflerc una medefima eflenza ;  l’ univerfalità per efler prima, e (buratta, ella è uopo, che all* ampiezza aggiunga r identità de’ principi ; che il tutto alle parti, e quello a quello infeparabilmente connettendo, arrechi verace  contenenza - E così eziandio identità,  c primato pajono flmigliantemente una  fola cola ; ma e fa di meftieri, che l’identità, col neflo infolubile dell’essenza abbia infleme la contenenza. ili ogni effere, per efler perfetta, prima, e poderofa, e con perfezione, pienezza, e  potenza efler prima, e fourana . Orla  Mente deli’ Uomo per I* identità de*  principi, che feco adduce alcuna università : e la materia mondana per l’univerfalità, che pare aver fe.co alcuna comunicazione, elle ambiscono il principato delle cofe appreflo degli Uomini ftolti . Dal  che begli nella fisiologia Torta l’opinione dell’ eternità del mondo, e quella  dell’ autorità, e del potere della Fortuna, ed ogni altra Scempiaggine, che fa  produzione delle forme ideali, e reali,  umane, e mondane fottragge all’ Idea  divina : ed indi altrefi nell’Etica c egli derivato il pregio del fallo, dell’ utilità,  e del piacere, che colle frodi, e colle  violenze introducono nelle Civili focietà la peftilenziofa Tirannide . Ma l’una,  e l’altra nell* intelligenza de’ dotti da  quelle alture nel più infimo luogo, ciafcuna del fuo genere fono fiate ritrai  te ; conciolfiachc la Mente dell* Uomo  fenza la vera, e piena univerfal contenenza c ella rifirctta, e circol’critta da  ogni lato, minuta, angufta, povera,ed  impotente, c di minute, c varianti, e  caliginose cogitazioni, e idee fol preveduta : Sebbene ella per forza della r  penetrevole identità, e lumi, e Segni  della Mente uTTiVeffale, e dalla uni- .  verfal materia ricevendo, può b.Z »  t i  ft BMv *“v ji.  ! 2 •”  Sfe: .  yin. /S '   Ev* *>  L^J  80KT9i    fi.:- t- if ^ %     Vi V,.   ingegno Mentale può ella, forma, ed  ordine, e bellezza, e forza acquifere  Così la Mente dell’ Uomo, 1* uni verfai  eflere e fapere, che è 1» ogni eirere, c  ogni fapere, fuori di fe avendo ; e di  la fatta accorra di edcr ella piccioni porzione, e fottil produzione di  quell ampia umverfalità ; e la Materia  avendo fuori di fe ogn’ idea, che è ogni  ingegno, e forma, ed arte ; ben ella lì dimoia e/Tere una partecipazione, ed un  limuiacro delia verace prima univerfal  torma. Con che elleno, non già il va- Doppio».  no lantafima del loro fa4fo pnncimrn «omento del  che creano nel fenfo degli ftolT; maj  del vero principato della fovrana Mente divina, doppio, rubufto,e luminofo  argomento fom mi ni Arano; quella colla  cognizione, e quella colla significazione : quella col conokere, indiritta verso 1 ogni fapere, ed ogni elTere, onde  procede; e quella col lignificare, additando il medelimo ogni elTere, ed o",w,r, a. flf-ft V K  Ve :  vacuità» e difordine e tumulto c deformità» e infermezza, cd ogni inutilità, e danno sbandifee » bontà » pienezza, potere, Capere, e con erti ogni frutto, ed ornamento Ceco arrecando da»#  una parte ; e dall* altra fe nell’ erbe, e  nelle piante, negli animali » ed in ogni  altra corporale fpezie, cogli occhi della fronte e* fi. vede cotal perfetta cofpirazione, e comunione con tutte quelle virtù, e bellezze: e nell’ Uomo particolarmente tutto il corpo organico con  ogni fila parte feorgefi ordinato all* inveftigazionc, ed al profeguimcnto del  vero, c del bello» £ nell’ Univerfo altresì nel corfo regolato, e collante »  negli fplendor» della luce » nel potere  della formazione, c in quello della firnificazione, nell* infinità delle forme  reali, che opefàn ò*7'c felle ideali, che  lignificano, egli è apertiflima » e lucididima cofpirazione, e comunione con  ogni bontà, e belleza,e utilità, e ubertà, e dilettamento; fe, dico, tutto ciò  è vero, come fermamente è ; ficcome  vedefi per quello dalle cofe difcacciata  ogni vacuità di edere, che è il nulla;  ed ogni difetto di configlio, che è il  cafojcosì con indicibil chiarezza l’ogni  comunione perfetta della mente fcer-nefi ancor chiaramente significata. Di  cotali comunicazioni, e significazioni, onde è l’iomo d’ogn’ intorno cinto, e  delle interne comunioni, e significazioni  del proprio edere, e del proprio fapere,  egli è ccrtiflima produzione V Idea di  Dio,che il divagamento, e divi/ione de’  penfieri, e ’l tumulto, e lubricità degli  affetti ofcurano, e cancellano fino all*  infano Ateifmo, che come più fiate è  per noi flato detto, è dpiù cupo.abbiL  fo dell’umana ignoranza, Ora per rimetterci in cammino, quello danno ancora inferifcono alla fcienza quei, che  per 1 * ordinate operazioni degli Ani- •'   mali bruti, non contenti delle forme, fue cegni    o idee materiali direttrici, di vantaggio ”£> pjcurala  vi richieggono la cognizione : quella fffi^, az '° ne  illuflre fignificazione divina della divina autorità ofeurando non poco ; come fa altresì chiunque T idee direttrici  dell* Univcrfo non riconofce . Perciocché le forme direttrici, con più fretto, e più certo xommercio elleno fon  ni H h 2 coll’• 4 *  RJ *m._ l*E3  >, ^ « vP, sr &» l\r iSPIEjS    &,  feAfl ». vv. .^•’MI   j»4 V  >» .  ”-fc>   v : \   I ¥ ' j   fi   Si- „•    Sè?L"; i'r*:r'- fe   V,*. .•Q©:ii"e'1   ri*»' • ® ! «r* 51anino a fvegliarvi le ufo, o cognizione ;  ma più tolto, che da un capo all’altro,  non in altra maniera qualunque modificazione fi diffonda, che per virtù della penetrevole materia, fuccelfivamente d’ una in un’ altra parte di fpiriti,  onde tutto il corpo abbondi, moltiplicata, e propagata. Imperocché ficcome  è il cielo di aere, e d* etere ripieno,  e di luce, che da per tutto è in perpetuo atto, e moto ; così il corpo dell’animale della spiritosa sostanza è tutto in ogni fua parte irraggiato, e con perenne vigorofo atto-, e mo vimento operante. Il qual penfamento,(ee più acconcio a Spiegare la maravigliofa comunicazione delle cognizioni de’ lenii, e degli affetti; e in particolare il subito momentaneo contentò, con che l’imperio della volontà fecondano i  movimenti de* membri; ed all 1 incontro jfilg» incoi a’ sensi nelle membra fufeitati rifpon- rjffondenzcu,  dano i penfieri, e gli affetti: e fe è egli  più atto a fpiegare la mirabil propagazione delle figure, de’ colori, e de’ tuoni in tante parti, e in tanta diftanzaje  iu ifpczieltà 1’ incredibile velocità del-  mfe le illuminazioni, e figurazioni della luce, che non fa la comun volgare ope-  nione ; e* non dee già niuno offendere  la novità delle cofe. A quella guifaor  dimoslrata 1’origine, e la virtù, e le~,  varie guise dell’operazioni ideali, noi  fermamente abbiamo refa più accette-  vole la fentenza, che per le fole idee  direttrici, fenza niuna cognizione, si  governi la vita degli animali bruti. Pure, come per l’ ingegno, e lume  delle idee direttrici abbiam moflrato,  poter la materia avvicinar^ al fapere  della mente: così d T altra parte, alla potestà della mente medesima poter ella farfi dapprefTo col vigore del moto,  conviene che dimoflriamo. E adunque  uopo, che ritorniamo all* definizione lizia del moto: la quale interamente fpianancknp' vcrrenTo a conoscere da una parte 1’atto della mente,  che c la cognizione; e dall’altro l’atto della materia, che è il moto: e ’l potere deli’ una natura, e dell’altra;  dell’uno, e dell’altro atto, che dirittamente va a toccare il nodo di que*  fla difficile Quifiione. II moto, dice-u jquel FILOSOFO, egli è atro di ente iiu.  potenza, in quanto in potenza: diffìnizione dcrifa c da moderni Filici, ma che in più, e diverse maniere interpetrata, alti spro-  fondi fenfi difeopre, che la coloro leggerenza, o feempiaggine ravvi farvi non  ha potuto. Noi l’ altre cofe, che potremmo addurre, ad altro uoporiferva-  te, due fole ne feerremo, che a fu pe-  rare la malagevolezza, che abbiamo  innanzi, crediamo più opportune . Pri- Prima /*.  1^3, il moto non è una particolare e r P e,raz 'mn*  diterminata mutazione a produrre- #£!%£.  quella, o quella diterminata cofa, che nizione *  qualificando il subbietto, il termini,  e ’l compia in alcun modo ; ma così  ?gl.' £ ? tto » e c °sì ( diciam così) attua  il subbietto; che altro movendo non li  faccia, ed altro non fi polTa dire, fe^  non che quello fi muova, e fi muti ge-  neralmente. Il moto e già non è di  quella fatta di modi, o qualità, chc^  con qualificare, o modificare f compia  in elTere il corpo movente ; ma egli  avviene all’ente già perfetto, e com-  piuto, ed attuato con ogni atto, e per- £   I i selezione, e compimento del Tuo eflerè':  il qual eflere perciò e* non è in poten-  za, che al moto foloy cioè a mutazio-  ne, e variazion generale, che altroché  mutazione, e variazione e* non fia.On-  de avviene eziandio, che in qualunque  modo, e quantunque muovali il corpo,  Tempre e’ rimanga libero, e fpedito, e  in potenza a muoverli più oltra in in-  finito. La mobilità adunque ella non è  certa, e diterminata potenza a quello,  o quel certo, e diterminato atto . Il  di lei atto non è tale, che così ne di-  termini Tinfinità, c T indifferenza ; che  in oltre altro atto, ed altra dttermina-  zione, e perfezione e’ non li abbia a»,  ricevere . La mobilità non h potenza à  produrre, o operare; non è a ricevere  nulla, o patire ; non è ne attuofa, ne  paziente mmi*— * tì iiffr» tua' bene ella è  ima potenza generale, ordinata ad un  generai atto, che attuandola; tuttavia  nella fua capacità, o poffibilità ancor  la (èrbf. Quello è egli effe re in potèn-  za, in quanto potenza; onde Arinotele con profondo acume potè dire ciò  che dille del moto in quella dWfinizio-'  ne  A* otete^tffa-cggn^ ìzrònKéT Bà r » l tW l IH 1 ! g  medefima maravigliofe forze a conofce?  re. Imperocché fa Mente puo^lla a fd  medefima rivolta, fopra di fé ogni fu a  azione adoperare : ficco me fopra noi còti 1  altrettanti argom enti abbia m dimostra.’ > coniQqj^iioMjfrt( l pf73^5TPa Ja yacjjj.'   tà*#Plffipotenza della materia . Siccome  la cognizione, non come il moto della'  materia è atto di ente in potenzi, in  guanto potenza . La cognizione non è*  eftrinfcca, ma intrinfeca alla foftanza  mentale, e intrinfecamente la termina,  e compie ; eflfere, e forma, e perfezionò *  in lei rifondendo. Da qucikTnfigne 4 differenza della mente, c della materia, della cognizione, e del moto e si  viene con somma chiarezza a conoscere  da una parte il sovrano edere della men- cognizione  te pura; e dall’altro, l’infimo edere della Ù pura materia. Imperocché nella totale acuità, e impotenza della materia e’ben li ravvifa la suggezione, la dipendenza,  e lestremo bisogno, che ella ha di ede-  re moda, variata, e figurata: e per conseguente la Cua natura vuota di ogni potere, e d’ogni atto, e luce mentale. E  nella virtù della mente, che ella ha di  muovere, e for ma n e c ornare Ce fteC-  fa, e’bene si riconosce la sovranltà, e l’indipcndcnza, e la pienezza, e’1 potere di defima differenza s’intende ancora, che è il proposto nostro, la natura del senso ragionevole dell’uomo, e la natura del senso cieco animalesco: quella nella congiunzione di mente sostanziale, colla materia formata; e quella nella comunicazione dell’ atto mentale alla materia ii  forme. Ed ecco la natura sensuale, tutta  con tutte le operazioni ragionevoli, espressa, ed effigiata nella sola materia. Quando per virtù della mente pura e  paffa nella materia 1’atto mentale dell’ogni comunicazione arimmetica, geometrica, statica;-c-+ l arrcr tfelt ogni potere del moto nella materia più fina, agevole, ed attuosa con perpetue circolazioni, ed  ordinate diftribuzioni,jcon principi, progressi, e ritorni; e quello in fine dell’ogni formazione coll’ideali plastiche, e della  direzione, e jigiuficasioiie coll’ideali direttrici significative. Ecco allora un  principio movente, ampio, pieno, perfetto, poderoso e fruttifero: onde nella  materia mondana è la direzione, e significazione ne’ corpi celesti di giorni, mesi, e d’anni, e di ordinate stagioni, e di  altri più ampii, e più perfetti periodi, ed  è 1’ogni formazione, o produzioo^di er- 1 f - ff   dell’uomo,   be, di piante, e d’animali, e di ogni altra  possibile spezie corporale . 11 qual principio è egli la natura universale. E nelle- u^'-   matene particolari coslrutte, ed ordì- vt rjÀlc.  nate con quegl’ingegni, e fornita di quelle virtù, e forme reali, ed ideali e’proviene, e la produzione, o formazione de simili, e la significazione e direzione di tutte le ordinate operazioni necessarie alla vita. 11 qual principio a suo modo capa- -^ rt *  ce, e potente, ed ordinato, c egli lana- f0 / *¥  «• +*jàf   ['•"'•a S*1 % 4   f# • ?• j* ! L.i «   L J #-  m^^Sr  v%? j 1  5A  4 ° ?r SI  2 ‘ * r&Z.  i 1 f    P'^3pMWF ttèfe ••* lìi” „ c tp -i* 4  \ f SjJ f ~ A*'$ f* * # .^ "i ” « 12 IwNP %ìj *47 V«> tl ^4 M. Tommaso Rossi. Rossi. Keywords: implicature moderna, argumenti contro LUCREZIO (si veda), Lucrezio, De rerum natura, animi degl’uomini, anime degl’uomini, animo/anima, corpi degl’uomini, corpi degl’animali, degl’affetti degl’uomini, il senso, il moto, i corpuscoli, ossessione con Lucrezio come filosofo romano.  Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Rossi” – The Swimming-Pool Library.

 

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