Luigi Speranza -- Grice e Massolo: FILOSOFO
SICILIANO, NON ITALIANO -- all’isola -- l’implicatura conversazionale nelle prime
ricerche di Hegel – implicatura idealista di Plathegel e Ariskant – filosofia
siciliana – la scuola di Palermo -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Palermo). Filosofo siciliano. Filosofo italiano. Palermo,
Sicilia. Grice: “If I had to decide on my favourite Massolo, that would be his
‘historicity of metaphysics,’ way before when I was venturing with Strawson and
Pears to lecture the erudite audience of the BBC third programme on the topic!”
Dopo aver intrapreso gli studi presso il
Liceo Classico Vittorio Emanuele II, si laurea a Palermo con “L’individuo in
Rosmini, con Allmayer. Fu autore di alcuni volumi di poesia. In seguito ad un periodo di docenza nei licei
di Perugia, Catanzaro e Livorno, insegna a Urbino e 'Pisa. Ha influenzato
importanti figure del dibattito filosofico del secondo Novecento, come
Luporini, Badaloni, Sichirollo, Salvucci, Cazzaniga, Barale, Bodei, Losurdo. Gli
scambi epistolari avuti con numerosi intellettuali (tra cui spiccano i nomi di
Gentile, Spirito, Bo, Fortini, Russo, Capitini, Weil) mostrano l’alta
considerazione di cui M. godeva all’interno del panorama culturale del secondo
dopoguerra. Partecipa alla fondazione
della rivista Società, entrando nel comitato di redazione. La rivista, nel
primo anno della sua uscita, ospitò tre importanti saggi di M.: Esistenzialismo
e borghesismo, La hegeliana dialettica
della quantità, L’essere e la qualità in Hegel. Idea e fonda la collana
«Socrates» dell’editore Vallecchi, con la quale pubblicò “Filosofia e politica”
di Weil, Vita di Hegel di Rosenkranz e Dialettica e speranza di Bloch. I suoi
studi su Hegel, inclini a valorizzare la filosofia della storia e la dimensione
realistica del filosofo tedesco, contrastano tanto la lettura del neoidealismo
italiano (Croce e Gentile) quanto quella di Volpe. Nell’ambito della sua
riflessione Massolo ha posto le basi teoriche per una nuova ed originale
rilettura del rapporto Hegel-Marx, tanto da essere considerato da alcuni
interpreti l’avviatore dell’hegelo-marxismo in Italia. I suoi interessi
teoretici si sono rivolti principalmente alla filosofia classica tedesca da
Kant ad Hegel, della quale ha studiato, per più di un decennio, i principali
momenti storico-teorici. In antitesi
all’esegesi del neoidealismo italiano, che tendeva ad attribuire alle filosofie
di Fichte, Schelling ed Hegel il superamento della finitezza umana che Kant
aveva posto a fondamento della sua filosofia, M. ha proceduto alla rilettura
della genesi dell’idealismo tedesco con l’idea che esso abbia storicizzato i
dualismi kantiani in un processo che si compie nella Fenomenologia dello
spirito di Hegel. Nelle fasi più mature
della sua riflessione ha tematizzato in vari saggi la problematica della
scissione della coscienza comune (Filosofia e coscienza comune, oggi), l’idea
della completa politicizzazione del filosofare (Politicità del filosofo, Frammento etico-politico), ed il problema
della storia della filosofia con particolare riferimento al ruolo della
coscienza riflettente del filosofo, nonché al rapporto dialettico tra Pensiero
e Realtà nella città-storia» (La storia della filosofia come problema,). Si dedica alla questione della dialettica
intesa come dialogo, ovvero quell’elemento dialettico-razionale mediante il
quale è possibile conciliare le differenti rappresentazioni dell’oggetto
storico-sociale e le contraddizioni all’interno della comunità. Tramite queste riflessioni, che lo hanno
condotto a porsi in diretta polemica con Nietzsche ed Heidegger, M. ha
contrastato l’idea del sapere come visione solitaria del singolo ed ha
concettualizzato l’idea del sapere come processo essenzialmente dialogico e comunicativo
(La storia della filosofia e il suo significato). Saggi: “Mattutino,” versi (Palermo,
Trimarchi); “Adolescenza” (Palermo); “Convivio; storicità della meta-fisica” (Firenze,
Monnier); “L’analitica di Kant” (Firenze, Sansoni); “Fichte” (Firenze, Sansoni);
“Schelling” (Firenze, Sansoni); “Prime ricerche di Hegel” (Lettere e Filosofia,
Urbino); “La storia della filosofia come problema” – (Firenze, Vallecchi); “Logica
idealista” (Salvucci, Firenze, Giunti-Bemporad, “Della propedeutica filosofica”
e altre pagine sparse, Urbino, Montefeltro, Landucci, M., "Belfagor, Remo
Bodei, Arturo Massolo, "Critica storica", Studi in onore di M.,
Sichirollo, Urbino, Argalia, Badaloni, Ricordo di Arturo Massolo,
"Giornale critico della filosofia italiana", degli scritti di Massolo, Burgio, Urbino, QuattroVenti, “Il
filosofo e la città: studi Domenico e Puglisi, Venezia, Marsilio. La
ricca letteratura critica su M. - tenuta viva da amici ed allievi, ma rivolta
non a celebrare bensì a interpretare l’itinerario filosofico
dell’amico/maestro e il suo modello teoretico, che, da Heidegger e Kant,
lo conduce verso Hegel e Marx, evidenziando così sia una ‘parabola’ della
filosofia italiana (e non solo) del dopoguerra sia la costruzione di un
mo- dello di storicismo connotato in modo assai diverso da quelli
post-cro- ciani o gramsciani, correnti nell’Italia postbellica, e
incardinato su una ontologia storica del soggetto, tale letteratura
critica (che ha coinvolto Landucci e Sichirollo, Bodei e Salvucci, Losurdo
e Badaloni, ecc.), dicevo, ci ha indicato - con precisione - alcuni nuclei
forti di quel pensiero, sottolineandone l’articolazione complessa e la
significativa attualità. Sul primo fronte sono stati il passaggio
dall’esistenzialismo al marxismo, l’interpretazione della filosofia classica
tedesca, il rapporto teoretico fra Hegel e Marx, il nesso fra «il
filosofo e la città» a essere sottolineati; sul secondo, soprattutto, quel
carattere etico-politico del suo storicismo, connesso a un forte e vero
umanesimo» fondato sul dialogo-nella-città e rivolto a una «costruzione
della ragione nel mondo reale, elementi che rendono il suo insegnamento
«ancora fortemente attuale, anche nell’orizzonte del postmoderno
(Salvucci, in Domenico, Puglisi). Proprio per leggere più intimamente il
modello storicistico di M., dobbiamo sottolineare ancora: il
suo passaggio dall’esistenzialismo al marxismo; l’elaborazione del
suo neo-storicismo negli anni Cinquanta; il modello maturo che esso
assume nel lavoro dell’‘ultimo’ M., da La storia della filosofia come
problema a Entiusserung, Entfremdung nella Fenomenologia dello
spirito. Lesistenzialismo del primo M., come emerge dagli scritti
dei primi anni Quaranta e culminato in Storicità della metafisica e
in Introduzione all'analitica kantiana, risulta contrassegnato
dalla storicità, ma questa è ancora una struttura ontologica del
soggetto, pro- prio quella che è sfuggita a Kant «da
trovarsi nella loro di coscienza tra- [Cambi, Pensiero e tempo: ricerche
sullo storicismo critico: figure, modelli, attualità, Firenze] scendentale
e coscienza sensibile] storicizzazione, nel piano, dunque, della
storicità dell’esistenza umana e di una intelligenza critica dell’uomo -
e che va messa in luce in Heidegger, il quale ci ha evidenziato la
«tempora- lità» dell’uomo (riprendendo e approfondendo Kant, al di là dei
razionalismi idealistici) e la condizione storica (connessa all’esser «il
singolo mai l’aurora», poiché «egli si muove in un mondo già apparso, il
cui es- sere gli è nascosto»? e su cui deve interrogarsi facendo i conti
col «passa- to» che costituisce l’orizzonte di quel mondo) del suo
«esserci», in cui è la «trascendenza pura» del tempo che impone la
domanda metafisica, ma per cui ogni risposta non sarà che condizionata e
parziale, poiché è l’uo- mo che pensa la metafisica, la pensa dalla
condizione di «un’indigenza di essere a cui mai potrà rispondere in toto.
Così alla metafisica spetta una radicale storicità (come domanda/risposta
dell’uomo-nel-tempo), anche perché - inoltre - nel processo di fondazione
metafisica la rivelazione del mondo non significa manifestazione
di qualcosa che rimanga nel suo in sé irrevocabile alla vista, ma il suo
stesso venir pro- dotto all’essere, giacché il suo essere è il suo
apparire. È la storicità stessa dell’uomo che fonda la metafisica
e la ricerca metafisica dovrà porsi il problema della storia perché
unicamente un approfondimento della storicità può permettere di
guardare nella eccezionalità che è la metafisica come azione non del-
l’uomo in generale ma del singolo.‘ Singolo, temporalità,
storicità sono qui gli elementi ontologici su cui si attiva la ricerca di
Massolo, attraversata dalla lezione dello Heidegger degli anni
Venti-Trenta (tra Essere e tempo e Kant e il problema della metafisica),
riletto anche attraverso le indicazioni postgentiliane di Fazio-Allmayer,
che nel suo attualismo critico ha messo al centro sempre più l’uomo e ha
guardato a una umanizzazione del reale. Già Salvucci, nella sua
Presentazione al volume Logica hegeliana e filo- sofia contemporanea, che
raccoglie gli scritti sparsi di M. sottolinea il «faticoso processo» del suo
pensiero, che lo conduce alla «liberazione dal predominio della logica
hegeliana» e verso «il realismo», in cui emerge il ruolo dell’uomo colto
nella sua alienazione, che ne è il contrassegno storicamente primario ed
efficace. Alienazio- ne che è storica, ma di cui la filosofia - da Kant
in poi - si fa testimone e interprete. Con Hegel, invece, la
ricomposizione dell’alienazione si com- [M., Introduzione all’analitica
kantiana, Sansoni, Firenze, Storicità
della metafisica, Le Monnier, Firenze] pie nell’orizzonte dell’assoluto,
attraverso l’artificio della logica e la sua riconsiderazione unitaria e
pacificata dai conflitti e dalla dialettica che essi producono, e che dà
luogo alla costruzione dell’Idea filosoficamente resa trasparente a se
stessa e, proprio per questo, totalmente realizzata. Per liberare Hegel
dal primato della logica, bisogna risalire all'opera più drammatica e
aperta di Hegel stesso, a quella Fenomenologia dello spirito che pone al
centro proprio l’alienazione (e non come sola estraneazione),
l’alienazione dell’uomo colto nel suo statuto tragico. Sarà Marx, poi, a
compiere il passo successivo e decisivo: a riportare nel tempo storico-sociale
(nella dimensione del lavoro e nei sistemi di produzione economi- ca)
tale alienazione, mostrando che essa «non è altro che un prodotto di
quella forma storica di lavoro che è la divisione del lavoro»?. Lasse
nuovo e il principio determinante di questo storicismo realistico e
antropologico diviene la Città («la Città-Storia» già di Hegel, ma qui
riportata ai sogget- ti e alla loro rete di azioni e reazioni nel tempo e
sul tempo). Ed è questo costituirsi nella e relazionarsi alla città che
viene a contrassegnare il filosofare, quale atto di «razionalizzazione» e di
«storicizzazione». Per Salvucci qui sta il senso del lavoro di M.,
lo stemma del suo storicismo e la stessa angolazione da cui ricostruisce
e interpreta il marxi- smo. Marxismo come storicismo, ma qui ripensato
sulle orme di Kant, Hegel e Marx e che pone al centro,
heideggerianamente, la questione della temporalità, del tempo storico
ovvero della forma antropologica di vivere la temporalità storica. Che è
- appunto - l’alienazione. I testi raccolti da Salvucci nnel volume
citato sono un preciso résumé di questo itinerario teoretico, in cui i
vari tasselli vengono a com- porre un cammino in ascesa verso il marxismo
critico, di cui Marx e il fondamento della filosofia è l'esempio
cruciale. I conti con Hegel sono fat- ti analiticamente nelle Ricerche
sulla logica hegeliana, in cui è proprio l’oblio del destino del mondo,
del «nascere e del morire» (per valorizzare il puro paradigma
logico-ideale) che viene sottolineato e fis- sato nel suo ruolo, per noi,
oggi, di ‘scandalo’. Ma l’idealismo non muore con Hegel: ritorna anche
dopo di lui. Nella tensione cartesiana del pensiero di Husserl, che riduce
l’uomo a mente, la mente a pensiero, il soggetto a un'isola,
caratterizzato dalla ‘solitudine’ della soggettività trascendentale. Saranno
figure come Heidegger, come SPIRITO (si veda), come LUPORINI (si veda), come FAZIO
(si veda)-Allrnayer (con la sua logica della compossibilità), come BANFI (si
veda) a riaprire i confini di questo storicismo bloccato nella formula
idealistica e a ricondurci sul terreno della esperienza ‘esistenzialmente’
connotata e orientata a un pensiero che si compie e si legittima nel
processo stesso della storicità, intesa come storia degli uomini, degli
uomini concreti, cioè dei produttori. Allora è Marx che ‘invera’ lo
storicismo con la sua «filosofia dell’uomo alienato». Ma Marx non è un
‘tribunale’ della filosofia: è anco- [Salvucci, Presentazione a M.,
Logica hegeliana e filosofia contempo- ranea, Giunti-Marzocco, Firenze] ra
filosofia, ma è la filosofia del nostro tempo, che rompe ogni dualismo,
che rende l’atto filosofico segno e prodotto dell’alienazione, che la
ricolloca nel suo terreno genetico «il lavoro» ma da lì fa procedere
anche il suo possibile superamento, indicando nei mutamenti delle
condizioni econo- miche il varco stesso per aprire la storia alla
speranza, ovvero alla disalie- nazione. Marx umanizza la filosofia e
umanizza la storia. Allora Massolo può concludere con decisione: Il
rovesciamento che Marx opera del rapporto alienazione-lavoro, rovesciamento
che ha il suo teoretico e storico fondamento nella cri- tica al concetto
hegeliano di lavoro e perciò nella critica alla divisione di esso,
impegna la filosofia che si fa cosciente della propria origine e della
sua radice che è il lavoro, a non cercare la propria giustificazione nel
mondo dell’estraneazione che è per essa il mondo dei massimi pro- blemi,
ma a distruggere questo mondo, nel quale è l’altro di sé, mondo che non è
il suo mondo e del quale non ha bisogno, perché esso non è il suo
fondamento. Il percorso del pensiero maturo di M. è qui già delineato con
precisione: confrontandosi con Marx, riportare lo storicismo a nutrirsi
della lezione di Marx, integrandola però con i vettori di quell’esi-
stenzialismo che pur è stato un ‘raddrizzamento’ antropologico e una re-
staurazione di una corretta concezione del tempo. Si pensi ad Heidegger. M.
imposta il lavoro sul suo Marx, distanziandolo da Feuerbach e dalla sua
stessa interpretazione di Hegel (un Hegel antro- pologico, appunto),
riportandolo verso Hegel e la sua visione dialettica e
real-razionalistica della realtà, non teologica bensì storicistica del
mondo, e un Hegel che sta al centro del Capitale e della sua riflessione
(metodo- logica e contenutistica) sulla forma attuale del divenire storico.
Rispetto a Hegel, però, Marx fa un passo ulteriore: supera la
fenomenologia (che è ancora lettura teoretica) e reclama la «realtà
rivoluzionaria», un mutamen- to prassico, storico; storico-economico,
anzi, poiché la storia è ‘sorretta’ dall’economia. Così è il lavoro a
stare al centro di questo programma e di rilettura di Hegel e di
interpretazione di Marx. Se Hegel legge, però, il lavoro ancora ‘in
assoluto’, sarà Marx a collegarlo storicamente alla divi- sione del
lavoro, ai conflitti sociali, alle prassi rivoluzionarie. Attraverso le
Ricerche sulla logica hegeliana e altri saggi (poi ripubblicato come
Logica hegeliana e filosofia contemporanea con altre aggiunte), si arriva a La
storia della filosofia come problema e altri saggi, e poi all’ importante
Frammento etico-politico. M., Logica hegeliana e filosofia contemporanea. Bene
Sichirollo presentava l’orizzonte del lavoro teorico maturo di M. nella
Premessa alla seconda edizione di La storia della filosofia come problema: lì è
la filosofia e la storia da Hegel a Marx ad essere protagonista, e
contrassegna la stagione della coscienza filosofica nel suo
momento più maturo ed ultimo: il passaggio dal rapporto dialettico al
rapporto storico, dal- la filosofia come speculazione e identità alla
filosofia come storia e differenza, alla filosofia che si fa storica, e
sa la propria genesi dalla non-filosofia-ideologia.” Massolo
stesso enunciava l’impianto complessivo di quella sua ricerca, che
parlando di storia della filosofia, in realtà, parlava della «filosofia
storica, poiché quella «mette in crisi» questa, le impone di ripensarsi
oltre la «sua pretesa di universalità» e le impone un circolo
storico. Qui essa si fa contraddizione a se stessa: verità e tempo,
insieme; verità nel tempo. Come lucidamente comprendeva Hegel, che
risolve tale contraddizio- ne nella «determinazione dell’Idea nel suo
concetto logico», ma per diversi gradi, come scrive lui stesso. Ogni
verità filosofica è verità di e per queltempo che la produce, ma -
retrospettivamente risulta sempre radicalmente storica. Ma Hegel sottrae il suo
sistema a questo principio e fa della sua filosofia il sapere assoluto. E
non solo: è l’autocoscienza che supera la storicità e si ripropone - come
filosofia e filosofia della filosofia - come Assoluto. Allora gli apporti
della sociologia correggono questo errore: riportano nel relativi- smo
storico tutti i sistemi filosofici, anche quello hegeliano, mostrandone
la «condizionatezza». Condizionatezza che è storicità, è dialogo col
tempo, col proprio tempo, e con un mondo che non è tanto
coscienza/autocoscienza quanto socialità, vita sociale dalla quale
dipende e sulla quale agisce. Il filo- sofo stesso è sempre «uomo della
città». Sì, nel suo pensiero «il concetto è il sistema», ma il suo
«dialogo» con la città sta prima e dopo quel «concetto». La storia della
filosofia delinea uno storicismo radicale, dialettico, aper- to, in cui
il gioco tra saperi (filosofia in primis) e forme sociali si fa deter-
minante e che non è mai disponibile a priori. La stessa storia del
pensiero «non si costruisce da sé, anzi risulta
dall’assoluta storicizzazione che di volta in volta la riflessione
filosofica compie, facendosi in tal modo logica e pensabilità delle di-
verse epoche, nelle quali di volta in volta debbono considerarsi con-
cluse ed esaurite le possibilità esistenziali dell’uomo. Ritornando sul
tema (La storia della filosofia e il suo
significato) M. difende lo storicismo dal nihilismo, si oppone al suo
obiettivo [La storia della filosofia come problema, Vallecchi, Firenze, di
catastrofe del pensiero occidentale, e lo fa valorizzando il «rapporto
vivente» che lega le filosofie al tempo storico-sociale e le rende sue
fun- zioni esemplari e rivelative. Dalla Grecia a noi centrale resta il
messaggio di un pensiero che si pensa «lungo il sentiero degli uomini».
Già per Hegel «la filosofia sorge dalla polis», dalla libera cittadinanza e
dall’incontro degli uomini, nello «spirito etico» e nel conflitto tragico
che la polis viene a istituire. La filosofia porta i segni di quelle origini, e
li porta nel suo farsi «lo sforzo di sapere che cosa è lo spirito», di
fissare quel complesso traguardo condensandolo nel concetto. In realtà,
però, la filosofia è storia, è epoca, è tempo della polis. Dopo Hegel è
Marx a illuminare la dialetti- ca delle forme, riportandole al lavoro
concreto e lesgendole nella matrice dell’economico, posto come «leva»
delle dinamiche sociali e fattore-chiave (ma non esclusivo: c'è anche l’ethos
determinante per la filosofia e, quindi, per il «contesto» storico) della
polis. Ed è il Marx di Per la critica dell’eco- nomia politica, con la
sua dialettica tra astratto e concreto, ad essa posto come guida. Lì è,
sì, il circolo qualità/quantità a rivelarsi decisivo, ma lo è anche e
ancor di più - la contraddizione, non una contraddizione che da logica si
è fatta storica e sociale, e proprio perché la storia è fatta dalle
società e dal brulichio delle loro forme. La filosofia è dialogo, e
dialogo con la città e nella città. Tra logos e comunità corre un rapporto
simbiotico, se pure fatto di differenze e oppo- sizioni. Ed «è la
comunità stessa che deve decidere come sola misura della verità. Ma la
comunità non è una cosa, ma un insieme di individui, cia- scuno dei quali
è a sua volta un possibile criterio e misura della verità», ma non sempre
e necessariamente. Può anche assumere il dialogo come forma-di-vita e
come forma del logos e farsi così soggetto-nella comunità, ad essa
saldandosi e promuovendone, con gli altri, le stesse possibilità. Già
Socrate aveva posto la sua filosofia in questa condizione, poi il
pensiero moderno l’ha riscoperta. E oggi si impone come regola, ma regola
d’azio- ne. Per noi quella «coscienza comune» non è un dato ma un compito:
Ciò che sinora era stato il grande presupposto, può oggi semmai essere
posto e creduto come compito»?. Allora la filosofia è
politica, è politicità concettualizzata e impegno eti- co-sociale, poiché
tra politica e polis corre un nesso intimamente efficace, che si sviluppa
in tensione tra pensiero e polis o in loro integrazione, rico- noscendo -
però - il loro intimo legame dialettico, e storico. Il filosofo sa di
stare-nella-storia e che «l’essere è ora la storia stessa», nella quale il
filo- sofo introduce la «finalità universale», il compito e il traguardo
da pensare e volere sempre nella «città-storia». E da valere in funzione
dell’uomo di cui e per cui nasce la stessa filosofia. Se pure per un uomo
che, anche oggi e sempre di più, sa di essere comunità. È poi nel
Frammento etico-politico che lo storicismo engagé di M. riesce a
rispecchiarsi più com- piutamente. Lì la filosofia, condotta ormai oltre
Hegel, se pure attraverso lo stesso Hegel, posta in luce nel proprio
«spettro» profondo da Marx, può dispiegarsi come radicale storicismo. Di
uno storicismo della polis e di una polis di cui si sottolinea come
centrale la lotta di classe. È il materialismo storico che dispiega al
massimo questo storicismo antispeculativo e non relativistico, uno
storicismo degli uomini, per gli uomini e che antropologizza la storia
attraverso il loro operari rivoluzionario. Solo che ciò im- plica una
«coscienza di classe» che non è spontanea, bensì è e va costruita e si costruisce
sulla «coscienza infelice» dell’uomo, dell’uomo storico e di quello
contemporaneo in particolare. Il disegno di M. è compiuto: fi- losofia e
storia si congiungono, storia e economia/ethos si fondono, la polis è il
loro organismo vivente, in quella polis noi pensiamo e agiamo, oggi la
filosofia si sa come politica e in vista di una polis-comunità fondata a
sua volta sulla non-alienazione. Che è, però, concretamente,
politicamente (con Marx) tutta da costruire. Il quadro è energico e
compatto, sorretto da un suo «principio speranza» che è quello
dell’emancipazione. A riconferma del suo marxismo emancipativo va riletto
con preci- sione proprio l’ultimo testo di M.: «Entiusserung» e
«Entfremdung» nella Fenomenologia dello Spirito, apparso su «aut-aut». È
un testo che si colloca allo sbocco di tutta una rilettura di Hegel. Una
lettura sì epocale, ma che di quel pensiero coglie più integralmente la
problematicità e la ricchezza, ma anche le interne tensioni e la
articolazione teoretica più aperta (e più antropologica) rispetto allo
Hegel «del Sistema» (che si po- ne nell’ottica, sempre e comunque,
dell’Idea). L’epocalità va fatta risalire a Dilthey e al suo studio del
1904 e alle varie interpretazioni che esso ha, via via, prodotto, fino a
Hyppolite, fino a Kojève, fino a Lukács, passando anche per NEGRI (si veda) Negri
e VOLPE (si veda), approdando a una fitta letteratura europea tipica. È
il primo Hegel che va studiato per capirne sì le radici, ma soprattutto
le potenzialità molte e complesse. Soprattutto, ancora, la sua vocazione
antropologica: descrittiva e inter- pretativa della condizione umana
(quasi-esistenzialistica) e della forma che assume nella coscienza, se
riletta nella sua frontiera fenomenologica, cioè dell’apparire delle sue
«forme» trascendentali. Allora saranno, anche per M., le «prime ricerche»
di Hegel a farsi interessanti, anzi deter- minanti. Ad essere più
squisitamente filosofiche, perché più storiche, ri- spetto allo
Hegel-del-sistema, che assegna il primato alla speculazione e alla sua
assoluta aseità. Qui no, è l'epoca, il tempo stesso e l’uomo di quel
tempo medesimo che parla, e parla in presa diretta. Colto nel suo trava-
glio spirituale, posto da coscienza/storia/spirito/città (per dirla in
termi- ni massoliani) e contrassegnato dalla contraddizione che si fa
coscienza e coscienza vissuta dell’alienazione e della sua
rimozione/superamento. M. ancora si domanda: Come bisogna leggere Hegel? Fissa
sì la dialettica di essere/nulla/divenire come centrale, ma legandola al
concreto pensiero del filosofo che ben distingue, pur intrecciandole,
Alienazione e Estraneazione. Entfremdung è condizione della vita storica,
della stessa vita spirituale, è l’atto costitutivo della nostra stes- sa
umanità. L'uomo è in quanto si oggettiva e crea a se stesso un mondo. Lì,
però, si annida anche l’Entàusserung, che è esser-altro-da-sé, riduzio-
ne del sé ad altro, essere dominati dai fattori storico-sociali. E questa è
la condizione della coscienza storicamente determinata, epocalmente
storica, anche se di una storia che coinvolge tutto l’assetto delle civiltà.
Entiusserung è assolutamente altro da Entfremdung, anzi ne è l'opposto, è
la differenza storica che contrassegna l’uomo così come è divenuto nella
storia stessa, che pur resta sorretta dalla legge dell’Estra- neazione.
L'Alienazione è «contingenza storica» che può essere superata. La stessa
dialettica servo/padrone si fa, qui, fondante e in senso esistenziale e
genetico, sottolinea. Da qui M. deduce due percorsi di indagine. Uno
dentro Hegel, che mostri la funzione sistematica della Fenomenologia dello
Spirito e il riconoscimento del suo ‘punto di crisi’, che la separa dal
sistema. Nel gioco delle figure dell’opera sarà quella dello Spirito
estraneo a se stesso che va valorizzata, come decisiva e ricorrente
nell’opera stessa. La «ripetizione della coscienza lacerata» si di- lata
nel percorso storico e si attua sotto varie forme. La vita spirituale,
per Hegel, resta duplicazione, conflitto, rischio di ‘disgregazione della
coscienza stessa. Ma seguita, come un’ombra, dal bisogno, attesa,
speranza, volontà della ricomposizione nell’«essenza calma delle cose».
Negatività e assoluto stanno intrecciati, ma questo è anche l’attesa di
quel travaglio del negativo. La stessa «intellezione» si fa «rappresenta-
zione», della vuota apparenza del mondo ma anche del suo riscatto,
ri-composizione, salvezza integrale del suo senso. Sotto un altro aspetto
quel saggio di M. si nutre di, e apre a, una filosofa dell’emancipazione
che vede l’alienazione come condizione sto- rica, storicamente
rimuovibile, attraverso quel riscatto della polis, che riesca a farsi
sempre di più città degli uomini e per gli uomini, come già ci ha
indicato l’erede eretico di Hegel, Marx, col suo materialismo storico. Il
materialismo storico è oggi la vera filosofia dell’emancipazione, che eredita
il nocciolo duro della riflessione hegeliana, la storicizza e fa della
storia il regno non della necessità bensì della libertà. Anzi, della
liberazione. E lo stesso M. fissa questo traguardo proprio a conclu-
sione di quel saggio: La coscienza che sorge dall’azione rivoluzionaria
sarà una coscienza che non incontrerà più l'oggetto come un'entità
estranea (ein Fremdes). Un mondo nuovo sorge come sua Entiusserung. Il
saggio su Entfremdung e Entiusserung conclude là dove si apre lo spazio
di quello storicismo attivo e emancipativo descritto proprio nel Frammento
etico-politico, allargando meglio la vista sulla tensione antro- pologica
di quello storicismo e la lettura raffinata (non scolastica, non-riduttiva,
non-oggettivistica) e aperta del materialismo storico, visto come prassi
rivoluzionaria di e per un uomo-della-città, ma anche di e per una
città-dell’-uomo. Per molti aspetti possiamo dire che siamo davanti a uno
storicismo d’epoca, con questo elaborato da M.. Uno storicismo
neostoricista, postmetafisico, critico, antropologico, emancipativo.
Anche uno storici- smo incardinato sul nesso Hegel-Marx, in cui è però
Marx a illuminare i connotati attuali e critici di Hegel. E un Marx che
non si fa ‘tribunale’ della filosofia, ma metodo per pensarla, nella sua
attualità e nella sua storia. Uno storicismo critico e antropologico, ma che
proprio ed è il suo punto di originalità e di onore - nella città (polis)
trova l’asse portante della propria teorizzazione, sottolineando
l’aspetto sociale e politico della storia stessa e quindi la lettura
dialettica dei condizionamenti e supera- menti che ogni filosofia compie
in relazione alla sua città. Per il presente/ futuro solo questo tipo di
storicismo potrà dar corpo a filosofie critiche che sull’emancipazione
vengono a trovare la propria legittimazione e il proprio compito.
Tale aspetto complesso, sfumato, problematico ma anche attuale e
pre- gnante, carico di futuro, dello storicismo di Massolo è stato più
volte sot- tolineato dai suoi interpreti, da Sichirollo a Salvucci, già
ricordati, agli altri che in anni anche più recenti hanno ripensato la
speculazione massoliana nel suo imprinting e nella sua densità storica e
teorica. Si pensi al volume su Il Filosofo e la città e ai richiami
ancora di Salvucci alla «forte attualità» di quel pensiero, proprio per
il vero e forte umanesimo che lo caratterizza e che è il frutto di un
incrocio tra dialogo/città/storia che M. ha teorizzato con vivacità e
precisione. Per questo Massolo, anche nel presente postmoderno, in questa
età di decentramento, pluralizzazione, di a-teleologismo, può fungere da
significativo orientatore. Anche Burgio, nella stessa raccolta di studi,
parla di M. e il nostro interesse per la storia, riflettendo proprio su quello
storicismo mas- soliano della maturità e sul suo statuto teorico. La
storia per M. non è «condizionatezza», è possibilità, ma secondo un senso
«posto da noi» e costruito nel tempo nella e per la città. Il vettore che
guida tale storicismo è quello di una comunità politica che si impegni a
vivere valori e fini col- lettivi, e a realizzarli insieme. Cazzaniga in
Individuo e mondo moderno sottolinea ancora l’attualità di M.
storicista. Lo chiama il filosofo della città e lo vede come
attento interprete e erede di un marxismo dell’emancipazione, da realizzare
dialetticamente nella città. Anche Sichirollo e Losurdo si attestano
sulle stesse tematiche, rimandandoci un'immagine di M. sì ‘d’epoca’, ma ancora
tutta attuale, per la vocazione politico-emancipativa e per l'identità
antropologico-sociale della sua filosofia, che si delinea come uno
storicismo molto avanzato, privato di ogni residuo metafisico e che si lega in
modo squisitamente dialettico a quel nesso storia/prassi che è un po” la
‘croce’ della filosofia moderna e contemporanea e l’osso di seppia su cui
si sono esercitati, ma anche se- parati e contrapposti, i vari
storicismi. Qui, in quello di Massolo, il nesso è di problema e di
equilibrio, è aperto e sottile, ma posto come il nucleo costante da cui
emerge e per cui emerge lo stesso filosofare. Saldando così il pensiero
filosofico alla città, che è il luogo e il simbolo di questo intrec- cio,
ma anche lo spazio in cui l’uomo può e deve realizzare se stesso. Bodei, M.,
Aut Aut, Badaloni, Ricordo di M. Giornale Critico della Filosofia
Italiana, Burgio (cur.), M., Quattroventi, Urbino, Domenico, Puglisi (cur.), Il
filosofo e la città. Studi su M., Marsilio, Venezia, Farulli, L'engagement de
la philosophie selon A. M., Revue de Métaphysique et de Morale, Landucci,
M., Belfagor, M., Storicità della metafisica, Le Monnier, Firenze, Fichte e la
filosofia, Sansoni, Firenze, Introduzione all'analitica kantiana, Sansoni,
Firenze, Il primo Schelling, Sansoni, Firenze, Ricerche sulla logica hegeliana
e altri saggi, Marzocco, Firenze, La storia della filosofia come problema e
altri saggi, Vallecchi, Firenze, Logica hegeliana e filosofia contemporanea e
altri saggi, Giunti-Marzocco, Firenze, Della propedeutica filosofica e altre
pagine sparse, Montefeltro, Urbino, Omaggio a M., Studi urbinati, Ricci
Garotti, Heidegger contro Hegel, Argalia, Urbino, Salvucci, Presentazione a M.,
Logica hegeliana e filosofia con- temporanea, Situazione e filosofia in M.,
in Omaggio a M., Sichirollo (cur.), Studi in onore di M., Studi Urbinati, Spinella,
recensione a La storia della filosofia come problema, Rinascita, Vacca,
recensione a La storia della filosofia come problema, Paese Sera-Libri, Valentini,
recensione a Frammento etico-politico, Società. Arturo Massolo. Massolo.
Keywords: prime ricerche di Hegel, la logica di Hegel, Gentile, implicatura
idealista, Ariskant and Plathegel. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Massolo” –
The Swimming-Pool Library.
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