Luigi Speranza --
Grice e Ripa –la scuola di Perugia – una icona griceiana -- filosofia italiana
– Luigi Speranza (Perugia). Iconologia.
(Roma) è stato un filosofo, storico dell'arte e scrittore italiano. Da giovane
entrò nella corte del cardinale Anton Maria Salviati, come «trinciante», ovvero
addetto a tagliare le vivande della mensa del cardinale. Il 30 marzo 1598 ricevette il prestigioso
titolo di “Cavaliere de' Santi Mauritio et Lazaro” conferitogli da Papa
Clemente VIII.[1] Membro dell'Accademia degli Intronati di Siena, dedita allo
studio di opere classiche e di medaglie antiche, ebbe contatti con quella degli
Incitati a Roma, città in cui risulta presente dal 1611 al 1620. Quale
accademico aveva il soprannome di «Cupo», e la sua impresa era formata da un
«Tronco d'Amandola unito con uno di Moro celso». Allegoria della Dignità Del 1593 è
l'Iconologia overo Descrittione Dell'imagini Universali cavate dall'Antichità
et da altri luoghi, pubblicata a Roma dagli Heredi di Giovanni Gigliotti e
dedicata al cardinale Salviati. Tra le fonti letterarie utilizzate per l'opera
furono gli Hieroglyphica di Pierio Valeriano, l'Emblematum libellus di Andrea
Alciato, il Discorso sopra le medaglie degli antichi di Sebastiano Erizzo e le
Pitture di Anton Francesco Doni.
L'Italia turrita e stellata di R. Si può notare, sopra la
personificazione allegorica, la Stella d'Italia L'opera "necessaria à
Poeti, Pittori, et Scultori, per rappresentare le virtù, vitij, affetti et
passioni humane", è un'enciclopedia dove vengono descritte, in ordine alfabetico,
le personificazioni di concetti astratti, come la Pace, la Libertà o la
Prudenza, contraddistinte da attributi e colori simbolici. Nel 1603 il testo
venne riedito a Roma, per i tipi di Lepido Facij e dedicato a Lorenzo Salviati,
ampliato con oltre 400 voci e con numerose immagini xilografiche, tra cui
quella dell'Italia turrita e stellata, a cui Ripa diede i connotati
definitivi[2], col titolo Iconologia overo Descrittione di diverse Imagini
cavate dall'antichità et di propria inventione.
Nel 1611 il testo veniva ripubblicato a Padova dal tipografo Pietro
Paolo Tozzi, con un maggior numero di xilografie, probabilmente non da
ascriversi all'autore. Nel 1613 presso la tipografia degli Heredi di Matteo
Florimi a Siena, venne ripubblicata con il titolo Nuova Iconologia, dedicata a
Filippo d'Averardo Salviati e con l'aggiunta di 200 nuove immagini dell'autore.
Del 1618 è la riedizione di quest'ultima a Padova presso Tozzi. Dopo la morte
dell'autore furono stampate nel 1625 presso il Tozzi a Padova la Novissima
Iconologia e, nel 1630 la Più che novissima Iconologia presso Donato Pasquardi,
testo quest'ultimo ampliato da Giovanni Zaratino Castellini. Dall'editio princeps del 1593 a quella
padovana del 1625, l'Iconologia fu stampata ben sei volte, a testimonianza
della larghissima fortuna incontrata dal testo prima in Italia e poi in tutta
Europa e soprattutto in Francia. La traduzione francese dell'Iconologia, opera
di Jean Baudoin fu più volte riedita a Parigi tra il 1636 e il 1681; un'ultima
edizione apparve ad Amsterdam nel 1698.[3]
Il prestigio dell'Iconologia subì un brusco declino in epoca
neoclassica. «Già l'Algarotti, discorrendo delle cognizioni e della cultura
letteraria necessarie al pittore, liquidava con uno sprezzante giudizio il
libro del Ripa: «Credono i più che il solo libro utile a' pittori sia la
Iconologia, o vogliam dire le Immagini del Ripa, o qualche altra simile leggenda».
Condanne più autorevoli vennero al libro da parte dei teorici della nascente
scienza estetica moderna, e se il Lessing ne toccò di sfuggita in un suo saggio
minore per rilevarne l'inesattezza filologica e la scarsa originalità, il
Winckelmann, nei Pensieri sull'imitazione dell'arte greca nella pittura e nella
scultura, del 1755, quasi certamente aveva in mente l'Iconologia quando, nel
riconoscere la necessità di repertori di figure allegoriche ad uso degli
artisti, denunciava l'insufficienza di opere del genere correnti ai suoi tempi:
«La pittura si estende a cose non afferrabili con i sensi; tali cose
costituiscono la sua più alta meta, ed i Greci hanno fatto il possibile per
raggiungerla come provano gli scritti antichi… Se una rappresentazione di questo
genere è possibile, non può esserlo se non per mezzo dell'allegoria: cioè di
simboli che esprimono concetti generali. L'artista moderno si trova qui come in
un deserto… Il pittore che col pensiero va oltre la sua tavolozza, desidera
avere a sua disposizione una raccolta di studi, dai quali possa trarre le
immagini significative e concrete di cose che per se stesse non lo sono.
Un'opera completa di questo genere non esiste ancora: i tentativi fatti finora
non sono abbastanza considerevoli e non raggiungono risultati degni». Uno di
questi tentativi era stata proprio l'Iconologia, della quale, in un esplicito
riferimento del Ragionamento preliminare ai Monumenti antichi inediti (1767),
il teorico del neoclassicismo avrebbe indicato i limiti maggiori nella scarsa
fedeltà filologica ai monumenti antichi: «Coloro che fin ora han trattato del
bello, per pigrizia di mente, anziché per mancanza di sapere, ne han pasciuti
d'idee metafisiche. Si son figurati una infinità di bellezze, e le han
ravvisate nelle statue greche, ma invece di additarcele, ne han parlato in
estratto, e così come ha composto Cesare Ripa la sua iconologia, quasiché tutti
i monumenti si fussero annichilati o perduti». Qui in effetti il Winckelmann
riassumeva quanto aveva scritto più analiticamente l'anno prima nel Saggio
sull'allegoria, dove pure collocava il Ripa fra i tre principali scrittori che
avevano trattato di quella «scienza», accanto al Valeriano e al Boudard.
«Cesare Ripa — aveva scritto in quell'occasione il Winckelmann — prese questo autore
(P. Valeriano) per base dei suoi scritti, e l'erudizione della sua Iconologia è
per la maggior parte presa da lui: il rimanente è tratto, parte dai libri che
trattano de' simboli, come l'Alciato, il Tipozio ed altri; una gran parte però
è tutta sua, o per dir meglio è nata nel suo cervello. Le sue allegorie sono
immaginate e disposte come se non esistessero al mondo monumenti antichi, e
crederebbesi ch'egli non avesse mai avuto la più piccola cognizione né di
statue, né di bassirilievi, né di monete, né di pietre incise». Nella raccolta (Nuova iconologia...ampliata,
Padova) viene descritta l'Hippocresia come: «Donna con una mascara sopra al
viso in modo che mostri due faccie; sarà vestita di cangiante, nella destra
mano terrà una pica, nella sinistra un pomo granato, et alli piedi si farà una
Monna o Simia». L'immagine richiama una realtà, la santità come simulazione,
che, per quanto comune ad altre epoche storiche, acquista particolare
significato in quanto connesso al processo di definizione del santo.[5] L'Iconologia del Ripa fu riscoperta nel
novecento da Émile Mâle in un celebre saggio, pubblicato in Italia al capitolo
9 (Lo spirito del XVI secolo continua. L'Allegoria) del volume L'arte religiosa
nel '600 (Francia, 1939; Italia, 1984). Un altro importante contributo alla
riscoperta dell'opera di Ripa è il saggio di Erna Mandowsky Ricerche intorno
all'Iconologia di Cesare Ripa (in «La Bibliofilia», vol. XLI (1939), Leo S.
Olschki, Firenze) che ne ha sottolineato l'influsso sulla maggior parte delle
allegorie dipinte o scolpite del XVII secolo. Di queste derivazioni la
Mandowsky ha disegnato una mappa molto documentata, anche se ovviamente
incompleta, come specificato nel titolo "L'azione dell'Iconologia
sull'arte figurativa. Tentativo di catalogo". Sono citate ben 283 opere di
numerosi artisti dai fratelli Cherubino e Giovanni Alberti ad Annibale
Carracci, da Belisario Corenzio al Domenichino, da Aniello Falcone a Luca
Giordano, dal Guercino a Nicolas Poussin, da Carlo Maratta a Paolo Morelli, da
Andrea Pozzo a Francesco Pianta, da Pietro da Cortona al Tiepolo e tanti altri.
Edizioni dell'Iconologia Iconologia overo descrittione d'imagini delle virtù.
Vitij, affetti, passioni humane, corpi celesti, mondo e sue parti, Massa.
[ristampa anastatica dell'edizione del 1611] Iconologia (2 voll.), a cura di
Piero Buscaroli, Prefazione di Mario Praz, Torino, La Fògola, 1986. Milano,
TEA; Neri Pozza, 2000. Iconologia. Ovvero descrizione delle immagini cavate
dall'antichità e da altri luoghi, Castel Negrino, 2006, ISBN 978-88-896-6209-0.
[edizione romana del 1593] Iconologia (5 tomi), a cura di Mino Gabriele e
Cristina Galassi, Lavis, La Finestra [edizione di Perugia] Iconologia, a cura
di Sonia Maffei, Collana I Millenni, Torino, Einaudi, Onorificenze Cavaliere
dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro nastrino per uniforme ordinaria
Cavaliere dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro — Witcombe. R., Iconologia
overo Descrittione di diverse Imagini cavate dall'antichità et di propria
inventione, Roma, appresso Lepido Facij. «Come rappresentata nelle Medaglie di
Commodo, Tito et Antonino. Una bellissima donna vestita d'habito sontuoso et
ricco, la quale siede sopra un globo; ha coronata la testa di torre, di
muraglie, con la destra mano tiene uno scettro, overo un'asta che con l'uno et
con l'altra vien dimostrata nelle sopradette Medaglie, et con la sinistra mano
un cornucopia pieno di diversi frutti et oltre ciò faremo anco che habbia sopra
la testa una bellissima stella.» ^ (FR) Alison Saunders, The Seventeenth-century French
Emblem: A Study in Diversity, Librairie Droz. «R.'s work enjoyed considerable
popularity in France, where a French version by Jean Baudoin was repeatedly
published in Paris between 1636 and 1681, with a final edition appearing in
Amsterdam in 1698.» ^ Gennaro
Savarese, Parini e l' «Iconologia» di Cesare Ripa, in Iconologia pariniana.
Ricerche sulla poetica del figurativo in Parini, Roma, Bulzoni, Zarri, finzione
e santità tra medioevo ed età moderna, prima edizione italiana, Zappella
(2009), p. 176. Bibliografia L'Iconologia di Cesare Ripa. Fonti letterarie e
figurative dall'antichità al Rinascimento, a cura di Mino Gabriele, Cristina
Galassi, Roberto Guerrini, Firenze, Olschki, 2013, ISBN 978-88-222-6276-9.
Cesare Orlandi, Memorie del cavalier Cesare Ripa, in Iconologia del cavaliere
Cesare Ripa perugino, notabilmente accresciuta d'immagini, di annotazioni e di
fatti dall’abate Cesare Orlandi patrizio di Città della Pieve accademico
augusto, I, Perugia 1764, pp. XV-XXV; Erna Mandowsky, Untersuchungen zur
Iconologie des Cesare Ripa, Hamburg 1934; Erna Mandowsky, Ricerche intorno
all'Iconologia di Cesare Ripa, in La Bibliofilia; Gerlind Werner, Ripa's
“Iconologia”. Quellen, Methode, Ziele, Utrecht 1977; Pierre Hurtubise, Une
famille-témoin. Les Salviati, Città del Vaticano, Stefani, R. «trinciante»: un
letterato alla corte del cardinal Salviati, in Sapere e/è potere. Discipline,
dispute e professioni nell'università medievale e moderna, Atti del 4º
Convegno... 1989, II, Bologna 1990, pp. 257–266; Chiara Stefani, Cesare Ripa:
New biographical evidence, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes,
1990, vol. 53, pp. 307–312; (EN) Christopher Witcombe, R. and the Sala
Clementina, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, Stefani,
Giovanni Guerra «inventor» e l'Iconologia, in Roma di Sisto V. Le arti e la
cultura (catal.), a cura di M.L. Madonna, Roma; Stefano Pierguidi, Giovanni
Guerra and the Illustrations to Ripa's “Iconologia”, in Journal of the Warburg
and Courtauld Institutes; Pierguidi, Alle radici dell'“Iconologia”. I rapporti
di Cesare Ripa con Ignazio Danti, Giovanni Alberti e Giovanni Guerra, in Arte
cristiana; Stefano Pierguidi, “Dare forma humana a l'Honore et a la Virtù”.
Giovanni Guerra e la fortuna delle figure allegoriche da Mantegna
all'“Iconologia” di Cesare Ripa, Roma 2008, pp. 60–62, 64 s., 211 s.; Sonia
Maffei, Le radici antiche dei simboli. Studi sull'“Iconologia” di Cesare Ripa e
i suoi rapporti con l'Antico, Napoli; Giuseppina Zappella, L'iconologia di
Cesare Ripa: notizie, confronti e nuove ricerche, Opera. Giuseppe Fornari,
Aristotele e la rivalità delle immagini. Il “Proemio” dell'“Iconologia” e i
paradossi dell'imitazione nell'aristotelismo del Cinquecento, in Cesare Ripa e
gli spazi dell'allegoria. Atti del Convegno, Bergamo, a cura di Sonia Maffei,
Napoli 2010, pp. 61–90; Mino Gabriele, Cristina Galassi, Presentazione, in
Cesare Ripa, Iconologia, I, Lavis, Maffei, Le fonti negate dell'“Iconologia”. I
contributi di Vincenzo Cartari, Domenico Delfino, Giovanni Battista Rinaldi,
Eustathius Macrembolites e un sorprendente apporto di Théodore de Bèze, in
Cesare Ripa e gli spazi dell'allegoria. Atti del Convegno..., Bergamo... 2009,
a cura di Sonia Maffei, Napoli; Sonia Maffei, Introduzione, in Cesare Ripa,
Iconologia, a cura di Sonia Maffei, testo stabilito da Paolo Procaccioli,
Torino; Giovanni Maria Fara, L'“Iconologia” di Cesare Ripa e la letteratura
scientifica del suo tempo, in L'“Iconologia” di Cesare Ripa Fonti letterarie e
figurative dall'antichità al Rinascimento, Atti del Convegno..., Certosa di
Pontignano... 2012, a cura di M. Gabriele et al., Firenze 2013, pp. 65–82; Mino
Gabriele, Per un’introduzione al Ripa: il catalogo e la catena di montaggio,
ibid., pp. XI-XVII; Sonia Maffei, L'“Iconologia” di Cesare Ripa tra tradizione
cinquecentesca e sensibilità barocca, ibid., pp. 1–13. Voci correlate
Iconologia Iconografia Italia turrita Andrea Alciato Pierio Valeriano Altri
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Biferali, RIPA, Cesare, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 87,
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de la Recherche et de l'Innovation. Modifica
su Wikidata La Biblioteca Virtuale On-Line riporta le trascrizioni integrali
delle edizioni dell'Iconologia del 1593 (Roma), 1603 (Roma) e 1611 (Padova). La
Biblioteca Nazionale Francese rende disponibili le pagine digitalizzate
dell'edizione del 1593 (Roma) e dell'edizione del 1643 (Parigi). Sul sito
Delfico.it pagina dedicata a Cesare Ripa (con le varianti dell'allegoria
dell'Abruzzo, la bibliografia delle edizioni dell'Iconologia e i collegamenti a
numerose edizioni disponibili online.) Sul sito www.asim.it/iconologia/ICONOLOGIAlist.asp
si può consultare un database dell'iconologia di Cesare Ripa, tratto dal volume
Iconologia del Cavaliere Cesare Ripa Perugino Notabilmente Accresciuta
d'Immagini, di Annotazioni, e di Fatti dall'Abate Cesare Orlandi..., Perugia,
Stamperia di Piergiovanni Costantini. Portale Arte Portale Biografie Portale Rinascimento Categorie: Storici
dell'arte italiani Scrittori italiani Nati a Perugia Morti a Roma Studiosi di
iconografia Cavalieri dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro[altre] ROMATreasure^oom
ICONOLOGIA DI R. PERVGINO CAV.rc DE'
S.li MAVRITIO, E LAZZARO, JiELLsA QjfULE SI ÙESC^T^O^O
DIVEBJE IM^GIT^J di yirtkjfitij tuffetti»
Vaffìonihumane,t Arti, Discipline, Humerì, Elcmenti, Ccrpi CeleHi,Vrouincie d' 'Italia, Fiumi,
Tutte le
parti del Mondo,
ed altre infinite
materie. OPERA VTILE AD ORATORI,
PREDICATORI, POETI, PITTORI,
JCVLTO&I, Difegnatori, e ad
ogni ìtudiofo, per inuentar Concetti, Emblemi,
ed Imprefe, per diuifare
quaifiuoglia apparato nattialt,
funerale, trionfale. Per rapprefenur
poemi drammatici, e
per figurare co'
fuoi propij fimW* ciò,
che può cadere
in penfìero ninnano* AMPLIATA VITIM^MEVJE D^tLLO STESSO jt VT
Ò ^£ DI XC,imagini,e arricchita
di molti difeorfi
pieni di varia
eruditione i con nuoui
intagli, e con
Indici copio fi
nel fine» DEPICAT'A ALL' ILLVSTRIS.SIMO SIGNOR FILIPPO SALVIATI.
^*W* KAc*nA*J &%* «4-^rjont-' IN S IENÀ ì
Apprcffo gìTUeredi di
Matteo Fiorimi 3i6i$, Con licenza
de’superiori. Ad infialila di
Bai colomco Ruoti
libraio in Fiorenza . LO
STAMPATORE A' LETTORI. ^j VA
KDO FA utoredella
preferite opera è qui in Fiorenza, fi
dolfe meco un giorno,
che da gli Stampatori di
Roma gli fofle stata
lacerata, trafeorrendo effila stampa senza correttore,
e mi feoprì l' animo
fuc di volerla
far rrftam pare eoa aggiunta
di dugento Imagini
da lui di
nuouo inuentate con
difeorfi moltocopiofi 3a
fineche riufciiTe m.aggiore,c più douitiofa .
Sapendo io la
fama dell opera3e
vedendo sì amplo; accrefeimento, prefi
già quattro anni
fono l'opera (opra
di me, e diedi
principio a ftamparla,'ma
per varij miei
impedimenti non ho potuto
prima, che hora
fpedirla, anzi per
isbrigarla più tofto,
vna, parte ne mandai
alla Stampa di
Siena . Mentre che
fi ftaua quaff circa
ilfine, viddi comparire
vnMeonologia vfeita del
1611 . dalia ftamparia del
Pafquati di Padoua
; nella quale
fappiafi, che non è
accrefeiuta cofa alcuna,
ancorché nella Dedicatoria
dica lo Stampatore,
che per configlio
di Perfona dotta
fi mife a
riftampareil prefente volume coaaggiunte, & miglioramenti tali, che
fi pud dir più
tofto nuouo, che
rinouato . Mollò da
tali parole credetti, che
qualche nobik intelletto
l'haiierTe veramente accrefeiuto,
attefochefi vedono molti
ingegni erTerfi facilmente foileuati
ad accrefeere opere
difpofte,come quefta, per gradi elementari ;
ciò apparii nelle Polianthee,
ne Thefori, ed
in altre opere
rimili più volte accrefeiute
. Laonde volfi
confrontare il fudetto
volume di Padoua con
quello di Roma
per veder raccrefeimento, ne
vi frollai aggiunto pure
vn iota .
Trouaifi bene mancami
iTProcmio^ che certo tralaiTar
non £ Joueua,
percioche in quello
l'Autore fcuopre il fuo final
difegno, e difeorre
circa le forme
delle Ima°ine fondatamente,
ed e come
vndifeorfo in genere
d' imagini, il quale è
necefiàrio, che fi
metta auanti le
fue fpetie . Ogni
Autore per l'ordinario prepone
il fuo Proemio,
l'Oratore ad Attico
dice, che in ciafehedun
libro vfaua Proemij,
Plinio nel 3
y.libro fa altrettanti proemij, Quante
volte è Maro
riftampato Plinio, non
fi fono mai gettati
via li Proemij
3 in fomma
non è bene
defraudar l'opera del fuo
premeditato, e compofto
dalpropio Autore. Non
doueuà ne ancho
il detto Stampator
di Padoua tralaflar
la dedicatoria, dell' Autore,
per dedicarla ad
altro Signore, quello
è vn voler
donar ad altrui quel,
che non è Tuo. CeBe»
Rodigino dedicò le fuc pretiofe fatiche
a Giouanni Grotieri
Segretario del Rè
Chriftianiffimo, ed in
quel tempo fuo
Theforiere dello Stato
di Milano; quelli, che
le hanno riftampate
dipoi, benché habbiano
dedicare le loro ftampe
ad altri, non
hanno però rifiutata
la dedicatoria dell'Autore. E
così vedefi in
più antichi Autori ..
Valerio Maffimo dedicò
l'opera fua a
Tiberio Imperadòre, Plinio
a Vefpefiano, Polieno ad
Antonino e a
Vero. Vegetio a
Vaìentinianojne moderno
alcuno leua il
prologo dedicatorioder detti Autori,
ancorché dedichi la fua
editione ad'altri. Il
Caualier Ripa come
quel, che compofe la
fua Iconologia in
Corte del Cardinal
Saluiati, la dedicò la
prima volta all'
ifteffo Cardinal fuo
Signore, la feconda,morto
elfo Card. la dedicò
aH'Illuftrifs. Marchefe Saluiati, comeherede del
detto Cardinale,quefta terza,e(Tendo
ancho morto elfo
Sig. Marchefe,l'ha voluta dedicare
all' HluflrifsioiQ Signor Filippo
fuo; ftrettifììma parente .
La tardanza noftra
in iftamparla hauerà
giouato per auuertire
i librari, ed a!tri,,ehe
non piglrno errore
dalla Dedicatoria,e frontifpitio
def volume di
Padoua,oue dic^ di
nuouo in queft'vltima
editione corretta diligentemente, et accrefeiuta
; attefoche non è accrefeiuta
d'imagini imaginate di
nuouo, ma di
6q> intagli più
conforme al tefto (rampato
in Roma: ciò
non fi chiama
accrefeere, ancorché fi tufferò
intagliate tutte le
ottocento imagini, che
fi contengono in detto
tefto di Roma .
Accrefeiuta fi deue
dire la predente,
perche oltre le
8 oo. imagini
ftampate in Roma,e
riftampate in Pad Hia,
n'ha prodotte l'Autore
dugento altre con
rate efpofitioni, ftampate
hora da me
con nuoui intagli
in maggior numero di
prima, fi che
quefta è la più copiofc
d' ogn' altra
Iconologia fin qui ftampata,
la quale, accioche
fia in tutto,
e per tutto
gradita, ho anchor io
hauuta auuertenza alle
correttioni, ed alla
difpofitione di più
Tauole, come nel
fine del saggio potrete
vedere. Eviuereitlici. ALL’I LLVSTRISSIMO SIC E
PADRON di R. COLENDISS. IL SIGNOR
FILIPPO D'AVERARDO SAIVIATI. E
prime fatiche, eh' io fa intorno alla materia delle figure
gieroglifiche, sono da R. dedicate all’illujlrissimo SALUTATI, conte a signore
e padrone di R. ionico,
e liberali/fimo benefattore, che /la
in gloria. Doppo la
fu a morte,
hauendole io di
numero afai maggiore accresciute, le
dedicai ali9 lllufhrifltmo
Signor A4 archefe Lorenzo SALUTATI di
tuona memoria. I/ora,
che colfauor Diurno
l'ho mcgliorate, e,per quanto
ha potuto la
debole^a dell'ingegno in quefla
miagraue età, ridotte
aperfettione, non ho
hauuto a dubitare a
cui thauejjf a
dedicarci perche sfatte
cofa propia deU V
WuftriJJìma Qtfa Salutati, non
conueniua, che 'vjcifiero
fuor a Jòtto altra
protet tiene . Ho doluto
dunque la ter^a
ìolta, che elle compari/cono
nelcofpetto del Ai ondo,
che portino in
fronte il nob'ilijpmo nome
di V. S.
llluftrijjtma :., dalla quale,
come opera d'vnfuo deuottjjtmoferuitore m'djsicuro,
che far anno
difefe, da chiunque *volef>e
calunniarle s Sperando
infame, che Elia
fa per conofiere mquefto
la continuatane dell'antica yerafèruitu mia Perfidi
Lei, e del?
llluBrifsimaCaJajua; e quanta
ftima ho fatta fempre, ed
hoggi più,, che
mai io faccia
del e del merito,
che rtjplendono in
V.S.lUuJlriJsima. La quale fuppht i
co, t ydeferfha lìmta
}gradifiaqtiejf4miafathaquatellaj!/!a^iconofcendo in. e jf a
t affetto deticrijfimo
dell'animo mio/tlqu«r'tconoji le
de ji aerar elle for^e maggiori
fer manift fi arie quanto iole"^i* va deuotijjimo'jeruitcre, mercè
delle h onoratijjt me qualità,miro
nella ferfena di
ZJ. S. lllujìrijsìma,la quale
frego Dio, che lungamente
conjerui felice .
X>/ "Rema ti
di i ydi
Smentire, +, Dt
V. S. Ijlujlr'tpjma . Humilifs* ed
Olhligatifi* Semhore
UCaudicre " R. PERVG1NO, PRO EMI
Q> Nelouak fi difcone
genericamente di varie
forme d'i magmi con
le lor regole. W^ìT^^Tl???^) £
Imz&ni fatte per
fignificare vna dmtffa
cofa da p -^tó
jT k t> AG^il ">
{ìue^a > *he fi
vede coti l'occhio,
non hanno altra
pia C*^^* Js5
$-.&§4>wb terta> ne più tfniùerjale
regolai che l'mitatione
dette C^-03 y '&**ÌS
memorie, the fi
trouano ne' Libri,
ntUe Medaglie,e tS^ L
^Sjg, ne' Marmi intagliate
per induttria de' Latini, et de* ^D^w
. £ Greci >odi
quei più antichi,
che furono ìnuentori
di fe^2^^¥^^k©»^§ quetto arti
fitto . T ero
ccmwuntmente pare, che
chi f^É'^K^fX^Kte "^ s'affatica
fuori di quella
imitatione, etri, 0
per
/g»oOfi^L\5tA3&\3c«0'
ran^a,o per troppo
prefumere, le quali
due macchie fono molto
abbonite da quelli,
che attendono con
le propie fatiche
ati'ac quitto dì qualche lode .
Ter fuggire adunque
ìlfofpetto dì quefta
colpa, ho giudicata
buona co} a, (
haaendo io voluto
di tutte quette
Imaginifare vri fafeio
maggiore di quello, che
fi poteua taccone
dall' offeruationi delle coje
pia antiche, &'
pero bìfognand&
jìngtrhemolte, et molte
prenderne delle modernedkhiar andò verifimilmentecia* Jenna) trattare
alcune cefe intorno
al modo difoimare^e
dichiarare i concetti
firnbolkhnel principio di
quett' opera 3 la quale
forfè con troppa
diligenza di imiti amici
fi follecita,efi afpetta
liqualifonoio in principal
obbligo di contentare .
La/dando dunque da
parte. quell' Imagine, della
quale fi feruti
tiratore, et delia quale
tratta frittotele nelter%o
libro detta fina
Pittorica, dirò foto
di quella, che appartiene a*
Dipintori, ouero a
quelli, che per
mezzo di colori,
0 d'altra cofa
vifibile pefiono rapprefèntare
qualctoecofa differente da
effa, et ha
conformità con Patirai perche, fi
come quefta perfuade
molte volte per
mezzo dell' occhio,cofi queU ìa
per mezzo delle
parole mutue la
volontà:& per che
ancho quefta guarda
le metafore deUeccfe, 1
he fiatino fuori-delTbuomo>& quelle,
che con effo
fono congiunte,€? che
fi dicono ffftntia
li. T^el primo modo
furono trattate da molti
antichi, fingendo Flmagini delle
Deità, le quali
non fono altro,
che veli »
0 vettimentida tenere ricoperta
quella parte di
filo fifa, cheriguarda
lageneratwne, et la
correttone delle cofe naturali,
0 la difpcfitione
de' Cieli, 0
l'irftutn\a delle Stelle,
0 la fimc ?£*
della Imttr Q
altre jmili eofe,
le quali ton
vn lungo ftudio
ritrovarono per per auan^are in
quefta cognitione la
"Plebe, et accioche
non egualmente ì
dotti, et l'ignoranti potefftro
intendere, et penetrare
le cagioni delle
cofe, fé le
and aitano copertamente communio andò
fra loro > et coperte
ancora per mezzo
di queHe imagini, le laf
ciancino a* ToHeri,
che doueuano a
gli altri efiere
fuferiori di di' gnità, et difapienfa .
Di qui è
nata la moltitudine
dette Fauole degli
antichi Scrittori > le quali
hanno l'vtile della
fetenza per li
dotti, et il
dolce delle curio
fé narrationi per gì*
ignoranti . Terò molti
ancora degli huomini
di gran conto
hanno Stimato loro
degna faticalo fpiegare quelle
cofe, che trouauano
in quelle Fauole
occultate, lafciandoci ferino,
che per IHmagine
di Saturno intendeuano
il Tempo, il
quale a gli
anni, a' mefi,
ed a giorni
da, et toglie
l'effere, come efio
diuorauà quei mede
fimi fanciulli, che
erano fuoi figliuoli.
E per quella
di Giouefulmimante, la
parte del Cielo
pia pura, donde
vengono quafi tutti
gli effetti Meteorologici . Ter
Vlmagine ancora di
Venere d'eHrenta beitela,
l'appetito della materia prima, come
dicono i f 'ilo fofi,
atta forma, che le
da il compimento.
E che quelli t che
credeuano il Mondo
effere corpo mobile,
ed ogni cofafuccedere
per lo predominio dette Stelle
(fecondo,cbe racconta nel
Timandro Mercurio Trifmegiflo)
finfero *Argo V aflorale,
che con molti
ocebij da putte
le bande riguardaffe .
Queflo ìflefìo moUrarono in
Giunone ifofpefa in
aria dalla, mano
di Giove, come
diffe Homero, ed infinite
altre imagini, le
quali hanno già
ripieni molti volumi, et fiancati
moU ti Scrittori, ma
con profitto di
dottrina, .& di
fapien^a . il
fecondo modo dette Jmagini
abbraccia quelle cofe,cbe fono
neh" buomo mede fimo,
o che hanno
gran vicinanza con efio,
come i concetti, et gli h
abiti, che da'
concetti ne nafcono,eon lafrequen \a
di molte anioni
particolari ; et concetti
dimandiamo fenfa pia
fattile ime fligat ione, tutto
quello, che può
efierfignificatocon le parole
j il qual
tutto viencommodamente in due
parti fiiuijo. L'vna parte
è, che afferma,
o nega qualche
cofa d'alcuno ; P
altra »
ebe nò . Con quella
formano l'artifitio loro
quelli, che compongono
llmprefe, nelle quali eon
pochi corpi,& poche
parole vnfol concetto
s'accenna, et quelli
ancora, che fanno gli
Emblemi, oue maggior
concetto con pia
quantità di parole, et di
corpi fi manifeUa . Con
queHa poi fi
forma l'arte dell'
altre Imagini, le
quali appartengono al noHro
difcorjo, per la
conformità, che hanno
con le definitioni
y le quali filo
abbracciano le virtà,
ed i vitti,
o tutte quelle
cofe, che hanno
conuenien^a ton queìli, ocon
quelle, fen^a affermare,
o negare alcuna
cofa,eper. effere ò fole
friuationi,ohabitipuri4fi efprimono con
la figura hamana
conuenientemente, Tercioche,
fi come Ibuomo
tutto è mifura
di tutte le
cofe, fecondo la
commme opinione de' Filosofi, et d'^riHotile
in particolare, quafi
tome la definitione
è mifura del definito,
cofi medefimamente la
forma accidentale, che
apparifee (He* dormente d'e[fo,può
effer mifura accidentale
delle qualità definibili,
qualunque fi fi ano,
o dell' anima
noftrafola, o di
tutto il compoilo .
adunque vediamo,che Jmagine non
fi può dimandare
in propofito noHro
quella . che non
bà la forma
delih uomo, et che
è imagine malamente
diflint a, quando
il corpo principale
nonfk in qualche modo
l'offitio, che fa
nella de finiti one \d fuò genere.
Tiel numero dell'altre
coje da auuertirefono
tutte le parti
effettuali della cofa iftefia; iHeffa ;
e di qucHc
fdti ne cellario
guardar minutamente le
dìfpófikìonì,ele qualità. Dì fpoft
clone mila teflafarà
la pofitura alta,
o baffa >
allegra, o malinconica
» trdiuerfe altre pafjioni,chefifcuopronorcomein Teatro
neUC apparenza della faccia
delVhuomo . Donerà ancor*
nelle braccìa*nclle mammelle
gambe ne* piedi, nelle
treccie, ne' ve
siiti, ed i# ogni
altra cofa notar
fi la difpofitìone,omto pofitione difiinta, e
regolata, laquale ciafeunopotràdafe mede/imo
facilmente conofeere, fen^a che
ne parliamo altramente,
pigliandone efjsmpio da'
Rpmani antichi, che offemarono tali
dìfpofttìoni,p
articolarmente nelle medaglie
di Adriano Imperati re,
l' Allegrerà del Topolofotto
nome d'Hilarità public
a (la figurata
con le mani posle
air orecchie ;
il Voto publico
con ambe le
mani aliate al
Cielo in atto
dì fupplicare ;veggonfi altre
figure pur in
medaglie con la
mano alla bocca
; altre fiedono col
capo appoggiato alla
deiìra j altre
Ranno inginocchiate ;
altre in pie* dì;
altre di fpofte a e aminare
; altre con
vn piede aliato,
e con altre*
arie difpt* fitìoni deferitte
da Ridolfo Oceone. Le
qualità poi faranno t9l '
effere bianca, onera
; proport tonata,
ofproportiona* ta ; graffa,
o magra, giouane,
o vecchia, ofìm'dì
cofe, che non facilmente ftp
of* fono fé parare dalla
cofa, nella quale
fono fondate, auuertendo,che tutte quefie
parti facciano infieme vn
armonìa talmente concorde,
che nel dichiararla
renda fodisfattìone il
conofeere le conformità
delle cofe >
ed il buon
giù litio di
colui, chi Iha fapute
ordinare infume in
modo, che ne
rifui ti vna
cofa fola, ma
perfetta » et diletteuole . Tali fono
qua fi vniuerfalmente tutte
quelle degli antichi, et quelle
ancora de* Moderni che
non fi gouernano
a cafo . E
perche lafifionomia, ed
i colori fono
con" fideratidagli Antichi, fi
potrà e iafe
uno guidare in
eie conforme ali* auttorità di +Ari 'flotile, il quale fi deue credere,
fecondo l'opinione de* Dotti ychefupplifc 'a fola in ciò
y come nel
reHo a quel,
che molti ne
dicono : efpeffo
lafciaremo di dichiarar* li, baHando
dire vna, o
due volte fra
tante cofe poHeinfteme
quello, che, fefoffera dipinte, hijognarebbe
maiifeHare in ciafeuna,
maffi inamente che
poffonoglifìudiofì ricorra e
ad *Aleff andrò d* ^ìleffandro nel
libra 2. a
cap. ip. oue
in dotto compendio egli
manfefta molti fimboli
con fue dichiarationi attinenti
a tutte le membra,
e loto colori. La
definitioni fet itta,bencheft
faccia di poche
parole^ di poche
parole par, che itbbìa efterqmftainpif tura adimitatione
di quella ;nonè
peròmatel afferuatione dimolte
cofe proposte, acciocheo
dalle molte fi posano eleggere
le pache, che fanno
più a propofito, 0
tutteinfiemeficcìanovia
compofttione,chefia
pivefimile alla deferittione,
che adoperano gli
Oratori, edi Poeti, che alla propia
difinitione de* Dialettici .
il che forfè
tanto pia conuenientemente vien
fatto, quanta nel reflo
perfefleffa la Vittura
più fi confà
con queHe arti
più fu ili, et più
diletteuoli, che con
qmfia più occulta, et più
diffìcile . Chiara cofa è, che
ielle antiche fé ne vedono, e
dell vna, e
dell'altra miniera molto
belle, e molte
puàìtiofamente compone .
Hora vedendofi, che
quella forte d*lmaginì
fi riduce facilmente
ali a fi
militudine dslla defìniùone,
diremo ; che
sì di quefle,
come dì quelle,
quattro fono i
capi,. ole ò le cagicni
principali, dette evali
fi puh pigliare
fcritne dì fornirle,&fid£ mattarne ceti
ncnti rfitati tuie
Stuoie, di Materia,
Efficiente, forma, et Fine, dalla
diuerfità de* gitali rapi 'rafie
la diuerfità, che
tergono gli Ruttori
molte ite Ite in
difinire ma medefima
coja, e la
diuerfità medefimamente dimclte
Ima%m fi tu
per fiigmficarc fra
cefi fida . jl
t he elafi
uno pe rfe
Siefio potrà notare ir.
queSìe ifltfle, eh
e ncib abbuino
da diuerfi antichi principalmente raccolte, e tmu
quattro adoperate infime
per me tirare
vnafila cofit, fi
bene fi trottano
in alcuni luoghi ;
con tutte ciò,
deuendofi bauer riguardo principalmente adinfegnare
cefi, occulta cor.
modo non ordinario,
per dilettare con
l ingegnosa inuentione
» è lodtmh faìlo
con vnafola, per
non generare ofcurità,efafiidio in
ordinare /piegare, et mandare
a memoria le
molte . ^elle cofe adunque,
nelU quali fi poffa
dìmoflrare ultima differenza,
fi al* cuna fé
netruoua 9qne fi a
fila beffa p,er
fare V imagine
lodeuoley& difimmaperfettione, in
mai can^a della
quale, che imita
firnprecon la cefi
medefima, ne fi di
feerie,fi adoperano le generali,
come fono quefte,cbe pofìe
infiememofirano quello iHeffo.che
conterrebbe effa fola. Dapoi, quando fappiamo per
queftaflrada'difìintamtnte le qualità
\ le co* gioni,
le propietà, et gli
accidenti d'vna coja
definìbile, accìoehe fi
ne faccia; C imagine
s bì fogna cercare
la fimilìtudine, come
hahbiamo detto nelle
cefi ma* tpiali, la
quale terrà in
luogo delle parole
dell' Imagine }o
definitane de Rettori ;
di quelle, ebe
con fiflono nell egual
proportìone, che hanno
due cofe dìHinte fra
fé Èie fife
ad vna fola
diuerfa da ambe
dm, prendendo fi
quella scbe è
meno ; come,fe,
per fimilitudine di
Portela fi dipinge
la Colonna, perche
ne gì' edificij fofìiene tutti
ifaffi, e tutto
l edificio, che
le Hàfopra, fenica
muouerft » o
vacillare t dicendo,
che tale è
la fonema neW
huomo, per foììenere
la gratterà di
tutti ifaftidij)& di tutte
le difficoltà,, che gli
vengono addeffo, et per
fimilitudìne della Pittorica la
Spada,elo Scudo, perche,
come con quefli
inflrumenti il Soldato difende la
vita propia, et offende
l'altrui, cafi il
Retbore, e l'Oratore,
co' fuoi argomenti >
onero entimei mantiene
le cofe fauoreuoli, et ribatte
indietro le contrarie. Serue
anchora, oltre à quefìa
>vn altra forte
di fimilitudine, che è
quando due cofe difiinte
contengono in vna
fola deferente da
efie ; come,fi,
per notare la magnanimità,
prende ffmo il Leone,
net eguale tffa
in gran parte
fi fcuopre ; il
qualmodo è meno
lodeuole,ma più v fato
per la maggior
facilità della inuentione, et della
diebiaratione ; et fono
quelle due forti
di fimilitudine il
neruo, et laforta della
imagine ben formata
; fen\a le
quali, come efia
non ha molta
difficoltà,cofi rimane infipida, et J ciocca. Ciò non
è auuertito molto
da alcuni moderni,
i quali rapprefentano
glieffet* ti' contingenti,
permofìrarel'efìentiali qualità, come
fanno, dipingendo perla Difperationevno t
che s appicca
perla gola :
per l* sAmicitia
due perfine ycbe fi
abbracciano : o
fimili cofe di poco ingegno, et di
poca lode. E
ben vero, come he
detto, che quelli
accidenti, che figuitano
ncceffarianientc la coja
lignificata relC Imagine, farà
lode >f orli in
alcuni luoghi dienti, et nudi,
cerne in particolare quelli,
che appartengono alla
fiftonomU, ed alèbabituìine
ietcorpct* che danno inditio
del predomìnio, che
hanno le prime
qualità nella compofitiote dell' kuomo, le
quali difpongono gli
accidenti e tìeriori
d'ejfv, &lo inclinano
alte dette pa/Jìoni, o a quelle,
che baino con
efie conformità. Come
tfe douendo di* fingere
la Malinconia, //
Tenfìero, la Tenitcmp,
ed altre fimili,
farà benfatto il vi/o
afcìutto, macilento, le
chiome rabbuffate, la
barba incolta, et le
e arni non motto
giouenilì ima bella,
l a feiua,frefca
rubiconda, et ridente.
Si dotterà fare + il
'Piacere, il Diletto,
VMlegre^a, ed ogn
altra cofafmile a
quelle, et, fé
bene tal cognitione non ha molto
luogo \ nella numera
tione dey 'fiatili,
nondimeno è "pfata ajfai,&
quefìa regola de gli accidenti, et degli
effettigià detti, non
ferri' prejeguitarà ; come
nel dipingere la
Eelle^a, la quale
è vna cofa
fuori della com fr
enfiane de3 predicabili,&,febene neW
huomo è vna
proportione di linee, et di
colori, non è
per queflo ben
efpireffa Vimagme, che
fia fouerebì amente bella, et froportionata ;
perche farebbe vn
dichiarare idem per
idem, ouero pia
toih Vna cofa incognita
con vn 'altra meno
conofeiuta, et quafi
vn volere con vna
candela far vedere dipintamente
il Sole, et non
baurebbelafimilituiine, che è l'
anima ; ne potrebbe
dilettar e, per
non bauere varietà
in propofito di
tanto momento: il che
principalmente fi guarda. Terò
mi Vh abbiamo
dipinta a fuo
luogo col capo
fra te ntiuote, et cm al*
tre conuenienti particolarità
. Ter bauere
poi le fimilitudini,
atte, et con* tteneuoli
in ogni proposito
tè bene d 'auuertire
qUel, che auuertifcono
i Bietta \ ri,
cioè, che per
le cofe conofeibilì
fi cercano cofe
alte; per le
lodabili, fplen^ dide; per
le vituperabili, vili ;
per le commendabili,
magnifiche. Dalle quali cofe
fentirà cìafcuno germogliare
tanta quantità di
concetti neW ingegno
fuo % fé non
è pia, che
iterile, che per
fé Hefio con
vna cofa, che
fi proponga, farà
ballante a daregufio > et fodisfattipne
àW appetito di
molti, et diuerfi
ingegni, dipingendone
l'imagine in dhterfe
maniere, èrfempre bene . J{e
io oltre a
queHf-auu'ertimenti; li quali
fi potrebùono veramente
ffiegare^ con affai
maggior diligenza, fo
Vederne quafi alcuno
altro degna di
feri» uerfiypcr cognitione di que
He 1 magmi, te
quali fono in
vero ammaeftramento nato
prima dall' abbondanza
della dottrina Egittiaca,
come fa teflimofiio
Cornelio Tacito, poi
ribettito, ed acconciò
Cól tempo, come
racconta Giovanni Gorocopio ne*
fuoi Gìeroglìficbi ;
talmente, che potremo
qmfia cognitione a fi
migliarla ad vna
perfona f apiente, ma
ver fata nelle
folituiini, et nuda per
molti anni, la
quale per and. tre
do ne èia
comerfatiotte fi r'mefìe
» accìoche gli altri | allettati
dalla vagherà efkriore
del corpo, che
è l'imtgine, defiderino
d'intendere mimitammte quelle
qualità, che damo
fplendide^a all' anima,
che è la
cofa ftgmjìcata, et fola
era mentre Haua
nelle Solitudini accarezzato da
pochi Hranieri . E
folo fi legge
., che Tittagora
» per vero defìderio
di f^pien^a penetrale
in Egitto con
grandini fatica, cue apprefe
i fecreti delle
cofe, che occu
lattano in qu:{ii Enigmi, e però
tornatofene a ca/a
carico d'arni^ di f apuana,
mnté che doppo
morte dtiU (m fila e
a fa fifatefie
vn Tempio, eonfaeratoal
merito dtljuo faptre . Trouafi ancoraché
Piatone gran parte
della fua dottrina
cane fuor* écVe
fin ftcretcìge, nelle quali
ancora i fanti
Profeti l'afeofero . E
Chri?to>che fu l'adempimento
delle Trcfetie, occultò
gran parte de*
jeereti diuini fatto
l'ofeurità delle jite parabole, Fu
adunque lafapien^a degli
Egitti/ come huomo horrido,
e mal nettilo
adornato dal tempo per
confeglio
dett'efperien%ayche mofiraua efìtr
male celar gì
indicij de luogbi,ne 'quali fono i
T efori, accioche
tutte affaticandofi armino
per quefio mezzo
a qualche grado
di felicità . Queflo
vefìirefu il comporre
i corpi dell'imagini
dipinte di colori
alle proportioni di
molte varietà con
belle attitudini et ton
efquifita delicatura %
e dell'altre, et delle
cofe ifteffe, dalle
quali non è
alcuno, the alla prima
viUa non fi
fentamuouere vn certo defiderio d' inuefìigare a che
fine fieno con
tale dif pò fittone,
ed ordini rapprefentate. QuefiacUriofità viene
ancora accrejciuta dal
vedere i
nomi delletofefottofcritteail'
ificjfe imagini . E mi
parcofadaoffcruarfi
itfottoferiuereinomi,
eccetto quando deuono
effere in forma d'Enigma, perchefen\a
la cognitione del
nome non fi
può penetrare alla
cognizione delia cofa ftgnìficata ., fé
non fono Imaginiirmiali*, che
per tufo alla
prima vifla da tutti
ordinariamente fi riconofeono
; s'appoggia il mio
parere al co fi
urne degli antichi, i
quali nelle medaglie loro
imprimeuano ancho i
nomi delle Imagini rapprefentate, onde
leggiamo inefìe, ^bundantia
» Concordia, Fottitudo,
Fé» lìcitasi TaXy Trouidentia,
Pietas, Salus, SecuritaSiViEloriaiVirtuS) e
mille altri momi intorno
alle loro figure. E
queilo è quanto
mie paruto conueneuolefcriuere per
fodisfatt ione di quelli
$, che fi compiacciono delle
no fire fatiche : T^elthe,
come in tutto il
reslo dell' opera
., fé l'ignoranza
fi tira addofio
qualche biafimo, hauerò caro,
che venga in
parte f granata da Ila diligenza,
dallaquale principalmente ho appettata
lode, ed ho tolto
volentieri il tempo .agliocchijper darlo afta penna,
accioche venendo Coperà,
benigni Lèi" tori, in
mano vofir*, io
conofea da qualche applaufo delle
voslre lingu* di non
hauer perduto il tempo,
feriuendo. ÀBBON ABB0ND4 M2 *Ò NN
À gratioia,che hauendo
d'uba teì^^irfohdaàl svaghi
verde,&i fregixleil'oro«del iùo
vefiknteo,foniotrotó^oprri z:t
ICONOLOGIA' eflendo che il %t>el
Vèrdcg|iar\;bèn1gnàperes. Pomorum
viario euruanfur ponderami,
Et bromio fitis
piena liquore mb«t. Cerne
bo5um{praecudumq;gi?eges;àinclafteushiimor tìincj^ngyi fudant
vimina vm fcrittoPET-ilAHiT ATOVE^pI,^
neUaman.finiftr'a h™™JPz D 7
C E SQUÈRI
P J f ' -ghirlanda
teffuta d'Alloro-, Mederà, Mirto,
da Iamedefima mano,
periodino vn paio di
pomi graniti, federa
in vira fedia
fregiata di fogliami,^ frutti -ài
Cedro yGipìteifo, e Quercia,
com'ànco ramid'Oliua, in
quella-, parte oue
liappqggia il gombitò,
luogopiù proflìmo a
la figura . Starà
in r mezzo d'vn
cortile onibrofo, liiogo
bofcareccio di villa;
alli piedi haue' 'rà
buona quantità di
libri, tra quali
rifiedavn Cinocefalo,*) ti
pollice, e leuandoiì la
ruggine diuiene lucido,
e rifp tendènte, coti
nell'Accademia leuandofi le
cofe fuperfiue, et emendandolilt
componimenti* fi polifcono
>&f illuftrano l'opere, e
però è necetiario ponerle
fotto la lima
de feueri giuditijj
de g\i accademici,
e fare come dice
Ouidio nel Jib.pr.de
Ponto.acciò fi emendino,
e polifchino»
SeilicetincipiaHaJima mordacius vti, Vt
iub ìudicinmiìngula verba
uocem . Onde Quintiliano lfec.cap.iij.opus poliat
lima, et non
fenza ragione fi fdegna
iioratio ne la
Poetica de i latini, che
non poneuono al
par de i Greci
cura, e fatica
» in limare,
e pulire l'opere
loro . Nec virttitc foret
clarisq; potentius armis, Qùam
lingua latium,fi non
offenderet vnum-, . Quenct£ poetarum
lima labor, et mora
vo$ o Pompiliu? lànguis
carmen reprashendite, quod
noa Multa diés, et multa
lituracoerunt. B t il
Petrarca Sonetto 18. Ma
trouo pgfo non
de le mie
braccie, Ne opra di
polir con la
mia lima-, . Quindi è,
che molto accortamente
dicefi, che ad'
vn* opera gli manca l'vltima lima,,
quando non è
a baftanza terfa,
e-/ pulita, veggiafi
ne gli Adagii . Limam
addere . Da quali
habbiamo cauato il
motto, oue legge* fi,
circa l'emendàtiónede
l'opere. Limadetrahitur, atq;
expolitur, quod redundat, quodq;
incultura eli, et limata
dicuntur expolita . La ghirlanda fi
teflc d'Alloro, Hedéra,
e Mirto, perche
fono tutte tre
piante poetiche, per le
varie fpetie di poefia,che ne
l'academie fiorifeono,
impercioche il Mirto
è pertinente al
Poeta melico amorofo,
che con fuauità,
e giacere cantagli fuoiamori,
perche il Mirto,
fecondo Pierio Valeriano, e
fimbolodel piacere, oc
Venere madre de
gii amori, anzi
riferifee Nicandro, che
Venere fu prefentealgiuditiadi Paride
incoronata di Mir* lo,
tanto gli era
grato, e però
Virgilio in Melibeo . Populus Alcide
gratinimi, vicis lacca?,
' Formofas Myrtus Veneri,
fu a laurea
Phcebo. Et Ouidio nel
principio del 4.
lib. de Fa
fti, volendo cantar
de le fcftt# d'Aprile, mefe
di Venere, inaoca
Venere, laquale dice,
che gli toccò
le t empie con
il Mirto, acciò
meglio potette cantare
cofe attenenti a lei.
Venimus ad quartuai,
quo tu celeberrima menfem-., Et vatem, et menfem
compagnia di molte
genti congregate in
vn luogo, per
la cui vinone
fi conlcruano, e però
erano dedicati a
Giunone, la quale
hebbe epiteto di conferuatrice, fi
come fi uede
ne la medaglia
di Maronita, con
tale Daròle 1
V N OCOMERVATRIX.
*£ per quello
at^S . Per -quello anco
Giunone era riputata prendente
de li Regni,cpmgeuafi con va melo
granato in una mano,come-Confsruamce deli* vnione depopoli. Sedera
i'Academia perche J5 7 COSMOLOGIA
^che gli
efferati; de gli
accademici fi fanno
fedendo in ordinanza
tra di Ic£,ro,
ui farà intagliato
il cedrone la
fedia^pereifere il cedro
/imbolo dell'eternità. Ante alias
enim arbores cedru^
fternitatishieroglyphicumeft, Dice
Pierio, polche non
.fi {putrefa, ne
meno fi tarla,
a la qua?f
eternùà deuono hauere la
mira gli accademici,
procurando demandar fuora
l'opere loro limate, e
terfe^aeciò fieno degne
di cedro, attefo che
Plinio lib. K5.capj.Jp.dice, che
una materia bagnata
di. fucco, o
uerounta di olio
cedrino, non fi rofìca
da le tigntiole,£
come nel capitolo^e
libro i jj. afferma jde ilij)rìj.di
Nurna Fomjùjio ritrouati
dopò, $g 5-anni nel
colle Giariicola, "da Gneò'Tèreiitjb fcnba /mentre, riuangauà
> &T affoflaua
il iuo campa onde, cedro
dignajocutus . dice/id'uno, che
habbia parlato /«comporto cofa degna di
mémoria,Xide.ttO;vfdto da.Perfio ne
la prima Satira,
veggiafi Teofrafto lib,j.
e Diofcoride lib.
pr. cap. ®&
e: l'Adagio . Digna
cedro, per il che
Horatio ne la
poeticadifl? .; Iperamus
carmina fingi. ; Tolfelinenda cedro,
&leuiferuandacuprefib» rii3 E però
vi fi in taglierà,anco il
cipreflb efiendo incorruttibile storne
il ce4rq,e,piglja,f]i .d^ £ier]QJP&r,& perpetuità.,,
la quercia .parimente^ tfmbolé della diuturnità,
àppreffó f'ifteflb Pierio,
e de la
virtù, sì che
anc^'efia vU
Viconuerrà,tanto,più che negli/Agonali
capitolini inftituiti da
Dominano Imperadore li
virtuofi, che vinceuanO
in detti giuochi,
fi coronauano jdi quercia, -come g li
Hiftrioni, i Citharedi, eli
poeti . Giouenale. t
Ancapitolinam fperaret, Pollio
quercum, E Martialfi ., f O'cui
Tàrpeias licuit contingere
quercus. T)ì che più
difufamente Scaligero nei
pri. lib. cap.
ju fopr* Aufonio
poeta." ^'Oliuaper
eflfere Tempre verdeggiante
porteli pure .per
l'eternità, del* t quale ^Iuf. ne
la
i.queft.del^.Simpofio,co(ì
ne ragiona 01eam,laurumiac "figurata de
la natura^ita,& viuaciti
de l'ingegno de.lafapienza,
e icienza, ienzaìe quali
nèceflarie doti non
Ci può e.irere.acqademieo, perche
chi n'£ priuò dicefi
di lui., tratta,
e parlàCratfa l^inerua j ciò
è groflolanamenG? 5da ignorante
fenza fcienza:onde tra
latini deriuafi,. quel
detto inuita Mi? iierua,più volte
vfato da M.
Tulio,e da Horatio
in quel verfo
de Ja poetica. ~..\: vji
Tu nihil inuita dices
faciefq; Mmerua . ipM
Tu non
dirai, ne farai niente
inquplloche ripugna la
natura del tuo
ingegno,^! fauor del cielo,
li come fanno
certi belli human
che. uogUono •fare de
l'accademico^ e delpqejta
cpn quattro uerfi
bufcati di qua,
e di là fenza
naturale inclinatione, e
fcienza,nes'accorgono, che quanto
più parlano, più pàlefano
l'ignoranza loro, bifogna
adunque achidefidera
immortai nome di
faggio accademico pafcerfi
delftutto.de l'oliua,cioè affaticarti per l'acquifto
de la fcienza,
e iàpienza con
li notturni ftudii,&
uigiUe,de quali t
/imbolo
l'oliua/ondetraftudiofifene
forma quel detto. Z>
jfw £• £ ® et «
rE ($r:fW ldsGfè
più ihdruilria^efatiea di
mente, che 1paftì,cràp&>' 4c, e
(ielittecì vuole perjpttenere
le fcienze,'e quell'altro^ detto Oleum,& Operarci perdere
^quelli, che'perdòno la
fatica,e'l tempo in
còfa, che non .neponno
riuteire Con vtrlc,
e honore, e
però. San Girolamo ditte
a Pam-* ^^t:o|iio> pleuni
perdit, &impenfàs>quì bouem
mittit ad Ceroma .
Cioè ' pefde,l'pli© *re
la fpeìà;, il
tempo, et l'opera,
chi manda il
boue ala Cero '
^QaiFngutntQcoiaploftoxi'otìo, e di
certa iorte di
terra, il che
fi dicedi quelli, rche) yogbónOiammaeftrareperfone di' groflo
ingegno incapaci tit'pgni foieh^a
> laquale fi
apprende con induftria,
e fatica,'figniikata ìil± Quello
luogo per il
ramò d'oJiua,ia*cui!fronde.è aipra, et amara,
com'anco il frutto -prima che
fiacolto,& maturato, ehefe
diuenta dolce,efoaue •eie ne;
caua fbauifsimo liquore,
Gieroglifico de la
fatica^ et anco
dell'eJjÌr-iHt&,,tfom e? quello,
che eonferua i
corpi da la
corruttione i e
putrefattipnè ; eoli
la fetenza è
aipra,f& amara ;per
la fatica /Seinduiìria,
che fi ci mette
pe^confeguirlat cPlta_> e
.maturata che s'è,
cioè confèguita Ja__, ipienza,.fe ne
ferite frutto, e
contento grandiffimo con
eternità dèi proprio nome,
laqualcpefta in mente
dVnoftudiofo gli alJeggerifce
Ja -fati* f a,ifi
come anco ilfrutto,e'l
contento, che fpera
raccogliere da le
feienze. •; federa in
mezfcp d'vn cortile
ombro fo, o ufero
luogo bofeareccio di villa
per; inemoriaJdeHa prima Accademia*
che fu principiata
in villa da vii
nobil pèrfonaggio, chiamato
A cadendo, nella
cui amena :uilla,nonJuhgi d'Atene fi
radunauano i Platonici*
con il lor
diuin Platone, a
difeorrere de
^ii^letteu^^atonrcijficome narra Diogene
Lagrtiojneitoitjf df
§atpn^|0^^o;ratiqlio.i,eap>^ ;:
irìiàa >JL : :.; ;
Àt^neipterfiloas.Academi.quasrerever.um.
V ;r M Carlpfte£no
Hifiorico dice,che tal
villa, o felua
folle fontana d'Atene iniliepafin, sì
che la prima
Accademia hebbe origine
nelJavilìa> eprefeii nome dà
À caderci o
nome proprio, perche
è dafaper$,che ie fette, GCr adunanze di
virmofi,
preffo>gli-antichi fono ffajte
denominate intremodi,da coiìumi,daluoghi,& da
nomi propri! di
petfonejda cpflumi ignomì' niQil
furno detti ifeguacid'AntifteneCinic^o vero
perche haueuano per coflume di
lacerarel'opera,e la vita
altrui con dentie canino, e
mordace >ol uero perche à
guifa de cani
non fi uergognaflero
di ufar palefemente,
come 1 cani l'atto
Venereo,sicomedi Crate,& Hiparchia
filofofeiTa forelladi Metrpcle
cinico,narra JUertio. Elegit
continuo puella >
fumptoq; il. Ifiis habitu
vna cum uiro
circuibat > et congrediebantur in
aperto,atquc ad
coenasproecifcebatur. Dacoilume nonetto
furno cniamattifeguaci di Anftotilo
Peripatetici [apo tu
peripatin.] Quod ett
deambulare, perche heòbero per
coftume difputarecaminando;da luoghi
publicipréle«. ro il nome
quelli, che furno
nomati da le
città. Vt Elienfes,
MegarenUs,&
Cyrenatcìyeda luogo priuato
gli Stoici,li quali
prima fi chiamauano Zenonn, da Zenone lor
Principe . -Ma da che detto
Zenone per render
fi. curo da misfatti
quel portico d'Atene, doue
furno verifico, cittadini cominciò mi
adiicorrere et adunare
U fua fetca,furno
clamati Sioici,per-** . •
che % che[Stóa] lignifica il
portico, onde Stoici
furnp quelli, che
frequétauanò detto portico, che
fu poi ornato
di belMme, figure,
da Polignoto,famo« fo pittore
da perfone fono
flati nominati ^Socratici, gli Epicurei, et altri da
li loro maeftri,
e come detto
habbiamo, queflo ifttffo
pome d'Accademia si deriua
dal nome propriojdl
quello Heroeplatonico,detto Academo,
ne la cui
villa fi radunaganolPiatonici, laquale
adunanza fii Ja_# prima,
che fi. tìii^^flei^^t^^mta^iridipoi tutte
le adunanze de
uirtuofi, ipno (late chiamate
Accademie, per fino a»
tempi noftri, ne
quali s'vfa_» p quarto
tnodo di nominare
per lo più
l'Accademie dalla ellettione
di quii che nome
fuperbo ^& ambitiofo, da
graue, e módeftp,
da faceto, capric* ciofp, et ironico,
e queflo vltimae
aijfaj frequentato da'
moderni : e per
lèguitare i'eipofitione dellajrioftra figura diciamo, che
la quantità de li* 4*H, ||n
pejcedetto ^Torpedine . Accidia, fecondo
S. Giouanni I3amafceiJo].>.èuna triflitia>cheag^raua la
mente,che non permette, che
fi facci opera
buona . Vecchia ii,dipingè,
perche negl'anni ièmlicerTano
leforze, et manca |auirtù^'pperare,cpme dimaflra
Dauidriel Salmo 7p.doue
dice.: Ne proiicias me
in tenipore ieneiftutis,
cum defecerit uirtus
enea ne dereJinquas
me. Jvlal ueftita fi.rapprcfenta, perche l'^ccidianon operando cofa
ueruna, induce pouertà,e miferia,
come narra Salomone
ne i Prouerbii
al .2$. Qui pperatur
terram iuam fatiabitur panibus,quiautem fe&atur
otium replebigur aggeliate .
£ Seneca jnel lib.de
benef.Pigntia efl nutrix
«egeftatis. li fla^e a
federe nella guifa,
che dicemmo (ignifica,
che l'accidia rende l'huomo
oriolo, e pigro,
come bqne lo
ditnoftra il motto
fopradetto,e S. Bernardo nell'Epiftoie
riprendendo gj'accidipfi con*
dice : O
homo imbrudens m
lillà nj^llium nuiuftiant ei, et d.cies
ccntcna milha ailìflunt
ci, * pc tu
federe praeiùmis ? jLa
tefla circpndata gol
panno &ero ^dùnoft
ra la mente
deji'accidioib occupata dal torpore,
e cJie rende
Phuomo ftupido,& inienfato,come narra Ilìdoro
ne' foliloquii lib,
z Per torporem
vires,& ingemmi! derìuunt» Il
pefce, che tiene
nella delira mano
lignifica Accidia, perciochefi
come quello pefce^comedicono molti
Scrittori,e particolarmente Plinio ljb.
1%. cap.pr. Athaneo
Jib.7. e Plutarco
de iblertia Animahum.)
per Ja natura, e
proprietà fua, chi
lo tocca con
Improprie mani, o
vero con quaifìuogiia iftrumento,corda,irete,oaltrj>lorède
talmette lupidc,che nò può
operar colà nilluna;cosi
l'accidia hauend'egli l'ilhflfcmale
qualità, prende,fupera, et vince,
di maniera quelli
che a quello
vjtio Ci danno,
ciie U rende inhaiuli,
infenfati^ e lontani
da opera lodeuole,
cX^ virtuofa. Accidia. Onna vecchia,
brutta, cheftia à
federe, con la delira
mano tenghi vna corda, e
con la finiflra
vna lumaca, o
nero vna tartaruca ;
Lacorda denòta, che
l'accidia %a,&^ vince
gftotìomini,'.e li rende inurbili ad
operare, * B Eia oi
re / A E la
lumaca, otartaruca,dimo firmo
la proprietà deg
l'accàd io fi,
che Sono ouofi, e
pigri „ Accidia . DOhna che
ftia a giacere
per terra, et a
canto ftarà vn
afintf fi m
ìimente a giacere,
il qua! animale
fi foleua adoperar
da gl'Egittii per
mo* llrare la lontananza
del penfi ero dalle cofe facre,erehgioie,con occupatici e
continua nelle vili, et in
penfìeri biafimeuoli, come
racconta Pierio Valeriano. ACVTEZZA DE
LINGEGNO. LA sfinge feomenarra
PierioValeriano nel Jib.vjr
fintola punta del* la
zagaglia di Pàllade,
fi come fi
vedeua in quella
flatua di M
inerua, che Plinio dice
efiere anticamente fiata
drizzata in Arene
) ci può fignificare l'acutezza
de l'ingegno, percroche
non è al
mondo cofa sì
coperta, e tanto nafeofta,
che l'acutezza dell'human©
ingegno (coprire, e diuu
lga • re
non polla, sicome
detto habbiamo in
altro luogo nella
figura de l'ingegno, però fi
pò tra? dipingere
per tal dimoff
razione Minerua in
quella guifa,che fi fuole
rapprefenfare, ma che
però /otto a
la zagaglia vifia una
sfinge > e o ine
habbiamo detto ACQVISTO CATTIVO. HVOAlO veff
ito del color
delle foglie dell'albero»
quando ffanno per cafcarejftarà detta
figura in atto
di camminare, et vn
lembo della ve fte
ftia attaccato advn
fpino, tirando vn
grande fquarcio, acheriuolta moftri il
difpiacere che ne
feme, e nella
deflra mano; terrà
vn nibbio che rece r
Vcftcfi del detto
colore, perche fi
come facilmente cafeano
le foglie dell'albero, cofi
anco eafcanq, et vanno
a malelecofc non
bene acquinoteli! medefimo dimofìra lofpino, perciocne quando
l'huomo men pesila alle cofe
di mal'aequifto >all*hQrane riceue
danno, e vergogna .. Tiene conia
deflra mano il
nibbio, per dimoftrare
quello chea quetfo
propofito di/Te l'Agiato,
tradotto in noftra
lingua L'edace Nibbio
mentre Kecefouerchio cibo, che
ràpio> Con Ja madre
fi duol del
fatto rio r Dicendo,
Ahivche del ventre M'efcon l'interiora,
e in gran
periglio» Mi fento, S
ma quel d'altrui . ADOLESCENZA. VN giouinetto
vcflito pompofamente,con la deffra mano
fi apog* gerà ad'vn'àrpada fonare»e
conia finiftra terra
vno fpccchio, in
cap# tna
ghirJandadifiori,poferivn
piede fopra d'vn'órologgio da
polucre, che mofln che
ria calata alquanto
più poluerc di
quella della puentia,& d.ì l'jltra
parte vi fia
vn palone. AdoDI /ì Adolescenza. VERGINELLA di
bello afpetto,coronata Si
£ori, moftri rifo,& allegrezza, con
la vefte di
varii colori . Adoleicenza è
quella età deirhuomo,
che tiene dal
decimo fino al
veti» tefimo anno, nella quale
l'huomo comincia col
mezzo de* fenfi,ad
inten4ere,&
imparare-fraa non operare
le non confiifamente: comincia
oenc ad acquiftare vigore
ne' fenfi per
cui deità la
ragione ad eleggere,
ào^ volere,-e quello
fi chiama augumento . La vederi
varii colori è
antica inuentione *
perche gli Egittii,
quando voleuano inoltrare nelle
lor pitture l' Adolescenza £
fecondo che racconta Pierio) faccuano
vna vefte di
varii colori,fignihcando la
volubilità dei Ja natura
gioucnilc,el Jà varietà de'defiderii,
chefogliono venire àgioaiani,
mentre fono nella .più
frefea età, e
ne gli anni
piùtencri: pero dicefi che
la via dell'Aquila
in cielo, del
ferpe in terra,
della naue inacqua
e dell'huomo nelradoiefcenza fono
difficili da conofeere,
e ciò lì
troia Belli Proverbi al 3.
La corona decori,
e la diraoftratione del
rifo, figmficafloallegrezza
ilchciùole regnare affai
in qùefta età,
che pcrciòfi rapprefeata
alleerà * * dindio afpctro,dicendofineiProuerbi alxv.Che
ranimoalleerorei^ deretàJiorida,
AD/VIATIO N>E. DOnna allegra
con fronte raccolta,
farà ueftita di
cangiante, con la deftramano
terrà un mantice
d'accendere il fuoco,
e con la
finiilr* vna corda, cVallipiedivifaravn camaleonte. Adulatione,fecondo Cicerone
nel* Ji&dellequeftioni Tufculane
i vm peccato fatto da un
ragionamento ir* vna
lode data ad
alcuno con animo &intentione di compiacere,
oueroéfalfaperfuafione, e bugiardo
con* fentimeuto, che ufail
finto amico nella
conuerìatione d'alcuno, per
farlo credere di fé
fteflò,e delle cofeproprie
quello che non è, e
faflì per oiace* re,operauaritia. r r
Veftefidicangiantcperchel'adulatorcéfaciliffimoad ogni
occafinne a cangiar uoito,
e paroie,& dire
sii, enò, fecondoil
gufto di ciafcuna-T f>erlona, come
dimoftra Terentio nell'EunucoQuicquid dicunt
laudo, id rurfùm
fi negant laudo, Id
quoque negatquis, nego
: ait, aio . II
Camaleonte fi pone
per lo troppo
fecondare gl'appetiti, ÓVI'odc
mone altrui jperciochequefto animale,
fecondo che dice
Annotile G trafmuta fecondo k imutationi
detempi, come l'adulatore' fi filma
Difetto nella
fuaprofefiìone, quando meglio
conforma fé ftefib
ad aDokl derperfuointereffeà gH
altrui coftum&neorchc &Stà^t^ cocche per
effereil Camaleonte timidifiìmo,
hauendo m fefiefiopo chifiìmo /angue,
cquello intorno al
cuore,ad ogni debole incontrarne cfitrafmuta^ondefi può uedere, che l'aduJafioneeindicio dipocofpU rito, e.4
animo bailo in
chi l'efercua, et in
chi uolentieri l'afcoka,
dicen. B % do
0. do Annotile nel 4. deli'Ethica, che,
Omnes adulatores funt
feruiles, 6VT abietti homines. 11
inantice,che è attiflìmo
inftrumento adaccendereil fuoco, et ad am*
mozzare 1 lumi
accefi,folo coi vento,
ci fa conoicere,
che gl'adulatori col vento
d:lle parole vane,
ouero accendono il
fuoco delle paflìoni,in
chi V0 Jontien gl'afcalta,ouero ammorzano
il lume della
verità, che altrui
mauteneuaper la coguitione
di fc/telìa. X.acorda,che tiene
con la finiftra
mano, dimoftra, come
rettifica S. Agoflino,fopra il
Salmo p.che l'adulatione
lega gl'huomini ne
1 peccati,dicendo: Adulantium
linguas ligant homines
in.peccatis,delettat enim ea
facere in quibus
non foUim non
metuiturreprashenlbr, lied etiam
laudaturoperator . E ncll'iftcflb
Salmo fi legge
: In la^uco
ifto, queiii abfconderunt, couiprajaenlus eli
pes eorum_, . * L'haDJ . • L'hauere
la fronte raccolta
fecondo Ariftotile de
Fifonomia cip. p.
fignificaadulatione. 'opre
di fintion*, di
vario afpetto,
Sfinge,CamaleontereCirceimmane., Cari
ciie liifinga, e
morde, acuto ftrale, die
non piaga, e
che inducei; ftrane
moro T Lingua, che
dolce appar mentre
e più fella .
' In fomma e
piacer rio, gioia
mortale, Dolce tofeo, afpro
mei, morbo di
corti, Quei che Adular
l'errante volgo appella. ADVLTERIO. N Gìouane
pompoiamente veftito,che ftiaa
federe* e iìa
eraiTo con ladeftramano tengtii
vna Morena, et vn
Serpe riuolti ambidui duiin
bei giri in
atto dieficril congiunti
infame, e con
Jaiiaijfcwvn** nello, o fede
d'oro che dir
neghamo, qual fi fuol
dare allefpofe#c chcj ii a
vifibile * ma
che ila rotta*
deue incominciar/ì dalia
difinitione elicila, acciò Ci
iappiadi quello, che
fi tratta l'adulterio
è adunque vno illecito concubito
d'vn marito, o
ucro d' vna maritata,.
San Thoma* lo. 3ecunda,iecund«. queft.
154. arti, f.
proibito già nel
Lenitico al cap. *|t..agiuxitoui pena
di morte, comeancora
nel Deute ronomioalcap.
21* &f;^€ftjmpcdilca;:
in piedi per
moftrare dilpofiuone al
moto :in luogo
difficile, e pencololò,
perche ìnquellopiùf agilità li
manifefta ; col
piede a pena
tocca la {erra
aiutata dall'ali,perche l'agilità humana,che quella
intendiamo, fi^folleua col
vigor degli fpirici
lignificati per l'ali,& alleggerire
in gran parie
in noi,il pdòdella
iònia terrena. $TVDIO DKL
UAGR I C OLTV
li A . .nella medaglia
di Gordiano. VNA donna
in piedi, che
ftà con le
braccia aperte, &.
moftra4ufrare* mali > chele
(tanno a piedi,
cio£ va coro
4* vna banda,
e dall'altra*» irn leone. IHeone
fignifica la terra,
perciochè (infero gl'antichi,che-i1 carro
della tlea Cibekfiiife tirato
da due leonine
per quelli intendeuano
l'agricoltura. Il toroci moftra
io ftudio dell'arare
la terra, e
ci dichiara li
commodi delle biade,con Àudio
raccolte. t, i' AGRICOLTVRA, DOnria/v^ftitàdi verde,
con vna ghirlanda
di fpighe di
'grano incapo», nella finiftra
mano tenga il
circolo dei dodici
legni celefii, abbracciando con la
delira
vn'arbureello,cheiiorifea> mirandolo fi
rio j a
piedi vi farà vn'aratro. Il
vestimento verde lignifica
la rperanW,fènzà la
quale non farebbe,
cW fi defle giamai
alla fatica del
lauorare,e coltiuar la
terrà. La corona di
ipighe,fi dipinge per lo principalfinedi quell'arte,
ch'è di far moltiplicar
le biade,che lòn
necefianea mantener là
vica dcU'iiuomó.
L'abbracciar l'arbufcello fionto,&
il riguardarlo fiifo,
fignifica l'amor
dell'agricoltore verfo le
piante, che iòno
quali lue figlie,
attendendone il denato frutto,che
nel .fiorir gli
promettono. 1 dodici Lgni
fono i vani
tempi dell'anno, et leftagiohi,chedaefla agricoltura fi
considerano, L'Aratro fi dipinge
come indumento principaliifimo per
quell'arce. Agricoltura. DOnna
con veftimento contefto
di varie piante,
con vna bella
ghir landa di fpighedi
grano, et altre
biade, e di
pampane con l'vue;
por era in fpalla
con bella grazia
vna zappa, e
con l'altra maiwvn,
roncete to > e
per terra vi
farà vn aratro . Agricoltura e
artedi Iauorare la
terra, feminare, piantare,
cV infegnare gni torte
d'herbe,& arbori,co cóferuatione
di tempo,di luoghi,e
di cofe. Sì dipinge
di verte contefta
di varie piante,
e cori la
corona in tetta
tefitadi fpighedi grano, et altre
biade, per efler
tutte quelle cofe
riccljezdeiragricoltura, fi come
refenfce Propertio lib.
5. dicendo.. Felix agreftum
quondam parata iuuentus, Diuitiasquorummeflìs, &f
arbor erant. 'Glifi da la zappa
in fpalla, il
roncio dall'altra mano, et l'aratro
da inda per elfer
quelli ftromenti ne celfarii all'agricoltura. C Agriif Agricoltura. DOnna veflita
di giallo, con vna
ghirlandai» capodi fpighe
dìgra no,nella delira mano
terrà vna falce
y e nelftaltravn
cornucopia pi no didiucf fi
frutti, fiori, e
fronde. 11 color giallo
del vestimento fi
pone perfimilitudine del
color dell biade, quando hanno
bilbgno che l'agricoltore
le raccolga in
premio delle fue fatiche,.
che però gialla
fi dimanda Cerere
dà gl'antichi Poeti. ALLEGREZZA. GìOVENETTA con
fronte carnofa,. lifeia,
e' grande, farà
veflita di bianco,. e
detto veftimento dipinto di
uerdi fronde, e
fiori rofsi, e gialli,
con vna ghirlanda
incapo di varii
fiori, nella mano
de lira tenga vn
vafo di criftallo
pieno di vino
rubicondo, e nella
finiftra vna gran tazza
d'oro. Siad'afpetto gratiofo;»
e bello, e
prontamente mofiniilra iiauerà
il cornò di
douitia, e fi
potrà veflire di
verde. Allegrezza d'amore.
Glouane ueftita con
diuerfitàdi colori piaceuoli,
con vna pianta
d fiori di borragine
fopra i capelli,, in
mano porterà faette
d'oro, ed piombo, onero
fonerà 1* ArpaAllegrezza, Letitia,
e Giubilò. 'Nagiouane appoggiata
ad vn olmo
ben fornito di
viti,*& calch
leggiermente vn cauolo
fodo, allarghi le
mani, come fé
voleffi donar prefenti, e
nel petto hauerà
vn libro di
Mufica aperto . L'olmo circondato di
viti lignifica allegrezza
del cuore r
cagionata in gran
parte dal vino,come dille
Dauid:e l'vnione di fé Hello,
e delle proprie forme, e
pafsioni, accennate col
cauolo :e lamelodia.di
cofe-g ratea gli orecehiv %9 irecchi, come
la Muficay ch'i
cagione delia ìetitia,
la quale fa
parte delle [uè facoltà
à chi ri'è
#iÌQgirofo, per arriuare
a più perfetto
grado di contentezza.. . Allegrezza VNa giouanettà
coi* ghirlanda di
fiori* in capo,
pecche li fanciulli ftanno Tempre
allegri i ej
perche nelle fefte
public he antiche-» tutti fi
coronauano, e loro,
e le porte
deUe loro caie.,
etempi.j,ÓV~ animili, come
fa mèntioneTertuli-. del
lib. ''fife corona Militis
;3 e con la
delira mano tiene
vn ramo di
palma, 6%, «di oliu&i
per memoria della
Domenica delle Palme, e
l'allegrezza con chie -fu
ricevuto Chriiìtf JN.S.
eoa molti rami di
palme ; e^d'oliue ., Allegrezza. . NEllà medaglia
di Fàùftina è
vna figura ., laquale
con la deftra
tiene vii .Cornucopia pieno
di vani fiori,
frónde, e fruttile
con la finiftra vn'afta ornata
da terra fino
alla cima di
fronde,e di ghirlande,
Onde fu pre* fa
Toceafione daìlainfèriziioiìe, Che
còfi dice^HILAR ITAS. € Alfeso Allegrezza^» . VN A
belliflìma giovinetta vettita
di verde, porta
in capo vna
bella, et vagha ghirlandaci
rofe, &C altri
fiori, con la
deftra mano tenghivn
ramo di Mirto
inatto gratiofo, e
bello, moftrando di
porgerlo altrui. Bella giouanetta, et veftita
di verde fi
dipinge, eflendo che
Ja-t A llegrezza conferua gl'huomini
giouani, &C vigorofi,
fi corona con la
ghirlanda di rofe, et altri
fiori » perche
anticamente era inditio
di fefta_,, e di
allegrezza, percioche gl'antichi
celebrando i conuiti
coftumorno adornarli di corone
di rofe > et altri
fiori, di quale
corone veggiafi copiofamentein Atheneolib.15. Tiene
con la deftramano
il ramo di
Mirto eflendo che appreflb
gl'antichi era fegno
di allegrezza, et era
coftumenei conuiti che quel
ramo portato intorno
ciafeuno de gli
fedenti a tauola in
uitafle l'altro a
cantare, perilche vnauolta
per vno prefo
il ramo cantaua
laluavokajdelqual coftume Plutarco
nei fuoi Simpofiaci,cioè conuiti largamente n'ha
difputato nella prima
quiftione in tal
maniera. Deinde vnufquifque propriam
cantilenane accepta myrto,quam
ex eo Afaranappellabant,quod cantaret
is cui tradita. eaefl et > C.
che fu battuta, l'anno del
Signore 110. Ini
vn'altra medagliadi Adriano,
ab rrbe condita
874. con le
palile H1LARlTAS. Populi
Romani . Figurali vn* donna
in piedi con
ambi le mani
pofte all'orecchie* AMAR'iTVDINE.
PER famarifudine fi
dipinge da alcuni
vna donna veftita
efi nero» che tenga
con ambe le
mani vn fauo
di mele, dal
quale fi neda
germogliare una pianta d'afientlo,
forfè perche quando
fra.no in maggior felicita' della
ulta, allora ci
trouiamo in maggior
pericolo de difaitri
della Fortuna
ioueropercheconofcend3iì
tJtte leqaahtì dalla
03 maona: del contrario^. all'Idra
fi puàiuuire perfetti,
fetenza dilla. d.olcezzi_»». quando ti quando fi
è guftata un'eftrema
amaritudine, però difle
FAriofto* Non cono fee la
pace, e non
la ftima Chi prouato
non ha la
guerra prima. E perche
quella medefima amaritudine
» che è
nell'aflentio > fi
dice ancora per metafora
efierenegl'huominiappafsionati . AMBITIONE, VN A
donna giouaue ve
Aita dì verde confregi
d'hellera, inatto di &lire
vn'afprifsima rupe, la
quale in cima
habbia alcuni feettri* e
corone di più
forte, &On. fu&
compagnia vi fia
vn k&m con
la tefìa alta»,. L'Am baione*, come
la deferiue AleflàndVo
Afrodrfèo t e vn'apperi
to di fignoria, onero come
dice S>, Tommafo,
è vn'appetito inordinato
d'honore; la onde
fi rapprefenta per
vna donna veft
ita di verde,
perche il cuore dell'iiuomo ambulalo
non.fi. pafee mairi
altro, che di
fperanza d'i grado» d'honore, eperà
fi d ipinge
che ià&i ia
la rupe* ■fesr.
1/regidell'helleraci fatino conofcere,
checomc quella pianta
Tempre \VafaJendo in .alto,
erompe ipejfolejnura, che
Ja foftentanò; cosi
l'ambiitio.fo.no.il perdona alla
patria, jie a
i parenti, ne
alia religione, ne
a chi gliporge
aiujoioconfigliojchenón
Venga continonamente tormentando con l'ingordo
defi.derio d'eifer reputato
fempre maggiordeg l'altri .
Il leone
con la tetta
alta dimoftra, che
l'Ambitione none mai
fenza fuperbia> Da Choftofòro
Landino è pollo il
.Leone per l' Ambinone, percioche non fa empito
contro chi non
gli refìfte, così
l'ambitiofo cerca d'effer fuperiòre, et accetta
chi cede, onde Plauto
difle : Superbus minoreSdefpicit* niaioribus
fnuidet j &ik>etio: Ira
ìntemperantis fremit, vt
Leònis animum gettare
credant* Et a
quefto propolìto, poiché l'ho
alle man|,agg.iungerò per fóddj(sfatione4e.iLetton vniònettojdi
Mar CO Antonio Cataldi
j che dice
con* .. ODi «difcordia, e
rifle altrice vera ^
Kàpina di virtù
ladra d'honori., Ore di
farti, di pompe,
e di splendori Soùra'lcorfo morrai
ti pregi altera: Jtù
fe.i di glorie
altrui nemica fiera Madre
d'hippocrifia fonte d'errori, Tu
gl'animi auueleni, e
infetti i cuori Via
più di Tififon,
più di Megera, Tu
fedi yn nudùtf
Dio ftimarfi Annone, D'Etna Empedocle
efporfì al foco
eterno } O' di morte
miniftra Ambinone, TV dunque
a T onde S
tige, al
lago A u erno Torna,
che fen^a te
languè Plutone,• L'alme non
fenton duol, nulla
è l'Inferno ì Ambinone.
DÓnria giouane,veftita di
verdefcon ftabito fuecinto,
è con li
piedi nudijhauerà a
gl'hpmeri l'ali, &con
ambe lemani njoftri
di metterti Confufamente in
capo più forte
di Corone, et hauerà
gl'occhi bendati .
Ambitionejfecondò S. Tdmmafo
2.2. q. i^i.art.i.è
vn'appetito difordi tiato di farfi
grande i e
di peruenirea Gradi,Sta.n,Signorie, Mag idrati, ST pffieiiiperqual fi
uogliagiufta* ò ingiù ftaoccafione,
virtù ofo,»o vitiofo jnezo, onde
auuiene che quello
fi dica eflereambiiiofo, cóme
dice Arittotilenel Quarto
dell'Etnica, iiqualepiù che
noii faccia meftiere, et appetito, fecondo
il detto di
Seneca nel 2.
de ira '.Non
eft contenta honoribus
Annuis fi fieri
pò teft uno" nomine
Vult feftos occupare;, et per
omnem Orbem titulos difponere . Età quefto
propfito non voglio
lafciare di fcnUerevn'Àgramma fatata fopra
la prefente figurala
Taddeo Donnola, che
così dice AmBitio. Amo
tibi. Grammaticam falfam quid
rides 1 define
namq; Ex vitio vitium
nil nifi colligituf. Tu laude
hinc homines, qiios
ambitiofa cupido, Cascos, de mentes,
ridiculofque facit .
AMPIEZZA DELLA GLORIA. SI
dipinge per tale
effetto la figura
d^Aleflandro Magno con vn folgo* re
in mano, e
con la corona
in capo. Gl'a*ntichiEgittii intendevano
per il folgore
l'ampiezza della gloria,
e' la fama per
tutto ilmondodiftefaeflendo, che
niun'altra! cófa rendei maggior fuono,
che i tuoni
dell'aere, de quali
efeéil folgore, onde
per tal cagione fcriuono
gl'Hiftorici ch'Appelle Pittore
Eccellentifllmo, volendo
dipingere l'effigie del
Magno Aiefiandro gli
pòfe in mano
il folgore, accioche per
quello lignificale la
chiarezza delfuoìiome, dalie
cofe da lui fatte
in lontani paefi
portata, 6V" celebre
per eterna memòria.
Dicefi anco, che ad
Olimpia madre d'Àleffandro,-apparue ih
fogno vn folgore,
il quale gli
daua inditio dell'ampiezza, e
fama futura nel
figliuolo. AMICITIA DONNA
veftìtadi bianco, maròzzamente,
mòftri quafi la
fini/Ira' lpalla, et il
petto ignudo,con la
deftra mano moftn
il cuore,nel qua-le ui
farà un motto
in lettere d'oro
così, LONGÈ ET
PRGPE: 6^, nell'eftremo della
uefteui farà' fcritto,-MORS,^ ET
VITA. Sara impigliata, et in
capo terrà unaghirlanda* dì mortella, et -'di fioridi pomi1 granati
strecciati infieme,>nella£onte uifaràfcritto.&YEM& HY,EM5, EASTAS' Sarà
fcapigliata, et con
il braccio finiftro
terrà un'olmo fecco,
il quale farà circondato
da una uite
uerde. Amicitia fecondo
A nftotile è una
fcambieuole, efprefia, e
reciproca bentuolenza guidata
per uirtù, e per
ragione tra gli
huomini, che hanno
conformità di influfsi, et di
compiei fi ohi. Uueltimento
bianco, e rozzo,
è la femplice
candidezza dell'animo, onde iluero
amore fi feorge
lontano da ogni
forte dijfinuoni,òc
dilueiartifitiofi, Moftra la fpalla
finiftra, et il
petto ignudo, additando
il cuore col
mot to, Longe, cV"
prope, perche il
uero amico, o
prefente, o lontano
che fi* dalla periòna
amata, col cuore
non fi iepara
giamai; et benché
itempi, et ]jif ^rtuna
(i mutino, egli
è fempre il
medefimo preparato a
viuere, e morire per
l'interefle dell' amicitia,
e quello fignitìca
il motto, che
ha nel l^bo delia
verta ^ et come, fanno
1 dadi,quando lì
giuoca con elfi
. » lì Mirto;che
è Tempre verde,è
fegnò, che l'amicitia
deue Tiftcflia conferà aarfi,nemai per
alcuno accidente farli
minore. Amieitia. VN
cieco#chcpcrtifopraallefpalle
vno, che non
pofla flare in
pi^di^r cornei feguenti verii
dell'Ai ciato dichiarano. Porta il
cieco il ritratto' in
siile fpalle. Et pervocediluiritrotta.il calle,=
Così l'intero di
due mèzzi fafli, L'vn predando la
vifta, e l'ai tr ftrarc,che li
hauellero a tener
lontani gl'amici finti, et ingrati,,
fece leuare da i
tetti della caia
tutti 1 nidi
delle rondini ... AMMAESTRAMENTO VOMO d'afpetto magnifico, et venerabì le, con habito
lungo,, et ripieno di magnanima
grauità,con vnfpecchio in mano,
intorno alenale iaravna casella
con qudte parole.
IN3PlG2,CAVTVrS ER1S.
L'Ammaeltramentoè reifercitio,che fi
fa per l'acquiftod'habiti virwio«? fì9ò
di qualità lodeuoli,per
mezo ó di
voce, ò di fcrittura,
&f fi fa
di afpetto magnifico,
perche gl'animi nobili
foli facilmente s'impiegano
a 1 fa^ ltidii,che vannoauantialla virtù.
Il vestimento lungo, et Continuato, morirà, che
al buon habito
fi, ricerca continuato
effereitio,e Jo fpeechio
ci da ad intendercela
ogni noli raattione deue
elfer ealcolata,&compairata
con I' ittioni de
gl'altri, che in
quella ftclfa cola
fiamo vmuerfalmente f©. d*ti,comcdichiara il
motto medefimo AMOR Dl VIRTV. Un fanciullo ignudo,
alato, . in capo
tiene unaghirlanda d'alloro»* &trealtrenelie mani, perche
tra tutti gl'altri
amori, quali uarixmenteda
i Poeti fi
dipingoiio,queJJo4ella virtù tutti
gli altri iuperadi
nobiltàjcome la uirtù
ifteflaè più nobile
di ogn'altra cofa,ÓV"
fi dipinge coni la
ghirlanda d'aIloro,pcrfegno dell'honore
cne fi d tue
ad efia uirtu-,Etpét moftrare che
i'amor d'efla nonècorrut:ihile,anzicome .l'alloro
Tempre uerdeggia,i^si;eomecorona^>^ò
ghirlanda ch'è di
figura sferica non ha
giamai alcun termine .
Si pu© ancor
dire,chela ghirlanda della
teda figaifichi la
Prudenza, &C l'altre-uirrù
Morali, ò Cardin3li,che
fono Giuil.tiaj, Prudenza, Fortezza,e
Temperanza, 67" per
inoltrare doppiamente la
airtu con U
figura circolare > et eoa
il numero ternario,
che è perfetto
^£|„ le. coroae. X) %
AMO fi sì ICO NO
t G'G.f X AMORE
VERSO IDDIO HVOMO che
ftia riuoreM te
con la faccia
riuolta verfo il
Cielo, qó# le additi
con Ja finiftra
mano,c con la
delira moitri il
petto aperto. Amor del
profilino.,... HVomo venato nobiImente,che gli
ftia acato vnpeHfcan^teon Jifuol figliuoli ni,
li quali ftieno
in atto di
pigliare con il
&còa il languì ch'efee dVna
piaga,che detto Pellicano
fi fe con
improprio becco in
mezza il petto, et con
vna mano mofiri
di folleuar da
terra vn pouero,&
con l'altra gli porga
denari, fecondo il
detto di Chrifto
nóftro Signore nell'Elia» gelici Amordilèftefib. SI dipingerà
fecondo l'antico vfo
Narcifo,éie fi fpeccfiia
in vn fonte,perche
amar fé (i efib
non è aitro,che
vagheggiarli tutto nell'opere
prò* prie con foddisfattione&, con
applaufo . Et ciò è cofa
infelice, e degna
di rifo,quanto infelice, et ridicolofafu
da Poeti amicM fin» Ja-fauola
di ^far^ «ifo,pcì?ò difle
TAleiato., Si come
rimirando il bel
Narcifo Nelle ehiar'ondeil vago
fuo fembiantè Lodando hor
i beg l'occhi, hor
il bel viCo? Fu
di fé fteffo
micidiale amante, Così fouente
auuicn che fia
derifo L'huom * e
danno, e biafimo
eiproflb . Amordife/reflb*
DOnna incoronata di
Veficaria, porti addoflo vna i
accoccia grofTa,8cJ ripiena
rftrettà dinanzi dalla
mano finiftra, Con
laquale ancq.tengafopra vna
verga vna cartelteeon
quella parola greca.
*rMÀ*TiA nella-» mano dritta
habbia il fior Narcifo,alli
piedi vn Pauone. Niuna
cofa è più
diffitilciche fé Ireflb
conofeere . L'Oracolo DeIfico,e£ fendo addimàdato
da vno,che via
tener doueua,per arriuare
alla felicita gif rifpofe,fe eónofeerai
te iteflb:Come diffìcil
cofa^fìi per orbine
del publica configlio di tutta
Grecia fatto intagliare
fopra la porta
del Tempia Delfico qncfto ricòrdo.
Fu AGize ay
toh . Nofce
tè ipfumyr oce ài Socrate^ attribuita all'iftefTo
Apollo.Quefta difficoltà di conofeerfi
è cagionata dal j'amordi
le fiefib,ilqualt accieca
ognuno. Cccus Amor
fui. DilTc BóratiO,! effendo cieco
fa che noi
lìeHI non ci
conofeiamo, et che
c-iafcno fi reputi eflere
garbato,elegantc, et fapiente
; Varronè nella
Menippea . Omne» videmur nobis
effe bclluli, et feiliui, et làperc
* Socrate diceua
che fé in vnTheatro,
fi commandatfe che fi leuafleroìin
piedi li Sartori)
o altri d'ai. tra
profefsione, che foio
i Sartori fi
leuerebbero, ma fé
fi comandale che fi
alzalTero i iàpienci, tutti faiterebbano in piedi,
perche ciafeuno prefumc
lapere. Arinotele nel
primo della Rct.tiene
chccialcuno (per efler amante di fc
Hcilo ; necelfaruincntc tutte
le cole lue
gii fieno gioc
onde, e detti, e fatti BT £# i
fatti : di
qui è quel
prouerbìo . Suura cuiq;
pulchrum . A tutti
piacciono le cofe fue
i figli, la
patria, i coftumt,
i hbn, l'arte,
l'opinione, l'inue»tione, et le
compofitioni loro :
Però Cicerone ad
Attico dice, che
alai uhm Poeta, ne
Oratore e flato,
che riputaife migliore
altrd che (è,do^ Poetilo conferma
Catullo, come difetto cemumae
§ ancorché di
Stìfteno parli. Necjueidem vnqMara iEquefef! beatus,
ac poema cum
fcribit Tarn gaudecin fé,
tamquè fé rpfe miratury Nimirum id
omnes fallimiiF. Arift. neli'Ethica
tib.p. cap. £.
mette due forti
d'Amanti dì fé
ffefff,vnft-i» forte vitiofa, vituperabile,
fecondo ilfenfo, &'
l'appetito, l'altri lodabile fecondo la
ragione : Gli
Amanti di fé
fieni fecóndo la
ragione cercano! d'auanzare gli
altri nella virtù,
nell'honeflà, ;■& nelli beni
interni dell'Animo. Tutto quello
fia bene :
il procurare d'auanzare
gli altri nelle
virtèi ieozadubioch'èlodabilifsimo.
Maciévna forte devirtuofi»e
fàpieriti non troppo commendabili,
i quali accecati
dall'Amor proprio arrogantemente, fi presumono
faperc più de gli
altri /innalzano le cofe
propritfl ammirano lo itile,
la feienza, et le
opere lóro, difprezzano, et opprimono con
parole indegne quelle
de gli altri, et quanto
ad altri fuor
di ragióne togliono di
lode, fuor dì
mento a fé atmbuifeono :
perciò Thalete il primo
faaio della Grecia
difle > che
ni'una cofa è
più difficile che
conoscere fé fieno, et niuna
più facile/ che
riprendere altri :
ilche faario gli
affet* tionati di fé
fteisi > perche
quello che riprende,
&~ altri biafima,
da fegra» d*effere innamorato
di fé neflb,cV" d'efierc
auaro ài lode,
fi Come accenna Plutarco nel
trattato dell'adulatore, e
dell'Amico dicendo. Rcprchenfio, et Amorcm fui, et animi
illiberalitatem aliquam arguit .
Auara di lode, et innamorato
di le fieno
in più luoghi
fi fcuopre Giulio lipfio
/liberale de biàfimi, il
quale non per
dire il parer
fuo/ maperdifprezzodek le altrui
opere a beila
pofta morde grauifsimi
Autor i,fpef talmente iiBem>
bo nella
feconda Centuria Epift.tfr.
nella quale auuihicc
io fìile delBenibo,
che fé bene
in qualche particolare
pano' fi come ogni
altro può cflere caduto, nondimeno torto
efpréfifo ha Giudo
lipfio di riprendere
genera camente lo ftile
fuo, et d'altri
del fecondo Tempo
di Leone X.
i quali fó* no
ftati tanto in
profa / quanto
in poefia terfi*
puri/ culti, cV"
eleganti affatto nella Romana
eloquenza, egli reputa
il loro Attico
ftilc conoJctuto, et confenato
da lui Ciceroniano,
languido, puerile, Staffetta tó,
qu%* n* ch'egli piùgraue toglia
il uanto all'Oratore,
accecato fenra dubbiodall'amor di
fé fteflb, come
quello,che è di
fi ile diuerfo
da quelli che
fono di Itile Attico,
de quali dice
egli, che le
loro compofitioni fono
affettate, et formate ad
ufo antico, 6^
non fi accorge,
che il fuo
fìile vano, turgido, o
per dir meglio
torbido, è quello
che fi chiama
antiquario, affettato,
jaaendicato dalle ofeure
tenebre de comici, et Autori
più antichi, tdfutè' Js
\,*®on periodi, tronchi,
intercifi, ne quali
bifogna intendere molte più
di quello, che
dice > .&
comporto con parole
ailrufe, recondite, raniaccà
fé, e Urani
fono coloro, che
vorrebbero tutti fcnuUTero,
OC paraferò come fcriuono,
cV* parlano efsi, &cheiòlo
il loro Itile
fuflV legni* «ato, abborrendo
ogni altro ancor
checon giuditio,con buona,$c regolata fcelta di
parole comporta fia : si
che falla, et erra
chi fi ima.,
&.ama l'opere, et le
virtù fuc, fi
come raccogliefi dalli
fudetti verfi di
Catullo, et da quelli
che più a
(jaifo porremo . Ma
fappinopure quelli Satrapi,
e lapienti, chefolo
le loro opere
apprezzano, et le
altre deprezzano jehe
chi loda
iel!elIo,.esbiafimato da altri,
chi amerà feitqilo,
è fchernito dà .altri, $c
chiama troppo fé
fteflb è moltoda
altri odiato. >Jemo erit
Amicus, ipfe fi te
aniesiiiinis. Perche l'arroga nza
concilia odio :
la Model! ia
amore^ratìa, ÓV* bene.«olenxa.
Differo le Ninfea IMarcrfo (per quanto narra
Su ida) ni entree
contemplaua le lue
bellezze nella fonte .
v^v'o-i ju&ToV(fi\^ Multi teoderint
fi teipiùm amaris.INell'amor diie
iìciì'o reftano gli huo« inini
gabbati nella maniera
che fi gabbano
gli animali irrationali
] pòfeiacheacufcUno animale
dilettapiù la forma iua,
che quella degli
altri 4ifpetiediuerfa: circa di
che Piatene arferifce,che
le Galline a
fé fieffe piacciono, et che
par loro d'eifere
nate con belle
fattezze, il Cane
paro fceJlifsimo al cane,
il Boue al
Boue, l'Alino all'Afino,&^ al
Porco pare, «he il
Porco auanzrdi bellezza
. Marco Tullio
in ogni cola
Platonico nel primo lib.de natura
Deorum, allude all'ifteifo.An putas
uliam eile terra jnarìq;
belluam, qu£ non
fui generis b-lua
maxime deleftetur? Soggiunge pppreifq > Ed
èmm vis tanta
natane, vt homo
nemo ve ht nifi Domini
l죻i% eiTe j;€C
«juidem foriaica fòrmicf
Ma /amor di4e
(.elfo ha nell'imomo
jv ho que^o dì
più, che egli.fi
reputa più galante
di ciafeuno dèlia
ma fpetieV ì che
no,i vorrebbe efiercaltr'homo, che
fé flefiò, ancorché defideri
lm bi'tuna d'altri più potenti, et felici,. L'Amor di
fé fteflb.loraprefètiamo fotto
figura femmiriile,percheè pifr •adicato
nelle Donne, attefo
che ciafeunaquafi. per
brutta-, .e feiocca
che ia,bella,& Saccente fi
reputaioltre ciò apprefio
Greci pafs a. fotto
nome di emina pofto nella
cartella » ehe
anco da latini
diceilì Philautia.
L'incoroniamo co la
Veficaria della quale
Plinio Jib. x.
cap. 51. in
altro nodo chiamati Trichno,
Strichno, PeruTo, Thrionò, et Halicacabo,
era n Egitto adoperata
da quelli'che faceuano
le corone inuitati
dalla fimiliudine dd
fiore d'Edera, hagir
acini che porporeggiano, laradice
candifa » lunga
vn cubito, e'1
furto quattro /come
deienue Ruellio* iib.
3. cap. 10. la
poniamo per (imbolo
dell'Amor di le
ftefib p,erche i
Greci* fpetialnente Theofrarto
lib. o. cap. il.
vogliono ch'vna dramma
di radica di [uerta
pianta data a
beuere, fa che
vno s'abbagli credendoli
d'efserc bel" ifsimo. Dabitureius
radicisycfrachmj pondus, vt fibi^
quis iiludat, placa tque, feque
pulcherrimum putet . Dirafsi
per ìfcherzo di;
quelli che bno inuaghiti
di fé rtefsi^chliabbino beuuto
laradica della Veficaria, &^ hefi
abbaglino, et burlilo
fé ftefsi. La cagione
che porti' ribella
deftra il Narcifo>è
in pronto, nota
è la meamorfofi
di quello che
inuagjhitolì dell'imaginc fua
in fiore di
Nareifo, conuerfe, il qual
fiore genera rtupore,
egli amanti di
fé freisi marauilianfi
coniftupore di loro
|ncdefimi,& noa ci mancano
di quelli, cho rapportati dell'Amor
proprio fi penfano
di efiere tanti
Marcifi compiti, et errerò
in ogni co fa.
Maquefti tali non
veggono il grofso
facco pieno d'ìmperfotioni che-» ddouo
portanOjCome SufFeno,ikjuale fi
teneua per bello,gratiqfo, face* 3, et elegante
poeta, e non
s'accòrgeua, ch'era difgratiato,
(n ripido, e garbato, per loche
conclude Catullo, che
ejafeuno' eifendo inuaghitodi :
rteiro,inqualchepartes'aiSimigliaaSufrenoy&che ogn'vno
ha qual* he difetto,
ma che non
concitiamo Jamanwce, cioè
il ficco de
vidi che ictrolcipalle habbiamo. Ncque eft
quifque, Quem non in
aliqua re videre
SufTenum '.. Polsis fuus cuique
attributusefe error, Sed non videmus
man ticae quid
in tergo efr l
Cìòanuìenc dall'amor proprio
che il iènnooiufcaj
talché innamorate i noi
medefimi feorgiamo fi
bene i mancamenti
de gli altri
per leggieri,
hcfieno^maj/ion conoiciamo li noltrvaneorehegraui,,
ilcheei dimpftrà ;(opo, quando figurò
ogni huomocón dte
facchi,uno auanti il
petto* altro di dietro,
in quello dauanti
poniamo i mancamenti
d'altri, in quello. idietro i noftri,
perche dall'amor dinei'mcddinai noali
vediamo* lì co» te
vediamo quelli de
gl'albi. li | \\ Pauone figura
l'Amor di fé
ftcfco, perche è
Augello che fi
cornar OC dcllafua colorita, et occhiuta
coda, la quale
in giro (piega, et rotand incorno
la rimira :
ond'è quello Adagio,
tanquam Pauo circunfpeeìans f et macilente
nominato Cinclo . Tiene fotto
li piedi ì'arco, et hffaretracòn
la face fpenta
per fegrió df „
fere Tomaso, efseodo
che i'abbalsare, et deporre
leà*mifue,fignrfiea fog
.__£„_getuone . S$ gettione, ficfommefiìone . Non
ci è cofa
che domi più
l'amore, e ipenI
ga l'amoroiàface, che
il tempo,, et la
pouertà : l'oroiogio,
che porta in_* !
mano è iimbolo
deliempo,ilqualeè moderatore d'ogni
h umano affetto, &C^ d'ogni
perturbationed'animOjfpetialmented'Amore, il cui
line é£ ; fendo
pollo in defrderiodi
fruir l'amata .bellezza
caduca, e frale,
èforr ; Za. che
cangiata dal tempo
la bellezza,, iì
cangi anco l'amore
in altri penfieri
• fllamamabamolim^nunciam alia
cvra impendet petlorì,
Dìffe Plauto» ne l'Epidico,& l'ifteffo
ne la MufteJiaria .
Stulta e spiane.
jQue ìllumtibì eternimi putasfore amicum^ et bencuolentem
Moneò ego -, te deferti
ille atate^etfatietate' Et più a
baffo moltra che
ceffata la cagione,cefli
anco l'amorofo effetto, mutato dal
tempo il bello
giouenil colore. Vbì
etate hoc caput
colorem_commutamt Rgliquit defemitq;
me : tihi
idem futurum. Credo
fu detto di Bemofkneche
l'amorofo foco dentro
del petto accefo,
nò lì può
ipegnere con la,
diligenza > ma
neila negligenza ifteffa
per mezzo dd
tempo E s'eflui14 t e
(lingue > et fé
rifolue . Ringratia il
Coppetta, mio compatriota
il tera| -o, che
i'iiabbia fciolto à
7\(_, n giufl
o [degno d'infin
ite offe fé. tbcfè
di noi si
doloro fi [empì .
TiU alma acquifiiycbe tanto ar[e> et alfe* Tu de
la mia vendetta
ì voti adempì
La qualbor tolta
da mortai periglio, L'altereTgay e
l'orgoglio a terra
mandìy Teco al%a
il volo a
più. leggiadre iprefe, Tu
folo sforai dimore
y egli comandi, Che
di f doglia i miei
lacci indegniyet empi.
• _ II tempo
dunque è domatore
d'amore, che fi
conucrte alfine in pen
amento del perduto
tempo ne le
vanità d'Amore. L' A ugel
etto nominato Cinclo
magro,& macilente, fignifica che
ramante lograto che ha
le Tue follanze
negli amori fuoi
alciutto, et nudo rimane
domato da la
pouertà,da la fame, et dal
mikro flato in
che fi ntroua . Delapouertà
n'è fimboloil detto Cinclo,
del quale dice
Suida. Qncius auicula tennis y&
macilenta. Trouerbium pauperior
leberide y et Cinclo, E quefto
augello marino cofi
fiacco, che non
può farli il
nido, però colia nc$
nido d'altri, onde
Cinclo negli Adagli
chiamafi vn'huomo pollerò, Ó£
mendico ? fé
bene da Suida,
qucfto marino augello
è chiamato (Kin Uìos)Ex quo
Cigelus propaupere dicitur .
Crate Tebano Filofofo difiè,
che tre cofe
domano l'Amore »
la fame, il
tempo, et il
laccio, cioè Ja diipe
ratinile . osfmorem redat
fames yfin minus
tempus yeis vero
fi vti non i?alesy
laqueus y Et
per tal conto fi potrebbe
aggiugncre vn laccio
al collo di Cupido,
eiTendo coftume de
gli amanti per
difperationedeflderar la morte, che
m effetto alcuni
data fi fono
; Fedra ne
l'Hippolito di Euripide non
potendo 'iòpparcaro il
fiero impeto d'amore,
penìa— dai?* d Ja.morx . £x quo me
amor vulnéfàuit ytonfiderabam \,vì (ommodifììms ferrem
eum ? incapi
itaque Exinde reticere hunc
> et occultare
morbuni lingua enim nulla
fidesy qua ex
trema quidem (onfilia hom'mum
corfigere nouit, 9^f[e ip[a
vero plurima poffidet
mal/cj Secundo amentium bene
ferrei j ìpfa modeflia
vinces yfìatuì .Tertio
cum bis effici
non pò Jet Venerem
vìncere *JWori vifurri
ejì mihì Optimum . J^emo contradicat
meo decretò. Ma noi
habbiamo rapprefentato Amore
domato foìatuente dal
tempo* f*_da la pouertà,
come cole più
ordinarie : 6V:
Gabbiamo da parte
lafìàt» Ja diipcrationc, occorrendo
rare volte a gli amanti
darli morte :
poiché eiaicunoama la vira
propria, cV fé
bene tutti gli
amanti ricorrono col \
eia fiero alia
morte ., noa per
ciucilo fé la
danno, e riero
il Caualkr Giana; .
ss rini introduce Mirtillo
che dica nci'eccefsiuoamoriuc J^qu ha
rimedio alcun fé
non la morto t
cui riiponde Amanlli . la
morte bor tu
mafiose fa che
legge Ti fan quefte
parole > ancorch'iofappia Che'l morir
degli amanti è
pia tofio vfo D'innamorata lingua
y che defio D'animo
in ciò deliberato,
& fermo » E
Torquato Tallo prima
di Jui nella
fua elegante Pallora/c
d'Amia. ta dille, è-pfoy&ane Di ciafeun
ch'ama minacciarft morte,
cJHa rade volte poifegtte l'effetto. Batti dunque
a noi hauer
inoltrato, come Amore
relli principimelite domato
da l'infelice pouertà,&
dal tempo . tsfrnordifama-"
VN fanciullo nudo
coronato di Lauro
con i fuoì
rami, et bacche,
hauerà nella delira
mano in atto
di porgere la
corona Ciuica,& nella fìniftra la
corona Oblìdionale, et fopra
vn piedelìallo vicino
a detta figuraci faranno didimamente
quelle corone,che vfauano
i Romani in
fegno di valore,cioè
la Murale,Ja Caitrenfe, et la
Naualc . Racconta A. Geìho,
che la corona
trionfale doro, laqrale
lì daua in_. honcre
del trionfo al
Capitano, ò all'Imperatore fu
anticamente di lauro,
cV' l'oblìdionale di
Gramigna, et lì
daua a quelli
foJamente, che in [qualche
eltremo pericolo hauelferofaluato tutto
l'efercito,ò s'hauefero
ileuato l'efercito dattorno .
La corona Cinica
era di quercia,&
gl'antichi jcoronauano di quercia
quali tutte le
Itatue di Gioue,
quali che queiìa», furie fegno
di vita, cVi
Romani foleuano dare la ghirlanda
di quercia a chi
hauelfe in guerra
difefo da morte
vn Cittadino Rcmano,voicndo dare l'infegna della
vita à chi
era altrui cagione
di viuere^. Scleuano
ancora fare quella ghirlanda
di Leccio per
la Similitudine di
detti arbori . La corona
Murale era quella,che
fi daua al
Capitano, ouero al
Soldato, che_> era flato
il primo a
montare fu le
mura del nemico .
Là corona Caftrcnie
li daua a
chi fulìc prima
dogn altro montato
dentro i baltioni,& allog igiamenti de'
nimici . La NauaJclì
daua a colui,
cheterà il primo
a montare fu l'armata
nemica, et quelle
tre lì faccuano
d'oro, et la
Murale era con certi
merli fatti a
lìmiglianza delle mura,
ouc era alcefo .
La Ca[litrenie era
fatta nella cima a guifa
d'vn baftiono . La
Nauale haueua^. per ornamenti
i fegni de'
roftri delle naui,
e quello è
quanto bifognaua-»
icriuerein tal propolito
per ccmmoditàde' Pittori . z^fmor della
spatria, del Sig.
(jiomnni laratino Qflellini . GIOVANE vigoroiò
pollo tra vna
eifalatione di fumo, et vna_» gran
fiamma di foco,
ma che egli
guardi con lieto
ciglio verio il urne,
porti nella mano
delira vna corona
di gramigna, neiJa
lìmftra_j ivii'ùJtra di quercia,aili
piedi da vn
canto vi na
vn profondo pr
ìfitio, *S i'iìlcro canto
intrepidamente ccncu-cai icimiuiYe;arme in
afe;,e manli 1 n**'ie
aure : e
perche cornfponda a
limili circoftanze, et per
làcagione che diremo y
Ci vcflirà d'habito
militare antico .•
E giouane vigorofo,
perche i l'Amore della patria
più che s'inuecchi&piìr è
vigorofo, non fi debilità, ne
mai perde le:
forze :: tutti
gli 'altri amori
celiano» Vn Caualiere dopo >
che hauerà fervuta in
amore vn tempo
adVna Dama y fpento
l'amo* rofo foco dal
freddo tempo,,& da
l'età meni frefea, ch'altri penti
eri apportala poco; apoco
fé ne:fcarda,ma della
patria; non mai . Vn
Mercante allettato da?
l'amore: della. robba,i& del
guadagno non iftimer&
pericolo alcuno per nauigationi
d-ifiìcilifsime, e tempeftofe,
all'vltimo Ci ritira al
porto della paterna
riua . Vn
Cortigiano
adefcatodall'ambitionc vinc baldanzofo
nella fuperba Corte,
nutrito dalle fallaci
lperanze, non dimeno (buente
penla al fuonatiuo
nido . Vn
Capitano dopo, che ha
uerà molti anni guerreggiato
per acquiftar fama,
e gloria, al
line fé no torna
aila patria a
ri po far
Ci \ Efempio
ne lìail (àggio
Vlifiè, che hauen da .
'fy do praticato come
Capitano gloriofo nelle più
nobili parti della
Grecia* grato, anzi gratifsinitf
alla splendida Corte
Imperiale, delìderaua tuttavia
far ritorno in
Ithaca fua patria ofcura,
brutta, et fallofa,
quefto amoire della
Patria è perpetuoper
l'eterno obligo y et honore
che a quella
di •natura ciafcun le
deue, come il
figliuolo al Padre',
cflèndo noi in
quella generati, et hauendo in
ella nceuuto lo
fpinto, et l'aura vitale
: anzi Per iquanto
afienfce Platone in
Cntone, et Hierocle,
è maggior l'obbligo, i& Thonore
che iì deuealla
Patria y che
alla Madre y et al
Padre, dal quale prende
il nome la
Patria .• Qui
nomen "Patria impófuit
f Dice Hierocle^) *
re ipfa non
temete Tatriam nominanti fpocabulc rquidem a
'Taire deduclo > pro~
nuntiato' tamen femmina
terminatane > vt
ex vtroque parente
mixtum eftet» tAtcjue bac
ratio injtnuat patriam
vnam ex aquo
diióbus" parentibus
colenda efìa Traferenda igitur
omnino eft patria
vtriuis" parentum feórfim
:'& ne fimul
quidem parentes ambos
maioris fieri >•
fed equali honore
d'ignari t eft dufern > et alici tatio
> que non
tantum aquali yfed
maiorij etiamquam fimut
ambos' parentes ko~ nore patriam
ajficere monet, neque
folum ipfis' eam
ptefert ? fed eiiam yxoriy et libcris
y et amicis, et abfoluto
fermone rebus altjs
omnibus : poft D'eos
. Dello ìfteflb parere
è Plutarcho ne
li Morali.e^if enim
patria, et ~»t
Cretenfium* more foq'uar'y eJHatria plus
in te, quam
parentes fui ius
babet '. Da
tale obli|gOy& affetto
naturale nafce che'
ciafcuuo ami la
patria fiia, ancorché inima rie
fa eccettione da
loco a loco
per humileV o
fublime che fia_, . lyjìes ad Ithacafue faxa fic
properat, quemadmodum et moribus
gaudet alieni*. Anzia mio giuditio
molto più moitra
fapere colui, che
cónofee la qua. lita
de coilumi, et la
differenza, che ci
è da vn
luogo all'altro . Onde
chi il leucra il
velo della patria
affettione dauan ti gl'occhi,
che bendati tie* jne, et chi
vorrà dire il
vero fenza pafsione,
confermerà il parere
d'A« thenco,ilquale ancorché Greco,&
Gentile Autore nel
primo ;libro,chia ma Roma Patria
celefte, compendio di
tutto il mondo Celefìe
in vero non tanto
per la bellezza, et amenità
dQÌ iìto, et la
foauità dei Cielo, quanto
perche in quella
ha yoluto fondare
la /uà Santa Chielà
il Creatosi del Cielo, et ella
è refidenza del
fuo Vicario, che
tiene le chiaui
del Cielo, et vi
difpenfa li tefori
cele/li, compendio è
poi del Mondo,
poi £he in quella
non lblamente concorrono
moltitudine di genti
da Fran* eia, e
Spagna, ma anco
vi il veggiono
Greci, Armeni, Germani,
Ingle£,01andefì,Eluetij, Mofcouiti, Maroniti,
Periìani, Africani, Traci Mori,
Giaponneil, Indiani, Tranfiluani,
Vngari, et Sciti,
appunto, co» me dice
il ihd etto
A theneo .
Quandoquidcm in ea
Vrbe gente s etiam
tota ha* bitant, vt
Capadpces Scytba Tonti mtionesy et alia
compirne s quarum concurfut babitabilis totius
terra populus efi .
In qnefta guiìà
tutte le parti
della terra vengono ad
effere volontariamente tributane
del fuo fangue,
de fuoi iì*i gli, et Cittadini
a Roma,come capo
del Mondo, per
lo che con
molta ra«# gione tuttauia
chiamar il può
Alilo, Teatro, Tempio, et compendio
dcU 4'yniuerfo,& potiamo confermare,
quello che afferma
il Petrarca con
tali parole . Hoc
affìrmo, quod totius
bumana magnificcntia fupremum
Domicilium J{pma eftynec efi
ipIIus tara remotus
terrarum angulusyquikoc neget .
Et le il me»
de.ìma Petrarca in
alcuni Sonetti ne
dice male; emenda
anco tale errore con
foprabondante lode nelle
ih^ opere lucine, in
quella copiofajj inuettiuà,che fa
contrg Gallura, nellaquale
è da lui
celebrata con sì no*
bile encomio, I{oma
Mundi caput, Vrbium
Regine., Sedes Imperij
a^frx fidei (atbolicafons
orarìurn-, meraorabilìum exemploru?/u
. E: le
i'hauefle veduta nello ainpliisimo
lìdio in chchora,fì
troua accresciuta, et oltra_l jjiodo
abbellita, non iiuiirebLc meno
de ciò . Muri
quidem, et Tal&ia
ie~ iìdQiiint ; ghìf* ngmmti immortelìi -eflì Ma più
tolto defto ha i.rchbc
alla glena H gloria dcll'immortal
nome cornfpcnde Iberna,
&eccelfa Maefta dclk b
de'iuperbi palazzi, obelifchì,
colonne, archi, e
trofèi, in ella
conier tanfi ftatuc ra/e
d'antichiflìmi tenitori nominati
da Plinio, la
Niobc con i Egli,
il Laocoonte, Dirce
legala ai toro,&
altre moke, alle
quali s'aggiungono opere modcrnedi
Scoltura, e Pittura,
cììc hoggidi alla
fama degli ntichi non
cede, oltre il
corfo coni uClO del
Tebro Rède'Eiumi,vi abonlanocopiofìaqmdotti,eicorreno diueriìcapi
d acque, et fionlcono
deìtiofì giardini per
liiimerbi, e i'patiofì
colli, ÓV quello
che importa pivi tanno
in piedi infiniti
Monaftern', lochi pi;,
Collegi;, e Tcmpij
veamente Diuini, e
Sacroiànti . In quanto
a la Corte
di Roma aflìmigliar i
può alla Hierarchiacelefte, fi
come Pio Secondo
pratico nelle corti
Re ;ali,& Imperiali l'afiòmiglia
nella Apologia, che
icnue a Martino. nftar Calejìis
Hierarcbia diceres Romanam
curiamyntue) et circue
Mundurru* 'T perhfira Trincipum
atria, et Regum
aulas introfpicito y et fi
qua efi curia milis
tL^fpoJiollac refer nobis
. In quanto
a nobilitimi ingegni,
che
contiuamenteviiioriiconoèfupern'o
il ragionarne; poiché
in cfla,& nafeoo
felicitimi, et venuti
di fora fi
affinano, come l'oro
nella fucina: quini
è che molti
gì unge .10
in Roma gonfi;, et pieni
di fuperbia, et preiòn-* onedi
lòpra iopra,che poi iì partono
Immillati pieni di
ftupore,nt# ette lor conto
iidimorarui> perche vi
perdono il nome,
come li fiumi* e
entrano nel mare:
Concetto di Pio
Secondo nel libro XI. dellifuoi omentarij . Quemadmodum
terra flumina quantumuis
ampia > che
nella pnma.Centuria, Epiftolavigefìmatcrza, bputa Roma
città confuta, e turbolenta,, e
rutta Italia ìnculta
di fama,
ìdiicritti,quaficheilfuoiàpere non fia
fondato fopra fcntton
antichi .omani,apprèfo,&
imparato anco da
moderni Italiani. Dalli
Beroaldi da |l. Antonio
Sabeìico,dal M erola^dal
Galdenno >& da
altri cómétatori, ed* *ratori,Poeti,& Hiftorici
Romanijdal Biódo,da Póponio
Leto,daAngc* ti Polifiano Marfilio
Ficino,da Gio.Battifta Egnatio,dal
Merliano,da An fcea Fuluio,
da Celio Rhodigino,
da Polidoro Virgilio,
da Pietro Crini* I),
da Lilio Giraldi,
dal Panuinojdal Sigonio,dal
Gucchio,da Pietro Vu* Ìno,dalli
Manucci > da
Fuluio Oràni Romano
> et da
altri Italiani oiferàtòn
della Romana antichità,
fpetialmente du AlefTandroab
Alexan* Ifo. Ma come
può chiamare Italia
inculta di fc
ritti, fc tutte
le altre re-* oni
doppiamente di le
ritti fupera, poiché è
abondantc,& eulta non^, lo
nell'antica fua lingua
latina, ma anco
nella materna volgare,ficca
di trii Componimenti *&
di poefietérfe, cui
te, et dilettevoli
al paro di
an:hi Greci, et Latini
> et per
non andar vagando
per lo tempo
paifato| )£gidi Li Reni?.
ÌCÌ2 "lì '^C^iìliro
? rìttlà^cj Senato
di ^?.rdìÌÌ2sli >
vi fo fi» '-fa «o
Hiftorici, Oratori, IurifconfultijFilofofi,^ Teologi
tanto culti, fc^ copio/ì
di ferini, che
tutte l'altre natiojii
ài fcritti poìiòno
confondere, Bellàrminiq
nella Filofofia, e
Teologia, Mantica, e
Tofco fingolarifsimi nel.lajegge, Afcanio
Colonna nell'oratoria facultà
di natiua&condia Romana, et il
Baronio nell'Hiftoria, di
cui fi può
dire, quello che
del Romano Garrone djfle
S. AgoftinoliD,6.cap,2.della Città
di Dio . Tarn
multe legit? vt aliquid
ei fcribere vacaffe miremur,tam multa fcriffit y quam
multarti quemquam legere potuifie
credamus . .Se fi
yolefie poi numerare
altri Auto tori Italiani, et Romani,
che al prefente
per Roma ftanno
nelle Religioni, nelli Collegijj nelle
Corti ^cVcafe priuate, fenza
dubbio andareme: in influito, et tanto
più fé volefsimoyfcirdiRoma,& dilatarci
per tutta Italia, laquale
per ogni tempo
è fiata ripiena
d'h uomini litterati, e
vaio, rofi, lì come
in fpetie Roma.
Onde con molta
ragione il Petrarca
fi tiene buono, d'eflere
Italiano, et B^omanu$
Ciuis effe gloriort de
quononmodQiprj,ncipes}Mutidiq; Domini
gloriati funt^fed ? Taulus *Apoftolus) is qui
dìpcip non habemus
bic manentem Ciuitatem,
Vrbem I\omam patriam*. fuamfacit . Ma
tonfiamo alla fìgura,'&
fé l'amor della
Romana Patria la« cerata
da certi iunidiofi
Autori oltramontani poco a lei
deuoti, m'hj trafportato alle
fue difefe, et lodi, non
deue a niuno
rincrefeere, per poco
accrefeijnento di gloria
potè arrecare Sterpfiade,alla memoria, et nome
di fuo pio, perche
fenza comparatione alcuna,
molto maggior gloria
è morir peramor della patria,
che viuere nelli
fefteuoli combattimenti Ifthmi;„ Nemei, Pithii, et Olimpici
cantati da Pindaro,
Per qual cagione
peniamo noi che Licurgo
legislatore, et Rèàc Lacedemomefi
ordinarie, che non fifcolpifienomedi morto
niuno in fepolcri,fe
non di quelli
coraggio!! h uomini-, et donne,
che fuffero honoratamente
in battaglia morti per
la Patria? Saluo
perche
riputauaefferefolamente
degni di memoria quelli che
funsero glorioiàmente morti
per la Patria.
Turbofiì alquanto Senofonte Filofofo
Atheniefe, mentre iàceua
Sacrifirio, quando gli fu
tfiatonuoua, che Grillo fuo
figliuolo era morto, et però
kuoflì la corona idi
teda, hauendo poi dimandatomene
modo era morto,
efièndogliriifpofto, cheera morto
animofàmente in battaglia
perla Patria, intelo
ciò d limono fi
pofe la corona
in capo, et morirò
di fentire più
allegrezza per
jlagloria.,& valoredel Figliuolo,
che dolore perla
morte, e perdita
di eflò, quando rifpofe
a chi gli
die la ftinefta
noua . D E
OSprecatus fum, vt mihi filius non immortalisi
ac longeuus efiet -, cmnincertum
fit anhoe expfdiat, fed
vt probus efiet
acTatrie amator, Tello
di Plutarco ad
Appoilonio . Da quelli particolari
.fi può giudicare
y che l'habito -militare, moJ
to^en conucngaaìlamor della Patria,
Mando fempre ogni
buon Ci indino
alle occorrenze pronto, et apparecchiato
di morire con
l'arme ih mano
per F la !a fua
Fatòydpponendoiì a' q,ualfiuoglia
fuo publico nemico:' et intf
er^ fi tome l'amico
li cono ice
ali bifogniycosi l'amor
della patria^ non fi
fcorge meglio y che negli
vrgen ti bilògmcfi guerra
?oue chi
l'ama ante-r pone lafalute dellaPatria,
alla propria vita,
&falute. Antico dilli perche gli
antichi hanno= dato
Angolare enempio in
amar la Pàtria, emoftrato fegni
euidenti d'amo e
? come gli
Borati*, li Decii, et li
trecentoj et lei Fabiiiègni
tati damille eli
enti >che tutti generolàmen
te con famaj «gloria
loro meiierola> vita
perlofuiicerato amore? ehepor-torno aRoma patria loro. isfTQMÒ
TlésdCtrOLl TBJsfftjiÉliE ET
^MOl^rOLE* VH Delfino" die
porti a caùàllo
un fanciullo . Se
bene Pierio Valeriano
per autorità di
Pauiama^ attribuifee ai
Delfino il limbolo
d'animo . 4/ grato perche
in Profelene Gittate
la Ionia, efiendochiamato un
Delfino per nome Simone
daini fanciullo, foleua
accollarli al litonerfo
cpriio, et accomodategli iòttoper
portarlo a Tuo
piacere, perche fa
da quel fanciullo tolto da le
man de Pefcatorij&medicato d'una
ferita che gli
fecero, non dìmenonoi l'attribuiremo ad'animo piaceuole ? et trattabile?
perche il delfino e
piaceuole nerfo i'huomo
non per interdicale
uno de benefitij
riceunti? oda riceuerfi?
ma di fua
propria natura, iiconie
i'ifkiio Valerianocon fìie
proprie parole conferma
citando Plutarco in
cotalguifa \Admir.aturTlutarcbusiantamanimalisiftiiLs bumanitatemy
sìqiàdemnon educazione y y eluti
canesy et equi
y non y Ila
alia neeeffitatey "velisti
elepbanti pantbe-» r£q; t&leones
ab hominibus liberati
J ed genuino quodam affefiu
[ponte funt bu~ mani
generis amatore: . Dunque
fé ipon rancamente
di naturale affetto fono
amatori del genere
fiumano? non iono
per gratitudine de
benefitii iriceuuti? et che
fia il ueroleggefipreifoaltriautori che
li delfini hanno fatto
l'ifteno, che narra Pauianiacon altri,
da quali non
hanno mai rkeu;o
benefitio alcuno ?
ne benefitio chiamerò il
buttargli delle miche
di pale» cheperfeherzo fi
buttano, enon per
alimento? perche il
delfino non là bifogno
di quello, iàpendofi
procacciare nell'ampio Mare
il uitto da fé
ìeÌfo?efehàporratoperfone? non l'ha
porta te per
gratitudine? ma per >iaceuole domefhchezza
? il delfino
ha portato uane
pedone indifferenemente? foloperche
è denatura piaceuole? et trattabile, et amoreuole lerfo I'huomo.
Perii che fi
refenfee da Solino
Cap. 17. oueron.
che tei li to Africano appreflò Hippone
Diarrhita?un delfino fi
laflàua toccare on le
mani ? e
fpelle uolte porraua
fopra della fchiena
tutti coloro? che ci
iolcuano caualcare >
tra gli altri
Hauiano Proconible de
l'Africa ^gli proprio lo
toccò ?&l'unfe
d'unguenti odoriferi, ma
da la nouitàde
gli odori fi fiordi
? e (lette
fopra acqua ?
come mezzo morto?
&per molti me/i 'attenne
da la folita
conueriatione ? dal
che fi comprende?
che non per
inerene di cibarli
? ma fòloper
piaceuole conueriatione gli
guftaua trattae con
gli HipponefL DipiùreferifceSolino?& Plinio
infieme nel iib« >.
cap. 8 che nel
tempo di Auguflo
Imperatore vn fanciullo
nel Regno h Campania adefcòvn delfino
con pezzi di
pane? e tanto
con quello fi fomefticò
? che ficuramente
ne le mani
gli pafceua, pigliando
da quefta fìcurtà
ardire il fanciullo?
il delfino lo portò
dentro del Laco
Lucriio, &_ non
folamente fece quello?
ma lo coudufica
cauallo da Baia er
fino à Pozzuolo, et ciò
perfeuerò per tanti
anni ? che
n'era giudicalo miracolo, ma
morendo il fanciullo?
il delfino per rroppo
defiderio inanzi a
gl'occhi di ciafeuno
morì di dolore
? èV quello
fi conferma per ettere
di Mecenate ?
&(_ Fabiano »
Egefiderio poi fcriue?
che vn'altro indullo chiamato
Hermia portato medefimamente
a cauallo per
alto lare da vn
Delfino, fu da
vna repentina tempefta
fommerfo?& coli mor3?
ilDelfino lo riportò
a terra ?
conofeendo enere flato
egli cagione di uella
morte ? non
volfe più ritornare
in mare? maperpunitione* volfe -ch'egli morire
Ipirando al fecco,
poiché li delfini
fubito chcptocco£ a no
4^ fio
Ja terra muoiono;
Segno in vero
di natura piaeeuole,
trattabile,^ anaoreuoJe .,0NZELIA
gràtiofiìfimà 3 fiàuerà
il uoltó copèrto
con un finifi
i mo, e 'trasparente
uelo > il
ueftimehto chiaro > et lucente
> a gl'ai meri
vn paro d'ale, et nella
cima del Capò
vna ftélla . Benché l'anima,
come fi dice
daTèblògi,-fia fuftanzà incorporea, immortale, fi
rapprefenta nondimeno in
quél miglior modo,
che l'hu mo legato
a quei fenfi
corporei con Timaginatione, là
può còmpréndej 6c f»on
altrimenti, che fi
fogli rapprefentare Iddio, et gl'Angeli,anc& formatione, et altre qualità,
che alla materia
folamen te iranno attaccate,
tuttauia douendo queiìa rapprefentatiohefarfi obietto
de lenii corporali,ilamo aftretti
di proporcela auanti fotto
forma medeijmamente corporea, et accomodare ancora la
cofaintefa al noffro
concetto: Dunque fé
gli dà la
figura humana con quella
licenza, con la
quale ordinariamente il
dipingono ancora gl'Angioli, et perche
l'anima da forma
al corpo, non
fi puòimaginare, che
ila d'altra figura
y fé bene
fappiarno ella, come
fi è detto
di fopra-j* non eflèreda
quelli termini materiali
circonfcrkta . Riterrà
dunque l'effigie del fup
corpo per elTere
riconofciuta, et per
accoltarfi a quello,. che fenuono diuerfi
Poeti, tra gl'altri
Virgilio nel•& Dante
nel Gap.3 . dell'Inferno» Tofcia
> ch'io vi bebbì alcun
rìconofeiuto Diceil anco meglioeonolcerlayfè gli habbia
a dare altri fegnali della fuàcònditione; perche
taluolta occorrerà rappréien tarla con
diuerfi accidenti,' come per
efèmpio, ferita,ò ingloria,
ò tormentata >&c
Etin_. tal cafo'fi qualificherà
in quella maniera,
che fi conuiene
allo flato* et con-» ditionefua. . .
Dipingefi ignuda per
éfféré efià per
fua natura fciolta da
ogni impediménto corporeo, onde
il Petrarca nella
canzone Italia mia,
così dille . tyetalmà ignudai
e fola. Etin altra
canzóne il principio
della qùalo* Qutinào il
fuaue mio fido
conforto. Seguita, e
dice. Spirto ignudo,
&c. Etnei trionfò della
morte cap. i:
Wbogginudofpirto &c. Li capelli
fparfi giù per
gl'homeri non folo
dimoflrano l'infelicità »& rnìferia, 4& jniieria^ciranimc dannai,
ma h perdita
del bea della
ragione, &deHo inidiet£p,. onde
Dante nel cap. 3
. dell'Inferno, coli
dice . "ffloifem venuti al
luogo, ou'jofho fletto) Che
federai le genti
dolorofe, Ch'anno perduto il
ben dell'intelletto . 11 colore
della carnagione, et d^ì
velo che la circonda >
lignifica la pri catione
della luce, &grafiadiuina. Però
dille Dante nel
cap^. parlan dorella forma
9 et fito
dell'inferno } che alla
portaci quello rì
iia ferita K |
affate ognifferanza) ò
voi ch'entrate HV O
M O di
mezza età con
l'ale a gl'omeri
» col capo,
il collo, la ba
£>a, $c i capelli
pieni di neue
> e giaccio,,
il petto, et i
fianchi rofiì> oc adorni
di yarie ipighe
di grano,le braccia
yerdi,& piene di più forti
di fiori, le cofeie,
&T le gambe
con gratia coperte
di grappi, et frondi
d vuc. In vna
mano terrà yn
ferpe riuolto in
giro,]chefi tenga la
coda in bocca,&
nell'altra hauerà yn
chiodo, Si dipinge alato
con l'autorità del
Petrarca nel trionfo
del tempo, ouc dice,
Che volan ì'bore,
i giorni, gl'anni,
e i meft. Iranno,
fecondo i'yfo communo, comincia di
Gennaio, quando il 'giaccio, &^
le neuifon-, grandifiìrne,cV* perciò
gli fi pone
laneuo in capoj §>C
perche la Primauera
è adorna d'ogni
forte di fiori, et d'herb^ et le
coiè in quel
tempo fatte cominciano
in yn certo
modo a fuegliarfi» et tutti
fanno più yiuacemente
le loro operationij
però fi gl'adornanol^ braccia nel
modo fopradetto, L'Eftate per
elTere caldi grandinimi,
cVle biade tutte
mature, fi rappreTenta
col petto, et i
fianchi roffi, et con
le fpighe . L'vue nelle
gambe, moftrano l'Autunno,
che è l'ultima
parte dell'anfio. Il
ferpe pollo in
circolo, che morde
la coda è
antichiffima figura deiranno, percioche
l'anno fi riuolge
in fé ftefio, et il
principio di un'an» tioconfuma il
fine dell'altro, fi
come per quel
ferpe ridotto in
forma di circolo fi
rode la coda
; onde Virg.
nel 2, della
Georg, così difie . Fronde nemus
redit agricoli* labot affu*
in orbern^ esftq;infefuaper veftìgia
voluitur mms . ScriueFefto Pompeo,
che gl'antichi Romani
iiccauano ogn'anno nelle mura
de i tempii
un chiodo, et dal
numero di quei
chiodtpoi nuniecamno gl'anni, et però
fegno dell'anno fi
potrà dire che
fiano i chiodi
• tsfnno HVOMO maturo, alato,
per la ragione
detta di fopra,
fopm un carro con
q uattro caualli bianchi,
guidato dalle^attro ftagioni,
che fono parte dell'anno,
le quali fi
dipingeranno cariche di
frutti, fecondo la dmerfita
de' tempi ? zsfT
ETIT0. EVRIDICE, che caminando>
vn ferpe gli
morfichi vn piede,
fignifica(come nana Pieno
Valenano atì I1U5 &
pero il offro Saldatore
uoi ie lauare 1 piedi de
fuoi difcepòii>aceioehe da
gli afietterrenili mondaflè * et purificante
>& a Pietra chenon
voleuache|lo la-» afie j
difle, fé io
non ti lauarò
non haurai parte
meco > et nella.
Sacra Geche" Achille
dafanciu Ilo att'uff
ato nell'ac-» tiedella palude
Suge, non poteua
in parteakuna elfeVe ferito,
fuor che z 1
piedi,i quali non
erano flati lauatij
lo finfero per
mani feftare che-# ili
farebbe fiata perfettamente
forte>& uaforofojfe da
propri; affetti noli tue
fuperato*& tanto >noehe
Gialone > quando
andaua a torre
il uélo d'oro
perde una calza-i
un fiume f
iiquale iòlo tra
tutti i fiumi
del móndo da
niuno uento e
ofiby che uuol
aire? che mentre
che feguitaua la
virtùs, et l'immortalità i di
qualche parte de
fuoi affetti priuo>& Virgilio
fcriue> che Didoncfc aando era
per mori re
> fi icalzò
d'una ; calza* con
quelle parole* ìpfa moht?
manibusq; pijs >
aitarla iuxtd . VrivM
exKta pedem vinclisy
in vefie recinUtut Tefiatur moritura
deos > et confati
fati* Sidera tqueffo SIGNIFICA CHE ella è fpogliata,
£ libera del
trmore delia morte£ ic è uno
atte tto lignificata
per il piede
fcalzo * *AV^t l
FIZ10 fVÓMO con habito
ricamato, et con
molto artifìtio sfatto terre 1
ladeftramanopofata fopra vn' Argano
* et con
il dito indice
dell» nfrrainana moftrì uncopello
che gli tfia
a canto pieno
d'api, de quali ne
vedrà fopra detta
fabrica, et molti
volare per aria . $i
verte d'abito nobile,
oc artifitiofo perche
l'arte e per
fé nobile, che c'onda
N atura fi
può chiamare . Si dipinge
che tenghipofata la
de/fra mano fbpra
l'argànd,éffendóquei* >f
Crii quale dimoftriamo
l'artitìtio con humana
industria ritrouato, il iale
Vince di gran lunga
la natura^ et le
faccende difficilifsime con
poco orzo mandate a
fine ^dell'argano * et al
tre machine; Antifone
Poeta ii* iel verfoil
qua! cita Ariffotele
nelle Meccaniche cifinfegna
> che noi :r
via dell'arte fuperiamo
quelle cofe alle
quali parcherepugmla flefTa tura
della cola,imperò che
móuiamo del fuo
luogo Edifitij grandmisi*» [adoperando l'Argano .
Moftra^il cópello dell'api,
cornea dicemmo^ *endo>chequelì:i. animali
fono il Ieroglifìco
deli'artifitio, et della
dienza, e però
ben d.ffe Salomone
* de ad apem,
&difce ab ea
quarti laborìofa fìt
operatrix . E Virgilio
anch$ li elegantemente deferi
uè l'artifitio > et inàuflria
de l'api nel
primo del* Eneide et più
cópiofamente nel 4.
della Georgica, cominciando
dal ncij>ióa cui rimeltoal
Lettore* perche anderei
treppo a lungo, baftj c}
eie voléiìdo cantare
de l'arcifiùo, e
indulto naturale de
l'api Vir* gilio 4?i §' ilio
inulta Mecenate advdire
cantare di tal
materia, come di
eofè grand t mirabile. Hanc etiam
zJ^Cecenas afpke partem tsfdmirandi tibi
leuiumfpeffacula rerum Magnanimo
sqi duces totiufque
ordine gentis nJWores >
&ftudia 9 &T>opulos, et Trglia
dicctm l JL J^CHITETTf\
c^f. DOM-f^'A di matura
età con le
braccia ignude > et con
la vcftc di
c nullam fperare
faktem . Q^efto, che noi
diciamo vìumo, e
neceiiario ardire >
è vna certa
fpe-* iìt di fortézxà
impròpria cófi detta
da À riffotelé
y pcrcn e
può cflerc, /àol elfere pofforin
òpera ordinariamente, ó per
acqurfto d'honoréro pei
timore dì male
auuehiré^ó'per Opera délfirayo
della lperanza, o
per là poca con#demzionedeli'immineivté pericolo
?' non per amordi
quello uè"* tfo y
e belio r che' è
fine" della ^irtù
.rarrnatura,& la 1-parfa
col motto,.monVanoyche gran
refiftenza è necèffarifsima in
ogni pericolo. Et
lo feudo11 col Catjaliero,
che córre coritra
i nemici >
mofrra quello, chehabbiamoj «Tettoia d'ilperatione
effer molte uolté
cagione di falute, ma
non uera, . *"X
Onna veftita di
verde, nella mano
dritta tiene vn
pennello,** vn fcar ^J
pe : iO,o:
ceri la fini/ha
vn paio ntto
in terra, aguale
vi fia legata
vna ianta ancora noneila, et tenera
» Il pennello, 6j
Jo {carpello lignificano
l'imitaticne della
natura,chc par icokrmeure fi
vede efpiefià nel
dipingere, et nello fcolpire;
ilche fi me* ra
nel pennello, et nello
fcarpelJo, et r erche
in alcLnealtre non
imita» ra. iuppliiceaid. etti
derla,come ncll Agricoltura
particnlare,pcròvi ..ggiugncil
palo fitto in
terra, quale conia
ina dirittura fa
che per Vigo* eli
arie creica il
tcrto,& tenero arbufccilo . ARME. fo me
de finte in
Firenze dal Cjran
Duca Ferdinando . IV O
M O armato>d
afpetto tremendo,con l'elmo
in capo,con la
delira mano tiene vn
tronco di lancia
polàto alla colcia, et con
la lini* :*a vno
lctdo,in mezzo del
quale vie depinta
vna tefiadi lupo. Elleudo
quella figura limile
a quella di
Marte fi potrà
intendere per e£» à
Tarme, come Dio defic.
• DONNA vefìita del
color di verderame,
hauerà l'orecchie d'alino, terra lotto
il braccio finiftro
vn pauone, et con
la delira mano
alta ucfhera il dito
indice • L'Arroganza è
vino di coloro,
che fé bene
fi conofeono di
poco vaio» e, nondimeno
per parere aliai
pretto a gli
altri, pigliano il
carico dimrefe d.fficii i, et d
importanza, et ciò
dxe S. Tommafo
2 .2. qu. 112.
art. 1. sfrroians e fi, qui
Cibi attributi, quod
non hahet . Però
con ra gione
il dipine con
l'orecchie dell'alino, naicendo
quello vitio dall'ignoranza,& dal» 1
fiohdezza, che non
Jaicia preLedere il
iuccefio dell'imprefe, che
fi prea ono in
poco giuditio, Il pauone
lignifica l'arroganza effere
vnafpctie di fuperbia^&ildito Itoi'citinaticue di
mantenere la propria
opinione quantunque ralla, et al
conimun parer lontana,
filmandoli mólto, et ipiezza-idoaitmi . Et •s
fcienza è polla nella
contemplatione de' corpi
celefti. Le fi dipinge
in mano il
globo celefte, con
il compatto-, per
effer proprio fuo il mifurarei
Cieli, ckconfiderare le mifure
de' loro mouimenti> et le
ali a gl'homeri
fi pongono per
la ragione gii
detta . exf STVTIJL I
2^^ isf Ts^Ts^
EV0LE DONNA veftita dijpelle
di volpe, e
farà di carnagione
molto rotta," tenendo vna
lcimia lotto il
braccio. L'Ailutia come dice
S.Tommafò 2.2.qu.^/art. $.
è vn vitio
di coloro,1 che per
confeguire quel che
defiderano,fi vagliano de' mezzi
non conueneuoli, però
fi dipingerà veftita
di pelle di
volpe, effendo quell'animale aftutiflimo, &per
tale ancora è
conofeiuto da Efopo
nelle lue fauole,
adoprato in quefto
propofito molte volte.
Della feimia fcriue
Ariftotile nell'hiftorie de gl'animali
è aftutifsima . La carnagione
rotta per detto
del medefimo Ariffclib.
4. de Fifonomia cap.io. Significa
aftutia, perche il
bollimento di fangue
fempre genera., nuoui moftri
nell'anima, facendo nell'huomo
il fangue quello,
che fa il fuoco
nel mondo,ilquale fempre
ftando in moto,
confuma tutte le
cofej combuftibili,
auuicmandofi ad elfo . G
3 AVA. ' crìecon la
deftramoftri di fcacciarlo,
pe non dargli il
fatte delle mamHielle,alle quali
hauera la man
finifha in at to
di tenerle fìrètte . Pallida li
dipinge y perche
H'impallidifce il continuò
penfierodi accu mular teforo
con appetito infatiabile
di fare fuo
tutto quello, che
è di al tri
lenza hauer riguardo,
o a forza
di leggi, o
a conuenienza di
fort^ alcuna. E ancora U
pallidezza cfifel&ydi timore,
ilquale fta lèmprc
abondan tifa. $j :ìfsìmo nelle
vifcere dell'huomo auaro,
non fi fidando
d'alcuno, et molte mire
a pena di
le mederimo per
la gelofla, che
ha di non
perdere vna miarnia
particella di q,ueiJo,cbe
pomede . L'habito
ieruile,6.: ìòzzq,& la
catena d'oro acconcia
nella maniera che iicemmo,è
legno manifefto deirignobiie,& vii
feruuù dell'auaro . La Ce
ritta della fronte,ci
dichiara, che l'h
uomo auaro in
tutte le fue
attieni il fcuopre per
q uello,che è,ne
fi sa celare
in ale una
colà * E per
oflcruarfi quello coftume
ne gli.fchiaui,fi.moItra la
conditione de grauari,medefimamente fchiaui.deila
ricchezza . Lacatenad'oro,che fi tiradietro,ci
moftra,chei teibra^&le gran
facoltà, a chi benjconfidera,fonopefo &ticofìflimo.,.& impaccio
molto noio(o,& U-fanciullo
{cacciato mdftra, che
non è alcuno
veramente auaro,che Donila
ìulìeme crudele . Et eilendo
la Maefla di
Dioiòlita da-rricchire pjùl'vno,
che l'altro, acciò
non manchi Toccatone
d'operare virtuofahientein tutti
li ftati,fecondola vocatione
di ciafeuno, Tauaro
preuertenno quell'ordine, più
tolto lafcia marcire
con ingordi difegnicjuellorchc ;ia,che 1,'adoperarloja fouuenimentode'biiQgnoiL ssfuaritia.
DOnna mal ve{tita,icapigliata>& icalza,nella
deftra-mano terrà vn ro^
fpo,cV con la finiftra vna
boria /errata . L'Àuantiaèvnojsfrpnatoappetirod.hauereyCome dice S. Agofti.no. lib et perciò
fi rappxeienta nella borfa
ferrata«sfuaritìcL IPX Onna vecchia
pallida., et magra,
che nell'affetto mofìri
affanno, &C JL^ .malinconia>a canto
haura vn lupo
magrifìimo, et a
guiia d'idropico i àauera
il corpo molto
grande, et iòpra vi
terra v mimano
* per fegno
di d lore>& con
Fai tra tenga
vna Loria legata,
.& ftretta, nciluq
u*k: miri co;:u igrandiismja ateen tiene
. Jl
lupo; ccn.e racconta CiiriilofànoXandj.nOj èanimaJe
auido,e voraci 4
cc> .r* ce, il
quale non folamente
fa preda aperta
dell'altrui, ma ancora
con ag guati, &infidie furti
uamen te, et fé none
feoperto da paftori,oda
cani non ceffo fino
a tanto, che
tutto il gregge
rimanga morto, dubitando
fem^ pre di non
hauere preda a
baftanza, così l'auaro
hora con fraude,&
inganno, hora con aperte
rapine toglie l'altrui,
ne però può
accumular tanto} che la
voglia fi fàtii . Dipinge!! a
guifa dell'idropico ;
perche", fi come
quefto non ammorza' mai
la fete per lo bere,
ma l'accrefce, così
l'auaritia tanto crefee
nell'Imo-* mo, quanto crefeano
i tefori, però
diffe Oratio nell'Ode.
2. lib.x. (re feti indulgens
fibi dirus bydrops
Fugerit yenis, et aquofus
albo ^ec fitìm peliti >
nifi caufa mo
rbi porpore languo
r . £t San_, Gregorio
anelli Morali .14.
così dice anch'egli
fopra_, di ciò :
Cmnis auarus ex
potu fitìm multìplicat
qui cum ea,
qua appetti adeptus
fuerti,ad ok tinenda alia
amplius anhelat . Et
Seneca ancora :
ssfuaro deesì? tam
quod habetj, quam quod
non habet . La magrezza»,
del lupo nota
l'infatiabile appetito dell'auaro,
&l'inconueniente
tenacità dellaroba, che
pofsiede. Onde Dante
nel primo capitolo parlando
dell'Inferno così dice
: Et ha natura fi
maluagiay e riay Che
mainon empie la
bramofa voglia Et doppopajlo hapiufamcy
chepria-> . Si fa con
la borfa ferrata,
godendo più nei
guardarci danari, comej cofa
dipinta per diletto,
che in_, adoperarli
comevtile per necfsità,
òdi molto a propoflto
mi pare in
quefta occafioneii'Epigramma ài
Monfignof Barberino Chierico di
Camera, et hora
meritifsimo Cardinale di
nobiltà, valore, fpecchio, et ornamento
al fecolnoftro . "Vt parcas
opibus, tibi quid
nonparcis ; anvnquam
s^fugendi cenfus terminut yllusertit Define
diuitias fuluo cumulare
metallo Tam tibi
dee fi y
quod habes9 €juam quod
habere nequisy Quid
tamobduras toties^quid Tontice
iatJasì i^on nifi qui
frugi efi ^pofsidet
ullus opes Tumihidìues eris
y qui nequo
tempore fartis biniti] s egeas
> Tontice femper
eges . ì^uartiia . SI
dipinge da gli antichi Tantalo
invn fiume coperto
dall'acqua^ fino alla gola,
al qual (òpra
la tefta pende
vn'albero carico di
frutti, iiij modo ch'egli
non poffa arriuare
con le mani
à i frutti
per fatiar la
famedi ne al fiume
per fmorzarfi la
fete, fecondo il
detto d'Oratio . Tantalus à
labris fitiens fugientìa
captaty Illumina j
con quel che
fegue,& fi* milmente Petronio
Poeta, come referifee
Pierio Valeriano nel
libro j 5. nella
parola pedes così
dice J^ec bibit Inter
aquas> nec poma
patentia carpti . Tantalus
infelixyquemfua vota -pr&mùnt
. Diutiijs hac
magni facies erti
omnia late) gri
tenet et ficco
condì* quit orefamem. esfuartiia
. DONNA vecchia veftitad'habito rotto,
&firacciato in più
luoghi, fa rà magra, et di
color pallido, terrà
con la man
deftra vna tenagii et all'vna
delle gambe hauerà
vn ferro limile
a quello de
^ìi fchiaui, eoru laca.
V7 h catena in
modo, che la
flrafcini per terra, et con
la finift «
mano s'appoggia ad vna
Arpia, la quale
ftfa in atto
di lanciarli . Auaritiaè immoderata
cupidigia, et fetedihauere, la
quale genera.» nell'auaro crudeltà, inganno, diicordia,
ingratitudine, tradimento,&
lo toglie in
tutto dalla Giufhtia,
Carità, Fede_>, Pietà, et da
ogni virtù morale, et Chriftiana* '
"Vecchia fi dipinge,
perche non folo
regna più l'Auaritia
nei vecchi: ma fi
chiama madre di
tutte le fcelleratezze, e
Claudiano nel libro
fecondo Stiliconis, di lei
così dice . tAtprimum fcelerum
matery &c. . Ilveftimento
rotto *& Stracciato
ne dimoftra,che tanto
ne gli animi auari
polla quefta diabolica
pellet, che quello
che rAuantia ruba
a gli altri, lo
toglie anco a fé rteflà,
onde nell'ifteifa abbondanza
rimane più pouero d'ogni
mendico,perciò Oratio nel
primo libro dell'Epiftole
dice^. Semper auarus eget. '
L'eflermagra,& pallida altro
non dinota che
la continua, et infàtiabil fàme^per laquale
gl'infelici inclinati all'auaritia
continuamente fono tormentati .
La tenaglia,che tiene
con la deftra
mano mofìra,che si
come detto iftro mento
rlringe,e tira fempre
a sé, coli
è laperuerfa natura
dell'empio auarojilquale non
lafciamaioccafione, che non
facci il medellmo
effetto, non guardando ne
flato, ne conditione
di qual fi
voglia perfona. Gli h\dipinge
a canto l'arpia>effendo il
vero firnbolo déll'auaritia, percioche
arpia in greco
volgarmente mòna rapire . Il
ferro,& la catena
alla gamba nella
guifa,che hauiam detto,
denota Fa
ùaritiaeflerfchiaua non folo
della roba, ma
ancora de' demoni], come
teftifica S.Paolo ad
Ephef cap.5 .&
ad Cololf.cap. 3 .
dicendo : *s4uaritia
eft idohrumferuitus .. *sf V D
tsf C I *sf.
DO NN
A veftita di roifo,& verde,haurà-la fronte
torbida, ftando ini! atto di
gettare a terra
vria -gran colonna
di marmo, fòpra
alla quale fi pofì
vn'edifitio . L'audacia è
contraria alla timidità,& è
vitio di coloro,
Che poco confiderano
la difficultà d'alcune
grandi attioni, et troppo
delle loro forze
pre fumendofì, s'auuifano di
recarle ageùolmente a fine .
Peróè figurata per vnagiouane,che tenti
con le fue
forze di mandare
a terra vna
ben fondata colonna. "\ Il
veftimento rofTóy& verde
lignifica audacia, come
anco la fronte
torbida,cofì dice Arinotele de phifiognomonia al nono
Capitolo; 1uvgr \;
io b v
01^ 0 [' Secondo
l'opinion de' gentili . \7N
Giouanetto, c'habbia vna
flel-la in cima
del capo,in braccio
tenT ga vn,cigno,& ila
veftito di verde
colore, che lignifica
auguno>percioche
fherbe>quand6 verdeggiano,promettono buona
copia di frutti. Pieno veftitodel
color? che hanno
le foglie 3
quando l'albero,da fegno -di
feccaeu*,, in mano
terra vna donnola., et per
l'aria dalla ììniftra
banda .vna cornacchia . Il color del veftito
dimofìra, che il
cattiuo,augnriou* ftima, che
venga . j?er la.vicinanza di
gualche-mal ibpraftante, come
le foglie de
gli alberi, che perdon'il
colore quàdo il
tròpo perde le
vir;ùj della donola
dille l'Ale-, jQukquid \4gis
mufltlatibifi occwmtfomiutì Signa
n\al^.bu fohtis befiia
pravA, gerit. Il medeiìmo lignifica
la cornacchia,però dille
Virgil io nella JBoc* colica
. Sape finijìra catta pradixit ab
ilice Cornix, Si potria-ancora
porre in luogo
di quefta.ilbarbagianni, quale
fecondo tOuidxo > è
vccello apportatore m ogni
luogo di tnffrfsimo
augurio » .«^r y Cj
r 11 1 0. ?$4la
tjfì/tedaglia -àUAdriano >
fecondo i CjentiB„ HVOMO in
piedi, che nfguardi
vn'vccello > che
voli per aria?
;& eoa I vna
mano tenga il
lituo augurale^il quale
era vna verga
ciirua,-deil* «quale così dice
Gelilo :al eap. £.
del im. 5.
litunsefi yirga hreuis >ympaxtt qua robuflior
eji ìncuruusy qua ^Augures ytuntur . £
con elfo gl'auguri ledenti difegnauano
i tempii a
gi'ycceili, di cui
Cicerone fa menzione nel
Irb.i* de Dminatione:
Quid Utuus iftevcjìer,
quod idarifsimum ett infigne
auguratus^ynde vobis efi
traditusy ncmfe epFgmidbs
r.6 ligiomsdirexititumcumFrbemcondidit)&c/,\>\\. L'vccello, che
vola per Paria
rimata, come gl'auguri, et l'offitio
dell'au guitto, apprpiroiK ontani
riceuetieroi nonirda'geftì de gli-yCCel|i'« conT ciofia
coia, che dal
cantov&geiri,nel volar, loro
pireruati hora in
quella,, e h ora in
quell'alti a_. parte da
coloro > -che erano
deputati a cocal
facendoti©, erano fonti .4'mdpuinare,
cioè quelirche li
preparaivino ad ajcuna^eoià publica,odi
partire fuora della
Citta, o aero ->
che vokl? iero ehercitare
bene 3 et dirutamente
alcun Magiltrato., afquale
eiìì era-r no deputati, "f INA
fanciulla alata di
color incarnato con
vn manto giallo
in do£ V fo
? haucra in
mano vna lucerna
latta all'antica accetftó ftara
a le* clero fo
pra il Pegafo
caualjo ajato, percheda
Hqaiero \ n
pai luoghi ella .cchiamata{ilrtk^/oj).che vuoi
dire velata di. giallo,
fi come nota
Euftatio Commentatore d-Homero
nel 2.1ib.,deliVdiiieax& Virgilio
nei lupi epigrammi dice. osfrirora QcQmm
croceo vitamine fulgenj Lì^nit
« ti ' £> ì
c èsjre^i p
j: y9 ld Ouidiò
nel j . lib.
de arte amandi'
nota il colore
incarnato, dicendo 2^c cùphalus
rofeapmdd pitie. ida Dea .
Ed il
mede fimo Euitatio
nel luogo lòprad etto
dice, eh e
ella va in
fui c% trailo Pegafeo
per la velocità, et perche
l'aurora è molto
amica de' poetkj, et defta
gii fpiriti a'
capricci ingegnofi, et piaceuoli . é>f tt/ora. Gloui netta
alata per la
velocità delibo moto,cne
tofìo fparifee, di color
incarnato' còrì manto
gialla, nel bràccio
fìnìftro vn ceftelio pienoni varii
lìori, et nella
fteflà mano tiene
vna fìaccoletta accefa,& conia delira iparge
fiori . i4 v r
o ^ i
f u 6
? ó f
z s r tst
VN À
Màtrona,che fédendo,foprVna nobil
ledia, fia veftità
d'habit? ricco, et fontuoio
fregiato tutto di
varie gioie di
grande ftimà, con la
delira mano alzata
tsnghi d uè chiaui
èlcuate j con
la fimftravn icettro ekda I J et da
vna banda vi
fieno libri, et dall'altra
diuerfe armi . Si rapprefenta
Matrona, perche l'età
matura ha in
fé propriamente aw torità
j onde Cicerone
nel libro de
Sene&ute dice :
csfpex autem Senetìu*
tis ejì autloritas-y
cX* poco dopo
foggi unge ; Habet
fenettus bonorata pr&fer
ÓC^ ciò prin-cipalmente perla
prudenza, et molto
fapere, che in
effa fi ntroua,
dicen. .do la
Sacra Scrit tura in Iob, al
cap. 12. In
antiquis efi fapientia,&in multo, tempore pmdemia,
onde auuiene,che.' I per
ilqual atto fi
moftraauttorità, et infieme
quiete, e tranquillità
d'animo,percioche le cofè,che
ricercano grauità,non fi
deuono trattare, fé
non] conmatura feflìone, cofi.auuiene
ne' Giudici, i quali
hauendo poteftay
&auttorità di decidere,
anoluere,e condennare, ciò
non pofiònolegitti-l
inamente efleguire per
fentenza,fe non liedono,
come dice la
legge 2 . ff.ia honorum
fF.quis ordoin bon.poff.feru. Si vede
d'habito pompofb, e
rifplendente, percne tale è chi
ha poterla] fòpra gl'altri nel
confpetto de gl'huomini,
oltreché le velli,
e pietre preJ tiofe
per fé dimofìrano
autorità, et honore
in chi le
porta . Lechiaui denotano
Fautorità, e patella
fpirituale, come benifiimo
lo] dimoltraChriftoNoftro
Signore, et Redentore,
quando per mezzo
d'ek fé diede quella
fuprema auttorità a
San Pietro dicendo
: €t ubi
dabo claueì regni Qoslorumy& quodeumque
tigaueris fuper terramyerit
ligatum, et in
falis^ quodeumque folueris fuper
terramyerit folutumy lenza
molto apparato di
ili— toglimi . Si-fa in habito
corto >per inoltrare
la poca pretensione
nelle cofe del inondo;
perche la verte
lunga yièmpre ha inoltrato
dignità? &fupremihenza a
gl'altri, et perciò
1 Romaninon uoleuano,che
1 loro Cittadini
ve rifiero di luugo,
finche queft'habito per
l'età non potefie
far teftimonio Iella virilità
dell'animo, et de
penfienatti a reggere
la Republica. Et >erò
con l'habito corto
fi viene a
inoltrare, che ipoueri
di fpinto tengoio
poco conto de
gi*iionori,&. delle grandezze
mondane, le quali
bene peifo attraueriàndofi al
penfiero, come le
vefh lunghe fogliono
intricart fra le
gambe, fono cagione
che difficilmente fi
può caminare dietro
a ^hrifto,efTendoci
necefiarioeiferefpeditifiìmi
dalle cofe del
mondo, per eguirelauiadei Cielo.
Si dice anco
uolgarmente, che fitnt
honores onera. ìon altro che
pefo iì fente
dalle uefte,chearnuano fino
a terrea chi e
porta . Il ueftimento fi
cacciato, et la
faccia curuata,moffranofh
umiltà, che è >ropriamente il
definito per la
pouerta di fpinto, et è
grado più bafiò
di luello,che dimandano h
umanità, et cortelìa 1
Morali . Rimira il Cieio,per
moftrare,che il premio
di quefta uirtù
non fi alpeta
fra grhuomini,ma folo
da Dio Creator
Nofiro, che ha
le uie lue ( come lice
il Profeta) differenti
dalle uie de
gl'huomini, et lì
gefto co'l motto òttofentto di S.
Agofiino fignifica quefto
fteflò. BEATITVDINE SECONDA E la
Manfuetudine . Beati mitesy quonìam
ipfi poffidebunt terram.
Importa d'eflerc manfucto, &h umano, et ad
altri nel bene, et ne
gli honeiU feruitii confentire. FAnciulla, che
tenga fra le
braccia in atto
di accarezzare un
picciolo, et maniueto Agnello,
co'l motto cauato
dal Salmo :
Mansueti bareditbunt terram . Perla medefima
ragione detta di
fopra quefta figura
fi farà fanciulla
a» or'eiia. V Agnello
lignifica purità, femplicità, et manfuctudine,
non folamen: nelle
profane lctte/e Egittierma
ancora nelle facre
della Religione^ hnftiana, et gl'auguri
gentili adoperauano l
Agnello ne' loro
lacniicij, >k> per la
piace uoie^za dei
iùo puro, 6^
m^nfueto animo . Ancora
San.* Giouaa con le noftre>& loro
milèric. FAnciulla
inginocchioni,con le manigiunte,& che
largamente pianga li motto
dice coli ;
Trgfens luftusjatìtiam genera* ■fèmpitsrnamy et è tol«
to da
S. Agoftiiio . Il pianto,come
qui fi piglia,
è il difpiacere,
che per carità
fi può pigliar da
ciaicuno li delie
l-ue,come dell'altrui colpe, et danni
ancora . E tenendo lo
fiato d'vna fanciulla, quafi meno
colpeuoiej che polla
efiére,non èj dubbio ;
che facilmente farà
conofciuta per légno
di quel che
iareoòe nel cellàrio a
dire a ehi
con parole uolcfieeipnmcre il
concetto di quefia
Bcaf titudine /nella quale col
motto fi nianifefia,
che il premio
di quefia lòre di
piantonar i vna
perpetua allegrezza dell'almi
vita . Lo ilare in
ginocchioni,& con le
mani giunte,inofira,che quello
pian to,&Cjuefip dolore vuol
eflere mollò da
cagione pia,e religioià,accioch il polla
dire atto di
vera virtù, non
come il pianto
di Democrito, il
qua! nàcque dairambitione,cx dai
deiidcrio di parer
il più fapiente,& il
più m rucuoledi tutti
gì altri. QJ1 RIA
BEATITVDINE E LA fame, et la
fete della Giuftitia. Beati, qui
e furiant, et fitìunt
luflitiam, Ooè,che fono
mol to d e fìderofi del
vjuere virtuofo,& dd ben oprare,di
miniftrareGiufiitia fi
ciafeuno, facendo opera,che
gli empi; fiano puniti, et eiàltati
ì buoni» SI farà
donzellatile tenga vn
paio di bilancie, et vgualmcntc
pcfandoj et vi fia
vn diauolo in
atto di volerle
prendere, et ella
con vna ipuda, che
tiene dall'altra mano
lo fcaccia,il motto
iàrà .* £fitrkntes
imfleuit boms9 parole di
Maria Vergine nella
fua canzone, La Giuftitia
é vna colante, et perpetua
volontà di rendere
a ciafeuno cjucllo.che gli
fideuc. Però appartiene
a quefia beatitudine
tanto la lete della
Giuftitia legatecene è bene euidentifsimo, et che
abbraccia tutti' gi'altri beni;
quanto il de :ìderio di
vedere etfeguita quella,
che s'affetta' da legittimi
Tribunali, ck coli
l'infegna Nofiro Signore,
per virtù degnai) della
beatitudine eterna» Le bikincic
notano per fé
fteffe metaforicamente la
giuftitia, perche, GOtueenc aggi
urtano
kzotegmh&mtstàlhcoiì
cicche è virtù,ar^iu.
fta i beni
deiranìmo,&' pon regola
all'attieni deìl'liuomo, ! Nella
donzella il notano
le qualità di
quella gi uftitia* della
quale 11 de-* Uè
hauere fame,&tète. Et fi
fagiouane,permofi:rare,chc
non fi deue
molto tardare, ma
metterla in eiccuttone,oue-, et coiiie
bifogna.il diauolofi figura
per lo viti» rhe ci
fhmola continuamente per
farci torcere dalla
uia della giufiitia-»» pia fàcilmente
lì fcaccia con
h tagliente {pad
a del Zelo
di Dio, et il
preilio di queftì
> fecondo che
ci elpnme il
motto, è 1
efiere fatiati di
cibi* : he fono
molto migliori delle
vi uande di quella
vita . BEATITVDINE QJSINTA. Eia
mondezza di cuore
> cioè hauere
il cuore libero
dalle pafsioai>& dal* Je
disordinate affezioni r ]
Beati mando corde
> quoniam ipfì Dcum uìdebunt .
\ 7N
A[ donna >
che'iparga lagrime di
pianto, iopra vn
cuore, che tien» V in
mano. La mondezza del
cuore fu pitia
da Chrifto N.
S. per l'innocenza,
la uale è mondezza
dell'anima > et fi
dice efièr nel
cuore, quando elfo
non h ccupato da
mali: penfieri >
ouero da efóetti
contrari; alla virtù, et fi mora jche
non poflì intendere
della mondezza eitenorocon
le lagrime, le uali
fono la vera
medicina de gl'vlcen
deii'anima, come fi
ha per molluoghi
della Sacra Scrittura
. Il premio
della mondezza del
cuore fai vedere
Dio tnuifibileà gli
occhi corporali >
li quali quando
fono beru, urgati vedono
iòlo gl'accidenti fenfibili,
oue quelli della
mente s'abballino t come
nel motto s'accenna
• et equafi
la medefimàcofa con là pietà* jpoafi'eièrcitayfeAonverfoperfonebifognofe, afflitte, et difperrte
per' . ualche grandiìgratia>o per
gl'errori commeffi per
propria colpa, delli a
«ali fi lènta
dolore, &L pentimento
. Tale fu
N.S. co'l ladrone,
che era 3 pfidele, et li
diede il Cielo
; con la
donna Samaritana, che
era immeria^,i tlk
Jafci'uie, et la
fece carta ;
con quella che
era adultera, et gli
refe l'ho ore, con
Maddalena,che era peccatrice,©!
la fece Santa;
con San Pierrq* {|
quale ranelle il
pescato d'hauerlo negato,
^ancoragli diede le
chi* j md$l6+ ni dei
Cielo giuftificando o.
Oltre a moltaltri
efempij, che fi
leggono neli'lnftoriadel
Santo Euangelo,oue non
parche fi .dipinga
N. S. le non
per uero
fonte di miferieordia,ad ìmitatione
del qnale dobbiamo
noi comJ patire a
i mali altrui, et fopportare
uolentien le proprie
tribulationi,:]uan j do vengono,opercolpapropna,o per
fuo uoiere. Sono quattordici
l'opere, et effetti di quefa. uirtù
afiegnate dipintamente dai
Teologi, delle quali
la principale è
di iòuuenire alia
uita altrui col mangiare,
&f col bere,
&però fi fa
la donna, che tene
in mano il pane,&
ne fa parte
a i fanciulli
per le ite.u
imooten:i a procura
rielo per alt avia,&iecondo diedre
il motto conquefto
mezo faalusimauieu« te fi
placa l'i radi
Dio . BEATITyDINE SETTIMA,
E l'eifer pacifico.. Boati pacifici^
quoniamfilvf Del vocabuntur . DONNA, che
fotto a i
piedi tenga alcune
fpade, elmi, feudi, et al" tre
armi rotte, con
yna mano tiene
yn ramo d'olmo
col motto: Confregit arcum-ijcutum^gladium->0' beìlum
. Grado di Beatitudine
afiai grande è
di coloro, che
non pure fi
diletta-J nodi viuere nella
pace,& nella quiete
( il che
pare appetito vniueriale^ di tutti
gli huomini,cV:fin'onde viene
commendata la guerra
per le ftelii biaiìmeuole) ma
pcrmezo delle tnbulationi
fanno nftorarla, quando
lì perià;& per le,
&per gl'altri, non
folo nel corpo
con gl'inimici citeriori pia
nell'anima, che maggiormente
importa ; con
le potenze de il'infe. ne Et fi
fa la pace
con Tarmi fotto
a i piedi,
per mofirare,che deue
eu'er acl ciuiftata, et mantenuta
per uirtù propria,
per efiere tanto
più ìuerueuolefr et commendabile» L'oliua fi
da in fegno
di pace, per
vnita teftimonianza de
gl'ntichi, moderni così leggiamo
ch'Enea efiendo per
finon tare nelle terre
di Euaf di-o In
Italia, per afsicurare
il figliuolo dei
Kè, che iòipettoiò
gli verni incontro, fi
fece fuoraconvn ramo
doliuo in mano, et il
giouanefubita] fi
quietò,oltre ad infinitiisimi
altri efempii, per
li quali tutti
baiti queftoj "Il premiodi
coftoro è l'eflere
del numero de' figliuoli
di Dio, eletti all'è' terna
Beatitudine, "BEATITVDINE OTTAVA. Beati qui
perfecutionem pntiimtuy propter
luflitiam quoniam ipforum e
fi T\e9.num Qxlorum . VNA
donna,che guardi il
crudo ftratio di
tre figliuolini, che
le /tanno inninzi a
i piedi in
i;ariomodocrudelmen:c
ammazzati col mi to
prefbdaj/*Apoftolo. Sicttt focij ptffiomm
efìi'fn erltisy& corifa
io; i>, Et i una
mano te.iga una
Croce,perefier'Idd1o
nobilitino fopratuttele coi,&
con certa ruma
di le Hello,
ideila propr.a cita, 31
r ciò iì inoltra
perla donna che
t.en la Croce
ih mano >
con lacuale fi
n taf/ " noie .
*s no le perfecutioni
perzeio della Religione,
che è la
più ncbil parte
delia giuftitia,come fi è
detto . Si dipingono l'una
donna,& gl'altri fanciulli,
come più alieni
da i penferi
dannofì,per i quali
polla apparire il
mento per proprio
errore de gli (Irata
fopportati . •
BZssfTJTrDIISrE tsf Cj
V I S
Mamuetudine, Meftitia, Fame, Ó£ fcte
diGiuftitia, Mondezza di
cuore,Mifèricordia, Pace,e Perfecutione, lequali propriamente
non fono Beatitudine
per oggetto, ma
più tofto mo di;e
mezzi perperuenirui, imperò
che il Sig.iui
parla per figura
di metaIo ra,ponendo
vna cofa per
un'altra, cioè il
mezzo per il
termine ultimo ac tingibile,& per
uenirea formar detta
figura la faremo. Donna giouane veftita
di veftimento corto,
con la faccia
curuaverfo il Gelo,con vn
agnellino a canto
trafitto, et trapanato
da banda, a
banda da vna acuta
fpada, con gli
occhi lacrimeuoli, &^
piangenti, col volto eftenuato, e
macilente, terrà con
vna mano vn
ramo di olmo, et vn
cuore humano, che gitti fuoco,
e fiamme» con
ilquale raccolghi le
dette lacrime, vi faranno
dui fanciullini a'
piedi,a' quali moflncon
l'altra mano di porgere
ad 'ambidui vn pane
partito in dui
parti, acciò fi
veda, che ciafeuno habbia
hauere la parte
fua, vi faranno
anco molti altri
fanciullini auanti gettati in
terra otfefi,vilipeiì, vecifi, et mal
trattati, et per
vi timo fopra il
capo vi faranno
due palme intrecciate,
vna di Lauro, et l'altra
di Oliuo annodate infieme, et vnite
in Croce da
vna teli uta
di tre vane
cole, come Gigli,Mirti,e Rofe,con
tre motti,di quefta
forte, alla palma
di Lauro. Sola perfeuerantia
coronatur. A quella
di olmo. Cum
palma ed regnapeìvenerunt fanti 'i . Alia
corona. 2{cn coronai itur
nifi qui eertauerit.
C ve.'o altamente fecondo
gl'antichi a quella
di Lauro nAitemitasy a
quella di Oli uo,
fmpafsikilitasy Alla Corona,
Seueritas. Sì. dipinge donna
per raprelèntare fefìo
deuoto,& pietofo, comepoi
che così iì
dice Beati pauperesfpirìtu >
Et ciò per
dinotare che chi
vuole confeguir la
beatitudine gli fa
bifo» gno fpoglianì di
tutti ifuperfiui comodi
terreni >& lafciarfi
volontariamente lacerare da ogni
parte da bifògni
ne proprii beni
di Fortuna, &O dice
notabilmente pouero di
fpirito> e non
folo di cofe,per
dimoftrarci, et darci lperanza,cheanco i
ricchi a quali
pare,che venga dal
Sig, difficultato tale acqui (lo,
polfono, fé vogliono
confeguirla effendoinie regolati,
e parchi, e neipoueri
magnanimi, e liberali
facendo poco conto
di fue> cofe,&: per li poueri
ancora, che fenza
fpargimento di ricchezze
in altri
bifognofipofìònoacquifrarlo con la
potenza della buona
volontà, de ne chi
diceua Maria . fjurientes
repleuit bonis ; diuites dlmittit ìnanes. Si dipinge
con la faccia
curua per denotarci
rhumiltà,la quale fé
bene, fi inchina ve
rio la terra
s'erge * et eiàlta
verfo il cielo,
ciò lignifica j
che chi vuole beati fìcarfì,debbe fopponerfì
in terraa proprii
Superiori, et in
cielo refenre l'obbedienza a
Dio>.& alla fua
fante legge che
così fi adempio quello di
Pietro nella Canonica.
1. a. 5.
Humiliamini fub potenti manu
Dei >vt exaltet vos in
tempore uifìtationis ., Si
dipinge con l'Agnellino
trafitto dalla fpada
per denotarci Tinnocen te>&patiente manfuecudine,
che però radice
Beati mites. effendo
che chi vuole eifere
beato, debba farpoco
conto de danni
riceuuti nei beni di
fortuna, honore, e
fama del mondo,
che quello accennauaDauitnel Salmo 3
6. Beati mites
quoniam ipfì hereditabunt
terram . Si rapprefenta con
gl'occhi Jacrimanti,& piangenti
per dinotarci la
triflezza e meftitia,
fpintuale, perche fi
dice nel Vangelo .
Beati qui lugent quoniam ipfi
confolabuntar. per dirci,che
quelli fi beatificheranno, che
pian-gendo il tempo
male fpefo, li
doni di Dio
naturali, e gratuiti,
li frutti delle virtù
morali laifati, la mal pallata
vita, e peccati
comefsi, mediante però il
perfetto dolore detto
contritiuo, parte neceifaria
di penitentia, fecon do
vuole la comune
catcolica Scuola JPanitentiacfl preterita
malaplangerey et plangenda iterum
non committere . Si
dipinge ancora con
gl'occhi lacrimanche piangenti
perche ciò debba
farli per compafsione
di ChriftoNofti-o patiente
compatendo al dolore, pafsione,& atroce
morce di lui,che
cofici infogna Hieremia
appartando deli'vnigcnito di
Dio con tali
parol DI CES A RE
RI PJ, t? tuBum
vnigenitì fac tibìlplanSium
amarum . Si raprefentà
con il uolto
ellejiuato, e macilente,per
denotare il bifogno,
e neceisità fpintuale
negato» ci tal uolta
daperueriì huomini, onde
però fi dice .
Beati qui efitriunty et fitiunt
iuHitiam, Per darci
ad in tendere,
che chi u
uol efiere beato,
debba-» lèmpre cercare quello
che è vtile,
e necefìario alla
fallite, et anco
hauer fete,cioè animo pronto
di rendere a
ciaf e uno
quello che è
tenuto. Si rapprefentaco'l cuore
humanoche getta fuoco >
e fiamma, celie
raccoglie Jc proprie lacrime,
per denotarci li
cuor mondo,che però
Beati mundo corde* rer
dirci, che chi
vuole in Cielo
beatificato vedere lddio,debba
hauere il cuore mondo,
e lontano da
ogni malignapafsione,e peruerfaefFettomoiit dano, cht di
quello dille il Profeta
Lauammi& nundi efiote. Getta
fuceo,e iìamma,perche fi come
il fuoco purga,
e monda l'oro,
coli la diurna
grana il contrito cuore,
e come l'acqua
puliice il uafo,
cefi le lacrime
l'anima-* dalle colpe mortali,
onde il Salmo
dice, tsffperges me
Domine bifopox& muri daborlauabis me et fuper
niuem-, &c. Et con l'antecedete . Cor
mundu creai» me Deus,
Vi fi rapref èntano
i d ui
fànciullini a' piedi
a q uali vien
diuiio un pane, per
denotare la mifericordia,
perche Beati miferk
ordes^&c. Effendo che quello
iara beato *
che con pietà
iouuenirà alle necefsiii
di perfono miferabili con
lue fuftanze, come
infegna Eiàia a
18. Frange efnrienti pattern tuum-, . Si
dipinge con il
ramo dell oliuo,per
fìgnifìcare la pace,
tran* cjuillita,&
ferenita dei cuore,
onde però dice .
Beati pacifici) &c.
Perderci che per efiere
beato fi debbano
haue*ele tre paci
> e tranquilità
Spirituale* cioè fuperna con
Dio,interna con te
coicientia, et efterna
con il profilino, cr
e quello fecondo
nel lib.^ .dalla fapìéza,ci
uiene infegnato Tax^detlis
Dei.Si dipige con
molti fanciullini offefi,uilipefì,uccifl,&maltrattati,per
denotare le perfecutioni
ingiufte de' tiranni,e
peruerfì noftri inimici>&pe,rò fi
dice Beati quiperfecutiones patiùtar
propter iufiitia^ &c.
Ciò ne fìgnifìca, che chi
uuole effere beato
debba renderli peratto
di patieza impotète,e
de boleallauendettaancoreheuendicarfì
potefsi, pronto al
rimettere ogni lefione,&offefà,penfando che
la perfecutione ferue
a buoni per
efercitiodi uirtù, che
però difìe il
Sig.Dio in quella
contentione fra i fuoi Apostoli. 7s{ifi cfficieminhficut
paruuli>noh intrabitis in B^gnv.m
Ccslorum. Le due palme
incrociate giunte,& annodate
da una corona
tefluta di Gigli,
Mirtee Rofe,fopra il capo
per imprefa,ne lignifica
le tre uirtù
Teologiche, come Fede,Speranza, et Carità,
la Fede perii
Giglio, la Speranza
per il Mirto,&laRofaperla Caritàjfenza
lequali uirtù niffuno
potrà giamai bead« ficarii,& quello
baili per fiora
in torno a
tal materia . BELLEZZA, ONN A
che habbiaafcofà la
tefìafra le nuuole
> cV il
retto Zìa poco vifibikjper lo
fplendore,che la circonda,
porga vna mano
fuor dello fplendore,con la quale terrà
vn figlio, Sporgendo
con l'altra nianò
vna palla,.& vn compaiiò,
Si dipinge la
Bellezza con la
tefta-aicoià fra le-» nuuole,
perche none cofa,
delia quale più
difficilmente fi polla
parlare con morrai lingua,
&che menofìpoila conofeere
con l'intelletto ninna.H
2 no, D 68 no,quanto
la bellezza, laquale,
nelle cofe create,
non è altro
> fnetafori» caaieate
parlando, che vn_.
iplendore, che derxua dalla luce
della feccia di Dio,coaie diffiruiconoiPJiitonici>eflènd3 la
prima bellezza vnaco^ fa
eoa eìio,laquale^oi co.ì%munica. idoli in
qualche modo d
idea perbeiiig. uu di
lui alle ile
creature, è cagione
> che effe
intendano in qualche parie
la bellezza : ma come
quelli > che
guardano le ììeaì
aedo ìpecchity fubito fi
fcór) fhe partorire amando
il noflro Sire . Si
dipingerà dunque nella
fudetta manièra, lignificandoli per
la man( che lì
itende col Giglio,
ia beìlc^a de
litì&raeiUi, et de4 colon
del corpL godutala
terra, come Gabbiamo gì* detto
di fopra,. Kell'altra mano
terrà
lapalk,colcompaITo,perdimoftrare
che ogni bel 1ezza
coniate in miiure,cV"proportioni, Je
squali s'aggiuftano col
tempOD &. col luogo*
Il luogo determina
la bellezza nella
diipoiltione delle-* Proiiincic, delle
Citta, de' Tempii, delle Piazze,deH'h.uomo, e
di tutte le cofeiuggetteali'occhio,come colori
ben diftinti, et con
proportio~ nata quantità, et mifura, et conaltrecofe
fimilij col tempo
h* determinano l'armonie, ifuoni,
le voci, l'orationi,
gli abbattimenti, &C
altro cofe, le quali
con mifura aggiuftandofì
^dilettano,& fono meritamente chiamate belle Et
come li Giglio perl'acutezzadell'cdore muoue
il fem» fo, et delta
gli fpiri ti,colì
medefimamente la bellezza
muoue, &defla_p gl'animi ad
amare, &defìderare di
godere, {per darperfettione
a fé rteifo) ia
cofa,che ficonofee per
la molta bellezzàdegna
di confideratione, ÓV di
prezzo; fopra di
che vn nobile,
e gentililsuno ipirito
fece ilpr-eiea*c Sonetto. £
luce la beltà,
che dal primiero
Sperasi vince tgtfopra
ogmpenfìero» Splendor
nafeendo in mille
raifipartc> Quegli che"
l nqflro, e
l'altro Tolo erefìe E
fede fa mentre
gli vibra, e
parte Qua/ì tempii
a lui J acri, oue
il profonda, Di quel
che in Cielo
fpléde eterno vero.
Saper s'adopri,e la
potente il ^e/ou IJaria
color fouente}bor bianco,
horneroVnafcintiUafolmojlronne
al monda 4 luce
in vna men,
che in altra
parte € di
ciò, ch'egli imaginando
efprejfe TI* dotta mano
di ritrarla in
carte J^otefuron leftelle,e
carta ilCielo. BELLEZZA F£MINILE.
T^XONNA ignuda,con vna
ghirlanda di Gigli,&
Liguftri in tefta,
in mJ vna mano
haura vn dardo,nell'altra vn
fjrecchio, porgendolo in
fuori fenza fpecchiarh* dentro,federa
fopra vn drago
molto feroce. I Gigli
fono l'antico Ierogliiìco
della bellezza, come
racconta il Pieri» Valeriano,forfe perche
il Giglio tra
gl'altri fiori, ha
quelle tre nobili
qualità,che riconobbe unagentildonna Fiorentina
nella ftatua fatta
da fruitore poco pratico,
perche eiTendo ella
dimandata queiche giudicarle
di tal ftatua, ella
con grandiffima accortezza
dine feoprendo Je
bellezze d'umt donna compita,&
la gcfFezza tacitamente
di quell'opera, che
era bianca,
morbida,&fcda,pererTer quelle qualità
del marmo ftefiò
necenarifiìme in una donna
bclla,come racconta Giorgio
Vafari, et quefte
tre qualità ha particolarmente tra
gl'altri fiori il
Giglio. II dardo facendo
la piaga,nel principio
è quali infcnfìbile,laqualepoi crefee a
poco a poco,& penetrando molto
dentro, è di
fàcile a poieriì
cattare,&ci dimoltra,che cominciando
alcuno ad amare
la bellezza delle donne>non fubitoproua
la ferita mortale,
ma a pocoapococreìcendo la piaga,fentcaJJa fine,che
per alien tàr
d'arco non lana. Lo
fpecchiodiffioftraefferelabeJlezza
fanimle medefimamente uno pecchia,
ncJqualc uedeudo ciascuno
le fieno in
miglior perfettione per li
3 'l'amor 7* l'amor
della fpecie s'incita
ad amaro* in
quella colà* oue
li è uedutopìu
pe fetto>& poi a
deftdei\tr{ì,&. fruirli .
Il drago
rrpftra che non è da
tidarilpue è bellezza^pcrche ui
è ueleno d. paisionei& di
gelofia . E Igauda3perchc non
uuol eiTer coperta di
liscio, come anco
fi può àit che
lìa frale, et caduca,. et perciò
le il pongono i
iiguftn nella ghirlanda»^, conforme al
detto di Virgilio
nell'Egloga feconda. € formo
fé puer nìmiu
ne crede colorì
\Alba liguft rà
caduntyvacinia nig ra
legatura Et Ouidio de
arte amandi (fuo*. Forma
bonu fragile ejìyquantuq;
accedit ad annos
Fit minorar fpatio
carpitur'jlla 2^c femper violacee
femper Mia fiorente
St riget,amijja,fpma relitta.,
Uefa-,* BE'HFfOtM'N^Zé^y £T F%lC1%JiM^T\ìMC2srj*sfLE del
Sig.Cj.iomnni Zaratmo Capellini, !
ONNÀ che tenga
in téfta vna
corona di vite'
intrecciata, con un ra«
mo d'olmo in
mano, verlòil feno
vn'Aleione augello marittimo» OgnVno fa
quanto la vite
arai l'olmo * et l'olmo
la vite, Cuidio.. Vlmus amat
vites, vitemnon deferii
vlmosPertale amoro là
Beneuolenza?6i vnionc l'olmo
fi chiama marito
d'ella vite, et vedoua
fi ehiama la
ulte quandonon e
appoggiata a l'olmo,
Ca* tulio ne gli
elìàmetri nuptiali i
Vt vitina in
nudo viti* qua
nafeitur ama l^unquam fé
extolit . pi u
a b affo poi
dice .. «k?? fi
forte eademefivlmoconiuntl la
marito, Et Martiale
nd.4. libro ne
I veder puoi
con quanto ajjettO)
St con quanti
iterati abbracctamenttì
tavites'aumtkchia al fisa
marita* Cioè a l'olmo*
fé bene fi
potrebbe anco intendere,
al pioppo, o
alfrafsina arbori tutti amici
alla ui te
come dice Col umellalib.XVL Vitem maximepùputu 'sallt deinde ulmus, deinde
fraxinus > et di queftij arbori uolfe-inten? dereHoratio nel 4.
lib; OdeV^chiamati uedoui
lenza la uite*
Et vìtenu? riduas dueitad
arbores, Et nelle
lodi de la
uita raffica conelfali
marita, adulta
mtikmpr&pagine^ltas
maritati* opulos . Da
quefh Poeti latini
leggiad^men:e preieil Bembo
il fuo concetto
mafsimarnenteda Catullo per eifamre
le dame ad'amare.
CiafcunaVite* (poggia-, £$a giacevi
giaf din non fé
n adorna Ma
quando a lolmojO
al Tioppo alta
s'ap~ *Nd frutto fio, neW ombre
fon g ràdile .
C refe e feconda per Sole,
e per $iog&Ì4 Oue alcrswTefh
più moderni leggono Ma'fwtndo a
l'olmo amico alta
s'appoggia. Etdiquc/lblmoci'iiamoLolutiieruire noi
lallàndo gl'altri perefférepi& frequente in
bocca de poeti, et per
non confondere con
più dui crii
rami la corona, che
pie gentile comparirà
lempkccmentè la uiteauuiricchiat* totì l'ctoo
fiw marito, j.-er
incubalo deia. Benevolenza, et unione
*catriir mo» D. 7t ihoniale, l'Alcione
che tiene ungano
è vn'augeiio poco
più grande ci va
paiìuro, quafi tutio
di coior ceruleo,
le non che
ha melhcate alcune penne
porporine,e bianche, ha il collo
lottile, et lungo,
va ilolàfczàndo,& ftndendo
incorno al lieo
del n.are^on voce
lau enteuole, oLeanco fi
il fuo n;do,&
vi coua ietie
g.iorn:>i tjuaii per
eiìere fchci,clKaw.anJi « con,e
d^e i 4* -B^p^r juolib.decimocap.? 2. et Indoro
lib. 12.&1Ì Sannazaro con* cantò ndTE£loga
quinta. Cantere, 0 Hakyonis nidum
mibi pellere ventos
D'ultu r, &■ f&ucs pelai} mi* czreproteRas Forfìtanbicnoftros fedabìt pefiforis afirs . A
tjuefto hebbe mirai*
Vng.;ro neiJa prii^a
Scena dd e
narro atto d'Alceo, fupeiÀua in verojma
gru t:ob^^^^ à'k
declina Ég-oga de*
feti. Turbato ei mar
(Femor ma forfi
vn giorno Terme
fcravno Se^f i ione
il ni 0. Cioè
(pero yn giorno
d hauce MMxscfcb iranc mllo
£ato,& berniirà.n P,q C--.p-ùcÌi^r^4i.eiUe. "
i-± so^e f% $oaue
vdir gli auge!,
che per la
riua Vrendonful nidoyinfiebil
voce, et vìM Cantar
piangendo (e fi Jon anco
amici) nsficfueian fondale
fanno Ulti aprici
.fache egli dicaj Cs
fu tra noi et che^iè'ne
vbìalié'lòprà^ il) morto" cadàuerò de àia il
to^ eh c'era pòrta
co (fa l'onde'
marine, et però
fanno chCqueftò augello iì
vadì tutta via;
lamentando nel lKodHmare>
come' tra gli altri
Berna* fìfino Rotai ne
l'Egloga XlIL
3$ekpeYcBe:aon:Jóriioy come colei
Sommerfo in marey et perfauor
de* Dei €he vide iftfonno y&poitYouólo j§ofoi
Hor piange augello1
il fuo fiato' dogliofo* E nell'òttaua
feguentev Quanto t'inuidioy o
ben coppia felice'
Comun fu fempre
y a' cui cantando lice1 «A
cui ' fpofiy-^ augèlli
vwlettoyvnnido Vonda qketary
quando più batte
il lido? Et il
Petrarca anch'èglì canto
della beheuolenza,:&' vnione
di quefU i$ÌÌM et della
ìiia nobilifsima %ofà>il> cui pregiato
noine nel capo
de> Ver/ì per ordine
li pone. isf mando lei
tiouacelejle tsffìrefr.
(jcdÈ^C2^, innitto ye faggio a lei fimifa Le fu
pi errino dell'empireo
Corog Ónde beri lieta
uà co'l cor
giocondo. I{oma' per nói giàgode eterno
s^prile? ìndi verrà per
voi l' età dell'Oro
y JOaHringéd feguir folla
fud bell'orma? E
I(cAI{^A prole ad! abbellire
il mondo ò Et
certo,cheninnamaggior
felicità può éifere
tra dui conforti
che Tvnio' ile',et Benevolenza
i degno è d'effere" imprecò nella ménte
d'ogni perdona legata in
nodo matrimoniale y il
precetto di Focilide
Pòéca^ Greco i^.nà tuàMcóniugemy quid enimfuàuìus &pmslantiu$ Qùamcum
iJÙCaritum diligit Vxor vfquead
fenettam' Ét riequé
Inter eos incidit conferìtio ?
Cioè ama là
tua' móglie, checoiapuò
éflere più foautf et pili co'nuene'uoléyehe quando
la mogliéama il
maritò per iìné
alla_» ¥ eechiezza, òVilmàrico la fua
moglie, ne tra
loro c'interuiene rin"à,& con tela
alcuna . Quindi è
che li Romani
antichi hanno làfiàto*
molte memofx di
quelli che Iorio
vifsi in matrimonio
ynitamc'nte con benevolenza.* fenza con
trailo, (fé quali
noi ne poneremo
per èfiempioquatro Stampata dallo Smetio
due vetìb il marito,
edue altre verfo
la moglie. B. funió
primigenia Qù}vix ann XXXK
fùnid. "Palla?, fedi (omugiKdtifjimft ttpientijfimQ 3efc benemerenti (um quo
vixit annìs tf.Mens.VL
Éiulciter. fine Querela ■•v T. flauto.
*sfv(j. Uh. Chryfogoné tesbiano . t^dmtor
Tabularior' 2$4tion\
tìer"editatCaes'Hi Flauiarb(ica
cóniux. curii qua ¥mt
amfineuUaajfenf4* DIS Mt^^IBFSa
iufideCjlaphyrae Vixit (tsfnnis XXXIIX. Ti
Cldudius faufius Coniugi, óptimej&bent De fé
merita cum qua Pixit
t>4nn> xiix menfe
è Diebus XXIIH. fine
viti Querela f eciti érfibte ìtfS
MAN S> caLpvrniae t.l. bomèae m.calpvrnivs M.L.PARIS CON.SVAE SANCTISS, CVM.QVA.V.A.XXV. MUE -OltfEN.
ET fibì> Simile modo
etiam, * fivlim 74 ICONOLOGIA fi
olimfaifiet. Vixìt cum
hac trigintanmem annis
fine mrgioyfine Óffenfa.
E «dia ìnicnttione di
Lucio S il
uio Paterno iì legge.
Sine Mia animi laefura* Et
in quella $i
Giulio Marnano .
Sirie vita animi
lefione. Waitra in-' icrittione ponere
vogliamo trouata poco
tempo fa nella
prima vigna fuor «ii
porta latina a
man dritta, nella
quale dice al
Lettore, che sa
d'eiiere iii da
zuix d ut deue eiier
lodata, 6l, abbracciata,
ancrt cndoPiut, .
» ve ì,c-ì
.26. v ic
; &H}fiQn*ktidtft benigni:
a firn > U
rpro> Ittio corba&et ìtéàtà4M'$*ytft}4#tferrQ WCpjjkm^é L\Jtare D. *fX L'altare co'I fuoco,
dinota, che ia
benignità fi deue
ufarc,o per aigioù ne
di religione, Jaquale
pmicipalrnente sfelèrcua con
li iàcriiicij, o
almeno non lenza ena,
talmente che u
eriga in pencolo
d eiiere ritardata,
o impedita la giufliUa
perticare Dio Ite
uc> Uguale è
vguaimente gitile, et benigno . , PER L'IMAGINE
DELLA B ENIGNITA
FIGVRATA Di lui nella
periona deirilluftnliima, ed EccellenuTsuaaL. Signora Marchetana
Saluiati . _ tsiTl) Py
e pregiò acquifiò
Cjreco Vittore 9 Cjia
ritraendo con Matura
mano La BelliJJìmatsfrgiua y
onde'lTroian» giudice Ideo Sentì
Lf iuo ardore
: Uor tu [E
S e palma
; (he bel tanto
più grande in
carte fi ringi, Quanto
via più) che' l
corpoyènobil Pzsftm* t&jftia
alquanto china >
con le braccia
aperte, et con
la de/tra mane» tenga
un ramo di
pino, inoltrando deiTern*
leuatasù d'una rkcha
feggia* 5f a canto
u i fia
un'Elefante . La
benignità^on è altro
per quanto fi
può ràccorrc dà
la dottrina d'À* rift.lib.4.Etica,che uno
affetto naturale di
perfona magnanima in
raoitrar ìc fegm di
(limare gl'honori dati
dalle perfone inferiori,
tiiqtt è uirt^ propria
df^cperfone grandmi quaato
fono j&agnaniaigV^: aiagnanim» &oa 7i iCÒttOLòGl
A non «uol dir
altroché huomodi fplefldore,& ornamento
di perfetta tu, tal
che quanto è
difficile deffer magnanimo
per hauerbiiòfgno di
tiri ti gl'habiti buoni
> tanto è
nobile effere benigno.
Quattro fono gli
affeè ti dei magnanimo*
che. affetti n* deuono
chiamare quelle cofe,
che noJ Iianno Eiettione,
Beneficenza, Magnificenza, Clcmenza,& Benignità i
quali li riducano
tutti gl'altri, perciocheil
magnanimo nonfhma,] diiprez^ come
quello che non
teme* ne fpera
: inquanto non
difprez; j|
BenefIco,inqiianto non ftima
Magnifico^ quanto non
teme Clcme $e, in
q uanto non
fpera ? Benigno, et perche
la benigniti ha
per og immediatamente l'honore, et J'honorarc,
però fi può
dire, che ?la
Ben gmtafia il più
degno affetto? che poflì
nafeere ih principe
generoiò, ^he e conforme
alla dottrina deU'ifteffo
Arni, nel 2.
della Rettorica al f
apo ao. dicendpj
chf la grafl^e^*
j^ii^uomo noa è
altro, che vna
r e I 1
!tapiaccuole>& nobile grauità.
Laonde iccfrcndoiì quella
vino imgcUrgente neila
llìuftrus. Sig. M
ADDALE in A
Sbozzi maritata nel* r£cceii.iiÌuftriis.dei$ig*Aiai'cheieSaluiati,miè pano
che li veda
quella figura con particulariiieuaone di
queila Signora, nella
quale oltre ag/altri
ipiendori > che
le danno la
patria felice, ia
Cala Aiiuflsusinia, i
genito* r* di iòinma
virtù, rifpieude unto
l'ideila benignità mentre
accenta gi'uonoridenepenone inferiori
con lieto volto, et con
la benignità fua*che_j or
era meglio che
gl'altri con l'alterezza, et ben
fi può dire
di lei quel
che tenue CLudtano in
Conmiata Manilij . Teragit
tranquilla potejias. Qnod uiolenta nequit
: mandataq; f&rtius
urget Imperiofa quies » Le
tre Lune,che fono
intorno al fregio
della Clamide, raprefentanol'in fegna deli'iiiultnisima
-Cala Strozzi,nellaquale li
contiene con molta
ragione il fimbolo della
Benignità, percioche,come il
mine della Luna_, non
è altro che
rìfteflò lume del
Sole, coli la
benignità non ha
altra luce che queha che dell'ifteffa magnanimità Sole
delle virtù, come habbiamo inoltrato, et però
la forma del
Sole fi icuopre
in tetta della
figura, cioè ìm» Juocopiùiuperiore, et più
nobile fede dell'in
tei ietto, onde
li cauano le virtù
intellettiue>&
g/organi fenfitiui, ne
quali fi fondino
le morali . Il numero
ternario delle Lune,
lignifica la perfettione
di quella eminente virtù, perche
il ternano fempre
lignifica perfettione,come iniègna ^nf
nel primo del
Cielo Caprprimo.& e
primo numero impari, et principio d'nnpar.tadella quale
diceuanoi Gentili fodisfarfì
Dio T come
di cela perfetta,onde Virgilio
neil Egloga 8.
dice. Tramerò Deus
impare gaudet.
EtiTittagOiiCi dJìeroil tre
triplicato nelquale fi
contiene il dua,
effe* re di potenzainfinita, con
quali concorda anco
Platone, che dice nel
Tinxo, da quello numero
triplicato hauere origine
la perfettione dell'anima, et l'iikffa
Luna fi dimanda
da i Poeti
Triforme, come fi
vede in Antonio nel
libretto intitolato Grifo,
nel qua e
dell'iflefio numero ternario difcorre, ne
deuo laffare di
dire;che dette Lune
fono riuolte a
man delira, cioè veriòTOriente, ìlche
è fegno, che
la Luna fra
in fuo crefcimento,feguitando il
Sole, et coli
l'Illuflrifs. Caia Strozzi
feguitando gli iplendori della magnanimità,!! va
continouamenteauanzando
nella gloria,& ne gli
fplendon deila fama
con l'ideila benignità, et è
la Luna detta
Lucina, per effereella tenuta
da gli antichi
apportatnee della luce
ai nafeenti fanciul li,
perche porge loro
aiuto ad viene
dei ventre della
madre,& per efiere elia
benigna, et pianeta
hunndo affretta tal'horacon
il fuo influito
il parto iòccorrendo le
donne ne i
lor dolori, rendendole
più facile al
partorì* re,comediffeHoratiolib^.Cde
22. Montium cujlos nemo rnmqi
uirgo Ter uocata àudìs
adetnìsq; letbo* gu et i
pallori alla guardia delle
loro mand re, et
perciò
è fiata chiamata
dagli Antichi fcorta,& duce, et gli
Egitij con il
geroglifico del Sole,
^: della Luna
Vira* magma rnaginauano che queftì
dui pianeti fofifero
Elementi delle cofc,come
qu li che con
la virtù propria
generaiiero, et conferuafìèro, et perpetuando* tutte le
cofe inferiori, oltre
a quello la
vita noftra enere
retta dal gouerno loro
per eflere iofìentata
da l'h umor
de i'vna, et dal
calor dell'altro . Si fa
detta figura di
faccia heta,& gioeonda,ridente,di afpetto
giornale* leggiadro,&
modefto,perche non è
cola più grata, et amata
de la benigni* ta,onde diife
Terentio ne gli
Adelfi. %e ipfa
reperì. facilitate nihil effe
homini melius neque
clementia. Etperngnificareloftatofignonlecheè ncccflario
all'vfodi efla benW gnita,fi
fa veftita, et coronata
d'oro, Il drizzarli in
piedi, chinarli* et aprir
le braccia, fono
fegni proprii ne t
Principi deila lor
benignità, lontani dall'alterezza dell'animo,
6c dal rigore.. Tiene con
la deftra mano
il ramo di
Pino,eflendo detto arbore
fimbolo «fella benignità, perche
il pino ancorché
ila alto, et faccia
ombra granduli iìma>non nuoce
a niuna pianta
che vi fiafottoj
ma ciaicuna vi
germoglia lietamente, perche ella
è benigna a
tutte, corne referifceTheofrafto Filw fofolib.3. cap.15.de
Piantisi Tinus quoq; benigna
omnibus propterea effe
putatur, quod radice Jìmpllci,
aftaqi fit: Seritur enimfub
eam, &Myytus > et Laurus.
> &.aliapleraque .: nec qukquani prohibet radix}
quominus hac libere augefcere ualeant;
ex quo intelligi
potejfp radicem plus infejìare
quam vmbra;quippe cum
Tinus yynbram amplffimam
rea daty et relìquia
quoq; paucis altisq; nitentia
radicibus ad portionem
focietattm* non negat, Oueèda
notare, che il
pino arbore nobilifsimo
di radice al ta, et iemplice
raccoglie benignamente fotto
la fua ombra
le minori pian* te,
fi come fanno
altri arbori di
alta radice >
che non negano
nceuere in compagnia loro
altre piante, il
che ci ferue
per figura, che
vna perfona nobilo d'altra_.
radice, cioè difhrpe>
&c origine fublimericeue fot* to
l'ombra de la
fua protettione con
ogni benignità altri
di minor condii tione, et con
portione li amette
nell'amicizia > et compagnia
fua, iJ chi non
fanno gl'animi nati
vilmente, ancor che
per fortuna fublimati
fienoj che per l'ordinario
reftono rozzi, et come
doppi; >enon femplici
vfàno yerfo altri più
j.ofto malignità > che
benignità* JL'Elefante
animale nobile,& più
d'ogn'altrp grade, lo
ponemo in qu fto
luogo perfimbolo della
Benignità de' Principi, et Signori
grandi, de h fua benigna natura
ne uiene a far teftimomanza
Arif. lib.p. cap.46.ne
l'h'b ftoria de gli
animali, Flephas omnium
ferarum mitijiimus >
&pkcidiftimust Et
Bartolomeo Anglico de la proprietà
delle cofe lib.
18. cap. 42.
dice che gli Elephariti
fono di natura
benigni perche non
hanno fele . Stira
auterri Elephantes
naturaliter benigni, quod
careant felle, Ma
noi diremo ch'egli* iìa
benigno non iòlo,perche
fia pnuo di
fele(attefo che il
cammello anco-* racpnuo di
feie,& nondimeno non
arnuaa quella gentile
benignità,? che ha l'elefante)
ma perche la
natura lo ha
dopa co d
vn certo lume
d'ini belletto prudente e
fentimento quali cheliuniano,
Plinio lib. S cap.
ri tAinma. 7$ fnhnalium
maximum elepbas, proximumq;
bumanis fenfibus &c,
quello ani* aie fé
mai neiidilèra incontra
qualche perfona ch'habbia
imamtala rada per non
fpauen tarla col Tuo
aipetto, lì ritira
in bel modo
al quanto intano da quella,
et per
darli animo le
le moftra tutto
cortefe, &(^ maniero, et le
precede auanti nel
cammino,tanto, che a
poco a poco lo rimet:
perla itrada . Si eleobantes hominem errantem
fibi obuium uiderint
infolitune, primo, ne
impetti terreant, aliquantulum
de uiafefubtrahunt, et tunegra-, im
figura y no
riputar partecipi quelli
Signori* i quali
moflì dalla loro
innata beignaimura rimettono
ifuditi,oferuitori nella via
del felice contento, scorrendoli ne
1 loro eftremi
bi {ogni * iSlunc
fibifinem proponit Honelìus. rinceps y
ut fubditos felices efficiat .
Il fine de
l'honefto Principe è
di far feri i
iudditi difie Antipatro
; di più
gli honefti,& benigni
Principi, et Silori,
accorgendoli di elfere
maggiori tenuti, et riueriti,
porgono ani0 a
minori di parlare, et chiedere
valenze, et foccorfo,
fi come hanno tto
gli ottimi Principi, et Imperatori,
che hanno laflato
buon nome di, .
Aleflandro Seuero di
nome, et benigno
di natura a
chi non s'arriltiaua
di chiedere niente,lo
chiamaua, dicendo perche
non chiedi nien-: ?
Vuoi forfè ch'io
ti reftì debitore
? chiedi, acciò
non ti lamenti
di me: anofceua Aleflandro
che il Principe
è obligato dar
benigna vdienza,& ccorib a
perfone minori, et pnuate,&
perciò s'offe ri uà benignamene a
loro, dimandando e
bifogni per non
rimanere a loro
debitore, et pure a
gentile Impera tore,confondan fi
quelli Signori afperi di
natura,che ncmorvdienza,ele pur
la danno a
le prime parole
infaftiditi difcacciano 1 fé
con ingiuria le
perfone, et le
fpauentono con la
loro feuera, et brua
ciera ; prendino
elfempio di Tito figlio
di Vefpafiano Imperatore,
che mpre benigno fi
moitròal popolo, onde
per tal benignità
fu chiamato, more, òVdelitie
del genere humano,
mai licentiò alcuno
da fé fenza Irgli
buona fperanza, anzi
auifàto da' familiari,
come ch'egli promettefpiù
di quello che
poteffe mantenere, fole
uà di re
che bifognaua auertiche
riiuno fi partifie mefto,& difgufiato
dal parlare del
Principe. on oportere, ait
quemquam dfermone Trincipis
trìflem difeeder e
: Soggi unge etonio,
che trattò il
popolo in ogni
occafione con tanta
piace uolezza/ n benignità,
che folea far
preparare le fette
publiche de Gladiatori
non ulto fuo, ma
ad'arbitno de gli
afpettatori, cV mai
negò niente a
niuno e gli dimandante,
anzi l'efTortauaa dimandare
di più :
2{am neque negauit cquam
petentibus : et ut
qua uellent peterenty
ultro adhortatus efi.
S tando vna aaccnagliuennein mente,
che in quel
giorno non haueua
ufatalafo* benignità con niuno,di
chepentendofi, mandò fuori
quella memorabile S« bil
voce temici diem
perdidimus y Amici
habbiamo perduta la
giornata, tU putò come principe
elìère debito fuo
eifercitare ogni giorno
l'ofiìtio de la benignità.
Non fu men [benigno
quel buono Imperatore, dico Marco Aurelio
di cui Herodiano
ferme, che a qual fi
voglia che ui
andaua auanti porgeua benignamente
la mano, e non comportaua,
cheda la fua
guardia filile impedito Tingreflo
a niuno, Quelli
fono Principi amati
in vita, ÓV" dopò
morte bramati, che
lì fanno fchiaue
legenti con la
benigni tà,& cerio per quattro
giorni, che in
quella vita vno
lìgnoreggia, deue procurar© di
lafiàr memoria benigna
di le, perche
la fua lìgnona
torto fi perde, et la
fua benignità, come
virtù eternamente durai Detto
degno di generofo Principe fu
quello di Filippo
Re di Macedonia
Padre del grande
Aletiand ro . Malo
diu benignusfluam breui
tempo re Dominus
appella ri . voglio più
tolto eìiè re
chiamato lungo tempo
benigno, che breue
tempo Signore, onde io
confederando il cortefe
animo di qLeftì
inuitti, ck benigni Principi 3 et *a
nobil natura de
l'Elefante animai* maggio
re d ogn
altro congiunta con tanta
benignità^ concludera,che
quanto più vnaperfona è
nobile ? et grande,
tan to più
deue elìere coitele, et benigna,
ma quello, che più
importali conforma con
la benigna natura
di Dio, di
cui' proprio l'e.flèr benigno,
effendo, che non
ci è chi più di
lui eierci ti
la be nignkà per
il bene, che
ogni giorno fa
a tutte le
iue creature, fi
che va Signore, et vn
Principe per quanto
comporta la mortai
conditione in colà ninna
può più accollarli
a la natura
diuina, che con
la benignità lènza dubbio,
che j Iddio
ama più yn
Signor benigne, che
fuperbo altero, anzj l'odia,
iicome il moral
Filolofo Plutarco chiaramente
dm. ilra nel diicorfo^che
fa al Principe
ignorante, dicendo, che
fi come ;
Io pe.porre Leno
alla licenza giouem Si ' .
Zi Si fa ancora
vecchio,efiendola vecchiezza finale
al verno, che
fpoglia i. «ampi d'ogni
occafione di piacere> et di
gufio. E lecco 9 et pallido,
perche tale diuiene
fpeno, chi biafimapcr
l'inuidia,. «he quafiiémpremuo
uè il
biafimo — Sta con la
bocca aperta, et fi vede, come
habbiamo detto con
le lingue, ©recchi,& occhi
perche il biafìmo
è Tempre pronto
d'vdire, et vedere
per Scemar la lode
di qual fi
voglia perfona . Mira la
terra,perche il fine
di chi biafima
non può efier
fé non vile,
ap* poggiandoli inalarne all'arido
legno della maledicenza-. BONTÀ, DONNA bella,
veftita d oro,
con ghirlanda di
ruta in capo,
e fta^ rà con gii occhi
nuolti verfo il
Cielo, in braccio
tenga ynpellica» no con
li figliuolini, fc^a
canto vi fia
vn verde arboicello
alia nua«#. di vn
fiume. Bontà nell'huomo è
compoiitione di parti
buone, come fedele,
verace^ integro,gi
ufto,& patiente . itella fi
dipinge, percioche la
bontà fi conofee
dalla belkzzz,c£fcnd9 die ia
mente acquifta cognitione
de' ienfL j lì
veftito dal oro
fignifica bontà, per
eijer l'oro fupremamentc
buon» Tra tutti i
metalli . Horatio dimanda
aurea jla mediocnta,dalla quale
dea* ja la bontà
ifieflà in tutte
le colè,. 1 *
L'Albero alla rkia
del fiume è
conforme alle parole
di Dauidiiel fuor, Salmo,
che dice :
Ih uomo che
iegue la legge
di JDio eifer
limile ad vn'al>ero
piantato alia. nuad vn
rufcello chiaro, beilo, et corrente,e
per non :4fer altro
la bontà, dellaxmale
parliamo,, che il
conformarli con ia
volonca di Dio,
però fi dipinge
in tal modo,
$C M pellicano
medefiinaniente, il juale è
vccello,.chc, fecondo che
raccontano molti autori,
per lòuuenire sproprii figliuoli
pofii in nece&ità,fuena.fe Hello
col rofiro, e
dei propno [angue li
nodrifee, come dice
dififufamente Pierio Vaienano
al fuo luogo» jk
de' più moderni
nella noftra lingua, ili
Rufceili nell'imprefa del
Cardinal d'Augnfta non
xnotfra altro,cho
i'iflefiabon tà.. Sta con
gl'occhi riuolti al
Cielo, per efier
intenta alla contemplatici ite di.uina,
&l per.fcacciar i
penfieri cattiui „
chexli continuo fanno
guerra» per quello ancora
fi pone la
ghirlanda di ruta,hauendo
dett'heroa prò*. >neta d'efler
fuggita da i
fpinti maligni, et ne
habbiamo autentichi tettinomi .
Ha ancora proprietà
di fminuir l'amor
venereo, il che
ci manifesta, che la
vera bontà lafcia
da banda tutti
l'intercisi, et l'amor
proprio, iU nalefolo Concerta, et guafia
tutta l'armonia di
quell'organo, che fuona-» on
^armonia di tutte
le virtù . BVGIA DONNA inuolta, et ricoperta
nelf habito fuo
quanto fia pofsibile, ìlvefhmento da
vna parte farà
bianco, et dall'altra
nero, terrai^-. pò vna
ga^a, et in
mano yua Seppia
pefee . I U /« ICOH
GIOSI J La parte
dei vertioicntu-dcl color bianco
moftVù^chc giOiyomiuìSttgfa*
dì pnftacramcntcdkono-quakiìe verità
per' naiconderui lotto
la bugia] mutando il
diauoiojìlquaie^coii.e dke SanGiouan
GiivUoiToino iupei MxtLizh
ConceJJim ftmte-'duiTi nera dkere i? ut L
mewlacium Juumrarà ucrit-atc^ ao'mrmndet . et per
que^a medeiìtna ragione a
queffimagxne ilpone in
capo Jaj Gaza, che
è dì eolorvariO1,
SCja Seppia,Jaouaie,tecondb che
racconta ij P.erio Valeriano
nel libro ig.
quando lì lente' prelà,; manda
fuori dalla co-' da
vn certo humore neromelq uale
^ nalconde,rtimandb con
taleingannc fuggire dal pefcanre.Cbfi
il bugiardb ole
arabe feib'cOnlanntionedelk
Eugiej&uion^viene maialucè di
Buona Sina* B V " G
1 A.PQ'ntìz gioua'ne
Bruttarma
artifitiofamente~v^èrHta dì color
cangiante] dipinto tuttodì mafearedì
più forti-, et di
molte lingue, farà zoppai «gioì
con ^na gamba
di legno, tenendo
nella fini (Ira
mano vn' falcetto di paglia
acre1 "a. Sant'Agofrino dipinge la
bugia,dicendb,che éfalia'iignifr'
catione delia \^bcè
di cbloro,ehe£on,mala imentionenegano5, ouero
afc fermano vnacofa falla
v EVperò li rapprefen
:a in vna
donna giouine} maBrutta,eiTendb vitio
fcr uile,^ fuggito^ommamenteneJle conuerfationi
de' nobiliiun modo
che evenuto in vfohoggidi,
che atteftandbfila fua
nobiltà >come per
giura« mento nel pacare
fi ftiinapeì4 cola
certa, che il
ragionamento fia vero.Ve/refi
artificiofamente",
perche con l'arte
fua ella s'induftria
di' dare ai intendere
le cofe', che
nonfonov La vette di
cangiante dipinta dì
varie fòrti dì
mafeare, &C di
lingue di* Kilo lira l'ineon
danza c|èl bugiardo, ìlquale dilungandoli
dai verone! fauej Jare,dà
dì uè ria
apparenza di efierea
tutte leeolè^&di-quì è-nato
il proueij* Silo che d
ice. Mendacem opo Ytet
effe memo rem: Il
falcetto dèlia pàglia
accefa altro non
lignifica1, fé nonché
fi' come il detto
fuoco pretto s'appìccia,& pretto
s'annnorza^cofi la bugia
preflo na* ice, et pretto
m uore . ^
L'cìer zoppa dànotitia
dì quelche fi
dice:
triuialmenteychelàb'ugia ha
S&gambecorLe»B' V I
Ò\ CylO VAMN ETTO moro,
veftitod'azUrroiìelìato d'oro, et
fopr* X
i\ capo hauera
vn Gufo,nel la
de/tra mano vn
velo nero, et con
la fi* siittra terra
Vn -feudo di color
d'oro, ìnìnezo del
quale ui na-'dìpinta
vnf «arga con motto
che dice. AVDE-ND f '.•
_ GALAMITA.. \0 N N
A mefla, yefiìtà di
nero, et mal'in
arnefe', moftrandòfi dei boleti,
regga fopravna eànha,tehèdb
inumano vn mazzo
di ipighe di grano
roc^e frac&fiate,coniC
quelle, che vengono
abbattute dalla tcpeftaj .
Sj1 11
vcftimentojieroiìgnifijca
malinconia, ch'è compagna
jpcrpetuadek la calamità..
S'appoggia alla canna,
perche non fi
truo.ua maggior calamità,
che»* quella di colui)
che ila in
pencolo di rouinare,
il quale lì
conduce moJte^ volte adefiderare
la mone per
rimedio, et la
canna per eiTere
vacua, 6V poco denfa,
facilmente iiipezza al
fòprauenimento del pelò,
come facilmente mancano le
iperanzo di quello
mondo, perche ogni
forre di vento ancorché
debole è ballante
a mandare in
ruma, et la
fab.rica, cV~ li fondamenti
delle Anitre iperanze,
&per queftoii domanda
calamita da i calami
delle Canne Il
mazzo del grano"
acconcio, come detto
riabbiamo, lignifica la
per* ditione,& jrouina delie
biade, che èil
principio della noitra
calamità . CALAMITA, O MISERIADONNA
afeiutta, tutta piena
di lebbra con
pochiflìmi panni, che lecuoprono le
parti vergognoiè, et con
alcunieagnuoli,cheliItia* no
lambendo lejpiaghe delle
.gambe, terrà Je
mani inatto di
dimandai* clemofimu ^Calamita, et
zJWiferia.. DONNA men%ignuda, a
federe fopra vn
fàfciodi canne rotte,
e fpcz zatein molti
pezzi in mezo
a vn cannetoSi
dipinge mefta,percioche ia
mifenarendei'huomo metto, cVancoi0che
la Fortuna feglimoftri
alquanto benigna, nondimeuonon
il rallegra mai 5
come dimoftra Seneca
in Thyefte . rProprium hoc
miferos fequiturMitium J^umquam rebus
credereltttis fydeat fcelix
Fortuna licet Tamen
tifflicJos gaudere piget . Si
fa a, federe,
per inoltrare, che le fue
iperanze fono andate
a terra, perche
è cagionata dall'iracondia, et dallo fdegno
. li torchio accefo,
dimoftra, che là
calunnia è in
frumento a trinano
ad accendere il fuoco
delle difcordie,& delle
rouine ài tutti
ì Regnh Il tirarli
dietro il giouine,
che ha le
mani giunte, ci
ià concicele,cLc il cai
un alatore non
è altro, che
lacerare Ja ian.a
de gl|Inn.ocenti : ^
Glifi dipingeacanto il
bàiàliico,percioche, come narra
Pierio VUeiaao nèilib.
iq* I Sacerdoti
Egitij poneuano quefto
animale per la ca~
i. z,
làjiijQua $4 lunnia, perche
fi come il
baialifco lenza mordere
da lontano è
pernkio alì'huomo co'l fguar
do> cosi li calunniato! e
Sparlando di naicoilo
all'orecchie de' Principi, et altri,
induce fraudolentemente l'acculato,
che nce« na danni,
difagij, tormenti, e
ben ipeito la
morte, e fenz'onde
poterli am* tare,non iàpendo
il torto,perche gli
Vien fatto in
abfenza come il
vede aii» uenire in
molte corti,& Jrierodoto
fopra la calunnia
nei hb. 7.
così dica Calumniator iniUriam
facit accufatoy non
prafentem accufat . CAPRICCIO.
Glouinetto verri to di
vani colori, in
capo porterà vn
cappelletto Cimi* le ai
veitimento, fbpra riquale
vi iàranno penne
diuerlè, nella delta mano
terra vn mantice,
ck nella iìniilra
vn fperone. Caprieciofi il
adiinandano quelli? che
con Idee dall'ordinarie de
gl'altri huomini diuerie fanno
pendere le proprie
attorni, ma conia
mobiitadai l'vna all'ai tra
pur del n.edefimo
genere, et per
modo d'Analogia il
diconc capricci le idee,che
in pitturalo in
niufica, o in
altro modo iì manifeitanc;
lontanedal modo ordì nanoi-l'inconfìanza fi
dimoila nell'età fanciuliefc^ la Varietà
nella diue^fita dei
colori » Il cappello
con le varie
penne, moftra che
principalmente nella fantafij fono
pofìe quelle diuerfitad'attioni non
ordinane. Lo fperone,& il
mantice inoltrano il
capricciofo pronto all'adulare
l'ai trui virtù, o
al pungere i-vitif
* CARRI DE I
SETTE PIANETI* Cé^fì^O DELLtsf
LVKjsf, Come è definito
dal Boccaccio Uh.
4. netta demologia
de gli Dei.VN
A donna di
verginale afpe-tto iopra
d'vn carro di
due ruote tirali da
d'tè catialli, vn
bianco > et l'altro
nero per moitrare,
che la Lum faHkóicórfi di
giorno >edi notte,
è anco tirato
il fuo carro,
come die* fopradetrò Boccaccio
nel £. libro da' cerui,
eifendo cheilcammino,chd la Luna
vien fornito più
velocemente di tutti
gl'altri pianeti,come quel la,cheha
l'orbe minore,& Claudiano, et Fello
Pompeo dicano, che
è g " dato
da muli >
pereifer la Luna
iterile, et fredda
di tua natura,
come p mente è
il mulo, et Auiònio
Gallo fa guidare
il detto carro
da giouenchi credefi che
follerò dati quell'animali
alia Luna per
la fi miglianza, che è
ài loro
d'elle corna,che perciò fi
mettano due piccioli
cornetti in capo d
la Luna,
comeanco per effer
quell'animali facrificati a
quella Dea . Prudentio velie
la Luna d'vnbianco, et fotti!
velo dicendo» Di bel
lucido uelod nói
ueftiid Quando [uccrnta [piega
le quadrelli £ la
Vergine figlia di
Latomia Si potrà anco
veftire con la
nelle bìanca,roffa, cV
fofea dalla cìnta
ìJf iù, &L il reilante
del ueilimento iàrà negro, inoltrando, chela Luna nO ha
lume da sè,ma
da altri lo
nceue>& è dauuertire,ch'e per
bellezza di qm Ita
figura fieno efsi
colori polli con
grafia, 1 quali
inoltrano ? che
la Lunau fcelio fi
muta di colore>& da
Qiìk molti indoumano
le mutationi de
teme. Onde DI CESARE RIVA.
Ir Onde Apulco racconta,
che la roflezza
nella Luna fignifica
venti,il color folco pioggia,&
il lucido,e chiaro
aere fereno,& Plinio
nel lib. 1 8 cap.
$ i. ice il med
efimo. . Fu da
gl'antichi dipinta, che
portafsi a gl'homeri
una faretra piena
di rali>& con la
delira mano vna
fàcella accefa, et con
la finiftra un'arco* Moltra la
facella ardente,come apportatrice
della luce alli
nafccnti fanT.
iulli>percioche porge loro
aiuto, ad vfcire
dal uentre della
madre. Moflra ancor il
lume,che fa alli
paftori,i quali amano
affai la Luna,
periochedalei ricéuonocommodità grande,
efiendo che la
notte guardano fuoi armenti
dall'infidie delle fiere. Oltre
ciò s'intende ancor
per il lume
l'humidità fua,che pretta
fauore al cpiante,che germinano
fopra la terra, et alle
radici di fotto
dona aiuto. La drpinlero
gl'antichi,come
habbiamodetto,con l'arco,& con
la farera,perche intendeuano
la Luna effere
arciera de* Aioi
raggi, li quali
fono lille uolte nociui
a i mortali,&
per dirrìoftrare ancora
le punture, che
fento-, io le donne
nel partorire,efiendo quella
Dea fopra il
parto delle donne . CARRO
DI MERCVRIO. I7N giouine
ignudo con vn
fol panno ad
armacollo, hauerà i
capegli V doro y et fra
elfi vi faranno
penne parimente d'oro
congiunte infieie,o uero
vn cappelletto con
duealette,cioè vna per
banda,in mano porrà il
Caduceo,& alli piedi
i Talari,che coli
fi truoua dipinto
da i pittori, defcritto in
molti libri da' Poeti, et in
particolare nelle trasformatioi
d'Apuleo. Sarà detta Imagine
fopra d'vn carro
> &~ vi
faranno molti làflì,
peracnnare il coflume
de gl'antichi, che
quando paffauano vicino
alle flatue Mercuriojciafcun li
gittaua vn fafiò ai
piedi,di maniera, che fempre aipiedi della
llatua di Mercurio
erano molti monti
di faflì, e
ciò nfenfcc ornuto nel
libro della natura
de gli Dei . Sarà
quello carro tirato
da due Cicogne
vcelli confecrati a
Mercurio, srche quellovcello,ch'è
chiamato lbide, è vna fpetiedi Cicogna, laqua: naice
in Egitto, come
fcriue Anflotele nel
libro della natura
de gl'aniali, doue
che Mercurio (fecondo
che narrano gl'Idonei)
regnò,dando uei popoli le leggi, fk
infegnò loro le
lettere, come fcriue
Marco Tulnel terzo
libro della natura
de gli Dei,&
volìc,che la prima
lettera delIfabeto foffe
l'Ibi, fi come
dice Plutarco nel
libro de liìdcj et Cfinde,& uìdionel fecondo
libro delle trasformationi fcriue,
che Mercurio fugrido
infieme con gli
altri Dei l'impeto
di Tipheo gigante
ti conuerfe in a
Cicogna. Potrebbefì in luogo
ancora ddh Cicogne
dipingere due galli,
per lsu, ntaiSnuenienza,che ha Mercurio Diodella
facondia, 6V del
parlare, ccn la ;Bilbilanza,laquale Ci
dinota con il
gallo . j;,||Con il Caduceo
fi dice che
Me re unc( fecondo
i Gcntili)fufci'tàlfc i
mòrjjjijcpme l'eloquenza folcita
'e memorie de
£Ì'h uòmini • ta!an,eIcrea:-,c?moitran:jIa vele
ci tu delie
fecale, leqta'i in
vn tretI j
io far ' t&
fpanfcano,però Homero chiama
quali le parole,
ve!oci,alate,& c'han,1
f^nne, e
chi vuol vedére
piùdififufamehte qLefl:e,efìmiliaItre ragioni
dél« Imperlile di Mercurio,óY" degl'altri
Tuoi portenti, potrà
leggere ( oltr^ che
molti ne fcnuono
nelialingua LatinaJ il
Boccaccio, che nella
nofh*j jion manca con
diligenza CARRO EHI; VENERE.
*\JEH ER
E fi dipinge
giouane, ignuda, et bella,
con vna ghirlandi j
V di rofe, et di
mortella > ÒV
in vna mano
tiehe'vna conca marina .
' Fu Venere rapprefèntata
nuda per l'appetito
de gli lafciui
abbraccia-» menti, o aero,
perche chi vsi.
dietro Tempre allì
lafciui piaceri rimanpercioche le
ricchezze fono dalle lafciue
donne diuorate >
&t_ S debilita
il-c©rpo, et macchia
l'anima, di taf bruttura,
che niente refta
più di bello,
• , .., Il mirto
> et le
rote fono confecrate
a qiiefra Deàypef
laconformità?chc tannò
gl'odori con Venere, et per
l'incitamento, òT vigore,
che porgé-Ù.
niirtoaila^lulTuria, che però
Futurio poeta Comico
men tre finge Digo-' li
e meretrice, cosi dicev
. *A me forti
del mirto accia
ch'io pàffa Con
più uigor, di
Venere oprar l'armi* La
cónca marina, che
tiene in mano,
moftra, che Venere
fia nata del jiìàre,
coinè diflfufamen te
fi racconta da
molti . " Iffuo carro >fecondo Apuieò è
tirato dalle colombe,
le quali ( come-fi feri
uè } fono
oltre modo lafciue,
ne è tempo
alcuno dell'anno, nclqualtf non
ftieiio infieme ne
ilor gufti amorofi Et
Orati©* Quidio, et S.tatip,
dicono, che Venere
e tirata da
i cigni, pcf cìimofrrare, che
i guài de
gl'amanti fono Umili
al canto del
cigno, il q ua-3
le e
tan.o più dolce
$ quanto quello
animale è più
vicinoal morire, perche^ tanto
più gode l'innamorato
quanto più pena
in amore . Per fare
alquanta digerente' quefta figura
il Qiraldi fcriue,
che Vene» re fi
rapprefenta, cóme ho
detto, fopra d'un
Carro tirato da
due cigni, è j éte
colombe, nuda, col
capò cinto di
mortella, et con
vna fiamma al
-pciw to, nella deftra
mano tiene vna
palla, o vero
vii globo, in
forma del moni dò, et con
la finifira tre
pomi d'oro, et dietro
gli fono le
tre graticy cox*| le
braccia auuiticchiatc * II
globo moftra efler
Venere dominatricc,e conferuatrice
dell' vniuerfa Li tre pomi
fono in ■memoria
del gì udiuo
di Paride a lode
della fua«# lìhgrilar bellezza. Le
gratie fono le
damigelle di Venere,
che allettano, et corrompono
i facilmente gl'animi non
bene ftabiliti nella
virtù '. \ CARRO
DEL SOLE. IL Sole
fi dóurd rapprefentare
configura di giovanetto
ardito, ignu» ■-; do,
ornato con chiòma
dorata, fparfa di
raggi, con il
braccio deftro c!icfìefo,&
con la irano
aperta terrà tre
figurine, che rapprefentano
ìc* tre gratie, nella
fin iftra mano hauerà
l'arco, et le
iàcttc,& folto li
piedi JD/7 CESZm RlPj.
&> :Si fa giouine
con l'auttoritidei Poeti
fra i quali Tibullo
coiidicc,^ ' Che Bacco
folo, e Febo
eternamente giouani iòno,
&c. Ec perlagiouinezza vollero
lignificare la virtù
ideinole, produttore^ tempre in
vigore dei iuo
calore di colè
iniouq, et belle . So/tiene con
la iiniftra mano
le tregrJtie perdimoftrare, che
piò ch il
terzo Etheo* ae, et il
quarto Phegone, et con
quelli 'hanno moftrato la
qualità *& il camino
del giorno; pcrcioch
e Piroo,cheè il
primo, fi,dipinge_» refio, efl'endo che
nel principio della
mattina, oliando i vapori che lì leuanp àalìa terra, il
Sole nel Jeuarfie
roflò j Eoo ^ che
è il fecondo^,
fi ^imo* fora bianco
perche, eflendofi fparfo il
Sole, Òthauendo cacciatoi,vapo* ne iplcdentc,& chiaro^
il terzoè Etheone,&
fi mppreicnìavrqnoin^ fiammato, tirando
al giallo y
perche-» il Sole
( fermato nel
terzo de| Cielo )
moftrapu) rifplendente iè
fieno ; I/vltinìo
e Phegone,,& fi
figu* ra'di color giallo"^, ina
che porga-, al
nero, per dimoftrare^
la décli-r natione d
efìo verfo la
terra al tempo
> che tramontando
fa_, ofeurare* laterra_,.' CARRO DI
MARTE, F"V
rapprefentato Marte dall'antichità, perhuqmo
feroce,& terri* bile nell'aspetto,& Stano
nel 7. librodella
Ihebaide >jl'am^dj
corazza tutta pièna
di fpauenteuoli moftri,
con l!eImointefta>^&QjB|*
l'v^ccelio Pico per
cimiero, con la
deftta mano porta
j^nafta,& con if braccio
finifiro tiene con
ardita attitudine y^no icudodi
iplendoie iàn^ guigno, &con
ja fpada al
fianco ^ fopra àyr\.
Carro tiratola ^uejLupJ rapaci . }i pioto
terribile,,ck.fpauenteuole
ncH'afpetto per dar
terrore,,& Jpa* Jìentar inimici. *
I moftri, che
fono nell'armatura j
moftrano efiere appreso
*dj M&z$$H |i^ore,
hmpietà^ §c alhe
limili paglioni. SS Gli
fi pone il
Pico per cimiero
per effer vccello
dedicato à Marte
per I'a cutezza del
roftro,nel qual folo
confida contro gl'altri
animali . L'Afta lignifica Imperio,perche tutti
quelli,che attendono all'armi/ gliono eflere
fuperiori, et dominare
altrui . Lo feudo denota
la pugna,& la
fpada la crudeltà . Si
fa che ftia
foprail carro,perche anticamere
i combattenti vfauano carrette>edi ciò
famétioneil Boccaccio lih-p-della
Geneologia de gliD( Gli
fi danno i lupi, per
effer q uefti
animali dedicati a
Marte, et per mo
ftrareTinfatiabile ingordigia di
quelli, che feguono gl'eferciti,che mai non
fono fatii fimili
alli lupi . Et
Homero fa tirare
il carro di
Marte da.» due caualli,
come animali atti
per combattere >
6^ a fua
imitationo Virgilio difle .
Bella armantuYeqM)bellumh§c armenta
minantur . CARRO D io JOVE. SJU&joiiqge Gioue
allegrone benign^d'età di
quarantanni e nelle
Meda glie'anticne d'Antonino flb^arft ''Gordiano fi
fa nudo,ma per
darli al-» quanto più
grada, et per
coprire le parti
vini, li metteremo
ad armacollo! vn panno
azzurro centefto di
vari; fiori . Nella deftra
mano tiene vn'hafta, et nella
finiftra vn fulmine,
ftando in piedi fopra
vn carro tirato
da due Aquile. Nudo
(i dipinge, percioche,
come racconta Aleflandro
Afrodifeo,anticamente
l'imagini de gli
Dei,& de gli
Re,furono fatte nude,
per moftraie. che la
poffanza loro ad
ogn'vno era manlfefta. I
vari/ fiori, fopra
il panno lignificano
l'allegrezza, et benignità
di que-; ilopianeta,& d'efsi
fiori Virgilio nell'Egloga
2.. cofi dice. Ipfatibi blando*
fundent venabula flore*
. Gl'antichi foleuano dare
l'hafta per fegno
di maggioranza, et perciò;, nell'imagi ne
di Gioue lignifica
queft'ifteffo . II folgore nota
caftigo, ma per
effer que#o pianeta
benigno lo tien
con ; la finiftra
mano.,per non efiere
rigorofo, il che
fi inoltrerebbe quando
lo toj nefie con
la delira mano
in atto di
lanciarlo . Il carro è
tirato da d
uè Aquile, non
folo per inoltrare,
come] fono dedicate a
Gioue,ma anco per
dinotare gl'alti,& nobili
fuoi penfieri,& la
liberi ralità,&
finalmente efferegioueuole altrui,^
perciò dal giouare
dicefìl che ei fu
chiamato Gioue . Gli fi
danno anco l'Aquile,
perii buono augurio,
che hebbe mentre
an-| daua a far
guerra contra Saturno
fuo Padre, della
quale rimafe vi Come
anco, perche interpretandoli Gioue
per l'aria più
pura d' feono i
fulmini folo fi
dimoftra con l'Aquila,
che tra tutti
glVccelli fol s'inalza aerand'altezza lontana
da terra. CARRO DI SATVRNO.
(omefì dipinge dal
Boccaccio . V Ecchio,
brutto, fporco, et lento,con
il capo inuolto in
vn panno p; rimente brutto, et nel
fembiante vedrafsi niello, et di
malinconie corattoriofo.| onde
na. gj> complefsione, et con
habito (tracciato, nella
delira mano tiene
vna falce, &con la
fimftra vn piccial
fanciullo, quale' mollri con
bocca aperta voler di
uorare. Stara quefta figura
in piedi fopra
d'vn carro tirato
da due boui
negri,oue ro da due
gran ferpenti,& fopra
dd carro vi
ila vn Tritone,
con la Buccina alla
bocca,moftrando di fonarla,
ma che fi
veda, che le
code d'elfo Tritone fiano
fepol te nel
piano del carro,
come fé foffero
fitte in terra. Dipingefi,fecondo la mentione,che fa
il Boccacio lib.8-della
Geneologiadegli Dti, meftoper
moflrar la malenconica
complefsione di quello Pianeta,& perche
Saturno appreflò gl'antichi
fignificaua il tempo3lo
faceuano vecchio,alla qual
età conuiene la
malinconia. Il capo inuolto,&
l'afpetto tardo,dimoftrano il
finifiro afpetto della
fkl la di Saturno, et la
fua tardanza . Sporco fi
dipinge, perche è
proprio di Saturno
il concedere i
coflumi rtifonefti. Si
rapprefenta con la falce in
mano, perche il
tempo miete,e taglia
tutte le cofe,come anco
potremo dire,che perla
Falce s'intenda la
coltiuatione ie'
campi,ch'egli infegnò agl'Italiani,
che prima era
incognita . ÌlTfanciullo,chc effo
diuora,dimoftra,che il tempo
distrugge quei medeSmi
giorni de i
quali èpadre, egenitore . Si danno
i neri boui
al fuo carro,perche
tali a lui
facrificauario,comc rac
ponta Fefto Pompeo. |
Si può anco
diré,che hauendoefiò infegnato
l'agricoltura per arare,
&. toltiuare i campi,non
fi poteffe, fé
non con feommodità
far fenza quefl* Ìnimali,e però
i boui fi
pongono,come inditio d'agricoltura . Il Tritone
fopra il carro
con le code
fepol te lignifica
> che l'hiftoria
cominciò ne i tempi
di Saturno > et che
da lui indietro
tutte le cofe
erano infcerte,& ofeure,
il che lignificano
le code di
Tritone fitte, &nafcofte
in* erra,perche innanzi al
tempo non v'era
materia d'hiftoria. CARRO DI MINERVA.
DA Paufania è
deferitta Minerua nell'Attica
fopra vn carro
in formai di triangolo
da tutti tre
i lati vguali,tirato
da due ciuette,è
armata al|antica,con vna
verte fotto l'armatura
longa fino ai
piedi, nel petto
hi-» colpita la tetta
di Medufa, in
capo porta vna
celata ; che
per cimiero ha na
sfinge,& da ciafeun
de' lati vn
griffo, in mano
tiene vn'hafla, che
nelvltiina parte vi
è auuolto vn
drago, et a
i piedi di
detta figura è
vno feudo cnfhllo,fopra del
quale ha appoggiata
la finiflra mano .
Il carro in
forma triangolare fignifica(fccondf)grantichi)che a
Minerua sattribuifee l'inuentione deH'armijdeli'arte di
te/fere, ricamare, &l'Arhitetura. Dipingcfi armata,
perche l'animo dd
fapicnte fra ben
preparato contro (colpi di
fortuna . ILa lancia lignifica
l'acutezza dell'ingegno . £f, ICONOLOGIA Il
drago auuolco alla
lancia, denota la
vigilanza, che nelle
di&ipli.nj tdoprar
oifogna>opure che le
vergini iìdeuono ben
guardare,comenfe ri.jfcc
fopra di ciò
l'Alciàto ne 1
fuoi Emblemi . La Gorgona
dipmta nella. corazza jdimoilra
lo fpayento, che
rfiuom» {àpicnte rende a
1 maluagi . griffi, et la
sfinge fopra Telmo
dinotano, che la
(apienza ogniamb £ùita rhòluc . Le
auette,ehe tirano il
carro, non folp
vi li mettono
come vedili con; fccrati
à'Aimerua, ma perche
gl'occhi di quella
Dea fono dVn !
nièdefìme colore di quelli
ideila emétta, la
quale vede òenifsimo
la notte', intenden dòli
cheThuònid faggio Vede, et conoice
le cofe, quantunque
fieno di ficili, ^occulte. CARRO DI PLVTONE HVOMQ ignudo,
fpauentofoin^viftà, convria ghirlanda
dìciprefl incapò, tiene in
mano vh picciolo
icettrò, et vnachiauc,
ftandó It, pra vn
carro da tre
ruote,& è tirato da
tre ferocissimi cauaj
!i,de,i.q u#fi (fa ccjBdÒ?
che dice il
Boccaccio lib. 8.
della GeheoJogìa defli
fJci' j V*nò'É chiama Metheo,
il fecondo Adàftro, et il
.'terzo I^ouio,& per
Far meglic «he ila
conofeiuta quella figura
di Plutone, li
metteremo alli piedi
Cerbi ro, nel modo
j che limole
dipingere, Dipìugclì nudo, per
dimqitrarc, che l'anime
de* morti,,che vanno, Régno
di Plutone, cioè
nell'inferno, lono pnue
di ogni bene, et dì dHHI
commodo, onde il
Petrarca in vna
fua canzone, così
dice a quello
prò* Che Talmk ignuda^
e fola £onuìen
che arriui a
quel dubbio fo calìe . Spauentofo li
dipinge, percioche così
conuiene eflere a q
udii che
ha no dàcàftigareli icèterati,
iecohd^ ^che" meritano
gl'errori commétti . r Òiiìi
daL la ghirlanda
di cipreiid, per efiére
cfiiefÌrarboré cònféeraj % Chitóne t
come dice Plinio
nel libro 1 6.
delfhiftoria naturale, &^
g antìc'hi, di detto
arbore gli fecero
ghirlande per efler
pianga trifta, et m
fti$Wf$l etftfy?? *UYA?
ì Hoc°Pus >
V ^or $: Pa*
t\ ìqMs4qtiH$ amàuit
' JUppiter, c?rrl 0
carretta dimofira i gin di
q uei, che
defiderano d'arricchire, per
affi flutonedagl'anticbitenutopèr
Dìo dèlie ricchezze .' ricolo .di
chi vi •Jjf»i trécauàilì,c^)iiiehabbiaai(), detto
il primo fi
chiama Me theo,yiji «e ( còm dice
il Boccàccio uci
i&Ogq ci ùxo)
interpretato o£ uro,
affi ne*» { É>f C. fi" rcòmpréda la
pazza deliberatone dacquiftare
quel che poco
fa meftiero,'' on la
quale e guidato,
o véro cacciato
l'ingordo . Il fecondo
è detto A-, jdftro,
che ftiona rifletto,
che fa nero,
acciochefi conbica ù
meiorc di uelio, che
diféòrre, &_ ìa
triftezza, et la
paura circa 1
pericoli, che qua» ièmpre
vi ftannb intorno . Il
terzo vieh dettò
Nouio, il quale
vògliap che lignifichi
tepido, accióche pei*
lui eònfideriamo, che
per lo teiere de'
pericoli 'alle vòlte li "fèruèntinìmò ardóre
di" acquifìare s'impe-»,Uce.
' Gì fi mette
a canto il
Can Cerbero con
tre fatici, per
cflere guardiano • èll'inferno, eilèndò
d'incredibile fierezza, et divoratore
del tuttofi cui fcnecà
Tragico, nella commedia
d'HefCole furiofo còsi
dice. itre di quefio
appare ' (onfpauehteuolfuoaó ti reo
Dite là e
afa La porta
difendendo colg ran
Regni oue il gran
Stigio cane Vìgiranferpi
al collo m crudeltà
fiuàrrifee l'ombre fè
fatine Hofridida-pédere
a queHi
dibattendo € con
la lunga coda 'èfmifuratìcapi -Vi
giace fibillandovn fiero
drar$> CARRI DE IQVATTRO
ELEMENTI. FV0C0 , 'TVLCA.N O
dagl'antichi cr£ porto
per il fuòco, et fi
coftumaua L V dipingerlo.nùdò, bruttò,
affumicato, zoppo, Con
vn cappello di
cof celefte in
capo, et con
vna mano tenelle
V~n martello, et conia-»
' àiftravha tanagliai
[.Stara quell'imagi rie
Ìbpradiun'ifola,a'pie della quale
vi fiavnagraiw Imma di
fuòco, et in
mèzo d'eifa vàrie
forte d'armi, e
dett'ifola ha pò* t
con bella gratia
fopra d vii
carro tirato da due
cani, Boccàccio nel
libro della Gerieologfa
degli Dèi, dice,
che il fuoco li
d uè forti,
il primo è
l'elemento dèi fuoco,
che non vedemo, et queflo ohe
vòlte i Poeti
chiamano Gioue, et l'altro
&ìl fuòco dementato,
dei ale noi ci
feruianiò in terra, et per
quello s'intènde la
figura di Vulea ] j.
Il primo s'accende
nell'aere, perii vélòciflìmo
circolar moto dell* ibi, et genera
tuoni: per il
fecondo è il
fuoco, che noi
accendiamo di me, et altre
cofe, che fi
abbruciano. ' ..,.., Bruttò. fi dipinge,
percioche così nàcque,
&dal Padre, il
quale dice» fière Gioue, et la
madre Giunóne, fu
da loro precipitato
dai Ciclo, fi ìandòa.cadei-eneirilbladiLennonèi mare
Egeo, che però fidipina
cantò la, fopradetta
Ifola, dalla quaTcafcata
reilò zoppo, et feian-» o.
Ond egli viene
beffeggiato da gli
Dei, nel Conùiuio,
che finge* risero nel
fine della prima
Iliade, oue dice
in iuo idioma. Immenfus autem
ortus eflrifus beatis JOijs, V'tyidzrunt Vulcanum
per domùmmìnifiraptem, .,
Sfon peraltro,,fc non
perche zoppicauà, impcrfcttione
ridicolofà la* ipcrfona, quando'
ft muòue, e
fa qualche attionc
di e^crcitio, con-», tociò
| da quella
ifleifa iinb^tóone. prcic
r~a#i "tó;erisu di lodi Giouan
Zaratino Cartellini, mio amico, veramente gentil
huomo d'in gegno, et di
belle lettere, in
quello fuo epigramma . tsfdVenerem de
Tityro Taftore Claudo, €rras
non tuus eft
natus Cytheyaa Cupido
Tytirus e$l oculis fimilìs tibitotus,et
ort Stult'a tibi matri}
nilq; patri eft
fimilisy Ftqs tuus
coniux claudicat ipfe pede :
Js nempe
eft c^cus^nitido tu
luminefulgeslslatus hic efto
tuus, c&cu iam
dejère nati Vokanusqt pater
claudicat, Me yolat.
Eft claudus caco pulchrior ifte
tuo . La quale imperfettione
apprendo Vulcano lignifica,
che la fiamma
del fua co tende
allo in sii
inegualmente, o uero
per dir come
Plutarco . Vulca no fu
cognominato zoppo >
perche il fuoco
fenza legne non
camina più d quello
che faccia vn
zoppo fenza baftone,le
parole de l'autore
nel difcoij io de
la faccia della
Luna fono quelle .
«JWulciberum Vulcanum dicunt
da». dumid.ee cognominatum fuijje,
quod ignisfine Ugno
non magis progredir > quan claudus
fine feipione . Nudo,e co il cappello
turchino fi dipinge^per
dimoftrarc^hc il fuoco et lincerò. Il
martello,^ la tanagliarne
tiene con ambi
le mani figniiica
il ferro fatto con
il fuoco. Gli fi
danno 1 cani,percioche credeuafi
anticamente, che i
cani guardaf fero il
tempio di Vulcano>che
era in Mongibello, et abbaianero
folamentt a gl'empi>& cattiui,
&gli mordenzerò, et facefiero
fella a quclh,che
andanano diuotamente a
vili tarlo . Gli
lì mette a
canto la gran
fiamma di fuoco, et l'armi
diuerfe,che vi fono dentro
j per fegno
della Vittoria di
quelli 5 che
anticamente reftauanfl vincitori di
qualche guerra, i
quali foleuano raccorre
l'arme de gl'inimici et di
quelle farne un
monte, et abruciandole
farne fàcrifitioa Vulcano. CARRO DELL'ARIA. FV dipinta
da Martiano Cappella Giunone
per l'aria, per
vna matrona a federe
fopra di una
fedia nobilmente ornata,con
vn velo bianco,
chi gli cuopre il
capo,ilquale è circondato
da vna fafeia
a vfo ài
corona anticai e reale,piena di gioie
uerde,rofie,& azzurre,il color'
della faccia nfpìédétj La
uefle del color
del uetro,& fopra
a quella vn'altra
di uelo ofeuro,
ha intorno alle ginocchia
una fafeia di
diuerfi colori . Nella delira
mano tiene vn
fulmine, oc nella
ilniflra ci hauerà
vru tamburino . Il carro è
tirato da d uè
bellifsimi pauoni,vccelli confecratiaqueflaDca, et Ouidio
nel primo dearteamandi
cofì diee. Laudante s oftendit
auis Iunonit pennas Si
tacitusfpcBes, Uhi recondet
opes. I uarii colori, et l'altre
cofe sopradette lignificano
le mutationi dell'a-*) ria, per
gl'accidenti ch'appaiono in
ella, come pioggia,
ferenità,imyct3 CARRO DELL’ACQVA. E
Da Phorrì ii to nel prmiolibro
della natura degli
Dei dipinto Netuft no
per l'acqua* Vn uécchio
con la barba, et i
capelli del colore
dell'acqua manna, cX. n
panno indolfo dei
saedeiimo coiore,nella deftra
mano tiene un
Tnden e,& ria detta
figura lbpra dVna
conca manna con
le ruote tirata
da due ba ene,o
uero da due
caualli marini in
mezzo il mare>oue
fi vedano di uer~ Fù
Nettuno vno de i tre
fhtelli,alquale toccò per
forte l'acqua, et per*
:iò fu
detto Dio del
mara> et gl'antichi
lo foleuano dipingere
hora tran* luilloA quieto :, &hora tur!,,. :ó . Il color
della barbatelli capelli,
come anco quello
del panno, che
pora in doilb,fignifica (come
rifenfee il fudetto
£ hornuto) il
color del mare. Il
Tridente dimoftra le
tre nature deli'acqua,perche quelle
de i fonti,& lumi fono
dolci,ie marine fono
falfe,& amare, et quelle
de i laghi
non fò io amarene
anco grate al
gufio. Gi'èattribuitoilcarro^perdimoftrarcilfuo mommento
nella fuperfì:ie, ikiuale
fi fa con
vnanuolutione, et rumore,
come proprio fanno
le^ •ueted'vn carro." . E
tirato dettò carro
da ferocifsimi caualli
> per dimoltrare,che Nettunio è
flato il ritrouatore
d'eisi, c£«ne dicono
1 Poeti, percorrendo
la terra.. :on il
tnden te,ne fece vfeire
vn cauallo, et carne
racconta Diodoro, fu xJ
»nmo,chelidomaffe. CARRO DELLA TERRA. E
L 2 .lib.della
Geneologia de gli
Dei, il Boccaccio
defèriuc la terra,,
vna Matrona, con
vna acconciatura in
capo d'vna corona di torre* he
perciò da poeti
fi dice Turrita,
come da Vi/gilio
nel 6. lib.
dell'Eneide ìen detto et e
tirato da due
leoni * La corona
in forma di
torre dimoftra douer
eflèr in tefa
per la terra>efTe» o il
circuito della terra
a guifa di
Diadema ornato di
Citta* Torri, Carteli,&
Ville* La vette con
i rÌcamì,Pherbe,ck^ i
fiori denotano le
felue,& infinite fpe» ie
delle cole, delle
quali la fuperficie
della terra è
coperta. Lo Scetro>ehe tiene
con la deftra
mano,fignifica ì Reami
> le ricchezze, it
la potenza de'
Signori della tèrra . Le
chlaue,fecondo che racconta
Ifidòro, è per
mòftraré, che la
terra al epo deirinuerno fi ferra,e
fi nafcódé il
femé iòpra lei
fparib3quale germoliado vie
fuora poi al
tépo della £rimauéra,& allora
fi dice apnrfi
la terra, I Leoni N pi J I Leoni,che
guidano il carro
dimoftrano l'vfanza della
agricoltura^ leminar la terrmolti
luoghi. dii.abù:at,i>o che
la terra fempre tenga
molte fedie uote
per quelli, cnehannoanaicere. CARRO DELLA NOTTE. fame
dipinto da diuerfi
Voetiy& in particolare
dal Boccaccio, nel
primo libri della Cjeneologia.de gli Dei* *%
T N A
donna>comc matrona fopra
é'yti carro di
quattro ruote,p.er 1 !
V Arare le
quattro vigilie della
notte.. Tibullo gli
da due caualli
n et rapprefentacon
la ghirlanda d'hedera,
pedici l'Edera e dedicata
a lei>iù tempo)
tan t'ha maggior
pofiansa, Allegro fi dipinge,percheil vino
rallegra il cuore
de grhuomini,"& a] (co
beuendoio moderatamente da
vigore, &f crelce
le foizc. Dipinge^ nudo,
perche tj lcìu ?
che beuono fuor d
i m libra diiiengof ebr:j ) et manifeftano
il tutto, ouero
jrerche il bere
fi orr'e i ternani, coj duce
niol to i
npouerp.& renano ignudi,
o perche il
bere fuor dei
le.iiiu genera calidez^a, lì tjrfo
circondato daH'hedera?dinota che
quela pianta,»* come
lega ti %o queIlo,ai
che s'appiglia,corì il vmo lega
ì'humane nientifi carro
lignifica la yolubiie^^a
de glabri ;
percioche il troppo
vino; £e;jQ aggirare ìlcerudioa
gi1iuomiài,come saggininole iv.
icde t~rj La pc.^t
4v* Lupo Cer^^r;); v.ie^or^ »»d 4/iiia
collo* d^aoilru e
e e; { iUtt*GÌ
CEfJ&E RtF.4. §f 'animai
è attribuito a
Jrkcco,cor.,e -'anco per dare
ad intende e, che il Vi*
0 pigliato aiodc^tanic
iio creicei ardire^
&• la Uiila^diceudoi^clieUlu^ oocruieroha>iaaii:aaou..ìis:ri;a. . Le-QgreciiC tirano
ìlcarfo^dimoftrano là crudeltà
degl'imbriachi, j?er>
uqai Carico del
Vino non perdona
ad alcuno". CARRO DELL AVRÒ
R A. 1 /NÀ
Fanciuliu dr q uelja beJlezza,chp Poeti
s'ingegnano d efprjme» V re
con parolejcoriipcnendbia di re fé
d'oro di porporati
rugiada, 6f Liiili vaghezlori du%nti,cofi ha tre
nOmi,Alba,Vermi?lia,& Rancia/fi che perque:)
gli farei una
uefte.'jno alia cintura>candida, lottile,
e cóme tràfpai
ente, tlJa cintura fino
alJe-ginocchia una fopràue^e
di icarlatto,con certi
trin-, y et grUppijcheimitaflero quei
reuerSeri nelle nuUoIej
quando è uermiia,daìleginocchia fino a i
piedi di color
dWo, per rappreferitarla,quan> è
ranciayauertendb,che qUe^a Uefle
deue eflere fefià,
cominciando dal-» I colete
per fargli mófirare
le ?ambe ignude', et cofi
la uefie*, come
la fo* t auefte
fieno mofle dal
uentb>&
faecinopieghe,& fuólazzi.Ile-braccia uoglianóefiete nude
ancor effe, di
carnagione di rofe>&fpar | ri con rima
delleniani dìuerfi fiori>perehe al
fuo apparire s'approno
tut che per la
notte eìàno ferrati. • Hauerà a
gl'omeri l'ali dì
uarii colori, dimoftrando
con ette h
uelocit£ lfuo moto ypercioche'fpinta da
i raggi folari
tofto frarifee.T« capo
porteràUna ghirlanda di
rófe,&con la finito
mano una face!* ccefa,laquale fighifìcà
quello fblcndore maturino,
per lo quale
ueggia*auanti, che fi
leui il Sole,
il Cielo biancheggiare
; ouero gli
fi mandi ihnti un' Amore,che
porti una
faCe,&Un'altro:dor3ò,checori1un!altra:fue^ giTitone. nSia pofta
a federe con
una fedia indorata,
fopra d'un carro
tirato dal ca« nlìò
Pegafeo yper efier lAurorà
.imica dei Poeti, •&
di tutti gli
ftudiofip ©eroda di e
caualli> l'Uno de
quali farà di
colore fpkndentè ih
bianco, et j|troYplehdente
in rofio,il bianco
(fecóndo, eh e
racconta il Boccaccio «.^dèllà'Geheólògia de
gli Dei )
denòtà,chehafcendb l'Auròra dal
Sole pcedè quella chiarezza
del Cielò,che fi
chiama Aurora >& il
e3.ualloro& 1 principio dèlia
mattina,che"oAahdo i uapòri,che
fi leUarió dalla
terra, dìarite la uenuta
del Sn^l'Àuròra parte,*!
chedalla tenuta del
Sole,& arteiiza dell'Auròra ilGielròfleggia «• R
R © DEL GIORNO NÀTVRALt Del T{euerendifs.
Danti 'Perugino Vefcow
d\Xlatn. \ Vomóiri
un circolò fqpradvn
Carro cori là
face accefa ili
mano, ti» E rato da q
liattró càùaliiifigriiiicanti le
quattro fuci parti
dell'Orto,.èt iÌl'Occafo,&
lidiii crepufcUlijouerò Ume22ogi0rnQji JiiC2£ànottc,cht cella corrcauauu
iì Sòlfe CARRO DEL
GIORNO ARTIFIZIALE Del fopradetto
isfutove . HVbmo fopra vn
carro timo da
quattro caualli, per
la ragione del ta
di fopra, con
la face in
mano, per il
lume, che apporta., et è gu, 4*to
dall'Aurora. CARRO DELL1 ANNO DeWifiefio Vefcouo . HV
O M O
fopra yn carro
con quattro caualli
bianchi guidati dall
che per tale
s intende Cerere,
ouero pei
jdinotareilfcacciato ferpe da
Eunlico dell'Itola Salamina,
il quale faina* tofì
nel tempio di
Cerere, iui fé
ne flette fempre,
coinè fuo nuniftro,
f feruente . La ghirlanda delle
fpighe del grano
lignifica, che Cerere
fia la terra
pi et lo
tirano, le balene,
perche que/te utile
cofelcorrono tutto il
mare,come l'acqua del
mare circonda tutta I
£p,-ffì ! Tiene il
vecchio marino, per
dimoftrare, ch'effendo l'Oceano
condott dalle balene
per il gran
nutre, folle ricco
di moki boni
marini, ik di [càie
ichiere di Ninfe,
che t'vno, et l'altro
dmioftrano le molte
.proprie-, iciraccue. &i
dimeni accadenti, che i'pefto fi
vc^oncuii quelle. 1 CARRO FAMORE. Come
dipinto dal Tetrarca . QF^iTTEJ) deftrier
vie purché aeuc
bianchì Sopra -vn Carro
di fuoco vn
garxon crude Con arco
in mano > e con faette
a i fianchi Contro dèi
qual non y
al elmo, ne
feudo Sopra gl'bomeri hauea
fol duegrand'ali Di color
milky e tutto
l'altro ignudo. CARRO DELLA CASTITÀ. Come dipinto
dal Tetrarca . TN
A bella donna,
vedi ta di bianco,
fopra d' vn carro
tirato da duo V
leoncorni, con la
deftra mano tiene
vn ramo di
Palma, fcr^con la nftra
vn feudo di
l niullGyiii mezo
del quale vi
è vna colonna
di diaipro, alli piedi
vn Cupido legato
con le man
dietro, et con
arco,e ftrali rotti, ncorche fopra
quefta materia lì
potrebbe dire molte
colè, nondimeno xeHer opra
d' va h uomo tanto
fomofo fenz'altra noftra
dichiaratione uera luogo . CARRO
DELLA MORTE. DelTetrarca-, ' TNÀ morte
con vna falce
fìcnara in mano,
Ira fopra vn
carro tirato / da
due boui neri,
folto del quale
fono diuerfe perfone
morte, cote Papi, Imperatori,
Rè, Cardinali, &C
altri Prencipi, e Signori, et Hard
o conforme a ciò, così
dice . Tallida mors aqm
pulfatpede, pauperum tahernas,
R^egumque turres . It Sta
ciò in Thebaide . tJMiìle modis
Uthi miferos >
mors vnafatigat }\rro, pefie
yfame, v'mclis, ardere,
calore > tSKMe modis
miferos mdrs capti (|
6: tiene in
cima del capo
vn'ù orologio dapoluere
> e iìafà
fopra vn f jo ££a>o
da d~e ^veiociisuin cerili*
K CARPi CARRO DELLA
DIVINITÀ di Petrarca. L
'Padre, Figliuolo, et foprad'effi
Jo Spìrito Santo
in vn carro
tirai da i quattro
Euangelifti . CARESTIA. DONNA
maeilente>c\f mal veftita,
nella deftra mano
tenga m t mo
di falee >
nella fìniftra vna pietra pomice, et a
canto hauera fi, vacca
magra . Dipinge/1 la careftia
magra > per
dimoftrarc l'effetto del
mancarne© delle cofe alla
vita h umana neceffarie,
perche il danaro
folito a ipende largamente in
più felici tempi^nelle
ftenli ftagiòni,poco meno>
che tut fi trasferifee
nel dominio di
pochi,di modo,che facilmente
1 poueri rim gono
macilenti, et mal
vediti per careftia
di pane, et di
danari, la pietra pomice,^
il falicc pianta
fono Aerili, et la
ftenLità é princif cagione DI CES J RE
&l$Ai ff igìonc della
careftia, ma alcune
uoite nafee ancora
per l'infattabile cupidigia d'alcuni Mercantali
quali fogliono (
fraudando lanatura ;
affliggere ; pò
ueragenteconi loro inganni.
_ Dioingefi appreso la
vacca magra,per fegno
di careftia, et queito
ligm: batolo moftrò Giofeffo
nelle-iacre lettere, quando
dichiaro il fogno et araone. CARITA DONNA veilfta
dliabito roffu, che
nella mano deftra
tenga vn core ardente, et con
la fini/ira abbracci
vn fanciullo. La canta
è habito della
volontà ìnfufoda Dio,
che ci inclina
ad amai* i,come noftro
vitimo fine, et il
profsimo come noi
ftefsi, con* la
deferi-* ono 1 Sacri
Th eologi . Et ii dipinge
co'ì cuore ardente in
mano,& co'J fanciullo
ih braccio, er notare,
cri e la
carica è vno
eftetto>& puro, et ardente
nell'animo ver3 jDìc,6:
verib le creature .
li cuore ii
dice ardere quando
ama, perche et a*
moioo mouèndoli gli
fpiriti di qualche
oggetto degno, fanno
rellringere il gue al
cuore, ìlqualeper la
candita d'elfo alterandoli,
lì dice che a
perlimilitudme . Però
1 due Difcepoli
di Cimilo S.
JN. diceuano, che 3 deua
loro il cuore,mentre
egli parlaua, et fi
èpoi communemente vfurp ta
quella translatione 'da'
Poeti nell'amor lalciuo • 11
fanciullo ii dipinge
a conformità del
detto di Chriflo
: Ornarmi minimi* meisfecijiisymihifeciflis. 1 1 veflimento
roffo,per la fimiglianza
che ha co'l
colore del (angue,
ri ilra che lino
ull'efi iifione d'elfo
li rtende la
vera carità, fecondo
il telUmt ilio di San Paolo.
Carità . DOnna verri ta di rofTo,che
in cima del
capo habbia vna
fiamma di fi co
ardente,terrà nel braccio
finifho vn fanciullo,alquaìe dia
il latt et due altri
gli flaranno fcherzando
apiedi,vno d'elsi terra
alla detta fi ra
abbracciatala delira mano. Senza
carità vn feguace
diChriftojècomevn'armoniadifiònante
d'i Cimbalo difcorde,& vna
fproportione, ( come
dice San Paolo)
però la e rità
fi dice effer
cara vnità,perche con
Dio, et con
gl'huomini ci vnifce
i amore,& in affettione,che accrefeendo
poi i meriti,
col tempo ci
fa deg del Paradifo . La
uefle rolla lignifica
carità, per la
ragione tocca di
fòpra : però
la Sp fa nella
Cantica amaua quello
colore nel fuo
diletto . La fiamma di
fuoco perla viuacita
fua è infegna,
che la carità
non m: rimane d'operare,fecondo il
folito fuo amando,
ancora per la
carità voli che s'interpretaffe il
fuoco Chriflo N.S.
in quelle parole
; Jgncm veni m
fere in
terram, et quid
volo,nifi vt ardeat
i I tre fanciulli
dimoflrano, che fé
bene la carità
è vna fola
virtù,ha noi dimeno triplicata
potenza, elfendo fenz'eifa, et la
fede, &lafperai>za e dice coli . ©
più d ogn 'altro
raroye pretiofo 7{e
dei benfarfei timido, ofaftofo* Dono, che
in noi uien
da Cclefte mano,
Ogni e ofafofj
rifece credi, e
[peri. Co fi bauefs'io
loflile alto >
e fon rano,
7{on penfi al
mal y di
-perita fei pieno Cóme
fon di lodarti
deftofo. In riccbe^e,in
bonornon poni ajfettm Tu
in corfuperbo mai,
ne ambttiofo 0
dolce carità, che
mai vien meno 2^o
hai tuo albergOyma in
benignoye hu Deh
co'l tuo f hoc
? i bafsi
mieipenfie Tu patientefeij non
opri in vano
(mano Scacciale di
tefol mi rifcalda
ilpett* CARIT A. VN A
Carità viddi al
Sig. Ifidoro Ruberei
Auditor del Cardina uiati>gentirhuomo di
molta bontà,& di
vanaeruditione ornato, però affai
caro al fuo
Signore. Era quella
canta rapprefentata da vna
bored'oliua,alquaJe cominciauaa leccar
alcuni rami, e dal tronco
d' e prima
a più Tofs imi,
e poi a più lontani.
Quell'herbette credo lignifichino
alcuni ;u ti jche
da a maritar
Zitelle fecondo intendo
>& gl'alboretti ce
io fona ;cuni Giouani.chea
fue fpefe tiene
qui in Roma
a rtudio, tra
quali fono iodouico,& Marc
Antonio Ruberto vno Nipote
del Signor Gio,
Mattea iuberti, che fu
Secretano di Paolo
IV. e poi
di Pio V.raltro
Nipote del ig.Francefco Ruberti,chefu
Secretano di Sifto
V. mentre erano
Cardi* nli,i quali rertati
poco commodi fono
dal detto Sig.I/idoro,in tutto
notiti. Et perche l'opra
l'arbore ui è
vn motto,che dice .
zJKoriens reuiuifcit% r che
anche voglia dire,
che mentre egli
inuecchia,&va alia fine,no» endo
quelli giouani in
eiiì rinafea» > CASTITA DONNA veftita di
bianco s'appoggi [ad
una colonna, (opra
la quale vi fari
un criuello pieno
d'acqua,irì vna mano
tiene un ramo
di nnamomo,neiraltra un uaiò
pieno d'anella, fotto
alli piedi un
ferpen-tc orto,& per terra
vi faranno danari,e
gioie. Veftefì quella donna
di bianco per
rapprefentare la purit
dell'animo* jie mantiene querta
virtù, 5^ s'appoggia
alla colonna, perche
none fiu>,& apparente,madurabile, et vero. ì
Ucriuello fopra detta
colonna per lo.
gran cafo, chefucceflè
alla Ver[ne Vertale
è indino, ò
fimbolo di canuti * f
Il cinnamomo odonfero,e
pretiofò dimoftra >
che non è
cofa della ;moftra,che fra
ie fpine della
momficatiorie di noi
rtefsi nafee lacatto
a 1 piedi,farà
Veftita di lungo,
come una Vergine
Vertale, Scintasi mezo d'una
fafcia,come hoggiin Roma
ufano le uedo,ue,fop.ra la qua
; ui
fia fermo il
detto di San
Paolo : fiftigo
co rpus meum .
• Caftità Matrimoniale '• ,J:.._: l7NA Donna
ueftita di bianco,
in_, capóhaueri una
ghirlanda di V ruta,
nella deftra mano
tenga vn ramo
d'alloro, c\f nella
fìniftra— ia Tortora. et refiflono
le Aie foglie, et i
fuoi rami gettati
fopra il fuoco .
Per Cuidionel i. delle Metamorfosi
finge, che Dafne
donna calta li
trasfo inane in Lauro. La
Tortora c'infegna co*l
proprio efìempio à
non contaminare giai l'honore, et la
fede del Matrimonio conuedando Solamente
(compre detta dalla cafligatione delia
carnejo concupifcenza, che
rend l'huomo in tutto
puro > òt
lenza aicuna macc
h la carnale . Gli
fi fi velato
il vifo per
effer proprio del
cado raffrenargli occhi
pc cioche,come narra S.Gregono nei Morali
fi deuono reprimere
gli occh come rattori
alia colpa . \ lì
veftimento bianco denota,
che la caftità
deue eflér pura, et netta et origine
d'ogni male, et però
ben diffe Ouid.
de remedio amoi Oria
fi toUasferierecupidinis arcus . Z.e
tortori fono, come
riferifee Pierio Valeiiano
nel lib. 2 1.
de gli fu leroglifichi,il /imbolo
della calli tà,
percioche la Iortora,perduto che
h)| la compagna,non fi
congi unge mai
più . Lo feetro
lignifica il dominio,
che ha fopra
di fc il
callo, percioche I fcene
la carne è
principalmente nemica dello
fpirito, nondimeno quando egli
vuole non può
efier mai abbattutole
vinto da quello,&
le ben4 fcritto. Continua
pugnalava rifioria, nondimeno
fi è detto
di fopra,quar do l'huomo
ha faldo proponimento,
in contrario non
può efierfuperat in alcun
modo,& prima fi
deue mettere in
elocuzione quel verib
d'Or dio nel terzo
libro delle Metamorfofi,
quando dice. tsfnte ah
moriarquamfit ubi copia
noSìri . Che inferamente traboccare
nel vitio delle
carnali concupifeenze» CECITÀ
DELLA MENTE. DONNA veflita di
verde,flia in prato
pierio di varij
fiori, col caj chino, et con
vna talpa apprelfo.
Cecità . /o* Cecità fi
dice la pnuatione
della luce de
gl'occhi, et per
fimilitudmev uero per analogia,
fi domanda ancora
l'ofiufcatione della mente
> pere \rm. fi
dimoerà con la
talpa per antico
coftume de gl'Egitij,
come recinta Oro Apolline
: l'altra con
la tefta china
uerfoli caduchi fioristella ;rra,che fono
le e la
tengono ocupata lènza
protìtto,perche quanto ài
bene il mondo
lufinghiero ci prò iette,tutto è
vn poco di
terra non pur
fotto falfa fperanxadabreue pia" :re
ricoperta, ma con
grandissimi pericoli di
tutta la noftrauita,
conio endice Lucetio libi.de
natura rerum».. miferas bominum
mcntesy &pe&ora meo,
Dt^itHT bec mi
qmdcunqste cjl nalibm in
tenebris vite qtùmtififi
perieli? •,t Ouidio
nel lib. 6.
delle Metamorfofi . r$b funeri
quantum mortalia pefioraceca
T^otlis battente CIELO. 7 N Giouane
d'afpetto nobilifsimo^veftita d'habito
Imperiale di color turchino
tutto iellato col
manto detto paludamento, 5^ nella
quale fi feorghino
li fuoi dodici
fegni, poi ti in
capo vna ricca
corona piena di
uane gemme, et nelli
piedi li cotu. ni
d'oro., . Il Cielo da
Bartolomeo Anglico lib.
8. cap. z.
è diftinto in
fette pa Aereo,
Etereo,01impo,Igneo,Firmamento,Aqueo,& Empireo,inaa
j non accade repetere
ciò che egli
ha detto, a
cui rimetto il
Lettore, fcj parimente circa
il numero de
Cieli, a Plutarco,
al Pererio ne
la Gene/ al Clauio
fopra la sfera
del Sacrobofco, la
Sintafi de l'arte
mirabile, a J Margarita
Filofofica, et ad
altri autori :
a noi baili
dire, che.il Gielp
è tui to l'ambito, et circuito
ch'è da la
terra per fino
al Cielo Fmpixeo
oue fìedono l'anime beate.
tjefiódo Poeta Greco
nella fua Theogonia fa
figliuolo de la
terra in quello
modo . Teìlns veroprmumi quidem genuitparemfìbi
Q&lum Stellis ornatumy
vt ipfam totam
obtegaty Vtq; effet beatis
dijsfedìs tuta femper
i cioè. ■ primieramente ingenerò
la Terra £t
percbe^la delle beate
mente Il del di
SteUe ornato Sempre
ficura fede^j . isfeciò la
copra tutta, Et per
tal cagione gl'habbiamo
fatto il manto
(Iellato turchino perei fere
colore ceruleo con*
detto dal Cielo, et quando
uolemo dire vn Cie
chiaro,& fereno, diciamo
vn Ciel turchino,
Regale poi, et con
lo Scc tro in
mano,per dinotare ìi.dominio,
che ha ne le cofe
inferiori, lì conn vuole
Arni. nelpr.lib.de la
Meteora, tefio j.aiizi
Apo^llodoro fachei primo che
habbia ottenuto lì
dominio di tutto
il mondo, fia
flato Vna ila noi
chiamato Cielo . Vranos
prótos tu Tandos
edina feufeKoKon. ideft iumprimus orbis
vniuerfts imperio prafuit. Si
dipinge giouane per
moftrare che le
bene ha hauuto
principio,ne ■fteflò termine fi
ritroua,& per lunghezza
di tempo non
haurà finepè «fiere incorruttibile, come
dice Arili, lib.
pri. /Cceli tetto, io.
onde è cìh gli
Egitij per dinotare
la perpetuità del
Cielo,che mai s'inuecchia
dipi» feuano vn core
in mezo le
fiamme, fi come
habbiamo da Plutarco
in* fide,& Ofiride cok
tali parole . £alumyquia oh
perpetuitatem nuq; fenefcat9 (orde pitto
ftgnificant,cui focus ardens. fuhie&us fit,
Et però gli
habbiamo pollo nella
fini/Ira mano il
fudettt nafo con il
core in mezo
de la fiamma, et per
che in tutto
il corpo e kifle
non uedemo lumi
più belli, che
il Sole, et la Luna, ponemo
nellapiù nobil parte
del fuo petto
fopra la poppa
dritta il Sole,
come principi depianeti,de.l quale
riceue il fuo
fplendore la Lunapofta
fopra la poppa fejiftra> tanto
più th$ quéfte
due imaginS del
Sok,& della Luna
gì' Egitij ••i ■ iigait>l
. io?
gnificauanoilCielo;locingemocon la Zona
del Zodiaco per
effero nncipal cingolo celefìe .
Gli fi pone
vna ricca corona
in tefta di
vari* emme per inoltrare,
che da lui
fi producano qua
giù in vari;
modi molti, i diuerii
pretioiì doni di
natura . Si rapprefenta,che porti
li coturni d'od,
metallo fopra tutù
incorruttibile per confermatione
de l'incoruttibiJità fua. CELERIT DONNA chenelladeftra mano
tiene vn folgore, come
narra Pieno V'alenano nel
I1b.45.de fuoi Ieroglifìchi,a canto
haueràvndelno, e per
lana vn fparuiero
ancor'egli pollo dal
fopradetto Pierio nel b. 21. perla celerità,
ciafeuno di quelli
è uelocifsimo nel
fuo moto dalla ogniuone elei
qualein efsi fi fa facilmente
> che cofa
fia celerità. CHIAREZ ZA, NA
giouane ignuda, circondata di
mólto Iplendore da tutte lc^ Mnde,& che
tengain mano il
Sole. Chiaro teff Chiaro fi
dice qucllojchc fi
può ben vedere
per mezo della
luce,che f lumina, et fa
iaciuarezza,laqualedimandareino
quella fama >
che l'huccanel libro
de Ciementia cofi
dice . Ciementia tft
lenita* fuperioris ài tterfus
inftriorem in conftituendis
ptenis » Qemcnxa D
Orma che calchi
vn monte d'armi, et con
la delira mano
porga va. ramo d'olino
^appoggiandoli con il
braccio finiftro ad
vn trono dei mede/imo
albero, dalquale pendano
i falci consolari . jLa Clemenza
nò è altro,
che vn'aftinenza da
correggere i rei
col deb! tocaftigo,& emendo
vn temperamento della
feruitù,uieneacóporre vi
perfetta marnerà di
giuftitia,& a quelli
che gouernano,è molto
neceflaì Appoggiali al tronco
dell'oli uo, per
moftrare, che non
e altro la jnenza
^ che inclinationc
dell'animo alla mifericordia . Porge il
ramo della medefima
pianta per dar
fegno di pacete
l'armi i tate per
terra co' fafei
confolari fòfpefr, nota
il non volere
contra i colpe noli
esercitar la forza
fecondo che fi
potrcbbc,per rigor di
giufhtia,r cri fi dice, che
propriamente è Clemenza
l'Indulgenza di Dio
a noftri peci ti,
però il Vida
Poeta religiofo in
cambio di Mercurio,
fìnge cheGu ve delia Clemenza
fi ferua nell'ambafciaria, ncllib.
j. della Chrifti de
. E Seneca
in Ottauia ben'efpnme
quanto s'è detto
di fopra delh Ciemenza,cofi dicendo. Tuli h ru
eft eminere inter
illufìre's viros H*c
sunna uirtus ypctiturfrac
Calti vii Confulere parcere
affiiffis,ferc Sic Ma
Tatria primus jtuguftus
para Cede ah fùnere ttempus,atef; tr§
dare Coplexus afira
eft,colitur) et téplis
Deui* Crbi
qxietemyS&culo pacemfeto .
Clemenza, DOnna che con
la finiftra mano
tenga vn [proceflb,
cV con la
de (fra fe caisi
con v aa
penna, et fotto ai
piedi vi faranno
alcuni libri . Clemenza . xof Clemenza,
e iSWederatione nella
medaglia di Fitellio* x
Onnaa federe >
con vn ramo
di lauro in
vna mano, et con
l'altra tic* J ne
vn baffone vn
poco lontano* La Clemenza
è vna uirtù
d'animo,chemuouel'huomo à compafsione :lo fa
facile a perdonare, et prontoafouucnire. Si dipinge
che fiedaper lignificare
manfuetudine, e quiete . Il
baione moftra,che può,&
non vuole ufare il
rigore^però ben fi può
re aliudendofi al
prelente Pontificato, Cedan miUe
Seueri ad vn
Clemente . Et potrebbe.! anco
dire quel che
dice Ouidionel Iib.
$. de Ponto. rinàte nec nofiro Beus
eft moderatiorvllus Iuftitiavires temperatine
fuas. Il ramo del
lauro inoltra, che
con elio ir
punfieauano quelli c'haueano gfefigliDi;. COMBATTI METQ'O SELljt
*jtstG10?{£ con l'*Af petite.
' A
ftatua,o figura d'Hercoie,che
uccide Anteo, fi
uede in molte
me» «# daghe antiche
l'efplicatione del quale
diceii, che Hercole
è vna fi N
ulitudine, et vn
ritratto dell'anima di
ragione partecipe, et dello
fpiri> hurnano,& Anteo
del corpo, il
petto d'Hercoleè la
fede della lapien* i, et delia
prudenza, lequali hanno
vna perpetua guerra
con l'appetito : con
la voIont£,imperò che
l'appetito fempre contradice> e
repugna alragione,ne può
la ragione eifere
fupenorc, et uincitrice
> fé non
leua il >rpo coli
in alto,& lonrano
dallo fguardo delle cofe
terrene, che i
piedi, oè gli atte
tei non prendano
più della terra
fomento alcuno, anzi
tutte cupidità,& gli affetti
che della terra
fon figliuoli, al
tutto vecida. COMMERTIO I>ELL\A
PIT^i HVMU1\yf. JT V
O M O
che con il
dito indice della
delira mano accenni
ad'vna "X macine doppia,
che gli fla
a canto ;
con la fìniflra
mano tenga vn» icogna, et alli
piedi vn Cerno . Si
dipinge in quella
guifa, perche la
macina ha /imbolo
delle attioni, commetti; della
humanavita, pofciachele macine
fono fempre duo, f
vna ha biiògno
dell'altra, et fole
mai non poffono
fare l'opera di
magnare, coli anco vn'huomoper
fé ikflònon può
ogni colà, Òf
però ie»j picitie noftre
d chiamano necefsitudini, perche
ad'ogn'vno è neceffa* bhauere qualche
amico con il:juale
poffa conferirei fuoi
difegm,& j>n_. fcambieuolt benefiti;
l'vn l'altro lolleuartì,8c
aiutarli, cornea nno le
Cicogne, le quali
perche fono dì
collo alto, a
longo an* refi ftraccano
nel uolare, ne
poffono foftenere la
tetta, sì che
vna ap* >ggia il
collo dietro l'altra, et la
guida quando è
ftracca pafia'dietro l'uU na
a cui effa
s'appoggia, cofi dice
Plinio lib. 10.cap.22. et Ifidoro
rife* ifcc vn fìmilecoflumede Ceruij,
liquali perii pefo
de lecorna in
breuc ilmpo fi ftraccano,ne
poffono reggere la
tefta quando nuotano
per mare, iber qualche
gran fiume^&però uno
appoggiali capo fopraJa
groppa d# I-' W» >©J
l'altro, 6: il
primo quando è
(tracco patta a
dietro, sì che
in ta! maniera quefti animali
fi danno l'vn l'altro
aiuto. Cofì anco
gli la uomini
Ibi affretti tra loro
a valerli de
l'opra, et aiuto
vincendeuole, peri Iene
mol to rettamente è
flato detto quel
prouerbio tolto da
Greci, vna mano
la uà l'altra, zJWanits
mannm lauat, et digitus
digitum, Homo ìmminem
fermi cikitas ciuitatem. Vh'huomo
conferua l'altro, et vna
Città l'altra Città et quello
fi fa non
con altro mezzo,
che colcommertio,& però
Anfl tra le cinque
cole perule quali
fi fi configlio,mettenel quarto
luogo,Z>e ij. qua ìmj}ort4ntvrp& exfonmttir }
cioè di quelle
cofe, che fi
portano dentw «v» e/»
*£%* ctf3rè &€%*
*£%* ||p *g et fuora
della Città ne
le quali due
attioni confitte il
comertio,perche *emo portare dentro
la noftra Città
di quelle cofe,
che nome fiamoptj i,
&chen'habbiamobifogno
fuora,poìfaremoportarecofexlelequ^i :
"..bofldiauBO in Città,chc
n'ha bifogno :
perche il GranMaeflro
diqucIto . ioy fco mondo molto
faggiamente ha fatto
> che non ha dato
ogni cofa ad>» uogo,
imperò che hauolutoche
tutta quella vniuerlìtà
lì cornfponda on proportione
> che habbia
bi fogno de l'opra
de l'altro, et per
tal bifono vna
natione habbia occafione
di trattare, et accompagnarli
con Taira, onde
n'è denuata la
permutatione del vendeee> et del
comprare, Si è fatto
tra tutti il
commertiojd ella vita humana. COGNITIONE. •« «i^~L
delle pedone, che
s'introduchorioanegotiare. La
Có^edai ha propoli
tioni facili,& attieni
difficili, et però
fi dipinj in habijtì
di zingara, per
efleie quefta forte
di gente larghissima
in pr et honefta
più esili, per
ie quali il
fuggetto, la locutione,
&C ancora la
diipoiìuone di la è
fatta molto diueria
da quello che
folleua effere della
lòpradetta_» Cpinedia uecchia, come
può il Lettore
uedere a pieno
le differenze, tra ina,
e l'altra nella
Poetica dello Scaligero,
nel primo libro
de .to l'iftojg
al cap. 7.
L'offitio dunque della
vecchia Comedia, eflendo
di tirare Il vitij,
&T attioni de
gl'huomini in nfo,&
feiocehezza ; perciò lì è
iitta la
detta figura di
tal vifo, et forma,
che fe^ andrà
di mano in.
mano Schiarando. | Le ueftì
(tracciate, et rappezzate,
coi! per il
foggetto che haueua
ali* jjani,come per le
perfoneche faceuano coli
fatta rapprefentatione, noa Ìnteruenendo,come nella
Tragedia perfone Regali;nè
come nella Co«edia
togata^o pretesta de' Romani
Cittadini di conto. Per
li uanj colori
dd fuo ueftimento
fi dimoftra ja
diuerfità, et inconlanza
di più cofe,
cheponeua infiemein una
compofitione, cVfcancoil urio ftile,mefchiandoinfieme diuerfi
generi di cofe. La
feimia che li
porge Jaceftella, moftralafozzaimitatione permezo ](quale faceua
palefi li uitij, et le
bruttezze altrui, che
fi dimoftrano], q y.rh
fozzij& venenofi animali,
che ella con
rifo,& feiocehezza icuopre ijpopolo? di che vn'efempio
fi può uedere
nel Gurguglione di
Plauto . Tum ijìigraci palliati,
capite aperto qui
ambular® Qui i?icedunt fuffarcinatiy
cum libris, cum
fportulis Confkunt-, conferuntyfermones inter
fé tamquam drapeté
* .Cftant,obfifti4nt)ìncedunt
cum fuis fententijs Ques femper
bibentes vidcas effe
in ano-polio
Fbiquidfarripuere,operto capitalo >
caldura bibant Triftes, atque
ebrioli incidunt. Le faette
nella delira lignificano
gl'acuti dctti,& l'afpre
malediccnzf, :«))n le.quali licentiofamente ferma, et uccideua
la fama, et riputatione t
particolari huomini -,
ondeHoratio nella Foetica
parlando della fpeipdi
poefia uiene a
dire della Comedia
uecchia in tal
modo . yccefiiivetus bis com&dia-,no fine multa;
Digna lege regi
lexeftacceptaychorufqg àude^fed
in vitium libertas
exc:dit->& vim Turpiter
obticuit jublato iure
nocendi, I Et il
detto Horatio ancora
nellib.i.de' fermoni, nella
Satira quartale© icario delli
Scrittori della Comedia .
'Eupolisy?iqueCratinìus)tAriftophanefq;Toet* tAtque al'ùi
> quo rum
Com'àdia prifez virorum Si
quu e rat
dignus defcribhquod mdus+aut
fur Qhoì mechus foret,
aut ficarius, aut alioqm famqfus multa
cum libertatenotabant. m
COMPASSIONE. DONNA che con
la iìniftra mano
tenghi vn nido
dentro del qua le
uì u*ayn Auoltore>chc pizzicandoci
le cofcie, ìtiam
attodi dar aiuggere il
proprio fangue a
ii'uoi fìgliuolini, quali
faranno anch'eli nei nido
in atto di
prendere il langue, et con
la delira mano
fteia porg in atro
di compafsione qualche
colà per fouueniinento
a gl'altrui bile gai .
Si dipinge con
i'auoltore nella guilà,
che habbiamo detto,
perciò chegli Egitti; per
lo Auoltore ., quando
col becco ft
rompe le coicie,ra! prefentauano la
coirpafsione,perchc egli in
quei centoucnti giormi dimoranclì'alleuareir.giiuoli, non
mai troppo lontano
i.ohalia preda attento a
quel tòìof eafiero
di non iaiciare
i figliuoli^ folamente
pigi quelle cele che
da preflp gli
lì inoltrano, et fc
nulla 'altro gli occorre, jcuuiei.ed'apparccchiarcin^boui figliuòli»
egli coi becco
puzicuM h ccicie cai.à
ù iùngLC.& cucilo
da aiuggere r.ih
fegholmi : tanto
è l'aia re cui DI
CESARE RIPA. ur col
quale ha cura
\ che '«per nìancarnento
dicibo non gli
maikhmo V il .rgere'ion
la dcftramano in
at-topietoib qualche dono
^iiinoftra cbiu e affetto
il nero fegnodeirhuomQconjpaisioneuole, ìlquale
per chariibc corre
con pron tezza
1 poueri biibg n ofi
con le proprie
facoi ti. f C0MPVNTIOKE. I[\ Ò
N N-À. vetfti^idicilitio,addclorata, con
k becca aperta
in atto ) di
parlare>con gl'occhi ri
noi ti al
Cielo,che Lerilnocopioiè lagnine, zti
vna corona di pungenti
fpi-ce in capo,
tenendo con Ja
Lmilra mano y, cuore
parimente coronato di
ipine } terra la
defi ra riiahoalta^Cx: il
dito indice dritto Ledo "il
Cielo . Si fa uefiita
di alitio, et Jagrimeuole,
perche dice S.
GicGriibitomo, aj luo l:biO
de compunti. cord. .ic/rf compiine
io jack borra
£ pktfumm9defì* ita re cìlUip.fts.iw.Mehi'nrt.cis-tJigirc Vili
)h, (S; ih
n. matti fiiiv-s,
\ . »e li
fanno due corone
di ipine,perche i
er la ipina
nel iJu.03 iJn quel ftc;ttCj
che dicci Z&#?
icnfi^itu J-[. ria,
v/cn denotata ia .coipa conti-u-a^». «peccato, laquaiedei còltili tTÓlnorcfe > è\
punge la. coiaenza ligniti-ifft .ICQ
NO LOG I
A", cata perla coronarne
tipne incapo, et non
badando quella ebmpuntio *ie,come*infrutcuoÌa, nafcencìo
per l'ordinano dal
timore della pena,
fy. conofcimento del male.
Però fé gli
aggiunge la corona
delle fpine al cui
re,denptando per quell'altra
la nera compuntione
del cuore, che
nafqe da quello imr&eriib
doìore,ì& conofcimento d'ha/uer^prlefo Iddio
fonimi bene,& perla la
gratia fua,& perche
la perfetta compuntione
deue ha re quattro
coHditioni,cioè che habbia
quel lò-mnio dolore
eia detto,pe h r£
addolorata, e lagrimeuole . $econdo,che habbia
fermo propoli to
di non commettere
pi h peccai che fi
dimoftra per l'indice
alzato della mano
delira . Terzxj, che umilmente
habbia faldo proponimento
di confefìarfei alche uien
lignificato per la
bocca aperta.
yitimoyc'habbiaàfodisfare, come parimente et prbijnctte
per la del aitile
pronta in operare
bene,conforme alla fua
bpna,è fanta refolutioril COMPLESSIONI. COLLERI C Of PE
RI L F
VOCO. X 7 N
giouane magro di
color gialliccio,& con
fguardo fiero,che effei V
do quali n udo,
tenghi con la
delira mano una
fpada nuda, fhn4 con
prontézza di uoler
combattere . Da un latof
cioèper terra J farà
uno feudo in
mezo dtì quale
ila dipifl ta una
gran fiamma di
fuoco, et dall'altro
lato un feroce
Leone . Dipingefi
magro^perche ( come
dice Galeno nel
4. delli AfForifmi
ntì commento.^. ) in
elfo predomina molto
il calore, ilqual
elfendo cagioni della liceità
li rapprefenta con
la fiamma nello
feudo . Il color gialliccio,
lignifica, che il
predominio delfhumore del
corpi fpelìb fi uiene
a manifeitafe nel
color della pelle
', d'onde nafce,che
peri color bianco fi
dimoftra la flemma; per
il pallido, ouero
flauola collera per il
rubicondo mifto con
bianco la coinplefsione
fanguigna,& perii fo feo
la malenconia, fecondo
Galeno nel 4.
de famtate tuenda
al cap. 7. Ó j
nel i.deirAphoFifmi nel
commento 2. Si dipinge
con fiero fguardo,eflenda eiò
fuo proprio, come
ben dime] ftra Ouidionel
lib._j. de arte a mandi. Cra
tument ira nigrefeunt fanguine y
ma Lumina gorgoneo
f&uius angue mie Ec Perfio
nella 3. Saura. • lì
uve fate -fuppofitafe
ruefcitfanguisy et ira
Scintillant acuii) &c. Là
fpada nuda, e
la prontezza di
uoler combattere, dinota
non foloij collerico effer
pronto alla rifla:
ma anco preito
a tutte l'altre
operationi come ancora SIGNIFICA la fopradetta
fiammadi fuoco, efiendo
fuopropr|| di ri io lu ere
. Si dipinge giouane,
quafi nudo, et con
lo feudo per
terra jperciochi guidato dall'impetuosa pafsione
dell'animo non fi
prouede di riparo
: m; ien^a giuditio,& coniglio
s'efpone ad ogni
pericolo, fecondo il
dettod Seneca in Trou.dz:'I
menile vitium cfl
regerenon poffe impetum.JLt pero
beni di(fc Auicennanels.dei 1. della
dittionej. alcap.^. che
quando l'open fono DI CES ARE
RIPA. iuSa )no fatte
co maturità danno
fegnodi vn téperamentoperfettotma ^ua ^
o fi
fanno co impetoA
con pòco configlio
dano legno di
molto calore* 31i fi
dipinge jl.Leone a
cantq?per dimòitrare la
fierezza, et animo/Ita l'animo naicente
dalla già detta
cagione. Oltre di
ciò metteuifiqueanimale per
eilereilCollerico fimik a
l'iracondo Leone^del quale
coff [ITe l'Ale iato
ne ìfuoi Emblemi-. eam
reterescaudam dixereleoms Lutheacrimfurptbiliscrudefcere^ntr^
fiimularttekasconcipityUlegraues, Felle dolor
furia s excìm
indomita*. ienota anco jl
Leone effer il
collerico di natura
magnanima, e liberale» ìche pacandoli
termini, di'uiéhe prodigo,
come gl'mfraic'ritti verfl a
Scuola; Salernitana ^
non fqlo di
cjueftarmà di tutte
Maitre qualità fo~ lettedicono. " '-Èjt
humor cbohra^qui competit
impetuojts Hoc venm e$ hominiimcupiem pmcdlere cimblos Hi
ietuter .aij.cHnrynuLtum comed.t:ntj
cito crefeunt Inas^ con
barba can uta
>. &CJ&PI giaco ad
vn baffone coi
vna mano, nella
quale terra ancora
Vi tacun va moctoych*
dica: Vires acquirìt
eundo . Porterà
in fpalla vi icio.d'iftromenti, co*
quali s'e^è renano
l'arti, ék vicino
haura vna d'arrotare coltelli .
i L'vib imprime )ml
Ja mente noftra
gl'h abiti di tutte
le colè, li
coni a' pò fienai
fa decènti, &C
a fua uoglia
fi fabrica moke
leggi nei vii et nella
conuerfa uqne . Etfìdipinge vecchio, perche nella
lunga efperienza conflile
lafii; auttonta>&
quan td più
è uecphiojtanto meglio fta
in piedi, il
che s'act ria col
moresche tiene in mano,
ilqualcè conuenience ancora
alla ri ta:, perche
le ella non
fi muoue in
giro, non ha
forza di confuinare
il ffeco«| il capriccio
del Pittore >
non ci curando noi
dargli in.» quello
alt SANGVIGNO PER L'AAlA. VN
giouane al legro,
ridente, con vna
ghirlanda di vari;
fiori in aì\ di
coi^o carnoiò, et oltre
1 capelli biondi
hauérà il color della
fa eia rubicondo mifto
con bianco, et che
fonando vn liuto
dia legno C( rmolgere
gl'occhi alCielo,cheg!i piacciali
fuono,&il canto,da vnapa te
d'eifa figura ui
farà vn montone,
tenendo in bocca
vn grappo d'vu; 6(_
da l'altra banda
vi farà vn
libro di rhufìca
aperto . .
Giouane,allegro,con la ghirlanda
di fiori, et ridente,
fi 'dipinge il fa
£uìgno,perche ( fecondo
Hippocrate) in quelli
che abbondanodi iangi temperato, et perfetto,
fi generano fpinti
uitali puri, et lottili,
da qui; nafee il
nfo,& l'allegrezza; onde
queftì fono piaceuoli,
faceci, 6: amar j
luonij&i canti.
L'cllerdi corpo carnofb
\ fecondo Galeno
nel x.lib. del
temperameli al cap.?.& Auicenria
nel lib. i.figiiifica,che dalla
uirtiì afsimulatiua,cl ne ì
fanguigiU è molto
potente,iufce l'habno del
r.orpb carnofq . r Dipitt^ .
/17 Bipingcfi rubicondo mirto
con bianco,perche(fecondo Àuicenna
nei \. del 1 0
quefto colore denota
abbondanza di fangue,e
però dice Galeno ìcl
2. de gli
Afòrifmi nel commento
2. che rhumore,cac nel
corpo prcionuna,da il
colore alla carne . Il
Montone con il
grappo 'd'vua, lignifica
il fanguigno efler
dedito à renere,& à
Bacco; per Venere
s'intende la natura
del Montone,effendo elio animale
affai ìnclinatoalla luffuria,
come narra Pierio
Valeriano . 10.& per
Bacco il grappo
d'vua ; onde
Ari fiorile nel
Problema 3 1. ditene ciò
auuiene nel languigno,perche in
effo abbonda molto
feme}ilale è cagione
degl'appetiti venerei, come
anco lì può
vedexe per la
derittione della Scuola
Salernitana . Tintura
fingaes et duUia
vcrbaloquenres. I 3 Omnibus
ixS Omnibus hi flndijs
habiles funt> o si
nelfoperationi
deH'intelìettt^comein tutte l'altre
del corpo, fimi. :
alla tartaruga, che
fi gli fa
à lato, il
che tutto vien
ottimamente efpret> dalla
Scuoia Salernitana ne
1 vera che
feguono . 'Pblegma dabit
v'.res modicas > latofq; breuefj; *7 hlegmafacit pinguesyfanguis reddit
mediocresy ' Gtia non Hudio
tradunt fed corpora
fomnà Senfi'.shabetjtarduswotusypigritiafomnHs •ó'»'^
j Hic fomnolentus) piger et fpMtamine
plenus Ijì huicfenfus bebes
pingui?) facie color
albus, ' ; t 1
JALÌNCONICO. PER LA
TERRA "VOM O di
color fbicC) tengln con
hiuaft^ lisafitì vd:Lbro-$:l to inoltrando
di iludiare, 1 Ha vnu •ss» Hauerà
cinta la bocca
da vna benda, et con Ja
man de/Ira terrà l>orfalegata,& in
capo vn piffero
uccello folitario, La béda
che gli cuopre
la bocca,fignifica il
filentio, che nel
malinc co fuol regnare,
eilèndo egli di
natura fredda, e
fecca, et fi
come la e dita
fàloquace,cofì per lo
contrario la frigidità
è cagione del
iilentio. Il libro aperto,&
l'attentione del ftudiare»
dimoftra il malinconico fer dedito
alli ftudi;>&in cilì
far progreiìb; fuggendo
l'altrui conuerfa «c;onde Horatio
nell'ultima Epiftola del
a.lib.dicc: Scriptorum chorus omnis
amat nemus, Etfugit
Vrbes. Che però gli
fi dipinge il
panerò folitario fopra
il capo, effendo
nccelk che haljjta in
luochi folitarij,& non
conuerfa.con gli altri
uccelli. La borfa ferrata
fignifica l'auara natura^,
che fuole per
lo più regnare
ncome dicono i
feguenti verfi della
Scuola Salernitana. ' Reftatadhuc
triHis cbolera fubftantia
nigr& Qm reddit prams,per
triftes panca loquenter Hi
vigilarti jìudijs :
nec mens efi
dedita fomno, Seruant propofitum
(ibi nil reputantforetntum . Inuidus, et triHis
cupidus dextrcq; tenaci* 'ì^on
expers fraudis itimidus
luteìq\ colori: . £ 0 2\£,C
Q \D ! *sf tJH
**f B^l T
*4 LE* Di Tier
leone Ca fella . VN'huomo à man dritta
di vnadonna,ambi veftiti
di porporaf> et vna
fola catena d'oro
incateni il collo
ad ambidue > et che
la dc\ catena habbia
per pendete vn
cuorc,ilquale venghi fomentato
da vna no per
vna di detti
huomo,e donna. La collana
nella guifa che
dicemmo >dimoftra,> che il Matrimonio com pollo
di amore,di amici
ti a,& di
beneuolenza tra l'h
uomo,j& Ja de na,ordinato dalla
natura > et dalle
diuine leggi, le
quali vogliono, chi marito, et la
moglie iìano due
in vna carne,
che non pollino
eflere di fé non
per morte . CONCORDIA. *f 7NA
donna in piedi,
che tiene due
fpighe di grano
in vna man [
V con l'altra
vna tazza piena
d'uccelletti uiui, ouero
di cuori, La tazza
piena di uccelletti,
ouero di cuori,
lignifica conformit più pcrfone>
per le quali
ne fegue l'abbondanza,
lignificata per le api
«el grano. C0 2^C
0 I^D I
e^f tJH 1
L I T
jl J^ £. Isella
^Medaglia diurna • DONNA
che tcìighi con
la deftta mano
vn roftro di
nauc,fop quale ui è
vn'iniegna militare, et in
mezo d efia,
cioè in mezo l'afta
vi fono due
mani giunte,come quando
fi da la
fede, con lettere, dicono. CONCORDIA EXERCITVVM. Le due
mani nella guifa,che
dicemmo,dimoflrano la concordia
llin cna. et il
roftrogPEferciti . B CONDI . I*ì
CONCORDIA. IN ONNA/che tiene
in mano vn
fafeio di uerghe
«rettamente legata \} La
Concordia è vna
vnione di uolere,&
non uoleredi moltiich* uono,& conuerfano
infieme . Però fi
rapprefenta con vn
fafeio di uer;cdelle
quali ciafeuna per
fé fteffa è
debole, ma tutte
infieme fono fòr-» et dure,onde
difle Salamone. FuniculustripleXj difficile
rumpitur. Et melante l'vnione fi
ftabilifce maggior forza neiroperationi de
gli huomi*
icomedimoftraSaluftioin bello Iugurtino.
Concordia parue res
enfettnh bordìa maxima dilabuntur .
Alla quale fentenza
riferifcc Seneca Filofol|neirepifto]a p4»che
M. Agrippa confeffaua d'eflere
molto obbligato, e le
per lei s'era
fatto ottimo fratello,^
amìcojdiche veggafipiù diffufai;nte
Francefco Petrarca nell'opere
latine lib. j.tratt.
z.Cap.i*. Concordia-» . DOnna
bella,che moftri grauità,
nella deftra mano
tenghi vna tazza* nellaquale ui
farà Vn pomo
granato,nclla finiftra vno
fcetro,che in :ha habbia
fiori,& frutti di
varie iòrti> in
capo ancora haueri
vna ghirba di mele
granate,con lefogJie.& con
frutti,infiemecon la ghirlan\,per
acconciatura vi farà
vna mulachia, et coù*
hcììq medaglie antiche j
lede lcoipi ta.
Concordia^. \ Onna,che nella
deftra mano tiene
vn pomo granato,&
nella finift ri \f vn
mazzo di mortella,e
fi fabrica in tal maniera,
fecondo il detto
di ^rio Valeriano,con l'autorità
di Democrito, dicendo/che
la mortella», i
pomi granati s'amano
tanto, che fé
bene le radici
di dette piante
fò ! polle alquanto
lontane l'vna dall'altra,
fi auuicinano nondimeno
i et itrecciano infieme .
Concordia^ • ^ Onna
coronata d'oli uo,che tenga
con la man
deftra vn fafeio
di frex V ze^legato
con una benda
bianca da vn
capo d'elfaj, et con
vna roflg di l'altra;ndla mano
finiftra tenga vn
Cornucopia . Si corona doliuo,per
fegno di pace,
effetto della Concordia . Il iàfcio
di frezze legato
al modo detto,
lignifica la moltitudine
de*» ganimi vniti infieme
co'l uincolo della
cariti,& della fincerità,
cjie diffiilmente fi
poflanolpezzarejfomminiftrandofi
fra fé fteffe
il vigore, et h gagliardezza, onde
poi è lacócordia
produttrice di frutti
piaceuoli,co *: dall'altra banda
la difeordia non
sa le non
produrre fpine, cV"
triboli 'flmaledicenza,&
liti,che (turbano la
compagnia, et Famoreuole
conforti degrhuomini nei uiuere
politico, et ragioneuolc. Concordia nella
Medaglia di Tapieno. Onnafedente,che nella
deftra ha vna
Patena, $l nella
finiftra due-» corni di
douina con lettere:
CONCORDIA AVGG.& S.C.
Vedi aftiano Erizzo . -a Patena
lignifica elfer cofa
fanta la Concordia,
allaquak fi debbe
ren dre honore,e facrifitio. .iduc corni didouitia, moftrano, mediacela
concordia duplicata», ondanza .
izx Concordia Miliare. D Orina armata,
con le mani
tenga vn gran
uiluppo di ferpi,
perche | preparata per
difendere ie fìena
eoa l'arali, et per
nuocere altrui coi uelenojche iòmrniniftra
Tira* Concordia di pace. DOnna,
che tiene due
corna d'abbondanza ritorte
inficme,che fono l'vnione de'
peniien,e delle uolonta di
diuerfe pedone, et con
l*afl tra mano vn
uafò di fuocojperchela concordia
naice dall'amore fcambic uole,iiquale s'allòmiglia
al fuoeo materrale,per
eflère effetto di
calore interiore dell'anima» Concordia degVantk
hi . DOnna,che nella mano
delira tiene alcuni
pomi granati, et nella
fìnt« lira un cornucopia,
con una cornacchia
> lagnale fi
uede in mo'te Medaglie di
Fauftina A uguita lcolpita
co'l motto :
CONCORDIA per l'eterna
fedelti,ch'ufa quello animale
co la fua
compagnia, però dilie
l'Ai ■ziatoiCormcum mira inter
[e e ncordia vita,
Mutua flatq; illis iatem e
rata fide t. I
pomi granati preflò
a gl'antichi fìgnificauano
concordia, perche tali deuono
efiere gl'animi concordi, et in
tale unione tré
ie (terli, come
fono ie granella di
quelli pomi,dalla quale
unione,,nafce ^01 i'abbond«nza?chc eilneruo di
uiuere politico, et concorde. Concordìaìnfuperabile . PE R
la concordia infuperabiie
lì rapprerentaGerione huomo
a • con tré
uifìico'l capo cinto
d'una' corona d
oro,lei bi\;ccia>& altre
tal te gambe,che tenga
in una mano
de/Ira una lancia,
con l'altra una
i'pat nuda,c* nella terza
uno fceiro. "Et
l'ai ti e
tre mani de la parte
finiftràjfl iano lòpra d'uno feudo . Dicefìjche Cenonefu
Re di Spagna,
ilquale perche haueua tre Reg fu
detto tricorpore,ci(.è,clie haùeiia
trecorp i; fu ammazzato da
Hercol al tri dicano
eliere fiati tre
fratelli, cori concoidi
> che erano
giudicati ui fàfo: CO'NFIDENZA.
DONNA coni capelli
fparfi, con ambedue
le inani fofrentì
una naut La Confidenza
porta ieco la
cognitione dell'im'mincme pericolo et la
laida credenza di
douerne /campare libero, et fenza
quelle due qua litu
uariarebbe nome, et cangiarebbc
l'eflère fuo . Però
fi dipinge con li
naue,che è fegno
di confidenza!, con
la ri'aue i
naui?>anti ardilcono di pra
ticare l'onde dei
mare, le quali
iblocon la facilità
del perpetuo moto,
pa che minaccino roi)ifur,morte,& eftermimo
aIi'hur.mo,che quando pali la
terra.efce mora de
tuoi confini . A
queito pròpoli to dille
iioratio nel la 3. Cde"dcl primo
libro. Jlli robur,& fé
ìrtplcx Tr'.mrs, et pei.
Circa pctlus e
tacqui fragilem truci
Quem mortis tiranti
gradimi Cuihtìrìfit pehgo rateM
. Con q uci>ch e
icg'ue. CON;. 1*5 CONFUSIONE.
DONNA giouane confuiamente
vefhtadi di uerd colori, che
hauead j 1
capevi mai compofhr
poli la delira
mano fopra quattro
eie lenti confufauiente vma, et la
iìniftra (òpra ia
torre di Babel
col motto hedica BABILONiA, VNDiQVE. Giouane h*
dipinge, come eia
più atta alia
confusone, non hauendo
e* >erienza>fenza la quale
nonpuq terminare, eifendo'traiportata da
dier/ì appena, quali
nell'opere rendono conili/ione . LfT^perii lunghi, &corti,~e mal componi
denotano i molti, et vari; eafien,
die confondano l'intelletto . Li diuerfi
colon del vestimento
fìgnifìcano le vane
> et difordinate
atpniconfufamer.ee operate :
Etvbi multitudo,ibi confufio. La
torre di Babel
è pofta>come cofa
molto concici uta
per fegno di con
ifione: poiché nel
fabbricare d'effa,Iddio,fì come
confufe il linguaggio i
i fabricaton, con
fare, che ciafcuno
di loro diueriamente
parlarle, coanco confufe
la mente loro,
facendo i che
l'opra rimanerle imperfetta :r
cafligo di quelle
iuperbe--, et empie
genti, che prquorno
di fare quelli! prefacon troia
fua onnipotenza, et per
maggior chiarezza per
rap■efentare la confusone,
vili dipinge il
Ghaòs, inquel modo,
che rap•efenta Ouidio
nel primo libro
delle Metamorfofì, oue
dice. ius erat toto
natura vultus in
orbe Qiiem dixere
chaos rudis^ndigejìa^molcs^
Et TAnguillara nella
tradutrione . T?r:a cbe'l
cielfuffe, il mar,
la terra, e'I
foc9 Era il foco,
la terra, il del, e'I
mare: tJWa il mar
rendeua il del,
e la terr, a, e'I
foce 'Deforme il foco,
il ciel, la
terra, e'ijnare ì Che
vi era, e
terra, e cielo,
e mure, e foce
Bone era
e cielo >
e terra, e
fuòco, e marey Za
terra, e'I foco,
e'I mare era
nel cielo T^el mar,nel
fuoco,e nella terra
il cielo .
Confermatione,Come dipinta nel
Talamo dil^ S.
a monte cannilo . \ON
N A con
due chiaui nella
deftra mano, et tien
con la fìniftra-» *
vna piramide, nella
q uale è
fcritto : Super
banc petram .
CGJ^FEPvM^TIO^E et per
fegno di ciò
Achilìe ne Ja
nona Iliade d'Homero
ori na a Patroclo
intimo Tuo amico,
che pigli il
più gran bicchiere,
che ha foia, et che
dia bere ad'VJhTcy et ad'
altri Greci, dei
vino piùgagliarc non per
altro, le non
per dar ad'mtendercche elio
li teneuapcr cariffir lama . Vltcrius iuxWNobiles
*sfchillcs Seder eq; fecit
m fidiiibtu >
tapctibusq; purpurei*
Stcìtim autem Tatroclum,allocutus eji
propc exijìétem Maio rem
iam craterem Menoetij
fili Hat aito Mcraciusq; f andito
poculum autem para
vntcuiq; Hi enim cariffimi
viri mea funi
in don.o pia abbaflòpoi
Aiace accenna ad
VJiflc, che fccia
vn brindili ad'Acchj 6^
Vhffe gH lo
fa in tal
modo. Imma 1 25 Innuit .Aiax
Tonici: intellextiautem nobilis
Vlìjfes hnplensq; vino potutami
propinanti achille Salite achille*, et quello,
che ieguita de
quali brindifi, n'è
pieno Home* ro, a
pa/To, a pano
fegno d'vnione* fe&
confermatione-d'amicitia. COSCIENZA DONNA con
vn e uore in
mano dinanzi a
gl'occhi con quefto
feriti toin lettera d'oro
oiKeia fìnefìs >
cioè la propria
coicienza, fìan3 in
piedi in mezo
vn prato di
fiori, et vn
campo di fpine . La
cofcienza è la
cognitione, che lià ciafeuno dell'opere> et depenno»' nafcoftì, et celati
a gl'altri huomin
i . Però fi dipinge
in atto di
riguarda re il
proprio cuore, nel
quale ciafeu* ) tiene
occultate le lue
fecretezze> le quali
iblo a lui
medefimofonoa vi uà forza
palei! . e Vltlj, è atto Sta con
piedi ignudi nel
luogofòp rad etto >
per dimoftrarel a
buona,! ttiuavia,per le quali
ciaicuno camminando, ò con le
virtù, o co'
viti j iit$ è atto
a fentire l'afpre
ponture del peccato,
come ìlfuaue odore
della. Virtù. Cofcien^a. D Orina
di fembiante bellifsimo,
veftita di bianco
> con la
fopraueft nera, nella delira
mano terrà yna
lima di ferro,
hauerà Icoperto i petto
dalla parte del
cuore > donde
la morderà vn
ferpe, o vero
vn verme che Tempre
llimola, et rode
l'anima del peccatore,
pi;rò ben€4iire Lucano
nel fettimo libro . Heu
quantum mi/ero pana
mens confiti donat. CONSERVATIONE DONNA veftita
d'oro, nella mano
delira terra yn
ramo d'oliuo, 8£ JLJ nella
finillra vn cerchio
d'oro. L'oro, et i'oliuongnilìcano conferuatione, quello, perche conferual corpi dalla,
corru'ttiòne, et cjuel!o,perche
difficilmente fi corrompe. Il
cerchio, comejquello, che
nelle figure non
ha principio, ne
fine_.può lignificare la
dbratione delle cofe,
che pèrmezod'vna circolare
trafmutatione li confermano . GONSIDE RATIO
N È. DONNA che
nella finillra mano
tiene vn regolo,
nella deliravi
compalTo,& ha a
canto yna grue
volante con vn
iano in Vn
piede. Sara detta figura
venuta di color
perfo. Tiene il regolo
in mano, et il
compatto perdimoltrare, che fi cornai fono^ueiU inftromènti
metani per confeguire
con l'opera quella
dnttura, che l'intelletto
dell'artefice fi forma,
cosi li buoni
efempij, cV 1 fau^
ammaefiramenti guidano altrui
per dritta via
del vero fine,
al quale generalmente tutti afpirano,
&-L. pochi arriuano,
perche molti per
tor« vie quafi ciechi,!!
lafciano dal cieco
fenfo alla loro
mala ventura traiportare. La grue
fi può adoprare
in quello propofito
lecitamente,^ per noiu portare
altre autto riti,
che pollino infastidire,
batti quella dell'Aleutoche dice
in lingua noltra
così.. 'Pittagora infegnò cbel'biìom
douejfe Z quella-,
che da far
pretermette jf e. Confederar
con ognìfomma cura
Ciò fa la
g rueyche'l volo
feto mifitra L'opera, ch'egli
fatta il giorno
hauejfc Onde ne
picdifuol.portare
vnjaffgS'ella eccedeua il
drittone la mifuraò
baffo, CONSIGLIÒ HVOMO
vecchio veftito d'habito
lungo dicolor rollò,
haurà una collana d'oro
alla quale fia
per pendente un
cuore, ne la
delira mana tenga vn
libro cluufocon vna
emetta lòpra, nella
finiftra mano. tre tcltc
at: taccatead vn collo
> vna iella
l'ara di cane,
che guarderà vedo
la parte dirti ta,
verfo la partefiniftra vfea
tefla di lupo,
in n.e^zo una
tefta di lionq
lòtto il piede deftro tenga
vna tefia d'orlò, et un
delfino, lì ConfigJio è un difeorfo, et delibera tione, che
il fi intorno
alle cofe incerte, et dubbiofe,
che fono da
farli, il quale
con ragione,e iegge,
&r ri loJuc ciò
«che fi reputa
n»u einechciice, et clic
fia per partorire
i] più virtuo^ lo,
il più vale, et lì
migliore e/ietto. Qlcììo
in § i.antoal
pubblico, circa cinque cofe
fpcualuieiue il ù
Coniglio 4c li
duaj, et entiuwC
p oblici re,de4
jys la . 12J Ja guerra, et della
pace,de la guardia,
della prouincia, de
la grafeia, et uet*
touaglia, che fi
ha da por tard entro, &C_
mandar fuori >
delle leggi >
&^ fiatati, et ciò
fecondo i'inftruttione d'Ariftotile
nel primo de
la rethorica, Sunt autem
quinquefere numero maximayac
precipua eo?um,qu& in
confilys agitaA fdcntj^igitur
en'm de T>effigdihus,& redditibus puUicisy
De be!loy& pacete custodia
regioni*, De ijs
qiie legum conftitutiong* di disilo figuriamo
vecchio perche l'huomo
vecchio dimoftra configlio
co» ^,2 dice S.
Ambrofio in Hexanrieron .
SenecJus efi in
confììijs ytiliory perche :à
matura è quella
rchepartorifce la perfettione
del fapere,& dell'in
tencofcte perl'efperienxa delecofe
che ha ved u te, et praticate,
non potendo j 4 la gioùentù
eifere per lo
poco tempo maturità
di giuditio, et però
i giorilo, li
fi deuono rimettere
al configlio de
vecchi . Il configlielo1
di Agamem nne
Imperatore de' Greci uiene
da Homeroin pedona
di Neftore rìgu-» £
2 o vecchio
di^oo. anni ne
la prima Iliade,
oue lo fiefib
Keftore efiorta^ 'la i
Greci »*! e» -Greci giorni
fpcnaImenteAgamenonne,&
Acchibe tra loro
adirati ad obbedire al
iuo coniglio, come
vecchio. Sed audite me
ambo autem mniores
efìis m&> lam enim
aliquando et,cum foriioribus
quamvos Viris confuetudinem babui, et nmiquam
me ipjì parui
pendermi} 7iy[; tales vidi
yiros > nec
videbo più a
bailo Et tamen meo.
confi Ha audiebant
■> obediebantq; recoloy J
Quare obedite, et voj
: quia obedire
meìius . &_ ne] la quarta
Iliade fi oBènice
di giouarea 1
càualicri-Grcci col confi glio,
non potendo con
Je forze, effendo
Je forze proprie
de Giotiani, fo,| prale quali eilx
molto fi confidano. Stride valde
qiùdem ego vellem, et ipfe
Sic effe, vt
quando diuum Creutbalionem
interferi) Sed non fimul
omnia Dij de4prunt
bominibus. Si tunc iuuenisfui
$ nunc rurfus
me feneèlus pi Amiti Veruntamenfìcetiam equtiibus
invererò, c-r bortabor COTsf^S ILIO,&
verbisyhoc enim munus
ejì SFÌ\P'A1 Hajìas autem
tmEiabunt iuuenes, qui me
tJMinores natifunt^ confduntque
uiribus . Quindicche
PJutarco afferma,che quella
Città è ficuramente
fàluach tiene il configlio
de vecchi, et Tarme
degiojuani ; per
ciò che l'età
gio iiemie è proportionata
ad'obbedire,& l'età ienile
al comandare, lodali
o. tra modo quello
di Homero ne
b. %. Iliade
ne la quale
Agamennone In. peratore fa
radunare vn configlio ne
la naue direttore
diiuomini pri inferamente vecchi, Bis
vero prxccnibus da
mofìs iujjìt Conuocare ad
concilium comantes +Acbiuos
t Hi quidem eonuocarunt 9
UH frequentes affuerunt
teìcritery^ Concilium autem primum
valde potentium confittiti
fenum T^floream app.d nauemTyfy
F{egis Qrosbic
cumcoegiffetprudentemjlruebat
confultationem Gli Spartani dauano
^ 1 loro
fi è vn
magift.ato de vecchi
nobiliti qua] fono flati
chiamati da Licurgo
Gerontes, cioè vecchi
venerandi, et il
Sooè Rts Sacra 'confìltun^au^i dal
greco que* Loverleti/, Bgs.efl profitti ) Sacra
confultatia. Coiaancoiàcrai itato
dee*' lOijConfuitorsiche
religiofamenteconfiglia,lo
rerenlce Zenodotoda
ip>charmp,,«S: Platone per
autorità di Demodoce
chiamò il Coafultore olà facra .
Il libro nella
man deuVa lignifica,
e uè il
configlio nafee da lo
tudiO di
fapienza* et per
più efficace iimbolo
de la fapienza
vi Q aggiunre
l'oprala Cuiecta augello
dedicato a Minerua
tenuta da Gentili
Dea_* ella Sapienza, et de*
con'figlio . Queflo animale
è notrurao-, uà
in uola la
notte a procacciarli
il cibo, et uede
di notte, comeicriuono
inatu* ah, (penalmente Bartolomeo
Anglico lib. ri.cap.
zj.b;citur nottua quaefenotte
acute tuensj&e notte autem
videt,là cui figuraci
rapre lènta lo
fiuto,& penfìero .notturno
de la mente
doueado un coaìiguero,& va
Pria iipe,che ha da
eoa/ìgliare,&prouuederei
popoli, pcufaré,& travagliare on lameate,
medicando la notte,
quello che ha
da rifoluere ilgiorno> (Tendo Immagina
ti uà dell'ari
imo puh perfpicace>& in
maggior vigore nel lentio
de l'oicurità della
notte ; di
e he ae è gieroglifico
Ja Ciuetta >
che licerne medio la
notte., che il
giorno. Cade Homero nella
lècoada r j j ir '
iiade dine.. . JtynoportetpertotamnottzmJormìre.confitiarìum :,. Vlrum^cufTopulì funt commi/si
>& tot cura funt .,
' Nonbiiogna
advn.configliero., o Principe
che ha popoli
lottò Jà.iua.
j|lodia,encgot^dipenfarci fopra,dormir tuttala
notte, ptrche chi
eoa gliadeue uedere lume
quando anco a
gli altri è
afcuro,giudicare, ediìcer
lereii bene dai
male,& il bianco
dal
nerQfenzapamoiie>&2rletto>.attelò. (ìeper loconiigllo
libero d'ogni affetto
iì uedanp ancorale
ccfequaiKun |jp
$ift%~ili,&t
occulte,eleuato dall'Animo il
tenebrofo velo de le menzo.' I
T£,fi penetra conia
uifta de l'intellet
ola .verità. Con
l'i rnpn mto
d'una Ci :ttabattutoad honore di Dominano . Impera
tore,uolfc il Secato
Rouiuj.figniiìcare,che il detto
Imperatore luffe Principe
di ottimo coniigiio,e ?iéza,*che ta'e
fi moftrp.nel principio
del fuo Imperiose
bene degenera >i da sì bel
principio, cX, da
Ja mente del
fuo buon genitore, et fratello pi
aritecehon neil'imperip. In
oltre la Ciuetta
che Uede,,& uà
ìnueftindo cofé a fé neceffane
nel tempp.de la
feura notte porta
ioprailhb.o iUio^può anco denotare,che
il coniglio Tnueitigato con
Audio hottur. Ùl
. no zie nodeuci-a*sitenercocculco>&chc non
Ci dcuano palesarci iccrcti, ci _ conluJtano, o^regifirano
ne Ji configli
;& però li
Romani antichi uei fo
il Circo matfìmo
ale radici del
colie Palatino dedicorno
a Confo Di étì
confìglio vn tempio
fot terraneo, per
lignificare, come dice
Seruio ne l'ottauo de
l'Eneide iopra quel
uerfo . Confejfu cauat
magnis circenfibut atti: che
il configlio deue
effere coperto, et fccreto,
di che ueggiafi
più a Inni$o Lilio GiraldiSyntagmate quinta. Le
tre tefteche nella
finiftra mano tiene di
cane,di Lione,& di
Lupo nella guifa
detta di fopra^
lòno figu' ra
de tre principali
tempi dei paffuto, del
prefente, &c del
futuro, comi cfpone Marrobio
ne li Saturnali
lib. i. Cap.
20. perche la
te/te di Liont porta
in me^zo, dimoftra
il tempo prefente,
effendo la natura,&
condìtione fua gagliarda
ne l'atto prefente,
che è pofto
tra il paffato, et faune nire,il
capo di Lupo,
denota il tempo
paffato, come animale
di pochtfftma memoria,
laquale fi refenfee
a le cofe
paffate . La tetta
di Cane fignifica
il tempo auuenire,
che ci fa
carezze, ÒV" feda
per la iperanza
di ricc«ere qualche
vtile da noi,
laqual fperanza riguarda
fempre ié cofe
aucnire . Ponemo quelle
tre tette figura
deiii tre tempi
in mano al
configli perche il coniglio
è di tre
parti, altro confìglio,
pigliai] dal tempo
paffato, altro dal futuro, et altro
dal prefente; auuertimento
di Piatone chi in
Diogene Licrtio coli
dice . Qmfìlium tripartiium
e/i, aliudquippeapr** ferito yd'.ud
a futuro, aliai
a preferiti tempore
fumitur . Il tempo
paffato ci fomm ini
lira gli effempi,
mentre 11 attende
con la mente
ciò che habbu
i patito qual fi
voglia natione, et perfona, et per
quai cagione/acciochc ci 1
ne guardiamo, impercioche
da li cafi
altrui s'impara quello
che fi ha dì
fuggire, et da
gli accidenti paffati
fi caua norma, et regola
di confultarti bene le
cofe prima che
fi
effequifcano,ponendomentea quanto altri
har no operato con
prudenza,acciocheli
feguitiamo,& imitiamo .
Il prefen-j te ci ricerca a
confidcrarc quello che
per le mani
habbiamo, rifolueiwkl di pigliare
non quel che
piace, et diletta
al lento, ma
quello che fecon
I •io la ragione
giudichiamo ne poffa
cagionare col tempo
bene, et non.: jnale .
T^on tantum videndum
quid in prefentia
blandiatur., quam quid
deincep: ftte refuturum . Diffe
Dcmofthene : onde
il futuro ci
periuade di antiiw derc,che non
fi cornetta cofa
con temerai, mi
con maturo dilcorfo,
ac ciò non perdiamo
poi la buona
fama,óY~ opinione di
noi, et la
gloxiia del noftro
nome . Quindi e
che le tre
tefte di Cane,
Leone, et Lupi pigliami
da Pie rio
per fimbolo de
la Prudenza, la
quale ri fguarda
a li tr detti
tempi,c»mc (1 raccoglie
da Seneca Filofbfo
morale nel trattato
d quattro uirtù, oue
dice Si prudens
eft animus tuus
tribus temporibus difpenft turyprtfantia ordina,
fu tura prouide, preterita record
are, namqtrinibH de
prati ritis cogitai vitam
perdit, qui nihil
de futuro prameditaturin omnia
incautus in sklit y
Ilchc tutto fi
comprende da le
tre tefte figura
de li tre
tem i>& firn bolo
della prudenza lenza
la quale non
iì può fare
buon conlìglio. Con ì
filiaperfeftinonfnntabfqiteprHientia,
D.ffeS. Bernardo ne
le Epuìole,* 1 Annotile
nel primo de
la Retorica diftìnifee,
che la prudenza
e wt de la .
t^i de te mente
laquaic h che
fi pc^ configliare, et deliberare
bene de te cole
buone,& de ie
male, che appartengano
a là beata, et felice
vita,si che al confidilo
oltre la iapienza
figurata con la
emetta fopra il
libro, è neceffana la
prudenza figurata con le tre
tefte fopradette . La
xefta d'Orio, £c
il delfino che
tiene (òtto il
piede denota che
ne U tonfigli deucii
porre da parte
J'ira,óT ia velocità attefochc
pefsima_, eofa è correre
in furia, et in
collera a deliberare, et confutare
yn parti* to :
ma deuelì il
connglio fare fenz'ira,& fenza
fretta, et velocità, TOrfo è fimbolode
l'ira, &f della
rabbia,coine animale iracondo,
onde il Cardinale Egidio ne le fue
ftanze diflc . CU Or fi rabbioficon
feroci artigli, Fanno
battaglie difpietate,& dire. et il
Petrarca. VOrfa rabbiofa per
gli Orfactbifuoi . Ma di
quello (imbolo iè
se dirà al
Aio luogo ne
lafigura «ffflr. II Delfino, come pefee
al nuoto velocifsimo
è figura de
la ircttolofa veloci» u,defetti che
nelli configli tantopublici,
quàto priuati fchifer
fi deuono* Duo maxime
contraria funt ' confitto,
ira feiluet, grfejìinatio
dille JSiantC làuio de
la Grecia,& San
Gregorio nella Epiftola
y. dine, che
il configlioin coie difficili non
deue eitere precipitoiò . (onfilium
in rebus ardui*
non debet tjfe praceps
. La. ragioue
è in pronto,
perche le fue
fcelleratezze,con -l'ini reto,*&
con la furia
aqniftano vigore, ma
li buoni configli
con la matura tardanzaìecondo ri
.parere di 1
acito, nel hb.ddle
Hiftotie, Svelerà imi
petti, bma confi
Ha mora ^alefcere.
Si deue bene
con celerità, et prestezza, 1
come dine Anft.
Eneguire ilconfiglio, maeon
tardanza s'hÀ da
rifoluere* jacciò fi polla
prima iciegliere con
più ianò giuduiq
il miglior partito, i
bellifiinvo è quel
detto . Deliberandum ejjl
diu, quod factendum
ejt fernet . Xungo tempo
coniultar fi deue,,
quello chewna voltali
ha da fare
. Pa*
krocloCapitanoefiendogli dettò da
Demetrio fuo Rè,
che colà bada
uà, i& a che
s'indugiaua tanto ad
attaccare la zuffa, et far
impeto contro Vejfercicodi
Tolomeo fuo nimico,che
era all'iora inferiore
di forze, riipofe
. In quibus pomttentia non habet hteum,
magno pondere attentandomeli . 1
Nelle cofe, ne
k quali non
ha luogo il
pentunento, andar fi deue con il
pie di
piombo, perche dopo
il fatto il
pentirai nulla gioua,uoce
veramen te d'accorto Capitano;
nonmen fàggio AgefiUo
Capitano de Lcaoni,
il quale folkcitatodagli Ambaiciaton
Thebani a rifpondere
prefto ad vna imbafciataefpoftagli, rifpofe
loro ... c^fn nefriti*
9 quod ad
vtilia deliberane lummora esl
tutifiimaf Quali che
diceiTe, non &pete
voi o Tebani,che
ne ;li ardui negoty
perdifcernere, et deliberare
quello che è
più vtilc, &C* impediente, nonci
ceoià più ficura
della tardanza ?
oude fi può
confi de are quanto
ch'erri no coloro,
che cómendonoii parere
de l'Ariofto in># juelktDttaua nella
quale loda il
configlio de le
donne fatto in
vh fubito. 5\£olti configli delle
donne fono Ma
puè mal quel
degl'huomirìejfer buon* Aieglio imprauifotche
a penfarttiyfeiti) Che maturo
difeorfo non aiti
; . Che queflo
è fpetiale, e
proprio dono, Ov.e
non s'habbi a
mminàrui fopra \ FMtanliy
e tenti, lor
dal ciet largiti
' Spefó akun
tépo, e molto
fi adio^èì opra. .:
' m 2
Et 1,41, . Etcrrano
doppiamente, prima perche
lodano il 'configlio
fatto infret ta, fecondariamente > perche
innalzano il confrglio
delle dorine, pò che
in vna donna
non vi è configlio di
vigore,& pollo, ma
debile; et fìac co,
fecondò il parere
d'Ari fi. che
fprezza il configlio
de le donne
al parpoich par'èuà loro' indecenza, che
yna donna folle
veduta fra tanti
padri con „ icritua
coniultare . ì ì Ri
TV I P I N G E R
fe M O
peni caftigoVnMìuomo:m atto
fcrdc'e, ma ancora
appreflbjdi alcuni pò* toh
della Grecia, la
icure fu geroglifico
di feuerifiimo caftigo>fi
come-fi tuo vedere nelle medaglie del
popolo di 2 cnedo,
dei qua! tratta
Pollue, perche il
Re di Ten
ed o haueua
fatta quelta legge,
che chi fufleftata |rouato in
adulterio,cofi mafchio> come
femmina, fufle decapitato
con la j;ure,&non hauendo
egli perdonato al
proprio figliuolo, volle
ancor che. Ite fu ffe
fatta memoria,come fi
ned e nelle
Medaglie di Tcuedo>
che da_* loà banda
vi è la
fcure>& da l'altra
due tede * ij
Perche il Leone
nella guilà fopradetta
lignifichi il caftigo
> ne feruire* Lo
di quello che
cita Ebano, fentto
da Eudomio> cioè, che
rn Leone | n'Orla, et vn
Cane nutriti, et fenza
offén» j-erfi punto l'vn i'altrojcome
fuflero flati domeftici, et animali d'vna
fre& h fpecie, ma
l'Grfa molfa da
vn certa impeto,
sbranato il cane,
col q uale Éaueua
comune la fianca, et il
vitto; il Leone
comoilo perla fcelleratez* a d'hauer
rotte le leggi
dei viuere iòtto
ad vn medefimo
tetto, corfe ad* oliò
all'Oria, oc sbranatola
parimente le fece
per lo Cane
pagare la me *
i tata
pena. CARÉZZE AMATORIE. t T N
A belta,e gratiofa
giouanetta, veftita d'habito
di color vagho
> tU V carnato
di varii, et leggiadretti
intrecciamenti, coronata d'vnaj l
hirlandad'hcdera, &checonambile mani
tenghicon bellilsima gra:
iia dui colombi
vn*mafchio,& l'altra femmina>clie con
laici uiamoftri-,,o di
bafciarfi » Eflendo le
carezze amatorie figliuole
della giouentu,& della
bellezza, i|erciògiouarie, &'
bella raprefèntiamoilfuggetto di
quella figura» Il uefiimcnto
di color vagho,
ricamatodi vari;, et leggiadretti
intreciàmenti,fignificagiifcherzi>ì
vani,&diuerfi incitamenti da
i quali ne li
amanti na fee
il defideno della congiuntione amorofà . La
ghirlanda d'hedera è vero lignificato
amorofo, percióchè dettai Jian
ta, come dicono
di uerfi poe ti >
abbraccia > Oc .
ftringe ouunque ella
fi t corta, onde fopra
di ciò con
i fcguenti verfi
cofi dice Catullo» mtem
amore reuinciens,ut tenax
Mederà hac^ et Mac a
rbo rem implicai errarti V
Tiene con ambe
le mani li
dui colómbi, come
di fopra habbiamo
det)> perciò che
gli Egitij per
la figura di
quelli animali fignificauano
le ~ irezze amatone,
effendoché elle non
vengono alla copula
venerea tra | i loro, prima,
che infiemc non
fieno baciate, et perche
le colombe tra irò
viano allettamenti de
i baci molti,
li Autori Greci
hanno affermato lère a
Venere dedicate >
efièndo, che fpontan
eamen te fi
eccitano fra di )to
all'atto venereo .Molto
più fopra dìciò
fi potrebbe dire,
ma per effe fi
delle colombe, com'anco
de l'hedera apprelfo
tanti Autori teratione, et altri di
beilo ingegno, %cofa
nota,e manifetta 3
l'vno per i 14
3 bua V ' J 7}+
1 taci, et Strepergli
abbracciamenti \(i\ che
tutta con u
.e ne alleearessfc amaronej non
Colo mi emenderò
più oltre per
automi}, ne per
dichiaralionc, che couuenghi
a efetta figura,
ma anco per
non trattenere,1 anima ieUe^ofQin ^4^
laiciue a $y>erÌC9ÌQl^ CONGIVNTIONE BfHM/E
COSE HVMAN Con J«
Dittine j SI dipingerà Yn'huomo
ginoccnium eoa gl'occhi
riuoltì ai CieJo,e
eh humilmente tenghicon ambe
le mani vna
catena doro pendente
d Cielo, et da
vna Stella. . Non
è«ticundubbio,cbe con il
teftimonio di Microbio,& di
Luci no > che la fopradetta
catena non fignifichi
un congiungimento delie
co te humanccon le
d.uine, et un ce*
io vincolo comune
con Uguale ldcuV
^ quando gli piace
ci tira a
le, 6V leua
le menti nofheai
Cielo, doue noicoj
^tn le ^oprie &rae, et lutto
il poter n
òuvo non poueaio
uluz; di in
>do co 'f11 '.
lui '^ I lOL ./$$ !ui, che
vuole fignificarc, che
latente fua fi
gouerna co'l voler
diurna attamente colini potrà
dipingere detta catena
pendentedal Cielo, et da.
vna Stella, ìmpercioche
qtìefta è quella
forza dVna diurna
infpiratiOiie, et d i
quel fuoco del quale Fiatone
ha voluto ch'ogni
huomo fcfparieci pe a
fin che drizzi
la mente ajCreatore, et erga
al Cieio, però
e©nuiene,che ci coniìrmiaoio con
la volontà del S. Dio
in tutte le
cole, epregarelu* Diurna Maefii,
che ne faccia
degni della i
uà fanti isima
gru tu. CONTRARIETÀ. DONNA brutta
fcapigliata, &jche detta capeg li fieno
difordiaatJb mente ipariigtn per
gl'omeri iarà veili
ca dalla parte
deftrada alto,
&abaflbdicolor bianco, et dalla
fimftra>di nero> mache
pero-detto uefti mento ha
mal compofto? et dàfciatoj
e moftrij che
difcorduntutte le par ti
dtì corpo -i
Terrà con la
delira mano un
.«aio pieno d'acquaia
lq uan to> pendente aedo
neri! di detta
acqua, &con h.
finora vn vafo
di £uocoac~ cefo, et perverrà
da vna parte
di detta .figura
viiàramiod uè à$OÈè
vna eoa .trappoftaa ? al
traj&c'he toccandoli faccinocontrarn" giri. Si
dipinge brut£a,perciò che
briittilsiniàcoià è alfière
con tinouame» te
coacrartoalle vere, &buone
opinioni-, et chiare
dimoftrarioni altrui Licapejgli
nella gnilà* che
habbiarao detto,, dimofLranoi
difuaiti ..,'& et idiicinto^
dinota lacantracieri -,
che «rraialuce, e
le
te:JiebreJ,alìojmgliandocc^oro4'quali
fuggano la conuerfatione
altrui per lifloa vnir(ìaiÌL'.£agioniprobabiIi9 Snaturali .
Tieùecoala delira man» il
vafo dell'acqua, et con
la finiftra il
fuocopercioche qnerMui elementi hanno ie drfieicnze
contrarie, caldo, e
freddo,:& per/ciò quello 9
che opera lVno, non puòoprari'altrOjjScAannoper quello
in contmuaeonfcranetè, difccrdia, et guerra. Vi
ridipinge acantoJe due
ruote nellvguifa, cnen
abbiasi detto,per
ciocheiiarra Pierio Vakriano
nel libro trentanoue/ìmo, ciieconfid erata' la natura
de moti.,'cheiaao ne i circoli,
fu cagione^che i
ma trematici colendo /ìgm'fkare gierog] incarnente;
la contrarietà, Velcri ueifero
due circoli ^ehe fi
tocca-Teros come vediamo
farli m certe
machine :, che
per i| girar de
l'uno, l'altro fi
volgeeonun moro contrari o,onde per
tal
dimeftrationepolsiamoìdire,
che Jì polsi
bemfsimo jrapreientarc lacontianetà CREDITO, rjVOMO di età vi
rile->ve(Hto nobilmente tfhabito
lungo, con una li.
collana d'oro al
collo, fieda;, con
&m libro in
una manosa mercanti detto il
maggiore, nella cui
copertalo dietro Scrinali
«uefto motta. SOLVTVS OMNI F
OENO.RI,àa piedi«ifiaun Grifone!^. pra
d un i
non tir elio. iterile più
a bailo fgureremoil E^bito^è ragioneuok,ehe
prima rap9iefen tiamoil
Credito. Lhabbiamo figurai» di
età virile pcrcJre «nella
virilità s;acq-uifìv; il
Cr©» M. 4 -diìo •ts-a 1 dito,rhabito lungo
arreca credito, et però
li Romani Senatori
andauan* togati: tal habi:o
porti Crailb, et Lucullo
Senatori di gran
ere dito> li quali
piùd'ogn'altropofiedeuano t'acuita, et ricchezze. Porta vna
collana d'oro, la
ragione è impronta
> perche l'apparenza
fo» la de l'oro
da credito^ fopra
del quale è
fondato . ' Siede perche
colutene ha credito
#a in ripofòcon
!a mente tranquilla 31
libro maggiore intendumo>c!ie fia
folode Thauere haue
e,il che s'eipi
tu lìxconque.
verièttod'Hor5no. Sowusomnifoc'ore. cioè
libero dog n [ debito,
tal che nel
libro non i
comprenda partita alcuna
del dare, iwx: ^
fo 'amen ce 1
Sauere, poiché e
uelloèil uero ere
Ito. -e, che non
hi da dar Bia
lolo Sa da
hauere, ne co
ìifte il credito
in trafficare, et far/ì
nominar con ìld naio
d*.Jtri, come fannoalcuni
qacrcanti pe; non
dir tu:ti, eh per
ci ì facilmente
fdlliiCoao,ma conile in
pofledere totalmente del
fui proprio fenza hauere
da dare mente
ad alcuno . li
Gnfòae fu in
gr^a ci dito . tir dito
prcfib gl'antichi, &.però
fé ne ferumano
per limbolo di cuftode,-& che fra
vero, vedali pollo
a tutte le
cote facce, et profane
de gl'Antichi „-a l'Area
a li fepolcri,
a l'ùrne,a 1
Tempi; publici, te pr\
uà: : ediiìtjj, come
cor no comporto, d'ammali
vigliane,&£cne.x>.i,quah
i in .^.aquila,
eV"il Fe3nè,fi che il
Grifone fopiu quel
mòhttcellò iìgaaca la e
uttodia,che dette hauere uno
del cumulo deiici-e-facitlta le «ì uuole
mameiiere incredi.o y et dciie
fare a panto,
come li Grifoni
i quali paracuiar mente
cuftodiicono cera monti
icithi,
ÓV'HiperDoreijOueibno pietre pretiofe,
&C vene d oro, et perciò
non permettono, che
ni uno vi
li accogli conte
re*feaice Solino, onde
Bartolomeo Anglico . De proprktatibus rerum Ub.iS* Cap. z^>
dice Cuftodiunt (jrypbès
montes inqmbusfmt gemme. praciofay vtfmaYagdhzr
iafjresfynec permittunteas aiiferri.Wfte.tio conferma
Plinio iib. 7.
cap. z. ragionando de
Scithi . Quibùs ajfidue
bettum effe circa
metalla cum Cjrlphis ferarum volacri
genere, quale v l^o
traditi* ^cruente ex cunicuìis
aurumytnira ctjt piditate 5 e ìludent,
7^m aurum vtrobique
cufì&dìre perbibentury et ter
raw auriferacem adamare . Così
quelli, che hannocredito
non deupno la£fare
accodare al monte
de la douitm
loro perfone, che
fieno per diftruggerlo,come ruffiam,buftbni,;idulatori, che
i aggrauano col
tempo in qual che
iìcuna, o ucro
in una preftariza,che mai
più lì renderne
paraffiti, che li fanno
iprecarela robba in
conuiti> ne Giocatori,
Meretricio? altre gerj te
mfdiiìQ y che
darebbono fondo a
qual fi voglia
monte d'oro, il che fuggendo queftì tali,
daranno in perpetuo
credito, et usueranno
con riputatane loro, altrimenti
fé non icaccieranno
limili trafeurate, et vitiofe
peribne, perderanno la
robba, el credito, Sbanderanno raminghi
conifeop* no,& ignominia loro.
COSTANZA DONNA che tiene
la delira mano
alta, con la
finifìra vn'aftaj&^.n'
pofa co'
piedi l'opra v na
baie q uad
ra. Collanza èunadifpofitione ferma
di non cedere
a dolori corporali, ne
lafeiadi uincerea mitezza, o
fatica, neatràuaglio alcuno
per la uia àeila
uirtù, in tutte
l'attioni. I La mano
alta è indirlo
di coflanza ne
Fatti proponimenti. La baie
quadrata lignifica fermezza,
perche da qualfiuoglia
Sandali po:ì (la faida,
Sé e ontrapefata
egualmente dalle fae
pai ti, il
che non hanno m
tanta perfezione icorM
d'altra figura. L'afta parimente
è conforme al
dec;o uolgare, che
dice . Chi ben
fi ap poggia cade
di rado. Et effer
colante non è
altro, che ftare
appoggiato, S^ làido
nelle ragioni, che
muouono l'intelletto a
qualche colà. CoJìan^ay et roflò,chemoftri le
braccia ign udc^e ftarà
in ateo d'attenderete
foilenere l'impeto di
un toro. 3"*'" M
rjf In
trepiditi è l'ecècffo
della fortezza, oppo
fio alla uilta,
&C codardia, Hiall'hora fi
dice un'huomo intrepido,
quando non teme,
etiandio quei che l'htiomo
colante è folito
temere. Soflo le braccia
ignude, per moftrare
confidenza del proprio
ùalore, t combatter col
toro,iiqualcenendomoleftato
diuienefcrocifsimo, Òcìài
tniogno,.per refìftejs foio
delle prò uè
d'uàa disperata fortezza. .a i XTKA donnacheron
il deflro traccio tenghi
abbracciata una co V
lorwia, &c con
la ti mitra
muno.ujia %ada ignuda
iopra d'un gran
uaiTioftriuoiontaruii>eiue
di uoieru abbruciare
la n; no, et il
biaccio» adente, con
fa ue/ìe d^mta? di
t*on, in capo
terra, una ghiri
ui fa d;;
..mirto j et di
non uiikine.* inteffupyfic ia
ÌMifauauno.unuaiò.pseno di rae,
cunuiicuorèych^ fi jueda tra eflV
. >aacoa l'altr mano
inattpd.ieu^riì inondi capo
per óoiirne il detto
cQore, eftencjb proprie
ut de gi'aiiuu ti
cercar feoipretli far paRJccipe
altrùi deJa propria
ailegre-dza» spigai ^fe^^^» «aP**w*i* &*» I/fO Contento. VN
giouane pompofamente ueftito,con
fpadaalato,naur£ gtoiey et penne
per ornamento della
tefta, et nella
deftra mano uno
lpec^ chio,&eon Ja finiftra
un bacile d'argento
appoggiato alla còfcia?
il quale fera pieno
di monete, et gioie. Il
contento, dal quale
pende quel poco
di felicità, che
il godè iri
quefta uita,nafce
principalmente dalla cognitionedel
bene poifeduto, perche chi
non conofee il
propri® bene (
ancorché flagrandosi tuo,)
non ne può fentire contento, oleosi
reftano li fuoi
meriti fraudati dentro
di fé fteffoPerò
fi dipinge Pimagine
del contento, che
guarda fé medeflma
nello fpecchio, et cosi
fi contempla, et fi
gode ncca> bella,
e pompofa di
corpo et d'anima, il che
dinioftrano le monete,
&: i uefftmen ci. G CONTRASTO Iouane armato,
con una
trauerfina loffaffotto il coirfaletto,
teng una fpada ignuda
in atto di
uolcrta ipingere contro walcun
nemico eoa DICES4&E/&Ì^A:
MA eó vna gatta
a piedi da
Vna parte, e
dall'altra vacane inatto
di cóbattcxe, * Il
contrario è vna
forza di' contrarij,
dé'quali vho cerca
premiere all'altro, e però
fi dipinge armato, et pretto
a &fepdeirfi,&^ offendere;
il neLCO . • \
lì color
roflb ci dimoftra
l'alterezza dell'animo^ '& il
dominio delle paf mico Contrailo . Gloùanetto, che
fatto all'armatura habbia
vna vette di color
'roflb, nella delira mano
tenga vn pugnale
ignudo con fiero
Jguar^doj con vnaltro
pugnale nella Anidra,
tirando la mano
in dietro, ni
atto di voler ferire.
; Con t 1^1
ti o $^e:
'^ DONNA d'afpetto gratiofd,&
bello, ftia in piedìcol pugnòde^a
mano dritta lèrrato
in atto di
percuoter/i il petto
nudo, dalla ììrnflra
banda, có'l braccio
nhiflro ftefo alquanto
in giù *&
la mano aperta, 'gl'occhi pieni
di lacrime, ri uol
ti verlo il Cielo
>coafembiante metto, et dolente. La
contritione, è il
dolore grandìfsirrio, che havn peccatore
d'hauer oflfefola diuina
Maeilàiondeibpradi ciò l'auttore de
i* feguentvjverfi. Dolce dolor ■,
che da radice
amara (lo £he
beh feitu ct'ognì gioir
più cara . j T^afiifis de' falli all'bor^c'hai
maggior doSebriafpra altrui^purmecoètùofiggior *P ingioili
ali almfyche conforto ha
filo Suaueyeper iefuord'abijjaofcuro' (n« Quanto-dolerfìyelagrimar impara. Erto
camin poggiando alCiel
ritorno . \Doglia felice)
mueriturofa^e rara r Cosldopp calle fpinofiy e duro Che 'oon opprimi il cuor: maialai
al yolo "Prato
fifeorge di 'bei £w
adorno^ -% j^el tufi
dolce 'languir io mi
confilo"' • Che
rendè fianco pie
lieto, e fìcuro^* Sttl
Petrarcanel Sonetto %6.
dòué dice J'
vsfiangèndo % miei
paffati tempi, Contritione * On/na
bella in piedi,
con capelli fparfi',
vettita di bianco* con
il petto fcaperto.5 moflrando
di percuoterlo con
il pugno dritto
3 5c_ con la
nViftra mano fi
fpògli della fua
vette, la quale
farà ftracciata >ck^
di costare berrettino, in
atto diuoto > et fupplicheuolej
calchicon i piedi
vna •^afenera. Dipingefi la contritione
di faccia bella,
per dimoflrare,'>ché il,
cuoro contrito, et humiliato
non è fprezzàto da
Dio, anzi è niezanoa
placarlo nell'ira; come dice
Daùid nel Salmo
L. et è qùetta
vna difpo/ìtione contrariaci peccato, onero,
come difinifeoho ì
Théologi, vn dolore
prefo ìe propnj pecca|;i,jconintentione dii;ón^iràrii,& dì
lòddisFaré : ilriorrie
cierzàparte'aelì'a'fua'ìbHiMa 'pnyùò articolo1:
cJie vna corurattiÒ;ie>& 1 '
i -ti,;. -i.fi .
...:^.;H^t,; -^-v J>;:J.. v^»/. il
1X551— 'Me ìniinuzzamento d'ogni
pretenfione,che ci poteffe
-dare la fuperbia,
pe gualche bene in
noiconofciuto. La maichcra (òtto
a i
piedi, lignifica il
difprcgio delle cofc
mondane ]e quali iòno beni apparenti
folo,che lusingano, ingannano, e
riurdan la vera cognitione
in noi ftefsi . Sta
in atto di
ipogliarfi de veftimenti
(tracciati, perche è
la contrite nevna parte
della penitenza, per
mezzo della quale
ci fpogliamo de ve
Jìimenti deirhuomo vecchio,
riueftendoci di Chnfto
iftcflo, et della
fi grada, che adorna,
Jfc^ afsicura l'anima
noftra da ogni
cattiuo incontri C0T^T17Ì E
Tiz U. DONNA d'età
virile, che ftando
in piedi fia
veftita d'habito fci plice,
come ancor cinta
da vna zona,
ò cintola, terrà
con lvna d k
mani con bella
gratia un candido
armellino . Continenza,è
un'affetto dell'animo >
che fi muoue
con la ragione, contraltare con
il fenfo, et fuperarc
l'appetito de i
diletti corporei, et jm
ciò fi
dipinge in piedi, et d'età
uinlc, come quella
più perfetta dell'alti ctadi, operandoli
con ilgiuditio,comeanco con le forze
al contrai! ogni incontro,
che fé gli
rapprefenta . L'habito femphee* et la
zona lignificano il
riftringimento de gli s
nati appetiti. 5 '
Il candido armellino
dimoiìra efTere il
uero fimbolo della
continen percioebe non fplo
mangia una uolta
il giorno, ma
anco per non
imbr; tarli,
piùtofloconfente
d'eiìerprefo da 1
cacciatori, li quali
per piglia; ^uefto animaletto,
gli circondano la fua
tana con il
fango . C° ?LT *
?LE ?LZ -* i l i
t a ke (ome
fu rapprefentata nella
Tompa funerale del
Duca di Tarma JLleffmdro Farnefe
> in %oma ., DÒNNA
con una celata
in capo, et con
la dcftra mano
tiene in fpada con
la punta ni gì ù
nel fodero, et il
braccio finiflro ftefo >
uoltando però la
palma di eflà
mano in fu. Coprirò. GIOVANE ridente, et bello
di prima lanugine,
ftando dritto^ piedi, con
una uaga ghirlanda
di fiori in capo,
nella delira maj», ima
facci la accefa, et nella
finiftra con un'afta, et farà
ueftito [di ucrctf Coi!
la dtpm fé
Filoftrato . Et lì fa1
gìirtuane, per eflere tale
età più dedicasse
fette, et a'
folazzl che ì'ajtre non fono.
. I I corniti
(i frnno a fine
di commune allegrezza
tra gl'amici, però
fi che fuoJe
il con ulto
generare, t J La
face accela li
dipingeua di, gf'zntichi
iti mano d'Himenco
Dio di le nozze,
perche tiene ei\mimi> et gl'ingegni
fucgliati 6V allegri
il coni t*> ', r& e,
re iì le i^k\.d.d., et Miagmuiimitn ia'pere
égualiuènte fare,& 1 cederei H D . ; Hi
teucre €on gl'amici
oftitij di gratitudiue .
L Co j^d o
g 1 1 o. VOMO
mefto, malinconiofo, et tutto
rabbuffato, con ambe
le-» jm. mani s'apre
il petto, eli
mirali cuore, circondato da
diueriì .lèrpéti. Sara ueftito
di berrettino uicino
al nero, il
detto ueftimento farà
ftrae-. ciato, iòloper dimortrare
il difpregiodi fé
ttefiò, et che
quando unoè intrauagli
dell'animo, non può
attendere alla coltura
del corpo, et il
color negro lignifica l'ultima
rouina, et le
tenebre della morte,
alla quale conducono
i rammarichi, &i
cordogli. li. petto aperto, et li
cuore dalle ferpe
cinto, dinotino i
faftidij,& i tra uagli mondani, che fempre
mordendo il cuore, infondano innoifteilì Ueleno di
rabbia, et di
rancore . £ 0 ^\ETTI0 T^E. DONNA
d'età matura, che
nella mano deftra
tenga un lituo
co» ., un fafcctto
di fcntture, et la
ilniftra in atto
di ammonire . Qui per
la correttone intendiamo
l'atto del drizzare
la torta attione |huniana,& che
fi dilunga dalla
uia della ragione .
li che deue
farli da per Ione,
che habbino autrorità, et dominio
fopra coloro, che*deuono
eifér corretti, et pero
fi faco'i lituo
in mano ufato,
fegno di fignoria
preflò gli antichi Rè
Latini, Ór Imperatori
Romani . 11 falcetto di
fcntture tìgnifica le
querele, quafi materia
di corre ttiono. C
G 1^7 0
UVMU W^O. iflCORUENDO fpefle
volte di rapprefentare
in atto su
le fee) ne
il corpo humano,
e 1 anima,
ciafeuno da le,
habbiamo formate e prefenti
ligure dell'una, e
dell'ai ra, come
fi potrà uedere
al fuo luogo, na
è dauuertire prima,
che per il
corpo humano noi
non intendiamo il :orpo
realmente iéparato dall'anima,
perciòche cosi fi
deferì uerebbe un radauero, ma
il bene il
corpo all'anima collegato,
che ambe due
fanno il alompoiìto deH'huomo
tutto, che per
certa fignificationc poetica,&
aftrat ione mentale li
prefupponghino,comeie
ciafeuna di quefte
parti lìelfc ler fé
fola ; lo
rapprefenteremo dunque huomo
coronato di fiori
ligufrri » jeftito pompofamente,
terra in mano
una lanterna di
tela, di quella,che M'alza, et abbatta,
fenza lume con
quello motto :
ALVMIN £ VITA. i
Si corona di
ligustri, per effer
da grauifsimi huomini
aflìmigliata la iuta deH'huomo, nfpetto
alla fragilità, cV
caducità di quefto noftro
corpo Ili fiori, de'
quali non fo
> che altra
cofa fia più
fugace, onde il
Salmifta zzìintò nel Salmo
102. Hecordatas eft, quoniam
fuluisfumus : homo
fi cut fanum
> fies eius
tamtam 1 a&rific efflorebit . Ft nel
Saimo 8p. tJffanèficut berba
tranfeat^manè floreaty et tranfcat
j vtfftrt decidat yindt* t, et arefiat . Et
fimilmente il patientifsimo
Iob . Quafiflos egteditnr, cjr
lonteritur » li ueftimento
delitiofo, dimoftra quello,
che è proprio
del còrpo, cioè l'amaAfe
l'amare > et abbracciare
i piaceri, èVdelettationi fenfuali,
A" come per contrario
abborrirclidifa£Ì,afprezze,&
le molcftic. * 'Làiàntcrna,
nella gurfo, che
dicemmo, dimoftra, che
il corpo non hi
opèratibni fenza l'anima, lì
come la lanterna
lènza il lume
non fa l'offiac fuo
/cornei! motto molto
bene dichiara . CO \KET
T I 0 l^E»
«pkONVA vecchia, grinza
rche fedendo nella
frniftra mano teng' xJ
vna ferula, o
vero vno (tattile, et nell'altra
con la penna
emendi vafcHttura, aggiungendo, et togliendo
vane parole . Si dipinge
vecc.ua,& grinza, perche,
come è ch'etto
di prudenza la ce
rettione in chi
la fa,cosi è
cagione di rammarico
m quello, che
da occa! iìonedi farla,
perche non fuole
molto piacere altrui
ien tir correggere,*
emendare l'opere lue : et perche
lacorrettione s'elìercita nel
mancameli to, che facciamo
nella via odeirattiom,
o delle* contcmplationi . ■ Si
dipinge con lo
«affile, et con
]a \Khrèi\ che
corregge le le
ritta re ......; proueDI CES
ARE R I PJt. *4F irouedcndo l'vna
co'l difpiacer^del corpo
alla conuerfatione politica» 'altra con
li terniinidicognitione allai>eatitudine Filolofica . CO K^v
r T E
LL u H.E'
GIUDICI. rvONNÀ, che itiaa federe
per .trauerfo in Tribunale»
.con va me-VJ
moriate > et vna catena 4'oronella^manosdritta., con vna
volpe a pi«^? li, et farà
veftita di verde.,
r Dipingefi a federe
in Tribunale nella
guifa, che;dicemrao,;perche la orruttela cade in
coloro,che fententiano in
giuditio^fiflendo effa vno> torcimento della
volontà del giudice
a giudicareingiuHaniente per
fora de' doni. r
. ' Il memoriale
in mano, &T
la collana fono
indicìo, che o
con paroIc,ò on danariJa giuftitia
fi corrompe . La volpe
per lo più
fi pone per
i'anutia,"&* perciò è
conuenienrc a quev to
vitio, efièndo che
s'effercita coaaftutia, per
impadronirfi de denari, ideile volontà
de glfakrih uomini . Veftefi di
verde perii fondarnentidella fperanza>
che Hanno nell'auc* 1,
come de ttohabbiamo ài
fopra. iCOTtJTE.,,DONNA,
giouine, con bella
acconciatura di tefta,
veftita di vera& et di
cangiante, con ambe
le mani, s'alzi
il lembo della vette
dinara i, in modo
chefeuopra le ginocchia,
portando.nella vene alzata
molte hirlàde di varie
forti di fiori,
'& con vna
di dette.mani terrà
anco de gli mi
legatiin iilòtli.leia verde,
haueri à piedi lunaiftatuetta di
Mercurio, ila quale s'appoggte ri alquanto, et dai
l'ai, tra. banda. un paro
di ceppi di ro,
o uero 1
ferii, che fi
fogliono mettere ad
ambi li piedi,&
che m fieno on
eflì le camene
parimente d oro
: iàra la
'terra, oue fi
pojrafafloìa, ma oarfa di
molti fiori >
che dalla uefie
le cadano ;
ne piedi hauerà
le fcarpe yi piombo.. I
La corte èrma
unione di huomini
di qualitàalìa Temuti
di perfona leialata,& principale,
&c fé bene io
d'ella polio parlare
con qualche fon imento,
per lo tempoyche
vi ho confumato
dal principio della
mia faa ullezza fino
a queiìi'hora? nondimeno
racconterò iblo l'Encomio
d'aiini, che diconojla corte eifergranmaeftradel viuere
humano,fo fregna -"Ita
politezza, (cala dell'eloquenza, teatro de
gl'honori, fcala delìegraa, zze, et campo
aperto delle conuerlàtioni, et dell'amicitie-: che
impara i7bedire, et di
comandare, d'efier libero:,&feruQ,diparlare;& dita-* fj
re, di fecondar
le voglie altrui,di
difsimular le proprie,
d'occultargli u\che non rmocano,d'afcondere fire,
che jnon offendono,che
infegna c( 'er grane,
Si affabile, liberale., et parco-,
feuero, et faceto,
delicato,& .] dente, che
ogni cofa fu -,
&C o^ni cofa
intende de' fecreti
de Principi,, C)| Ile
Forze de Regni,
de' prouuedi nienti della
Citta, cleH'elettioni &^ vicine
a mortrare le
vergogne, et ne'
ceppi, che lo
raffrenano, et l'impe* difeono, ondel'Alciati
nelie fue embleme
così dice . Vana palatino*
qnos educataula cltentesy
Dicitur auratis ne
fiere compedibus . I fiori
fpariì per terra
in luogo Iterile
> et falfofo,
inoltrano l'apparenza nobile del
cortigiano, la quale
è più arcifitiofa
per compiacere U
fuo Si* gnore, che
naturale per appagare
fé medefimo. L'acconciatura della
tefta
maeftreuolmentefàtta>èfcgno
di delicatura; et dimqftratione
d'alti, et nobili
penfien . La velie di
cangiante, moftra che
tale è la
corte, dando, e
togliendo a fuo piacere
m poco tempo
la beneuolenza de'
Principi, e con
ella gl'hocori, e
facultà . i ien con
vna manogl'hami legati
co filo di
color verde, per di
mort rare,.che la
corte prende gl'h uomini
con la iperanza,
com'hamo il pefee
• « Le fc*rpe
di piombo inoltrano,
che nel ikiuigio
fi dee efiergraue,
e ne faCilmentemuouerfi a
i venti delle
parole, o vero
delle vnioni altrui,
pe eccepirne odio, ldegno,rancore,& inuidia,con
appetito d'altra perfona. Se
gli poneappreflbla ftacua
di Mercurio, la
quale da gl'antichi
fu pd1 Ha per
l'eloquenza, che fi
vede efler perpetua
compagna ed cortigiano È
rtata da molte
perfone in diuerfi
modi dipinta, fecondo
la varici della Fortuna,
che da lei
riconofeono ; fra
gl'altri ìlSig. Cefare
Caporali Perugino, huomo di
bellifsimo ingegnosi lettere, et di
valore la dipin! fé,
come fi può
vedere nei feguenti
moi verfi, che
così dice . fat Corte
fi dipinge vna
matrona Seco il
tempo perduto alberga,
efian^a9 Con vifo afeiuttoy
e chioma profumata
Che vede incanutir
lapromiffione Du ra di
fchiena> e molle
di perfona . Di
fargli vn di
del ben fé
gli rìamm^Oi Ha qualftn
va d'vn drappo
verde ornata Tei
nel rouefeio v'è
l'adulatione « benché à
trauerfo àguifa d'Hercol
tiene Che fa
col vento de
le sberrettate . Vna gran
pelle d'afino ammantata .
Clambitiofi gonfiar, come
vn pallone ie pendan
poi dal collo
afpre catene Vi
fon anco le
mufe affaticate > IPe r
poca dapocaggine fatale >
Terfolleuar la mifera,
e mendica Chefciorfe le
potrebbe 7 e vfeir
di pene . Virtute
opprejfa da lapouertate . K a di
fpecebi, efeopette vna
reale Ma figittano
al vento ogni
fat Uba, Corona ; tien
fedendo fu, lapaglia
Ch'ha fu'l corpo
una macina da
guati, Vn pie in
bordelley e l'altra
à lofpedate . E
Fortuna ad ogrìhor
troppo nimica . SoHien con
la man de
fi ra vna
medaglia Tien poi
nell'alt ra man l'
barn' indo rato^j Ouefculta nel
me%o èlafperan%a, Con
efeapretiofa cruda, e
cotta, Cbefafientar la mifera
canaglia . Che per
lo pia diuenta
pan muffato'. Ne kfeierò
di fcriuere il
Sonerto del Sig>
Marc'Antonio Cataldo 'quale dice
a queft'iitcno proposito . "•"" ""' * Va
r ?{,
w*ri° flat0> y*a
volubil forte > Vn
guadagni dubbie fo, vn
danno aperto) Vn fterar
non ficuro, vn
penar certo, Vn con
la vita amminifirar
la morte . Vna pigion
di fenfiyvn laccio
forte y Vn vender
Ubertade, a pre^o
incerto^ Vn affettar mercè
contraria al merto E
qHefto>che il vii
volgo appella Corte* Qhìhì
han gì' adulato ri
albergo fido Tenebre il
ben*oprary la f rande
lume Sede l*amhition >
V'invidia nido . f Vordire
infidie, ilfarfi idolo,
e nume Vn buorn
mo rtal, l'efler
di fede infido
» tApfarqui glori* : ahi
f ecolo * ahi
cefiumeì c ò B^T
n S I
u. NONNA veftita
d'oro,coronata aguifa. di Kegina?e che fpargecolì J fne,d4nari, et gioie . La
Corteiìa è virtù,che
ferra fpeóo gl'occhi
ne demeriti altrui,pcr
aopi rraril pano alla
propria benigniti . CREPVSCVLO DELLA MATTINA. FANCIVLLO nudo,
di carnagione bruna,ch'habbia l'ali
agli hòH meri
del medefimo c®lore,ftando
in atto di
volare in alto,
hauerà in ma del
capo vna grande,&
rilucente /Iella) et che
con la finiftra
mano inghivn'vrnariuoltaaii'ingiu
verfandocon elTa minutifsime
gocciole 'acqua,& con la
deftra vna taccila
accefa, riuotta da
la parte di
dietro, e l'aria vna
rondinella . Crepufculo (per quello
Che referifee iì
Boccaccio nel primo
libro delGeneologla de gli Dei)
viene detto da
creperò, che fìgniflca
dubbio, mciolia che pare
fi dubiti >
fé quello fpatio
di tempo fìa
da concedere ainotte
pallata,© al g;iorno
venente,eilenda neli.coniìni tra
l'vno,& l'aiD.Onde per
tal cagione dipingeremo
il crepufculo di
color bruno. Fanciullo alato
lo rappreientiamo 3 come parte
del tempore per
iignìr are la velocita
di quefìo interuallo
che pretto patta . Il
uolare all'insti dimoftra,
che il crepufculo
della mattina s'alza
fpin * dall'alba che
appare in Oriente. La
grande, et rilucente
ftella, che ha
(òpra il capo
> fi chiama
Lucifer, Rapportatore delia luce,
et pereflagH Egitti;,
(conie riferilce Fieno
Jenano nel libro
4o.de fuoi Ierogliiìci)fignificauano il
crepufculo dd* uà tina>&
il Petrarca nel
trionfo della Fama,
uolcndo maftrare >
che^ ella ftelìa appare
npl tempo del crepufculo con*
dice. al in fiil
gi &deldi, &c. La
faceJIà ardenteiciuolta nella
guifa> che dicemmo, ne
dimoftra>c SI crepufculo della mattinaèmeilàggi ero
del giorno . . ; "Kz rondinella
fuol cominciare a
cantare auanti giorno
nel crepufcul come dimofl
ra Dante nel cap.
2 j . del
Paradilb, coli dicendo, . . '8{rW.bor4'yicbe comincia
itriHi lai La Kjmdinellafrefie alla
mattina : Forfè à
memoria de ftìoi
tritìi gu& Et ABacreDnte.Poeta.GrecQiin;queI Tuo
lirico,cou\diiTe:ia fua fentenz| evfdlHirundinem*.
JgHiltuslóqttaxytpiibufriam^ • Tibi,quod
ille Tereus ■ Te
pleBamhvfìmdù Dcenis ì
Fecijfe fettur olimi Vtrum : forum ne
visvolucres T^am tu
quid ante Imenu Jtlcts
tibi recidami 3\€eas
flrepens ad aurei Imamfeeemuelinguanut Sfomnijs
beatis Anfibi rapis hathylknu*
I Jchc fuimitato
dal Sig. .Filippo
Alberti in quel* li
fuoi quaderna Ji. 'Perche
io pianga al
tuo pianto Da
le dolce^emicJ Rondinella importuna
mangiai die Tu
pur cantandomi richiami
al pianto, A qucfli
fi confanno quegli
altri yer%di .Natta
Pinario j gitati
da Sene* cane l'EpiftoJa
122» Incipit ardentes Vbahus
producere fiammas Sparge re fed rubiconda
iies j iam
trìflis hirundo3 . arguti*
reditura cibos imméttere
nìdis > Incipit j £9*
molli partitos or£
tnmiftrat . CREPVSCVLO DELLA SERA.' ^^ShSH^ PANCIVLLO ancor*egli,epannicntc alato, et di
carnagione bru*» na, Ilari
uà atto di
volare *U 'ingiù verlo
1 Occidente, in
capo haueN 3
rà ij* n vaa
grande,& rilucente frella,
con la delira
mano terra vna
bezzi ìA . ateo
di lanciarla, et li
veda per /aria,
che n'habl>ia gettate
del J altre, 5^ che calchino
all'ingiù,& con laiinifira
man o tengln.vna
nottola coni l'ali aperte . lì
uolare all'ingiù verfo
l'Occidente, dimoftra per
tale effetto efferc
j erepufculo della lèra . La
fteila che ha
in cima del
capo Ci chiama
Hefpero, la quale
apparife nel tramontar del
Sole, appretto gli
Egitti;, come dice
Pieno Valcrian nel luogo
citato di fopra,
lignifica uà il
erepufculo della fera. Le
frezze nella guifa,che
dicemmo, fignificano i
vapori della terra
ti il m alto
dalla potenza del
Sole, ilquale allontanandoli da noi, e
non h,uendo detti
vapor-i,chi li foftengh
^vengono a cadere,&
per efferc humo ri
grofsi, nuocono più,
o meno, fecondo
il tempo, o
luoghi humidi,p freddilo più
caldi,piùalti,'o più baisi. Tiene
la Nottola con
Tali aperte, come
animale proprio, et lì
vede vi lare in
emetto tempo . CRAPVLA DONNA g
rafTa,brutta nell'afpetto, et mal
vertita, con tutto
lo fti maco ignudo,haueni
il capo fafeiato
fino a gl'occhi,
nelle mani tei rà
vna teda di
Leone, che ftia
con la bocca
aperta, et per
terra m faranm deglVcccllimorti,&de'pafticci, o
limili cofe . Si fa
donna brutta,perche la
Crapula non lafcia
molto alzare rhuom
per inoltrare, che
li crapuloni,"o'per lo
più fi imomini fprezzatori
delia politezza,e folo
attendono ad ingrafirare,& f>ireil ventre,o
perche fonopoucridi virtù,&
non fi itendono
con ilp fier loro
fuor di quelli
confini . Lo ftomaco feoperto
moftra che la
crapula ha bifogno
di buona co: plcfsione, per
fmaltire la varietà
de' cibi, et però
fi fa con
la tefta fafeia doue
i fumi afecndono,
&C. l'offendono . La
graflezza è effetto
prodò ■dalla crapula, che
non lafcia penfare
a cofe faihdiofe,
che fanno la
face: macilento. La tefta del
Leone è antico
fimbolo della crapula,percfic qudtoaB male
s'empie tanto fouerchio,
che facilmente poi
fopporta per due,
o t giorni il
digiuno,&perindigeftioneil
fiato continuamente li
putc,co« dice Pierio Valeriano
al fuo luogo . Gl'vccelli morti,&
i pafticci,fi pongono,
comecoft, intorno alle
qu; Vcfercita la crapula . Crapuléu . DOnna mal
veftita,e di color
uerde, fari grafia,
di carnagione roiTa, appoggicràcon la man delira
fopra vno feudo,
dentro del quale farà
dipinta vna tauola
apparecchiata con diuerfe
viuandecon vnmot fella touaglia,che
dieserà felicita*, l'altra
mano la tcrri
fopra vnporc ÌA Crapula
è vn'effetto di
gola^c confitte nella
qualità^e quantità de* bi^ii DI
CES ARE RIPA.
rjf* bi, e fuole
conimunemente regnare in
periòne ignoranti >
&*di grofia pacche non
fanno penfar eofe,che
non tocchino il
fen fo . Veftefi la
crapula di verde,
percioche del continuo
ha fperanzadi mutar varij
cibi,& paflàr di
tempo in tempo
con allegrezza . Lo feudo
nel fopradetto modo èper
dimofrrare il fine
di quei, che
atten dono alla crapula,
cioè il gu&o
> il quale
credono, che porti
feco la feli-, 3tà
di quefto mondo,
come voleua Epicuro. Il
porco da molti
icrittori èpoflo per
la crapula, percioche
ad altro non «tende
ch'a mangiare, e
mentre diuora le
fporcitie nel ùngo
non alza la x(la,ne
mai fi volge
indietro,, ma del
continuo feguita auantiper
troua* miglior cibo, CRVDELTA.
DONNA di
color roflb nel
vifo,enel ve/timcnto,di fpauentofa
guai datura, in cima
del capo habbia
vn rofigniuolo,e con
ambi le mani ifoghi
vn fanciullo nelle
fafee, perche grandifs.
effetto di crudeltà
è recidere, chi non
nuoce altrui; ma
è innocente in
ogni minima forte
di delil >, però
fi dice,chc la
crudeltà1 è infatiabil
appetito di male
nel punir gl'inocenti,rapiri beni
d'altri,ofiendere, e non
difendere ibuoni,e la
giuftitia» li veOimento rofib
dimoftra, che i
fuoi penfieri fono
tutti Sanguigni, Pcr.lo roiìgnuolo
fi viene accennando
la fauola di
Progne, e dì
Filomi*, vero indicio
di crudeltà, onde
dififeTAlciato . Scftid
Calchi fttdet, ve!
te Trogne ìmproba
f m$ rpcfff$ £mi
volucris propri^ proli f
amore fubit. Crudeltà* ^Onna ridente
veftìta di fcrruggiiie,
con vngroflb diamante
in mc2&~À al
petto, che ftia
ridendo in piedi,
con le mani
appoggiate a i
fianchi fri vn'incendio di
cafc,e'occifion di fanciulli
rinuolti nel proprio
sague* La crudeltà è
vna durezza d'animo,che
fa gioire delle
calamiti de gl'al> et però
le fi fa
il diamante, enee
pietra durifsima, e
per la fuadurezz* olto celebrata
da Poeti in
propofito della crudeltà*
delle donne. L'incendio, e
l'occifionc rimirante col
vifo allegro, fono i
maggior le* o Ai
di crudeltà, di
qual fi uoglia
altro, et pur
di quella forte d'h uomini ha luto
poter gloriarli il
mondo a' tempi panati
nella perfona di pia di un
coi jrone,& di
molti Herodi, accioche
non fia forte
alcuna di fceleraggine, e non
fi conferui a
perpetua
mcmorianellecofepubliche,che
fon l'hi-,a rie
fabbricate per efempio
de pofteri. CVPIDITA. O K
N A ignuda,
c'habbia bendati gl'occhi
con l'aliallc fpalle. La
cupidità è vn'appetito
fuor della debita
mifura,ch'infegna la ■|ione, però
gl'occhi bendati fono
fegno, che non
fi ferue del
lume dello 'letto. Lucrctio
lib. 4. de
natura rerum . K[am faciunt
hemmes plerumque cupidine
ffc? it trùiuunt ea,qtt&
non flint t'ibi
commoda vere* 'ali inaurano
velocita, con le
quali enafegue f
ciò che fotto
fpetìe di JN 4
buOiiO rjz Buono, et di
piaceuole le fi
rapprefenta . Si
faignudaperchexon grandifsnna.
facilità fcuoprc I'effer
fuo. GVRI.OSITA. DO N.'N.A. con
vcftimento roffo, et azurro,
fopr'il quale vi
fiano fpat^ feinolt'orecchie, et rane,
hauerà ìcapelli dritti,
con le mani
alte, col capo che
fporga in fuora, et farà
alata. La curiofità è
defiderio sfrenato di. coloro > che
cercano fapcre più di
«juello, che deuono. Grorecchi moftrano,che
il curiofo ha
folo desiderio d'intendere,
&d| faperecofe riferite
da altri. E S.
Bernardo de gradib.
fuperb. volendo di«j
moftrare vn Monaco
curiofo, lo defenue
con queft» fegnicosì
dicendo.il videris Monacu magari^caput
ere&umyaures portare f
fpe:fis,curiofutn cognofeaq Le rane,pcr
hauer gl'occhi groliì,
fon'mdicio di curioi]tà>e per
al tigni ficato fon
prefeda gl'antichi,perciochegì'£gi ti
j, quando voleuano
fignÈ ficare vn'huomo curiofo
rapprefenta uano vna rana,
e Picrio Valeriane dice, che
gl'occhi di rana>Jegati in
pelle di ceruo
infien:e con carne
di re;® «Ruolo, fanno Hiuomo
delto,& iueghaco, dal
che nafee ì'ener
curioio. j Tien aitele mani,con
la tetra infuora,
perche il cunolò
fempre Ila dell* &uiuaceperiapere,eV intendere
da tuteeie bande
le nouità. Il diedi moftrano ancora l'ali
> et ieapeiii
dritti, che fono
1 penfìeri viùa::,
òli colori del veftùnento
figuifìca no defiderro di
fapere . CVS 1
ODIA. tONN.A armata, che
nella deftra mano
tenga vnafpada ignuda,1 ' a
canto haura via d
ràgo ., Perla buv>na cuftodia
due coienecefTariifsime fi
ricercano, vna e il
iicdere t jpcncoii*éia
fiardefto,che non uenghinoalllmproiiuo,raitnt li
dipinge itm\ he cri. ente
co; J. go, come
cene dunoftrai'Ak taci
nelleiue£mbienu dicendo.
fctrab&c -efligies-iqmipta efl-TaUodìs
eius Buie datarie
Incosfai raqv.e tempia
coti tìk draco qui
domina tonintit ante
pedes. Innupus opus
cjì tura affermare
/ Curdiuacomesboc animai tvflod
a rerum Tentigli
laqueos vnditfue tendit
mù Et con l'armature,
che difendalo, e
danno ardire ne'
rioni pericoli» D APPOCAGG1N£. DONNA con
capelli fparlì, vefhtadi
berrettino, che tiri
più al biai co,che
al nero, la
qual uefleiara bracciata,
fha a federe
come ni »i lopra
le ginocchia, col
capo baffo, et a canto ui
fc vna pecora . Dipingeiì la
dappocaggine con capelli
iparfi,pernioftrarc la tardi! e
pigritia neli'òperare, ciie
è difetto cagionato
da ella tnedefin
a_», eAi do l'huomo
dappoco, lento, e
pigro nelle fue
atuoni, e però
come ii| ro a
tutti gli efcrcitii
d'indù ftna,fta con
le mani pofa
te iopra alle
ginoccj La; vciìc rotta
ci rapprefenta la
pouerti,6c. lì diiagioibpraLenenJ coloroychcper dappocaggine
non fi fanno
gouernarc ► Stafli
.*peici.ei'huQfiiQ dappoco nonardifet
ateajjr DI CE SAKE K
IPJ: %0 alzare la
tefla a paragone
de gl'altri huoinini,e di
camminare per la
via éS Ja lode,
ia-quale
confifteneìioperationedeliecofe
difficili. La pecora^ molto
liolida, ne la
pigliare partito in
alcuno auuefìimen* to . Però
dille Dante nel iuo
Inferno .Huomin i fiate
> e non peco re
mattey DERISI ONE. DON NA con la
lingua fuori della
bocca, ueftìta di
pelle d'i ftriee-» con braccia,&
piedi ignudi >cgì
dito indice della
mano delira fteio, tenendo nella
finiftra vn mazzo
di penne di
pauone, appoggiando la
detta mano ibpra vn-afino,
ilquaic ftara co'i
capo alto in
atto di lgrignare, ino ftrandoi
denti. Denfionc/econdc S. Tomaio
in 2-2.qr.xft 75.
è quando rhuomo
prende in fchcrzo il
male ^ et ìì
difetto altrui, per
proprio diletto lodisfacendoiì, «he il
delinquente ne lenta
vergogna . 11 cauar la
lingua fuori della
bocca (perche è
atto dcformc,facendofi alla prefenza
d'alcuno è fegno>che
le ne tiene
poco conto, 6^
però la natu> raltnlcgua a
fare a1 fanciulli
in quello proposto
„ La pelle d
lftrice,elie è (pinola,
moitra che fcnz'armcil
derifore è collie i'iiincejiiqbale punge
chi gli s'auuicina,
6c_ perche il
principale penikro dei
denibre, è notare
J'uriperfettioni altrui ;
però li iaraco'i
dito nel n;odo detto. Le
penne dei pauone
fi dipingono >
per memoria della
fuperbiadi quello animaletti e
flnna fra tutti
gl'altri le fteiiobcllimmo, perche
non e.alicuno;che rida
de j;aii cofìumi
altrui, che quelli
fteiai non riconoica
lontani dd fé mcdefirno. L'Anno nei modo detto
fu adoperato da
gl'antichi in quello
proposito co. e ;ìc
fa teltimonianza ii
Pieno Valenaii >,&: altri. DESIDE.H IO
VERSO IDDIO. CIOVANETTO vefhto
di rollo, et giallo,
i quali colori
n*gnin> J eanodclideno.Saà uia.o,}
er lignificare la
preftezza concui l'anijnlo
infervorato lubitamente volaapenficriceielh>dal petto
gl'elea vna t fiamma,
pere he è
quella fiamma, che
GhrifioJN.S. venne a portar
in terra. .,1 ferra
la tòni (tra
mano a 1 petto,& il
braccio deft ro
di/lelo, il viio
riuoltoalCie)o,&
haueraacanto vn cer^o,
che bcua l'acqua
d'vn rulcello, felli bendo
ìì deitodi Dauid
nel Salmo 41. doue
aflòmigliò ildeiidériodclTa(i amia
fua verfo Iddio,
al deùderio, che
ha vn ceruo
auetato d'auuicinarll 1 qualche
li rapida fontana . jh La
imi lira mano
al petto, &il
braccio deliro diflefo, et il
vifo riuolto tid Ciclo
è per dimoi!
rare,cb e deuono
l'opti e, gl'occhi^il
cuore>& ogni #o» c
ita eiìereinnouiuoiie verfo
Iddio. I DESIDERIO, $df*\ O
N N A
ignuda, che hafebia
ad armacollo rn
velo di rari;
colori, farà alata,& che
mandi fuora dalcuore
vna fiamma ardente . il
deiìdeac è vn'ajtenfo
uokie d'alcuna «ciacche allnueiletto
per bue jiofi r$f na
ù rapprefenti, et però
tale operatione ha
affai dell'imperfetto, e
all'tkt •elietto della materia
prima s'affomiglia, laquale
dice Annotile de/ìderatc
la forma nel
modo, che la femina
defidera il mafehio,
&f con ragione: eifcndo l'appetito
di cofe future, et che
non fi poffeggon©, però
il defiderio lòtto
forma'di donna fi
rapprefenta . Si può anco
dire,che iUefìderioè moto
fpiritale d'animo, che
non pòfa maijfin
che la cofa
a che lo
muoue la inclinatione,
vien conicguita, co!ì
fono diuerfe forte
dijdefidcnj, L'ali notano la
fua velocitarne tn
vn iubito viene,
e fparilcc La fiamma
ci dimoerà il
de de io
efferevn fuoco del
cuore, et àcìls^ mente,chcquafi a
materia fccca s'appiglia,
lòfto che gli
fi prefenta e
>la* dtt habbia apparenza di
bene. DI CES ARE RIPA.
i$S D lVO!ÌONE. DONNA inginocchi
oue con gl'occhi
nuoltial Ciclo, 5c
che conia deftra mano
tenghi vn lume
acceio . Diuotionc è vn
parttcolaratto della volontà,
che rende rhuomo
pi-ontoadurfi
cuttoaijafàma:a.iu a. iJi.
jconaffetti^c^operejcheperò vien
ben inoltrato col
mirie, e con
.e ginocchia in
leixù, et con
gl'occhi nuolrtialCieiò. .
'"' DIALET1CA. DOKNA
giouane, che porti
vn'eimo in capo
con due penne,
l'vnà branca,& 1 altra
iiera,& per cimiero
vna Luna>& convn
flocco nella man drma,che d'ambedue ie
para punga, et tagli,
pigliandoli con la^ mano
in mezzo fra
l'vna,& l'altra punta;,
terra la fmifrra
mano ferrata, facendo vn
pugno di eii:,ftandoin
piedi con prontezza,
Se ardire. LElmo lignifica
vigor d intelletto,
quale neila Diatetica
particolare mente fi richiede. Le
due penne moltrano,che
coli il vero,
come il falfo
don probabili ragioni queita facoltà
difende, e l'Vno,
e l'altro facilmente folleua, come
fa cilraente il vento
folleua lepenne;&le ragioni,efFetti d'intelletto
gagliar do, fono come
le penne mantenute
fu la durezza
de l'elmo, che
fi moriràno dritte,
e beile egualmente
nell'occafione. La Luna
che porta per
cimie rofignifica il rnedefirno,
pereioche ( come
rifenfee Pierio Valeriano
nei lib-44 de fuoi leroglifici)
Clitomaco finiigliaua la
Dialettica alla Luna* perla
varietà delle forme,
che piglia. lì medefimo
dìmoftra lo flocco
da due punteria
fini/tra mano nella
guì fa che dicemmo
dimoftra che quando
Zenone voleua inoltrare
la Diacritica, fu
(olito dipingere la
mano con le
dita riflrette nel
pugno, uolendo, per quello
inoltrare 1 itretti
luoghi,& la breuità
de gli argomenti,
da quafi ella
è iena. DIGNITÀ. O
N N A
ben'ornata,ma c'habbia vn
grandifsimo faflofopra le
fpalle, ilqual falfo
Ila ornato di
molti fregi d'oro,e
di gemmerlhacon la tefta,e
le fpalle aìquanto-curuate.Dal che fi comprende
chiaro quello,che molto più
chiaro vede chi
lo proua, che
gl'honori nò fono
altro che peli, :carichi,e però
fi prende molte
volte quella parola
carichi in lingua
noto in cambio d'honori, et è
felice colui che
fa portarli fenza
guaftariUa eniena,&
fracafiarfi ì'oifa . DILIGE N Z A
. DONNA ueftita di
roflò, che nella
mano deftra tenghi
uno sperone, et nella
finiftra un'horologio.
Diligenza è un
defiderio efficace di
far qualche cofa
per uedern5 il
fine, L'horologio, et le
{prone inoltrano i
due eflètti della
diligenza^l'un de" uaUè il
tempo auanzato, l'altro è
lo ftimolo, dal
quale uengono incitati l'altri a fare il
medefimo,& perche il
tempo e quello,
che mifura la
di lienza, et lo
iperone quello che la
et aafeerc,
fi dipinge detta
figura coxl. cfte due cole.
jDIGNITA. DISCORDIA. ONNA in forma
di furia infernale,
uefhta di vari;
colori, (ari fi, pigliata,
li capelli faranno
di più colori, et vi
faranno mefcolati molti ferpi,hauera
cinta la fronte
d'alcune bende inlànguinate, nella* ftra
mano terrà vn
fucile d'accendere il
fuoco, et vna
pietra focaia,& n 3a
fin.iftra vn fafeio
di fcritture,ibpra le
quali vi fiano
fcritte citationi, e mini, procure,
&cofe cali. Difcordia è vn moto
alteratiuo dell'animo, et de'
fenfi, che nafte
da varie opcrationi de
gl'h uomini > et gl'inducea
nimicitiarlc caufe fono a
J?ttione,fcte
d'hauercdiffimilitudme di nature,
flati, prò feffioni, compi j£onÌ, et nationi
. I varij
colori della uefte fonoi
nari; pareri degli
hi mini, dì' quali
nafee la difcordia, et come
non fi tro.uano
due perfonc I jmedeihnc)
parere in tutte
le cofe, coli ne
anche è luogo
tanto folitaJ # icorche
da pochissima gente
habitato, che in
eflò non li laici uedere
I .^ièordia,però diserò alcuni
Filofofi, ch'ellaera vn
principio di tutti cuCù D eofe naturali,
chiara cola e, che fcira.gl'huomirii.fbffé
vn'intiera cpucojw» é\i, che
gl'elementi kv: u filerò il
meoìefimò tenore, che
faremmo pnu| 'd'£ quan co
ha di buono,edi
belio fi niondo,ela
natura . Ma quellàditcordia, che tende
alia diiìruttionè, e
|non alia conferuatione. dei
beapublicò,i? dee
nputarcofa.rrìoltoabonnneuole.
Però fi dipingono
le; ferpi a
queiU, figura,pereioche fon i
cattiui penfìe-ri,i
quali.partoriti
dàlladifcordìa, fon fempre cinti,
e circondati: dalla
morte de grhuominiye,
dalla diftrutionc delie famigke,pervia dLiàngue,e
di ferite:, &perqueftavmedèfima -ragione gli fi benda 1 a
fronte, però Vi rgiliodifie . -• jimsòdàyè
Siringe alla difcordia
pa%%a Il crin^vipereo[angmno[a benda . Et
rAnofto.dei fucile,pariandò della difcordia
. •
•; Dilli che. tefcaye'lfucilfeco-prenda >,
Enel-campode' \J^HbnperchecQ.me
iregaiidofi iniieme il,fucile,&lavpietra,fanno fuoco, còfi
co àtraftandogi'aniini pertinaci,
accendono Tira.., ' Ile
fcritture nel modo
>che dicemmo^ fignificano
gli animi difcordi
di coloro, e iieimgano ^cheiefieipeifo pertale
effetto * confumano
la. roba, et la
vita ^ Difcordia. • Qimà
vemta^come dì fopra,con.capelli diuarii
colori,conlamanade i"iratenga.vn.mantÌGe>cVcon la
fini/tra vnafàcefiaaccefa.
La varietà de'
colon fignitea la.
diuerfita.de gl'animi, come
s'è.detto, però
i'Ariortòicriiic . JLa conobbe
al vc[ir di
color cento' Icrin
hauea qual d'broye
quand'argento,, Fatto a
lìfte ineguali, e
infinite, E neri, e
bigi bauer pareanolite
(colti I
Chorlacopranoyb&rnoycb'ipafiiye'lvétOy^ltrimtrecciayaltriinnaJìroera racj
Leggiero aprendoych 'èrano [drufcitey
moftrano, ch'ella derma
dalbffio dellemale lingue,
..& dall'irafomentata ne'
petti humani.. Difcordia..
fcOnna con il
capo alto,le labbra Iiuide, fmorte;
gli occhi biechi,
guaiti,&pienidi
lagrime,lemaniin atto di
muouerledi continouo con'ncoltellocacciato nel
petto, con de
gambe, e piedi
fottili,& innolta«, n fóltifsima nebbia, chea
guifa di. rete
la circondi, ò^
cofi la dipmie Lnftide.. Difcordia.(ome è
decritta da Petronio
arbitro Satirico con
Unguenti ver[t. Il^jremuere
'tuba, ' yac[ciffo difcordia crine
• Extulit ad fuperos]lygium caput
yhuius more Con^tusfaj[guis-,cQmMaqylmdm^bant
L Stabant irati [cabra
rubigine dentesTabolmgHafiMensrob[e£adraconibusora
. tsftque inteitoto làcerdtam pectore
vesìemy Sanguineam tremula quatieb'at
lampade dextra. DISPBj j8
DISPERATIONE. DONNA veftita di
berrettino, che tiri
al bianco, nella
finiftra m£ no tenga
vn ramo di
cipreflò, con vn
pugnale dentro del
petto,, oiiero vn coltello,
ftarà in atto
quali di cadere, et in
terra vi farà
vn cobi* palio rotto . Il
color berrettin o
lignifica difpcratione. Il ramo
del cipreffo ne
diraoftra,che si come
il detto albero
tagliata non riforge, o da virgulti,
coli l'kuomo datoti
in preda alla
difperatione, eihngue in fé
ogni feme di
virtù,& di operationi degne, et ìlluftri. Il
Coiiipaffo rotto, ilquale
è per terra,
moftra la ragione
del difperato eilere venuta
menomò hauer più
l'vfo retto, et giufto, et perciò
fi rappresi ta col
coltello nel petto. DISPEGIO DEL MONDO, ri VOMO d'età
virile, armato, con
vn ramo di
palma nella fini
(ì mano, et nella
dcft'ra con vn'afta,
tenendo il capo
riuolto verfo Od© xs? Cielo
farà coronato d'alloro
> e calchi
coi piedi vna
corona d'oracoli^ vn Scetro. IJ
difpregiode'l mondo altro
non è, chehauer
a noia,& ftimar
uilc le ricchézze, et gli
honori di quella
uita mortale, per
conseguirli beni delia tuta
eterna.Ilche fi moftra
nello Scetro, et nella
Corona calpestata. Tien la
te/la volta uerfo
il Cielo,perche tal
diSpregio nalce da
pensieri eftimoli fantine dirizzati
in Dio folo. Si
dipinge armato, perche
non, s'arriua a
tanta perfezione fenza
Ja_* guerra, che fa
con la ragione
il fenfo aiutato
dalle potenze infernali^
da gi'huomini federati lor
miniftri, de* quali
al fine reftando
vittoriofo meritamente li corona
d'alloro, hauendo laSciato
addietro di gran
lunga colorabile per uie-torte
s'affrettano a peruenirealiafelicità,faliamente credendocene ella Ila
pofta in vna
breue> e vana
rapprefentatione di cofe
pia* ccuoli a gufli
loro > onde
lApoftolo ben diife .
?tyn coronabitur nifi
qui legittime certauerìt .
DISPEGIO DELLA VIRTV. if_J
V O M
O vefiito di
color di uerderame,
nella finiftra mano
tien' va ti ardiolo>e Con
la delira li
fa carezze, a
canto vi farà
un porco, ikmale balpefti roSe>&
fiori . Il color del
veftirnento lignifica malignità
deliamente, laqual'è radice liei
dispregio della virtù, et di
amare il vitio
>il che chiaro
fi dimoftra per e
carezze, che fa
all'ardiolo, ilqualeè vccello
colmo d'inganno, et d'infiliti vitij)Come ne
fa te/limonio l'Alciato
ne l'emblemi,da noi
Spello citalo per la diligenza
dell'Autore, et per
l'eSquifitezza delle cole a noftro >roAolìto .
Fu vfanza preLoa
gì Egitti;, quando
voleuanorapprcfentare m mal coftumato
dipingere vn porco,che
calpeftafle le rofe.Al
che fi con orma
la Sucra Scrittura
in molti luoghi,
ponendo le rofe, et altri odori
(ter Ja
Sincerità della vita,&
de' coltami . Però
la SpoSanella Cantica
diJeua,che l'odore del
SpoSo, cioè dell'huomo
uirtuolò,che viue fecondo )io,
era limile all'odore
d'vn campo pienodi
fiori . DISEGNO. ^ I potrà dipingeréil DiSegno
(per elfer padre
della Scultura, Pittura, ) et Architettura^
con tre tefte
vgualij e limili
9 et che
con le marti
tenni di uerfiiftromenti conueneuoli
alle Sopradette arti, et perche
quea pittura per
fc lìeiTa è
chiara, mi pare
Sopra di ella
non farci altra diinaratione.. DIVINITÀ. \ONNA ueftita
di bianco, con
vna fiamma éi
fuoco in cima
il eàir*, po, et
.con
ambi le mani
tenga, due globi
azurri, et da
ciaScuno efea ria fiamma,o
uero, che Sopra
il capo habbia
una fiamma, che
fi diuida in e
fiamme vguali.,, La
candidezza del ueftimento
moflra la purità
dell'eflenza, che è
neltre periòne diuine,oggetto della
Scienza de* iacri
Teologi, et mbiìrato |fi^He tre
fiamme v£uall,per dinotare
l'vgualità delle tre
perSone, o in vna
fiamma *»,« lamina partita
in tre, per
figmficare .anco l'ynità
della natura coniatiti piattone delle
pedone . Il colur bianco
è proprio della
di uinità, perche
Ci fa fenzaeprapofition :di colorijCQme.nclle.cofediuinenon uiècprapoiicioncdi forte
alcuna . Però CrmCio N.S.nel
monte Tabor. trasfigurandoli. apparue
col vefti;to come
di neue . I
due globi di
figura sfericarmo/lrano l'eternità,
che alla diuinitàèj infeparabile., et fi
occupa la mano
dritta, et la
manca con effe,
perche-» ì'h uomo ancora,
per l'opere meritorie
.fatte tali per
i meriti di
Chriflo^ partecipa
dell'eternità celefte . DIVINITA.
Et^acilobaftiUauerdectalaiciaudo
luogo di più
lungo diìcprib al l>e rione più
dotte. DIVIN ATI0NE SECONDO
I GENTILI. DONNA con
vn lituo 'in Ciano,
frumento proprio de
gl'auguri, le
vi:di.uajJ.oibp£aaiIa iella vànj
veceiii, ck ìrnà
iicii-u Cofi . ' tS*,Cofiladipinfe Gio-Battifta
Giraldi, perche Cicerone fa
mcncionc di due maniere di
diuinatione,, vna della
natura, l'altra deirarte .
Al a prima appartengono i
fogni,& lacommotione della
mente, il che
«Vilificanoi vani vccelli
d'ineornoalia tcila^ll'altra fi
riferirono frnterprctatio ni de
gl'Oracoli,degl'auguri;de'
folgon,delk
ftelle,dell'intefion degl'a
nimali,& de prodigii,le
quali cofe accennano la
ftella>& il lituo. La
JDiui iiatione th attribuitaad
Apoiline,perche il Sole
ìllnftra gii ipirui, et fi a
lama preuedere kcofe future con Ja con
tcmplatione degl'incorruttibili, tome
ftimorno i gentili, però
noiChriftiani Cidouexaocoii ogni
diligenfca guardare da quelle
fuperftitionL DOLORE ... .j
VOMO mezzo ignudo
con le mani,&
piedi incatenati,& ci
con. dato da
vn ferpen te,
che neramente gù
morda il iato
manco > fari '
ila mollo malinconofo. O JLe iti
Le mani,& i
piedi incatenati,fono l'intelletto,con cui fi camina>difcoirei do
l'opere,che danno effettore
difcorib,& vengono legati
dall'acerbità dei dolore,non fi
potendo fé non
difficilmente attendere alle
l'olite oj jationi .
]lierpente,che cinge la
perforia in molte
maniere, fignifìca ordinai riamente fempre
male, et il
male, che è
cagione di diftructionc,
è princl pio di
dolore nelle cofe,che
hanno Teflere. Ideile facre lettere
fi prende ancora
alcune volteilferpenteperlo diaj| nolo
infernale con l'autorità
di S. Girolamo,
e di S.
Cipriano, liquali >
dichiarando quelle parole del
Vatemoficr Libera nos
a »w/o.dìcono,che cttoi il
maggior noftro male
> come cagione
di tutte rtmpeffettiòni dell'h'uò?! mointeriore,&efterierev;, ù Dolore
di Zeujì. HVOMQ mefto,pallido,ueftito di
nero, con vn
torchio fpento in no,
che ancora renda
vn poco di
fumo ; gl'indi
ti j del
dolore, fo neceflariamente alcuni
5fegni, che fi
fcoprano nella fronte,
come in v piazza
deiranima,doue effo, coinè
difie vn poeta, difcuopre tutte
* fue mercantie,& fono
Je crcfpe, le
lagrime, la mefhtia,
la pallidezza, altre fimili
cofe,che per tale
effetto fi faranno
nella faccia dellaprefe te
figura . Il veftimento nero
fu fempre fegno
di meftitia,& di
dolore, come que lo,che
fomiglia le tenebre,
che fono priuatione
della luce >
cflendo eff; principio,©* cagione
della noftra allegrezza,come difie
Tobia cieco, raccontando le lue
difgratie al figliuolo* 11
torchio fpento,moftra,che ranima(fecondo alcuni
fUofofiJ non è al
troche fuoco,& ne
continui dalori,& faftidij,ò
s'ammorza, ò non
da tal to lume,chepofla
dilcernerervtile,& il bene
neU'attiofii,c chel'huorij
addolorato è fimile
ad vn torchio
ammorzato di frefco,ilquale non r
£amma,ma folo tanto
caldo, chetarla a
dar il fumo
che puote,i'eruend( della vita
l'addolorato, per nodrire
il dolore ìfteflò, et s'attnbuifce
l'i uentione di quella
figura a Zcufi
antichifsimo dipintore .
DOTTRINA, DONNA veftita d*oro,che
nella finiftra mano
tega vna fiamma
arder te alquanto bafia,
siche vn fanciullo
ignudo accenda vna
candela e detta donna
moftri al fanciullo
vna firada dritta
in mezzo d'vna
grand òfeurità. Il veflimento
d'oro fembra la
purità della dottrina,
in cu;? cerca la
nuda verifl, moftrandofi
infième il prezzo
fuo . ♦La fiamma nella
mano,alquanto bafià,onde vn
fanciullo n'accenda vìi candela,è
il lume del
fapcre,commumcato
all'intelletto più:debole,e me l
capace,inuolto ancora nelle
cofe
fenfibili,&materiali,& accomodando 5 alla
battezza, moftraal fanciullo
la buona via della verità,
rimouendol li dal ' ^ fi
. if} ial precipitìo
dell'errore, che ita
nelle tenebre ofcure
della communi gnoranza del
vulgo> fra Jaquale
è fol beato
colui, che tanto
può uedcre, :iie bafh
per non inciampare
caminando.Et ragioneuolmente la
Do triaa il
a/Tornigli* alla tìammajpcrche
infegnala ftrada all'animala
viuifìca, &C non perde
II Tua luce,in
accendere altro fuoco . Dottrina.* \ Onnad'eti
matura>velUtadipagona»%cliefta afedere
co 1: brace
a,J^-apertc,cojiie volere abbracciare^!
trui^con la deitra
mano ce rra hw
ptro,ia«*nàa-del quale vi
fia vn Sole>
hauerà in grembo
vn libro aperto, jyjii
ueda dal Cielo
fereno cadere gran
quantità di rugiada. L'ec*inatura.moftra,che nem fenza
molto xempo s'apprend
:>no le dote. iil
color pagonazzo fi gnifica
grauità, che e
ornamento della Dot O
z II libro r#4
> lì libro aperto, et le
braccia aperte parimente
denotano eiTere la
dottr} na libeialifsima da
fé fteffa. Lo fcetro
con il Sole
è inditio dei
dominio, che ha
la. dottrina fopra
li Jiorron della notte
dell'ignoranza . Il cadere dal
Cielo gran quantità
di rugiada,. nota fecondo
l'autorii de grEgitij,come racconta
Oro Apolline, la
dottrina, perche, come
elL intenerifcele
piantegiouani,&le
vecchie indura, cosi
iadoctrinagi'ingegnipiegheuoli,
con il proprio
confeniò arricchifcedi te
(Iella > et altri ignoranti di
natura Jaièia. in difparte. DVBBIO, GIOVANETTO senza barba, in
mezzo aiie tenebre
velli to di
cai* giante,in vnamano tenga
vn battone, nel! altra
vna lanterna >
e fti« col pie
fìniftro in fuora,per
legno di camminare
„ Dubbio è vn'aitibigi|ità dell'animo
intorno al Pàpere, et per
confeguct za ancora del
corpo intorno all'operare
» Si dipinge giouahe,
perche l'hwonio inqxiefl'etd,per non
eifer habiti* to ancora
bene nellapura,e lèmplice
venta, ogm cóla
facilmente nuoci in dubbio, et facilmente
da. fede egualinentea
diueriè cole. Per lo
baftone,e la lanterna,
fi notano 1
eiperienza, &. la
ragione r con le
aiuto delle quali dne
colè il dubbio
facilmente>o cammina,
a& ferma. LE tenebre
fono i campi
di difeorfi h
umani rondegli, che
non la ftan in
otio, iempre con
nuouimodi cammina,, e
però £ dipinge
coi pie. lini itro
in fuora „ HVomo
che tenga vn
lupo per 1
orecchie,
perciochegl'àntichi hai
■uano in
prouerbiodire,di tener il
lupo per l'orecchie,
quandon fapeuanoeomefi
rifoluereinquaichecoladuDbio{à,conjeii
leggein fona Idi Dcmifone
nel ^ .atto
delia Comedia diTerentio,detta formio «e
laràgioneè
tantocliiara-,xhenon,iia biiòg
no d'altro commento . .
dubbio* Verno ignudo y
tutto penfolo,. incontratoli
in due, o
vero tre ftra moflri
eflè.r confalo, per
non iàperriloluerequaldi dette
viedefc bà pigliare. Et
quello è dubbio
con fperanza di
bene, come l'altro
con ti j more
di cattiuo fueceiTo,& fi
fa ign udo, per
eflére irrefoluto . WANNOr
HVOMO brutto; iffuor
ueftì mento farà dd
colore della" ruggiti* eh
e teng hi
con 1 e
mani dei li
Topi,© Sorzi, che
dir voglfcm*io -, eh
iìeno vifibiliperquantofialpetta alla
grandezza loro, per
terra in flavi ochain
atto dipafcere, et chedal
Cielo pioua gran
quantità di grandi* la
quale fracafsi, et lininuzzi
vna verdeggiante, et fecondifsima
vite >1 delie fpighe
del grano che
fieno in. vn
bel campo a
canto a detta
figuf Si , i »t uefte
del color della
ruggine per eflere
cotinouamentc daan.oiajCcu.ae
ìabbiamodettoin akri luoghi, Tiene i
Topi, come diceuiuvJ per
dinoftrare che tali
animali fieno il
vero geroglifico del
danno f6c delia-., rouina, et troua/ì
appreilo Cicerone(come refen ice
Pieno Vaienanoiib,
sedicelimo ) che
1 Sorzi giorno^
e notte iempre
rodano, 6c talmente im>rattano
le cole da
loro rofe >
che aon ieruono
più a colà
alcuna, gli fi Ikpinge
acanto l'odia etfendo
detto animale dannolìfsimo
> imperò cho .
h qualunque luogo
fparge i fuoi
efcrementi, iuole abbruciare
ogni co^,ne cola
alcuna più nuoce
alii prati>p aJIi
fennnati > che
quandi m q
uelivannoi'Qcheapaicercanzipiùcheieiilorflerco fari
liquefatto con a falamoia
>& poi fi
fpargerà fopra gl'herbaggi,
tutti fi guaderanno, et i
corromr cranno. . Il
cadere dal cielo
gran copia di
grandine,è taato maùfefto,
il nocumento che
fi riceue da
quella si nel
grano, come nel
vino, Sfai tri frutti
che beli lo
sa quanto fia
grande il danno
chi lo proua,&ia, >articulare la
poucrtà . &UTIQ) 0 r£7$
g^iBBZltsf DEL SIG.
robufto come fi
dipinge Hercolc, con
mufcoV li, et cerbi
eminenti-, fari incoronato
di quercia, nelia
man deftr* Jiautra vna
tanaglialo forbice da
Ianaruo4o}a-I piede deftro
vna pecora,dr* man finiftra
terra fp igne di
grano,rami d'olmo, e
pampani d vua,che
pefj dino,iarà tracciato, e
icalzo,con braccia,& gambe
nude, et punte per fi** pò
alla pianta dtJ
piede parimente mufculoie, et nerbute .
Il Datio fu in
Egitto primieramente impoftoda
Sefoftre prkno*Re degli
Egittij lo-, pra terreni,
a guiia di
taglione continuoper quà-iito-ii
raccoglie da rierodoto
I1D..2. Nei primo hb.
de gli Auerfanj
di Turneboeap. 5.
riabbiamo, che anche li
Romani rifeonero Datio,&' decima de
frumenti de 1
campi. Caligola poi fu
muétorede dmy fordidi
inauditi,& nuoui :
impofe gabei le l'opra
quaHi vogiiacofa da
mangiare che fi
portaua ir*Romà> Dalle
Jiti,&giuditij voleuala qua^rantefima
parte; Da facchini
J'ottaua parte,* ilei guaAigao,
che faceuano ogni
giorno, cofi anco
à^ììt Meretrici la p^
gadVna uolta rdi
cheSuetoruo nella vita
di detto Imperatore
cap.4©. Si ha. da
fìgurare-robuito, perche la
rendita dei datiodigran
polio al principe, 6c^
alle Comm unità,
onde M^rco Tullio
Pro Pompeo diife. fiCiigaLratMeruaieJJii I{eip.Semper
duximus * Si
efprime maggiormente queitarqbuftezzs con
la corona del
rouere,poici e l'etimologia
della robustezza fi derma
dalla voce latina^tìi^ckefign^ Rouere,e
Querèla, come arbore durifsimo,
gagliardo>fort£, 5 durabile,
conuienfi di più
tal corona al Datio,come
che Ila corona
Ciuica^còfi chiamata da
AuloG«ìio,che dar fi
foleua a chi
fa iuato hauefle
qualche: Cittadino,, efléndo
che l'effetto del Datio
è di eonferuareyC
mai: tenere tutti
li Cittadini, et fi co
»ela Quercia era
coniecrata a Gioue,
perche nella filettitela
tennero Gentili fuUero le
Cit tà^cofi. deuafi
dare al DaCio 4
come Quello che
accrc« Ice forza, alli
Principi in tutela
de qualtftanno le
Citta v La tanaglia
da tofarlalanà a
le pecore allude
a quello che
difle TiberfUadeuano ad
imponere nuoui aggratu
alle prò uincic
. BoniTaJìom *JJc tondere
pectts ; noadeglukerey. Cioè
che il buon
Paitore deue co fa
lc\ pecore, ma non. icorticarle: ilche
fi conia col
detto d'AlcamencI figliuolo di
leiecro ?ilquale dimandato,, in
chemodo vn' poteife
coni ieruaire bene iJjRegno,
rifpofe f fé
non farà troppo
conto del guadagncl .Apofjtemma Lacónicod>
Plutarco, nell'altra mano
gli fi mettono
le fpill glie dì
grano,rami d'oli ue> e
pampani d'uua >
perche lopra quelli
tre frutfr : delia
terra, di grai*©yfenaa,olÌo,& vino
> s'impongono principalmente . ki jaDelie.
3&p Nell'altra mano gli
rTiftettono le fpighe
di grano, rami
d'oliue, et pan
f 0; pinid vua, perche
lòpraqueftì tre frutti
della terra, di
grano,faima,oli 1 * tifo fcriuecKe AurelianalmperafcH-econrritui k
gabella del retro >ddia cartacei lino,&della ftoppa*fapemoancoper relationedcl
Boterò >cheii Re della
Ch ina caua
l'anno cento ottantamila
feudi per dati© *dd fate> dalla Cittadi
Cantone., et cento
altri quia feudi
per la decima
dd rifu di vna
terra della jnedefi
ma Città ., Le bracaa,e
gambe
flude,eguJite,pOTche*]uelle
membra fonain virtù delle
mani,& de' piedi
miniftre delle operationi,.& andamenti
humani, &eflecutrici
delli noftn penfieri,
figniticano,che il dati et Toccatone
arreca,con andamejato,e difegno
fenietto, cicale di gioua-re
nò tanto a
sé quanto al
pu bblico>& alli
popoli fuoi, et non per
aieraauantia,& pernierò di
proprio intereife : ne
deuono comportare, shegli luci
vffitiali uadiaoinuentando, come
volgarmere fi dice
nuoui ircigogoh,&
angherie di gabelle
fopracofe vili, fozze
y&poco honefte, some fece
Vefpefiano Imperatore, ilquale
auido del danaio
impofo gabelle per fino
all'orina, diche né
fu nprefodaTito fuo
primo genito 5gliuolo, &C
ancorché il padre
gli nipondeiTe, che
li danari ri feoifl Ìi
cotal datio non.,
puzzauano d'orina, non
retta pero che
l'animo fufrequentifsimoq; con/ìlio infpicer.eturnonazenàrim fé \ex an
circumfeftus ctfet . Sopra
di cheichexza Marciale
contra Chrefta Lei 7.
libro . Sed qua de
foiywis venti perufth
' Ttamnatam modo mentulam
tributi* . Il qua! tributo
quanto fia menteuole
di biafimo, :e vergogna
chiaralente fi comprende^oiche ogni
galant'huomo ad -arbitrio
del procuraire fìleak
poteuaehere acculato,
tè^tnoolpato di letta
giudaica,^ Gretto a moftrare
il preputio, quando
&»ua, replica non hauelìe
noito pagare il
datio > e
però dall'altro canto
lodato mene il
kio fuccenpre tema Cocceio
Imperatore, che leuòsì
uituperofo tributo, perilcheiù attuta ad
honor iuo,per decreto
delSenato Romano .vna
medaglia d'ar snro,con il.iuo
ritratto,e home da
va cantGr& da
i ai uro
.per riuei^o l'ar 'ùì&
ingiù! dati] leuati>& vietati
da Nerua Imperatore
j leggati Dione
nella fua vit .dciempio
di quello ottimo
Imperatore, deuono li
Principi fgrauarèi popoli d'ogni
indebita impofitione^onche aggrauarli
con nuoue, a ipre
gabelle. DEBITO. GIOVANE penfofo,
et metto,
d'habito /tracciato, porteti
la b* retta verde
in tetta, in
ambidi 1 li
piedi ; et nel
collo vn legame
j fer in orma
d'vn cerchio rotondo
grotto, terrà vn
paniere in bocca,| in
mano vna frutta, che
in cima deile
corde habbia palle
di piombo, q Vna
ieprt ttlli piedi
» Quefta figura parte
è raprefcntata da
cofe naturali,parte da
coftumi f j fei.
• i,& parte
da varie pene
antiche, et ignominie
> eoo le
quali fi punii! no
i debitori i w > Si D
P . me? 'Si
dipinge giouane, perche
li giouani per
io più iòno*iiaÌ£Htfati,&iìfc>f* hanno amoiValla
roba, et fé
muno è penioio,
e mefto^qerto coline
che ha da pagare i debiti. E (tracciato,
perche fprecato che
ha la faa
roba, non trouando
più credito, va come
vn pezzente.Porta la
berretta verde in
tetta per lo
cottum*, :hes'vfa hoggidi in
molti paefi, ne
quali a perpetua
infamia i debitori, che
non hanno il
modo di liberarfi
dai debito, fon
forzati a portarla,
cV Deròdiceiid'vn fallito, il
tale è ridotto
ai vérde, u Si
rapprefenta incatenato perii
piedi,& per il
collo, perche anticamen* te erano
cofi affretti da
le leggi Romane,,» le
cui parole fono
quelle riferite da AuloGelliolib.20 cap.pr. ASris
confefsi) rebusq; iure 'iudicatis' trigintadiesiufiìfunto. coli
dichiarato da Fefto . f^£
ruum appellamus etìamferreum
vincutum^quo pedes 7
vel edam cernie es
impe~ liuntur* J t Cioè
chiamali anco nerutf
vn legame di
ferro, col quale
fi tengono impeditili piedi,&
anco il collo,
tlqual neruo di
ferro fecóndo il
tetto iò~ pra citato)non
poteua effere minore
di quindici Lbbre,ma
fi bene maggio reperii debitori,!
quali anco tal
uoitaft puniuano capitalmente,ouerofi Haendeuono fuor
di Trafteuere, come
dice nel medefimo
luogo Aulo Gel*{k> .
Tertijs autem nundinis capite pcenas dabant) aut
Tranfiyberrm peregteve-* iwm ibant
• Et fé
Xi creditori erano
più, ad arbitrio
loro il tagliaua
a peaei il
debitore '. Tfamfi
plures forent quibus
rem ejfet iudicatus
yfecare fi vellent ttquepartiri corpus
addiÈi /ibi bominis
permiferunt : rerba
ipfa legis bxc
fiunU rertijs uundinis partes
fec anta, fi plus
mir.ujue fecuerunt fine fran.de
eHo . Il che però
eflendo troppo atrocità, et inhumanita,,
non lì'ef eguì
mai finail pena >
anzi dice l'iftcfib
Gelilo antico autore,
che non ha
mai ne letto, ne
vd ito d'alcuno debitore
che fia ftato
diuifo in più
para; Irò uafì bene
in Tito Limo
Decade prima lib.pr/che
li debitori lì
dauanoinferui«tio a li creditori,
et che
erano da loro
legati, et flagellati,
fi come fi
iegge di Lucio Papirio,che
tenne legato Publio
giouanettOjC lo fruttò
eilendorli debitore, non
hauendo egli voluto
compiacere a gli.
apetiti illeciti di Piipirio,
per quanto narra
11 lettore .
LTapirius inquit *Publium
adok~ [centem in vinculis
tenuiffe-jplagisq;, -i-q nello, che
la natura fuada
gli altri ammali
ditfenlce . L'altra parte
», he è ibggetta
al genere, cofi
la difinifeono . Il
Decoro è quello,
li q uàb
ècofi conuemente alla
natura, che in
elfo appanfea la
moderazione, e
pmperanza,convna certa maniera
nobile, ci mie,
e libera. Si che il i
ecoro diffufamente lì
dilata in ogni
eofa, che appartiene
a 1 'honefto
gè * i eralmente j.&
particolarmente, in ogni
forte di virtù
; impercioche fft \
mìeiz bellezza dei
corpo con proportionata
compofitione de membri* i
letta,. et muoue gli
occhi,& per quello
delio diletta, perche
fra fé tutte
; I parti con.
vna certa grazia
coriuengono,,&
corriipohdono> cofi il
de»;,,, aro, che ne
la vita riluce
muoue i'approbatione di
coloro co quali
fi vi i le con
ordine,, coftanza, et moderatone
d'ogni detto, et fatto
; dal che raccoglie, che
il decoro fi
oiferua nel parlare, et operare
honeftaraen:,&confìderare
ciò che fi
conuenga feguire, óV* sfuggire,
feguenfi le. bfegiufte>& honefte,come
buone,&
conuenienti,sfuggonfi le ìngiajb
j et disnonefle,
come catti uè,
6c* inconuenienti >
contrarie ai defiio > et a
Thonefto, il qual nafee,
da vna di
quelle parti > G
dal
rifguarr|),5cdiligenteoiìèruanzadel.vero,odal mantenere
la conuerfatiorse i limana, et il
cornmertio dandoli fuo
a ciafeuno ., iecondo la
data fedo? m le
cole contrarie, o
da la grandezza, et fortezza
d'animo eccelfo, et matto
in ogni colà,
che fifa, et fi
dice con ordine, et modo, nel
quale le la modeftia,
la temperanza > et ogni
mitigatone di perturbatone
di ÌJimQ,nelie quali cofe
fi contiene il
decorosa cui forza
e,chenon.fi polsi ìAarare dall'honefto, perche quello, che
è conueniente è nonetto,
&(_ sleUo, che è
honefto è conuemente .
Onde Marco Tullio
difle . Hoc Lo* 'Mcontinetur id
quei dici latine
Decorum pateft y
gr#ce enim ( to'
prepon )
dici' % yhuius vis
eft vt ab
honefto non queat
feparari ; nam
&• quod dee
et honefiitm
iii.&quodhonejlumeHdecet . Piua baffo
foggiunge. Et tu
sia omnia deco^|
runt iniufta contra,
vt turpìafic ìndecora .
Similis. ejì ratio
fortitudmis > quod i4
m viriliteranimoq; magno
jit >jd dìgnum
viro, et decorum
videtur : quod
con id vt turpe
yfìclnde.orìim . Per di
inoltrare quetta grandezza,
fortezza, J iecelia virtù
d'animo, che il
decoro richiede, l'habbiamo
figurato con ; ielle
dileoji'e adodò, auefo
eie gli antichi
prelero la pelle
di kone pe** fimboioi?z SIMBOLO del valore
de la virtù,
&. fortezza d'urfimo,
la quale afTegnar
fw leano. a quelli, che
haueàero oiieruato. il
debito decoro, ÒV.
fi follerò m« tirati
generolì > farti, et magnanimi,
perciocché tutto quello
che fi fa vi
riunente, et con
animo grande, quello
pare degno d'huomo
che ofler il decoro,
per il contrario
pnuo di decoro
è colui che
vi uè effeminatam te, lenza
coitanza, et grandezza
d>aniino . Bacco tenuto
da Orfeo _ fimbolo
del diurno incelietio,in
Ariftoiane porta addotto
la pelle del Io
ne, Hercoie il
più virile,& virtuolo
de gli Argonautici,
va fempre in uoitonelia
pelle del leone,
Aiace primo Capitano
di Greci dopo
Achillei ©refe aoch'egli per
fuo decoro la
pelle dei leone., et dicono,
che in quelli parte
ch'era coperto di
detta pelle, non
poteua elfer ferito,
douc era feo* pertopoteua eifer
ferito, al che
li può dare quello bellifsnno
lignificatevi che Thuomo in quelle
anioni nelle quali
fi porta con
decoro,nó può elle* cocco
da punture di
biafimo,& ignominia,ma ne
le attioni nelle
quali l'eli j za decoro
li porta, patifee-punture dibiafimo, et ignominia,
che per iìnq al
cuore gli penetrano
* come ad
Aiace,il quale fin
chef! portò vinlmenjfct con decoro
5ne le me
unprefe, non yenne
mai a fantire
biaimo alcuno^ aia a
riportar lode grande
; --biaimo grandi fsuno
poi gii fu,
dato, quando buttò giù la pelle
del leone, cioè
la. fortezza de
l'animo dandoli in
predi alla duperatione fenza
decoro. Oì tre
di ciò habbiamo
inuoltoil'decorc .nella
pelle di leone,
perche fi come
quello animale inquanto
al corpo &^
perfetto de gli
altri, coi! in
quanta a l'animo,1 non
ci è ohi
offerui più il
decòro di lui, -perche
è liberale, magnammo,1 amatordi vittoria,
manfueto*giufto, &L amante
di quelli con
quali ccuj tierfa ?
fi come^Iice Arinotele
ne la fiiognonuca
cap 8. et nel
>iib. p, cap; 4^de
gl'animali dice,che nói fofpettoiò,mapiaceuolejfefteuolé,& ad reuole
con fuor compagni, et famigliari. Non s?
come dacreto s'pceulta
non perché tema,
ma per. on mettere timore,
e terrore ad
altri j.Suii. fomma oflèrua il
decoro da. 'rincipe, et Rè
in ogni parte
; £t quelto
fia dettocirca il
decoro dell'opeare; veiighianw
hoia al decoro dei
parlare, li quadrato col
fegno di Mercurio' lignifica la
granita, riabilita,cxf coanza
del parlare conforme
al decoro,& per
ttal conto Mercurio
fu-da Gre 1 cognominato
Tetragonos, cioè quadrato
lodo, ftabile, prudente,, per??
he non
fi c\zaz eflere
imprudente, vano, e
mutabile, nel parlare fuor
de; :rminidel decoro, ne
li deuecon leggerezza
correre a mordere,
e biafiure col
parlare le pedóne
> et dilprezzare
ciò che eflì
fentonoefièndò co 1 4a arrogante,. et dJfoluto
ma fi deue
portare vna certa
ri uerenza a
ciafeu Ojcome a'aminonifce M.
Tullio parlando del
decoro circala moderatioe
de' fattiySc detti .
+Adhibenf.a eft igifur
quidam reuerentiaaduerjus hominesy f optimi euiufq;
reliquorum . JS^tm neglige rey
qftiddefe quifqifentiat non
folum rpgantis eftfedetiam omnina dijfoluti . Dimodoché
deneiì eflere confideito
nel ragionare parlando
honoratamente d'altri; perche
chi parla bene, :
honoratamente d'altri è fegno,
che è perfona
benigna, et honorata,chi
irla male è
fegno, che è
periòna cattiua? maligna,
inuidiofa > &poco
ho* orata, quale è appreifo
HomeroTherfite di lingua
ferpentina, volubile,
Lprontaalchiacchiaraiepeflimamcnte, et dir
mal del ilio
Rè; per il
con•ano VJiffe, e
taciturno, et penfoib
prima che parli,
nel parlarpoiequarato eloquente,
e prudente, conofcendoegli, come
faggio, et accorto, ne
peroiieruar il decoro
d\n huomo iàuio,
la lingua non
deue eiìere più '.'xedeiia mene,
douendofipenfare molto bene, come
fi habbiaarajona e.
Linguam praire animo
non permittendam *
DiiieChilone Lacede|omefe, et molto
ben penfareci Ci
deue perch'i! parlare
èindmo dell aniio
diciatcuno, fiondo, come
parla con decoro, et però
da Greci fu
chia (jatoilpurlae
krìgò?%xsa>iTt% Hominis ebara cler
.Merco del'huomojco
lenferiiLe Pieuo v
ìu^i^ane^e varie lettioni Jib.
9. Cap. 6.
perche fi coeie
beftie (i conolcon^dal,merco di quaì
razza ii ano, coli
leperfone dal dare lì
conoicono di qual
natura, &conditione lìano
. Epi tetto fìlofomorale,
come Greco difleneirEnchindio. Trafige
tibi certum modumy,, ebaraftererr, quem
obferues? tumfolustecum^ tum
alijs conuerfans, operam
da-^ \n colloquia plebei*
deftendas fed,fìquidem fieri potefiy
orationemtranfer ad alid
decoruniyfn m:nas,filentiumage, Cioè
formati vn certo
modo ò charace
da offerùarlo teco
iteifo priuatamente, et in
palefe conuerfando conaitn,proccura di
non incorrerè,m diicorfi
plebei,ma per quanto
fi può nfenfci il
parlare in qualche
cofach'habbia del decoro, altrimenti
Iti : tolto cheto.
Oiìeruerafli dunque il
decoro nel parlare
col ragiona» diicretarnente d'altri,
col non vituperare
alcuno, ma più tofto Iore, et col
non taflnre l'opere
altrui maflìmamente in
cole, che non
fono Ha fua profefiìone,
Attefo che molti
fanno de glVniuerfali
? et in
eiafeuna i7f le una
cofa vogliono interponcre
Ugiuditio loro, 1
quali poi nel
parlare «tanno a conolcere
per ignoranti con
poco lor decoro,
come iiPrincij JMegabizo, che
voile taiiàre alcune
figure in cafa
di Zeuxide, et difeorr re
con gli fcolari
fuoi, dell'arte del
dipingere, a cui
Zeuxide dine que giouani
mentre taceui ti
ammir auano come Principe
ornato di porpoi Jiora
fi ridono di te, che
vuoi ragionare d' vna
profeflìone, che non fi
di più
oiicrueraill principalmente il
decoro nel parlare
fé dando band parole
brutte * et dishonefte, fi
ragionerà di cofe
honefte, et honorate cne
fi cóuiene maifimamente
a'giouani di bello
afpetto,perchealìa belle za loro
del corpo deue
corrilpondere la bellezzadelPanimo, che
fi mani /erta da vn
parlare di cofe
honefte. Vedendo Diogene
fìlofofo vn gioul ne
bcllojcheparlaua
fenzadecoro,diflegli nò ti
vergogni tu dicauar
da vn beila guaina
{l'audio, vn coltello
di piébo? pigliando
la guaina dauorio per
la bellezza del
corpo,&il coltello di pióbo,per
lo parlare di
cofa bru ta,vile,& iafiaia,come
il piombo tra
metalli, veggafi Laertio
nella vita d Diogene,
oue dice .
Videns dècvmmadokfeentemindecorèloquentem ynoner bsfcis
ait jzx eburnea
vagina, plumbeum edttcens
gladium f* L'Amaranto,
eh e n la
iiniftramano porta, è
fiore che d'ogni
tempo fioriice, et mantiene
il f decoro della
bellezza > con
quefto i Greci
in Teffaglia incoronauanoil polcrod'Achille vnico
lor decoro, per
dimostrare, che ficome
quel fi et magnanimo .
Etqueftoèquello > che uolfe
ferire M. i
ullio nel primo
de gli offiti;
Omninofortis animus, #"
magnus abus rebus maxime
cernitHr>quarumvna in rerum
externarum de fpkientia polircujfrfGrfuafiìm fìt nibilbominem
mfiyqu&d Honeflum decorumq
; fìt 9aut
ad^ \rari.-, aut optare;
aut sxpeBeve oporterey
nullique neque homini
neque per turf ioni
animi, nec fortuna
fucctimber.e dal che
fi raccoglie, che
uno, che ila iramente
huomo non appetisce
fé non Thonello
conforme al decoro,
6e r tal conto,
come di grande, et forte
animo non cede
a le perturbationi a li
colpi di fortuna
:. Onde più
abbatto volendo Tullio
ragionare del de ro,
efiorta, che nelle
co fé profperer et ne
gli auuenimenti, che
fuccedofecòdo il noitro
uolere grandemente il
fugga la fuperbia,
e l'arroganza percioche il
portar/i immoderatamente ne le
cofe auuerfe, et ne
le fau«, ioli, è
fegno di leggierezza,.
da la quale
è lontano il
decoro perche il de*
*o contiene in
fé una honeftà,
temperanza, modefha, et ogni
modera» ne di perturbarione
d'animo : moderatione
dico perchel'huomo fi può
jza biaimo perturbare
> ma moderatamente
> che fé
bene la mente fua-# ime alle
uolte in parte
commoua da q ualche
moto>& perturbatione d'ateo >
non per quello
perde il decoro,
conueniente ad huomo
fauio • Sa* fys
non omninaperturbationìbus vacat
ryemmperturbaturmodice fecondo
tifi, in
Laert* Anzi ècofa
propria da huomo
il dolerli, et rallegrarfi,il 1 dolerli, et non
rallegrarli e cofa
da uno (lipito,
ò làlfo . 2{on dolere* itis
efi y non
haminis • dine S.
Agoftino lib. 4. Cap. p.
de Ciuitate Dei,& lio
fecondo nel lib. g
. dell'Epiftole fcriue
a Paterno addolorato
cfella^ ftedefuoi figliuoli >oue
non tiene per
h uomini grandi, et làui/quelli^ fi reputano
d'efler fauij, éV~ grandi col
riputare limili cali
unleggiec no, anzi non
li reputa huomini
cosi dicendo . Qvian
magni fapientesqi
nefcio,homines non funty
hominis efi enim
affici dolore, Jentìreyrefìfiere tamen ìlatia admittere>nonfolatijs non
egere . E dunque
cofa da huomo,dar
luo 1 dolore, et all'allegrezza, ne
ci fia contraria
la durezza di
Socrate, mai moitrò fegno
di triftezza, et d'allegrezza,
ne la feuerità
d'Anale ra, et d'Ariftoflene,che mai
rifero,perche quefti eccederono
il termisi douere,
tanto merita biafirao chi
niente fi duole
ò rallegra, quan-> icllo,che troppo,ogniefrremo è
vitiofocome il continuo
rifo di Derito,&
il continuo pianto
di Heraclito,il decoro
ci mette per
la via di (
so, ÓV" ci
moftra quello che
comporta il douere,l'honefto,& il
conue] te: conueniente
è che nelle
cofe publiche > et priuate
de parenti, pa* J
i> Clamici prendiamo
allegrezza, ò mitezza,
piacere, òdifpiace] :ondo li cali,
che alla giornata
occorrono, et che
ne facciamo dimoine citeriore di
congratulatione, o condoglienza
: ma come
detto 1 **' **» ì xijé
liabbiamo ne li
noftri affetti, et moti
d'animo, dobbiamo rallegrarci Ja moderata
Honeità, et conuemenza
dei decoro, in tal maniera
la uirt dell'animo, fi
vedrà iempre fiorita
d'ogni tempo come
l'Amaranto. Habbiamo-diicorfocirca
il decoro-dcU'operare, et del
parlare, rcfta,c t rateiamo
anco dei decoro
circa l'andare, caminar,&
comparir fiora tra geliti,
che perciò allagainba
deftra_» «abbiamo dato
il grane cotumc et alia
iìniiìra ilièmplice 4òcco,
le beneHercole fi
ride in Ariftofane
t Baecho cheportaua la
mazza, &la pelle
dei Leone, con
li coturni alle gambe,
come coiefproportionate, efiendo
la pelle del
Leone fpogiiai pedona forte,riputa-ndo il
coturno, mollo, et delicata
perfona/peró dii giic Hercole,
che ha da
fare il coturno
con la mazza. Sud
non poteri* fum>arcere
rijumV'idms pellem Leoriis
in e roteo
pofitam, Q^/i rnens ì
quid coturnus, et claua
conueniunt ? Ma
molto bene a
Bacco fi conuiene
il coturno, che
da molle >&
Recato reputar non iì
deue, perche h
coturni erano portati
da Heroi, Cv>m sfìenfce Ifidoro
la cui autorità
più a'baffo diftendereir/BV^uindi èciie
ut li tragici fpettacoli
s'adoperauano -, attefoche neiie
;r«gcdre v'incerLeri* no peribnaggi
grandi, Iìeroi', et Principi per
lai cag oi.edu
Poeti yierr filmato1 degnod'Herpi, 6^ Plutarcho nei
S;mj offe 4. q. 5. rifériice,
d era portato dalli
Pontefici Ebrei. Tritnum enm
arguti boiT*.ntijixM«x. e feflts
diebusmiiratus ingreditur 'hìnnulvpdiem auro
\contzftarnin}utu's>riinicàirt ad
talos pertinentem gejians,
c> cothumos, multa
autem tintinahula depevdttit "Vtfterfua inter
ambulandim Jirep'iiHè edunt, rt et apud nos .
Per limili tufii diquefto habito
gabbandoli Plutarcho fi
come anco Tacitt?
feie ccamei arguiice che
fufic facci dote
di fiacco portatoci: ìHtioì,6^ Pontefici ^uel tempo
con molto Tuo
decoro, Bacco tenute
da Pcen imbolo
di fj rito diuino, Prefidente
ancor enodeile Mufe, et prjmc
Merce, eh babi trionfato portar
potcn-a inficme con
la Maz^a, et pelle
di Leene 1
Pier* cocothurno, et però
in poefie,e {colture
antiche vienecol cothurno
fi% rato. Virgilio nel
fecondo della Georgica,muita Bacco
alle vendema dicendogli, che
tinga feco le
gambe nude nel
mollo, leuatiiì li
coturni. Uuc pater 0
Itr.ae veni, nudataq;
tvujto Tinge nono niècum9
diref t;s aura cothumis . Mei qua!
palio Probo dice
che li coturni
fono certa forte
di calzamerm ti al
cacciatore, perche con
eifi anco le
gambe circondano, et fortifica la
forma de quali
fi vede nelle
ftatue di Bacco,&
di Diana,talc autorità VirgilioA' di
Probo fuo antichifsimo
efpofitore, arreccano non
tanto j inoltrar che il
coturno da Poeti
fi dana a
Bacco l'olito a
portarli fi cori baiTo
più a lungo
tratteremo, quanto per
notitia, che iicoturuo
era 4 to,comevnofliualetto,& borzachino,
che cingeua_» intorno
lag! ba, per fino
la polpa, li
come nell'Egloga lettimaatìerma Virgilio
e iaqualc promettea Diana
Cacciatrice vna Statua
ài pulito marmo
colf turno rofiò » le* 2U
tf? Letti de marmare
tot a
TuniceQftabisfuraseuiti&acQthtiyns. Et
quefte dico perche molti
Autori di pezza
>tengoflO che il
eoturn»' folito porrarfida Hcroi,
Principi > et perfonaggi
grandi ne le
Tragedie fatte altocome koggidile
pianelle 4i, legno
da donna all'vfanza
Romana^Spagniiola, Venetiana, Napolitana,
o d'altra natipne,
mafsjmanaentc dltaiia,come tiene Sarloftefano
fopra ISaifipidc re
ve/liana, iiquale citt quelli
verfi di Virgilio
nel primo dell'Eneide .
^irginibusTyrijsm^seJlgefiarepharetram» Turpurcoq; alte
furas vinche cothurm, Ouc
legger vorrebbe Turpureasq;
Epiteto clic nan fi conuiene
alla ré£ te furas,polpe
di gamba roffe,pcr
belle, percioche in
quefto luogo non £
può pigliare in
quel fentimcnto,chc piglia
Horatio nel lib.
4. Ode prim* Turpureis aks
oloribus : Et
il Poeta dell'Elegia
in morte! di
Mecenate '._ ; gracchia
purpurea candidiora niue .
Perche l'intentipne d'i
Virgilio è di
da;* re l'epitteto purpureo
al coturnQ,enpalJa polpa
della gambale chefiail vero
nell'Egloga fettima dice,
Puniceo coturno . Color
grato a Diana, lì
come a tutte,
le donne,dice 1lTurnebol1b.28.cap. 1 6.
del fuo giornale: vorebbe poi
Carloftefano leggere Mto,
in vece di
Mtè-, immaginandoiV che il
cotnrno fufle alto
da terra, fotto
il piede, ma
il coturno e
alto dal \ piede
per fine alla
polpa della gamba,
però dice Virgilio
.Alte furas vinci We coturno y
sì conferma daTurnebonel
luogo fopra citato,
confiderando, che Diana
eflendo cacciatnce andaua
fuccinta con la
verta alzata fopra il
ginocchio, per lo che hauendo
detto Virgilio, che
Venere haueua raccolta laverìa
fopra li ginocchio,
pensò Enea clie
fufle Diana caccia* itrice, però
le addimando fé
era forella di
Febo . Ideo alto sgerebat
cotburnos, ne.crtiribus nudis
cerneretur: Ecco dunque,
chp 1 coturno era
come vno ftiualetto,
che copriua la
gamba, non ahrimenjìi Uto, et grò
flbjcome tiene lo
Scaligero nella poetica
li|ro primo cap.i
?. tìccndq.che il coturno
era g.rofio di
tal maniera, che
con la iua.àcceflio-» ré d'altezza,
s'vguagliaua la grandezza
de gli Eroi, et Soggiunge
fé tale : flato
ti coturno, in che
modo Virgilio di
quello calza la
cacciatrice» aquale deue elfere
fped iti'fsima . Si talis
fuerìt cothurnus ^quomodo venitriem>eQ calceat
V.irgiìiusy quarti decet
effe expedltifsìmam ì Quali
che Virgilio ìon l'aperte
di qua! fatta
fuffero li coturni,
che a fuo
tempo fi vfauano,
&: selli Teatn>& Cerci,
fpefio fi adopera
sano in rappreièntando gli
atti pu liei di
efquilìte Tragedie, et pure
Virgilio non (blamente
nomina il co. imo,
ma lo deferiue
nelli fudetti tre
luoghi, et chiaramente
lo dà alle acciatnei, di
modo che non
poteua elfere alto
come le pianelle
di l^^n^ i donna,
ma come egli
dice veftiua,& cingeua
la gamba per
fino alia olpa: che
ritirale il coturno
in forma di
ftiualetto pigfiaiene indino P nel*}S
)-°*ì UÒMO LOG
TAL nell'Elegia fuddetta,in morte
di Mecenate attribuita
da alcuni à
Caio F come
nfenfceSUida,manoh è vero
che per quella
cagioni ^icafipothurno
verfatilior, chtftqut(iofiifTct2ntoiì
potrebbe dire Socc -verfatilior y perche
anco il zoccolo
s'accommoda ad ogni
piede dritto," fìniftro, et io poiTano portare
huomini, et dònne . Che
fuilì da donna] focco,
è notifsimo poiché
da gli Autori
fé gli da
epiteto muliebre^," Apuleio dice
dVno che per
parere donna portaua.
vna vefte di
feta, i ca pelli
lunghini foccolo indorato .
Vitellio Imperatore lcalzò
Meflahn togliendoli vn zoccholo,
che feco lo
portaua, et fpeffo
baciaua . Pimi tafla iì
luiTò ddìc fémmine
nel lib. q.
cap: 3 5 .
che portailero le
gioie neil pianelle, et nelli
foccoli, et nel
I1b.37.cap. 1. Super
omniamuliebria forcuti
induebatè margarìtis . Che
lo portailero anco
gli h uomini,
raccoglieil d Seneca narrando
di Ceiare,che porge
il piede iìniftro
à Pcmpeo,Pee;i acciò lo
bacia/le per inoltrare
il zoccolo d'oro
che portaua ornato
i gemme;. Et Suetonio nel cap. 5 2.rifenfce di Caligola>che portaua
hor coturn0,hora il zoccolo^'ifteiTo Autore
nella vita di
Claudio cap. 8-oi /acconta
degli finacchi fatti
a quello Imperatore
perifeherzo da coni tati
giouani impudichi >.fecondo
ii Sabellico, dice,
che mentre dormii il
giorno foleuano mettergli
nelle mani li
zoccoli, accioche in
vn iubi J;ì^ fuegliato li
ftrogolafle la faccia
con quelli :
sì che portandolo
huomini donne tanto dir
il potria y
Socco verfatilior >
ma dicefi Coturno
verfatilk cioè ageuole più
che vn coturno
> s'accomnioda per
ogni verfo più
e" imo ftiualetto, perche
il coturno come
itiualetto ficalzainognig
ba,ii volta >&
fi riuolta,& fi
riueria ageuolmente,comc pianella
da d -jia non
fi potria riuerfare
ne accommodareal piede
dell'huomo, maJcfitj^ sa quello
della donna, perche
veggtamo che gli
huomini non lanno
ca minare con le
pianelle alte da
donna, alle guali
pianelle fi come
non fi può applicare
quella voce» Verfatilior .
Ancorché s'accommodi ad oj
piede finiftro,& deftro,che
ciò feria parlare
improprio, et commuipc^. ad
cgni pianella, ancorché
baiTa, perche quelle
ancora s'accommo n( . *?$ toadogni
piede, meglio che
le alte,& più
agcuolmentefensa pericolo ii cadere
: cofi meno
li potrebbe quella
voce verfaiilior applicare
al co;urno fé
ruffe alto>& groifo,
come la pianella
da Donna* è
vero che vna roltaGiuuenàle nella
Satira fella dice Breuiorq; vide
tur Pirgine'PygmeanulUs adiuiatothurnìs
* Ma non
per quello ne
fegue,che il coturno
tragico fulTe flato
atta/ tome vna pianella
da donna, perche
li poeti erano. tanto
auezzi à j)i[jliar
mifticamente, con^ parlar
figurato il coturno
portato da pedo* ilaggi
grandi, et fuprem'b
per l'altezza et grandezza,
che Giuuenale m [uefto
luogo l'ha preiò
per l'altezza materiale,
intendendo che la». Donna
pare più piccola
d'vna pigmea ., lenza
aiuto di qualche
altez;a_,. Per prouare
che non fune
materialmente il coturno
alto, cone la
pianella, da donna
dounano ballare,. li
tre luoghi di
Virgilio, ggiunta l'autorità di
«Érobo,, che nei
fecondo della Gcorgica
dic^ oMurni funt calciamentorum .genera
Senatóri afta, quìbus
crura etiam* wunwntuY) tuius
calciamenti effigies efl
inftmulacrh Uberi > et 'Diana, ;
It Seraio, che
nel primo ^ell'£neide
afferma, che iono fliuatetti
da accia_» . fithurni funt eqlciamenta venaioria^ .
ilche dichiara j chej
on,f un'ero alti còme
le pianelle da
donna, perche con
filmile altez» a non
fi può correre
lopra colline >
luoghi làlfolì, oX.
fpinofiV Cqrif attoció voglio
che lo prouiamo con
altre autorità* Da
Plinio ìibftS etimo Cap. io.
fi comprende pure
che non Tufferò
alti come le
pia-» He da donna, oue
egli racconta d'hauer
veduto, Athanato Hifìrio' huomo di
cinquanta anni comparire
in Scena per
fare ostentanodella fua
gàgliardia, con' vn
eorfaletto di piombo, et con
li coturni i/cinquecento libre,
brutta viftà haueriàno
fatto li coturni di
coi! gran efo fé
fuflero fiati 'groÌài,/&r alti,come
le pianèlle .-da donna foonamente
affettati, ma perche^
douéuano eflefe' a guifa
di Amale ttdp erto, che h
cinge fino alla
pólpa della gamba,
d'oueuano eilere affetti} et più
ageuoli alia gamba, et •doueuano
comparire con proportioT#, maflima/^en te col
corlàletto', col quale molto
bene veggiamo nel* j»
Statue antiche d'Eroi,
c*l Principi. li coturni à
foggia di ftiuàletto, dì foggia
di pianella alto,
&£_ quadrato in
angoli, come dice
Aleifandro, „j
t41exandro,non le n'è
mai veduto niuno,
nell'altra forte_> veggonil t|
Stauia infinite fcokured'Imperadori, diMufe,di
Diana, et di
Bacri i,del quale
coturno di Bacco,
oltre gii Autori
citati ne fi
mentiono fa :lleio Patercolo
nell'vltimo librò, oue
narra di M.
Antonio, che vo» ia
^a elfere tenuto
vn'akro Bacco, et perciò
pomua tra le
altre colè )Clinenti a
Bacco, li coturni..
Cam autem nouum
effe liberum patrem apJmari
iujfijjjet ycum redimitus
tederà, coronxq; yelatus
aurea >& Tbyrfum? WiSyCothumisq; fuccìntus
9€urrii veliti itber
pater -pefóus cjì
*Ak%andri&, Cornelio. Tacito
àeXl'Vtìdecirad -àé gli
Annali 3 dice di
Meiialina_, P a hìoìi tu
icbJ mogliedi Claudio Imperatore,
che cèlebraua in
cafa la fella
della ven-1 dèmmia,& chea
guifa di Baccante
/col* crine fparfo,
feoffando il tiriò appreffo Siilo
incoronato d'edera, portauai
coturni, et aggiraua
lite* fìa facendogli flrepito
intorno va coro
dìBaccanti. Ipfa crine
fluxo? Tbyrfum quatiensy iuxtaq;
Sylius If edera
vinftus, gerere cothurnot,
iacerc^j eaput fer pente circumy
procaci, eboro . Simili
Baccanti con_, coturni, Veggonlì nelli
marmi antichi di
Roma, quali non
haueriano potu» to làltare, et correre
furiofamehte negli giuochi
baccanali, fé il
coturno fuffe flato alto
come le pianelle
da1 Donna >
nleuato affai, come dicono
alcuni col fuuero,
e eoa altra
materia di legno.
Dicanjnivnpoco quelli tali,
laffanda da parte
le Cacciarne!, &l
le Baccanti,
feilcoturnofoffe flato alto>&
folleuato affai, come
haueriano poto* to combattere
per monti ^campagne,
e>forefte, le Amazoni,
lequà liportananoin gueità gli
feudi, come mèzze Lune, et li
coturni, come racconta
Plutarco nella vita
di Pompeo-, hi
hac pugna yAma^oncs *5\€ontibnt Thermodonti
ftuuio aceubantibùs profeclx
auxilio venijft perbt bentur
"Barbari* > quippe
àpr&lio: ydunu fpotia
Barbarorum tegimt I[oma Teltas'^ma^onkas x
coMmosq; rèperiere . Certo
che con le
flampel: lotto li piedi
non_> polìbno andare
sC combattere, ne
h uomini, ne. «lonne,
le quali ne
i loro giuochi
della cieca, nei
pafsi alquanto di iìciliyc^
nel voler effe
camminare in fretta,
non_. che correre,
fi he iiàno le
pianelle, ancorché baffe
ài futiero :
Onde appanfee che coturno
bilbgna che fòffe
fatto a^' guifa di
fliualetto, èV* borzacch no
fenza alcuno folleuamento
fotto la pianta,
nel piede, &c
fé II doro nel
ip. libro Capitolo
14. dice che
erano fatti a'
guita di piani le,
ha torto in
quello, hi ben
nel reflo ragióne
> che Tv
fallerò i Tn gici
nelli Teatri ',. &f
gli fìéroi, come
elio afferma. (òtburni
fii fuibus
calciabanturTragcediyqui in Tbeatro
difturi erantyet atta
intonanti^', tà tantaturi,, ejìenim
calàamentum in madum
crcpidarum, quo Heroes
vtebanti ""Nel
qua! teflo parla
in tempo paffató,Calciabantur, vtebantur .
Coni che à fuo
tempo non li
haueffe veduti in
Theatri . Vfati dunque
da Ti gici fotto
perfonaggi d'Erroi, ne'
Theatri, è da
crederete Virgi. più uoltcli
vedeffe, et fapeffe
molto meglio de
gli Autori più
mode^ come fuffero fatti,
cV che non
fuffe.ro in altra
foggia che in
quel! «fci lui deferi tta,
a guifa di
fliualetto, 6V borzachino,
onde comma mente appreffo
gli Autori vulgari,
paffa lo fliualetto
fotto nome Coturno, della
cui forma habbiamo
noi fatto diffegnare la
noflra ft| >a del
decoro, contentandoci, quando
ci fìano altri
di contrario par, d'errare
con Probo, Seni
io, o^ con
Virgilio ifleffo,che fopra
fapfej con Autori moderni, che
non hanno veduto
li coturni ne
tempie^ vfauano,corae
viddero Se ruio,
Probo, et Virgilio,ilquale dice
che li tu mi di Diana,
erano d'i roffo
colore, e tal
colore anco è
molto prof ucnaio a
Tragici rappreientameuti, sì
perche in effi
vengono eff . *tr fènguinofi cai!,sì
perche vi s'introducono
Imperatori, Rè, Principi,e_>
pedone fublimi a'qualieonuiene la
porpora, àc pcròil
coturno è ftaco
aiagnato da Poeti
>à perfonaggi grandi,
a come il
focco apertone polla-' jiie,ciuili,& di
minor aualiti. La onde
per venir al
lignificato de la noiftra
figura ; portando
il decoro ne la
gamba dritta,il graue
coturno, denota che fnuomo
pia potente, iobilc,& ricco
per fuo decoro
deue andare con
habito nobile, coauenciole
ad vn par
fuo, portando ntla
finiflra ilfemplice focco»
denota che 'huomo ài
minor forza >
Sedi bafia conditione
deue andare polì
tiuamene, e non
fpacciare del nobile,
&c del Principe
> et ciafcunocirca
l'habi0 deuehauerrifguardo per
oiferuanza dei decoro,
à l'età, &T al
grado, he riene,fuggendo fempre
l'eitrerno tanto di
quelli che sprezzano il cui
o de
la lor perfona yi
quali non lì
curano d'eifer veduti
con habiti vili, 1
brdiymal legati,quanto di
quelli, che fc l'allacciano troppo,
adoperando [articolare
ftudio in pulirli, et farli
vedere ogni dì
con habiti nuo jì,
et trillati .
Catone vticenfe diede
nel primo eitremo,che
non ollèruòpun ) il
decoro da Senator
Romano; poiché fé
n'andaua troppo a
la carlona ìmminando con
gli amici in
publico fcalzato con
vnaiòlà verte, di
fora mal cinta con
vna cordella,-si come
dice M. Antonio
Sabellico^ lib* condo, et Afconio
Pediano,& Plutarco riferifce,che
andaua per lUòro nto
in vna toga
da campagna,©^ in
tal gùifa fenz'aitra
vefta fotto, tenei
ragione in tribunale;
Siila è anco
riprefo3ehe eilendo Imperatore,» : «eiferciti con
poco decoro del
fuo grado fpatfeggia uà
per Napoli con^i Ìimantello,em pianelle. Ne
l'altro eftremo diedero
Caligola Neroae,
i!°Ìtehògabalo Imperatori, liquali
comparivano con habiti
figurati di feij colori
conueneuòli più ad
vna lafciua donna, che
ad'vn
maefteuol|lniperatoré;ne mai gli
due virimi portarono
vn velìimento più
d'vna ' Ita, et Pompeo
Magno ancor elfo
viene da!M. Tullio
ad Attico iib.
a-* iif^.notato
pervano,&lafciuodalecalzette,dalle
fafciebianche,& da
re&cciola dipinta, che cori
poco decoro d'vn
fupremo capitano par )
portar folea, de
la cui velia,
fé ne burla
ne la 16.
Epiftola. Tomptius
ulamMlamfiffamfilentiotiteturffiamL,*.
Publio Clodio parimente
da Ci;onè vien
biaiìmato, perche portaua
le calzette rolfe
ch'a lui non fi
|ìùchiuanOj come Senatore,elfendo quello
colore da giouani,
a' quali che fono
in età più
frèfea, fenz'alcun gradone
lecito portare veftimen-/ èlli, et colori
allegri, et vaghi, ma
però ànch'efsi non
deueno trapafjliérmini della
módeftia, m pulirli,
afiimigliandolì,con ricci,,
n wtufàfà i$fam,'
de te ipjo
ftatuerei Sé quella
vanità d'habiti, vien
ria ir. giouani,m
Capitan i,&
Principi,tanto più anco
faranno riprei ì ibi
;,c*DÒ£tbn-,che cori habito
conforme al decoro
de h.ikcicnsv c«* «onanderann©,afrenendjfi però
da Ja ibrdidezza
di Diogene Cinica et d'iLfaminonda
lordi Filoiofi, che
Tempre poi "tauanovna niede.ima velia, de
quali non fu
più pulito Socrate,
aie lcaizoie n'anduua
inuoltc in vna verta
di tela, o
più coito làcco,dentro
del quale tal
volta dormiua la notte
ne le lì
rade per h
banchi, oiopra qualche
poggi uolo co poco
decoro . Ne {blamente deuefi olierua^e
il decoro,ne" l'andare fuora,circa l'ha bicorni anco
circa il moto,
l'erigendoli con bei
modo del coturno,
cioè de la granita,
abhorreiidoTeftrema
grauitach coloro, che
portano la vita loro
alta, tefa,tirata, tutta
dVn pezzo, che
a pena fi
muouono, et paiono, a
punto ch'habbino la
tetta conficcata in
vn palo, tanto
che lenza decoro
j muouono a rifo
chi li vede,
ne meno prender
fi deuein tutto
il iocco, eie è
il r affo
di pedone balle
vili, da iachè,
àC ffahere, ma fi.
deue porta? vguaìn.ente il
Tocco, 6c_ il
coturno, cioè temperare
la grauita col
patio ordinano dì periòne
pofitiue . HorationelaSatira^. del
primo hbro,con dente latinco,morde
Tigellio Sardo, che
non haueua modo
nel camminare,
horacamminauapian piano, che
pareua fufie vii [Sacerdote di
Giunone, &"
horacamminaua tanto veloce,
che parea fuggi
ile dalinunici| TS^/Z gqjale
bomini fuit illi,fape
velutqui (urrebar, fugiens hoflem
: perfiepevelat qui Junonis
facra ferrei, A le
donne si, che
fi conuiene la
granita ne lrandare,e'l
paflb tardo pef| maggior
lor decoro, et per
quello molta ragione
nano a portare
le piane' lcalte,che ritardano
il palio, ne
laffano caulinare in
fretta, ma i'huonio deue
c«minare virilmente col
palio maggiore de
le donne : M.
Tullio (i come nfenfee
il Petrarca,ne le
opere latine lib.2.trattato 3-cap.^
J^e^i do che Tullia
fua figliuola camminaua
vn poco più
forte che non
fi cohneniua al
decoro d'vna donna,
&per lo contrario
Paone fuo man;oj# lentamente che
non fi conueniua
advn huomo,tafsòambedui cofl vn
medefimo motto, dicendo in
prelenza di Pifone
fuo genero à la frj gliuola,òcofi cammina
da homo, ambula,
vt vir . Volendo
inferin che ella doueua
caminar piano da
femina, 6^ Pifone.
più pretto d"' liuomo . CLrediciòil cqtUfno,&
il ibeeo molto
bene fi conuiene
alla figu del decoro,
come fimbolo del
decovo poetico, poi
che li poeti
non nan no con
altri ftromenti fatta
diihntione da vna
(ortedi poelìa all'altra,
ch« col coturno, Se col focco,
da vna graue
ad'vna men graue
attionerperch il coturno fi
come habbiamo detto
erada Tragici poemi,
ne quali v'in teruengono per
fondamento
pnncipale,Principi,e
perfonaggi tièPleni dico principale,
perche v'interuengono anco
ferui,fchiaui,balie,oc Pedi gogin ;
£t il foicoera
de comici poemi,
ne quali v'interuengonopei ione p,iuatc,&
infime, et perche
in queiti fi
tratta di cofe
balle, dome ihche,& familiari
con Itile parimenti
baffo, pigliali il
focco per fign %
fiato d'vnf ariate
baffo; £t in
quelli perche fi
tratta d'auueninienti o( «e iSs éorfi tri
Heroi, oc Principi
con ftile più
grauc> pigliali il
coturno per lo parlare
fonoro, perfetto, 6^
fublirae,onde chiamafi da
Poeti grande &alto. OVIDIO
(vedasi). Alta meòfeeptro decorai
> altoq; cotburne . Horatio nella
Poetica . Hunc
facci coepere pedem,
grandesq; cothuntU
Intendendo de Comici, et Tragici, et il
Petrarca nel medefimo
(igni fcato li pigli*
per baflì, et fublimi
ingegni, in quel
verfo . tjManria da coturni,
e non da
[occhi . Di modo che
li coturni,& li
locchi applicandoti non
tanto a rhabito,quanto a
la figura del
parlare, vengono ad efiere
doppiamente limbo lo del
decoro poetlco,& vn
compendio d'ogni decoro,
perche li Poe[ti eccellenti
offeruauo il decoro,
ne le poefie
loro, in qual
fi voglia cofa, nel
coftume de le
opere,del parlare, et de
l'habit o,& procurano
di mai partire dal
decoro debito a
ciafeuna perfona,che fé
per errore dal
debito [decoro partono,fono notati i
loro perfonaggi di imp«rfettione,fi come nota AnftotiJenela
Aia Poetica, il
pianto, ÓV*i lamento
d'Vhfie nella $cilla,perche ad'Vlifle,come prudente,e
faggio non conueniua
piange re>&
lamentar/ì vilmente :
£ però dice
Ariftotile. Indecoriatque inconue* ùentis mons
flyfsis eiulatioin uylla.
Vien notato parimente
Homero da VI.
Tuliio>percheattribuifcaa'Deiattioni,che macchiarebbero anco j;li
huomini,come
rin*e)ire)diu*enfioni,inuidie,&
difonefti arTetti,diche le vien
anco biaiimato da
Empedocle,& da Senofane,
ne è marauiglia
* :he Eraclito Filofofo
giudicarle Homero degno
d' efiere fcacciatoda*
featri,& meriteuole, che
gli fuffero dati
de'pugni, et fchiaffi,come
ri èrifee JLaertio. Homerumq;
dicebat dignum qui
ex certaminibus eu'ceretur,co iphisq; cederetur.
Non per altro,che
per lo mancaméto
del decoro,che el reftoè
mirabile più d'ogn'altro
d'intelletto, et d'eloquenza
; Manca milmente nel
decoro a mio
parere Sofocle in
Aiace, oue introduce 'eucro figlio
d'vna fchiaua fratello
naturale d'Aiace a
contendere con lenclao Re
fratello germano^'
Agamennone Imperatore fenza
nfpec ) e timore,rifpódendogli,come fi dice,a tu
per tu,e fé
benfa che Mene 0
partendo al fine
dica,che è brutta
cofa à dir fi,con tendere eoa
vho di »role>che fi
pofia domar per
forza. 1*Abeo,nam turpe auditu
fue rit
VerbiscumeorixarhqUemvicoercere poffis.
Non perquefto fi
sgrauadi tal bruttezza
perle molte ingiurie
riceite già dal
ludetto Teucro,mafsimamente che
gli riipofe co
maggior roganza dicédo,& a
me è cofa
bruttiflima ad vdire
vn'huomo ftolidoUpage te,nam et di
feguito hauefle ardire
di contrariare CQn Rè
fratello deirimperadore,e futfc
tato sfacciato che
gli dicefle fen rifpetto
mille ingiù rie>e tanto
più manca Sofocle
nel decoro quato
e pocodopo replica Teucro
orgogliofamentealf ifteflb Imperadore
uan tandofi d'enernato nobile>rinfacciaad ?
gamennone che ila
nato diPa dre empio, et dimadre
adulterai di più
gli minaccia fenza
conueneaole coilumedi rifpettofo
vaflallo,có poco decoro del'Imperatore,cltc con la fua imperiale
autorità giuftaméte per
l'ingiurie et minacele
lo p teua far
prenderei gaftigare/e ben
Teucro fuflc flato
fupremo,e trto to non
chepriuato luddito, come era.
Hora ficomeil giuditiofo
Poe cerca dare a
li perfonaggi de'iuoi
poemi il coftume
conueniente,con ha uer cura
di nou attribuire
a quelli cola
fuor d el dccoro,co
fi noi con
gii ditiodouerno guardar bene
a quanto ci
fi conuiene fare, acciò
non reniamo biafimati nelle
noftre attioni,come quelli
Poetiche volendo in trodurre
perfonaggi ad eifempio
delle attioni humane,
li rapprefenta no lenza
ildebito coftume con
poco decoro, DOMINIO DI SE
STESSO. '«NilJlpWb . 1 HVOMO i federe
fopra vn leonesche
habbia il freno
in bocca, et regga
con vna mano
detto freno,& con
l'altra punga elfo
Leone con vno (limolo . 11
Leone pretto gl'antichi
Egittij>£u figurato per
l'animo,e per le
fua for,ze,però il
Pierio Valerìano dice
vederli in alcuni
luoghi antichi vn huo
mo figurato nel
modo detto,per moilrare,chela ragione
deue tenere il freno
airanimo,oue tropp o
ardilca, e pungerlo
oue iì moftri
tardo, e fon no
lento. DIFESA CONTRA CIMICI,
MALEFICI, ET VENEFICL ONNA
che porti in
teftavrfornamentocontefto di quelle
pie •—
trepretipfe^'Amatidejdi
Gagatejd'AgataA Diamante, porti
al lollo li coralli,
in mano vna pianta,
che habbia la
cipolla bianca, detta |»cilla,o vero
Squilla>a piede vilìa
vna Donnola, che
tenga in bocca
vn amo di ruta.
DeJ'Amacidepietra fimilearalume Scifillo,dice
Ifidoro ib.15. Cap.io.ehe è
bùono>& relitte cótro
ogni malia di
maghi del Ga '
fidate dice Bartolomeo
Anglieo lib. 16.
cap.4p.che vale cótra
le fantafme cantra Hgffumas
Demmum vexatiónes :
Mt nel lib. 1
2. cap.
pr. dice che l'Aquila 'iM l'Aquila
oltre la pietra
Etite, pone anco
nel Aio nido
l'Agata per etf ftodirlodal venenofò
morfo de'ferpenti. Ma
io ho oppenione,
che eqi * uochi, ponendo il
nome d'Acathe in
luogo di Gagate, impercioche
1 pietra Etite Aqui
lina è anco
da Plinio chiamata
Gagate nel decimo
hi cap.£ . Lapis i^tite
quem aliqm dixereCjagatem.Nòdìtneno l'habbiamo
j (la,perche TAchate>o Agatha,che
dir voglia mo,vale
contra il veleno
i cor effd,& contra
il morfo de
li fcorpioni,come dice
Plinio lib. $7.
ca[ decimo.Deldiamante,iliudeuoln*doroJib. 16. nel cap.oue
tratta de'ci ltaili>dke, che
fcaccia varie paure>& refifte
a l'atti malefiche,
Mttus t& malefici*
artibus obuiat. Del
corallo Bartolomeo Anglicc lib.
16.cap.3j dice Contra
diabolica^ varia monflra
valetiVzle contra v* nj et diabolici
moftri, dell'herba Scilla
Plinio lib.20. cap. p
Tythagom Scillam in limine
quoque tanna fufpenfam
malorum medicamenterum introitun fellere traditrice
che Pitagora riferifee,
che la Scilla
attaccata Coprali porte non
Jaiia entrare alcuna
malia.De la Donnola,
che porta la
rufi in bocca fenuono
tutti li naturali,
che fé ne
prouede perfua diffefa
coi tro il bafaIifco%
&C. ogni velenofo
ferpente DIPESA CONTILA PERICOLI. DONNA. DONNA gìouane,armata, tenga
con k deftra
mano vna fpada
ignià>; àà, \ col
braccio finiftro vna
rotella ih mezzo,
della quale vi
iìa diurno va riccio
fpinoio . Giouane
fi dipinge per
elferc la giouentìi
perlo igore atta a
difenderti ad, ogni incòtro,
l'armature la fpada>dimoÌì:rano ; àttiouinon
lòlodxfenfiue, ma anco
d'offendere altrui bisognando.
GH '. da la
rotella per fegno
di difeia3come narra
Pierio Valeriano lib.quaran uneu"mo,&C il
riccio, gli Egitij lo
metteuono pergicroglifìco della.» ifefa,&dimoftrauanoper elfo
vn'h uomo che
fìaiìcurodairjiifidie,cV..( encoli, et da
tutti i cari
di fortuna, imperòche
quello animale tolto
che ' *nte l'odore
delle fiere che
lo cercono, o
il latrar de
cani fì. raccoglie
tut5 in vn
gruppo tondone ritiratoli
il mufo,& li
piedi da la
parte di dentro guifa,
che fanno le
teftudme, et tutta
la fua fchiena
a modod'vna palla idotta
in vn globo
ri tondo, et per fua
difefaySt faluezza haucndo
drizza z le fpine
delle quali egli
è da ogni
parte ripieno, E
fé neftaficu.ro refendo!! formidabile a
qualunque toccar lo
volefsi . DIGE'STIONE, DONNA
DO NN A
di robufta complefsione,
tenga la mano
dritta Copra vu* Struzzo,fia incoronata
ài puleggio>&: porti
ne la mano
finiftra vnl pianta di
Condrillo : Senza
dubbio le complefàioni
robufte fono più
facili a digerire,che le
delicate, ónde lo
Struzzo per la
fua robuftezza, Sx^ «ilidità
dìgerifce ancait ferro,
ilpuleggio dice Santo
Ifidoro che da gli
Indiani è pia
filmato del pepe,
artefo che rifcalda*
purga, et fadigerire. Il
Condnilo è vna
pianta che ha
il fufto minore
d'vn piede, 8c^
le foglie *he paiono
dentro rofigate intorno,&
ha la radice
fimite a la
faua> quefU vale a
la digeftione, fecondo
lifertfee Plinio, per
autorità di E%oteo. Poeta ncilib. iz. cap. 12.
ouedicé., DorotìmisSthomacoy^ cQnctftìQnibw *tilem,c*rmmbt}Sffiiis gronuntiamt
« ; DILIGEN2A D ONNA di
vm'acc afpctto,tenga nella
manodeftn vn ramo
di Thl ino, ìbpra
ikfuale voli vn'ape;
tìt la man
(inr:h-a tenga vn
tronco e A manamandola
vnito con vn
di Moro celfo,alIi
piedi -Aia va galliche
ruipi?, a diligenza è
detta fecondo alcuni,
a Diligendo, che lignifica
amare» lerche le cofe,
che amiamo ci
fono dilette, che
però poniamo ogni
dili;enza in confeguirle,
proportionata etimologia, ma
non germana, po.ihe
la diligenza è
denuatadala voce Lego.yO
veto Delego > in qvzi
feri® hefignirìcafcegliere,
Marco Varronenel;quinto de
la lingua lati au.
Il medefimo afferma
Marco Tul: io
nel fecondo 1)e
natura Dcoritm *A
delegendo diligentesypucho. li
diligcmi begliono per loro
ilmeglio,sì che la
diligenza è l'induftria,chc poniamo il
eleggere, efciegliere quello
che ci è
più efpediente ne
le rioftre attioru* i
quale diligente induftria
leggefi appreso Stobeo
che èpiù vtile
ch^j, n buono ingegno.
Diligensindafi ria ytilior quam
bonum ingennium» E anco
ìù commendabile, quello
che fi acquifta
con induftria, e
diligenza > che erfortuna,d^acafo, fenza
ftudio, induftria, et diligenza
>laquale va ~ : molto
in ogni cofa
> e nulla
ci è che
per lei non
fi confeguifea, attefo' he
da lei fola
tutte le altre
virtù fi con
tengono ; come
nel fecondo de^. Orante
aflerifee Cicerone. Diligentia
in omnibus rebus
plurimum valete xc. precipue colenda
efl nobis ;
baefemper adbibenday bac
nihil eft>quod non
afteuatur •: quiavnavirtute reliqua
omnes virtutes continentur .La diligente
in*, uftria, o vero
l'induftrioià d iligenza, in
eleggere, fciegliere, e
cappare l migliore vien
figurata da l'Ape
che vola fopra
il Timo, ìlqualet
dì iue forte, fecondo
l'autorità di Plinio,
vno che nafee
ne i colli, bianco li radice
legnofa, l'altro è
poco più negretto
di fior nero:
Plutarco nel rattato delia
tranquillità dell'animo nferifee
che è herba
brufchifsima i£aridifsima,&
nondimeno d&quella prendono
l'Api il mele,
l'applica gli à gli
huomini generofi di
cuore che da
l'auuerfità ne cauano
vtife „ Umines cordati
yficut ssfpibus melprebet
tbymus ^acerrima y et aridifìima
ber'ayita e rebus
aduerfijìimis fiepe numero conueniens
aliquidy &commodum decerunt.
Ma noi l'applichiamo; a
gi'huomini diligenti, che
con, diligenza» \\i
induftria ne i
loro negotij traggono
da cofe aride,
e difficul vofe
quello >;he e più
vtile, et meglio
per loro, come
l'ape induftriofa, et diligente, yhe
dal Thirno bruito, et arido
raccoglie dolce liquore
:del Thimo a p
Api grato, veggafi
in più luoghi
Plinio, e Theofrafto. La diligenza |
ighafi anco per
Paftlduità, et folecitudine
> come da
S.Tommafo in %. .2 ., ueftione 54-art. primo . Efl autem
diligentia idem quod folk
itudoy ideo requitur
in ornai -virtute
yficut etiam folkitudo .
Et perche alcuni
per voler et :re
diligenti.,& foleciti,fono troppo
aifidui,& frettoiofi vogliamo
auuer ceche la diligenza
fouerchia è vitiofa,
perche a gli
hnouainièaecetrioilripofo, et la
refolutione d'animo, hq uà le
rinforza le forze
9 et riuoua
la fianca memoria,
Ouidio nella quarta
EpifioJa » Hac repajratvires yfejjaq; membra
leuat tsfrcùs, et arma
tu tibi funi
imitaada Diana ^ Si
nunquam ceffes tendere
t moilìs erit quai
ripoiò negli
ftudif-,mafsujumGqteè ii£ceiJar(ìo,
poiché la, iWc* mcuEe I o» #>* »cnte
non può 'difcernere
il meglio per
effere confufa, e
perturbata Protogene pittore farnofodi
Rodi,fc non fuife
ftato tanto afìiduo,&
tro^ pò diligente nello
ftudio dd dipingere
> farebbe ftato
in ogni parte
più eccellente, et vguale
ad Apelle,ilquale Tiprendeua
detto Protogene che non
fapeua leuar lamano4i
tauola del dipingere,
onde la troppa
diligen» zaènociua, come
dice Plinio lib.35.
cap. io. ragionando d'Apelle. Dixit enim
omnia, {ibi cum
itilo paria efie
> aut iUi
meliora, [ed yno
Jè prafiarcJt quod manum
die de tabula
nefeiret tollere^ memorabrfi
praicepto ynocere [epe nimiamdiligentiam-. Etperò
non fi deue
effere frettololò nelli
luoi negottj &ftudij, nefideueniunolaflar trafportardaldefiderio di
vedere la fine deilà
intensione fiia, ma -deue
eflere con ti
derato, cauto, et iòllecito
interne, si che la
diligenza deue effere
con maturità nulla,
o porta tra li
tardanza, et la preftezza,da le
quali et forma
vna iodata, et matura
dJi genza . QndebenLfsimo dice
Aulo Gelilo lib.
1 >. cap. 1
1 .^id
rem agen>
damfìmuladbibea.tuvy'& ind.Jìn g
tek.it is, cjr
diligente tardtias .
Quefta iatta diligenza la
ijgu rò Augulto
col granchio, et la
farfalla, hauendq iemprein bocca
quei detto vulgato,
Feftina lente .
Tito Vefpafìano la
figurò coldel.fìnoauuolto intorno a
Pancora, Paolo Terzo,
con vn tarde camaleonte anneffo
col veloce Delfi
no. lì Gran
Duca Coiìmo con
vai Teftudine, o Tartarucache
dir vogliamo, con
vna ve'uiòpra: et noi
co tronco d'Amandola vnito
con vnodi Morocclfo^perche l'Amandolo
è i rrimo^a fiorire
Plinio Floret prima
omnium amigdala menfe
lamia* w > Sì chi
più follecito de
gli alth*& come
fre toiolo, et ftoko
manda fuora i fior
nell'muerno, onde tofto
priuo ne rimane
dall'afòentà dei tempo
> et però bifogna
vnire la folieeita
di ligenza con4& tardanza,de
la q uaie n'è
fiat bolo lì Moro,
percht più tardi
de gl'altri fionfee,
e per quefto
è riputa» il Moro
più fauio degl'altri
arbori . Pliniolib. i6.cap.
2,5 . et difeerne
da gì inutili
grani de la
poluere gli vtili
grani d*1 fuocibo. Aufonio
Poeta i'cnuendoaSimmacho fopra
il ternario nume rollile
come per prouerbio
il Gallo d'Euchione,
volendo fignificai Vn'efatta diligenza,
ìlqual prouerbio leggefi
negli Adagi) Cjdinaceum Bucbionis prouerbio dixitrfui
folet omnia dilìge-ntiffime perquirere
->et inuefiigar ne puluifculo
quidem reli&o idonee
id inuenerittfuod exquifìta
curaconquifìerat* D ELITIOSO VOLENDO dipingere
vn'huomo delitiofo, lo
raprefenterenu £0 a e
narra Pieno Valeriano
nel I1b.36.podo con
grand lisi ma con
ttiodua a ledere,
^ co'i cubito
Ci appoggia ad'vn
cufcino. Adamant éiiìc che
era iegnodi voluttà, et di
iafciuia, hauere il
cuicmo ioc:o ile Jbitodei^maiKj» &^uettu«
pregia cne dille
guaia a ^ue che DI
eESJRERJP& t9* ìkc acconceranno
il guanciale, fotto
il cubito della
mane, intendendo >er quefto
q uelli che lontanati
da vna vini
fortezza^per le mollitie
deì'animo, et del
corpo bru ttamente
s'effeminano * ODETKATTIO.N Bw |1
ONNA di
brumfiìmo afpetto, che
(Uà a;federe, et che
tenghi la bocca aperta,in
capo vn panno
nero in modo
tale,che gli cuoprì,&: accia ombra
à parte del
vifo,if veftimento farà
rotto in più
luoghi, et el colore
della ruggine tutto
contefio di lingue
fimilc aquelle del
ferale, al collo
terrà vna corda
in cambio di
collana > et per
pendente vna treglia, con
la delira mano
tenghi vn coltello
in atto di
ferire, et coil. ifìmftra
vn topo, o
forze che dir
vogliamo, ma che
ila grande,ÓV* ilìbile-i .
Brutta fi dipinge
percioche non Colo
è brutto il
pefilmo vitio della
de* -attiene per effer
egli tempre pronto
a i danni>&^lla rouina
del profililo, ma
molto più bruttifllma
cofa è di
quelli i quali
fi fanno famigliari, i
porgono orecchie, et danno
credenza all'iniqua,&
peruerfa natura de detrattori, i
quali portano il
diauolo nella lingua
come dice S.
Bernar* i|o ne' fua fermoni
. Detraclor diabolum
portai in lìngua . Si rapprefenta
che ftiaà federe
percioche l'otio è
potentifsima caufà fella detrazione
>& fi Cuoi
dire, che chi
ben fiede mal
penfa, la bocca iòerta, et le
lingue limili a
quelle del ferpe
fopra il vefiimento
dimoftrab la prontezza
del mal dicente
indir mal di
ciafeuno, alludendo al /etto
del prò feta,nel Salmo
ijp. che dice
^cueruntlinguamficutferpentes ynenum
afpidumfub labys contm,
Et S. Bernardo
ne ìfuoi Sermoni
narra vie la lingua
dd detrattore è
vna vipera >
che facilmente infetta
con vn-» il|lfiato,&'vna lancia
accutifsima che penetr
con vn foi
colpo. • T^m quid
non vipera efl
lingua detratìoris
Feroci/sima ì piane
nimirum, qua tam
Ut halite? t (Inficiai
flatu vno,nunquid non
lancea E lingua ifl
a profeto acuti/sima,
qua tre* 'Penetratilo vno. Et
a quefto propoli
to benifsimo efplica'quefto concetto
il Sig. Gifmon !
Santi con i
feguenti Sonetti cofi
dicendo. "BOCCA crudel-, che
mentre intenta fnbdi Tua lingua
a danni altrui,
[cocchi jaetta U^je petti
de mortai ditofeo
infetta Chi mai fchiuar
poteo lempietue frodi* Serpente rio
3 che ftbillando
rodi Gli humani corytrifauce
can che'rì fretta Latrando >
ogn 'alma, ancor che
al ciel erette,
tJMordi, efol di
ferir ti pafei,
e godi . ^ion Mofiro
là v'Pl Ts^lo
il corfo ftende 2V£> belua
mai su monti
ajpri Btfei Teco di
par à l'altrui
morte intende s «J>*
' jtnxi è
d'*Auerno ancor più
cruda fei9 Che gl'empi!
folyfolo i preferiti
offende f Tu i
vicini y e lontani^
e giufiiy e rei.
J? B^ET^iA) deh
frena homai lingua
peruerfk Tua l'mgna nel
ferir cotanto audace Ch'ogrìv» che
fedele ferfìda>e mendace T'ejìimayedi mortai
velen4afpèr fa $ 'iAwr% non t'arreftar;md
cruda ver fa Il
rio liquor >
che prima te
disface / Che ri
pena del fallir
tua propria pace (
Volle) conturbi rf
danni tuoi corner
fa, Co fi grauida
ilfen l'immohil terra Di
focofi vapor, da loro
oppreffa'j Si fcuote y.e
prima afe muou'afpra
guerra l Taf ne
l'Fgeo crucciofa l'onda,
efpeffa Quafbor tv fata
a* venti Eoi
differra ' (jhfiogli in
affrontar, rompe fé
sìejfa . * XI
panno nero fopra
il capo, che
fa ombra a
parte della faccia,
figni/k la proprietà del
detrattore, cheèdir male
occultamente, et pero
be. «Urie S.Tommafo z.i.quef.yj.art.^ Altro
non è la
detrattione che vna |
eulta maldicenza corjftro
la famaj& reputatone
altrui, com'anco l'tffA to
di efla è
d'offufeare", opprimere, et occultare
l'honorate attioni altr^ ©
col dir male
> o col
tacere l'opere buone .
Terentio nel Phormione
jjl joj^S^ena ^.J^hil cH
^nftpho. Qui
male narrando pofìit
deprauari at Tu id
quod boni eft
excerpis, dicis qvedmalieB. Il veirimento
rotto in pia
luoghi, et del colore
della ruggine ne^ inoltra
che la detrattione
regna in huomini
baffi, et vili,
tra quali vi no
di quegli che
il più delle
uoite più tolto
dalla gentilezza, et corti di
qualche Signore, che
dalla buona fortuna,
o altri mezzi
virtù,afccndono.a qualche grado,
del che mfuperbi
ti, per non
degenerar 1} to da
la loro mala
creanza, et federati
coturni fono limili
alla rugg Jaquale fi
comeeìla rode>& con
fuma il ferro,o
altri metalli, con*
k fur teica natura
di queftì tali
con la detrattione
confumano li-buona elfi none, et fama
altrui • La
collana di corda
con il pendente
della (tre che tieneal
collo potiamo dire,
che fi come
gli antichi faccuonodil tione da
perfona, aperfona (come
narra Pierio Valeriana
lib. tre Sòrzè
che dir vogIiamo,ene
tiene con la
fmiitra roano, Plau; 1
«P-Atto pr.Sccna prima
anpmjglia i detrattori
a' detto animale,
pertoche fi come
egli* cerca tèmpre
di rodere l'altrui
cibo,& altre cole, coti 1
detrattore
rode^iftruggei^^onfumarhonoreji&^uanto^i buono,
5fi ii bello ncU'humano
genere fé ritruoua . Qiiaft mure*
femper edimus alienum
cibuffu Vhtres prdlatg junt
quum rushomines cmt Simul prolata funtnpjiris
dentibuu BIS PREZZO, E?
DISTRVZZIONE 8ei:Tiacerit&
cattiui affetti* che
tiii in atto di
combattere con vn
ierpente, et a
canto vi fiaivna
Oca f'na> ai piedi
della quale vi
fieno diuerfeferpe che fhj
no inatto di
coni attere con detta
Ocogna,macae fi veda
da ella reftino
offele comi becco,©^ con
li piedi, Si dipìnge
armato>& còri il
ferpèritc,
pcrciochcckièdifprezzatorc,^
diftruttoredcipiaCeri,cVcattiuiatìfctti,cortuicne e
ìeiia d'animo forte»* virtuofo .
Gli fi dipinge
la Cicógna, come d)cc n. mo,eflendoch'clix.
Continuamcritfcfa guerra cori i fcrpi,i
quali animali fono
talmente terrò I ni,
che Tempre vanno
col corpo $c¥
tti ra,& 'tèmpre fhnno'a
quella cori j giunti,
o vero Ci
ascondono nelle più
lecrete fi; eh
neh e di.euelk
; or.dt perl'immagine di
qucfio-vccclo che di uon
ìférpi, fi uk
ftral animo li «jualc
dii'prezza le delitie
del mondo, Oc
che da fé
rimurLe, et a
fimo te ] glie
via i defidenj sfrenati,
ò^_ gli afici^i
tcrtcin (ìgnifccati.peruvenc i Hofi
ferpi . DISTINTIONE DELBEKE, ET
DEL MALE. DONNA J.
19S DONNA d età
virile, vefttta con
habito grauc, con
la dcftra nuna terra
ya criueilo, et con
la uaiftra va
raitrello da villa . 01
i^ppreienta d'eri vi
nle,$c velica eoa
habi to graue, perciochè
detta :ta è.piùsa^aee, eretta
da la ragione
a ^ a giouentù,
5c la vecchiezza,
per etfere; 4^1^$Jffi&i$&&Jkir itati concupiicenze, et paflioni,&
nell'altra le dcliratione
deirinteilec» ;o. At^o ftromèntoè
ilcrnjciro>perdimofti!are
la di ftmtione
del bene, k del
male, dei quale
fé ne ferue per
tal {imbolo Claudio
Paradino con-» m motto ;
Ecquis difeernit vtrumq;
? Chi è
quello che dilli
ngue, diuide» ) refega
l'vno,& l'altro ?.
Cioè il bene
dal. male t
come il cnuello,
che drude lì buon
grano dal cactiuo
loglio, e da
l'vtile ueccia, ilche
nò fanno le niqueperiòae,che lenza
adoperare ìlcriuellode la
ragione ogni cofe nfieme
radunano, et peròPicrio
prefe il Cnuello
per Gierogliiìco dej» .'Iiuoiiio di
perfetta fapienza, perche
vn flolto non
è atto a
fapere difeerlere il beae dal
male, ae fa
ìuueffrgare li fecrèti
della natura, onde
era juefto prouerbio apprettò
Galeno Stulti aderibunt.
Li facerdoti EgitiJ )er
apprendere con fagace
eoa lettura li
vaticiaii, foleuono pigliare
val# :nuelloia mano, fopra
che veggiaiì gli
adagij ia quel
detto prefò da
Gre:i no(rx.ty(tftllxy9ue Cribro
divinare . Il raftrcllo
che tiene da
l'altra mano, ùia iiiede.ixiia
proprietà, perche di
tal hromento feruefì
l'agricoltore >er purgare 1
campi da i'nerbe
nociue,& radere vii
le feluche, ocftoppie U prati,
impercioche d raftro, et raftrello
è detto a
radendo,comedice Garrone
lib. 4. De
lingua latina, co
fcHucus homo abradit,
quoabrafu rateili Vitti. J\ajlriqmbus
dentali-bus penitus eradunt
terram, a quo et
rutabridiclu ìt nel
pruno ltb.de re
rufhca,cap.49. dice Tura
de prctis ftipulam
rajìelli em %qtque addere f artifìcio
amulum . Hora fi
come l'agricoltore con
il rafteloièpara dal
campo Inerbacele catti
uè, &^ raduna
con l'i ft
elfo il fieno mono
al mucchio, et al
tre vtiii raccòlte,
coli fhuomo.deuediftinguere
•olraftello de l'intelletto
-il bene dal
male, et con
i'ifteiìò radunare a ie_*
i bene,
altramente fc io
ciò rara pigro, et incauto
ie ne dolerà,
però tea* ;lu a
mente il r, cordo
di Virgilio nei
primo della Georgica. Qupd nifi, et aRidais
berbam infefìabcre taftris .
Et foniti* trrebis
aues : e£"
rurls opaci Falce p^emes
ymbras : votisrj;
tocaneris imhrem : Bea
"magnum dfòrrarfrKftva fpiclrfyiraceriiHm. Sedi ami on pregherai
Dio per Li
pioggia, con tuo
dolore, vedrai il
mucchio de ifeiiona raccolta
di queli'altro/che è
/fato diligente, ck.giuditiofo
In far>,ck mitigherai
la fame con
le ghiande,, il'che
noi potremo applicare^(oralmente a
i'huomo,ilquaie fé non
iwìichctà da le
le male piante
de Lttiui affetti, et defiderij,&coì .raftreìlo
del giudicio non
japrà ducerre il
bene dd ma'.e> et ie
non i.cacue.à da
le gon brauate
gi'yeceìla'c y $pé / tft
buffoni, parafati, adulatori, et altri
cattiui huomini, et can
la falci de l'opcrationi
non opprimerà l'ombra
dcrotio,&fe non decorerà
al Dioconleorationi, con dolor
fuo vedrà il buon profitto
d'altri, cioè refterà
fozz0»ftoraachcuolc, igi
tante,vilc,&abietto,comevri
porco. ° DISEGNO. N Giouane
d'afpetto nobilifsimo, veftito
dVn vago, et ricco
dr pò, che con
la delira mano
tenghi vn compaHò,
cV" con la
fini t tao fpecchio .
Difegnofjpluódirecheefiofiavnanotitiaproportìonale di
tutte ^ cofe vifibili, et terminate
in grandezza con la potenza
di porla invìi Si
fi giouane d'aipetto
nobile > perche
è il neruo
di tutte le
cofe fatti! i et piaceuoli
per via di
bellezza, percioche tutte
le ce fé
fatte dall'artr dicono più
>& meno bel le,
fecondo che hanno
più, et meno
difegno! JahdKcz^ade^a
farina hunaana nella
giouentù fiorifccprincipr.kr.e-'
i Jf7 |Si può
ancora fare d'età
virile, come età
perfetta, (quanto al
difcorfo,che inon precipita le
cofe,come lagiouentù,& non
le tiene come
la vecchiezza ìnrefolute . Potrebbe!!
anco far vecchio
>& canuto come
padre della l>ittura,Scoltura,& Architettura,
com'aneo perche non fi acquifta
giammai il difegno perfettamente
fino ali'vltimo dell'età, et perche
è l'honoIre di
tutti gli artifici
manuali, e l'honore
alla uecchiezza più
che all'aiire età
di ragione pare
che conuenga :
Si fa il
dilegno veftito^perche poetili fono
che lo vedano
ignudo, cioè che
iàppiano intieramente le
fue ragioni, le
non quanto linfegna
l'efperienza, laquale è come
jvn drappo ventilato da
i venti, perche
lècondo diuerfe operationi, et diuerfi
cofluIBM di tempi,e
luochi fi muoue .
Il compaflò dimoftra
che il difegno
con*E irte nelle
mifure,le quali fono
al'hora lodeuoli, quando
fra loro lòno
prò >ortionali fecondo le
ragioni del doppio,
metà, terzo, e
quarto, che fo~ io
cómenfurabiM d'vno, due,
tre, et quattro,nel
quale numero fi
riftrin» . *ono tutte
le proportioni,come fi
dimoftra nell'Aritmetica, et nella-» kfufica, et per
conseguenza tutto il
difegno, onde confitte
neceflaria» | nente in
diuerfe linee di
diuerfa grandezza, o
lontananza . Lofpecchio
igmfica come il
difegno appartiene a
quell'organo interiore dell'anima, juaìe fantafia
fi dice,quafi luocodell'Ìmmagim,percioche nell'immagina uua fi
ferbono tutte le
forme delle cofe,&
fecondo la fua apprenfione
fi dicono beile, et non
belle come hi
dimoitrato il Sig.
Fuluio Mariotelli ;n alcuni
fuoi difeorfi >
onde quello che
vuole perfettamente poifederc il
difègnò,è necefiario ch'habbia
l'immaginatiua perfetta, non
maculata, non dJftinta >
non ofeurata, ma
netta, chiara,& capace
rettamente di tut:e
le cofe fecondo
la fua natura,
onde perche lignifica
huomo bene organizzato in quella
parte, dalla quale
pende ancora l'opera
dell'intelletto, ?erò
ragtoneuolmente a gli
huomini che pofsiedono
il difegno fi
fuol e hr molta lode, et lifieffa
lode con ueneuol
mente fi cerca
per quefta_» aa, come
ancora perche la
natura ha poche
colè perfette, pochi
foie quelli che-arriuano a
toccardil fegnoin quefta
amplilsima profef;jione, che
p:rò forfi nella
noftra lingua yien
efprefla con quella
voileDifegno . Moke più
cofe fi potrebbo.no
dire, ma per
tenerla folita brevità quello badi, et chi
vorrà vederne più,
potrà leggere il
libro intito||atoi'Eftafi del
Sig, Fuluio Manotelli,
che farà di
giorno in giorno
alle bffipe,cpera veramente di
grandifsima con/ìderatione .
DOMINIO. VO M O con nobi!e,&
ricco vefiimento, hauerà
cìnto il capo
da Vn ferpe5 cXJCon
la finiftra mano
tenghi vno Scetro,
in cima del ualevi
fia vn'occhio, et il
braccio, cV il
dito jndice della
delira mano
•liftefojcomefogliono farquelli che
hanno dominio, et comandano. Gli
fi cinge il
capo a guilà
di corona con
il ferpe, percioche
( come -narPierio Valeriane
nel lib. 15.
) è fegno notabile di
dominio > dicendo n vii
a fìniiie diinoftratione fu
predetto l'Imperio a
Seuero, u come
af:rma'Spartiaì3o,acui'Ciicndoxgli
in vìi albergo,
einfe il capo
-vn ie:pe, &C
effendo fuegliati, et gridando
tutti i fuoi
familiari, et amici
chef* •co erano, egii
fenza hauergli fatta
offefa alcuna fé
ne partì .-anzi
più; che dormendo Maffiminp
il giouane, ilqual
fu dal padre
dichiarato interne feco Imperatore,
vn ferpe gli
fi riuolfe intorno
al capo, dando
fe« gno della fua
futura dignità . Laveremo
qui di riportare
gl'altri antf] effempij, che
nell'ifteup luogo Pierio
racconta, et in
vece di quellij produrremo vno
di piùfrefca hiftoria
efpofto dal Petrarca
neleo] ìatione del lib.
^.trattatod.de Portenti cap.i^.
oue narra che
Azoi feonte giouane vittoriofo,
per comandamento del
padre pafsò colli iercitol'A pennino, et hauendo ottenuta vna vittoria
pretto Altopafìl con vguale
ardire, et fortuna,fi
riuoltó contra i
Bolognefin;In tal fpj tione,
effendo fcefo da
cauallo per ripofarfi,
leuatofì la celata
che vie] fé la
pofe in terra>
vi entrò vna
vipera fenza che
niuno fen'accorgeffl quali
DICE SAR
E R IP
A: r*f fluale, méttendoli
Azone di nuouo
in tefta la
celata, con horribilc, et fuoiofo
ftrepito fé ne
calò giù per
le guancie de
l'intrepido, et valorofo Capi tano,fenza alcuna fua
lenone : ne
volfe però che
fufie da niuno
fe*uita: mainducendo ciò
a buono augurio
vsò per fua
imprefa militare a vipera:
Augurio non tantoper
le due vittorie
che all'hor nportò,quan:o
per lo Dominio
che dipoi ottenne
del Ducato di
Milano, ÓV" tutto :iò
afferma il Petrarca
d'ha uere vdito dire
in Bologna mentre
viflauaa 0 fludioiquello foggiungo
perche altri autori
vanno con finte
ehimee arrecando varia
cagione, per laquale
i Vifconti portino
per imprela-» a bifcia,-Che
aniunopiù crederli deueche
al Petrarca, che
per relatiole pochi
anni dopo il
càfo feguito nel'ifleflò
luogo oue fegnì
lo feppej 2uod cum
Bononi&addefcens in Jìudijs yerfaremaudiebamydiceil Petrarca, k
più a baffo,Hinc precipue yquodipfe prò
fìgno bellico vipera
vteretur. .1 giouanetto poiché
efee di bocca
del ièrpe, non
è altro che
figura lei giou inetto
Azone, che fcampò
da la bocca
de la Vipera,
che non lo morde
; ma torniamo
alia noftra figura .
Lo Scetro con
l'occhio in cima li
elio, che tiene
con la fini/Ira,
6V il geiìo
del braccio, et delira
mano» : fenz'altra dichiaratione
legno di Dominio,come
fi vede per
molti Autori, et in
particulare Pitagora che
fotto mi ftiche figure
raprefenta la-, uà filofofia,
efprefi'e Ofiri Rè, et
Signore
con vn'occhio, et vno
Scetro» tornato da alcuni
molt'occhio,come narra Plutarco
de Ifide,& Ofiride» \egem enim, che
tenghi, V con
la finiflra mano
vn compafib, et con
la delira vna
bacchetta, et [canto vi
fia vn timone
. | Perche alla
felicità del comunviuere
politico fi richiede
l'vnione di ìolte famiglie,che
fotto le medefime
leggiyiuino,& per quelle
fi gouer ino, et per
mantenerli ciafeuna famiglia
con ordine conueniente,
ha bi pgno di
leggi particolari, et piti
riftrette dell' vniuerfali, però
quello nuato ordine di
gouernare la famiglia
fi dimanda da
i noftri con
paro1 venuta dai
Greci Economia, &hauendooguicofa, ò
famiglia comma eméte in
fé tre rifpettipcr
efiere ella pertinètealla
vita, come fuomemro,di
padrone, et di
ferui,di padre,& di
figliuoli,di marito,& di
moglie, :rcm quella figurali
dipingerà con la
bacchettarne lignifica l'imperio* ìe
ha il padrone
fopra i fuoi
ferui, et il
timone dimoflra la
cura, et il reg
mento, che deue
tenere il padre
de i figliuoli,
perche nel mare
delle de pie giouenili
eglino non torcano
il corfo delle
virtù, nelle quali
fi dcuo 3 alleuare
con ogni vigilanza,
e iludio . La ghirlanda
dell'olmo dimofira, che
il buono Economo
deue necefriamente mantenetela
pace in cafa
fua . Q-4 3«* Il comparto
Infcgna quanto ciafcuno
debba mifurare le
fue forze,& tondo quelle
gouernarfi tanto nello
fpendere> come nell'altre
cofe, Biantenitnento della fua
famiglia > et perpetuità
di quella, per
mczo deN la mifurà,che
perciò fi dipinge
matrona, quali che
a quella età
comi ga il gouernO
della cafa, per
l'efpenenza, che ha
delle cofe del moit
ciò fi
può vedere nel
feguéte Epigramma fatto
da vn belliftimo
ingc | Illa domusfelix,
cert. s quamfrenat
babenis Trodìga non #ris
mater > &•
ipfa vigil Que caueat
nati fcopults ne
forte iuuentus *s4Uidat fauis
y nec fuperetur
aquis, Vtbene concordesy cunfti
fua iuffa capejfant Vnaq; fit
varia gente coati
a domus Si caput
auellas migranit corpore
vita> Sic fine maire
proba quanta mina
domus. fc Vi ELEMOSINA. DONNA di
bello afpetto, con
habito lungo, et graue,
con la fac* eia
coperta dVn velo,
perche quello che
fa elemofina, deue
veàer à chi
la fa,e quello
che la nceue
non deue fpiar
da chi vengalo
donde, Habbia ambe le
mani nafeofte lotto
alle velie, porgendo
cosi danari à iue
fanciulli, che filano
afpettando dalle bande. Haueraincapo
vna_» lucerna accefa circondata
da vna ghirlanda
di oliua, con
le fue foglio, le
flutti. Elemofina è opera
caritatiua, con la
quale l'huomo foccorre
al pouero in alloggiarlo,
cibarlo, veflirlo, vifitarlo,
redimerlo, et feppellirlo . Le mani
fra 1 panni
nafeofe lignificano quel
che dice S.
Matteo eap. 6. 'Hefciat
finifira tua quid
fac iat dextera,& quell'altro
precetto, che dice
: Vtfit Elemofina tua.
in abfcmdito, et pater
tuus, qui videt
in ab fionditi
reddat ubi . La lucerna
accefa dimoflra,che come
da vn lume
s'accede l'altro, fenza
diminutione di luce,cosi
nell'efercitio dell'elemofina Iddio
non paté, che alcuno
refti con le
fue facoltà diminuite,
anzi che gli
promette, e do na
realmente centuplicato guadagno . Oliua per
corona del capo,
dimoftra quella mifericordia,
che muoue l'huomo a
far elemofina, quando
vede, che un
pouero n'habbia bifogno, però
diflfe Dauid nel
Salmo 5 1 . Oliua
fruttifera eil in
domo Domini . Et
Hefi chio
Gierofolimitano,interpretando
nel Leuitico :
Sufcrfufum oleum) dice lignificare Elemofina», . ELEMENTI. EVOCO. DONNA
che con ambe
le mani tenga
vn bel vafo
pieno di foco,da vna
parte vi farà
vna falamandrain mezo
d'vn fuoco,e dall'altra
vna fenice parimente in vna fiamma,
fopra la quale
fia vn rifplendente
Sole, ©uero in cambio
della fenice il
pirale, che èanimale
con le penne,il
quale (come fcriue Plinio,&
riferirceli Thomai nella
fua idea del
Giardino del mondo ài
cap. 5 i.)viue
tanto, quanto Ha
nel fuoco>& fpengendolì
quello, vola poco lontano, et fubito
fi muore . Della falamandra
Plinio nel lib.
io. cap. 67.
dice, che è
animale limile Sila lucertola,pieno di
fìtlìc, il quale
non vien mai,fe
non à tempo
di Iub ghe pioggie, et per
fereno manca . Quello animale
è tanto freddo,
cheipegne il fuoco
tocco non altrimenti,
che farebbe il
ghiaccio, et dicefi
anco, che quell'animale
ila, et viue nel
fuoco, et più
tollo l'eftingue, che da quello
riceu.a nocumento alcuno, come
dicono Ariftotile, et altri
fcrittori delle cofe
naturali . ARIA. DONNA con i
capelli folleuati,& fparfi
al vento, che
fedendo fopra le nuuole,
tenga in mano
vn bel pauone,
come'an male conlecrato
à Giunone Dea
deirana,& fi vedranno
volare per Tana
varij vccelli,&aipiedi di
detta figura vi
farà vn camaleonte,
come animale, che non
mangia cofa alcuna,
ne beue :
ma folo d'aria
fi pafee,, et viue
. Ciò riferice Plinio
nel lib. 8.
cap. £27 ACQVA xo2 AC
CLV A. DONNA nuda,
ma che le
pam vergognofe fieno
coperte con bella gratia
da vn panno
ceruleo, et che
fedendo a pie
di vno fcoglio
cif* condato dal mare,
in mezo del
quale fiano vno,ò due
moftri marini, tea ghi
con la delira
mano vno fcettro, et appoggiando/!
con il gomito
fini» ftro fopra d'vn'vrna, et che
da detta vrna
efca copia d'acqua, et vari;
pefci, in capo
hauerà vna ghirlanda di
canne paluftre, ma
meglio farà, che porti
vna bella corona
d'oro . A quell'elemento dell'acqua
fida lo fcettro,&
la corona, perche
non $ troua elemento
alla vita humana,e
al compimento del
mondo più necet iario deiracqua?della quale
fcriuendoHefiodo Poeta, et Talete Milefio, diifero,che efla
non folamente era
principio di tutte
le cofe, ma
Signora di tutti gli
Elementi, percioche quella
confuma la terra,
fpegne il fuoco, faglie
fopra l'aria, et cadendo
dal Cielo qui
giù è eagione,che
tutte le-i cofe neceflàrieall'huom«nafcano in
terra. Onde fu
anticamente apprefiq i
Gentili in tanta
ftima,& veneratione,che temeuano
giurare per quella, Óf
quando giurauano, era
fegno ( come
dice Virgilio nel
ó.lib.deirEneide^)
d'infallibile giuramento, come
anco rifèrifcc,& approuaTommaio Tomai
nell'idea del Giardino
del mondo, al
cap.44. TERRA. VNA Matrona a
federe, velli ta
d habito pieno
di varie herbe,
e fiori, con la
delira mano tenghivn
globo, in capo
vna ghirlanda d fi
onde,fiori, e frutti, et de
1 medelimi ne
iàra pieno vn
corno di douitia 1
ìquale tiene con
la deftra mano, et a
canto vi farà
vn Leone, et altri
ani-' ìiiali terreltri . .
Si fa
matrona, per efiere
ella da i
Poeti chiamata gran
Madre di tutti
j gl'animali, come bene
tra gl'altri dille
Ouidio nel 1 .
della Metamorfol coli. Qfiaq;
poft tergum magng
iaclata parentis . Et
in altro luogo
del me de (imo 1, li b. di/Te
anco. t5\€agnaparens terra efi, lapide sq;
in corpore Terra > Offa reor
diciyiacere hospojì terga
iubemur, Et rifteflò anco
replicò nel 2.
lib. de Fafti,come
anco meglio lo dij
Lucretio lib.2. denatura
rerum. Si dipinge con
il globo,&chefìiaa federe,
per efier la terra
sferica, i immobile,come dimoftra
Manilio nel i.lib.Aftronom. doue
dice. ritinte fubfedit glomerato
pendere tellus . Et
poco dipoi. Tft
igitur tet mediarti fortita
cauernam aeris . Et
con quello che
fegue appreiìò . Si uefte
con habito pieno
di vani fiori, et herbe, et con
il cornucop pienodi più
forte di frutti, et con
Ja ghirlanda fopradetta
in capo, pd Cloche
la terra rende
ogni forte di
frutti, come ben
dimoftra Ouidio n lib.
1 . de arte
amandi oue d ice. Hac
tellus eadé parit
omnia -vitibus illa
Conuenityhac oleisybic bene f
arra -piret, Et Scatio
nella Thebaide, come
rifenfee il Boccaccio
nel lib. 1 .
dell:» g eiA ci -già
de gli De^',
cofi dice della
terra. 0 eterna . *c,|
Stabileye fermctye del
del l'Occidèh i
La macchina veloce}e
l'vnoy e l'alti
o Carro circonda te
> che in
aere vote Tendente fiai.
0 de le cofe
meTO Et indiai fa
a i grandi
tuoi fratelli, tAdunqne infiemefola
a tante genti
> Et vna basii
a tante alte
Cittadìy Et popoli di
fopra y anco
di fatto, Che fen%a
fopportar fatica alcuna. ^Atlante guidi,
ilqualpur affatica Il del
dfoftener k Sìelley
e i Dei. v
eterna madre d'huomini],.e
di 'Dei Che generi
le felueyi fiumiy
e tutti > *J)el
mondo ifemì ygl'animaliye
fiere Di "Prometeo le
maniy e infieme
ifafft Di Tirra,e quella
fofli y laqual
diede fPrimà d'ogn' altra gl'elementi
primi* 1 E gl'huomini cangiaftiy
&che camini E*l mare guidiyonde a
te intorno fiede La
quieta gente de gì*
armenti) e lira \DeUefiereye'l ripofo
de gl'vccelliy \Bt apprejfo
del mondo, la
foriera. ELEMENTI/ I Quattro Elementi,per
compofitione dei quali
Ci fanno legenerationi nàturali,participano in
fommo grado delle
quattro prime qualità, et con
tal rifpetto fi
trouano nell'hiiomaquattro complefsioni,
quattro vii*, tù,quattro faenze
principali^quattro arti le più nobili
nel mondo, quattro tempi
dell'anno, quattro fiti,
quattro venti, quattro
differenze locali> |& quattro
caufe,o cagioni delle
h umane fcienze. Et
verranno quefU quattro Elementi
bene, et piaceuolmehte
rapprefentati eo i loro vifibili (effetti, fenza
hieroglifico metaforico, hauendo
fatto cofi per
rapprefentase alla vifta
rifleiTe cofe vifibili,molte volte
ancora gli antichi, et però
con l'aiuto folo
della defini tione
materiale fi farà
prima la terra . TERRA. DONNA vecchia,
veftita di manto
lungo, et fofco,
fi foftentii/L* aria fópra
vn battone, ilquale
pendendo egualmente alla
figura dall'vna, et dall'altra
parte, habbia nell'vna,^
nell'altra fommiti vnì_» ftella,
attrauerfi detto battane
la figura fin
doue pofibnoarriuarle braccia ftefe
all'i ngiù, ftando
la figura dritta,
e pofandofi con
le mani in
dettobaftone, la tetta
alzata in alto, et a
foggia di treccie*
hauerà vna felua d'arbori, et nelle
fpalle fi vedranno
come monili due
piramidi, che rapprefentìno
Città,& tenendo le
mammelle fuori del
petto, getti fuom
acqua, che fi
raccoglia fopra il.
lembo della velie, et fopra
al detto battone [[fi
vedano pendere grappi
d'vue, et fpighe
di grano, et tenga
detta figura [♦al collo
vn monile di
foglie d'oliue . Cofi fi
rapprefentano i tre
frutti principali della
terra, il deriuarche fa il
mare da i
fonti > la
ftabilità della terra
librata dal proprio
pefo, et iojftenuta,
per dir cofi,
dalle lationi celefti,
moftrate nelle due
Rtllc, elio ^lignificano anco
i due Poli, il
battone moftra l'afledel
Cielo, i luoghi *jhabitati,&
filueftri fono efprefiì
nella felua, cV~
nelle piramidi. Il color
della vetQe è
color della terra, et la
faccia di vecchia
è, perdio j|di lei
fi dice a
gl'huomini tutti:Tornate alla
gran madre antica
. Rhea, o vero
Cibale ancora era
già rapprefentata per la terra,
come fi I rrede
appreffo gli fcritton
della Deità . ACQlrA **4 A C CLV A
. DONNA giouane velli ta
di uefte fottili,&c di
color ceruleo>in do che
ne trafparifcano le
carne ignude, con
le pieghe> la
velie per tucco imiti
Tonda del mare
> moftri detta
figura di foflener
con fatica vna naue
fopra la tefla,ftia
con i piedi
fopra vn'ancora in
forma di camminare ail'mgiù, habbia
pendente di coralli,
ÒV d'altre cofe
manne, al petto
fi uedano due conchiglie
grandi, che raffembrino
la forma delle
mammelle, s'appoggi ad
vna canna, o remo, o
feogho con diuerfe
forte di pefei d'intorno, difpofti
al giuditio del
difereto pittore. Gli antichi
per l'acqua faceuano
Nettuno vecchio, tirato
per l'on da due
caualli,con tridente in
mano, di che
fono fcritte l'interpretati dagl'altri. Per riflefl®
pigliauano ancora Dori,GaIatea,Naiadi,6V" altri
nomi, fi condo che
voleuano lignificare, o
fiume, o mare,
ÓV" quello, o
c'hauefli cahna,o fortuna. ARIA.
DONNA giouanetta, et divago afpetto, fia
ueflita di color
biancc etr2fparentepiùdeli'altrodell'acqua,conambe le
mani moflricì foften tare
vn cerchio di
nuuole, che la
circondi d'intorno alla
velie, et fopra dette
nuuole fi ueda
la forma dell'arco
celefte . Tenga fopra la
teda il Sole,
quale fi mofiri,
che fi ferua
per raggi fui delie
chiome di lei,tenga
l'ali alle fpalle,
e lotto ai
piedi ignudi vna
uel. iì potrà dipingere
ancora il Camaleonte
animale, che fi
nodrifce d'ari fecondo fi fcnue,e il
credo . E di
facile dichiaratane, il
Sole mofira quefTeJemento
e/Ter diafane*1 fua
natura>e fentir più de
gl'aìtri,e commnnicare anco
1 benefitij dei
Soli La vela dimoftra
il naturai fito
fuó effe re
fopra l'acque . Finfero
gl'antichi per aria
Gioue,& Giunone, Gioue
perlapartepi pura,Giunone
perla parte più
mifta,econ tuttelefauolea loro
fpettan. che Tono quafì
mrinite,fì finiboleggia fopra
la natura dell'aria, et delle
irie trafm utation-i permezofuo. FVOCO. C*i IOVANETTO
nudo di color
uiuace: con un
ue!o rofibatj J uerib,
il qual uelo
fi pieghi diuerlàmcnte
in forma di
fiamma. Pi ti Ja
tetta calua /con un
ibi fiocco dj
capelli all'in su, fi ueda
fopra la j fu
un cefchiocó l'immagine
delia Luna,per inoltrare
che quello fra Clemènti
ha luogo fuperiore,
tenga un piede
folpcfo in aria,
per i fLarela fua
leggerezza, et lotto
alle pian te
dei piedi fi
moflrmo i u ti,
che foftìano ;
fotto alla regione
del fuoco . Vulcàno,& la
Dea Velia furono
da gli antichi
creduti Dei del
fuo et da i
fapienti conofeiuti, che
l'uno ci lignificane
ì carboni, e
lai tra fiamme :
ma in quello
io non mi
flendo, per efierui
altri, che ne
pari lungamente. ELI .
±05ELEMENTI PVOCO. DONNA con
la Feniceincapoyche s'ablmiei> et nella
man deft ra tenga
il fulmine di
Gioue,conle fantille tutte
sfàuillan ti, et fia^
leftitadirofjfo. AERE. DON N A
che con ambe
le mani tenga
l'iride,oueró arco celeft e -, et habbta
in capo una
calandra con l'ali
di fteié,& col
becco aperto, e ia
uefìita detta figura
di turchino affai
illuminato » a e
QJf A.;oon vua
co;o na di fiorirla
terza vn vaiò
pienodi liquore, .e la
quarta e la Vi.
tona coli* iVnramo di
palma con lettere. TiìLLVS STABiLlS. ELEMEN ri
SECONDO EMPEDOCLE. Mpèdocle Filofofo
dille effe.re 1
prmcipij i quattro
Ej ementi, cioè i
Fuoco, l'Aere, l'Acqua,&
la Terragna con
due principali poten amicitia,& difeordia,
l'vna delle quali
vnifce,l'altraicpara,da
altri det$c combinationi poiIibiii,& imponibili,
le lue parole
greche tradotte poi I
latino fon quefte
in Diogene Laertio. Zeu e àgygiic
fare (pegiajgta?, j$
alt ìcoeu»
Ì^V?i?S'$ctX£votrÌ7Tix.go7eyiietj5gÓTiioi/ luppiter albus,
c£" alma forar
liuto-, atque potens Dù.
jfitN^efìis, lacrimi* bombmnqiu
lumina compier . Che furono
volgarizati da Seluaggio,
Accademico Occulto in et
guila, fé bene
nei fecondo, et viti
ino vedo è
alquanto lontano dai te
G reco,& Lati
no. Odi quattro
radici delle cojè. Cjiàxe
altoytlma Ciunonete Vinto
ricco, Eì^yiiyche di
punta n'empie ifito Ond'egli Gioue
parimente intende per lo fuoco, che
è foprafaei &f chiamalo
Fificamente^Gioue, percioche niuno
maggiore gioua mento altronde
fi riceue, che
dal fuoco . L'alma
Giunone intende per l
aere, ftc^in quello
molto con elfo
lui lì concordano
i Poeti, ìqualiiin ìixj Giunone
moglie,-cX.forella di elfo
Gioue, attefo quali
l'ideila qu: ti, opochifuma diiferciu'adeirvno,& dell'altra, onde
Homero nel ry linguaggio
dtlfe. Itmpseui cano (turitbrQnajtiyqn. I nclytam
> qua m
ontnes beati pe
r longum Olympum L&tihonòrant fimulcumloue
obiettante fulminibus» i Pigliati" poi
il padre Dite:
per la terra,
&.è chiamato Plutone,
cioè R è* &:
Signore ricco delia
terra,f ercioche in
etfa fono riporti
i piupretiofi te$oh,&
da lei fi
caua oro,argento, &ogn'aitro metallo. \'
Neih vitiniamente fi
mette per li
numi,cioè per lo
generare dell'acque. Ne voglio
in quefto luogo
trala'icure vn'epigramma drGio.
Zarai:tmoCaftellini^lpru
volta iioanaato,aelquJccon lenii
miftic,.di fimpcdocle,in forma
di enigma eipone,
coinè àJ;a morte d'vn rofignuolo
ìnter* uennerò tuta gl'elementi,
mentre egli ftaua
cantarido ìnciaia d'vn
'allo fo^apiè del quale
ico'rrcùa vnnuo d'acqua. Dum prifeùm
tener* Thilomela in vertice
Daphne* . Tlorarct querulo guttu
re mxfladolum, Terculit incaiaum
crudeli vulnereTlutof Quam luna
hahd potu t
fhflinuiffe diu . In lacnmas
?%e jtis cecidit
rm ribunda propinqui, T^eflis, et in
lacrimis funditus interijt . Zxtinttam
lento rombvfìit luppiter
afiu . Invino tumulo fu
tumulata fuit, ELOQVENZA.
Ne* IOVANE bella, col
petto armato, et con
le braccia ignude,in
eatkJ pò hauerà
vn'Elmo circondato di
corona d'oro, al
fianco hauerà le ì[occo,nella manòdeftra
una uerga, ndla
finiftra un fulmine, et fera
uèita di porpora . fi'
Giouane,bella, et armata
fi dipinge, perciochc
l'eloquenza non ha aU
rb fine>ne altro
intento, che perfuadere, et non
potendo farci >
fenz'alttare,&
muouere,però fi dee
rapprefentare uaghifsimad'afp tto,
eficn> Tomamente, et là
udghezza delle parole,
dellequali deue ciìcr
feconi chi vuole
perfuadere altrui, però
ancora gl'antichi dipinfero
Mcrciid giouanc, piaceuole, et lenza
barba, i coftumi
della quale età
fono anfcra conformi
allo ftilc dell'eloquenza, che
è piaceuole, audace, altera, fciua,& confidente. "I La delicatura delle' parole s'iufegna
?nrr ranelle braccia ignude,
lo iali efeono mora -dal
bufto armato, perche
fenzai fondamenti di
fa!4a tttnna, &&
'impotente onfe^uireilfuoiìne.Però
Ci dice,che ia
dottrina è madie
dell'elodea-,& della perfuafione
; ma perche
ie ragionrdeila dottrina
fono per ia .»
Acuità mal uolentieri
udite,& poco intefe,'però
adornandoli con pae,fi
lafciano intendere, et partonfeono
lpeiìe uoltc efìetu
di perfuafio*, &cofi
fi iòuuiene alia capaciti, et 4 gl'efietti dell'animo mal
composero fi uede,che, o
per dichiarare le
ragioni diiìieili, cxf
dubbie,o per ^narTammo ai
iiioto delle pafltoni,o
per rafaenario», fono
acce ira ri; i
V«4I *dr *agjfy& artifitiofi
giri di parale
dell'oratore, fra' quali egU&ppia
celart h iuoartifitio,& coli
potrà iiiuouere,&: incitare
i'aitierojo uero^iuegliando l'animo
addormenta todell'huomo baffo,
&(j. yJSÀ più
capace d'ornamenti, o
finalmente coifolgore delia
fublimo» che ha forzad'atterrire,'& di
fpauentare ciafeuno . La uefte
di porporacon la
corona d'oro in
capota chiaro fegno,
com$ ella riiplende nelle
menti di chi
l'afcolta, et tiene»
Udominio de gl'animi humani*efierìdoche,come dice
Piar, in Poi.
OwmH& digmtas mmregiad^ gnitateconiunfta eft>dù
qmd iujiumefiyperfuadejt^t cu
UlaFgfpublkas gubernaù
ELOQJVENZA. DOnna veftita di
uarij colori, con
ghirlanda in capo
d'herba chiami" ti Iride
> nella mano
delira tiene vn
folgore, Qf nella
finiffra un*i libro aperto,
Il ueftim'ento fopradetto
dimollra che fi
come fono uarii
j J colori, coli
l'Ojratione de uè
elìere uefii ta, et
ty
piuconcetti ornata. La ghirlanda della fopradettaiierba lignifica
(come narra Pieno
Vale riano nel lÌb.tfo.)eifere
finibolo dellaeloquenza, pcrcioche
narra Hora ro che
gl'Oratori de Troiani,come
quelli che erano
eloquentifsimi, hi lieifero mangiato
l'Inde fiorita, et queikt
vuol darci adintendere
il poei ainquefto iuomodo
di dire, cioè
che eglino haueuano con
ogni dilige, za, et ftudio
imparato i precetti
dell'ornato: parlale, et di
ciò quefta e
1; et con
l'indice, ehe è
il fecondo dito
dell'ifteifa ras]
£efo>&preifoàfuoi piedi vt
fari vn Jibt:o,&
fopra elfo vn'oroiogio
dajj uè re, vi
farà anebra vna
gabbia aperta con
vn pappagallo fopra . Il
libró,& l'orologiccome fi
è detto t
indicio,cheIeparole fono 1'* mento
dell'eloquente : le
quali però dcuono
elìere adopratc mordine fiiuuradel tempo, eilcndo dal
tempo fòle ni» fura tai'oratione, &da .
| riccuendoi numeralo fiile,lagratia,& parte
delì'attitudinea pcrfuadij
UpappagaUo,è fimbolo dell'eloquente, perche
fi rciide marauiglj come dice
Cicerone nella Hettorica,
e gl'altri» che
hanno icntto prima» et dipoi . Il
vestimento rollò dimoftra,
che l'orazione deuc
effere concitata, et affettuofain modo,
che ne rifiliti
roflòre nel vifo,
accioche fia eloquente,
&atu alia perfiiafione,
conforme al detto
d'He-rati© . Si *h me
Fiere, dolendum cftprimum
ipfì tibì, Etqucfta aflcrtionc
concitata fi dimoftra
anco nella mano, et nel
dito alto:perchc vna buona
parte dell'eloquéza còfifte
nel getto deli'orationc» ELOQJf ENZA, MAtrona veftitad'habito nonetto,
in capohauera vn
Pappagallo, et la mano
delira aperta in
fuora, gl'altra ferrata
moftn 4'afconderlafottolcvefii.
Quella figura è
conforme all'opinione di
Zenone Stoico^il quale
dice* uà, che la
Dialitica era famigliarne
a vna mano
chiufa, perche procedi aftutamente, Oc l'eloquenza
fimìgiiantcavna mano aperta,
che fi aliar* ga,& diffonde aiTai pia. Ferdicniaratiouedel Pappagallo fcruiraquaa. toh è
detto di fopra. Eloquenza nella
Medaglia di Marcantonio. ERa da gli antichi
Orfeo rapprefeatato per
l'eloquenza, et Io
dipinfe* ro in habito
fi lo fori
co, ornato dalla
tiara Per/lana, fonando
la lira» et auanti
d'elfo vi erano
Lupi,Leoni,Orfi,Serpenti»&
diuerfì altri anima* li,
che gli leccauano
i piedi, et non
foio v'erano anco
diueriì vccelli,eht
/olauan9,ma ancora monti»
or. alberi, che fé gli
inehinauano, et parimeli ite
fafsi dallamulìca coinmofsi, et tirati. Per
dichiaratone di quefta
bella figura ci
feruiremodi quello, che ha
nterpretato l'Anguillara a
queftojpropofito nelie Metamorfofi
d'Ouidia |il iib1 o.
dicendo » che
Orfeo ci moftra
quanta forza, et vigore
habbia eloquenza, come quella»
che e figliuola
d'Apollo, che non
è altro » che
afapienZa. La lira e
l'arte del fauellare
propriamente la quale
ha fomiglianza deli
lira «che va
mouendo gl'affetti col
fuenohor acuto »
hor graue della oce, et della
pronuntia . Le felue#& imonti,che
fi muouono,aItro non
fono, chcquegrhuOmt i Hfsi,
&oftinati nelle loro
opinioni, et che
con grandifì una diffìcultà
u* J affano vincere
dalla fuauità delle
voci, et dalia
forza del parlare,
perche: [l'alberi, che hanno
leloro radici ferme,&
piofonde nGtano gi'nuomini* he fiifano
nel ccntrodeJl'oftinatione le loro
opinioni. N 1 Eerma
ancora Orfeo i
fiumi, che altro
non fouo,ciie i
difonefti,&
lafcihuomini,che,quando non fono
ritenuti dalla forza
della lingua dalla ro
infame vita, 1
corro no fenza
ritegno alcuno fin'al
mare, ch'è il
pentieuro, et l'amarezza*
che mole venne
fubito dietro a i
piaceri carnali. Keadw manille
te» e benigne
le iic»«j per
le quali Nintendo
no gl'iiuomih ni *t#
ni crudeli,& ingordi
del fangue altrui,
cffcrc ridotti dal giuditiofo
fjùcVla:ore a p:ù
humana,& lodeuote vita. ELO
QJ/ ENZA. PER Sfigura
dell'Eloquenza dipingeremo Annoine,
ilqua le con fu ono
della Ci tara,& con
il canto, fi ueda,che
tiri a fé mo
J ti lari! faranno fparfi
in diuerfi luoghi
t Ciò lignifica >
che la dolce
armonia de! parlare
dell'Eloquenza
perfuade,& tira a fé gl'ignoran
tarozzi, et duri
huomi ni, che
qua, et la
lparfi dimorano>& inficine
conuenghino, et ciuiimente
viuino. EMVLATIONE. DON N À
giouane,belIa con braccia
ignude, et capelli
biondr,e A ciuti,chenuo!ti in
gratiofi giri, facciano
vnauaga acconciatura a capo,rhabito farà
fuccinto>& di colore
uerde.Stari in atto
di correre, fa uendo i
piedi alati, et con
la delira mano
te fighi con
bella gratia vno
fpn «e,o ucro vn
mazzo di fpme» L'Emù
iatiorte,fèconda Ariftotile nel
x. lib. della
Rettoricac vn dolc re,
ilquale fa che
ci paia uedere
ne i fimìlia
noi di natura
alcun bene hon rato,& ancora
polfi bile da
conleguirfi,& quello dolore
non nafee perei colui
non habbia quel
bene, ma perche
nói ancora vorreisimo
hauerlo, che fortemente
pur et incita non
già imaluaggt a
defiderare>& operare contra
il bene d'ak come
inuidiofi, ma i
buoni, e genero!!
a procacciare a
loro fieni que che
in. altrui vt
ggendo, conofeono a
loro ftefsi mancare, et a
quello j: polito fi
dice : Stimttfas
dedit amulavirtur. BQVITA
Tarila medaglia di
gordiano. DONNA uefbta di
bianco,che nella delira
tiene U bilancici finìfira vn
Cornucopia. Si dipinge
utftiu di bianco,
perche con candidezza
d'animo fenz fJarfi corrompere
da gd'interi-sfi, quatta
giudica i meriti . et dcmenij i»
ui,e li premia, et condannatila
con piaceuolezza,ÒV reinUsione,fig cani-oli ciò
per k bilancici
oV* per il
cornucopia^Equiì D t . / 1 Equità
in molte medaglie . VNA dQiizdladifcinta,cheftandoinpiedi,tcngacon
marnano va paro di
bilancic pan, et con
l'altra yn bracciolarc .
Equitàdeliiuerendifi.TadreFr.lgnatio. DOnna
con vn regolo
Lcsbio di piombo
in mano, perche
i Lesbij fa» bricauano
di pietre a
bugnc,e le fpianauano
folo* di Copra, et di fotCO,& per elfere queftoregolo di piombo,ti piega fecondo
la baflezza del* le
pietre,ma però non
elee mai del
dritto: cofi l'Equità
fi piega, et inchina aìl'imperfettionehumana, ma
però non elee
mai del dritto
della giùftitia .
Quella figura fu
fatta dal Reucrcndifs.
Padre Ignatio Vefcouo
di Alatri,& Matematico già
di Gregorio XIII.
cflendoiì coli ntrouata
tra le fue icntturc . EQVALITA. Come dipinta
nella Libraria Vaticani. DONNA, che
tiene in ciascuna
mano vna torcia,
accendendo l'ima con l'altra EQVINOTip DELLA
PRIMAVERA. f~^ I O VANE di
giuftà
flatura,ueftitodallapartedeftradaaIto,& a VJ
baffo di color
bianco,& dall'altro lato
di color negro,cinto
in meziro con
vna cintura alquanto
larga,di color turchino, feguita
fenza nedi icon alcune
ftelie, a vio
di circolo, terrà
fotto il braccio
deliro con bella gratia
yn,4nete,& con la
finiftra mano vn
mazzo di varii
fioh>& alli pie di
hau^&Hiue alette del
color del veftimento,
cioè dal lato
bianco bian-» cfce,& dallato
negro nere. Equinotro è quel tempo,nel
quale il giorno
è eguale con
la notte, &cj quello auuiene
due uolte l'anno,
vna di Marzo alU
3 1. entrando il
Sole-» lei fegno dell'Ariete,
portando a noi
la Primaucra,ck di
Settembre alli
Ijf.portandùl'AutJuiino con lamaturità
de' frutti. Si dice
Equinotio,cioè eguale^ equinottiale,
cioè equidiale>& anco tquator«,cioè eguagiiatore[del giorno
con la notte,6c
per quello, che ne
inoltra il Sacrobofco
nella Tua sfera
: equinotiale è
vn circolo, che
diuide sfera per mezzo^cingendo il primo
mobile > io di
ui de in
due parti >
&" milmente i poli
del mondo. Si dipinge
giouane, perche venendo
l'equinotio nel principio
della 'rima-uera,nel mele di
Marzo,gli antichi faceuano,chein detto
mefe fof i: principio
dell* anno . Dicefi
anco che folle
la ereatione del
mondo,& |dco l'annodella Redentionc,
e della Pafiìone
di N. S.
&anco da quello ì-Jjel
primo grado dell'Ariete
elfere (lato creato
il Sole, auttore
del detto kjinnotio; onde
non fuor di
proposito gl'antichi fecero,
che in que%» -de
foffe principio dell'anno,
eifendo che egli fia
priuilegiato più de 'altri,
non folo per
le ragioni dette
di fopra, ma
perche da quello
lì piano l'Epatte,le
lettere £)oi«inicali,& altri còputi celefti.Si
rapprefen\ digiufta ftatura,per
elfere eguagliatore, che
uuol dire eguale,cioè
pad. 11
colorbianeo£giiilkail;giorflo,&
il negro la
notte.la metà perequa m\
K 2 glianza *i*
EQVINOTTIO DELLA PRIMAVERA, glian?al*vn dell'ai
tro,il bianco dalla
deftra,perchc il giorno
precedi la notte, per
efler più nobile. La cin turadi
color cekrte,nelfa quale
fono alcune ftclle>
ne rapprej ta il
circolo, che fa
detto Equinotio, che
cinge il primo
mobile . Si cinge aneoil
detto cerchio,per efler
egli fenza nodo, et perche
11 coli non hanno
principine fine, ma
fono eguali . L'Aricte}che tiene
fotto il braccio deftro,ne
dimofira,che entrain Sole nel
detto fegno,fi fa
l'Equinoao di Priniauera,chc per
tale i tione tiene
con laiiniftramanoil mazzo
dei vari} hari,comc
ancorili il ra,che l'Ariete
l'In uerno giace
nel lato finirtro,
èV la Pn
man era m ftro,cofi
il Sole nell'Inuerno
ftadal lato fiuiftro
del firmamento* &| i'etruinotio comincia
a giacere nel deftro. 1 .'ali a'ki'edi
nedimoftranola velociti del
tempoj&corfode idei fi
Dì ZEI21M MP2.tip faUl
oiaaeo dal pie
dcftro,pcr la velocità
del giorno, et il
Atgto dalia Hf piftra
per la notte, EQyiNOTIO DELL'AVTVNNO. PJ" VOMO
d'età virile vcftito
nella guifadciraltro,e cinto
parime» lJL te dal
cerchio con le
ftclle, et turchino,
terrà con ladeftra
mano il '^jcgno della
Libra, cioè vn
paiodibilancie egualmente pcndenti,con
due J!;Iobi,'vno perlaco in
dette bilancella mceadi
ciafeun globo fari
bianco» |c l'altra metà
negro,voltando Tv no
al rouericio de)
l'a]tro,& con la
fini* ra mano alcuni
rami di pru
frutti,^ vue, et alli
piedi Tali, come
dicera-? jioall'Equinotio di (òpra. Perhauernoidetto,chccofa fta
Equinotio,& dichiarato il
color del v« imento,comeancoquello,chc denotali
cerchio, cVl'aJi alli piedi, ibpra iciò mi
parche baiti anco
per
dichiaracioneaqueft'aÌtrafigura,eff:nd» L e
inetta lignifica ijmedelìmo
di queliadi iopra;*òlod:rj quello, eh» o-rnfica lehered.
età vinle/Lco dunque, -che con eiìiii
dm oprala per* kttioue
di quc.io tempo,pefcioche in
e&>iiiolti dicono, che
il noftroSi* et i
'^non **4 "
gnorecrcafle il mondo
à noi baftafapere,
che nel mefe
di Settembre al| a^. fa
rEquinotio', et ne
porta l'Autunno con
la maturità, e
perfettionc* de 1 frutti,
che per tal
lignificato fi inoltra,
che con la
finiftra mano ne tenghi
di più forte. La
libra, o vero
bilancia è vno
dei dodici fegni
del Zodiaco, nel
qua* 1c entra il
Sole il mefe
di Settembre,^ feflìin
quefto tempo l'Equino* tio, cioès'vguagliail giorno
conlanotte,dimoftrandofi con li
due globi, tnetà bianchi
per il giorno,
ÓV" metà negri
per la notte,
voi ti per
vn contrario all'altro vgualmente
pendenti per l'vgualiti
dell'vfo del giornt con
la nòtte. ERRORE. HVOMO quafiin
habito di viandante, c'habbia
bendato gl'occhi et uada
con vn baftone
tentone,in atto di
cercare il viaggio,
peraa dare aflicurandofi, et quefto
va quali fempie
con l'ignoranza. L'Errore( fecondo
gli Stoiche vn'vfcire
di ftrada,& deuiarc
dalla linci come il
non errare è
vn camminare perla
via dritta fenza
inciampare dal rvna,o dall'altra
banda, tal che tutte
l'opere, o dei
corpo,o dell'intelletto
"noftro fi potrà
dire, che iiano
in viaggio, o
pellegrinaggio, dopo ilquai» non
ftorcendo,fperiamoarriuarealla
feliciti. Quefto ci moftra
Chrifto noftro Signore,l'attioni
dd quale furono
tu1 te per mftruttione
noftra, quando appari
a' fuqi difcepoli
in habito di pc
legrino,& Iddio nel
Lenitico commandando al
popol d'Ifrael, che
non. voiefie, camminando torcere
da vnà banda,
o dall'altra . Per
quefta ca * gione
l'errore fi doucra
fare in habito
di pellegrino, o
uero di mandanti non
potendo efiere l'errore
lenza il pafiò
delle noftre attioni
> openfier con eli è detto. Gl'occhi bendati 'fignificano, che
quando è ofeurato
il lume dell'»
fi telletto con il uelo
de gi'interefìi mondani,
facilmente s'incorre ncgÉ errori . lì baftone,
con ilquale uà
cercando la ftrada,
fi pone perii
fcnfo,ce più fpirituale,
e li nota
in foinma, che ci
precede per via
del leniò, facilmente
può ad ogni
palio errare, fenzr il diicorfo dell'intelletto., ÓV~ fenza
la nera ragione
di qual fi
vogliaci /a, quefto medefimo,& più
chiaramente dnnoftra l'ignoranza,
che a preho ìì
dipinge. ESILIO. Come
dipinto dal T^F.
Ignatio Perugino Vefcouo
d't^latri . HVCjM O in
habito di Pellegrino,
che con la
deftra mano tiene vj bordone,^ con
la finiftra vn
falcone in pugno. Due
E/ìli; lòno,vn pubJico,e
l'altro priuato,il publico
è quando Ybì mo,o
per colpa,o per
lòfpetto è bandito
dal Prencipe, o
dalla RepublìJ et condannato
a uiuere fuor
di patria perpetuo,o
a tempo . li prka:o
è quando l'auomo
vpioatanamen te, o
j.cr qualcheaccid j i « ifi
elegge ii y'mere,
e morire fuor
di patria, fenza
efTerne cacciato $ eh*
rio figniiica l'habito
del pellegrino, et il
bordone . . Etpctil publicoio
dinota il Elicone
con i getti
alli piedi. £T1C A» ONNA
di afpetto graue,
terrà* con la
fìniftra mano riftromento detto archipendolo, et dal
lato deftro hauerà
vn leone imbrigl
at :>. L'etica fi gnifica dottrina
di coli umi,
con tenendofi con
efia il concup:pcuole, et irafceuole
appetito nella mediocriti,e
ftato di mezo,cue
conile lavirtù,per
confìftere ne gl'eftremi
il vitio, al
quale detto appetito jaccofta, tutta
volta, che dall'vna,
ò dall'altra parte
declina . Tiene appreffo di
fé il leone,
nobìle,& feroce animale,
imbrigliato,per ignificarei
ch'ella raffrena quella
parte animale cleilli
uomo già, detta. "
e lìconi e
allora cndentc tra lo Il
4. due j L'archipendolo ne "da
periìmiktudine ad intendere}
che 'ria coi;; cncrc-òene vn
piano-fi dkuoftra, quando
il filo pc.
duéganvbedi desco ifirumento
nò tran Igrcdx ice veriò
veruno de gl'cfl^ fm,mas'aggiulìa con
la linea ieg
natrici j a
parte iupericre, ond'cgii
defeendej culi c|uc!ta
dottrina deii Etica
iulcgna l'huamo > che
alia rcttttw dine* hi.
vgiuìgiianza delia ragione
il icniuaic appetitoli
confonda, qua* do non
pende a gl'e/irenuj
ma nel mezo
ti ritiene * ETA
DELL' O k O.
VN A
bella giouanetta all'ombra
d'vn faggio,oucr d'oliuoiiri
mezzi dd quale ila
vn feiarno d'api }
che habhiano fatto
la fabbrica, delh ^uale
fi ueda ftillare
copia di mele .
Haueri li capelli
biondi com'oro, et iparfi
giù per le i
palle fenz'artiiicioalcuno,ma naturalmente
fi veda li uaghezza
loro . Sai ueftita d'oro fénz*altro
ornamento, con la
deftra mano terrà
vii Corn ucopia pieno
di uari; fiori,
Corgnole, Fragole* Caftagne>
More, £ Ghiande. Giouanetta >&
vcflita d'oro fi
rapprefenta per moftrarè
la puritic quei tempi. Il
femplice
ucfrimentd|d'oro,cV* i capelli
fenz'artifiéio fìgniffcanc i che
nell'età d'oro ja
uentà fu aperta>e
manifefta a tutti,
ck a queìto
pn pofito Ouidio nei
libro primo delle
Metamorfofi tradottoédall'Anguil.
racofidice . ' Queflo
yn fecola fu
purgato, e nette %ony* era
chi temeffe il fiero
affetti v D'ogni maluaggio,
e perfido penfiero
Del giudice implacabile^
feuer* Vn proceder real,
libero,e fi biette
MagiuFti effendo aWhor
femplici,ep' Seruàndo ognfyn la
fé dicendoli yero
Viuean fen%a altra
giudice ficuri . Moftra lo
ftarall'ombra del faggio,
che in quei
tempi felici d'altri
\ Iiabitationc non lì
curauano, ma folo
di ftar fotto
gl'arbori fi cgj tcntauano. Il Cornucopia
pieno delle fopradette
cofe, &tl fauo
di mele, perd chiara
t-ion'e d'eflc cofe,
ne feruiremo dell'autorità
del nominato autto «ìel
fopradetto libro che
coli dice. Sen^'effer rottoy
e lacerato tutto
febofempte più lièto
il fuo maggie Dal
y omero, dal
rafì ro, e
dal bidente Iacea
girando la fuprema
sfera, Cgnifoaue, e delicate
frutto li con
fecondo, e temperato
raggie Daua il grato
terren liberamente) Hgcaua
al mondo eterna
primauera £ quale egli
venia da lui
produne Zefiro ifior
dJ ^Aprile, e' fior
di Mag\ . Tal
fel godea la
fortunata gente 7{utria
con aura tepida,
e leggiera' €he fpreggiado
condirle lor yiuade
(de StilUuailmiel da gì* elei
> e dagl'otti èiagìaua corgne,e
more, e fraghe-^ ghia
Correan nettare, e
latte i finmi,c
i r ETÀ DELL'ARGENTO. V.NA giouanc,
ma non tanto
bella, come quella
di fopra, foli apprettò
d'vna capanna>farà veftitad'argcntpjil quale
veftimci làrà adorno con
qualche bel ricamo, et anco
artificiofànicntc accon^ U tcfU
con belli giri
di perle ;
con là dcftia
manoft'appoggierà fopra d'i ^ irata .
' ir f iratro, et curi
la fimffca mano
te.ìghi va mazio
di liptgWéi grano,C &z\ ti piedi
porgerà (h Gaietti
d'aig-enc.ì *
L'eiiei-qucihgiouuiie m«iì bella
di quella dell'età
dell'oro > et tfefòtil Sella
gmia che dicemmo
> et con
h conciatura dei
capo, inoltra Ja
vanir» tadi cjueita alla
prima età dtiJ'oro,
onde lopra di
ciò per dichiaratioatf Icguiieremo quanto
dice ti iopradetto
Anguillaia nel libro
citato . Voichealpiu vecchio £>io$
ntiofo, e lento
Egli quel dolce
tempo, ch'era eterni *Dalfuo maggior
figlimi fu toli'il
regno Fece parte
dell anno molto
breue, Segai il fecóndo
fecol del l'argento
.Aggiugendoui ejiate, autunno,e
verni) àie buo del
pnmos e del
terzo Più degno
Foco epitemi morbide
fredda tiene (*• Che
fu quel viuer
lieto in parte
Jpento S'hebbergthomìm ali'bor
qualche goucr Che alUmom cenerine vfar
tariffe Unge %clraagiar^nd
veflir,bor grautfhor le
tentar mod^coflirm^e legge
noue (gno, S'accomodaronal udriar
del giamo (uè Si
cóme piacque al
fio tiranno (jìoue
* Secondo ch'era
in Cacroyo in
Capricorno, L'aratro, le fpighedeJ
grano, comeanco la
capanna* -inoltrano la
colliuatione > che
comincio nell'età dell'argento, et lhabitatione,
che in_* quei tempi
cominciornoa viare, come
appare nella fbpradetta
autorità nel libro primo,
doue dice . CjiaTirfi,e Mopfo
il fier giouenco
atterra Ideile grotte
al coperto ogtfvn
si ferra, "Per porlo
al giogo,ond' ei vi
mugge,e gè Onero arboree fnafche
intejfe infierne* Già il
róz^o agricoltorferela terra
(me E quesli,e
quel fi fa
capanna > 0
loggia Xol crudo aratro,
epoiui fpargeilfeme, Ter
fuggir Solere neue3e
uéti,e pioggia, ETÀ BEL
RAME. DONNA d*afpetto fiero,armata,
e con la
verte fuccinta tutta
ricamata in vari; modi)
in capo porterà
vn'elmo, che per
cimiero vi fia tna
tefta di leone, et in
mano terrà vn'afta,ftando in
atto di fierezza,
cosà la dipinge Ouidio
nel libro primo
della Metamorfofi, doue
dice . f)al metallo, che
fufo in uarie
ferme oiVhuom che
giàuiuea del fuofudore Hende adorno ilTarpeio,
e'I Vaticano S*agguinfe noia, incommodo, et affanni torti
la terza età,
come conforme Tericol
nella uita,e nell'honore, +si quel che
trouòpoi l'ingegno huma.no
"F-fpeffo in ambedue
uergogna, e danne tthenacq\ al'huom siuario,esi dìformey *JÀ€afe ben u'era riffa, odio,e rancore Che
li fece uenir
cen Parme in
mani %(fìn u'erafaljìtà
^non u'era inganni Vvn
contra l'altro impetuose
fieri (•me fur
nella quarta età
più dura j ~J
lor difeo rdt^e
oftinati pareri. Che
dal ferro pigliò
nome^e natursu .. ETA DEL FERRO. DONNA d'afpetto
terribile,armata, et il
veftimento farà' del color del
ferro > h.ucrà
in capo vn'elmo
con vna tefta
di lupo, con
la delira mano terrà
vna fpada nuda
in atto di
combattere, e con
la finiftra rno (cudo,in
mezo del quale
vi ila dipinta
lafraude, cioè con
la faccia d'hup* mo
giufto>& il refto
del corpo di
ferpente, con diuerfe
macchie,& colori, ouero in
luoco di crtiefto
moftro ui fi
potrà dipingere una
fìreaa,& 4 caa» to
della fopradetta figura
ui J&ranao diuerfe
armi » et iafcfcac
» tranab uri, trombe* et ùmili . ami'**« il
moftro>o vero la
drena l'vno>e l'altro
fon (imbolo, della fraude, _ aie
fi può vcdere>doue in
altri luoghi io
ho parlato d'eiia,e
per gl'ettetti». natura della
foprad e tta età fluiremo
per dichiaratione il più delle
volti a orni nato
Ouidio,che di ciò
coli parla . Il iter, la
fede^ogni bontà del
mondo Vn ciecoye
unno amor et
honoris regni Fuggirò^ uersil
del piegar on
l'ali „ Gl'buomini
indi fi e
a diuentar tiranni
» En terra vfeiron
dal tartareo fondo
Fé) le rkbe7^eigiàfuegliati ingegna E
le pure yirtà
candide > e
belle Che per
ofiar in parte
a tanti mali Cjiro
a splender nel
del fra l'altre
ft elle. Stintrodttffer k
leggile i tribunali* ET
Jt D E
l V 0
1^0 9 come
rapprefentate in Tarigi
in yna Commedia,
auanti Enrico IL B^èdiFranciéUt. ETÀ DEGL'ORO. VN A
bcllifsima
giouanetta,vcftita d'oro, e con Amali
dz\ medef ma in
vna mano porta
vn fauo di
mele, et con
l'aera vn ramo
di e uerc con
ghiande . ETADELi'ARGENTO. DONNA
uefhta d'argento con
belliilìmi adornamenti diperle,6c veli d'argcnto,come anco
con gran vaghezza
adorno il capo,
nel piedi porta fhnaletti
d'argento, e con
vna dàìe mani
vna coppia di
pane ETÀ DEL BRONZO. DONNA
armata,& con vn'elmo
in capo,chc per
cimiero porta vi tefla
di Leone,la velie
è f iiccinta, et ii
/'armature, come anco
laift ile > fono
dd color del
bronzo>in vna mano
i:ene vn'afta>& flain
attof perbo,& altiero.
ETÀ DEL FERR
O. DONNA armata, et velli ta
dei color del
t'erro, in capo
ha vna ce lata
con vna tefla
di lupo, conia
bocca aperta, et con
la man deffi' tiene
vn'afta con vna
falce m cima
ci efìa,ck con
l'altra vn raftello>
5r ha' piedi d'auoltoio . ETERNITÀ. DONNA con
tre tefte, che
tenga nelia iimftramano
vn cerchio, i la
deftra fia col
dito indice alto .
L'eternità pernonefier colà
fenfifoilc, non
puòconofccrfidairintel! $o humano, che
dipenda da'fenfì, iè non
per negatione, dicendoti,
d Juocofenza varietà, moto
lenza moto, mutatione,
e tempo lenza
prir ò poi, fu,ò lara line,
ò principio, però difie
il Petrarca defcriuendolct cofìanze dell'eternità, nell'vitimo
dc'Tnontì . i Tign haurà
Inoro, fu >faw,
ne era Ma
è fido inprefente, et bara,
&■ haggi Jtifala eternità
raccolta e vcr4, Bl
. ma Però le
telefono le tre
parti del tempo,
cioè,prefente, panalo, e
d«: ve-, ire, le
quali fono nftrette
in vna fola
nell'eternità . Il dito indice
alzato, è per
fegno di (labile
fermezza, che è
nell'ctcrn:i, lontana daogni ione
di mutatione,eflendo fimile
atto folito a
farli da oloro,che vogliono
dar fegno d'animo
collante, e dal
già fatto proponilento
non fi mutano. Il
cerchio è (imbolo
dell'eternità . per non
haucrc principio ne
fine, et er eficre
perfettiflìma fra tutte
l'altre . ETEHNITA. Isella
medaglia di Faufiina. *\ONNA in
piedi, et in
habito di matrona,
tiene nella mano
delira VJ il mondo, et in
capo vn velo
che le cuopra
le (palle . Lo dar in piedi
fenza alcuna dimoftratione
di mouimento, ci
fa comrendere,che nell'eternità
non ui èmoto,nemutattonedel tempo,
odel : cofe naturalo
dell'intelligibili . Però ben
dilfe il Petrarca
del tempo ell'eternita. sual marauiglia
bebb'io,quando reHare Vidi
in vn pie
colm,che mai non
flette? *J%Ca di/i orrendo
fuol tutto cangiarcela ragionc,perche quella
figura non fi
faccia a federe,e(Tendo il
federe ìditio di maggior
(labilità, e che il ledere
fi fuol notare
quali fempro ella quiete,
che è correlati
uà del moto, et lenza
ilquale non fi
può elfo itenderc, et non
efiendocomprefa fotto quello
genere la qniete
del /e:rnita, ne anche
fi deue efprimere
in quefta maniera,
ancorché da tutu ucfto
non (la ofleruatO)
con. e Ci
dirà qui di
fotto . Si fa donna
per la conformità
dei nome, Matrona
per l'età (labile
. * Tiene il
mondo in mano^perche
il mondo produce
il tempo,con la Tua
iobiluà,& lignificarne l'eternità
è fuoradel mondo. Il
ve!o,che ambidue gl'homeri
le cuopre,moftra che
quel tempo, che on
è prefente neireternita,s'occuita,eilendoui eminentemente
* Eternità nella zJWedaglia
di Tito. "^k Onna
armata>chc nella delira
mano tiene vn'afta, et nella
finiflra_> J vn Cornncopia,
e fotto a
i piedi vn globo
. Per
la detta figura
epa arola eternità, non fi deue
intendere dell'eternità di
fopra reale :
ma di ria cera
duratione ciuile lùghifsima,che nafee
dal buon gouerno,
ilo mi: confi
e principalmente in
prouederle coie alla
vita necelfarie, perche conofeen lo
1 Cittadini l'abbondanza
dalla beneficenza del
Prencipc, inno
conunouaii^eiite l'animo volto
à ricompenfar l'obbligo
con la con )fdia,& con
Ja fedeltà,e però
gl'antichi dipinfero quella
dur itione,c per :tui.i
col cornucopia pieno
di frutti, nafee
parimente la lunga
durano* r de gli
fiati], dai mantenere
la guerra in
piedi contro le
nationi barbare
nemiche,& per due
cagioni,l'vna è che
fi mantengono i
popoli tv ìlicofi :
efpcrti, per refiflere all'audacia, et all'impeto
d'altri popoli firanicri, ìe
volellèro offendere ;
l'altra è, che
fi aflìeura la
pace, et la
concordia*» a 1 Cittadini,
pere Le unto
maggiormeate il tutto
fi vjaifee c^n
le possi y->. «* ."*
i '., quanto
e pfh combattuto
dal fuo contrario
> &qucfto fi
4 rcrfutò > t
v .de
tuttauia in molte
Citta, et Regni,che
fra loro tanto
piif fono difu ti
i cittadini, quanto
meno fono da
gl'inimici trauaghati, et fi
moltipli c4uo lediflcntioni ciuili,
con quiete, et rifo dell'inimico» però et dipinj l'eternità con
l'haila, et con
l'armatura-» • ETERNITÀ. Bc
ferina da Francefco
'Barberini Fiorentina nel
fuo trattati d'antère . FKANCESCO Barberini
Fiorentino nel fuo
trattato,c'ha fattoi amore, quale
fi troua fcritto
a penna in
mano di Monfig.
Maffeo Bar* Inerirai Cardinal
di S. Chielà, et dell'irtela
famiglia, ha defcntcol'etc* ruta con
inuentione molto bella: cVhauendola
io con particola
rgufto ve «j uta,h©
penfato di rapprefcntarla qui,
fecondo la copia,
che dall'origini le detto
Monfignore h è compiaciuto
lafciarmi cftrarrc . Egli la
figura, donna di
forma venerabile, con
capelli d'oro alquante lunghi, et ricadenti
fopra alle fpalle,
a cui dal
finiftro, e deliro
lato, do «e lì
doucrebbero (tendere le
coicie, in cambio
dielfe fi vanno
proli gando due mezi
circoli, che piegando
quello alla delira,
e quello ali Jiniftra
parte, vanno circondando
detta donna iino
fopra alla tetta*
e uè fi vnifeono
infierne, ha due
palle d'oro vna
per mano alzate
in sii, e" veftita tutta
di azurrocclefte (Iellato,
ciafeuna delie quali
cofe è molt propofito conuenicnte
per denotare l'Eternità,poi che
la forma circolale non
ha prirìcipio,ne fine. L'oro
è incorruttibile, e
fra tutti li
metalli il più
perfetto, e l'azurr Celiato ci
rapprelènta il Cielo,del
quale colà non
appare più lontana da la
corruttione. ETERNITÀ. DONNA
in habito di
matrona, che nella
delira mano hauerd rr ferpe in
giro, che fi
tenga la coda
in bocca, e
terrà detta immagii vn
velo in tefla>che
le ncuopra ambedue
leì'palle. Si cuopre le
ipalle, perche il tempo
paifato nell'eternità non
fi vcd«fl Il ferpe
in giro dimoftra,
che l'eternità iì
palccdi fé rtelfa,ne
ii fontf* ili cofa
alcuna efteriore,ck_ippreiìo a
gii antichi hgnitìcaua
il moi et l'Anno,
che fi girano
perpetuamente ( iecondo
axum FiiolbfrJ i Biedefimijpero le
n'e rinouata pochi
anni tòno la
memoria,& l'occafil
dcll'infegna di Papa
Gregorio X111.& dell'Anno
ritornato al fuo fi
per opera di lui,
et ciò
lari .e (limonio
degno dell'eterni ti
della fainafi gran
Prencipe. ETERNITÀ. DONNA
giouane,vcfiita di uerde,perdimofrrare, ch'ella
non è topoftaal tempo,neconfumata dalle
i'uC forze, flarà
a federe fo}l tnaf .^ia,cpn vn'afht,nella
mano finiftra polatain
terra, e con
ladet {'porga vngenic,cofi fi
uede lcolpita in
vna medaglia antica,
con lette1 *.:C dicono;
CLOD. SlPL\ ALxj.
AVO. ijawcra ancora u: capo vn
Lviaiiico d'oro: quell'animale
era appft» I . * sr r
gr Egiti; iadìtio delì'eternita,perche non
può eflere amtnaziato
da ani* male alcuno,*!
come dice Oro
Egittiojne* fuoi Ieroglifici,
anzi faciline»* te col
fiato folo ammazza
le iiere,e gl'h
uomini, et fecca
l'herbe,& le pian; le.
Fmgtfidi oro, perche
l'oro è Uieno
Soggetto alla corruttionc
de gli litri metalli.
'* Eternità nella medàglia d'Adriano. DOnna,chc foftiene
due tette coronate,vna
per mano con
quefte lcttt te et TERNITAS
AVGVST1, et S.
C. vedi Sebaftiano
Erizzo. Eternità to Ver fetuitd, DOnna, che
fiede fopra vna
sfera cclefte É
con la deftra
porga vn Sole, con
i fuoi raggi, et con
la finiftra foftenga
vna Luna, per
inoltrare-,» come ancora nota
Fieno Valeriane ne*
fuoi Ieroglifici,che il
Solc,e la Lu na
fono perpetui genitori
delle cofe,cV* per
propria virtù generano >>
e C0nferuano>& danno il
nutrimento a tutti
li corpi inferiori,
ilchcf» molto bene considerato
da gli antichi
Egiti;, per rapprefentare
l'etei> ti iti, credendo
fermamente, che quelli
due lumi del
mondo fufTerO ber durare
infiniti fecoli,& che
funero conferuatori, et anco
nutrì» bri di tutte
le cofe create
fotto di loro-Siede
lotto la sfera
cclefte, come |:ofa, che
fia durabile, et perpetua
; nelle medaglie
di Dominano, et di
(Traiano fi uede
l'eterni ii,che con la
deftra mano tiene
vn Sole, et con la
ìniftra vnaLuna,col veftimentofcinto,e largo. EVENTO
BVONO. \T** IOVANE lieto,&
ueftito riccamente, nella
mano deftra haueri L.J
vna tazza, nella
finiftra vn papauero, et vna
fpica di grano,
quello >uono euento teneuanocofi
fcolpito anticamente i
Romani in Campi
do ;lio,infiemc con, quello
della buona fortunale
come vna fomma
felici* a di buon
fucceflo in tutte
le colè, però
lo fingeuano in
quella maniera* lolendo intendere
per la tazza, et perla
fpica la lautezza
delle viuande, k del
bere, per la
giouen tu i beni dell'animo
; per l'afpetto
lieto i piaceri, he
dilettano,^ rallegrano il
corpo/per lo ueftimento
nobile i beni
della òrtuna, lenza i
quali rimanendo ignudo
il buono euento
facilmente va* ianome,e natura. Il
papauero fi prende
per lo fbnno, et perla
quiete» nel che
ancora fi
:uopre,&accreice il buono
euento • l EMVLATIONE, CONTESA,
E STIMOLO Di
GLORIA. fXONNA> che tenga
vna tromba nella
deftra mano, nella
finiftra vna L/ corona
diquercia con vna
palma ornata di
fiocchi, et dui
galli alli • iedi,
che fi azzuffino . I
Hefiodo poeta Greco
nel principio della fua
poefia intitolata le
opere k li giorni
con più fimilitudine
moftra
chelacontefadigloriofa fama è ÌK>ltolaudabile,& conucneuole,attefocheper tal
conterà ìi virtuofi
fan-, jo a
gara a chi
può più auanzarei
concorrenti loro, il ien
«mento de i :rfi
di Hefiodo è
quefto prefo dal
Greco a parola
per parola» * nALmulatiìY vicinum
yvicinus m ~ **& 1 *^3 lAddiuitìas
fejlinantcm,bona vero hdc
contendo bom'mibus\ It
figulusfigulo fuccenfet, et fab
rofaber, 1 1 mendicut mendico
inuidet, cantorq; cantori, I quali
ucrfi per maggior
chiarezza noi tradurrcmo^tencndoci 4»cnteal tetto
Cieco. Ilvicinoalvìcmemulfi
moftra Che con gran
fretta le ricche^e
acquisi* •JWa buona è tal conte/a
atti mortali; Uva/aio s'adira
col vafaioy
ìlcantoralcantor,ilfabroalfabrOf £'l
mendico al mendico
inuidia fona. Onde n'è
deriuato quel tri to
prouerbio Figulus figulum
odit, Il vafai odia
il vafaio,quando fi iuol dire,che
vno artefice, o uirtuolo odia
lata della
medefimaprofelEone : però
uediamo ogni giorno
ftudioi'ì, che bi iìmano, et auililcono
le opere dalta, perche
odiano la urna
delli uirti* lì coetanei
fuoi, non fenza
inuidia ; fé
benefpeflò occorre che
quello,cl umidiamo
viuo,morto poi lodiamo>come dille
Mimnenmo* Jnftgni cuipiam viro
proni fumus omnes Jnuidereviuo ^mortuum
autem laudare * Mollo
lo ftudiofo da
vna certa ambitiofa
inuidia d'honorc,ìncitato ci
ftimolo della gloriola
fama, defiderofo deiferegli
folo pcrecceJlenz: nominato, e
tenuto il primo, et fuperiore
a gli altri,
s'affatica, s'ind Uria, et s'ingegna
di arriuare, anzi
tripaflàre 1 fegni
della perfezione leroglificodella
gloriofa fama n'è
la jromba Significai tuba
famam, rjpi iebritatem. Dice
Pieno, la Tromba
eccita gli animi
de Soldati, et gli fi
glia dal
fonilo, Claudiano . Excitet
inceftos turmali bucina
fomnos . La tromba parimente
della fama cicita
gli animi de
vi rtuofi,& li de
«làtfonno della prigritia,& fiche
ftiano in continue
uigilie, alle qualt volentieri fi
danno folo per
far progreflò ne
gli efl'erciìij loro
a perffei fama, et gloria .
Similmente la Tromba
incita gli animi
de Soldati, gl'infiamma aliamilitia,
Virgilio nel Sedo. */£re
ciere virosyMartemq; accendere
cantu. Colila trombadella fama,&:
della gloria, infiamma
gli animi all'eli lattone della
virtù, quindi è
che Plutarco trattando
della virtù mot diffe,
Legum conditore s
inciuitate ambitionem amulationemq;
excitanty ah et qumque* naie certamen
Capitolino
JoMÌfnpkx,muficHm.equefireygymnUumy et aliquant* pluriiénty quam
rime efi eorona'torum ; Nella
tnfcrittione, ancorché non fi
ìbecifichi laxorona di
quercia > nondimeno
d'altra non fi
deue intendere, perche nelle
contefe di Gioue
Capitolino Etgli Hiftrioni
ancora,ficome apparifee in;
quella infcrittioneftant. ata dal
Panuino,da Aldo Manutio,dalloSmetio, et da
Giofetfo Scalile* ib fopraAuiònia, L. SVRREDT.
L. F. CLY FELICIS PROCVRATORI. AB SCAENA.
THEAT. 1MR CAES. DOM11AN .
d'A leliandro Hetrufcìs
corollis kmnij'dtanimn aurei
dàrentur^&tin Sido lp Poeta
"Palmi* [erica, Cioè Palma
ornata di fàfcie,o
fiocchi di fetaiveggfilo
Scaligero in detto
luogo, et giornale del
Turnebo lib. i8.cap.
j. f dan; às*
ICONOLOGIA dandofi non per
altro che per
la vittoria :
onde gli Athenid Bietteuaooogn'anno dui
galli a contendere
in public» ipcttacolo,
ade! fempio dell'Emulatione, come
leggefi in Celio
Rodigino lib. p.
cap. ^ Vfauano anco quefto
in Pergamo. Plinio lib. io. cap.
zi. tergami omniU énnis fpe&aculumgallorumpublice editar
ccugkdiatorura > Et
Polluce lib.j e (limolo
di gloria. EDIF1TIO, O
VERO VN SITO. GLI
antichi per vn
faifo attaccato a
vn filo denotauano
l'edifìcio» ucro il fi
to>& l'opera fatta,
cqnciofiacofa che in
nifTun modo Ci
pi j drizzare gli
edifiiij fé non fi
cerca con diligenza
la drittura de
ì can ti, p
mezzo de
gli archipendoli; onde
nel fabbricare fi
de uè prima
oiierua quello, che tutti
gli cdifitij corifpondano
all'archipendolo, et che noi
habbinomfe(per vfare il
uocabolodi Vecruuio) parte
alcuna d'incili n tionc
all'ingiù . Però fi
potrà rapprefentarc quella
figura per vn
huou I che tenghi
in uoaiaano l'Archipendolo in
atto di adoprarlo
con arte, con giuditio, FALSITÀ D'AMORE,
O VERO INGANNO. DONNA iuperbamente
ueftita, terrà con
le mani vna
fcrena, e guardi in vn
fpecchio. II falfo amante
fotto la delicatura
d'vna leggiadra apparenza
> et (pi •
la dolcezza delle
finte parole, tiene
per ingannate alcole
le parti più
che ine fpecchio nano
tutte quelle cofe,che
ìi fono polle
innanzi, e però
vnal fijnilitudine>che
non ha realità,&
quello, che gli
fi apprefenta alla
fi ftra, mene alla
defila mano, et medefiinamente
quello, che è
dalla de
vicneallaliniflrajilcheètuttoquelio^lie
imporla quefto nome
di fall — 4 ome benifiimo
racconta il Pieno
nel Jib.4».. F AMA. DONNA
veftita d vn
uelo fonile fuccinto
a traucrfo,raccolto a 1
zagamha>chc ìnoftri correre
leggiermente, haucr a
due grand farà tutta
pcnaata>& per ditto
vi faranno un
t'occhi, quante pcnnc,& ^uc'h ui
faranno dola.* b«cche,&
orecchie, neiia dcilra
mano terra troail I I I ! . %2$ troffibiiCòfi ladefcriueVirgilioj&pcr più
chiarezza fermeremo le Tue
paiole medeumerfradottc in
hnguanoftra cefi. U Fama
$ vn malydicuinonpm veloce
'Piccola, al timor prùno,&
poi s'inalba E neffun
altro,rdi volubile^ Fino
alle fìetle, et entra
nella terra r fot
vmei& camminando acquiflafor%e> È
trai mutoli ancora
emende il capo. Et
poco poi foggi
unge. 5 veloce dipiediye
ieggier d'ale Sono
nel co rpo piume,
fon tant* occhi*
'ntsefiroborrédaje gràde,alauale quate
Di [otto vigilanti,® tante lingue Marauiglia da
direj &Mnte bocche
alla guardia del
colmo* a" alcun tetto* )uonan
inlei,& tanf orecchie inalba
y{ OfoprAd'altc, (^eminenti
torri, t fola dinotte mmeigp il
cielfiridendo Le gran
città fmarrendo,et fi del
falfi ìt per Inombra
terrenayne mai china
Come dei aero
è mefaggier iettate:*
t Tocchi per dolce
Conno*® [tede il gìo
rno FAMA BVONA. "X GNNA con
vna tromba nella
mano dritta, et nella
finiftracoflu J vn ramo
d'oliua, haucrà al
collo vna collana
d'oro, allaquale ila er
pendente vn cuore, et hauerà
l'ali bianche a
gi'homeri. Jli^pmba
lignifica il grido
vniuerfale fparfo pergl'orecchi
de gl'imo l'ai*" Il ramo
d'oliua morirà la
bontà della fama,
e la (inceriti
dell'haomo : molo per
òpere illuflri,pigJiandofi fempre,&;
roliuo,& il frutto
fuo in bona parte
; però nella
Sacra Scrittura fi
dice dell'olio, parlando/i
di w rifto N. Signore
in figura, Oleum
effùjkm nomen tuum, EtdeH'Oliua
dii ii Salmo,"
Oliuafraàifera in domo
Domini . Et per
quefta cagione folei
no gl'antichi coronar
Gioue d'Oliua, fìngendolo
iommamentebuo-, 11, &fommamente perfetto. Il
cuore pendente al
collo, fignifjca, come
narra Oro Apollinc
ne ' (di Ieroglifici,là fama
d' vn'h uomo $a bene. L'ali
di color bianco,notano
là candidezza, et la
velociti della fama i
bona. FamacattiuadiClaudiano. Onna
con vn ueftito
dipinto d'alcune immaginettc
rtere,come out. tini con
l'ali nere,& con
vna tromba in
mano, conforme al
detto iClaudjanonel
lib.de'Ua guerra Get;ca,contro Alarico. F'-imaq; nìgraìttss
juccintlapaimnibki $tas .
>ono l'immàginette notate
perdei timori, che fi
accrefcononcl ere i'crela catt'ua
fama. L'ali nere moft'rano
rofcu-rit'à dt4ramo«v& la
-ford ctezza . Fama chiara ne
Ila medaglia di
intonino. ir 'N A beiiiminìi
;rMira" MM'Wtì Mercurio
coni talaria' piedi, et >1
al capo,fopra il
braccio fìniftro tenghi
con bella gra:iavhpanno,& [Ulano il
caduceo,^ nella deftra
per lo freno
vii cauallo Pegafeo,che i
■"..con i piedi
in aito pei' volare. ■UìgjjgdiMcrcurio cuni
:aia.i,&csdjccbifigaifica
la chiara fama S
per» I) titf ^ pcrciochc gli
antichi Jo finfero
auntio di Giouc,]c
per lui ^incender parlare, cioè
l'efficacia della voce
ȓ&dcl grido, che per
tutto fi ipandi et l'ale
che tiencin capo
fignifìcano le parole
veloci. . II cauallo
Pegafeo s'intende per
la chiara fama
di Antinoo vclocctnei te
portata,& fparfa per
l'vniuerfo . 11 freno d'elfo
cauallo goucrnato da
Mercurio; ci dinota,
che la fam è
portata dalle parole, et dalla
voce, che fuona*ialÌe
virtù degliUuftì fatti de
grhuomini>& che tanto
più,o meno cotal
fama peruienc al ma
FAMA CHIARA. dp,quanta et dal
pacare de gl'huomini
è acci ta^& fparfa.
-, Et il popolo
Romano per honorare
Domitiano fece battere
in vna e fciolto la
poppa che a
la calìa appefa
pendo E di fnngue
ogni vena ignuda,
è [coffa Sembra
vnapaUa a uentofen%afìai* tyallido,e cre[po,magro>c ofeuro
ha il voi
Ventre nel uétrefuo
non fi comprende te
deBa pelle fol
vettite Coffa (to
Ma il loco
par che fìa
già uentre Hata \E
dell'oca congiunte in
varìj nodi ^affembra
in fomma l'affamata
rabbia Trafbaion varie forme,
e vmì modi.
Doffa vn'anotomia,chef anima hahbia f
FA Ti Ci. gOnna
giouane mal vcftita,
di color verde,
in mano terrà
vn libro aperto, dando
in atto di
leggerlo yóT a canto
vi lira vn
uitello,o eneo. ' La fatica,fceondo il
detto di Cicerone
nel 2. delle
Tufculane,* vna cer a
©perationedigrand'attioned'animo,
o di corpo, et fi
rapprciènta ve» ita di
verde,perehe la fperanza
JaricHòpre,& la mantiene . i
Si dipinge giouane^ercioche lagiouentù
e atta alla'fatica
più d*ogn*ai :a età
ddì'huomo. Et Ouidio
nellib. a.dc arte
Amaadi volendo diroorare,ciie nella
giouentù fi deue
durar fatica, cofi
dice ».$uvires>animiq. fintini
tolerate tabtres lamveniet
tacito curva [eneftapede.,
Col libro fidimoftra
la fatica della
mente, che s'apprende principalmente per mezzo
de gl'occhi, come
ftradapm fàciledicognitione in
ojni proposto all'intellètto. Quella
del corpo fi
rapprefenta per lofìgni* icatodcl giouenco conferme
al detto d'Ouidio
r,ei hb. 15.
delle Meta* iorfofi doue
dice C&delaborìfericreduntgaudere
imenei, FATICA. "Ofina
robufta,& veftita di
pelled'afino > in
maniera che la
teftadeli'afi no faccia l'acconciatura delii
capelli,efl~endo quell'animale nato a
fatiea, et a
portare peli :
s'aggiungeranno ancora alla
detta acconciala due ali
di Grue,& in
mano terrà i
piedi del medefimo
vcceHo,ilquaIferue per memoria
della fatica, perche
è antica opinione,
che inerui ijll'al-i,& de
i piedi di
Grue portati adolTo,fàccino lòpportareogni fatitsageuolniente,&: fenza
akùndilpiacere,comeaueniice
Pierio Valeria^.fi al
libro 17. FATICA ESTIVA. ^ 7N
A giouane robufìa,
veftita d'habito fuccinto,
e leggiero con le
''W' braccia nude,ehe
con Jadeftra mano
tenghi vna falce
da mietere il Émo>& con
la finiftra vno
feorregg iato finimento da
batteri! frumenf3ni& apprcfiTo
vi fia vn
bue, 3iouam-, et robufta
fi «lipinge, per
tfier in quella
età le forze
del corsia die inaine
yigorcie»s& anco più
atte alle fatiche,
come bene lo ^dijroìi ra Guidi cj iib.
15. Metamorfosi. S a
Fitq; 1*8 ICONOLOGIA fittjue yaiens
iuuenisinequecnim robuftior £(ms
Vllflynecvbcrior>n?cqu4magisardeat-vlla. L'habito fuccinto,
&^ leggiero, e
le braccia nude
diinoftrspo U
fpofitione,&prontezza,chcii
richiede all'operatione,rinH come
diflfuiamentc legna
S.Tommafo eontragenriles lib^.cap.pj» FATO. HVomo vcfl ito
di panno di
lino, per la
ragione fopradetta,haueri
capo vna
flclia,neUa man delira
il Caduceo di
Mcrcurio,nellafi lira *ra Conocchia
col fufo, ma
che il filo
fia tronco nel
mezzo» Le ragioni, che
fi sdegnano alle
dette eofe,fono quelle piimieran te,
percheìl fato fi
tiene per diuolg.ua
opinione de fami
della gentil; che confi
Ha nella diipofi
tione delle iìelle,&
che tu tti
li noftri humani fari,& importanti
negotii trapaflìno,fccondando il
moto d'elfo, però >• pra
i\ capo,come dominatrice
fi dipinge la
ftella detta * 11
Caduceo denota la
pò tt fra
del fato,cuero vn
certo diurno fpiritit mc:o,'p«r]o quale
non lolsmentc la
mente noftra, ma
tette le cofc
ccr tean * .?*?■ le ancora
dicevano «flèr motte
y& governate y&ctcdc&zno dì
piàlgca* tili,che fufie vn
certo vincolo>co'l quale
noi venimmo obbligarle
riftrctti con l'ifiefioDioAchecOn noilaneceflìtàdi quello
mede Sia© ad unaffe tutte k
cofe^ Lo dipìngevano con la conocchia,
ÓY* coni! Fufc^perche
coli fi moitra il
debolifsuno filo de
noftn giorni, attaccato-allc potente
deiCielo . F A V ORE.
GLI antichi fingeuano vn giouarie ignudojallegro,coà
Pali.allc/ba!Jc>con v«a benda
a gfocchi,e co'piedi
tremanti,fraua iopra vna
ruo :a.Io non so
uedere,per qual altro
fine coli lo
dipingen%ro,fe non per
ditnoftrare i tre
fonti,onde fearurifeono, '&
denuono tutti i
favori . li primo è
la viitù,figmificata pe
r l'alida gKantichi
fpeffe volte, per
mantenere la metafora -del
volo dell'ingegno . lì
fecondo è la
fortuna, dalla q uale
iiceuano haver Jc ricchezze,
&" per/quelle la
nobiltà, le quali
due cofe principalmente
danno,& mantengono il
fauore viuoj& gagliardo, et la
fortuna è dimoftrata
con la ruota,
pcrJa ragione dada-fi
a fuo luogo,
l'al:ra cagione del
fauore è il
capriccio, 6V inclinatione
di chi £auoriicof enza alcun
fine ftabile,o fenzaipronc d'alcuna
cofa ragionevole, et que^
lo uien
lignificato perla cecità
de gl'occhi corporalità
quali s'imparaci* cr corto
il conofcimeato dell'intelletto, et qveftefono
tre cagiona Si poflòno-ancora con
qvefte medeftnie cofe
lignificare tre effetti
d'eli b>cioè l'afi l'ardire,
che fi àa
dal fauore per
impiegarli a grand'impréfei ja iuperbia,che
toglie Ja uirtù, et la
conofeenza delle perlòne
mengranii,ilchc fi nota
nella cecità,& il
dominio della fortuna,
che per lo
più fi [onfeguitce per
mezzo de' favori,&
ciò perla ruota
fi manifeila. Però
que ioli dice fecondo
il vulgo, non
douendo noi attribuire
dominio alcuno pia fortuna^dipendendo tutto
dalla diuina previdenza:
Et in quello s'hi la feguitare
la ueriti,infegnataci da
S.TommafoContragentiles ? e 02
FAVOR E.
*-Ì I 7N Giouanearmato, con
uno feudo grande
polito in terra,
oue fari V dipinto
il mare con
vn delfino, che
porti fopra il
dorfo vn giouile,
che fuoni la
lira, ótcon la
mano dritta terra
vno feetroabbafiato uer* 'bla
terra. Si dipinge il
fauore armato per
l'audacia di feoprirfi
vigorofo nello • mprefedi molta difncultà, alle quali.fpeùo s'amfchia,
ÓV ne efee facilmente cen honore. Lo
feudo è fegno,che
1 fauori fono
difefa della fama, et della
roba coleeffo è
fatto perdifefa della
vita corporale'. ' *
1 II
Delfino nel modo
detto, accenna Ja
fauolad'Arione nobile fonato! fcjilqualeperinuidia d'alcuni mannari, effendo gettato da41a barca
helkjacque fu da
quello pefee amore uolmen te portato
alla ri uà,
ìlqual'offitìo ! può prendere
in quelVo propongo,
perche il faucre
deve ei.ìcr lenza
obli j. -,&: lenza danno
di chi lo
fa,ina con ucile,&
honore di chi
lo nceuc lep.i
qualità fi vedono
zfpixfìz neh'atuom 4el
Delfina, che tene* fuo $ j
feo1 »5* fcoraodo porta
il fonatore per
l'acque, fic, gli
fai uà la
vita Si dice ancora
cfTer portato vno
che è folieuato
da fauore> et per me,
zo d'effi facilmente
mene a termine
de Tuoi dcfiden; .
in cambio del d
fino fi
potrebbe ancora fare
vna Naue in
alto mare, con
vn vento, che fpinin poppa,perdimoftrare>chcil fauore
è l'aiuto, che
s'hi per lo e
pimentodedefiderlj. Lo feetro piegato
uerfo la terra
è iliegno, che
dauano i Rè di Perii; per
fauorire i uatìàlli
> toccandogli la
tefta ^ perciò
fi legge ncH'Iflone
Sr cre>chc Affilerò, Artaierfe
dettodagli fcrittori profani,
per fauonre Eft fua
moglie, le toccò-eon
lo feetro la
tefla .Gl'antichi ancora, dipingeuono
il fauore col
dito più groffo
della m% ao. piegato,, di
che fi può
uederc la ragione
appreffa il Pierio,
&f aluj Scrittori • Fecondità
nella Medaglia di
t^famea, D Orma, che
con lafiniftra tenga
*aCornucopia,& con Iadeftramejjj| per mano
va fanciullo . Si fa
il Cornucopia^per adoprarh*
ancora quefta parola
ài feconditi me iaforicamente nella
terra,, ne gì' Alberi,
ne gl'ingegni, &^
inogm alti cofa buona» fecondità nella
Medaglia di Faujlina
.. D Orina fòpravnlctto.gcniale,& intorno le
fcheraino due fanciulli fede nella
Medaglia di Vtautilla» VN'huomo con
vna donna, che fi danno
la fede ftringcndofir
la do Ara mano. FEDE
CHRISTIANA. DONNA inpiedi
fopravnabafe,ueftitadibianco,ndJafinil!raha rà
vna Croce.,& nelJadefira
vn calice . La Fede
è vna ferma
credenza,per l'autorità* di
Dio, di cofe
cne per gomcnto non
appariscono, nelle quali
è fondata la
fperanza Chrifhan Si rapprefentafopra vna
hafe,per dimoftrare,che elia^ome
dice &A brogiohb. i-.de
Patri, Abr.cap.2. tonicela
baie Reginaditutte far" uirtu,poiche fenza
di efià è
imponibile piacereà Dio
xcome dice S. Pr
adHebr.cap»u. Et. fi fa
in piedi, e non a
fèdere, con v»
calice nella deftrarpcr
lignifica re leoperationi corrifpondenti ad
efì'a,effendo che, comeattefìa et Ago
flino lib.de fid,&Loper.cap.ij tom.4.&
S.Iacomoalcap.2 Ttrfidem,fi* §peribhs nemopotcjtjraluari,nec
iufiifiiarij nani fides fine
operibus monna ejl,c tx tpcribusconfumatur. Si
che con l'opere
douemo leguitare la
fede ■'' ftra,poiciic quello
ueramente crede, ìJquale
eièrcita con l'opere
ciò crede;dice S..Agofriiio fopra
S, Matteo ai
cap. i l.T{pn
eaimfais tfi ere [ed
vidend'um ejir vt
credatitr. Et perche due
principali capi d'cfiaFedejCome dice
S. ?nolo,fcno« deve in
Cinifk) Crocili i':o,&
ad Saciameato dfcU'Altaie
: però fi
dipi t'-. ù ..i
Olvcc, ecol Ca'itc. FEDE
CHRISTIAN AVNA vergine
con hàbitobianchifsimo fopra
una pietra quadrata-*» con la
delira terra eleuara
vna Croce ',.& con
ella vn libro
aperto, guardandolo
flflamente,& col dito
indice della liniera,
additerà toccando quali l'orecchio
iuo;lafciando da parte
Xefplicatione dell'altre cdfe già
dette di fopra.
«i Si rapprefenta col
dito all'orecchio, et col
libro aperto, perciodie
dite fono 1 mezi per apprendere
la Fede fanta,vnoèl'vdito, et queftoè
il prin cipale,dicendo S.PaoJo
ad Rom.cap.io. Fiati s
ex auditu^auditusautem per -verhum
Chrisìi;L'zìtro è il
leggere 1 libri
Canonici,& queftoè men
potentc/Viutis eil.n.Jermo Dei^r
etficax,&
pemtìabilioromnigiaÀioancipitiypertin-* gens yfque
ad Aiuìfionem anivuìaie)Che
icmofolo priuatione d'efia-eofi
dobbiamo noi crederebbe
chi hi iede perfetta,^
armata con la
carità, habbia l'eflere, et viua, cVchi
di uefta fia priuo,
s^uuicini,ó fia in
tutto profilino alla
priuatione, et alla tiortc
eterna ; l'vno
ci dine Chrifio
N. S. in
quelle parole . Qui
eredititi te ctiamfi mortuus fuerit
viuet ; L'altro
s'hà del facro
firn bolo di
Santo ithanafio . U&c efifides
Qitholica, quam nifi
firmìterquccr€el bianco, che
la e fra
tutti La [anta Fé
vtfiita in altro* modo
Che vnfol puto,vnfol
neo la può
farb E perquefta cagione
molti incorrendo, in
vn folo errore,con
per che . Quiimm delinquit fctJus
e fi omnium
reus ~ Lamano,che tienefopra
il petto, moftrache
dentro nel cuore
fi, ripo . ) fa la
uera,6Y'uiuafede,& di quella
faremo premiati ideila
quale dice $ GiouanninéirApocalifli &lczp-2.Eflofifclis vfqyadmortemy&dabotibiyiì cit 'jDcminustPorammviu, Non
dellafinta, che molte
uoltc fi moftra
nel ja mortificata apparenza
de' corpi . Nell'altra mano
tiene il calice >
fimbola della Fede, doue
fi foftenap tutte le
noftrc Iperanzc,^ il
fine dc'noftri defideri;*
efiendo h Fede
vij ferma crevfcnza^fuori d'ogni
dubbia confidatane! ccrtoeflerc
di Dio, i ;Pt0mdCiWa'&TrBft-ATToi.ICA. .C DONM
. %ss DONNA ueftita
di bianco,con l'elmo
in capo, nella
mano dtftra te** rà
vna candela accefa >6c_ un
cuorc>& nella iìniftralatauola dell» iegge
uecchiainfieme con un libro
aperto.Ia Fedcicome una
delle uirtù Teologiche
tienei» capo l'Elmo
per dimoftrarer cheperhauereiauera Fede li deuc
mantenere l'ingegno ficuro
da' colpi dell'armi
nemiche>che fono le
ragioni naturali de'
Fiiofofi,ck !e fofìftichc ragioni
de gl'Hereuò, et mali
Chriftiani,tenendoferma la
nente alla dottrina
Euangelicar &a' diuiai
comandamenti, dicendo San Gregorio
nell'Homilia io. che ; Fides
non babet meritum
yvbi humana rati» irabet experimentum. Il libro
con le tauole
di Moi fc>
fono i 1
teffamenta n uouo, 5>C
vecchio nfieme,comeprincipal
fomma di ciò,che{ì
deue credere*,che fono
li rommandamentidi Chriflo S.N.
infieme con quelli
della vecchia legge* per
conformità del detto
f«o, che dice:
Non fono venuto
a diflruggere A legge
ma adempirla. Il cuore
in mano con
la candela accefa
moirra rilluminatione della i^entc
nata per la
Fede, che difeaccia
le tenebre deH'infideltà
> et dellV ^oranza,diccndo S.Ago(lino
fopra S.Giouanni al
capitolo nono: Cecità*
fiinfàelkasr&ittuminatiofides T Però
per antica ceremonia
nel facrificio Iella Meifa>& in
altri atti Ecclefiaftici, fi
vede i'vfo de'
lumi,& delle torrie
accefe, delchediffufamente tratta
Stefano .Durante > de
ri tib* Eccl. iij.t.cap.rp, FEDE NEL
V AMIC1T I A,
r\ ONNA
vecchia,& canuta coperta
di velo bianco,
col braccio do* Lx
ftrodiflcfo,&:
d'vn'altro velo fari
coperta la delira
mano* Tienecoperta la mano
delira, fecondo l'ordine
di Numa Pompilio
Rè fe^Rpmani nel facrificio
da farli alla
Fede,per dare ad
intenderebbe fi ha faféruarela Fede
con ogni fincerità
all'amico, poiché '.Fides (come
dice htàgorsÌEBamorìsfuttdamentum^quafublafaytotaamicitU lexy
ius, yis, ae ntio
peribit . .Rapprefentaffcanuta,
e uecchia,perchecofì la
chiamò Virgilio, ilche licniara vn'interprete, dicendo,
cheli troua più
fede ne gl'h
uomini, che tanno per
molti anni maggiore
efperienza; et aggi
unge per moffrare-»» :hc non
balta conferuarc la
fede per alcun
tempo; ma biiògnachc
fia^r perpetua. Racconta di più
Aerane, cjje facrifieando
alla Fede il
Sacerdote, fi cornila nonfolola delira
mano con bianco
uelo, mail capo
ancora, e quai
tutto il corpo,
per «fimoft rarefa candidezza
dell'animo, che deut eifer compagna della
Fede nell'amici da. bFEDE
MARITAIE DONNA ueftita di
bianco, con le
prime due dita
della delira m&m tiene
vn'anello, cioè vna
fede d'oro* et un'altro
meriteuolelb Iciaeadere in mife'egli
non è giuditiofo'in
drizzare il camino
della 'vi ta fùa
per loco eonueniente,non è
pofiìbile, che uengaa
quel fine >
ci deiideraua nelle fuc
operationi. FEDELTÀ. DONNA
ueflitadi bianco,eon due
dita della dcftra
mano,tengJ> | vn'anello, ouer
figillo, et a
canto ui fia
vn cane bianco . Si
fa il Cigiììo
in-mano,pcr legno ài
fedelri,perchecon elio fi
ferrano I nafeondono li fccreti
> Il ceue perche
è tìdelifsimo hauera
luogo appreffo quefta
imagine f I l'autorità
di Plinio nel
lib.8 deU'hiftoria naturale, doue
racconta in pi ticolarc
del
canediTitoLc'.bienouedutoin
Roma nel confofctod
Ap{> Iunior Publio Silio,ilqualc
encndoil fopredetto Tito
in prigione nòt i
parti mai da
giacere per quantopotcua
vicino a Jui,&enendocglifìn« jnente come
reo gettato dalle
leale gemonie fuppliciochc
fi ufaua in )i
ina à
quellijche eranocondannati dalla
giuflitia, (la uà il
cane in tome 1
corpo del già
morto padrone, moftrando
moltifsimi effetti di
dolore;* -portando tutto il
cibo,che gli fi
daua^Ha bocca d'elfo,
effondo alla fin il
cada. %J5 sadatiero gettato
nel Teucre >
il cane ancora
di propria uoglia
ui fi gettè eggendo
lòpra l'acque per
buono ipatio quel
corpo con infinita
mera» ugJia de' riguardanti . Si legge
anco in Erafllod'vn
CaualierRomano,che haueuaun 6gliuo3
vnieo nelle falce,
apprefib alquale dì
continuo ftaua vn
cane dometao di
cafa,&^auuenne>che
facendo/i vn giorno
nella Città alcuni
gio~ hi militari, ouc
il Cauahere doucua
interuenire, volle la
curiola^ ja moglie interuenire
alla fetta, et hauendo
ferrato il fanciullo
còl cane i vna
medefima ftanza^onducendo feco
tutte le fue
ferue, fé ne
andò io ra vn
palcodellaeaCa, donde il
poteua hauer della
fella trattenimento;, fcì in
quel tempopcr vna
feffura della muraglia
vn'horribil ferpente >
ót ndatoiencalla culla per
uccider il bambino,
fu dal cane
alfa! ito,& uccifrettando
eno folo infanguinato
per' alcuni morii del
ferpe, a caio
iruuel combattimento del
cane, et del
ferpe la culla
fi uòltò fottofopra
; la, alia allo
ipcttacolo del l'angue, et della
culla riuerfata, "ritornata che
fupnietturando la morie
del fanciullo r
portò con lagrime
al padre la
falla uouaregli infuriato per
tali parole corfe
alla ftanza,e con
vn colpo difpa i
l'innocente cane per
mento di fedeli^
diuife in-, dueparti,poi
pian^ stufo andò uerfo
laculla, et credendo
vedere le tenere
membra sbrana^ t trouò
il fanciullo viuo>e
l'ano con fua
grandi feima allegrezza, et meraÌglia,poi
aecorgendefi del Jerpe
morto y uenne
in cognitionc della
ueriidblendblìinfinitamcnted'hauerdato
all'innocente animale la
morte, li ricompenfa della
rarifsima fedeltà* . Molt'altri
cflempi, raccontano ditó
altri auttori in
que/to propoiìco>a noi
batfanoquefti . FEDELTÀ. ]"V
ONNA vcffitadibianeo,conla deftramajiotienevrMchiane,& ali*. .J
piedi vn cane, La
chiaue è inditio
dì. fecretezza, che
fi deue tenere
delle cole apparterntialh fedeltà
dell'amicitia,;lehe ancora per
Angolare influito eh
naIra la fedeltà
fi lignifica perii cane,come fi
è detto in
altre occafioni. felkit amila medeglìadi
(jmlìa et nella
finiftrail Cornucopia pieno' frutti > e fiori. jjla
felicità è vn
ripolb dell'animo in
vn bene fommamente
conosciuto,, jdefiderato, et dcfid'erabile,
però fi dipinge
a federe, col
Caduceo m lego
di pace,& difapiensa. H
Cornucopia accenna il
frutto confeguito delle fatiche,
fenzalsquafc ìmpoifibile arauarea-ilafelicità, che
per mezzo defiefi
conofee, 5r «idera. Mori fono
inditio d'allegrezza, dalla
quale il felice
fiato non fi
c'iside |maij lignifica ancora
il Caduceo la
virtù, cV il
Cornucopia la r:cchcz~ fcexp. felici fimo
tra di noLcolOroyeli^h^nno tanaba:u
temperali, che Iiof%lé poflòno
prouuedcre al le
neceflttà del corpose
tanto virtnofijche pòi suggerir quelle dell'anima . FELICITA ETERNA. GIOVANE ignuda,con
le treccie d'oro,
coronata di Iauro,fiac la,& rifplendente,
lederà iòpra il
cielo (Iellato, tenendo
vn a pali nella finifl
a n.ano, et nella
deft ra vna
fiamma di fuoco,
alzando glocj in alto,
con legni d'allegrezza . GioLiane il
dipinge, peraoche la. felicità
eterna non ha
feco, fé norl legrezza
perpetua, lauitu uera,
bene incorrotto, cV
tutte le grane
pJ colan, che ieguonola
gtouentù, &c" delle
quali l'altre Uà
lono ni t'eì
tcuitienire alia ricadi)
perorriarfii, ma tutto
il bcniu'Cj ex 1*
. ìj? 1
eapcllrd'oro fonoi penfien
foaui di fempiternapace, et ficuracon» lordia . in
quello figniticatoèpigìiato l'oro
ancora da Poeti,chcèla-> priaa etàiucorrotta
da gi'huomim, quando
fi viueua fen za
contaminare le kggi. Ponila federe
fopra il Cielo
itellato,pcr di moftrare,che laverà
felicilische Colo in Cielo Ci
godevo n è fogge
tta al rapido
corfc delle flelle,
de ilio fcambieuolemouimento
de tempii La corona
del lauro con
la palina inoltra
^che non fi
può andare alla: feliciti del
Cielo,fe non per
molte tnbclationi, efìendo
vero il detto
di >\Paolo,che dice. J^nn foronab*:urnifiyqiulegitimècertauerit.
La fiamma ardente dimoftra
l'amor cfi I>io,&
il
miraraltolacontemjlationedi
lui, perche in
ambe due quelle
parti coiiiifteia beatitudine k
la compita felicità . FELICITA BREVE DONNA
ueftita di bianco* et giallo*
che tenga in
capavnacoròn» doro^ìa cinta di
varie gemmc^nella mano
delira haueràvn fcctro, lenendo il
braccio
alto,alquales'auuitichi con le
fuefrondi vna zuccha» Ihe
forga dal terreno
vicino a' piedi d'eflà>con
la fìniftra tenga
vn bacis pieno
di monete, et di
gemme ., lì veftimento
bianco,e giallo è inditio
di contentezza,la corona,&
lo :etro di fignona, et il
bacile di gran
ricchezze, nelle quali
cofe la brec,&
vana felicita confìtte
afiìmigliandofi alla zucca,
laqualeinbrcuiimo fpatio di
tempo altiflìma diuentata,in
pochifsimo tempo poi
perde igni fuo vigore, et cade
a terra, il
che è conforme
a queicatdiflc l'Alato tradotto in
nofira lingua. Crebbe la
xuccaa tanta altezza,
ch'eli*,A vn*altifìimo Tin
paftè la cima, M
mentre abbraccia in
quefia parte,ein quetld
' 1 rami fooi
fuperba oltre ogni
fi ima ElTin fen fife,
e atei cofi
fauellct Treue e la
gloria tua ;
perche non prima Verrà
il verno divette, et giaccio
tinte. Chefia ogni tuo
rigor del tutto
efìinto . FERMEZZA DONNA con
le mer&bra grofle,d'afpetto robuf!o,ueftita tf'azzur\f
ro> 6^ ricamato
d*argento,comc di ftclle,&
con ambe le
mani ter ivna torre. iQuefta figura
è formata in manierarne facilmente
lènza molta dichia *tioneiìpuòintenderc,p«ròpernonci trattenere,
ol e non
bifògna, di* I folo,cheil
color della velie
con le ftelle
nfie fcolpiteui fopra,
moli ra* ' )
fcrmezza,per fimilitudine della
fermezza del cielo,ilquale
per la fra f
rfettione,fecondo il tutto,
non è foggettoa
mutatione locale, ne cortttiua, et non
può in modo
alcuno vacillare in
alcuna parte ♦ -.; FER. aj8 FERMEZZA,
ET GRAVITA DELI/ORATIONB. SCRIVE il Picrio
nel primo libro
de fuoi Hieroglifici,
che quand Sacerdoti Egittii voleuano
dimofìrarc in pittura
la fermezza, grauità dell'oratione, faceuano
Mercurio fopra vna
bafe quadrata ien piedi,ilche dimoftraua la fermezza
>& forza delle
pa roJeeflegu ite,
lo quali fenza l'aiuto
delle mani, o
piedi poflòno per
iè ftefle fare
i'offitio, che da loro
s'afpetta. Fortezza d } animo, et di
corpo . DOnna armata dicorazza,elmo,fpada,e lancia,nel
braccio finiftro, nendovno feudo
con vna tefta
di leone dipintaui,fopraallaqual 'namazza,per
quello s'intende la
fortezzadel corpo,eper il
capo di ' ne,lagcncrofità deU'animo,e
fi vede coli
in vna medaglia
molto antica Fortezza, et valore
del corpo congiunto
con la pruden%ay et virtà
dettammo . DOnna armata di
corazza,elmo, et fcudo,&
nella delira mano h
bia vna
fpada ignuda, intorno
alla quale vi
Ha con bei
giri auu to vn
ferpe,e fopra Telmo
habbia vna corona
ài lauro co
oro intrecciati con vn
motto per cimierojche
dica : HLS
FR VGIBVS. La
fpada fignifi ca la
fortez2a,& valor del
corpo,e la ferpe
la prudenza, et virtù
dell'ai mo,con le quali
due virtù fpefTe
volte fi vedono
falirc gl'h uomini di vii
«ondi tione alla trionfai
corona d'alloro,cioè ad
alti honori deJla
militi^ Forte%z? del corpo
congiunta con la generefità
dell'anime. DOnna armata,come s'è
detto,nelladeftra tenga Ja
CJauad'Hercolt in capo per
elmo vna tefta
di leone, fi
come fi vede
nelle ftatuc antiche. Fortuna.
DOnna co'l globo
celefte in capo, et in
mano il cornucopia.
l\ glob celefte dimoftra,
fi come egli
è in continuo
moto? coli la
forcul fempre fi muoue,e
muta faccia a
ciascuno hor'innalzarìo» è lior
'abbai -. do,e perche
pare che ella
fia ladifpenfàtrice delle
ricchezze, et delli b
Ili diqueftomondo;però fclc
fa anco il
cornucopia,perdimoftrare, ci
non altrimenti quelli
girano di mano
in mano, che
faccia il globo
ce, Ìle,onde diflc AufoniaGallo . Fortuna
nénquamjtftit in cGdcmfìatiiyfetnì moueturyVariat)&' mutai
vices, et Jumma
in imum vcrtit,iic
rcrja erigit . P anco
lignificare il globo,che
la fortuna vien
yinta,e imperata dalla
difj iitionecelefte,laquaIe
è cagionata, et retta
dal Signore della
Fortuna; della natura^
fecondo quello ch'egli
ha ordinato ab
eterno. FERMEZZA D'AMORE.
DONNA d'ornati lsimo habito
veftita, per acconciatura
deka hauerà due ancore,
che in mezzo
con bella ligatura
tengono vi cuore
humano>con vn motto
che lo circondi, et dica
Xfctis cjìfnmiffin F1VMI, E
PIÙ M A
TEVERI SI vede il
Teucre ra;ij rclentaro
in rricJct luoghi
in Roma, &paim larmente nel
Vstic*jìiii vjiabeiiilsima Hatua
d\ uMn*iC:chcfw | rendo .
2%f crido > et fotto
il braccio, deliro
tiene vnà nipa,fottò
la quale fi
véggioio due piccioli
fanciullini, che con
la bocca prendono
il latte da
efia. lotto il medefimo
braccio tiene vn'Vrna
dalla quale efcc
acqua in granliisima
copia, ha nella
finiftra mano vn
cornucopia pieno di
varii frutte con la
delira mano tien' vnremojhà la
barba, et i
capelli lunghi,©^ : coronato
da vna bella
ghirlanda di uanj
frutti, e non. Il Tcuerc
è fiume d'Italia,
ìlquale efce dal
deflro lato dell'Apennino, t diuide
la Toicana dall' Vmbna
> e Campagna,
come ancq là
città di Loma^ . ì, Si
dipingono ifiumi giacendo
jperdimoftrarc, che la Joro proprietà è andare
per terra . |I due
piccioli fanciullijche prédono
il latte dalla
lupa,fi fanno per
me* tona di Romolp,e
Remo fratelli,fondatori di
Romani quali furono
tro kjti àllariua del
Teuere
efpolti,chepigliauanoil
latte da vna
lupa. I Si corona
detta figura in
memoria delle vittorie
de* Romaniche per ò
fi uede il
ritratto in alcuni
luoghi,chc detta figura
ifia coronata non.» lo
de* fiorile frutti,
ma di lauro. i
II corn ucopia
con la di
uerfiti de* frutti,fignifica la
fertilità del paefe, bue
pana. oliremo dimoerà efier
fiume riauigabile,& commodo
alle mercantie. Teuere come
dipinto da Virgilio
nelfettimo dell'Eneide .
landò in
ripa del fiume
ilTadre tnea Da
gl'oppi folti tra
le fpeffe fronde t
Sotto l'aperto del
polì 'a giacere 'Parue ch'vfcijfe
dal tranquillofiume, ; Diede
alle membra al
fin breue ripofo,
Veflito d'vn fottil
ceruleo velo f£t ecco
il Dio del
luogoyil Tebro ftefjo
E difrondofa canna
cinto il crine. II
ueftimento del colore
ceruleo fi fa
per dimostrare la
chiarezza deleque >cflcndoairhora più
chiara, quando meglio
riceue il colore
del lo,&pcrò fu dimandato
il Teuere Albula
da principio,che poi
da Ti-* fino Re
de gl'Albani nel
Teuere fomaierfo, fu
chiamato liberi, 6*^, i
Teuere. otraffi anco far il velo
di color flauo,
perche cofi lo
dipinge Virgili© 7-deIl'Eneide. fe multa flauus arena
Tyberis . Et Horatio.
Vidimusfiéuum Tyberim . jla ghirlanda
di canna che
gli da Virgilio
conuicne à tutti
i fiua.i,per« 5 facilmente
nafeono in luoghi
acquofi. ± ARNO. 7 N
vecchio con barba,
e con capelli
lunghi, chegiacendofia pofaa
*2 conVng°mito fopra
vn'Vrna,da]laqualeefca acqua,
haueri fitta figura cinto il capo
da vna ghirlanda
di faggio,& a
canto vi farà à
"ere vn Leone,
ilquale tenghi con
le zampe vn
giglio roflò,chel'vnd Itro dinotano
l'antica arme di
Fiorenza, principal Città di
Tofcana* fmezo della quale pafla
l'Arno. ' icefi che
altre uolte i
Fiorentini fi eleffero
per loro infegna
fra tutti ^ingiglio bianco
in campo roflo:
ma poi per
alcune difcordié natt,
tra *+• tra di
lorOfCome racconta Cri ftoforo
Landim, clcncro il
Giglio rotta ia campo
bianco. Elefiero parimente fra
gl'animali il Leone,
Ci come Rèdi
tutti gl'ani. mali,e fra
gFhuomini eccellenti per il lor maggior
figlilo Hercolc. Gli iì da la
ghirlanda del faggio
per dinotarc,che l'Arno,fecondo chi racconta
Strabone,efcc dal lato
deliro del monte
Apenmno da vn
Ilo. go chiamato Falterona,
oue è gran
copia di faggi . Scende cjueftoiìumcdal fopradecto
luogo, da principio,
come vn t4 fcello
d'acq uà fra
Urani balzi,e ftrabocchcuoli luoghiA
valli verfo i'QN cidente,e poi
entrandoui molte forgine
d'acqua, torrenti, et fiumi
fi in* groflà,& laffando
alla fini/Ira Arczzo,entra
nel Fiorentino>& parlai
Firenze,& la partifee
indueparti, et quindi
fccndendo a Pifa
parimenti quella diuide,e poi
corre alla marina,
oue finifcc il
fuo corfo . Si può
anco dipingere detta
figura con ilcornucopia,attcfo,che dow egli
pafla fono luoghi
fertili di 1
ofeana. PO. DA diuerfi,& in
particolare da Probo
è flato dipinto
il Pò,non Col che
fi appo£gi,come gl'altri
fiumi all'vrna,e che
habbia cinto il« };o
di ghirlanda di
canne,ma c'habbia la
faccia di toro
con le corna. Dipingeiì in
queiraguifa,percioche
("come racconta Sermone
Probe j ! fuono
che fa il
corfo di quello
fiume è limile
al rugito del
buc,come a co le fue
ripe fono ineuruateà guifadi
corna . Per la dichiaratone
delia .ghirlanda di
eanna.ci fcr uncino
dell'ai ri tà de gl'antichi,
perciocheioro coronauano li
fiumi di canne,
perei come riabbiamo detto
nella pittura del
Teucre, la canna
nafee,ecrr meglio ne 1
-I doghi :acqùo fi, chc-ne
gl'aridi . • Si potrà
aocodipingcre'queito fiume vecchio
con capelli, è
barba hi ga cànuta>& éome
Gabbiamo dettò, che
s'appoggi all' Vrnà> dalla
qoa efebi copialterr, cor
vna delle mani
il corno di
douitia,econ l'altra vn
ramo d arbore,da ìq le fi
veda lagrimare humorgialta Hauerà in
capo vna ghirlanda
di pioppo, per
moftrare non folo
ci -quefiofiume è circondato
da queftì arbori,
aia per memoria
di quel1 che firacconta
fanolofa mente delie
forelle di Fetonte,
ìlqualefù fulrr nato da
Gioue,& fommerfo nel
Pò,& effe trasformare
in ; pi^ppeal !a 1
uà di
quello fiume, come
anco Cigno Redi
Liguria in Cigno,
elìcci ciòvifrdipinge,ancoil
detto vcccllaycdendoiènc di ciiì indetto fiuil gran^Uarmtà. E.qucfto fiume
Aottfsirhòin
Lorahardia^lqualenafcendgrembon raltiffimomonte Velalo
dalli confini d;
Liguri Gahiem con
chia nìiiJ» et breuilsimo
principio per l'Alpi
icende,©^ poi calando
fotto ter > ri'forge,&C entra
con lem bocche
ncll'Had natico mare, onde fidi fjrìcrc
fenzaèiìèr piantati, onde
ciril àrie^dcirEftate,mentrc che il Sole
comincia a declinare,
fudanova ' rto humore
giallo in modo
di lagrime,ilqualc fi
raccoglie con artificio, li
compone in ambra» ADIGE. . TN
vecchio, -come gli altria
giacere, appoggiato ad
vri*Vma:,4a!la V . quale efehi
copia d'acqua, farà
coronato di vna
ghirlanda di chuer* ìori>& frutti,&
con la delira
mano tengiù vn
remo . Adige ha la
fua fontana, dalla
quale efee nell'Alpi
efi Trento (
fccon~ do Plinio) et mette
il capo nei
Mare Adriatico alli
Eofionijouc è affai 1
porto. Gli fi dà
la bella ghirlanda
de vani fiori,
cV frutti, per
dimostrare, che r doue
egli pafia è
ameno, et fruttifero,
come bene dimoftra
Virgilio Ha Buccolica, et nelno-io
libi dell'Eneide quando
dice.. iìenó 1 Siue
T?adì rip'ts >
^tkzdra fot p
roptsr amannm~ TI remo,
che tiene con
là deftruiiiàno, dinota
eflcrqticfto nobi! fiume uigabite,perciociieper eno
fi conducono, varie
colè .-per IVio Scigli ÉominL
' ' NILO, 1{appreJentato in vm Hatua
di marmo poila
nel Vaticano iiRomal ITA
à giacere con
chiome, e barba
lunga, ha il
capo inghirlandato di k
fiori, frondi, e
frutti,giace con libraccio
fin i Uro
appoggiato fopra_» f Sfinge,
quale ha la
faccia fin'alte mammella
di giouanecta, et il
retto corpo ài leone,
fra la Sfinge,&.il corpo
del Nilo fi
vede vfeire gratta iiitUà
d'acqua, tiene con
la finiflra mano
vn corno di
douitia pieno di ndi,fiori,c frutteranno
(òpra la perfona
ài detto fiume,
com'aneo fori* vn Coccodrillo
poftoa cantoad elfo
ledici piccioli fanciulli&i, i qua
on allegrezza moftrano
di fcherzare . lNilo,comcdiceil Boccaccio
nel j.lib.delia Geneologia
delli Dei, è tiemeikitoijale,che diuide
l'Egitto -dall'Etiopia^ fecondo
la commu ipinion* nafee
ne i moitti
di Mauritania preflb
all'Oceano . tueftofiau'ne fi
po& iòpra alla
Sfìnge, come moilro
iamofo dell'Egle* |ùe pafla?
quello fiume „• jetteuifiànco il
Coccodrillo,per efier'ancorefiG ani
male dell'Egitto, e ul
più folito Ilare
alla riua del
Nilo. la gran quantità
d'acqna,ch'eicc nel detto
mo~do,moìtra l'innondatioa
Nilo nella regione
d'£gkto,e ne gl'altri
paeiì, oue egli
pana. 1 fedici fanciulli
lignificano ledici cubiti
di alteseadeli'mirendatione ^Nilo,che è
fiata ia maggiore
che iiaboia fatto,
e l'allegrerà de
i put~ • T
tini 1 *4* tini moftra
l'vtile, che di
tale inondinone cauano
Je perfone di
quei lira. ghi,che fono
aridi, e fecchi,
perciferiòttopofh aJla gran
forza dei Sol* onde
per tale inondatane
fi fanno li
terreni fcrtili,& i
paefi abbond che ciò
fignifica il cornucopia, et Ja
ghirlanda. TIGRE. Isella
Medaglia di Traiano. HVOMO vecchio,
che come gl'altri
fta giacendo con
l*vrnt dava, lato, cV
dall'altra vna Tigre. Nafce
quello fiume nella
maggiore Armenia,nel piano
di vn luocodf to
Elongofine>& girando in.
diuerfi luoghi con
dieci bocche, entra ni mare
Perfico. Dictfi, c'hebbe quello
nome di Tigre
per la velocità,
come anco pfi che
nel luogo,oue panali
diceeflerui quantità di
quelle fiere. DANVBI O. 7{dla
et di
canne ; Et
Ouidio nel luogo
detto di fopra
così fa tione, quando
effo fiume di
fé fletto dice
doppò l'efier ilato
abbatt Hercolo. ìo mi trottai
fcornatoye fen%a moglie Ben
c*hoggi con corone,
e canne, e Con
doppio dishonor,con doppio
affanno 'Di falce
afeondo àia mia
fronte il da Tiene
fottoall'vn de bracci due
vrne, da vna delle
quali efecacqu dall'altra nò. Acheolo
è fiume fàmofifiìmo
della Grecia, e
nafte nel monte
Pin diuidendo la Etolia
dall'Arcadia, finalmente defeende
con il m Malia_*. Secondo che
fauolofamente dicono i
Poeti : Onco
promife Dciar1 fua figliuola,
bellillima giouane, per
moglie ad Hercole
con quella ditione, che
riducefle le acque
del fiume Acheolo
in vn folletto, feorrendo con
due allagaua tutti
li frutti, et le
biade di quei
paefi, ceua grandifsimi danni,
però dicefi, che
Hercole dopo molte
fai combattendo con Acheolo
cangiato in toro,
lo vinfe con
rompergl torgli vn corno
dal capo, che
fu quando raccolfe
l'acque in vn
fol U et lo
refe fertile, et abbondamc,& perciò
fi rapprefenta con
vn'vrnaj getti acqua, e
l'altra nò . A C .
*4J ACI. DefcrittodaOuidioncI
trigefimo libro delle
Metarmorfofi, et Galatea
di lui innamorata
cosi dice .* n
bel giovane in
tanto in me%o
al fonte Io
riconobbi alle fatele
cont$ veggio infìno al
petto apparir fuore
^fei > fé
non che motto
era maggiore e ornata
di due corna
hauea la fronte
Lucide hauea le
carni, ecritta Mine, maettà
ripiena, e dijplendore
E dicorona, e
canne ornato il
crine, Aci è fiume
della Sicilia procedente
dal monte Etna. (ACHERONTE, Fiume infernale. VESTO fiume
farà di color
tanè ftinto, che
getta per iVrna
acqua, e rena,percioche Virgilio
nel lib. i ©.dell'Eneide così
dice; Rine via Tartaei
> quefert *4.chtrentìs
ad vndas Turbidm hiccj&no,
rafiaqué voragine gurges
• tAefluat y
atque omnemCocyti eruÈat
arenam COCITO Fiume infernale.
i AR
A quefto fiume
di color tutto
nero, et che
per l'vrna getti
acqua f del medefim
&L giòuenijc>con vna
corona di fiori, et frutti
iji capo,appoggiato da vna
vna parte all*Vrna,& dall'altra
ui fari vni itilo.
f f è fiume
grandiffimo, ilquale riccue
ferinità fiumi, SC
più di cenorrenti. :oro na
di fiori,& ài
frutti, in legno
the il paefè
rigato da lui
è fertile ; 'jjje modo
> et i
fuor habitan ti viuono politicamente. rf \yh
li mette a
canto il Gamello,come
animale molto proprio
del paefè* fjkè quefto
fiume. GANGE. ? sfc'
a*Petto rigido,con corona
di palma in
tefta.s'appoggia da vna
parte ilC J' come
gl'altrìiìumi airVma,e dall'altra
parte vi farà
vn Rinoceróte. fltwge gran
fi urne de
ghindi nafee dal
fonte del Farad
ìfo . lV8Vt!*rrapprefenU
da*Petto rigido, eflendoi
fiioi habitanti poco
dediti al\W plrura,e
per confequenza poco
ciuili. li fi pone
acanto Tallonale fopradetto,
come animale del
paefe, ouc li"' T x parla *A* pafla
quello fiume. HVOMO moro,con
corona di raggi
intorno alla tefta,
«'appoggi al« r Vrna,&
dit vna parte
vi è vn Leone
. A quello fiu
me per eììèr
lotto la zona
torrida gli il
fanno i raggi
in e* po,di carnagione
mora, come fi uede
gl'habitanti douc egli
paifa, che fa no
mori . e quali abbruciati
dal Sole . Gli iì
mene a canto
il Leone, come
animale principali fsimo del
paefi oue riga queflo
fiume. Fiumi de fcritti da
Fliano. ELI ANO hiftorico
lib 2.cap.^. De
imaginibus flwiorum . Dice e la
natura, et l'alueo
de i fiumi
ci fi rapprefénta
auanti gl'occhi, no dimeno
alcuni hauendoli in
ueneratione formorno le
loro immagini,pa te con
figura humana,e parte
bouinà; Similcaibuoi gliStinfaliiiK l'Arcadia faceuonoil
fiume Erafino, &il
Metopa; i Lacedemoniefi
TE |ota,iSicÌoni popoli nel
Peloponcno non lungi
da Coriritho >&
i FilTa loro vicini
i'Efopo, gli Argiui il
Cefifiò;In figura humana.
faceuang Pfofilij popoli nell'Arcadia
rErimantho,chéfecondo Plinio lib 4.
cap. nel quale
fotto CC] tinuc allegorie
fi deferirono diuerfi
effetti, et qualità
del fiume. " "Perpetuo Et pauiis
horis milita mille
yagor Sum penti us mòllis
ypradura et pondera
gcfte* JÉ>/ et figliuola
della virtù, madre
perche dalla fogninone del
bene nafee l'amore
d'eiTo,& il desiderio
d'operare in fom jnaperfettione cofe
lodeuoli,& uirtuofe, n*glia,perche
fé no è
vn'anuno ben compofto con molte
attioni iodeuoli,fondatonella
virtù, non fuolc /limatela Fjlofofia,
ne tenere inconto
alcuno i fuoi
fèguaci : ma
percho pare molto ordinario,e
naturale^he la virtù,habito
della volon ti generila fcienza> che è habito
dell'intelletto^ però elfendo
maffiìheda Cicerone;& da
Anaerobio dipinta la
virìù d'età fenile,
che carni nan do per
uia fafiblà ipera alla
fine ritrouarfi in
luogo di ripofo)
fi dourà fare
la Filofofia giouane>co;ne figlia,
fuor di ftrada, et per
luogo difabitato, per
mo« Arare participatione del
genio, et deiiincTinatione materna. Si
da poi ad
intendere per lagiouentù,
la curio/ìtà de*
fuoi quefiti, « i
che è non
men grata a
gl'intelletti de' virtuofi,che
fiaa gì occhi
degi'ef* feminati vna faccia
molle,c lafciua, moftra
ancora, che fé
bene alletta^. ì molti
l'età* bella, e
frefea, li fa
nondimeno tirare indietroladifficulti, iella
via, ÓY" la.
pouertà mendica de*
ueftimenti . -Sta penfofa perche
è folkaria, folitaria
per cercare fé
fkn*a nella quiete fuggendo i trauagli>che trouaua
nelle conuerfationi mondane.
E mal
ueftita,perchevn'huomo,che
fuor de'luoghi habitat!
attende a ì fe
ftellò, poca cura
tiene de gl'adornamenti del
corpo . E anche mal
uefhta, forfè perche
non auanza tanto
a' buffoni nelle 4«orti
de' Principiane fc ne ponano
veftirc i Filofofi,oc_
virtuofi,tal che fi può
credere, che da
quel tempo in
qua, che ihPetrarca l'vdì
chiamare Ipoucra, e nuda
5 ancora non
habbia cangiato conditione,
o rifarcite Io *ncftimcnta. Il libro
ferrato,ehc tiene fotto
il braccioci moftra
i fecreti della
nata | ira,che difficilmente
fi fannq,e le
loro cagioni, che
difficilmente fi pofla» (eo
capire,fecol penfiero non
fi ftà confiderando,
e contemplando minti riamente la
natnra de* corpi fodi,e
hquidi,femplici, &c_ compofii,ofcuri, ÌÌBtopachi,rari,& fpeffi,le
qualità4 enentia li,&
accidentali di tutte
le cole, : Ielle
piante, delle pietre,
dcll'herbe, de' fiumi,
dcllt minerete gl'effetti jaieteorologtci,delladifpofìtione de'Cieli,della forma
del moto,deU'op«
3ofitioni,& influé2e,deiranÌQ,ahumana,efuoprincipioydella fuaeiìenja,e
delle ine particella
fua nobiliare felicitaceli
e fue operationi,c
fcnT i timenri. timcnti,
con altre moltifsime cofc
non difllmili da
quefte mede/Sin*. In. diuerfe
altre maniere fi
potrebbe rapprefentare la
FiJofofia,anoÌ baiti hauerla fatta cofi per
Ja facilita di chi
legge, &c per
non hauerca* confonderci con
glienigmi fuori delia
chiarezza di queJJc
cofc, Jequali portano confusone
ancora agii feri
tri de migliori
Autori, &f però
mok te eoa àdlità
fé ne poflano,&
fabricare,&c_ dichiarare, comprendendo! «!a quefta
fola > che
la Filofofia è
feienza nobili fsima, che
con l'in tellet tuttauia fi
perfettiona neH'huomojche è
poco ftimata dal
volgo, et fpit1 eata
da fignon ignoranti,
s'efercitain cofc difficili
godendo al fine
eia «militi di mente, et quiete
dell'intelletto. FLAGELLO
DÌ DIO. HVOMO veftito di
color roflb, nella mano deftra tenga *na if za,6C nella finiftra
vn fulmine, effendo
l'aria torbida, &il
terre ^ douc fra
pieno di locufteju*
prende il fello
per lo vigore, et per
la pollar V fopra
i colpe uolij&
fcellcratt • 1 *4f
fi color
rono,figniiìca ira,& vendetta,
la sferza èia
penargli h uomini ^iù degni
d i perdono,per.corregerli, et rimenarli
odia buona via,
fécoft~ dio il detto .
SIms amo,arguo, et cafiigo. lì
fulmine è fcgnodel gaftigo di coloro,cnc oftinatamenteperfeuerano •ci peccato,
credendoli alla fine
della vita a^euoluaeate
impetrare da,* £>io perdono SIGNIFICA etiandio il
fulmine la caduta
d'alcuni,che permV torte,&
inatte fono ad altifsimi
gradi della gloria
peruenuti > oue
quando più furbamente fi
edono non altrimente,che fòlgore
prccipiton*,cafcano nel* Ltferie,& calamità, ?cr
le iocuftc,che riempiono
l'aere, et la
terra s'intende l'vniucrfalgato, che
Iddio manda alle
uolte fopra i
popoli, accennandoli i*iniìona_. agclu d'Egitto,
mandati ^crcagionedella
pertinacia^ ofiinata vo* {•Il
£ Faraone. 1 T
4 FORTEZZA. DO NNÀ
armata, et ueftita
di color Jionato,
il qual color
ffgntóct fortezza, per efler
iòmigliante à quello
del Leone, s'appoggia quella donna
ad una colonna,
perche delle partidell'edifitio,qucftaèia più forte,chc
l'altre foftiene, a
1 piedi di
efla figura vi
giacerà vn Leone
> animale da gli
Egittij adoperatoci quello
propofitQjcomeu* legge in mot
ti l'eri
tu . DONNA armata,&
veftita di lionato,©*
fé fi deue
ofleruarela fifin mia,hauerà il
corpo largo,la Aatura
dritta, l'offa grandini
petto « r ofo,
il color della
faccia fofeo, i
capelli ricci, &c_
duri, l'occhio lucie r
on molto aperto,
n ella de
(tra mano terrà
v n'affa, con
vn ramo di
rout et nel braccio
lìniftro vno fcudo>
in mezo delqualc
vi iìa dipinto
vn ci e s'azzuffi
con vn cignale. L'efiercitaru* intorno
alle cofe difficili > conuicnc
à tutte le
virtù pai colar . %49 colar!,
nondimeno la Fortezza
principalmente ha quefta
riguard o,e tut to
ii fuo in? ento
è di fopportar
ogni auuenimento con
animo in uitto,
per amor della virtù.Si
fa donna, non
per dichiarare, che
acoftumi feminiK debba auuicìnariì
1 huomo forte
•• ma per
accommodare la figura
al modo di parlare,ouero
perche eifendo ogni
virtù fpecie del
vero, beilo, et appetibile,ilquale fi
gode con l'intelletto,(& attnbuendofi
uolgarmente il bello alle
donnc)fi potrà'quello con
quefteconuenien temente rapprefentare* o più
tofic?perche come le
donne (priuandofi di
quei piaceri, a'
quali le ha fatte
piegheuoli la natura)
s'acquiftano, e conferuano
ia fama diuh'honor fin jrolare,cofi
ì'huomo forte, co'
rifehi del proprio
corpo,in pencoli della ifteflà
uita,con animo accelò
di virtù,fa di
sé nafeere opinione,
e fama di grande ftima:non deue
però ad ogni
pencolo della uita
efporfi, perche eó intentione
di fortezza, lì
può facilmente incorrere
nel vino di
temeraria, d'arrogante,di
mentecatto,& d'inimico di
natura, andando a
pericoloni ftrugger fé iteflb,nobil
fattura della mano
di Dio, per
cofa non equiualét» alla ùìta
donatagli da lui.Però
il dice, che
la fortezza è
mediocrità detcrminata > con
uera ragione :
Circa la temenza, et confidenza
di cofe gra« ui,&
terribili in (ottenerle»
come, et quando
conuiene,a fine di non fare» jcofa
brutta,& per far
cofa bellifsima,per amor
dell'honefto,fono i fuoi
ce|ce(si quclii,chéi la
fan troppo audace,comc la
d;ceuamo pur hora,cV~
la ti» tnidità la
quale,per mancamento di
uere ragioni, non
fi cura del
male ira* minenteper sfuggire
qucllo,che falfamentc crede,chelc
ftiafopra;& come non fi
può dir forte,
chi ad ogni
pencolo indifterentemente ha
defid* io,& uolontà d'applicarli,
con pencolo, cofi
ne anco quefto,
che tutti li fugge
per timore della
vita corporale; per
moftrare chei'huomo forte,
sa dominare alle pafsioni dell'animo,come anco
vincere, et fuperare
gli oppreflbri delcorpo/quandon'habbiagiufta cagione, et efiendo
ambi fpet* tanti alla
felicità della vita
politica . Si fa
douna armata col
ramo di rouc** ire
in mano,perchc l'armatura
moftrala fortezza del
corpo, &^ la
roucro quella dellanimo,per refifter
quella alle fpade, et altre
armi materiali, et bdc;quc(taal foffiarde*
venti aerei, et fpirituali,che
fonoi ùitii,& difetti e ci
ftimolanoa declinar dalla uirtù,
e fé ben
molti altri alberi
potreb>ono lignificare quefto
mede(imo>facendo
ancor'eifi refiftenza grandifiìnaalìa forza
de' temporali, nondimeno fi pone
quefto, cerne più
noto,& doperato da Poeti
in tal propofito,
forfè anche per
clìer lcgao,che refifte ;randcmcntealla forzaflellacqua, ferue
per edili tij|> et refifte
a' peli graui «riungo tcmpo,&
maggiormente perche da
quefto a;bero,da'Latini det "" robunchiamiamogi'huomini forti,e
robufti . Il color della
velie fimile alla
pelle del Leonc,moftra,
che deue portarli ell'imprcfc l'huomofche
da quefta virtù
vuol che l'honor
fuo deriuijkoe il
leonc,ilqualc (I manifcfta
nell'apparenza di color
lionato,& è anima che
da fé fteflb
àcofe gradi s'elpone,
elevili con animo
fd cgnoìòabbor fce,anzi fi fdegneria
porli ad eferckar
le fue forze
con chi ila
apparenteente inferiore, e
coli può andare
a pericolo di
perder il nome
di forte rhuomo #5© ICONOLOGIA ìh
uomo che con
itratii di donne,di
fanciulli, a 'a
uomini infermi,o etici «tati
vuol moftrarfì podcroib
del corpo;nc l'animo
è lodeuole, ilquale
a co fi uili
penfien s'impiega >
onde vicn da
molti nprefo Virgilio,
che faceflè t Enea,fintoper
huomo force, venir
penfiero d'amazzarHcìena donna.* imbelle^ cui
la fpcranza del
viuere venia nodrita
dalle lagrime, che n natica in
abondanza,& non dalla
fpada che forfè
non hauea mai
tocca . Forti fi dicono
Sanfonc, e Dauid
Rè nelle facre
lettere . Forte fi
dice H«& «ole nelle
fauolc de* Pocti,&
moltfaltri in diuerfi
luoghi, c'han combatta «o> &c
vinti i leoni
~ L'afta fignifica,chc non
folo fi deue
oprar forza in
ribattere i danni,chf poflòno venire
da altn,come fi
moftra co l'armatura
di doflb, e
col feudoi sia anco
reprimendo la fuperbia,& arroganza
altrui con le
proprie forze L'afta nota
maggioranza, e fignoria,
la quale vien facilmente
ac^uiftata cermezo della fortezza.
1 fegni di
Fifonomia fon tratti
da Aristotile pa non
mancar di diligenza
in quel che
fi può fare
a propofito . Il Leone
azzuffato con il
cigniale,dice Picrio Valeriano
libiche figni* fica la
fortezza deiranimo,e quelladel
corpo accompagnate, percioc he
1 leone uà con
modo,e con miiura
nelleattioni,&il cignale fenza
altri nici
fipcnfarefifalinnanziprccipitofamentead
ogni imprefa. FORTEZZA.
DOnna che con
vna mazza limile
a quella d'Hcrcole
fuflfoghi vn grai t
leone>& a* piedi
vi fia la
faretra con le
faette,& arco4. quefta
figura « J canata
da vna bellifsima
medaglia, vedi Pierio
nel lib.i. Fortuna buona .
Isella medaglia di
tsfntonino Geta. DOnna a
federe,*ehe Ci appoggia
con il braccio
deftrofopra vna ruota in
cambio del globo
celeftc,cK conlafiniftra
mano tiene vn cor
nucopia . Fortuna infelice • DOnntfopravnanauefcnza timone, et con
l'albero, &c la uclaròol daluento. n La
nane è la
uita noftra mortale, laquale ogn'huomo
cerca dicondu: feà qualche
porto tranquillo di
ripolb ; la
vela> e l'albero
fpezzato, 3 gl'altri arnefi
rotti, inoltrano la
priuatione della quiete,
efTendolaUi la fortuna vn
fuccefib infelice, fuor
dell'intendimento di colui
cheof raperclettione. Fortuna
ghuevole ad t^fmoré. DOnna laquale
con la mano
dcftra tiene il
cornucopia, et la
finii! làrà pofata fopra
al capo di
vn Cupido, che
le Icherzi d'intor tllavcftc. Fortuna pacificassero
clemente. J^ella medaglia
ài ^fntonim Tb. VN
A bella donna
in piedi, che
con la deftra
mano Ci appoggi
fop vn timone, et con
la finiftra tiene
vn cornucopia con
lettere. CU UH. et altre
FORTVNA OBSEQVEN. fcìX
S. C. fu
rappnfec ta cucfta Fortuna
in Roma nel
Confolato quarto di
Antonino Pio, noi •dalfc»£nc,chca gloria,&
bonor fuo,diniofttandoiì per
quefta figuri la t>ì . ifr
k fua
profpcra, e benigna
Fortuna, ilche le
lettere intornòad cùa
l'efpriaiono, fignirkandofi per
quelle cflere a
quello Prencipe la
Fortuna obe~ iiente,& compiaceuole, et quantunque
uarii fiano nel
mondo gli moui* menti
di quella,effendo la
Fortuna, fecondo i Gentili, vna
Dea imitatrice d^RegnirCk fubita
yolgitrice delle cofe
mondane, nondimeno perdinoftrare
la felicità dell'Imperio
di quello Principe
gli fegnomo nel
riuer >ò della fopradetta
medaglia, vna buona, &*ferena Fortuna
pacifica* > La Dea
Fortuna oltre molti
altri cognomi, fu
anco da i
Romani chianata Obfequens,cioè indulgente,o
uero clemente, fi
come nelle antiche nfcri ttioni fi
legge, et particolarmente a
Como fi troua
vn faflò, in cui
5 ueffe lettere fi
veggono fcritte. Fortuna
obfequentiord. lomens voto vrofalute 'Ciuium
fufeepto. Vedi Sabaftiano
Erizzo. Fortuna . fX Onnache con
la delira mano
tiene vn cornucopia, et vn
ramo d'ai»»1 U/ loro, con
la finiltra mano
s'appoggia ad vn
timone, lignificando, ih'clla
fa trionfare chiunque
vuole >& la
dimoftratione di ciò
fi rappre» inta con
il ramo dell'alloro . Fortuna *Aurca.
Tacila medaglia d1
^Adriano» f 7NA bellifsima
donna, che giace
in le ttoiternio
eoa vn timone
ai» V li piedi . Quella e
quella Fortuna aurea,
che in camera
de gPImperadori fi
fole» • ponerc mentre
viucuano,cV* che reggeuano
l'Imperio, come per le
Irò Fortuna. FORZA1. "^ ONNA
robufta, con le
corna di toro
in tefta, a
canto terrà vn'cle* 4J
fante,con la probofside
dritta'; perche volendo
gl'Egittii lignificare 1 rhuomo
forte lo dimoitrano
con quell'animale, cerne
fi legge in Ore
1 zittio
nel lib.fecondo de'
fuoi Icroglifici ; le corna
ancora,c lpetialméte 4toro, inoltrano
quello medefimojondc Catone
preflba Cicerone nel li
b> delia vecchiezza
dice che ouando
egli era giouanc
nonjdefiderauale flze ne ò'vn
toro,ne d'vn'Elcfantc,prcndcndo quelli
due animali come,^i
forti, et gagliardi
de gl'altri. For^a éttsfmore . f
' Vpidacon l'ali
alle fpalle, con
l'arco, ÓVIe faette
in mano, et con Sa
V /
faretra al fianco,la
mano fini fira alzata
uerfo il Cielo,
donde fccndo »' alcune fiamme
di ^fuoco,infieme con
molte làette ipezzatc,chegli >iuauo intorno
da tutte le
bande,moftrandofi cofi,chc Amore
può tan* jjBjw rompe
la forza di
Gioue,'& incende tutto
il inondo* coli
e dipinte "mAJciato in vno
Emblema, cofi dicendo.
fflìgerum fulmenfregit,Deus tsfliger,
igne bum demonftrat vti
efiyfortior ignis tsfmor.
^ mr lignificare quefio
medefimo,rilteiFo auttore deferì
ue^Unore £fl?B $wp tirato
da Leoni,comc £
vedeme-iriftefib luogo.
For^a d'amore sì
neiracqua,come interra*
knciuUo ignudo, con
l'ali a gl'omeri,
vt ridet placidumq;
tueturì 2(ecfaculas,nec qua cornua
fleffat babct > *4Ucmfei
manuum flores gerit,altera
pifccn* SciUcetrt terra iura>
det>atque mari
X^uiusJLmor blandi* iccirco arride:
ocellist 'Njm arcus, aut
ntmc ignea telagerit . f^ec temere
manibtff Florem> delphinaq;
trattai ilio etenim terris,
hoc valet ipfe
mari . T>ER
efprimeregl-anticn. quello «^^^f-J^SS P
all'emblcma,chc a quello
che fi appa i
tiene a
net iv »"«;*£
ianoTiiap#ed,Hiena,coB un'altra di
Pantera app.effn ^ perleJpe J£d£
fi «de nellacontrancti di
queft. due animali
A. per MM»
t$j ìenciofì Vapprefentare vna
fòrza .dall'altra fupcrata,
fi potrà fare,
con.* porre dinanzi a
gl'occht la memoria
di quefti effetri,in
quei miglior mado,
che al pittare
parerà, che pofia
dilettare i e
dar bene . For-^a . DOnna armata
di corazza, 6V
elmo in capo,
con la deftra
mano teaghi vna
fpada ignuda > et con
la iìniitra vna
facella acccf a, et à caiir
to vi
ru vn leone
che dia irratto fiero, et che
vccida vn'agnella. FRAGILITÀ DONNA che
in ciaicuna mano
tenga della cicuta,
la quale e
da Vi»»; gii io
nella Buccolica dimandata
fragile dicendo . Hac te
nos fragili donabimus
ante cicuta . Alla
quale poi fi
aùomiglian© tutte le core
che meno hanno
nome di fragilità
• Fragilità . Onnaveftita
dVn fottilifilmo velo,ne!la
deftra mano tiene
vn ramo di tiglio, et con
la liniera vn
gran vàfo di
vetro fofpefoad vn
filo.il do le conuicne
perche agevolmente fi
fquarcia . Il tiglio
da Virgilio nel ibro
fecondo della Georgica
è detto fragile, et il
vafo di vetro
foipefo dal lo non
ha bifogno d'altra
dichiaratione, per edere
il vetro agcuolmente elio, et facile
i ipezzarfr, fragile
medefimamente è il
fedo feminilc, et il
cuedare ancora la
corrifpondenza di quello . Fragilità Humana . DOnna con
faccia macilente1, &c
afflitta, uedita poueramcnte,tcnga . con ambe
le mani molti
di quei bamboli
d'acqua agghiacciata, che
tendono il verno da' tetti
delle cafe, li
quali bamboli dice
il Pierio Vale* I
|iano, che erano
da gl'antichi Egitti;
polii per la
fragilità dcll'humana via:
non farebbe anco
difconueniente fare,che qucita
figura modrafie, per igrauezza
degl'anni d'andare moltochina
appoggiàdofi ad vna
ficuole anna,per edere anch'efia
vero fimbolo della
fragjlià,comc la vecchiezza, ila quale
quando vii h uomo
arri uà facilménte
fente ogni minima
lcfione» i: facilmente ne
rimane oppredò. Notarono
alcuni àncora la
fragilità umana, con quelle bolle
che fa l'acqua,
che paiono in
vn fubito qualcfhc nfa.
ma tofto fparifeono,& non
fenza ragione . FRAVD
E. ANTE dipinge nel
fuo inferno la
fraude con la
faccia di huom© giudo, et con
tutto il redo
del corpo di
ferpente, didinto con
diuer* macchic,e colcri,c la
fua coda ritirata
in punta di
feorpione, ricoperta ll'ondedi Oocito,
ouero in acqua
torbida>e nera,così dipinta
la dimanGcrione,e per
la faccia dh
uomo giudo fi
comprende ledrinfeco degli omini
fraudoléti,efiendo di volto,&
di parole benigne,ncH'hàJtito moli,
nel paifo graui,ne'coflumi,& in
ogn'altra cofa piaceuoli;
nell'opere nafeofte fottoil finto
zelo di religione,& di
charità, fono armati
d'a« ìia,& tinti di
macchie di fcelleraggine,talmente, che
ogni loro operaie alla
fine fi fcuopre
piena di mortifero
veleno,& fi dice
efier Gericnc, khc regnando
cóftui predò à
Tlfolc Baleàri,con benigno
v clto,có paro!^ ts ole
carezzcuoll, e con
ogni familiarità, era
vfoà riccucrc i
riandatiti, e] amici,poi
fottò color di
quella cortefia, quàdo
dormivano gì' vccideua,c farà
yeftita di giallolino
lìn'u mezagabj hauerài piedi
fimiliaH'aquìla,elacoda di fcorpionc,uedèdofialpar dd gambe
> nella deftra
mano terrà duecuori>& una
mafeheracon la finirli Fraude è
vitioche vuole inferire
mancamelo del debito
officio del t ilc,&
abbódanza d'inuentioni nel
male, fingendo fempre
il bcne,& s'cl3 guifcecolpenfiero,con le
parole, et con l'opre fotto
diuerfi ìnganneucl colori di
bontà,& ciò fi
dimonra con le
due faccie . Ilgiallolino
lignifica tradimento, inganno, et mutatione fraudolenti i due . D .
*j$ I due cuori
fignificano le due
apparenze, del volere, et non
voleremo» ;ofa medefima . La
mafehera dinota, chela
Fraude fa apparire
le cole altrimenti
a«s# nuci che fono
per compire ifuoidefiderij. La coda
di feorpione, &C
i fàedi dell'Aquila,
lignificano il veleno
altofo,che fomenta continouamentc, come
vccello di preda,per
rapire ak trui, ola
roba,ò l'honore. Fraude. DOnna
che tenga in
mano vna canna
con l#amo,col quale
habbiju. prefovnpeicc,&altripefcifi
vedano in vn
vafo già morti,
perciò* Ehe Fraude, ò
inganno altro non
è, che fingere
di fare vnacofa
buona»., et fuori dell'opinione
altrui farne vnacatttua,comefiilpcfcatorc7cht
porgendo mangiare a'
pefei, gli prende, et ammazza
* Fraude y de
l'^iriojlo . Hauea vn
piacettol vifo babito
bonetto Era bruttale
defo rme in
tutto il relios Vn'humilvdgcr d'occbhvrìàdargrauc, Ma
nafeodea qnefie fatterge frane Vn
Parlar si benigno,
e si modero
Con lungo babìtOye
la rgo,efotto quella Che
parea Gabriel,cbe diceffe
*Aue * esrttojficato
hauea fempre il
coltello. \ FVGA. Onna con
habito fpedito, Scapigliata, con
Tali alle fpalle,
^ con va fanciullo
in braccio,& che
ftia in atto
di fuggire. FVGA. pYOnna veftita
leggiermente, alata, in atto di
fuggire; con le
treccie-* Y* fparfe,& che
volti la fchiena . Dipingefi alata,
perche la Fuga
non è Fuga
fé non con
prontezza. Li capelli fparii
dinotano la poca
cura,che fi tiene
di fé fieno
in cafo di ibitaFuga. Si vede
d'habito lcggiero,pcrche non
deue hauere cofa
alcuna, che gli |
iia impedimento . \ Si
fa con la
fchiena riuolta, perche
in latina locutionc, voltar fchiena i>n vuol
di r altro che
fuggire ., FVGA POPOLARE.
-T\Onna che umilmente
fugga, ma tenga
con ambe le
mani vnofeia» «V mo
d'api, fotto il
quale vi fia
vn granaiffimo fumo . Quello
l.h-abbiamo per tal
lignificato da gl'Egitti;, et fi
vede per cfpenza,
che Tapi da
nelìun'altra cofa >
più che dal
fumo s'allontanano, et fufamente
fi mettono in
fuga, come alle
volte fi vede
vn popolo folla» i
per ìeggieriflìma > et piccioliflìma
cagione-». FVRIE. ANTE nell'Inferno
dipinge le Furie,
donne dibruttifiimo alletto, con
velli di color
negro, macchiate di
fahgue, cinte conferà n
capelli ferpentini, con
vn ramo di
ciprèflb in vna
mano, nell'aìcon vna
tromba, dalla quale
efee fiamma,& fumo
nero, et fon
finte-i |K antichi Poe ti >
donne detonate i
tormentare nell'inferno l'anime* nalfattori.FVi$6 ICONOLOGIA FVRIL Statiocofi le
dipinge. (adendo giù fan
ombra attempa >ijk J
minor Jerpi del
viperea crine r E
gl'occhi fon fotto
la trifta fronte Cacciati in due gran
cane, onde vna
luce Spauenteuole
vien,fimile à quella the
tal'hor vinta da
cantati verfi Quafi piena
difdegno, e di
vergogna %JMoì\ra la vaga
luna, di veleno la
pelle èfparfa,& vncolordifoc* Tinge lafcura
faccia, dalla quale L'arida
fete9 la vorace
fame, I tritìi maliyC la
fpietata morte Sopra i
mortali cade, e
dalle fpalle Scende vrihorrido panno >
che nel p ette Si fi
ringcy alla e
rudel furia rinoua SpeJfoiater%* delle
tre foreìle, Che la
vita mortai con
cui li fi ami
iftQfurano > èTroferpinà
con lei, Et ella,
ambe le manfeotendo
in queftd La iface porta
con funeree fiamme, In
quella ha vn
fiero ferpe,onde percoH L'jaria^ttriftàdo ouunque
vtlge il piede» FVRORE, i • HVOMO
che moftri rabbia
nel vifo, *fic
*glf occhi tenga
Icgt vnafafcia, Aia in
gagliardo mouimcnto>cV~ in
atto di volcn gittare
di lontano vn
gran falcio di
varie forte di
armi in nafta,
le qua habbia fra le braccia
riftrette,& ria ueftito
d'habito corto. La fafeia
legata a gl'occhi
inoltra, che priuo
refta l'intcl letto quando1 furore prende
il dominio nell'anima,
non efTendo altro
il furore, chee cita
di mente del
tutto priuadel lume
intellettuale, che porta
l'huomo fare ogni cofa
fuor di ragione . L'armi cheticn
fra le braccia
fon inditio, chc'l
Furore da (èfleflòpoi inftrumcnti da
vendicarli, et da
fomentar le medelìmo . E
uellitodi corto,pcrche non
guarda ne decenza,
ne decora Furore. HVomo d'afpetto
horribile,iJqualc fedendo fopra
varti arnefì di
gu per fubits (impeto dell'ira,
piglia uuura, e
ièmbiauz* ilaccicuoie, nel
braccio liniero hauerà
uno feudo, in
nicao dei quale
ai Ha in icone,
cosi ìodricriuei'Àlciatà. .
Furore fi-perbo,& indomito, LJ
Vomo armato di
c®razza,c elmo, con
uoJtofìero, e fan£UinoTb,coa ~X la
fpada nella delira
mano, e nella
finiftra uno feudo,
nel qual m Zia
i^rnto, ofcolpito un
leone, che per
ira, et rabbia,
uccida, ft;ua retando
li |ropri]£gUuoh>e per cimiero tlell^elijuo uiik
tiiiferpenteuiuace,&auol .
nj;(> in molti
gin. 5 SI II
leone nel modo
fop rad etto
fecondo gPEgittij, è
il ucro, et il
proprio Jàierogliiìcodcl Furore
indom!to>il ferpenteche uibra
le tre lingue
dalle Icre lettere è
tenuto per implacabile nel
furore, 'a ragioneeche il
ferpen-,,rj|fubit© che fi
fente m quale heinedot ficib
fa è m
tanta rabbia,& furo>i
che non refta
mai fin tanto,,
che nrn habbiau^mitsto tutto'!
uele'nn m egiuditiodi quello,
chel'haplfek^e molte tioite nferilconoefferfiued» morire di
rabbia folo per
non poter uandioarn*
nel iuo furore
* FVROR POETICO )fa Iouane4riuace,,& rubicondo
con l'ali allatefta?
coronato «fi lauro
» m;MI et cinto. d'edera» ftando
in atto ài fcriueie; ma
con la faccia
riùol* *r IT L'ali %s%
« I''ali/ignificano, la preftezza, et Ja
velocità deJ l'i ntellctto. Poeta
che non
s'immerge: ma fi
fublima, portando feco
nobilmente la fai «e
gVh uomini, che poi
fi mantiene uerde,
ebelJapermolti fecohV ia fronde
del lauro, et dell'edera
fi mantengono . .. ;,$i fa
uiuace,& rubicondo, perche
è il furor
poetico una foprabboi di
uiuacità di fpijiti,
che amechifee l'anima
de numeri, 6^_
de' coi merauigliofi, i quali
parendo imponìbile che
iì poflìno hauerc
folo dono della natura,
fono /limati dóni
particolari,èV"
/ingoiar gratia Cielo, et Platone
difle, che fi
muoue la niente
de'Poeti per diuin
furo, col quale formano
molte uolte nell'idea
imagini di cote
iòpra naturali j quali
notate da loro
in carte, et rilette
di poi a
pena fono in
tele, e co :
laute . *s* ciute wperò
fi ^mandano i
Poeti prefica' Gentili,
per antico coftumo
; Santi, eeneratione del
Cielo, figliuoli di
Gioue /intèrpreti delle
Mufc, 'O. 11 n.„ I.
r..ii.>«.^ n>nAr amico
della notte, fa•reuole
compagna delle fuedishonorate anioni . E veftito
dr pelle di
lupo, perche il
lupo viuc folo
dell'altrui robba, 6C v
Irapine, come ilJadro,
che per leggerezza
di ceruello credè
con quefto •» defimo penfiero
di fouuenirea'luoibifogni.
Il grimaldello, et il
coltello non hanno
bifogno di molta
efplicatione. Le braccia, et gambe
ignude, dimoftrano la
destrezza, et l'ali
appiedi la oociti, che
con grande induftria fi
procura dal ladro»
per timore de'me• v
ti fupphcij ♦ ir
t fon«4 90KZA
ALLA GIVSTITIA SOTTOPOSTA* RACCONTA Picrio
Valcriano nel primo
libcojiauer veduto ti Medaglia antica
al fuo tempo
ritrouara, nella anale
v'era impreft ' na
donna veft ita
regalmente,con vna corona
rn capo,à federe
fopra'l do fo d'vn
Leone, et che
ftaua inatto di
metter mano ad
vnt fpada; la qua
dal detto Pierio
fu per la
Giuftitia interpretata,&il Leone
per la Eoif! §
come chiaramente fi
vede efferc il
fuo vero Gicroglifico. FECONDITÀ. * DONNA
incoronata di Senapa»
tenga con le
mani verfo il «
l' Acantho, da alcuni
riputato il Cardello,
con li figliuolinidentn aido, alli
piedi da vn
canto vna Gallina
con i fuoi
pulcini appena nati
di £:r vuoua,da l'altro
cito vna lepre
co i fuoi
parti nudati ftiora
di frefee a fecondità
i la maggior
feliciti, che pofia
hauere vna donna
maritat poiché per mezo
di quella produce
i frutti, da
lei nel Matrimonio
coi dcfidcnoafpctuu Utufo che
per antico influito
di natura éneceffarit :
x Tra il
rari efièmpij felicità humana,
raccolta Plinio hb.7.
c;.p. ^.diCecilio ÌVìetelJoMalionico3che hebbe
qua#ix> lig-lmoli, v*ìo
^recorejCVVtreCGniuhjdui baiali
a (U\ììQ Qcùioj0j0^
iac* i^ede^w «iUcap.
1,3 .na; ra,c ire
a ia uìorV
$ teiua f %6% ??lua
lafciò fci figliuoli,vndici nipoti,
&^ che. tra
Generile Nuore,• tu quelli
che lo ialutauano
I nomedi padre
arnuauano 227. 'Mette anco
d' vier trouato negli
atti de* tempi
dAugurto nel fuo
duodecimo coniò to,chc Caio
CnipinoHilare da Fiefole,
con fette figliuoli
mafclii, e di femmine,con »7.Nipoti
mafehi, nouc femmine, et 29.pronepoti,con dinata pompa
facrificò in Campidoglio.
Per ultima feliciti
>&^ magg gloria uien
chiamata Anicia Faltonia,
Madre di Confoli
in quella icrittione rtampaw
malamente da lo
Smetto, con duedirtichi
di piì quali fono
fopra vn'altra infcrittione
pur di Anicia
Faltonia Proba r
eh 1 uede nel
Palazzo del Cardinale
Cefis. *AnitUjFaltonì&,Vrob&y
sAmnios Timios, jinicìùscfr
decoranti „
{^onf^lisvxariyConfuIisfilia^Confulum
Matti. ^ìnicius Trobinus. V.C. Confai OYdiruritisy& ssJnicius Trobus
VJC. Qu/ìfior Candidatiti*
VilviydeuinSti maternis meriti*, dedicarmt. Valerio Masfimo .iti
lib. 4. cap.
4. fententiofamente dice,
che grande mo ornamento
fono a le
Matrone i figliuoli;
é\f narra di
Cornelia Ma n de
Gracchicene 1 x.figli
fece fecòdo Phnio,apprefio la
quale efiendò ai ij
giata vna Matrona
di Càpagna,che le
fece popola moftra
deTuot belli* a ornamcnti,ehe portaua,ella
in ragionando la
trattenne tanto che.torcS vo
dafquola i figliuoli,
quali ueduti difiè,&
quefti fono li
miei ornarne ty Feconda
il può dircancoquell'altra Corneliade
ìzgtntc de Scipioni,
i ma più
figliuoli, et fufle
r_ referito in
pij fc «e i
fafei Confulari al
Confule,chehaueua minor numero
ài figliuoli 0 corche
fufle jftato più
vecchio :& ciò
conila ne la
legge Giulia, citati Aulo
Gelilo lib. 2. cap. 1 fSi fa coronata
di Senape, perche
il minutifsB femedi querta
nerba, lenza molta
indurirla, o diligenza
del coltiualj fra tutte
Therhe diuiene tale,&
di tanta grandezza,
che è atta
a forte»] gli augelli,
che ui fi
pofano fopra . De
la fecondità de
l'Alan te ne ri]
na Plinio lib.
1a.cap.63.oue dice,che ogni
animale, quanto più
è grati di corpo,
tanto meno è
fecondo, vn figlio
alla volta partorifeono
gli j fanti, li
Cammelli, 6V le
Caualle,l'Achante minimo A
ugeletto nepJ rifee dodici.La
gallina porta alli
piedid'a vn canto
co l'vuoua,chenaft «lue pulcini
per vuouo dimoftra
la fecondità di
quefto dòmertico vco tali
racconta Pierio hauerne
ueduti inPadouu,& fi
legge ne glifi
cTAlberto,che in vn
certo luogo della
Macedonia couado vna
galliti; vuoua, nel rìafcere
fumo trouati 44.
pulci ni.Adòpcrauan'ancora gl'ai ;
ira querto proposito
la pecora con
dui agnelli tnfieme
legati, perche 1« tiene
Matrone quando haucuonò
partorito due figliuoli
adVn parto kuaxxuLcnficai'e vna
pecora con due
agnelli a Giunone
pi-cadente a'opi il
i& ^opulenza, 6^ de
regni, &f aiutatrice
delle donne ne'
parti, le quali Ìon
iolo due alla
uoltaipeno partoriicono in
pì& luoghi, come
in Egitto; ìa per
quanto narra Arif.l1b-7.cap 4-de
gl'annusi in alcuni
luaghi-3 .& 4. la
uolta,&più e più
uolt-e cinque; Vna
d on n
a par tic
ularmen te ne
parari 2o.in quattro.parti>anquc a
la volta>& la
maggior parte" di
quelli potè nutrire,^ alleuare.
Aulo Gelilo lib.
io. cap.2.narra,che al
tempo d' Au1 j
urto Imperatore vna
ierua di detto
Augnfto nei campo
Laureate parto'•ì cinque
putti, che pochi
giorni caropòrno*& la
madre anco non
molto 1 ìopo mori,
a la quale
per ordine d'Augnfto,
fu fatto ne
la via Laurentia il
fepolcro, nel quale
fu ferino il
parto di detta
donna Giulio Capiolino anco
rifenice, che nell'Imperio
d'Antonino Pio, cinque
putti in n parto
nacquero, et iehene
Annotile tiene che
quello numero fia
fine ella moltitudine in
vn parto, órche
non fi truouienerfene infieme
par» li j| [o intagliata nella
lèpolrura invn monaftenodi
Monache di San
BerrtlopxflbLhaia^in
Hó!anda:ciò auuenne, perche
efiendo capitata, nanxi alla
Cote/Fa vna pouera
donna con due
fìgJuiòji nati ad
vn parto, domandare' la iknofìna, elfa
in luogo di
aiutarla, l'incarico, dicendo, \
he non fi
poteuanofardue figli ad
vn tratto, fc
non haueifero parimen:
due padri, diche
rifentendofi forte quella
poueretta,pregò Iddio, che tr
manifestar la lua
pudicitia, permette/le che
la Contena gii
grauida, jrtorilìè tanti figliuoli,
quanti giorni ha
l'anno . Martino Cromerò
ve» iftico autore: nella ma
Cronica ferine >
come l'anno 1269,
vn'altra Mar|icrita, moglie
delCon te Virboslao
partorì $6. figliuoli
in Cracouia* :' le la
lepre fiJeggechc è
tanto fecondacene mentredàU
latte partorì fee, ^ìpon fra lVno,e
l'altro parto pochissimo
interuallo,&4'ratconta Vale»
)cl» Malsimo d'vil
Ilòla, doue furono
forzati a partirfi
gli habitatori, per "•^ran copia,
che vi era
multiplicata di quelli
animali. Però non
fono cati alcuni, che
hanno detto, che
i mafehi concepirono,
partonfeo*,&nutriicono i parti; pròpri
1, come fanno
le femmine ftefle. F
E R OC1TA, DONNA giouàne armata,
con fembiante altero",
e che Ipifa-ira
> t# minacele, tenghi la (fimfìra mano
fopra il capo
d Vna ferocifsim* re, quafi
che Itia in
atto perauuentar fi
altrui, econ ìadeftra
vn
battoiLTdi'quercia,ilquale
per cflef conoiciuto
habbia de le
fog^ie,e de le ghianda
che io
tentai in atto
minaceieuole, et accenni
per colpire, dipinge giouane,
perciocue ne la
maggior parte de
i giouani regna aldezza
del (àngue :
la quale genera
in loro l'ardire,
la prontezza, la a
d'au uanraf giare
tutti 1 onde
lenza timore alcuno
intraprendono 1 fi uoglia
coia,qua«tunque ardua, e
difficile lìa :
e per metterla
in e(done impiegano
ogni lua ìòrza
uiua3 e ip
in telarne n
te, la quale
pròV 4 pnetà* Jmpiger, iracunlusy
inex orabilis >
ace r$ lura neget fibi
nata > nikil
non arroget armi?
» Lo fece da
fanciullo allenare da
Chirone Centauro, ne
monti di Ti gita,
che combattcua ogni
giorno con Onì»Lconi,
Cigniali > animai it n
\6s, e feroci
: non per altro, fé
non per farci
credibile, che riguardando
al . ìaeftro, et Aiofuo,al
luogo, doue fu
allenato, a gl'efferati;, a' quali ttefe, non
poteua non eflere
dotato di gran
ferocità militare . Le
cui peate,fcguendo Virgilio, fa
al lattare,e nutrire la fua guerriera
di latte di ca.
alla indomita, la fua
Clorinda il Taflò
da vna Tigre .
L'Ariofto ilfuo Luggier» di
midolle d'orti*, e
di Leoni, ne
quali tutti animali
appare, e* jicca la
ferocità. Conuiene ancora
dargli l'arme,' perche non
iòlaìente e proprio
del feroce l'offendere,
ma pur lì
moftra al pari
quefta palone in difenderiì>efiendo la
ferocità il fouerchio
de l'audacia, che
Tvno> l'altro abbraccia,
Piene la
delira mano fopra
vna ferocifsima Tigre, percioche
molti Poeti >cr la
natura, e ferocità
di fcjuefto animale,
hanno prefo occaùonc
di mo et nel
gefto_ vna gran
coftanza» ^ generalità . Linterpretatiónc di
q uefta figura
è data da
vn certo Dotare Parifienfe chiamato
per nome Holcot,
Allegato da Frate
Arcangelo ^1 Vercelli Sermonum
Quadragefìmalium Sermone 25. !
Si dipinge con
faccia ofeura, perche
de gl'articoli della
Fede, che noi fediamo,
non riabbiamo qui
euidenza alcuna, perche
come dice San_i Itolo
Videmui hic per fpeculumy
&in £nigmate } La ondcdiiTc
Chriflo a San -i^uimafo
in S.Giouannialcap.20. 7}eati/fMnQm>iderunr,& crediderunt^ tjpuò anco
dire, che vadi
velata, et coperta,
perche Thabito de la Fedo etto .
con gì j occhi
"fcintillànti, et oltre
la commune potenza
de gH lomini acuti,. et perspicaci,
di color viuace, et di
ìneflauito vigore, andrene fufie
tanto attempata, che in
modo veruno fi
farebbe creduta de ti
noftra • Era
di ftatura ambigua,
impercioehe hors ne
la communej fura de
gli huomini fi
conteneua, talhora poi
parca toecafie il
Cielo la fommità del
capo,che fe'piualtolo hauefie
alzato nell'ifteiìò eiejancora
penetraua, ÒV* fiancava
la vifta de
gPh uomini y
che la riiguar* jjano . Hauea
le uefte di
fòttiliisimo filo lavorate
con raro artificio,
àiIteria
indiffolubile,tefiute( per quanto
ella difle) d'ifua
mano, lequalì euano>come le
immagini affumicate, otFui'ca te
d'vna certa caligine
di Bezzata antichità» Ne
l'efiremità della ueila ui
il leggeua vn
Pi » G e~ w L
ne la fommità
vn Thita, tu
i'vna >,& l'altra
lettera a guiia
Ai, icak m ì fi
fcorgcuano fcolpiti alcuni
gradili, per quali
da l' vi ti
ma lettera Ci a
deua a
la prima» la medefiraa uè fta certi h uomini
uiolenti ftracciaroi e tolfeto
uia le particelle
che ciafcuno potè. Con
la man delira
tcnei alcuni libri >
con la finiftra
lo fcettro. Edi uenerando
uolto » meritamente,
perche la Filofofiaèdcgnad' nore, fitriuerenza
grande > per
efler ella Madre
di tutte le
arte libc Maeftra de' coftumi,o^d' ogni difciplina,
legge de. la
uita,&difpe trice de la
tranquillità, Dono particular
di Dio. Tbilofopbi4
bonar artium nibil eH
aliud nifi (
Vt Vlato ait
) donum, et inuentum
'Deorunt . Di Marco Tullio
nel primo de
la fua Filofofia,dctto riportato
da Santo A ftinode
Ciuitate Dei lib.
t.%. cap. 22. coli
conci uiò ragionandomi* d vtfatentur> nuìlum
diuinum maius efi
donum > fi 1
nullo Deo dari
credendum eH, nifi
ab ilio > quo
y& ipfi qui
multo s Deos colu, nuìlum
dicunt efìe inaio
rem ; Volendo
inferire, che la
Fi lofofia fia
dono 1 1 uero,& vno
Dio, per tante
eccellenti fue condì
non i, Viene
ad effcre: nerabile, ÓVperò
Seneca moral Filolbfo
ne l'Epiftola i^.difle
.''Nunqu 1 in tantum
conualefcet nequitia^nunquam fic
contra virtutes coniurabitur,
vt i'i Tbilofopbie nome»
yenerabile^&facrum maneat . Mai
la fceleratezza, e'1 1 tiopiglierà tanto
vigore, mai fi
congmngcra in tal
modo contro le il tu,
che il nome
de la Filologia
non rimanga fàcro,e
uenerabile . Hagliocchifcintillanti,&la virtù
utfiua più acuta
de la potenza
de| huomini;perche mediante la
cognitione di là.
con l'occhio de
Tinteli j to gli
huomini ucdono, et conoscono
molte cofe occulte
de la-natii tanto della
terra, quanto del
Cielo; fi come
efprime Tullio nel
fudel luogo, dicendocene la Filofotìaprimiersmente, c'inftruifcenel culo! Dio,
e poi ne
la modeftia, et grandezza
de l'animo, et la
mede lima cti (caccia
da l'animo, come
da gl'occhi la
caligine, acciò potiamo
uedci tutte le cofe
fuperiori»infenori,prime,ultime,& mezzane, E-dicoloruiiiace^ncorche attempata
fia,ÓV" fuperi l'età
noftra,sì;l che la làpicnza
fu da la
fomma, et Eterna
Sapienza di Dio
concedui l'huomo fubito creato,cioè
al primo noflro
Padre,& clla-da primi
fqjp * flap Tempre
maeftra di 'tutte
le creature : et èfempre
viuace, et vig £t
fta di continuo
io piedi fcacciando
co'l fuo fplendore
le tenebre d onoranza
da la mente
deiriortali : si
perche la fapienza
è ftabile,& in ruttibile,
laquale ad.ogni j?eHòna, ancorché colmad'annijdona uig £^
for^ezzacontra ogniauuerjò,.c,torbo lente
caiò,& vguahtà di m
tdognijmoto,&porturl)ationcd'anÌ4no,s!comene difeorre Santo ' RmoDeCiuir.DeUib.p.cafò.&'t Non faremo
m quefto luogo d.ifciìC odiftin.uonedala iàpienza
a la Filofofia^ofla da Seneca
Epifr.$9 la fapienza fiavn
perfetto bene de
la mente hiimana
: ma in
-Filoibdfl amore, dt:fideno>
cV" ftudio.di conicguirc qnciia fapienza:
ciò. è uenj «quanto a
la lìgn ili
catione dei nome,
pecche ia Filoiofìa
alt-o non fi|f ca,chc
Amor-di iap;enza*e di thiù,
&jF Uolbfoyuol dire Anùco^l tei .
tSf t, et ftadiofo
di virtù» et fapienza
> ma fé
fi confiderà tutto
il corpo de la
'ilofofia fecondo l'ìntentionedi fiottio,
dircmo,che fia il
medcfimOicB* ri ftefia virtù, et fapienza, et però
egli la chiama
nella profa terza
del pri? no libro
^Omnium magiara rirttttum
. Nel fecondo
proià 4 Virtutum
omnia (ittrix. Nel quarto
profa prima» Verip&utilumms . Maeftra,&
nutrice** l'ogni virtù, apportatrice
del vero lume : cpitheti,
che fi conuengono
a a fapienza, fi
come è veramente
tutto il corpo
de la Filofofia,che
contieic in fé
tre partii l'atti
ua,che compone l'animo
ne'buoni coftumi; la
coaemplatiua>che
inueftiga i fccreti
de la naturala
rationa!e,in cui confi/le mgioae>con la
quale difputando fi
difecrne il vero
dal falfo, Oc
quella icerca la ftru
ttura,& proprietà de
le parole, et de
gli argumenti,parti tu* c
tre di perfetta
fapienza, che fi
confanno con 1*
altra definitione de
la-» «pienza, che adduce
nel medefimo luogo
Seneca a differenza
della filobfia . Safkntiaeft
nefie diurna y& bumana, et horum
caufcs. la quale
defi Dione a mio parere
contiene le tre
pa rti della
Filofofia . la fapiéza
è conol'ere le
cofe diuine . Ecco
la contcplatiua, la
quale non folo
per tìfica in* sftiga
le cofe naturali,
dette dal Pererio
nel 1. della
Finca cap. 1 1.
effetti «iella Diurna mente
; ma anco
per Metafisica riputata
da Ariftotile diui;
iffima, contempla le
intelligenze foftanze attratte, et la
natura ftefTa ld\o .
Conofce le humane .
Ecco la morale
attuta . Conofce le
caufe d'am* \ :due.
Ecco la rationale,
mediante la quale
fi viene in
cognitione de le agioni
dele cofe diuine, et humane.
Z.a Filofofia dunque
contenendo i; fc la
definitione de la
fapienza, viene ad
efiere vna ideila
co fa, che
la-» ienza, maffìmamente in
vigore della Metafisica
da lei contenuta,
la.^ ale per autorità
d' Ariftotele merita il
proprio nome di
fapienza. la on •
Marco Tullio nel
quinto de le Tufculane,f azionando de
l'antichità de
Pilofofia,dice ch'ella e
antichiffima*macne il nome
è fccfco.UntìqMffl. m cum
ridevnus,nomen (amen effe
confitemur recent. Et
la reputa l'i riefia, :
la fapienza. Impercioche,diceegIi,chi può
negarcene la fapienza
né antica di ratei, et di
nome ? Cioè
la Filofofia, la
quale per la
cognitiole le diuine,
5c humane cofe,
de li principi/A
de le caufe,
appreùo gli chi otteneua
quello bel li
("fimo nome di
fapienza, &L li
fette fauij de recia
furono chiamati Filofofi,
cioè fapienti ;
oc molti fecoli
auanti rgo, Homero, Vlifie, et Neftorre
furono tenuti per
fapienti . Simtlte Atlante,
Prometheo, Cereo, per
la cognitione che
hauenano del* fé celtftr, furono chiamati
fapienti. E tutti
quelli che poneuano
il lo> :di« nella
contemplatione de le
cofe, furono fempre
chiamati fapié* 1 fino
al tempo di
Pnhagora,al quale parendo
ti tolotroppo fuperbo, cr chiamato
iàpientc,fì fece chiamar
Filofofo,cioè amico de
la fapié* la
fapienza fu chiamata
Filofofia, cioè Amor
di fapienza, tal
che la »fia è
quella iftefla,che pie
anticamente chiamauafi fapienza.
Onde io Diogene lacrtio
nella vita di
Platone kggcu\P«£r# yerèfapk^ *?*
' ttam, et Tirilo fopbidm
vocatappetitioné quandam, ac de
fiderium diurna fapìtntì La
datura ambigua hor piccola*
hor grande; fìgnifica,
ch'ella hor s'oi cupa
ne la cognitione
de le co
fé inferiori de
la terra, &_
hora ne le fup
riori del Cielo,
cV alle volte formonta tant'alto
ad inucftigare le
matcr (Mimi, che l'intelligenza human
a non le
può capire ; et però
dice Bo la
vifta de'rifguardanti non
era hab ile >&
{ufficiente a ri fg uà darla >
&fcorgerla ; attefoche
li miftcri; Diuini
fono occulti, et l'elle za
diurna ìftefla, che
nel Cielo rifiede,
non può effe
re da l'h
umano dùce fo comprefa .
Deus bumana ratione
comprebendi non potè il >
difle San Gr gorio
Nazianzcnone
l'orationedclianto Battesimo
. Che
merauigli; Se a Si
monide Gentile Poeta
Greco, addimandato da
Gierone Tirann che cola
fufle Iddio, dopo
hauer prefo vn
giorno, et due
di tempo a pe
farci) et richiedendodi più doppio
termine, rifpofeall'vlfimo ? Qua»
più confiderò l'eiTenza
di Dio, tanto
più mi pare
ofeura cofa :
Quanto d tius confiderò Deum
> tanto mibi
res videtur obfiurwr .
Riferifce Cicerone i primo
de natura Deorum ., La
velia di fottiliffimo
filo, lignifica la
fottigliezza de gli
argomei nel difputare la
materia indifiblubile, per
lemateri e filofofichc, che
fo ) per fé
ltefle leali, &C
falde, mattimene l'atti
uà, circa li
buoni coftun» TerTute di
marnano; percheThabito dela
fapienza è indiflòlufciJe, lì mutabile, et faldo
di fua eiTcnza, et propria
qualità, non per
artificio h » mano
.'Eofcuro in quanto
a T inueftigationc de
le cofe occulte
dela ;| tura, et ciò
pare comprefo da
Tullio nel primo
de Oratore . Tbilofopul tres parte*
eli diHributayin natura
objcuritatem> in dijjerendt
fubtUitatenty in I tam>atquemores, Etfc guardiamo al
coftume
Filofofico>diremo,che V * bito
fiaoflfufcato da vna
caligine di negletta
antichità,pcrche li fiiofofl ne
vanno per l'ordinario
negletti, et difp rezzati,
a la filoibiìca,
con p; \ ni
antichi, vili,& imbrattati,
Pouera,& nuda vai
Filofofia. non tanto i neceffiti,quanto per
volontà, come
Socrate,"^ Apollonio, che
andau.l veftiti di facco
brutto,fcalzi,& col capo
fepperto, et Diogene
inuoltc vna fofea fchiau inailo rdo>& fozzo*détro
vna botterma ciò
fé ben è
ve > ria detto
piò tolto per
ifcherzojdiciamo vna più
vera ragione. Sono le •
(te de
la Filofofia coperte
da vna antica
caligine, perche li
Filofofi fio tempi antichi
hanno hauuto coftume
di adombrarla con
fofifticherie ol • re .
Gli Egitti) occultarono
la Filofofia lotto
ofeuri velami di
fauolc I Gieroglifici fecreti .
Pithagora la velli
con vn drappello
d'ofeuh limili Pithagorici . Empedocle
con enigmi. Protagora con
intricati commeij Platone con
fenfi miftici . Gorgia
con bizzarri, fallaci, et contrarli
aia n*enti,che tutte lecofe fono,&
non fono . Zenone
l'ifteffo cópoffibiil
imponìbili efperienze . Ariftoti
te ton termini
ofcuri,& difficile teftuii parole ;
onde egli fteflò
chiama uà Acroamatica
la vdicnza che
l'alcol i . tjrmattina,ne
la quale trattati
a de. la più
remota,[& fottìi fitófofia
attinente ì contemola-tionede le
cole naturali>&difpute
dialettiche: et mandò
in. ce alcuniJibri detti
da lui AcrpamaticiYche contengono
la recondita di-* plina de
la fu a
fetta Peripatetica, li
quali hauendo veduti
Aleilandro Maio fuo Sc9lare
mentre era ne
l'Afia centra Dark>,fì
lamentò feco per
let-j . iecke haueffcdiuolgaticofi belli iecreti di natura,
a cui Ariiìotile
con(eràdo l'ofcurezza,neJa quale
lihaueua inuoIti,& dati
fuora rifpofe. li ho
p in
luce tanto, quanto
non li hauelfi
dati . il tenore
di dette lettere,
re^ |lrate da Aulo
Gdlio nel vigefimo
libro 3} capitolo.quarto!*non voglio* ncare
direpeterlo in quefìo
luggo per maggior
certezza a gufto
de: ìudioii, ' ^lexdtfderoérìftiìtelifalHtem* Haud rette
feciJìì quod \ aufcult$tf>rm libro*
edideris . in qua enimre
a ceterfe \ item
preftabimus > fi
difciplmqgn. quibus eruditi
fumus omnium omnino
fint wmunesì Equidem malimin
rerum vfu opimarum
quam in facultatibus
*w» \e . Vale . *sfrifloteles%egiMexandro Saluterai
5«t »h, kripfifliadme de
libris aufcultatorijs inter
arcana illos contiti
putans oporteve, li tu eos
et effe
editosy et minime
editos fcit»\, cognobiles
enim ijs tantum
erunt^ tnesaudìerint. Vale,
IQue/ri libri detti
AufcultatoriJ, ne quali
per quanto riferifee
Aulo Gel tfi conteneuano
fottili, &c ardue
fpeailatiani di natura
fono £li ette* fari
libri de la
tìfica intitolati da
Annotile De fhifico ajiditu, cioè
de Tv||, o
ascoltare cofe fifiche
di natura occulte
non per altro*
fe non perché te
Arii!otile,per la loro
ofeurità che non
fi poffino jin tendere, et capifi
j non fi
odino efplicare da
la bocca del
Maeftro > Apparifce
di qui che a
ppoftali Filofofi Antichi
palliauanoJa filolofica di&iplina
con efeuri uni, volendo
mostrare a le
genti ch'efii intendeuatìoymanón voleuario i
intefo da altri
tuno quello, che
publicauano, cV~ ns*la [mente
laro tedino : et alle
volte diceuano cofe
ofeure e ftrauaganti
per efier tenuti
in £ior credi to,&:
confi deratio ne,come
accenna Lucianonel Dialogo
di Ilio in difprezzo
di Pithagora :
quafi che non
baftàife, che la
filosofi* cpfe occulte di
natura ruffe per
le fteffa ofeura, Te
anco no» le aggiun pò
maggior ofeurità con
difficile teitura di
parole, ediuerfitÉ di
fan* fhe opinioni. Si che Boétio figura la Filofofia
con Veflefofcà^etf la r^a
difficulti de le
fue materie, et per
Tofcurità de terminine
la quale ino inulta
gli antichi Filofofi.
i _ el'etf remiti
de laverìa lèggeuafi
inteffuto vn Pi,
greco, dal qoale
per gradifcplpitiaguifadifcala fi faliuà
àlafommita, ne la
quale erav# a,, et non vn, T,
coinè Jianno tradotto
tutti gli efpoficori
volgari Metto il Dpmeniqhi
) molto malamente > perche
vi è differenza
doppia #la qualità, de
la lettera, che
quefi;a è vn
T, femplice, et quella
è vnitA oraipiratione, fi.pe^v
il fignificato diueria'>&al tutto
contrarici quan» 1* >preno
%r» iconologia 4i viu,a
la «otte, perche
il rlhita,appreMoJiGr€c», come
il C,ap Latini dàdofì
1 voti, o le
forti neligiudaij era
nota dicódànatione,& ili luco
a ppreifo i
L*ati ni nota d'affo
hi tionc, il
Delta, poi era
nou di d i
latte fie di tépo,p.r
veder bene la
caufa jcome apprendo
i Latini N.
LVon liqm ciocche non fuPe lecito
perali'hora giudicare . Onde
S. Girolamo m Sa Marco
chiama iJ T.
legno de la
làlute,& d la
Croce, perche in
quella pei de rVfteJfa
vita Ciifto N.
Signore per dar
fàlu te, et Vita
al genere humanc écc
tato Tempre prefo
perfìnibolodela vita, perfine
dagli fiottìi,*! che t
da molti
giud -Cito al tempo
di Tcodofio Imperatole,
quando p*r ordii fiio
furono in AleiTandsia
buttali a terra
tttti li iciv\.
ìj ór gl'Ufo) i,
tra| litri quello di
Scapidc, ne le
cui pietre, et fallì
trouaonii fcolptti part chi
fi mili Caratteri .T.
fi eome anco
hoggidiiì veden* la
guglia deli polo piena
di GieiocLfici ^maflìmameiite ne U faccia
veriò ccde'nt* lacuale fi
vedevna croce formata,
più maggiore àncoin quèllàVdi S «anni
Laterano veri© la
Scala tanta da
licu> Gieroglifìci 1
or^ùuto ' cominciò ad
ordirt ii fuograue
DiJo^odc i' in,prcfe,dppanfce anco
in ftatua Egittiaca di
ScrapideCanopo,che ne la
man dritta tiene
il lau, i. le
fi vede qui
in Rima nello
Studio del Sigr.
Antonio Bolo :
k b n eiano
nel trattato del
giudmo d&lc vocali
lo reputa notade
Jadn, pere erano porti
in croccila quale
è limile a
la lettera F* ma come
habHaicoglifico dela vita ; fi
coineatteitano Rufino, Suida,'&
Nicer'oropiù« fiotkmenteduutulib.12,
cap. 2.6. narrando
la diimizzion? del
detto t per tateagt
;ie Marnale d-a quefto
charateere epitheto di
mo»tife:ti Perfio ne la
Satira quarta lochiamo
ncg.o ter 1
òlcnrita dclan « htpotistsm%rumyiùo^T4tfi%treT^eta^. Tu up
ciò ila detto
per palfi..ut,& auutrure
1 errore dilli
tetti voi « ttu i
»n ìon che habbia
tal lignificato nella
Filofofia di Boetio,
attefo die hi
quefta-» figura il .fi.
greco lignifica Prattica,
OC il .©.
Theorica, nellequali due
palli confitte la Filofofia,
cerne fi raccoglie
da Sant* A
gettino, De Ciuit.
Jibr. 8. «api t.
4. Studium fapientU
in afìione, 4*r
contemplatone rerfatur, rnde
pars eius afìiua ',
altera ccrttwplatiua dici
potefl, contempl&tìua aattm
ad con» fpiciendas natura
caufas, et finceriffmam
ueritatem . Ne a
cjuefte due patti è
diuerfa la tripartita
diftintione Schedi (òpra
fatta riabbiamo, non
tanto perche la tci^a
detta rationalc, che
inueftiga le cagioni,
aggiunta-», per guanto dice
Sant'Agoftino, da Platone,
fia iùperflua, come
vuoiti Seneca epiftol. 28. in quella
definitione della fapien^a,
che allega fecondo alcuni, Quidam
ita finkrunt, fapicntia
efì neffe diurna, et human*, et horum
caufas, Ettèndo la
rationale circa le
cagioni parte, delle
cofe diurne,& humane; quanto
perche S.Agoftino nel
luogo citato afTèrma*che
non è contraria. Ideo h$c
tripartito non efì
contraria UH difiinb1ìoni>qua intellìgìtur
(rnmefltt* iium japientU in
aclione, et contentplaticne confislert .
In fòmma la
Filofofia-» confitte nella Prattica,e
nella Theorica,la prattìca
è l'attiua morale
; la Theorica è
la conteroplatiua, che
è fublime, etiene
i! primo grado
in dignità, vltimo per
la fua difficulti
in-confeguirla : et però
da Boetio è
porta fepra lafcala, et a*
pie della /cala
la prattfca,come più
facilmente, cominciando fi
prima a mettere il
piede in quella
come più batta
per falire di
grado in grado
più ad alto
: attefòche il
principato del Filófofare,
come dice Arittotele
nel primo della
Metafifica i:ap. 2. hebbe
origine dal marauigliarfìdelle cofe
minori, che arrecauano
dubbio, e dipoi pattando
più oltre cominciò
a dubbitarfì delle
cofe maggiori: et pet
p cognitione,chc s'acquiftaua
delle cofe minori,
dalla prattica loro
s'apri l'in. elletto,ad,afcendere a
poco, a poco
alla cognitione delle
maggiori attinenti ala
fpecul2tiua, più difficile,
perche non apparifee
a niun fenfo
corporeo, come 'attiusjch'opera
attualmente, e vifibilmente,ma la
fpecolatiua fi palefà
al fenfb titelletuale, contemplando,
&C meditando con
l'intelletto la cagicne,&
la vela delle cofe
naturali, ne' quali confitte
la Theorica, cioè
fpeculatiua, voct-» eriuata a
1 hecreo veibo
greco,che
fignifica,infpicio,rigfuardare,
onde,Thea•um,luogo fatto per
vedere, et riguardare, et quel
che vede,& rifguarda
ogni fa,Dio, dicefi da
Greci Theos . Eflendo
il, Q., prima
lettera di quefta
voce» icos, cioè Dio,
potremo anco dire,che
è porto a
capo deiia fcala,
come feopo, jrmine, et fine
d'afcendere,& arriuare a
lui,& fé guardiamo
bene la figura
sfeta di detta
lettera fi ci
rapprefenta apunto vn
verfàglio con quella
linea iru Jjezzo per
trauerfò, come fre^za
fitta nel verfàglio,
volendo inferire,crte deueip
indicare la mente
noftra verfo Iddio,
e tenerla fempre
fitti in lui,
coirti Jmme bene, feopo,
&C fine della
fapien^a ; perche
il fine delia
fapien^a, òC jlla Filofofia,è
il fommo bene,
che è Iddio
Philofophia docet hominem
conoide cteatorem fuum,dice frittotele
de Moribus. Et
Santo Agoftinode Ciuit. IJ.
8.cap.p. dice,che il
Filófofare è amare
Dio, et che
Platone tiene che
il vero, 1 femmo
bene fia Iddio,
e vuole,che il
Filoiofo fia amatore, et imitatore
di to, cV più
fopra nei eap.&
dicr; che nella
Filofofia morale fi
tratta del fupre• ^
X mo t7Ì dio
bine,fen^a ilquale non fi pub
edere beatola detta
Fìlofofia morale e
I atti» cioè prattica
la cui prima
lettera è il .
fi . ficome habbiamo
detto, ftando nells parte
eftrema della fcala
fignifica, che per li gradi
delle Virtù morali
di Giufti tia, Forteti,
Prudenza, Temperanza, Magnanimità,
Magnificenza, Libera lità, Benignità,
Clemen^a,& altre, s'arriua
alla fòmmità della
fcala, cioè alivi timo
fine, al fommobene,
che è Dio
noftro Creatore, capo
di tutte le
virtù, 3 nel lib. 1
8 „cap.
30. aflcrùce S.
Agoftino, che la
Fìlofofia tpeculatiua vai
più pe esercitare gl*ingegni,che ad
illuminare la mente
di vera làpien^a,
come che f attiua
fi a quella
Jaquale per mc^o
dellì buoni coftumi
ci faccia conièguire
1 vera Capienza, 8c
con ragione, perche
la Theorica,che è
la contemplatiua, dC ipeculatiua efiamina
la verità delle
cofe : ma
la prattica, attiua,
morale raett in opera
la verità, li
buoni cortami, et tutte
le virtù, che
ci feruono per
fcala d falire a
Dio vltimo ripofo,
fine, e termine
delia beata vita,
come bemilìmo ei j
pone Boctio nel
metro nono libro
ter^o parlando a Dio.
Tu requie* tranquiftapijs, te
cernere f ìris, Trine ipium, lettor,
Dux, femita, termìnus
idem • E nella
profa fedente . Terfe&um bonum
veram effe beathudinem
conflituimus, tAtqu'h et Beatitudinem, et Deum,fummum bonum effe
coUegimu: Hora fi come
Dio è principio,
guida, termine, &T
fine d ogni
noftro ben coli noi
dobbiamo in quella
vita,mettere il piede
nella fcaja de'
buoni coftun Se virtù
dal principio,che cominciamo
a caminare per
fine ali'vltimo palio
dr la vita noftra,
6^ non celfar
mai di falire,
finche s'arriui al
fommo bene^ Semper ajjiduus etto,
et quemaimodum
qui fcalas contendere
coepemnt n frius defiflunt
ab afeenfu, quamfupremum
attingerintgradumiftc et tu
in bt» femper altius [candendo
affe^ìumfis . Dille Agapeto Greco
a Giuftino. Mao to, che
dalla prattica delle
virtù morali, %C
cole inferiori fi
può paifare, * afcenderealla cognitione
delle cofe fuperiori,
6 che frapanifefta, la Maeftà,
la Prouiden^a, e
la fòmma bontà
di Dio :
Sicome Mercurio Trimegifto
inPimandro cap. v.
Deus fané totius
expers iriuidia perfingulas
Mundi particulas
vtiq;fplendet : Se
per concluder ciò
compitamente cauiamo mora.» quella
gemma, che fi
con/èrua nel vaio
di elettione capit. primo
a' Romani » tue non
fono feu/àti quelli
ingiufti Gentili, iquali
conofeendo folo fimulacri
di Segno, di faflo,
Augelli,animali infiniti per
loro Dei, non
hanno -voluto hauere potitia del
«"vero Iddìo :
impercioche Egli fi
è manifeftato, et le
cofè inuifibili fue dalla
creatura del Mondo,
per le cole
fatte fi feergono,
òC la Tua
fempiterna -virtO, et Diuini
là . Quia quod
notum esl Dei,
manifeflum, e fi in iìlis
: Decus mmillis manìftflàuit . inuiftbìlia
enim ipfius a
creatura Mundi, per
e a quafaèla !mt inteUeBa confpìcimtur
'Sempiterna quoq-, eius "pìrtus, et
Diuinitas, ita v$ ìnt inexcufabiles . Ha k
-verta /tracciata per
mano di certi
huomini violenti, che
fé ne portor10
-via le particelle,
che poterono . Quefti,fi
come Boetio efplica
nella profa g» 'ei
primo lib. fono
le varie fette
de'Filofofi, che per
la varietà delle
peruerfe-» pinioni, che ciascuno
tiene, viene la
Filofofia ad ertère
rtrappata,e {tracciata in arie
parti, effondo per
fé ftefla vnica,
Se retta . Pithagora
hebbe la fua
parte-. 1 ella fpeculat'ua,
Socrate neli'attiua,che fu
il primo, che
inttoduceflela mora: ita
nelle Cittd, come
dice Tullio de
Oratore,& nel 5.
delle Tufculane, il
che_. bnferma S. Agoftino
de Ciuit. lib.
3. cap. 3.
fé ben l'ifteffo
S. Agoftino lib. 1
8. ap. 30» dice,
che la.Filofofia morale
rifplendena viuente Mercurio
Trimegi|o,chc fieri molto
tempo auanti di
tutti i Sauij
della Grecia .
Islam quod atti» t
ad Thilofophiam, qua
fé docere aliquìd
profitetur vnde fiant
homìnes beati, e a
tempora Mercuri), quem
Trimegifìum vocauerunt, in
iliis terris buiujmodi idia claruerunt,
longè quìdem antejapientés,quos Thilofophos
habuit Grecia, atone poi
fcolare di Socrate
hebbe i'attiua,e la
contempiatiua infiemeaggion
:ndo la
rationale drpiù, cV
da quefto nacquero
molti capi di
fette contrarie ifcuno per
moftrare d'eflere d'ingegno
più fpeculatiuo difteriua
dall'altro, e ne fpefio
dal propio Maeftroinuentando nuoue
opinioni, cY^ ragioni,
come ciftotile Peripatetico,
a cui
fu contrario Senocrate
Academico, ambedue dipoli di
Platone, et di
Senocrate fu fcolare
Zenone Prencipe della
Setta ftoi ma
il fuo Porfirio
Platonico, tea j, che fi
rinouaficro folamente ne
gHhuomini,dichen'ètcflimoriio jt*AgOfìino,de Ciuit.
lib.x. cap. xxx.
la drappo di
più tenendo, che lima tulle
coeterna con Dio .
Sentenza reprobata da
Sant'Agoflinade Itt lib. x.
cr.p. xxxj. la
flrappò nell'attiua, con
il fuo illecito
amor Piajico fehernico, et deteftaco
da Dicearcho filofofo,
&T da Cicerone Drche platonico nel
4. de le
Tnfculane . Ariftotele
fquarciò la uefta
a lofofia, foftentando che
il Mondo fuffe
ab ^terno, che
Iddio non l'-ab tratto,&^nonhabbi?, cura
delle cofe del
Mondo* et che
non conofci pn fé
ftelfo : ehe
non penfa ad altro,che a
fé medefinio, et che
il ben^ ci [ed'altfoue, fi
come cioccamente mantiene
nel 12.de la
metallica: X Ec *6z Etne
Ji Morali de
gli Eudemij lib.
7. cap.15.oue /traccia
la Fi!ofon*a. mala maniera .
Deus prò fua
excetkutta, nihil prater
fé ipfum cogitai
.-nói autori bonum aliunde
euenit * Gh
ftoici parimente laceroronola vetta
filo, fica in più
bande,dicéd© che il
Mondo fia ammato,rationaJc,& mtel
ligi Je > che
le difciphne liberali
iìcno mutili, che
gli errore e
peccati fui Yguali, che
le mogli deueno
eflere comuni emendane
di ciò Autori,
D gene Cinico, et Platone,
come ritorce Laertio
ne la vita
di Zenone e pò
de la S^taiìoica,
il quale inuero
/tracciò, la velia
affatto ne Ja
Filo fia attiua con
la mala; pratica
de co/lumi, concedendo
la liberta del
pari re chiamando tutte
le cole ancorché
dishonefte con i
loro propri; non mandando
anco fuora la
vento/ita per ogni
parte lenza rifguardo
alcuc come ferme Tullio
a Papino, Tetote&is verbìs
ea ad tefcripfi,
qi:& aperti rnis dgunt
Hoiciyfed illietiam crepita* aiunt eque
lìbero* ac r.ucljttse£e
oportè Molila da tale
dishoneftanon è marauiglia,xhe lafjUofojìa.
(ì Jaraenti e Boetio
ne la profa
terza de gli
Stoici, et Epicurei
in Wie, il
capo deq li fracafsò la
veftaa la Filoioia
ponendo il fine dtì
ionio bene nel
piao : et ripoiòjcooie
Aniiippo ancorché fcolare di. Socrate, polè illbmmo : ne
nel piacere del
corpo, Anthiilènefuo códiicepoio
ne i'animo;Ma Epi j
ro lo
pò fé nej.
giacere del corpo,
&^ dell'animo, come
dice Seneca . bene EpicurO)ii,
lamentò, ch'era malamente
ìntdo dagl'ignoranti, dici randoii
chenonintendeua del [piacere
dishoneiìo, laiciuo,& Juiiunoi, ma
la quiete del
corpo,.& de l'animo
libero d'ogni periurbazione, do j
to dvna.
iòbria ragione, fi
come afferma Laertio
ne la fua
vita, ma non j
il quello rappezzò la
veda, attefo cheilfine fuo
è-cattiuoaonehendopojj ne Ja virtù* et bontà
de l'animo per
arnuare al iomino b*ne
Iddio vltii noftrofine *ma
pofe il fine
in bene caduco,
e tianfitorio, negandoli mortalità, dell'anima, confermando
anch'egli, che Iddio
non tiene C de
le colè humane^iquarci brutti, et deformi..
Stracciorona di più Epicurei
la Fi io
l'ofia togliendole la
radunale .. I
Cirenaici doppiarne togliendole la
naturale, et rationale
>, ritenendoli la
morale come So 1
eumlocum > qui
monitionts cominci
>fujìulity>&
p&dagogi effe dixit %non.
?> f pbi ytanquam
qmequam aiiud fit
fapiens, quarti humani
generis, pedagAgMS Ma quelli
ritagli, et lquarci
lono aliai minori
de le peruerie
Opinioni lai] Mondo, li
Cielo, 'l'anima, et iddio
noftro Eterno bene
: Apprcl t^uaJe 1
Sauij dique/to Mondo
lono itolti •
Sapientes huius Mundi
funi > Bei.mHulti. Mercè
a leiCiocche, et perfide loro
opinioni con le q
hinno lacerata la
verta a Jafapienza;
perii che meritano
nome non a pienti,
ma di fluiti,
cofi chiamati da
San P>«"io nel
primo cap. a
ft*>»* 1 1 anuerunt in
1 ogitatiombia jì:;s
> e^ obfcuratum
efi infipievs cor
eorum : dio
tri fé effe
fapk'jitts yfìdii fatti
funt . Il mutauerunt
gloriarti incorri ft T . j$j iei,
inftmilitudiwmmaginiscQrruptibilisbominis, et volucrum&quadruf:*
Hmy&ferpentium^ % ',, Tiene
con la man
delira alcuni libri .
Con la falli ra
lo scetro . I
libri gnitono lo Audio, che
far deue quello, che
vuole acquiflare h
fapiena, occupandoli in
volere i libri
profitteuoli al o
acquifto di eiTaf
deftm ou dal tonno
della pigntia,& de
]'otio,che fogUono ind
urre iafeiui am
>,inuidie, et cattiui
a fletti, chèchiudono
la via per
arriuareaìfa iapienza, i quello
è quello, che
vuole inferire JHoratio
nella feconda Bpiftoia
del rimo libro. £fm Tofces
ante diem libmm
cum fumine : Si
non ìnttndes animamjì^ìfs, iam
clarummane fenefiras lntrat> et anguHas
extendit lumine rimas Stretimus et vnde: Qjis
modus argento, quidfas
optare, quid afper
Vtiìe nummus babet,
Tatria charisque propinquis Quantum elargin
deceat : Quem
te Deus effe luffit,
&> humana qua
parte locatus es
in re 'Pifce. leeeiìario
dunque (cacciare il
Ibino, et Totio, nemici
delle difcipline, kociui all'acquieto
delia fapienza, che
col volgere 1
libri Ci confcguiice» [ndo i'v
fo de' libri
iftrumento della dottrina .
Infìrumcntum dottrina ejl. ìslibromm, Biffe Plutarcho nella
educatione
de'iìgliuoli,& Ifidoso
[libro ter^odel iòmmobene
afferma, e he
ogni prò h
cto procede dal kg
ti 1
libi 1 cV
dal meditare ciò
che ii legge .
Omnis profetlus ex leclione, &• utaiió;iè proceda,
qua enim nefeimus
> leclione difeimus >
qua didicimus >
me» tiùìie LOiijiruahhi ;
Qm'i che i
Itovi chiamanfi mu a
mueferi . X 4 X/> *8o
£ofcecro SIGNIFICA CHE la fapienza,laquaIeinquefta opera
di Bocti per Ja
Filolbfia fi piglia,
é Regina di
tutte ie difcipiine, et arti
liberali,t che da e/fa
vengono ordinate ; ìnipercioche haueiado
la iàpienza,& hloi iìa
nonna delle cofe diurne,6T
humane,&cofi«enendoft
ella nella co tempia
tiua, et nell'attma,
vengono da 1
eie>iice Seneca epiic
8$k-St M.Tu ih» éc Platone
nJ luoghi (opra
citati ; neRiej?auig,^.è chc
il. medesimo Tulli «ìica
.«arllakF ilpléfo ; Tu mmnmx
legum, Tu magiara, morumygr ttijttpto fuìfli; et Seneca
nellaepiit.^j, che cola
è-altr^la Filoioiia, cnek-ggo^ Ja vita? Che iia
Regina delle diieipline,& arti
.liberali non è
dubhupd che da lei
Tono prodotte .
Ejì laudatarum artiunt
omnium procreainx qu&dai et quafi-pavens
ca, quamTbilofopbiam Gracivocant,
; Dille Cicerone
nel pt mo dell'Oratore, et nelle
Tul'culanela chiama; 0'viu
Tphilofopbia du; è virtutis
indagatrix y expultrìxq;
vitiormn, quid non.
modo nosyfed ommno
? ta bominum fine
te effe potuìfiet
? Tu vrbes.
peperifti vtu djjjìpatos
homines in j €ietatem
vit&conuocafii i Nelle quali
parale lì atenbu
ilcono alla Filolafì attioni Regie,
e titoli da
Regina^ Ariftippovolendoinferire,che le ci
fapìine liberali vanno
dietro alla Fiiofoiii
morate* per la
quale tutte I altre
cole s'imparano, &che
ella è Regina
di tutte, di
He che quelli
ci fono ornati di
liberali . discipline >
e deprezzano la
Filologa, tòno eoinej Proci
di Ptnelopie, i
quali faceuano conto
di MeJanthone>& Polidoraci «nigelle >
e non fi
curauano del lenozze
di Penelope, ch'era
Signora, ^j Patrona; limile cofa
dille Anfto d'Vlilìe,ehe
quando andò all'Info parlo a
tutte l'ombre infernali
fuor chea Proferpi
na Regina :
il primi detto d'Anftippovien riputatoci
Plutarcho ne i'educauone
di Bior ©uè chiama
la Fik>fofia lomma,&capo di
cuccigli altrifeudij*. Vrhat €Jì
edam Bìonis Vkilofopbi
dicium, qui aiebat
yficut Tenelopes Trovi
cutn n on \
jìnt cumcPenelopa concumbere,
rem cum eius anciiii s
babuifftnttita qui Tbilt fbiam
netptemt apprehenderey eosin
alv\s nullius preiij
difdplinis fefe contzn Itaquer eliquor untfiudi9rum quafi
caput, et fitmmuy
confi ituenda eìl
Vinlofofi Se è degna
daelFerconfUtuita (omnia, et capo
de gli altri
frudij, ùcu mente di
tutti lorochiamar lì può Regina:
Inquanto che la
Filolòna ga dà vna
mano i libri,e
dall'altra lo feetro,
poteuio anco dare
quello gmficato;cheadvn Re che
tiene Io icettrodePopoli,è necefiàno
ai tenere libri d'Etnica
filoibna,6V di Politica
attinenti al coftume,^ Biodo di
ben regnare e
trattare il militare
imperio,& quelli fpetfo
ri-f ere, accioche
veggfoino lcritto ne'
libri quello che
gli amici, et infc. foro
denoti ; non
hanno ardire di
auui farli, et ammonirli, et però De
irioFaiCieoenoruua ToloineoRe a
tenere per le
inani noni**cn lo .
sii fc>, che libri vtiii,&
idonei alia buona
amminijtratione del Regno. Confiderando, che
la Filologa tiene
1 libri da
la delira, et lo
fcetro da . fin
1 Ara, duerno
che la iapienzadeueelfere preferita
al dominio, 6(^al legno,
perche lenza Ja
làpienza, e configli© de'
iamj non iì
può ben regere, et gouernare
: onde nel
fecol d'oro rcgnauano
iolamente fòpientt
àolbfij&queliifii ono Principi, et ìegislaton,
come dice Pofiidonio i
Seneca epiit. 90.
Solane fu Principe, et legislatore
de gli Atheniefi, icurgo de*
Lacede.iiorn.Zeleuco de' Locrefi
; Scriue Plutarchoin
Ifide, •: Uiìrtde, cliegli
Egitij icieglieuanoi Re,
ò da Sacerdoti,
o d*a Guernepsrche
queih iono tenuti
in conto perii
lor valore, cV
quelli per la
iaienza . Ma
quel guerriere, che
fi creai a
Re fi dauaalladiiciplina derSa l'rdoti, acciò ii facefle partecipe deiia Fi loiòfia>ÓV~ fapienza,& diuen\ne
atto al governo,
6 e,&la filolohaè di
giouameuto grande al
Principe per ben
gouernare» iomediffufamentedimoitraPluurcho nel
trattato >clv fa al Principe «orante, -Y"
in quell'altro doue mantiene,
che fi debba
fìlotofare con |ineipi, fede
ne facciali buono et lodato
imperio di M.
Antonio Iinpe~ jfrore, tlquale
irebbe pieii di
filofofia la lingua
el petto, e
fpefio in bocca jaer
foiea quella preuofa
voce di Platone,
le Città fiorirebbero
te li Filo |E
itnperaflerojO vero icgl'Imperatori filofofafìero . Florerent
Ciuitatesyfi i Vbitofbpbi imperar
ent, aut Imperato
fes philofepharentur : Riferifcc
Giulio pitohno nella fua
vua.Ilcheauuerter.do Theodofio Imperatore
diede »norio,y Arcadio fuoi figliuoli alla
difciplina d'Arfemo huomo
fapien fimo, il quale
effendo Dato veduto
dall'imperatore ftare in
piedi auanti i gli, mentre
quegli ammaeftrai a,
cV eifi tupe.bamente
federe, fi adi:on
effo loro, et li
fece fpogliare de
gli adornamenti regali
ammoneni, ch'era meglio per
loro vmeie priuati,che
imperare con pericolo za
dottrina od làpienza,
voce affai commendata
da Nicefòro lib.12* c|.
2^. Con giurìa
ragione dunque fi
dà lo fccttro
alla Filofofia molto «pueaeuole alla
fapienza, la eguale
ìa ehe h
Principi fenza pencolo
fic» \ amen te i66 ICONOLOGIA rumente regnino,
teitimonio ne fia
l'tfteffa Capienza, che
nell'ottauo pro uerbiodi ie
medefijma dice ; Terme%eges
reznant,& legum proditores
iufi difcgmunt^ Per mezzo
mio regnano liRe,
cV i legislatori
difeernano i giufto; et Hugone
dille, che la
Filofofia infegnagiufta,& rettamente
r gnarejconoicendo ciò Filippo
Re di Macedonia
eiìorcaua Alelìàndro Magno Tuo
figliuolo ad apprendere
la Filofofia-, fotto
la difciplma Filoiòfo, dicendogli
accioche tu npn_,
commetti molti errori
nel gnarejde'qualiini pento hor
io d'haucr? commefiò .
Riportano glori iafamaiRe mediante-» la; Filofofia, non
tanto per goueruare
i Poj con fapienza
> quanto per
faper reggere fé
fteffi ; dato
che vn Re
regga ne fé ftefio,
regge anco bene
i Popoli con
fodisfattione,& applauio e mune
: ma fi
come è difficile
ad vn nobile, et gagliardo
deftnere rafrei re il
corfo fé non ha, chi
gli fopraftia > et chi
lo freni, coli
diffidi cofa è vn
Principe afloluto, che
ninno fuperiore conofee
faper e regolare
fé ft fo,& raffrenare
l'iropetuofo corfo de gli affètti
fuoi » la Filofofia nondim no, et fapienza
facilità tutto ciò,
perche la Fiiofofia
fecondo AriftippD et altri
Filofofi doma gli
affetti dell'animo, E
difficile ad vn
Principe \ uane effere
continente, nondimeno Aletfandro
Magno mediante la Fi
fofia de' buoni
cofturm fu giouane
contir)entifsimo> poiché portò
rifpeti alla moglie,ckalle figlie
di Dario,chedi rara
bellezza erano dotatatene le
tenne da ichiaue,
male honorò da
Madre, et Sorelle,^
portò anc rifpettoaRofranafuabelliI«>imafchiaua,che fé
la fposò per
non farg torto, et violenza
; confufione diquelh
Signori, che non
lafTano intat non diròfchiaue,oleru2, ma
non la perdonano
a valla Ile
nobili, èVh norate. E
difficile ad ogn'uno
il perdonare a'nemici
maisimamentc Principi,
nondimeno Celare Dittatore
lulìgnorrofi della Rcp. et dell': peno
mediante h fua
fapienza, vette gl'i
ir peti dell'ira, et perdonò
a ~ ' Offendono
gli animi le
maldicenze tanto, che
lì commuouono ad mortale
contro i detrattori,
&C calunniatori, nondimeno
Auguro, pattano, et altri
ottimi Imperatori non
vollero fare rifentimepto
e loro, ne incrudelirli
per parole, ò
libelli contro gli
Autori, et con pr
za, perche le
voci del Popolo
maldicente non dan
forza di detraherc maadvngran Pn
pcipe, che con
prudenza, fapienza, &fgi
urti da got ni,
eflendoche le buone
atuoni loro fanno
per fé fìcfie
me» re 1 maieiio &però Pio
Secondo Pontefice condan temerne perdonò
a chi l'haiic prouocatocon ingiurie,
e detii mordaci, de' quali non
r.efcce conto, voleua che
in vna Città
libera come Roma
liberamente fi parlaflc»
e me di lui
dice il Platina
; Male de
fé ofwc.ntcf re!
loquentes tohocutt mw libereenim
inibera Qv.hate
loqv.iomnevoìcbat; 11 qual
detto fùdiTibc peratore,6Vmoftròanco
di noni/limare le pelsime voci
del volgo, qt,
do difie ad vno, che
fi lamentata, che
alcuni di lui
diceuano male ; ri
fé fé
in Campo di
Fior? anelerai, vedrai
molti che di
me ftefio ancor.i ranno
male. Anzi dalie
maldicenze Antonino Filoioib
Imperatore, n tè Ja
Filofofia, che cosi R'i
deità uà profitto
prcndeua : poiché
fpeiio man s6y
»andaua,checofa Ci dicefle
di lui, fentcndo
male, fedentrodi fccono* f:eua
effer vero, fé
n'eniendaua ; Erat
enimfama fu* curiofifiimuf
reqttirens i ver um,
quid quisque de
fé diceret, emendans,
qua bene reprebenfa
videre*fr. Narra Giulio
Capitolino. Tutti quelli
lono frutti della
Fiiofofia, ìc regge gli
animi, &c moderagli
affetti con lo
feettro della fapienza, )1
qua ieff reggono gli huomini
prudenti inogniauuenimento loro>& scoreggiano 1
moti dell'animo >
tanto nella uuerfità, quanto
nella profc £rui, ck_
fopraftanno adogni colpo
di fortuna* Omnia
quteaderem ho» linem pojfunty
fubter fé habet,eaque
defpicere cafus contemnìtbumanos* >ifle l'Oratore
: 6c Diogene
Filofofo eiìendogli addimandato,
checofà LadagriàtohauefledallaFiloforia;fenon altro
riipofe,ho guadagnato aefto, che
io fono apparecchiato
ad ogni fortuna
:& Dionino Tiranno acciato dal
Regno ad vno,
chegli difle, che
cofa ti ha
giouato Fiatone» la Fiiofofia,
nfpofe, ch'io poffi
q uefta graue mutatione di
fortuna com )i tare
: percioche non
s'vccife come hanno
fatto altri >
ma flette faldo
> ITe fé fteflb, et imperò
alle paffioni dell'animo Porta dunquelo
feettro rpiù cagioni >
perche la Fiiofofia
è Regina di
tutte le difapline, et ariberali
>perche è neceflaria
a' Principi per
ben regnare, et perche
là e£ e quelli
che la pofleggono
Re^eflendo che con
filofofica liberti danno
t»nlìglio,cV"comandanoadaltri'che
fàccino^o non faccino
vna colà; i perche
mediante la FUofofia, et fapienza
viuiamo nel pacifica
Regno tlla tranquilliti, poiché
potiamo in ogni
tempo yluog©,& mutatione ^fortuna imperare a gJr
appetiti, affetti, et perturbationt dell'3nimo,& pi mede/imi
reggere, et gouernare
con prudenza,& fapienza
: onde Zee neafierì,
che li lapienti
Filofoli, non folo
erano liberi, ma Re
. FVRORB IMPLACABILE. ||.VOMO armato
di fpiù forte
d'arme, et ferito
in mplteparti dell* fi
perfona, moffri nel
fembiante furore > et rabbia >fari cinto
con rat f catene,
che dalle braccia,
&f dalle gambe
gli pendino Sterri
con la_» |f!ra mano vnferpe detto
Àlpido, piegato in molti
gin, con la bocca fcpftach*abb/ala lingua
fuori tripartita,,& vedendofiperjlaperfona infiio'vcleno, moOri,&ftiain atto
d'offendere altrui, &alli
piedi di detta iara
vi farà vn
Cocodrillo,chc moftri di
percuotere fefteffo.. . h
dipinge armato, 6^
ferito in molte
parti della perfona,
con la dimo1 lizionedel furore, et rabbia^eflendo
che il furore
è propria alterationc 1 ramino
irato t che
conduce Thuomo airoperare
contro fé fteflb
* Dio, |j.tura, huonjini,
&^ cofe>& luoghi Ifce
rotte catene che
dalle braceia,& da le gambe
gli pendono,dinotano! èp il
furore è indomito,
cV poche fono
quelle cofe che
a lui faccino filftensa . pene con
ladefìra mano il
ferpe nella guifa, che
habbiamo detto, per e
i cne le
.acre let;ere hanno
cfpreffo il furore
implacabile, pei vn
ferpe piccato '284 ICONOLOGIA ita, e piegato in molti giri, et che
ha la lingua
fuors al vedere
tripartii dicell, che neflun
furore fi può
comparare a quello
deH'afpido, il qua {ubito
che lì fente
tocco, coli beftialmente
s'infuria, che non
(ì fatia lì che
non habbia auuelenato
col morfo, chi
l'ha offefo, o
vero di rabbia
1 fi muoia come
dice Euthimio Il
Coccodrillo in atto
di percuotere (è
fteflb, voleuano gli
Egiti j con le animale
nella guila che
s'è detto, fignitìcare
il furore, perciò
che qu fto animale
quando è rimafto gabbato della
preda, contra fé
ftcfib $ acc« de
di furore, et fdegno . FORZA SOTTOPOSTA ALL'ELOQJENZA DONNA vecchia, vcftitagrauemente>checonladcftramano 0 ghi
il caduceo di
Mercurio, et fotto
li piedi vn
leone . Ciò diuioitrache ia
1 orza cede
all'eloquenza de' Sauii, 1
GA pt GAGLIARDEZZA* DONNA di maturo
afpetto, ma vago,
di vifta proportionata, e
fuelta? farà di leggiadro
habito veftita, coronata
di amaranto, c\_
tenga con ^nbe le
mani vn ramo
di oliuo Con li fuoi
frutti, &C fopra
a detto ramo
vi fari n fauo
di mele con
alcune api . ! L'amaranto
è vna fpica
perpetua » laquale
fuor dell'vfo degl'altri
fiori, fignìa (labilità,
gagliardezza, e con/èruatione, per
la particolare qualità
fua di >n immarcire
giamai, et di
ftar tèmpre beila, et di
-verno quando fono
man-' ati gl'altri fiori,
folo tenuta nell'acqua
fi rinuerdifee, però
li popoli di
TefTaglia i fretti dall'oracolo
Dodoneo a far
ogni anno l'efpiationi
al fepolcro di
»^chil«, come fi
fcriue, portauano dell'amaranto, accioche
mancando gl'altri fiori nefto,
che prefto fi
rinuerdifce,fulfe in difefa
della loro diligenza,
coronane d(ì con eflò
la tefta nel
fare l'oblationi . Per
quefto è il
detto fiore immortale, :
fi dedica alla
immortaliti col ramo
d oliuo, et il
fauo di mele
allude a quel» rifpofta, che
fece Diogene Cinico
ad alcuni, che
gli dimandarono in
che mo3 fi
potefle allungare il
filo della "vita
humana . Dicendo,che le
parti interiori doueuano irrigar
di mele, et l'efteriori
vngerle con l'olio, et voleua
intensrecoftui /òtto
ofeurit^, come era
il folitofuo, cheperviuere
fano,8c~gaiardo bi/ogna ftare
con il core
allegro, et pieno
di dolci, 6^
fuaui penfieri jnr/nuamente, et per
lo corpo hauer
la commodità neceflaria
tenendolo isu fercitio, accioche
non fia confumato,
e guadato dall'otio
: ma aiutato, et mfolidato
. Dice oltre
a ciò Atheneo,
che chi vfa
li cibi conditi
con il mele, me
molto più di
quelli, che vfano
li cibi comporli
di colè forti .
Et in quefto ropofito adduce
l'eflempio di alcuni
popoli detti Girnei,
nell' Ifola di
Cortile i li quali
"viueuano lunghiflìmo tempo,
perche fi pafceuano
di cibi dolci, compoftidimele* EtDiaphe,
il quale fcriiTc
dell' Agricoltura, afferma-, ie
il cibo di
mele "vfato di
continuo, non folo
fa giouamento grandiflìmo
al» ' viuacità dell'intelletto : ma conferua
ancora li fenfi
iani, Se interi . GELOSIA DONNA con
vna vefte di
turchino a onde*
dipinta tutta d'occhi
j. e d'orecchie, con l'ali
alle fpal!e,con vn
gallo nel braccio
finiftio, Se nella
deamano con vnms^o dì
ipine, J Gelofia è
-vna paflione, Se vn.
timore, che fa
che il valore
della virtù, o de'
«enti d'a!trui,fuperando le
qualità "virtuofe di
chi ama, non
le tolga la
polTef* ne della cofa
amata* Dipinge!] la Gelofia
col gallo in
braccio, perche quell'animale
è gelofiffimo 1 ;ilant£,defto, et accorto . L'ali fignificano
la prefte^a, Se
velocità de' fuoi
variati penfieri . j Gli
ocelli], Se orecchi)
dipinte nella_vefte fignificano
l'affidua cura del
gelofo yvedere, et intendere
fottilraente ogni minimo
atto, Se cenno
della perfona sjnata da
lui, però ditte
il T'affo nuouo
lume dell'età noftra
in vn fonetto. klofo amante,
apro m$ 'eccbi.e miro, £
milforecchi, ad ogni fuono intento. 11 ma^o
delle fpine, dimoftra
i faftidij pungentiflimi
del gelofo, che di
con* zgé GELOSI AJ continuo lo
pungono, non altrimenti,
che fc fofifero
/pine acuti/lime, le qm
per tal
cagione gli ti
dipingono in mano . Celofia . • D
Orina *ve(tita nel
modo iopradetto, nella
deftra mano terrà
vna pian di helitropio.. Il color
del -"veftimento è
propio lignificato di
Gelofia, per hauer
il color d mare,ilquale mai
non li moftra
così tranquillo, che
non ne forga
iofpetto, ce tra li
fcogli di Geìofia
per certo, che
l'huomo fìa dell'
altrui fede non
palla m fèn^a timore, &C
faftidio . Si fa ancora
queft' immagine, che
in "Vna mano
tiene il flore
helitropio > quale fi
gira Tempre intorno,
e incontro al
Sole, feguicando il
fuo moto, e aiegelofo,oo'p*J3i t
conlcparole, 6c^ col peofiero, lem prefta -volto ali con rem platione
delle beliate da
lai per fouerchio
amore fti aute i
are, et rr efce
al mondo. GfiV &i >/#r GENIO BVONOé Secondo i
Gentili, N fanciullo con
belliffimi capelli, farà
coronato di Platano
1 8^ là mano tiene
-vn ferpento •
Cofì fi ?vedc
koipiio in alcune
Meda[lie antiche^ ... genio cattivo; Secondo i
Gentili . 1|"T Vomo grande,nero,
di *volto /paaenteuole,
con barba, e
capelli tanghi, jLJL eneri,inmanotÌenvngufo» Scriue 'Plutarco, chiapparne
a Marc© ruto occifor
di Cefàre il
genio cattiuo in
quefta forala,re il
gufo come ftittóano
gl'an tichi è
vcceììo di trift'augurio
.* però Vergili©
nel 4. dell'Eneide
• Solaque culminibus ferali
Carmine bubo Sape tjueri, et longas
infletum ducere voces . Molti
fono ( fi
racconta ) i Geni
j, fecondo l'application! dell'
ingegni, de' uali fi
prendono, ma a
noi /irebbe diligenza
iouerchia dipingere alcuno
aire a quefti,che ibno
gli vniuerfàli per
acconciar tutto il
refto, che fé
ne potrete e dire
a i luoghi
conuenienti, fecondo l'ordine,
che habbiamo prefo. GENI
6, Come figurato da
gli antichi* IT Olte
immagini antiche del
Genio rapprefenta VincéntioCartari,pref Di cuti£,
Fontis, Loci, e
dellWltimo n'era figura
la ferpe, nello
Smetio a carte
2 num.4. leggeri Genio
Horreorum Senaiorum per
la conferuatione del
Gran ro di Seiano,
coli anco Genio
Conferuatori Horreorum Gaianorum,
Gen Thefaurorum,*vede_fi in quell'altra
inferi et ione
non più ftampata,
che al pr fente
(là in vn'orticello
dietro il Monafterio
di Santa Sufanna
nel colle quiriti le .
E' vna bafe,
che dal canto
deliro ha il
vaio detto Vrceo
» c*^ dal
lìniflro patera, fotto la
quale è pollo
il Gongolato di
Marco Ciuica Barbaro,&
non Ba baro* come
feorrettamente ftampafi in
tutti i Falli
fen^a prenome, et nome
tal Conlolato, che
fu del 1 5 8.
JOVI CVSTODI, ET
GENIO THESAVRORVM C.
IVI. AVG. L1B. SATYRVS
D. D. DEDIC.
X1H. K. FEBR.
M. CIVICA. BAR3ARQ. M.
METILIO REG VLO
COS. il Geni'© TMCESA%E %IEÀ. *S? il
Genìo,che noi volgarmente
dicemo per I'humore,e
per il gufto.è
naturale inclinatione, che ha
vno ad *vna cofà, ed
effercitio : fi
può figurare Fanciullo alato, (imbolo
del penderò, che
fempre nella mente
vola di ciò,che
fi ha gufto, e
fantafia : tenga
in mano ftromenti
atti a dichiarare
quello,di che fi
diletta? fé vno ha
Genio alle lettere,gli
fi ponga minano
libri ; fé
a fuoni, e
canti, intauolature di
mufica, lire,leuti, ed
altri ftromenti ;
fé ad amicarmi,*
e cofi di
mano in mano d'altre
cofe, in fimili
occafioni fi potrai
incoronare di Platano
tenuto da gli antichi
Arbore geniale,^jerche è
grato, e gufta
a tutti quelli,
chela miranoper la fua belle^a,
e^rande ampie^a, difende
l'Eftate con la
fua ombra dall'ardor del
Sole, ed il
Verno riceue il
Sole, però l'Academia
d'Achent^ intorno alla loggia
fi compiacque tenere
molti Platani, che
fiorirono,e crebbe ro
all'alterca di $5.
braccia,come fcriue Plinio
lib 12. cap.
primo.. E Serie
Re «'inuaghì di quefta
pianta generola, allì
cui rami fece
attaccare collane, ed
armille d'oro^nella guifa*
che racconta Eliano
lib. 2. cap. 1 3.
fi può anco
incoronare di fiori, come
l'incorona Tibullo hb. 2. eleg.
2. Il Genio
del Popolo Romano, comequello,
ch'era fempre di
guerreggiare, e trionfare,
in *vna-» icdaglia di
Antonino Pio è
figurato con vn
ramo d'alloro, o
d'oliua nelia dera,
e nella finiftra
'Vn* afta, in
vn'altra il cornocopia,
per la foprabbondante icche77a del
Mondo, che poffedeua,
al cui acquifto
era intento, onero
per lo ufto dell
abbondanza, che ha
communemente ogni popolo
. In altre
due-, medaglie di Traiano,
e di M.
Aurelio Antonino Filofofo,
nella deftra tiene
vna atera, nella finiftra
le fpighe, per
denotare, che quelli
Imperadori premeuano eli
'abbondanza, e nella
loro religione,di cui
n'è fimbolo la
patera : in
vna meaglia di
Nerone la patera
nella deftra, nella
finiftra il cornucopia,
auanti Tara» iquale fen^a
dubbio fiì battuta
per adulatione, poiché
il Genio di
Nerone,cioè humor fuo era
inclinato al male,
e non al
bene ; alla
impietà, non alla
reli;ione ; alla
deftruZ£>one, non all'abbondanza :
molti fimili, ma
fen^ara veglonfi nelle
medaglie di Maflìmino,
tra quali vi
è imprelfo il
Genio, che nella jeftra
tiene vna patera
con vna ftella
Copra. 3 nella
finiftra il cornucopia
. In pili iodi
anco appreffo il
fudetto Occone fi
figura in altre
medaglie d'Imperado-, fecondo
gli afretti, e
volontà loro :
li quali affetti,
e perturbationi d'animo aflàu
ano lotto nome
di Genio, come
apparisce in Plutarchonel
trattato del l
tranquillità non lunghi
dal fine in
quelli verfi, ne'
quali fono inlcrti
dieci noli inuentati da
Empedocle, per efprimeregli
affetti, ed inclinationi
d'animo. Hic inerant Cbtkonias& cernensprocul
Belio pea, Et vario Harmonie
vultu, Dirìjq; cruenta, lAtfcbre, CalliHoque,
Tboofaque, Dynaeque Tfemertes, et amoena,
nigro frutluque ^ifapheia . j
Quorum Geniorum nominibus
varia animi perturbationes exprimuntur,
dice Ijutarco, oue chiama
nomi di Genij
le perturbationi ifteffe,
èc gli affetti
dellanimo tra loro
contrari j, nominati in
detti verfi, che
fono terreltre, et folare |c
la viltfacelle, ed
altre varie co
fé in man» . GEOMETRIA DONNA, che
tenga in vna
mano vn perpendicolo,econ l'altra
vn cor palio :
nel perpendicolo fi rapprefenta il
moto,il tempo, e
lagraucz de corpi :
nel compatto la
linea, la fuperfkie, et la
profondità, nelle quali
co fitte il general
fuggetto della Geometria
. Geometrìa. DOhna, che con
la deftra mano
tiene vn compatto, et con
la fimftra * triangolo. GIORNO NATVRALE. SI
dipinge giouane alato, per la
ragione detta nella
figura dell'anno,ce! vn cerchio
in mano fbpra
vn carro, iopra
le nuuole con
vn torchio accche
nafee dell'* telletto, et eflendofi tali
iftromenti ritrouati da gli Artefici,
perhauerr mil notitia nell'opere
di Geometria» meritamente
adunque per quelli
fi dir" ftra il
difeorfo,& ancora l'elettione,
che deuefare lo
ingegno deli' huon» per conofeere, et giudicare
ogni forte di
cofe, perciòche non
dioicamente v' dica colui,
che nel medefimo
modo "Vuol mifurare
tutte l'attioni . Ve . sp3 Per
dichiaratione dell'Iride, diremo,
che ciafcuno, che
fale a gradi
dell'ati tioni humane,fìano
diqual forte fi
*Yogliano,bifogna, che da
molte efperienffe apprenda
il giuditio,ilxjualejquindi rimiti,
come l'iride rifulta
deli* apparenza di molti diuetil
colori auuicinati inficine
in virili de'
raggi Solari . Ciuditiot Citerò
inditio d' \Amon . HVOMO nobilmente
gettito, con il
capo pieno di
papaueri 3 che
lignificano indicio dimore pretTo
a quellj\antichi, i
quali con il
gettar delle forti predicevano
le co/e d'auuenire,
perche volendo far'efperien^a,fe# 'amante fofle
riamato pigliavano le
foglie del papavero
fiorito ; et fé
le pone* nano fui
pugno, poi con
la palma della
deftra mano percotcndo
con ogni forra le
dette foglie, dallo
ftrepito, che effe
facevano fotto la
percoffa^giudicaua* no
ramore^a*ffidefiderato* Quefto
racconta il Pierio
Valeriano col teftimonio
di Tautifìonel Iib.5
8.deJ tuoi Gieroglifici, fcbene
è cofà fupcrftitiofa, et ridicola . Giuditìogiujto. BVomo veflito
d'habito longo, 6c^
graue, habbia in
gui/à di moniJc^
» che gli penda
dal collo "vn
cuore humanoj nelqualefìafcolpita "\na-# m maginetta, che
rapprefenti la Verità,
egli Aia con
il capo chino,
&C coiu >li occhi
baffi acontemplareflfiamente il detto monile,tenga a'piedi alcuni
li>ri di Legge
aperti $ il
che denota, che il
*stiQX$C perfetto giudice
deuecflèr ntegro* Scuoti deve
mai per qualfiuoglia accidente rimuouere
gli occhi) dal ;iufto
delle Sante Leggi
>& dalla contcmplationc della
pura, et intera
verità : edi Pierio
Valeriano nel lib. 5
1 GìVDICE. rjVOMO ^vecchio,
fedente, £c^ veftito
d'habito gràue, terrà
con lai "1 deftra
mano *\nal>acchetta, in
torno alla quale
Ha auuolta "vna
ferpe» a *yn lato
faranno alcuni libri
di Legge aperti,
fic^ un'aquila, et dall'altra arte ^n'horologio,ó^vna pietra
di paragone >
effendoui fopra d'ella
"Vna loneta d'oro, c^vna
di rame, ckdell'vna
come dell'altra appatifea
il fc» no del
lor tocco. Giudice è
detto da giudicare,
reggere, et eflèguire
la Giudi tia, et è nomo
ttribuito ad huomini
periti di ella
Giuftitia, et delle
leggi pofte da Prencipi,
Kepubliche alla miniftratione di
quelle. Si dipinge vecchio,
fedente, 6V veftito
grauemente, dicendo A
riftotele nel pr^o della
Topica, che non
il debba eleggere
Giudici giouani,non effondo
neletà giouenìle efperien^a,
ne moderationi d'affetti . La bacchettacene
tiene nella man
deftra, ne lignifica
il dominio, ch'ha
il Giudice fopra i rei
. La ferpe, che
intorno ad ella
fi rivolge, denota
la Prudenza, che
fi richiet negli
huo mini pofti
al gouerno .
Dicendo la sacra
Scrittura : Eftote
pruentes fìcut ferpentes. I
libri aperti dimoftrano,
che il vero, et perfetto
Giudice deue efTere
molto ;n perito, circofpetto,
integro, e vigilante
» che percib
gli fi dipinge
a canto ^orologio, accìòche
non mai per
qualiluoglia accidenteonn rimuoua
gli oc* ' Y
3 chi aj>+ chi
dall'equi ti,e dal
giufto,e come l'aquila
polla da gl'antichi
per vccelto di acu
tiflima villa, deue
il giudice vedere, et penetrar
fino alla nafcofla, et occulta; ▼eriti rapprefentata
per la pietra
del paragone, nella
guifa, che fi
è detto, la» quale
ne lignifica la
cognitione del vero, et del
fallo . GIVOCO DALL'ANTICO.
VN fanciullo nudo
alato, con ambedue le
mani diftefe in
alto, prendendo vna di
due treccie, che
pendono da vna
teda di donna
> che fi
a pò* fta in
qualche modo alta,
che il fanciullo
non vi fi
pofià arriuar a
fatto . Sia-, quella
tefta ornata d'Vn
panno, che difeenda
infino al mezzo
di dette treccie, cX^,
vifaràfcritto. IO CVS. Si
fa alato,perche il
giuoco confitte nella
«velocità nel moto
con fcher^o . GIVRISDITIONE HVOMO veftito
di porpora, nella
delira mano tenga
vno feettro,qua-"
l'è'vero inditio di
naturai giurifdittione,&
nell'altra i falci
consolari che fi
portauano per fegno
di quello medefimo, GIVSTITIA Secondo che
riferifee Giulio Gettio
» DONNA in forma
di bella vergine,
coronata, et veftita
d'oro che con honefta
feueriti, fi moftri
degna di riueren^a
con gl'occhi] di
acutifliItta villa, con
vrt monile al
collo, nelquale fia
vn'occhio (colpito . Dice Platone,
che la Giullitia
vede il tutto,&
che da gl'antichi
facerdoti fu chiamata veditrrce
di tutte le
eofe . Onde Apuleio
giura per l'occhio
del Solete della Giullitia
infieme, quali che
non vegga quello
men di quello,
le quali cofe habbiamo
noi ad intendere,
che dertono efière* ne
miniftri della Giullitia, • perche bifogna,
che quelli con
acutiffimo vedere penetrino
fino alla nafcofla et occulta
-verità, et fieno
come le calle vergini puri
d'ogni pallione, fiche
né pretiofi doni, né
false lufinghe, né
altra cofa li
porta corrompere :
ma fiano faidi,
maturi, graui, epuri,
come l'oro, che
auan^a gl'altri metalli
in doppio per Co, et valore, E
perciò potiamo dire,
che la Giullitia
flaquell'habito, fecondo il
quale-, l'huomo giallo per
propia elettione, è
operatore, e difpenfatore,
così del bene,
come del male
fra fe,& altri
> o fra
altri A' altri
fecondo le qualità,
o di prò* portione
Geometrica, ouero aritmetica,
per fin del
bello, e dell'vtile
decorno. dato alla felicità
publica . Per moftrare la
Giullitia, Se l'integrità
della mente gli
antichi foleuano rapprefentare
ancora vn boccale,
vn bacile, &f
vna colonna, come
fé ne vede
efpreffa teftimonian^a in
molte fepolture di
marmo > et altre
antichità, cheli trouano tutta
via, però dille
l' Alciato . Jus bac
forma monet dicium
fine fordibus effe »?,
• befunftum, furas
atqi babuijfe mams . D
GiuHitia di Taufanid
negli EUa$i. Onn* di
bella faccia, 3c
molt'adorna, la quale
con la mano
finiftra fui* foghi vna
vecchia brutta,per colendola con
vn barione . Et DI CESSARE
%1TJ: *gf* Et quefta
vecchia dice Paufania
efler l'ingiuria, la
quale da giufti
giudici, deue tempre tenerli
epprefla, accioche non
s'occulti la ^verità, et deuono
aicoltar patientememe quel,che
ciafeuno dice per
difefa . Giuftitia Dluìna. t DOntia
di ringoiar bottega,
veftita d'oro con
vna'cortma d'oro in
teftaJ, fbpra alla qual
vi fia vna colomba
circondata di fplendore -,
hauer-d i capelli fparfi fopra
le fpalle, che
con gli occhij
miri, come cefa
baila il inondo,
tenendo nella deftra la fpada nuda, et nella
finiftra lebilancie . ?
Quefta figura ragioneuolmente fi
dourebbe figurare belliflìma,perche quel!o,
che è in Dio, e
la medefima effettua
con eflo (
come fan beniflimo
i facri Theologi )
il quale è
tutto perfettione, et vnita
di bellezza . Si vede
d'oro, per moftrare
con la nobiltà
del fuo mctallc,e
con il fuo
Splendore l'eccellenza,
&fublimità della detta
giuftitia. La corona d'oro è
per moftrare, ch'eli'
ha potenza fbpra
tutte le potendo «iel
mondo. LE BILANCIE SIGNIFICANO CHE la
giuftitia diuina da
tegola a tutte
le attieni, e k
fpada le pene
de' delinquenti. Lacolomba
moftra Io Spirito
fanto ter^a perfona
della fantiflìma Trinità, Svincolo d'amore
tra il Padre, et il
Figliuolo > per
lo quale fpir ito
la Diuina giuftitia fi
communica a tutti
i Prencipi del
mondo . Si fa la
detta colomba bianca,
e rifplendente, perche
fono quefte fra
le quali-" tà vifibili,
e nobiliffim* . Le treccie
fparfè moftrano le
gratie * che
feendono dalla bontà
del cielo fenS(a
ofTenfione della Diuina
giuftitia, sltì^i fono
propij effetti di
efla » Riguarda come
cofa baila il
mondo, come /oggetto
a lei, non
efiendo niuna co(à
a lei fuperiore
. Si comprende anco
per la fpada,e
per le bilancie
( toccando l'uno
ìnftromen to,la vita,& l'altro
la robba de
gli huomini.) con
le quali due
cofe Thonore mon dano
fi folleua, et s'abbafla
bene fpeflb, che
fono dati, e tolti, et quefta,
e quella per giuftitia
diuina, fecondo i
meriti de gli
huomini, et conforme
a* feueriffimi giudici^
di Dio . Giuftitia . DOnna
veftita di bianco,habbia
gli occhij bendati
; nella deftra
mano tenga vn fafeio
di verghe, con
vna feure legata
infieme con effe,
nella fini (tra vna
fiamma di fuoco, et a
canto hauerà vno
fttu^o, ouero tenga
la fpada,& le
bilancie. Quefta è quella
forte di giuftitia,
che efèrcitano ne*
Tribunali i Giudici,
Se gli eflecutori fecolari . Si
vefte di bianco,
perche il giudice
deu'efTere fen^a macchia
di propio interefle,
o d'altra paflìone,
che pofla deformar
la Giuftitia, il
che vien fatto
tenendoti" gli occhij bendati,
cioè non guardando
cofa alcuna della
quale s'adopri per
giudice il fenfo
nemico della ragione . 11
fafeio di verghe
con la feurc,
era portato anticamente
in Roma da
littori Y 4 innanzi dar 29S innanzi
a* Con(óK,& al
Tribuno della Pici
Vper moftrar,che non fi deue
rimanere di castigare, oue
richiede la Giuditta,
ne fi deue
cilcr precipitoso :
ma dai tempo a
matutare il giudizio
nello fciorre delle
verghe. La fiamma moflra,
che la mente
del giudice deueeflèr
Tempre dritta ver fo
il Cielo, Per Io
ftru^o s'impara, che le cofe,
che vengono in
giuditio, per intrica che
fieno,non fi deue
mancare di Irrigarle,
5c^ ifiiodarle, fen^a
perdonare fatica alcuna, con
animo patiente, come
lo ftru^odfgerifceil ferro,
ancorché fia duritfima materia,
come raccontano mo'ti
fcrittorr. Giuditta retta, che
non fi pieghi
per ami citta,
ne per odio. T\
Onna con la
fpada alta, coronata
nel mezzo di
corona regale, c¥~ o
\J la
bilancia da ~vna
banda le farà
*vn cane fignificatiuo
deiramicitia,5 dall'altra
vna Sèrpe pofta
per l'odio . La fpada
alta nota, che
la G'mftitia non
Ci deue piegare
da alcuna banda, pet
amicitia,ne per odio
di qualfiuoglia perfona,
S: all'hora è
lodeuofe,& mantenimento
dell'imperio . Per le bilanciane
feruirà quanto per
dichiaratione habbiamo detto
nelhu quarta Beatitudine • Giufiitiarigorofa . VNo' Sceletro,
come quelli, che
fi dipingono, per
la morte in
vn roanroj bianco, che
la cuopra in
modo, che il
~vifo, le mani,
&~ i piedi
Ci vedano con la
fpada ignuda, et con le bilancie
al modo detto
» E quella
figura di-j moftra, che il giudice
rigorcfo non perdona
ad alcuno ("otto
qualfiuoglia prete-I (lo di
fcu(è,che pollano alleggerir
la pcna,come la
morte,che ne ad
ctà,ne à fef«j Co,
ne a qualità
di perfone ha
riguardo per dare
efTecutione al debito
filo. La "Vida fpauenteuole
di quella figura
moftra, che fpauenteuole
è ancora a'! popoli
quella forte di
Giufìitia, che non
fa in qualche
occafione interpretarcj
leggiermente la legge . Giufìitia nelle
Medaglie d'Adriano, d'intonino
Tio » et d'^ilejfandro. DOnna a
federe con "vn
bracciolare, e fcettro
in mano, con
l'altra tiene "vna patena . Siede lignificando
la grauita conueniente
a i faui j, 6^
per quello i
Giudici hanno da leti ten tiare fedendo . Lo
fcettro Ce le
da per fegno
di comandare, et gouernare
il mondo. Il bracciolare
fi piglia per
la mifura, 6C
la patena, per
efiet la giufìitia
co fa diuinju • GLORIA DE' PRENCIPI. 'Nella Medaglia
d'Adriano . DONNA
belliflima, che habbia
cinta la fronte
d'"vn cerchio d'oro
con tefto di diuerfe
gioie di grande
(lima . I capelli
faranno ricciuti,e bion di,
lignificando i magnanimi,
e gloriofi pen'ìeri,
che occupano le
menti de Prencipi, nell'opere
de' quali fommamente
rifplende la gloria
loro . Terra coi la
finilira mano vnapiramide,laquale fignifica
la chiara,& alta
gloria de' Prencipi i . GLORIA D Er
PRENC I P
!.__, ^^g» — ^5 Sff pi,ché con
magnificenza fanno fabbriche
funtuofè,e grandi,con lequali
Ci mo ra efla
gloria . E Martiale,
benché ad altro
propofito parlando, dille. Barbar
a Vyramidum fiteat
miracula Memphis, Et a
fila imitatione il
diuino Ariofto * 'accia
qualunque te mirabil
fette Moli del mondo
in tanta fama
mette . Et fimilmente gli
antichi metteuano le
piramidi per {imbolo
della gloria.», he però$'ah(arono/ mo
luogo ampli, et nobilitimi
edifitij per commodo
de gl'Infermi, e
loro mi niftri j
Et per non
eflere in Tua
Signoria Illuftriilima altro
fine, che di
fare ope re lodeuoli,
e 'virtuofe, eflend®
lui Protettore de
gl'Orfani, ha di
detti Orfan inftituito *vn
nobil Collegio dal
fuo nome detto
Saluiato, de con
grandiflim, liberalità
dotatolo da poterai
mantenere molti giouani
Orfani di bell'ingegno che per
pouerti non poteuano
oprarlo, oue s'inftruifcono da
ottimi Precettot nell'humane lettere, et nella
Religione . Ha fatto
ancora vna magnifica
Cap pella dedicata alla
Beata Vergine nella
Chiefa di S.Gregorio
di Roma ampliando le
fcale del Tempio,
&C fattogli auanti
vna fpatiofa piazza
per commodit del Popolo,
che a grandiffimo
numero vi concorre
ne i giorni
delle Stationi, et altri
tempi in detta
Chiefa ., oltre altri
edifici) da fua
Signoria I ludriffima
fatt I per ornamento
della Città, òC
habitatione della fua
famiglia ;, come
il nuoa 3^
nella deftra mano
con vna tromba . La Gloria,
come dice Cicerone
* è vna
fama di molti,
dC~ fègnalati beneflti) 1
e* ^?°* ' a
8l* anùci >
alla Patria, et ad
ogni forte di
per fon e . !
f fi dipinge con la tromba
in mano, perche
con eflà fi
publicano a popoli
i tfderijde'Prencipi. >-*' L*
So», La
corona è inditio
oel premio, che
merita ciafeun buomo
famofo, &1 . Signoria, che
ha il benefattore
(opra di coloro,
che hanno da
lui riceuuti beo. fitij,
rimanendo elfi con
obbligo di rendere
in qualche modo
il guiderdone. I Gloria » DOnna -veftita
d'oro, tutta rifplendente, nella finiftra con vnCornuc pia, et nella
delira con vna
figuretta d*oro, che
rapprefenti la verità. Gloria, &C
ghirlan in mano, come
premio di molte attioni
virtuofe. Gloria. DOnna, che con
la deftra mano
tiene vn* angioletto,
6d** fotto al
pie d Aro "vn
cornucopia pieno di f
rondi, fiori, Oc
frutti . Gloria, DOnna» che mòftra
le mammelle, cV^
le braccia ignude,nella
deftra m s no tiene
vna figuretta fuccintamente
veftita, laquale in *vna
mano pò ta vna
ghirlanda, et nell'altra
vna palma, nella
fi ni lira
poi della gloria
farà vt Sfera, co'
fegni del Zodiaco .
Ed in quelli
quattro modi fi
vede in molte
mi liete, et altre
memorie de gli antichi
., GOLA DONNA veftita del
color della ruggine,
col collo lungo,
come la gruii 6^
il ventre affai
grande. La Gola /fecondo
che narraS.Tomma(To,2.2.queftione 148.
w*rtic. l.l vn difordinato
appetito delle cofe,
che al gufto
s'appartengono, ÓX^ fi
dipjnd col collo così
lungo, per la
memoria di Filoitene
Ericinio, tanto golofo,che
d che la
guerra, et la
pace fono beni
della Re* ublica, lWna,perche
da efperien^a, valore,&
ardire ;4 altra,perche fomminira
l'otio, per mezzo
del quale'acquiftiamo fcientia, et prudenza
nel gouerare, et fi
dà Toliuonella mànodeftra,
perche la paceèpiù
degna della guer* i,
comefuo fine, et è
gran parte della
publica felicità . GRAMMATICA DONNA che
nelfa delira mano
tiene vnbreue fritto
in lettere latine, lequali dicono :
Fox
lìtteratat&articulataì
debito modo pronuntiai, et nella
finiftra vnasfera, et dalle
mammelle verferà molto
latte. Il breuefòpradetto dichiara,^
definifee l'eflere dèlia
Grammatica. La sferra dimoftra,che
come principio s'infogna
aTanciulii le più
volte ado* randofi il
caftigo, che li
difpone, &li rende
capaci di difciplina . Il latte^hegl'efce dalle
mammelle, fignifica >
che la dolce^a
della feien ^a fee
dal petto, et dalle
vifeere della grammàtica . Grammatica.* DOnna, che
nella deftra malto
tiene vmrafpa di
ferro, &C conia
finiftra vn vaio, che
fparge acqua fopra
vna tenera pianta . Grammatica è
primi tra le
fette arti liberali, et chiamali
regola, et ragione sparlare aperto,&
corretto . La rafpa dimoftra,
che la grammatica
della, et aflbttiglia
gl'intelletti. Ed il vaiò
dell'acqua è inditio,
che con effa
fi fanno crefeere
le piante ancor nereljede gl'ingegni
nuoui al Mondo,
perche diano a'
fuoi tempi frutti
di )ttrina, et di
fàpere,comc l'acqua fa
crefeere le piante
fteife . GVARDIA DONNA armata,
con'vna grue per
cimiero, nella mànodeftra
con JaJ fpada, et nella
finiftra con vnafacella
acce/à, et con
"\n paparo, ouero ha,che
le ftia appretto '„ La facella
con la grue
lignifica 'vigilanza, per
le ragioni, che
fi lòno dette Toue
in iìmil propoli
to TiftelTo fignifica
l'ocha, la quale
dodici volte fi
fue ■* ia in
tutta la notte,
dalche credono alcuni,
che fi prendere
la mifura dell'ho*,
con le quali
mi furiamo il
tempo, nello fuegliarfi
quello animale fa
molto epito con la
voce, 3^_, tale,
che narra Tito
Liuio, che i
foldati Romani,dorendo nella
guardia di Campidoglio
furono lùegliati per
benefitio lolo dSn pero, et così
prohibirono a' Franteli
l'entrata: Quelli due
animali adunque notano,che la
vigilante la fedelti
fono neceffarijiìimealla guardia,accomgnace con
la for^a da
refifterej il che
fi moftra neU'armadura,e nella
fpada. 7 GRANDEZZA, E ROBVSTEZZA
D'ANIMO. N giouane ardito,
che tenga la
deftra mano fopra
il capo d'vnferoch* fimo Leone,
il quale ftia
in at to
fiero, e la
finiftra mano al
Ei nco . Si diib3
Si dipinge m
quefta guifa, percioche
gH Egittij haueuano
chiaramente ceft prefo, niuno
altro animale nellaquale
egli è molto
eccellente, cfpo ttendofi ad
imprefe magnanine,e generofe,e
non per ahra
cagione dittero moi Ci
efTere ftato il
Leone figurato nel
Cielo, fé non
perche il Sole
quando palla p« quel
fegno, è più
che mai gagliardo,*
x obufto. GRATIN. IOVANETTA
ridente, e bella
di vaghiamo habito
veftita^oroni .1 ta di
diarpri, pietre pretiofe,
e nelle mani
tenga in attedi gittare pia dolmentc rofe
di molti colori,
fens^a fpine, hsuerà
al collo vn
vezzo di perle/ Il
diafpro fi pone
per la gratia,
conforme a quello,
che li naturali
diconi cioè, che portandoli
adoflo il diafprofi
acq-uifta la gratia
degli huomini . Quefto medefimo
fign fica la
rofa fenza fpine, et le
perle, Acquali rifplendo nò,& piacciono,
per (ingoiare, é^
occulto dono della
natura,come la grai che
è neg!' huomini
vna cerca venufta
particolare, che muoue,
e tapifee gl'i mi all'amore, et genera
oecultamente obbiigo,e beneuolcnza» GRATU DIVINA. DONNA bella,
5^ ridente con la faccia
riuolra -verfb il
Cielo, doue di lo Spiritofanto
in forma di
colomba, come ordinariamente fi
dipinge. Nella delira mano
tenga vn ramo
d'oliuo con vn
libro, 6^_ con
la. finitila. vna tazza
. Guarda il Cielo,
perche la gratia
non vien (e
non da Dio,
il quale per
man» fertatione fi dice
ellèr in Cielo,
la qual grana
per confeguire douiamo
conuertirci a lui, et dimandargli
con tutto il
cuore perdono delle
noftregraui colpe ; però difle
: Canuti tìmìnì
ad met& ego
conutrtar ad vos . Si
dipinge lo Spiritofanto
per attribuirli meritamente
da i Sacri
Theologi I lui rinfufione
della diuina gratia
ne* petti noftri,
Se però dicefi,
che la grat vn
ben prò pio
di Dio, che
fi diffonde in
tutte le creature
per propia liberi «li
elfo Iddio, et fenza alcun
merito di quelle . Il
ramo di Oliuo
fignifica la pace,che
in virtù della
Gratia il peccatore
rie dbnciliatofi con Iddio
fente nell'anima . La tazza
ancora denota la
gratia, fecondo il
detto del Profeta .
Calìx rum inebrians quàm
praclaruseft. Vi fi potranno
fcriuere quelle parole,
Bibite, et inebriamini .
Perche chi « in
gratia di Dio
fempre fta ebrio
delle dolcezze dell'amor
fuo, percioche quella imbriachezza è
fi gagliarda,& potente,che
fa feordar la
lete delle cofe
me* dane,& fenza alcun
difturbo da perfetta, et compita
fatici* • GRATU DI
DIO, VNA
bcIliflIma,egratiofagiouanetta,
ignuda, con bellifllmajéc^ vagì, acconciatura di
capo. Li capelli
faranno biondi, et ricciuti,
óWaranM circondati da vn
grande fplendore,teiti con
ambe le mani
vn corno di
deuitiaj che gli cuoprira
d'avuMi, acci&che non
racftri le parti
meno honcfif,'e con
tflc •*...., ver $03 xitxk diuerfc
cofe per l'vfo
humano sì Ecclefiaftiche, come
anco d'altra frrtf, '
nel Ciclo fia
vn raggio, il
qua: rifponda fino
a terra . GRATIE. hr» R
E fanciullette coperte
di fottilillìmo velo,
fotto il quale
apparifcano Li ignude, così
le figurarono gli
antichi Greci, perche
le Gratie tanto
fono tu belle, et fi
{limano, quanto più
fono fpogliate d'intereffi,
i quali fminuifco
• o in gran
parte in efie
la decenza,& la
purità ; Però
gY Antichi figurauano
in (Te Pamieitia vera,
come fi vede
al fuo luogo
. Ed apprettò
Seneca de benefiijs
lib. primo, cap.
3. vien dichiarata
la detta figura
delle tre Cratic^ceme
anco oi nella figura
deU'Araicitia . Cràtìe. A
Ltre, Se varie
figure dielle (3
ratie fi recano
da molti Autonoma
io non neJ l\.
dirò altro, hauendone
trattato diffufamente il
Giraldi Sintammate xiij» e
da lui Vincenzo
Cartaro* dico bene,
che fé ne
veggono anco fcolpite
in marno in più
luoghi di Roma
le tre Gratie
giouani, allegre, nudty
8c abbracciate^ radi loroj'vna
ha la faccia
volta in Udabandafiniflra ;
l'altre due dalla
decra guardano verfo
noi ; quelle
due lignificano, che
quel, che riceue
vnagraia, o beneficio,
deue procurare di
rendere al fuo
benefattore duplicata gratia
* icordandofene iempre :
Quella lòia lignifica,•
che colui, che
la fa, deue
feor» larfene fubbito, 6^ non poner.mence
al beneficio fatto:
Onde fOrator Gre[o in
iuo lenguaggio,diiTe nell'oraticne, De
Coronai Equidem cenjeo
eum,qui be\efcium accepit,
oportere omni tempore
memìmffe, eum autem
qui dedit coiir jnuo
obliuifcì, ad imitatone
del quale l'Orator
Latino anch'egli dille .
Afe'finijfe debet is,
in quem cottatum
efl beneficium, non
commemorare qui contulii
: crchc in vero
brutta cofa è
rinfacciare il beneficio,
dice lo iìeilo
Cicerone. Odiofum hominum genus
officia exprobantium . Sono Vergini,
e nude, perche
la gratia deue
efiere lincerà, fen^a
fraude, ii> anno, et fperan^a
di rimuneratiene, Sono
abbracciate, &C connette
tra loro, jerche vn
beneficio partorifee l'altro, et pecche
gli amici deuono
continuare in ufi le
gratie : &C~
perciò Crifìppo aflìmigliaua
quelli, che danno, et riceuono beneficio, a
quelli, che giuoeano
alla palla, che
fanno a gara
> a chi
fé la può Ìù
volte mandare, et rimandare
l'vno a l'altro . Sono giouani,
perche non deue
mai mancare la
gratitudine,ne perire la
meoria della gratia,
ma perpetuamente fiorire,&
viuere. Sono allegre,
perche ili dobbiamo ettere
coli nel dare,come
nel riceuere il
benefitio . Quindi è,chc .
prima chiamafi Aglia
dall'allegrezza, la feconda
Thalia dalla 'viridità,la
tei^ i Eufrofina dalla
dilettatione . GRATITVDINE DONNA
che in mano
tenga «vna Cicogna,
&T Vn ramo
di Jupirri, o di
faua, Oro Apollinc
dice, che quello
animale più d'ogn
altro riftoraj juoi genitori
in vecchie^a, OC'
in quel luogo
medefimo * oue
da etti è
fiato jutrito, apparecchia loro
il nido, gli
fpoglia delle penne
inutili jt dà
loro manlate fino,
che fiano nate
le buone, 6C
che da fé
fìeffi portano trouare
il cibo, pò gli
Egitti j ornauano
gii feettri con
questo animale, e
lo teneuano in
molta COfifi»» 3»+ confici
eratione ferme Plinio
nel lib. 1 8. al
cap. z 4.
che come il
lupino,* la ftu ingranano
il campo,doue fono
crefeiute,così noi per
debito di grati
tubine do biamo Tempre
duplicare la buona
fortuna a quelli,
che a noi
la megliorano . Si potrà
fare ancora a
canto a quella
figura ^ri' Elefante,
il quale dal
Pieri Valeriano nel 2.
lib. vien porto
per )a gratitudine,
&C cortefia; Ed
Eliano fa uè dWn'Elefante,
che hebbe animo
a entrare a
combatter e„pcr.vn 610 Padri ne,
il quale eflendo
finalmente dallafor^a de
gl'inimici Superato, fi^
morti con la lùa
proboscide lo prefe, et lo
portò alla fua
ftalla s moftrandone
grandi (imo cordoglio, òC
amaritudine* GRAVITJt. DONNA
*veftita*iobilmente di porpora,
con *vna Scrittura
figillata 'collo infino al
petto pendente^ nell*
acconciatura delcapo farà
vnaG lonnacon *vna piccola
ftatuettalcpra; &C la vefte
tutta afperla d'occhi} pauone, con
*vna lucerna accefi»
fatta fecondo T'vfan^a
de gli antichi
neil; delira mano. La porpora
è -veftimento communea
quefta, &C all'honore,
come a qti; liti
regali, cVnobililTIme. Il breue
è autentico fegno
di nobiltà, la
quale, è vera
nudricc di grauità
d's teresa, di gloria, et di
faufto . La colonna s'acconcierà
in capo per
le mascherate a
piedi, b a
cauallo ; r per
ftatua di fcoltura,
ò pittura fi
potrà fare a
canto, cX^ che
col braccio antro fi
pofi fopra d'ella
per memoria delle
gloriole: a ttioni, che
fomentai la grauità . Gli occhi
di pauone fono
per legno, che
la grauità fomminiftra
pompa,c n Ice con
l'ambinone . La lucerna dimoiìra,
che gli huomini
grani fono la
lucerna della plebe, et «lei
Volgo. Grauità delTbuomo . DOnna
in habito di
Matrona, tenga con
ambe le mani
vn gran fallo
leg to, et (bfpefo
ad -vna corda
. L'habito di Matrona
moftra, che allo
fiato dell' età
matura fi conuienef la
grauità, che a
gli altri, perche
più* fi conofee
in elfo l'honore,
e con maggie anfietà fi
procura con la
grauità, e temperanza
de' coftumi v Il
fairo moftra, che
la grauità ne'
coftumi dell'huomo fi
dice fimilitudine et nella
finiftra lo feudo,
con vna tefta
di lupo dipinta »
I mezzo d'ella .
Guerra1, IX Onna fpauenteuole
in *vifta, et armata
con vna face
accefa in mano
in^» èJ atto di
camminare, hauerà appretto
di fé molti
vafì d'oro, e
d'argento,e ( mose gittate
confufamente per terra,
fra le quali
fìa vn* imagine
di Pjuto, ' •
« delle cicchete
tutta rotta, per
dimoftrare, che la
guerra diffipa, ruma,
Se Z con344 confama
tutte le ricche^e
non purc,douc ella
fi ferma >
ma doue cammina.; àC
trafeorre GVIDA SIGVRA de
veri bonori. DONNA nel
modo, che la
virtù al fuo luoga habbiamo
descritta, coi *vno feudo
ai braccio, nel
quale fiano fcolpiti
li due Tempi j
di M. Mar j cello,
Tvno dell'Honore TdcT
l'altro della Virtù
; fieda detta
Donna fotto vnjM quercia,
con la deftra
manoin alto leuata mroftri
alcune corone militari,
con feettri, infegne Imperiali,
Cappelli » Mitre, et altri
ornamenti di dignità,
chi faranno porti fbpra
i rami del
detto albcro^oue fia vn breue
con il motto
: Hint omnia, et fopra
il capo dell'imagine
vi fori vn*altro
motto, che dica, Me
Dm Il tutto dimoftrerà,
che da Gioue
datore delle grafie,.
ai-quale è dedica quell'albero, o per dir
bene dall'irteflo Dio fi potranno
hauere tutti gli
hot rj;,-& ledignità mondane r con
la feorta,& guida
delle virtù, ilche infegna* i due
Tempij mifticamente da
M. Marcello fabricati,
perche Tvno dedicato
i l'Honore non haueual'entrata, fé
non per quello
di erta Virtù . HIPPQCRISJA DONNA Con faccia r
8c mani Ieprofè,
-veftita di pelle
dì pecora bi an con
"vna Canna verde
in mano, la
quale habbia le
tue foglie,.& permaó chi)
: I piedi
medefimamente faranno leprofi, et nudi,con
vn Iupo,che efea d
fotto alla vcfte
di eflày& con
vn Cigno vicino, QuelIo,che diflè
Chrifto Signor Noftroin
S. Matteo alcapit.
23. baftapa l'intelligenza di
quefta imagine, perche
volendo improuerare a gli Scribi,
dfl Farisei la loro
Hippocrifia, difle che erano fimili,
a' fepolcri, che
fono belili fiori, et di
dentro pieni di
olla d'huomini morti,
Se di pu^a
; Adunque Ha pocrifia
non fari altra,
che vna fintione,
di bontà» et fantitd
in quelli, che
Coté maligni, et feelletati
; però fi
dipinge donna leprofà,
veftita di habito
biancrf perche il color
della verte fignifica
l'habito virtuofoyche artifiriofamente ricuo pre
la lepre dal
peccato, che (là
radicato nella carne, e
nell'anima. La Canna verde,
è (imbolo (
come dice Hettorre
Pinto nel cap;
40. di Eze chielle
Propheta ) dell'Hippocrifia, perche
nascendo con abbondanza
di fogli, dritta, et bella,
non fa poi
frutto alcuno, (è
non piuma, et dentro
è vacua, l piena
di vento . Deirifteflb
ancora dice il
medefimo A ntore,dare
inditio il C gno,
il quale ha
le penne candide, et la
carne nera . Il
lupo,che fi moftra
foli alla verte di
pelle diuerfa dalla
fua, è tanto
chiaro per le
parole di Chrifto
nel l'£uangelio> che non
ci bilògna dirne
altro* Hippocrifia . DONNA magra, &C
pallida, veftita d'habito
di mezza lana,]
di col*» bertino, rotta
in molti luoghi,
con la tetta
china verfo la
fpalla finiftr; hauerà in
capo vn velo,
che le cuopra
quafi tutta la
fronte ; terrà
con la finift mano
vna grolla, et lunga
corona, et vn'offitiuolo, et con
la deftra mano,
ce* il braccio (coperto
porgeri in atto
publico vna moneta
ad vn pouero,
hauerà gambe, et li
piedi limile al
lupo . Hip©DICESA%E %1TA. 3+ì H1PPOCRIs1a; •pocrefia appreflò
S. ThomalTo fecunda
fecunde,, queft.3. art.
2. è vitio/che uce
l'huomo di fimularc, et fingere quel,
che,non è in
atti, parole, et opere Priori,
con ambitione vana
di edere tenuto
buono,eflendo trifto .
4Magra, e pallida
fi dipinge,perciò che
come dice S.
Ambrofìo nel 4. de'
Tuoi •cali, gì'riippocriti non
fi curano di
eftenuare il corpo
per edere tenuti, et flauti
buoni, et S.
Matteo al cap.6.
Cura ìeiunatìs nolite
fieri fi cut
Hippocrita, wes;exterminant
enim facies fuas^t videantur
ab heminibus ieiunantes . ||lveftimento, come
dicemmo eflendo comporto
di iino,& di
lanadimoftra (lime dice il
fopradetto S. Ambrogio,
ne! cap. 8.
de morali) l'opera
di colcmi quali
con parole, et attione
d'hippociifìa cur prono
la rottigliela deila-» i*Mitia interna,
6^ moftrano d.
fuori la fempì.citd
dell'innocenza j quefto
fi Ipa per fignifìcato
della lana, et la
malitia per i!
lino . fa tefta china,
con il velo,
che 'e cuopre
la fronte, la
corona, et l'cffitiuolo tiiitano,cherHippocrito moftra d'edere
lontano dalle cofe
mondarle r'uolZ 2
co alla H 344 to ali*
COTrtemplatione dell'opere diuine . Scorgere la
moneta ad vn
pouero, nella guifasrche
fi è detto,
dimoftra fa vai nagloria
de glihippocritr, Si dipinge
armato,-petche l'homicìdò genera
il pericolò della
vendetta, a quale fi
prouedè conia cuftodia
di fé ftéflb . La
Tigre fignifica fiere^a,
5c^ crudeltà* le quali
danno incitamento, fpronano l'homicida
;" la pallide^a
è effetto dell'ira,
che conduce all'homi» dio
> cV^ del
timore, che chiama a
penitenza ; Però
fi dice nel Genefi, eh* Cairn
hauendò 'vecifo il
fratello, andò fuggendo, temendo
il caftigo deU giuftitia
di Dio. BONE S
T A.DONNA con
gli occhij bafli,veftita
nobilmente-, con vn
velo in tefta»c le
cuopra gli occhij . La grauità deli'habito,
è inditio negli
Huomini d'animo bonetto, et p«(5 honorano, SC
fi tengono in
conto alcuni, che
non fi conofeono
per lornoi del veftirc,
efiendo le cofe
elieriori dell'huomo tutte
inditio delle interiorjgj riguardano il
compimento dell'anima . Gli occhij
baffi fono inditio
di honeftà, perche
ne gli occhi
fpirando feiuia, come fi
dice, et andando
1 amore per
gli occhij al
cuore, fecondo to de'
Poeti ; Abballati
verfo terra danno
fegno,che ne fpirti
dilafciuia for^a d'amore pofTa
penetrare nel petto . Il
velo in tefta
è inditio d'honefti,
per antico, e
moderno coftume,per el '
^Volontario impedimento al
girar lafciuo degli
occhij, HONORE GIOVANE
bello, veftito di
Porpora, et coronato
d' alloro, con "\ nafta
nella mano delira,
Se nella finiftra
con vn Cornucopia,
piencJ| frutti,fiori,e
fronde.-Honore è no
me di polleffione
libera,e volontaria degl
a'* mi virtuosa attribuita
all'huomo per premio
d'ella ? 11
ni, e cenata
coi hnc m Ì'Jm 3+J 'honefto ; et S.
Tommafo 2,2.q 1 20.
ar. 4. dice,
che, honor eft
cuìuslibet virìutis premium* Si
fa giouanc, et bello,
perche per fé
fteflb,{èn^a ragioni, ò
fillogifmi alletaciafeuno, èV^
fif.deuderarc. Si vefte
della Porpora, perche
è ornamento legale, et inditio
di honor fupremo, L'hafta, et il
Cornucopia, &C la
Corona d'Alloro, Lignificano
le tre cagioni »rincipali, onde
gl'huomini fogliono efTcre
honorati,cioè,la fcien^a,la ricche^'a, et Tarmi, et l'alloro
fignifica la feien^a,
perche come quello
albero ha le òglie
perpetuamente verdi, ma
amare al gufto,
così la feien^a,
fé bene fa im«
tortale la fama
di chi la
poflìede, nondimeno non
fi acquifta fen^a
molta faica, et fudore .
Però dille Efiodo,
che le Mule
gli haueuano donato
vno feet» ro di
lauto,e(Tendo egli in
bada fortuna, per
mezzo delle molte
fatiche arcitato alla
faenza delle cofe, et alla
immortalità del fuo
nome, Honore. HVomo dVpetto venerando, et coronato
di palma5con vn
collar d'oro al collo,& maniglie
medefimamente d'oro alle
braccia, nella man
deftra erra -yn'hafta, et nella
finiitra vno feudo,
nel quale fiano
dipinti due Tempij ol
motto . Hie ttrtninus
hcret, alludendo a'
Tempij di Marcello
detti da noi oco
innanzi. Si corona di
Palma, perche quell'Albero,
come fcriue Aulo
Gellio nel 3
.Iib. elle Notti Attiche
è fegno di
Vittoria, perche, fé
fi pone fopra
il filo legno tualche
pefo anchor che
grane, non fòlo
non cede, ne
fi piega, ma
s'inalba, et lllendo l'honore, figliuolo della
Vittoria, come fcriue
il Boccaccio nel 5
. della kneologia delli
Dei, conuien che
tu ornato dall'indegne
della Madre . | L'hafta, et lu
feudo fuiono indegna
degli antichi Rè,
in luogo della
Corona, i>me narra Pierio
Valer iano nel
hb 42. Però
Virgilio nel 6.
dell'Eneide, detaiuendo Enea
Siluio R" di
Alba ditte . Jlle (
vide sì) pura
iuuenù, qui nititur
baila . I E perche
nel Tempio deil'Honorc
non fi poteua
entrare, fé non
per lo Temjo
della Virtù, s'impara,
che quello Solamente
è 'Nero honore,
il quale nafee illa
Virtù. !| Le maniglie
alle braccia,& il
collaro d*oro al
collo, erano antichi
fegni d'home,& dauanti
da Romani per
premio, a chi s'era
portato nelle guerre
valo^mente, come fcriue
Plinio nel 3$.
Iib. dell'Hiftoria naturale . Honore nella
Medaglia d'intonino Tio . t
J N Giouane
veftito di verte
lunga, et leggiera,con
vna ghirlanda d'alio^ V
ro in -vna
mano,& nell'altra con
vn Cornucopia pieno
di frondi, fiori, 1
frutti . Honore nella Medaglia
dì Vìtellìo . *""> Iouane
con -vn'hafta nella
deftra mano, col
petto mezzo ignudo, et col
\\X Cornucopia nella
finifha ; al pie manco
ha vn'Elmo,c3c^ il fuo capo
fari innato con bella
acconciatura de' fuoi
capelli medefimi .
L'hafta,& le mammelle
feoperte dimoftrano, che
con la for^a
fi deue difende 'honore, et con
la candiderà confeiuare . Z 3
II Cor>tiano 34-6 Il
Cornucopia, et l'Elmo,
dimoftrano due cofc,
lequali facilmente trotiam credito daeffere
honorati; T^na è la: robba
j l'altra; l'effercitio militare;
quella genera l'honore con
la benignità, quefta
con l'altererà -,
quella con U
podi, bilità di far
del bene ; quefta col
pericolo del nocumento
; quella perche
fa fj rare ;
quefta perche fa
temere; ma Tvna
mena l'honore per
mano piace mente; l'altra
fé lo tira
dietro per for^a ., K
O RE DEL GIORNO. MOLTE "volte
può venireaccafibne di
dipinger l'hore, et ancor
eh fé ne polla
pigliare il difegno
da quelli,che da
molti fono fiate
deferiite, nondimeno ho
uoluto ancoralo dipingerle
differente da quelle,
perche \t» varietà fuole
dilettare alli ftudiofi ., Dico dunque
»che l'nore fono
miniflre del Sole
diuife in 24.
&C ciafeunaj guidatrice del
timone dcr carro
folare, per il
fuo /patio, onde
Ouidio ne delle Metamorfofi,
così dice . *A dextra
Uuaq; dm, et menfis, et annus . Saculaq; et pofitafpatijs
aqualibus bar A Et
il medefìm 0^
più aisaflà « Iungere'equosTitan velocinus
ìmperat borìs luffa De#
celeres peragunt, ignemq\
vomente* *4mbrofia fucco faturos prafepibus altis Quadrupede: ducutiti
adduntq;fonantia fratta. Et il
Boccaccio nel libro
quarto, della Geneologia
creili Dei, dice
che l'hot fono; figliuole
del Sole» et di
Croni, cV* queftoda
i G reci vien
detto il tem percioche
per lo cammino
del Sole con
certo fpatio di
tempo vengono a '
marfì, Sf* fueceffiuamente [Wna
doppo. l'altra, fannoefre
la notte palla» giorno
giunge,. nel quale
il Sole entra
dalla fueceffione di
effe, effèndogli 1 l'hore
del giorno aperte
le porte del Cielo,
cioè il nafeimento
della luce,
qualeoffitiodeirhorefamentioneHomeroj&dice
che fono fopraftanti porte del
Cielo, et che
ne hanno cura
con quelli verfi . Sponte fores
patuerunt cceliquasferuabant borA Quibus
cura efi magmmeodum
» et Olympus» Il qual
luogo Hbmero imitando
Ouidio, dice che
l'hore hanno cura d
porte del Cielo
infìeme con Giano
« Trafìdeo foribus cali
cum mitibus horìs \ Volendo noi
dunque dar principio
a quefta pittura,,faremo che
la primi hora Ila
nel l'apparir del
Sole . HORA PRIMA FANCIVLLA bella,
ridente,con ciuffo di
capelli biondi com'oro
fp* al vento dalla
parte d'auanti, et quelli
di dietro fiano
fieli, et canuti, Sarà
veftita d'habito fuccjnto, et di
color incarnato con
l'ali agli homei ftando
però in atto
gratiofo, e bello
di volare . Terrà con
la delira mano
(ouero doue parerà
all'accorto pittore, che
fu ilo luogo
propio ) il
fcgno del Sole, dritto -,&*minen te :
ma che fìa
grande,* (ifibilc, et con
la finiftra vn
bel ma^o diiìorìjioffi., 6^
gialli irritato di
coninciarfi ad aprire. i
Si dipinge giouane,
bella, ridente, et con
n'ori nella guifa
che dicemmo,periocche allo
ipuntar de* chiari, et rifplendenti raggi
del Sole, la
natura tutta li illegra, et gioifea,
rìdono i prati
s'aprono i fiori,,
8^ i vaghi
augelli fòpra i erdeggianti
rami, con il
ioauiflìmo canto fanno
fétta,:e tutti gl'altri
animali loftrano piacere, è¥~
allegrerà, il che
beniflìmo deferiue Seneca
nel primo loro, in
Hercole Furente £on
qucfti *verfì * um
caruleis eue Bus
equi* T^ondum rupt
a fronte iuuencus . litan,fumnmm profpìcit
eotan, Vacua reparant
vbera mttres . ijtm Cadmais
inclyta bacch Errat curfu
leuis incerta fperfa die,
dumetarubent Motti fetulanshadm ìnherbx boebiquefugitredituraforo'il Tendet fummo
Hridula ramo bor exoritur
durus,& omnes Tinnafque
nono traderefoli gitat curas,
aperitq; domos Geìiit,
quprulos inter n idos
iftor gelida cana
pruina Tbraciapellex,turbaq;circum
ege dimifio pabula
carpii Confufafonat murmure
mixto dit parato liber aperto
Tettata dieml capelli
biondi (partì al
"Vento dalla parte
dauanti, et quelli
dietto ftefi, 8e muti,
fignificano,che Fhore in
breue ipatio di
tempo principiano,& finifeono tornando però
al (olito corfb, j
II color incarnato
del veftimento dinota
il r offeggiare, che
fanno li raggi
del le in Oriente
quando cominciano afpuntare
fopra il noftro
emifpero, come taoftra Virgilio
nel ietti mo dell'Eneide . q; rubefeedat
radijs maret& athere
ab alto aurora
in rofeisfulgebat lutea Et
Ouidio nel 4.
de' Fatti . ^„-s ox
vbi tranfterit ccelumque
rubefeere primo Caperti Ì'jEt nel 2.
\ce vigli nitido
patefecit ab ortu
Turpureas dimora foresti
piena rofaru atri* Et
nel 6. delle
Metham. folet aer pmpureus
fierUcum prìmum ^Aurora
mouetut. Boetiolib. 2.metr. 3. m polo
Thabus rofeis quadrigli
lucemjpargere caperti.
L'ideilo nel metro
8. wd Thcsbus rofeum
dient Curru prouebiu
aureo . Et Station. Theb. iam
Mydonijs elata cubilìbus
alto T^rantes excuffa,
comas multuqifequttU puleratcclogelidas aurora
tenebrai Solerubens.Ì Et Si Ho I
talico lib. 1 2. ir vbi
nox depulfa polo
primaqj rubefeti Lampade
Veptunus . L habito fuccinto, et l'ali
a gl'homeri in
atto di volare,
lignificano la vele* ì
dell hore, come nel luogo
di fopra citato
dice Ouidio 2.
Metamorf. fgire equos Titam
vclocibus imptm boris
lujla Dea edere s
peragunt . Z 4 Lei* 3+*
Le fi dà
'! fogno del Sole, perche
foleuano gli antichi
dare al giorno
do hore, et dodici
alla notte, lequali
fi dicono planetali,
òC fi chiamano
così, che cialcuna di
efle vien fignoreggiata
da vno de*
fegni de' Pianeti,
come fi de in
Gregorio Giraldo tom.
2. lib. de
annis, Se menfibus,
con quefte par 7>rocanturiconflitut£fitnt.Oìuc a q
fio chi
volerle maggiore efplicatione
legga Tolomeo, et Zeone>&
da certi vei d'Ouidio
fi raccoglie il
medefimo . ?^p» Venws affulfit,
non Ma luppiter
bora Lunaque &c. Giouanni del
Sacrobofco intorno a
qu fto, Così
dice nel computo
Ecclefij dico : Ts(otandum
etìam quod dies\eptvman£, fecundum
diuerfos, d'me,fas h* beat
appellatioues ; Thilofopbi
enimgentiles quemlibet diem
feptimana, ab il planetari
dominatur in prima
bora illius dui
denominanti dìcunt enimplan tasfuccejjiue dominariper
horas diei . Et fé
bene in ogni
giorno della fettimana
ciafchédun' hora ha
particolar t gno differente
da quelli de gli altri
giorni, tuttauia noi
intendiamo adòlut mente rapprefentare
dodici hore del
giorno, et altrettante
della notte fen^ hauer
riguardo a' particolari
giorni, et a
loro fucceffione, nel
circolo della It rimana,
fi che per
dimoftratione, fi darà
principio alla prima
liora del gì ori
con il
Sole, come quello,
che diftinguel'horc, èc
èmiluradel tempo, e qu
fto baderà per
dichiaratone de i
fegni, fi per
quefta prima hora,
che habbi mo defcrttta,
come anco per
il reftante . hora
seconda; FANCIVLLA
ancor'ella con l'ale
aperte in atto
di volare, hauerà
i pelli di forma,
òC^ colore come
la prima :
ma quelli dauanti
non farai tanto biondi,
l'rubito {ara fuccinto,
di color d'oro,
ma circondato d'alcuni cioli nuuoletti» et nebbia,
eflendo che m
queft'hora il Sole,
tira a (e
i *v della terra,
più, o meno,
fecondo l'humidìtà del
tempo parlato, et a
queft'fl volfe alludere Lucano
nel 5* della
guerra di Farfaglia . Sed noBe fugata
Ufum nube diem
iubar extulit. Ft
Sii. Trai. lib.
e. Donec flammiftrum tollentes
cquore curru Caligo
in terras nitido
refolutafert Solis
equifparfere diem iamq;
orbe renato Mollis
erat ttllus rorata
mane ptut Diluirai nebulas
Tìtànfenfimque fluebat Claud. 2.
de rap. Profi Tfondum
pura dies tremulìs
vibratur in vndis lArdor
> et mantes
ludunt pe> c£rulaflamm
feruirà anco alle Itre
hore, che ci
reftano a dipingere . HORA TERZA FANCIVLLA
anch'ella, con la
forma de i capelli gid
détti : ma
quelli C* d'auanti faranno
tra il biondo,
e*l negro. Sari alata, et come
l'altre in atto
gratiolo di volare,
con habito fuccinto
» e )edito, di
color cangiante, cioè
due partì di
bianco, et vna
di rollo, perciòche uanto più
il Sole s'inalba
dall'Oriente, la luce
vien maggiore, e
di queuYhora itende Ouid'o
nel 6. delle Metam.
quando dice : vtfolet
aer Twpuretts fieri,
cum primum aurora
mouetur t '.$ breue
pofi tempus candefeere
Solis ab ortu Terrà
con la delira
mano con belliffimo
gefto il legno
di Mercurio, e
con la niftra vn'horiolo
folarc, l'óbra del
qual deue moftrar
Thora 3. Tinuentore
per uanto narra Plinio
nel libro fecondo,fu
^naximene Milefio difcepolo
di Ta:te :
di quefto horologio
riferifee Gellio, che
tratta Plauto nella
fauola detta.» eotio :
Vt iìlum Dij perdanUqui primus
horas reperti, quique adeo
primus fiditi bicfolarium, qui
mihi comminuti mifero
articulatim dicm . HORA QVARTA FANCIVLLA come
l'altre » con
l'ale, Se i
capelli nella guifa,
che habbiamo detto
di fòpra, l'habito
fuccinto, et di
color bianco, perciòche
di •» t il
Boccaccio,nel libr. 4.
della Geneologia delli
Dei, eflèndofi gii
fparfo il Soìt, et haHendo
cacciato i vapori,
il giorno è
più chiaro, òC
Ouid. dice nel 4.
ielle Metham . cum
puro nitidìjfimus orbe Oppofita
[peculi referitur imagìne
Thrtbus Et Sii. I
cai, lib. 1 a.
Redditur ex tempio flagrantior $therelampas ht tremula
infufo refplendent emula
Tkrtbo . Terrà con la
delira mano il
legno della Luna,
auuertendo il diligente
Pitto-* rapprefentarlo in modo,
che lì conofea
il legno in
prima vifta . Porgerà con
la fi niftra
mano, in atto
gratiofo,e belio,vn Giacinto
flore ilqua* || per
quanto narra Ouid.
nel lib. i
o. fu -"vn
putto amato da
Apolline, SC haendolo
egli per diigratia
-vccilo, lo mutò
in fiore .
Ilchedimoftra,chelavrrcù del Sole
la mattina va
purgando neifemplici r ANCIVLLA
alata in atto
di volare, con
i capelli nella
guifa dell'altre, èc con
habito fuccinto di
color cangiantejn bianco, et ranciato,
ellendo ie il Sole,
quanto più s'auuicina
al mezzo giorno,più
rifplende . Terrà coru na
delle mani il
fegno di Saturno,
Se con l'ai
tra l'£litropio> del
quale Plinio jel lib.
2.cap,così dice . Miretuv $j9 Miretur
hoc qui non ob
fernet quotidiano experimento,
herbam *nam qua *i
eatur Etiotropium abeuntemfolem
intueri femper omnibus
horis cum ea
vertici nubilo obumbrante ;
Et Varrone . T^ecminus
admirandum quod fit
in fior ih quos vocant Eliotropio,,
db co quodfolis
ortummanefpeclant, et eius iter
itajt quuntur ad occafum,
vt adeumfemperfpeBent* Et Ouidio
nel quarto delle
fue Metam. dice
di queft'herba, che
fu vna Nin fa
chiamata Clitia amata
dai Sole, la
quale per vna
ingiuria riceuuta da
quelli fi
ramaricò,talmente,che fi voltò
in queft' herba,le
parole4el Poeta fon
quultufq;fuos, fleclebat ad
illum . Membra ferunt hafiHefolos
fpartemq; colori» Zuridus exangues
pattor conuertit in
berbas EH in parte
rubor vioUquefimillimus ora flos
tegit, illafuum quamuis
radice tenetur, Vertitur ad
folem, mutataq\ feruat
amorem . HORA SESTA FANCIVLLA;
farà queft'hora di
afpetto pia fiero,
e inoltrerà le br
cia,& gambe nude;
hauendo però ne*
piedi ftiualetti gratiofi,e
belli É lor del
"veftimento farà rodò
infiammato,perche dice il
Boccac. lib.4.dellafl
neologia delli Dei,
rittouandofi il Sole
in me^o del
Cielo,molto più rifpler
" et rende maggior
ardore, che perciò
fi rapprefenta che
moftri le braccia,e
j bc nude, ilche
lignifica anco Virgilio
nel libro ottauo
dell'Eneide 4 Sol medium
Cali confeenderat igneus
orbem . EtMartialenellib.3. lam prono Thaetontefudat ^iethon
• Interiungit equos
meridiana* Mxarfttque dies,& bora
faffos . Et Lucano nel
lib. 1. Quaque dies
Mediusflagrantìbus as~luat borìs
\ Terra con la
delira mano il
fegno di Gioue,e
con la finiftra
vn ma^o d'hi ba
fiorita,chiamata da Greci,
e Latini loto;
l'effetto della quale,
fecondo che I narra
Plinio nel lib. 1
3. al
cap. 1 7.6: 1 8. et T
hcofrafto ; è
marauigliofo, perei» che ritrouandofi
dett' herba nel
fondo del fiume
Eufrate, la mattina
allo fputj tar del
Sole, anchor'ella comincia
à fpuntar fuori
dell'acque, et fecondo
che I Sole fi va
inalbando, così fa
queft'herba, in modo,
che quando il
Soleèarriu; ■ to a me^o il
Cielo, ella è
in piedi dritta, et ha
prodotto, et aperti
i fuoi fiori et fecondo
poiché il Sole
dall'altra parte del
Cielo verfo roccidcnte,va
calandcosi ; sjì risi il
loto,* imitazione dell'hore
va feguitando (ino
ai tramontare del
Sole,cnt indo nelle
Tue acque, et fino
alla mezza notte
fi va profondando
* La forma odett'herba, Se
fiori, fecondo che
fciiuc Plinio nel
luogo citato di
(òpra è fi» r
ile alla faua, et è
folta di gambe, et di
foglie : ma
pia cotte »
Se Cottile, i
fiori (ho bianchi, Se
il frutto fomiglia
al papauero HORA
SETTIMA. ' ' TESTITA
di colore ranciato,.il
quale dimoftra il
principio della decli» V
natione dell'antecedente hora, terra
con vna delle
mani il fegno
di Mar* t 8e
con l'altra vn
ramo di luperì,
con li ba celli,
attefoche fi riuolge
al Sole, Se I corche
nuuolo fia,dimoftra l'hore
a i Contadini, di
ciò fa fede
Plinio nel libra ]!. alcap. indicendo?
Ife e vlliuz
qua feruntur natura afienfu
terra mirabi» Irefi: primum
omnium curri Sole
quotidìt àrcumagitur borafque
agricolis »«• \o dcmonslrat., hora ottava; ANCIVLLA, fari
veftita di cangiante
bianco,& ranciato,terrà il
fegno del Sole, et vn
horiolo Sole i ma congeftodiflferente dell'hora
ter^a, per (ìgnificato :maperrendcre^ario il
gefto,ebella pittura, et che
Tomdi e(To moftri
efiere quefta Tottaua
hora, eflèndoche anche
la prima, ha il
defimo fegnodeì Sóle
«denota .anco detto* horiolo la
diftintione dell' fiore-, giorno da
quelle della notte* II
color del veftimento»
dimo(lra,che quanto ptò crefeono
l'hore tanto più il
rno "va declinando,
e va perdendo
la luce» Et quefto
baderà per dichiaratone xleicolori de
vcftimenti,. che mancane "orefeguenti, HORA NONA. ANCIVLLA alata.,
il colore propio
dei fuo veftimento
farà giallo pa. gliato. ferra con
la deftra mano
il fegno di
Venere, et con
l'altra vn ramo
di vliuo, (cioche quefta
pianta riuolge le fue foglie
neliòlftitio, come fi
è -vifto per fcruatione da
molti, di che
ancora ne fa
fede Plinio • HORA
DECIMA. ANCIVLLA alata >'Veftita
di colorgialfo.: ma
che tiri alquanto al
negre* "erriconradeftramanoilfègnodi Mercurio >6c^* con la (ìniftra
vn ramo ìjioppa per hauere
anco quefta pianta
il medefimo lignificato
dell' 'vliuo, Kide per
quefta caufa il
Pontano ne fuoi'verfl
la chiama arbore
del Solo, ) dicendo. Thaetontias arlor,
fundit rore nouo,
&c> Intendendo la
pioppia. HOR^ VNDECIMX
ANCIVLLA alata, il
fuo -veftimento farà
cangiante di giallo,
Se ne^ grò, auuertendo
che tenga come
habbiam detto con
bella gratia il fegno Luna, et vna
Clepfidra horiolo d'acqua,
del quale fa
mention Cicerone . de
Natur. Deor. Quid
igitur, inquit, conuenit
cumfolarium, vel deferì-,
aut ex afua
contempleris, &C nel
fine della fettiraa
Tufculana : Cras ergo
ai 1 i5z ICONOLOGIA trifl ad
Clepfydram ; perciòche
con quelle clepfidre.cioè orioli
d'acqua fi" per niua
anticamente^! tempo a gli oratori,come
bene accenna Cicerone,
nel ^ orat. jtt
hunc non declamator
aliquis ad clepfidram,
latrare docuerat . Et Martiale
nel lib. fefto . Septem clefpfydras
magna tibi voce
petenti *Arbitee inuitus,
Ciciliane dedit, Et ancorché
quefto horiolo non
fia fòlare, nondimeno
Scipione Natica,l'a no 595.
della edificatone. di Roma*
con l'acqua diuife
l'hore egualmente d et hefperus
vmbra Et nel libro
decimo fefto. Qbfcuro iam
vefper olympo . Fundere
aquam trepidai, caperai
vmbram. Terrà con la
deftra mano il
fègno di Saturno, et con
l'altra vn ramo
di t ce eflendo
che la pioppa,
l'vliuo, èC il
falce, riuolgono leiòglie
nel Solititi come faiue
Plinio . HORE DELLA NOTTE. HORA PR1MA FANCIVLLA alata,
$C parimente con
capelli, come le
altre horec giorno, ma
il colore di
quelli dalla parte
d'alianti farà negro . L'habito farà
fuccinto, et di
varij colori *
perciòche eflindo il
Sole trami» tato nell'Occidente tale
fi dimoftra, per
la ripercu/Iìone de
i fuoi raggi
rat colori, come dice
Statio 2 . Achille, Fraugebat radios
humili ìam prontts
olympo . Tromittebat cquìs . Tbabus, et Oceani
penetrabile lìtus anbelis Del
vario colore fa
teftimonian^a Seneca in
Agamennone così dicendo": Sufpecla varius
Occidensfecitfreta . Terrà
con la deftra
mano il fegno
di Gioue, et con
la finiftra *vna
notto!a,oi 1 ro vefpertilione,così dettò
a vespertino tempore,comt
dice Beroaldo commc tatore
d'Apuleio, che è
la fera quando
quelli animali cominciano
a compari come dottamente
deferiue Ouidio 4.
Metam. nella fauola
deil'ifteflò animai così dicendo. lamqut diet
exaclus eratt tempufque
jubibat Qiiod tu, nec
tentbras, nec pofies
dicere lucetti » Sedcumluce
tamen dubia confnia
noclis Te8a repente quati
pinguefque ardere videntur lampe $M lampade:, et rutiliscoUucentignibusades Talfaque fieuarum
fìmulacrumvlulàre fer arumi Tumida
iamdudum letitant per
tecla forores Diuerjtcjuc locis
ignes ac lumina vitant: Eumq;
petunt tenebrai paruos
membrana per artttì Torrigitur ténmfque
includunt brachia penne 7{ec qua
perdiderint vetèirem rationt
figurarti Scire fmunt tenebra,
non illas piuma
leuauit Suflinuere tamen ìfe ferlticehtibus alis> Conataque le qui minimam
prò corpore voceiù Emittunt : peraguntque
leui Stridore querelai Teblaque
non fyluas celebranti
lucemque perofe Ttyfle -polantyferoque trabunt ''a Vefpeie
nomen . HORA SECONDA. *tjf ANCI
VttAl alata,,&*Ve(lÌtà
ài color
benino, perciocKe quanto più
il Sole s'allontàua
dal noftro emifpero
» e paffa
per l'Occidente tanti per
la^ucccflìonedeltfhore
riiia>fiofeUÉa,come dice
Virilio nel feconde Jl'EneideJ,» Vertitur Inter eacodum, et ruit
(Sciano noti' Inuoluens rmbra
magna terramque poluwqueE
nel ter^o V Sol
ruit interca, et montervmbrantur opaci •* HE
quello batteri per
i lignificati, dei
colori delli veitimenti
dell' hore, chic» fono
da fuCcedére IITertà con la delira
mano il Tegno
dì Marte, Se
con la (iniftra
vna ciuetta per mt
(ignora della notte,
come dice Pierio
Valeriano nel libro
20. ck^ piglia
il* me da eflà, eiTendoclie
iLlatino fidichiara nottua,
dalla notte . . fiORA TERZA FANCIVLEA alata, et veflita
di benino, più
feuro dell'antecedènte,
terrà con la
delira mano il
fègno del Sole:.,
maperòche tenga la
man© fa quanto più
fi pub, moflrando
con tal atto, che
il Sole fia
tramontato, 3i ih la
finiftra vn bubone,
o barbagianni,vccello notturno-,
la fauola del
quale ItcontaOuidionellib.?.
delle Metam. l'argomento
è quello. Gioue
hauenI conceduto a
Cerere, che rimenaire
Proferpina fu a
figliuola dall'inferno; con elio
patto,che ella non
hauelTe gallato cofa
alcuna in quel
luogo, fubbito ftalato difleyche
gli haueua villo
mangiare dèlli granati
y-cV? impedì la
fua^ nata, la onde
adirata Cerere lo
trafmutò in quello
animale, il quale
fuole ■ecare Tempre male
nouelle ., Àjepetet Vroferpina
Coslum' Lege tamen certa,
fi nullo s contìgit
Mie Orbe cibos ;
nam fic T
are arum federe
fra&utn tfì Dixerat, at
Cereri certum eH
educere natam. 1{on ita
fate fmunt quoniam
ieiuma Virgo, S»U $j* Sohteraty
.& cultìs dum
fimplex errat in
hortis \ Tuniceum curua
decerpferat arbore pomum Sumptaque pallenti
feptem de cortice
grana Trefferat ore fuo,
folufque ex omnibus
illud ^fcalaphus vidit,[quem quondam
dìcitur Orphne Inter ^iuernales
baud ignotijjìma T^ympb&s Et Acheronte
fue furuis peperijfe
fub antris. Viàit, et indicio
reditum crudeli s ademiu ìngemuit Bigina
Èrebi» teHemqueprcfanum
Fecit auem jfparfitmq;
caput pblegetontide lympha In
roftrUm,& piuma s,&
grandia lumina vertit. llle
fibi ablatus fuluis
amicitur in alis, Inique
caput cresciti longofque
nfetlitur vngues» Vixque mouet
nata per inertia
bracbia pennas Faiaque fit
volucris venturi nuncia
lutlus Ignauus Bubo dwum
mortalibus omen. Di quello
animale così dice
Plinio, nel libro
decimo al capir.
1 2. Bubofunebris > et maxime
abominans publicis fracipue
aufpuijs deferta ina Ut,
nec tantum defolata
fed dura etiam, et inaccefla
3-notlismonftrum nec canta aliquo
yocaliìfcdgemitu . HORA QVARTA FANCIVLLA
alata in atto
di 'volare, farà
il fuo veftimento
di color lionato . Con
la delira mano
terrà il fegno
di Venere, òC
con lafiniilra vn'
horìuolo dapoluere. HORA QVINTA FANCIVLLA alata,
come l'altre : il color
del veftimento farà
di lionanato, che
tiri al negro . Con
l'vna delle mani
terrà il fegno
di Mercurio,-& con
l'altra *vn ma^o
di papavero, effendo che
di quella pianta
fi corona la
notte, come dice O
indio nel lib. 4.
fari. 6. Inter ea placidam
redimita papauer e
frontem T^ox venti, et fecum
fomnia nigra trahit . Et
ha propietà di far dormire,
come operatione notturna,
laonde Virgilio lo chiama
foporifero nel 4:
dell'Eneide . Spagensbumida metta,
foporiferumque papauer Et
Ouidio ancora nel 5. de
Trift. Quotque foporifaum grana
papauer bahet. E Politiano
pieno di fonno . Hic
gratum cereri pler.umque
fopore papauer, HORA SESTA FANCIVLLA alata,
e vcftita di
color n«gro, come
dice Ouid.4.fafK. Iam color
y>nus inefl rebus
tenebrisque teguntur omnia . Con
la delira mano
terga il fegno
della Luna, &C
con il braccio
finiftro rat gatta, sff
atta, perciò che
fignifìca la Luna
rdicendo,che i Dei
fuggendo Tira di
Tifone» : ne andarono
in Egitto, ne
quiui fi teneuano
ficuri, fé non
prendeuano forma Ili d'vno,
chi d'vn'akco animale
; fra quali
la Luna fi
cangiò in gatta,come
di * e Ouidio
nel lib.5. delle
Metamorfofi . Feleforor Thabi, niuea
Saturnia vacca pifee
Venus latuit . Perciòche la
gatta è molto
varia, vede la
notte, e la
luce de i
fuoi occhi j
cre:c, o diminuifee,
fecondo che cala,
o crefee il
lume della Luna .
tatio Iib. 1 2.Thcb.
di queft'hora diflè . dodo
nox magi* ipfa
tacebat Cum grane
notturna c&lufubtexitur vmbrx. olaque nigrantes laxabant aflra
tenebras . Et nel
librojfecondo . *AH vbi
prona dies longos
fuper aquora fines Exigit,
atque ingens medio
natatvmbra profundo . HORA
SETTIMA FANCIVLLA alata, farà
il fuo veftimcnto
di color cangiante,ceruleo, Se negro,
Terrà con la
deftra mano il
fègno di Saturno,
e con il
braccio niftro vn Tafio,
per moftrare, ch'eflèndo
queft'hora nel profondo
della notte, a altro
non fi attende,
che a dormire,
come fa quell'animale
1, il che
dottalente deferi nono
i poeti . Virg.
4. Eneid. 7{px erat, et p.acidam
carpebant fefia Joporem ^iequora cum
medio voluuntur jydera
lapfu Corpora, per terras
fylu&que, €r fieua
quterant Cum tacit omnis
ager, pecudes, picleque
volucres. 1 Si?. Ital.lib.
8. Tacito nox
atra foport mela per et
terras,& lati
Stagna profondi Condiderat. ;
Ouid. 5.faft. T^oxvbiiam media
eflt fomnufqueftlentia pr&bet. Et canis, et varia
conticuìflis aues . Stat. i.Theb. Jamque per
emeriti fìtrgens congnia
Thabi lam pecudes volucrefque
tacent, iam fomnus
auark Titanis late mundo
fubuecla filenti . Inferpit curist
pronufque per aera
nutat Xprifera gelidum tenuauerat
aera biga Grata labbrata
referens oblittia vit£ .
HORA OTTAVA FANCIVLLA alata »
in atto di
volare, il colore
del veftimento fàr et
fopra
la camp» na da
fonare fhore, effendo*
che il fuono
difpone, e chiama
ognuno al fuo
efer citio, come dice
Beroa!$o Commentatore d'Apuleio,
lib. 5.& maiftme
all'hai ra decima.* eìlendogià
pafTato il tempo
di dormire epeiòS..Lucanel 14-&
ctum j 8.
dille cos Qui fé
bumiliat exaliahitur* Il tener
la coronad'orc fotto
il piede dimoftra,,
che l'humiltà non
pregiai grandc^e, e ricche^e,
an^i è di/pregio
d'effe, come S
Bernardo dice quar do
tratta delli gradi
deii'numiltà, et per
dimoftratione di quella
rara virtù Bai douino primo Rèdi
Hierufalem lì relè
humile, dicendo nel
rifiutare la coron d'oro
j tolga Iddio
da me, che
io porti corona
d'oro là, doue
il mio Redcntoi la
portò di fpi
ne. E Dante nel (èttimo
del Paradifo così
dille. E tutti gl'altri
modi erano fcarft
Tfon fojfe bumiliato
ai ine amar
fi .. *A
lagiuBitiatfelfìgliuol di Dio
HVMANITA, VN A beila
donna, che porti
in feno varij
fiori, òC con
la finiftra mari tenga
vna catena d'oro . Humanità, che
dimandiamo volgarmente cortefia,
è *vna certa
inclinali* ne d'animo, che
fi moltra per
compiacere altrui . Però fi
dipinge con i
fiori, che fono
fèmpre di villa
piaceuole, et con
la cat na d'oro
allaccia nobilmente gli
animi delle perlone,
che in fé
ftefle fentoii l'altrui amicheuole
cortefia . Humanità . DOnna
con habito di
Ninfa, àC vifo
ridente, tiene vn
cagnolino in bra ciò,
il quile con
molti ve^ì le
va lambendo la
faccia con la
lingua, éi vkino vi
lar.ì i'Elefant* . L'hu. HERESIA.
SS SI. fc L'humanità
e onfifte in diffimular
le grandt^e, et i
gradi per compiacenÌji,& fodisfattione
delle perfone più
batfe. \ Si fa
in habito di
Ninfa per la
piaceuole^a ridente, per applaufo
di gentile^L ilche
ancora dimoftra il
cagnolino, al quale
ella fa carene.,
per aggradirò wpere conforme
al defiderio dell'autor
loro : L'elefante fi
feorda della fua
grande^a,per fare fèruitio
airhuomo,dalquaJdefidera
efler tenuto in
conto, 6£~ però
da gl'antichi fu
per inditio d'hurrui
:à dimoftrato . HERESIA, /N A vecchia eftenuata
di fpauenteuole afpetto,getterà per
la bocca fiana ma
jftum cata, hauerà
i crini disordinatamente fparfi, et irti, il
petto aperto, come quali tutto
il redo del
corpo., le mammelle
afeiutte, e affai
pendati, terrà con la
finiftra mano vn
libro fucchiufo, donde
appariscono vfeire-.
fj>raferpenti> et con
la deftra mano moftri
di Spargerne varie
torti. Aa 2 L'Heiefìa ìéo L'Herefiajieamdo San
Tommallo foprailjibro quarto
delle fenten^e,6^ altri Dottori,
è errore dell'Intelletto, al
quale la 'Volontà oftinatamente
adh« rìfee intorno a
quello, che fi
deue credere, fecondo
la Santa Chiel'a
Cattoli caRoman&i». Si
fa 'vecchia,per denotare
rSrltimo grado di
peruerfit^ inueterata de THetetico. E dì
fpaucntcuole afpetto,per eflère
priua della belle^a, et della
luce chi: riflìma della
Fede, et della
verità Chriftiana y per lo
cui mancamento 1'huoit è
più brutto dell' ifteffo
Demonio. Spira per la
bocca fiammaafFumicata, per
lignificare l'cmpiéperfuafioni,
l'affettò ptauo di
confumare ogni cofà',
che a lei
è contraria . I crini
fparfi,8^ irti, fono
i rei penfieri,
iquali fono femprr
pronti fka; difèfa»» „ ri
corpo quafì nudo,•
come dicemmo, rre
dimòftri, che, ella è nudi
ogni "virtù. Le mammelle
afeiueté-, et afTai
pendènti dimolrrano aridità
di vigore fénr^a ilquale
non fi pollono
nutrire opere, che
frano degtoe di
vita eterna. II libro
fucchiufo con ìè
ferpi lignifica la
falla doEuina,.& le
fenten^c piu.fi ciu«s&
abomineuoli, ebei pia "vtlenofi
ferpentr. Il fpai'geie le ierpi denota
feffetto di feminare-falfe opinioni
•> HISTORlA DONNA alata, et veirità
di bianco, -che
guardi inoltro, tenga
cor* finiftra mano vn'ouato^ouero vn
libro* /opra del quale
moliti di fcriii re,
pofandofi col pie
finiftro ibpra d
vn fallò quadrato,
3cT acanto vi
fia'j Saturno, (oprale /palle
del quale poh"
Touato, ouero il
libro, oue ella
fcriue . Hiftoria è arte,
con la quale
fcriucndo»s'efpri mono l'attioni
notabili de huomini, diuifion
de* tempi, nature,
e accidenti preteriti,
e predenti delle
p fonc, e delle
cofe, la qual
richiede tre cofe,
verità, ordine, oc
confonan^a. Si fa alata,
eflendo ella vna memoria di
cofe feguice, degne
di faperfi,laqi le fi
diffonde per le
parti del mondo, et feorre
di tempe in
tempo alli pofter Il
volgere lo fguardo
indietro moftra>che l'Hifloria
è memoria delle
eòi panate nata per
la poflerità . Si rapprelènta,
che fcriua nella
guifa »■ che
fi e detto,percioche THiftc fcritte fono
memorie degli animi,
àC le ftatue
del corpo, onde
il Pctq|| nel Sonetto
84. Landolfo mio quell'opere
fon frati Che fa per
fama gfhuominiimmt tA lungo
andar: ma il
nofirofiudic è quello Tiene
pofato il piede
fopra il quadrato,
perche l'Hifloria deue
lìar fer falda, ne {aliarli
corrompere, 0 fòggiogare da
alcuna banda con
la bugia per '
terefle, che perciò
fi velie di
bianco . Se le mette
a canto Saturno,
perche l'Hifloria è
detta da Marco
Tullio >jj Simonia de i tempi,
maefUa della *viu,
luce della memoria
> 6C" fpiriio
1 l'attioni . HlSTO Z>/ . jS' HISTORIA . SI potrà dipingere vna
donna,che uolgcndo il
capo,ti guardi dietro
alle /pai le, et che
per terra, doue
ella guarda, vi
fiano alcuni fafci
di kritture mezj
ae auuoltate, tenga
vna penna in
mano, òC farà
veftita di verde,
eflèndo elio 'Veftimento
contefto tutto di
quei fiori, liquali
fi chiamano fempreuiui,& d »!• i
l'altra parte vi fi dipingerà
vn Fiume torto,
fi come era
quello chiamato Mei
tndro nella Phrigia,
ilquale fi raggiraua
in fé (teilo, IATTANZA. DONNA di
luperba apparenza, veftica
di penne di
pauone, nella finiftra mano
tenga vna tromba,
oc la deftra
farà albata in
aria . * La Iattanza,
fecondo S. Tornado,
è vitio di
coloro, che troppo
più di quel, «he
fono inalandoli, ouero
che gPhuomini ftefli
credono, con le
parole fi gloxiano,.& pei
ò fi fìnge
donr.a con le
penne di pauone«perche
la Iattanza e
compagna, o come dicono
alcuni Teologi, figliuola
della Superbiarla quale fi
dimoerà per lo pauone,
perche, come dio
fi reputa aliai,
per la bella
varietà dci«-e_> penne, che
lo ricuoprono fen£a"vtiIe,cosi i
luperbi fomentano l'Ambitionc-» con le
grafie particolari di Dio
9 che^oflìcdono fen^a
merito propio, et come
il pauonefpiega Ja
fua fupetbia con
le lodi altrui,
che gli danno
incitamento, «osi la Iattanza
con le lodi
propie,le quali fono
lignificate nella tromba,che
apprende fiato, et Tuono
dalla bocca medefima .
La mano albata
ancora dimo * &ig
aficr tiua teftimonian^a .. D1DO TL
O L ATRI A
et d'vn
toro > perche
Pihdulgentiaj addòmeftica
gl'animali *& gL'animLfcrocijhOuerOjperche l'indulgenti», addolcifle il
rigore ., INFAMI 'Jtl DONNA
brutta, e mal
"veftita : tenga
le mani l'vna
contro l'altra, con il
dito di mezzo
d'ambe due le
mani diftefò,. et con
gl'altri tutti ft
retti, 3q^ raccolti ., Brutta, e
mal mellita fi
dipinge1*, percioche bruttifllma
Severamente l'In* famia, et accodandoti
ella alla pouertà
la rende bratta, et mendica,
come dij ce Plauto
in Pèrfa con
i fèguenti verfu Quamquam resnoftrafant
pater paupercuU Modica, et modeftti,
melius eH tamen
ita viuert T^am vbi
actpaupertatem accejjit infamia Crauior paupertasfit
fides [ublefìior „ INFPLICITA; DONN^ pallida, et macilente,
comi petto nudo,
e le mammelle
luti* ghe, et afeiutte,
tenga in braccio
vn fanciullo magro,
inoltrando dolori di non
poterlo alimentare, per
il mancamento di
latte, et elTendo
fendala ma* no del
braccio finiftro,lo ftenda
in atto di
pietofa compadrone, hauendo
il *vt; ftimento ftracciato
in molti luoghi
• Con quanto li
è detto, fi
dimoftra il mancamento
de i beni
della Natura, et della
Fortuna, da i
quali la quiete, et la
tranquillità noftra dipende
• INGEGNO. VN giouane d'afpetto
feroce, et ardito,
farà nudo, hauerà
in capo vn
elmo, et per cimerò
vn* Aquila, a gl'homeri
Tali di diuerfi
colori . Terrà con la finiftra mano
vn'arco, et con
la delira vna
fre^a, ftando eoa* attentione in
atto di tirare . Ingegno è
quella potenza di
fpirito, che per
natura rende l'huomo
pronto > capace il
tutte qu;lk feicn^e,
ou'egli applica il
volere, e l'opera, Gio. INGEGNO. »
hmm> che daljuofenfo Ignorati^, DOnna, come
di fopra fi
è detto* alla quale
fi potrà aggiungere,
che la n fte
fia contefta di
fcaglie di pefceje
quali fono il
vero fimbolo dell'igno ranza, come
fi vede in
Pierio Valeriano lib. 3
S» La ragione è
.perche i! pefee
è di fùa
natura ftolido, et lontano
da ogni ci parità,
eccetto il Delfino, et alcuni
altri, che raccontano
per marauiglia, et co
me le
fcaglie con faciliti
fi leuano dal
corpo de pefei,
così con gli
ftudij delie lettere fi
può leuate all'huomo
il velo dell'ignoranza» Ignoranza di
tutte le cofe . G
L'Antichi Egitti j, per
dimoftrare *vn'ignorante di
tutte le cofe,faceutn vna imagine
col capo dell'alino,
che guardale la
terra, perche al
fole della virtù* non
s'alza mai l'occhio
de gli ignoranti,
i quali fono
nell'amor dirò folo,
che fi dipinge
de na armata, per dimoftrare, che
la mu fattone,
alla quale fono
fogge tee tutte cote
create, per fé
ftefla è forte,
&T fi conferua
fotto all'armature, cioè
(òtto mouimento de'CielU che
eilendo di diuerfa, et più
falda materia di
efla, fot cagione del
fuo moto, poi
del calore, poi
della generatione,& corr unione, ci a -vicenda
procedono., fecondo la
dottrina d'Ariftotile, 6^,
la conferuano; quello modo. Il
lino è pollo
da Poeti per
loFato,dandofi alle Parche,
e gl'interpreti di Ti
crito, rendendone la
ragióne, dicono,checome il
lino nafee nella
Terra, ò\ quindi a
poco tempo vi
fi corrompe,' così
l'huomodella terra medefimamèi te nato
in elfa per
necellìtd di natura
fi rifolue . Le maniache,
tirando in contrario
luogo jfquarciano il
panno, fono le co
trarie qualità, che
in -vigore del
moto de' Cieli
distruggono, *& moltiplicai le cofe
terrene : Se
fi nota ia
molciplicadone ntIle DI CESARE
%IPAy. :frfÀ tuoua in
coloro, che dri^ano
le propie operationi
a danno de*
benefattori . Nel finiftro braccio
tiene l'Hippopotamo, perche
come eiTo, quando
è ere*,'ciuto in
età per defiderio
di congiungerfi con
la madre, vecide
il propio genitore, che
gli fa refiftenì^a,
così l'empio per
fecondare i fuoi
sfrenati appetiti,
:ondefcente fcelleratamente alla
mina de' fuoi
maggiori, e benefattori
» Tiene nella deftra
mano vna faceila
accefa, abbruciando il Pellicano, perire i'operationi deirempio
non fono volte
altroue, che al
diftruggimento deli Carità,
OC Pietà, la
quale affai bene
per lo fìgnificato
del Pellicano, fi die
hiara, come racconta
il Rufcello nel
fecondo libro delle
fue imprefè, 6^ noi
remo più
diffufamente in altra
occafione . Impietà .. Onna
brutta, con gli occhij
bendati,e con le
orecchie d'afino, tenga
co» il braccio deliro
vn Gallo, §C
con la fmiftra
mano vn ramo
di pungerla 'Aimo rouo
.Impietà è affetto
fiumano, et beftiale dell'animo
fuperbo contra la
propietà e i buoni^Sc
della virtù :
la qualità fua
è di mancare
de i debiti
vffici j alle
cof* tcre, a parenti,
a' proffimi*alle léggi, et alla
patria . Le fi bendano
gli occhiji e
le fi danno
^orecchie dell'afino.perche come
nari Horatio Rinaldi
nel lib„ delle /cien^e.; Sc*~compendio
delle cofè, dice,
che** mpietà nafee talhorada
ignoranza non ioccorfa, et folieuat»
dalla gratia di io, perche
moki non illuminatinon
poflono per le.tenebre mondane
feorge» il vero bene
del Cielo, amarlo,
ehorcorarlo Il Gallo,che
tiene neLbraccio deftro>vien pollo
da gli Egitti)
per fegno d'im* eti,come teftifica
Pieriò
Valerianolib.24*eflendo che quello
animale monta propia madre, et taluolta
fi moftra fiero^&
crudele verfo il
Padre ; Si eh*
•ueregna l'im pietà",
conuìenranco,che vi fiala
crudeltjtaq;
infeeptrisfuperne Citoniam effìngunt,
inferne Hippo potamumj vtftgnìficerunt, impietatem, et violentiamfubic&am effe
ruttiti* . T^am
Oiconi&quidemiufìe agunt> et parentesfenio
confeclosin alisgeHant. Hi, popotamus
autem animai efl inìuflifsimum . INCOSTANZA. DONNA, che
pofi con un
piede fopra vn
Granchio grande/atto co» queHo,-che fi
dipìnge nel Zodiaco
; fia -veftita
di coior torchino, et in
«ano tenga la
luna-. „ li Granchio è
animale, che camina
innanzi, Se in
dietro, con eguale
difpc j tione, come
fanno quelli, che
«(Tendo jrrefoUiti, hor
lodano la contemplano» hora l'attione,
hora la guerra,
hora la pace,
hor la feien^a,
hor rignoranza,h percfocne,cottie narra
Pierio Valeriano lìb. 9;
qaeftò •nimale è più
d'ogni altro inferifato, et indocile, et non
come Taltrebeftie» che mentre
viuono, hanno qualche
particolare induftrià . Il velo
nero, che lecuopre
la teda, dimoftra.che
fi come quello
colore nonii prende mai
altro colore, cosrehi
è indòcile, non
èatto, ne capace
a riceuerc^ difcip'ina, et dottrina
alcuna,ne qualfiuoglia ammacftramento 8che
lo potrebbe fòlleuare dalle
cofe vili, .
drudo di Venere,
eifendo ftl Cignale ammanto,
come racconta Teocrito,
fa il fior
purpureo, et bello» fì»
poco dura il
fiore, et l'herba, et forfè
per quello lignifica
l'infermità . INFORTVNIO. HVOMO
con vna vede
di Tanè feuro,
5C dipinta di
rouine di cafe,Ie giunga fino
al ginocchio, con le braccia,
le gambe, et i
piedi nudi,fen^a lfc a
alcuna in capo,
nella delira tenga
vn Cornucopia riuolto
verfo la terra-., »
e iia voto,
OC nella Anidra
vn Como . L'In" 37 'è L'Infortunio, come
fi raccoglie d'Ariftotele,
è vn euento
contrarlo al bene, de
d'ogni contento : et il
Coruo non per
efler 'Vccello di
male augurio, ma pei
elfere celebrato per
tale da' Poeti, ci
può fera ire
perfegno dell' infortunio1: fi come
fpefle volte, vn
trillo auuenirnento è
prefagio di qualche
maggior,mal« fòpraflante, et fi
deue credere, che
vengano gì' infelici
kicceurì,& le ruinepet Diuina permiflìone,
comegli Auguri antichi
credeuano,chei loro augurijfttf (ero inditio
della "Volontà di
Gioue . Quindi fiamo
ammoniti a riuolgerci
^iù reali, oc
perfette, et nna difforme,
veftita di bianco,
fpar fa di fangue,con
vn turbante in
capo all'vfo de' Barbari
; nella mano
finiftra tiene vna
gran ta^a d'oro,aljquale terrai
gli occhij rmolti,
nella deftra hauerà
vna feimitarra,& per
terncie rottejp.fForme li
dipinge, perche l'ingiuftitia, onde
il male vniuerfale
de' Popoli, Vc Sucrte
ciu,h louente^eriuano, bruttùTima
fi deuc ftimare . Bb
U Ì74 INGIVSTITI A. Lafcimitarra (Tgnifica
il giuditìo torto
; et il
veftimento Barbaro la
cnjj tà>la "vcfte bianca
macchiata di fangue
lignifica la purità
corrotta della giù: tia,alla
quale corruttela appartiene
pure la ta^^a
d'oro, hauendo gl'occhij,c la volontà, et il
penfiero nngiufto Giudice
per l*auaritia riuolti
alla vaghe? dell'oro fo!amente;perche non
potendo infieme fbftenere
le bilancie, e 10
gione,cadono, onde vengono
ca!peftrate,come fé cofa
folfero di minor
pre£ INGORDIGIA. DONNA
veftita del color
della ruggine, nella
finiftra mano tenga'» Folpo, et a
canto vi farivno
ftru^o . L'Ingordigia
propiamente detta è
vn disordinato appetito
delle cofe, d> al
nutrimento fi appartengono
più vitiofo di
quello, che dimandiamo
Gols° Crapula, fi^ fi
dipinge veftita del
color della ruggine,
perche diuora quefl» ferro
fen^a Tuo vtile,
come l'ingordo ogni
cofa trangugia fei
^a gufto >
al ci* appartiene ancora
lo ftiu^o, che
il ferro diuora, et digctifce . DICESj4*RE "RIPA.
37f ti Folpo in
Or o Apollinc
figmficail:medefimo j perche
mancandogli i cibifi adrifce della
carne iuamedefima .
ingordìgia. * -v Onna
di brutto afpetto
sveltita del color
della rugginey che
vomiti il patto 3
per la bocca
; tenga nella
delira -mano il pefee
detto fcaro,& nella
finiftra uno vna lampreda,
da Latinidetta "Muftéla
marina, oucroHebrias . Il pefcé Scaro
a noi è
incognito-, perche diccmo>xhe
non fi troua
fé non nel lareCarpafeo -, et non
efeequafi mai dal
promontorio di Troade
; dalli Scritti,
è tenuto pefee
ingordifsimo ' fa ficcare, et cadere
a terra.. Significa queftomcdefimo la
vipera, la quale
per merito della
doIce^a,che cue ne' piaceri
di Venere col
compagno, bene /peflb
tenendo il filo
capo in zea, lo
fchiaccia, et effb
ne rimane morto
: E poi
che mi fouuiene
vnfonct. a quefto propofito
di M. Marco
Antonio Cataìdi, non
m'increfcefcriuerlo* fc
fodisfattione de' Lettori » holpe,e et
errori albergò; efedfy
Chmtm curi mijtfone
feruifede, ifteUaalgiuHo,a
la T^aturaJ Dio,
Tu lupo y^frpia,
Grifon d'opre» ed'afpetto ette inferndl,
morbo perueìfo,e rio,
Tu di virtù,
tu d' animo honoràto yjtletto,e dì
Satanfiilia,& herede. Feccia^chwma
fttor macchi a^e
difetto* ìì Vieta nemico,
e di mercede,
Tufeicon V^tuaritìa avn
parto nato, f o(ìro
a riceuer pronto
a dar reftio,
Fuggi dal peri fier
mio, nonché dal
pettot dì promeffe, e
benefici} oblio, Cb'è
de vitij il
peggior Vèffere ingrato . INlMiClTIA. ONNA veftita
di nero, piena
di fiamme difuoco-,
con la deftra
mano in atto di
minacciare, con la
finiftra tiene 'vna
anguilla, et in terra
fiano ane,& *vna gatta,che
fi a^uffino infieme . l'veftimento nero
con le fiamme
fignìfica l'ira mefcolata
con la malinco-,
che infieme fanno
l'inimicitia durabile,la quale
non è folo
quell'ira,che.^ nel profondo del
cuore, fatte le
radice con appetito
di vendetta, in
pregiulo del proflìmo, et che
ciò fi moftn
per lo fuoco, et lo
manifefta la definition
oue fi dice, l'ira
eflere vn feruor
del fangue intorno
al cuore, per
appetito di Rdetta, àC
la malinconia è
addimandata da medici
^trabilis, però fi può
Ipificare nel color
nero, et fa
gli haomini ricordeuoli
dell'ingiurie, j
(L'anguilla, il cane, et la
gatta dimoflrano il
medefimo effetto, eftendo quelMita
d'andar lontana da
gli altri pefei,
per inimici tia, come
dice Oro Apol■»» et quefti
infieme eftendo in
continuo contrafto naturalmente . Bb 3
INI37* I H
I M X
CITIA MORTALE DONNA armata, (ara
di afpetto fiero, et tremendoyveftita di
color i fo, che
con la deftra
mano tenga due
faette vgualmente dittanti, } rafgredifcono a
sì alto precetto,
dicendo in S.
Matteo. £ go autem
dico "pobis\ iiligite inimico,ì>eslros}benefacite ijstqui
oderunt^os, et orate
prò prefequentibus, et calumniantibus
iros . Inoltre il
medefimo Euangelifta a 1
8. dice,
Se Derdonaremo a i
noftri inimici, ch'egli perdonare
a noi lenoftre
colpe . Sic pa\er
meus caleìlisfacietvobis,fi nonremiferitisvnufquijque fatrifuo de
cordìbus ^eslris, queftelono parole
delSignore Dio, del
quale chi vuole
eflere amico •ifògna far
quelloyche egli dice,
Vcs amici mei
eslisyfifeceritisquaprdcipio
"pois. Ioan. 15. Però
conuiene perfalute dell'anima nottranon ellcre intenti
alla 'endetta, et eflere
oftrnati,& inimici limile
alla,canna>& la felccche
fono tand fra
di loro contrari
j, chevna ammala
l'altra, ilche diceDiofeoride libi.
4. jp. 8 5.
Teribitfilix,quamper ambitum copio
fiorii arundo coronet
? &xontré vanejcet harundosquam
obfepiens multa filix
incrbem cinxerit . Et
Pieno Variano lib. cinquantaottefimo dice,
che lono tanto
inimici,-che le felci
cagliate m la canna,ouero
fé arandofriì mette
la detta canna
fopra delvomereinun ri— [ìafeono
pi£,e pariméte a
voler toruia le
canne metterai le
felci, fa il
medefimo jffetto, che fa
la canna,tanto fono
per natura mortalmente
nemici : Onde
fo* jxa di ciò Aléflandro
Magno ("ancor che
gentile ) diede
efempio, cheli «deua-» f rdonare,&
non perfeguitareil fuo
inimico fino alla
morte, perche hauendo flò
perfetto di Battria,
doppo hauer tre
volte rotto X>ario,
conVanco fattolo
:igione,così legato IVccifè ., et per
dimoltrare Aléflandro quanto
errore ha» >Qe commefloil
detto Bello ^ridottolo
in fua poteftà
lo caftigò della
fua oftinaperfecutione, 6c^_
iriimicitia, che legati
> &Taggiunti per
for^a infieme due mi
d'arbore, et a
ciafeun legata vna gamba
BeiTo,fecefciorlid'infieme,e pre»
itofamente aprendoli lo
sbranò per mezzo
per memoria,& 'efempio
del lue imjcheuole, et peflìmo
coftume, INIQVITA DONNA
veftita di fiamme
di fuoco, 6c^
fugga velocemente . Si dipinge
in fuga,perche non è ficura
in luogo alcuno
>! ogni cofà
lefiu mbra,& ogni minimo
auuenimento la fpauenta,
generando il timore,
ilquale m la fugati
configlia > et fi
rifolue perpetuamente . E
veftita di fuoco,perche niquità abbrucia
Tanime peruerfe, come
il fuoco abbrucia
i legni più
lecchi, IN QVIETVDINE DONNA giouane
veftita di cangiante,
che tenga vna
girella di carta,co* J
me quella,che /ogliono
tenere i fanciulli,
che girano al
'vento, perche^ fono gl'huomini
inquieti, che r.on
fi fermano mai
in vn propofito
con ftai tà,
che perciò fi
velie anco di
color cangiante .
Inquietudine d'animo . )Orna mefta, et in
piedi, che nel a
deftra mano tenga
vn cuore, fòpra
del quale vi fia
vn tempo d'horologio, et con
la finiftra vna
banderuola di elle, che
moftrano i venti . Si
rapprelenta con l'horologio
fopra il cuore, et con
la banderuoIa,come diurno, per
dimoltrare, che fi
come l'horologio, 8c
la banderuola di
continuo Rio in moto,
così chic inquieto
dell'animo, mai non
ha ripofo, et gli
conuie>Ì elporfi a
lutti i contrarij,
che lo molcftano . Bb 4 IRREIC
OBOLO Gl'iA IR £
E'SOtV T l'O
N E' ÉZI i imi D O
NN'A? vecchia a
federe, veftita di
cangIàrttfe,con vn panno
netoaut toalla tcfta,& con
ciafcuna delle mani
tenga vn conio
in atto di
cantai Irrefoluti fi dicanogli
huomini, che conofcendola
diuerfità, et a
diffidi! delle cofe, non fi rifoluono
a deliberare queIlo,che
più conucnga,& però
fi w| prefenta, che
ftia a'federe .' Veftefi
di cangiante, che
raoflri diuerfi colon,comé
diuerle apparente fl.&
però non fi
va nell'attic
rifolutamentecomein^giouentiì. Se
le dà i
Corui per ciafcuna
mano in atto
di cantare, il
qua! canto e
icnif Cras,Cras, così gli
huomini irrefoluti differirono
di giorno in
giorno, q«n' debbono con
ogni diligenza operare,
come dice Marnale.
$ts €ras te viBurum, o-**
dkis VoHhume femper Die
mihi eros ìHud
Toftbume quando venti? Sguàm
longècras iHudìVbi eHiautvnde
petendum ì T^unquidapud Tarihosr*AirmenÌQsq\ latet
? jam eros iHud
habefPriamhvel J^eHoris annuserai iflud quanti
die, mibipoffet emi. Cras
viuesthodieiam viuere Tofìbumcferum
efl lUefapitquisquisVoUhume
>ixit beri. Il pannò
nero auuolto alla
teda, moftra i'oicurici,
e la confusone
dell' intcl* ecco, per
la -varietà de'
peri fieri, i
quali lo rendono
irrefo lu to . INNOCENZA, VERGINELLA, veftita
di bianco, in
capo tiene *vua
ghirlanda di fiori, con
vn' Agnello in btaccio^. Con
vna ghirlanda, Se habito
di Vergine fi
dipinge, per eflère
la mente del* 'innocente intatta, et immaculata
: Però dicefi,
che l'Innocenza è
vnalibera,e tura mence deH'huomò,
che lènza ignoranza
penfi,& operi in
tutte le cofe
con andidc^a di fpirito,
8c fen^ puntura
di cofeien^a . L'Agnello lignifica
l'innocenza, perche non
ha ne fbrZ*
» uer&vna pecora »> L'innocenza, ouero
Purità nell'anima fiumana,
e come la
limpidezza nel* acqua corrente
d'vnviuo fiume. E
con la confideratiorìe di
quefto rilpetto, nolto le
conuiène il nome
di -Puri ri-. Però
gli Antichi, quando
voleuanogiuare d'eflère innocenti
di qualche fceIerateZZa
> dalla quale
fi (èntiuano incoi[ati91ouero voleuàno
dimoftrare,che non erano
macchiati di alcuna
bruttura, bleuanonel
colpetto del popolo
lauarfi le mani,
manireftando con la
monde^jr $ di effe, et con
la purità dell'acqua
la mondezzai e
la purità de
Ila-mente. j Di qui
nacque, che poi
ne' Gieroglifici furono
quefte due mani,che
fi laua-* pano infieme,vfare
da gli Antichi,come
racconta Pierio Valeriàno
nel lib.tren lacinquefimo, et S.Cipriano
nel libro de
Liuore^ci eforta a
ricordarli Tempre*,,
|>erché chiami Ghrtfto
la fila Plebe, et nomini
il fuo Popoloi
adoperando il noine
di pecore, -volendo
così auuertire,che l'innocenza, et la
purità Chriftiajra^fi deue
mantenere intatta, Se"
inuiolabilc . * I a
v Giona di
palma da S.
Ambrogio in quel
luogo, Statura tua
fimilisfk£U fi \alm&, è
interpretata per l'innocenz*»
e purità, che
ci è donata
da E)io fubito,
che fiamo rigenerasi
pel fantiilimo battefimo.*
£ • 1NVBID1ENZA DONNA, veftita
di rcflò,con vn
freno fotto a'
piedi, &C in
capo con ac» conciatura di
penne di Paucne,
tenga la deftra
mano albata per
moft re ftabilita di
propofito : in
terra vi ila vn'A/pide*ilquaIe con
vn* orecchio p ma
la terra, et l'altro
Io ferri con
la coda . L'Jnubidien^anon è
altro, che vna
tra/greffione volontaria de' precetti
diurni, o degl'humani
• Il '\eftito rolfo,
eTa mano alta
conuengcno alla peitinacia",la quale
è cagio» ne d'inubidien^a
:il freno dimoftra,che i
amore delleprcpie paifioni
conduce^ altrui a volontario
di fpregio delle
leggi,•'•& de' comandamenti,
à',qualifianj& coftar 7J •
d'Amore il . jf* PAmore,{ècondoPÌerio
» perche quefto
pefce s'attacca tanto
tenacemente a' adì, o
fcogli, che-più* todo
fi laflà leuare
a pe^i, che
(laccar» . L'ideflo pefce on
figura però dell'oliuo, et dell'origano
io ponemo per
instabilità d'Amore % >oiche
fi (ente l'odore
dell'origano, per quanto
riferifce Pierio lib.
27. òC 57. abborrifce tantoché
fi (lacca, per
Io contrario l'odor
dell'oliuo glie tanto
gra« o> che l'abbraccia
: tal natura
dice Atheneolibr. 7.
fi fcorge quando
metten* Ioli -vn ramo
d'oliuo nel mare
in quella parte,doue
danno i Polipi,
in breuc* en^a niuna
fatica fc ne
tirano fuora. attaccati
alramov^iunti fé ne
vuoiti • )leam illos
appetereboc -etiam documento eH'squod
eiut ramumfiquis in
mare {imìttat vbipolypì habitant,
ac parumillic contineat,
quotquot volet nullo
la* \ore
ramoimpafto&extrahct'* Ciò auuiene» perche fono d'odorato
leggiero,& mano odore
(oaue»come quello dell'oliuo,
8c odiano l'origano
di acuto odo» e,•
però il' ramo
di quello sfuggono
> òC "a quello
fi attaccano .
Così fanno gli manti
inftabili»fe la cofa
amata porge loro
l'acuto origano della
gelofia, óQj : moda
da qualche rifpetto
moftra (degnoa5cafpre^a,non potendo
effi comortare così
fatto rigore fubbito
fi (laccano dall'amore,, et giurano
di non tor» arui
più : ma
fc poi l'amata
riuolga vedo loro
ciglia fèreno >
e moftri grata
pia* euole^a fubbito ritornano
» 8c dì
nuouo s'attaccano al
ramo dell'oliuo firn» 010
della foauepace. Maggiormente
fi dimodraqueda indabilitd
con la figa»
del Polipo, ilquale
è pefce mutabile
? perche varie
forti di colori
piglia, cosi li amanti
fi mutano di
colore, hor s'impallidifcono, hor
s'arroflìfeono, varia» 1 jo
propofi to, et pigliano
diuerfi affetti v et paflìoni,
per il che
l'animo loro dà !:mpre
in (labile^. » '
blnftaMMr Onna ve(litad| molti
colori,. con la
man delira s'appoggi
a *vna canna con
le foglie, è
lutto i piedixenga
vna palla. Veftefi di
varij coiorrf mftabilità
% per lafrequente
mutation di penfieri
del* auomo inftabile . I
Si appoggia ad
vnafragir canna >fopra
alla palla, perciòche
non è (lato
di [lindi tione alcuna,
doue la volubil
mente fermandoli fi
afficuri, e dulie
non fi •ppigli conforme
alle cofe pili
mobili, e meno
certe . Infiabilità, ouero Incofianra, fY Onna
dedita di varij
colori, per la
ragione già detta,
dia a cauallo
CoptXj 1 Hiena ferpente,
ouero tenga il
detto animale in
quel miglior modo,
chf i \\uà a chi
Io vuole rapprefentare . 1 1 Inftabili
fi dimandano quei,ch'in
poco tempo fi
cangiano d'opinione fén^a pone,
c fcn^i fondamento,& però
fi dipinge con
l'Hiena apprc(To,animalej
?4e non
mai da feimo,c
dabile nel medefimo
edere: ma hora
è forte, hora
è de* «• e,hor
audace, et hor
timido, molte -volte
fi manifeda per
mafehio, e talho* 1
per femmina, talché
(i può ragioneuolmente dire,
che in elio
fi truoui la ve.
lodabilità, come dice
Oro Apolline .l INTELLETTO VOMO armato
di corata, e^veftko
d'oro, in cspo
tiene vn'elmc rato, e
nella dcftra vn'afta. Queft'huomo di
quefta maniera deferitto dimóftra" la
pctfettione dell'intelletto,
il quale
armato di faggi
configli facilmente fi
difende daciò che
iìapflf| fargli male,e cosi
rifplende in tutte
le belle, e
lodeuoli opere, che
egli fa, ouero perche
in guerra >
come in pace
è neceflarijffimo . Ha l'elmo
dorato in tefta,
per moftrare, che
l'intelletto rende Thuomo
Co* do, e fauio,
e lo fa
lodeuole, e piacevole
a gli altri,
che lo conofeono
di pre^Oi come è di pre^o
Toro, e /aldo,
com'è faldo l'acciaio;
l'afta fi pone,perche
dall'Intelletto nafee tutta la
"virtù, che può
"venir in difefa
dell' huomo, il
quale come Rè Mede
nella più nobil
parte, c^, ha
carico di comandare, et di dai
legge ad
-vii popolo di
pallìoni, che in
noi fen^a elfo
farebbe tumulto, e
coneinoui follcuamenti. IN$Sj
Intelletto, Glouanetto ardito* veftito
d*oro, in capo
terrà vna corona
medefì mamen» te dioro,ouero
vna ghirlanda di
fenape,i fuor capelli
faran biondi,eaconclcon fcreir
anellature, dalla cima
del capo gìvfciti
-vna fiamma di
fuoco, ella delira mano
terrà ~vno fcettro,e
con la finiftramoftreràWaquila, che
gli a vicina . L'Intelletto
è pet natura
incorr«ttibile^& non muecchia
giamai,& ero fi dipinge
giouane. li veftimento d'oro
fignifica la purità,
SC femplicità dell'
cfler fuo »
eflèndo oro pur idi
mo fra gli
altri metalli, come
s'è detto . I capelli
fon conforme alla
vagherà delle fue
operationi .. La cotona, e
lo feettro fono
fegni del dominio,
cJx' effò ha
fbpra tu tte Te
pafoni dell'anima noftra,&
fopra l'iftelFa -yolontà,
lacuale non appetifeeeofa, he prima* da
effonon venga proporla . La
fiamma è il
naturai defiderio dì
fapere, nato dalla
capacità della virtù
inellettiua, la quale
fempre afpira alle
cofè alte,e diuine,
fé da' fenfi,
che volenier i
robedifcono,alla
confideratione drcofe terrene,
e balle non
fi lafcia fuiare. II
moftrar l'aquila col
dito*figninea l'atto dell'intendere, eflèndo
propio delintellettoii ripiegar
l'operationein fé fteflb,
vincendo l'aquila nel
volojaquale «pera cattigli altri
vcelli-, SC animali' in
quefto*comc anco nel
"vedere. | La fenape
infiamma la bocca,t
fcarica la tefta,&
per quello fignifica
l'opeatione grande d'vn
intelletropurificato nel tempo,
che non l'offufcan
le nebic delie
paflìoni *o le tenebre
dell'ignoranza Vedi Pier.lib.
5 7* INTELLIGENZA. ON^A vertita
droro, cìie nella
deftf a mano
tenga vna sfera
r e con
la* finiftra vna ferpe
*farà inghirlandata di
fiori . Jntelligen^a
dimandiamo noi quella
vnione, che fa
la mente noftra
con la-» ofa intefa
da leir& fi
vefte d'oro, perche
vuoFeflere lucida,chiara, àC
rifplcnente,non triuiale, ma
nobile, et lontana
dal/aper^ dal volgo,
e delle per
fono lebee, che tutto
dillingue nelle qualità
fingolari dell'oro., Si
potrebbe poco diuerfamente
ancora moftrare la
figura di quella
intelligenayche muoue le
sfere celefti, fecondo
i Filofòfi :
ma perche principal
intento joftro è di
quelle cofe,che dipendono
daM'opere,e dal fapere
humano,parliamo li quella fola,
la qual con
la sfera, e
con laferpe, moftra
che per intendere
le-» ole alte, e
fublimi, bifògna prima
andar per terra
come fa la
ferpe, e nell'
iniender noftró andare con
principi) delle eofe
terrene, che fono
meno perfetp delle
celeftj, però fi
fa nella mano
finiftra la ferpe,
fi^ nella deftra,ch'è iù nobile,
la sfera. t La
ghirlanda di fiori
in capo, moftra
in che parte
del corpo fia
collocata quel ji potenza,
con la quale
noi intendiamo, et i
fióri moftrano, che di
fua
natura intendere è perfezione
dell'animo, e dà
buon odore, per
generar buona fama, |
buon concerto di
fé fteflo nella
mente degli altri
• IN3*4 reo NO LOCI A
I N
T EHI GENZ
Al iasaaeaBm Intelligenza . D
Orina, che nella
delira tiene vn
liuto, e nella
fini/tra vna tauola
fcritts Moftra che l'Intelligenza nafee
per lo più,
o daii'efpcrien^a, o
dallo! dio de* libri,
come facilmente fi
comprende per le
cofe già dette . INTREPIDITA, E
COSTANZA. GIOVANE vigorofo, veftito
di bianco, e
rollo, che moftri
le brace ignude, e
darà in atto
d'attendere, e foftenere
l'impeto d'vn toro . Intepidita è
l'eccello della Foriera,
oppofto alla viltà,
e codardia,^ alll rafi
dice 'vn'huomo intrepido,quando per
fine conforme alla
dritta ragior non teme
quello, che da
animi ancor ficuri
fi fuol temere. Sono
le braccia ignude,per
rooftràre confidenza del
propio Calore ;
e co batte col
toro, il quale
eflendo moleftato diuiene
ferociiIìmoj& ha bifogi refiftere,folo delle
proue dHna di/petata
foite^a. :. INVENTIONE,
Comerapprefentatain Firenze dal
Gran Duca Ferdinando
é t T N
A bella donna,
che tiene in
capo vn par
d'ale, come quelle
di MercuV rio,&
vn'orfa a' piedi,
elecca vn*òrfacchino, che
moftra,che di poco
fia ito da la
dett'òrfa partorito %
&C leccando moftra
ridurlo a perfcttione
della a formai * i
nvest rG a
rro ne. ONNA con
Tali alla tefta,
e il cui
veftimento fia tutto
fparfo di formi3 iioflr che, tenga
il braccio deftro>e
il dito indice
della* medefima mano
alto > |o(lrando con
elfo "vna Grue,
che vóli per:
aria, e col
dita indice della
finiftra, Cane, ilquale ftia
con la tefta
bafla per terra
in atto di
cercare la fiera . L'ale,che porta
in capo,fignificano Peleuatione
dellìntelIetto,perche
al^anfi egli per
l'acquifto della Gloria,
dcll'Honore >e dell'Immortaliti »
viene in nitione delle
cofe alte,ecelefti «* Diamo
aquefta figura il
veftimento pieno di
formiche, perche gli
Egitti) per
efignificauanorìnueftigarione,e{Tendoquefti
animali diligentiflimi inue^atori
di quanto fa
bifògno al viuer
loro » Moftra la
Grue, che vola,
perche gli Egitti)
( come dice
Pierio nel lib.
dìceftefimo ) voleuano,
che ciò folle
dimoftratione
d'huome*curiofo, e inueftigare
delle cofe alte,
e fub!imi,e di
quellè>che fono remotedella
terra, pcrcioche refto vcello
vola molto in alto con
velociti, e fcorge
molto da lontano. Del
fignificato del Cane,
Sefto Pirhonefe Filofofo
nel primo lib.
Cap. 14. di-,che
il cane nella
guifa,che dicemmo,denota inueftigatione,percioche quanfeguita/vna fiera»
ed arriuato ad^n
luogo, doue fono
tre ftrade, e
non riandò veduto per
qual via fia
andata; elio odorata »
ch'habbia la prima
ftrada » ora la
feconda, e fé
in nefluna di cflè fente,
che fia andata,
non odora la
ter-,ma rifoluto corre
argomentando, che neceflàriamentc fia
andata per ella» INTERNOv I dipingere
per rrnuernow^fdone belliflimogibuane, in
habito di caccia* tore,
la ftatua del
quale, già era
nel monte Libano
col capo coperto,
coru parenti mefta, tenendo
la finiftra mano
alla faccia, e
con la deftra
foftenen» 1 veftimento, pareua,che
in eflb cadeflèro
le lagrime, le
quali cofe tutte
deiuono la figura
del Verno, che
così racconta Pierio
Valeriano lib. Nono. INVIDI DONNA vecchia,magra>brutta,di color
Huido,hauerà la mammella
fiJ niftra nuda,e
morfieata da vna
ferpe,laqual fia rauuolta
in molti giri
fo1 della detta
mammella, et a
canto vi fari
vn Hidra, fopra
della quale terrà oggiata
la mano . Inuidia non
è altro, che
alle grarfi del male
altrui,' Se attriftarfi
del bene con tormento,
che ftrugge,e diuorai'huomo
in fc ftellb. L'efler magra, e
di color liuido,dimoftra, che
il iiuoré nafee
communemenia freddo, e
i'Inuidia è fredda,Ó£~
ha fpento in
fé ogni fuoco,
ó*^, ardore di ititi
. erpe, che morfica
la finiftra mammella,
nota il ramarico
ch'ha fempre al cuore Sii
INV£ST1GAITIONE. cuore
Finuidioity del bene
altrui, come cPrTcHoratio
nel/£f iftole. Inuidw alteriti*
macrefeit rebus opimìs. Le fi
dipinge appretto l'Hidra,
percioche il iuo
pu^^olente fiato * et il ve|e
Jnfetta>& veci de
pili d'ogni altro
velenofo animale; così
l'inuidia altro non pi
caccia (è non
la rouina degli
altrui beni, sì
de il quale^ rrè
in mano. Si dipinge
vecchia, perche,per dir
poco, ha hauuta
lunga, OC antica
inimil :ia con la -virtù
. Ha pieno il
capo di fèrpi,
in vece di
capelli, per fignificatione de'
mali pen| ri,
eflendò ella Tempre
in continua riuolutione
de' danni altrui,
dC apparect iata
Tempre a fpargere
il veleno ne
gli animi di
coloro, con i
quali fen^a mai iiietare
fi ripofa,diuorandofi il cuore
da fé medefima,il
che è propia
pena delI nuidia .
E però ditte
Incorno Sannazzaro .
mnudiafigliuol mio fé
Hefia macera Che
non gli vale
ombra di cerro,ò
d'aceri Kfi dilegua come
agnel perfafeino inuìdia . ) jlUìdo
halvolto,ìl corpo magro,e
afeiut Tiacer alcun
;fe no dall'
altrui lutto Gl'occhi so
biechi,e rugmofo,t latte
{to, ^iìlor ride l
'inuidia,ch 'altrimente l petto arde
dì amaro fele,
e brutto Si
moHra ogn'hor adolorata,e
mejìa, enen colma la
lingua, né mai/ente
Efempre all'altrui mal
vigila,e defla, Inuìdia . DOnna vecchia,
mal veftita, del
color di ruggine
; fi te%a
vna mano alla-, bocca,
nel modo, che
fogliono le donne
sfaccendate in balla
fortuna-., irdi con occhio
torto in difparte,
hauerà appretto "Vn
cane magro» il
quale^ ne 4a molti
efretti fi -vede
è animale inuidiofillìmo, e
tutti gli beni
de gl'ai— vorrebbe in
fé (olo, an^i
racconta Plinio nel
lib. 25. cap.-8.
che fentendofr il le
motfò da qualche
ferpe, per non
reftar orTeib mangia
vna certa herba
innatagli dalla natura, et per
inuidia nel prenderla
guarda di non
ettère -veto da gli
huomini . I mal veftita,
perche quello vitio
ha luogo particolarmente fra
gli huomiaaffì, e
con la plebe
. La mano alla
bocca è per
fegno, ch'ella non
nuoce ad altrui:ma
a fé fretta,**» :
nafee in gran
parte dalPotio . Inuidia.
rj^yeleno, è l'inuidìajhe
diuora Vn pallido
color tinge la
faccia % Lemidolle)& ilfangue
tutto fugge, Qual
da del duol
interno certo fegno, nde
l'inuido nhà debita
pena Et il
mi fero corpa
dìuien tale erche mentì
e i altrui forte
l'accora Che par
che fi dislrugga,efi
disfaccia; Sfoira fremey e come leon
rugge Ciò che
vede gli p
orge odio, e
difdegno • losìrando ch'ha
la mifera alma
piena Terò fugge
la luce, e
tutto a male '
odio crudel chel
mena Gli torna,
e con eguali. Ce
Jl veder $fè %A veder
l'altrui ben con
occhio torto Dijpiacerjchiua il
cibo, annoia il
Cere Terò dentro fi
fa ghiaccio,e furore Vnqua
non dorme: mai
non ha ripofoj Bagnafi difudore*
Efempreilcorglièrofo, Che
altrui puòfar del
fuo dolor accorto,
Da queltìnuida rabbia,
qualhauer E con la
lingua di veleno
armata *Non può
mai fine, et a!
cuigraue m M ordt#
biafima femore ciò,cbe
guata, Rimedio alcun
di Medico non
naie . lnuidia, àeW*Alciato .
DOnnafquallidaye brutta, E
douunque ella uà,
prefio, o lontani Che
di carne di
uiperafi pajce; sporta
dardi fpinofi nelle mano; E
mangia ilpropio cuore
Che nel fuoj "angue tinge . Cui
dolgon gl'occhi liuidi
a tutt'hore In
quefto hahitojtrano, Magra, pallida,
e afciutta, E in tal
forma ì lnuidia fi
dipinge, INVOCATIONE, DONNA
veftita di rodo»
in capo hi
vna fiamma di
fuoco, et vn'altr
j fimile le n'efee
di bocca . L'Inuocatione fifa
chiamando, ó^, affettando
concreti defidcrio il dii
no aiuto.. Però li
dipinge conueneuólmente con
due fiamme, chegliefconovnadl la bocca,
e l'altra dalla
cima del capo,
che dimoftrano la
-vera, e proli
tteu et ifpediente
dalla diuina benigni facilmente s'impetra, IMPETO. VN giouane
di afpetto feroce, et ardito,
che fia quafi
nudo, e che
ftia i atto di
affrontare impetuofamente l'inimico,e
con la fpada
nuda mol di tirare
vna fioccata ;
hauera bendati gli
occhi j, e
con Tali a
gli homeri,a a to
vi farà vn
Cignale, che ftia
parimente rabbuffato, con
la baua alla
bocca» in atto di
operarli vnitamente con la figura
a chiunque gli
fi metta auanti
| offenderlo . Giouane, e quali
nudo,di afpetto feroce,
e ardito fi
dipinge, per noneflJj nella giouentu
alcun timore,ma prontc^a,e
audacia ad efporfì
con impeto ogni incontro,che
perciò ftà nell'atto
fopradetto,e con la
fpada,come diccir vi
farà -va cinocepbaio.
Stat^.Theb. deferiuendò la
cafa di Marce
nel paefe e* Traci
dice,che v'era fra
molti l'Ira, et la
chiama rolfa dicendo . Èforìbus egeumque
nefas ir&que rubentes
. l Perché naice
dal moto dei
(àngue, e procura
fempre la vendetta
col danno con la
morte alti ui,
però va ricamato
il "veflimento di
nero . ! l' Rinoceronte è
animale, che tardi
s'adira, e bifogna
irritarlo innanzi gran je^o
: ma quando
è adirato diuiene
ferociflirno,• però Marciale
nel i .lib.
de jjoi Epigrammi dille
* ìollicitantpàuidi
rìnùcetòta magiflrì Seque
dìu magna coìlìgk
ira fera . ! Gli
Egitrij quando "\oleuano rapprefencar
l'ira dipingeuanovn cinocefalo fcr effer
più d'ogn'altro animale
iracondo » Vedi
Pierio Valer. Iib.6". Cieca con
la fchiuma alia
bocca h rapprefenta,
percioche eflèndo l'huomo into
dall'ira perde il
'.une della ragione,
e cerca con
fatti, e con
parole offendere altrui, e
però dicci! . Ce
2 Vn 39* ISTITVTIONE. Tn cmàtl
moto violente è
l'ira Chefpmge Vhuomo
à furor empio,e\ Ch'inforca nube
il tritìo animo
vela Che l'intelletto
in folle ardir
accieca » E d'amaro
bollore il cor
circonda E ogni
diuina infpiration rimoue
\ Coprendo i labri
d' arrabbiata fpuma9 Dall'alma
vile,e la conduce
a morte Efocofo defio
nel petto accende
Trina digratia.e di
fallite eterna . Dirouìna dannoja,
e di vendetta. Et
il Petrarca nel
Sonetto i pj.
E furor longo
; ch'il fuo
pofsejfore ha è breue
furor, e chi
no' l frena
Spejfo a vergogna,
e a morte
talhor mene» ISTITVTIONE.
DONNA, che con la deftra
mano tenga vn
paneretto, o ceftello,
che diri vogliamo,che dentro
vi fi vedano
delle rondini, Sono
alcuni, iquali hauendo
in alcune anticaglie
oflernato *vn caneftrello
con delle rondini
dentro» *Vo^liono, chequeftofia il
gieroglifico dell'lftitutione, ck^
prendono di ' ^ucfto
i'argumcnto da' benefit»
j diOrifide, Ó^ di Cerere
dati a' mortali, peri : jjj >erò
che da quefti
habbiamo riceuuti, e
le leggi del
ben -viuere, ed
i precetti ti ben
lauorarei campi} imperò
che i Poeti
chiamano Cerere leggi
fera, ed ppreilb Diodoro
nelle lettere de
gli Egiziani Ofiri
è detto, e
tenuto Gioue -iuflo Padre,
Duce, e Confultore
di tutto, le
quali cofe, o
'vogliate accomodarle alla Iftitutione,
o alla agguagliane
tutte quadraranno benifiimo,
fi^ arannoalpropofito. INTERESSE PROPiO, HV
O M O
vecchio, veftito di
nero, che tenga
con vna mano
vna canna con Thamo
da pe/care,e con
l'altra "Vn raftello,daU'vn canto
vi fia;vn allo,& dall'altro
vn lupo j IntereUe
è "Wappetito disordinato
del propio commodo,
e fi ftende
a mol-, e
diuerfì obietti fecondo
gli appetiti de
gli huomini :
ma "Volgarmente alicquifto, et conferuatione
della robba, che
però fi dipinge
vecchio ( corno ice
Ariftotile nella Poetica
) eflendo queft'
età naturalmente molto
inclinata, l' Auaritia capo
particolare deli'intereliè . La
canna con l'hamo
moftra, che, ntereffe
sforma fpefTe volte
a far benefìtio
altrui : ma
con intention di
giouaj ento propio,
e non per
la fola "virtù,
che non può
hauer fine meno
nobile di fteiTa, perche
con la canna
i pefeatori porgono
il cibo al
pefee, con intentioi
di prenderlo,e tirarlo
fuori dell'acqua. Quello medefimo
affètto di propia
affettione fi dimoftra
nel raftello inftrtl» ento
di Villa, il
quale non ferue
per altro, che
per tirare *verio
colui, "che maneggia . Si
vefte di negro
per moftrare, che
fi come elTo
colore non fi
può tramutali in altri
colori, così TinterelFato
fta fempre fermo
ne* fuoi "vtili,
e commodi, tre che
l'intereile propio è
macchia, che da
ciaicuna parte ofeuta
il bianco Ha virtù,
e perche Finterefle
tiene altrui in
gelofia del propio
commodo, et continua vigilanza,
così d'animo, come
de* fenfi,• fé
gli accompagna feco
il Ho pollo nel
modo, che di
fopra fi è
detto . Scli mette a
canto il lupo,
percioche l'intereflè ha
la medefima natura,
6C òpiet "1 pò, et del
medefimo animale habbia
f orecchie, et che
abbracci, &^ inga con
auidità con ambe
le mani vn
globo, che rapprefenti
il mondo, così :n dipinto da
Gieronimo Malici Lucchefe
pittore, huomo di
bello ingegno, Idi boniffimogiuditio. ITALIA COLLE
SVE PROVINCIE E PARTE
DELL'ISOLE. E Come rappresentata
nelle Medaglie di
Commodo,Tito> et ^intonino, ||7
NA belliis. donna
veftita d'habito fontuofo,e
ricco con vn
manto (opra, W fieda
fop: a vn
globo,ha coronata la
tefta di torri,e
di muraglie,có la
deftra temo tiene vn
feettro, ouero vn'aita,che
con l'vno,e con
l'altra vien dimoftratitielle fopradetteMedaglieje con
la finiftra mano
vn cornucopia pieno
di diii a
fi»tti,e oltre ciò
faremo ancorché habbia
fopra la tefta
vna belliflima ftella. Ce
3 Italia 3f+ ITALIA COLLE SVE
PROVINCIE E PARTE DELL’ISOLE. Italia
è vna parte
dell'Europa, &C fu
chiamata prima Hefperia
da Hefpt* Fratello d'atlante,
il quale cacciato
dal fratello, die il nome, et alla
Spagna, airitalia : ouero
fu detta Hefperia
( fecondo Macrobio
lib. i . cap. 2
. )
dalla Aquodfupraì niettiorem,
quodq; alluìt infra +An
ne lacus tantos?
te Lari maxime?
neque Tluclibus>
&fremitu ajjmgens Benace
marino ?
*Anmemoremportus,Lucrinoque addita clauslra *Atque indignatum
magnis slridoribus teqitor Julia
qua Tonto longè
jonatvnda refufo,
Tyrrhenufq;fretis immittitur eflus
auernis ? |Vi fono
ancora non folo
per maggior ricche^a,
&^_ fontuofità diuerfe
mìe j:e di metalli:
ma etiandio varij,&diuerfi marmi, et altre
pietre fine, onde Alette
Vergilio al luogo
nom'nato narratosi fegnendo
j Ha c eadem
argenti riuost oerifq;
metallo, pttendit vcnìsiatque auro
plurima fluxif. €c 4 U S9*
La corona di
torri, et di
muraglie dirnoftra l'ornamento,
e la nobiltà
delle Città, Terre, Caftella, et Ville,
che fono in
quefta rifplendente, et {ingoiai Prouincia, onde
il Poeta nel
2. delia Georgica
hebbe a dire •
tddde tot egregia*
Vrbes, operumque Uborem Tot
congeda manu praruptis
oppidafaxis: Fluminaque
antiquos f'ubter labentia
muros . Lo feettro, ouero
l'hafta, che tiene
con la delira
mano, l'vno, et l'altra nifìcano l'imperio, et il
dominio, che ha
(opra tutte l'altre
nationi, per l'i cellen^a
delle fue rare
virtù non foio dell'
armi : ma
ancora delle lettere
. feiarò molt'altre cofè
dignilfime di tal
lode per non
eflèr lungo :
ma folo terò in
confideratione quello,chc rettifica
fopra di ciò
il noftro più
volte al to Poeta
nel 2. della
Tua Georg* It dementa
acrevirum Marfos* puhemqì
SabeUam ^Aftnetumqì malo Ligurem
f^olfcofq; verutos Extulit : bac Decios
» Marios >
magno fq; Camillo* Scipiadas Amos,
bello, et te
maxime Cafar, Qui nunc
exterms tifiti iam
vìBor in orìs ImbeUem
auertis Bpmanis arcibus Indum* Il
Cornucopia pieno divari)
frutti lignifica la
fertilità maggiore di tu
l'altre Prouincie del
mondo, ritrouandofi in
elfo tutte le
buone qualità elfe che
ha i fuoi
terreni atti a
produrre tutte le
cofe,che fon ncccflànc
all' hurn ufo, come
ben fi vede
per Virgilio nel
meo efimo libro. Sed
ncque Medorumfyluai, dìtìffima
terra, Tfecpulcher
Ganges,atqi auro turbidus
Hermus Laudibus Italia certent
: non Baclra,
ncque Indù Totaq; turiferis
Vancbaiapinguis arenis . £ poco
dipoi . Scd grauidafruges, et Bacchi
mafjìcus humot Jmplcuere: tenentole£q;
armentaq; lata Bine bellator
equus campo fé
fé arduus infert
: Bine albi ditumnegreges
: et maxima
tamus Vittima ifiepe tuo
prò fufifluminej acro
fipmanos ad tempia
Deum duxere triumpbos, Hic ver
ajfiduum, atqi alìenis
menftbus eflast Bis grauidie
pecudes, bis pomis
vtilis arbos . Siede fopra
il Globo (come
dicemmo) per dimoltrare,comel Italia
è Si fa, et Regina
di tutto il
Mondo,come hanno dimollrato
chiaro gli antich mani, et hora
più che mai
il Sommo Pontctìcc
maggiore >& iiipenotea fiuoglia Personaggio, Italia. NEI ter^p
confolato di Adriano
fu in vna
Medaglia d'argento efprefla piedi, con
vn'hafta nella dcftra, et con
il cornucopia nella
11 niltra,fi> me nferifee Adolfo
Occone ab Vrbe
condita 876. Se
bene il ter^o
conlòl 4i Adriano, fecondo
il conto del
Paamno fu dcli'S
7 2. dalla
ediheatione di K ari .
ÌPT a . Si pub
efponcre, che l'Afta,
come (imbolo della
guerra fignjfichi l'I
tali» tllicofa, il cornucopia
la fua fertilità,*
ricchc^a: Alcuni forfè
defidecebbon» lì la figura
di Roma,come capo
d'Italia,& del mondo .
Però dico vna
Donna federe fopra fpoglie,
trofei,e arme di
nemici .dallvna mano
vn baftone,ou«e ifta,dal l'altra
vna ftatuetta della
vittoria alata, che
tiene vna corona
di lauro : orna
felice in vna
medaglia di Adriano.
ne* Donna a federe
nella delira tiene
vn ramo d'alloro,
come vittoriofa, nella
tu ftrà vn nafta,
coèie bcllicofa :
Vn'altra pur d'Adriano.
Donna a federe
col turione, nella delira
vn fulmine, nella finiftra
vn baftone, per
fegno del domiio
d ; tutto il
mondo, con le
parole ROMA FELIX.
Fùancorapprefen* ta R orna
eterna nella medaglia
di Marco Giulio
Filippo Imperadore, fopra.* io
feudo, neila delira
lafolita ftatuetta della 'vittoria, nella
finiftra il baftone: o
feudo eifendo rotondo,
e sferico, pigliati
per fimbolo della
Eterniti : Nella »ed..glia di
Mutio Cordo ftampata
da Fu'uio Orfini,
vedefi in vn
medefimo uerfo Italia,& Roma
infieme, Italia dal
canto deliro col
Caduceo deftro,5^ ;>! cornucopia
nel finiftro braccio «* Roma tonicata
in habito fuccinto,
tiene fotto il
pie deliro vn
globo, nella-* lan finiftra
vn'hafta * et perge
la man delira
alla delira d'
Italia : Hoggidì
i» ma della Torre
di Campidoglio vi
è polla in
piedi la ftatua
di Roma armata, >n
la Croce in
mano, Trofeo, fcettro,arme,& infegna
più nobile, et millerio» di
tutti gli altri,
per la quale
ella è bafe,
fondamento A capo
della Santa Mare Chiefa,
che Romana s'appella . LIGVRIA DONNA magra, di
afpetto virile, et feroce
fopra di vno
fcoglio,o faflbj haueri vna
velie luccinta con
ricamo d'oro in
dolio, vn corfaletto,
óc^ i capo vn'elmo .
Terrà la delira
mano alta, et aperta,
in mezzo della
quale vi rà d
pinto vn'occhio, cV*
con la finiftra
mano porgerà con
bella gratia vn
rato di palma, oc
appreflò al lato
deliro vi farà
vn timone, e
dal finiftro vno
feu0 con due,
ouero con tre
dardi . Liguria, fecondo il
Biondo, è prima
Regione dell*ltaiia dall'
A pennino fin» |!
mar Tofco, et Catone,
Sempronio,& Berofo,
dicono, che la
Liguria pigliaf: tal
nome da Ligufto
figliuolo di Fetonte
Egittio, che venne
in quello luog» à
habitare infieme con
Tuo padre, auanti
che vcnillèro i
Greci d'Attica, 6^ notrio
d'Arcadia . Fu poi
quello luogo chiamato
Genouefato da Genoua
Città p rincipale,
8^ obilillìma di quella
Prouincia . 1 Magra, et fopra
vn fatto fi
dipinge,per ellere la
maggior parte di
quella ProI incia
fterile, ( fecondo
che fcriue il
Biondo ) dicendo,che
li Romani erano
fosti di mandare Ipeilò
Colonie in tante
parti d'Italia, et non
mandarono pure* ; na
a Genoua, ne
in altro luogo
di elfa Prouincia,
temendo, che i
foldati pet \ etta
cagione non vi
potellero habitare . Onde
Strabone nel libro
quinto, feri* IJBil Genouefato
ellèr pollo fra i monti
Apennini, &C checonuiene
a'paefani» ■er taccorre qualche
cola da viuere,^appare i loro faftbfi, et afpri
luoghi, an^i ic^are lì
Luii ^ci accceicere
la colti uà
tìone . Il medefimo
accenna CICERONE (vedasi)
T'9 LI GVRIA. in "Yn'oratione contra
Rullo, dicendo. Ligures montani,
duri, et agreBes. La
"vede col ricamo
doro dmota la
copia grande de*
danari, oro, arg« e
altre ricchc^e infìnite,di
che abbondano queftì
Popoli, li quali
con induftiu e valore
hanno in diuerfì
tempi acquiftate, e
tutta via l'augumentano
in infuri* trxome Giouan
Maria Cataneo nella
Tua Genoua ampi mente
ne fai uè. i
ien* con la
ììniftra mano il
ramo della palma,per
dimoftrare,che non feonore ricene
ogn'anno da quefta
pianta quefta Prouincia,
poiché de i fuc
candidi rami il Sommo Pontefice
nella Quadragefima benedifee,
Se dìftribui* /ce con
molta *veneratione a
tutti gi'Illu'hiilimi Signoii
Cardinali,a PieJati,areua che
foflero a punto
nati quefti huomini,per
trattenere li Romani
nella.» nilitia, che fpeffo
con ingegno bifognaua
eflere con loro
alle mani, et che non
;ra Prouincia più
atta a fare,
che i Soldati
Romani diueniffero forti, et animofi li
quefta, per le
difficoltà de* luoghi
fra quelle afpre
montagne, doue era
necefario affai irgli,
come anco per
la deftre^a, et coraggio
de i detti,
che non datano tempo
a i Romani
di ripo(àre,iI qual
valore fé bene
in quei tempi
moftraono, fecondo Liuio,
&, altri grauiflìmi auttori,
nondimeno ogni giorno
su .naggiori imprefè fi
fono efpofti, da'
quali han riportata
gIoria,6c~ honore ; fra
[pali imprese non
tacerò quella "Vittoria, che
Biagio Afareto hebbe
contro Alonfo Ré
di dragona, il
quale fi refe
prigione in mano
di lacomo Giuftinian» lelli Signori
deli'lfola di Scio,
*Vno delli capi
dell'Armata, effendo chiariflìma a
fama del fuo
grande valore . Similmente
in quefta gloriola
Vittoria fu pref© Siouanni Rè dì Nauarra, et l'infante
Henrico fuo fratello,
come per THiftoric 1 1 Napoli
fi vede,e nel
Compendio di effe
del Collenuccio nel
lib.6\fog. 1 2 8. Tralafcierò di
dire mole' altre
marauigliofè imprefe,con l'interuento
di tanti -aualieri, et Capitani famofi,che
in diuerfi tempi
fono ftati, ó^
hanno fatti {loriofi acquifti
per i lor
Signori . Il timone s
che fé le
dipinge a canto
cosV ne lignifica
Cottimo gouerno deljla
nobiliflima Republica di
quefta Prouincia, come
anco il maneggio
della na-» juigatione, che
per effer quefto
paefe marittimo con
(ingoiar maeftria fi
efercita « diuerfi vfi,
così di pace*
come di guerra,
per hauer hauuti, et hauendo
ancora hoggi huomini famofiftimi, li
quali han comandato
in mare, et comandano tuttauia «
Gi Cardinali, fi^,
Papi, come fono
Innocenzo II Adriano V.
Nicolò V.Sifto I V.
Innocentio IX. et Giulio
1 1. Molto più fi
potrebbe dire, che
per non efTere
troppo prolido traIafcio,e( Ào quella
(ingoiar iffim a prouincia degna
di molto maggior
lode della mia, TOSCANA bellissima donna
di ricchi panni
veftita,fopra de' quali hauer '
manto del Gran
Ducato di velluto
rollò foderato di
armellini, in hauerà la
corona del Gran
Duca, l'habito di
fotto al manto
farà limile ad vi
micio bianco di
lino iettili/lìmo, dalla
parte fìnirtra vi
faranno diuer/è ari l'Arno
fiume, cioè vn
vecchio con barba,
e capelli lunghi, et che
giacendo pofato con vn
gomito (òpra vn'vrna,
della quale efea
acqua, hauerj il
detto fi' me cinto
il capo di
"vna ghirlanda di
faggio, &C * canto
vi farà a
giacer vn ie ne,&
dalla delira vi
farà vn'ara all'antica,
fopra la quale
vi farà il
fuoco, et i torno
a detta ara
vi faranno (colpiti
1' Vrceo,la Patera, et il
Lituo verga augur le,
in mezzo fiano
vari), e diuerii
inftromentifacerdotali,
fecondo il falfo,
ó( antico vfo de'
Gentili,e con la
finiftra mano tenga
con bella grada
"vn gig toflb»&vn libro. Molti
nomi ha hauuti
quella Prouinciasvno de* quali
fu Tirennia, come
na ì fa Berofo
Caldeo nel libro
i . dell' antichità, et Trogo
nei 2. dicendo
efTer ft nominato così
quello paefè da
Tirreno figliuolo di
Atio, il quale
per qu narra Strabene
lìb."). diccene dell'Idia
mandò quiui habitatorì,percioche, vno discendente
di Heicole,-& di
Omfale, effendo dalla
fame, et careftia
i j^ato mandar fuori
parte del fuo
Popolo, tratte le
forti, 6^ dando
a Tirrei maggior parte
delle genti il
màdò fuori, ondagli
venuto in quello
paefe le nò Tirrenia .
Fu poi da'
Romani » fecondo
Dionifio Micarnafleo, chian Etruriadairintelligen^a,& efperien^a
del minilìrareil culto
diuìno, nelqi] vinceuano tutte
1 altre nationi
; onde quelli
popoli erano perciò
in tanta ' apprettò
li Romani, che (
come dice Dionifio
infieme con Liuio
) mandai loro figliuoli
in quella prouincia
ad imparare non
folo lettere: ma
anco li mi, et la
Religione . Al fine
pigliò il nome
di Tufcia, o
di Tofcana, ( fei
ffefto Pompeo )
da Torco lor
primo Rè, figliuolo
d'Hercole, et d'Araflà,
▼enne quiui dalle
parte del Tanai,
e fu creato
Cofito dalli Gianigeni,& pò f
ù pofeia confirmato
quello nome per
l'eccellenza del modo
di facrificare 1 viauano
quelli popoli, come
riabbiamo detto, et di
ciò fa finendone
Piir Rbroj.cap. J. Iella 'fcì
Bella fi
dipinge, percioche quefta
nobiliffima Prouincia,gioia d'Italia;
è ìuciiflìma,& vaghiflima
per hauer quella
tutte le doti
di natura, èC
arte, che fi io
defiderare, come di
Cielo benigniffimo,di falubrità
d'aerc3di fertilità di ter
per efler abbondante
di Mari, Porti.Fiumi,
Fcnti,Giardini, ben piena
di Citcelebri,& grandi,
c\T di fontuofìffimi
edifitij, così publici,
come priuati,e di numerabili
ricche^e, 8C per
eiler feconda di
pellegrini ingegni in
egni ar-, in
ogni ftudio, e
faenza, così di
guerra,come di pace
famofì . L'habito, e corona
del Gran Ducato,
è per denotare
quefta celebre Prouin12
con quella prerogatiua,
che più Tadorna,
hauendo la Sereniflìma
Cafa de* edici non
meno con opere
gloriofè, che con
famofì titoli, &iniìeme
oino odo illuftrata la
Tofcana, percioche a
chi non fono
noti li nomi,
àC attioni ^egie, et heroiche
de i Lorenzi,
de i Cofmì,
e de* loro
digmilìmi SuccelTori, r lo
valore, e grande^a^de'
quali le più
illuftri,e Regali cafe
dei mondo hani
voluto hauer con
e ili confànguinità, et affinità
. Il giglio roflo,fe
gli fa tenere
in mano per
meglio denotare quefta
Prouincia, n l'infegna della
più principal Città,che
è Metropoli, e
gcuernatrice quafi dì tra
ia 1 ofeana . Il
libro ne denota,
che quefta nobiliflìma
Prouincia è molto
feconda d'huoni letterati,
èV in tutte
le feien^e,' tenendo
ella fola aperti
tre celebri Studi), >è
di Perugia, di
Siena, e Pifà. L'habito bianco,
che detta figura
tiene iòtto >
lignifica la lealtà
de' coftu-, purità
di mente, fiede
lincerà conforme a quanto d'abafio
fi dirà della* ligione . ÌGli fi
mette a canto
l'Arno, come fiume
principale, che patta
per mezzo Tona,
e da elfo
ne riceue molti
commodi, et vtili,
come fi potrà
vedere nella-» crittione al
fuo luogo di
detto fiume. '• Le
armi, che gli
fono a lato,
dimoftrano, che nella
Tofcana vi fono, et fono
I :i fempre huomini
nella profeflìonc dell'armi
illuftri, e famofì,
tra' quali non l:iarb
di dire in
particolare de i
Luccefi, come huomini
valorofiflìmi, et in» ti
itti in tal
profeflìone . Onde in
particolare, et in
vniuerfale in tutta
la Prol'eia di
maggior lode fon
degni, che della
mia . ! L'ara a
l'antica con il
fuoco, et gli
fopradetti inftrumenti è
legno di quella-* I
"a Religione verfo
gli antichi De,
tanto celebri nella
Tofcana, che fòla
ne te!ia cathedra,
8c*~ f co la,
ouc i Romani
con tutto il
Latio veniuanoad imparae
cerimonie, et i
riti, 8c i
dottori di ella
erano in tanto
credito, OC veneraI
ie, che il
Senato, e Popolo
Romano nelle graui
difficultà de* publici
maneg| nell'euenti,^ accidenti
delle cofe richiedeua
il lor configlìo,cV
interpreI one circa
la legge de
loro profani Dei
j onde fi
fa chiaro, che
a tutti i
tempi I ita grande
la pietà, et Religione
di quefto popolo . Teggiafi anco
nel tempo del
'vero culto di
Chrifto Noftro Signore,
che è U quefta
Prouincia fa mofa,5^
celebre per molti
Santi, che vi
fono flati htafei corpi
de* quali nella
famofa, 6^ antica
Città di Lucca
'vifibilmenJ oggi fi
'vedono fen^a gli
altroché di altre
Città di detta
Prouincia fi potreb ^o
raccontare, è umilmente
famofa per moki
gran Prelati di
Santa Chiefa, liquali li
quali non làfalfa:
ma la vera
Religione fèguendo fono
ftati fpecchiol& t pio
di carità, bontà.
Se di tutte
l'altre -virtù morali,
e Chriftiane ; et pure h
gi ve
né fono tali
> che di
molto maggior lode
fon degni, che
non può dar le
la mia
lingua, percioche chi
potri mai dire
a baftan^a le
lodi, Se heroiche tu
dcirilluftriilìmo Frartcefco Maria
Cardinal del Monte,
non meno da ammiratole
riuerito per la'tiiaefti
del Cardinalato, che
per le qualità
R della fua per
fona, che ben
Io dimortrana difeefo,
come egli e,
da vna dell più
nobili ftirpi del
mondo. Ma non
(blo quella nobil
Prouincia ha in
S. Ch fa hauuti
membri principali, ma
vi fon ftati
i capi fteffi
di valore, Se
bontà i comparabile* come
fu Lino, che
meritò di fuccedere
immediatamente al Pr cipe
delli Apoftoli nel
gouerno di S.
Chiefa, il quale
fu huomo Toicano
> fanta vita^che diede
grandiilimo nome a
quella Regione * Sono
più i fecondo
i feguenti tempi
ftati altri, et per
fantità, e dottrina, eccellenti attieni
molto fegnalati, iquali
per breuiti fi
tralafciano : ma n
può già
pretermettere ilgrarì Leone
Primo * percioche
chi di quello
nome ammirerà la iantità* et la
profonda dottrina,pure ne
gli fcritti fuoi
lafcia 6: come al
nome, il coraggio,
Se autorità in
lui molto ben
corrifpofe,perci con la prefen^a,
Se femplice parola
fpauentò, S perciochc
gli Vmbri fonò
popoli anhifluBi d
Italia, come attefta
Plinio hbj, cap.
14. intanto, che
per moftraìe ntichita grande
di effa alcuni
b.nno detto de
gli Vmbri quello,
che credeu*1 Yr5"
fauol°ramentc> come fi è detto
di fopra . Bene
è vero, che l'
Vmbria nuchiHima, come dice
Plinio nel luogo
di fopra citato,
&C altri autori
£ Dpertio luo alunno
nella prima elegia
nei quarto libro. tfmbrìa te
notìs antiqua penatibus
eàìt, Mantuano Poeta umilmente . nemorandefenex, quo
fé vetus ombria
tantum iafiat . Si fa 404 Si
fa con Telmo
in tefta, pcrcioche
gli Vmbri furono
molti potenti, et forni dabili
nel!' armi, intanto
che, come dice
Tito Liuio nel
libr. o. minacciauan Roma,ancorche trionfante,difpofti di
volerla prendere, il
che viene anco
affei mato da Giouanni
Boterò nel primo
libro delle Aie
Relationi Vniuerfali, dicer dot
che gli Vmbri
fono popoli de*
più guerrieri d'Italia,
di ciò fa
fede anco Vii gilio
nel 7. óknìjque
fub *Aftt Qua latera
excelfi leuofacit ardua
cornu ? Hinc Èrebi
excidioregnis narrare folfbat
Venturum Heroem . Softiene con
la deftra mano
vn tempio rifplendente,
percioche nell' Vr fon
due gran capi
di Religioni delle
maggiori,che fian'al mondo,l'vno
de' antiqua penatibm
edit. Le£ DI TOSCANA. Le fi
dipinge appretto l'horribil
calcata del Iago
Velino, hora detto
Pie di :o, come
cola, non folo
in quefta prouincia
notabile : ma
anco in tutta
Itacerche è tale
la quantità delinqua, et il
precipitio3nel qual impetuofamencafea, che
lo ftrepito, &C
percofla d'ella fi
/ènte rimbombando per
fpatio di . miglia,
dando a* riguardanti
marauiglia, e fpauento, et per
la continua eledone de' 'Vapori cagionati
dalia gran conculììon
dell'acqua refìettcndofi i L'gi
del Sole, vien
a formarli "vn'Arco
ce'efte da' Latini
chiamato Iris. Onde fnio
nel lib 2.cap.
quanto' perche è in
mezzo dell' Italia,
come aj Cora lo defcriue
Vergilio nel 7.
dell'Eneide. EH locus Italia
in medio fub montibus altis . 'Nobilis, et famamutiis'memoratus in
oris •Amfancli pallet •,denfisbuncfrondibus antrum Vrget
vtrimque latusnem&ns >
mèdioq; fragofos Datfonitumfaxis,
et torio
vertice torrens. Hicfpécué. horyendum
', &fauifpir acuta Ditis MonHràntur, r'uptoq;
ingens Acheronte voràgo
J \ 407 rLATIO. I deue
hauer intorno colli,
de^ pianure, per
dimoftrare la Natura
del Iuoi|;flèndo dotata
rVmbria di "Valli,
colli, e piani
bellifllmi . Onde Silio
Ica* nel lib. 6.
de bel. pun.
diflè . Cottes vmbros, atq\
arua petebat jlnmbal excelfofummum
qua vertice montis Deuexum Uteri
pendetTudert atq;vbilatis
Torretta in campis
nebulas exalat ìntrtes, Etfedet ingentem
pafceus Meuania Taurum
D ona louh LATIO . j" EDRASSI
per il Latio
l'antico Saturno, cioè*vn*
huomo con barba longa,
folta,e canuta, fedendo
in vna grotta,
tenendo in mano
la falce, fa la
detta grotta fi
rapprefenta vna donna
a federe fopra
d'"\n mucchio di mifearmi,
&^ armadure. Terrà
in cs pò vn
celatone guarnito in
cima di di penne,
5^ nella finiftra
mano vna corona,
ouero *vn ramo
di lauro, Si D et regnis exul
ademptU . Jsgenus indocile, ac
dijperfum montibus altis Compofuit ;
legefque dedit, Latiumq;
vocari Maluit ; bis
quoniam latuiffet tutus
in oris • Ed
Ouidio nel-primo de'
Farti * Caufa ratisfuperesl
: Tufcum rate
verni in amnem ^A.nte pererratofalcifer orbe
Deus . Hac ego Saturnum
memini tellure receptum
i Ccslitìbus regnìs à
ione pulfus erat . Jnde
diu genti manftt
Saturnia nome» t Ditta
quoque eìì Latium
terra latente De9 \ *vìen
defcitto, da effà
denominatole gli attribuifce
la detta falce,
perche d >no
alcuni, che egli
fu l'inuentore, che
la trouò mentre
infegnò a gli
habitid d*Italia, e*l coltiuare
de' campile di
fare il raccolto
del grano,e di
tutte le bi;e. •^Icri
dicono, che queft'arme
li fu data
dalla madre, quando
fu contro del »•
dre, et fi
mode a liberare
i fratelli di
prigionìa, et che
con elfo caftrò
Ciefc >■ ine racconta
Apollonio nel quarto
lib. delli Argonauti* Per la
donna fedente fopra
della grotta fi
moftra Roma, laquale
etiendoÉ (ta fui Latio
* non folo
come cofa famofiilìma
fingularmente dichiara qi'to paefe,
ma li fa
commune tutto il
fuo fplendore, et la
fua gloria, oltre
enei altro vi (U
bene la detta
figura,percioche Roma anticamere
hebbe nome Sj» »ia,ikhe
dimoftra Ouid.nel Saturni
fori ego prima
fui* +4 pa tre ditta,
meo quondam Saturnia
Roma e/? Hec UH
à calo proxima
terra fuit . Si torus
infretio esl, dicor
Matrona Tonanth luntlaque Tarpeiofunt
mea Tempia Ioni . Nella
guifa » che fi
è detto fi
rapprefenta Roma, coméhoggi
di lei fi
' ; *Vna nobilifHma
ftatua di marmo
antica negl'horti d^ìi
iUtuiifimi Sifò Celi nel
Vaticano* Ilrar» Il ramo ilei
lauro,ouero la corona
del medefimo, oltre
il fuo lignificato, che vittoriofa, et trionfi,
che per fegno
di ciò fi
rapprefenta fopra 1
armi già deee,denota
anco la copia
di lauri, di
che abbonda quella
Proumcia, et quello, he
Plinio narra nel
lib. 1 5. al «P
3° cioè> che fu vn
A^lla? ^SW hauendo_ apita *vna
gallina bianca, che
haueua in bocca
vn ramufcello di
lauro carco di cacche,
la lafsò cadere
falua nel grembo
di Liuia Drufilla,la
qual fu poi
moglie ii Aueu(to,fopra*l qual
fatto richiefti gl'indouini,rifpofero,che fi
doueflero coeruar la
gallina, et i
polli, che di
lei nafeeflero . Che
il ramo fi
piantafle, il che (Tendo
fatto nella villa
di Cefare prelfo
il Teuere, ne
crebbe di quefta
forte di tlberi vnagran
felua, della quale
trionfando poi gi'Imperadon
portauancvn lamo in mano, et vna
corona in tefta .
isti Ne fiì folamente
la detta felua,
che in altri
luoghi fé ne
fecero molt altre,
che >no durate molto
tempo, et fin*hora
fi vede, che
in quefta regione
vi è magior
copia di lauri,
che in qualfiuoglia
altra Prouincia d'Italia . CAMPAGNA FELICE, euero Terra
di lauoro, DIPINGESI questa felice provincia in
vn florido campo
con la figura di
Bacco, et di
Cerere, li quali
ftiano in atto
fiero di fare
alla lotta, 6^ ìe
non fi difeerna
auantaggìo di foi^a
più in vno,
che nell'altra . »|
Hauetà Bacco in
capo vna ghirlanda
di *vite, con
pampani,& vuea& Cerere irimente hauerà
vna ghirlanda di
fpighe di grano . Dalla
parte di Bacco
faranno olmi grandinimi
con verdeggianti viti,
che fatano fino alla
cima di elfi
arbori cariche di
'■vue, et per
più '■vagherà 'yì d
ttà anco
mettere a canto
vna tigre, come
animale dedicato a
Bacco, ÓV~ dal* Uro
lato di Cerere
vna campagna di
alti, et fpigati
grani, et vna
gran ferpe» dicato animale
Cerere. Felice veramente fi
può chiamare quefta
Prouincia, poiché ella
abbonda di olti beni,
dc^ ipecialmente di
quelli, che fono
alla natura humana
neceftarij, ie il pane, et il
vino. E venendo
in cognitione i
Greci antichi della
felicità uefta fertililTìma Prouincia
con appropriata, &CT
gioconda fauola finfero,coracconta Plinio
nel libiche quefta
campagna fofle lo
(leccato doue di
conuo combattano Cerere,e
Bacco alla lotta,
per dimoftrare, che
Cerere in pror
grani non ceda
alla feconditi di
Bacco in produr
'vini, et altrefi
Bacco, anegli non
ceda all'abbondanza di
Cerere, in produr
grani j doue
che per que1
rifla è tanta
la fertilità dell' vna,
e dell' altro,
che dal tempo
de' Greci infino *ra
danno combattendo, non
effondo ancora neflun
di efli ftracchi,
ne che_^ *E>lia cedere
per honor del
lor frutto per
vtilità del genere
humano,ne lafciano cnpo di
poter dare giuditio
qual di eifa
fia più forte, et valoroia . Campagna Felice,
ouero Terra di
Lauoro . Ij) Er far
diueria pittura di
quefta Prouincia, rapprefentaremo vna
bella, SC gratiofa
giouane in luogo
ameno, con ghirlanda
in capo tefluta
di "varij ■•'», 8c con vefte
di color verde,
parimente dipinta a
fiori di diueifi
colori. Dd 3 Sotto 4ii CAMPAGNA
FELÌCE, ÒVERO TERRA
DI LAVORO; Sotto 11
bràccio deftro tenga
vn fafcio di
fpighe di grano, et con
la finiftii mano con
bella grada vna
"verdeggiante vite,la qual
moftri di eflcre
fecondi! ma del fuo
frutto,& a canto
vi fia vna
fpelonca, dalla quale
efca,fumo,e acq> Fu da
Plinio nel 5.
libr. nominata quefta
Prouincia, Campagna felice,
di felice produttione de'
frutti, i quali
d'eflà abbondeuolmente fi
cauano . Al fine fu
detta terra di
lauoro dall' ageuole^a di
lauorare quefto paefe> la
qual coltura » et lauorare
facilmente s'apparecchia a
riceuere la fcm però
anco fu chiamata
campi laborini . Altri dicono
> che pigliaiTe
nome di terra
di lauoro per
elTer molto fruttife fi
come diceftero ella
è buona quefta
terra da lauorare,
perche non fi pe
l'opera > ne
la fatica . Fu" anco
nominata così quefta
Prouincia dalla fatica,
taquale riebbero gli tichi
a conquiderla, &C
poi a ritenerla
foggetta, come narra
Liuio. Bella, gratiofa, veftila
nella guifa, che
dicemmo» e con
la ghirlanda di fic
di DI CESaAKB %l
P A) #14 ipinge acciòche
fi conofca, come
la Natura ha
uoluto rnoftrare quanto
quefta rouincia fia amena, et fruttifera, et data
occasione a gli
antichi ( come
riferire Plinio nel libro
ter^O ) di
chiamare quefta Regione
Campagna felice, poihe
quiui è aria
temperata con tanta
dolce^a, che molti
imperadori, et Senabri
Romani infaftiditi del
mondo "vi fi
fono ritirati à
più tranquilla vita,
5^ fiaffime a Popoli, et a Baia,&f\fimilmente fecero
altri grandi huomini per lecuparfi nelli
ftudij delle lettereìtra'quali fu
Virgilio eccellente Poeta,Tito
Liio, Orario, Claudiano, et Francefco
Petrarca molto amico
di Roberto Rè di
lapoli, onde fopra
di ciò così
dice Silio Italico
„ {une molles&bi ritHs}atq;hofpita Mufis
Otia,& exemptu curps
grauiorìbus euu, £ non
folo quiui è,
come riabbiamo detto,
aria così perfetta
: ma *vi
fi duoino tutte
le deli tic
per lj piaceri, et -vtili
de gli huomini,
elTendo che da
ogni to fi -vede
la diuerfità de
i frutti, e
quello, che maggiormente
importa, copia •andiflìma di grani,
e vini, e
che per tal
lignificato fi rapprefenta
con il falcio :lle
Ipighe di grano, et con
la 'verdeggiante, e
feconda vite carica
di *vue; ont
Martiale nel primo
libro de' fuoi
epigrammi fpecialmente parlando
del mon t Vefuuio
luogo compreio in
quefta parte, così
dice . Hic eH pampineisì
viridi* modo Vefuius
t>mbris \ Trejferat hic
madidos nobili* vua
lacm, H&c iuga quàm
llifa còUes}plm Baccus
amauit Hoc nuperSatyri monte
dederechoros ; Hac Generis
fedestLacedamonegratior 2 Hi Hic
locus Herculeo nomine
clarus erat : Cuncla
ìacent flammis : et trifti
merfa fauilla: T^ec fuperi
vellent hoc licuiffe
[ibi, La cauerna,della quale
efee, e fumo, et acqua,
dimoftra i faluberrimi
bagni nto nominati di
quefta Prouincia,i quali
fono molti, fé bene
vn folo fi
rappresa, et per la
parte fi deue
intender il tu eco
. y CALABRIA DONNA di carnagione
foYca ~veftita di
color rodo, in
capo hauerà vna -^
bella ghirlanda di
fronde d'ornello fpai fé
di manna, con
la deftra mano ivi
vn cornucopia pieno
d'~vue di diuerfe
fpetie binnehf, e nere, con
la fini-' amano tenga
vn ramo di
gineftra carico di
bocciuoli di feta, et *\n
ramo di mbagio con
'e foglie,e frutto,
e per terra
vi (la anco
vn fsfeio di
canne mele . Il nome
di CaLbria, pare
che fia voce
Greta,il quale habbia
riceuuto quefto ^e da
Greci, che l'hanno
hib;tato, perciccheeilcndo ncn
e comporto da,, ios, et Bnjo
(delle quali voci
l'vna lignifica buorio,
&f l'altra featurire)
(Ì fne a lodare
con tal nome
quefta Prouincia, efifendo
che in ella
fi tioua il
fonti TtlÀ ni ' lì chc
confcrma Piec™ Razzano,
OC FrancVco Bedinghicri jtia iua
Geografia, nelli fuoi
verfi,che cofi dicono
. Calabria è detta
nel prefente giorno, \'- E
fignifìca il nome,
che produce Le cofe
buone, e con
copiojo corno . Dd 4
Etim #&. Calabria; Et in
vero quello paefe
è molto fruttifero,
pieno dì opportuni
monti, d'ap ; chi colii,
Se dì amrniflìme
valli : ma
quel, che più
importaci è aria
perfetti/» ma, che rende
gratinimi quei beni,che
la Natura produce, li
color fofro della
carnagione, 8cT Thabito
rollò dinotano l'operationi
ri,ftari la detta
figura in atto
di ballare, hauerà
in capo vna
bella ghirlanda di [iuo
con il Tuo
frutto, et con
la deftra mano
terrà con bella
gratia vn rrìa^o
di >ighe di grano,
e vn ramo
di mandolo con
foglie, efrutti, haucri
da vna par-; :
vna Cicogna, che
habbia vna ferpe
in bocca, et da
l'altra diuerfi inftromenda
fonare 1 et in
particolare vn tamburino, et 'vn
piffaro . Fu da gli
antichi chiamata quella
Prouincia Apulia da
Apulo antichilUmo i di
quefto luogo, che
quiui venne ad
habitare molto tempo
auanti la guere
di Troia-/. Dipinge!! di
carnagione adufta, e
veftita di fottìi
velo, per dimostrare
il gran alore, OC
ficchà, che nella
Puglia per lo
più fi tiuoUa,
per la qual
cofa fu coTetto
Oratio a dire
nell'Ode 3, epodon:
Siticulofie Apuliae, nominandola
così iena di Zète, et parimente
Perfio nella 1.
Satira . lS(ec lingua quantum fitìat canis,
^Appula tantum : Le
tarantole fopra il
'veftimento, e macchiate
di diuerfi colori
fi rapprendano, come
animali notiflìmi, e
vnichi a quella
Prouincia, come anco
per dinoftrare (
fecondo che rifeiifce
il Mattiolo fopra
Diofcoride nel libr.
2. ) la
dilerfità del lor
veneno ; percioche
mordendo elle alcuno
ne fuccedono diuerfi, k
ftrani accidenti 5
alcuni cantano, alcuni
ridono, alcuni piangono,
chi grida, :hi dorme,
chi vaglia, chi
faka, chi trema,
chi fnda, et chi
patifee altri diuerfi iccidenti, et fanno
pa^ie, cerne fé
follerò fpiritati, et ciò
da altro non
proce* le, fé non
dalle diuerfe nature
sì di quefti
animali, come ancora
di quelli, che òno
da eflì morficati, et anco
fecondo i giorni,
e l'hore. La diuerfità
degli infttomenti da
fonare, dimoftra, che
il veleno di
quefti animali ( come
narra il Mattiolo
nel luogo fopradetto)
vniuerfalmente fi miti» [;a,& fi
vince con la
mufica de' filoni, et però
fi coftumadifar fèmpre
fonare» |lì,& notte, finche
rcfFefo fia fanato>
imperoche il lungo
fuono,& il lungo
baiare ( che perciò
fi rapprefenta quefta figura,
ftia in atto
di ballare )
prouocando ti fudore gagliardamente vince
alfine la maligniti
del veleno,& ancorché
li detti inftrumenti per
ogni parte fi
coftumino
"volontariamente per gufto,
&C dilettati one, nondimeno
in quefta Prouincia
fi adoprano, non
folo a quefto
fine, |na per necedìta,
come fi è
detto. Le fi dipinge
a canto la
Cicogna con la
ferpe in bocca,
perche quefto animain
niun'altra parte dell'Italia
U il nido,
che in quefta,
onde fi dice
ellsrui pea della
vita a chi
ammala le Cicogne,
per il beneficio
9 che eflè
apportano on il tenere
netto il paelc
dalle ierpì . Lt +*+ PVGLIA. Le fpighe
del grano, la
ghirlanda dell' ~vliuo,& il
ramo del mandorlo
ne d: moftrano, come
in quella Prouincia
vi è tanta
abbondanza di grano,or^o,olio mandorle, che facendo
paragone di elfa
prouincia al refto
d'Italia, fi può
dire che etfa ne
proueda più rì'cgn'altra,
deue, che non
(blamente quefta regione «e
ha quantità per
fé, ma ne
abbonda per molti
altri luoghi ancora . ABRVZZO DONNA di
afpetro virile 5 et robufto
veftita di color
verde, che (land in
luogo erto, et montuofo
con la delira
mano tenga'vn'aira, et con 1
finiftra porga con
bella gratia vna
ceftella piena di
^afFaiano, et appreflò
lei d vn de
i lati fia *vn belliltimo
cauallo. 1 Popoli di
quefta Prouincia anticamente
fi chiamarono Sanniti,
Caraceni Peligni> Marucini, Prccutini>
Veftini, Irpini, &i
altri nomi, fecondo
il ucghi,tto il vocabulo
di manierarne quella
denominatane fcambieuolmente è
fta1 fuccefla a
quella de1 Sanniti,
e fatta vniuer iale,
Cóme ella a
tutto il paefe . Si
dipinge donna in
luogo erto, SC
montuofo ; per
eflere quefta Prouincia 3sì
fatta. Si fa medita
di color verde
* et di
afpetto virile, Se
robufto, percioche, come ice
Plinio nel libro
terzo, che gli
huomini habitanti ne'
monti fono vigorofi, Dbufti, et più
forti di queglij
che habitano luoghi
piani, tfercitando più
quelli, corpo, che
non fanno quelli
* E perche produce
quefta Regione, grandiflima
quantità di zafferano,
del ) uale non
folo ne participa
tutta l'Italia,ma molti
altri paeiì ancora,
fi rappreInta, che
porga la bella
cella piena di
quefti frutti . j Il
belliflìmo cauallo, che
le (la appretta, denota igenerofi,
e molto nominiti caualli di
Regno, de4 quali
de* più forti
fono in quello
paefe,per la già
detj \ cagione
del (ito, fé
bene per la
belle^a, SC grande^a
di corpo ve
ne fono il Calabria,e
in Puglia di
molta ftima, maffime
quelli della ra^a
del Re, del Hrencipe
di Bifignano, 6^
altri, Sta anche bene
il cauallo a
quefta Prouincia, percioche
elfendo animale di a
natura generofo >
SC^ feruendo al
fatto della guerra,
fi attribuisce a'
Santi huomini bellieofi,, che
( come appretto
fi dirà )
fletterò à fronte
più volte-» n l'efercitió
de* Romani . L'hafta*che tien
con là deftra
mano,è per lignificato
del lor propìo
nome, fiificando (
come dice Fello
) la voce
Greca Sannia hafta . Oltre
di ciò l'hafta
le fi conuiene
in fegno della
virtù, cV del
grande valore.} jercioche i
Sanniti cominciando a
fare conto della
virtù, Se fra
di loro delle-» jerfone vktuofe,
in tutti gli
atti ciuili, come
di pace, così
di guerra honorajano
quelli, et diuennero
tanto Coraggiofi, che
ardirono di farli
foggetti tutti li conuicinì
Popoli » feotrendo gran
paefi, Se di
farli inimici i
Romani, a* quali come
dice Strabòne nel
luogo citato )
fecero più volte
veder la proua
del loro ìalore. La
prima volta fu
quando mollerò la
guerra. La feconda
quando fu • mo
in lega con
efib loro. La
ter^a quando cercarono
d'eflere liberi, et Cittatini
Romani, e non
lo potendo ottenere
mancarono dell'ara icitia
de' Romani, ■^ fé
ne accefe laguerra
chiamata Marfica > la quale
durò due anni,
Se finalmente ottennero d'eilèr
fatti partecipi di
quello, che defiderauano . MARCA. ? I
dipinge in forma
di vna donna
bella, SC di
virile afpetto, che
con la de-,
J lira mano
fi appoggi ad
vna targa attrauerfata
d'arme d'hafta,con l'elmo
in i»po, et per
cimiero vn pico, et con
la finiftra mano
tenga vn ma^p
di fpighe li grano,
in atto di
porgerle, Se appretto
a lei Vi
farà vn cane, I
Si rapprefenta bella
per la vagherà
della Prouincia molto
bene diftinta dal\
natura in valli,
colli, piani, riui,
oc fiumi, cheper
tutto l'irrigano, Se la renono oltre
modo vaga, et beila. "
* Si abrvzzo; Si
dipìnge di vivile
afpettocon vna mano
appoggiata alla targa,
cV altre irani}
per moftrare li
buoni foldati>che d'eflà
Prouìncia efeono . Le (ì
li mette per
cimiero il pico
arme di quefta
regione, eflèndo che
Slpicc cello di Marte
fuffe guidato, tC
andaftì auanti le
legioni de* Sabini»
e quelle. nella Marca
conducete ad eflère
colonia di quella
Prouincia, et per
quefto fi detto a
tempo de' Romani
la Marca, Ager Picenus >
come affai ben
deferii* in vn breue
elogio il Signor
Ifidoro Rubcrti nella
bel li dima, et marauìgliofi. Galleria di
Paiamo nel Vaticano
fatta fa r
da Papa Gregorio
XIII. di fcliciili ma
memoria, nella qual
fu di molto
aiuto il Reuerendiflìmo Padre
Ignatit Danti Perugino, et Vefcouo
d'^latri, che n'hebbe
fuprema cura da
fua Bea tndine, c¥"
l'elogio fu quefto
. *AgérTicenus >ager diftus
eft propter fertilitatem,
Vicenus a Vico
Martis W S traboni placet,
nam annona, et militibus
abundat,t}uibksf et inficine
fegni di notabd
fedeltà, ne i
maggior bifogni loro, et della
Chrifttanici, contro i
Turchie gli Eretici ;8c
a tempo de'
Romani intichi
fpetialmentefecero,quando
congiurando contro di
elfi gran parte
del* ile Colonie d'Italia
gli modero guerra
folo li Marchegiani,
de' quali i
Fermani «(torno in fede, et combatterono
in lor feru-igio
; onde queda
prouincia, ó\T* quella Citt*}
ne acquiftò lode
di fedele, Se
per loro gloria
ne i luoghi
publici vi prede fcritto.
Virmum firma fides'RQM.inorMn Colonia,
Onde ragioncuol-: imente fc
li è merlo
a canto il
cane,per dimoftrar-s la
fede tà loro
j Oltre di ciò
Iper dimostrare, che
in quefta prouincia
vi fono cani
di gran ftirna,e
bontà,e di «ffi ne
vanno per tutta
l'Italia, e ritornando
al va!ore,e fedekà
di quelli foldati, jfi
dimoftea da Velieio
Patcrculo quando die-',
e he Pompeo
armò per 1
a Repu » blica
numero gràdiffimo di
gcr.ee: ma clisjn
Cohorte Tkena plurhnu cefidebat, A tempi +i*
A* tempi più
moderni, quando Papa
Clemente V 1 1. fi
tronanaaiTediaro Cartello S. Angelo
dalli Sp2£nuoIi, et daiTedefchi,
i Marchegiani quafi
pop larmente s'inuiorono. alla
volta di Roma,
de i quali
fpingen,dofi alianti il Co»
te Nicolo; Mauri tio da
Tolentino con alquanti
caualli, e con
effo Tullio Ruber ti,
fi ritrouarono a
cauarlo di Cartello,
quando fi andò
a fàluate ad Oruieto.
;R0MAGNA.DONNA con bella
ghirlanda in capo
di lino con
fé fueibglie.,e fiori di
nibbi a: con
la deftra mano.terri
vn ramo di
pino con il
frutto, &i la finiftrapanocchie dimiglio, di
panico, dtbacelljsdi faue,e
df fagJuoTi . Hebbe quefta
Prouinciadiueth nomi, vno
de' quali fu
Flamminia, et che habbia
ottenuto quefto nome
dalla via Salicata, et raffrettata
da C; IJ| nio
Confole Romano, come
narra Strabone nel
Kbr. 5. et V.
Liuio nel 9. guerre
de* Macedoni,dicendo,che Flaminio
hauendo foggiogatii Liguri* ratta
pace co' vicini
popoli > non
potendo patire, che
i vittoriofi foldatt
fi otiofi, vi fece
fiiicare, eraflettarelavia da
Roma per Tofcana, et per
V Vmbii. (ino a
Rimino.t Fu poi
detta Emilia da
M, Lepido £milio,i!qual
fece vna (ira
ìj che veniuada Piacenza
a congiurigetifi. con. la Flaminia
. Fu pofcia
chiamarli Gallia Cifalpina, per.
ch'ere fiata habitata
lungo tempo da
Galli Boij, Infuori Cenomarii,& da
altre filmili generationi
(come dimoftra Polibio
nel quarto li bro)dicenb!o,che hauendo
i detti Calli
trapaliate IV* !pi,&
feendendo in quelli paeie_*, {cacciati
i Tofcani, che
quiui haueuano edificate
dodici Città, quitn
l fermarono., et da
eflì Galli fu
poi nominato tutto
quefto paefe GiHia
Cifalpt na . Fu.poicia detta
Gallia Cispadana, et Trafpadana»
per eflere da gli antich partita la
Cifalpina in due
parti, cioè, di qua,
et di
là dal Pò
Fiume . Fu pofcfc nominata Gallia
Togata 1 come
fi raccoglie anco
da Martiale nel
ter^o libro, che iui lo compofe^ . Hoc tibis
quicqtìid ìdeB Jonginquis
mittlt ab orìs . cGdllìay Ternana nomine dìBa
toga . E più a
badò dice fpecificamente,che era
nel foro Cornelio,
cioè Imola* Rpmam vade
liberi fi venerisvnde,
requiret 1 .. *Jem>lìtei
dices, de regione
vìa, Si quìbuè inTerris,
quafìmus in Vrbe,
rogabit, tCorneli] referas, me
licet effe foro . Ftì
detta Gallia, eflèndoui
i Galli Senoni
t et parimente
i Boij palfati
nell'I»» lia, et quiui
hauendone fcacciati i
Tofcani ( come
habbiamo dcito) et habitandoui, cominciarono a
poco,a poco a
pigliare i ciuili
coftumi de Romani
non fo* lamente del
modo del viuete,ma
altrefi del conuerfare,
oc -vedire, percioch» vedendo quelli
eller togati, anch'eglino
pigliarono le toghe, che
erano -yetti' nienti de' Romani. Vhimamcnte fu
Ccome narra il
Biondo ) chiamata
Romagna da Carlo
Maglio, et da Papa
Adriano primo doppo
la rouina de'
Longobardi, per efler
fta« fa Rauenna con
acquante altre Città, et Terre
vicine fempre per
tutto il tcrnpc de*
Longobardi fedeliffimi al
popolo Romano . £i
fa a quefta
prouincia la ghirianda
di lino >
hauendo Plinio in
molta il lino . 4-ip ROMAGNA.
IWdi Faenza nellib.
I g, ponendolo fiel ter^ò
grado di lottigliela,
Se derw Si, et nel
fecondo grado di
bianche^a . • La rabbia" 'vien molto
lodata quella di R
auenna da Diofcoridé
* come cofa.» ItabiléV Le
pannòcchie di miglio', et di
panico denotano la
fertilità del pacali quanto
a tutte le
forti di biade,-&
legumi, SC ipècialménté
migli* panichi, > fce,&fagiuoli. III
ramo di pino
con il frutto,
che tiene con
là deftra mano,
è per dimòftrare' iiobiliflìma felua
di pini intorno
a Rauennà, et Ceruia,
che è cofa
tanto proi Edi quefta
prouineia in Italia,
che niuna cofa
la fa tanto
differente dall' altre; «l'into. effa
. Onde Sifto
V. di felice
memoria in vna
fua Bolla circa
la conferoione di
quelle pinete, la
chiama decoro dìtalia . I
jMa per non
bilar di dire
cofa,che notabil fia,
ò^_ per dar
oCcafìone ad altri P
gelido loro materia
di variare a
modo toro la
forma di quella
figura, lo tron'ippreflb
Plinio lodati i
Rombi,e gli ^£ ipragi
di Rauenna, onde
Martiale di «• così
dice nel i$,,
iib. Motti Mollìs in equorea
qua creuitfpina ^attentici ^{pn erit
incultis gratior ^fparagis . Racconta anco
l'abbondanza delle rane,
che fi tremano
quiu^i-Sc^ di lor così
f&uell&j . Cum comparata
rìflibus tuis ora . 1\jliacus habeat
crócodilm anguHè Mdiufque Bearne
garriunt B&utnnatesl Vi (e
no ancora le
viti reitili di
Faen^a,deìle quali ne fa mentione
Mar rone l;b, i .
cap. 2. de
re ruftica . Et gli
ottimi, egenerofi vini
diCefena, Ce bene
rodono elTere fuperati
ini tri luoghi prodotti,
ma gii antichi
gli ripofero tra
"Vini generofi, come
fi leg appretto Plinio
nel lib. 3.
al cap,6 Si
Mecenate ne faceua
gran ftima,e perdi rono
chiamati Mecenatini. Onde
non terrei per
errore far nella
ghirlandi coni parìre alcune
foglie di '"vite . Pccrafu anco
dipingere il Sale,
che da Piatone
nel Timeo fu
detto caro, et amico
a Dio, et nel
p. della Iliade
fu da Homero
chiamato diuino, 6^"
c" Dionifio Naldi da
Brefichella Generale della
Inuittìflfima Rep. di
Venetiaai bedui Guerrieri famofì
nominati dal Giouio, et dal
Bembo de Re
Veneta U' molti generofi
Capitani df quefta bellico
fa Famiglia, dalla
quale anco fc fcefi
i Signori della
Bordigier3,gli AlidolTì da
Imola,iContiguidi bora M di
Bagno,d;cefi da Guido
Nipote d'Othone Magno,
primo Imperatore man ia»h
uomini di grande
ftima,e valore A'
altri, che lallòpernoneller
LOMBARDI. VNA donna bella,
graffa, Se allegra,
il fuo Sveltimento
fìadi colora tutto fregiato
d'ero, Se argento,
con ricami,& altri
ricchiflìmi, ghi adornamenti ;
nella deftra mano
tenga con bella
gratia l'Imperiai Ceri d'argento, &T*
con la fìniltra
vii bacile, oue
fìano molte corone
d'oro Di appoggiato a!
fìanco,e appreflfo i piedi dal
deliro lato fu
il Pò fiume,cioè
vn' Uio ignudo, secchio,
con baiba lunga,
Se longhi, e
ftefi capelli, coronata vpa
coroni ti oro é Ot;ero
pei variar quella
figura fia la
tetta di toro
con ' i "'
" ghii 4** uìe efca
copia d'acqua, Se
che fi fluida
in fette rami, et con
la finiftra mano :;*
con bella attitudine
Mi cornucopia. Sa hauuto
quefta nobile, et belliflìma
prouincia diuetfi nomi
fecondo la «»ituà
de* tempi, Ce
il primo fu Bianora
GalliaCifalpina, iC anco
e(Ta per vna |>e£e
Gallia Togata, Felfina,
Aurelia>& Emilia, come
tifentee Catone in
libro 0 gìnum »
pofeia fu detta
Longcbardia, et hora
Lcmbaid»* . o non mi
eftenderb a dichiarare
pei qual cagione
babpja hauuto \i
fopradeti nomi per
non clfer tedici, ma
folo dito, perche fi chi malie
Bianoia., r fu ilprimo
nome, che ella
hauefìe, come anco,
perche fi It-ca nominata* Upbardia, chc'è
(raro r*vltimo nome . i
)ico dunque, che
traile pi imieramci te il nome
di Dianoia da
Ocno Biano» jfrhralorofo Capitano
de* Tofcani, il
quale pattando Impennino
vmfignondi,i ftopaefe, fecondo
che riferisce Catone
nel/originii doue dice •
Callia Ci/padana, ©eVw
pianoro, à viclore
Ocno • ù finalmente
detta Longobardi* da
i Longobardi, che
longo tempo ten» la
Signoria di dia
Regione «hora dicefi
Lomb-iU-a, per maggior
doke^e* la pronuncia. ella, grafia
«allegra, fcV* -ve/tira
di color verde
fi rapprefenta, per
elìete gli «ini di
quefta prouincia amoreuoli,
conuerlèuoh, et mo'to
drditi «Ili Co* i
della -vita, godendo
-vn paefe quanto
polis titeie ameno,
fcrti!e,£bbone di "vùiere,
di delitie,& di
tutte le cole,
che fi richiedono
al felice viuert* abitatori, oue
fono moke Città
grandi, famofe Terre,
infiniti Villaggi, tuofi Cartelli,
magnificentiiiìmi edifitij publici,&
priuati, dentro,& fuolla Città, fiumi celebri,
fonti, et laghi
di grandiflìma cenfidcratione, valli» i, et monti
ricchi -di tutte
le gratie del
la natura, et dell'arte^ . «ori d'oro,
ÓV argento* ricami, et altri
vaghi ornamenti lignificano
la ificen^a, lo fplendore,
Se. la pompa
de popoli di
quefta prouincia, liqua* rodano
di ricche^e, Se
artifitij, di nobili
lauori conforme al
merito della molta gran
nobiltà, gran -virtù, et valore . 'Imperiai corona
d'argento dimoftra l'illuftre
dignità, cV" honoran^a
di prouincia, riceuendo
il Rè de'
Romani in ctìa
la detta corona
di argento "* viene
in Italia per
incoronarli, percioche,come rife.
ifeono i dottori
nel rab. de ele&&
la gioia nella
Clementina,prima,fuper verbo veltigijs
de ; di tre
diuerfe corone la
Maeftà dell'I mpetatore fi
corona, ieramente quella di
ferro riceue dall'
Arciueicouo di Colonia
iti Aquif«a, poi
quefta d'argento gli -vien
data dall'Arciuefcouo di
Milano, 6T la-» etj»
d'oro gli yien
data dal Jorarao
Pontefice nella Chiefa
di S. Pietro
di RoIjdelle quali
quella di ferro
fignifica la tortela
con la quale
deue foggiega^belh :
l'altra d'argento dinota
la purità de*
ecftumi,& le chiare
atrioiti, Hi euono edere in
tutti i Principi
IWltima d'oro fignifica
la tua preminenza f^aftitia,& potenza
fopra tutti gli
altri Rè,& Principi
temporali del mondo, e
ne 1 oro
^j mojto auan^a
tutti gì; a|tri
n,ecai|j f f eoroue
d'oro Ducali nobilitano
anco, et inalbano
quefta fopra tutte
l'aite tre /f-22 ICONOLOGIA LOMBARDIA.
tre prouincie d'Italia,
dimoiando, ch'ella abbraccia, et in
fé contiene pi riiofi
Ducati, come di
Milano . Vi è anco
l'antico, &C nobile
Ducato di Turino,
doue haueuano il
fuòj gio i Duchi
de* Longobarbi (
fecondo Paolo Diacono,
Biondo i et Sabellict hoggi è poflfeduto conottimo, &giuftifIimogouerno dall' Altera
StttH ma di Carlo
Emanuele Duca di
Sauoia, veramente Prencipe meriteuoledi
« giore, et qualfiuoglia
ftato, per eflèr
egli di (ingoiar
valore, et rifplenden! tutte le
virtù* come anco
celebre di gloriofa
fama, per la
grande^a, &** chiilìma nobiltà
dell'origin fua . Vi è
anco di Mantoua,di
Parma,di Piacen^a,di Ferrara,&
hoggi haque'fl Reggio» &C
Modena,• de* quali
quanto fia la
magnificenza, la grandc^alj lo
fplendore non lolo
di quefta prouincia
: ma di
tutta l'iulia è
noto a tuo» mondo**»
e fi dipinge
acanto il Pò,
comecofa notabile di
cfla prouincia „ il qual
pafJo per mezzo
di e(Ta,gli apporta
infiniti commodi, e
piaceri, et è
celebre per ^Iminato Fetonre,
che in elfo
cadde, et fi
fommerfe, come diurnamente
lafcrittoOuidio nel fecondo
libro delle file
Metamorfafun quelli verfi-. jlt
"Phaeton rutilos fiamma
populante capillos, Voluitm in
pr&ceps langoque per
aera trafili Fertur > *t
interdum deCcelofteìlafereno
S>u&fi non ceàditi
potuti e ecidijfevideri .
Quem proculà VMria
diuerfomaximus Orbe. Excipit Eridanus
fumantiaque abluit ora... ài
fa anche coronato
il detto fiume,
per etfere il
maggiore d'ltali^u raccoido
nel fuogrembole ricche^e
di moUiaitri fiumi.,
perche il Petrarca
nel tro 1 43. così
lo chiama . J^ de
gli altri fuperbo,
altero fiume. fa3>i per
efiere Jionìbìo il
maggiore dìtalia, come
fi è detto,
ma per noru
punto alla grande^a
de'jnù famosi del
mondo, cioè del
Nilo, e dclo, Lucano
nel lib. 2.
così dice * Quoque
magis nuìlum teUmfefoluit
in amnemy Erydanus, fratta fque
euoluit in aquorefyluas, jiefperiamque exbaurit
aquìs . Hunc fabula primum Topuleafiuuium ripas
vmhajfe corona : Cumque diempronum
tranfuerfo limite ducens
» Succendit "Phaeton flagrantìbus
athera loris, Curgitibus raptispenitus
tellure perufta, Hunc habuifie
pares Tbebeis ignìbus
y>nda l 7{pn minor
hic T^jlOifi non
per plana iacentis %Aegypti lylicas
"b{jlusfiagnaret arenas .
I^oamir.or hic lHroy
nifi quod dum
permeat.orhem ifleir,
cafuros in quelibet
aquorafontes xAccipit, et Schyt.cas
exit non folus in vndas
&c, :ome fi e
detto, fi potrà
dipingere quello fiume
con la tefta
di toro con li* '
i,percioche ( come
narra Seruio, et Probo
) il fuono,che
fa il corlò
di queime, è
limile al muggito
de buoi, come
anco perche le
fue ripe fono
in» tfc a guilà
di corna . :ornncopia nella
guifa,che dicemmo, lignifica
l'abbondanza grande caua
quefto celebre fiume,
efièndo che nel
tempo della Canicola,
come nàrìionel lib.
3. cap. ió.quandofuTAlpifi ftrnggono
le neui,ingrofiandolì *
rgendofi da torno,
Iafcia poi quei
luoghi tocchi da lui
fertiliflìmi, et diui
• > la prouincia
in dueparti,con fette
bocche entra nel
mare Adriatico con W|copia
d'acqua, che (
come dice Plinio
nel luogo citato)
fa fette mari . MARCA
TRIVISANA. *j N A
donna leggiadra, et bel!?,,
che habbia tre
faccie, hàuerd il
capo orI nato
a guifa di
8«rrcintia madre degli
Dei antichi, di
corona turrita-»' >n :to
torri d'intorno, et nel
mezzo ~vna più
eminente dell'altre, fari
veftita : -. Ec
2 fotto +2+ MARCA TREVIGIANA.
/òtto di
color azzurro $
haiier \ dalla quale
penda vn roftro
di naue, ò
di galea, eV *
la finiftra mano
tefiga don beiti
gratia vn libro, et anco
vn ramo d'oliuo . .
La prouincia di
Vene tia, che da
Longobardi Marca TriuiTana
fu detta, er hauef
eglino pofto il
feggio del Marchefato
nella Città di
Treuigi ; è
pronieia nobilidìma al
pari d'ogni altra,ehefia
nell'I taliajhabitata gi* da
gli Eli* gei» pofeia
da gli Eneti
> et da
Troiani > che
doppo la rouina
di Troia con A *■ note
in Italia pattarono
» Ella al precinte
contiene in fé
notie Citti principali
> le quali
tutte hai» il loro
Vefcouado > oltre
le molte Terre
murate, 6^ Cartella,
che -vi fcot «X^
oltre il gran
numero di villaggi }
nonfolamente per la
graflè^alel terreno, il quale
è fer tiiifli
rao ; ma
in gran parte
per lo ti
to ameniflìrao, li he
fipu . 4*S può ragioneuolmente dire,
che quella belila
» che nell'altre
Regioni d' Itai fi 'vede
per la delitioia
coltura de gli
babitatori, in quefta
folamente li veg\
per l'opera della
gran maeftra Natura,
che così l'ha
voluta fabricare . Le Città
fono Vinegia, la
quale è capo,
Se Signora della
Prouincia, Veroi, Vicenza,
Padoua, Treuigi, Ceneda,
Belluno feltro, et Trento,
che è pofto li
confini di Germania
nelì'Alpi,delle quali Città
in ogni tempo,&
in ogni età ufeiti
fono molti huomini
illuftri in lettere, et in arme, che
Iongo farebbe il rne
qui mentione, pofeia
che nelle Hiftorie,
che fi veggono
in luce delle
cofe guitein Italia così
ne gli Antichi,
come anco ne
i moderni tempi,
ritrouanfi più luoghi deferirti
i loro fatti
illuftri, Ce copiolàmcntc
raccontati, tra' qua li può
-valorofo nominare Eglino
da Romano, il quale
fé ben fu
tiranno1! fu
ttòhuomo'valorolo nell'armi, e gran Capitano. Si
potrebbero anco annouerare
gli «Scaligeri, che
gi^per i tempi
patTati funo S'ignori
di Verona, di
Vicenza, $C di
molte altre Città
fuori di quefta-. :ouincia, i
Carrarefi signori di
Padoua, i Caninefi
S'ignori di Treuifo,
di Ceda, di Feltro,di
Belluno, et tanti
altri "valorofi Capitani
di militia, *vfciti
di lefte Città : ma per
non parere, che
fi faccia emulatione
con l'altre prouin»,
qui gli tralafcicrò
fi come anco
i più moderni,
che nelle guerre
fatte » foftenute dalla
-Signoria de' Venetiani
in quefta, cV
in alcre prouincio nno
dato manifclli fegni
del lor 'valore,
dC del loro
nome hanno lafciato tmortal memoria. Quanto al
fito, pofeia che
ella è rinchiula
tra la Lombardia,
la Romagna.» > ure
Adriatico, il Ducato
del Friuli, 6C
l'alpi Treuifane, che
dalla Germàla leparano,
ella è dalle
parti dei Settentrione
montuofa : ma
nel rimanente na, le
bene ripiena di
vaghi, et ben
colti colli, da
quali fi cauano
delicatilfi"vini, et faporitiflimi
frutti . Dal piano
poi, che ampliflìmo
fi fcuoprenel louano,nel Treuilauo,
6: nelCenodefe aliai
più, che nel
Veronefe, Se"" nel entino,
che per la
m?ggior parte fono
territorij montuofi,& nel
Bellunefè, trino, &C Tridentino,
che fono porti
tra monti aliai
angufti, et riftrcttijó^' fò fono
più feraci di
vino, che di
grano. LSi rapprefenta bella,
6^ leggiadra con
tre faccie, percioche
"Veramente è •liffima quefta
prouincia, come anco
per alludere al
nome di Treuifì,
ò TreU; lana
Marcai . Ip pub ancora
dire, che per
tale firnilitudine fia
fomigliante all'imagine deliba Prudenza, che
così da gli
antichi era figurata,
la cui "virtù
nel Senato Ihetiano particolarmente riluce. w-a Corona Turrita
nel modo, che
dicemmo, dimoftra per
le otto torri
le-. É|> Cittd foggetee,
OC la Torte
nel mezzo più
eminente dell'altre rapprefenmi
Città dominante . U colore
azzurro del 'Veftimento,
denota l'intimo Golfo
dell'Adriatico macche la bagna, et che
da imedefimi Signori
è dominato, ti .a
foprauefte, ò manto
d'oro ricamato di
fpighe, et fregiato
di verdeggiane «* che
fe-# >ene non rende
quefta terra tanti
per *vno, quanto
le fertililTIme, tutta
"volta n alcuna parte
di lei non
cede a molt'altre
: ma quello
è marauigljoio in
ella > i fé le può
afcriuere a (ingoiar
fertilità, poiché in
quei me defimi campi,
oue le 'igneporgono le
loro vue, fi
fémina il Tormento,
e doppo quello
il miglio.ouco formentone,
douc tutte tre
quelle raccolte fi
fanno in vn*
anno medefimo ; !i
maniera che, fé in altre
regioni la terra
produce più grano,
ha bifogno poi di
ipofarfi, ne fuole
in quell' anno
ifleflb d'altre biade
caricar i granai
del padroni ma quefta
con tutto che
rade volte le
fi dia tregua,
non fuole (
elfendo deitamente lauorata
) defraudare la
fperan^a dell'agricoltore .
Genera parimente tutte
le forte de'
frutti d'alberi, et fi
ad ogni artifltio
» che i quello
genere vfar fi pub, fi
ancora alle piante
per egtine fi proua
ellere mol;oarrendeuole, intanto
che e per
copia, et per
bontà fi può
agguagliare a qua*jnque
altra, fi^ pur
di fopra a molt'altre ancora,
come ne rende
teftimonio Ltheneo nel lib. $
. che
parlando de' pomi,
così dice . Ego
vero, viri amici,
maime omnium ea
mala, gli Aregoni,
i Rorai, gli
Aftemij, i Partheni
j, i Valuafoni,
i rangipani, et altri
infiniti, per lafciar
da parte quelli,
che fono in
vita . Et per
cflere opportuna alle
cacciagioni, le fi
mettono per fue
dimoftrationt ìcoturni,come
quelli di Diana,
e finalmente, perche
nella parte fua
Auftralt* crmina in acquee
paludi) fé le
fìngono a* piedi
le cannuecic, et i
giunchi » CORSICA DONNA di
afpetto rozzo fopra
di eminente fatto
circondato d'acqua l itì
capo haueri vna
ghirlanda di fòglie
di vite, fari
armata, èC* con tallirà mano
terrà vna corfeica,
dalla parte deliravi
farà "vn canecorfórma
che a grande, et in
villa feroce, fecondo
che narra Plinio
lib.3. capitolo quinto. LaCorfica è
lfola nel mar
Liguftico, d^ f u
primieramente nominata da reci
Cyrnus, come dimoftra
Strabone libro quinto, et Virgilio
nell'egloga 9. aando dice : Sic
tua Cyrneasfugiant examina
taxos, E vogliono alcuni,
ebe acquiftallè quello
nome da Cimo
figliuolo d'Hercoh e
fratello di S'ardo,
il qua! pafiàndo diìh
Libia a quello
luogo, e quini
ferJatofi volfe, che
da lui folle
con quello nome
addimandato j eilcndo
che prilla era detta
Terafine, come nana
Nicolò Perotto . Pofcia 4-3° Fofcia
fu dimandata Corlìca
da vna donna
così chiamata, la
quale era pa fata
in quell'Itala a
cercare vn Tuo
vitello perduto, et ritrouatolo
quiui, òC aj gradendole
il luogo, vi
fi fermò, e
tanto piacquero gli
fuoi coftumi alli
rozzi li bitatori, che
nominarono flfola dal
fuo nome, Altri
dicono, che ella
rude co nominata da
Corfo, quiui fatto
da Coi Co
valentiffimo huomo, il
quale luoj tempo tenne
la fignoria di
quel paefè, et fra
molti, che fcriuono
di queft'/fol Dionifio dice,
che ella acquiftalteil
nome di Corlìca
dalla gran moltitudini delle cime
de' monti; percioche quello
nomeCoifo in Greco, et in
Latino d nota le
tempie de* capi,
come fé dicelle
l'Jfola delle tempie
de' monti . Dipingcfi (òpra
l'eminente fallo, perche
quella Mola è
molto mal di/polla coltiuare, fi
per i laOì,come
anco per elicmi
alti (limi luoghi,
come dice Ruti «el
i. lib. del
fuo Itinerario così, Incipit
oh few os
ofìcnien Cor fi
e a monte s 'bikbifernmque capnt
concolor vmbra leuat . Si
rapprefènta di afpetto
tozzo, percioche gli
habitatori di quefta
Ifola per » più
fono di coftumi
poco ciuili, che
così dice Strabone
nel lib. 5 . La
ghirlanda di vite
dimoftra, che quefta
Jfbla produce delicati
vini, i quali iRomajOX^in molti
altri luoghi d'Italia
fono di molta
flima. Si dipinge,che fia
armata,e che con
la deftra mano
tenga vna corfefca,per
tC* t tali armi
molto vfate dalli
Corfi,liqUali fono Mimati
buoni,e valorofi faldati. Le
fi dipinge a
canto il cane
nella formajche dicemmo,percioche dell'Italia, aiui fono
li maggiori, d^
più feroci contra
gli animali, li
quali ne vanno
in bici luoghi {limati
affai per la
bontà, òC ferocità,
e belle^a loro. SARDEGNA DONNA di
corpo robufto, et di
colof gialliccio fopra
d,-vn fàflb in
forL^ ma della
pianta d'"vn piede
humano circondato dall'acqua .
Hauerà in *po*"vna ghirlanda
d'oliuo . Sari veitita
di color verde
. Hauerà a
canto vn* Qimale chiamato
Mufakylquale, come dice
Fra Leandro Alberti
nella deferittione, fìmlli tione,che
fa di quell'I
bla ha la
pelle, et i
piedi come i
cerui,8c^ le corna
fi a quelle del
montone, ma riuoke
a dietro circonflétTe,
e di grande^a
d'vn mediocre cerno, terrai
con la delira
mano vn ma^o
di spighe di
grano, et con
la-, (ìniftradell'herba
chiamata dal Mattiolo,
Sardonia, o Ranuncolo,
che è limile all'Appio faluatico .
Plinio nel 3.
lib. cap. 7.
dimoftra con l'autorità
di Timeo, che ruffe
chiamata la Sardiegna
Sandalioton dalla figura, et fòmiglian^a,
chttiene delta fcarpa,la
quale da' Greci
è detta Sandialonen,e
da Marsilio lehnufa, per
efler ella fatta
a fomiglian^a del
veftigio del piede
humano, che per
tal diftratione dipinghiamo
la fudetta imagine
iopra il fallo,
nella forma del
piede» cìvì dicemmo, Se
per denotare, che
quello luogo ila
Ifola, la circondiamo
coru l'acqua, come hauemo
dimoftrato di (òpra. Sardegna. DTcefi anco,
che ella acquiflaue
nome di Sardegna,
da Sardo, figliuolo
di Hercole,8c^ diThefpia,che quiui
pafsò dalla Libia,con
molti cf mpagni,fi
dipinge di corpo
robulìo,& fopra ii'latTo,
perche i Sardi
fono h uomini
di corpo robufjo,& di
coftumi duri,& ruftici,&
alle fatiche molto
difpofli. Di color gialliccio
fi dipinge, per
cagione non folo
dell'ardor del Sole,ma, come
dice Strabone nel
lib. 5. in
queiVlfola fempre Vi
fa cattiua aria,
e maflime nel
tempo dell'Eftate,nel quale
fi vede fempre
rcUa, et grolla,
ma più doue B
caua jigrano, et altri
frutti,che feno luoghi
più baffi . . Se
leoa la ghirlanda
di oliuo, percioche
viuono tra loro
molto pacificamente . Non
vfano armi, percioche
fra di loro
non fanno guerra,
ne anco niuno
artefice è nell'Ifola, che
faccia fpade, pugnali,
o altre armi
> ma fé
ne "vogliono 1 ne
pigliano nella Spagna,
o in Italia, 11
color "verde del
"veftito, denota (
cerne moftra Strabone
lib. 5. ) efTer
quello luogo fertile di
tutte le cofe . Tien
con la delira
mano le fpighedel
grano,perche quiui ne
abonda in quan tifa, et fé
i Sardi attendellèro
meglio, che non
fanno a coltiuar
la terra, raccoglierebbero tanto grano, che
fuperarebbe quefl'lfola la
Sicilia. Selcdal'herba
Sardonia,© Ranuncolo, che
dir "vogliamo, comecofafegnalata, la
quale ( come
racconta il Mattiolo
) chi la
mangia more,come inu atto
di ridere per
caufa deili nerui,
che gli ritirano,
àC da tale
effetto è tratto il
prouer bio del
rifo Sardonio. Le fi
mette a canto
il iopradetto animale,
perche ( come
racconta il fopradetto F.
Leandro ) in
niun'altro luogo di
Europa fi troua
eccetto, che in
Corfica, &^ in
queir I(o!a^ .
E anticamente li
Sardi vfauano le
pelli di tale
animale per loro aimadura, et di
eflì ve n'è
in tanta copia,
che gli Iiolani
l'vccidono per trarne
le pelli,©^ acconcie
che l'hanno, et fattone
cordouani, ne fanno nr
rcàntia in qua;
&in la per
tutta l'Italia con
gran guadagno, oltre
l'utile, che ne cauano
per l'vfo lor
dei viuciejcilèndo eflì
animali boniflìmi a
mangiare., V SICILIA. N A beìliffima
donna vcllitc d'habito
fortuofo,& ricco, che fieda
(opra d'vn luogo in
forma triangolare, cucondato
dali'acqua, hauerÀ adornato . SICILIA. 4-3 y le
il Capo di
vnabelliflima acconciatura dì
*varie * Se ricche
gemme, tetra con la
deftra mano vn
caddero * cdn
la fmilha ^rn
ma^o di varij
fiori, et fra
effi vi faranno mefcolati
alcuni papaueri . Le fiano
a canto due
gran fafei di
grano, Se "vno
della mirabil canna
Endo» ria hoggi detta
canna mele, di
cui fi fa
il ^uccaro, Se
da. vn lato
vi fia il
monte Etna, dal quale
efea fumo, 3^
fiamme di fuoco . La
Sicilia ( come
ferme Strabene nel
libro fefto )
fu chiamata Trinacria
s SC il medefimo
afferma Trogo da'
tre promontorij,che mirano
a tre parti
deLmon do, che fono
il Pelerò, il
Pachino, e tXiiibeo.
Ónde (opra di
ciò Ouidio nel 1
3 . lib. delle fue
Metamorfosi cofi dic .
Sicaniam tribuf h&c eXcurritin àquora
lingms, E qui bus
imbrifero! tterfa eft
Vachynos ad attfiros Mollibus expofitum
Zepbyris Lilybxon ad
arftos vietjuoris
(xfertesfpeflat Boream^HeTelorHS.
fu 4ì4r ' Fu anco
per maggior confortarla
chiamar» Trinacris, di
cui dice Ouidio
tifi 4.de'FaftL Terra
tribusfcopulìs valium procurritin
aquor Trinacris à pofitunomen
adepta loci . Poi trafle
il nome di
Triquetra ., che
ciò riferifce Plinio
nel 3. libr.
della forma triangolare, che
per ciò rappre/entiarho la
pittura dì quella
imagine fopri il luogo
triangolare. Pigliò anco il
norrfe di Sicariia,come
narra Diòdorocon l'autorità
di Timeo, dicendo, che
fulTe così dimandata
dalli Sicari antichiflìmi
hàbitatoti di ella, li quali dall'Ifola
fi partirono perxle
continue ruine, che faceuano
i fuochi . alfine fu detta
Sicilia, come moftra
Polibio, ó£~ JDionifio
dalli
Siculhantichiilìmi,& molto potenti
popoli d'Italia. Bella fi
dipinge con habito
fontuofo, et ricco,
per moftrare la
nobiltà, e belleq^a
ditutta rifola., nella
quale vi fono
ricche, et nobili
Città, Terre, Ville^i Cartella, et altri
luoghi di marauiglia,
che ciò Così
dice Ouidio. Grata domu*Cererì,muÌtaseapoJJìdet Vrbcs . La
bella acconciatura di
capo con varie, et ricche
gemme lignificano, come li
Siciliani Mano d'acuto
ingegno, e nobile
nelle inuen-tioni . Tiene con
la delira mano
il caduceo,per moftrare
lafacondia,che hanno nel parlare,& che
con la for^a
del loro ingegno
fofleroinuentori dell'arte oratoria, de*
verfi -buccolici, paftoralij et di
molte altre cofe
degne di memoria
;& Silie Italico nel
14. lib. fopradi
ciò così dice,, Hic
Vbjbo dignum? et Muftì
venerabile Vatum '-' Ora
excellentumfacras qui e
armine Jyluas, Quique Syracufana
refonant Helk on
non.ademdafer#* E Lucano nel
2. (i . Oraferox
SiculalaxauitMuhiber^etna B
Siljio nel 14.
per eflcr ella
/anta detcrm ìnatìone
; e con
ragione Tanta dir lì
pub la legge,
perche è cagione,
che fi efferati
il bene, et il
fuggi il male j
laonde tiene Demcftene,
che la legge
fìavnritrouato, e dono
di Dio*, alla quale
ccnuiene, che tutti
gli huomini obbedivano
. Lex eft, cui cmne sborri ine
s ob
temperar e cementi,
cwm oh alia
multa, tum uel
eo maxime, quod
le* omnis inuentum quidem,
a e Leimunus
eft . Però
l'Orator Romano chiamò
li leggi . SanclionesJ aerate, et fatvatalegcs
; Le quali
leggi, come fante,
SC facre non fi
poflono "violare fetida
condegna pena . Tiene lo
feettro nella deftra,
perche comanda cofegiufte,
ed he nefte,epr hibifee le
conttarie,come Regina di
tutte le gent!,riuerita fin
dalli Rè,che ioti lo
feettro del deminio
loto ls fanno
riuerirr, ed oMeruare
da tutti li
fuoi popol Il libro
denota la legge
faida, laquale tra/predire
non fi deue,
effondo in pofta la
falute delle Città
. Inlegibus pofita\
ejt Ciuitatis jalus,
dille il Prii cipe
de' Filofofì nel
primo libro della
Rctiorica cap. 1 4.
le non fufle
la legge : che lega
la sfrenata licenza,
il mondo farebbe
totalmente didoluto, e
ripierx d* inganni, d'ingiurie,
di torti» d
oltrs^gi, e di
mille misfatti, per
li quali n tur
barcbbeiWniuerfal quiete, e
perirebbe la falute
d'eroi Citti, però il
medrfimo Filofofo nel tei
5^0 della Republica
dice, l egem
praeffe Ciuitati eft
optatole • Il Regno
Papale, e la
Corona Imperiale tenuti
dalla man liniftiafoprailli bro fono
(imbolo dell'vna, e
dell'altra legge, Canonica,e Ciuile,
Pontificia, e Ccfarca, nelle
quali fi comprende
(a feien^a della
legge diuina,ed riunì
ana • Fine della
prima 7 arte . i. >ELL , LASCIVIA ^Ì^^^OftNÀ giouane
riccamente veftita, terrà
vn fpecchio Con !a
g .
§& finiftra mano,
nel quale con
attenderne li lpecci^
> con Jade§ JJr
h&
ftiaftiainattodifarfìbefloilvifo
» acanto vi
faranm? fdeu^ è«^
ni pàfieri vcelli
lafciui, e l'ulTuriofi,
àC vn armeiiino,del
qua¥97$'? le dice
rAiciato . Dinota l'armellìn candido,
e netto Vn huom,
che per parer
beilo, e lafcìuo Si
coltiua la chioma,
e7 vi/o, e7
petto. . Lafcìuia, >Gnna con ornamento barbaro,e
che moftri con
"Vii dito di
fregarli leggiermente la tetta
* Così la dipingeuano
gl'antichi, come fi
"vede appreffb i!
Pierio . LASSITVDINE. ò
languidezza efliu a . DONNA
magra, (aia d'habito
fattile aliai leggiermente
veftita,moftran do il petto
diicoperto,• con la
finiftra mano s'apoggierà
ad vn battone
9 on la delira
terrà vn ventaglio,
mostrando di farli
vento. Per la languidezza,
b latitudine (
come habbiamo detto
) intendiamo quel debolezza, che
citeriormente accade al
corpo,e che l'annoia . f Si dice
eftiua, per dimoftrare
non la languidezza,
ò Iadìtudine cagionata.» !
malattia, o d'altra
cofa : ma
quella caulata da
Magione naturalmente calda, férEftate* |Si dipinge
magra, perche efalando
la foftanza del
corpo per mezzo
del ca«V che
la dilfoluej viene
nec"eflariamente a dimagrarli . L'habito,& il
petto nudo fono
fegni Coli della
ftagione, vfando gl'huomini quella veftimenti
aflaHeggieri per fentiré
men càldo,che ila
potàbile, come co fon
fegni del calore,
che attualmente fi
troua in detta
languidezza . Con l'appoggi
arti, inoltriamo haUer bifogno
di foftentamento,é chi
ha bi(ò fio di
foftentamento,non ha forze
fufrrcienti per fé
dello, il che
è propijffimo
'!UnQftrarjgura,che fi è
detto eiVec debolezza di
forze del corpo
humano . A llven) 2
Il -ventaglio moftra,
che mouendò l'aria
prollima già ribaldata
fa li all'altra più
frcfcha, il che
è di molto
refrigerio al corpo,
di maniera, à l'vfb
del ventaglio eflendo
per la noia, et affanno
del caldo, di
moftra fuffkien« temente, quello
che propiamente fi
troua nella languidezza,
che è la
detta, moleftia del calore^ . LEALTA. DONNA "venuta
di bianco, tiene
la mano deftra
al petto, ék^
vn ci pelino appreso. La
man delira (opra
il petto, lignifica integrità
dell animo, et il
cagnolini per la prepia
inelinatione parimente (ideiti,
e lealtà . Lealtà, DOnna '■veftita
di fottilifllma velie;
innma mano tenga
yna lanterna àc cefà
nellaquale ammiri attentamente, et nell'altra
vna maschera Ipez zata
in più luoghi, et fìa
in aito di
sbatterla in qualche
muro, ò fallo . La
vede fottile moftra,
che nelle paiole
dell' huomo reale
li deue (coprile, l'animo (incero:
ucT fenza impedimento
.eflendo le parole
àxoncecti dell' ani: mo noftre,
come la vefte
ad vn corpo
ignudo ., La lanterna medefimamente
fi pone per
l'anima, Se per
lo cor noftro,
6c^' lo fplendore,che penetra
di fuori col
*vetro, fono le
parole, §C l'attioni
eftt riori, òVeome la
lanterna manda Cuoi :i
quel medefimolume, che
nafee der tro di lei, coli
l' huomo leale deue
efler dentro, e
fuori della medelima
qualij tà « A
quefto proponto dille
Chrifto Noftro Signore,
fra tale la
"volli a luce preflb
à gli huomini
che eiTì ne
rendano gloria à D'io, che
alla fama de
meri vcjftri corr ifpon dan.o
l'Opre, La maichera che
getta per terra,
e fpezza >
moftra medelìmamente il {pregio
della fintione, e
della doppiezza dell'animo,
come fi è
moftrato in; tri propolìti .
Lealtà . DOnna vellica di
bianco, che aprendofi
il petto, moftri
il propio core ]
elfet'ella 'Vna corrifpondenza dell'animo,
con le parole
h con Tatti acciò
lena intieramente preftata
fede., ì .LEGGE, CANONICA,
€ome dipinta nella
libreria Vaticana. DONNA, che
ftà a federe,
con la deftra
mano tiene vna
bilancia, ne quale fon
pofte da vna
parte corone d'oro
circondate di fplendore, et (òtto
li piedi di
dette donne vna
volpe diftefà. Thefeó,
per quanto riferi/ce
Plinio, fu Uvuentore
della Lega detta
da' tini» focdus, che
più anticamente per
autorità d'JEnnlo fi
diceua., fidus, e qu
ii |
che ne hatieuano
cura, etano chiamati
fctiales, perche alla
fede public tra' popoli
erano propufti, come
piace a Varrone,ed
c(Iì haueuano cura, eh giuna guerra
fi pigliarle, e
quella tettata, con
la Lega, e
confederanza fi con ftituifee
la fede della
pace, di che
pienamente .tratta il
Panuinio : De
Ciui tate Romana . Menalippo legato
del Re Antiocho
aflegna tre fòrti
di lega in
Tito Liuio Vna quando
fi fa pace
co' nemici 'vinti,
imponendofi loro legge
edaggrau ad arbitrio de*
vencitori ; l'altra,
quando i nemici .reftando
in guerra del pa
con patti eguali
di rendere cofe
tolte, e mal
poiledute, fanno pace,•
terze quando fi faamicitia
ed amifta con
nationi, che non
fiano irate mai
nero che_ . Ma
la più antica
confederanza nominata da
Liuio nel primo
libro 6 ta tra
Albani, e Romani
non cade fotto
niuna delle tre
fudette forti >
poi ci fi ftabilì
la lega con
patto, che fi
combattette prima tra
li tre Horatij,
e Ctùt tij, e
che quella patria
con bona pace
fignoreggiafle l'altra, i
cui Cittadini i inanellerò
vincitori : e
pur quefto accordo
chiamali da Liuio
Feedus, dicen gular duello
tra Aleflàndro, e
Menelao per amor
d'Helena in quefta
mai* ra, e conditione
; che il
Vincitore ottenga le
ricchezze, e le
bellezze d']3lena, e
gli altri radino
in ferma confederata
pace . Alexander, et bcllicofus
Menelaus, Longis haftis pugnabunt
prò muliere : Viclorem
autem mulier, et opes
fequentur% esteri vero amicìtiam, et fodera
firma ftricntes. Tutt.
\vT>1 C. > Tutto
ciò fi ftabiliica
m cotal guifa,
pigliaua l'Imperatore lauandofi
prima-, I mani con
l'acqua vn coltello,
e fradicaua dal
capo d'alcuni Agnelli
i peli, i Isaii
fi diftribuiuano a*
Principi dell'vna,e ì*altra
parte, esponendo poi
i patti \\\o accordo,
fcannaua gli Agnelli
podi in terra,
e vi ipargeua
fbpra del ->ino, |cendo. O
Gioue,a quelli,che prima
romperanno i patti»eou" icona
per ter» Ìoe ceruello,
come quello vino* ìtipiterauguHijJimèìtnaximè et immortale
s Dij cateri ytn priore*
feeder a yiolauerint,
* Sic ifforunutrebrum humifluat
y eluti hoc
vinum, ! Ma noi
nella predente figura,
non intendemo rapprefentare
niuna delle fumé forti
di Lega, perche
cadono fotto la
figura della pace
ed amicitia :
poienon lignifica altro
più propiamente la
voce latina, Fccdus,
che la pace,
e_* micitia, la quale
(labilità, fi formaua
con quello principio
di parole AMII
TIAESTO. di che
n'è particolare Olì eruatore
il BrilTonio nel
lib^.dellùe fomole, dicendo .
Liuius lib. 3
8. comprobat Faduscum
^Antiocho in hòc vrbaconfcriptumfuifìe . ^ìmicìtia
Regi ^Antmho cumT,I{.
bislegibus, et hditìonibns eHo .
Si che noi
efprimeremo vn'altra forte
di Lega, ed
è quella, landò due,
o più parti
fanno Lega, ed accordo
di vnirfi contro
vn loro corriLine
nemico : tale
fu la Lega
di Pio Quinto
col Re Cattolico,
e con la Repu:a
Venetiana contro il
Turco, la quale
fu detta Sacrum
fcEdus, ed il
monte tto in fuflìdio
per tale imprefà
chiamali tutrauia Mons
facri feederis, e
ve1 la detta
Lega dipinta nella
fata Regia in
figura di tre
donne abbracciate, ria dalle
quali rapprefenta la
Santa Chiefà, la
feconda Spagna >
Ja terza VeI
eia, diftjnte con le loro
fblite imprefe, ed
armi * Noi riabbiamo
figurate due donne
armate,ed abbracciate »
per denotare IVme
ed accordo di
aiutarli con l'armi
contro il nemico, L'Arione,e la
Cornacchia fono fimbolo
della Lega contro
vno commune ne co,
perche quelli due
augelli fono nemici
alla Volpe, la
quale è ad'ambedue uerlària,onde elfi
accordanti d'afcoltare vnitamente
infieme la Volpe,
e di la brla,e
/pelarla col becco
più,che poflono,però riabbiamo
polla la Volpe
deli toli piedi della
Lega {imbolo in
quello luogo del
commune nemico,che da" (legati atterrar
fi cerca mediante
la guerra, della
quale è gieroglifico
l'hafta, e ciafeuna delle
due donne tiene
in mano . Che
l'Arione, e la
Cornacchia^ fòpra l'afte fienoamici,
il dice Arifto.
lib. 0. cap.
primo de gli
animali ; Wnìci cornix
> et ^irdeola
; che facciano
Jega contro la
Volpe fi raccoglie
da.» inio lib.x. cap, 74, Cor
nix * et ^Ardcola
contravulpmm genus communibus imkìtijs 3
&c. LEGGILREZ2A. )© N N A,
che riabbi a
l'ali alle mani,
a* piedi a
gli homeri, et alla
tefta, farà velli ta di piuma
hniilima . Tdi Allegrezza.
piuma ; LETITIA. A £ETd,
LETTERA Come rapprefentate in
Firenze, in y>n
beìliffimo apparato. DONNA veltita
d'honefto,e gentil'habito, che
con la delira
mano ti« ne vn
libro,e con la
finiftra dwe flauti,
per lignificare concetti,
e pacol» quefte come
diletteuoli,quelle come honorabili . DONNA con!occhij
vn poco concaui,
con la fronte
quadrata, e col i fo
aquilino, farà veftita
di bianco con
vn'Aquila in capo,
e n«IU del* rpano
tenga vn compaftò,
ed vn cornucopia
alquanto pendente»coi quale
v* gìoie,danari.,collane,c\:
altre cofe di
prezzo, e nella
finiftra hauerà vn'altro
c> nucopia pieno di
frutti, e fiori . La
Liberalità è 'vna
mediocrità nello/pendere per
habito *virtuofo, &i moderato. Si dipinge
con occhij concaui,
e fronte quadra,
per fimilicudine del
leou liberaliilìmo fra gl'animali
irragioneuoli, e col
nafo aquilino per
la firmili' diix D I £ES A
?{E %I P
Jd animali. [ due
corni nel modo
detto, dinotano, che
l'abbondanza delle ricchezze-» $})nueneuol mezzo
di far "Venir
a luce la
Liberalità, quando è
accompagna^:on la Nobiltà
dell'animo generofo, fecondo
il poterò., 6^
la forza di dona.». detteli di
bianco la liberalità,
perche, come quefto
colore è iemplice
> o to, fenza
alcuno artifitio, così
la Liberalità è
fenza fperanza di
"vile inno. 1 comp&ffo
ci dìmoirra la
liberalità douerfi mifurare
con le ricchezze,
che Hìedono, e col
merito della perfbna,
con la qual
s'eièrcita quella virtù,
nei ( fé è
lecito à feruitore
entrar nelle lodi
delfuo Signore) merita
particoIma memoria rilluftriiJìmo Signor
Cardinale Saluiati, patrone
mio$il conforme al bifogno,
Se al merito
di ciaioino comparte
le propie facoln
sìgiufta mifura, et con
animo sì benigno,
che facilita in
vn'iftello temer fé la
ftrada del Cielo,
e della gloria,
e per gli
altri quella della
vita pree della
virtù, con applaulo
vniuerfale di faina
lincerà . Liberalità. Onna
vedila di bianco,
nella delira tiene
vn dado,e con
la finiitra fparge
gioie, e danari* dado
infègna,che egualmente è
liberale chi dona
poco, hauendo poco ;
chi dona
aliai hauendo molto,
purché li refti
in piedi da
tutte le bando la
facultà principale,
Liberalità *• i Iouanetta
di faccia^allegra, cV^
riccamente "Veftita, con la anidra
mano tenga appoggiato al
finiftro fianco vn
bacile pieno di
gemme, e di ete
d'oro, delle quali
con l'altra mano
habbia prefo vn
gran pugno, cV^ ga
ad alcuni puttini
ridenti» &^ allegri,
che da fé
fteflì (è ne
adornano „ e portano
in moftra per
la gratitudine, 6^
per l'obbligo, che
11 deuo betalità del
benefattore, onero per
inoltrare, che ancora
il riceuere fa»
6\^ ricchezze con
debito modo è
parte di liberalità,
fecondo l'opie de*
Morali j fé
bene è più
nobile. a ttione, e più
beata, il donar
altrui le fuo . Pierìo Valerìano
aflegna per antico
Ieroglifico di liberalità,
il bacile fola, ale
noi accompagniamo con
l'altre cofe pei
compimento della figura, et Klichuratione della
liberalità figurata. LIBERTA.
DONNA veftita di
bianco, nella de/Ira
msno tiene *\no
fcettro, ne i jfiniftra
vn cappello, et in
terra vi fi
vede vn gatto. Lo
féetfcro lignifica T
autorità della Liberti,
ÓV l'imperio,che tiene
di i*j medefima, eiTendoìa Liberti ~vna poileiTìone
allbluta d'animo, et di
corp* et robba, che
per diuerfi mezzi
fi muouono al
bene ; l'animo
con la granai Dio
; il corpo
con la virtù
; la robba
con la prudenza . Se
le da il
cappello come dicemmo,
percioche quando voleuano
i Rom:i dare libertà
ad vn feruo
dopo d'hauergli rafb i capelli
gli faccuano portar
1 capello, et fi
faceua quefta cerimonia
nel tempio di
"vna D a
creduta prottrice di
qucin,ch'acquifl:auano la libertà,
5^ la dimandauano
Feronia per 1 dipinge
ragioneuolmente col cappello . Il
gatto ama molto
la Libertà, et perciò
gl'antichi Alani, i
Borgognoni, t i Sueui,fccondo
che Tenue Metodico
io portauono nelle
loro infegne dinftrando,che come
il detto animale
non può comportare
di eiFere rifèrrato
r> l'altrui forza, così
e ili erano
irnpaùentiilìrni di lei
uicù . Li. ? Libertà. DOn na,che
nella fìnifha mano
tiene vna mazza»
come quella d
Heccolc Oc nella delira
mano tiene vn
cappello con lettere
• LIBERTAS AVGVSTI ex
S. C. Il che
lignifica iibertade acquiflata
per propio valore,
&Z^ Virtù conforme a
quello,che fi è
detto di fopra,
S>C fi vede
così /colpita nella
medaglia di ntonino Eliogabalo
• Libertà. DOnna,che nella mano
delira tenga vn
cappello, tC per
terra vi farà
vn giogo rotto, LIBIDINE.
DONNA bella, %C
di bianca faccia,
con i capelli
groflì, &^ neri,
ribuffati all'insti, §C
folti nelle tempie,
con occhi gialli,
lucenti, òC ciui i
moftrano quefti fegni
abbondanza di (àngue,
il quale in
buona temratura è
cagione di Libidine,
&C il nafo riuolto
in su, è
fegno di quefto elfo
per feg no del
becco animale molto
libidinoso, come ditfè
Arifìotede fìfìonomia al
capitolo fefIàntanoue,hauerà in
capo "vna ghirlanda
di ede-, (kià
lafciuamente ornata, porterà
a trauerfo vna
peli e di
pardo, e per tra
à canto vi
fari ~vna pantera
tenendole detta figura
la finillra mano
fa* a il capo, L' hedera da'
Greci è chiamato
ciflo, cV" ciliare
( tirando le
loro paroleJ noftro proposto)
lignifica eflere dato alla Libidine;
pero Euftathio dice, ìe
fiì data l'hedera
à Bacco per
legno di Libidine,
cagionata dal vino . La
pelle del pardo,
che porta a
trauerfo a guila
di banda, come
dice an>ra Chriftoforo
Landino, parimente lignifica
Libidine,efIèndo a ciò
il detto limale molto
inclinato, mefcolandofi non
{blamente con gli
animali delfua fpecie
: ma ancora
( come riferifee
Plinio ) col
leone, e come
la pel: del pardo è
macchiata, così umilmente
è macchiata la
mente delHiuomo 3Ìdinolb di
penfieri cattiui, et di
voglie, lequali tutte
fono illecite . E ancora
propio di quefto
animale sfuggire quanto
può di efiere
veduto uando fi pafee,
&T pafecndo di
fuggerfi il propio
(àngue, il che
è propijfImo della
libidine, perche più
d'ogni altra cola
le fue "voglie
procura di paRere
nafeoftamente, e che
niuno il veda,
§C di làtiarfi
euacuando il propio ngue,
Se togliendoli le
forze. ., Per dichiaratione
della pantera il
medefimo Landino dice,
che molti la
fanlb differente dal
pardoiolamente nel colore,
percioche quefto ha
più bianco, I vogliono
anco che fia
la femina del
pardo, et fé
crediamo elfer vera
quella »là, potemo comprendere,
che la libidine
principalmente, e con
maggior olenti.i domina nelle
femine, che ne5
mafchij, ( come
fi crede commune"
jente ) in
ciafeuna fpetie d'animali.
. fj Afferma Plinio
eflèr la pantera
tanto bella, che
tutte le fiere
la defiderano : Jja
temono della fierezza
che dimoftra nella
tefta,onde effa occultando
il po,emoftrandoildorlb
l'allettale dipoi con
fubito empitole prende» e uorsu,. 11 che *>,*
11 che è
molto funile alla
libidine, la quale
con la bellezza,
e lufin^ha ci tira,
e poi ci
diuora, perche ci
con fu ti
a il tempo,
il denaro, la
fama, il corpo,
6 cV~ fcapigliata,
con la bocca
aperta» e con
vna gh landa di
vite in capo*
m Licentiofi fi dimandano
gli huomini, che
Fanno pìu di
quello, che conui' ne
al grado loro,
riputando in Ce
ftelTi lode, far
queìle attieni, che
ne gi*«jl fon biafimeuoli
in egual fortuna,
e perche pilo
efler quefta licenza
nel p; lare, però
fi fa con
labocca aperta »
6^_ perche può
eflere anco nella
libsi| dì far palefe
le parti, che
pef iftinto naturale
dobbiamo ricoprire, la
quale fa fi moftra
nella nudità j
nel refto deli'
altre opere pigliandofi
libertà di !' molte
cofe, che non
e* appartengono, e
quello Ci dinota
con la 'vite,
la qu: inchinando con
il frutto f
uo molte volte
fa fare mol
te coiè inconuenienti, ' difdiceuoli: d^
come li capelli,
che non fono
legati infieme feorrono
liba mente, oue il
vento gli trasporta,
così feorrono i
penficri, cTactioni d'vn
ho mo licentiofo da fc medefimi . LITE» DO
N Nf A
ve/tita dì va-rij
colori, nella delira
mano tiene vn
vafo dNj qua, il
quale verfa fopra
vn gran fuoco
> che arde
in terra ',
il che è ijj
(ègno del contrario,al
quale 1 altro contratio naturalmente
opponendoli, e i cando
impadronirfi della materia,
e foftanza dell'
altro, dà con
ftrepito fej= dì lite,
e d'inimicitia, il
qua! effetto imitano
granimi difcordì,& litigofi»
pia feruendofi d'alcuni
principij della natura, et infegnandodi
cono/cere i ftaii,le propofitioni, et ogni
altra parte,ouero iftromento
della dimofhatione fyo vero,&
reale iftromento. Logica .
Jp Iouane pallida
con capelli intricati,
e fparfi di
conueneuole longhezza ; J
nella mano delira
tiene vn mazzo
di noria con
vn motto ibpra,
che dicai 14 chi Vcrum
i&falfum, Si nella
finiflra vn fèrpente. Quella donna
e pallida perche
il molta vegliare, et il
grande ftudio, che ir
torno ad
ella è neceirario,e
ordinariamente cagione di
pallidezza, et indifpoii tione della
vita. Lcapelli intrigati, et fparfì
dimoftrano che l'huomo
il quale attende
allafp culatione delle colè
intelligibili, fuole ogni
altra cofa lafciar
da parte, e
dime* . ticarfi della
cuftodia del corpo r I
fiori fon fegno,
che pe* indttftria
di quella profefsione
fi vede H vero
|>arire, et il
falfo ri manere oppreilò,
come per opra
della natura y
dall'I» «afeono i-fiori» che
poi la ricoprono . il fèrpente
c'infègna la prudentia
neeefiarijffima a profeflìone,
come a tu te
l'altre non s'affaticando
in altro yrhumanainduftria, che
in diftinguere 'vero dal
falfo, et fecondo
quella diftintione fàper
poi operare con
proporr* nata conformità al
vero conofeiuto, Se
amato . Scuapre ancora iHerpente. che la
logica è (limata
velenosa materia, et inacèflibile
a chi non
ha grand* ingegno, et è
amara a chi
la gufta » et morde, et vecide
quelli, che con
temi rità le fi
oppongono . LONGANIMITÀ, VN
A matrona adai
attempata, a federe
fopra d'vn fallò,
con gl'ocdf verfo il
cielo, con le
braccia aperte,& mani
alzate . La longanimità, è
annouerata dall' Appoftolo al
cap. 4. de'
Galati tra li d
dici frutti dello Spiritofànto, S.
Tomafo nella 2.2.q.
136". art. 5. è "vna
virt mediante, laquaie la
perfona ha in
animo d'arriuare a
qualche cofa aliai
bei difeofta, ancorché ci
andalfe ogni iongo
tempo farà quafi
ignuda, ma che
il drappo, che
coprili le parti,
fìa di pili ci,
e renda vaghezza
all'occhio . 6CT che
fedendo (opra vii
cocodrillo,facirezze ad vna
pernice, che tiene
con vna mano* illuda
è vn ardente,
e sfrenato appetito
nella concupifcenza carnale
feclèruanza di legge,
di natura, ne
rifpetto d'ordine, o
di fedo . dipinge con
li capegii ricciuti,
ed artifitiofamente acconci,
e col drappo :to,
perche la luflTuria
incita, ed è
uia dell'infernoje (cuoia
di Iceleratezze. rappreienta quafi
ignuda, perche è
prcpio della lufiuria
il dflìpare, e
digere non (olo
1 beni dell'animo,
che fono virtù,
buona fama, letitia,
lie la gratia
del corpo, che
fono bellezza, fortezza,
de(h ezza, e
fanità,ma beni di fortuna
che fono danari,
gioie, poilèilìoni, e
giumenti . -de fopra il
cocodrillo, perciochegli Egitlj
diceuano, che il
cocodiillo era della lufluria,perche egli
è fecondiflimo, e
genera moki figliuole
come '*"•''. narri n"
ti «arra Pierio
Valeriano nel libro
2 9. è
di così cont'agiofa
libidine,che fi credi che
deiia Tua dricca
mafcella i denti
legati al braccio
dritto concitino, e cor
muouano la lulfuria v Leggefi ancora
ne gli fcrTttori
di Magia, ed
ancora appretto Diofcoride Plinio,che Ce
il roftro deìcocodrillo
terreuVe,!! quale animale
è da alcuni
dei Scinco, ed i piedi fono poftinel
vin bianco, e' coli beuuti
infiammano gr mente alla Iafciuia '.,* Tiene, e
fa carene alla
pernice, perefoche niuna
coia è più
conueniejj pili commoda per
dimoftràre vna intemperatiflìma libidine,
ed vna sfrenai lima
lui! Uri a",
che la pernice,
laquale bene (pedo
è da tanta
rabbia agitata, coito, ed
èaccefa da tanta
intemperanza di libidine,
che alle volte
il mafcl rompe l*vòita,che
la femina co
uà, elfendoella nel
eouare ritenuta, ed
impe ta dal con'gi
ungerli feco .> MACHINA DEL MONDO, DON N A ch*habbia
intorno al capo i giri
de* fette pianeti,
&X^ i go di
capelli faranno fiamme
di fuoco, il
fuo "yeftiinento farà
cono tito in tre
parti, et di tre colori . 1 1
primo che cuopre
il petto, ó^^
parte del corpo
farà a^urro con
nuuo! Il fecondo ceruleo
con onde d'acqua . Il
ter^o fin'a piedi
farà 'verde con
monti* città, Se"" cartella,
terrà in"ti mano la
ferpe riuolta in
circolo che fi
tenga la Coda
in bocca, il che f
gnifì che il mondo
da fé ftellbySc^
per fé Hello
fi nutrifce,ck^ in
le medefimo,! per fé
medefimo Ci riuolge
fempre con temperato,
6^ ordinato moto,•
| principio corre dietro
al fine, cVTil
fine ritorna al
fuo Hello principio,
per*! fto ancora vi
fi dipingono i
fette pianeti . Il fuoco
che ha in
cima del capo,
ck^il color del
veftimento, lìgnifi^ quattro Elementi,che
fono le parti
minori della grandilli
ma machina vni^ fa!e.
MAGNANIMITA DONNA belIa,con fronte
quadrata, Se nafo rotondo,
vefìita di oro^ la
corona imperiale in
capo, ledendo fopra
vn leone, nella
man def^ terrà ~vno
feettro, ck^ nella
finiftra vn cornucopia,
dal quale verh
morti d'oro . La Magnanimità
è quella virtù,
checonlìftein vna nobile
modenl ne d'affetti, òtT
il croiia folo
in quelli che
conofeendofi degni d'eller
hen I ti dagl'liuomini
giuditiofì, e (limando i giuditij
del volgo contrarij aliavi fpeflè
volte,ne per profpera
troppo fortuna s'inalba,
ne per contraria
fi lai no fottomettere
in alcuna parte,
ma ogni loro
mutatione con egual'
arH foftengono,cNT
aborrifeono far cola
brutta per non
violar la legge
dell'hon" Si
rapprelènta quella donna
bella, con fronte
quadrata, e nafo
rocorJ fomiglian^a del leone,
fecondo il detto
d'Ariftoteiede fifon.al cap.9. Veftefi d'oro,
perche quella è
la materia atta
per mandar à
effetto mol D1 bili
penfieri dVn animo
liberale, et magnanimo
# Porta in capo
la corona, 6^
in mano lo
feettro, perche l'vno
dimofrr.ic biltà di penfieri,
l'altro potenza d'eireguirli,per notar
che lèn^a quelle
dr/r* fc e impoilìbile
eifercitare magnanimità, ellendo
ogni habito ettètto
di n»* attici J? itìoni particolari
: fi dimofka-la
magnanimità eftèr vera
dominatrice delle», (iffioni vili;e
larga difpenfatrice della
facoltà per altrui
benefitfò,e non per va
ltà,& popolare applaufò.
Al leone daToeti
fono aflomigliati li
magnanima itrche non teme
di queft'animale le
forze degl'animali grandi,
non degna-» tfb i
piccioli,&
impatiente,dé*benefitij
alcruilargp
rimuneratorey&r non mai flnafconde da' cacciatori* fe egli
s'auuede d efler
lcoperto, ch'altrimenti fi ti»
ira, quafi non
volendo correr -pericolo fenza
neceffita. Quefta figura
verfà le ronetefèoza guardarle,
pesche la Magnanimità
nel dareoàltuirfi deue ollèp» tìre
fènza penfàre ad
àlcunalorte di timuneratione, e
di qui nacque
quel dee tDa le
cofè tue con
occhi j ferratile con
occhij aperti riceui
l'altrui. Il Doni inge
quefta virtù poco
diuerfàmente, dicendo douerfi
fare donnabella,e ironata
all'Imperiale-, riccamente veftitacon
lo fccttto in mano,
d'intorno Ìn palazzi nobili-,
&r1oggiento nel fcontrarfi
poi con lento
paffo, ò con
(alto allegro fi
rinièkia,con ferir) propofito di
non far cofa
indecente alla fua
nobiltà. l'I due fanciulli
moftrano che congiura
mifurafi deuon abbracciar
tutte te facoltà per
amor deH'honefto,pei la
patria,per l'honore, perii
parentijeper iamici
magnanimamente /pendendo il
denaro in tutte
rimprefè honorate-. Magnanimità.
Onna,che per elmo
portarà vna tefta
di leone, fbpra
alla qual fi vi fieno doi
piccoli corni di
douitia, con veli,&
adornamenti d'oro,farà veftita ì
faabito di guerriera,& la
vefte lata di
color torchi no,&
ne' piedi hauerà
fliJetti d'oro . MAGNIFICENZA.
NONNA véftita,& coronata d'oro,
hauerà la fi/bnomia
firnile alla Ma-*
gnanimitd,terrà la finiftra mano
(opra di vn'ouato,
in mezo alcjuale
vi a dipinto vna
pianta di fòntuofa
fabrica . La Magnificenza è
vna virtù, laquale
confitte intorno all'operar
eofe grane d'importanza,come habbiamo
detto,e pero fard
veftita d'oro . L'ouato, (òpra
il qual pofa
la finiftra mano, ci
da d'intendere, che
l'effetto la Magnificerà è
l'edificar tempi j,palazzi,& altre
cofe di marauiglia,
e che uardano o
lVtile publico,o l'honor
dello rtatojdell'imperu^e molto
più delIReligione,& non
ha luogo queft'habito
fe non ne
Prencipi grandi,e però
fi fyianda virtù heroica,
della quale fi
gloriaua Auguflo quando
diceua hauer limato Roma
fabricata de'mattoni, et douerla
lafciar fabricata di
marmo . B Magnificenza. DOnna
reft'ta d'incarnato, portarà li ftiuaetti d'oro, hauerà nella deft mano vn'imagine
di Pallade, lèderà
fopra vn riccfiiflìmo
leggio* et fi rapprefenterà
a cauallo, hauerà detta
fèggia a canto . Gli
ftiualetti erano vfati
da gfantichi Rè, et
per
fegno di fuggetto
Real fon effetti
della Magnificenza de'
Prencipi, et tutte
quelle colè le fi
fblo con
cenni, comandando fenza*nolto
fatica, però appi
elio fidipingi feggia,chc già
fu il leroglifico
dell'Imperio . MAL1GNITA DONNA brutta,
pallida, veftita del
color della ruggine, et chete^g1 vna
coturnice con la
tefta alta '"verfo
il cielo,& con
l'ali aperte. Brutta fi
dipinge, percioche t*operationi
del maligno fono
bruttillìme, fuggite da ogni
conuerfatione politica, Se
ciuile . La pallidezza lignifica
che quando lon'
infette d'humor maligno
le pa interiori fi
manifeftanonegli esteriori del
corpo«Il colore del
veftimento5dimoftra che fi
come la ruggtnecont'nuaméte-o fuma ogni
metallo.oue ella fi
pone, così il
maligne non cella
mai con la pel
ma fua
natura di danneggiare
ogn'opera lodeuole,& virtuosa. La
coturnice nella guifa
che dicemmo-, lignifica
malignità, percheco narra Pierio
Valeriano nel Hb,
24. de'fuoi Ieroglifivi,
volendo gl'Egitti) «É ftrare
la malignità, dipingeuano
'vna coturnice, percioche
è di così
pellìin Se maligna natura,
ch'hauendo beuuto,con le
^ampeìk con il
becco intorbi* il refto
dell'acqua, acciò che niurì
altro animale ne
polli bere, et a
qucftivfi; Ezechiele Profeta nelcap.
$4. rimprouerando la
mal gnu à
degl Hebrei die JEf
cum purijjimam aquam
biberìtis reliquampedibus veHm
turbatus, MUED1CÉNZA, DONNA
con gl'occhi j
concaui, veftita elei
color del verderame,
e ciafeuna mano tenga
"vna facelta^ccefà, "vibrando fuori
la lingu limile alla
lingua di vna
lèrpe, 8£~ à
trauerio del veftimento
terrà vna pelM d'iftpce^.. Il coloie
del veftimento, &gli
occhij concaui, lignificano
malignità, e me fi
legge nella Fifonomia
di frittotele, Se
il dir male
dtlle buone att et
la
riputatone » acquiftata a
iaciche, et ftenti . MALINCONIA DONNA vecchia, mefta>& dogliofa,
di brutti panni
veftita s lènza
alcun* ornamento, ftari a
federe Copia vn
falìb y con
gomiti pofati fopra hi, et ambe
le mani fotto
il mento, §C
vi farà a
canto un'albero fen) tiiOCCJ fronde, et fra
i fallì . Fa
la malinconia nelfliuomo
quegli effetti iiteili
che a forza dei
verno ne gl'ai
ieri, de nelle
piante, li quali
agitati da diuerfi nti, tormentati dal
freddo, Se ricoperti
dalle neui »
appari/cono fecchiw [ili,nudi . et di
vilifiimopre^o, però non è alcuno
che non fugga*
come-* a difpiaceuole la
conueriatione degrhuomini malinconici»vanno eflì
fem-« col penfiero nelle
colè difficili, !e
quali fé gli
fingono preléuti, et reali,
il mostrano i legni
della rneftitia, e
del dolore . pecchia fi
dipinge, percibche gl'è
ordinario de* giouani
ftare allega,& i hi
malenconici, però ben
dille Virgilio nel 6.
Talkntes habitant morbi,
triftifquefenectms . mal veftita
fen^a ornamento, per
la conformiti degl'alberi
lenza foglie, nza frutti,
non aliando mai
tanto l'animo il
malenconico, che penti
4 uratfi le commodità
per Ilare in
continua cura di
sfuggire » ò
proueder 4 i che
s'imagini eflèr vicini . 1
fallò medéfimamente oue
fi pofà, dimoftra
che il malenconico,
è duro, lile di
parole, et di
opere, per le,
òC* per gli
altri, come il
ialjb, che non iduce
herba, ne lafcia
che la produca
la terra, che
gli Ila fotto
: ma fé fcepareotiofa al
tempo del fuo
"Verno nell'attioni Colitiche
» al tempo idimeno della Primauera, che fi
Icuopre nelle necelfità degl* huomini
là* jiti, i malenconiofi
fono trouati, et efperimentati
fàpientiffìmi » &C
giuofjffimi . MALEVOLENZA VECCHIA
con occhi j concaui,
brutta, (iapigi iata, e
magra, con va. ma^zo
d'ortiche in mano,&
vn bafiiifeo appreso. Vuelta è
della medefima natura
deiraffettione, dalla quale
nafee, che è !io
: ma per eflèr meno
principale, cV^ molto
riflretta, è dipinta
in que*luogo donna 'vecchia, perche
l'età fenile la
partorifee, elfendó che li
aani nuoui al
mondo, (limano parimente
nuoue tutte le
colè, Se pero
le ino: ma i
vecchi come fianchi
di veder gran
copia di co/è
hanno a noia
fa» ente il tutto.
(capigliata per dimoftrare,
che li maleuoli
non allettanogli animi
a be*" elenca, anzi fi
fanno abhorrire come
pelle, che infetti
le dolci conuerfà*; ù,
il che dichiara
il bafiiifeo, che
folo con lo
/guardo gl'huomini auue» i.
La magrezza è
effetto del continuo, ramarico del
bene conofeiuto i» P^onadelproflìmo. '.'ortiche
come a quella
figura, così anco
conuengono a la
maledicenza B 2 pesche *
Itsi perche come l'ortica
punge lafciando' dolore
lenza ferita, cofi
il malèdicer te non
pregiudica nella vita,o
nella robba,ma ncU'honore,che a
pena fi fa qu
che fia
fecondo alcuni Filofofi,
8c pur cuoce,
ik difpiace a
tutti icntirfi doue fi
fcuopra pur vn
poco quello particolar
inttreue .. MANSVETVDrNE DONNA coronata.d*oliuo,coavaEiefante accanto,,fopra del
quale jx fi la
man delira .. La manfuetudine
fecondo Aditotele nell'Eticha
lib.4.è vna mediocri tàc terminata cor»
vna ragione circa
la pallìone dell'ira
in ruggirla principalmi te,& in
feguirlarancora
in:quelféco(e^ con quelle
perlbne^ome, et quarti " doue
conuiene per amor
del buono, et be!lo,e
pacificovi uer e. L'Elefante
nelle lettere de gì*
Antichi Egitti)» perche ha
per natura di combattere
conrle fiere meno
portenti di' elio ^ né con
le più forti
le n grandemente prouocato,
da grande inditi©
di manfuetudine »
6^ ai perche caminando
in mezzo d' "va armento-di
pecore, chele*vengo contro fi
tira da banda,
acciocché imprudèntemente non
le veniuero orTei 6^
porta tanta olleruan^a
a? cofi debili
animali r che
per la^prefen^i quando è
adirafotorna* piaceuolfcy òC
trattabile oltre a
ciò rìrerifee 1J1 cho,>che fequalche
Peregrino caminando per
di/erti, habbia perdura
la do., cVf l'incontri
nell'Elefante, non
folamentenon è offefò,.
ma è ridotto la
via fmaeska.L'oiiuo è
fegno di pace,
&f dì mafifuetudihe, e
però i Sacerdoti
de gl'i* fichi ne*
primi tempi voleuano,
che tutti i
fimulaehri de' Dei
loro iutiero bricati col
legno dell'oli uà
interpretando che a
Dio conureae eilere
largo .i natore delle gratie
fuea* mortali, volgendoli conben'gnità
* 6^ rnaniii tudine a
perdonare loro i corrrmefli
peccati, et dargli
abbondanzadi ti beni a
quello bel Hieroglifico
parue >che i Dei
acconfentitìero fecondo t fiferifee
Herodoto quando fumo
pregati da gli
Spedauricenfi a torre
la (te liti del
paete loro, alche
fu rifpolio, che
la grada farebbe
feguita quando li uellero
fabricatoi fimulaehri di
Damia,& di Aurelia,di
legno d'oliua,& pai chedaindiinpoifin'a certo
tempo predo a Milifij
arderle icnz*opra di Fui
maceri ale vn
tronco di detto
legno. S» che oltre
di queflo,che l'olio
ha tanta fòrza
contro il furore,
che ano {parlo nel
mare quandoè turbato
fa celiare la
tenapella,e lo fa
tornar quieu tranquillo. MARTIRIO
GIOVANE bello, 5^ ridente, veftito di
rofado,con gli occhi
riuoty cielo,& le carni
afperie di iangue
r haueri per
le membra i
legni del ferite, lequali
a guifa di
pret'ofilTime gioie n (penderanno . Martirioè propiamente
il iuppìicio,> che
fi paté per
amor di Dio,&a fefad Ila
federateli oiica,. òC della
Religione,. per grada
dello Spirito ' Co, et afpertatione
dell'eterna '"vita, le
quali cole lo
fanno frate allegro,
&*! dente, con ii "\eltimento di
rolado, in fegno
di quello amore, et con
le tiic D I
CES A%£ %IP nA.
at ci, che Tono
autentici figilh de'
Santi Martiri. MAESTÀ REGIA. Tacila
Medaglia di Antonie
Vi* . \ J N
A donna coronata,
Se fedente moftri
nell*afpett0 grauitl, nella
deIV (tra mano
tiene la fcettro,
Se in grembo
dalla (mirtea mano
vn'aqtfila . •I Lo
fcettro, la corona,
òv^ lo Ilare
a federe »
lignifica la maefli
Regia, et tr l'aquila
gl'Egirij Sacerdoti, dinotavano
lajpotenza Regia* peteioche
Gimè si quella
fola diede il
Regno con la
lignoria (opra tutti|gli
vccelli » eilend© Vl
tutti di fortezza,
6*^ di gagliardezza
preflantiffima, h quale
efleiido ve» men ce
(tata dotata dalla
natura de' coltami
Regali t imita
a fatto in
tutte le )fe la
Regia Maeftà, MARAVIGLIA* NA giouane
che tenghi il
braccio deliro alquanto
alto cori la
mano aperta, o^ il
fmifteo flefb a
baiTo con la
mano parimente aperta
: ma eia palma
di elfa mano
fia riuoltata "verfo la terra
* &C con gamba
più inetro che
l'altra * ftarà
con la tella
alquanto china vedo
della fpalla finillra, :
con gì occhi
dubiti in alto . Marauiglia è
-vn certo ftupore
di animo /che
viene quando fi
rapprelenta )fa nuoua a
feniì, li quali
fofpefi in quella
rendono l'huomo ammiratiuo,
Se Upidoj che perciò
fi dipinge con
Ugello del capo,
8^ delle braccia,
nella uifàchefi è dettò. Giouane fi
rapprefènta j percioche
il marauigliarfi è
propio delligiouani» on ellendo
ancora in loro
efperienza . MatHìmonio, X T N
gioiiane di prima
barba il quale
tiene nella mano
finiitra vn* anello
* 'V ouero vna
fede d'oro, et con
la delira s'appoggi
ad vn giogo . 1
Matrimonio è nome
di quell'atto che
fi fa neh"
accoppiare l'huomo, ò\f* :i
donna in marito, et moglie,
legittimo, il quale
apprelfo a noi
Chriftiani è acramento ;
vedi S. Mattheo
al io. La fede
d'oro dimoftfa la fedeltà, e
purità dell' animo, che
deue clTerc* fa il
marito* Óy^ la
moglie » et il
primo vfu dell'anello
fu, ( fecondo
che raeonta il
Pierio Valeriane )
per tener a
memoria di mandare
ad effetto quaU he
cofa particolare >
cVT" fi taccila
il detto anello,
ouero ricordo di
colà
mol3'vile;dappicrefcendorinduftria,
&C l'ambitionedi 'vana
pretentione^. i pompa, lì
venne all'oro, et alle
gemme, portate per
ornamento dello iani, dali'intentione di quel primo
~vfo è nato
poi, ó^_ riceuuto
come per *gge, che
fi debbano portar
per fegno di
Matrimonio ; per
ricordanza d'ofJruare in
perpetuò la fede
promefla vna volta. 11
giogo dimoftra che
il Matrimonio doma
gl'animi giouenili, e
gli rende er fé, et
per
l'altrui profitteuoli » Matrimoni** •jlT N
gtauane pompofamente '"vefliro, con
-vn giogo /opra
il collo, $C^ V
con i ceppi
a i piedi,
con vn* anello,
ouero vna fede
d'oro in dito,
teli % nendo e
2 i MATRIMONIO. nendo nella
medeftma mano vn
cotogno, et (òtto a
'piedi haueri vna
v'per, Per lo giogo,
6 a chi
è congiunto in
malimonio, fuggendo il
coftume della vipera»
che per diletto
amorolo ammaa» fa il
marito, come s'è
detto altroue MATHEMATICA. DONNA di
mezz'età, "veftita di
velo bianco,e trafparente^on Tali
alla tefta, le treccie
fiano diftele giù
per le fpaile,
con vn compaflò
nel1 deftra mano,
moftri di mifurare
vna tauola fegnata
d'alcune figure,©^" nuf
'«ri » &^
ioftentata da vn
fanciullo, alquale ella
moftri di parlare
infègnan ole, con
l'altra mano terrà
vna palla grande
figurata per la
terra col difegno ell'hore, 6^^
circoli celeftì, &T
nel lembo della
verte fia vn
fregio intefluto i figure
Mathematiche, fiano i
piedi ignudi (òpra
vna bafè . Il vestimento
trafparente dimoftra, che
ella na di
aperte, 8^, chiare
dimorationi, nelche auanza
facilmente l'altre faenze . L'ali alla
tefta ingegnano, che
ella con l'ingegno
s'inalza al volo
della con* rmplatione delle
cofè attratte . La faccia
di giouane lafciua,
conuiene alla Poefia,
6X^ all'altre profeflìoi,
che nell'età giouanili operano
la forza loro, et ibm
mini ftrano allegrezza, he è
proprietà della giouentù,
Ma alla. Mathematica
conuiene;! a/petto dì onna
graue, 6^ di
matrona nobile, talché
ne molte grinze
la guaftjno, né lolca
fplendidezza l'adorni, perche
quelle difdicono oue
fia piaceuole nobilà,
quefta perche arguisce
pochi anni, ouero
poca prudenza, et molta
la/cilia, il che
non è in quefta faenza
amata da tutti
gli huomini dotti,che
non fi iondano nella
*vanità delle parole,
ò de* concetti
plebei, de' quali
prendono |blo materia di
nudrirfi l'orecchi degl'huomini
più delicati, et meno
fapienti; Quefto iftefto moftrano
le treccie fparlè
fenza arte per
le fpaile, che
da fc fole lanno
ornamento a le
medefime . Il comparto è
l'iftromento propio, 6*^
proportiònato di quefta
profeflioie>& moftra che
ella di tutte
le cofe dà
la porportione, la
regola, e la
mi fura. Sta in
atto di tirare
il circolo, perche
fé bene la
Mathematica è fpeculatìua cienza, denominandola
dal fuo più
vero, et nobil
fine, nondimeno ancora^ Vfò,
è fine, le
non della (cienza,
almeno di chi
la polli ede, elTendo
neceilàio doppo l'acquifto
dell'habito d'efla per
giouarnento d'altrui manifeftarla
in «laiche modo, e
di qui fono
nate l'inuentioni di
mufiche, di profpettila
-, di Archittetura,
di Geometria, d'Aritmetica,
e d'altre ptafeflio•
che tutti date
alle Stampe, cVf
cauate da' principi
j di quefta
faenza-* tintamente recano gufto
alli ftudiofi con
fòdisrattione de gl'autori,iquaA 4
liper *4 MATHEMATICA. li per
quegli mezzi, come
per ampia (cala
iàgliono alla fama,
ó*^ a 1/immot Ialiti. Tali habbiamo
molti degl'antichi, &non
pochi che viuono
a gloria del l'età
noftra > fra
i quali hanno
luogo ChriftoforoClauio, Giourn
Paolo Ve» nalione >
Giouan Bittilta Raimondo,
Luca Valerio, Federico
Metìo, Pietri Maillardi, Cefare
Ruida, Camillo Agrippa, et molti
altri che con
efquifita (cienza, et con
fondamento che vàiamente
pofliedono in premio
delie fati che loro
in dono in
quefta proftiTìcne al
nofìro fecolo fama
fmarrita, mer ce d'alcuni,
che per l'applaufo
della fortuna infuperbiti
vogliono cfler te nuti
hiìomini di gran
fapere in quefti
ftudi), (tan do
fra la calce,
òC i taflì non
fapcndoeffi, chela virtù
i tributarij ama,nonierua
della fortuna^ . Conuiene
adunque per non
deuiat molto dal
noftro propofito di
ritornar a quello che
diceuamo. ilcompufa alla Mathematica,
Se il fregio
di triangoli, «
d'altre figure mtoine. aj i torno
alla -vette, moftra
che come (oro
nel lembo i
fregi d'ornamenco, t** i
tortezza, cofi nelle
proue Mathematiche queiie
iftelìe (otto piincipij,
òC* Éndamenti . J La palla
con la defcrittione
della terra, et con le zone
Celefti, ciana o
iaLjtio, che la
terra, nel mifurar
delle quali fi
va fcambieuolmentc, non
nauc■bbonoproue, fé non di pocomomcnto,
quando non fi
(oftentatìfeto, et difyideflero
con le ragioni
Matematiche ^ Il fanciullo,
chefoflien latauoìa, et attende
per capirle dimoftratiueraJoni, c'infegna,
che non fi
deue differire la
cognitione di quefti
principi j a alSi
età, che nella
puerile, perche oltre
che l'ingegni piììro^zijemeri'atti, £e a
quefta«'apre come vnaporta
di bel palazzo,
ò -giardino .,
nel quale poi «tra
nell'anni foglienti dell'età,
fan anche vn'iftrcmento
da fegnare nell'infetto noftro, ch'è
come carta bianca,
6 tauola rafa,
quafi tutte le
cole., che ìsl valent'huomini, ò
da libri ci
verranno mede auanti
per l'auuenire,« pef lefto
forfè principalmente i
Greci quel tempo
che noi confumamo
a appre* e lingue
ftraniece, nell'età puerile
fèruendofìefTì della propia
> e naturale^* doperauano nella
Mathematica ; onde
difficili fi (limano
hoggi moki di elli
efempij ch'eilì danno
per chiarezza delle
dotti i«e . •J piedi
nudi, et ftabiii
in terra -, fono
per dimoftratione della
fua-cuidenzaj tabilità a confermatione
di quel che
s'è detto MEDITATIONE DONNA d'età
matura, d'afpetto graue, et modeffo,
la quale poffa
a ! federe fopra
vn monte di
libri, fopra la
mano del finirti
o braccio 3 pieto
su la coffa
dtl lato detto
ripoli la gota
in atto di
(tare ptnfo/à, et fopra
il ftro ginocchio con
l'altra mano *vn
libro facchi uiò,
hauendoui fra merzo alche
dito. Ellendo la Meditationevna ferma
confideratione riguardante la
/emplice ttù delle cofe,
par che conuengonole
fudette qualità, perche
lo intelletto quell'età è atto a
difeernere il vero. Lagrauità,e mode/Ha
non fi difeofta
dal conueneuole dell'
età, et dell© dio . Vatto et perfette,
dalle quali * come fi
dimoftra per il
feguente Epigrafi «aifqualdice_.
felìxquivìtée cttras exutus
inane*, Exercet meditati* nobile
mentis opus tfic potuit
certa* venturi* linquerejede* Vnde bomines
verum difeere rite
queant Uunc ergo merito
Memo dignatur bonore Et
celebri cantufama per
aHra vebit» MEDITATIONE
SPIRITUALE, DONNA polla con
le^inocchia in terra,
con le man
gionte, haurà occhi chiufì,
6^ vn velo
la cuopra tutta,
in modo che
tra (patite (orma di
e(Ia donna . La Medi
catione Spirituale, non
è altro ch'vn'attione
interna, che l'a congiunta
per carica con
Dio fa coniìderando
lecofe, che tanno
à prop»» per la
perfettione, et falute,
perciò lo ftar
con ie ginocchia
in terra,& con snani
gionte inficine, lignifica
l'effetto di de.uotione>& humilui,che
ha la m Iona, la
qual continoua, et vfa
ia Medita tion
Spiri male. L'hauer chiufì
gli occhi, dimoftra
l'operatone interna, .aftratta
dalle a ♦ifibili, il
che fi nota
col manto,che la
cuopre, 11 detto coprimento
può fìgnifìcar come
chi medita, fi
nafeonde in luog» tirato
> et ftafli
fòlitario, fuggendo Toccafìoni
della diflrattion della
menci Meditatìone della morte . DONNA
fcapigliata, con vefti
lugubri ■» appoggiata
col braccio a qu
che fcpoltura,tenendo ambi
gl'occhi JìfH in vna
tetta di morto,
che loprala detta fepoltura,&chealli piedi
fia vna pecorella
con la tefta
alzata*: bendo in bocca herba
in fegno di
ruminare • MED1€I1^*4. DONNA attempata,
in capo haurà
vna ghirlanda d'alloro,
nella m' deftra terrà
*vn gallo, àC
con la finiftra
vn baftone nodofo
auuolti vna fèrptw : Medicina
èicientia perlaquale gl'affetti
vitali, et nutritiui
del corpo, ; mettere, et catiare
fi conofeono. Donna di
tempo fi dipinge,
percioche gli Antichi
tennero, che ruffe
¥ gogna all'huomo, che
hauelle palfato quaranta
anni chiamar il
medico,p4 Supponendo alla fua
compiendone*, &£~ col
fuggire l'~vno, &feguir
l'ali* potette curar fé
fteffo, pero il
Medico "vecchio con
l'arte, e con
l'eiperien:! cenferua la fanità
prefente, et ricupera
la perduta • Gli
fi cinge il
capo di vna
ghirlanda di alloro,
perche quello albero
gkj a molte infermità, et foleuati
alle Kalcnde di
Gennaro da' Romani dareifièro
da conferei ai alla
finiti. La ferpe, et il
gallo, come racconta
Fefto Pompeo, fono
animali vigli* nuoui Magistrati
alcune foglie di
lauro, in fègnoche
hauefièroc Gni tutto l'anno,
perche fu creduto
il lauro con
ferire aliai alla
faniti . tiJlim MEDICINA. V imi, et tali
cornitene che fiano
quei che miniftrano
la Medicina, furono co
le ferpi appretto
a gl'antichi fègno
di fanità, perche
fi come la
ferpe pogiù la
"vecchia fpoglia fi
rinuoua, così paiono
gli huomini rifanandofi
e£ rinouati . tf baffone tutto
nodofò, fignifica la
difficultà della Medicina
/& la fèrpti nfegnadi Eufculapio^Dio della
Medicina,come credettero ralfamenU-r entili. Medicina. \ Onna
che ftia in
atto di fondere
? n grado di
fcala, fàr ce motto
fcritto/-he dica M edio
tutijjimus ibis, MEMORIA
DONNA di
mc^z* età, haueri
neh" acconciatura della
te (la vn
cV^ riabiliti per
la ri ne detta
altroue * eftendo
prozio della memoria
ritener fermamente lefd:
f del fenfo,comediceuamo rapprefentate, dC
Ariftotele l'afferma nel Iu|
citato di iòpra. r
Thè Di CE8A%£ ' %ZPéA.
2p Tirali la punta
dell'orecchio, in conformitàdi
quel che dice
Plinio lib, 1 1» H'iitoria naturale
con quefte parole
: * \ in
aure ima memoria
locusquem tangente: atteftamur. £c Virgilio
nell'Egloga 6. dice, Cumcanerem Rgges, et pr&lia
Cynthim aitrem Velliti et admonit, IT
cane nero fi
pone per la
medefim* ragione del
colore deWeftimento di kta
figura, come anco
perche il cane
è animale di
gran memoria, il
che fi *:de per
efperienza continoua, che
condotto in paefe
ftraniero, 6^ lonta* i
per ritornare, onde è
ftatoleuato da fé
ltdiò lènza dirficulutritroua la-. Uda .
Djcefi anco che
ritornando Vlillè in
patria doppo 'venti
anni non fiY jro,
che -vn cane
lanciato da lui
alla partenza rche
lo riconofcelFe, Se
accanite „ Onde Socrate
appretto alatone nel
Fedro, giura per
lo cane, che_# irò
haueua imparato imeni»
tutta l'oratione che
Lilia haueua compolla. Memoria, DOnnff con
due faccie, veftita
di nero, §C
che tenga nella
mano delira vna penna^r
nella finiftra vn
libro * La memoria
è vn dono
particolare della natura, et di
molta
confidératioabbraccfandbfì
con efFa tutte
le colè pallate
per regola di prudenza
in quel :he hanno
a fiìccedere per
lo auaen*Teypero fife
con due faccie. lì
libro, &la penna,
dimoftrano, come fi
ludi dire, che
la memoria con
IVì peiiettiona, il
quale 'vfo principalmente eonfifte,,ò
nel leggere,. o
nello iuere_, ». MEMORIA GRATA
DE' BENEFITll RICEVVTL del
Signor Giouanni Zarattino
Capellini .• TMA gratiofà
giouane incoremafa con
ramo dì Ginepero
folto di gra* r
nelle; tenga in
mano vn gran
chiodo > ftia in
me^zo d'vn leone,ed*vn" jila . Incoronali
con ginepero, per
tre cagioni,lVna, perche
non fi tarla,ne mecchia mai .
Plink>lib.6„cap.40. Caricm,& ttetuBatem
nonfentit ittnipe* \ cofi
la grata memoria
per tempo alcuno
non fente il
tarlo deli* obliuione
m mai s'inuecchra, però
la figurano giouane .
La feconda perche
al ginepero n cafeano-mai
le foglie, come
narra Plinio lib. 1
6\cap. 2
l .cofi ~vna
perfon* p deue lalciarfi
cadere di menterl
benefitio'riceuuto „ La
ter^a perche le..* nella
del gì neper
e ftillate con
altri ingredienti ygiouano
alla memoria ^ed ì
laaanda bollita con cennere di
ginepero, parimente conferifee
molto a'ia moria,-come tra
gli altri Filici
inregna il •Gualcherò nel
trattato latino del* emoi
ìaar firmale .• CeiWe
Durante medefimamente conferma,
che le bacche
del ginepero ■ ifortaiwil
ceruello^e fanno buona
memoria, là quale
cowfetuar fi deue
eie i benefitij riceuuti et efler
fempiterna ^epitheco dato'
dall' Orature dieen* I
cuifum obftrictus memoria
benefici} fempiterna > di
cui legicioiumente può» Kue
fimbolo il ginepero
annouerato tra le
piante eterne Il chiodo, j0 MEMORIA GRATA
DE* BENEflClI KICEVVTI. TI
chlodo,che tiene in
mano,è tolto da
gli Adagi j
in quel prouerbio,
Cla trabali figere beneficium,conficcare il
benefitio con vn
chioclo da traue,per notare la
tenace memoria del
benefitio riceuuto ch'hauer
fi deue . Ponefi in
mezzo al Leone,ed
all'aquila perche quelli
animali,ancor chef «i di
rag one, hanno
moftrato di tener
grata memoria de
benefici] riceuin In quanto
al Leone Aulo
Gellio nel v.lib.cap.24^rifèrifce,che Appione
htft rìco Greco lafsò
fcritto di haueré,
non vdiro, ma
con gli occhi]
propij vede in Roma
nel Cerchio maflimo,
facendoli li giuochi
publici delle caccie,
ei re (lato e/pofto
vno fchiauo detto
per nome Andtodo
alle fiere, e
beftie,che erano, tra lequali
vno horribile, e
feroce leone iubito,
che "vidde Andro (tette
quafi marauigliato, e
dapoi s'accoftò a lui, facendogli
fetta con la eoe
come è
coftume d'amoreuoli cani,
e leggiermente gli
leccaua le gambe,
e 1 Androdo,che prima
era quafi morto
di paura, accarezzato
dalla fi« mani cominciò a
pigliare lo (mattito
ipirto, fidando gl'occhi)
'verfo il leone,
ailH tricorne folle fatta
fcambieuole ricognicione, l'huomo,
e la fiera
allegi i, pa ua,che .
31 Éche l'vno fi
congratulafTe di veder
l'altro . A quello
Spettacolo cefi mira* W;
il popolo mandò
fuora 'voci grandi dime
dima rauigiia :
perche Andro-' Éfu condotto
alianti l'Imperadore, il
quale gli dimandò
in cjual modo
quel ■ne con" atroce
futlè "verio di
lui maniìieto, Androdo
riSpoSè,che già l'haue«iconofeiuto in
Africa,cjuando vi era
Proconsole il Suo
padrone -, dal
quale p] le gran
battiture, che da
lui gli erano
date, fé ne
foggi per ftar
nafeofto ia e tudini»
e campi defèrti,
e che fi
ricouerò nella sferza
del gran calor
del Soicn ~vna
fpilonca, ne itette
molto che vi
arriuò quel leone
aitai addoloratele Ého di
lamenti ar cui
aipetto Androdo temè,
ma il leone
con atto humile, fi
dimandafle aiuto, alzò
vn piede, e
lo porle vedo
lui. Androdo vedendo ede
InSànguinnato,
comprefè>che vi flanelle
male, sì che
gli pigliò il
piedal quale traile
Suora vno acuto
Stecco., e gli
nettò la piaga,Ì1
leone conto del medicamento,gli fece
carene, e fi
riposò in feno
a lui, e
da ind., ed
infieme con la
donzella s'a biugib . Hora
fé consideriamo .
che il Leone
è Rè de
gli animali cerrefti,
i Tequila Regina de
gli aerei, Concluderemo,
che quanto più
*vna perfori; nobile, magnanima»
e generofa j
tanto più conferua
grata memoria de1
beo fitij riceuutì . MERITO.
HVOM O
fopra.dWn luogo erto,
bC afpero, il
*veftimento • fontuofo,, 6c
ricco, oc"" il
capo ornato dWna
ghirlanda d'alloroil xà con
la delira mano, et braccio armato
vno fccttro, et con
la man binili nuda
vn libro. Il Merito
fecondo San Tornando
nella $. parte
della fomraa questione
J artic. 6. è
attione virtuotà, alla
quale lì deue
qualche colà pregiata
in vO gnitionew . Si dipinge
fopra il detto
luogo alpro, per
la difficoltà, per
mezzo eh qual& perpetua
gloria . MERITO. Come
dipìnto nella [ala
delUCancellaria di $pma. Vomo
ignudo jcon -vn manto
regale, tiene vna
corona in capo,
^C^ con la deftra
•'vno feettro., Ma perche
il merito è
co fa che
aaanza le noftee
parole > raderemo
che egli ;deiimo a
maggior efficacia parli
di fc fteflo
* MESI. MAR2O IOVANE di aspetto fiero,
habbiain capo ^n'eìmof
véftito di color X
tanè, che tiri
al negro, . i Ma
poi che il
Sol nel? animai di/crete E
seffiro tornò fuaue,
e luto Che portò
Thrijso illuminò la
sfera *A rimenar
la ddte Tr matterà
A Moftra anco, che
come l'Ariete* è
vn'animale debile^di dietro,ma
ha qual che forza
dauanti, così il
Sole nel ^principio
di elio legno
ha le forze
Mie debi li per
caufadel freddojche nwinuilce4a
fua gagliardezza ., ma
piìlauanu vei (o l'eftate>è
più gagliardo» cioè
più caldo. La ta^za
piena di prugnoli,iparagi> e
lupoli > ci da fegno
quali fiano i i
ti di
detto mefe, ma
fi deue auuertire,
che i frutti
così di quello
mele, | de gl'altri
fi polfono dal
diligente Pittore variare,
fècondola qualità de il
ghi, perche l'aere
doue è più
caldo > più
predo vengono, e
per lo con
tracie ipaeh freddi. . A'PUlit, Gì
O V AN
E con *Vna
ghirlanda di mortella
in capo >
sveltito-di col "Verde,
hauerà a gl'homeri l'ali^con la deftramano terrà.il'fegno e
Tauro, il quale
farà con beliUrtificio.;adorno.di.più fòrti
di.viole ., e di va
fiori, che in
detto mefe fi
trouìno, escorila finiftra'vna
bella cillella pien di
carciofi, baecelliimandorlc fresche ->
frutti > che
nel meli d* Aprile, comi ciano
à venite . Chiamali quello
mele Aprile fecondo
Varroneyqhafi Aperile, perei òc^ in
effo s'apréla terra,
e fpande fuori
le lue ricchezze>&~ petl'ifteiraiagiol Greci chiamarono
l'iftefiomefe anteftefiona,'perchein quello
ogni cof fifee, ouero.come /dice Ouid. daHachiatezza, e (èreniteT>ewiigli4. JE i fiorile
l'herbefua dolce famiglia
; Ridono i
pratiyc'l cielfi rafferen* £
gioir Trogncie pianger
Filomena, Cioue saUcgya
di mlrarfua figli f. lì
legno del Tauro,
che tiene con
la man delira,
è per fignificare,
che u • Uva
camminando mque(lóm£'(e per
quello legno.,' il
quale tuttauia p»gu Btaseior
forza, fi come
il Toro, è
più force. 4«1
Montane, dica/io-ancoia, H
-T "* tlSol Sole
regna in detto
legno ^perche nei>méfe
d'Aprile, ficeminciano à vedV
liefatichedeibuoiycroè le biade. MAGGìO 10VANE vetlitodi
color verde ricamato
di varij fiori
.come d'elfi, »J l
parimente hau«à^n capo
vna ghirlanda,terrricon la
deftra manoi emmijKjuali /arano
circondati di roìe
bianche,roilé, et vermiglie,
con la*à niftra vna
berla eeftella piena
di cerafe,pifèllij fragole,vuà
fpiha,in honor dell'altra
onde
Ouidio.HinefuaMaiorestribuere'PocabulaMaio lunìus a
luuenum noritintdiftutadeft*
Gli fi
dà il verde, et fiorito
veftimento, &Ia ghirlanda
frvtefta di *varii
fiorper ni oftrare
la bellezza »e
traghezza de i
prati, colli, &campagne,lequaiì tte ordinate,
Se ornate di
vari) fiori, et ver
di herbe, rendono
marauiglia,& egrezza
alli riguardanti, et incitano
gl'augelli a cantare
fuauemente,e tOV la natura
gioike. Onde beridifle.il
Sannazaro, ynbelfìoYÌtoì&
diìettofo Maggio, Il fegno
di Gemini ci
moftra,chein quello mefé
la forza derSole.
fi rad-^ ppia r
perche cominciando ad
efler caldo, 6^
lecco eflendo che
per due-, adi il
Sole fi efeua
dalla terra>& in
queflomefe le c%fe fi
raddoppiano, cioè
noitiplicxnojpcrcioche gl'animali partorifeono, GIVGNO. GIOVANE, et alato
Comegl altri mefì,
ó^ veftiti di verde chiaro
l t ouero come
dicono verde gaio,
hauerà in capo
vna ghirlanda di
Spighe intano non mature,
con la deftra
mano portare per
inlegna il Gancer,'oueGranchio,il quale
farà circondato dalle
fopradette ipighe, e
con la finiftra-» a
fa^za, ouero vna
beila cella, dentro
allaquale *\i faranno
vifciole, fcafe, ccocole, pere
mofcarole, cocuzze, citroli,brugne, finocchio
frdcoi& altri
t*J,H:hefoglionoeuere in quefto
tempo, ' Chiamali Giugno
da* Latini per
la caufadetta di
fópra nel mefè
dì Mag« i, benché
alcuni Io chiamano
da Giunone latinamente
Jmon'mm, leuato flettere di
mezzo dicono luniufn
^perche al primo
di quello fu
dedicato il ipio di
Giunone, ouero da
lunio Bruto, che
.fcacciò dal Regno
il primo Jrno di
quello mefe Tarquìnio .;
■Si verte dì
color verde chiaro,
perche in quello
mele per il
calore del Solo ominciala ingiallire
il grano, et anco
diuerfè herbe, k 1
fegno del Granchio
denota, che arriuandoil
Sole a quello
légno, meo* icia a
tornare in dietro,
frollandoli da noi
a guifadi detto
auìmale, tlquaimminaall'indietro,
.... Ci LV3* LVGLIO GIOVANE, farà
alato, et 'vellitodi
colore raaciato, 6^
corona di /pigne di
grano, haucrtf nelfvna
delle mani il
fegno del Leone
a .,di*ètr per effer
il t in ordine,cominciando, come
s'è; detto nelmelè
di Luglio, da Mar
-°* . Il
fiero afpetto ci
da ad intendere
quanto quello mele
Ila molefto, &C
V, me di
molti mali pub
ellèr cagione, per
la flella canicula
doue ti Sole
fi Wm il quale
a guifa di
rabbiolò cane offende,
chi non lì
ha buona cura . Il
fegno Celefte^.che regna in
quello mele, è
chiamato Vergine^, peri*,
»©ftrare, che sì
come la Vergine
è Iterile, né
da fé genera,
cosi i! So in
quello tempo non
produce cofa alcuna :
ma folo le
prodotte matura, {■ ì
peiietciona. Pr la cella
piena de' fopradetti
frutti,c la ghirlanda
di fiori Ci
dime» (peluche qaefto mele
produce. SETTEMBR E. M.yni I
O V A
N E alato,
allegro, ridente, veftito
di porpora, hauer*J
ir»* VJT pò *vna
ghirlanda di miglio,
e di panico,
nella delira mano
il ftw ».. della
Libra, 6^ con
l'altra mano il
cornucopia pif nodi
^ue bianche,*^ re, perfìdie, fichi,
pere, mele,lazzaroIe, granati,
èC altri fruiti,
che «(•" uano in
detto mele. .,.' j
Chiamali Settembre, per
ellère, come fi
è detto il fettimo, le
bene fi (#• mò
qualche tempo Germanico
da Germanico Imperatore ... vM Si
velie di porpora,
pecche lì come
la porpora è
-Ycltimentc* Regale, I
loconuienfi à Rè,
ó\^ huomini lllultri, et grandi,
ì quali abbondano
dSI hefoii, et grande^e . Così
quefto mefe, come
Rè, et Principe
di tutci gli cri
mefi dona in
maggior copia tutte
quelle cofe, che
fono neccilare al
vie* humano é Tiene il
fegno della Libra,per
dimoftrpre che iivqueftó
tempo 'viene il
Soin quefto; et fallì
l'Equinotio agguagliandoti la
notte', col giorno,
coniti ile ancora Virgilio. Libra dies,fommque
paresvbifecerit horas . OTTOBRE,
"f^ IOVANE con
'Veftimento di color
incarnato, 6c^ con
Pali come li w_J
altrimeft; porterà in
capo vna ghirlanda
di' virgulti di quercia
con_, ghiande, con la
deftra mano il
legno dello Scorpione, et con
la finiftra.» rna bella
ceftella piena di
forbe,nefpole, fonghidrpiù forte,
caftagne con cci, et lenza
„•■ Fiì chiamato quefto
mefe Domitiano, da
Oomitiano Imperatore : ma per :ereto
del Senato, et à
quefto, ÓC^ a
quello meritamente furono
cancella-, fi come
erano ftati tirannicamente importi,
ÓC^gli reitò il
nome antico Ottobre, per
ellèr l'ottauo in
ordine» Gli lì da il veftimentodi
colot incarnato, perche
declinando il So'e
ne! co'» tio hiemale
comincia à riftringerfi
l'hurnore nelle piante,
onde le loro
foglia uentano del detto
colore** Dipingeii conio feorpione,
perche in quefto
mefe il Sole
(T ritroua (òtto filo
fegno, &T è
chiamato Scorpione dalla
figura dalle ftelle,
e da l'efletci, ìe
produce in quefte
parti,imperòche,corr e lo
feorpione col fuo
veleno punendo da la
morte,(è préfto non
fi (occorre à quelli, che
fon pvtnt, cos'
menie il Sole
in quefto fegno
per rinequalità del
tempo, apporta malattie
molto picolofe, et per
quefto dille Hippocrate
ne gl'aphorifmi, che
l'inequalità del i:mpo partori/ce
infermità,maiìime quando nel ì'ifteilo
giorno, hoia regna freddo,
ed hora caldo,
il che Ipellò
auuiene nell'autunno . La caftella
iopradetta contiene i
frutti* che porta
feco elio mefe. NOVEMBRE IOVANE "veftito
di colore delle
foglie, quando incominciano
a feckX càrfi,
&T cadono da
gli alberi, alato,
hauerà cinto il
capo d'vna ghicndadoliuo
col fuo frutto,
porterà nella deftra
mano il legno
del Sagittao-, et con
la finiftra vnà
tazza piena di
rape, tadici, cauoh,
ÓV^ altri rrutti, «ìe
il mele di
Nouembre porta feco* Il
tenere il Sagittario
nella deftra mano
ci lignifica, che
il Sole in
quefto iefe regna, &C
palla lotto qUefto
fegno » ilquale è
detto Sagittario, sì
dalia-* gura delle ftelle,
come anco da
gli affetti che
produce, poiché in
quefto 'mpofaettando dal Cielo
gràndine >pioggie, folgori,
arrecano non poco >auenti>, come
anco in quefto
inde più s
eferou la caccia,iaquaie fi
fa per li iettatori. La ghirlanda
di oliuo col
fratto è fegno
di quefto tempo,
nel quale l'oj ì
C 3 Imagià jf
lió'a già matura
fi coglie per
farne folio, liquore
'vtiliiTìmo per più
cofé alla. vita humana . Si'chiama Nouembredal
numero, per cfler
il none,fi come
anco il fèguen te
per eilèr il
decimo fi chiama
Decembre . DEC'E.MBRi GfO V AN
E di afpectohorrido, come
anco faranno gli
altri due mei fèguenti,
veftito di nero, alato,
con la deftra manoterrà
il capricor bo,& con
la finiftra "Yna
ta^za piena di
tartufi . Horrido, et veftito
di nero fi
dipinge .perche in
quefto mefe la
terra è fpc gliata d'ogni Tuo
adornamelo, che perciò
afico fi rapprefenta
fenz* ghirlandi Per il
capricorno fegno celefte,
fi dimoftra quefto
mefe, nel quale
il SòleJ cammina per
dettofegno: è detto-capricorno, perche
8 fi come
il capricorno! pafee nelli
precipiti], &C monti
akillimi, così in
quefto mele il
Soie e in il
oiflìmo grado verfo'l
mezzo giorno . Se gli
da i tartufi,
perche quelli nel
mefe d'i Decembre
fi crouano in maj
gk>r quantità, et più
perfetti » GENNARO GIOVANE alato, et veftito
di bianco, il
quale terrà con
ambe le mi ni
il fegno d'acquario . "'Quello mefe,
óc^ il fecondo
furono aggiunti all'anno
di -Romolo da Ni'
ma Pompilio,& chiamato
quefto da lano
lanuario, perche fi
come lano fi i
con due
facCie, oueto perche
eflendofi r folute l'acque,
è teaipo di
pefeagione . " MESI 4 39 U E
5 I fecondo V agricolture* GENNARI BtÓ M O di-virile afpetto, che
ftando a Iato cfvna ruota
d'arrotare ferramenti,
tenghicoìi la delira?
mano vn rottelo,
e con la
finiftrà motti con il
diro indice diuerfi
ferramenti' necefiTarij
all'Agricoltura, quali Mano ler
terra da vna
banda, et dall'altra
vi* gallo» Dipingefi di
mirile afpetto *
oX^ con il
roncio nella delira
mano, perciohe in
quefto mefe ir
diligente Padre di
famiglia, ò altri
che fanno arte
di carni o, porranno
riuedere tutti li
ferramenti, che fi
fogtiorio adoperare ali
coltiuatione delle 'vigne
» cerne ronci,
b felcetti, iquali
feruano per otart., Si moftra,
che ftia accanto
ad 'Vn-a ruòta,
perche conuiene hauere
in que:o mefe
(eiTendo egli ieeondor moderni principio
dell' anno y coti, pietre^, uete per
arrotare %-òC aguzzare
detti ferramenri!fottih\ et che
taglfno ben*, Ìome dice
Coliirnella Ifb. £.
cap. 24. Duris
tenuijfimisqueferr amentis omne puf
rufiicum exeqnendum . Moftra con la finiftra
matto? detti ferramenti,
perche Mmirmente iii
decito mele, eh» fa
arte di Campo
deuemettcre in ordine
le gomere con
li fuoi »af ri,
ricalcare 'Vanghe, bidenti,
papponi, cV^ altri
ferramenti neceffàrij,per
patìfcrfene poi a
feruire nel fèguente
mele, perche dice
Marco Catone de rti
rafticar cap; 5.
Omnia mature conficias,
nani res rufthafic
cHfì vnam rem
fere veceris omnia opera
fero facies, Bifogna' dunque che
fia molto vigilante,
5^ fi negoti
j non vadinè
trattenendoli di gforno in
giorno, che perciò
gli fi dipinge
il gallo a
canto, èC* tqueflo propofito
far* bene, che
io faccia mentione di
quello che narra
Plinio lib. 1 8. cap.
6. mcftrando quandiofia
Vtile ah" Agricoltori
l'cffere vigilanti, 6V"
laboriofi . * G. Furio
Crefinà, dlfcniauo che
eglì èra, fatto franco,
ricogliendo in vnJ eampo
molto piccolo,' molto
puì che i
fuoi vicini nelle
pofie{Eoni grandi, tra molto
odiato, come re'
per incanti egli
haueflè tirate a
fé le biade, dei
campi vicini .
Per la qt?af
cofatelTendo citato da
Spurio Àlbinio Edile* Curule, &C
acculato al Popolo,
&C perciò temendo
egli d'efler condannato percioche bifognaua,
chele Tribù fnetteilèro
il partito, comparue
in giudi* »o, èv.
portò quiui tutti
i Tuoi ferramenti,con quali
egli lauoraua, &C
me» nò vna fua
figliuola ben guarnita,
àC veftita. I
ferramenti erano graui,
&T grandi, et ben
fatti zappe grandi
jtoon piccoli vomeri,
òC boui ben
pafeiu*i > $C~
difle . O Cittadini
Romani, quefti fono
i miei incantefmi,
ma noe C 4
vipof vi pollò già,
come io vi
moftro i miei
ferramenti, inoltratele -vigilie,
le fati che,& i
(udori miei. Et
ciò detto fu^floiuto. Febraro.. HVomo d*et^
"virile, che ftando
in^nacvignamofliri potar «quella./ . Sono due
tempi di potare:
ma fecondo Magone
fi pota pnma
che ger àiinì la
"Vite, pcrehe eiìendo
piena d'humori pigliaieggier
ferita, et vgualc, perefifte al coltello, VN
giouane convna vanga
in mano, 8c
moftri di fcàl^are
lcviti,& di vn latofia
^n cauallo. Si dipingegiouane, per
eflerroperadella^vangadi
gran fatica, e
perei», in quefto mefe
fi comincia à
/calzare le che in quello
mefe fi comincia
à mietere l'orzo»
c# .\| poi il
grano,onde fi potrà
dipingere. Vn contadino giouane
con braccia nude,8^
che renghi con
'a delira ma5
vna tagliente falce,
conia quale cagli
i anioni delle
fpighedi grano, Ic^ jali
raccoglie con la
finiftramano: ouero che
moliti d'bauer mietuto, et che
elio grano faccia
vna meta . Deuefi _,
come racconta Columelk
libro fecondo de
Agricoltura, che iru ietto
mefe,.oue faranno mature
le biade mieterle,
prima che fi
abbrucino . i "vapori
della fiate, che
iono nell'apparir della Canicula grandiffimi.
Pefi deuono mietere
in fretta *
perciòche ènoiofo ogni
tardare, ellèndncheeccelli . ck
altri animali fanno
danno, come anco
eflendo Zecche le
gufeie, frani, óc^ le
fpighe cadono, però,
come ho detto,
fi deue miecere
quand» iualmence le biade
ingiallirono . luglio . )
Ercheil più notabile
effetto di quello
mefe è la
ricolta de ì grani dipingeremo per eflo. Vn contadino
tobufto in vjrTaia .,
mezzo nudo, terrà
con ambe le
mani va rreggiato, il
quale è iftromento
da battere il
grano, &C flando
con bella itudine moftri
di batter il
grano, il qualelàrà
lleló neLTaia,a canto
alla quaà farà
vna pala, vn
raflello, 6c altri
iflxumentiper fimile efercitio. Sgotto. T N
huomo, che dia
in atto di
acconciare botti, tini,
bigonzi, e bari1i,haV uendo
appretto di fé
tutti queJIi inftromenti
necellàrij a fimile
vffitio, ecofi.narra
Palladio iib.p. dereruftica. Si potrà
anco dipingerli a
cantò vna chioccia
con i pulcini,attefo che
i polche nafeono di
quello mele/anno più
vouaalTai de gli
air ti, i quali nafeon© altri
meli.. Settembre. T Vomo, chetenghì
vn ceftopieno d'vue,
con le cofeie,
e gambe nude i
jl come quellijche
s 'occupano ne gl'eferciti
j di cauar
il mollo da
l'vue, I a canto
vi fai à vn tino
pieno d'vue, le
quali moilrando d'elier
pelìe da elio, o
e/chi il modo,
Se entri in
vn'altro vaio . EperelTer anco
che in quello
mele fi fa
il mele non
farà fuor di
propofito netterui a canto
due, b ere
copelle d'api. Ottobre. E Huomo
che tenghi con
la man finiftra
vn cedo pieno
di grano,6VT eoa la
delira pigliando eflo
grano mollri di
fpaigerlo in terra,
c\_ ch(L> ìghi coperto
da vnq che
(limoli i buoi,
i quali tirano
vn' aratro, 6^
anche, feccndo Hefiodo,
ilqualfùilprimo,chefcriueirede
l'Agricoltu( come narra
Plinio libro 1 8.
) fi deue
feminare alli dieci
di Nouembce_.', : in tal
giorno tramontano le
Vergiiie, lette giorni
dipoi logliono per >iù
leguir le pioggie,
6\^ efier fauoreuoli
alle biade leminate,
nondimeper la varietà
deÙi terreni caldi, et freddi
fi femina più
pretto, ò più
tardi. Ma ' +2 Ma
per nonconfondere le
noftre pitture, Se
terminare cialcun mefe
ì.'offècio Tuo, faremo
che in quefto
fi femini il
grano, come cofa
principale al vi« «ere
humano. %outmhre\ ET perche Tulio
è molto nccelìario
all' huomo,non folo per
mangiare^™, anco per
molti altri cominodi,
faremo che in
quefto mete, cerne
narr Palladio lib . 12. de re
runica fi faccia
l'oli©, per eflère,
come habbramo det to;,, molto neccllario,
come fi vede
in tutte lefcritture
facre, eflèndo, che e
quefto pretioib liquore. non
folo fi ferue
in condirei cibi,
ma anco in
confc crare li miniftri
delia Santa Ghiera,&
l'altre cofe a
lei pertinenti . Dunque dipingeremo
vn'huomo, che tenghi
con la delira
mano rna sfei za, et vadi
dietro a vn
cauallo y il
quale fìa attacato
ad vna ruota
da mol ine oue fi
macinai oline, Se
allaradi ella vi
fia vn monte
d'oliue, de 'Vnapala torchio, UcCcohìJSc
quanto farà bifogno
a tal'officio . Decembre;
HVbmo robuftoV che
con amba le
mani tenghi ~vn'accetta,& con
bella ipofitione raoftridi tagliar
vn' arbore ... Secondo
Palladio libi ì^, de re
mitica, eilèndò Decembre
principio de l uerno,
Se l'aria fredda,
la virtù de
gl'alberi fi concentra
in elfi, Se
fono più rabili li
legnami per le
fabbriche, Se per
far ogn'alcrajopeta,. doue
che in qu fto
mefe fi, tagliono
non iolo le
lelue per far
legnami per.,lefabbrrche,s II
chmefe la terra
quali dal Tonno
de l'inuerno gii ida
fi lueglia, e
fi riuefte di
nuoue pompe conuenienti
a le ftefla,
che ibno> nerbe, le
foglie, &i fiori. Et
pero gli huominiairhora facilmente
s'incitano al piacere
conleappanze della -vaghezza del
mondo, 6^ fi
gode con allegrezza
tutto quello* ìelaterra produce^ontano dalla malenconia,«flèndo -che quefto
mefeap>rca allegrezza infinita . Giugno. f T Vomo vertito
da contadi no con
-vna ghirlanda dì
fiori di lino,
fta inu» il mezzo
d'vn campo pieno
di verdure, -e tiene
vna falce^fenara . Si dipinge
così, perche in
quefto mele fecoado
Euftachio ì^Soie prende
vi>re, et li fccca
fi fieno, et fi
miete . luglio s T Vomo
me^zo nudo chinato*
che con la
delira mano tiene
vna taglien~A te
falce, con la
quale taglia i
couoni de le
fpighe di grano,
1 «quali egli cco^lìrron lafmìftra
mano, tiene in
capo vn capello
largo, col quàfe
moftra dif nderfi da
l'acccfo calor del
Sole. IL SIGNIFICATO di
quanto habbiamo dettoci
quèfta imagine, Se
ch'effondo i ani maturi
frfògiion tagliar quando
fi Solchi più
'vigore » •sigofìo. jr Vomo
ignudo, il qual
moftra di elfer '"vfeito da*vn
Humeè, eflèrfila* "Ì uato,
&P portoli à
la riua di
quello, a fèdere,
fi cuopre con
vn panno di io
le parti men'honelte, et moftra
per r«ccelIìuo caldo
fofpirare> et metterfi ia
ta^a alla bocca
per bete . Queita figura,
che nel bagno
fi latta, 9>C
che beua, altranon
dinota, ch'i! tfeimento della
canicula, da cui
radoppiato il caldo
gl'huomini ^hanno bifò* io
di bagnarli per
vmcttare il corpo,
e bére per ipegnerla
fece . Settembre, jr Vomo anch'elio
in hàbito di
contadino, con "vna
ghirlanda di pampt"1
ne in teila,tiene
in mano alcuni
grappi di vua
con le gambe, et cofeie ìde,
come quelli che
fi occupano nello
efercitio di cauare
il mofto da
l'vue ì Et a
canto vi è
vn tino pieno
di vue pefte,
ck^ 4a etto
tino efceil mofto, et itta
in vn'altro vaia . Altro
non dimòftra quèfta
figura fé non
la vendemmia, laquale
fi fuo! far fi
mefe di Settembre
quando l'vue fono
mature ■•„ ^ ^
Ottobre. f 7 N
gioflane in *vn
pràto,8c^ in elio
moftri di hauer
piantato molte fra,* V
/che, (k in
quelle fi vede
hauerci teli fottiliffimi
lacci, Si reti,
acciòchè eccelli non pur
non s'auuedano dell'inganno -, ma
ancora non pollano
"ve:r quelli, che
per lo prato
fparfi dolcemente cantano,
8^ non molto
lonta> fta il
detto giouanetto nafeofto
in cappà'nello,& ridènte
moftra di ammaz
. ire *\a prefo
'vcceilo > il
quale farà con
l'ali aperte per
tentare disvoler ggire» ' Cife
^ Ciò
SIGNIFICA CHE nel mese d’O
tcobre fi da
principio alle cuceie
per piglia gli vccelli . 7{purmbre, Vnomo, che
(limola i buoi,
i quali tirano
""vno aratro in
mezzo di | H no cimpo. Colini, il
quale con fatica
s'appoggia all'aratro, moftra
la fi agio
n de la de,
lequali,come dice Euftachio,
e molto atto
a l'elercitio de
Tarare. Decembre. HVomo, che tiene
con la man
finiftra vn certo
pieno di Temente
di gran la quale
con la man
deftra moftra di
ipargerlo in terra,
laquale vien ce perta
da alcuni lauoratori . Ciò dimoftra
il tempo delle
Cernente,fe quali Ci
Cogliono con /autoriti detto Euftachio
fpargere in terra
il mefe di
Decembre* Gennaro * VN giouane,
ilquale moftra d'andare
a caccia con
diuerri cani, tiene
e vna mano vn
corno da ibnore
> 6^ in
ipalk vn Laftone,
col qi porta vn
lepre con altri
animali • Con quefto
C\ moftra il
tempo d'andar a
caccia, percioche eftèndo
ripofi il guano, et il
vino, Se raccolte
tutte l'altre cofe,
che fono vtili
alia vita hum^ na,
l'huomo Ce ne
va quefto mete
di Gennaro a
caccia . Febraro . \J N vecchio
crefpo, canuto, veftito
di pelle fin*a
i piedi, fta
a redere aj! predo vn
gran fuoco, et moftra
fcaldarfi. Quella figura moftra
non pur l'apprezza
de l'inuerno, ma
il freddo de fa
vecchiezza, fi come
fi fuo! dire. La
fiagion fredda, e*
piaceri amorofi Condotto l'hanno
Jìar vicin al
fuoco Dal vigor naturai
coHui fogliando MESE IN GENERALE. GIOVANE "veftito
di bianco, con
due cornetti bianch?,
volti ve^ la terra,
c\^ terrà la
mano (opra vn
vitello d'vn corno
iolo, $C fy coronato
di palma . Et il
mefe da Orfeo
domandato Vìcello di
vn corno, folo,
perche in quelj modo
fi ha la
defìnitione del Mefe,
il quale non
è alcro,che il
corfo,che fa, Luna per
li dodici Segni
del Zodiaco, nel
quale viaggio, pare
à gli occhi
d ftri,che parte del
tempo crefea, et parte
feemi . Lo feemare fi
dimoftra col corno
tagliato, Se col
crei cere Yeti
del *vitell| il quale
per Ce ftellb
Ci 'viene aumentando
col crei cere,
6^ ^ col
calare dellji Luna ;
peto la Luna
è da Apollodoro,
Se da alcuni
altri fautori dimanda Taurione_, . Le due
corna della tefta,dimoftn:rio l'apparenza
che fa elfa
à noi altri,
qui do è nella
fine del mele . Fuftachio dimanda
il mele bue,corr
e cagione della
generatione,comme» tando il primo
libro dell'iliade . i La
palrn_ ogni nuoua
Luna manda fuori
~vn nuouo ramo,
&C quando | Luna ,
^j .una ha 'vent'otto
giorni, ella ha
T'vltima parte di
fuori illuminata, in-, nodo
che, l'eftreme parti
della Luna riguardano
all'ingiù, .6^ de*
fuoi frut' quelli
pia fi (limano,
per alcune medicine,
i quali hanno
forma più rimili i Ila
Luna . Si potrà fare
ancora con Therba
detta Lunaria, la
quale fi forine
eflere di al natura,
che ogei giorno
pe*de*vna foglia,, finche
la Luna-cala, pei al erecere
d'eoa,.crefce ogni giorno
all'kcrba vn altra
«foglia, talchejn vn^ai
mec tu tte
le per de,
e racquifta . METAFISICA DONNA con vn globo, et *vn horofogio (òtto ali!
piedi, narrerà gli occhi
bendati, ó^T'in capo
'*vna-corona,facendo con la
deftra mano vn ;efto
tale, che dia
legno di conternplatione, &C
con la finiftra
tenga vn feetro,perche
effondo ella Regina
di tutte l'altre
faenze acqui fta
te. per lume
narrale, òC fprezzando lecofe
foggettc allamutatione, eàl
tempo confiderà e co (e fuperiori
con la fòla
forza dell'intelletto,mon curando
del fènfo . j MeHpfica . DOnna, che
fotto al piede
finirli o tenjra
vn globo, conia
delira mano appoggiata alla guancia,&
che.ftiaj>enfòfa.j òC^xon la
finiftra mano ftù n
atto di accennare
. Per la palla
confiderà il mondo
tutto, S^lecofé co
rrutibili,cnc fòggia^:tono,come "vili
a quefta feienza
3 la quale
s'inalza folo allecofe-cclefti,*^ liuine • a M INACCI£ DONNA con
la bocca aperta
-, con acconciatura
di tefta> ohe
rappr*» lenti *vn moftro
fpauenteuole, veftita di
bigio -ricamato «Hco'flb, 8£"" aero, in
vna man oterrà vna
fpada, cV^ -nell'altro
vn battone in
atto minac:ieuole_, . Minaccie
fon le dimoftrationi, che
fi-fimno per fipauentare, et dar
terrore altrui, cVT*
perche in quattro
maniere può nafeere
k> fpauento, però quattro
cote principali fi
notano in quella
figura descritta da
Euftachio, d^ fono la
tefta, il vellico,
la fpada, et il
barione-» Si fa con
la bocca aperta,
per dimoftrare, che
l'impeto delle minacele
f* la voce, il
quale poi accrefe e.
ìpauento-a quelli, perche
fi grida, Òc^
perche nel gridare fi
còmmuoue il -fàftgue,
fi porta fèmpreyn
non foche ;ipa* uenteuole nella
faccia, 6^_ fi
come; la voce
còmmuoue l'orecchie, Così,i
li» neamenti della faccia
fpauentano per la
vi fra difpiaceuole,
come ancora lau» horribile acconciatura
della fuatefta> Il veftito
bigio per cfTer
quefto colore compofto
di bianco, 6^
di nero, e metto
per fomigliar la
nottc,ch'è fpauenteuoIe,non quando
è ofcuriffima:ma quando ha
folo tanta luce,
che fèrua per
veder le forme
fpauenteuoli»che fi iponno rapprefentatconfufainente in
etfà,per quefto fi
dice da' Poeti
l'inferno iiflèr pìen di
oicura luce, et Virgilio nel
6", dell'Eneide ditle ., '
ì^uate ** luì Quale perincertam
lunamfub luce maligna E(ì
iter injylus vbi
calum e onditi t
ymbra, luppiter,&c, Il ricamp rollò» et nero»
moftra che il
minaccio £ /fendè per
ipauen al /angue, ouero
alla morte . Il
baftone, Se la
fpada, fann»conofcerequa£fortedi
minacele fi deue
ad perare con nemici
valoroii>& quale con
fetuitori > Se genti
plebee >che po> iànno,
Se conofeono delle
cofe d'honore «, MlSERIA, Vedi a
Calamità . Miferìa Mondana,
DONNA, che tenga
la tefta dentro
ad vna palla
dr vetro r
&Cz\ tra/parente, Se con
vna borfa verfi
denari,& gioie* « La
tefta ne la
palla di vetro
facilmente per la
continoua efperienza de li
vanità di quella
vita, fi comprende
quel che lignifichi*
e eiafeun per
fé ftd nel peregrinaggio
di quefti pochi
giorni, che ftiamo
fopra la terra
> /a quan yani fian©
Jj noftri defideri j,
Se córte le
noftre fperanze La
tefta fi piglia
per il pensièro,
effetto dell'anima in
effà . Il vetro
moftra la 'vanità delle cofè
mondane per la
fragilità fila, oué perche
la mi/èria humana
confifte incedere in
qua! parte Fhuomo/
fi "voi alle cofe
maggiori di quef
cftè fono, (limando
gran cofa gl'honori,
le riccb 2(e, Se
còfè fimi li,
che poi fèn^a
il vetro, fi
'Vede che fono
vanità, et mitèni ouero,
che come il
vetro non terminala
villa di quello,
che vf guard»,peri fer corpo
diafano, così le ricche^xe,
SC* beni del mondo
non danno mai te
mine a
noftri penfieri, an^i,
che tuttauia accrefeono
il defiderio di
paflan auanti, e con
quefto infelice continou©
flimolo ci conducemo
miferar>iea alla morte. La borfà,
che élla verfà,
moftra, che come
volgarmente fi crede
eflcre fèj ce chi
ha gran facoltà,
cosi fi vede
etler priuo di
gran commodi chi
ne èfci za, il
che facilmente pub
fuccedere a ciafeuno . MISERICORDIA. Vedi alle
Beatitudini. Miferìeordia DONNA
di carnagione bianca,
hauer* gli occhi
groflì, Se il
nafo -*— * quaritò aquilino,
con vna ghirlanda
d'oliua in capo,
ftando con f braccia
aperte, ma tenga
con là deftra
mano vn ramo
di cedrò con il frut *
canto vi fari
l'vccello pola>otfero cornacchia . Mifericordia è
vn affetto dell'animo
compaffioneuole verfò
l'altrui mah come dice
S. Giouanni Damasceno
lib. a. cap. 24. La
carnagione bianca, gl'occhi
groflì, fi come
offerii Sig.Fuluio Orfino De
familijs Romanorum nella
Gente Crepufia, doue 5tte
vna medaglia, nel
cui diritto leggeri
dietro vna tefta .
L. CENSORIN. 1 riuerfo
vna "virtoria fopra
-vn carro tirato
da due Caualli
in atto di
corre-,fotto li quali -vi
fono quefti nomi.
C. LIMETA. P.
CREPVSJ . che^' no i
detti deputati /òpra
la zecca, dal
qual riuerfo apparisce,
che . C. LIETA, nqn
può lignificare altro,
che Caius Limetanus,
attefoche faria -vn© ropofito
a mettere C.
Limitibus metandis .
fotto due caualli
.la medaglia Caio Mamilio
Limetano da Pierio
non conofciuta -vedefi
raprefentata al iuo in
iftampa nella medefima
opera dell'Orlino, doue
tratta della Gente^ amilia,cV~ proua
per autorità di
Saluftio,che detto C.
Mamilio fu anco
Trimo della Plebe,
ini chiaramente fi
viene in cognitione, che
quel Simolacro n habito
palliato, corto, &C
foccinto, col cappelletto
in tefta, con
il baftos In
mano, éV^ con
il cane a piedi, che
ha la tefta
alzata, cV~ bocca
aperta erfò lui, è
VlifTe, che doppo
xx. anni fé
ne ritornò a
caia fila incognito
fòt-, Tfeentito habito di
mendico, riconofciuto per
patrone da Argo
filo canet quale imagine
fece imprimere Caio
Mamilio Limetano per
memoria, cho fua gente
Mamilia djfcendeua da
Mamilia figlia di
Telogono, che fd
figlirio di Vlifie
nato di Circe,
cV^ è quello
che edificò nel
Latio Frafcati, cofi
fcriue Sedo Pompeo,
Plutarco, Acrone, òC
Porfirio Interprete d'Horaj,
però i più
antichi Marnili j furono
cognominati Tufculani, il
primo che^» troui è
Ottauio Mamilio Tufculano:
Cicerone lib. 2.
de Natur. Deorurru tpud
Regillum beilo latinorum,
cum ^4ul. Tofthumius
Difiator cum OSlauh tamilio Tufculano
prillo dìmicaret, in
nofira ade Caftort&
Tollux ex equis pn taretiififunt.llquzle Ottauio
Mamilio fu Genero
di Tarquinio Superbo,
cole attefta Liuio nella
Decade prima del
terzo libro, quando
ragiona di Tarqui io
Rè,che fi conciliaua
la gratia de
Principali Latini con
gli alloggi, e
parente. O&auio Mamilio Tufculano
( is longèTrinceps latini
nominis erat, fi wc credimus, ab Vliffe Dcaqi
Circe oriundus ) ei Mamilio
pliamnuptam dat :f>
fcaeI S» tacciato dal
Regno Tarquinio Superbo
doppo 5 2.
anni eflendo Confoli
Li rio MinutioCarbeto, c^ Caio
NautioRutilio, fu Lucio
MamilioTufculan faito
Cittadino Romano, di che
Liuio Decade prima.lib.3.
L. Mamilio Tufct Iaoo
approbantibus cunctis Ciuitas
data eft. 400.
anni doppo in
circa Cai Mamilio Liuetano
per memoria della
Tua flirpedifcefa da
VlilTe, fece impc mer
la (ùdetta medaglia
« li cappclletto,che portaìn
tefta lenza falda,
è di quelli
fatti a gulfa
di mcz ouo di
Struzzo, nella forma
che (ì vede
in capo alle
ftatue di Caftore,
oc"~ Po luce guerrieri
la conici, di
che Pompeo Fedo
* Tika-Caflori, per
non dar fi a conofeere
: maL» ella medaglia
vi ftà imprefto,
ouero per aggiunto,
nella guifa, che
lo aggiunin quelli
tempi Nicomacho, tanto
più che nelii
verfi d'Homero (
che per tal mto
più abailò Doneremo
) non fi
nomina ; ouero
perche Vlille fta
figurato ;r viaggio, penfando
CaioMamilio,che la fece
battere all'vio di
Roma,atte che ì
Romani per viaggio
portauano il cappello
. Tarquinio Prifco
auanti [(Te R è
andando a Roma
*vn*Aquila gli tolte
il cappello, óc^
vn'alta Aquila ce il
fimile a Diadumeno figlio di
Macrino Imperatore mentre
andaua a f paf
> in
campagna : in
Citta non l'vfàuano
i Romani :
Giufto Lipfio lib.
primo edorum cap. 23.
afferma che i
Romani andauano (coperti, et non
portaua» 0 all'vianza noftra
i capelli, diche
promette trattarne a
pieno nelli fuoi
Saìrnali, a quali
rimetto il lettore,
non hauendoli io
veduti ; in
qua»to al dubio,
che iui muoue
fopra autori, che
fanno mentione di
feoprirfi la tefta
per onorar altri, tra
quali Seneca, Saluftio, et Plutarco,
che nelli precetti
di regere la
Republica, et nella
vita di Pompeo
ragionando deirhonore »
che facea Siila
a Pompeo, dice
che auanti di
lui ancorché giouane
fi leuaua in
piedi, fi feopriua tefta:
fi può rifpondere,
che fé vn
Cittadino Romano era
in Citta feopriua la
tefta con quella
parte di toga,
che in teda
rauuolgeua ogni Citrino,
s'era per viaggio
fi leuaua il
cappello . il medemo
cap pelio da
viaggio tetto da Giulio
Capitolino Cucullione porrauafi
anco di notte,
fi come riferire nella vita
di Vero Imperatore,
il quale ad
imi catione de'vitij
di Caligola,& i Nerone
andaua la notte
in volta con
vn cappello in
tefta per le
tauerne,6e^ iioghi public! di
Donne infami,oue incognito
fi mefchiaua con
taglia cantoni, ! sgherri
per attaccar rilfe,
dalle quali bene
fpelfo fé ne
partiua con la
faccia** immaccata,& liuida, tornandotene
a Palazzo tutto
afflitto . In
tantum uitiown Caìanorum, et T^cronianorum,
ac Vìtellianorumfuiffe Amulum,
>t uagsttur notte
per tabernas^c lupanari
a obtecte capite
Cucullione uulgarì uiatorh, fr
commifeeretur cum triconius, et committeret rixudifjtmulans quis
efiet, Apeque ajflictum liuida
facie rediifiey& in
tabernis agnitumjcumfefe abfconàjéìc
. Cuculio Santonico
da Giouuenale nella
Satira ottaua chiamato" il
capeio alla Franzefe,
che i vagabondi
adulteri di notte
portauano. tfocturnus adul(•k
Tempora Santonico ueUs
adoperiti cuculio} D %
Nella Sumere notturno*
Meretrix *Aug. cuculio s>
Lìqbat comite anelila
no aplius », Et
nìgrumflauo crìnem ascondente
galero . Se ben forfè
legger fi potrei, Et
mgrumflauum
crinemabfcondente galero, più
verifimile è, che
il biorB quello luogo
Ha epitheto della
chiomsu, che del
cappello, Virgilio nel
4,r Eneide al crine
da pure l'epitheto
di biondo . Et
crinesflauos,& membri
cor a
iuuent come guida
alla patria con
tal fèntimento di
parole . Hunc auttm refpondens
allocutuseft prudens Vlyflcs Cognojco, mente
teneo, ))&c iam
intelligenti iubes • Sed
camus, tu autem
poftea ajjìdueduc, Ha autem
mihifìcubi baculum incifum eft, Vt
innitar., quoniam d
kitis valde Inbricam
ejìe vìam • •] Dixit, et circum
bumeros deturpem impojuit
peram Denfis fcrutis rimofam,
tortilis vero eratfunis . Eàmaus autem
ei baculum gratum
dedit. Hi iuerunt,ftabulum autem
canes, et paftorts
uku Cuftodkbant d i
•munente s, bic autem
in ciuitatem duxit J^gem
Vaupcri tri/ti fimilem,&.
Maculo innitentem, b&c
autem triftia circum
corpus vefiimenta indutusi Più
abaifo rifenice Homero,
quando il cane
Argo lo riconobbe
doppo xn* Cani* Pierio
piglia Mercurio, fcolpit© lei
diritto di detta
medaglia per (imbolo
della Concordia, che
ne deue feguie
doppo la limitatone
della mifara ; nel che
parimenti i rra,
elTendo in queft© topronto, Mercurio
figura dell'eloquenza, et fapienza
d'VliflTe, al quale
Merlino Tuo protettore diede
( cerne canta
Homero nella X.
Odiilèa ) contro
gii ricanti di Circe,
i'ht rba Moli difficile a
(canard, della cui d
fficultà Piin.lib.2 5. ap.4. la
quale Herba è
gierolifico della (apienza,
òC* eloquenza, che
difficilncnte da gli
huomini s'acquifta, con
la quale Vlifle
potè far refiften^a
a giornanti di Circe,
cioè alli piaceri,
òC alle fen(ualit Procace tr
.2 gli Albani,
Aza nella Giudea,
6^ Ciercboam in
G'erualemme regnauano ; ma
è facil cofa,
cr e intenda
di mifure di
cole liqu de,
flc"~ roinute_ .
Geliio citato da
Plinio libro fèttimo,
capitolo cinqu2ntsfei,;!ttribuifcc^
l'inuentione delle mifure
a_, Pallamede, ó^
Plinio a_ Fi
don e Argiuo,
che-» filil decimo Principe
de gli Elei,
dhppo Hercolc potentiffimo
fra tutti gli altri
di fuo tempo,
per quanto riferifee
Stratone libro ottano,
doue nomiila la
mifura Fildonia, la
quale ier.ea dubbio
era di cofe
liquide, 6^ minute, D
3 fé pòS+
fé ponemo mente
a quel palio
di l heotoratfco
nelli Senatore nel
capitolo della Geometria,
oue narra, che
il primo,che mi; (urafle,
àC partiue la
terra fu l'Egittio Trimum ^fegiptius
dominis pr* prijsfertur effe
partitus,cuius difciplina magiari
mmfores ante dicebantur qual fuiTequefto
Egittìo, trouafi in
Herodoto lib. 2.
chiamato Sefoftre, da. alcuni
Sefofe, difeefo dall'
Arabia, primo Rè
di Egitto, il
quale diftribuì ai ogni
fuo valìallo vna
egual portione di
terra, 6^ v'impofe
vn datio da pa
gaffi ogni anno, et fé
à quaLchunogli fullè
ftato Iminuito il
terreno dalle in xaondationi, il
Rè mandaua ì
mifiirareil danno dato,
acciò fecondo la
tali fi defalcacele fmimiiue
il xiatio, di
qui la Geometria,
8C la Mifura
hebbe ori £ine, la
quale pafsò poi
nella Grecia . * li,
mifure, et geometria
edificar no» fi
debbe, perciò alcuni
applicano a lu quel
verfo d'Ouidio nel
primo delle Metamorfosi. Cautus bumum
lungo fìgnauit limite Menfor . E
la mifura figurata
da noi con
ifttcmenti, che (colpiti
fi "Yeggiono nelle, antiche infcrittioni
de' Romani, òCT
primieramente (e le
da nella man
deftn il piede Romano
principal mifura, dalla
quale tutte le
altre fi deriuano,
co ine la fudetta
Decempenda, Vlna, cubitum,
Orgya mifura di
fei piedi, fl^ plethrum
mifura di cento
piedi, oc"* altre,
che nomina Budeo
nel luogo cita* Co
» et con
quelle mifure de
piedi fi naiiuuuano
le miglia, li
ingerì, et lo
Itadio,che del Icmifwre, acciocfce
il Pubiico non
patilfe danno, fii
coramella al Prefetc» delle . >r fella
Città . SanTommallò
nel fecondo libro
del Regimento de'
Principi caltelo
quattordici, dice cheli
pcfi, 6^ le
mifure fono neceflarij
alla conferà htione della
Republica, percioche con
quelli fi conferua
la fedeltà nel
conlattare^ : Onde
l'Eterno Padre Iddio
nel Leuitico capitolo
dicianone, ord;landò a Mosè, che eilortalle il Popolo
a mantenetela giufticia,
propofe reiole della naturai
giuftitia_ ; non
farete, diile, cola
alcuna iniqua nel
pe/o, L nella mifura
. T^on facietis
iniquum aliquid in
iudicio, in rcgula,
in ponsre, et menfura
fiaterà iusla 3 et #qua
fint fondeva ;
iuslus modius, dquifyefextarms .
Soggiunge San Tommafo.
Ergo B^eges pondera, et menjuras ìadere debent populis fibifubitflisvt rtfleftin
commerci] sihabeant, La prelente
hgura può feruire
non folo per
mifura materiale de
(iti 9 cam1,6^
edifici), ma anco
per miiura morale
> òC moderatone
di fé medemo
: òre, dice. Tokhe
h Ihaurè mifìtrata,
la Ttrtica Mi dirà
quanto ella vai,
fino a vn
picchio, E molto propoi donata
a denotar la
miiura del proprio
*vhi€rt>, 8f far lo
(candiglio delle fue
facilità, perche .contenendoti
molte mifure-. i pertiche
nelli terreni, polleiìioni,
$C 'Ville, dalle
quali fé ne
caua-. 'Vitto lignificare in
quello luogo il
faper mifurare le
lpefc, aftenenofi dalle
fuperfluità, tk^ gouernandofi
conforme^ l'entrato iua, et indica
} che danao
le raccolte de
gli fuoi terreni
» •nd'è jS ond'è quel
detto di Perfio
poeta parlato in
prouerbio . M effe tenus propri*} uè . fa
le fpefe fecondo
la tua raccolta,
Si le tue
facoltà ; metafora
preia da Agricoltori, che
mifurano le fpefe
con f entrate;
> checauano dalle
raccolt delli campi loro,
altrimenti non fi
pub durare, quando
la fpefa fupera
il gì dagno. Horatiolib.
s.fatira^. Define eultummaioremeenfu, lana
la fpei maggiore dell* entrata,
non ti mettere
a far quel
che non puoi
; ma datti
e fura, de norma
da te ìtelfo
; dalla qual
norma farà figura
la quadra, da lat
detta norma, con
la quale fi
mifurano, et aguagliano
gli angoli, &C
per noi con la
quadra della ragione
dobbiamo aguagliare l'angolo
de la fpefa
e l'angolo dell'entrata, et dobbiamo
mi furar bene
l'vno, t\C l'altro
cantoi con la propria
mifura, conforme a
quel detto di
Luciano, Dijudices dimet tisq;
propria ytrumq; menfura.
fi che deuefi
ltare in ceruelìo, et viuere
a fei che è
il compaflo, col
qual dobbiamo mifurare
la circonferenza, &ape^ ra
della noftra bocca . Giouenale
fatira xi. Bucc£ Tfofcenda efl
menfura Ju&fpetlandaq; rebus Infummis, minimi fq;
etiam, cum Tifcis
emetur: 7v(e cupias Mullum,
cumfit ti Gobio
tantum . In loculis :
Quis enim te
deficiente cumenta, . Et enfiente
gula manet exitus
me paterno ì Ne'
quali verfi ci
fi dà ad
intendere, che non
fi deue mandare
ogni cofa per la
gola con parafiti,
in palli, in
banchetti, e conimi
; ma che ciafeuno
uè conoscere la
mifura della lua
bocca, óc^ che
fi deue riguardare
nellej fé grandi, et nelle
minime ancora /quando
fi compra il
Pefce,fe hai lolam te
modo da comperare
il Gò, pefee
da mercato, non
desiderare il Mullo condo
alcuni la triglia,
che vai più
; impercioche feemando
la borfa, &C
* feendo la gola,
non fi può
fperare fé non
efito cattiuo, et infelice
de l'heg tà paterna
; riducendofi poi in eftrema
miferia il diflìpatore,
e fpregatoreg fen^a mifura
è vilìùto . Il
jNiuello col perpendicolo
da' latini detto
Libe| tiene anco il
fuo miftico fentimento,attefò che
col niuellofi bilancia,
pel cofi, l'opera, facendoli
proua fé ella
è retta, giuda,
ó£~ vguale :
cofi noi p. mentf
dobbiamo ponere il
niuello fopra le
noftre opere, 8c^
con giufta tta bilanciare, et mifurare
la noftra conditione,
e lo (lato
noftro . Oportet autem
iuxtafuam quemq\ conditionem,
Vniufiuiufqi rei fpcclare
modum . Dille Pindaro
j Et perche col
perpendicolo, pelò di
piombo Ci mifura
l'altezza, dobbia anco noi
mifurare l'altezza de*
noftri penfieri col
perpendicolo del intellet Se
del giuditio, acciò
non facciamo cartelli
in aria . Quicquid excejjit
modum Tendet inviabili
loco . Dice Seneca nell'Edipo .
Ci òche efeede
il modo, et è
fuor di mifura
dep ere da loco
inftabile : ma
la mifura rende
il luogo ftabile,&
fermo,& li peni d'atti
oni graui, mifurati
con debita mifura, fi
pollono comportare. J^»i j
uà mctìtur pondera
[erre poteH, Veriò degno
di Valerio Martiale
. Deue dunque
ciafeuno portar Ceco mifura
d ella ragione
per mifurare le
lue operatioui, '6^
regolarli in qt co .
j9 ti debiti modi,
acciò polla caminare
in quefta 'vita
per la -via
diiitca, gin* » &»-_>
eguale fenza intoppo
alcuno . MODESTIA. N A giouanetta,
che tengha ne
la deftra mano
vno fcettro,in cima
del quale vi fia
vn'occhio, veftafi di
bianco, S: cingati
con vna cinta
d'oro, acon il capo
chino, fen^a ciuffo, et fenz'altro
ornamento di tefta . Santo
Agoftino dice,che la
modeftia è detta
dal modo?&~ il
modo è padre ie
l'ordine : di
modo che, la
modeftia confitte, in
ordinare, Se moderare
!e_^ >èrationi humane, òC
per far ciò,
bifogna collocare lo
feopo della noftra
inntione fuor d'ogni
termine eftremo dal
mancamento, §C dell'eccello,
tal le ne le
noftre attioni non
ci teniamo al
poco,ne al troppo,
ma ne la
~*ia di ezzo regolata
da la moderatione,
de la quale
n'è (imbolo l'occhio
in cima-» ; lo
feettro, percioche
.gl'antichi facerdoti 'Volendo
congieroclifico ligniflil moderatore,
foleuano fare 'vn'occhio,
óc^ vno feettro,
cofe molto concienti alla modeftia,
perche chi ha
modeftia > ha
occhio di non
calcare in qualche i fé qualche
mancamento, et chi
fi laffa reggere
dallo fcettro della
modeftia, sa frenare li Tuoi
penfieri, acciò non
incorrino nel fouerchio .
Modeftia enim ( fé
condo feri uè
Hugone autore efemplare
) cfl cultum, et motum, et omnem n
flram occupationem vltra
defeflum, et cifra
excefìum filiere. La Modeftia
dunque richiede, che
Phuomo fappia moderare
fé ftefTo,do particulare di Dio, come
Sotade antichiflimo potrà
greco lafsò fcritto. EsmodeHushoc Dei
manusputa. Modeftia prompta tunc
aderit tibi>fi moderabis
te ipfum . Il "veftimenro biancone
fegno di modeftia,& d'animo,il
qual contento dell co
fé premènti, par
che niente tenti
più alianti, ciò
narra Pierio Valerianolib,^ Si cinge
la modeftia con
cinta d'oro, perciò
che ancolediuine lettere
me Piante la (ìidetta
cinta dimoftrano la
temperanza, et la
modeftia, per la
quaì i larghi . et lafciui
defideri j, et sfrenate
cupidità, fi iiftrigono,& fi
raffrenano informandovi
dentro l'animo vna
pura modeftia, come
fi può comprendere
dà Salmo Eruóhuit, in
quei terzetto, Omnis gloria
eiusfilij$? Focato, con le
coma nella fronte,
che guardano in
Cielo,la barba lunga,
$0 pendente verfo il
petto, et ha
in luogo di
vefte vna pelle
di pantera, che li culpe il
petto,& le /palle,
tiene con IWna
delle mani vna
bacchetta, la cima
della quale è riuolta in
guifa di paftorale,
6^ con l'altra
la fiftola iftromento
di /ecce canne, dal
me^zo in giù
è in forma
di capra pelofo, et i fpido
. £c Silio Italico
lo dipinge ancor
egli in quefta
guifa cofi dicendo . lieto delle
fue fefte Tan
dimena la picciol coda, et bà
di acuto pino le
tempie cinte, e
dalla rubiconda fronte efeono
due breui corna,
e fon* l'kifpidaèarba feende
fopra il petto Dal
duro meno, e
porta quefto Dio Sempre
rna uerga paftorale
in mane Cui cinge
i fianchi di
timida Dama la maculofa
pelle il petto,
e il dorfo* Pan
è voce Greca,
6C in noftra
lingua lignifica l'vniuèrfo,
onde gli antichi polendo Tonificare
il Mondo per
quefta figura ante
ndeuano per li
corni nella-, ruifa che
dicemmo, il Sole,
c che fta
fopra gli altri Elementi, in
confine delie celcfti
sfere, La barba lunga,
che va giù
per lo petto,
mtfftracfoe i due
Elementi fùperioi, cioè
Paria, e'1 fuoco
fono di natura,
e forza inafehile,
comandano le loro jnpreffionidi natura
feminile. Ci rappre/ènta la
maculofa pelicene gli
cuopre il petto,
dc^ le fpalle,l'ot* ?aua sfera,
tutta dipinta di
chiariffime ftelle, la
quale parimente copte
tutt* juello che appartiene
alla natura deile
co/è. La verga dimoftra
il gouerno della
natura, per la
quale tutte le
cofe { ma/Une quelle
che mancano di
ragione ) fono
gouernate, àC nelle
fue operationi ono anco
à determinato fine . Si
dimoftra anco per la
'verga ritorta l'anno,
flqualfi ritorce in
(è ftefli. lell'altra mano
tiene la fiftula
delle fette canne,
perche fu Pan
il primo,ehc SC
altre fimili cofe,
eflèndo che nelf Europa
vi fono i
maggiori, e più ri
tenti Prencipi del
Mondo y come
la Maeftà Ce/àrea,
6^ il Sommo
Pontcf Romano, la cui
auttorità fi ftende
per tutto, doue
ha luogo la
Santiflìma \ Cattolica Fede
Chriftiana, laquale per
gratia del Signor
Iddio, hoggi è peri
nuta fin
al nuouo mondo. Il
cauallo, le più
forti d'armi, la
ciuetta /òpra il
libro, et li
diuerfi ftrume muficali, dimoftrano
che è ftata
tempre fuperiore à
l'altre parti del
mondo, rarmi,nelle lettere, et in
tutte l'arti liberali . Le
fquadre,i pennelli, et i
fcarpelli, lignificano hauer
hawuti,& hauere hti mini
illuftri,& d'ingegni preftantilTimi, sì
de Greci, Latin],
ò\^ altri eccell tiffimi nella
pittura, fcoltura,& architettura . Nell'I fola
di Candia da
Gioue in forma
di Toro, come
fingono i poeti: Europa
nella Medaglia di
Lucio VokeoStrabone,& altroue
è figurata D la,
fopra *\n Toro,che
la porta via. ASIA, DONNA coronata
di vnabelJiiTìma ghirlanda
di vaghi fiori, 8
la qual vogliono e
tenerle l' Imperio, si
deli* Afia maggiore,come de
la minore. La ghirlanda
di fiori > et frutti
è per lignificare
che l'Afia (
come riferiteci io. Boemo
) ha il
Cielo molto temperato,& benigno .
Onde produce non
fottuto quel che fa
meftiero al viuere
humano : ma
ancora ogni forte
di delit perciò
il Bembo così
di lei cantò . Nell'odorato, e
lucia' Oriente Là (otto
il vago, e
temperato Cielo, Viue ma
lieta, e riposata
gente, Che non l'offende
mai caldo, né
gielo . L'hàbìto ricco d'oro,&
di gioie concerto,
dimoftra non Colo
la copia grande, ie
ha di elle
quella feliciffima parte
del mondo,nu anco
il coftume delle
gen di quel paefe,
perciòche come narra
il fopradetto Gio.
Boemo non io
lo gì' Ivommi :
ma le donne
ancora portano pretiofi
ornamenti > collane,
maniglie» adenti, 6; vfano
altri diueifi abbigliamenti . E Tien
f* | Ticn conja
deftra mano i
rami di diuerfi
aromati, perciò èl'Afia
di efll et sì
feconda, che liberamente
gli di liribuìfce a.
tutte l'altre regioni . Il
fumigante incenfiero, dimodra
li fàoui >
^odoriferi liquori, gomme,5 fpetie,che producono
diuerfè Prouincie de
l'Afìa: laonde JLuigi
Tanfillo do cernente
cantò.Ut fpirauan foauì
.^irabi odori . Et particolarmente delfincenfo.
veti è in tanta copia,
che bada abbondati tementeper i
facrificjj a tutto
il mondo . Il Camelo
è animai molto
propio dell' Afia* 6^
di eflS Ci
feruono più, che. di
ogn'altro animale. ASIA
DONNA in
piedi, che nella
finiftraticne tre da
;dh, in vna
medaglia d A driano
di legnata da
Occone ab Vrbe
condita 8 75»vien
anco di fegna ta
neirifteflb luogo, Donna in
piedi, nella delira
vn fèrpente^nella.firiiftra vn
Jimone,, fòtto i piò
di vna
Prora con la
parola Alia, AFRICANA donna mora,
quàfì nuda, hauerà
li cappèlli crefpi-,
8tT /parfi,te nendo in
capo come per
cimiero ""vna tefta
di elefante, al
collo vn file di
coralli, ó^jdieflia l'orecchie
due pendenti, con
la deftra mano
tenga *vi icorpione»& co
la finiftra vn
cornucopia pien di
fpighedi grano ;
da vn lato
af preltò di lei
vi farà rviiferociflìmo leone, et da
l'altro vi fàranno.alcune viperei et fèrpenti
venenófi. Africarvna
delle^quattro parti del Mondo
è detta Africa,
quafi aprica, ciot vaga
dèi Sole, perche
è priua del
freddo, ouero.è detta
da Afro vno
de difeen» denti d'Abraham, come dice
Giofèfo. Sirapprefèntamora,
eflèndo l'Africa fòttopofta
al mej^zo dì,
ó^_ partt-. di ella
anco alla zona
torrida j ondegli Africani
vengono a&eflère naturalmeq te
bruni, et mori. Si
fa*nuda, perche non
abbondamolto di ricchezze
quetlopaefe., Xn tefta dell'Elefante
fi pone, perche
cosìftafatta nella Medaglia
deH*fmperadore.Adriano,>eirendo quelli animali
propine l'Africa, quali
menaci da quei popoli
in guerra, diedero
non folo mecauiglia
; ma da
principio fpauento a
R omani loro
nemici . :Li capelli neri, crefpi, coralli al
collo, 6^ orecchie, fonoornamenti
Joroj propij morefehi . Il ferociffimo
leone,il feorpione, Si.
gli altri -venenofi
Serpenti, dimoftrano» che nell'Africa
di tali animali
ve n'è molta
copia, et fono
infinitamente vene* noli, onde
fopra di ciò,
così dille Claudi.! no . 7^amq;feras aliis
tdlits maurufìa donu
Tr^buityhimfolì debet ccu
vi&a tributiti Il cornucopia
pieno di (pigne
di grano denota
l'abbondar:^, et fertilità
friH mentaria dell'Africa, dellaquale
ci fa fede
Horatio. QuicqHid de
Libycis verritur arcis. Et
*y ' Et Gio. Boemo
anch'egli nella detta
deferittione, che fa
de coftumi, leggi, f'vfanze di
tutte le genti, dice
che due 'Volte
l'anno gl'Africani mietono
le iade, hauendo medefimamente
due 'volte nell'anno l'eftate .
Et Ouidio nel luarto
libro delle Metamorfofi
anch'egli'. Cumquefuper Libyc àsuitlor
penderei arenas Gorgone}
capitisgutta cecìàertcruentA Quas burnus
exteptas uarìos ammauit in
angues ; VnàefrecjUens Illa
es~l, infeslaque terra
colubri* . r\ 'O NNA
che con la
finiftra tiene -"vn
leone legato con
vna fune, meda* LV
glia di Seuero
deferitta da Occone ab
Vrbe condì ta.p48.&
960, In meaglia
di Adriano tiene
vno scorpione nella
deftra, affila in
terra, nella finiftra 11
cornucopia . L'Africa con
la probofeide in
tefta de elefante
vedali in Fuiio
Orfini nella gente
Ceftia, Eppia 3Norbana, et nella
medaglia di Q^
Ceci0 Metello Pio. E
2 AMEICO NOLO G 1nora,
il che potrà
ancora alludere al
veflimento . Coronò quello pittore
l'offo del capo
d'erta di "vna
ghirlanda di -verde
alto, per inoltrare l'Imperio
fuo fopra ruttili
mortali, et la
legge perpetua^, E 3 nella
finifrra mano le
pinfo vn coltello
auuolto con *vn
ramo d'oliuo »
perche non fipuòauuicinarlapace, et il
com modo mondano,
che non s'auuicini ancpr la
morte, &la morte
per fé della
apporta pace, et quiete, et chela
fi» è ferita di;pace, et non
di guerra »
non hauendó chi
gli refifta, « Le
fa tenere vn
bordone dà peregrino
in su la
fpalla, carico di
corone, di mitre, di
cappelli, di libri,
ftrumenti muficali, collane
daCaualieri, anella da maritaggio,
OC gioie, tutti
iftromenti dell'allegrezze mondane,
lequali fabricano la Natura, et l'altre,
&ella emula ambedue,
-va per tutto
inquie. ta peregrinando, per
furare, bC ritornare
tutto quellojdi che
a l'induftria, et ai
fapere humano fecero
donatione . Ai Morfei SI può
anco figurare con
"vna fpada in
mano inatto mThacciéuolé,& neP l'altra
con vna fiamma
di fuoco, lignificando,
che la Motte
taglia, òC diuide il
mortale dall'immortale, 6c^_.
con la fiamma
abbrucia tutte lepfr te-ntiefenfitiue, togliendo
il 'vigore a'
fenfi, et col corpo
le riduce in
cenn* j:©>&.infummo.. :
Morto7* CW gran'confideratione farebbe
fondato all'autorità della
fc'ritturaS» era chi volette
dipingere la morte,ieconck> fu
moftrato in fpirito
ad'A mor Profeta, fi
come è regiftrato
nelle fue Profetie,
al cap. òttauo,
doue dice Vncinumpomomm ego
video, ciocche vedeua
la morte,non fòlocome
fi dipii gè ordinariamente con
là falce nella
finiftra mano, ma
anche con -vn
vncini nella deftra,perche sì
comeco la falce
fi lega il
fieno,& l'herbebatte,che ftin
sì come ne
l'Ode 28. deii'ifteilbli brodicc. mllum Sana
caput Vroferpinafugit. MORMORAI* IONEVedi
a Detrattione*. MOSTRI. PERC HE
molte volte occorre
di rapprefentare-diuerfi Mo(trì,sì
terreftri, come acquatici,
$C aerei, ho
trouato alcuni Poeti,
che ne fan no
memione ; onde
mi pare a
propofito di mefcolarii
inficine, per chi
ne ha ueràbiiògno. SCILLA . ?j %
CILLA. Secondo Homero nell'OdiJfea, VN moftro
herrendo dentro d'vna
fpelonca marinatoti dodici
piedi, e ancor
noi crede £/ pur
toccai e la
pelle irfutate dura :
Ma quando chiaro
alfinconofee, e vede Che
tutto è candì
[otto alla cintura
t Si Sìr accia
il crin, Rivolto,
e'ipettofiede Itli, JB tale
ha di [e
Sleffo onta, e
paura* Che fugge il
nuouo cant fccos'adim ■
Mafuggomnqne'puolfeco fel gim*
*£t Virg". nel
5. dell'Eneide diilè. Scilla
fi Hringe nell' aguati
ofeuri. D'vnafpelonca» e n fuor porge
lahosc* Ei legni trahe
dentro a gVafcofifcogli Human ha
ilVolto, e nel
leggiadro afpetto
Vtrginefembra, eie poHreme parti Di mar
in moHrofpauentofo, e
grande Congiunte fon dilupo
alfieroventre Didelfin porta al
fin l'altere code-, Scilla,e Cariddi
fono due fcogli
pofti nel mare
di Sicilia, eVfono
ftati fèmvepericolofiffimi alli
nauiganti, però i
Poeti antichi lidiedero
figura di moiri marini
opprefloiì di tutti
quellì,chepafTano vicini ad
e/li . SCILLA. Moflro nella Medaglia
'di Sefio Tompeo . VN
A donna nuda
fino al bellico >
kquale con ambi
le mani tiene
^r* timone di naue,
6^ par che
con elfo vogli
menare vn colpo, et da!
jell'co in giù
èpefee, et fi
diuide in due
code attorcigliate, et lotto
al bellico ìfeono come
tre cani, et tengono
mezzo il corpo
fuori, et par
che abbaino» Tiene il
timone in atto
minaccieuole, et nociuo
per dinotare, che
eflendo Jcilla vn palio
molto pericolofo a'
nauiganti > fuoi
fpe^zarele naui 3
ÒiT amna^zare i
marinari . v Si dimoftra
per i cani
lo ftrepito grande
che fa il
mar tempeftofo, quando )atte
in quei fcogli,che
s'aflomiglia al latrare
de cani» òC
il danno, che
riceJono dalla fierezza
di Scilla quelli,
che danno a
traueiTo 5 onde
Vergilio cosi iice con
quefti *ver fi nella
fefta egloga . E 4
Can•7t Candida fuccinfìam
latrantibus inguina monflrìs fruii chi
a s vevajferates, 6^
perciò il Petrarca
difìe .. Taffa la nane
mìa colma d'oblito Intra Scilla
e Cariddh&ca„ Chimera..
LVcretio, et Hòmero
dicono* che la
Chimera ha il
capo di Leone,
il ventre di capra,
ó\^ la coda
di drago, et che
getta fiamme per
la bocca,co me racconta
anco Virgilio,, che
la finge nella
prima entrata dell'
inferno inCerne con
altri moftri.. Quello,chc
dittero fàuoleggiandò i
Poeti della Chimera
fiV fondata nell'biftoria d'vn
monte della Licia, dalla
cima della quale
continuamente eicona fiamme, et ha
d'intorno gran quantità
di leoni, effondo
poi più a
bailo veria il me^zo
della fua altezza
molt*abbondanza*d'arbori, e pafcoli .. Griffo., SI dipinge
con la tefta,con
l'ali,, ccon l'artigli
all'aquila fomiglianti, 6^ con
il refto del
corpo, eco' piedi
pofteriori.& con la
coda al leone. Dicono
molti, che quelli
animali fi trouano
ne i montideli'
Armenia-; . è il Griffo
infogna di Perugia
m«a patria datali
già dagl'Armeni, li
quali paflati quiui
con figliuoli, ó\^
nepoti,ó\^ piacendoli infinitamente
il fìto,eflenN do dotato
da la natura
di tutti i beni, che
fono neceflarij a
l'*^vfo humano, le« citamente
v'habitarono dando principio
alla prelente nobile,
inuitta, et gè* nerofa
profferita .. Sfinge. LA Sfinge, come
raccont&Eliano ha la
faccia fino alle
mammelle di vna giouane, et il
refto del corpo
di leone, ós^
Aufonio Gallo oltre
a ciò dice,ch'ella ha
due grand'ali "..
LaSfinge> fecondo la
fauola,che fi race
nta,.. flaua micino
a Thebe fopra d'vna
certa,rupe,(8c^ a qualunque
perii na*chc. pallaua
di là pzo oneua
quefto enigma, cioè..
Qual folle quell'animale, c'i^
duepiedi,ò: ilmedeiìmoha tre piedi,
OC quattro piedi, et quei
che non lapeuano
feiorre quello detto,da lei
reftauano miferamente veci uyòcd morati ; io fciolfe
Edipo, dicendo,^ .'era l'huomo, il
qual ne la
fanciullezza a le
mani, 6^ a
i piedi appoggiandoli
è di quattro piedi,
quando è grande
cammina con due
piedi : ma
in vecchiezza fcruendofì del
baflone è di tre piedi
; Onde femendo
il moltro dichiarato il
ìuo l fuo enigma,
precipitosa mente giù
del monte,oue ftaua
fi lancia • *4pie. F
Infero li poeti
l'arpie in forma
dSrccelIi fporchi, et fetidi,Sc
differo, che. furono mandate
al Mondo per
gaftigo di Fineo
Rè d'Arcadia,aI quale^, [perche hauea
accecati due iuoi
figliuoli, per condefcendere
a la coglia
della jnoghemadregna di eflì,.quefti
vccclli, eilèndo acciecato
rimbrattauano,ó£"" toglieuano
le viuande mentre
mangiaua > et che
poi furono jcjueft*
arpie fcac* ciate da
gl'Argonauti in feruitio
di detto Re
nel mare Aonio
neil'ifole dette-» Strofadi >xome
racconta ApolloniadifFufamente.
racconta Virgilio nel
3. de t'Eneidejche vna
di quefte predicente
a i Troiani
la venuta infelice, et i
faftidij che doueuano fopportare in
pena d'hauer prouafcad'Vcciderle,
et afimiglia* za
di Vtrgilio ledefesiue
L'Anodo così . Erano fette
in vnafchiera, e
tutte Volto di donna
bauean pallide »
e [morte Ter.lunga fame
attenuate, e afeiutte» Horribil a
veder più che
la morte Valaccie grandi
hauean difform'c brutte Le
man rapaci» e
l'vgne incurue, e
torte Grand* e fetido
il ventre, e
lunga coda, Come diferpe.che
s aggirale fnoda. Furono l'arpie
dimandate cani di Gioue,
perche ibno l'ifteflè,
che le futie gante
ne l'inferno con
faccia di caneiComediiTe Virgilio
nel /èfto dell'Eneide» rtfaque canes
vlulare per vmbram . fiicefi,che quefti
eccelli hanno perpetua
fame a firn iHtudint
de gl'auari . fììdra-,
DIpingefi l'hidra per vn
fpauenteuole /èrpente,
il quale come
raceont&J Ouidio lib. 9.
Methamorf.hà più capi,
ÒX^ di lei
Hcrcole così dille quando
combattè con Achcioo
trasformato in (erpente
• Tu con vn
capofol qui mecogioslrì L'hidra cento
n hauea, né laftimat, £
p e r ognvn,ch'io ne
troncai, di vento Tje
viddi nafeer due
di piùfpauento. Ci fono
alcuni, che la
pingono con fette
capi rapprefen tati per
i fétte pee« cati
mortali.. Cerberoi SEneca la dèferiue
in quello modo. il
terrìbile cane, ch'alia
guardia Sta del perduto
regno, e con tre
bocche Lo fa d'horribil
voce rifonare 1 orgendo gì aue
tema aletrisT ombre il
capo, el collo
ha cinto diferpenti, Et è
la coda vn
fiero drago,ilqualc Fifchia, s'aggira,e
tuttofi dibatte AppolJodoro medefimamentelodcfcriuc ^m*
di più dice .,
che I peli d
et in
mano vna viola
da gamba »
b altro inftrcmento muficale. Mufica. SI dipingono
alla ri uà
d'vn chiaro fonte
quali in circolo
molti cigni, &£* nel
mez2o *vn giouanetto
con l'ali alle
/palle, con faccia-mollc-* > et delicata,tenendo in
capo --vna ghirlanda di
fiori, il quale
rapprefènta Zefiro in atto
di gófiare le
gote, et di
ìpiegar vn leggiero
vento veifo i
detti cigni,per la ripercusfión
di quello vento
parerà«che le phime
di eflì dolcemente
fi muò,iiono,perche,come dice
Eliano,quefti vccelli noncantano
mai, le non quando fpira
Zefiro, come i
Mufici, che non
fogliono volontieri cantare3fè
non fpira-i qualche vento
delle loro lodi,&
appreffo perfone,chc gufano
la loro armonia. Mufica . D. Otìna,che
fuoni la cetra,
laquale habbia vna
corda rotta, ckT
in luogo della corda
vi fia vna
cicalaè In capo
habbia vn rufignuolo
vccello no^ tifiìmo, a'
piedi vn gran.vafò
di vino, et vna
Lira col fuo
arco, La. cicalapoftafbpra la
cetra, fignifica la
Mufica, per vn
cafoauuenuta dì vn certo
Eunomio, al quale
fonando vn giorno
a concorrenza con
Ariftoflej no Mufico,«el
più dolcedel fonare
fi ruppe vna
corda, &iub'bito Copra
quella cetera andò volando
vna cicala, la
quale co] fuo
canto fuppliua al ;«»• r
camento della còrda,
cofi fu vincitore,
della concorrenza muficale.
Onde per beneficio della
cicala, di tal
fatto, li Greci
drizzornó vna ftatua
al detto Eu!
nomio con vna
cetera con la
cicala fopra, et la
pofero per Hieroghfico
della : mufica. v il
Rofignuolo era fimbolo
della mufica per
la varia,fii2ue5& dilettabile
me lodia della vtrce,•
perche auuertirno gli
antichi nella voce
di quefto vccello tinta
ia perfetta feien^a
della mufica ». cioè
la voce hor
graue., et hora
acuta 9 jeen tutte
le altroché s'ofleruano
per dilettare . Il
vino fi pone
perche la mufica
fùritrouataper tenergli animali
allegri, coraefa )JÌ fg Ole fa
il vino, et ancora
perche molto aiuto
dà alla melodia
delta voce I! -vi
fio buono, ^delicato,
però dittero gli
antichi fcrittori vadino
in compa gniadiBaccho» M V s e; FVRONO
rapprefentate le Mufe
da gli antichi
giouani, gratio/è, 6^J Vergini,
quali fi dichiarano
nell'epigramma di Platone
referto da Dio gene
Laertio in quella
fèntenza . H&c Venus ad
Mufas . Venerem exhorrefcite
l^ympht, lArmatus vobis aut
amor infilìet . Tunc Mufe
ad Venerem. Lepida
hac loca tolte precamur • diliger
bue ad nos
non volat Me
puer . Et Eufebio nel
lib. della prcparatione
Euangelica dice eflèr
chiamate Izì Mufe dalla
voce Greca mneo,
che lignifica inftruire
di honefla, 8c buona di« fciplina;
onde Orfeo nelli
Tuoi hinni canta
come le Mule
han dimoftrata la Religione, et il
ben vmer'a gli
huomini . Li nomi
di dette Mufe
fono quelli, Clio, Euterpe,
Talia, Melpomene, Polimnia,
Erato, Ter/icore, Vania,
Oc Calliope » CLIO.
KAPPRESENTAREMO Clio donzella
con vna ghirlanda
dì fami ro, che
con la delira
mano tenghivna tromba,
&con la finiltra
vii Jibro, che di
fuora fia fcritto
TVCIDIDES . Quella Mufa è
detta Clio, dalla
voce Greca eleo,
che lignifica lodare,
b dall'altra cleos, fignificante
gloria, et celebratione
delle cofe, che
ella cani ta,ouero per
la gloria, che
hanno li Poeti
preflò gli huomini
dotti, come di* ce
Cornuto, come anco
per la gloria,
che riceuono gl'huoniini,
che fono ce* lebrati
da Poeti, • Si
dipinge con il
libro Tucidìdes, percioche
attribuendoli a quella
Mufìu» Thiftoria, dicendo Virg,
in opufe, de
Mulìs. Cliogefta canens tranfafli
tempora reddit . Conuien che
ciò li dimoftri
con l'opere di
famofo Hiltorico, qual
fàjl detto Tucidide. La corona
di lauro dimoftra,che
fi come il
lauro è* fempre
verde,e longhifV fimo tempo
fi mantiene, cofi
per l'opere dell'Hiftoria
perpetuamente "vi-.
nono le
cofè pallate, come
ancor le prefenti, EVTERPE, GIOVANETTA bella,
hauerà cinta la
teda di vna
ghirlanda di vari) fiori,
terrà con ambi
le mani diuerfi
ftromenti da fiato. Euterpe, fecondo
la voce Greca
fignifica gioconda, et dilettetfrMe,
per ii piacere, che
lì piglia dalla
buona eruditione, come
dice Diodoro lib.
j.cap. i. et dalli
Latini fi chiama
Euterpe : Bene
dekclans.Alcuni vogliono, che quefta
Mufa fia fojwra la Dialettica, ma ipiù dicono, ke
fi diletta delie
tibie, et altri
inftcomenti daikto, così
dicendo Oratio nela
prima ode del
lib. i. Si neque
tibias liuterie eohibet. Il
Virg. in opufé.
de Mufis . £>ulcik*[uis xalamos
Euterpe Slaiibusyyget. Se /e da
ghirlanda di fiori,
perche gl'antichi dauano
alle .Mule ghirlanda li
Roti, per eiprimer
la giocondità del^propio
lignificato perii Tuo
nome, àC flètto del
fuQno,.che tratta., TALI A. GIOVAN E di
Ìafciuo., et allegro
volto, m capo
Imierà 'vnaghirla-nda d'hedera,Zti\À con
la fìniftra mano
vna^nafchera ridicolofa,6Y~ ne piedi
i ibechi . A quefta
Mufa fi.attribuifce l'opera della
Commedia., dicendo Virgilio iru
pufc.deMufìs. Comica ìafciuo gaudetfermonel'halid.. Perciò le fta bene
U -volto allegro, et Ìafciuo,
come anco la
ghirlanda dihs;ra in
fegno della fua
prerogatiua fopra la
Poefia Comica: La maTchara.ridicolofa, lignifica
la rapprefentatione del
fuggetto rideuolc erpropio della Commedia. -Li
Tocchi eflèndo calda-menti,,
che
vfauanoanticamentej3ortare.it.eci tanti t Commedia>dichiarano di
-vantaggio-la noftra figura.
MELPOMENE D0NZELLA d’aspetto,
èx^veftitograue, con ricca,
8^ "vaga acconciatura di capo,
terrà-con la finiftra'mano
feettri, et corone
alzate in to, et parimente
faranno altri feettri,
&C cotoneauanti lei gittate
per teri».ÓX con
la delira mano
terrà ~vn pugnale
nudo, Se ne
i piedi i coturni
. irgilio attribuifee a
quefta Mufa -l'opera cfella
Tragedia con quefto
verfo. Melpomene tragico proclamatm&Sìaboatu . Benché altri
la facciano inuentrice
del canto, donde
anco hariceuuto il
noie,peròche vien detta
dal nome Greco
Molpi, che vuol
dir Cantinela, 3^ lelodia,
per la qualeiono
addolciti gli auditori .
Di qui dice-Horatio
ode 4. lib. 1. Cuiliquidam. pater uocem
cumcrthara dedit. Sì rapprefenta
di afpetto,^^ di
habito graue, perche
il fùggetto della
Tracia è cofà tale,
eftendo attione nota
per fama, ò
per rhiftone,laqual grauità i
viene attribuita da
Ouidio. ùmnegenusfcriptigrauitateTragadia lanciti Ce
corone, 6*^ feettri
parte in mano,
&C pacte in
terra, et il
pugnale nu3>%nificano il
cafb della felicità, et infelicità
mondana de gl'hiiomini
per wtenere la Tragedia
txapafto difelicita a
miferie, cuero il
contrario da mirie
a felicita . U coturni,che
tiene ne i
piedi fono iftromenù
di elfa Tragedia. Onde Horatio
nella Poetica diceEfchilo
hauergli dati tali
mftrumenti . Tofìkuc per fona
» patt Carmine,
wtttu . TERTERPSICORE, ^ I dipingerà
parimente donzella di
leggiadro, §C vago
appetto, terrà \tu j
cetera mofttandojdi fonarla,
ri ara in
capo vna ghirlanda
di penne di
varìj olori, tra odiali
faranno quelli di
Gazza, et ftarain
attogratiofodi ballare. Se le da la
cetera per Tauttorita
del P©eta,che nel
detto opufcolo, dice
TerflCOIC • . lAffeEìus
titharismouH, imperat,auget .
Le fida
la ghirlanda, come
fi eletto, fi
perche fòleuano gli
antichi talora coronare le
Mufè con penne
di diuerfi colori,
inoltrando con elle
il troa della
vittoria, che riebbero
le mufè per
hauer *"vinto le
sirene a cantaro
» ime fcriue Paufània
nel nono lib.
della Grecia, et le
noue figliuole di
Pierio, ^diEuippe v icore fopra
i balli . VRANI A T A
VERA vnaghirlanda di
lucenti ftelle3fàra veftita
di azzurro,& ha* ri
uerà in mano
vn globo rappre
tentante le sfere
celefti. La prefente Mufa
è detta daLarini
celefte, lignificando Vranos,
che è l'ilio che
il Gela: Vogliono
akuni che ella
fia cofi dettaj
perche inalza al
Cie^rhuomini dotti» Se le
da la corona
di ftelle,& il
vestimento azzurro in
conformiti del filo
fìificato, et globo
sferico dicendo così
Virg. in opufc.de
Mufis. >Vraniac&li
motusjcrutatur, et aflra* CALLIOPE. "MOV
A NE ancor
eila,& hauera cinta
la fronte di
vn cerchio d
oro,nel J braccio finiftro
terrà molte ghirlande
di lauro, Se
con la deftra
mano tre ri, in ciafeun
de'quàli apparirà il propio
titolo, cioè in
vn Odiflea,
nellal3!iade,&: nel terzo
Eneide. Calliope è detta
dalla bella voce.,
quaflappo tis culiftopos
donde anco Ho* ;ro
la chiama Deam
clama ntem. Se le
cinge la fronte
con il cerchio
d'oro, perche fecondo
Hefiodo è la più
»na, et la
prima trale fuecompagne,come anco
dimoftra Ouidio lib.5.Faft. Wrima fui
capii Calliopaa bori, Lucano, et Lucretio
lib. 6. xCallkfe requieshominnmydiuMmquè uoluptas . Le
corone d'alloro dimoflrano,
che ella fa
i Poeti tilendo
quelle premio lo-' Se
fimbolo della Poefìa, I
libri fono l'opere
de ' più
llluftri Poeti in
'verfò heroico, il
qual verfò fi
at)uifcc a quefta
mufa per il
verfò di Vergilio
in opufe .
" v Carmina Calliope
libris heroica mandat . A.
quelli verfi di
Vergilio ch'habbiamo citati
fi confanno li
fimulacri delo '% \
fe,che ftanno imprefie
nel libro del
Sig. Fuluio Oifino
de Familijs Romano9;
nelle medaglie della
gente Pomponia . Veggafi So Veggalì
anco il nobile
trattato > che
fa. Plutarco nel
nono Simpofiaco ojj fiionexiii. M V
S E Cattate da
certe Medaglie antiche
dal Sig. Vìncentio
della Torta eccellentiffimo nell'antichità . Clio . TIENE vna
tromba, per moftrare
le lodi>che ella
fa rifònare per
li fai ti de
gli huomini illuftri . Euterpe. Con due
tibie. Taira . Con *vna mafehara,
percioche a detta
Mufa vogliono che
folle la Commedi dedicata» ha
ne ipiedi i
ibechi . Melpomene . Con vn mafèrrarone,
in fegno della Tragedia
y ha ne
i piedi-i coturni
Terpficore: Tiene quella Mula
"vna citara . Erato.
Con la
lira » 8£~
capelli longhi, come
datrice de l'Elegia
. Volinnia. Con il barbito
da vna mano, et la
penna da l'altra, P'rania. Con la
letta facendo "vn
cerchio : ma
molto meglio* che
tenghi vna sfera
pò* che a lei
fi attribuire TAftiologia . Calliope. Con vn
volume, per fcriuer
i fatti de
grhuomini illuftri. M V
S E. Dipìnte congrandijjima diligenza, et le
pitture di effe
le ha il Signor
Francefco Bonaventura, Gentilhuomo
Fio* rentino 3 amatore, et molto
intelligente di belle lettere . Clio . Con vna
tromba in mano, Euterpe. Con vn
flauto in mano3 et con
molti altri dromemi
da fiato alli
piedi « Talia . Con vn
"volume. Melpomene. Con vna mafehata . Terpfìcore. Con vn
arpa. Erato . Con vno Quadro.
Tuli*' . Sì Tolinnia. !on vn
aria preffb alla
bocca in fegno
della 'voce »
5^ vna mano
alzata per i gettile*
quali fi ferue
l'Oratore . Urania, Zonvn
globo cclefte. Calliope, Con vn
libro. M V S
E. Come ài finte
dall' Jllufirifsimo Cardinal di
Ferrara a Monte Cauallo
nelfuo giardino . Clio. COn la
deftra mano tiene
-vna tromba >
Se con la
finiftra vn -volume,
**$ dalla medefima banda
vi è vn
putcino,che per ciafeuna
mano tiene vna acella
accefa, dC in
capo vna ghirlanda
. C Euterpe. On ambe
le mani tiene
vna mafehara • Talia . r^
On la deftra
mano tiene *vna
mafehara con i
corni, 8^ con
la finiftra j "Vi
cornucopia pieno di
foglie, bC di
ipighe di grano
: ma verdi
^^ó^ er terra vn'aratro . Melpomene. la deftra
mano tiene vna
mafehara, et con
la finiftra vna
tromba, 6^* L> per
terra vi è '"vn
libro di mufica
aperto. mouendo con
gratia le penti* della
coda, per dar a (è
fteflb aiuto nel
volgere, et aggirar
il corpo, aecompasgnando il
volo con l'ali,
cosi medefimamente fi
poteua col timone
pofto dietro alla
naue, 'volgendo nel
modo,che "vofgeua la
coda queirvccello,con l'a» iuto
della vela {olcar
il mare, ancorché fulfe
turbato, et hauendo
facto di eie proua
di felice filarello, 'vollero, che
quefto "vccello folTe
il Hieroglifico dell* Nauigatione, come
nel Pierio Valeriarro
fi legge al
filo luogo . T^auigatione * VNA
donna ignuda proftrata
in terra, che
habbia li capelli
lunghiftt mi,, che fpargendoli
per terra 'venghino
a fare onde,
Umili a quella del
mare, tenendo con
vna delle mani
vn remo >
6^ con l'altra
la carta, e bollòlo
da nauigare . NINFE
IN COMMVNE. \ L
L E fintionì
de gl'antichi non
è dubbio akuno,che
molte, et diuftì fé
vtilità G poflbno
raccorre, dimoftrando la
potenza, 6c^_ prouidenz di
Dio ; perche
altri ne infegnano
precetti di Religione,
moralità, 6\^ alti fimili
beneficij, fi come
hora particolarmente con
l'allegoria delle Ninfe
fi di nota l'opera
della Natura,fignificandofi per
elle Ninfe la
virtù vegetatiua con fidente
nell'humor preparato, per
la quale fi
fa la generatione,
nutritone, è aumento delle
cofe > onde
fi dice le
Ninfe eiTcrc figliuole
dell'Oceano, madt del D
DICESJ%ERIPJ. ?3 del fiume,
nutrice di Bacco,
fi dicono fruttìfere,
Se vaghe di
fiori, che pafee* no
gli armenti, mantengono
la vita de
mortali, et che
in lor tutela
> et cura i
monti,le valli, i
prati, i bofehi,
&C gl'alberi, et ciò
non per altra
cagione,che per elfer la
detta virtù dell'humore
fparfa in tutte
le fudette cofe,&
operare Cimili effetti naturali,
fi come intefe
Orfeo celebrando in vn fuo
hinno le dette Ninfe*
in quella fentenza . J^utrices B
acchi, quibus eft
oculta domus Que fruttìfera, et lata
pratorum floribus eftis, Tafcitis, et pecudes, et opem
mortalìbus ipfa Cum rerere,&
Bacco uitam portaftis
alumna. Le quali cofe
fiano dette qui
in commune delle
Ninfe, per non
hauere a replicare riflette cofe
nella efplicatione delle
particolari figure >
che feguirartno appreffo . H
innedi, et T^apee . SAranno donzelle
gratiofe, il lor
habito fuccinto, ÓVf*
come dir fi
fuole^ Ninfale, di color
verde, l'acconciatura della
tefta adornaranno varie
fòrti 'di fiori con
loro mifchiati, 8c
varij colori, mofkaranno
anco gran quantità
di iherbette, e fiorine!
grembo raccolti, tenendolo
con ambi le
mani di qua,
8c di 1 à
con bell'atto fpar fo . Il
Boccaccio nel libro
della Geneologia delli
Del riferifee le
Ninfe de prati, àC
de fiori chiamarli
Hinnedi : ma
Natale Comite lib.
5. delle mythologie
al icap. 1 2. delle
Ninfe,dice tali Ninfe
chiamarli Napee voce
deriuata dalla Greta,
napos, che lignifica
collina, et pafcolo. Il
verde colore del
veftimento, le tenere
her bette, et fiori
dimoftrano quel [che è lor naturale. Driadi,& H
amadriadi . SI dipingeranno donne
rozze, lènza alcun
ornamento di te,fta,
anzi in vece di
capelli fi potrà
far loro vna
chioma di muico
arboreo,o lanugine,che (ì vede
pender intorno a
i rami degli
arbori. L'habito fia di
verde ofcuro,li ftiualetti
di feor^a d'arbori,
in ciafeuna mano terranno
vn ramo d'albero
filueftre col fuo
frutto, cioè chi
di ginepro, chi di
quercia, chi di
Cerro, 6: altri
limili . Le Driadi, et Hamadriadi
fono Ninfe delle
felue, 8c*"* delle
quercie. Mnelimaco vuole,che
fiano nominate Driadi,
perche nelle q
uercie menano lor
vita » &T" che
fiano dette Hamadriadi,
perche infieme con
le quercie fon
proiotte, onero, come
dice il Commentatore
d'Apollonio, et Ifacio,
perche elle :on le
quercie perifeono . Il miflerio
Filofofico contenuto (òtto
quelle fintioni, fi
è dichiarato di
fopra, quando s'è
detto delle Ninfe
in commune * 7{ìnfe
di Diana . rVtte le
Ninfe di Diana
faranno vellite d'habito
fuccinto, 6^ di
color bianco in fegno
della lor virginità . Haueranno le
braccia, et le
fpalie quali nude,
con arco in
mano, òC fareuà
al fianco. •-, F 2
Così Sj. et bracbia
nude. Nel palazzo deiriJluftriilimo, 6^
Reuerendifsimo Signor Cardinal
Fa nefe ve n'è
vna di quelle
Ninfe, molto gratioia
> cV^ fatta
con le medefimc. ©fleruationi . Potrebbefi anco
oltre il /accinto
veflimento adornare di
pelle di '"vari
j an mali per
fegno, che fieno
cacciataci . NAIADI. "Ninfe
de fiumi. Siano donzelle
leggiadre, con braccia,
e gambe nude,
con capelli lucidi chiari, come
d'argento, e di
criftallo per gl'omeri
fparfi. Ciafcuna nari in
capo "vna ghirlanda
di foglie di
canna, e (otto
il brace finiftro vn*vrna,dalla
qual n'efea acqua . Dice
il Boccaccio nel
lib. della Geneologia
delli Dei le
Naiadi eflèr dette
i voce lignificante fluirò, et quella
commotione, che fi
vede nell'acque mentr Scorrono. Si fan
con braccia, gambe,
e piedi nudi,
per fignificare le
Semplicità de TaC que,
eflendo elemento fènza
miftione. Li capelli chiari,
lucenti, et fparfi
Significano Tacque correnti . Ilvafo, 8^
la ghirlanda di
canne Con per
fègno della l>ro
povertà nel le acque,
6^ per quella
ragione,pcr la quale
fi danno INrne,
de le ghUan de
ai fiumi. Quefto ragionamento
di Ninfe mi
fa fbuuenire vna
fonte bofeareccia fige rata
dal Sig. Gio.Zarattino
Caftel!ini,al cui mormorio
dormendo alcune Nir fé
da vna parte
vn Cupido difeaccia
dal bofeo con
-vna face accela
li fauni, Sì tir
i, et Siluani,
dall'altra parte vn'altro
Cupido, che porta
adoflo l'arco, et !
faretra, e tiene
vn dardo in
mano,con la punta
del quale moftra
d'imponere filentio a certi
cacciatori, che hanno
il corno aliato
in atto di
voler fonare fc pra
la fonte, leggefi
quefto fuo Epigramma,
che per elTere
leggiadro, e belle ne
voglio far parte
a curiofi ... Raptores Driadum
proculhinc difeedite fauni »
Syluani turpes, Van,
Satyriq; rudes Hic T^ympha
dulci deuitt* lumnajomno Claudere ne
timeant adleue murmur
aqu*. Rauc&venator clangorem
comprime Bucce» Que uigiles
cupiunt /omnia ne rapias» SZuodfi de fomno
furgent refonante fragore Tu
fies oculis prfda
odioja fui;. MARE. VN vecchio
con crini longhi,
barba folta, inordinata,
farà nu^o, Se or
do, ma
a torno fi
vedrà cortina,che fuolazzandogli copra
le parti din J^i,
fotto *vn piede
fi vedrà vn
delfino, e folto
i'aluo vna conchiglia
marina, minano . Sj in mano
Vn timon di
naue, ò d'altri
vafcelli da fòlcar
il mare. Si dipinge
il mare huomo
vecchio,per efler egli
antichiffimo,©^ coetanea de la
noftra madre terra. Si
fa horrido,e fpauenteuole
per le fue
commotioni . li lenzuolo dattorno
gli fa vela, et il
timone, che tiene
con la mano,«(Tendo
ifttomenti lignificanti l'operationi
di nauigare,dichiarano la
condicione di elio mare. Il
medefimo effetto fa
il delfino, et la
conchiglia, cuendo animalerie
fi generano A' viuono
in quefto largo-campo . TH ETHI. 'bljnfa del
Mare. DONNA di carnagion
folca, hauetà i
capegti fparfì attorno
al capo, le faranno
vna ghirlanda di
gongole, et chiocciole
marine, hauerà per
ve» fomento 'vn velo
di color cucchino, et terrà
in mano vna
bella pianta ramofa
di coralli. Thethi fu
finta elTer Dea
marina, &T fi
intende per effà
quella maflà^'ac* qua,o vogliamo
dire humore apparecchiato, 6^
confparente alla genefatioDe, Se
nutritione, perciocheè detta
Thethis, quali tithyj» cioè
nuurice,perche l'humore
nutrifee ogni cofà.»
o par s'intende
i-elemento dell'acqua, il
quale* abbondantiflimamentefi
racchiude dal mare,
il che intele
Vergdio nel fuo Pollone,
con quefti verfi . Tauca
tamenfubertmtfrifc&
veBigia fraudi: X£*r; tentare
Tethin ratibus qux
cingere muris Oppida, &c. Da
Theti tiene ii
cognome in Perugia
mia patria l'anticha
famiglia hono» fata hoggi
nella perfona Signor
Girolamo T hcti
j gentil' huomo
di tariffimi aualità . Il color
delle carni, e
del "velo di
Theti dimoftrano quel
bell'acque marine* Le gongole,
le chiocciole, et la
pianta de coralli
fono cofe di
mare atte a far
>iu manifefta la
noftra figura . Galatea*
DOnna gìouanc bianchidìma,
le chiome faranno
fparfe,nTucenti,quafi fila
d'argento, terrà all'orecchie
pendenti di chianfiime,
6\^ finiifime-» perle, de'le
quali hauerà 'Vna
collana, òC per
vestimento vn velo
candido» ome latte, parte
à torno il
corpo rauuolto, et all'aria
fpiegato, con vna
mano jerra il vclo,&
con l'altra vna
fpugna, i piedi
fi poteranno (opra
vna bianchifma conchiglia . i Galatea
è detta da
gada, che fignifica
latte, perb la
candidezza della carne» I
del velo rifpondono
al fignificato del
nome, et all'eller
luo. Le perle,& le
conchiglie fono per
legno che è
Deità del mare . Quanto
alla fpugna narra
il Boccaccio nel 7.
1 b.
de la geneol.de
gli De?,che et Galatea
Dea della bianche^a
fi dinota la
ichiuma, che dall'onde
marino pattute accogliente fra
loro l'aere fi
genera, la quale
e bianchifllma, dalla-» uai
poi fi generano
le /pugne • F
; NIN/ar * V
NINFE DELL' ARIA. Iride . N A. fanciulla
con l'ali fpiegate
in forma d'~vn
me^zo cerchio, lequati fieno
di dellendo all'
hora più opportuno
per cagione dell'humido
k far queil'opera^he nel
tempo fereno, cV
alciuttoj onde Plinio
nel libro 1 I. dt:Ila
Luna quanto è
maggiore, ha più
forza di alzare
maggiore quantità dì -vapori,
ÓC^ di tenergli
fofpefi in quella
ter^a regione dell' Aria, i
qua'i'poi non eflendo
da forza bafteuoie
tarati più su
alla fecond*Regione, ricadendo
a badò fanno
molta rugiada fecondò
la moltitudine di deeri
*Vapori . COMETA. J^infa dell
\Aria . VN A grouanetta
d*afpetto fiero, di
carnagione, Se veftimento
rollò e chiomarfparfa,£^ parimente
accefà,hauerà in fronte
vna ftella,con ''Vna mano
terrà "Vii ramo
d'alloro, 6c^'Vno perche
la Cometa, come
fame Ariftotile nel 3. hb.
delle Meteore, è
di natura fulfu rea, et da
gli Antichi fu
ripu* tata cofa prodigiofa.;
ferine anco Plinio
nel '2» lib. dell'Hìftoria
naturale, ó^ Verginella prima
della Georgica. Fulgura : nec diri
totiep arfere Comete
; Lefi danno in
mano i rami
dell'alloro, et della
*verminaca /-percfce-coru eflì
gli antichi faceuano
le purgationi de
portenti cattiui, che
loio appartano, fi come
della "verminaca fcriue
Plinio nel libro
'ventidue, et dell'
alloro nel lib. 1 6.
de anchora del folfo,di
che habbiamo dettc,uekrentacii.quc della fua
Hiiloria naturale. NECESSITA
DONNA-, che nella
mano deftra tiene
vn martello^, &**
»e41à finiftra*» vn ma^zo
di chiodi» Neceflìttf è
vn eileredella cola
in modo, che
non polla Ilare
altrimenti, 8c pone ouunque
fi ritroua vn
laccio indiflolubile, et perciò
fi ralTomiglia ad vno
che porta il
martello da vna
mano, ck^ dall'altra
li chiodi,dxendofi volgarmente quando non
e più tempo
da determinai* vna
cola con configlio,
efler fitco il chiodo
: intendendo la
neceflìtà dell'operationi • 7$ecefsità . DOnna /òpra
dWno alto piedeftailo,
che tenga ~vn
gran fuiò di
Diaman* ce,come fi legge
udii ieri e
ti di Platone. NEGL1GENZA. DONNA medita di
habito tutto Squarciato, et rotto,
farà ìcapigliattfc^ (landò
àgiacerecon vn horologio
da polueie di
traiierlo in mano
> o per terra-. Dipinge^ Ja
Negligenza Scapigliata, et mal
veftita, per fegno,
cKe ir negli-» gente
non è compito
nelle fue attionij et fpiace
generalmente a tutti» li
ilare a giacere
figniiìca defiderio di
ripoio,d'ond' è cagionato
quello vitio» L'horologio pollo
in modo, che
non corra l'arena,
dinota il tempo
per» fotSc è quello
viti© fig iuolo
dell'Accidia, oueio nato
ad *vn parto
con efla*r ^ però fi
potrà dipingere con
"viia testuggine* che
le cammini fu
per la vefte» per
eller lenta s et negligente
nelle-iue operationi per il
pefo della viltà
dell'a» nimOjche non la
laici a v
(ciré dalla. 1
uà naturai fordid.^za. . NQBiL T
A. DONNA togata riccamète
co vna ftelfà
in*capo,& co vn
feetro in mino. La
velie lunga predo
a' Romani non
era lecito porurfcda ignobili U fo
fi La ftclla in
capo pofL, et lo
Scettro in mano
» inoltrano che
è anione d'ani. Bio
nobile prima inclinate
a gli fplendon
dell'animo, lignificati per
Ja ftelly, I)OÌ a
commodi del corpo,
lignificati nello lecttro, et che
la Nobiltà nalt
e dal. a "virtù
di vn'animo chiaro,
cV^ fplendente, òC
fi conici' uà facilmente
pc. mezzo delle ricciute
mondane. NOBILTÀ. DONNA in habito
graue, con vn'hafta?nella mano
delira, 8c nella
fini ftra colfimolacro di
Mmema,comeil vedesnella medaglia
di Geta. La grau'tà
dcll'habito lignifica le
maniere,& i coftumi
graui, che nella
pei fona nobile li
ricercano . L'afta, et il
limolacro di Minerua,
dimoftrano,che per la
fama,ò delle fciei 2e,ò
dell'armi, la ncbiltd
fi acquifta.; eflèndo'Minerua.protettricc, fecondo
i credere de' Poeti
de gli vni, et dell'altri* gualmente,• per
eller nata dal
caj di Gioue, che
è il difeorfo, et l'intelletto,
per me^to del
quale quelli hann
vedendoli (òpra la
Tua tetta a k
une Ite le, et per
l'aria mé$ nottola
volante « Terrà con
la finiltra mano
vna pietra da
far/uoco/opra la quale
fiavn pe^ zo diclca,&
con la li
ni lira tenga
vn'accialino, col quale
molti i haueu
percoli detta pietra, et f»
vedano per aria
molte fauille, et l'elea
acce la . Apprellò alladctta
figurarvi fari vn
candeliere con vna
candela. per *c cenderhu. Il color
del veilimento bertko
moilra la come
riferilceil Boccaccio ne primo
libro della Geneologia,
la prima parte,
ellèndo che in
quello tempo 1 eraù
Le h
mette auanfi il
gallo nella guifa,che
riabbiamo detto, percioche
quefta ultima parte
della notte *vien
detta gallicinio, conciofia
cofa che venendola notte -verfo
il giorno, i
Galli cantano, come
dice Lucretio .
Explaudentibus alis ^Amcram
darà confuetus voce
vocare* Et Plinio nel
lib. i o
al cap. n . narra,
che i galli
fono le noibe
guardie^ notturne, prodotti dalla
natura, per deftare
gii huomini all'opere, et per
rompere il fonno,
effendo che alla
quarta vigilia con
il canto chiamano
alla cura, et alle
fatiche.-. Onde G pub
dire, che il
gallo lignifichi la
"vigilanza, che deuono
vfar gli huomini ;
perche è brutto
fuor di modo
dormendo confumare tutta
la notte * et più
amici della ragione, da{la
quale deriua principalmente l'obbedienza . V\. Li
i.'IUldU Ut LJK.Ì,
CMC 111 Villi! U
CU«t 11 ld
laUMlICMIC l«t L/'Ullli
UUIÌ14 V fcendei e
alle preghiere noftre,
ik all'adempimento de1
defideri noltri . U
gioco col motto
SVAVE, è per
dimoftrare la facilità
dell'obbedienza, quando è fpontanemente, fa
imprefa di Leone
X.amencre era fanciullo,
Jaqual poi oi ritenne ancor
nel
Po§jtin*eato.,.adornandòne tutte l'opere
eli magnificenza, •qiiaimo
grato di
farfi beneuolo per
l'acquifto i gramicijOnde (opra
di ah Terentio
in Andria cofi
dice. Ob/e^uiu amìcospar Tiene con
la finiftra mano
legati il Leone, et la
Tigre, per fingnificare,
che l'oflequio con li
Tuoi mezzi ha
forza di domare
Leoni, Tigri, cioè
animi fieri, altieri, et fuperbi,
come ben dimoftra
Ouidiolib. 2. d'Arce amandi.
VkftiDI CE$4%E %lPtumidosq;
leoncs fìuftìca paulatim tamm
aratra fubit . OBLIVIONE D'AMORE, T7
Anciullo alato,feda, &C
dorma, incoronato di
papaiieri, appretto d'^vna JL
fonte nella cui
bafe vi fiafcritto»
FONS CYZICI» tenga
vn ma?zetto 'origano,nella (ìniftra
mano, dallaquale penda
vn pefce Polipo
: la delira*
fòntarà il volto,
col cubito appoggiato
/opra qualche fterpo>
o fallo . Il fanciullo
alato lo porremo
per (imbolo delì'obliuione d'Amore
fuanito,c alla mente volato .
Non piacque ad
Eubolo, ouero ad
Araro ( fi
come riferifce Athenco
lib: 13.) ch'Amore
fune dipinto alato
riputandolo ritrouato da inefperto, et poco
giuditiofo pittore, ignorante
della conditione d'amore
; ilquale non
è altrimenti leggiero, et volàtile
> ma fopramodo
graue, attefb che non
facilmente vola dal
petto,doue vna volta
è ritratto, ond'è,
che non in '"Vn
iubbito fi liberano
le perfone dalla
incurabile malattia d'Amore. Qui
s mortalimn primus
qutfo pinxit, *Aut cerafinxit
alatum ^imorem f 7{jhilpreter tefiudìnes
iUepingeredidiceraU Quins et ingenium
prorjus ignorabat buius
Dei, Leuis enim minime
tH, aut itafacilis Vt
qui eìns telis
male habei, éò
morbo flatim liberetut Immo grauis
fuprà modum: quorfumergo
UH penna ì Ea
res piane nugg,
tam etfi quifpiam
ita efìe autumat, Aleflide pure
dice, che tra
perfone, che fanno,
vi è fpeilò
ragionamento eh* Amore non
vola, ma quelli
che amano volano
col penfiero per
i'inconftanza, et varij moti
dell'Animo, òC che
nondimeno gl'ignoranti pittori
io figurano 6on le
penno . Creber fermo eH nÀpudJopbiHas, nonyolare
Deum sAmorem >fed illos
quiamanUalias aero de
caufa alas a/fingi, Viclores autem
ignares pennatum eum
delìntafie . Se a detti
Poeti Greci non
pareua tagio euole,
che fi raprefentafle
Amore-* alato, tenendolo eflìper
faldo, et graue,
certo uisnifi veLmilesy-pelamaus, &frigora
no èli s, Et denfo
mixtas perferet imbre
niues f* Il Petrarca
trauagliato nella miiitia
amorofa efclamò. Guerra ti
mio slato dirra,&
dì duol piena. Moflra
altroue di non
hauer cagione di
rallegrarli non conoicendo
ripofo, rinunciando ad altri
l'allegrezza . Ma chi vuol
fi rallegri adhor£,adhora, Ch'io pur
non hebbi ancor
non dirà lieta Ma
ripofata v nhora . Sopra
che duolfi appieno
in quel Tuo
lacrkno/ò Tonetto, ^£ Tutto
il d ì
piango, et poi
la notte quando Trendon ripofo
i miferi mortali Trouomi in
pianto et raddoppiane
i mali Cofifpendo il mio tempo
lacrimando . Di modo che,fe
gl'Amanti
neli'amorofaimprefa ftanno fènza
ripofo in co tinua
guerra,finita l'imprefa nelì'Obliuione d'amore
prendono^ripof,non p fan do
più alla cofà
amata cagion del
lor dìfturbo . Il Papatiere,che
porta in tefta,è|inditio del
ripofò,che nelì'Obliuione d'am re
fi gode, poiché il
papauere genera fonno,
Se anco obliuione
fé in gran
copifc s'adoperi,
maffimamente del largo,
largior nocet, lethargum
enimfacit, dice-» Gio. Ruellio
de Natura ftirpium:
fé fa il
lediargo fa l'Obliuione,
la quale è
fimiliflìma al fonno .
Non fen^a cagione
l'Ari orto nel
14. Canto, defcriuend«| la cafa,&
la fpelonca del
fònn», mette neiringreiTo
l'Obliuione. Sotto la nerafelua
vna capace, Tutta
aggirando va con
ttorto paflo, | Efpatiofa
grotta entra r.elfafto,
Lofmcmorato oblio sia
su la porta, Di
cui la fronte
l 'Edera Jeguace ?^ow
laffa entrar né
riconofee alcuno* Dalia conforme
hmiglianza,che ha il
fopone, e'1 fonno
con l'obliuione, ne Euripide
fa, che Orefte ripofatofi
alquanto dal furore
renda gtatie ad
ambedue al Sonno, et a
Lethe, ouero Obliuione,
che dir vogliamo . 0
dulcejomni leuamenyremedium morbi, 0*m ?,Sc eh' bebbe
vn tempio commune
con lei, nel
quale vi era
dedicata l'Ara della. Obliuìone, figlia
fecondo Higiniodell'Ethere,& della Terra
* fecondo Hefia do
nella Theogonia della
contenzione .. Ma
Plutarcho nel 7..
Simpofio queftione quinta, reputa^
Bacco Padre dell'
Obliuìone » cosina l'opinione
de' p«| antichi» che riputauaao Tobliuione madre
di Bacco,alquale era
dedicata L'obli, uione, àC
la ferza, per
inditio>.che non fi
debbia ricordare, et far
rifleflìon*.: di quel che fi
commette» cV" pecca per
amor del vino»
ouuero che con
leg« gier pena y
òtT puerile caligo
fi deue correggere;
ragioni e fpofte da
Pluta elio nel principio
del primo Simpofio
: le quali
io più tofto
ritorcere "vorrei
&C dire, che
la fepza, 6^_
FObliuione a Bacco
dedicata, lignifica „
che il "vi no
partorifee l'Obìiuione dell' "honefti, ó^
della temperanza, %C
che peri grancaftigo merita
colui, che fi
(corda d eli*
honefto, ©X^, fi
fbmtnerge in?
temperantemente ne U'-vbbriaehez za madre
dell' Obliuìone «figlia appunti di
Bacco. l/Obliuione in alcuni
è per natura,
come fu nel
figlio d*Herode Àttico che
non; poteua imparar
1* Alfabeto» à\^
in Corebo, Margite
> óc^ in
Meli«| tide „che non
Seppero numerare più
auanti, che cinque
: m altri
per -varij . ac:
ridenti di paure,
di cadute, di
ferite » et botte
nella tetta, come
quel/o Athe aiefir litterato
> che percolo
da vna (aliata,
perde la memoria
delle le ttere-i italamente ricordandoci
d'ogni altra cofa,
per quanto narra
Valerio libro primo, capitolo ottano, et Plinio
libro fettimo, eap.
trentaquattro . Per infirmi! là
Mettala Cornino Romano
fi feordb del
fuo propio nome, et in
Athene oc corfévna pefte
nel principio della
guerra PeloponelVe, per
la quale molti
di quelli *cbe recarono
in vita perderono
talmente la memoria,
che non fitti
coidauanod€llrPareati,nediloromedefimi
: Per vecchiezza
è cofà ordi Daria,
che TObliutone fopragionge
.Al tempo di
M. Tuilio Orbilio
Pupillo'3 Beneuento llluftre Grammatico
diuenuto "vecchio perde
la memoria . M iroua-fi
eirere occorfa in
altri l'Obliuione lènza
alcuno accidente y
mentre chi erano ben.cornpofti
di fanità di
corpo, et di
mente* Hermogene fofifta
Ri" thorico, fi come
rifenice Suida.in giouentìì
Tua d'anni ventiquattro
fenza ca| gione, et malattia
alcuna, perde la
memoria » onde
viti© poi unto
più abieet ? invecier vecchiezza, quanto
più per l'auanti
(limato da tutti,
etiandio più obli uiofa,
quanto ...he è
di mente men
falda,& più leggiera . Quid leuius fiamma, fumo? quid
mollmsv da? Fiamma,fumo, vada,
femina,fed leuior . la vuol
edere a bella
polla obliuioia,& viaci
indulti ia,& arte
mailìmamente 8Ìlepromcfl"e, et pergiuri
che fa a
gl'amanti, di che
duolfi Catullo. Trulli fé
dicit mulier mea
nubere malie ÌQuam mihi
non,fifeluppiter ipfepetat,
G 3
Dicitt m Dicitìfed mulier
cupido quod die
it amanti, In vento, et rapida
feibere oponetaaua . Ma Xenarcho
nelli cinque combattimenti
appreflo Atheneo nel
X. libri /cri uè li
giuramenti della Donna,
non nell'acqua, ma
nel vino, che
fomea* ta l'Obli uione. Mulier is iufiurandum
ego in vtnoferibo . Plauto nel
faldato liima la
donna di tenace
memoria nel male, et in
vn fii« bito obliuiolà
del bene . ' Si
quidfaciendum e fi
mulierimale, atque malithfeEafibi immortalis
memoria eft,memin?fle,etfempiterna
Sin bene,aut quidfdeltterfaciendumftty eadem
venìunt Obliuìoft extemplo vtfiant,
meminifìe nequemt . J ta
mandragora» che da Pithagora
Atropomorfo chiamafi,perche la
Tua ra« dice imita
l'humana forma, è
pianta /bporifera, come
airerifcono Theofrafto | Diofcoride,
Plinio, Atheneohb.xi.Ifidoro, cV~ altri," quella
data in beuan da
genera obi iuion
e, balordaggine, &fonno.' sì che
quelli, iquali reftano
d far 1 Sparge
ns numida mella>
foporiferumq, papauer. Oue non
è da marauigharfi
lì delle al
Drago deputato alla
vigilanza i! papauere,/oporiferoanoi9 ma
non al Dragone,
perche vna pianta
non ha l'iflelFa
forza di nutrimento
in tutti gli
Animali, come fi
raccoglie da Seruio,
tal pianta agli huomini
è parto cattiuo,
che buono lari
per le beftie,
il (alice è imaro
aH'huomo, che a
Hi boui, ó^
alle capre è
dolce, la cicuta,
ch'è mortiera a
noi,è -vitale alle
capre, òC le
ingrafla : cofi
il papauere fé
arreca fonnoenza alle
per Zone non
l'arreca al Drago
di natura fopra
modo -vigilante, al uale
da Vergilio *vien
dato per altro
effetto, ©^^ fenza
dubbio per cibo
rinefeatiuo, attelo che
il Drago è
calidiflìmo, col Tuo
caloce infiamma l'aria,
iti nodo che pare
dalle Tue fauci
efea fuoco, per
il fuogran calore
è capitale nemico all'Elefante di
natura frigido, dc^
cerca dargli morte
per rinfrefearfi ol fuo
frigido (angue, Se
è talmente ralido,
che con la
bocca aperta fi
pone-» iiontro ai venti,
de' quali è
tanto auido, che
le "vede "Vnà
vela gonfia dal,vola
verfo lei con
tanto impeto, che
bene ìpellò di
volta alli 'vafcclli, la
li Marinari quando
lofeorgeno per non
pericolare riti ano
le •vele, *vegafi
San Girolamo fopra
quelle parole in
Cieremia cap. 24.
Traxerunt Trenini quafi Dracones .
Di modo che
faggiamente Virgilio gli dà il
papaurrc^» urto col mele,
perche ii mele
è rinfreicatiuo, 6^
Immetta, però Vergili© ifle, Jpargens
numida metta :
oc^ Plinio libro
ventidue cap. 24.
dice, che-, frigerag 1
aidoii ; onde
gli Antichi loponeuano
a tauola nel
principio, óV" :l mezzo
de conuiti . Varronedererufticalibr.j. cap.
16. Mei ad
princiacomiuij, et infecmdammenfam adminiftratur
: non per
altro, che per
minate 1 calidi -vapori
fomentati dal cibo,
ÒX^ dal vino,p
erche il mele
tettila i "vapori del
vino, fi comeattefta
Plutarcho nel 2.
Simpofio quefrione 7. cendo,
che alcuni Medici
per reprimere l'vbriachc^za
danno a gli
vbriachi unti 'Vadino a
dormire del pane
cinto nel mele,
ilqual mele appreso
i Poeti . G
4 è iblico 'tòt
re o no
lo cr^é è folito
cibo del calido
Dragone, Valerio nel
primo deli'Argonautica» Et dabat
efìerno liuentia ntella
veneno Fr nellottauo . Tfectalisbiantìmelladabam. TI papauero
poi è frigido
in quartogradb, fi
come affermano i Fifici,
e fimplicifti dato
al Dragone per
alleggierirgli l'ardore> et tinfiefcarlo,
non per fargli venire
"vn breue» et leggier
fonno, acciò fi
ripofarllè dalla continua
vigilia, Se rifuegliato poi ritornarle con
pru "vigoie alla
guardia, come vuole
Tutnebo nel fuo giorna'e
lib. 25?. cap.
6. ilchc non
approuo, non eflèndo
necelTario per tal conto
darglielo, perche la
vigilia al Dragone,
come naturale in
lui » non i
contraria, ne può
debilitarlo, ne eflergli
nociua > ma
piò tofto gli
noceret bei! prouocaro, et violente
fonno contro la fùa natura
;di più dato,
che il papauere hauelTe forza
di addormentare il
Dragoncch'è-vigilantriTimo^cn
èvenfimile^che gli delle
tampoco per breue
fbnno porche G
farebbe presentata commodi tà
di rapire i
pomi d'oro in
quella breuicà,& leggiere^za
d! fonno,& fi
fareb be anco potuto
vecidere,.& legare H
Dragone mentE'fcra fonracohiofo,.che di continouo
"vegghiar dòueua, 6^
a Medea non
iarebbe ftato bi
ogno di adoperare i
fuoi magi d'incanti
per addormentarlo, perche
ià ria blamente
badato apportare Thora,
nella quale fi
ripe fàua il
Dragone, e Giafone
fènza l'aiuto di Medea
hauecebbe-poflli co rnualare li-pomi
Hefperidi in quel
breue /baro del Dragone.
Dandofi dalla Sacerdotellà
giornalmente per cibo
nrdenarioil papauere mrfto col
mele al Dragone,
chiaramente fi "viene
in cognitione, che Ouidio
in quelle pam\e,lHh
gigr amine fuecì,
non incende che Ti
pianta del fugo letheo
d'obliuione, con la
quale Med«a addormentaua
il Drago fia
il papauero, ma
altra cofa ftraordinaria, quale
è il ramo
di Gn eparo, chiamato
da poeti come per
antonomafia lenza nominarlo,
ramo letheo, dedicato
all' in férnale obliuione, fi
come ailètifce (aio..
Batti da Pio
nelli fèguenù mfi
il quale nell'incanto,
che fa Medea
al Di agone* per
addormentarlo nell* obliuione
ipetifica ri ramo
di gineparo tenuto
in mano da Medea . ;
de J de minarcoutbio
neon tetimioti ih
allo, Ucc autem,fciltcet Medea,
ipfum Draconem, 1 ni ingens
ex fot/ione cyceone,
efficacia. 1 Imiperi recens
fecto ramo pharmaca
carminibu* T~*1 Hprabarin oculosr
circumqyplurmusodor Tharma cifomnum
creami Conuenìentemente contro
il velenofo Dragone
fi ferue del
ramo di ginept*o,fi
peiche il fi
urto del ginepro
vale contro il
veleno, il Teme
Tuo purga il
corco dal timore de
fei pentii iquali
temeno efli di
quella pianta accefa,
come dice Plinio^ Si
perche inquanto ali0bliuion*,e fonnolen^lombra del
ginepro ègraue, et orili
Ica^ la mente
di eh* fotso
fi pofa.non fenza
balordaggine, et doglia di teda,
fi come fanno
gl'acboià d'ombra greue,de'
quali nel 6*.
iib.Lucano genericamente
afine paria... lArboribus primum
certis grauis umbra
tributa ejk yfq: adeocapitisfacìant utfepe
dolores, Si quis easfubter
iacuit, proftratus inherbis^
^ Specificatamente poi nomina .
Virgilio nel penultimo
verfo dell'vltima egiogo il
ginepro d'ombra graue .
Juniperi grauis umbra
y a queftofi
tenne Cartone Durante nel
fuo Et bario. Imiperi grauis
umbra t amen,
capitiq; molefta eft\ EiTendo
pianta d'ombra graue,e
naturalrnente-atta a cagionare
Sonnolenza, èc obliuione in
quelli, che dimorano
all'ombra fua :
perciò il ramo
di Ginepro è da
poeti reputato ramo
d'obliuione . OCCASIONE. T7
I D VA'
antieo,& nobiluomo fcultore,
difegnò l'occafione ;
Donna ignuI _L
da,con vn velo
a trauerfo» che
le copriua le
parti vergognofe,& con
li cappelli fparfi per
la fronte, in
modo che la
nucha reftaua tutta
feoperta, et calua i
con piedi alati;
poiandòfi fopra 'vna
ruota, et nella delira
mamvvn rafoio. I capelli
riuolti tutti 'ver-lo
la fronte ci
fanno conofeere, che
l'occafioneii deuepieuenire
Spettandola al palio, et non
feguirta per pigliarla
quando ha "volte le
(palle ; perche
palla velocemente, con
piedi alati ponisi
fopra la ruotarne perpetuamente fi
gira. Tiene il rafoio
in mano,perche dèue
efière fiibito atroncare
ogni forte d'im pedimento.Onde Au/onio
Poeta fopra quella
ftratua di Fidia,
il quale vrfcoljaì anco quella
della penitenza,come che
fpeife volte ci
pentiamo della penduta
oc cafione,a dichiaratione dell'vna, et l'altra
fiatua fece quello,
beli' epigramma • Cuius opus?
Tbidiequi fanum VaUadisyeius\ Quiquelouemfecit,tertia palma
ego fum, Sum Dta,
qim rara : et paucis
occafwnota Quid roti .+ '-ififiis
non hauendo fondamento
di vere, et peifet* *
te ragioni per
ogni vile incontro
diffj paté "vanno
per terra. Opera vana, VN
huomo moro, ignudo,ilcjuale con
vna mano tenga
vn vafo d'acqua, 6C~
fé la fp^rga
per doffo,& con
l'altra mcftri di
volet fi leuai
via la negrezza, et queflo
può efler fimbolo
dell'opere vane, che
alla fine non
poflòno hauer efito lodeuole,
per non cilèrui
ne debiti mezzi,
ne debita dilpofìtione. Opera DI QEZA%E
%IPsA. r$r Opera vana* DOnna,
kqualecon la fpada
tagli vna gran
fiamma di fuoco »
ouero come fi dice
in proueibio, pedi
l'acqua nel mortala,
Ce però con
vero Umile*» 6 potrà
dipingere» OPERATIONE MANIFESTA.
DONNA che moftri
ambe le mani
aperte, ciafchuna delle
quali habbia vn'occhio nel
mezzo della palma . Quefta fu
belliffima figura degli
Antichi, et le
mani s'intendono facilmente per l'operationi,
come 'vero iitromento
dell'operationi noftre più
principati, &C ne
cesarie . Per l'occhio fi
moftra la qualità
dell' opera, che
deue efler manifefta,
5^ chiara, ne propiamente
limile alla lucerna,
che fa lume
altrui, et per
le ftefla non vede
ma all'occhio, che
con la lua
luce adorna, et arricchifee
Ce fterTò, con che fi moftra,
che l'operationi ne per vanagloria,
ne per altro
fine meccar aico fi
dcuono esercitare, ma
Colo per beneficare
(e, et altrui
• ©PEnf OPERATIONE PERFETTA. D0NNA che
tiene con la
delira mano *Vtfo
jpecchio, Se con
Iafiniftflu vno
(quadro,&: vn co m palio . Lo fpecchio,doue;fivvedonoTimagini,che non
fon reali,*CrP ì
ft-I O TSI B,
Hìppocrate. BO NN À
honeftamente ©mata, di
faccia non molto
bella, ne rWtd brutta,
ma fi moftri
audace, óc^ prèfta
ad appigliarfi a ciò, che
le Ics» rapprelènta, 5c^
per quefbodeue tener
l'ali «èlle mani,
c¥~ allefpalle, cornea»
dilleHippocràte. Opinione è forfè tutto quello,
che ha luogo
nella mente, QcT
nelì'imagina» -, tione dell'huomo,
ò almeno quello
folo,
ohenonèperdimoftrationeappa» rente,
óc^ perche "Varij
fono l'ingegni, et l'Ìnclkiationi,varie àncora, anzi
infinite fono l'opinioni, Se
di qui ha
origine il detto
triuiale, come dice,
guot capita totfententif.
Qui anco
fi può conofeer
eflère infiniti i
concetti delle meriti
humane, co» me infinite
fono l'inclinationi, &C
difpofitioni particolari . Per
quella cagio I ne TAuttore
delia pi ef-ntc
figura 'volle, che
fulìè disfaccia, ne
bella, ne di(piaceuole,
perche non è
opinione alcuna così
irragioneuole,che non ponV'Vt
nir foftentata con qualche
apparenza *verifimile, óc^
con qualche ragione
con» uenientemente fondata, ne
alcuna fé ne troua così
fermi, che in
mille modi dagl'ingegni di
qualche confideratione non
venga facilmente biafimata,
cK^ abbattuta . L'ali alle mani-,
cV* alle fpalle
inoltrano la •velocità-,
con che fi
prendono /
&~lafciano l'opinioni,quafi in
vn medefimo tempo,
(correndo iubito per
tutto il mondo, MT
portando ipellè volte
i panni dell'ignoranza. OPVLENZA. DONNA riccamente
ve(rita,che ftia a
federe fopra vna
feggia d'oro c'u condata di
molti vafi d'oro, et d'argento, et calle
di gioie, òV
tacchetti di denari, tenendo
nella mano deftra
vna corona imperiale,
Se nella finiftra* vnofeettro, et vicino
le fia vna
pecora . I vestimenti nobili,
le feggie, Se i
"vali d'oro, le cafle
di gioie, le
corone, Se gli feettri
fono cofe, che
per commoditi, et nobiltà
dell'huomo non impetrano, Te
non le ricchezze
j però come
effetto di elfe
> faranno conuenienti
a darci cognitione dell'opulenza, precedendo
nel conoscere dall'
effetto alla caufà
» «come fi fi
nel principio di
ogni noftra cognirione . '"• Le
pecore fono ancor
elle inditio di
opulenza ; perche
di tutto quello,
che.» in effe fi
troua, fi può
cauar denari, Se
riccjie^ze ; perche
la carne, la
peliti » il latte,
8^ il pelo,
fono ftromenti boniflìrni
per i commodi
dell'huomo, anmin. fua
bocca reificando il
grano nafeente, lo
fa crefeere, et pigliar
vigore, 8c il fuo fterco ingralTa
i campi, Se
li fi fecondi,
pero gli Antichi
ne conieruauano gran
quantità, Se col
numero di elfe
numerauatio le ricchezze
de gli huo* mini,
formandone il nome
della pecunia^ ì
1 perqueftafi dice,
che antica* mente haueuano
le pecore lana
d'oro x Se
Hercole riportando dalla
vittoria-» Africana gran quanti
ti di pecore,
fidila riportare i
pomi dell'oro dal
giardino dell* Hfpecide, come
racconta Pierio nel
decimo Ubro dell'opera
lua» A ORAT1ONE DONNA
veftita di 'verde,
ftando inginocchioni con
gli occhi riuolti
al Cielo, le vfeirà
dalla bocca vna
fiamma di fuoco,
tenendo il dito
indice «Iella finiftra mano
(opra la mammella
finiftra, Se facendo
fegno di inoltrare* il
cuore, con la
deftra batte ad
vna porta ferrata. Veftita di
-verde fi dipingeI'Oratione,per la
fpcranza, che ha
di con/èguijfre la
gratia, che dimanda
Dio, il quale
principalmente fi muoue
per humiltà noftra, la
quale fi dimoftra,
tenendoli le ginocchia
in terra ;
il quale coftume è
ftato antico indicio
di honore, Se
di fommifEone, non
so fé per
naturai in* ftinto, o
più tofto, perche
l'inuentore di quella
cerimonia fapefte, che
i fanciulli,come racconta
Gio. Goropio, mentre
(tanno nel ventre
della Madre-, toccano con
le ginocchia le
guancie, Se gli
occhi, d'onde tengono
le lagrime, Con cui
volentieri Iddio offefb
fi lafcia placare . Nella lingua
latina te ginocchia
fi dimandano Genua
nome, che ha
graiu Conformità con le
guancie,che pur fono
dette Gens :
talché ambe quefte
partì difpofte al medefimo
effetto* con l'intentione,
Se oracioue del
cuore, fanno infieme tale
Armonia, che Iddio
'vinto dalla pietà,
facilmente coudona quei fupplitij:, che fi doueuanoalle
fceleratezzc commefTe.
Kappefentafi con gli
occhi riuolti al
Cielo * perche
le colè dimandate
nelForatione deuono elfer
appartenenti al Cielo,
che è noftra
patria, Se non
alla* terra, oue fiamo
peregrini . Per la fiamma,
che I'efce di
bocca, fi Ggnifica
l'arderne affetto dell*
oratto«e, «he c'infiamma
la mente dell'amor
di Dio»
Udieo:indiceinattodimoftrareilcuore,
è fegno, che
1 oratione fi «feuc
Far prima col
oioxe »poi con
la bocca, Se
il picchiare alla
porta » che
Tàuome deue D no Ì «A dcwe
eflèr conVoratione importuno,
6 che genera
humiltàjóX^lacognitione di Dio,
chegeneaconflden^a,infegnandoci,chenon
dobbiamo eiler nel
dimandare tanto Émili, che
ci di/periamo, ne
tanto confidenti, che
non dubbitiamo per
lì dc^ periti noftri. Ili
Turibolo fi pone
per l'oratione, perche
in quel medefimo
luogo, che eri KrefFoDio
nell'antico teflamento hncenfo,
fono nella nuoua
legge le pre* Jiierc
degli huomini giufti. Il
cuore, che tiene
nell'altra mano in
fegno d'offerirlo, nota
che ( come
difTe » Agoflino )Ce
non ora il
cuore, è vana
ogni opera della
lingua. A Oratione, DOnna
vecchia di fèmbiante
humile, medita d*habito
fèmpKce, 6^ di color
bianco, Mara inginocchioni
con le braccia
aperte, ma che
con la.» feftr a
mano te nga -vn
incenfiero fumigante, le
catene del quale
fiano coro* e, o
rofarij della Gloriofa
Vergine Maria >
òC terri la
faccia alzata, che
miri no fplendore . Si dipinge
veftita di bianco,
pereioche, come riferifee
S» Ambrogio nel
lib. >e offici oratione deue
eflèr pura,femplice, Jucida,e
manifefta . Lo ftare inginocchioni
con le braccia
aperte dimoftra la
riueren^a,che fi dele hauere
al Signore Dio, et in
particolare quando fi ftà in
oratione . Il tènere la
faccia albata, óc^_
che miri Io
fplendore, denota, come
dice San "omafTo queft.
83. artici . che
l'oratione è vna
eleuatione di mente,
6V ecci* uione d'affetto,
col quale parlando
l'huomo, porge prieghi
a Dio, palefandoi
fecreti, e defiderij
del cuore. Lmcenfiere fumicante,
è il fimbolo
dell*oratione > et fopra
di ciò il
Profeta, psì dille nel
salmo 140 . Dirigatur Domine
aratio me a
fiotti incenfum in
confpeflu tuo l ^
Le Corone, che
fono come catene
all'incenfiere, -"vi fi
mettono perche cori Te
Ci fi oratione,
$C in effe
confitte il Pater
nofter >8c~ l'Aue
Maria. Il Pater j>fter fu
comporto da Chrifto
Noftro Signore, et infognato
a gli Apoftoli
quan d gli dimandarono,
che injegnafle loro
di orare :
Et l'Aue Maria
dall'Angelo labriello, da S.
El ìfabetta, et da
S. Chiefa . ~|Si
dipinge vecchia, pereioche
in tale età fi frequenta
più l'oratione, per
eflèr lu vicino ciafeuno
alla partenza di
quello Mondo . ORDINE DRITTO^,
E GIVSTO. V O
M O, che
con la deltra
mano tenghi l'archipendolo, &L^
**>* ì* finiftra la
fquadra . Volendogli Egittii (
come narra Pierio
Valeriano lib. 49.)
dimoftrarequale cofa drittamente, et ordinatamente
eflere fiata fatta,&
ritrouare il giufto, &il 1 3 ii2 et il
dritto di ella,
Io fignificauano per
Io archipendolo, 6C
per la fquadn Eflendo che
l'archipendolo fèrue a
quelle cofe, che
fi debbono drizzare, et fquadra
alle cofe alte,
e piane,ma torte
» et in
vltimo a tutti
i canti di
ciafe corpo, per ilquale
fia da tirarfi
la linea dritta . ORDINE DRITTO»
E GlVSTO. ORIGINE D'AMORE
DEL SIC GIOVANNI Zarattino Caflellim* DONNA che
tenga vno fpecchio
trafparente rotondo,gro(Tc t8c e
lento, incontro all'occhio
del Sole, ilquale
con i Tuoi
raggi ti apatia per
mezzo dello fpecchio
accenda vria facella
porta nella mano
finiftra, d manico dello
fpecchio penda vna
cartella, nella quale
fia faitto quefto
moU SIC IN CORD?.
FACIT AMOR INCENDiVM. L'Orgine d'Amore
deriua dall'occhio, dal
-vedere, et mirare
vn bello q getto .
ìJotriano alcuni prouare,
che anco dall'vdire
può generarli Amore dati
(òpra quella ragione,
che gli occhi» et le
orecchie noftrc fono
come DI CES4%E %IP^ in tredeli'{anima, per
le quali ella
riceuendo le fpetie,
che cadeno fotto
i fentiincnti,fà di
quelle giudicio, s'ellefiano .belle, o
brutte ; quelle
che ella per
belle pproua,ordinariamente
le pia ceuo,
6^_ le altre
le dìfpiaceno : et ficocne
ella aaturalmente le brutte
abhorifce, cofi le
belle appetisce :
dimodoché Te Amore per
le feneftre de
gli occhi entra
nel petto noftro,
cofi taluoka può
entrare^ per le feneftre
delle orecchie,vdendofi deferiuere
le rare bellezze
d'alcnna Dana ; per
la qual deicrittione
alletato dal piacer
di lei, fi
può concepir neli'anino
defiderio di quella
; il qual
defiderio di bellezza
non è altro,
che Amore-» tele aflai
l'Autori ti de' due
principali Amorofì Tofcani,
il Boccaccio,©^ il Perarcha,
quando il primo
ci racconta le
nouelle di Ludouico,
di Gerbino, et di
Vnechino, che fìinnamororno
in voce,& quando
l'altro apertamente, diile,in uella canzone,nel!a
quale lodo il
valoie di Cola
di Rienzo Tribuno
Romano . Se non come
per fama huom
s innamora . Nel qual
verta con tutto
che in elio
intenda l'Autore dell'
Amor della virtùa
quello fletto feutimento,
che Marco Tullio
afferma, che per
Amor della virH
tu,* nj. tu, et bontà quelli
ancora, che mai
veduti no l'hauemo
in vn certo*
modo amii mo: nondimeno
applicar fi può
genericamente ad ogni
amore di virtù, di
bellezza : addurremo
di pilliti fauor
di quella opera
Atheneo, che nel 1
libro dice, Mirandum
non eft audiùone
tantum quofdam amere
captos fui} oue narra
l'Amore del Re
Zariadre, ò^^di Odate
figlia d'Omarte Rè,
amb* due di sì
fatta, ó*^ fegnalata
bellezza, che nati
pareuano da Venere,
Se Ade ne, i quali s'innamorarono per
fama, et dalle
fattezze conte da
altri redo irn* pretta
nell'idea di ciafeuno
di loro l'immagine
deferitta, ÓV^ pe»
tale impref» (ione l'immagine
di Zaradrie in
fogno apparue alla
bella Odate, 8c^
la immagine di lei
a Zariadre :
Omarte '"volendo maritare
Odate, ordinò vn
publico conuito, 8£" diede
a Tua figlia
in mano vn
vaio d'ero pieno
di vino, dicendogli guarda bene
chi ti piace,
6^ prefentala a
chi vuoi per
marito . Odate mirando intorno i
Principi, &: Signori
concorfi, piangeua, non
vedendo tra quelli
il bramato afpetto ch'infogno
vidde, trattenutafi nel
pianto, non molto
flette ; comparire Zariadre,
che per lettere
di lei auuifato
corfe, 6CT (ubbito
compaia ditte Odate; fon
qui,fi come mi
hai commandato,onde ella
riconofciutolo tutta lieta, et ridente
gli diede il
~vafo, 6^ egli
come Ipofo da
lei fra tanti
elet la conduttè nel fuo Regno. Gange Kpdel, eh* usò
la uelate*l remo *A
cercar la fua
morte . Innamoratoli per fama
della Contefla di
Tripoli doppo hauerla
lungo tem pò amata,&
celebrata in Rima
fenz'hauerla mai veduta
; accefo dal
defiderw di 'vederla, nauigò
verlo lei, 6^
nella nauigatione grauemente
s'ammalò» giunto a Tripoli,
fu dato auuifoalla
Contefla dell'infelice fua
venuta ; Ella
fattolo condurre nel fuo
palazzo lo riceuè
benignamente nelle braccia,
&^_ egli rimirato ch'hebbe
l'origine non men
dell'Amor, che della
morte fua renduto gli
gratia della pietofa
accoglienza nell'Amato feno
fpirò» Ma è d'auuertite,che fé
bene dall'vdito pare
ch'habbia prefo origine
l'Amo delli fudettij nondimeno
non fi può l'
afcoltante inuaghir folamentc
per Tv dito,, fé
nell'idea fua non
s'informa, òC imprime
l'immagine della narrata
bel lezza, in modo
che paia innanzi
a gli occhi
hauerla,* teftimonio ne
fia Odate che vidde
in fogno zariadre,
che mai veduto
haueua, ÓV^ nel
conuito lo rie nobbe,
come fé perfonalmente
altre volte veduto
l'hauelle, il che
non haurel be potuto
fare, fé non
hauefle conceputa nella
mente fua l'immagine
di lui fi guratagli
da altri: Cofi
GianfreRudel Signor di
Balia,• il quale
debbett anco fecondo il
coftume de gli
amanti far imprimere
il ritratto dell'amata
ContelTa, et in quello
debbe contemplare la
bellezza della "viua
immagine . Onde
nonf meramente dall' vdire,
ma miftamentc dal
parer di vedere
auanti gli occhi
l v* dita bellezza,
s'innamororno, però alTolutamcntc
dir non fi può, che
per lo finellre de
gli orecchi peruenga
l'Amore nell' anima, perche
deriua mediatamente dall'immaginatione del
vedere, ó\ non
immediatamente dall'vdire,
&T che fia
il vero, fé
l'vdita bellezza non
s'approua poi da
gli occhi, quando
fi 'Vede ; non
fi radica l'Amore,
ma fi be
ne prende le
radici, quando vede
che la prefenza cortiiponde
alla fama, però
fi fuol dire
le non rieicc
la bellezza cotiforme forme alle
relation! . Minuit pra?fentia
famam . L'orecchie
fon© finirti e
dell'anima quanto fieno gli
occhi,ma non per
quello riceueranno quelle
fpecie,i he appartengono a gii occhi,
come la proportione
de colori,& lineamenti,
che formano -vna compita
bellezza, la quale
fòlo da gli
occhi rettamente fi
giudica . Per le
fineftre dell' orecchie
fi generata Amore
dall'vdire vna voce
foaue, &C angelica fèmplicemente, ma
per vdir narrare
vna bellezza da
vn terzo, fi genererà
fecondo che la
narrata bellezza ci
fi prefènta nell'imaginatiua, in
modo che ci paia
di vederla,& per tal patere, et imaginatione
ci mouerà ad
amarla,^veduta poi veracemente
a fatto s'innamorerà
fi che l'vdito
porge fi ben
occasione d'amare, ma non
però è cagione
d' Amere, perche l'Amor
di bellezza vdita fi
forma nella imaginatione, et fi
conferma poi dal
'Vedere effettualmente
Immaginata bellezza :
onde l'Amor di
vdita bellezza, non
ha forza fé
detta bellezza non fi
vede : che
la cagione, et occafione
fia differente comprendefi
da Marfilio Ficino foprail
conuitodi Platone nella
oratione fcttima cap.
x. oue proua,che l'occhio
è tutta la
cagione della malatt,
a amorosa, quando
i mortali fpeiIo,& fiflò
drizzando l'occhio loro
a l'occhio d'altri
congiungono i lumi
con lumi, e miferabilmente per
quelli fi beueno
l'amore : laconfbnanza
de gli altri membri
oltre a gii
occhi, dice che
non è propria
cagione, ma occafione
di tal malattia, perche
tal compofitione inuita
colui che di
lungi vede, che
più accorto venga, et perche
di propinquo guarda
lo tiene abbada
in tale afpetto, et mentre
ch'egli bada, e
guarda fòloilrifcontrode gli
occhi è quello,
che dalla ferita :
così diremo noi
che per fentir
delcrìuere vna bella
bellezza, farà l'vdito occafione di
mouerfi ad amare,attefòche per
tale defcrittione ci
fi figurarà nella idea
l'imagine della decritta
bellezza,& ci s'indurrà
defiderio di veder
quella bellezza, la qtial
veduta l'afpetto fòlo, et il
rincontro de gli
occhi è cagione, xhe
inuefchiati reftiamo nell'amoiofa
pania . il rincontro de
gli occhi, dal
qual procede l'origine
d'Amore l'habbiamo figurato con
lo fpecchio incontro
all'occhio del fole
. lo fpecchio
è di quella
fòrte de°quali ragiona Oronzio
Fineo nei fuo
trattato de fpeculis
vftorijs. con fimili fpecchii riferifce
Plutarcho nella vita
di Nma Pompiiio
fecondo Re de
Romani, che le
vergini vedali da
lui inftituite,fe mai
il lor perpetuo
foco fi eftingueua
di nouo l'accendeuano,come che
pigliaflero vn puro
foco da Cielo,
con quefti narra
Gio: ^onara che
Proculo Mathematicho fotto
Coftantinopoli abbrucio
lenaui dell'armata di
Vatiliano ribelle di
Anaftafio Imperatore de
quali Archimede ne fu
prima inuentore contra
Romani, che allediauano
Siragufa Patria fua . La prefente
figura è vna
fimilitudine ; fi
come per lo
fpecchio occhio dell'arte pofto incontro
all'occhio del fòle,
pallàndo i raggi
folari s'accende la
facella ; cofi
per gli occhi
noftri fpecchi della
natura porto incontro
all'occhic d'vn bel fole
paffando i raggi
della fua luce,
la facella d'amore
nel cor s'accen de,
di che n'è
figura la facella
porta nella mano
finifìra, dal lato
manco del co re
dechiarata dal motto
. Sic in
corde facit amor
incendium . Così
l'amor Incendio fa nel
core prefo in
parte da Plauto
in quello epifonema,
&~ effag* raderne. H ita
mihì irtpetforeyttqi in
corde facif ^imor
incendium. Come fi mandi
l'incendio da gli
occhi al cuoce,
lodimoftra Marfitio Fi nella
oratione fettima cap.
4. dicendo, che
gli (piriti, che
fi generano dal
cald» del cuore del
più puro (angue,/emprc
in noi fon
tali, qual'è l'humor
del (angue, Ma fi
comequefto -vapor di fangue,
che fi chiama
(pirico ynaicendo dal
(angue è tale, qual'è
il fangne, con
manda mora raggi
(ìmilr a fé
per gli occhilo* me
firieftre di "vetro
* E H
Sole cuore del
Mondo,per quanto anco
afferma C«» lio R.od
gino ìihjf. ap.
25. pet lo
fuocircuito, et corfòfpande
il lume, òC pei
\o lume
le Tue -virtù
diffonde in terra,
coli il cuor
del corpo noftro
per vn (uè perpetuo
mouimento agitando il
(angue a fé
ptoffimo, da quello
fpande gli (piriti in
tutto'l corpo, d^
per quelli diffonde
le fcintille de
raggi in tutti
* >n membri maflìmamentè per
gli occhi, perche
lo fpirito eflendo
leuJifimo,ag* uolmente fa!c alle
parti del corpo
alci (fi me
*e'llusne dello fpirito
più copio/a* menterifplende per
gli occhi >poi
che gli occhi
Cono (opra gli
altri membri tra* (parenti, tunc
capi [ciré quis
effes I llafuit mentis
prima, mina me£, Et
vidi, et perif,
nec notis ignibus
arfi . Il mede/imo nel
terzo degli Amori
parlando all'innamorata « Terque
tuos oculos, magni
mihi nummi s
injiar » Terq, tuos
oculos, qui rapuere
meos^ g Noto più
d'ogni altro è
quello di Vergilio . Vtvidi vt perij,
vt me malus abslulit errori
Vengono di mano
in mano a
dir il medefimo
i Poeti volgati
> Gino da
Pido» la più Ipeflò
d'ogni altro maflìmamente
nel fbnctto 4 J,
dimore è
vnofpirito cb'ancide,
Chenafcedi piacer, e
vienper guardo, E fiere
il cor,fi come
face dardo, Che l'altre
membra disìruggc > e conquide. Nel
primo terzetto. Quando s'affi
curar gli occhi
miei tanto Cheguardaro vna
D onna, e
h'io incontrai» Che miferio
il cor in
ogni canto . L'ifteflb nella
de'ciittione d'Amore. Quando gli
occhi rimiran la
beffate* E trouar quel
piacer deflarla menti L*
anima, e'I cor
lofente, E miran dentro
la proprietate Stando a
veder fen^ altra volontatt
Se lo
[guardo s'aggiunge immantinente . Vafia nel
core ardente vimor • Più
dolcemente il Petrarca . Dagli occhi
voftrivfciól colpo mortale, Contro cui
non miual tempo
» ne loco :
Da voi
fola procede (
eparui vn giuoco) II
fole t e l
fuoco, ci uento
; ond'iofon tale, llpenfierfonfactte, el
vifo vnfo!e9 E'idefir foco,
e'nfieme con quefi*arme Mi
punge Umor, m'abbaglia,
e. mi diflrugge . Lungo farei
a riportare autoriti
d'ogni Poeta ellcndone
piene tutte le
carta >«• fine de
moderni : ci
contentammo folo di
prefentare -vn Tonetto
d'vnnol>t!e ingegno man
l«o ad vna
Dama, che fuggì dalla finelha
ouando pafsbil «10 amante,
OC fi ritiro
dietro all'impannata a
rimirarlo Trafitto hai Donna
quefto core àrnica, Della
tua luce altera,
efuggitiua, Con celata percoffa
in fiamma urna Del
tuo bel guardo
mio tiranno antico, S^ual
crudo ^Arciere traditor nemico* In
un cogliendo fua
virtù viti \ H 2 Colpì /// Colpi attentar,
cb* altri di
vita priva Suol perfeflure
occulte in poggio
aprico l Ben ferir
mi poteva a
campo aperto, Che Imiocar .trema, e
l'alma più nonofa, all'apparir deltuofuperbo
afpetto. Ma perche dolce
morte b aurei /offerto» T^onuolefti crudele,
e difdegnofa Ferirmi a
faccia a faccia,
a petto a
petto . Né Solamente i
poeti, ma leggiadri
Profatori infieme hanno
attribuito l'origine d'Amore all'occhio,
Achille Statio ne
gli Amori di
Leucippc, òC Clithofonte
lib. i . Dumfefe
oculi mutuo refpeclant imagines
corporptm, fpeculotitm infìar fufeipiunt ;
pulebritudinis autemfìmulacraipfts à
coìporibusmjfa, et oculorum minifterio
in animam illabentiatnefcioquamfeiunSÌis etiam
corporibusipfis
ipermixtionemfortiuntur
corporum congreffu, qui
certe inaniseft, longe meundiorem .
più abaffo . Conciliatores
enim tAmoris oculi funt.HcWodoronel
4. deU'Hiftotia Ethiopica.
^Amantiumenim mutuus
afpeBusiaffeftusretordatioy ac redintegratio
eft,& infiamma t
mentem cenfpeclus perinde
atq; ignis tnateri£ admotus .
Diciamo noi di
più, che l'incendie,
che fi manda
fuori da«» gli occhi
è di efficacia
maggiore del fuoco
materiale, poiché quello
non arde fé non
è pofto appreflo
la materia,maf Amorolo
fuoco, che da
gli occhi sfauilla,infiama la
mente,e'l cuorcanco da
lungi: Si come
il fuoco s'attacca,Cx:
s'auen ta nella Babilonica
Naftha fior di
bitume, ancorché difeofto
fia, coli la
fiamma di due begli
occhi ardenti, ancorché
lontano s'accende, fi
diffonde, e fparge-, ne
gli animi de
riguardanti ; Onde
Plutarcho nel quinto
Simpofic, queftione jettima ailèrifee,
che gli Amori,
de' quali niuno più
vehemente moto negli huomini
cafea, pigliano origine, et principio
dall'alpetto, tantoché l'amante fi
liquefò quando la
cola amata ri
(guarda,, et in
quella palla, et trafmuta,
percioche, lo (cambieuole
(guardo de .belli.» et cioche
elee per gli
occhi, o j(ìa
lume, o fia vn
certo fluitò dlltrugge
gli amanti, et li
confuma con vn
dolore mifto col piacere,
da Orfeo chiamato
Glicìpicrb, cioè dolce
Amanogultato dal Peiracaha
nel fonato . Mirando ilfolneHjelf
occhio fcreno Dal cor l'anima
fianca fi feompagna Ter gir
nel Varadifofuo terreno: VoìtroHandoidi dolce,
e d'amar pieno, TPer
queHi eHrcmi duo
cmtrarijy e mifli, Horcon
voglie gelate, horeon
accefe Staffi e offra
mifera, et felice
. Piene fono le
dok-^zc d'Amore, d'amaro
allaitio, anzi di fcle,
6c^Iefue contentezze, fono le
doglie, eà Pianti,
dcrni'crelli Amanti . è amarol'
Amore perche qualunque ama
muore .amando, eflèndo
l'Amore volontaria morte,
in quanto e morte
è cofa amara,
in quanto volontaria
è dolce .
Muore amando qualunque ama,
per,chc il mo
penitelo dimenticandole nella
^periona amata fi tiuolge
iccondo la ragione
di Marfilio Ficino .
Adunghino quelli, che nellainornorofa paléftra
effercitatf fono, che
Amore è s
maro tanto lontano
dall'amato • oggetto, quanto
preferite, è amato
di lontano, perche
i amante lungi
dal foli bel fole,
per la priuatione
di elio "viue
in ofeure tenebre,
de in contìnuo
Tamilico, dehderando goder
la (uà luce
: è dolce
pur di lontano
per la rimembranza del piacere
della goduta luce,
l^prefenasa poi dell'amata
luce è amaro
amorev perche auanti lei
l'Amante s'àlÉJiueia, s'arde,e
fi ftrugge;è dólce
dall'altro can| to,
attefoche fi con
fuma nel fììbbel
fuoco, et nella
fiamma a luì
gradita nella l quale
gli è più
dolce il penare,
che fuor di
quella gioire :
8c è più
dolce perche-» rivolgendoli
nella perfona amata
in quella pafTa:
è doppiamente amaro
perche . more non
potendo trapalare, e
trasfbr marfì, totalmente
in lei, et con
ella innernamente vnitiì
: eltendo impedìbile
che da fé
(teffo totalmente fi diuida,
de *fi difunifea affatto,
C\ come vorrebbe
per lo grande
Amore : onde
fempre beanti per maggior
vnione d'aesirarfi intorno
all'amato lume» Cerne taVhor
al caldo tempo
fuole Semplicetta farfara al
lume auc^a r V'
Volar negli òcchi
altntiper fua "pagherà
: 0 nàe auuen ch'ella
more, altri ft duole* Cofifempre io
corro al fatai
mio fole Degli occhi,
onde mi vieti
tanta dolce^^ Che'lfren della
ragion amor non
prerra. M a fi
m'abbaglia Umor foauemente,
Ch'io piango l 'altrui
noia, e noi
mio danno » E
cieca alfuo morir
l'alma cor fente. Per
e(Ter amor dolce
amaro, gli amanti in vn medefimo
punto, in dolcerz* -godono,e fi
ftruggono in amarezza
per il fuobel
fole,che cercano,c dciidaano» Ter far
lume alpenfier torbido
i&fofco Cereo il mio
fole: *b{elqual prono dolce^e
tante, e
tali Ch' Umor perfora a
lui mi riconduce
; Toifì m'abbaglia, che' (fuggir
wV tardo, lo chiederei
a fcampar non arme\an\i ali i
■"* Ma perir mi
da 7 del per quefla
luce, Che da lungi
mi Hruggo, et da
prefi'ardo . i Ma che ? a
gli amanti tanto
è il dolce
quanto l'amaro :
l'amaro glie dolce,
Se il dolce amaro . Urda,
0 mora, è
languifca vn pia
gentili Stato del mìo
non èfotto la
Luna, Sì dolce è
del mio amaro
la radice. Di quefto
mirto, dolce amaro,
di morte,e vita,
d'allegrezza,©* dolorerà
folamente cagione il
fol di due
begli occhi', origine
dell'Amore . Di qualfol nacque
l'alma luce altera Dì
que begli occhi,
ond'io ho guerra,
e pace, r ChemicuoconoilcuoreinghiacciOie'nfuoc&ì
Concludiamo con le
arTemiofe parole di
quella Amante, che
ne! principi» II 4.
dd 129 ICONOLOGICA del decimo
libro 'veramente d'oro
d'Apuleio cofi ragiona,
la cagione, 8c
l'ori» gine di quello
mio dolore è
ancor la medicina, et la
falute mia fé
tu folo, per* che
quelli tuoi occhi
per gli miei
occhi pattati in
fino all' intimo
de! mio cuore nelle
medolle mie commoueno "vn'acerbilììmo incendio .
L* origine dunque d'Amore dall'occhio
nafee conforme a
quel detto deriuato
dal Greco . *Amor ex
videndo nafeitur mortalibus . Non fari
vano quello difeorfò,
ma profitteuole ogni
voIta,che conlideranda l'affetto d'amore
nafea dal vedere,e
dal rincontro di
due begli occhi,
per noru entrar nel
cieco labeii nto
d'Amore, chiuderemo gli
occhi all'apparente fplendorè
delle mortali luci
: fé il
dimorar con lo
(guardo auanti vna
(plendida bellezza, ci Q
incorrere nella malattia
d'Amore : il
fuo contrario, ch'è
di ri uolger gli occhi
altroue » ci
liberar* da quella,
^inerte oculos tuos
ne vìieant vanita» tem
j faggio è quel configli o
dato in quello
gratiofo dittico .• J^uid facies »
facies generis fi
veneris ante? 'Nefedes,/ed eas,
ne pereas per
eas\ Non fi deue
federe, et dimorare
auanti *vn bel
volto, ma fuggir
via dalla-. fua 'villa,
òV^ hauer cura
che gli occhi
noftri non fi r
incontrino con gli
occhi altrui, che belli
fiano, per non
cadere in detta
noiofa infermità d'Amore
; e le caduti
ci lìamo ;
per riforgere da
quella, rimedio datoci
tanto da Marlilio
Fici* no nel conuiuio,
quanto dal Maeftro
d'Amore nel remedio
d'Amore» ytpene extintlum cinerem,ft
fulpkure tangas Viuit9& ex minimo
maximus ìgnU exit*. Sic
nifi uitaris quic
quid reuocabit .Amor
em9 Flammaredardefcet, qua modo
nulla fuit . Perxcololò è
il propollo fine
dell' Amor Platonico,
quaPc di fruirla
bellezza Con l'occhio :
attelb che Amore
ha com pollo infieme
li gradili del
piacere ( fé* con
do Luciano.) Tyequetnimfatiseslafpicert £ttm,
quwt amas, nef,exad» nerfofedentem, atq;loquentem
audire: [ed perinde
atquefcalis quibufdam uolup* tatis
compactìS) *Amor primam
gradum uifus kabet,
utapfpiciat uideliett amatum .
Deinde ubi afpexerit,
cupit adductum ad
se proprius, etiam
contingere . li primo (calino
fi è il
vedere, et rimirar
la co/i amata,
doppo quello il
dehderio di toccare quelche fi vede,
ilterzobacio, il quarto
fatto Venereo, pollo che
s'è il piede
nel primo (calino
del vedere, diffidi
colà e ritenerli
di non (ali* re
allatto, et palTare
all'vltimo ; poiché
dal "vedere fi
commoueno gli affetti, Et
ciò Socrate iflelTo
oracolo de' Platonici
negar non puotè,
veduta ch'hebbe^» la bella
Theodata nominata da
Senofonte nel 3 .
libro de i
fatti, e detti
di Socrate, dicendo . T{os
autem,& ea qua
uidimus tangere cupimus,&
ambibimus amore dolentes, et abfentes
defiderabmusy e quibus
omnibus fiet, ut
nos quident demferuiamus, buie ueroferuiatur. Ecco
che Socrate anima
di Platone, confefc fa
che dallo (guardo
fi defidera paflare
al tatto, cV
che per tal
defiderio ancorché lungi dalla
colà amata, fi
patifea dolori, et fi
cade in leruitù
d'Amore-/ . Arafpade
Cauallier del Rè
Ciro hauendo detto
al fuo Signore,
che li poteua-» mirare, òC
feruircvna Dama fen^a
farli (oggetto alle pallioni
amorofe_ ;
N«)»rilpo(èilRè,ècofapciicololà;auuengacheilfuoco non di fubbito
abbruci . T2T bruci chi lo tocca,
Se non di
lùbbito le legni
ardino : nondimeno
io non voglio maneggiare il
fuoco, ne rimirare
cale belici &a
te Arafpade dò per configlio, che non
filli gii occhi
in belli oggetti,
perche il fuoco
abbrucia quelli che Jo
toccano, ma i
belli accendono anco
quelli chi di
lontan lì guardano,
tanto che per amor
fi flruggono, J^eqypulcYOs
intitecr 9nec eti.amtibiconfulo *Araffasyfmas
ìnpukrisùculosuerfari, quod ignis
[quidem vrithomines't ungente s,
ac formoli eos
etiam
Mceridanttqmfe-profulfpectantyUtpopter
amorsm^aent. Non fi tenne
Arafpade al buon
configlio, adìcuraijdofi di poter far
refiiten zau ad Amore, et dinon
paffar più oltre*
che il primo
(calino dello (guardo;
ma * {>oco a
poco fi concepirono
dentro i 1
fiio petto con"
eccelline fiamme per
le belezze di
Panthea da lui
amata 9 che
dal dolor piangeua,
òC dalia vergogna
fi confondeua, e temeual'a /petto delfuo
Rèpcr ie ingiuriofe
minaccie, cn egli fece
a quella Honefla
Dama, càe non
volle compiacere a
fuoi Amori $
fi chel'incauto Arafpade
non pensando alla
forza dello (guardo,
porto eh' hebbe il piede
nel primo gradiledel
vedere » (pento
daU'infoportabile defiderio »
tentò di giugnerc al
tatto, Se falire
oue gli perfuade.ua
V Amoroso affetto
i O quanti dal
rimirare, e veder
cola a loro
grata, molli dallo
(limolo della concupifeenzas come
ingordi voglioso battere
le mani in
quello, che appetifeanc;
in quel* lo, da
che efli guardar
fi douetiano., come
dal fuoco, Megabizo
gran Capitano di Dario,
mandò fétte Per fiani,
che doppo lui
erano neh'efèrcito i
più principali» per Ambafeiadori
né Aminta Rè
di Macedonia, i
quali eden do
(lati ri* ceuuti nobilmente,
doppo il con
uito, fecero inftanzadi
'vederle belle Dame di
Macedonia, ;ne furono fatte
venire, "Vedute, chei'hcbbero
i Perfiani s'acceféro
d'Amore, e pregarono
Aminta» che le
£cc(Te federe auan
ti gli occhi
loro ( fi come
racconta Erodotto )
li compiacque il Rè, &e(IÌ
cominciarono fubito lènza
naodeftia a ftenderele
mani (opra le
poppe di quelle
: ciò ad
Aminta parue sfacciataggine, SC
non meno ad
Aleflandro fuo figliuolo,
il quale in bella
maniera fece partire
il Padre, et partito
che fiì, diffe
alli Perfiani, poiché fere
fiati in regalato
conuito > auuicinandofi
i'hora d'andarfi a
ripofare, voglio anco vi
s apparecchi delitiofo
letto in compagnia
di quelle Dame,
acciò polliate riferire al
voftro Rè, come
fete flati bene
accolti, et accarezzati
dal Principe di Macedonia,
però laflàte prima
che le Dame
fi vadino a
pulire, ò(' laua* re
nel ferragJio loro:
Fece poi Aleflandro
venire Giouani sbarbati
adorni d'habiti feminilicon
pugnali Coito le
yefti, i quali
entrati nelle camere
aflrgnate^ alli Perfiani, credendoli
e Ili fullèro
Donne i corfero
ad abbracciarli, ma
li raeIchini furono
a furia di
pugnalate vecifi: Miferia
cagionata dal vedere,
dall'occhio, origine
d'infiniti mali, Autori
di precipiti j, 6^ di fniftricafi
. Da chi hebbe
principio la perditione, et la
commune calamità del
Genere humano ? dall'occhio
dal vedere la
bellezza del pomo
vietato. Vidìt mulier
quodbonum effet lignum ad
vefeendam, et pulcrum
oculis, afpet7uq> delegabile
. Per qual cagione
Iddio mandò dal
Cielo larghi torrenti
d'acque a fommerger
l'VniiTerfo £ per
la lafciuia dell'
occhio . Videntes
Filij Dei filias
hominum quod effent fulcri . Sanfone
Capitano cofi forte,
da chi fu
vinto ? dal
rifguawàar le Delizie puma
di Thamnacha Filiftca,
di cui dille
al Padre chiedendola
per confoi te. in
Tlacuìt acidi 'f meis .
Et poi di
Dalila meretrice, nel
cui feno gli
fu recifo i! i
ne della
Tua fortezza > et canati
quegli occhi miniftri
del Tuo Amore,
della fu cecità,& morte . Il
Rè ch'era cofi
giufto conforme al
voler di Dio,corre
fec a diuentar adultero,
ingiuflo, et homicida
? mirando incautamente
da vnai loggia le
bellezze di Bethfabea .
Vldit mulieremfe lauantem,
erat atitem mulh pftlcra
valde . Se l'occhio
ha fatto preuaricare
Dauid cofi giufto,
Sanfone ce forte, ch'altro
potremo dire, che
la villa dell'humana
bellezza corrompa lì Giuftitia
> cV fottometta
la fortezza : et ehi
fari, che s'aflìcuri
firtàr lo fguat do
in cofe belle
ì Non guardò
mai con buon
occhio Augufto verfo
Cleopatr; la quale doppo la
morte del fuo Marco
Antonio, pen so (come
riferifee Stròfi con artifìcio
della bellezza fua
di poter allettare
l' Animo d'Augufto, ma egl
tanto pài nel
cuor fuo l'odiala, 5:
ordinò a Proculeio,che
vedette di pigliarla
L de cuftodirla viua,
per condurla in
trionfo, iì che
hauendo prefentito Cleopatra Regina >checon
la fua bellezza
vinfe tanti Principi, et valorofi
Imperatori d'eferciti » defperatafi
di non poter
vincere anco Augufto,
per non reftar
viwa prigioniera nelle
fue mani y
fi fece dar
morte dalle ponture
d'vn afpe,-. per lo
che Augufto non
hauendo potuto confeguir
il fuo intento,
fece portar iru trionfo
l'immagine di lei
: Et che
moueua vn cofi
grande Imperadore a
brama fé, che fi
conducete in trionfo
vna Donna ?
trionfar dWna Donna
. certo la 'vittoria
> che riportò
di lei ;
attefoche egli folo
non fi Jafsò
vincere da quella che
con gl'acuti dardi
degli occhi fupi
vinlè Cefare y
M. Antonio, cV^
molti Rè ftranieri ;
quella che iì
-vantaua di non
hauer ad eftere
trionfata, dicendo, non triumphabor
.in memoria di che Augufto
fece battere vna
medaglia pofta nelli fymboli
di Claudio Paradino
da lui efplicata,
nella quale era
imprellò vn Crocodilo legato
ad vna Palma,
figura di Cleopatra
Regina d'Egitto da lui
fuperata, con quefto
motto, Colligauit nemo
: gloriandoli che
niun altro potè far
refiftenza alla beitela
di Cleopatra da lui disprezzata,
6X_ vinta .
Ni uno dunque fteuramente
drizzi lo fguardo
in belli oggetti,
ne vagheggi Dame
di vago lume adorne,
ritardi auanti il lor confpetto
: perche chi
ardiri mirare,vn bel fembiante
afpro tormento de gli occhi,&'del cuorejanch'egli al
fine fi. dotri,&Tlamentari, in
cofi querule, et dolorofe
note. 0 Mondo ^openjier
vanì, 0 mia forte
ventura a che
m adduce: Odi che
vaga luce .Atcuor mi
nacque la tenace /pente
; OndeV annoda, e
preme Quella^ che con
tua for%a alfin
mi mena, La colpa
è voflra,e mWl
danno, elapena. Così di
ben amar porto
tormento, E del peccato
altrui chieggo perdono
; tAm^idelmioichedeuea
torcer gli occhi Da
troppo lume . Ritiro P'ir
ci ìfeuno la
-villi dalla potenza
di raggi dWn
riuSlendente fole, sf.i '
'hi-ii finoouuv* Ji due b.^'i
occhi, Sc^_, ponga
mente a! costume
dt! Ca« . iz3 uairio
vccello grande marittimo,
il quale {
per quanto narra
ElianOj&C^ PIutarcho nel
fudettonmpofio)amrmeftrato dalla natura,
sa che s'egli
fida lo /guardo ne
gli occhi diquelli,che
fono oppilati, riceue
in fé l'oppilatione
di co • loro,
ondegli voltafi con
gli occhi ferrati, altrimenti refta
dentro di (è,
come dagraue colpo ferito
: così noi
chiuderemo gli occhi
al rincontro di
due cocenti lumi, acciò
per gli occhi
noltri non.riceuiarno le
fiamme loro nel
cuore, ilquale altrimenti
rimane epprefio,;&
fcHocato dali'opiìatior.e amorofà,
punto 4a, pungente arale.,
6^ arfo da
folgori, et facete,itramenti militari
d'Amoree col quale
parlando il Poeta,
dille . L'arme tue furori
gli occhi: onde l'accefe
Saett'ufeiuAn d'inmjibil fuoco.
OST1NATIONE. DO N H
A veflita di
nero con la
tefta circondata dalla
nebbia 9 fòftenendo
con ambedue le
mani *Vna teita
d'Alino . Il "veftiinento di
nero, è conueniente
alì'oflinatione, perche cornei!
panno tinto in nero
non può pigliare
altro colore, con"
'■vn' huomo ©felpato
iru 'vna opinione non
sa "volgerli per
alcuna ragione alia
luce della 'verità
dimostratagli . Hauerd ìa tetta
circondata di nebbia,
perche gli oftinati
fogliono vedere poco lontano
* Si. peròiì
fermano faldi nella
loro opinione ;
perche non è
dubbio tiler cofa da
fauio leuarfi di
opinione per elìèr
talmente ordinato il
noftro fape« t*,.che òpcr
perfettione,&. numero grande
di cofe perfette,
ò per la
poca luce, 8c^ofcuritidel noftro
intelletto non lìarao
mai a tal
termine, che «on «abbiamo luogo di
panar innanzi, Se
da tor lapalma
del fa pere
noftro à noi
medefìni., con la
fucce(Iìone3che fi fa
delle cofe di
tempo in tempo. La
tefta dell'Alino moftra
la medefima ignoranza,già
detta efier madre
del*oftinatione,&: fi figura
l'ignoranza nella tcììa
dell'Alino, per eller
quello animale ftolidiiTimo equalmente
d'ogni cola, fodisfacendofi, e
del brne, ^Sc^
del naie, rnofìrandofi fallìbile
alle forze ",
ò cordoglio, à
differenza de gli
altri nimali • OTIO GIOVANE grano,
in vna caueraa
ofeura, fé derido
fi appoggiato col
gomito finiftro (opra d'vn
Porco, che flia
diflefo in terra,
ÒCT con la
medeima mano fi
gratti il capo
3 farà tutto
(onnacchiofo. i Giouane fi
dipinge, come quello, che
non ha efperimentato
r.'nccmmodità Sella vecchiezza . \ Graìlo,
per li pochi
penfieri, i quali
non danno noia
per la troppa
occupatio*e del penfiero, et dell
intelletto, alla dilatatone
del (angue per
le membra . Siede in
"vn'efeura caucrna ;
percioche l'huomo oriolo
non è pronto
alfhoDreudi,e gloriole àttiotìi-'j onde cóuiene
menare la vita
ignobile, òV tenebrofa. Sì
appoggia ad vn
Porcc^perche l'oriolo nella
conuerfatione degli altri
rinomini, è limile al
porco, per la
vilttf, e dapocagginc
(un . j E
opinione d'Ànftoule, che
quello a-cin* «k nella
fìlònomia fia il
più incrpace i. = e. n+ pace
di ammaeftra mento di
tutti gli altri
animali ; come
l'oriofo che non
curi alcun lodeuole etèrei tio, sì rende
inhabilead apprendere qualfiuoglia
difciplina ; et fi
come quefto ideilo
animale ad altro
non attende, che
a fodisfare l'a petito
della gola, &f
di Venere ;
cofi l'huomo dall'otto
dominato, fi òà
rutta a contentare Ce
Hello, fodisfacendo a*
proprij appetiti con
perdita della propria fama-; . Si g atta
il capo a
guifà di coloro,
che mal Tanno
prender configlio, non
riattendo imparato la prudenza,
(pendendo la maggior
parte del; tempo
nel! deliberatone delle attioni
; lequali fé
fono buone non
le mandano a
finejfc re lejpregiudicano all'honore, et alla
fama * Otio 4 Glouane
gra(To,& corpolenCo, C-axcL
a giacere per
terra,per veftimento por-tara
vna pelle di
porco, &c per
terra vi farà
"vn vomere inftrumento
di ferro da arare
la terra, ma
tutto pieno di
ruggine » Per dichiaratone
della giouentù, §C
della gratterà »
del giacere -in terra, et del
-vel ti mento
della pelle di
porco, di quella
figura feruirà la
dechiaration fatta della figura
di fopra :
folo diremo, che
è fignificatiuo dell'odo
il vomer arrugginito, come
de negoti j, et dell'anioni
quefto medefimo chiaro, et netto >eiiendo il
più importante n'egotio
noftro far cofe
appartenenti al-viuere, £^ come
non adoprandofi il
"vomere viene rugginoso
; cofi l'huomo,
che-» tralafcia il ben'operare,
dandoli in preda
all'odo fi cuopre,
6^ empie d'infami*',di
vitij, che lo
rendono poi d/fpiaceuole
a Dio,& a
gli hilomini, e
quefto otio non è
altro che vna
quiete dell'intelletto, il
quale non moftrandf
la ftrada di operare
vircuofamente a' fenfi,
anch'efli Ce ne
ftanno fopiti, ò
quel ch'è peggio difeacciati dalla
via conueniente . Per
quefto dille S.
Gregorio l'otio eflèt vna
fèpoltura dell'huomo viuo,
6^ la Scritturarne
tutti i mali
del mondo gli ha
inregnati l'otio, Ne
fi prende in
quefto luogo l'otio
per contemplatone: come lo
pigliò fcherzando con
parole Scipione il
grande,dicendo di sé
ftellb, che allhora hauea
men'otio che mai,quandone
hauea pili abondanza
; per dir
che quanto meno era
impiegato nell'attioni, tanto
era più intento
al contemplare > perche
di quefto otio
godono fòlo quelli,che
con lalcttione de
molti libri, 6^ con
l'intendere! cofè alte,
6^ nobili, mantengono
fenza muouere altro
che la lingua,ò la
penna > la
pietà,la religione,il zelo di Dio,
il confbrtio de
gli huomini.oX^ in
fomma quanto è bene fra
le mifèrle di
quella vita mortale. Otio. HVomo vecchio,veftito di
giallo dipinto à
Mafchare, Se à
trauerfo ha u eri.
vna banda berettina
con vn Fagiano
per cimiero, nella
deftra mano vna f
icella di color
bigio fpenta,& nella
finii! ra vn'ouato in
campo d'oro, nel
quale fia d-pinto vn
giro col motto
. In quiete
voluptas. Otio, HVomo
grailbjcorpolenro,* federe in
terra con vn
feudo fòpra, tutto
rico perto di ftrali,&
fre^ze tirate da
diuerie bande, qua
fi che l'otio
fia feudo di tutti
i vitij. Grado
lo dipingiamo per
la cagione detta
di fopra,&" cofi
io fa l'Ariollo dicendo. la
. . t*f 1 1 qasjto
albergo ; il
grane forno giace V
Othda vn canto
corpoìent*, e graffo. Lo
feudo ripieno di
fre^ze, moitra che
l'huomo otrofo ì\
laida venire adotto tutte
le calamità, prima
che penfi à
volerli leuare dalla
polmonaria nel perder* il
cempo,& fin che
gli refta da
viuercb fia conlode,òcon
biafimo.con honore, jb con
vergogna,con danno, ò con vtile
poco cura il
tutto. Et perche
il mal Tuo Jfififtolito non
bifogni guarirlo con
lo fmrnuire del
fangue, et col
tagliare dell* 'jrene, fi
tontenta venire mancando
a poco à
poco con iua
vergogna ; faftidio
do gli amici,& vituperio
della famiglia. Otiù. VN Giouane
mal 'veftitojil quale
ftia col capo
chino, et /coperto, et co»
ambi le
mani in feno. PACE. 'ideila medaglia
d'^tuguftofi veitfcolpitA » DONNA,
che nellafiniftra mano
tiene vn Cornucopia,
pieno di frutti» fiori,frondi,con vn
ramo d'vliuo,& nella
delira vna facclla,
con la qualo abbruci
vn montone d'Arme. Il
Cornucopia lignifica l'abbondanza,
madre, et figliuola
della pace j non et mantenendo
lacareftia fenza la
guerra, ne l'abbondanza
del vitto fenza
l'ab>ondanza di pace,come
dice il Salmo. Fiat
pax in virtute
tua>& abundantia in
turribus tuis. ti ramo
dell' -vii uo dinota
la mitigatone de
gli animi adirati,
come fi è
detto Miì Iongamente in
altri luoghi. Et la
facella * che
abbruci il monte
d'arme, lignifica l'amore
vniuerfale,©^^ cambieuole
fra i Popoli,
che abbrugia, et confuma
tutte le reliqnie
degli odij, che fogliono
rimanere doppb la
morte de gli
huomini. Per dichiaratone
del Cornucopia,ne ferutremo di
quello, che riabbiamo
detto nella figura
dell'abbo» dan^aw . Tace* Giouane
bella con ghirlanda
d'vliuo in capo,nelta
mano deftra ferri
la figt* ra di
Pluto,& nella finiftra
vn fafeio di
fpighe di grano,come
fi caua dal* li
ferirti di Paufaniàcne
nella deftra mano
tiene vna face
accefa rruolta in
giù, et {òtto à quella
vi è vn
monte di arme
di più (òrte,&
appreffo vn Leone,ó*£~
vn Agnello giacendo infieme. Pace
fi dice con
agguaglianza di molte
volontà moftrata con
fegni efleriori, jlche fi
moftra nello Mare
infieme il Leone, et la
Pecora, che per
natura fono diuerfiflìmi
di coftume,5^ (\
prende da Vergili©,
il quale volendo
augurare pace al tempo
di Pollione,diire che
gli Agnelli, ft^
i Leoni haurebbono
infierm habitato, Tace. DOnna,1a
quale tenga in
grembo Tvccello chiamato
Alcione, et in
terra canto d'efla vi
farà vn Caftoro
in atto di
flrapparfi con denti
i genitali. L'Alcione è
vn picciolo vccello,il
quale fi il
nido alla riua
del Mare;, §C pt
quei pochi giorni3cbe
quiui fi trattiene,cefla ogni
'vento,*& ogni tempefta,
re ftando il Mare,6c
il Cielo tranquillo,& fcreno,-però
è-indicio di tranquilliti,
i. di pace ;
onde metaforicamente giorni
Alcioni j fi
dimandano da gli
Antichi ne' quali il Tribunale
fi quietauay& fi
pofauano li Litiganti. lì
caftore,il quale perfeguitato
da cacciatori,come (criuono
alcuni, co' den> fi
mo^za i genitali
; fapendo per
quefti euer da
loro fèguitato, è
indicio di gra; defiderio di
pace,cV~ ammonitione a
ferrar gl'occhi alla
perdita di qualche
bc ne, et di
qualche vtile, per
amor fuo . Et
fi legge à
quefto propofito *vna
letti ra di Sapore
fcritta a Coftantino,
la quale lo
efòr ta à lafciare
vna parte de 1 R
gno dell' Afia per
viuere in pace,
con Teifempio di
quefto animale irragion noie, il
quale per priuarfi
del Colpetto, fi
taglia quel membro,
che lo fa
(lare ii quieto. Tdtt D . iz/ Tace. Onna giouane
à federe, co»
la deftra mano
tiene legati infieme
vn Iup» « &C
vn Agnello fotto
ad vn giogo
medefimo,8£~ nella finiftra
porta ~vn Quefta figura
moftra la pace
e(Tèr cagionata dal
reggimento de'Prencipi»cha
(fanno abballare l'arroganza
de' fuperbi, et farli
viuere fotto il
medefimo giogo co' più
humili, &^ meno
potenti, per moftrare
che è fola,
e propria virtù
sue Kencipi faper far
nafcere,& mantenere la
pace nelle Città
>& ne* R
egni,Ia qua! 1 Tiene
ipefle volte perturbata
dali alterezza de' fuperbi,& però
Ilioneo orando I,Didone
predo Virgilio nel
primo lib. dell'Eneide
la loda di
quello capo particolare .
Et la pace
di noi fteilì
che nella medefima
figura fi può
intendere; non è altro
che la concordanza
de' fenfi del corpo
con le potente
dell'anima, rendendo
egualmente obedienza alla
ragione chi domina, et da
leggi ad vne,Sc^a gl'altri . Et
per lignificare l'Imperio
del Prencipe li
fa la figura
che fiede; non fi
potendo dar giudi
rio publico fenza
ftar à federe
forfè per conformità
del detto d'Ari itotele
che dice,che la
prudenza nell'anima s'introduce
per mezzo del
fedele ìt della quiete . Tace. Isella medaglia,
di Filippo,, DOnna>che nella
deftra mano tiene
vn ramo d'o!iuo,&
con la finiftra
vn*hafta. Per quefta
figura fi dipinge
la pace acquiftata
per propria virtù, et vaIore>& ciò
denota l'haftache tiene
in mano» Tace. In vna
medaglia di Vefpaftano
fi vede [colpita . DOnna che da vna
mano tiene "vn
ramo d'oliuo, dall'altra
il Caduceo,& ìn vn'aitra
fi vede con
vn ma^zo di
fpighe di grano, et col
cornucopia, dC con la
fronte coronata d'oliuo. Tace. Isella medaglia
di Tito. DOnna che
nella deftra mano
tiene vn ramo
di palma, et nella
finiftra vn*hafta. La palma
promette premio à
meriteuoli > Thafta
minaccia caftigo à
delinquenti,©^ quefte due fperanza,
òC timore mantengono
gli «uomini in
quiete^ in pace. Tace .
Velia Medaglia di
Sergio Ùaìbd con nome
di pace [colpita
Ha . VNa donna di
bell'afpetto, che fiede, et nella
deftra mano tiene
vn ramo d'vliuo,nella finiftra
vna Claua con
lettere» TaX^fugufi.&S.C. Nota
quefta figura la
pace acquiftata per
-valor dell'animo, et per
vigor del corpo, l'animo
fi feopre nella
belle^a,& nel federe
della donna . Il
Corpo della Glaua, iftromento
col quale Hercole
foleua caftigar gl'inimici,
con reprimere 'audacia de
malfattori* Tace, ìxf vi Tace» J>{ella Medaglia
di Traiano .fi fa foto. DOnna,che con la
deftra tiene vn
ramo di vliuo, et co»
la finiftra ~tn
Co* no di diuitia
• Tace. Et in vn'
altra di Filippo
fi "vede in
formadi Donna, che
conila deftra mai* alza
*\n ramo dVliuo, et con
la finifta tiene
vn'hafta eoo lettere
Tax fundal €um Ferfis, et di
tutte quefte potrà
il diligente Pittore
eleggere quella,che pii gli
parrà a proposto, et anche
di molte farne
vnaioia, come vedrà
meglio pò t«rlì piegare
la fua intentione
» Tace. Isella Medaglia di
Claudio. VNa donna, che
abbaila il Caduceo
*verfò la terra
doue è vn fèrpe con
fio ri
ftrauolgirnenti,moftrando la diuerfità
de colorici veleno. che
tiene,6* con l'altra n>ano iì
fcuopte gl'occhi-con vn
**v£lo per non
^vedere il fé rpc, a quelle
lettere» PAX ORB. TERR.
AVG. Chiamornogli Latini Caduceo,perche al
fuo apparile faceuacadcre
tutte li 4ifcordie,& fu per ciò
l'infegna della pace. Il
cuoprirfi gli occhicol
velaper non vedere
il fèxpe,,dimoftrache la
guerns Capprefentata per il
velenofo ferpefia noiofa
* dc^, U'iufiurto
dannOjOnde Vip igiiio nel
primo dell'Eneide (òpra
di ciò coli
dille. Trulla falus bello,
pacem te pofeimus PACIFICO. ^Ve'di àncBeatltudini la
fèttima, l> A S SI ON£
D'AMORE. DO N N
A,che con 'Ynamaao
tiene vna "verga,
Sfrcon l'altra vna
ta^zai et appretto di
fé da vn
lato vi faranno
Leoni,OriìJLupi,Cigna!i>Cani,5c^, limili ; et dall'altra
parte molti faffi
. Si prende
per la patfione
d'Amore Circe,come narra
Ouidio, et dittero
gli Antichi effer
vna Maga potentillìma,
che trasformaua gli huomini
a fua voglia,5c
volfeto, come habbiamo
detto fingilicare con eflala padrone
d'Amore . Tiene la -"verga, perche
Homero nel libro
x. dell'OdyflT. finge
che la dett donna
hauendo dato à
bere vn fuo liquore à
i compagni di
Viiliè, toccatoli i capo
con la vergaci
trasformale in fiere. La
ta^za,è per dinotare
quei fughi d'herbe, et beuande,
coi quali fi
dice,cr faceua vfciregli huomini
fuori dì se, rendendoli à
guifa di latti,
oc bruti anima» hjfopra di
ciòne ragiona Ouidio
xiiij. lib. Metamorf.
con quelli *erfi. 7{cc
mora.mìfcerì tofìi iuhet
orde a grani, Mellaq; "pimq\
merheum lacle coagula
puffo t Quìqifub hac
lateant furtim dulcedine
fuccosi lAdìjciti accipimus [aera
data pocula deverà. Et Vergi! io
nel 7. Hinc exaudirigemitusjrxqs Lcowm Vinclar eeufantum^ fera fub
rio tle rude
fftum ■
SetìgériqjfacsiatfsànfMfepibifsyrfi Sauire^ac
forma magnoruniyìiilareLuporuni:
i Quos
homlnum ex facie Dea
fempotentìbus ber bis rlnduerat
Circe irfpuhusMC terga ferarum. f
Il che
dinotano i diuerfi
animali, 8£T la
moltitudine de (affi
j fi che
fi deuo fldcrare,ehe la
fopràdetta figura è
ynaefpreflionè della padìone
d' Amore, ja quale prende
dominio injquegli.huomini,'che
fi lanciano otiofamente
piglia•Aeco! gufto di
cofe ddetteuòli, ropofito|
mortificatione, mala /òdisfattionc, cVf . dolore
j nondimeno perche
la vhttrfraleauuérfità non fi fmorza
a fatto, fi
delie fare di colore
berettino .-, che ritiene^qucllapoca di
"viuacità, che è la fperan«i za
di cambiare fortuna
fra lemiferie »o\^
è vn'aipettare all'occaib
del Sola*,, che di
nuouo forga la-luce,bella; e
ehiara,per illuminare il
giorno, o/curato nelmiferie. Il giogo,
èfignificatiuo della patienza,
li quale come
fi è detto,
iì efferata^ folo nel tollerare le
auuerfità, con ànimo^coftante, et tranquillo
. Et in
quefto propofuò diflè Chrifto-NoftroSignore,cne il
fuo^giogo era fuaue
per il premiot che
s'afpettà doppò Tofleruanzatie fuoi
fanti commandamenti ;
che fono 'vn [giogo,
al quale volentieri
fottomett* il collo
ogni Chriftiano, che
hàbbia ze[Ib delilionor..di.Dio . T attenda. DQnna con^mtorchio
accefo in vnamano-,
con la quale
verfi cera lique? fatta
lopra l' altro' braccio
ignudo, et a piedi
per terra vi
faranno alcune», jhimache, le
quali fi pongono
per la patienza,
per (cordar i
tempi, et ftarfi
molti g orni rinchiufe
nelle Toro cocciòle
finche viene il
tempo a propofito
di v/cir |fiiora-i. T attenda. Qnna
veftita di berrettino
con le mani
legate da *vn
paro di manette
di ferrò, 6^ a
canto vi fari 'vao fcoglio,
dal quale efea
acqua a goccia,
8c cada fopA
le manette di
detta figura . Perla quale
fi moftra, che
ad vn'huomo,che fa
afpettàre ogni cofa
fuccede* felicemente, &C ancorché
i principi) di
fortuna fiano cattiui,
aiutati poi dsu qualche
fauore del Cielo,
che non iafcia
mai fenza premio
i meriti dell*
huoijio, in vn
punto nafee quel
bene, che molti
anni fi era
in vano defiderato .
Di quella forte di
patienza, et dell'efito
felice, habbiamo de
noftri memorabili et. lìmpij
nella Corte di
Roma,eflèndo fblo per
la patienza d'vn
affidua feruitù *, molti
arriuatì alPhonor del Cardinalato,& d'altri
gradi importanti della
Hie* xarchia Ecclefiaftica j
oue come Citti
fabricate nell'alte montagne,
fono efpo« iti a
gli occhi di
tutto il mondo,
òC* hanno occafione
di far fi
chiari per la
virtù dell'animo, come fono
celebri per la
degnità, 8c grandezza
efteriore . Ma quando bene
non fuccedefie, che
alla patienza folle
guiderdone la libertà in
quefta *vita, come
fi vede cofi
fpeflo, che la
fòrza dell'acqua confutili =il
ferro; non dobbiamo
però perderci d'animo,
parlando con quelli,
che drizzano la loro
feruitù a buon
fine, 3^ non
all'ambitione, viuendo virtuofamen» te, fapendo
le promeffe fatteci
per la bocca
di Chriflo Moftro
Signore,che coniiftono in
beni non corrottiteli,
dicendo In patientia
veHra poffidebitis animai **cflr.ts, et che
è folito caligare, et correggere
in quella vita
quclli,che ama, • defidesa
premiate nell'altra . • 'Patienza. DOnna d'eti
matura, a (édere
fopra -vn (allo,
con le mani
in modo, cheJ moftri
fegno di dolore,&
con li piedi
ignudi fopra "Vn
fafeio di (pine. La
patienza fi fèuopre
nel fópportare i
dolori del corpo,
5^ dell'animo: p th
fi dipinge la
prefente figura iu
quell'atro . Le (pine fono
quelle punture, che
toccano nell'honore,b nella
robba, ò ne. la
vita,le quali fé
bene pungono i
piedi, cioè danno faflidio nel
corfo degli affetti terreni j
nondimeno lafciano libera
la teda, et le
alttc membra più
nobiU perche vn'anima ben
regolata, Se ben
difpofta fopra alla
ftabilità della 'virtù non
proua il danno
fondato nelle cofe
terrene . Il federe fopra
il fafiò, dimoftra
efTcr dura cofi
fàper reggere la
patienza e animo tranquillo,
ma che facilmente
fi fupera • PAZZIA. VN
huomo di età
'virile, vetliro dì
lungo, et di
color nero, ftara
ridente, et a cauallo
fopra vna canna,
nella deftra mano
terrà [vna girella
di carta iftromento piaceuole, et traflullo
de fanciulli, li
quali con gran
fludio lo fanno girare
al 'vento. La pazzia fi fa conuenìentemente nel
modo fbpradetto,* perche
non è altro Tefier
pazzo, fecondo il
noflro modo di
parlare, che far
le cofè fènza
decoro! 4^ fuor de!
commune v(o de
gli huoinini per
priuatione di difeorfo
fenza ra* gione verifimile,
ò flimolo di
Religione . Quindi
è, che fi
dice communemente elfer
meglio esercitare la
pazzia con moki,
che efier fauio
con pochi; perchè jnifurandofi la
noftra fauie^r.a dalla
noflra cognitione, 6^
conofeendofi più ord;
nanamente in molti
» che in
pochi, par che
quelli, non quelli,
fi debbano fèguitare; percioche
il più degl'huomini
mi furando la
bontà dell'attieni aitici con
Is ?1 ijr ( flon
le Tue, approuarà
quei coftujni >
che a' Tuoi
fi afTornigliano ; onde è
necef! (àrie per
acquiftare quello buon
eccetto, all'opinione {falerni
nelìe fue amoni, eccoftarfi Quindi
e, che nelli
honort "vno fi
itima felice ;
perche dal maggi
jc f numero de
gli huomini quelli
fono flimati gran
parte della felicità,
nella pa»i uertà
fi giudica ciascuno
mefchino, perche da
molti tale fi
vede reputato; £c dì
f quefta
pazzia, Se di
quefta fauiezza, fi
parla tempre fempre
da gf huomini jiqt* Sballando l'ali
per dolore, òper
timore, ò che
viene cPimperfettione naturale..
Giouane, fcapìgliata, et fcalza
^i dipinge ;
percioche iì pazzo
non (lima lo aiedefimo^
ne altri . Se
è Isntaflo d'ogni
politica conuerfàtione, per
non conoscere ilbene di
quella, Scnoaper fine
disontemplatione, b dispregio
del Mon:4o pecaimr
di Dio sj
e ciò dico
perriipetto di quelli,
ch'hauendo gii domati
gli affetti loro per la
conuerfatione,fi ritirano a
vita folitaria . il color cangiante
del veftimento,denota inftabilitàj
che regna nella
pazzia. La pelle ef
Oc/ò, lignifica che
i pa^zi per
il più fi
reggono dall' ira,*
percioche jfi veggoncquafi continuamente
far diuetfe ftrauagantie
* Tiene con la
finiitra mano vna
candela accefà vicino
il Sole .5
perche è fegne veramente di
pa^ia presùmere e
i'vfo . Si fa ignudo,
ó\^ nero*, perche
ikpeceatofpoglia della gratis,
«^_ priua a~ fatto
del candore della
-virtù, 'dando in
jpeficoio di precipitare
per l'incrt rezza della
Morte, che lo
tira nell'Inferno, ie
non fi aiuta
con U penitenti*,
Ó^J, col dolore . .
*"' Ecit ♦ ?E circondato dal
ferpente, perche il
peccato è vna
*vna fignoria de!
Dimoiti ;«oftro nemico? il
quale cerca continuamente
ingannarci con fin te
appstenzt^ > di bene,
operandone tèmpre il
fucceflo, che ne
hebbe con la
prima soffra Ma*dre
infelice. * Il "verme
al cuore, è
il verme della
confeien^a, ò la
conferenza ft&fla, cno dicono
i Theologi, la
quale flimola,&: rode
l'ani ma peccatrice,
8t^ iètrpre ftà "viuace, Segagli
do^n che net
peccato lènte il
polio, &ilfargue*0fld£preB«
i de
il "vigore, et fi
nodrifee . PECVNIA DONNA
"Veftita di\giallo> di
bianco, ì^ di
tanè (curo, in
capo ha.uerà vna bella
acconciatura, fòpra la
quale vi farà
"vna Ciuetta,*S^ ceri
a ia ruiano alcuni
torfegli, et pile. il
colori dèi "veftimento lignificano
le forte delle
monete, le quali
fi fat'no -d'oro, d'argento,
Se di metallo
; con lì
torfclli, et le
pile, che fono
ffromenti da battere monete
* La Ciuetta preflo a"
Greci
fignificauadanari,perche
pergratificaregli Atrn v niefi,
che per infegna
portauano
queft'animale.quafi tutti i
Greci io ftampaua
*• no nelle monete
loro, come ferine
Plutarco nella "visa
di Lifandro . Si nota
ancora la pecunia
con le Nottole,,
le quali in
Athene fi ftampauano •-nelle monete
per vna memorabile
aftutia di vn
Seruitore di Gilippo
pur in A te
*ne; raccontata dal
medefimo Plutarco nell'ifteflò
luogo; Perche hauendo
cari-» co quefto GiJippo
di trafportare vna"pecunia in
Lacedemonia, buona-parte ne* occultò
(otto le tegole
del tetto di
caia, il che
hauendo veduto il
detto fuo Scr— \ uidore, et eflèndo
legge appreflo di
coloro, che non
fi douefle credete
al Ser-nidore, che
teflificaua in pregiuditio
del filo propio
Padrone, dille loro
in giu-ditio, che
fotto le tegole
della Cala del
fuo Padrone vi era grandifllma,quantità di
Nottole. Il che
eflèndo intefoda gli
accorti Giudici,rintcgrorno la
Repubblica di quel danaro
/lodando l'accortezza del
Seruidore, &dimandocnopoL
%'m alcune occafioni
il danaro col
nome di Nottole. PELLEGR1NAGGIO HVOM© in'habitodi
Pellegrino, ma che
habbiarafa la meta
della tefta, fic^fimilmente della barba, et dalla
delira habbia i
capelliJonghif;{imi, che gli
pendano fòpra le
fpalle, et Umilmente
la metà della
barba longa,. . et hirfuta
per imitare gli
Egitij, i quali
in quefto modo
dipingeuano il Pellegrinaggio ; 6^1
a cagione fu,
che eflèndo Orinide
partito per lVpeditioneL* contro li
Giganti in dieci
anni, che flette
lontano tempre con
gran fludio, col-* tiuòla
barba, et la
tefla^ poi ritornato
in Egitto adoprò
il rafoio . Gli EgittÈjf ■volendo denotare
poi il fuo
Pellegrinaggiocol felice fuccefTo
del ritorno, lo
dipingeuano nel modo detto.;
il che poi
ancora fecero per
efpri mere ogni fòrto. -di
Pellegrinaggio . Hauerà
nella delira mano
*vn Bordone, (òpra
del quale vi
farà vna rondine ;
perche quefto "vccello, fecondo,
che hanno ollèruato.gli
Antichi,fubbito ch'ha
incominciato a "volare,
fi parte, OC*
"V4 lontano dalpadre, et dalla
ma* -dre pellegrinandoPARSIMONIA
DONNA di
età virile, veftita
d'habito femplice, et fenza
ornamento alcuno, con
la deftra mano
tenghi vn comparto
% et nella
finiftra vna boria piena
di danari legata,
con vna cartella
riuolta in bei
giri con vn
motto » chi dichi
IN MEL1VS SERVAT. Paifimonia è
"vna delle due
partì principali della
liberalità > che
confide nel ritenerti dalle
fpefè, che non
fono conformi alla
ragione, et trafgredifconoil mezzo . Maìorem
fenfu defint cnttum»
dice Horatio Sat.
3. 1. 2. cioè lafla
and re le toefe
fuperfhie maggiori dell'entrata
j il che
fi fa con
la Parsimonia, laqua le
delle qnattro parti
della prudenza» che
confifteno intorno li
beni di fortuna tre
ne poffìede .
Nam circa bonum
prudentiaquadrupliciter
fègerit,cum au adipifcitur bona
> aut tuetur,
aut adauget, aut
prudenti^ vtitur, hi
prudenti^ aliarumq; virtù
tum funt
canones |; talmente
che fé li
canoni della prudenza^ circa la
facoltà, fono di
quattro forti ;
fecondo Plutarcho ad'Apollonio,
ouero quando s'acquila la
robba> Vii confcrua,
ò fi accrefcc
>òil adopera prudent niente^ DICESJ%g %LPJ.
rjf te ; Certo
che la Parli
monia prudentemente adopra
la robba, l'accrefce
» la conferita ;
Efchine Filofofo Socratico fbleua auuertires
che da fé
JteiTo pi» liana ad
*vfura* con lo
fminuire la fpefa
circa il 'vitto
> conforme a
quel detto » 'agmim
ve&igal pariìmonia >gran
tributo è la
patfimonia, poiché ottima
rilutione e per
accrefcere Tentrata il
reformar le Ipefe:
&:però Ariftotile dà per
>n figlio alle comunit4,ch
e $\fi la
parfimooia, in quefta
maniera fecondo la„* aduttione del
Mureto . Primum
quidem nolfe oportet
quantum ex quaqj t
ciuitas capiat, Notis
effe debent fumptus,
quos facìt ciuitas,
vt fi quis
fu>eruacaneus eftollantur, fiquisiuftomaioc minuatur.
Opulentiores enira* unt non
ij modo,qui ad
opes aliquid addunt,
(ed ij quoq;
qui de fumptibus etrahunt . Cofi
li capi di
famiglia dcuono primieramente
confiderate Tcnata,ch*hanpo, et poi
hauer riguardato alle
ipefe, che fi
fanno per cala
per toc ia le
fuperflue, 6^ fminuire
quelle,che fono maggiori
del douere, imperciohe diucntano
più ricchi non
folo coloro,che aggiungono
alla robba qualche^ ofa,
ma quelli anchora,
che fi leuano
da le fpelè,
Et in Seneca
de Tranquilliate cap.^.a proposto
della Parfimonia quell'altra
belliflìnia fentenza, che
cofi ice, Placebit autem
haec nobis meniura,
fi prius parfimonia
placuerit fine qua ice
vlJar opes fufficiunt.
nec vii? fatis
patent. Si fa di
età virile, percLoche
in quello (tato
l'huomo è fatto
capace di ragiée,
àC opera fecondo
l'vtile,& honore, L
'habito femplice, et fenza
artificio, denota che
la parfimonia è
lontana da >gni /pela,
vana, et liiperfl.ua
; onde fopra
di ciò S.
Ambrofio ad Vercellen»
cofi lice . Inibii tam
necefsarìumt quam cognofcere
quodfit nefefsaritttn . Il compaflo,
fignifìca l'ordine, 6^, mifura in
tutte le colè
j percioche fi
cene il compatto non
efcc punto dalla
fila circonferenza, cofi
ia parfimonia non eccede
il modo dell'honefto,
5^ dtì ragioncnole
. La borfaco'l morte
in meliusftruat, dimoftra
che è maggior
induftria > &: honoreil conferuare
qucl!o5che fi ha,
che acquiftare quello,
efee manca » come
iimoftraClaudiano lib. 2„ln Stilìcon. Tlus cHferuaffe
repertum > Quarti qiufifie
decus, EtOuidiolib. 2. de
Arte Àmandi. 7{on minor eflyirttts,quam quarere
fotta tucrì» Cffus ìnefl
Mie ; hic
exit artis opus . PARTIALITA. DONNA brutta,
che tenghi la
deltra mano ferrata,
>6^ il bracci*
alquanto raccolto verfo il
petto, et il
finiftro ftefo con
la mano aperta,
e-, per acconciatura del
capo vna cartella
con vn morto,
che dica EADEM
NON OMNIBVS . Terrà il
vifo riuolto, &C
che guardi dalla
parte finiftra, et fotta lì
piedi ~vn paro
di bilancie. Partialità è
vitio, et è
contrario alla giuftitia,
efTendo che non d
à a
tutti quel lo, che
gli fi conuiene,
come beni/limo lo
dimoftra il motto
fopra detto ;
6partialità
peccatograuiffimodeiringiuftitiajglifìconuienerefTerc bruttiflìma, et abomineuo-' le
ad ogn' ~vno,
6^ Cicerone in
2; Tufcu. J^jbileH malum, ni[t quod
turpe aut vìtiofum eft~. Il tenere
la deftra mano
ferrata, 6\^ raccolta,
&ia finiftra ftefa» et aperta* lignifica, che
la partialità opera
non fecondò la
giuftitia,checon fòmma perfet-* rione dà
con ambi le
mania ciafeuno quanto
gli fi conuenghi,
ma guidata da* rintereflè, ò
altra peruerfa5 caufà,-diftribuifce ingiuftamente
fenza hauere ri— guardo
al giufto, Se
al ragioneuole ;
come beniflìmo teftifica
Ihnocentio lib.ii* Devtìlitate
' conditivnfchuman& . Vosnon attenditismeritacaujarum, fedpcr* fonarum, non
iura.fed mmera, non
quod ratio dittct,fedquod'voluntas4Jfe fleti» non
quod fentiat, [ed
quod mens^upiat,non quod
liceatifedquodlìbeat. Il
tenere iWiforiuolto dalla
parte finiftra, dimoftra
che il partiate
non hh Inanimo retto,
ne di "volgere
la mente al
vero, ma più
a vno,chc all'altro^omc partiale,& nemico
del bene operare
; onde Ariftotile
nei primo libre
della Ret-torica a
quefto propofito, cofi
dice, ^fmor, et odium
&proprium commodumfkpefàciuntwdicemnon cognofeere
veruni . Le bilancie fotto
li piedi, lignificano
tanto più la
peruerfa natura di
quefta-» pefte, poiché eflendò
continuamente contraria al
giudo, con difpregio
cerca-» di conculcatela retta
giuftitia. Si potrà^anco
per fare differente
quefta figura,. oltra-il tenere
le bilancie lotto
li piedi, che
con la finiftra
mano porgeflì qualche dono
ad vno fanciullo
dibelliilìmo afpetto,
nobilmente veftito,& corona* to
con vna ghirianda
dilauro, et con
la dèftra mano
fcacciafi con vna
sferza-» rn'altro fanciullo fimile
al primo, &T
coronato di lauro
anch'egli, che ciò
di-' moftra il merito
dell'ano, Se l'altro
fanciullo, et le
malainc/inatione, Se opera* peruerfa di
quefta iniqua, et federata
par tialiti'. PENA DONNA di brnttoafpetto, con
bocca aperta in
atto di gridare,
con habito mefto,
e maninconico, Sé
in diuerfe parti
ftracciato »con vna
sferzi in mano, fari
^pppa da vn
pie, eoa vna
gamba di legno,
moftridifeendete vni gran cauerna,
Se fi fuftenti
con fatica fopra
le crocciole . Fra la
penitentia,e lapena vièìquefta
dlncerenza,particolare,chela
penitentiafi genera con
la volontà, Se
confenfo dell' huomo,
che gii fi duole degl'
et" ron cómeflìjmala pena,
è quella che
il giuditio,ò de
gì' huomini, b
di Dio di
a'peccatori lenza ftimolo
di pentiméto,ò defiderio
di fodisfare co
le buone opere..
Theologi ;:perche come
ella è mezzo
fra la-cofaiche fi
cuoce,ÓX^ il fuoco,co(V la
penitentia è mezzana
fra i dolori
del peccatore, c*^_
l'amor di Dio,
ilquale è motore di
effi, Hi la penitentia
tre patti principali,
che fbrtoi contritione> confefflone,
Se fodisfattione, però fi
potrà dire, che
la contritione s*accenni
con l'afpetto malenconico*e
dolorofo ; la
confezione con la
faccia riuolta al
cielo in legno
di dimandare perdono, facendolaperò
a* Sacerdoti approdati
; et la
fodifattion» con la Graticola
iftromento propor-tiònato alla
pena temporale y
dalla qualefi» mifura ancor il
mento di quefta
virtù viua, e
vitale . 'Penitenza . ^Onna
con la verte
di color berettino,
la quale (irà
tutta rotta, Se
fquar> ciata,ftarà quella figura
mefta, piangendo, con
vn faccetto di
fptne inu vna mano* et nell'altra
con vn pefee^perehe
la penitentia deue
eflere condir» col digiuno^
e col ramarico
«-• Penitenti', DOnna vecchia,-&T canuta
vellita dSn panno
dì color bianco,
ma tutt»' macchiato, et dia
a federe in
luogo folitario (opra
vna pietra,dcnde elea vn
tonte, nelquale fpecchiandofi
col capo chino
verfi molte lachrime
ftando in attod'ifpogliarfiv La penitenza
è vn dolòrede'
peccati piùper amordi
Dio,eheper timor deli* le
pene ; il
qual dolore nafeendo
dal cuore fcerne
sé ftefib, et labrutturadellt file attioni
pattatele però fi
rapptefenta quefta Donna
che mirandoli nel
fonte* &jvedéndòfi già confumata
dalla vecchiaia, piange
il tempo pattato
male fpe» fc, òC
lignificato per le
lemure nella candida
vefre, chexi'innocentia dona*teci
per mezzo del (acro
Battefimo, Se contaminata
per la noftra
colpa . La pietra
oue fiede,-& fi
pofa, non è altro
che Crinito Noftro
Saluatorc, fo-* pra il
quale il pcccator
fedendo, cioè fermandoli
col penfìere alla
contemplatibne del fonte,
che èia gratia,
laquale da lui
featurifee, come dice
egli alla Sa* marirana
; fi ipoglia
della ve fte
imbrattata per lauarlà
nel fonte planandoli,0 facendoli candida
l'anima per mezzo
delia penitenza, la-quale
è facramento hauuto per
noi da mera
benignità di lui
*> Però dille
Dauid a Dio.
Signore tu mi lauerai,
e mi farò
più bianco della
neue . Il luogo folitario,
lignifica il (cererò
del cuore, nel
quale ritirandoli, et dahV
vaniti mondane allontanandoli la
mence,-troua la pace
di Dio,& col
dolore d* leccati toma
in gì atta ^
rjì ICO NO tOC
Ivi PENITENZA. D Orina macilente, et rettiti
di cilicio» terri
nella man delira
vna sferza, 6c nella fìniftra
vna croce, nella
quale riguardi finamente. Il
Cicilia, lignifica >
che il Penitente
deue menar la
vita lontana dalle
delicie, Uc^ non accarezzare
la carne . La dìfciplina,
è la correttione
di fé fieno,
ck^ la croce
la pazienza, per
1 a-. conformità, che il penitente
acqui (la con rifletto
Chrifto, 6c^ per
lo dilpregi© de 1
mondo, conforme alle
fue paro!e,che dicono,
Qtù non tallii Crusemjuaì
&[eauiturme)nonpotcjl meus e(ìe difcipulus
. Penitenza, deferitta da
Aufonio Gallo, in
quelli verfi . Sum Dea,cui
nomen cum Cicero
ipft dedit, Sum Dea,
qu£ fatti non
failiq; exigopanus, ^{cmpcyt
paniteat fic Mettin&a
toc or. IE2* DI CESARE
%IPjL Jjj PENSIERO. HV O
M O dedito
di nero, con
l'acconciatura di capo
piena dì nocciò» li
di per fico,
hauerà per la
-vede molte fpine
voltate con le
punte vcrfo la carne^ . t
noccioli di perfico,
moftrano, che come
elfi fono diuifi
da moki, tV^
va> rij canaletti, ancorché
fiano di materia
foda, e dura
* cofi è l'anima noftra,
l\* quale ancorché Ha
immettale, è diuifa nondimeno
da penderli» varie
pacti,ca* me bene auucrte
il Pierio . Le fpine,ci
manifeftano,che non altramente
pungono, e tormentano
i penfieé" l'animo,* che
le (pine tormentino, et affliggano
il corpo delHmomo,
dandogli •ccafione di malinconia,
che lì nota
nel color nero
della vede. Tcnfieto, HVomo vecchio,
pallido,magro, e malinconico
«"veftito di cangiante,
co» capelli riuolti in su, con
vn pai d'ali
al capo» $C alle
fpalle, haueri ap* poggiato
la guancia fopra
la finiftra mano,
e con la
deftra terra vn
viluppo di filo tutto
intrigato, con vn'Aquila
appreflo • Vecchio fi
rapprefènta, per eilèr
i pen/ìeji più
/colpiti > e
più potenti nelTétJ vecchia, che nella giouentù . E pallido,
magro, óX^. malenconico,
perche i penfieri,
àC maffime quelli, che
nafeono da qualche
dilpiacere, fono cagioni,che
lshuomo fo n*affligge,rq*« cera »
e confuma . Il 'veftimento
di cangiante, fignifica,
che i penfieri
foao diuerfi, et da va**
bora all*altra ne
forgono infiniti, come
dice il Petrarcha
nella canz. xvij» *A ciafcunpafionafcevnpenficrnom*
Alato fi
finge dal mede
fimo nel Sonetto
8$. dicendo* Volo con
l'ali de penfieri
al Cielo, Perb Dante
nel nono dell'Inferno,
dice che il
penfiero, è "Vn
^élocifllnì* «noto della mente, il
quale vola fubbitodoue
Io volge l'intcntione, et è
capace di tutte Timagini
pallate, preienti, e
future . Et il Sìg.
Bernardo tajfo, fopra
di ciò coft
dice » Se di
penne giamai candide,
de belle V'ornafte petafier
miei le fpalle,
e'1 pettt% Per inalzami
al regno de
le ftelle, Col fanor
di felice, et chiaro
oggetto * Ornateu'hor, che
fian proprio di
quelle # Che di poggiar
per l'aria hanno
diletto» Vlate a ricercar
il mondo intorno Et
m irar oue
nafce, et more
il giorno • I
capelli tmolti in su, e
la finiftra mano
alla guancia, fono
fegnl dell* elciuÉ» tìone della
mente, nata per
la quiete del
corpo. II viluppo di
filo intricato, è
fimile al penfiero,
il quale quanto
più s'aggira,1 tanto più
moltiplica, et fi
fa maggiore, et alle
volte s'intriga di
modo, che fa perdere
la Tperàn^a di ftrigarfi,
e crefee per
nuoceva fé fieno
con le proprio felze
* et è
^rero» che alle
volte il peaficro
dà lifoluriooe a*
negotij » ©X^ troua ...
&s*4a gli Antichi
oflèruauano ( come
narra Piecio Valcriano
libn 39-) :~ t+t }£. )
che Fatto il
facrificio, fi bagnane
yji circolo nell'altare
col fangue delle vittime, raccolto
in vn vafo'con
molta Religione, é^
quefto era quella
parolacerata, che foleuano
proferire in Greco
Teleiefth^cioè
hauerrenito,laqua-l diceuano
eifere inditio di
petftttione/elTerjdo quella clà ogni
paiteMa più perfetta figura di
tutte l'ai tre
/& il cerchio
del Zodiaco è
fimbdle della ragione. Se •
debita, et conueneuolerhifura dell'atticmi perfette*,
; DONNA >vefti|a deìcolot
dèt^erderame ì&ì* ambidue
le mani teoga^.n
Serpeflte^gaifiàaetuo-?Tecondo'che
fi eaii'a d'Ariftotile,
d'eftre»ià perfidia," *?'
\ Tierfel'areo per
ferire etiàndio d i
lontanò còh parole
malediche » Ilgócodrilbile ji^iwtìgeappreuo^erchéperreguita, e
vuol guerra folo
CO« * quelli^ che
fuggono^ con* la
perfecutione no» fi
pujdimandare con quefto
mo* P( tempre la fama
alle perjfonc,., le proprio"; • :_
;! PlAE.r-Rr ICOLO uN gioUàne yxhe
caminando pervia piena
d'Kerbette, cV° fiero
calpefti vn ferpente,il quale'riuolgendofi ftia
in atto fiero
di morsicargli la
gamica, gli fia vicino
dalla parte déflra
vn pe.rcipitiò,^^ dalla finiltra
vn torrente** d'acqua. -'Sar*
appòggiatò-ad'vnadebolcànrrà,
Se dal cielo
diveggia cadere** vrf folgore. Ancorché lo
ftaro,& fa vita
sì del Giouahe,
come del vecchio
fia fallace, Se «ìiiobiòfa, dicendo
il Signor Dio
generalmente a tutti,
Eftote parati quia
nefeiùs, ncque diern,
neque horam|tuttàuià il
giouahe ha in
maggior pericolo del :hi inàuuedutamente afpra
pontura, ne dimoftra»che
l'huomo camìnando per
la-» fdbiia via delie caduceprefaerità di
quefto mondo, quando
meno ci penia,
£ viene PERICOLO. 'Viene
oppreOTo *n vn
momento a 1
improuifò di eguale
he c a]amiro/ò
ca/ò pc^ tremo anco
dire,che la via
piena d'herbette, et fióri
'vicin0 z\ precipitio et al
torrente dell'acqua, che
lignifichi mentre fi fa il
pallaggj0 et quefta
nnTerabil vita perla vii
dellipiaceri* e delitàe
mondane, che tanto/;
porti pericolo in
ac•qua,quanto in teriache
caminando noi fènza
conflderatione nobiIe,e virtuoso che
fi calca nel
maredeile mifèrie,onel precipitio" dell'eterna dannatione La
canna ne dirnoftra
Ja fragilità della
noftra 'vita, la
quale di continuo
fti in pericolo, efìèndo
che fi appoggia
bene fpeilo alte
cofè caduche, òC
frali ! Con a
Quelle di vera
lode,.& degna confìderatione. 11 folgore
nella guìfajcnedicemmo,,ci dirnoftra,
che non folo
in terra, 6c nell'acque
fiamo foftòpofti àd'infiriiti
pericoli, come habbiamo
detto; ma in
altre all'inclinatione/ie i Cieli,
i quali influirono
i loro effetti
per quanto pollòno
inclinare, 'Se fi
può dire,che il
-'Signor Dio alle
volte permette, che
noi fiamo caftigati per i noìtri
demeriti con gl'accidenti,& di/giade,
che ci auuengono, dicendo San
Pauolo. Teccatnm auttm
wmfuerìtCQnfiimAtumgenerat mortemi TX
11 . T43 f»c la
potenza humana pub
far refillenza alla
grandezza, et poterli
di chi diede legge, et termine
al tutto :
Nulla gioirò ad'
Efchilo Poeta Tragico
d'andare in campagna amena
per ischifare il
pericolo della morte
predettali > poiché "vn' Aquila
portando tra gli
artigli per aria
vna telluggincla lafsù
cadere (opra jl capo
caluo dell'infelice Poeta,
credendoti folle vna
pietra > et in
tal guifa incora nella
morte in quel
medefimo giorno >
nel quale temeua
di motjire, coline riferifee Plinio
lib. x.cap. 3. PERSEVERANZA VN fanciullo,
il quale cen
le mani fi
foftenga ad vn
ramo di palma
alzato affai da terra-.
• Per la fanciullezza,
fi inoltrano le
prime impiegature dell'animo
in bene_ • tenendoli
alla palma, che
lignifica 'Virtù, per
non fàpere Mar
lòggetta a* peli »
come fi
è detto altre
volte, ma s'alza
quando il pefo
gli s'aggraua fopra,
come; lavimi, che fi
conofee quando il
vitiogli daoccafione di far refillenza,
6^ perde sé iurta la
perleueran^a, lafciando le
buone opere,come il
fanciullo fpirtto non
pub lalciarc il
ramo della palma,
dal quale ftà
pendente » 6^
lontane da terra, che
infieme con elio
non lafci artchora
la vita cadendo
. Pero la
Perfeueran^a,come dille Cicerone
nella Retthorica, fi
contrapone alla pertinacia »
6VT è vna
fermezza, e (labili ti
perpetua del voler
noftro, retta, e
gouernata dalla ragione
in quanto è
neceflària all'attieni honelle
dell'huomo « TerfeueranTp .
DOnna Veltita di
bianco, 8il quale
non fi tralmuta
mai per le
fteffo . Terfener*n%a, come di
fìnta nel Tàlamo
del Card. b. m.
Qrftno, a Tafquino . DOnrìà »
che con là
delira mano tiene
ma ferpe, riuolta
in circolo,tenendo la
coda in bocca,
e con la finiftra vn
ma^o di corde
d* Archibugio PERSVASIONE VNA Matrona
in habito honeflo,
con bella acconciatura
di capo, fopra alla
quale -vi lia vna
lingua, dC a* pie
d'eflà lingua vn'occhio/ati
Uretra con molte
corde, c\Tiigaccie d'oro,
terrà con ambi
le mani vn
corda, allaquale fia legato
vn'animalc con tre
tef^vna di Cane,
l'altra di Gatto,1a« .
terisj d' fy?inra
lingfla'per élfer il più.principalCi '^jpiù neceitario
iftromento da per* fiiadere-sltrui,
fi dipìngerà nell'acconciatura della
teila, che fi
faceuadagl^ Egittij Antichi» per
dimoerai e le
parole» e la
perfuafione lenza arce,
e folo con
" raiutg*dellanattira . Per moftrare poi
vri parlare aiutato
da molto eflèrcitio., et da
grand* arto s faceuano
vii* occhio .alquanto fanguigno,
perche come il
fangue è la
fède dell'anima, fecondo
il detco d'alcuni
Filoiòfi, coti il
parlare con arte,
è là fede
delle Tue atcioni, e
come l'occhio è
fmeftra, onde ella
vede, coli il
parlare è line* (Ira,
ond'è veduta da
gl'altri . Le ligaccie dell'oro
per la vita,
dimoftrano, che la
perfuafione non è
altro * che '"vn'
elfcr cattiuato ad
altrui, e ltgato
con la deflrezza,
e ibauità deli'
elo^ tjuente parlare L'animale di
tre facete, morirà
la necefRtà di
tre cofe >
che deue hauere
colui « ohe dà
luogo in le
lìdio alla peiiuafione
; prima deue
ilici fatto beneuolo,
il che et . i+S che
fi moftta con
la faccia di
Cane, che accarezza
per fuo intcreffe .
Deue ancora fatfi docile,
cio^ che fappia
quello,chc gli fi
deue persuadere, ciò
fi dimalira con
la Scimia, che
fra tutti gli
altri animali pare,
che capifca meglio
i concetti de gl'huomuai .
Anchora fi deue
far attento, e
fi dimoftra ciò
col Gatto» che nelle
fue anioni il
quale folo douerebbe
feruitcK 2 perdii+S
per difender la
vita>& coli dipinto
feruc per vaghc^a, et in
mano terrà vn'Arpa,
e nelle gambe
portare ftiualetli d'oro. La
chioma profumata, et ricciuta
con arte, fono
fegni di delicate^za,di lafeiuia,
e d'effeminati coftumi
j Vi fono
moltiffimi eilempij appreflb
i Poeti, che per
moftrare d'hauer dato
bando a' piaceri, dicono
di non acconciarfi
i capelli ;ma lafciargli
andar negletti, Se
fenza arte -,
però al Piacere
fi faranno con artificio
inanellati . Le Gemme, et i
fiori, fono miniftri, et incitamenti
al piacere . La Corona
di mirto, nota
l'ifteflò, per efler
dedicato a Venere,
Se fi dice,che quando ella
s'efpofeal giuditio di
Paride, era coronata
di quefta pianta . L'ali moftrano,
che il piacere
prefto va a
fine, àC vola,e
fugge; e però
fu da gl'Antichi Latini
dimandato a Voluptas. L'Arpa, per la dolcezza
del fuono, fi
dice hauer conformiti
con Venere, e con
le Gratie, che
come quello, cofi
quella diletta gl'animi,
e ricrea li
fpiriti. Gli ftiualetti d'oro,
conuengono al piacere,
per moftrare, che
Toro lo tiene in
poco conto, le
non gli fèrue
per iodisfarne gl'appetiti,
ouero perche pigliandoli i
piedi molte volte
per l'inccnftan^a, fecondo
il Salmo . Mei
autem pene moti font
pedes, fi fcuopre,
che volentieri s'impiega
a nouit il
quale porti fopra
la teftavnata^ia V con
vn cuore dentro
; perhe è
proprietà deìrhuomo vano,
dimofttar il fcapigliata,
che con la
mano deftra fi
ftracci J capelli, coronati
dVna ghirlanda d'appio,e
cen la finiftra
tiene vn ramo di
faua con fiori,e
fruttO,& a canto
vi fari vna
Rondine . Il veftknento
nero,fu Tempre inditio
di meftitìa,e pianto
; i capelli
fparfi, C# fuelti ) et medefimamente
k ghirlanda dell'appio/ignifica pianto,
perche da.» ; gl'Antichi
s'ad«praua per far
il letto a'
Morti . Il ramo della
faua, fi pone
per feguitar l'opinioni
de gl'antichi Latini)
chei. volfero, che quefta
folfe pianta di
lutto, e di
meftitia,dicendo»che ne' fiori
'vi è fcricto la
parola di pianto; et però Varrone
prohibì il mangiar
faue a* Sacerdo-« ti,
c\^ mi piace
à quefto propofito
raccontare la pazzia
di Pittagora, il
quale eflendo afialito de'
nemici, è(T potendofi
commodamentc (àluare in
vn cam; pò
di faue quiui
'vicino, 'Volte piti
tolto lafciarfi ammazzare,
dicendo non-» voler difturbare
l'anime de' motti,
le quali penfaua
(cioccamele Mare a
ripa* farfi tra quei
fiori . La Rondine, fi
pone per lo
pianto, eftendo il
fuo canto molto lamenteuole; | onde
i Poeti la
fingono Progne, che
pianga l'ingiuria fattale
da Tereo fuo
ma* aito, come dirTufarnente
raccontano molti Scrittori . PIETA GIOVANE, di
carnagione bianca, di
bello afpetto,con gl'occhi
graf* fi, e con
il nafo aquilino,
hauerà l'ali alle
fpalle, fari vellica
di rollò, con *vna
fiamma in cima
del capo, fi
tenga la mano
liniftra fopra il
cuore, e con la
deftra vedi vn
cornucopia, pieno di
diuerfe cofe vtili
alla vita humana, Si
dipinge di carnagione
bianca, di bello
afpetto, occhi gralli,
òC col nafo aquilino, perche
in quefto modo
la deferi nono
i Fifognomici . Veftcfi di
rollo, perche è
compagna,e forella della
Carità,allaquale eònuienc
quefto colore, per
le ragioni dette
al filo luogo . Porta
Tali, perche tra
tutte le -virtù,
quefta principalmente fi
dice volare^, perche vola
a Dio, alla
patria, e dalla
patria a' parenti,
e da parenti
a noi ftclE* continuamente. La fiamma,'che
l'arde fopra il
capo, 'lignifica la rnente
accenderfi dall'amor tfi Dio,
ali'efercitìo della pietà/
che naturalmente afpira
alle cofe celefti . K
3 La //# PIETÀ. La mano
(iniftra (opra la binda, del
cuore, lignifica, che
Fhuomo pietofò % /iiol
dar inditio della
Aia carità, con opere
vìue, e nobili,
e fattecon intenderne (àlda, &peifetta, fenza
ofter) catione > o desiderio
di vanagloria,; Però
dicono alcuni, che per
leuare ogn 'ombra alla
pietà d'Enea, Virgilio,con
gl'altri Poeti, dille la
grand'opera della fua
piet«,eflcifì efercitau fra
Tofcuritit della note*. 11
Cornucopia! moftrayche in
materia di pietà,non
fi deue tenere
conto de'* le ricchc^e
del mondo j il che ha
moftraco come C
faccia., con fingolar
eflèmpìo Fra gi'aìtrUnelIe
molte penurie de'noftri
tempi di Roma/tl
Sig. Patritìo Pa* tricij,
alquale il deuono
da tutte le
parti molto maggior
lodi,di quelle, che
poffono nalcere dalla
rniapenna . Vieta. DOnna, la quale
con la fi mitra m^no,
tiene vna Cicogna,
6c^ ha il
braccio deftro pofto (òpra
rn'altaxc con la
/pada, òC a
canto vi è
vn'Eiefa» Ce» et vn
fanciullo . iji La pietà,
è amor di
Dio, della patria,
de' figliuoli, òC
di padre, 8c di
madre ; però fi
dipinge con il
fa urinilo . La
Cicogna, infegna la
pieti ver fo
il padre» 6^
la madre, col
Tuo clfc mpiedetto
altre 'volte. Il tenere il
braccio deliro con
la fpada in
mano fopra l'altare,
dimoftra quel* la pietà»
che fi deue
-vfare "verlo la
l'anta ^Religione, efponendofi
a tutti i
pericoli . Rifcrifce dell'Elefante
Plutarco, che in
Romacerti fanciulli per
fchcr^o,haMcndo punto la
probofeìde ad vn'Elefante,
e perciò effondo
elfo adirato, piglia vn dc'detti
fanciulli per gettarlo
in aria ;
ma gridando, e
piangendo gl'altri per la
perdita del compagno,
l'Elefante con pietà
piaceuolmente lo rìpoìe
in terra» lènza fargli
male ; hauendo
caftigata la troppo
audacia folo con
la paura . PIETÀ*. *Nella Medaglia
di Tiberio fi
tede [colpita . VN A
Donna a federe,
con vna ta^za
nella delira mano.»
GC* col gomito manco
pomato fopra vn
fanciullo . Vieta. QVindo gl'Egitti)
voleuano lignificar la
pietà, dipingeuano due
Giona* ne inllemc, che
tirauano vn carro,
per la ricordanza
di Bitonide,, cV^ Cicche
fratelli » che
per atto di
pietà, tirarono la
propria Madre al
Tempio di Giunono » Tiità . Si
vede ancora nella
Medaglia tfjtntonin* .
DOonna con vn
fanciullo in braccio,e
con vno-a' piedi . PIETÀ DE’FIGLIVOL! verfo i
Vadri. VN Glouanti che porti fopra
le fpalle vn
vecchio, fugendo i*incendio,per la ricordanza
della pietà d'Enea . PIETÀ. Come fu
dipinta da ^Antonino
Tio. VN A Matrona,
con la verte
lunga, con vn
Turibolo in mano,
'chiamati» da Latini Acerra, et auanti
ella Matrona, "vn'ara
cinta d'vn fedone, fopra kquale v'è
fuoco accefo per
facrificare . Cicerone dice nel
hb. della natura
delti Dei, che
l'elfer pio, non
è altro, che la
riuci enza, che
noi riabbiamo hauer'à
Dio, a i
noftri Maggiori, a
Parenti, aw gli Amici»
ÒC^ alla Patria. PIETÀ DE’FIGLIOLI verfo il
"Padre. IOVANE
modefta,tenga la tetta
finiftra feoperrta con
la aiaiip deftra fopra
in atto di
fpremerla, et a*
piedi vi (ìa
vna Conachi a . Gli
Antichi Romani per
figura delia pietà,
volendo efprimere la
pietà di M. IllTJ&U» ICO NÒ LOG le^t PIETÀ DE’FIGLIOLI verfo il
Taire. la e generica
> et la
nóftra in fpecie
figura la Pietà
de' figliuoli verfo
il padre, éc rhabbiamointalguiiarappreientata per
memoria di quella pietoTa!ffg!tà, laquale di
nafeofto allato il
padre iti prigione,
oue èra condannato
a morire, au cui
fu interdetto, che
non fé gli
portaffe da mangiare
da r.iuna pedona,
ma_# ellendo feoperto dal
cuftode delle carcere:,
che eg'i campaua
per mercè delti figjiuola,piacque tanto
queftopietofoòffùio, che-Caìo Quinto,
&r"M. Attiua
Confoli Romani, oltre
l'impunità rimefla al reo 4èdicoruo
vn tempio alla
Piera in qucJla parte
iflelT'a di prigione,
oue occorfe il calo vicino
al Theatro di Marcello, come
dice Plinio, che
aderto è cafa
de gli llluftriiTìrhi Signori
Sanai; li, la qual
parte di prigione
debbe eflère tra
quefto Tir eatro,
e Santo Nicola
in carcere DI CX Su4Mg >%[%%.
*M Carcere. Narrali tal
cafo da Serto
Pompeo, et Solino in
pedona %d mia
figliuó* la di balla
conditione verfo il
padre > che verfo
la madie, dice
chefucceiìe |;iinioJib.7. cap.36. et Valerio
Maflìrno lib.5.cap. 4.0 padre,
o madre quello
poco c'importa,cbe è i!
medefimo atte di
Piera. Ancor che al
ere -volte riabbiamo
detto, che la
Cicogna è gL» -ogliflcó
della pietà paterna, nondimeno
la Cornacchia ci
ferire h ora per
l'imbolo delia Pie* cà
~verfo.il padre, et Ja
madre : impercioebe
cafeando al padre,
ò alia madre-. loro
per la "vecchic^a le
piume, i figli
li eopreno con
le proprie pennf,
e portano loro il
cibo da pafeerh, et li
folleuano con le
ale nei volate
in fede ài
che.-, adunò qui le
parole da Bartholomeo
Anglico de proprietà tibus rerum
lib. 1 2* copi
o, Adrmranda eli
huius auis clementia,namcum parentes
per Jongeuam (ene&utem, plumarnm
tegmine, et alarum
regmine nudari contingtt .
Cornices iuniores proprjjs
pennis eos fouent,
&colle&o cibo
pafeunt 5 quando etiam
parentes earum fenefeunt,
eos fulcro alarum
fuarum lubleuant,cta;e vna
peiiora da nujla,& da;poco.
Se per otio.c
pdicmarc^ ; ' f;
', ae, Se r/4I
Se dell'arte, in
quanto da profpe:tiua,& è
oggetto dell'occhio, et per
quefto bifognandoli quafi
continuamene* hauer per la
tantafia tutti gli
effètti viiìbili della
natura, viene per
taleagionc à prendere
molta cura, Se
maninconia, die genera
poi adaftione, come dicono
i Medici, dalla
quale naturalmente negli
huonaini con molti
altri, que* fto particolare accidente
fi produce . Saranno
i capelli hirfuti,
6C fparfi in
alto,©^ in diuer/è
parti con aneliature,
che appariicauo prodotte
dalla negligenza *
perche naicouo queiti
efterioi«eace DICESJ%E
%IPj4. tjs mente dalla
tetta, come interiormente
ne nafcono i
pcnfieri, et i
fantiamì>ctt« fono mezzi come
alia fpeculatione, cofi
ancora all'opere materiali» Le
ciglia inarcate, moftrano
marauiglia, et veramente
il Dipintore fi
cften*,de à tanta
fottile inueftigatione di
colè minime in
Te ftelfe per
aiuto dell Dolci
fai merauiglie, e
dolci hganni A pporti
a chi ti
vede, onde à la mente Rendi
ftupore fopr'ogn' altro
oprare . Che nata, alhor
perfetta, immantenente Fai cofe
per durar molti,
e molti anni, Fatte
dal tempo vie
più illufòri, e
chiaro • POESÌA, GIOVANE bella,
"veftita d'azzurro cclefle,
fopra il qual
'veftiment» 'vi faranno molte
ftelle, farà coronata
di alloro, moliti
le mammelle-* ignude piene
di latte, col
vifo infiammato, òC penfofò,
con tre fanciulli
a lati, che 'volandole
intorno, vno le.porga
la Lira, fl^
il Plettro, l'altro
la Fiftola, 8c il
terzo la Trombaj&
non volendo rapprefentare
i tre fanciulli
per non ingombrare troppo il
luogo, i detti
iftromenti fi pofàranno
appretto di ella. Poefia,
fecondo Platone, non
è altro, ch'efpreilìone di
cofe diuine eccitate-» nella mente
da furore,& gratia
celefre. Si dipinge giouane,&
bella, perche ogn'huomo,
ancorché rozzo, è
alterato dalla fila dolce^a, et tirato
dalla fua for^a . Si
corona di lauro,
il quale fta
fèmpre verde, 8£~
non teme forza
di fulmine celefte, perche
la poefia fa
gl'iiuomini immortali, 6^
gli afficura da
colpi del tempo, il
quale fuol tutte
le cofe ridurre
all'obliuione . La vede con le ftelle,
fignifica la diuiniti,per
conformità di quello,che
dillero i poeti hauer
origine dal cielo . Le
mammelle piene di
latte, moftrane la
fecondità de' concetti, et dell'in-' uentioni, che
fono l'anima della
poefia . E penfbfa,£: infiammata
nell'a/petto, perche il
poeta ha fempre
l'anima piena di velociilìmi
moti Somiglianti al
furore. I tre fanciuìli,(bno le
tre maniere principali
di poetare, cioè
paftorale, Lirico, Se Heroico;
le quali dipendono
più dall'habilità naturale,che
dall'altre; dicendoli per commune
opinione, che gli
poeti nafeono, et gli
Oratori fi fanno. Infinite cofe
fi potrebbono dire
della Poefia fenza
variar dal noftro
proposto; ma horamai ogni
bello (pirico tanto
ne sa, per
lo molto efercitio
delle \ccademic,& Scuole
d'Iul ia,che farebbe
vn voler dai
lume alla luce
del Sole, v* leene DICES4%£ %l?A *JS I
A. le me fcrlncre
in quello luogo
: Del che
mi faranno teftimonio
certo in Perugia
mia patria,r Accademia degrinfenfati,illuftregià molt'annijlaqiiale rende marauiglia non
pure à fé
fteflà, ma all'Italia, et à
tutto il Mondo,
per le nobili parti
de gl'ingegni, che
eflà nodrifee, i
quali tutti inficine
lei rendono nobile,
come ella poi
ciafcuho feparatamente rende
famofo, et in
particolare il '.Signore Cefarc
Crifpoldo Gentilhucmo rara Dottrina,&
varia disciplina, ne la
nobil Cafa, del
quale come già
i Platonici nella
Villa d'Academo,gli Academici
Jnfenfati fi radunano,
oc ben fi
potrebbe alla fua
cafa dare quell'Epiteto!che ilPrencipe
della Romana eloquenza,
diede alla caia
d'Ifocrate Illuftre.-. O
rator d' A thene
: Domus ifocratis
qtrafi htdus quidam,
atqi officina dicendi
j èc vn'altra 'volta
confermò l'iftedo . Domus ifocratis
officinababita eloquenti^ efl . Si
come dunque è
fiata tenuta la
ca/à d'Ifocrate fucina
delinquenza, coG bora la
cala del Crifpoldo,
è tenuta fucina
d'eloquenza, et d'ogni
arte liberale, euc concorreno
a lauorare fabti
di gran Valore, et d'onde
alla giornata n'efeobo
opere . xjS DOwira*«imo^)k vn*
Apollo ignudo, con *vna corona
di alloro nella
deftra ma no, con
la quale faccia
fembiante di volere incoronare qualch'vno,
Se con la
iìniftra mano tenghi
vna Lira, et il
Pietro, POEMA LIRICO DONNA
Giouàne, con la
Lira nella finitura
mano, SC la
deftra tenghi il Plettro,
farà veftita d'habito
di varij colori,
ma gratiofo, attillato,
6^ lUccto, per manìfeltare,
che (otto vna
fola cola, più
cole vi fi
contengono, haoerjà vna
carrella con motto,
che dica . Pretti compie
fior fìngala canta. • POEMA EROICO HVOMO di
rcal maelt, Se-" graue;
incapo ruuerà vna ghirlanda
d'alloro, et ne
Ila delira mano
vna Tromba^ i con
vn motto che
dica . Ito* nifi
grandi a cinti, POED .
np POEMA PASTORALE. GIOVANE
di Semplice* 6^_
natura! bdL^ai, co©
*na feàasgga 5»
«pano» con ftiualetti a
iiafia, acciò che
mofkì ìì piede sg«H&»
*mm ^as& e parole (òpra. Vaflonm carmina
ludo. POEMA SATIRICO HVOMO ignudo, con
faccia allegra, lalciua,
ardita, &f*cià«*iferi ìa-> lingua, con vn Tirfb
in mano, Se,
vi fia icritto
il mottolniàtns cujpide
figo . 'POVERTÀ. ONNA,
veftita come vna
Zingara, col collo
torto, in atto
di domandate e!emofina, in
cima del capo
terra v*i vccello,
chiamato Codan^inzola,
euuero fqualfacoda, Racconta il
Vsleriano, che volendo
gli Egittrj lignificar
vh'huomo di eftrema
pouertà-, dipingcuano quertJ/,vcccllo j
perche, cerne dice
ancora Eliano, è animale
di tanto poco
vigore, che non
"fi puòfar il
nido, &per quello
va facendo l'oua ne*
nidi altrui . Rapprefentafi la
pouertà, in Forma
di'Zingara, per noni!
trouare la più
mefchina generatione di
quefta, la quale
non ha ne robba 4
ne nobiltà »
ne gufto » ne
fperanza di cofa
alcuna, chepoflà dare
vna particella di
quella feliciti * eh»
è fine
della vita politica . Tovertà, DOnna ignuda,6\^
macilente, a (edere
(òpra vnaiprarupe» con
!e rat* ni, et i
piedi legati, tenti
di fciortele legaccio
co' denti, en'èndo nella-» ìfpalla dritta
punta da va
fcarauaggio, Se habbia
i capelli intricati . ■Qui fi
dipingetnon-quelia pouert^,della quale
fi ragiona prt'flb
ad Ariftofan* nel Phito
pofta neH' hauere
quanto e badante
alla neceflìui del
vitto fenza fbprabbondanza.ma la
pouerw di quelli,
-che non hanno
da viuerc :
Però fi di* inge
ignuda, et macilenta,con
capelli intricati, Se con le
mani, Se piedi
legati >pra Io icoglio»per
efiere il pouero
priuo del maneggio
di molti negotii,
chelo renderebbono famofb .
Pesòdille San Gregorio
Nazianzeno la pouertà
eflerc •Vn viaggio, che
ino! ti -viaggi
impedisce, e molteattioni
; Se procura
feioglieffi i nodi co'
denti, perche come
fi dice tribalmente,
la pouertà fa
l'huomo induftriolo, et iagsee
; onde diiìè
Teorico a Diofante
: la pouertà
-fola efler quella
> che fasci u
l'arti, perche e
itimelo lignificato in
quell'animaletto, che noi
chiamamo fcarauaggio .
iptittertm, T-\ Onna pallida,^
furiofa, "Vcftita ài
negro,come dice Ariftofane
nellaCo)JL/ media chiamata
Pluto. La pjlldezza, fi
pone, perche deu'è
pouertà, è carestia
delle cofe da
viucrtet ouequcfte mancano,
fanno perdere il
colore, ÓX^ lo
ipirito . ! Si fa
furiofa, ouero in atteggiamento
di pazzia, perche
tutte le parole,
cV atrio* a'vn poucro>iouo riputate
pa^ia, a« più
k da fede a lui,
skt ad vno
infenfato lì cos ito DOnna
dirtela foprà rami
d'Alberi fecchi* con
alcuni pochi ftracci
d'intorno. Li rami fecchi,
mostrano l'edere dWno,
che ville al
mondo in pouertà, che non è
Mimato buono, non
potendo far frutto
da se medefimo,
fé non per
ar-, cioè per adoprarfi
in tutti i
bifogni a capriccio
dell'indultria altrui. Pero a
tutti i pericoli
della Republica > à
tutti i trauagli
del Regno, a
tutti gli aggradi) della Città,
fubbito fi fottopongono
i poueri >
con granellili mi
pericoli della vita j et però
Virgilio difle nel
pri. della Georgica* DUris vrgens
in rebus egefìas
» POVERTÀ, in vno cb'habbia
bello ingegno . DÒ
N"N A mal
vellica, che tenga
la mano delira
legata ad gran
faitò pòfato in
terra, cV" la
lìniftra alzata* con
vn paro d*aii
aperte, attaccato fra la
mano, Se"" il
braccio. Pouertà, è mancamento
delle Cofe neceiTarie
alPhuomo, per foftegno
della-» vita, Sc^acquifto della
virtù-. L'ali5 nella mano
finitila, lignificano 3
desiderio d'alcuni poueri
ingegnofi > i quali.alpirano alle difhcultà
della virtù, ma opprellì
dalleproprie necellità, fono sforzati
a ftarfi nelfabiettioni j
Renelle viltà-delia plebe,
&fiattribuiice a Grecila lode
deirinuentiorle di quella
figura . POVERTÀ DI SPIRITO. JVcdi
alla prima Beatitudine . PER DONO. HV
O M O,
che hauendo'l petto
ferito, e'1 volto,
Se gnocchi verfo
il ciclo, et nella
delira mano vna1
ipada nuda con
la punta riuoita in
terra-, t inoltra di
far forza, et in
effetto di fpezzarla. Il
petto ferito, dimoftra
l'oftefe, le quali
fi prefuppongono dal
perdono, ìl ipr^»re della
fpada, fi^nitìca, che
il perdono li
depone-, ck^ la
volontà» et la comrnodità
di fare ogni
vendetta . . • I:
vifo riluolto al
cielo, denota il
riguardo, che fi
ba nel perdonare
a £>n no» ftro
Signore» TI quale ci
dice Dhnittìte,& dimittetur
vobrs, 'àC aitroue,
mibi "pindittam>&
ego retribuam . POLITICA
DONNA che con
la delira mano
tenghi "Va paro
di bilancie. i'eiche la
politica a^giufta in
mado gli l'Iati
dilla 'Irpub'.ica, che 1'
*vn« per l'altro fi
folletta, et fi
foftenca fopra la
terra, con quella
felicità, iella quak è capace
fra quelle rniferiel'mfìf miti, et la
debole natura noftra. PREGHIERE. DV E
Vecchie grinze, melle,
^pppe, guercie, maninconiche, et "veftito di turchino,
cefi le dipinge
Homcro;3c^ et di
difercto penfiero . PRODI CESARE
%IPA. if3 PRODIGALI DONNA
con occhij velati,di
faccia ridente, tiene
con ambi le
mani va Cornu. opia,
col quale fpargc
oro, &C altre
cofè di gran
prezzo. Prodighi fono quelli,
che donano, et fpendono
fenza guida della
ragione 1* facoltà, et i
danari; però ha
bendaci gl'occhi j quelta
figura, difpenfàndo i beni
fenza giuditio à
chi non h
merita, e lafciando
di donare a'più
degni . Et è
bia(imeuole non li
faper temperare in
dar la propia
robba, et le
propie ricche^e, che poilòno
efler fineftra, et iftromento
di *yiu«r bene, et beatamente. Trodigalità. DOnna lafciini,
veftita riccamente, con
bella acconciatura di
tefta piena,» di gioie,
co* crini molli,
come la defciiue
Dante, portando a canto due gran
borie di danari,
de quali gitti
via gran parte
; Si vedano
ancora due Arpie,chc
le rubbino i
danari nafcoftamente, per
moftrare, che quelli,
che ftanno predo ali
nuomo prodigo, mentre
egli fi occupa
in gettar via
le propie faculti gli
mostrano buona cera, et gli
fanno riucrcn^a j
il che nota
la fascia feminile L
2 dcU tJìf cklI'A
rpia ; ma
neli'intei xionc lo
/prezzane > come huomo,che
auuili/cc fé ftef. lo»
alien igliando Ja
loro intendone ahettc
dtl corpo di
quello moiìro, che è
brutto, &• indolente. PROMISSIONE. DONNA che
ftia col braccio, et con
la mano dritta
ftefa # 'tenendoli
la finiftra al petto . Il
braccio diittofttfo, è
indicio «li prorr
mere alcuna cofa,
con la finiftra al
petto fi moftra
di afficurare altrui
fopra la fede
propia col giuramento,per la conferuationc di
sèileUbJaquale dal pettc,e
dal cuore dipende
priflcipalméte. PRpNTEZZA DONNA
ignuda, et alata,nella
mano defì ra
tenga ~vna fiamma
di fuoco, et nella
finiftra vno Schirattolo, ignuda fi
dipinge, per efter
libera d'agni impedimento
all'operare.. Alata, per la
preile^zs, &: velocità,
indicij della pronte^a
. 11 fuoco nella
mano, lignifica viuaciu
d'ingegno, cheli fcuopre
nelle ope«rationi di
vna natura pronta, et de
gli hu omini
tanto, è più
pronto l'vno dell'altro,
qusnto più partecipa
di quello elemento
. £ lo
Schirattolo iì dipinge, perche è
animai velpcijTimo,, fR^OTIDENlA DELL"
ANNONA netta Medaglia d'iAlefandro
Setter o . DONNA, che
nella mano deftra
tiene vn ma^o
di /pigbe di
grano, Se nella finiftra
vn Cornucopia, con
vn vafa.di terra
pieno medefimamente di
fpighe . Queftafigiirai fimile à quelle
dell' abbondanza deferitte
nel principio dell'opera .
Però non occorre,
che ci (tendiamo
lungamente in ragionarne
; balia fàpere, che è virtù,
che-deriua dalla pradenza,& fi
ri ftinge a' particolari termini della
prouifione delle cofè
necefTarie al viuere,
o di &ev
fteflo, b di
molti ; però fi
attribuifee quefta lode
ancora a Dio,come
quello,che
irreprenfibilmente prouede à tutte le
neceflìtà noftra . Trouiden'^a .
DOnna conduetefte^fomiglianza dilano,
vna tefta farà
ghirlandata di fpighe di
grano, et l'altra
di vite con
ii frutto, in
vnamano terrà due-» chiaui,& nell'altra
vn Timone,non potendo
eftere alcun5 huomo
proni docenza la cognitione
del tempo pattato, et delfuturo* A
ragione fi dipinge
quefta figura con
le due faccie,
le quali dicemmo
efter conuenie/ui alla prouidenza
deferitta di fopra . Le
chiaui moftrano,che non
bafta il prouedere
le cofè, ma
bifogna ancora operare per
eftère perfetto ne
gli atti virtuofi, et le
chiaui notano ancora
tutte lc.cofe,che fono iltromcnti
delle attioni appartenenti alla
terra, et che
ci aprono li laberiati
fabricati fopra alla
difficoltà del viuere
human» . Il Timone, ci
inoltra ancora nel
Mare adoprarfi prouidenza
in molte occt* (ioni,
per acquiftarne ricchi
^e, et fama, et ben f
pedo ancora folo
per fiduar . la vita ; Et
Ja prouidenza regge
il Timone di
noi ittiì^SC da
fpcranza al viuer «odi* .
ttf lìoftro, i! quale
quafi naue in
alto Mare, ffolleujto, et fcoffo
da tutte le
bande da venti della
fortuna . PROVI D ENZA. %eUa
Medaglia di 'Probo. SI
vede per là
prouidcnza nella Medaglia
di Probo, vua Donna
ftoIata,ch« nella delira mano
tiene vno Scettro,
6^ nella finiftra
vn Gornupia-» ? con
vn globo a*
piedi, et fi
moituala prouiden^a particolarmente appartenere a
Magiftrati . PROVIDENZA. Ideila
Medaglia di Mafsimìno . DONNA, che
nella deftra tiene
vn mazzo di
fpighe di grano,
Se nella finiftra vn'hafta,
che con diuerfe
cofe moftra il
medefimo,che fi è
detta dell'altra^. tProuiden\a .
ET nella
Medaglia di Tito, fi
vede vna Donna
con vn timone, et eoa
'V» globo, come in
vna di Floriano
col globo,& con
vn'hafta . T\ouiden%a . VN A
Donna, che alza
ambe le braccia
verfó il cielo, et riuolge
quafi cott le mani
gionte verfo vnaftella, con
lettere, Trouidentia D
cerumi laquale è
di Elio Pertinace,
come racconta l'Erizzc . Fra gl'hiiomini
plebei ; la
prouidenza, perche immediatamente da
Dio » ilquale
è datore di
tutti i beni,
e conoscitore di
tutte le cofè,fecondo
il detto del1*
A poftoio . Omnisfufpckntia n oflra
ex Deoeft ;
fi^ non ci
prouedendo elfo delle cofe
neceflàrie, poco, ò
nulla vale la
prouidenza noftra, che
è come la_# volontà
de teneri fanciullini
trafportata daldeiiderio di
caminare, cheprcO:» cade ;
fé la forza
della nutrice non
la foftenta . Trouiden%a . SI vede
nella Medaglia di
Balbino,vna Z)onna,che con
la finiftra mano
tic* ne vn Corno
di diuitìa,& nella
deftra *vna claua,
col Mondo a*
piedi, co» lettere che dicono
Trouidentia Deorum> et S. C,
PRVDENZA DONNA, con due
fàccie fimile a
Giano, et cheli
/pecchi, tenendo "\na Serpe auuolta
ad vn braccio . Le
due faccie lignificano,
che la prudenza
è vna cognitione
*vera,& cercala quale ordina
ciò,che fi deue
fare, cV^ nafee
dalla confideratione delle
cofe* pattate, et delle
future infieme .
L'eccellenza di quella
'virtù, è tanto
importante, che per
eflà fi rammentano le
cofe pallate, fi
ordinano le prefenti, et fi
preuedono le future;
onde Thuomo, che
n è fenza,
non sa racquiftare
queIlo,che ha perduto,
ne fa conièruarO quello che
poffiede, ne cercare
quello,che afpetta. Lo Specchiati^
fignifica la cognitione
di sé medefimo,
non potendo alcun» regolare ie-fue
attioni, fé i
proprij difetti non
conolce . La Serpe quando
è combattuta, oppone
tutto il corpo
allepercoflè, armandoti la tefta
con molti giri,
fliT" ci dà
ad intendere, che
per la virtù,
che è quafi L
3 il neftr© ifj il
noflxo capo, et la
noftra perfettione, debbiamo
opporre a colpiti
fortuna, tutte l'altre noftre
cofè, quantunque care ;
et quella
è la vera
prudenza . Per» fi dice
nella facra Scrittura
: JEflote prudentesficHt Serpente s . Truden^a. DOnna con l'elmo dorato
in capo, circondato
da vna ghirlanda
delle foglie del moro;
hauerà due faccie,
come s'è detto
di (opra, nella
deftra-» mano terri "vna
fre^za, intornoalla quale
vi farà riuolto
'"vn perce detto
Ecneide, ouero Remora,
che cofi è
chiamato da Latini,il
quale fcriue Plinio,che atta -candofi alla
Naue, ha forza
di fermarla, et perciò
è porto per
!a tardanza nella tiniltra
terrà
lofpecchio,nelqualemirando,contemplafe(tellà,& a*pi
lignifica l'ingegno dell'huomo
prudente, et accorto, armato
di faggi configli,
che facilmente fi
difende da ciò,
che fiv per fargli
male, et tutto
rifplende nelle belle, et degne
opere,che fa. La ghirlanda
delle foglie del
moro, che circonda
l'elmo, dinota, che
l'huobio fauio, et prudente
non deue fare
le cofe innanzi
tempo » ma
ordinarle co» giuditio; et però
T Alciato dille. 7(àn
germina giamai il
tardo moro Fin aiti
freddo non è
mancato* efpenfos 3s[e7 fauio
fa le cofe
innanzi tempo, Ma r ordina
con modo, e
con decoro, lì Pefce
auuolto alla fre^a,
è indicio di
quefto medefimo; Di
pili ammanisce, che non fi deue
efièr troppo tardo
nell'applicarfi al bene
conofeiuto ; il che
ancora esprimendo l'Alciato,
non mi par
fuor di propofito
fcriucrlo qui fòtto
• Ch'effer fi debba
in ogni ìmprefa
molto Saggio al parlar,&
nell 'oprar intento, Il pefce
il moftra alla
faetta auuolto, Che fuol
l^aue fermar nel
maggior >ent§, Yola dall'
arco, e dalla
mano fciolto il dardo,
e l'altro troppo
pigro, e lenta ^(uoceil tardar,
come effer preflo,
e lieue La via
dì me'^p feguitar
fi deue » Lo
fpecchiojfignifica la cognitione
del prudente no
poter regolar le
fue attieni» fé i
propij fuoi difetti
non conofce,e corregge. E
quefto intendeua Socrate
quanto efortaua i fuoi
Scolari a riguardar
fé medefimi ogni
mattina nellojfpecchio. Il Ceruio»nel
modo detto, il
medefimo moftra che
ii dardo, et il
pefce;perche quanto le
lunghe, et difpoftc
gambe l'incitano al
corfo, tanto lo
ritarda il graue pefo
delle corna, OC
il pericolo d'impedirà" con
eife fra le
felue,e gli fterpi .
E a propofito
ancora, il ruminare
d* quefto animale
al difeorfo, che
precede la rifolutione de
buoni penfieri,* Ne
rn'increfeerà a quefto
propofito icriu*re il
Sonetto delgentile Sig,
Gteuanni Buondelmonte, che
dice cofl . Rara, e
nobiì virtù, che
fola rendi, A Via
più d'ogn'aìtra Thuom
di laude d«ga©> E
fei del viuer
noftro ako foftegno, E
del tuo ben
oprar fot gloria,
attendi L 4 Tè Ut
li* Tu luogo, e
tempo accortamente prendi, E
diftingui, rifolui, e
tocchi il fegno
. Del pattato difcorrL, et per
tuo ingegno, Scorgi il
futuro, cV il
prefente intendi * Ordinata
ragion, tu guida,
&duce, Di chi gouerna
Tei, di chi
configlia, E biafmo, e
danno lai fchiuar
fòuente* Prudenza
amata,& eira, altera
figlia Di Gioue, ""Yn raggio
almen della tua
lue* L'ignoranra disgombra a
la mia mente, Et
per fare alquanto
differente quefta figurai
potraflì incambio di
tenere ?• Frezza nella
guifà che dicemmo,appoggiare la
riìano adVn'anchora intorno
alia quale vi fia
auolto vn delfino,
che e/plicar et di
m*>no in mano afeendendo farà
più chiaro, tanto
che da capo
venga ad eilère
cbiariflìmo. La Profpettiua è
detta da Greci
Optici, dal vedere
è nobililfimafcientia» Come foprà
le Matematiche, ÓY~le
Fifiche dimoftrationi fondata,
tratta della natura, et propieti
della luce, Se
potenza *vifiua, della
quale nel a
vita humana,& jieliVniucrfità delle
cofe non ha
più ccccllcnte,ne più
marauìghofa. %*>? fcla Profpettiua,
come fi è
detto, diletteuole, &giocondiia,ru ;
&. perciò fi rapprefenta di
bello, et gratiofo
alpetto . Ha ii
pendente con i'occhk^
peremo • che dal cedere
ha la Tua
denominatone, fi come
quclia,che su le
ipetie ? ifibiJij
Se attiene viforia
è tutta pofìa . Per
gi'iftromenti fi dimoftra
la conditione, et l'operationi
fùe# Nello Specchio ie
figure rette fi
riflettono, Se perche
quefta feienza di
luce t etta,& di refìefia,
feruendofi, fa vedere
di belle merauiglie,
per tanto in
legno fi è pofto
lo Specchio . E
rifedendo le feienze
nelli ferirti de
famofi huomini, fi
fono dati a
quella figura l'opere
di due Autori,
che per hauer
d'ella ottimamente trattato,(ono per
lei celebrati} onde
per gl'Autori tal
feienza fi ren* de
molto ben manifelta . Li colori
nelle vefti variati
da ofeuro al
chiaro/fono per dirnoftrare,
che l'operationi della profpettiua
fi fanno col
chiaro della luce,
òC* con l'ofcuro
dell'ombra con vna certa
j^raduatione, fecondo le
diftantie, et réflefli .
Et in vero fi
deuono render gratie
à Dio,che, et nel
pattato fecolo,& nel
prefente non fiano
mancati, ne manchino
huomini in ogni
forte di fcien^e,&
arti celebri, come ne
anco in profeflìone
di proipettiua, fra'
quali è ftato
M. Giouanni Alberti dal
Borgo, il quale
in che ftima
fi doueflè hauere,
lo dimoftrano tante
fimofè'opere fue, SCT
in fpetie quella
di Pittura fatta
nella Sala del
nuouo Palazzo nel Vaticano,
dettaja Clementina, in
compagnia di M.
Cherubino vero fu© fratello,
non meno per
natura, che per
pari eccellenza in
queft'arte » 'Profpettiua . DOnna,
che con ambe
le mani tiene
vna prolpettiua,& alli
piedi ha /quadre, compa(Iì,& altri
flromenti conueneuoli a
quell'arte,©^ come per rapprefentare fimil
figura non fi
può allontanare dalle
cofe iftefiè, coli
non Difogna molto
ftudio per dichiararle;
attefo che elle
medefime fanno noto
quanto fòpra ciò fa
meft iero . PVDICITIA. DONNA veftita
di bianco, nella
delira mano tiene
vn'Armellino, et ha il
volto velato . Ogni peccato
è macchia dell'anima
; ma propiamente
pare, che folo
dalle con la deftra
mano tenghi va giglio
parimente bianco* et fotto
il piede deliro
vha teftuggine . Veftafi
di bianco, perche
fotto di tal
colore fi figura
la puriti,& integrità
de! la vita i
dallaquale deriua la
pudicitia, onde Salomone
'volendo perfuadere il Candore, et fmeerità
dell'animojdice » in otnni
tempore candida finttcìiimerìtà tua .
Si fa
Velata nella gaifa,ch*habb;vmo detto
percioche la donna
pudica» deue celare la
bellezza della fua
perfona, et leuare
l'occafione a gl'occhi,!
quali fono cagione il
più delle volte
di contaminare la
pudicitia>& a qucfto
propofito Tertuliano chiama
tal velo armatura
di timotd'infamia, et pudicitia,
baftione di modeftia, muro
del fello ferninile,
il quale non
è pallato da
gl'occhi d'altrui ; il
ttiedefimo Autore determina
il mòdo, al
quale fi deue
diftendere la forma
del fopradetto 'Velo,
dicendo quanto Coti
lunghi, et occupano
i capelli » quando fon
diftefi, tanto deue
elfere, et occupare
il nominato 'velo
> 'talché ariui
per fino alla cintura,
ad'imi tatione de'
Romani gentili »
i quali figurarono
la Dea Pudicitia con
la faccia coperta,
come frpuò -vedere
nella medaglia di
Sabina moglie di Adriano
Imperatore, et in
quella di Herennia-, et di
MartiaOtacilla Scuera con tal
titolo» PVDlCiTIA AVG. Le
fpofe Romane per
fegno di pudicitia,etiandio ne lo fteflb
giorno,che an* dauano a
marito fi velauano
il capo . Onde
in Serto Pompeo
leggefi, obnubit caput operit, et nuptia:
diesare capitis opcratione
; (òpra che
difFufàmentedifeorre il Briflbniode
ritu nuptiarum :
coftume ofleruato medefimamente
da-» Matrone Romane, Poppea
Sabina moglie di
Nerone, ancorché impudica fuG» fé per
parer publica, compariua
in publico velata . Caio
Sulpitio Gallo Romano repudiò la
moglie, perche vfcl
mora con la
faccia Coperta :
ne folo apprefl» Romani, ma
anco apprettò li
Greci per dimoftrare
pudicitia Je donne
andauano velate, e
però Muteo Poeta
Greco,de/criue Hero veIata,come
anco è deferii U
Peaelope da Homero, et Helena
particolarmente nella 3.
Iliade . Trotina aurem candidis
operta -pelisfcrtbatur è domi
. U Sh CE$Jl%E %TPA. *7* PVDICITIA. IL nella
Giudea riferifee Tertulliano
de Coron. Milit.
che le donne
v/àuano «li velarti .
A pud Judxos
dice egli, Tarn
(blemne eft fem
inis eorum velamene capitis, vt
inde dignofeantur ;
alle donne poi
chriftiane, S. PauloaCorinthi comandò che
oraflèro col capo
velato, et nelcap.xi.
ipetialmente dice. Omnis sutem
mulier orans, aut
prophetans non "velato
capite, deturpat caput
fuum, "\ num enim
eft ac fi
decaluetur, nam fi
non veìatur mulier
tondeatur, fi vero tarpe
eft mulieri tonderi,
aut decalami, velet
caput fuum . S. Pietro
anchora ordinb,che tuite
le donne entraflero
nel tempio velate,&
da peccati fiamo
purgati, et perciò
diffeDauid. Afperges me
domine hi(òpo,S£inundabor,lauabis me, et
fiipei iiiuem dealbabor . PVERITIA. VN puttiao
veftito di varij
colori, a caualio
2 pre cattiue, mifurando
il modo, che
né la pena
» né la
colpa ecceda (buerchia* mente, ma
che ferbino infieme
conueniente mifura, et proportione
j il che fi
oilerua nell'antica legge,
pagando ciafeuno in
pena l'occhio,per l'occhioni
pi»» de, per lo
piede, et la
vita, per la
vita . * PVRITA. Vedi a
Innocenza « Turiti é Gloitanetta, veftita
$ bianco, con
vna Colomba in
mano» Giouanetta fi dipinge
la purità, perche
fti «e* cuori
teneri,doue non hi ancora
fatte le radici
la malitia } et il
-veftimento bianco, e
tal difpofitione di mente
conueneuole, come la
bianchezza più d'alcun'
altro colore partecipa della luce,
della quale nefltm'accidentefenfibile, e pi ì puro,
et perfetto,
mo» ftrandofi anchora in
quello modo la
purità eilère più
di tutte le
altre -virtù afla
diuinìti fomigiiante . La Colomba
bianca, ci dimofrra
la (implicita, 8c
purità della *vita,
6^ col colore, ch'eila
con ogni delicatezza
mantiene, et col
coftume naturale, che è
di godere con
{ingoiar purità il
Tuo compagno, fenz'altro
dcfidcrare,ò volere.*» pei fine
de naturali defiderii
d'Amore. PVRITA, ET SINCERITÀ
D'ANIMO. DONfMA veftita di
bianco, per la
ragione detta in
altri luoghi, et cht*
tenghi con bella
gtatia -vn Gallo . Il
Gallo, come riferifee
Pierio Valeriane lib.
2 4. apprelfo
gli Antichi, (igni
♦ ficaua la purità,
Se (ìncerità dell'animo,
onde Pitagora comandò
a Tuoi Scolari che
douellèro nutrire il
Gallo ; cioè
la putiti, et (inceriti
de gli animi
loro ; 8c Socrate
appreifo Piatane quando
era per morire,
lafciò nel fuo
teftamento ~v« Gallo ad
Efculapiò ; volendo
in quel modo
inoltrare il faggio
Filosofo, che readeua
alla diuina bontà
curatrice di tutti
i mali, l'anima
fua pura, et finctra
come era prima . Onde
Giulio Camillo nel
fine della cannona
in morte del
Delfin di Francia,
cofi dille . Ma a
te Efculapiò adorno Ei
[aerò pria l'augel
nmeio del giorno. PRECEDENZA, ET
PREMININZA DE TITOLI, DONNA
di graue afpetto
tenga in tefta
il Rè degf
vccelli,e con la
man» deftra s'opponghi ad\n*
Aquila, che le
darà a* piedi
ardita, dritta,©^, con la
tefta alta in
atto di voler
volare verfo il
detto Re per
togliergli il luogo. Il
Rè de gli
Augelli è da
La tini detto
Trochilo, da Ariftotile
Ofebbys quafi Rex, de
PrcTes auiu mi dice
Hcrmolao Barbaro fopra
Plinio hi». 8.
cap. 2 5
.comc che . jpj PRECEDENZA, E
PREMINENZA DE TITOLI, che
fia Rè9 et capo
degl'augelli, di che
né fimbolo, come
Ci raccoglie da
Suetonio in Celare
cap. 8. oue
Io chiama per
edere picciolo, Regaliolo .
Prid ie autem
eatdem idus Martias
Auem Regaliolum cum
laureo ramalo Pompeiana curia: Te inferentem,
-volucres vari) generis
ex proximo nemore
per'ecutar ibidem difeerpferunt
. Nel
qual luogo narra
Suetonio, che era
li prodigi] della-. CDngiura di
Cefare oc.orie che
vn Rè d'eccelli
il giorno 'auanii
la morte di Cefare,
che fu alli 1
5. di
Mar^o . Volando con vn
ramofcello di lauro
verfo il Teatro
di Pompeo, che
fraus in campo di
Fiore, oue addeflb
ftà il Pah^zo
di Don Virginio
Oc fino, molte
forti d'Augelli da ~vn
bofeo vicino lo
prefeguitorno,& lo sbranomo
in più partane! qual
Teatro fu appunto
vecifo Cefare il
giorno feguente, dal
che fi vede
che il Trochilo vìen
piefo per figura
d'vn capo d'Imperio, et d'vn
Rè, perche s
chiamato Rè, et vien
prepofìo a tutti
gli altri, et dicefi,
che l'Aquila /pelle
volte,, contende con detto
Trochilo, come riferifee
Ariiìotile nel!' h.ifipria
degl' Animali lib. colmo di
moneta, nell'aura vn
tronco di quercia,
con qualche fronda
? èVghiannà, acciò meglio
fi conofea. In
teda porti "vna
ghirlanda di quelle^ viole
nere, che non
hanno rametn',ma che
fin dalla radice
fono piene di
foglie » So che
alcuni per fi
mbolo. della ^rofperiti
della vita figurano
vna cornacchia*, non per
altra ragione fé
noti perche campa
aiFair ma "vagli
jt a dire
il vero, che prutofto
doueriafi pigliare per fi mbolo
della lunghezza della
vita, Se non
per la profperici, perche
mol tipodono hauere
lunga vita, et non
hauere profperità, come
alcuni vecchi oppreli
dal male, trauagliati
chi da paralifia,
chi eia podagra, et chi
da delinamenti »
Profpera vita non
chiamerò io quella
di CaioMecenate, il
quale perpetuamente haueua
la febre, Se
ne gli virimi
tre anni de lavila
Tua, non poteua
dormire pur vn'hora;che
profpera vita fu
quella di Heracleto
Filosofo, che patiua
i'hidropifia ? quella
d'Ennio Poeta tormentato
da morbo arterico ?
Se. che prò
ad Antipitre Sidonio
poeta di campare
molto vecchio, fe ogn'atino
haueua nel dì
che nacque lafeìxe
? da la
quale al fine
fa eftinto . Certo
che la di
coftqro vita, ancorché
matura, Se longa,
profpera dir non fi può, fi
come per il
contrario pcofperamente hanno
altri villuto, ancor» chepoco tempo,
come Alefiandro Piagno, Marcello nipote >& figlio
adottiuo d'Augudo, Se altri
Principi, che giouani
in profferiti fono
morti : ma ron
fo■o dati al
tutto prjfperi per
la.breuità della vita,
fi che alla
profferita della vi» ta,
bifogna, che vi
cortèorrino più cofe
attinenti non folo
alli beni del
corpo,. ma anco alli
beni di fortuna*
Vi fi ricerca
la lunghezza della
vita, la buona* finiti, et 'a
buona faculU da
mantenerli in vita,
fé non* in
cofe foprabondanti, almeno
in cofe necedarie
>che ben fi
può contentare vno
> che hi
unto * che gli
bada. Tauper enim non
eft, cui remmfuppetit
vfns. Dide Horatio nel
primo delle Epiftole . La
facoltà nella nodra
figura la rapprefentamo
ned' habito ricca,
Se nel fa» detto
corno d'Hircule communemente
ditto della «to.iitia,o
d'Ama!thear non l'habbiamo figurato
pieno di frutti
come il folito,
fi p:r partirci
dall' orii" ' natio,
fi perche Palcfato
narra, che Kercule
in Tcfpi Gattello
delia Boetia era* 4>eflt> . PROSPERITÀ DELLA.
VITA. '77 fpe(Ib alloggiato di
-\na garbata dorma
chiamata An3arthea,taqualeteneua
il Tuo
danaro in vii
corno di bufalo,
onde i compagni
di viaggio d'Hércole
coroinciorno a direnile
Hercole baueua il
corno d' Amalthea,dat quale
ne riceuemz abbondantemente quanto
gli bifognaua per
Tuo vlo* il
che non poteua
comportare loia nipote d'àmalthea
vedendo, che il corno
fi votau-a per foUuenìre_j
.Hercole. Altri 'Yogliono,che
Amtkhea folle vha
vecchia ricca, che
radunane il denaro, che
cauaua della vendica
delle mercantie in
vn corno,come hoggi
dì fanno molti artegiani, et che
Hercole Io rubbalfe
pieno dì danari,indi
viuendo egìj iplendidamente, vfcì
Cuora vn detto,
che Hercole dal
còrno d'Amatthea ne
prendeua ogni bene:Quindi
è,che Filemone Comico
per ifcher^o,dit1e» che il
corno d'Amalchea, et della
doui t ia non § al'trò»the
haueré buoni dumi. Tune
illud elle cornu
Amaltheae putas Cuiusmodi ptngit
pi&or cornuboaisf Argentea eft
moneta, quam qui
pofTidet e Haic copiofe prò 'voti* cua&a affìuuru "' M Er»ere(Cerno.interno (ara
la buona fanità,che
importa piiì,-perche la (ànità
è il maggior 1
hcforo,che fi polla
defiderare « Pirro
Rè degliEprroti non
pregaua Dio per «ccrefeimento di
Dominio, ne per
ricche^e : ma
Notamente .per la
Vanita . Hac bene
conftituta, profperius ceffata
^dcrentur «omnia j dice
CeliofRodogino lib.4. cap.
24. et Hofctfcioad
Jcciocofi-fciifTe . Si
ventri bene, fi
laterheft vpedfbftfc]ue tuìs
;jiil Diuitie/poterunt regales «dderemaius... vCheguftofitiadelle^icche^e^non^ ftà&ene?
Valeat poifeiTor opcr,tec,di(Tè il
medefimo Poeta a
Lollio,& a Torquato.. Quo mihi
fortuna > fi
non conceditur vtì . A
che mi ferue
la fortuna, laricchcj^a
fé non mi
è con ceffo
di poterla godere ?
conuiene dunque che
qucllojche la pQfliede,ftia
bene di.corpo, et anco
«l'animo, chc.non fi
laflìpertuiibare dalla cupidigiaj.dallJira,dal timore .,
dalla-» #pera nza,daH'alleg! ezza, dal dolore,£>4a lOiialfiuoglia affetto,
motq,& pallione d'animo,
come foggionge Horatio
ài fudetto Ì.ollio,.
_ Qui ctipit,
aut metuit, iuuat
illy/n iìcdomus j
aut.res Vt lippumpi&a? tabula?, fomenta
eritè della vita. Il
tronco di quercia,come
di (òpra hàbbiamo
detto, vìen dimoftrata
la prosperità inguanto alla
finità, et lunghezza
della vita i
perche la quei
eia, come arbore!, che
ha il legname
duro, incorruttibile >&^
che in .perpetuo
fi oouferiu,èfimbolo4ella robustezza,
&C gl'ihuorriini gagliardi
fono detti robufti dalla
Rouere,corn€,dice.Fefto .
Robum dicitur a
rubro,3^ tufo colore,
vnde » et materia,
quarplurimas -vena* eius
colotishabet, dieta eft:
Eobur,hinc,& haroines valentes, et boni^olorìsrobuftidicuniur* 8£~.peròHerco!c,ch'erarobullo, et forte.portaua la
fuama^zafatta^liquercia^è
anco fimbolo della
diu# turnit^, && produrre
»on dico fiori,
mafrutti cri hono#ateoperacioni Si
modo quodam cplatur; pur
che fi canferui,& mantenga
come fi deue,
5c non guaflicon
li diCordini laTua
profperità di vita, QMTERELA A DIO DONNA veftita-d'Vn
candido velo>che hauendo
il •vifoirnefto,& iagrimeuole
riuolto-al cielo *&
la delira mano
al petto, mefki l'altra
man# •{Ter morfìcata da
fieri* et -velenofi
ferpenti. La meltitia del
volto, dimoftra qu&l
fìa l'afTettcrdeila querela . Si
dipinge con gli
occhjdsgfimeuoli, riuolti akielo^perchrcome fi
è dctttf s'ìndri^a la
querela a Dio
ì>ui habitat inxalis, Con
lamanp-morficaCis da terpentr, -fi
vuoi denotare la
querela hauere per;
sagioni lorref& l'in* tc^rifcr, per la quale
ha «ffiìcacia detta querela Querela* n % "\Onrw veftita
di tsrrr1 perciochegii Anticni
ne* mortori), et nelle
au«eifiV \_S tà !ororfi
-veftiuano di tal
colore-,hauerà in capo
vn Pallata lohur io
n, vecclio^rhc ha »alcanto mancncon!sof& triefto» QVl£TE DONNA-, che
fkct'm piedi fopra
"V-na bafe di
figura CubkarCon la ima
delira foftenga vn
Perpetuinolo . propr some è il
cenpo
d£li%niuerio,c^iijK^Ì|rjdòfiquiet.imente, li
^moftr-j per cagione della
fila-quiete, et venendb qiiefl»prmcipa!'mcnte,luonodi contrnuoj& ne' cieli
chelonoineortctt'bili, vedi
arrro chiararoen-é.vu j-^petuo
moto -/qui udì c,chenon
cpnofcendo^noj realrnente la
quiete, d e
amo filare il celiai e
delmcroi il qiiaIe*£R>n-porendp-gtuftÌ^ficaie c-oHenfo -,
adiamo imaginandcr.con
intelletto ; -&
perche deila quieta noi
paliamo in impetro
deU'huoiXJo, diremo allóra
elTo quietai fiiquando
i fuoì moci del
pe. Ti ero,
e de rattioni
fono rcgolathc retti,|in
modo,che diifci&tamei .* re
vadino a knreaHuogo delia
quietefiia^, che è
i'altra.vita -apparecchiata a^.
Bèathper quietarli cternaìmentricome ilPfcrpendicolojche #^graur,&
fuori dei « M*
Z E5feiU,« it* iì ente
al punto imaginato
dell'Orizzonte, oue è
la Aia quiete. D
Quitte. Onna > di
afpetto graue, Se
verietabile ; farà
veftita di nero,
che porti fèc« qualche
frgno di Religione,
fopra all'acconciatura della
tefta, vi ftarì
v» nido, dentro deìquafè
fi veda vna
Cicogna tutta pelata
per la vecchiezza
» la-» quale fi
ripofa nel nido,
Se è nutrita
dalla pietd de
figliuoli . La vera quiete,
è imponìbile, come
habbiamo detto, poter/a
ritrovar com«» piti in
queflo mondo; Con
tutto ciòvn certo
cenar da negotij
d'importanza pefr menate vita
fen^a penfìeci, che
mantengono con anfìet/ì
!a mente, fi
domanda *volgarmente
Quiete,& è Colo
vn lafciar altrui
per attender* a
fé fteiTo,e però è
molto riprendile nel
confòrtio de gli
huomini, SC nel
viuere polìtico » priuarlì
di quella feliciti,
che viene dal
giovamento, che fentono
i Parenti,cVf gl'Amici dall'opra
d'vn Cittadino vtilealla
fila Patria, fé non fi
fa per cagione-» di
Religione, la quale
fòla merita, ehe
fi lafci da
banda ogn'altro intereflejòV^ però fi
dipinge detta figura
in habito Religioiò, et graue,
&e venerabile, non e£
fèndo ogni intorno
atto a fcgUitar
con lode tal
forte di vita,ch'hà
tifogno d'intero giuditio, et di
falda in tendone
notata nell'afpetto del
vifo, et nella
com|>ofitione del corpo,
come racconta Ariftotile
nej lib. di
Fifon . 11 veftimento nero,
moftra la fermezza
de* penfìeri, ScT la quiete
della mente^ non
«ftenel&atcoquefto colore a
pigliar de gli
altri, come fi
è detto altrove. Ancora dimoftra,
che Thuomo, che
attende alla propia
quiete, è ofeuro appredo
il Mondo,non tendendo
fi fa-mofonel f
uperar le difficolti
della vita con.» *"vtìle del
p'roflìmo. Per la Cicogna
s'impara, che in
vecchiezza principalmente, fi
deue proci* raf e quella
poca quiete, che
fi può trovare,
quando fianchi, óc^
fatij delle cofe
terrene, ©X^ caduche
; con piò
ardore, &^ maggior
fede afpiriamo alle
celefti, Se perpetua
„ RABB IA Vedi a Furore RAGIONE DONNA veftita
del color celefre,
frarijco' piedi fopra
alcuni fetpenli alatijd: moftruofi,
lì quali terri
legatf con vn
freno. La ragione, è
virtù dell'Anima, con là
quale
fi reggono,*: gauernano
le potente di eiTa,
le quali per
cagione dei peccato
originale, Se del
fuo fomite, fonò in
noi corrotte, Se
mal inclinate . Dipingefi di
color celefte il
veftimento, perche la
ragione deve fèmpte
conformarfi col Ciclo,
Se hauere splendore.& chiare^»
» Il freno» è
indicio del difcor/ò,
Se della ragione,
con la quale
tutti gli appetiti inferiori, che
fi rapprefèntano fotto
figura di ferpenti;
perche mordono l'ani nhna,
incitandola al peccare;
Se tirando fperan^a
della noftra rouina
dall'eletto delia lor prima
impecia fatta con
Adamo, («no tenuti
a freno, Se
domati. RARAGIONE. VN A Giouane,
armata, con la
corona dell'oro "m
capo > ó*^
te bracci au ignude*
nella deftra mano
tenga vna fpada
» et con
la finiftra vn
freno * col quale
afttena vn Leone
» farà cinta
d*vna candida benda,,
dipinta tutta co» Quefta
virtù, è domandata
da Tbeologi fóv^a
dell'Anima, per eflere
h Re* gina, che
dà le vere» et legittime
leggi a tutte
Phuomo . Si dipinge
giouane armata» perche
è difefa,& mantenuta
daf vigore della-* fapienza, fi
piglia molte volte
predo gli Anrichi
gl'armatura citeriore, coniti nel
(ìgnificato di Pailade,
Se in altri
propoiiti . La corona dell'oro,che
tiene intefta, moftra,
che la ragione,
è Tela baftanv te
a far (coprire
gli hctommi di
valore > ÓC^dar
loro Splendore, fama,
prezz©* &;_. chiarezza ne
è coft (ìng
ilare l'oro fra
metalli, ancorché fia
il più pregiato, che
nm fiVgohire non fia
fr*t le potenze
dell'anima noflra qutfta^he
dlrau® diamo ■Ugioneja quale
ha h fede
fua nella più
nobil parte del
corpo, òC ouc ha
l'anima maggior vigore
all'operare. Per le braccia
ignude, s'intendono l'opere,
le quali quando
hanno prìncipi* dalla vera
ragione » non
hanno macchia, b
fofpetto alcuno, che
le veli, ò
itadombri ; talché
non fi veda
immediatamente vera, &T
perfetta virtù . La fpada,
è il rigore,
che bifogna adoprare
alla ragione, per
mantener nette il campo
delle virtù da
viti j predatori de
beni dell'anima } %C
a quefto prò* poilto
dille Chrifto Signor
noftro. Non Areni
pacem mittere in
terram fed gladiurr
;perche tutta la
fua dottrina, non
fu ad altre
direttacene a fare
la difuniode yitij
già inuecchiati nell'anima,
dalla vimì, per
mezzo della ragione
illuminata dalla fua gratia . Il
freno in bocca
del Leone, ci
notali fenio /aggiogato, et fòttomeffb
ad et fa,il quale
per sèftetfb, è
ferocifllmo >& indomito
. te note di
Arithmetica fono pofte,
perche con quefte
fi fanno le
ragioni in ietta arte,
che prpuano le
cole reali, come
con la ragione,
che fià nell'anima,!! proua, &Sw
^ conofee tutto
guello, che appartiene
al ben noftro . s
Ragione. VNa Giouane,'veftita di'coìor
celefte, ccn clamidetta
d'oro, nella deftra mano
tiene vn'hafta, abbracciando
vn'alloro con la
finiftra ; dal
quale_> penda vno Scudo
con la tefta
di Medufa depinta
nel me^zo d'elìoj
hauerà l'elaio in capo
con vna fiamma
per cimiero . Già
fi è detta
la ragione del
veftimento, bC della
Clamide dell'oro nelle
figure di IbprajEt perche
l'hafta lignifica l'imperio, ci
dà ad intendere
la ragione efìcr-la Regina,
che comanda in
tutto il regno
della compoftura dell'huomo . L'Arbore dell'alloro
con la tefta
di Medufa pendente,
da eflò, dimoftra
la-» vittoria, che ha
la ragione de
gli inimici contrarij
alla virtiì,la quale'gli
rende..» ftupidi, come la
tefta di Medufa»chefaceua rimanere
medefimamente ftupidi
ljuelli,che la guardauano,& leggiamo
che Domitiano Imperatore
la pertaua_> fempte (colpita
nell'armatura, et nel
figillo, a fine
di moftrarfi vìttorioió, L'Elmo, nota
la fortezza, &C
la fapienza della
ragione, eiIendo.*4fa quella prudenza nell'anima
intellettuale, che difeorre
i fini delle
cofe, 6^ quelli
che giudica buoni, (egue,
6X_ fugge i
contrarij. La fiamma, mcftta,
che è proprietà
della ragione inalzarli
vcffb il Cielo,8^ di
farli limile a
Die, dal quale
deriua la noftra
nobiltà • Ragione . DOnna Matrona
di belliflìrao afpetto,
che con la
delira mano tenghi
*vna sferra, et con
la finiftra vn
freno, fi come
il cauallo fi
doma col freno,&T li putti
con la sferra,
eofi la ragione
gouerna, e doma
le cattine arlettioni
dell'huomo, RAGIONE DI STATO. DONNA
armata di Corata,
Elmo, et Scimitarra.
Sotto l'armatura^ pò urà
vna trauerfina di
colore turchino ricamata
tutta di occhjj,e-* di
orecchie, con la
defh mano terrà
vna bacchetta, con
la quale moftri
di dare vn rouerfeio
dal lato deliro,
oue fiano alcuni
papaueri, i maggiori
de* quali fi «uoftrarà
con Tatto fopradttto
delia bacchetta, chefwn«daeiIàrotu,&£et-« tati. RAGIONE DI STATO 1*3 tati i
capi per terra,
*vedendofi rimaflo folo
il gambo intiero,
6^ al:uni altri piccioli papaueri . Terrà la
finiftra mano appoggiata
fopra la tetta
d'vn Leone, et a*
piedi fia vn libro
pofto dall'altra parte,
con l'infcrituone IVS. Si
dipinge armata, per
dimostrare chei'huomo che
fi/èrucdital ragione^ vuole quando
vi Tufferò le
forze il tutto
dominare con l'arme,
6 altro me^zo. Si
rapprefènta con la
"vette di colore
turchino contefta d'occhi, e
d'orecchie» per lignificare la
gelofia, che tiene
del Tuo dominio,che
per tutto vuol
hauer occhi,& orecchie
di ipie, per
poter meglio guidare
i Tuoi difegni,
óc^ gl'altrui troncare,, . -, Se
le dà la
bacchetta per rnoftrare
quefta Ragiona di
ftato effèrtf'propia cH chi
h^ dominio, &iìgnoria, dalia
quale rhuomodiuieneipiperÌQÌo,
ancorché ognWno, per ben
che Prèhcipè non
fia, poila hauere
'vna certa ragione
di fiate ioip rqpia,
con la quale
"\ogli gouernarc il
dominio delle (uè
cole, §C dri^M
4 zarU 18+ ?arle
a! propoftc fine . I
papaueri gettati per
tetra, come dicemmo,
fignin"can€,ehechi fi feruedel. la
ragione di flato,
non lana mai
fot ger perfon?, che
poflà molenarl©, a
foraggi ianza della tacita
ri^pofta data da
Tarquìnio al Meflo
del (uo Figliuolo .
fyx ytlut deliberabur.dus in
bortum Mium tratifitfequente nunciofilij,
ibi in ambulare tacitusjunma pauperum
capita dicitur Iaculo
decufijfe ; parole
di T. L iuio nel
primo lib. Decade
prima . Il
che *"vien olleruato
da molti per
rigore di ragion di
flato, ÓV" per moftrarfi
feueri; ma di
equità il Principe
deue piò tofto ìàrfi
amare, che temere, et ciò
per vtil fuo,
perche il timore
genera 1 odio, et l'odio
le ribellioni, et pero
deue più tofto
conforme a l'equiti
amare, et hauer a
piacere Vaflalli^h'habbino polio
di ricchezze } nel
modo eh e
con figliato Veifpefianò
lmper. da Appollonioin
Filoftrato lib. 5,
cap. 13. Diuitibus
autem-. petmittes, vt facultatibus
tuto fruì poflìnt .
eminentiores fpicas, quaecunq;
fupraceteras ie attojlnnt
non amputato, iniufta
enim eft in
hoc Ariftotelis ratio, cioè
permetterai, che i
ricchi poflìno godere
le ricchezze loro,
non tagliare le fpighe
più alte, cioè
quelli che iòno
più in grandezza
de gli altri .
Configli*^ sì ben poi
che fi /piantino
quelli, che tono
/èditio/ì, Se che
vanno machinando delle nouità,
in quefto modo .
Diftìciles homines, moleftofq;
potius tanquara fpina s
è fegetibus aufer,
Se res nonas
m olicntibus terribilem
te ©ftende, minitando
tamen magis, qnam
puniendo» Le fi mette
a canto il
Leone, per efler
di natura fimife
a quelli, che
per ragion di flato
cercano eflér di
continuo fuperiori a
tutti gl'altri, come
anco per dinotare la
"vigilante cuftodia, che
fi deue hauere
con fortezza, per
conferuatione'del ilio Stato . II
Libro propofto col
motto I V S,
dimoftra, che taluolta
fi pofpone la
rai* gioneci,uile,per
caufadi regnare,quantoper la
publica vtilit4,come per
eflèmpio puòcondonare taluolta
il Principe a
molti la vita,
che per lor
misfatti per legge Ciuile
haueuano perduta, per
feruirfi di eflì
in guerra giufta,
effendo che rifulta molto
hauer huomini di
virtù, e di
"valore Ma più
d'ogni altra cofau» detto
libro col motto,
1 VS, inferifee quel
detto che hauer
foleua in bocca
Celare Dittatore, di Euripide
Tragico ne le
feniflè citato da
Cic nel 3,
de gli orHiij, et riportato
da Suetonio in
Cefare al cap.
jo, 7{amfiviolandum eH lFStregnandigratia ywlandum esl
: alijs rebus
pietatem edas, I quali
verfi cofi habbiamo
tradotti mal conditi,
ma in modo
che intender fi pouìno
feguitando più che
fi può l'ordine
del tcfto latino . Se
la ragione violar
fi deue Solo fi
deue per ragion
di Hate T^eW altre
cofe la Tietade
Honora: II qual detto
quanto fia impio
ogni pedona pia
giudicar Io può
é atte/oche^ •gni Prencipe
maflìmamenteCbriftiano deue anteponere
airintereflè prepio, c^_ a fimile
deteflabile ragion di
flato la giufta
ragione giuridica, la
quale chi cali cflra
'vien poi al
finepui ito da
la giufliiia di
Dio • RAM. iSj RAMMARICO DEL
BEN' ALTRVI. DONNA macilente,
veftita di nere, et {capigliata,con la
deftra n" ftr ap-. pi
capelli, habbi alla/ìniftra
mammella attaccata yna
Serpe, &*llj piedi *vn
Nibbio magro . E
~veftita di nero,'per.che
i penfieri, che
piegano a danno
del ptollìmo/ono tutti luttuo(ì,& mortalijche
fanno dare continuamente
in dolore, et in tene
bre, che
offufeano l'anima ;
e trauagjjano il
corpo. Et però
fi ftrappa icapelli -dalla tetta,
ellèndo i Tuoi
penGeri cionchi, et 'Volti
finiftramente con fuo
do» • lore, 6^
falcidio. Il che con
più chiare^a dimoftra
h Serpe attaccato
alla mammella, il
quale come manda freddiiììmo
veleno al cuore, et eftingue
il calore, che
manteneua Thuomo viuo, cofi
quefta triftitia affligge
l'anima, et l'vccide,
introducendo il veleno per
li fenfi, che
in qualche modo
fentono l'altrui felicità,
6c però, anchora fi
dipinge macilente * 11
Nibbio ha tanto
dolore del bene
altrui, che fi
ftende fino all'odio
de propii tigli, come
fi è detto
in altro luogo,
eV però fi
adopra in quefto
propofito . Rammarico* Vedi
Affanno. RAPINA. DONNA
armata con vn
Nibbio per cimiero, et con
la fpada ignuda.» nella man
dritta, nella fini/Ira
hauerà "vno Scudo.,
in mc^o 4eì
quale fia dipinto Plutone,
che rapilca Proferpina, ó Starà appoggiata
con la man
finiftra in modo,
che paia fi
ripofi (opra la
banda dritta del tronco
traueifo della croce,
Se dalla banda
finiftra del detto"
tronco, penderà vn freno,
Se calcara con
li piedi vna
morte in terra
quiui proftrata, in-» modo,
che fia la
Caluaria di ella
al piede della
Croce. Alla figflificatione della
dee ta figura^perche tanto
bene, Se cofi
facilmente è ftata
ftefa, cìc^ dichiarata
da-» 'vn bell'ingegno, nell'epigramma fequente, non
occorre, che vi
aggionga altra efpof
tione_, . " • Qiuenam
tam lacero veftita
incendia ami&uf Religio fum mi
vera Patris fobbles . Cur
veites vilfs ?
pompas cóntemno caducai QuÌ9
liber hic ?
Patris lex veneranda
mei . Cur nudum pedtus
? decct hoc
candoris amicum» Cur innixa
Cruci ? Crux
mihi grata quies . Cur
alata £ homi
nes doceo fu
per aftra volare Cur
radians ì mentis
difeutio tenebras Quid dacet
hoc fnvnum ?
mentis cohibere furores Cur
tibi uìois premitur
? mors quia
«loi&is ego RELIGIONE DONNA
allaquale,vn /òttil velo
cuopra il vifo,tenga
nella deftra mano vn
Libro, et vna
Croce, con la
finiftra vna fiamma
di fuoco, et appreffodetta
figura fia'vn'Elefante.
Secondo la diffinitione
di S. Tomafo
nella 2. della
2. parte, alla
queft.72. et art. 7. et alla
queft.84. art.a. et de
gl'altri Scolaftici,^ virtù
morsle,per la quale rhuomo
porta honore, et riueren^a
interiormente
nell,animo,& citeriormente
col corpo al
vero Dio .
E anco ne
gli huomini talmente
inferra da natura
la religione, che come
dice Aristotile per
quella più, che
per edere ragioneuolew, fono differenti
da bruti animali >
vedendo»" ciò chiaramente
da quefto jcht^ ce*
pericoli improuifi, fen^'
altra deliberatione, ci
volgiamo a chiamare
il divino aiuto « Se
le fa velato
il vlfo, perche
la religione ne
gli huomini riguarda
Dio, come dice S.
Pauolo ferfpeculum in »
veneratione, riconofeendo per
quella il {ingoiar
beneficio della redention
loro. Il Libro, ne
dà ad intendere
le diurne Scritture»
rcuelationi,&
tradirioni,delle quali vien
formata ne gli
animi la religione, ]
1 fuoco, (igni fica
la devio t ione della
pura, 5: finccra
noftra mente tendente yerfoDio,il che
è propio della
religione, + Le fi
dipinge a fato
l'Elefante, per eftère
più* d'ogn'altro animale
religiofó,co* me fi dirà
: Narra Plinio
nel lib. 8.
al cap. I.
che quefto animale
e raro in
bontà, prudente » amator
dell'equità, e humano,
pereioche incontrando lrhuomo a
cafone* deferti,che habbia fmacrito
il camino, tutto amoreuole, ùC
mansueto gli moftrala via ; è
difereto, perche come
dice l'ifteilb Plinio,
occorrendoli di pattare fra
armenti fi franca
tanto deftramente^er non
far lor m*le,che eglino medefi
mi non fé
ne auuedono, Ma quel
che fa più
a noftro ■ proponto
» è quefto
raro animale il
Hieroglilic» della Religione ;
raccontando pur erto
Plinio al luogo
citato, che egli
ha in veneratione il Sole, et le
Stelle, Se apparendo
la nuoua Luna,
fponcaneamentc-* va stanarli in
acqua di 'viuo
fiume, et amalandofi
chiama aiuto dal
Cìelo,bur« tando verlo il
cielo delf hetbe,
come me^[e, per
intercedere gratia di
faniti, 41 che tutto
vien confirmatoda Pierio
Valeriana, Se altri
Autori, àcT il
Sannazaro nella ina Arcadia,
cefi dice . Dimmi qual
fera f è
sì di mente
human*, Che s'inginocchia, al
raggio della Urna, £
per pMgarfi feende
alla fontana ? Onde
vedendo io tante
rafe qualità in
quefto nobrliflimo animale,
non poco piacere, Se
fodisfattione ho prefo,
confi ierando, che
tal figura è
propra infogna delf IlluftrìiIimo
Cardinal Montelparo mio
Signore, per vedere,
che fingoiarmenteconuengono in
S.S, Wuftriilìma le
fudette qualità di
Religione; Prudenza, Giuftitia
j «Sc^ Manfuetildine, che
con tariifimo eli
empio rifplendono nella Pcriona
d'elio Sig, Cardinale
; in modo,
che non pure
l'hanno refo degno del
grado del Cardinalato,
ma lo fanno
anco digniflimo di
maggior honore,nel quale
ardere -vna-» ultima di
fuoco, Il fuo o
fopra l'altare $
è ftato in
v(b di fàcrificio
predo a molte, et antichi^ iimenationi fino
alla venura di
Chrifto, il quale
placo l'ira di
Dio, non col
fangue de Tori,
ò degl'Agnelli, ma
con sé Hello,
Se con ìa
fua propia carie, et col
propio fangue, il
quale iniracolofa mente fi
cela per falute
noftra lotto (pecie
di Pane, Si di
Vino nei Santillìmo
Sacramento dell* Euchariftia
. Et fi
vede queHj figura
con la mano
aperta, òC eoa
l'altare ia 'Vita
Medaglia antica d\
Elio A:Ko:iiuo. Vertefi D /
C%&A%E %[P^ >tm aliavo v4"«»
•**ia>tt4J''1 *" f .
Io cofi
la religione, et purità
di elli . Et
Plutarco nel lib.
d'ifide, Se Oiìride^, Jice, che
a Dio non
fi conuiene oofa
alcuna, che non
fia pura, Se
candida, SC perche il
panno lino |>iancoiì
purga, e netta
più degl'altri, giudicorno
gli Egitti j, cht
folle pili conajpneuole
a Sacerdoti, et alle
cofe di Religjone,ch«
cufeun: altra forte di
panno > òdi
drappo. Hfligione, DOnna di maeftà,
Se di grauità,
medita con manto
ricco fatto a v
fó di
Viuiale, haueri velata
la teda, fopra
la quale lo
Spirito fanto rifplenda
con la luce de
fuoi raggi in
forma di Colomba,
Star* detta figura
fopra vna pietra riquadrata, che
dintìita Chtifto Signor
noftro, il quale
è la '-vera
pietra angolare, che dine
il Profeta riprooatada
gli Edificatori della
vecchia Legge, et è
per enee
poftapoi nel principal
cantone della fua
fama Ghiefa ;
non è alcuno
» che polla poruì
altro fondamento, come
dille S. Pauolo . Ha
quella figura da
vnat>andà vn fanciullo
con le tauole
cR Mosè,con alcune rofe,
6c" alcuni rami
fecchi, per moftrare
le pallate cerimonie
de fàerificif antichi, et dall'altrabanda fari
vn'aìtro fanciullo, che
fofticne il libro
de Vangelij,perchein Chrifllo
terminorono tutte lepro£ctie,& le
ccrimcjnicfdella vecv chia legge ;.
„% Tiene ella
nella fifcìftra mano
la 7erga del
Saccate Aron;, Se
nella deftra^ kchiaui della
Poteft| Ecclefiaftica,per aprire, et ferrare
ifCieìo., a gli
huomini conforme a* loro
meriti. Dunque da
quefto veroj& viuo
ritratto, è'nata la
noftra fanta, Se
vera Religione modello
di falute, fabrieato
da fanti Dottori
fopra le pietre riquadrate
da quattro Euangelifti
Scrittori delia Legge
piena di Spirito fanto, di
ReIigione>di fuoco, d'amore, et carità
„ RELIGIONE FINTA. DONNA cort&àbitograue, e
lungo, a ledere
in *ynaj$edja d'oro,
fòpraj "vn'Hidra di fette
capi, hauendo detta
Donna vna corona
in tefta piena*» di
gioie rifplendenti con
molti ornamenti di
veli, et d'oro,
nella delira mano ba
vna ta^za d'oro
con vna /erpe
dentro . Inanzi a
lei fono molti
inginocchiaci in atto di
adorarla, et alcuni
ne fono morti
per terrai perche
i falli ammaeltr*-, menti degl'elempij
allettano con qualche
apparenza di piacere,h
di finta commoditi
terrena,ma al fine
preparano l'Inferno nell'altra
vita,& le calamiti
nel. la preiente, che
per lecretii giudici j
di Dio, vengono
in tempo non
allcttato . REPVLSA DE PENSIERI CATTIVT\J N'
huomo che tènghi
per li piedi
vn picciolo fanciullmo,
e che con
di Importa attitudine io
sbatra in vna
pietra quadra,e per
terra vene fieno
morti di quelli,che già
fieno ftati percoflì
in detfa pietra
. Perche tutti i
Theologi confentono, che
(Trillo è pietra,!!
deue attentamente
auuertirenel Salmo 36.
SuperfluminaBabylonis,
L'ultimo terzetto, ©uè li
parla de' piccioli fanciulli
sbattuti fopra la
pietra, Beatus qui
tenebit, o\^ allidet ip9 ICO NO
LO Gf^ét REPVLSA DE PENSIERI CATTIVI. allkìètpamtiìos fuos
ad petrarn .
Cof* dà le
Pàrafsafvdfpofto . Beato è
chi fi* ecrrijoùero contenera
«lali 'vitij, &C^_,
romperà ipiccioli'faoij cioè
primi moti alla pietra
dì Chri(m> che
è
ftabilelo(Untamento>&bafc
dell'anima noftra r Pero noi
tutti d©uemo rompere
li noftri penfieri
di cattiui arrettr mentre Tono piccioli
^uantijche-crcfchino, Óc^ s'attacchino
alla deliberatone sbattendoli, co;neh abbiamo
decto>ne ^ pietra
di Chrilto, cioc"\olgendò la mente
noftra_, e'I cor noftro
vetfo Che (lo,
collocando in lui
ogni noftro penficro,©^
que«cr è pareredi F.athimijicoiarhe p; \\ni
di ijì'dcrta l'hauena
Axiamanrrt»,Ouidk» anch'cgli
anco: che poeta gentile
Si piget in
primo h mine-fi
fte pedsna Ot>£?i5:ncdjn» »oi>&
font lubtfi mat*lemina-ruort>> Et DI CESJ%E
%IP^ Et tuusìncipiens ire rCiìftatcquus« •Principijs oblia*
Gtfo.medicina pacatur,
dCum-naalapec iaagss conualucre
aiorae.. iRffìkmtione. v-\
Onna ., lacuale
conta danaciiCOB la
man.défcia&]M:a
JalSniftra fu4i,4^ a L)
canto
vifaràwmcafià^&^niàcchette^ilbfmri.
", li contare i
danari dWna mano
nell'alt^ ei^imoftra* che
vno, che fa
refttturione della robbamon
Tua, non^ì priua
di cofajrlcuna., an^i
moltiplica insè fteflo le
facoltà, difponendocofi-il Creditore
ad «(Ter liberale
veriò-dife } oucro meftra che
la reftitutione deue
efler libera
^&^Uileuefare>ciafeuno^^a^sèft€f* fo,fenz'altra mezzanità.
;t ^ a La
cafla, 6C il
iacchetto, ci «tarmo %no^
chetantoil poco»quanto l*iflaifl
fi deue feftituire a*
propri] Padroni . '^efurrettione
. DOnna ignuda, che
efca/lu&ra dVna lèpoltura . R£SVRRETTIONE DONNA ignuda,
chea trraierforhàbbia vn
velo, et con
la finiftra tenga* "vna Fenice,
la quale^pcr opinione d'alcuni
Scrittori, è vccéllo, cheli
tro* tia nell'Arabia, oue fé ne
1U fenza;compagnia dèlia
fila fpetje» et quando
è vecchia, per lunga*età,
accend«:il fuoco con
l'-ali al calor
del Sofe,e s'a'bbrugia^poi dalle file
ceneri ne nafee
vnoux^&-damoftrandofi
allegra, et piaceu&
nella finiftra vno fcertro«, et vn4ibro
portando nel lembodella
vette fcritte quelle parole
. Ornatusf&r^fro : et i!
color del vifo
farà robicondo, et alla
piedi -vi (ara vna^himiera
; (ì comefi
vede dipinta al
Tuo luogo . Non è
huomo sì ruftico,&«ìfeluaggio, che non
lenta la dolce^a
dVn'a«fr* fìciofo
ragionamento in bocca
dijper'ona faconda >:eh
e Ti sforata
perfugdere^u|l che cola, però
lì dipinge bella,
nobile,& piaceuolcjtìene la
delira mano alta,& aperta, percioche
la Rettorica difeorreper
vie larghe, et dimoftrationi
aperte, onde Zenone per le dita
qua, 5: là
fparie, et per
le mani allargate
per tal gefto, la
Rertorica interpretaua . Et
Quintiliano riprende quelli, che
orando jnqualf che caufa,
tengonole mani lotto
il mantello rcome che
s'egli ttàttailcio le-c^r le
pigramente^ , Lo fee ttro
e ftgnr, che
la Rettorica» è
domina nicc degli animi, et gli
fper^ D '19* tia, raffreni,
piega in quel
modo,che più gli
piace . 11 libro dimoftra,che
queft'arte s'impara con
loftudio,per non hauerfi
da alcuno in perfettione
perdono di natura. Le
parole Ornatus, òC
perfuafio, ingegnano loffitio
del Rettotica, che
è dì iftruire alcrui a
parlare conuenientementc per
perfuadere. La Cbimiera, come
è dipinta al
Aio luogo, Na^ranzenoje
lo fpofìtore d'Hefiodo
intendono per quefto
moft» le tre
parti della Rettòrica,
cioè la giudiciale
per lo Leone,per
cagione del terrore,che
dà i rei,la
climoftratiua per la
capra, percioche in quel
genere la fauella
fuole andare molto
lafciuamente vagand© : &vltimamentela Delibera
ti uà per
lo dragone per
cagione della varietà
degl>afgomerrti,& pei li
affai lunghi giri, et auuolgimenti,dc' quali
fa di meftie-, ceper il
perfuadere» RIGCHEZZA DONNA vecchia,
cieca, et veftita
di panno d oro
. Cieca
dipinge Aristofane la Ricchezza
nella Comedia intitolata
Fiuto, perche per
Io pia fé ne
vi in cala
d'huomini poco meriteuoli,aqualr fé
hauellè occhi), che le
ferttiflero, non fi
auuicinarebbe giammai; ouero
perche fa gli
huomini ciechi alla cognitione del
bene, con vn
finto raggio, cheapprefentalorode commodi» et de
piaceri mondani, fenza
lafciar loro veder
la vera luce
della ""virtu,fe per
parfcicolar gratia non è fuperata
la Aia inclinatione . Si dipinge
vecchia, perche inuecchia
alcuni col penderò
d'acquiftarla ; altri col
timore di non
perderla, hauendònc il poflello .
Il veftimento dell'oro,
moftra, che le
ricchezze fono beni
efteciori, &c cho teon
fanno ali'ineerna quiete,
cV~ al ripofo
dell'huomo . „ Onna in
frabito regale ricamato
con diuerfe gioie
di gran ftima,chc-« nella man
delira tenga vna
corona Imperiale, et nella
finiftra rno Scettro^ vn
vafo d'oro z
piedi. Ricchezza è polle dìonc
d'oro, dVgento,gioie,$tati,tertcni,ediÌìcij,giumenli, ferui,
ve Mi menti,
ecc. ■»»>La corona in
mano, lo Scettro,&
il vaiò a*
piedi, mourano, chela
prima. et principal ricche^a,
è pofledere la
'volontà de gli
huomini, come fauno
i Re j la
feconda, è il
denaro. R l CONCILl'ATIONE D'AMORE del Sig.
Giouanni Zarattinì CaHeUìni. ONNA giouanc,
allegra, coronata d'vna
ghirlanda d'herba, chiamata Anacamplerote; porti
al collo vn
bel zafiro, nella
man dritta vna
coppa, con la finiftra
tenga per mane
due pargoletti Amori. La
Riconciliatione è vna
rinouatione d'amore,che fi
fa col ritornare
in gratia della cofa
amata ; Impercioche
dall'amore tra gli
amanti na /cono continuamente fofpetti, ingiurie,
a quali fuccedono
Io fdegnoJ'ira,&: la
guerra,come vagamente
éiprime Terentio, In
amore ha?c omnia
infant vitia: iniurie^fufpiaones,inim!citiavnducia;, Bellum,paxrurfunu. Il
medefi»© dice Horatì© «ella
Satira j. lo. a,,
J f D D . ift R. I
CONCILIATLONI. In amore hax
fuat mila, belluai Paxrutfum. Lequali differenze
occorrewo tanto pili
ipeflo, quanto più
fi ama, et quanto più
vno ama, tanto
più ogni minima
cofa l'offende f
riputandoli di nonefFerc* filmato da la cola
amata conforme a
lo lmifurato amor
fdO>& che fi
faccia tor« Co a
ì meriti fuoj,
onde facilmente concepifee
l'amante dentro di
fé fóegno, Se ira,
in tal modo
che non penfà
di portare più
amore, anzi s'incrudelifce nell'odio,ma
sfogata Tira con
far dispetti alla
cofa amata, fi
pente de l'odio
» chele ha portato,
non pub più
(lare in ira, et in
guerra,ma brama, et cerca
la pace,laqualc ottenuta
gode ne la
R iconciliatione d'Amote,
da la quale
è rinouato,noto è
quello di Terentio,
Amantium ira: amoris
redintegratio eli . L'hcrba Anacampferote
farà figura della
Ricohciliacione, poiché
gl'antichi tennero, che al
tatto di elfa
ritornalTero gli amori,
ancorché con odio
fallica iepoiii, fi come
riferifee Plinio lib. 2
-f.'cap. 1 7, nei
fine • N U II ^affiro
d'i colore azzurro,
fimile al Cielo
fereno, /èruiràpcr embolo
detta Riconciliatione, che arreca
allonimo fereno fiato
di tranquilit» m*, non
mancano amanti,& amici,
che a bella
pofta cercano occafioni
di fdeori'ìy e
riilè, per duplicare
più volte la
beneuolenza, et l'amore, et prouar
fpefto i fiKnui frutti
della riconciliatione .
Discordia fit carior
concordia, dille quel Mimo
Publianoj e però
Agathone poeta era
vno di quelli,
chedaua occafione a PauDICES4%S
%IPJ' 'PI a Patìfani
a iti» cordialilEmo
amico di adirarli
> accio che
prouaftè doppio concento nella riconciiiatione ; di che
ne fi mentione
Elìano lib.2.cap.2 1 . lucutidifijmum amantibus elle
reperio, fi ex
contenticne, et litibus cum
amafijs i«_* gratiam redeant .
Et fané mihi
"\-ideujr nihil iliis
delc&abilius accidere polle» Huius
ergo voluptatis perfafpe
eum parricipem facio,
frequenter cum eo
contendens • Gaudium
enim capit, fi
contentionera, cum eo
iubiede difìoluam4 OC reconctlero . RIGORE. HVOMO rigido,&
fpauenteuole, che nella
delira tiene vna
bacchetta di ferro, et a
canto vno Struzzo. Sì
deue dipingere queft'huomo
rigido, %/C fpauenteuole,
efièndo il rigore*. Tempre diipiaceuole,
ÓV rifoluto ad indur
timore ne gli
animi de fùdditi . Onde la
verga di ferro
fi pene per
l'afpre^za del caftigo,
ò di fatti,
o di paro* le .
Perciò S, Pauolo
minacciando a Col
oflènfi, dimandò fé
voleuano, che egli andaife
a loro con
la piaceuole^za,, ò
pure con la
verga di ferro
• ■Dipinge/! appretto lo
Struzzo, per dimoftrare,che il
Rigore., è miniftro
del-» la Giuftitia punujua,&
che fupera pec
fé fteflb qualfiuoglia
contrailo . RIPRENSIONE. DONNA
horrida, 3c armata
con corata, elmo, et fpada
acanto, nel* la man
defeca tiene vn
•vafo di fuoco,
Oc nella fìuiftra
vn corno »
inatte di fonarlo» La Riprenfione,
è vn rimprouerare
altrui i difetti,
a fine che
fé ne aftenga,& però fi
dipinge horrida, et armala,
per generai fi
dalla riprenfìone il
timore, Se è come
l'huomo s'arma di
fpada»& altri ainefi
per ferire il
corpo.cofi la riprea* fione
di parole fenice
l'animo • Tieng il
ftioco in mano,
per accender neirhuomo
colpcuole il rollare
della ^Vergogna-. . Il
corpo,è per fègno
del difpiaceuol filono,generato dalle
voci di riprenfìone RIFORMA, DONNA vecchia,
veftita d'habito femplice,
corto, &T fenz
ornamento alcuno ; con
la deftra rrìanoterr*.
vn roncietto, ouero
vn par di
forbice, 6^ con
la fini/ira 'vn
libro aperto, nel
quale *yi llano
fcritte le feguea«iparolc^. w *Pereunt
di [crimine nullo . vimmifia leges . Vecchia fi
dipinge, percioche a
quefta età più
conuienc,cV è piti
atta a rimr* mare, et reggere
altrui, fecondo Platone
nel V. della
Rep. onde per
la riforma intendiamo i
buoni vfi conformi
alle leggi, i
quali fìano traiafeiati
per licencioio abufo
de di huomini.che
poi fi riducano
alla lor forma,&
confifte princìpafaaente la
riforma citeriore, et interiore . Si
veftc d'habito femplice,
Se corto, perche
gli habiti Viccamcnri
guarniti, aon folo fono
«ota di fupertìuità,
ma ancora alle
volte di licentiofi
coftum!,8c~ ci ò caufano
la moi bidc^za,
«^ gli agi
di tali habiti
nelle perfone, che
quelli ^uaafópraLondÀjucmtiitc. N
a D ron» ipé ICO
NO L OC IsA
R ! ORMA. g W2p
^^gi^ap i^^ysj* ««
«^»3r! » *^$ %£. I*» Xk-i,!HB.| II
roncietto ancora, è
chiara fignifìcaticne di
riforma, percioche fi
corno gl'arbori, i rami
de' quali fuperfluamence cresciuti
fono, con eflo
fi riformano tagliando -\ia
quello, che foprabonda,
hC che toglie
ali* albero il *vigort*
» Con" la riforma
leua uai gl'abbufì
di quegl'huomini in
quelle cofe,nellequali licentiofamente Ci
fono lafciati trafeorrere
più oltre di
quello j che
comportano le leggi . 11
ftmile anchora fi
pub di re
delle forbici, che
tagliano le fuperf Juità, come è
manifefto a tutti . Il
libro dinota le
leggi, et conftitutioni,
fecondo le quali
fi deue 'viuere,
9c riformare i trasgrcllori,
che fé bene
quanto a eflì
le leggi fono
perdutetene non le ollèruano,
ati^i fanno il
contrari o, non
però quelle perifeono
per cafo alca* no,
come bene diinoftrano
quelle p arelt
di Lucano nel
libro 3 . Dt
bcUo Céuil'h che dicono. fmm$ Tcrcunt dirimine
nullo Uw*àE*k&*rm &; Et
con per eflb
libro fi riducono
aliWfo antico k
leggi ttalafciatt, tanto ne •oftumi, «me ne
gli tubiti, «T
di inumo fi
jd&OTa wgUJwomuuU^rt
deu'o£eruanza,& lo iUto
di buon reggimento. et epigramma; ijuos ratio
mores docet>& Iex
prauosabuft» Deformat» long* dimiauitq;
die . t * Hinc
velut arborihus latèramalia
oreicunC Nec matura fuo
tempore poma ferunt. Sic
vana exurgunt virforum
germina, et alt» Virtus
humanoin pe&ore preuaiacet . Noxia rerum
igiturforliscenfurarecidat Yt
vit« rcdeat {pleadidaforma noua: . RIFORMA. MATRONA *Yecchia
4 veftita i'iiabito
graue, m t ièmplice
(ènz* alcun ornamento, con
la deftra ssano
£erra vna sferza,&
conia fiai&ra irn libro
apettocol motto, *4r£tte,
in yna facciata^
Ot/ècrdt, nell'altra,. Per la
riforma intendiamo quellc^rdinationi de*
Superiori, con IcqualfaT buoni coftumi
tralafciati per licentiofo. abufo de
gli ^uomini fi
dà nuance miglior forma, conforme
alleleggi, eii tornano
di nuouo ad
introdurre tra i nac«
defimi, e quello
con, quei dueprincipali, econuenienti
me^zi, cioècoh l'cfòt«are
dimostrato per il
libro aperto ;
e col riprendere,
e caftigar e
dimettrata per la sferra -,
ambedue meglio (lignificati
con le due
parole del motto
canate da $. •
Paolo nei cap.4.delia
z. a Timoteo,
e del iàcro Concilio
di Trento alla
itiE i j. nel
ci .della Riforma»ricordatoa detti 5jupcriori,accibch.e fé
ne feruano in qu»
fta materia, cioè,
che debbono eflèr
Raftori « et non
percuftori, che deuono
ricercare di ritirare i
fudditi da gli
abbufi più con
I'efortationi, che col
caftigo » operando più
in uerfo quelli
Famoteuolezza, che l'aafteriri,,
più i'efortationi » che
le minaccic, e
più la cariti,
che-rimperìo . Ma non
ballando poi l'elbrtarione, fi
potrà venire alla
sferra,. (Sempre però mitigandoli
rigore con la
manfuetudine,ilgiuditio con la
mifericordia, eia (èuerità
con la piaceuole^d,che con s'introdurrà
facilmente ogni riformane*
popoli fGggetti,e tanto
più quan-; co il
tutto fi farà con maturo
configli©, chepetò fi
dipinge in età
di Matrona • RIPARO
DA I TRADIMENTI. VTT VOMO che
tenghi in braccio
vna Cicogna, la
quale habbia in
bacca JL JL vnramufcello
di Platano . La Cicogna
ha naturale inimicitia
con la ciuetta,
e però la
ciuettale RIVALITÀ. Trf/ce la
Tecorella i rerdi
campi E f ente il
fuo monton coT^ar
vicino. Ma d'i quefti
fiorili coatefe di
Rìualità ne iono
piene quafi tutte
l'egloghe* ^adorali . II RVMORE VOMO armato, che
mandi fàette, cofi
le dipingevano gli
Egittj ve«fi in Oro
Apollinea SALATE DI PAVSANIA, "TTV DONNA
a ledere (opra
•*vn 'alto leggio >
con vnà ta^a
in roano, 8(~ *
JL/ cinto yi
fari un'Altare, fopraal cjuakfc» nrna
Serpe raccolto con
la» iciia alia*. ., . daiL «JOilt
s*ji«pata'iacilmeqte, che (ia
fàlut^, et in
che confida .
>'>*¥ Primieramente
l'Altare prello gli
Antichi, era vltimo
rifugio di quelli,
M nonhaueuano akro modo
per fcampar dall'ira
«kii'ii imico,& Te ad eflò
atcune s auuicinaua, non il trouaua
huoròo tanto profontuofo,
ò di sì
poca réligionf » che
l'offcndene ;à^ però
Virgilio introducendo PiianjoneSrvltitna»cc«fiÌtà fen^a alcuna
Speranza humana, . linfe
che da Creufa
folle efortato a
tiar vicin* all'Aitare, con
ferma credenza di
confi mare la
vita per me^zo
della religiftntfj Adunque eller
/àluo,come di qui lì raccoglie»
non è altro,
che effer libero
da graue pericolo fopraftante,
per opra ò
di sèj ò
d'altri . Il ieggio, 8 con
le medicine, oc
con medicamenti pigliati
per bocca . Il Serpe
ancora, è fegno
di falute, perche
ognaanno fi rinoua, et ringtouanifcey
è tenaciflimo della
*"YÌta,for.tev&^fano, et
buono
per moltiffime medicine. Siferiue, che
per sé /ledo troua
vn'lierba da confolidar
la 'vi(h,&: vn'altra,ch* è-molto più
da fufeirar le
dello ancora moi to
. Et
nelle (acre lettere
mifterio» famente dal Signor
Iddio fu ordinato
da Mosè, che
fabricafle vn Serpente
di bronco AVI legno,
nel qual guardando,
chi fi trouaua
ferito, riceucua folo
eoa lo /guardo tafaniti. Si notano
adunque in quefta
figura quattro cag'oni,
onde nafee la
falute^, » le quali
fono prima Iddio,
dal quale dipende
principalmenqe ogni bene,
OC fi dimoftra con
ì'altare j Poi
le rnadicine,6c le
cofe neceilarie alla
'vita per nutrimento,^ fi .lignificano
con la ta^z
/altra l'euacuatione degli humori
fi*. uerchi moftrati nel
Serpente, il qual
fi fpoglia della
propria pelle per
ringiou*. nire . lì quarto
è il cafo
accidentale nato fenz'opra,ò
penfamento alcuno,ilchc fi inoltra
nel feder otiofo,
come auuenne a
quello, che fi
rifanò della pugnalata dell'inimico, che
gli franfe la
cruda poftema . Et perche
fi diftingue la
falute de Sacri
Theologi in falute
d'anima, et 1
titolo t+é Saline. IN.
nìaJtr* del medtfimo,
fi vede vna
Donna, là quale
conla-finiffiraiiit* Do
tiene vn'hafta, et con
Ja.deftra Yna-tazza^dandoda bere
ad vna SerpeIndica
ad vn piedeitallo . fc|hafra> et il
.piedeftallo-, raoltrano-la fermezza,
8t ftabiliti in luogo
dell*^ loggia detta di
/oprai perche non
Ti pub dimandare
fàlute,quando non fia
Acuta» Oc ftabile »
h che riabbia
pericolo di finiftto
accidente >h pur
di cadere . Dal; cjie
i*a{ficura,rhafta,fopra alla .qualeiì*foftenga«juefta figura . . SALVTE DEfc
GENERE HVMANOv come dipinta
nella libraria Vaticana . *N
A dònna in
piedi con vna
gran Groee,& appretto
detta. figura, vnfan—
ciuU'o>c>he**r egge fu
le igallc l'ai ca
di Noè,. SALVITRITA O
FVTUTA' DELlTARTÀ^ BONN A
diafp:'Ctofereno, &^_ bello,
veftita d'oro, checoR
vna mane ' ten?hi.-vna
colómba, et con
l'altra -foilcuato in alto
il vento Zeftiro
al— trimeme detto Fauonio
tra ìenutlt coir quefterrnotto . SPIRA T
LEVIS > AVRÀ
FAVONI', et a
canto viadiila-vn'aquila..
Si fa
di afpetto fèreno>& belfe^come
principal legno di
falubri à . Il -ve^imento
d'oro, perche l'oroè
dettodal'óra,oueioauca,.Au
umen'nr ab aura eftd'cYum,
fecondo : fidòro
lib'.i 6 Se ideo
virtutem habe t
confort tatiu im-; coft^'ària
temperata, oc pura>
Se confòrtatiua vale
tanto oro s I
ien6con a rwt
mano la colómba,
perocché (come narra
Pferio Valeriana Ititeli, è
grerog'aficr» de!raria,& nel
tempo peft'itente,& comsg-to/o quelli, che aìtta
carnc'non mangìa-no, che
di colombe,non fon
mai da contag
one alcuna off li; et
eraircvfo» che
fé la pefte
comincia uà -z offender© gì* hu
>mi-nif non fi prepaiaua
altro cibba i Re,che la
carnedélie colombe, .quantunque
Diodoro arFcirsi,che il vitello,
&Tochafòlam ente folle
ilhutrimentidiqueiRè.. II vento Ztfi.OjChe
tiene in alto,
gli fi da>pcrthefecondo alcuni
Autori i veci» ti
nafcoT'/ordall ^ri:», come attera
Ifidoro de natura
rerum,cap. yS: et l'aria
vien purgata di' venti
h nigni,e téperatijfrcome da
venti maligni, et intemerati
.vien corrotta, coirKrduìl'Auftio
vc»to dettoyab h, unendo. da
tiahere i*acqu.ì>chefa>
l'aria gioita. nucrifc«v& congrega
le nubi* et dmmafi
notho in Greco,
perche corrompe Paria Ja
paKe che nake
d^Jla corrottione dell'i
1 ia per
ladiftemperan 7.1 d Ile
gioggie, e'del/à Ciatài
fofKandn l'Àuftro rientra/portata in
varij paefi; ma fumando
ZehHro,4che lignifica portatore
di -vita difeaccia
la pefte, rende
pota l'aria, cY" «Hlipa
le nubi, h
meddìma virtù ha.il
vento Borea altrimenti^ fe «aiti
•» •^««atoc^uinckfcjaielcccuquiedc'lacrificiji *»f II
Serpe ìnch'eg! i è
fegno di fallite, et di
fanitiolo con vn
velo ricuopra le
parti vergegnofe, ftari in
piedi fopra vno
Scettro, mirando vn
Uggio, che dal
cielo le rifpienda
nel vifo,con le
mani libere da
ogni impaccio. Qua fi
dipinge la Sapienza,
che risponde alla
fede, Se confìtte
nella contemplationc di
Dio, et nel d i
(pregio delle cofe
terrene, dalla quale
fi dice ;
Qui in» menerit me,
inuenìet vitam, et haurìctfalutem
à D omino .
Et però fi dipinge^
ignuda, come quella,
che per sé
ftetla non ha
bifbgno di molto
ornamento, ne di ricchezze,
potendo dire con
ragione chi Ja
poilìe de d'hauer Ceco
ogni bene» non con
l'arroganza di Filofofo,
come Biante, ma
con l'humilci di
Chriitiano, come gli Apoftoli
di Chrifto, perche
chi poffiede Iddìo
per intelligenza,'& per amore,
poffiede il principio,
nel quale ogni
cofa creata più
perfettamente, e he insèltenafitruoua. Calca que
(ta figura lo Scettro>per legno
di di /pregio
de gli honori
del mon* éot i
quali tenuti in
credito d'ambitionc, fanno,
che l'huomo non
pub auuici* narli alla
iapien^a, euendopropio di
quella illuminare, óc^,
d. quella render ÌA
mente tenebr ci su
. Mira con giubbilo
il raggio celcfte,
con !e mani
libere cf ogni
impaccio, per eflère propio
Tuo il contemplate
la diuinkà,ai che
fono d'impedimento l'atrio* ai
cfteriori,& le occu
pacioni terrene. SAPIENZA.
GIOVANE in vna
notte ofeura, veftita
di color turchino,
nella dettr» mano tiene
vna lampada piena
rTolio'acceia, et nella
finiftra'vn Lib:o. Si dipinge
giouane, perche ha
dominio lopra le
ftdle, che noni'inuecchiafio, ne
le tolgano l'inteliigen^a de
iccreti di Dio,
i quali fono
viui » cx^
veri eternamente-.. I^a lampada accefa,c
il lume dell'intelletto, il
quale per particolare
d.»no di Dio, arde
nell'anima noftra fenza
mai confumarfi, b
fminu rfi,• ilo
auuiene^» per noftro particolare
mancamento, che venga
ipetlo « :i
gran parte offufeato, £c
ricoperto da vrtìj,che
fono le tenebre,
le quali loprabb
ndan y nell'anima, che
'vuol dir libro
de* libri, perche
in elio s'irne para
tutta la iapienza,
che è neceilaria
per farci falui . Sapiex'Zjihumaìja. VN Giouane
ignudo con quattro
mani, et quattro
orecchi, con la
raaru dettra di fida
con la Tibia
illromenco rau ficaie consacrato
ad Apolio,3* ' con
la faretra al
fianco. * Quella fu
inuentione de Lacedcmoni,iquali volicco
dimoftrare.che non bt* "
/..«. étaua SAPIENZA HVMANA.
&7 ftaua per eflfer
fapiente la contemplatione, ma
vi era nrcefTar'o
il molto "vfè,àt la pratica
de negoti j,
lignificata per le
mani, òC l'arcoltare
i configli altrui,
il che -s'accenna per gli
orecchi, cofi fortificandoli, ó^
allettato dal Tuono
delje propie lodij come
dimoftra riffe oménto
mufic^le, con la
faretra appreilb, s*ac* «uifta, et ritiene
il nome di
fapiente . SAPIENZA VERA. DONNA
quafi 'gnuda,la quale
ftende !e mani,&
il -vifoin alto,Bnrand
i vna luce,
che gli fopraftà
; hauerà i
piedi e'euati da
terra, moftrandé eiieie
attorta in Dio,&
ipogliata delle colè
terrene . Non è la
tapienza numerata fra
gli habitì virtuosi
acquietati con vfb,
&efpeS rienza -, ma
è particolar dono
dello Spirito santo,
il quale fpira
doue gli piacer fenza
acceuatìone di perfona.
E gli Antichi
che parlanano d'efla, et difcorre» «ano
non hauerdo lume
di cogni tiene di
Chrifto Signor notlro
^vera Sapienza del Padre
cesino, con tutto
ciò ne ragioaauano
con graia religione»
molto ca»> tei&eus* me*te»&
volei»no,che i) nome
di fapicntc non
fi potette dare
ad alcun li
uomo mortale, fé non
fede compito, Se
irreprenfibile . Quind ma
l'armi della Sapienza
delle quali vno farà
cinto,fono ferme,e frab:li
; impercioche fi
tiene}che il petto
fia la ftanza
della sapienza, an^i
alle volte pigliali
il petto per
l'iltt ila sapienza „
Onde_ Horatio ad'Albio Tibullo .
Noh tu corpus
eras fine pectore,
cioè, non eri
per» fona fen^a Sapienza . Il
Gallo (òpra il
cimiero m tetta
il pigriarem© per
Pintelligenz?, 6V" lume
ra>^ tionale, che rifiede
nel capo, fecondo
Platone, che fi
figuri il gallo
per l'intelligenza non e
cofa abfurda . Da
Pithagora, et Socrate
mirticamenje per il
gallo è data chiamata
l'anima, nelìa quale
(bla vi è
la vera intelligenza,
petche il gallo ha
moka intelligen^,conofce le
ftelle, et come
annuale Colare, riSguardaj. ii Cielo, et confiderà
il corfo dei
Sole, 'Se dal
fuo canto fi
comprende ia quantità del
giorno, et la
varietà de'cempi,peL' talfapere,& intelligenza
èva dsd cat ad
Apollo, Se a
Mercurio riputaci fopra
la Sapiente*: intelligenza
di "varie faenze, Se
arti liberali Oltre
che Dio di
fua bocca dille
a Iob nel
cap. 28. Quis
dtdic Gallo intciligentiam, ne!
qual luogo da
gli Scrittori il
gsllo è interpretato
per il predicatore, Se
Dottore Ecclefiattico, che
canta, et puWica
nella Chiefa Santa la
Sapienza Diuina . Le
corna di raggio
tra l'elmetto, ik
l'orecchi nelle tempie piglianfi per
(Imbolo della lacroianta
dignità, Inde Mofes
cornibus infignibus
efiSgitur, dice Pierio
lib. 7. Se figurali,
come raggi, e
fiamme di diuinità . Lo
feudo haueri in
mezzo io Spiritoianto:poicheSapiétiaim ddet
spiritus Dei,
lob.c.g2.enell'£cclefiaftico
parlandoli delia Sapienza,
iple creauicillam infpiritufandro, perche
fé ricerchi Io
feudo di forma
rotonda leggali Pierio
Valicriano lib 42. "volendoli dimoftraie
il mondo, il
quale folto la figura rotonda
delio feudo fi regge
P Sapienza, laquale
deuono procurare con
r.utt? n? acquiflaria
coloro,» quali tocca
il gouerno del
mondo, conforme a
qu. He grau!, et lententioleparoìe della
sapienza nel 6.
cap. Si ergodeleclairnuiediLuis.cx: ièeptiis, òiseges
Popuiijdiisgiu
SapieatiamjVtinperpetuum
cegnetis. diligiti O Umica su
lumen fapientix omnesqui
praeeftis populis, c^
perciò fi pone
lo spiritofant* in mezzo
allo feudo rotondo
figura d'orbe, li
j er che
la Comma sapienza
diuina gouerna perfettamente tutto
il mond® col
fiio medefimo fpirito,
anco perche^ egli può
infondere il perfetto
lume, et perfetta
s?pien^a a i
Prencipi per gouernare
il Mondo conforme
alla sapienza, poiché
fi come detto
riabbiamo, Spiritus Dei
Sapientiam docct . 11
libro delia Sapientia
con i fette
fegnacoh, fignifica li
giuditij della Sapienza
diuina edere occulti,
il che i
Gentili lo denotauano con ponete
suànti i tempi)
le sfingi, le
quali anco al
tempo noftro habbiamo
ve dute adanti il
Pantheon detto la
rotonda, àCT per denotare.che
i dogmati facri, bC precetti, fi
deuono cuftodire inuiolati
lontari dalla profana multitudine. Jl libto,
Ambilo della sapienza
ferrato con i
(ètte fignacoli fignifica
primieramente li giuditij della
sapienza diuina ellere
occulti . Gloria Dei
eft casaro verbum, gloria
Regum inueftigare ermonem
: impercioche appartiene
all'honor del ìomma
Giudice afeondere le
ragioni de i
fuoi giuditij . dice
iì Cardinal Caetano fopra
Je parabole di
Salamoile cap. xxv.
occultiflime ci fono
le ragioni delli diuini
giuditij, che fpeilb
ellercita . Tra Dio, et i
Rè vi è
difparità,• alli Rè è
ignominia celare la
ragione de fuoi
giuditij, perche deue
tmmfeftare le ragioni per
le quali giudica,
perche condanni vno
all'effilio^ueco a!U morte;
airhonor di Dio
appartiene occultar le
ragioni delli giudici)
(uoi, perche non
ha iuperioie,ne vguale,
perche il fuo
dominio depende folamentc
della Aia volontà, bC
retto gì uditio.
Secondariamente il libro
figillato con fette
figlili denota l'occulta
mente del* la diuina
feienza refpetto alle
cofe future, che
è per fare
Dio finche le
riueli,come efpone il
Pererio nell'Apocalifie cap.
5 .dilput. 3.
Septenarins numerus figillorum
denotat vniuei fitatem
obfcurir.atum> et dirHcultatum
latentium in diuiuina
praslcientiafuturorum * Nel
medefimo luogo dice,
che quelli figiHi
non-i fono a!ìro, che
la volontà di Dio
. Sigilla illa
non elle aliud,
nifi Dei voIunta~ tem,
que; arcana fua
praefeientiae claudit> et aperit,
quam dm vult,
àC prout ""vult* et quibus
'"vult è Terzo fignifica
rofcurità,nella quale è
inuolta la sapienza, et per
la quale-» diffìcile fi
rende ad aquiftarfi
> però Salomone
l'allìmigliò ad *vn
teforo nafeofto nel
2. cap. delle
parabole » Si
quaefieris eam quafi
pecuniam, et ficut
Thefauros effoderis illam,
tunc intelligei timorem
Domini, et feientiam
Dei inwen'es . Sta
nafi.oita apprettò Dio,
Ó\^, figillata la
sapienza, non perche
gli huomini ne reftino
priui, ma perche
la dimandino a Dio,
et cerchino
acqui» ftarla con induH:ria,e
fatica »acciòche non s'infupeibifchi di
fé fteffi, ma
ricono^ fchno tanto dono
dalla fomma Sapienza .
Santo Sgottino parlando
dell'ofcuf ita della
fcrittura nel Tom. 3.
de doc~t. Chrifti.
Quod totum prorfum
diuinitus «de non dubito
adedomandam labore fuperbiam
. L*iftellòdeTrinitatc. Vt autem
nos exerceat fermo
diuinus non res
in promptu fitas,
fed in abdito
lcru« tand^s, et ex
abdito er uendas maiore
ftudio fecit inquiri,
nella queftione 5 j.
coli dice. Deus
nofter fic ad
fàlutem animai um diuinos
libros spiri tufan&o
moderatus eft, vt
non folum manifeftis
pafcete,ied ctiam obfcuris
exercere nospellet . Degna
è da riportai
fi quella lua
icntcn^a» che è
nelle feoten^e . Tom* *"
ambone, . ut
^.bonEfuntinfcripturisfan&ismyfteriGrum
profunditates, qua: ob
hoc ceguntur, ne
vilefeant, ob hocqueruntur
vt exerceant,ob hoc
autem aperiuntuce pafeant .
Moke cagioni di
ciò raccoglie anco
Francesco Petrarcha nel
terzo libr. delie inuecciue
cap.vi. era Iequali
è quella pur
di Santo Àgoftino
nel Salmo 125. ideo
enim inqui t
obfcurius pofitum eft,
vt multos intelìc&us generet, et ditiores
dilcedant homines, qui
claufum inuenerunt, quod
multis modis ape-? rirecur, quam
fi vno modo
apertum inuenirent . L'ofcurità
del parlar diuint» è*
vtile,perche partorire più
fentenze di verità, et le
produce in luce
di nocitia T mentre
che vno l'intende
in vn modo, et l'altro
in vn'aitromodo. Deu$aliu# eum
fic, alius fic
intelligit, dille neli'vndecimo
de Ciuitate Dei.per
"vltima pone quella di
S. Gregorio (òpra
Ezechiele Magna inquit
vtilitatis eft obfcuiita» eloquiorum Dei,
quia exercet fenfum,
*vt fatigacione dilatetur, et exercitatus capìat qued
capere non poiTet
ocioius, habet quoqj
adhuc aliquid »
quia fcrip* tura facrx
intelligentia fi cun&is
eflet operta 'vilefeerec,
fed in quibusdam
lo»' cis obfcuribus, tanto
maiori dulcedine inuenta
reficit^quanto maiori labore
ctftigat animum quelita
. Et quelle
fono le cagioni
> per le
quali la sapienza
di* uìna habbia nafeofto
molti fuoi mifterij
dentro ofe ura
nube di parole.
Nube-. dico conforme a
Santo Àgoftino, De
Genefi contra Manichcos,oue
chiama l'ofcurità della fcrittura
nube . De nubibus
eas irrigat.id eft
de fcripturis Prophetarum, et Apoftolorum
; re&e appellaritur
nubes, quia vetba
ifta, quc. fonane
9 fri ftò,&pereuiIo aere
tranfèunt, addita abfcuritate
allegoriarum,quafi aliqusu
caligine obdu&a "velili
nubes fiant . Tanta
è lo/curiti della
fcrittura in akuni palli, che Santo
Àgoftino, il quale
fenza maeftro apprefe
molte difcipline,3£"* ciò che
trattano i Filoiofi
/òpra i dieci
categorij, confetta di
non hauer potuta intendere il
principio di Efaia
; ne marauiglia
è che il
Toftato nella prefationc-» Copra la
Genefi dica, Scriptura
sacra adeo eft
difficilis, ~vt in
quibufdam locis » fq;
hodienonpateatintelledus.
Gli Egitti j
l'ofcurità della sapienza, et vav
na dottrina loro
di cqfe facre
la denotauano con
ponere auanti i
tempi) le sfia» gì
t lequalianco nel
tempo noftro riabbiamo
vedute con oicure
note gierogìifo» che, nelle
ba(è, auanti il
Pantheon, detto la
Rotonda, trasferite per
otdine di Sifto V.
alla fontana di
Termine; delle quali
sfingi Plutarco in
lftde,& Ofhide» Ante tempia
Sphinges plerumq;collocantes ;
quo innuunt fuam
rerum facrarum dodrinam
conftar* perplexa, et fub
inuolucris latente fàpientia .
Ma noi Gabbiamo figurato
l'ofcurità,& difficolti della
sapienti diuina coi
libro ferrato con
lette fegnacoli prefi
dalla sacra Apocalilfe,
'volendo inferire, che
nella recondita sapienza diuina
-vi fono cofe
tanto ofeure, quanto pretiofe,di
cettiffima fede, et autorità
: liquali fette
fignacoli a quelli
facilmente faranno aperti, che
chiuderanno le feneftre
de i ienfi
alli fette capitali
vitij, con le
fette ">irtu a loro
contrarie ; &T
cercaranno di confeguire
con la pietà,
e timor di
Dio la sa|>ien^a,& feien^a
doni dello Spiritofànto, L'Agnello Pafquale
fopra il libro
fi pone, perche
Dignus eft Agnus
qui occifus eft,
accipere virtutem, SC
diulnicatem, et sapientiam
Apoc. cap. 5.
Vn'al* tra ragione vi
fi può addurre,
rifpetto ì'humana conditioiie
delle creature, ledali per
ottenere la Sapienza,
non deuono elferc
fupeibe, e inique
in Anima O 2
enim 2/2 ICO NO L
0 G IsA SAPIENZA DIVINA. enehe non
iota con iiatti
wa con Ie*par:
h^ fuor de i
termini gm$i,& tagioneuoii,
fi da grandemente
Scand.oÌo,,& fi U con
elle cadere altrui imqu.alcht
mala operatfòrj^j con
danno, 8C' con
ruinagrandiilìma, come ben
dimoftra S. j
nomalo in 2,2.
CiUcìl,^. art. pvimo,diando, che Scandolo
è detto» 0
fatto meno dritto, che
dÀ cccalìone a
gl'altri di ruma .
I capélli ricciuti,
labarha bianca artifidolàmente acconcia,
f'ha&ito "vago, 3^ gii
ftromerìti fopradetti ditnoRrano,
che nel vecchio
è di molto
Scai doip latrare in
difpartele cofe eraui,&
attendai alle ìaiciuie,conuitt,gmochijcfte, canti,& altre
vacua cooro.rinc al
detto 4 Conieilb
Gallo . O 3 Turpe,#f$ Turpe
Ceni *vultus nitidi,
veftefq? decorae, Atq; etiam
eft ipfum -viuere
turpe fenem Crimcn amare
iocofcrimen conuiuia cantus . •O
miferi, quorum gaudia
crimen habec, Perche, fi
come dice Sencczin
Hippólito Atto.2. Al
giouane l'allegrezza,»
'Vecchio fi conuien
ièuero il ciglio
• 'Laetitia iuuenem,frons decet
triftis fènem . Il tenere,
ch'ogn'vn veda, le carte
dagiocare>è chiaro fègno-come
habbiamo detto di
ScandolOi€;particolarmentenel-vecch;o,eflèndo che
non?(olo non fugge il
giuoco, ma dà
materia^cne ligiouani faccino
il .medefimo ad'
imitatione del fuo male
elTempio . SCELERATEZZA O VTTIO. VN
Nano'fpEopoitionato?guercÌQ,di.ca«3agion€.bruna, dipelorofib,^* che abbracci
vri'Hi dra* Le fproportiorii del
corpo fi domandanoarguitce fan
imo'béllo>e bene operante
; (limandoli, che come
ì panni s'acconciano
al doli», cofi
i lineamenti,eie qualità del
corpo fi conformino
con le perfettioni
dell'animajpeib Socrate fu
anclfegli d'opinione,che le qualità
del corpo,e deH'animajtabbino infieme
cóuenien^a. Guercio, brutto
je di
pelo rollo fi
rapprelenta, percioche quefte
qualiri fono
ftimatecommunemeute^itiofe, onde a
cjuefto propofito diflè Martiale
xvi. de fuoi epigrammiCrinerùber, niger
ore-, breuìs pede,
lumine Ufus, iHemmagnampr D
3i9 naf:cndo perciò
nella Città molto
difturbo,fecero finalmente conuentione,crie fi dnuefle
andare all'Oracolo d'Apolline
Pitheo,e che da
lui lì a/pettallè
ri/olaticne,ilquale rifpofe douerf]
dar in dono
al più fauio
della Grecia ; Owfe di
còmun confen/ofì portato
a Socrate, il
quale ellèndo confapeuole
del lignificato
«Teflòjfubbitdlo rimando all'Oracolo,
dicendo,che fuor di
lui medeiirno non fi
doueua ad alcuno,
per-chefblo Dio penetra,
sa, et conoice
eutre le co/e. SCIOCCHEZZA. ONN A
mal veftita,!» quale
ride di vna
girellarne tiene in
mano di quel le, che
fanno voltare i
fanciulli al vento,có
vna malia di
bióbo in capo,alìudendofi al
detto htìnOiTlumbeu ingemum,
perche come il
piombo ègraue,& fé ne ila di
fùa natura al
balFo,cofi ancora è lo
/cioccacene non al^a
mai Pingegno,n la
mente a termine
ài difeor forouero
perche,come impiombo acquieta
là plédore,e tolta lo
perde,cofilo /ciocco fxcilméte
rallótana da buoni
proposti •* Il rjfo lenza
occa(ìone,è effetto di
feiocche^za jpcrÒ dille Salomone',
moko rìfo abbonda nella
bocca defli (ciocchi . La
girella» dimoftra, che
come i (uoi
peafieri,cofi l'opre fono
di-ntilun valor*, et fi
girano continuamente» S COLTVRA GìOVANE bella, con l'acconciatura della
tefta femplice, &'
negligente fopralaquale
farivn ramo di
lauro verdelli farà
veltitadi drappo di
vago colore,con la defbra
mano/òpra al capo
dì vnadatua difillo,
nell'alti a ttnghivarijiftromenti ne
cellari j per
retiercldo di que/f
arie^co' piedi polati
lopia v» ricco tappeto Si
dipinge la /coltura
di faccia piaceuole,ma
poco ornata,perche mentre
con la fan tafia
Hi uomo s'occupa
in conformare le
cole dell' arte
con quelle delia* natura-, facendo
l'vna, et Pàltra
fcmigliante, non può
impiegarli molto neiia_> cura delle
cofe del corpo . Il
ramo del lauro,.
che nella fèuerità
del "Verno eonfèrua
la verdezza nelle.* fue frondi, dimoftra,
che la /coltura
nell'opere fue, fi
conferua beila, àC vitra contro
alla maligniti del
tempo» Il veftito di
drappo di vago
colore, farà conforme
alla fcoltura i/le/Ta,
laquale et efercita per
diletto, et fi
mantienerper magnificenza .
La mano
ancora fòpra alla
ih tua, dinauftra,
che fé bene
la /coltura è
principalmente oggetto degl'occhi,
pub efler medefimamente
ancor del tatto,perche la quantità
foda^circa la quale
artifitiofamente comporta dalla
natura fi e/Ter
cita quetVarte,può.eller
egualmente oggetto dell'occhione
del tatto. Onde
fappiamo,che Michel'Angelo Puonarrota,
lume,e fplendore di
ella, ellendogli in vecchiezza
per lo continuo
ftudio mancata quali
affatto la luce,foleua
col tatto palpeggiando le
ffcatue, ò antiche,e
moderne che fi
follèco, dar giudicio>6£~ de! pr~3^
"•>&'"* del va'ore. Il
tapeto fottp i
piedijdimoftrajCome fi è
detto,che dalla magnificej>za "vie» /ottenuta la
fcoltura, et che
fenza ella farebbe
vile, ò for/e nulla . SCORNO. VOMO con
vn Gufo in
capo, e con
la vefte^rnal comporta,
di/cinta. Le XX D . 217 Lo f corno
è vna fubbita
ofFeia'neìj'honore,8cr"
fi dipinge coi
Gufr, Il cjuale
e «vccel-io di catùuo
augurio, leeondo l'opinione
/ciocca de'Gcntili,& notturno» perche fa
impiegar gli animi
facilmente a cattiui
penfieri . SDEGNO. HVOMO
atmato,e veflito di
rolFo,có alcune fiamme
di Fuoco, ftarà
con te braccia i(*nude,porterà ricoperte
le gabe,có due
pelli di piedi
di Leoni fatte a
vfo di calza-,tenendo in
capo vna teda
d'Odo, dalla quale
elea hàma, e
fumo. Il fuo vifo
farà ro(Io,e fdegno(o,e
in manopoiterà alcune
catene rotte in
pezzi Il veftimento rollo, et le
fiamme, meritano, che
lo fdegno, è
*\n "\iuace r?« bollimento del fangac . Le gambe,&
le braccia, nel
modo detto, danno
indicio, che lo
fdegno pub cfler sì
potente neìì'huomo per
opta delle paffioni
meno nobili, che
fi renda limile agli
animali bruti, et a
Ile fiere feluaggie. Et
però ancora vi
fi dipinge la-, pelle
dell'Odo, il quale
è incitaciiìlmo allo
fdegno. Le catene rotte
moftrano,che lo fdegno
fufeita la for^j&
il vigere per
fupeperar tutte le
diirìci^t} . SECRETEZZ A.
ONW A, che non
(olo h abbia
cinta fa bocca
con vna benda, ma
anco figiK lat3,& il
redo della pedona
fia da vn
gran manto nero
tutta coperta . Solcuanogl'Antichi con la bc
cca legata, e
figillata rapprefentare Angerona Dea
della fecrete^a, per denot;
re i'obligo di
tacere i fuoi, •&
gli altrui iecreti. Si
dipinge con il
manto nella guifa
ch'habbiam detto, percioche
h com'egli rìcuopre tutee
le parti del
corpo, coli la
fecretezza cela, ottiene
occulte tutte^ . quelle ^ofe,
che le vengono
cci fidate. SEGOLO HVOMO ve:chio
con vna Fenice
in mano,chefi arde, et ita
dentro alla nona sfera, . Si
fa vecchio,pcrche il
fecolo5è lo fpatio
della più Ionga
età dell'huomo,ouei ro di
cent' anni, et lo
fpatio delia vita
della Fenice j
oueroìl moto d'"vn
grado della nona sfera. SEGRETEZZA, O
VERO T AGlT
VRN'IT A. DONNA grane
in habit© nero,che
con la delira
mano ti ponga
vn'anell© fopra la bocca
in atto d'imptimeda,
àC alii piedi
da vn canto
vi fu vna-» Ranocchia . Vuol eiìèr
graue,perche il riferir
fecreti è atto
di leggiere^a, ilche
non fanno le perlone
ibde,& gcaui. L'habito.
nero fignifica la
buona confidenza, e
coftanza,perche il nero
non parta in
altri colori^cofi vna
perfona ttabile,e coftantè non
palfail fecreto in
akri,ma fé lo
ritiene in bona
confidenza . Tiene l'anello in
atto di fuggilarfi
la bocca, per
fegno di ritenere
i fecreti. .Arcatimi vt
celet claudenda eHlihgua
fritta. Diflè Luciano Greco^V tri diflero
metaforicamente la chiaue
nella
lingua,volendoinferire,che
li fkreti il
deuono tenere chiufi
intocca. Sei eft
mìbi in lingua
cìauis cuJìodiensNtti'o
d'Eichdo Greco Poeta,
cofi tradotto da
Gentiano in Clemente
Aleflandrino Scornate
ViNclTEdipo Coloneo di
Sofocle cragico,p«k il
coro in queita
guìfà. m ' Mif ICO
NO L 0
G IkA SEGRETEZZA, OVERO
TACITVRNITA Vbì
"veneranda Sacerdotes Clauis
lingua claudit Fouent Sscra
Céferìs Miniitri Eumolpida?
^ Horrùnibus:& quarti aurea
Et ciò dice
per dimoftrare,che quelli
teneua» no occulti i
fecreti m Uteri
di Getere,come Ce
haueireto la lingua
ferrata in bocca a
chiaue,nel che hanno
mira i detti
autori a quelle
piccole chiaui antiche
fat te a guifa
d'anello atte a
ferrareJaprire,fegnare,&
figillare le cofe,
accio fi mantenelfcro
cuftodite,& non fuftero
da ferui tolte
fenza cono(cerfi> de' quali
anelli da fegnare ne
tratta Giufto Lipfio
nel 2. lib.
degl'Annali di Cornelio
Tacito ; dagl'Autori citati
da lui fi
raccoglie che quelle
picciole chiaui erano
anco chia mate anelli,ma(Tìmaméte da
Plauto,quando fa dire a
quella madre di
famiglia. Obfìgnate cellas, referte
anulum ad me .
De' quali anelli
con chiauette anneftì
; fé ne vedo
o infiniti in
Roma da fhidiofi
raccolti. Vfauafi anco
da gli antichi
(ìgillar,come hofa,le lettere
con anelicene fi
portano in deto,
accib non fi
vedino,b palefino li
negotij, onde occotfè
vna volta che
eflèndo prefentata vna
lettera ad Mellàndro Magno
di fua madre
contra Amipatro in
prefen^à di Efeftione
fuo caro amico>fenzafcoftarfi ne
guarda: fi da lui la Ielle
: ma fubito
letta fi leu© . iì9 C\
leuò l'anello dai
dito,coiquale folea fegnarc
le lue lettere,e
lo pofe in
bocca ad Enfeftione,per ricordo
di Secretez3£a,acciò non
riferifle] il contenuto.
Ne è marauiglia,che Augufto
come racconta Suetonio
alcap. 5. vlàlìe
figilJarele lettere con vno
anello,nel cui imprato -era
vjia sfinge; perche
la sfinge è
gicroglifico nel l'occultare i
iecreti,iecondo Plerio lib.
6. Altri vfàrono
per impronto l'imagìne d'Harpocrate reputato
dalla fuperftkiofa gentilità
Dio del filétio,
per dare ad in
tendere co tali
legni a chi
fcriueuano che Itellèro
cheti,& occui tallero
i lecrcti. La Ranocchia
fu imprefa di
Mecenate periìmbojo della
taciturnità : trouafi inPlinìolib.j^.c.y.che vie
vnafb te di
Ranocchie nelli canneti,
enell'herba, mute,fen^a
voce,e limili fono
in Maccdomia^elP Africa in
Cirene, in TerTaglia nel
Iago Sicendo,&ìn Serifo
Itola del Ma' e Egeo
20.miglia difeofto da
Delo,ne laquaie Itola vi nafeono
leRane mute, onde
paifa in prouerbio,
Seriphia Rana, per vna
perfona chetae taciturna', veggmfi
gl'Adagj»e Suida nella
parola. Batrachos seriphiosjoue
dice Ran stripliia
df de mut!s,quod
rane, Seriaph^ in Scy
rum perlat$,non vocirerabsntur.. Le
Rana Serifàa dicefi
di persone mute,e
taciturne : perche le
rane Serifìe non
gridauano, ancorché fulìero
portate in Sciro, oue
le natiueranegridanano :
e però quelli
di Sciro marauigliandofì delle
rane mute di Serifo
foleano dire Bafrachos
ech seripbu,cioè Rana
Serifia,laqual voce pafsb poi
in prouerbio. Si
cric no è
fuor di propoli
topenfare (fi come
anco giudica il Paradinonel
li fimbo'i heroici)
che Mecenate v
fa Uè nel
fuo anello la
rana,per (imbolo della
Taciturnità, e
Secrete^a,mediàte laquaie era
molto grato ad Augufto
Imp.come narra'Eurropio:»e bene Suetonio al
c.66.dice che Augufto reftò
dilguftato di lui,
perche riferì vn
fecreto della congiura
(coperta di Mu rena
a Terentia fua
moglie; mancamento inuero
grade,perche li fecreti
mailìmamente de Principi
non fi deuono
riuelare a niuno
homo, no che
a Donne di natura
loquaci5come ie gaize,'
he ridicono ciò^he
odono dire,e fé
bene la fecre tezza,e
taciturnità
èfemina,nondimeno!i fecreti, che
fono mafehi nò
potorio ftar rinchiufi nel
petto delle fémtne.
Ben riebbe ragione
Efopo dar quel
ricordo, Mulieri nunquam comi/eris
arcana.dicefi
diCatone,ch'o£ni volta checenferiua
qualche fecreto alla
moglie fempve fé
ne ti ouaua
perito: ben Ce
ne trono pen tifo
Fuluio amico d' Augufto,ilquale hauendo
vn giorno fentito
piangere l'imperat. e
lamentarli della folitudine
di cafa, di
due nepoti da
canto di figlia
tolti di vita,di Poftumio
vnico rimafto,che in
eililio per calunnia
di Liuia fua
moglie viueua,e che era
sforzato lanate il
figliaftro 'uccellò: e
dev'Imperio, ó tutto
che hauelfe compaflìone del
nipote,e defiderallè di
richiamarlo dall elfilio,
Fuluio riferì quefti lamenti
alla moglie, la
moglie a Liuù
Imperatrice, diche ella
acerbamente fé ne lamentò
con Augufto :
Fuluio andatofene la
mattina,fecondo il coftume a
falutare.e dare il
buon giorno a
l'fmper. gli rifpofc
Augufto . Sanam mcntem
Fului . cioc,Dio ti
dia buon fènno,dandogli ad
intederè con tal
motto, che haueua hauuto
poco ceruello a
ridir il fecreto
alla moglie, co
laquaie poi fé ne
dolfe
fortemente,dicendo,Augufto
s*è accorto,ch'io ho
fcopeico il fuo
animorperò da me
fteflo mi voglio
dar morteje meriramete
rifpofe la mogli^dfen do
ftato tanto tempo
meco,nche bene fpeflo,
come curiofe d'intéiere
i fatti altrui,a
bella pofta fati norma
in tali cali
bifogna gabbarle per
leuarfele dauanti con
qualche artifitiofa
ìnuentìone,come fece Papirio
preteftatogiou metto accorto,che
taciturno tene occulti ifecreti
del Senato, calla
Madre the coi
ftSzagrade da lui
ricercauache cofa s'era confukaco
ne! Senato,ri!pofe dopo lunga
refiltenza,che s'era trattato s'era meglio
per la Repub!ica,cff
vn huomo folo
hauelle due moglie
vna donna due mariti, ciò
(ubico mtefo,lo riferì
a l'altre marrone,
lequali Ce n'andorno vnite infiem?
piene d'anfietà al
Senato, eio pregorno
co lacrime a
gl'occhi,che fi terminale pili
.tolto di dare
per moglie vna
donna fola a
due huomini,che vn1 huomo
a due donne
. Il Senato
fi flupì di
limile domanda: intefa
la cofa, come era
pallata, fece gran
fella a Papirio
abbracciamolo ogn'vno per
la (uà fede,e
fécrete^a>dandogii
fkiuilegio,chegK folo de'
putti pcrl'auuenire poteifein
con fèglioiiiteruenii"e,eomeri{-eriice Macrobione'Satutnali li. 1.
et?. nò è inferiore
la burla, che narra Piuurco,nel
trattato d :: 'Garrulità
te,prorneuole in quella
mate ria,d'vn Senator Romano, ilquale ftando
molto penlofofopra vn
configlio occulto del sena:o,fìi
con mille (congiuri
pregato dalla mogIie,che
la facefie cófipeuole
del lecreto, dandoli
giuramento di non
douerlo ridir mai:
il marito fingédo
eller conuinto dalle
fue preghiere, dille
fappi che è
venuto auuifo, e
li Vna lodola è
volata armata con
lancia, e celata
d'oro : hora
m'amo con gl'Auguri a confultare
fé fia buono,ò
cattiuo augurio,ma di
gratia taci, non
Io ridire a niu
no. la lecreta moglie
partitoli il marito
dubitando di finiftro
augu;io>cominciò a
piangerei dar materia
alla ferua d'accorget
fer, e, che difgracìa
vi era, fi
come fece,la Padrona narrolle
il tutto, co
la folita clau'ul,
uuerti nò lo
dire a niuno; ma
ella difeoftatafi dalla
Padron", raccontò il tutto
ad vn fuo
amante, l'amante ad vn
altro,&in breuefi fparfeperil
foroRomano,doue peruenne all'orecchie dell'Autore della
nuoua, ilche tornatofene
a cafa,d:(Tè alla
moglie,tù m'hai rouiiPto-giàs'èfaputo in
piazza il fecreto,che
t'ho d ttojsòche'l
Senato (1 lameu tara
di mc,bilogna ch'io
muti paefe per
la tua incontinenza,& tlla
ri(pole,nó è vero, non
ho detto niente5nó
(ei tu il
trecentefimo senatore del
Senato? perche ha da
eller data la
colpa più a
tech'agl'alcrircomeil
tiecentefimo? rifpofeil ma rito,quefto non
Iosa niuno del
Senato fé no
io,che ho ce*
ujto fimil fintione
per prouare la tua
fecrete^zri.Ma per i'auuenire
nò accade far
piena della fecretez^a
delle donne, che per
l'ordinario tutte cantano*vo!éY.eri .
Meglio anco farà
di andar cauto in
ciò,e rileruato con
gl'huinminse non confidare
i Juoi fecreti
con niuno,e chi li
confidale (\ diuolgano,non
fi lamenti d'alti i,ma
di te ftciìo,cheè .ftato il
primo a di'. '!i>
netilche deuefi ofterware
la continua taciturnità
della Ra» na Serifìa, laquale it
bene è prefa
dagl'Adag j prr
vicio'a.e (uùcrchia taciturnità
in alti
e cole ;
nulladimeno è commendàbile
in quello particolare
della fecreterza ;
perche il leat.ro
dot: e eller tenuto
in bocca ch:uiò,e
dallato. SEDITIONE CIVILE. DONNA
armata con vn'ai't
a nella mano
dritta, ueila finhlra
vn ramo di Elce,alìi
piedi due Cani,
che li a^zurlauo^vuo incontro i'aiuoLe
fé SEDITIQHE ClVlLE. 22 1 Le
/èdìtfon>reguerre,& h
dìffèren^ Guilì nfuna
artra cofa le commuotw£ crie \ì corpo >& li
(noi appetiti,&: cupidigie, tutte le
guerre nafeono dairacqutfto
d'elle ricchezze r et le
ricchezze ci sformano
d*acquiftare per le
commodi tè del corpo,
al quale cerchia
moierurre>ckr*aaco'pfociìrfanio
di lat iare tutti
gli appetiti noftrij et cacciarci
tvmeIecupidigie,&voglie,.che
dal fenfoct vengono fomentate »o
per "vtile di
robba, 6 per
amor dtDame »
6 per arabitione
dfi, cV pretensone ài
magioran^a, non volendo
cedere a gli alter»
maj fiiperarlrin ogni conto:
per quali rifpetti
vengono s Cittadini
a perturbare il tranquillo
flato della patria, et ieminano
per la Cft tà dille nuoni,& (i
pongon» in arme perle
Sedi tieni fufeitate,
8c*"*perciòJa figuriamo armata,
dalla quaJej» Sedinone deuonoin
ogni modo attenerli
ti Cittadini,, per la quiete
publica >{que omnes
aboleat . Tiene vn ramo
d'Elee nella mallo fìniftra
per (imbolo della
Seditìone ciuile, polche quefti
arbori fé tra
loro fi sbattono, et vrtano,
fi rompono »
Arift. nel $• della
Reithorica per autorità
di Pericle, che
i Boeri j
erano fimili a
gli Elei, impercioche fi come
quelli tra loro
fi rompono,cofi li
Boetij tra lorocorabatteua* no . Pericles,
inquit ille, Boetios
ilicibus effe fimiles
dixit, vt enim
ilices feC**,
"viciffiro frangUnt >
ita Boetios inter
le prarliari ;
onde ne deriub
l'AIciati rJEmbìema.205. Duritia?
nimia quod fé fé rumperet
ilex> Symbola ciuilis fèditionis
habet. Dalla cui figura
dell'Elee fi raccoglie
» che fi
come gl'Elei piante
grandi > ga« gliarde,
falde, denfè,& dure,
difficili a ìpiantarfi^Cx: tagliarli
da colpi di
ferro, nondimeno vrtandofi tra
loro facilmente fi
rompono, cofi le
Republiche ancorché ben
munite,& fortificate, difficile
ad edere [piantate
da ferro,& nemica mano,
nondimeno fé li
cittadini tra loro
sVrtano, facilmente cadono,
aacorche domeflici d'vna
medefima Città per
gli ideili rifpecci
di fopra toccatf vengono in
contefa, et partorifeono
alla patria, Se
Citià loro pernitiofe
turbalenze di feditioni
ciuih, dimodo che
fono, come tanti
cani arrabbiati* Lmet ici> et fitibondi
del fangue ciuiie,
riputati da tutti
gl'huoiti ini sfacciati,
audaci « Se; cattiui,
fi come eiclama
Cic. neli'Oratione prò
Seftio . Hi3& audaces,
Si mali» et perai t ioli
ciues putantur» quijnsitant
popoli aniroos ad
ieditionem • SENTIMENT l. V
I s o. GIOVANETTO, che
nella deftra mano
tenga vn* Auoltoio,
*ofi lo rapprefentauano gl'Egitti),
come racconta Oro
Apeli ine, nella
finiltr» terrà vno fpecchio,
8c ibtto ai
braccio, et a
canto fi vedrà
vno Scudo,oue fia
dipinta un'Aquila con due,
o tre Aquilette,
che guardino il
Sole, col motte
che dica, Cognitìonisvia .
Lo fpecchio dimoftra,
che quella nobil
qualità non è
altro, che vn'appren*Clone y
che Q l'occhio
noftro, il quale
è rifplendente, come
lo fpecchio, ouerediafano,
come l'acqua delle
forme accidentali, "vifibili de'
corpi naturali, et le
riceue in se
non altrimenti, che
le riceue lo
fpecchio, porgendole al
fenfo cop* mune, et quindi
alla fantafia, le
quali ranno l'apprenfione,fe bene
molte volte fal/a; et di
qui nafee la
difficoltà nelle feienze,
8c nelle cognitioni
appartenenti aila varietà delle
cofe ; da
quello Ariftotilc giudicò
la nobiltà di
quello fentimento, e
che più ageuolmente
de gli altri
faccio ftrada a
gli occulti letteti
della natura, fepolci nelle
fodanze delle cofe
jftefle ; che
fi cauano poi
alla luce eoa* quelli
me^zi dell'intelletto .
L'Aquila ha per
ecftume, come rarcontano
i diligenti Oilèruatori,
di por* tare i
fuoi figliuoli vicino
al Sole, per
foipctto che non
gli fiano (lati
cambiati» Si fé vede
che ftanno immobili,
fopportando lo jfplendore,li
raccoglie» et li
nutrice, ma fé troua
ii contrario come
parto alieno li
fcaccia;da che s'impara
que ftà ringoiar potenza
quando non ferua
per fin nobile,
Se per elTcrcitio
di opera-, tioni lodeuoli,
torna in danno, et in
vituperio di chi
l'adopra j Et
forfè a quello fine
durò nell'Italia, et nell'Europa
per molti anni,
mentre durorno le
fediti tioni de* Vandaliche
i Signori principali,
i quali haueflero
mancato di debito* h
con Dio, ò
con gli rinomini,
fi faceuano accecare,
accioche viueflero in
quel» la mifèria^ . Si può
ancora vicino a
quefta immagine dipingere
ii Lupo Ceruino
> 4a La* tini
dimandato Lincio, per
l'acutezza del iuo
vedere, VOITO. \JOLENDO gli Egittij
lignificar ì'vdito, dipingeuano
l'orecchia del Toro, perche
quando la Vacca
appetì Ice il
coito ( il che è
folo per tergine di
tre hore )
manda fuori grandiilìmi
mugici, nei q
ual tempo non
fòprauenendo il Tore
(il che rare
volte auuiene) non
fi fuol piagare
a tal atto
fino al1 altro
tempo determinato j però ftà il
Totoconùiaiaiiicatedeiloa
quarta v*£ ' ^co«J| tfr* Ivi ce, come
racconta Oro Apoliinc .^lignificando forfè
in ta' modo, che;fi
deti«L# ascoltate
diligentemente quello in
particolare piùd'ogn'altra cofa,che
eneceffario alla duratione,
òC* alia conferii adone
di noi ftelfi,
in quel miglior
modo* che è poflìbile .
Et perche meglio
fi conofcaquerta figura,
fi potrà dipingete* detta immagine,
che tenga con
le mani l'orecchia
d'vn Toro. Vàrio.
DOnnachefuoni vn Liuto,&
acanto vi fatàvnaCerua* ODORA T CX.
GìOVANETTO, che nella
mano finiftra tenga
vn vafo, 8c
nella d^ vnma^zo di
fiori,con vn Bracco
a' piedi,e iarà
veftito di color
verde dipinto
dirofer&altrìfiori . Il
vafo lignifica l'odore
artificiale, ò\ril mazzo
di fiori il
naturale. Il Cane bracco
fi pone, perche
la virtù di
quello fèntimento, comein
tuttii cani è di
molto vigore* coli
èdigrandiffimo ne' Bracchi,
che col Colo
odorato ritrouano le fiere
afeofe molte volte
in luoghi fecretiflimi,
OC all'odore fi
fono veduti Ipeffo fare
allegrezza de Padroni
vicini3cheakramente non fi
vedeuano. Si vefte di
color verde^, perche -dalia
verdura delie feondi yfi
tolgono i fiori teneri, et odoriferi . GVSTO DONNA, che
con la delira
tenga vr* ee&o
pieno di diuerfi
frutti, 6^ nella finiftra
"Vnfrurto di perficc. Il
Guilo, è vno
de cinque Pentimenti
del corpo, ouero
vno delle cinque
partì, per le quali
entrano l'idee,, et l'apprenfioni
ad habitar l'anima,
della qua e-, fanno
i loro configli
bene fpeilo in
vtile, et Ipeflìiltrao
anche in mina
di elìa,i ngannati dalla
falfa immagine deHe
cofe apparenti, che
lono gli efploratorijóV^ lpie tal
voltafalfe, &c però
cagionano gran male
a lei,, 8c
ad elfi ;
falle lpie riebbero in
particolare gii Epicurei,
li quali gli
rifermano, che buona
colà folle at» tendere
alla crapula ien^a
molti penfieri d'honore,
ò di.gloria humana . Si
dipingecon varietà di,
frutti, perche quelli
fenza artificio, diucrlamente
dal gufto fi
fanno fentire,& il
frutto dtl pertico
ù prende fpeliò
a limile prò» polì to
da gii Antichi . TATTO. DONNA col
braccio finiftro ignudo,fopra
dclcjuale tiene vn
Falcone, che con gl'artigli
loitringe,&r per terra
vi lari vua
Teltuggine. -SENTIMENTI DEL CORPO. VN'
huorno, che tenga
da vna mano
legati con cinque
c'ngoli alquanta larghi quelli
animali, vnoSparauiero,vna Lepre, \
a Cane, vn
Falcone, et vna Scimia,
nel primo cingolo
in mezzo lia
figurato vn'occiiio, nel
fecondo vnaotecchia, nel terzo
vn na(o,nel quarto
"vna lingua, ntl quinto
vna mano. Cinque fono
i leiuimenci,am>eogn*vn sa, Villa,
Vditc, odorato,GuÌtoi&
Tatto :
altrettanti fono gli
inftromcnti.ó»: orgac.i ki',iori},pti
'.iqtuii fi riceuoao, i
dece» iebCi dall'anioni*
(.ìualitìrorrcnti .i^naii fi
abbuino pei ogni
cingolo. Non lattata King; a
in uu^outie {opraci;.', polendoli oidiiiaiarncxite uc-tre
cai liuteria sì? «atem fi* Arift.
in Galena, in
Auicena,* in altri
fine», et Filofofi .come
anco E wTn. lib.
x. cap. 69. in
Anto Gellio lib.
7. cap. 6..«
Piutarcho de
placm^h,lorophoruminUttantiofitmiano,mSantopainafceno,& m
Celio Redigiao/bafti anoìttreciwl.faponi.perliqualimoffi cifiamoa
figurarli cen It Cudctti
animali. La 'vitta fi
faria potuta f
apprefentart con il
lupo ceruiere, da
cui diconfi glt occhi
di acuta -vifta
lincei : con
tutto ciò la
figurarne con lo
fparauiere augello
dipotentiirimavirtuvifiua>chefinnel
folefitTalo fgturdo,*lcui fele
rifekar* la villa 6T
kaa le macchie, et le
caligini da gli
occhi,come 1* Aquila* ma noi
Gabbiamo più tofto
eletto quello, che
quefta ; perche
egli è di
più fimbolo dell'Ethere,
dello fplendoreA «Wla
*uce dedicato ai
folc,luce, fplcndore, 8c
lampa del Mondo,chiamato ài gli Egitti)
Ofuide, di cui
n era detto Augello figacaper
l'acuterza della Tua
vifta : Plorarchonel
trattato d'iiide, 3T
Ofinde. Accipirreetiam pitto Ofirin
fa:pc proponunt, auis
enimea pollet sciamine
*vifus .che la
vifta habbia amnità con la luce,con
lo fplendore, STcon
l'Ethere afterraafi da Phitarcho
ne morali, ©uè
dice che il
Mondo fé bene
è vn folo
noa dimeno ècompofto in
vn certo modo
di cinque corpi,
del corpo della
terra, dell*aqua,dell'a«,
del foco,& del
Gelo .chiamato da
A ri ftotele quinta
Man* «a, da altri
luce * et da
altri Ethere, ne
mancano di quelli
che applicano le
facultà de i
lenfi, eguali di
numero alli fudetti
cinque corpi,il tatto
alla terra,perche refifte
;il gufto all'aqua,
perche piglianfi le
qualità de fapori
per Inumiditi delia-lingua fpengofa et numida
jl'vdit© all'ariana quale
ripercoflà, sì fa
la voce, e'1 fono
; l'odorato di
natura ignea ethere,
òC alla luce,
perche l'occhio lucido ftromento
della vifta ha
puro humore chriitallino,
6^ nel Timeo
fi fi partecipe de
i raggi et lumi
Celefti . Vifus, fulgore, ether, et lux
res cognat» contemperantur, fenfuraq;
concordi rnotu perceliunt,
dice plut. nel ducorfo d*Ei,appreuo Delfi. L'adito ha
per fimbolo il
lepre,che da gli
egittij per i'vdito
figurauan* . Pia*' Barcho nel
quarto fimpodoqucftione^uatta^jCeleritare exaudiendi
videtur «lijsanteire, cuius admiratione
du&i AEgiptij in
fuis factis Htteris
piòlo lepore auditum fignificant. L'odorato f»
dimoftraua da gli
egittìj col cane,
il quale all'odore
feopre le cote na{co(te,conofce la
-venuta di gente
incognita,& del Patrone,
ancorché lungo tempo fia
ftato lontano,e fente
nella caccia doue
fieno parlate le
fiere, cV~ le perfeguita
fin che le
troaa,onde fi fuol
dire come in
prouetbio, nafo da
bracco, per vno che
habbia bono odorato
: della fagacità, òC odorato
de cani veggafi quel
vago libretto della
Caccia di Senofonte
: Quelli tre
fenfi che fin
qui ciplicati habbiamo3non
fono communi a
tutti gli animali,
poiché alcuni naicono ciechi fèn^'occh>,altri fardi
fen^a orecchic,altri fènza
narici,& odoratole bene i
pefei ancorché non
habbino membro,o forami
di vdito,& odorato,
nor dìmeno,& odeno,&
odorano:delli due fèguenti
fenfi ne fono,
partecipi tutt> gli
animali perfetti, come piace
ad Arift. nel
3. lib. de
Anima cap. 1 3. et nel
lib. del fonno,& della
vigilia. Omnia ammalia
tat"tum,Òt^ guftum habent
pra?terqj animalia
jmperfe&aù'huorno auanza tutti
gli altri animali
nel guf fioti,&
pomi filueftri»ne i
lunghi "viaggi >
accio non gli
manchi da odorare.'ma quefti
fono moftri di
natura fenza bocca, però
fono pi iui
del gufilo . Il
Porco ha gufta
d'ogni cofa per
fine del loto et delle
immonditie, et perche ciò
è vitio di
gola l'habbiamo lattato
da partenti i ome anco
laflìamo gli au •
gelli di
lungo Collo come
la grue > et i'Onocrotalo
fimile al cigno,
perche qucfti fono (imbolo
deliaca, atte/oche Filoxene figlio d'Erixidt^
fi lamentaua della natura
che non gli
hauefle dato lnngo
collo come alla
Grue per poter
più lung» tempo godere
del gufto delli
cibi>& delle beuande,
fi come anco
Melanthio del quale Atheneo
nel primo libro .
Melanthius voluptatis defiderio
captus aui* cuiufpiam Iongattt
ceraicem dari fibi
poftulabat, -vt quam
diutillìme in voluptatis lenfu motaretur .
Onde Martiale neli'x
I . libio, Turpe RaUennatis
guttur Onocrotali.
Etl'AIciato nell'emblema nouantefimo. Gurcullione gruis
tumida vir pingitur
aluo » Qui Laron,
aut manibus geftat
Onocrotalum, Per sfuggir noi
"vitiofo Gieroglifico »
facciamo (imbolo del
gufto l'Herodio detto il
Falcone augello di
ottimo gufto, poiché
per gran fame
ch'egli habbia » come
narra San Grcgorio,non
vuol mangiare mai
carni putride,rna la
comporta finche troui pafto
degno del fuo
purgato gufto. E necelTario
che ragioniamo alquanto
foprà la lingua
pò fta nel cingolo
del gufto » poiché
non tutti concedono
il fentimento del
gufto alla lingua,
ma chi al palato
folamente,chi alla lingua »&
infieme al palato,*^
chi alla lingua
fola . Marco Tullio nella
natu:a degli Dei
moftra d'attribuirlo al
Palato quando dice che
Epicuro dedico alli
gufti del palato,
cioè della gola,
non hebbe riiguardo
al Cicloni cui concatio,& volto,da
Ennio chiamali Palato,
fcpicurus dum Palato quid
fit optimum iudicat,CceIi
palatum,vt ait Ennius,non
fulpexit . Et nel
libro intitolato, de fimbus,Voluptas quar
palato percipitur, qua.'
suribus . intendendo del piacere
del gufto.ehe fi
piglia col palato,
ik del piacere
deli'vdito,che fi piglia con
le orecchie Quintiliano
lib.p. cap.2. lamentandofi
cheli putti s'inftituifcono prima
nelle deiitie,& g«fti,che
nel parlare, ancor
eflò Tatiribui ce al
palato . Non dum
prima verba exprimit,& iam
coccum intelligit, iam
conchifium pofeicante palatum
eorum,quam os inftitu.mus.
Horatio nel fecondo
del le epift. facendo
mentione di tre
conuiuti,che haueuano diuerfo
gufto, dico. st7 ch'erano
di vario palato» Tres
mini comiiiuc prope
diflèntire *vident«r Pofcentes -vario
vultum diuerfa palato. FauorÌHo appretto
Gcllio lib. 15.
cap. 8, dice
che quelli non
hanno palato, cioè gufto,
che mangiano la
parte fuperiore de
gli augelli, et de
gli animali ingranati «
Superiorem partena auium?atq;
akilium,qui edunt, eos
palatum non ha bere. Altri
l'attribuì feono tanto
alla lingua,quanto al
palato, dicendo che
il gufto £a *vn
fèn fo,che piglia
i fapor i nella
lingua,ouero ne] palato
; Plinio ncll'
* j» fcV bro
eap. 3 7, l'attribuisce ad
ambedue, intellecìus fàporurn
cft ceteris in pril»a
lingua,homini et in
palato, Altr»,có li quali
ci fìamo tenuti,1'attribuÌLcono folamente
alla lingua,tra quali Lattando fkmiano, che neiropifitìo di
Diocap.x.fpecificaramente
afTegnail fapore,non a'trimenji al
palato, ma alla
lingua, ne a
tutta la lingua,ma
alle pai ti che
fono d'ogni cantone
quali come più
tenere tirano il
fapore con fottiliffijni
fènfi, Nam quod
atjtiner ad faporem
capiendum/allitur
quifqui$,hunc fenfutn palato
i nelle arbitratur;
lingua eftenim,qua fapores
fentiuntur,nec tamen
tota,nam partes eius.quap
funt ab vtroq;
latere tenerjore$,faporem fubtiliiH.mis fenfibus trahunt .
Ariftotele nel p,
lib. dell'hiftoria de
gli animali cap.
x 1, dice chela
fo.^a di quello
gufto l'ottiene rpetialmente
la parte anteriore
detla lingua : ci
fono anco filofofi
che pongono l'organo, et l'origine
di quello gufto
m *vna pelletta lotto
la linguai {otto
carne fpongofa, òC
porofà nella fiiperficie della linguai et perche
fanno che limile
pelletta fia anco
nel palato,quindi è che
fi pone
da multi il
gufto nella lingua, et nel
palato : onde
Ariftor, dice che
certi petei che non
hanno lingua riceueno
gufto dal palato
loro carnofo; Anco
la gola è partecipe
del gufto, anziCicd
ce,che il Gufto
habita nelle fauci
della gola . Guflatus habitat
in ea parte Oris,qua
efculentis, et poculentis
iter natura patefeeitjma
non per quefto
fi ha da
far fimbolo del
gufto altro che
là lingua,perch« in lei
è il principio
del gufto,ella mone
il fenfo de
fapori ; il
godimento poi et il
piacere delle cofe,che il mangiano confifte nell'i ngollare,
per la foàuità
dell! cibi che nel defeendeue
toccano là gola;come
fi raccoglie da
Arift. nel lib.
4. cap. x 1 .
delle parti de gli animali:
lingua fenfum mouet
faporum, efculentorum autem omnium
voluptas in defeendendo
contingit,piglia>palpeggia,&
maneggia ogni cofa,&
imita li getti, Se
le alcioni Immane,
onde Miniico chiamo
Cgliipide biffo ione
Icimia, &C Demo(tene,Efchine per
i loiofpeiH mouimenti,&: gemVchefaceuartoconle mani $
jjli ftellt atti
con mano»fanno i
Cinocefali,© gattimam moni
che dir vogliamo: ma
noi lo figuratilo
con la (cimia,ellendola Tua
fimigliaaza humana da
poeti celebratala Ennio pri meramente» Simia quam
turpis fimillima beftia
nobis e A flit
iitriutione Q. Sereno
dille. Siue homo/eu fimilis
turpiflima beftia nobis*
. % Vualnera dente
dedit, Claudiano Humana qualis
fimulator fimius oris, Ct Ouidio nella irasformationede
cercopi in Scimie così cantò* In
deforme vkos animai
mutauit ve ijdem Diilìmiles heminiypofiènt fimile/q;
videri. Se bene li
Cercopi checi fono propriamente
i fudetli gatti
mammoni, Càmie •on (a
coda*per la cui
differenza diflè Martiale. Callidus emiffas
eludere fimius haftas
j SÌ mihi cauda
force Cercopithecus erarn. Habbiamo raprefenuto
li fentimenti del
corpo legaci chccì
in vfla ira^gtne, perche è
neceffafio,che fi trouino
anneflì tutti in
"vn corpo, che
fen3[a vn di
loio,c impetfetto,e fconcertato»come *vn'iftr
omento fenza vna
corda. Si potria ad'ogni
occafione raprelentare anco
ciafcuno fentimento (eparato col
fuo ci»gole*5 perche
col fugo fuo
fi ricuperano la *vifta
»dalche fi è poi comprefo
che gioui alla
calìgine de igli
hnomini : Fceniculum
nobilitauere (èrpentes, guftatu,
vt diximus, fcne&am
exeundo, oculorumq; aciem
luccoeiusreficiendo.
Vndeintclleótum elt,hominum
quoq; caliginem prarcipue^*
eo leuari . Addito
aggionga fi vn
ramo di Pioppo bianco,ouero di
mirto, perche il fugo
caldo delle foglie
del Pioppo bianco
leua il dolore dal!
orecchie,di che Plinio
lib. 24. cap.
8. il mirto,perche
Poglio tratto dalle fue
foglie, 6^ bacche
ftillato nelle orecchie
le purga . All'odorato
aggiongafi la rofa
t dalla quale
fpira foauiiTìmo odore,
più che da
ogni altro fiore
5 Algufto-vn pomo, che
fé bene i
pomi fono giocondi
anco ali'odof&to, &^ aili
vifta,nondim eau l' vlumo Ho
loto è il
gufto. + . T>ICESA%E %l?A.
229 AI tatto fi
potrà aggiongere nella
finiftca mano ve
(q 1 petto
vn'Atmelliiriò, et ?n Riccio,
per denotare le
feconde qualità djuerfe
del tàtto,!'afpero, &'i
i mar» indo ;
quello al tallo
è ruuido, et pungente,
per il contrario
la pelle di
quello è di lifeto,
morbido,* delicato tallo . SENSO GIOVANE, ignudo, et graffo,
ftando in vn
Rufceilo d'acqui à
mezza gamba,& nelle riue
vi fieno varie
piante, da "Vna
delle quali dio
con la deftra mano
colga il frutto, et con
la fi ni
lira tenga "vn
ma^o di fiori . Il
ftnfo fi dipinge
ignudo,perche fa gl'huomini
andar nudi de'
beni dell'anima, et del
corpo, mentre Hanno
intenti al prefente
piacere, non fi
prouedendo, ne fi
preuedendo perlefuture calamiti. La
grafferà, è indieio
d'anima (ènfitiua, di
penfien biffi »
'& di poca
fpeeu* . latione nelle
eofe difficili, la
quale principalmente macera
ti corpo, et indeboli* (ce le membra,come
confermano i Fifiognomici . Sta co'
piedi nell'acqua corrente,
per dimoilrare, che
i piaceri del
fenfo/ono in continuo moto,&
corrono, et menano
via l'età fenza
profitto,& fenza merito .
Ec è difficile
il fofteneifi, come
pericolofo il caminar
per eilì . Si piglia
alcune volte l'acqua
per i peccati, 5c"~ l'huom e
y;he vi ftà
per Io peccatore, fecondo il
detto di Dauid
: Intrauerunt aqu£
vfcj; ad animarti
meam . Et in quello
propofito fi moftra,
che feguitandol'huomola vita
del fenfo, ftà
iru gran pericolo di non iommergerfi
per mezzo d'elfo,
mortalmente cafeando. I fio
i,& i frutti,
notano più particolarmente quattro
effetti del fenfo,
cioè il vedere, il
guito, l'odorato, et il
tatto, i quali
fi oprano ne'
fiori, c\^ ne'
frutti, feoprendo l'altro dell'
"vdito nel mormorio,
che facilmente fi
può veni e
in cognitione,che faccia
l'acqua corrente . '
Senfi, come fi
poffom rapprefentarein vna
figurar fola .Glouane, vetlito
di varij colori,hauerà
in capo vna
ghirlanda di diuerfi
fiorì^ frutti, con vn
pennacchio, il quale
mollri d'elfer molfo
dal "vento; nelia finiftra
mano hauerà ~vna
Cetera, b 1
ibia, ouero Fiitula,^
la delira ter* ri
nel guanto. G;ouane fi
dipinge, per dimoilrare
con queft'età la
volubile:^ de i
fenfi . Li varij colori
del vefhmento,dhotano il
fenfo dei vedere, di
cui infieme con la
luce fono obietto
; cofi i
fiori l'odorato, et i
frutti ii gufto
dimoftrano ; 6c^ ridromento da
fonare lignifica quello
dell'vdito,riferendo Pierio Valeriano
nel 7. lib. de
fuoi Hierogl;fici,gli Egittij
hauer con alcuni
de der.ti iftromenti
lignificato iì fenlo dell'orecchio, li tatto
fi dimoftra col
guanto, il cui
vfo è di difendere la
mano dal freddo, da
Sole, et fomiglianti
ccfe,che al fenfo
del tatto fanno
alteratone . Gli fi j,one
il pennacchio in
capo, perche i
fenfi facilmente fi
mutano, come fi Biuoué
il pennacchio a
picciol vento. SENSI. PE R
rapprefentare i cinque
fentimenti del corpo
in vna fola
figura . fi
dipinge -vn gìouane veftito
di bianco, che
in capo habbia
-vn ragnatele* che gli
fieno appreno vna
Scimia, vn'Auoltoio, vn
Cignale, et vn
Lupo cer^eP ^
roccia ro ; oafcuno
di (petti ammali
fi crede e
he habbia vn
fenfo più acuto
g 5T pia efquifito,che non
ha l'huomo* peto
li dicono qu
fti -veth . Nos aper
audittf y hnx
vini, Simia guftu
* Vukur odoratu, fuperat
Aranea ta&u . SERVITV VNA
G'onane fcapghata, veftita
d'habito corto,e fpedito,d,
color bian. 'co che
ten^hi in fpalla
vn gioiellerò vn
groflo.óT pelante fatto:
Hayerà i pied.
nudi afe* camni
per la. ;godi*quia
in paucafu-ttifidelis, &c, Il
giogo in fpaila
anticamente era pofto
per fimbolo della
feruitìì, cerne narra Pierio
Valeriano nel lib.
47, de Tuoi
Hieroghfk i, come
anco fa mansione
Seneca in Hercole Furente,
doue dice, Quot irte famulus tradidìc Règ»j ned Cut
ergo Regi feruit,
§C patitur iugum
I Et Plauto in
Milite . Nam nomini
fcruo fuoa Domitosoportet habereoculos,
èf manus. Et come
riabbiamo detto, in
cambio del giogo
fi potrai rapprefentare, chitenoni
vn graue fatfo;
percioche veramente., è duro, &"
gtaue, il ioppottarc
il f>efo della k>uitù,come dice
Seneca in Troade . Durum, inuifum»
graue eft feruirium
ferre. L*habito corto,& i
piedi nud', et alar, lignificano, che
cornitene alia /éruità la
prontezza,& velocita. Il caminar
con li piedi
fppra le fpine,
dinota gl'incommodi, 8^
flifficultì* che patìfee di
continuo chi in
feruitu (1 troua-,
. Onde Dante
tati V. del
Pvgatorio, cofi dice,,
.* Tu prouerai fi
come sa di
falò Lopanealtrui, et quanto
è duro calle Lo
fcendereve'l falire per
i'altrui Icak— La Grne
con il fauo
nel piede,come dicemmo,Ggnìfica la
vigilali ?«,che i ferr
«iteri debbano hauere
per feruigio d«
i lor Padroni,come
il Signor Noftro
Giesù Chrilto. Beati
i rui ilIi,quos
cum venerit dorninus
inuenerit vigilantes.
SERV1TV PEK.FORZA. DONNA con
il capo rafo,magra.fcal^a5e mal
veilita,che habbia legnato
il vifo dx qualche
carattere,e che fia
legata con catene,e
ferri aìii piedi. La
fèruiuvii cui parliamo
vien detta à
remando, percioche eflendo
alcuni prefi alla guerra,
non s'amma?z.tuano, ma
fi ieruauano, òC
fi faccuano fei> ui,
i quali fi
chiamausno per for^a
. Si dipinge con
il capo rafo,
percioche apprefio i
Greci, $C~ lassili
("come tìferiice Pieno
Valeriane lib. 32.
ne'luoi Hieroglifiti) era
raanifefto legno di Seruitiì . L'eiler magra,
fcùl^kjSc mal "Yeftita5 dimoftra
iw quella rpecle
di ftruitù la-» pouert^
del vitto,grincf.-mmodi,e non
hauete cofa akuuaj
che lafollieui, rif
ar.i,& che cuopra
le fue mjlètie. P
4 U >}* ICONOLOGIA Jl
viro fegnato nella
guifajche dicemmo* è
chiariflìmo fegnòdi priuàtione-» della libertà,
come chiaramente hoggidì
anco fi vede. Le
catene, et gli
ferri denotano i
duri legami, che
di continuò tengono
cp. jarefia l'infelice vita
dello fchiauo ; Servitù . D Orina
fcapigliata, {calza, magra,
delegata con catene,
m anette, et ferri a' piedi. Scapigliata fi
dipìnge fa (eruitiì,
perche eflèndo il
fno penfìero occupato
in_# fcioifì d/faftidi j
impomhtiffimi delle catene,
non attende a
gl'ornamenti : Mofìra ancora,
che i penfieri
fèruili fono baffi,
-Yilij Se terrenù E
fealza, perche non
ha cofa alcuna,che
folleui le Tue
fperanzè, che ripari
i fuoi intoppi, et che
ricuopra le fue brutte^e. £
magra, per la
pouertà del ^vitto,
che i eguita principalmente gli
huom ini di ftruitiV. Le
legacele dì catene,
SC di ferri,
fono indicio di
ammiflìone di liberta,
Se d*vn pcflètfb certo di
pene, et di
dolori,, SETE DI GIVSTITIA. Vedila
quartaBeatitudine . SFACCIATAGGINE. DONNA con*
occhi hene aperti, et fronte
grande,& palpebre ìànguinofe,farà lafciuameme
vellica et aliandoti
i panni con
ambe le mani,fcuopra
le gambe, 3^
le cofeie ignude,
appreufb"vifarà vna Scimia,
che m^ftri le farti
dishondtew . La sfacciataggine, è
un'effètto vituperabile oppofto
alla vergogna >che
per • mah* operatione
apporta biafimo. Ha gli
occhi con fegnìfopradetti.perche notano
sfacciataggine, come dice Ariftotile nel
6. cap. della
Fifonomia . Et lafciuamente fi
verte, per lo defiderio
d'impiegare l'opere lue
in danno, Se vituperio
dell'honoF proprio . Parimente
fcuopre le celate
parti de! corpo,
perche lo sfacciato
non pre^a** Fhonorepf fro
in quel modo,
che lo mantengono
gl'altri huomini. La Scimia
lignifica sfacciataggine, perche
quelle parti, che
fi dettone tenere celate, ella
per naturale infrinto,fcuopre,& manifefta
fen^a alcuna auuertcnza* come dimoflra
Pierio Vaferiano lib,
6. SFORZO CON INGANNO, VN Giouanerobuito, armato
da guerriero, ne!
deftro braccio tenga
aauolta "vna pelle
di Leone,& nella
finiftra mano vna
di Volpe,in atto
di elìer pronto a
tutti i bifegni
per offendere il
nimico con la
for^a lignificata per il
Leone,* Si con
la fraude, ouero
inganno di m
oftrato nella Volpe
• D SICVREZZA, E TRANQUILLITÀ T\(f ila
Medaglia di Gordiano . ONNA in
piedi appoggiata ad
vna colonna,^ tiene
con mano rn'ha» fla,
ouero vn ScetuoA
auanti •yti Altare . Possiamo intendere,
che colui,che ftà
bene con Dio
» al quale
fi cenuìene il facrìficio, pnoficuraroenteripefare. SICVRTA O
SICVREZ% A. DONNA, che
fi appoggia ad
vn'hafta con la
deftra mano, et con
la fin;* lira ad
vna colono*, cofi
fi vede in vna Medaglia
dì Macrino . E ficurtà
fi dice, quella
fermezza, che (ente
l'huomo nello ftato
fuo, come-. in ogn'alcra
cofa, ferina pericolo
d'erTer rimollb ;
Peto fi fa
appoggiata alla ce* lonna,
che dimoftra fermerà, et all'hafta,
che dimoftra imperio, et maggioranza, dalla quale
è pericolo cafeare
a terra, come
è virtù faperuifi
conferuarc-. con hortore. Gii
fi potrà anco
far chetenghi in
capo vna ghirlanda
di felce» dimoftrando per
eflalaficurezza, per tenete
lei i ferpi
loi cani, animali
(opriu ogni altra forte
molto pericolofi, e
nociui, et quefta
ellere la potiflìma
cagione, chei contadini "vfatlèro d'empirne
i lor letti,
li come hanno
dettogli efpofitosi di Teocrito*, Sicurtà . D
Orina, che in
capo tiene vna
ghirlanda d'oliuo, ftà
a federe dormendo, con
la deftra tiene
vn'hafta,nella finiftra mano
pofa /a guancia,e
la tefta, tenendo il
gomito del braccio
della medefima mano
fopra vna colonna. Sicurtà . STà nella
Medaglia d'Otone vna
d©nna,che nella delira
mano tiene la
corei*na, Renella finiftra
vn*halta,con lettere, Stcuritas
V. J^. Sicurtà . NE! la
Medaglia d'Opilio Macrino
fi dipinge *vna
donna, la quale
con ìsu finiftra mano
s'appoggia ad vna
ma^a, e con
l'altra fopra d'vna
colenoa, con lettere,
Securitas tem forum . SILENTIO
APPVLEIO. HVOMO fenza faccia,con
vn cappelletto in
tefta, ignudo, con
vna pelle et Lupo
a trauerfo, e
tutto il corpo
fuo farà pieno
d'occhi, e d'orecchi. Quefto huomo
fenza faccia, dimoftra,che
con tutto il
vifb fi parla, et prettamente con la
lingua, tacitamente con
gli occhi, con
la fi onte, et con
le ciglia j §C però
per dar ad
intendere il filentio
Apuleio formò quefta
imagine. 11 cappello fopra
alla tefta, lignifica
la libertà,che l'huomo
ha di parlare,
Se di tacere, ma
fopra d'vna tefta
fen^a lingua dimoftra
efier meglio il
tacere, che il parlare,
quando non fia
neceffario, perche gli
occhi, e gli
orecchi per la
vefte, auuertifcono,che
molto fi deue
vedere, et vdire,
ma parlar poco,
come accenna la pelle
del Lupo, perche
il Lupo, fé -vede alcuno
auanti,che fia veduto
da-, lui, gli fa
perdere fubbito la
parola, in modo
che con gran
sforzo quello, che è
veduto, a pena
può mandar fuori
vn deboli (Ti
mofuono, e tacendo,
a gran paffi quefto
animale fé ne
fugge conia preda
rapida., . Però giudicorno
gl'antichi, che fi douelTè
adoperare per m
emoria del filentio . Silentio . DOnna, con
-vna benda legata
a trauerfo del -vifo,
che !e ricuopra
Ubi bocca. E tentenna di
Macrebio, che la
figura di Àngcrooa
con la bocca
legata, òC '■afa fuggélfiità
infegni,che chi sa
pacire,& tacere, dhTimulandogli affanni,
li vince al fine
facilmente, et ne
gode poi vita
Kep,& piscinole. SikntiOj,
\J N
Giovanetto, che fi
tenga il dito
ndice alla bocca
in atto d=
far cenno, che fi
taccia, Sc^ che
nella f. niftra
maao tenghi -vn
perfico con le foglie. Fu
il Perfico dedicato
ad Arpocr ate Dio
del filentio, parche
ha le follìe
Simili alia lingua htimana, et il
frutto raSTomiglia al cut re,
tollero forfè lenificare,
che il tacere
a Suoi tempi
è virtiì, pero
l'huomo prudente non
dee cofuniare il
tempo in morte
parole vane,& Senza
frutto,ma tacendo ha da
confiderare le cole
prima, che ne
parli . Si fa gioitane,
perche ne i
giouani principi! Tnervte il
filentio è fegno
di modefb'a, Se*"" efFetro
"virtuofo, Seguitando l'vfo
de gli Antichi,
che dipfngeuano Arpocrate giouane
con l'ali, e col vifò
di color nero,
percioche il fi!entio,è
amico della notte,come dicono
i Poeti. Ne
mi pare di,doaer
tralasciale i verfi
dell'Ariofto, che del
filenro dicono cofi .
il filentio va
intorno", e fa
la Scorta. Ha le
fearpe di feltro,
e*l mantel bruno, Età
quanti n'incontra di
lontano, Che non debban
venir cenna ccm
mano . Sihutio. HV O M O vecchio*
"I quale fi
tenga vn dito
alle labbra della
bocca, Se*"* appreffo vi
farà vn'Oca con-vn
fallò in bocca. Perche
l'età fenile per/uade
facilmente il Spenno,
come quella che
confida.» piti ne' meriti,e
nella fama acquiftata,
chenelleparolc, fi fi»
il filentio-da alcuni di
qiiéfta età . L'Oca,
è milita dedica
al continuo fttidere,
Si cingottare con «nolta garrulità., daC feijoa
cynSòn;ni£a, ò armonia
alcuna ; però tenendo
il firflò in
bocca, c'infegna, che non
ci trooando noi
atti à poter
parlare in modo*
che ne poSliamo
acquietare lode, dobbiamo
tacete più colto
; acci oche
fé non fi
creScc, almeno non fi
lminuilca l'opinione del
nortro Sapere; efiendo
che il filentio
agguaglia più i più
ignoranti, a più
dotti, ex: però
diceua vn fauio.,
che l'huom» s*aflamigliaua alle
pentole, le quali non
fi conoscano le
fiano Zane, ò
rotte 3fe non fi
fanno fonare. Et
Socrate doueadodar giuditio
di vno nueuo
Scolare della fua fcuola,difle
di -volerlo fentire^per
poterlo vedere . {Scriue
AmmianodelrOche,che
partendofi per lo
troppo calore del
Sole dall'Oriente, aif
Occidente, o\_ eden do
loro uccelliti panare
per lo monte
Tauro, oue è
gcand'abbondanra d'Aqu le,
timide della forza
loro, per non
manifeftarfi con lo
Strepito naturale della bocca,
prendo. io con ella
vn SaiTo,& lo
Sostentano fino che
fi elee fuora del
pericolo. Silentìo . FAnou11o,come
fi è dctro,col
dito alla bocci,con
l'ali alle fpalle
di color nero ;
SU Sedendo,cV moltrando
di non poterli
reggere in piedi,
per difetto della debolezza
delle garabej tiene
in mano V» corno di
diuicia>& d'incorso ai* cuni .
23S cttni vsfi pieni
di lenticchie, et d'altri
leguitì iy con
le perfidie, che
fono ie priRiitie,
che ai iìlentio
per telinone fi
efferiuano . Gli fi fard
ancora appretta vn
Cocodrilio, ii quale
non hauendo lingua
da fate alaina bue
di fcxtmo, a
ragione fi potrà
dire hieroghfiro del
filentio . SIMPLICITA GìOVANETTA,
dedita di bianco,!a
quale tenga Tu
mano vna Colomba b:anca,& -VH Fagiano. Gou:
netta fi dipinge,
pei la proportione
dell'età, la quale
nel principio dei fapete,
è limile ad
ym carta bianca,
oue non ria
fcritto, non eflèndo
altro la^ (impliciti, che vn'ignoran^i
ifcufabifedel bene, 6fe
bene ancora fi
domandano femplici gli
hu«mìni di poco
partito. Veftefi di bianco,
per eifere quefto
colore fempliciflimo, ouero
fen^a conapcfitbne_, . E la
colomba ancora fi
pone per effe
da Chrifto Sign.
Noftro data per
inditi© che non
opera viituofamenee,& con
quella ragione datali
dalla natura,che lo
fa differente dagl'aniaaali
irtationali, i capelli
nella guifa, ;he dicemmo,fono
i pen fieri volti
al male»* •perare», • Tiene
in braccio la
Scimia, percioche è
cofà volgatiflìma, et dal
teftimonio degli fcrittori di
tutte l'età approuata,
che per la
Scimia, ò Berta
s'intenda 'Vn* huomo da
gli altri fpre^ati{ììmo,& tenuto
per vn manigoldo,& Sciagurato;
fi ooraelomoftrò Demoftenenell5Oratione,che fece
per Tefifonte,dicendo,che
Efehineera vna Bertuccia
tragica, mentre ei
s'andaui in certo
modo con crauita
di parole mafcherando,ell*endo egli
tuttauia vn gran
pc^zo di crifto,e
Dione nidori co, Io,
dice, non fòde
i miei maldicenti
più ftima, che
fi faccia, come fi
fuol dire, delie
berte . Trouarete ancora
appretto Cicerone nel. e
Epiftole, la berta non
efiere pofta fé
non per huomo
da niente_> . Ne
fcioccamcnte è chiamata da
Pianto la berta
hora cofa da
nulla, hora fciaguratijlìma, come
fa nella Commedia del
Milite, et del
Seudolo, et in
quella del Rudente
la mette per il
ruffiano, che dietro
a fogni fi
vilambccando.
Conciofiacofa,che no** fi
truoui generatione di perfone
più fcelerata,e più
perduta de i
urli ; ellendo
eiii fi come egli
afferma, in di(gratia,& odio a Dio,&
agl'huomini. SIGNORIA. Vedi
Imperio. STNCFRITA. *ÌT DONNA
veftita d*oro,c'he con
!a deftra mano
tenghi vna Colomba
bia%&.,8f con la
fìniftva porgili in
atto gra tiofojSc^
bello vn cuore
. F/ la fìnceriti
pura>& l'enea finta
apparcn^a,6^" artificio
alcunojperò fi rap» pre
ent3,che tcnghì la
bianca Cofornba,& il
vefti mento d'ore. l!
porgere il ctfcre,denota
l'integrità Tua, perche
non hauendoPhuomo fincero
*virio alcuno di
volontà s non
cela rintiinfeco del
cuor fuo »
ma lo fa
paleic sdogn'vno. Sincerità. \J
Na belliiEma giotìanetta
con capelli biondi
eom*oro,(parfi giù per
le ipal le,fen^?artifìdo alcuno,iari
veftita d'vn (ottilisfimo,
ÓVT candido "velo, &^ che
con la delira
mano moftri crhauerfì
/coperto il petto,
maftrandoam» be le rrìammelie,ódallaqnale fcaturifca
acqua chiara. SOCCORSO.
HVOMO armato, che nella
deftra mano porti
vna fpada ignuda,
Se nel!» finiftra vn
ramo di Quercia
col fuo frutto. Il
Soccorlb ha due
parti principali,rvna aiuta,
8c /occorre altrui
con vettouaglia,per (cacciare
il pericolo dejla
fame, con l'altra
refille a'U fo :^a
de gl'inimici.
perfàIutediquello,che fi foccorre;
però fi dipinge
armato oer aiutare
idebo li>& bifognofi,
contro alla potenza
de gi'inimio, Se
co ramo di
quercia carco dì ghiande,
per aiutare nelle
neceffità della fame,
hauendo antica mente
foccorfo a sé ftefli
gli huomini in
tempo di necedità
per mezzo di
quefto frutto, che
è de dicato à
Gioue,il qual gioua,&
(occorre tutto il
mondo, eflendo Giouc
l'aria pia
pjura,&purgata>onde noi refpkiamo>e viuiamo* SOL1TVDINE.DONNA veftita
di bianco,con "vn
Paflaro folitario in
cima del capo;teTf ràfbtto Ubi
accio deftro~yn Lepre,èV
nella finiftra "vn
libro, ftando iiu luego
re'moto,&
folitarioj&f" però dicefi,
che la folitudine
è habicatione de
g '• huomini in
luogo ruftico,& remotojungi
dalle conuer(àtioni del volgo, QcTd* publici,& priùati
maneggi della Patria,etlercitando religione,
dottrine, ò qualche virtuofa auioné;&
il Petrarca nel
Sonetto 28. Solo e
penfofo i pia
deferti campi Vh mifurando
à pajji tardi,e
lenti. ti color bianco
del veftimento,fignifica l'intemione
di colui,che habita
nella (olltudincjche è di
mantener^ candido, et puro
da ogni forte
di macchia,chopoflfa imbrattare
l'anima, ò da
negoti) chela colori feono,
ò da gl'amori
mondani,che la rendono
rofea; onde il
Petrarca nel Sonetto
222. (opri di
ciò coli dice •
Cercato bòfempre {olii aria
Vita. Le riue il
fanno,! e ' campagne
£ ì bofehi. Ter
fuggir queFt ingegni fordiye
lofebi. Che la Ùrada
del Cielo hanno
fmarrita . Il Paflaro,come
dicétno,* pei fua nstura
vccello folitario, come
dice il Salmo}?!. Faflus fum
fictìt pajfer fatitarins
in letlo. €li fi
mette fo to
il braccio deftro
il Lepre,percioche volendo
gl'Ei{ittiis(come narra Pierio
Valerlanò nel lib. 1
3.) lignificare l'hùortio
fol irano, fi dICESA%£eRiPA. »39 le
cofe,rendendo Je lodi.che
dene al Tuo
Creatorejper beftia dall'altra
bSda, qael che viue
in folitudine per
poltroneria, petche la
vita foli caria
à chi non-»
ha dottiina3è piena
d'infidie,e di paura,come
difìfc Cicerone nel
primo lib. deiini:&
à chi non hi
religione è biafmeuole,& vicuperofa. SOLLECITVDINE. DONNA vellica
di roiro,& verde,nella
delira mano tenga
vn fttrnolo,o» uerofperone et nella
fini 'tra "vnafacella.
Il veftimènto rofll>>& verde,
lignifica la fperan^a
infieme col defiderio et Tamore,onde
fi genera la
follecitudine . Il (limolo
fignifica il defiderio
efficace di confeguire,
ò di finire
alcuna cofa ; però
Teocrito vfàuà IpeiTo
di nominare la
follecitudine, amorofa punta,
ouero (limolo d'amore. Per la
f*3cella,apcora fi dimoerà
il defiderio, et la
follecitudine intentarne ar dehdo
nel cuore non
lafcia viuere in
pace, fin che
non fi è
venuto à buon
fine. Et la fiamma
fignifica la fbllecitudinfjperche con
calde^a,^ prederà fa Vo
pera iua,x:on(umando quel
che bifogna, per
mantenere nell'ciler fuo il proprio fplendore. SOLLECtTVDlNE DONNA Giouane,
oh l'ale nelle
fpalle, et à
piedi, haueri le braccia
> et le gambe
ignude,& haueri vna
trauerfina rodaceli v
n'arco telo nella
finilira mano, cauando
con la delira
vna faetta dalla
faretra, et à
piedi "vi (ara
"vri Gallo. \ L ali
alle fpalle,& i
piedjjmolìrano
*velocità,& lol'ecitudine, et però
fi dice, alcun'hauere meile
l'ali,quando è feliecito
nelle Tue attioni,cofi
dille Vergilio di Caco
ladrone perfegui tato
dà Hercole. «*. Speculami petitipedibus
addidit aìas.
Lebraccia,& gambi; ignude,fignifkano deftrez^.i,& fpedi
rione . lì color
rodo, è per
la famigliane del
fuoco, il quale
fignifica follecitudine 3
per la
gii detta ragione. L'arco tefo,&
lo tirale apparecchiato
per faettare, è
la continua-, intelitione della mentejche
dri^a i-penfieii ali'opera.come a fuo
fine. Si dipinge il
Gallo come animale folieciio, il
quale all'hore fuc
determinate, fi della cantando,perche non
lafcia la follecitudine
finire li ibnni
intieri,conforme al detto
di Homero. SOLLE CITYDI
NE. ELLA ponna^ leaata
fopra due ali3con
vn Gallo fotto
a' piedi, et il Soie
che fpunti fuori
dall'onde marine, et in
ambe le mani
orologio da. poluere .
r J Si dipìnge
quella figura bella,
perche la follecitudine
piglia per i
capelli loccanone >&
la ritiene con
rutto il bene,&
belio,che. porta feco. L'ali
lignificano vdocità,& il
Gallo diligenza . Et per moftrare,
che deue effere
perfeuerante la follecitudine,per etfère
comrnendabile,lì aggionge l'horolo,; gij, et il
Sole,il quale nel
fuo veloce corfoiè
durabile^ permanente. Solle. ifS
ICO NO
LOG I*A x Sollecitudine.^ DOnna con
vn'Orologio in mano. L'Orologio fi
pone per il tempori quale
è tanto ve?oce,che
pcopr-amtate l'andar filo
fi puoi dire
volo»& ammonifee nei
altri » che
nelle noftre att'oni, fiamo prefti,&
foHeciti,per non eflèrjtardandojoppreffi da luì, &prefi
nelle iafidie4che tutta
via ci ordifec. SOLSTITIO ESTIVO, VN
Giouane d'eti di
25. aaui, tutto
nùdo,eccetto le parti
*vergognore » quali faranno
coptttecon vn velo
di colore purpurino;ftirà detta
figura in atto di
ritornare indietro, hauendo
in capo vna ghirlanda
di fpighe éi
gran^J Hauerà Copra la
tefta à vfo
d'vna corona, vn
circolo turchino >
largo quanr* farà la
figura nelle fpa)le,nel
qual circolo fi
fcolpiranno noue (Ielle, et in me^o
d'effe il legno
del granchio,o ver
Cancro. Con la
delira mano terrà
vn globo, ò palla,che
dir YOgliamo.della quale
(ara ofeura la
quarta parte, che
far* la parti .
24-r *vererchefi come la
capra fi pafee
nell'altejrupi * 8
Quatti H*£$ ICONOLOGICA
Quatit inde foporas. Dfiifxo capit
pennas, oculifque quietem irrorar ungens
letea tempora vwga . Hmèdsfimofa Statio
nella 6\ Thebaide. Et
corni) fugiebat fomnus
inatti . Dal corno -voto
ne fuggiua il
Tonno . Nel qualfuogo Lattando grammatiodice. Scario 'difle
il corno voto,
per* che lo haueua
tutto diffufo la
notte : impercioche
cotì da' pittori
fi rapprefentari il
formo in modo
che paia infonda,e
-^erfi dal corno
il liquido fogno
fópra quelli, che
dormono, però fi
porri dipingere, che
da: detto corno
n'efea, come fumo, il
qual dimoftra la
cagione del tonno
eflTere i -vapori,
i quali falendo
alla tefb,lo cangiano, et per
mezzo di éilbfi
rifoluoho, ' Ed oltre
a quello, che
ha deferite© Filoftrato,
faremo anco coti
l'autorità di Tibullo, che
1 • i
quali fono animali
inclinatiti! mi a dormire SORTE. DO N M
A veftita di
color mifchiò, nella
delira mano tiene
vna corina.» d'oro,& vna
borfa piena, OC
nella fi niftrà
vna corda • Il
color mifchio, fignifica
la varietà delle
forti 4 La corona
d'oro, et il
laccio, fono légno,
che per forte
ad alcuno tocca
la feliciti, ad altri
l'infortunio }& il
difeon ere fé
la forte fia,
o che cola
fia,èopr perche non
feguitano il merito
degli huomini, ans^i
quali natu» ralmente ambedue
attendono a fauorir
il merito di
minor preq^oj però diciamo, che
l età frefea, et giouenile
iuol eiTet madre
de pochi meriti . 1
"venti,che gonfiano la
vette, dìmoftrano, che
la forte viene
aiutata dalle parole, et dalfauore
de gl*h uomini
efficaci, ouero dall'aura
populare, et por* ta
il grembo pieno
di gemme, perche
el a fi
eltercita in far
abbondare gì' huo* mini
de beni non
afpettati 3 OC
fi dice t&i'hara
fotte ancora 9
il fucceilò de gH
tuuenkaemi caletti* ^1 |
$QÌPh *4* SOSPITION£ ÒNNA vecchia,
ma^ra, armata, et per
cimiero portara vn
Gillo, fà-^ là vellica
fotto ali* armatura
d'vna traUerfìna di
color torchino,& gialD lo
-, nel fìniftro
braccio poeterà vn
Scudo, nel quale
fia dipinta vna
Tigre, porgerà il dette/beacelo
infuori, in atto
di guardia, et con
la deftra tetta
yna fpada ignuda
tn atto di
ferire. Vecchia fi dipinge,
per la lunga
efperien^a, dalla quale
ella ? foli
ta di nafeere,
&T* però fi 'veggono
i giouani cfTere
pochillìmi, et i
'"vecchi moltifllrm
{ofpettofL, L'Elmo v& h
feudocon la fpada
in atto di
ferire, lignifica timore,
con ch« il fofpettofo
è folitodi prouedere
a fé fteflb,
onde fopra di
ciò 1" Ariofto
nel io condo degl'ul
tirai cinque Canti
del fopradetto, cofì
dice . Grida da
merli, et tien
le guardie delle
* ne al
del ofeuro» E ferro
fopr a ferro,
e ferro velie, Quanto
piti s'arma, è
tanto m en fi
curo . #V >Mtsta, &;,accrefce hor
quelle cole, hor
qaefte Alle por-te, al
ierraglio, al^wflò al
muro ■3*er darne altrui
monition, gli auan^1
» E non pai
che mai ne
habbia à badatila. 'Il
Gallo nel cimiero,
dimoerà la -vigilanza
de fofpettofi, efFendo
il gallai collie dice
Appiano, animale egualmente
vigilante, Se fofptttofo. La Tigre
pò fi a
nc!lo Scudo, fecondo Àriltotilencll'hiilorfa degl'animali
lignifica fofpetìiorje', forfè perche
il fofpettofo prede
in fi ni
ft riparte le
cofe, che li fanno,
come la Tigre,
die ièn tendo
l'armonia del fuono,
che è per
se fieli© piaceuole, prende
faiììdio, ik rammarico. SO$TANZA DONN A
"Veftita d'oro,.?, nella delira mano
tiene vn ma^odi
fpicho di grano, cV"
nella finittra alc&ni
g^ppi dWua, gettando.latte dajfto mammelle», . ) SOTTILITÀ. LA Sottilità
ha famigliarla con
la p-uden^a, perciò
come il piente penetra tutte
le cole, coti
anco la iottiliti
nel corpo de'
Ideati penetra-» tutti gli
fpatij ; Però
fi dipinge Donna,
che trapalfi vna
muraria da "vna-. .parte all'altra, bC
fidiconoper metafora, lottili
i pentita alti, et di.hdlide* belli ingegni . SPAVENTO. SI dipinge
con faccia, cV
habito di remmina
«, ma alterato,
o\: fpiuepteuoIcè^^ vna
coli fatta immagine
dello fpauewto dedicornoi
Corinthi a' fi n. (
gìiuoli SPAVENTO. "tua**"ygliuoli di Medea da
loro vecifìgià, per
lo dono,che haueuano
portato alla &• gliuola di
Creonte, la quale
ne perì cqn
tutta la cafa
regale . SPAVENTO. % HVOMO di
cruttiflìmo afpef to,armato,
che con la
deftra mano tengM vna
fpada ignuda in
ateo minaccieuole, e con la
finiftra mane la
ttfta dì Medufa,& alfi
piedi vn ferociffimo, Se
fpauenteuole leone» Si
rapprefenta di bruttiììimo
afpetto 3 et u"
arma lo /pausato*
per dar temaJ con
le minaccie* et l'opera . Le
fi fa tenere
la tefta di
Medufà, a fimilitudine
dì Domitiaso, che
per imprefà iblea
portare vna Medufa,per
il terrofe,che cercaua
metter di sé
negl'animi de i populi
: Gli fi
mette a canto
1© fpauenteuole, et .
ferce rilìmo Leone
per ciò che gli
Egitij volendo dimoftrare
vn'huomo ipauenteuoIe,il quale
con lo guardo Eolo
facefle tremare altrui,
lo fignificauano co»
quefto animale, Onde Agamennone par.
mofbars d'edere fpauenteuole^
tremendo,folea portare i\ Q.
4 Leone ICO NOLOC
I*A 3 © STANZA, Leane perjn&gna, eflèndo
che 1a natura
di que&o animale, quantunque egli fia
pacifico, nondfmcno fa
paura a cri*
io guarda: tant>
è la foi^a, et la
maefti de i Tuoi
occhi, et i
poeti co» greci,
come latini douendo
fcriuerc Io Spavento, hanno volentieri
prcia la comparatione
dalia fìere^a di
qupfto animale. SPERANZA. NELLA Medaglia
di Claudio è
dipìnta don»?, vefttta
di verde, con -rn
giglio in mano,
perche il fiore
ci dimoftrala fperanza,
laquale è vna •fpettationr del
bene, fi come
all'incontro il rimore
è va comraouimento
del» l'animo nell'arpe tutio^c del .male,
onde noi vedendo»
Horì, fogliamo fperare i frutti,
li quali poi-col
corf vna paflionc
alterati uà del
d.fìderio pec poiledere vna.-eofa
amata,nonè dubbio., che
ne fenza amore
ella, ne amor :ienza
lei,può durare lungo
tempo ... Et come
non fi.defidera già
mai ;l mai
e » rcofi Tempre
fi fpera il
bene da vn'huomo,
ó\c viue con
la guida dclJa.nati'.ra,.^ rdalla ragione, et per
ellère il bene
ageuol mente conofei
uro, fiicument^muo-»,fcte ad
amare, et à
fperare d'edere pofleduto
» &c goduto..
Però dille S.
vuoili■110 nel Salmo
1 04. cbie l'amare jfen za la
iperanja # ^n Fai
che la rnoi te
al tutto pon
(ìlentio SPERANZA co*wr
dipinta dagl'antichi. VN A
fanciulTerta allegra, con
vn veftito longo, et trafparente
> Se fetidi cingerfi, tiene
con due dita
delia mano vn'herba
di tre foglie, et coiw
l'altra mano s'alia
la vefte, et par
che camini in
punta de piedi . Fanciulla fi
rapprefenta la 'peran^a,
percioche ella comincia
come i fanciulli» peiche fi
come di loro
fi tiene fperan^a,
che faranno buwii,
cofi quello chu rh uomo
fpera, noi. lo gode
ancora perfettamente ► Si
dimoftra allegratesele ogni
feguace di cniellojche
l'hucino fpera,gli cau« feallff
rezza.. " livea-T' G DICESJ%E
K1PJ. *jt H -veftimento
longo, e trafparente
denota, che tutte
le fperan^e Tòno
lunghe, et per
effe fi ftrauede
il defiderio . Si dimora
elio veft [mento ferina
cingerfi, perche la
fperan^s non pigha.ne ftringe la
verità, ma {diamente
prende quello, che
gli vien portato
dall'aria, et Ai qua,
ó*^ di là. L (herba
chiamata trifpglìoi è
quella primaliefba* che
nafce dal grano
femi«ato, 8c quello è quello,
che (I chiama
il verde dell*
Speranza. Il camminare in
punta di^piedì, perche
la fperanc^a non
ftà ferma, e
non fi. raggiunge mai
fé n. M.&
ì! fauore della
fifa grada . "Però
fi dipìnge con
efTa.e fi dice
effef legua ci della
(pera n za,
bugie > fogni,
atti fallaci, et mentite
conietture . I )ip.ngefi con le mammelle
ignude, perche volentieri
ciafeuno nodnice col L
^ic;:t,fa quaFein pochidimo
tempo affai ere fee,&
s'inalza, ina poi
io* "va fubb'to crea,
in terra, et fi
fecca, dimoftra che
quefta fpcran^a» che
è mafc fonda ra,
quanto più fi vede
in alto, unto
più ftiin pericolo
d'anaichilarfi^S^ d'andane
infoino. S t» I
A. IY VOMO veftito
nobilmente, tenghi coperto
quafi tutto il
vi/ò con fa? JL
cappa, ò ferraiolo,che
dir vogliamo, ilquale
fia tutto conteftod'occhi» orecchi A'
lingue : terrà
con la finiftra
mano vna lanterna,!
piedi fiiranno alari*, vicino a
quali ""vi lari
vn bracco^che ftia
con il mWo
per terra odorando
in atto di cercacela
fiera. II -velili mento
notile dimoftra che a la
Spia cOnuiene hauere
habito ricco, e nobile
per potere praticare
non folo tra
la plebe,ma anco
fra gl'huomini di con
nidore, che aisrimente
farebbe fcacciato dal
comertio loro, Se
non potrebbe-» «lare alla
corte relatione di
mométo: le conuieneanco
il detto habito
perche vi fono anco
di' queli,che fanno
la spia, che
fono tali, che
per non accrekrere
l'o* brobrio, l'infamia, et il
vituperio ìor grandiffimo,taccio,& lardo
di nominarli* dico bene,
che la Republica
Romana non petmife
mai,che vn Senatore
poteC» fé fare spia,comé
auuertifce Afconio Pedianò
ne la verrina
detta diuinatione_, . oue
dice, Ncque fenatoria
perfòna potelt indiciam
profiteri faluis legibus
* Vergogna de'noftri tempì,che
fi ammettono alla
spìa più nobili
cheplebei.noa pregiudicando
però gl'huomini d'honote>& di
ftima. Tiene coperto il
'vifo, come habbiamo
detto, efièndo che
chi fa tale
eferci* tio,fenevà
incognito,
nefilalfaconofceredaniiìurib,
per poter meglio
e fercitare i'vrHcio fuo,&
per dimotìxatc anco quelii,che fono di-maggior" confidarationey quali
fé ne danno
nelle corti, et altri
luoghi sì pubblicijcom'anco prilliti, che
p*T accjurftaxt la
gratia de i
lor patroni, fanno
fecretamente la spia,
e non curano, ne
(limano l'honor loro, et non
hanno riguardo di
tradire, et affannare qual
f\ voglia amico
quantunque caro gli fia; com'anco
potiamodire che il tenere
coperto il vifo,
denota cheellèndolaspia huomo
vitt'peto'o, $C infame, non può
cóme gl'huomini d'honore
tenerlo fcoperto,& però
i\ fuol dire da
quegli, i quali
rifplcndone d'honorata, et chiara
fama, pollo andare
con Ja frónte (coperta, Gl'occhi, óV
l'orec:hie (Igni fica
no gli strumenti,con
quali le fpie
efTercitano tal'srre per compiacere
a (ignori, et patroni,
conforme a quello,
Adagio Multa.' Return aurcs,
atq; oculi ;
iiqual prouerbio pigliali
per le (pie,
perche i princìpi col
me^o degl'occhi, et orecchie
d'altri vedono, et odono
quelio,che fi fa, et ;
he fi dice, et cotali
spie fi dimandano
da Greci Oucufor,
che vuol diri Ituomini
che fempre vanno
porgendo orecchie per
intendere quello che
fata, è\^ che fi
dice>conae habbiaaa© detto
di forra, Da
Dionifio Siracufanofor» * chiaI fiue
quid ->eri fide vani
referrent, STiper/N crebbro
ìmcolmo grandiffimo » per
il che il
Senato » acciò
fcematfe il numero
de fpìoni tratcp
di f minuire
loro il falatio,
ma Tiberio non
volfe, dicendo in
fauore di spioni,
che le leggi u
fouerterianole li cuftodi
di eflè fi
leaaflTero . Iura Tubarti,
fi Cuftodes iegum amòucrentur, et Domitianoimperatore, che
net pnncipiordeirimperio
cercaua daf buon
faggio d\ 4e
t Se di
parere clemente per aéqùilbr
te gratia*del popolo, volle
opprimere le calunnie
fifeali delle fpic,
dicendo ìpeifo »
f>rinceps, S^elatoresiioncàfo^imc^^ *S+ ta. et irrita
a far l'offìtio
della spia, perilche
la fanno poi
alla peggio -,
querolancio altri a
torto con falfe
accufe colorite col
veriilìmile, p er deluderli
dalla grafia de Principi, et Signori .
In procefl'o poi di poco
tempo trafeorfo in
reprobo fenfo diede tanto
oltre l'orecchie a
gli fpioni, per
far rapina^ confifeac beni de'
viui, àC de'
morti, che niunà
cofa era ad
alcuno ficura, ne
vnofpione bell'altro fi fidaua,ma
ciafeuno temeua l'alerò,^ intanto
fauoreapprelloi'Im./ peratore
erano gli spioni*
che li Procuratori, et aljricaufidici
lanate Jecauiè» fi dauano
alla spia È
Vituperio di quelli
Principi, che tengono
aperte i'orecchie a
gli accufatori, et danno
loro fubbita credenza.
Amrniano Marcellino vitupera Coftan^o
Irn peratore, che
tutte k relationi
4i Spioni teneua
per chiare, et vere* et battana
folo, che vno
fotte flato nominato, et imputato
da Sari» micho spione,•
quindi nàfce che
dimcilmenten può sfuggire
da le mole
(tic-» della corte per
innocente, che fia
vno dandoti a
detto loro j
OndeGiuliano Imperatore
prudentemente per raffrenatela
lingua ad vnospione
dille» -Qui* inno cens
elle potéritjfi accufoflcfuiricict? Sono
da enere èfclufe
le viperine lingue da
palazzi ie'buoni Principi,
acciò non turbino
la innocente vita de'
buoni Cortegiani, et |euonoefore
abbottiti,-cne pefte,
veleno, &: morte, fi
come diceua Annibale, et immitare
quelli due ottimi
Imperatori padre^te figlio
Ve. jpefiano, e Tito,i quali
odiorno gli spioni, come huomini
neftinati al pùbblico danno, et fpeiTo
nefecero frullare per li Teatri « acero s"a(teneuero gl'altri
dall'vintio dello spiohe. Antonino
lmperatore,omnes miniftros habet
impios .. La lanterna, che
tiene con la
fìniftra mano,, lignifica
chenonfolofi fa la-* spia
di giorno,.ma anco
di notte,, onde
Luciano nel dialogo
intitolato il Tiranno introduce la
lanterna a far
la spia a
Radamanto giudice, deU*
inferno de i misfatti
*& fcelcrate^se di
Megapentc* I piedi alati,,
dinotano, che alla
spia conuiene edere
ditigente, cVf* preda che
akrimente non farebbe
profitta fé non
folle iollieita, Se
""veloce come Mercurio alato, il
quale come nel (aderto dialogo,
dice Luciano, che
conducano-» ranrmedannateall*ìnfernalpene »
coligli fp'toni conducono
li rei al
fupplitio mediante le parole,
Alata verba dìcuntur
ab Homero »
Se però Mercurio
referendario dell i fauoiofi Dei
fi dipinge alato
da gl'Antichi *
lignificare ^volente*
"Yolucremperaeraferri
fermonemideoq;ò^^Nunciusdiòì:us
eli Mercuriu* quoniam per
fèrmonem omniaenunciatur
> dice Lilia
Gira di » il
bracco, che dà
in atto dì cercare la
fiera, vi fi
pone per lignificare
la spìa » il
cui onStio confitte
in cercare »
Se inueftigareogni giorno
li fatti d'altri,atteio> che il
bracco va fèmpre
indagando le fiere
con l'odorato *che
in latino per
traslationeodorari pigliali per
pfefentire, et inueftigare
l'altrui cofe con
diligentia j Se
fecreta folicci tudine a
fi come fanno
le /pie »
dallequali Dio ce
ne guai;* difemprc. SPLENDORE DEL
NOME. HVOMO proportionato, &T
di bellifiìmo afpetto,
d'età virile, veftito di
broccato d'oro mifto
di porpora, fari
coronato d'vna ghirlanda
di di fiori,cioè di
Giacinti roflì, Porterà
al collo vna
collana d'oro, con
la delira-» mano il
appoggici ad -vna
Claua,o dir vogliamo
ma^a d'Hercole »
Se con la finiftra
terri con bella
gratia vna facella
accefa . Se dipinge proportinato,
SC di belìiilìmoafpetto, perciò
che la bellezza.» corporale (fecondo
l'opinione Platonica) è
argumento d' vn'animo
virtuofo ; %C Ariftotile,
ancora nel primo
dell'Etica dice, che
la bellezza del
corpo è indillo, che
l'animo, il quale
ftà nafeofo dentro
d'vn corpo belio,fia
nella beltà firnile a
quello, che fi
vede di fuori. Si
rapprefenta d'età virile,
eflendo ch'ella ha
tutti quei beni,
che nella già* eentu
» et nella
-vecchiezza ftanno feparati,
6T di tutti
gf ecceilì,che fi
ritrouano nell'altre età,
in quefta ci
Ci troua il
mezzo,6£~ il conucncuolc,
dice Ari ftotile
nel 2 . della
Rettorica. Veftefi di broccato
d'oro, perche il
primo metallo,che moftra
colore è i oro,
il quale
è il più
nobile di tutti
gl'altri metalli, come
quello che naturalmente
è chiaro, lucido, et virinolo,
Se però portauafi
da perione,che haueuano
acquiftato fplendido nome
in valoroie imprefe
quando trionfauano, fi
come portò Tarqumio Prifco,
quinto Rè de
Romani ; che
primo di rutti
entrò in Roma,. Trionfante, Come
dice Eutropio . Primulq;
T riumphans Roma
intrauit, Se Plinio hb. $
i> cap, 3.
Tunica aurea triumphaUe
IarquiniumPriicum Verrius
tr&dit ÌCONOLO C l±A SPLENDORE DEL
NOME. tradit . Lo
facerno mifto, oucro
tefluto con la
porpora percioche.la vefte
trio» fale fu anco
di tal drappo
. Plinio lib.9.
e. 3c>.ragionando della porpora,
Omnem vcftimentum iilnminat,in
triumphali mifeetur auro,
cioè, che la porpora illumina ogni
"vifta,& fi me/^hiacon
Toro trionfale, le
quali vefte hanno
ori* gìne dà la
vefte chiamata pinta
da diuerfi p«eti,
&T Plinio Hiftorico
lib.b.cap. 48. dice, Pietas veftesiamapudHonierumfuitìè vndetriumphales nac,
che quelle follerò le
vefti trionfali l'afferma
Alellandro nelli Genicali
lib.4. ca. 28, Cjuidem
purpurea; auro intextc;
erant,& nifi triumphalibus
'vifi excapitolio, et palatiohaudaliter darifolitae. Ne
folamente da Gentili
dau fi la -vefte
d porpora, et d'oro
a perfone llluftri
di chiaro nome,
ma anco nelle
(acre lettete hsbbiamo
il medefimo coftume
al cap.28. dell'exodo .
Accipientq; aururr et hyacintum
. et pocodoppo,
facientaucem fuper numerali
de auro, dc^ hyacimo .
Faranno vna foprauefte
d'oro, et di
Giaci»to,cioè di porpora,
per CJK il Giacinto
eu di rollo
colore » come
dice Ouidio ragionando
de' Gì -ci ni ««1*. DI
CESARE %IFAl ss?ftcl
X. delle Metamorf.
Purpureas color bis, et Viig.
Suaue rubens Hyacintusr fi
che tal habito
d'oro, et di
porporay"flTendoehe è /olito
darfi agenerofi perfo •fiaggi, molto
ben fi conuiene
a lo Splendore
del nome» Si
corona de i fopradett*
fiori, percioche Giacinto
belliilimo giouane fu
( come canta
O iridio nel x.
delle Metamor.) conuertito d'Apollo
in fior purpureo
detto Giacinto j et per
effefé Apollo delle
Mufe, dell'ingegno, et delle
lettere protettore, dicefi
Uie detto fiore fia
Simbolo della Prudenza
» et Sapien^i,dalla
quale fpirano lfe«ui(Iimi odori, fi
che nori fuor
di propofito conuiene
detta ghirlanda a
quelli* liquali rifplendono, et operano
virtuofamente dando buone
odcrc di loro
ftefìì » et però
Apollo nel fudetto
libro di Ouidio
cofi conclude nel
cafodi Giacinto ad*
fienose, et /plendore del
i uo nome* Semper
eris mecam memorq;
haerebis in ore Telyra
pulfa manu, te
carmina noftra fonabant . la
collana d'oro fi
daua per premio
a valorofi >
Se virtuofi huomini,al
nome de? quali molte
volte li Romani
driz^auano infcrittioni, nelle
quali faccuano mentione delle
collane, che a
loro fi daua.no,
come fpecialmente vedefinclla nobile memoria
di LIiatus c&iesex
prouocatione vic"tor * XLV.
Cicati icibus adusilo
corpore infignis nulla,
i-n tergo, idem
fpoJia capir XXXlill/Domtus haftisp.uris
I1XX. PhalerisXXV.Torquibus ÌU. et LXXX.
armillis CLX.coronis XXXV. ciuicis. XIlLAureis. Vili.
MuraUlI. Obfidional. I. Fifio
ALKIS.captiuis .XX /mperatores
Villi, ipfius maxime-, opera tri'.imp'iantes feuitus . S'appoggia con
la delira mano
alla Claua d'HercoIe,
perche gl'Antichi folcuano
lignificare con ella
ì'idea di tutte
le virtù y
Onde quelli, che
cercano la-» fama, SsC
io Iplendore del
nomf/i appoggiano alla
*vktu\ et iaftano
in difparte i
vìtij,di doue ne
nafeano le tenebre,
che ofeurano la
buona fama, dicendo Cicerone nel
3. degl'off. Eft
ergo vlla res
tanti, auteomodum vullum
tam expetendum, vt
viti bon;, Se
(plendorem,& nomen amittas.Quid
eft qued arfer re
tantum \ ti
itasiftaquam dicitur pc/iìt,
quantum auferie/i boni
~viri notnen eripuem
? fidem, mititiamq;
deti axerit . Tiene con la finiftrà
mano con bella
gratia la facella
accefa, dicendo S.
Matteo cap.v. Sic luceat
lux veftra coram
hominibus,vt videant opera
veftra bona, et giorificent
patrem vefttum,qui in
Coelis eft . Et
gl'Antichi fono flati
(oliti porre
gierogiificarnente il lume
per fignifi.are quell'huomo, ilquale
nelle for^e dell'ingegno, ò del corpo
rrauefte operato con
fatti Illuftri, Se
preclari,• Se gl'interpreti efpongono per
tal lignificato la
Gloria, òC lo
fplendore del nome
de gi'huomini giuftLe
vii tuofi, liquali
fempre per ogni
pofterità rifonderanno # fecondo
la Sapienza al
cap. 3. Fulgebunt
iufti, Se tanquam
Scintillar in arundineto
difeurrent, cVc^ non
folo in quefto
caduco fuolo, ma
nell'eterno ancora . S.
Mattheo nel 1$,
Lufti fulgebunt ficut
Ibi in Regno
Patris eorurru . Gnd'iò confiderando
i chiari lumi,
Si io Splendore
grandiilìmo dell'immortal K. nome mjÌ
pome dell'
lHuftfiilìmaCafaSaluiati, mi par*
di direfenza allontanarmi
ponto dal vero, che sì neirvniuer fole, come particu!armenteneH*£ccellen^a ll)uftri£ {ima del
Sig. Marchcfe Saluiati,rifplendano tutti
gfhonori,& tutte le
virtù,che poHono fare di
eterna fama, et Gloria
feliciflìmo l'huomo ; a cui
molto bene-. fi può
applicare per tal
conto quel nobil
*verfo di Vergilio
nel pei. dell'Eneide* Semper honosj
nomenq; tuum laudeqj
manebunt. SOPRA LO SPLENDOR
DEL NOME. NA C
QJV E da
Raggijoue il fembiante
eterno Colori di Virtù
Pimmenfo Apelle Si viuo
ardor', ch'appena anime
belici Terminar© il gioir
col Ciel fìiperno
'Quindi tentò del
Mar 1 afpro
gouerno Iafone, in ricercar
glorie nouellc, E vinfe
i Moftri,**! Sol
rene, e le
Stelle Alcide inuitto .,
e fòggiogò l'Inferno « Jn mille
fpecchi aitar Fama
ritenne^ L'alto fplendor dell'immortali impreie, E
del ver cantatriee
al^ò ìe penne. Cofi
per beli' oprar' nome fi
ftefe D'Olimpo in fcnot
e in tale ardor penienne, Che
men lucidi il Sol fuoi
lampi accefè . >LL'ILLVSTRISS. SIC.
MARCHESE SALVIATE Q VESTO, che'n
voi Signor viuace
fplende Sublime bonor* d'altera 'ft ir pe, e doro Di
Palme-onufto, e di
.-{aerato Alloro Pompa degl'Ani,
a gran Nipote
fceudc . Ma nuouo
Sol, eh1 a
ferenarfi intende, ^^ Giungete
i raggi Voftri
ai lampi loro Lucidi
sì, ch'Eterno alto
lauoro Telfe la fama,
e*lnome "voftro accende.
Onde !a
gloria innamorata ammira Voi
di bella '\irtu
tempio terreno, E cofi
poi dal cor
dice, e fofpira
; Da quello Eroe
d'alte vaghete pieno Oggi
l'antico Onor* forge,
e iofpira, Non ha
pati il "valor' che gl'arde
in leno. STABILITA. DONNA veftita
di nero, con
la man delira, et col
dito indice alto,
ftanJ in piedi iopra
vna bafe quadrale
con la finiftra
fi appoggiare ad
vn'afta, laquale /ara potata
(opra vna {tatua
di Saturno, che
Aia per tetra, Veftcfi xjf Veltefi di
néro, perche cai
colore dim olirà
{labilità, conciofia cofa
che ogni altro fuor
che quello colore
pub eflere commutato,& conuertito
in qualunque altro colore
fi voglia, ma
quefto in altro
non può edere
trasferito, dunque di* moftra
ftabilità,& collauda . ^ v
Lo Ilare
in piedi fopta
la bafe quadrata,
ci dimoftra eflere
la (labilità coltati* tè,& falda
apparenza delle cofe,
\a quale primieramente
noi efperimcntiamo, et conofciamo
ne' corpi materiali,
dalla ftabilità de'
quali facciamo poi
nafcete l'analogia delle
cofe materiali, et diciamo
ftabilità eflere nell'intelletto, nelFoperationi del
difeorfo $ Si
in ©io ifteflò,
il quale difle
di propia bocca
; Eg9 petti, et non
mutor* La mano delira,
Si il dito
alto fi et per
fimiglian^a del gefto
di coloro, che* dimoflrano di
voler ftar fermi
nel lor proponimento . L'hafta di
legno moftra ftabilità,
come la canna
il contrariojper la
debole^%k fua, come
fi è detto
al fuo luogo,perche,come fi
fuol dire volgarmente
: Chi male fi
appoggia prefto cade . La
ftatua di Saturno,
fopra laquale ftà
pofata Thafta, è
inditio, che vera
ftabilità non può edere,
oue è il
tempo, eilèndo tutte
le cofe, nellequali
elfo opra, foggette inuiolabilmente alla
mutatione; onde il
Petrarca volendo dire
vn miracolo, Se
effetto di beatitudine
nel trionfo della
diuiaità ferule, Vidi ridar
colui, che mai no flette, Ma
variando fuol tutto
cangiare. Et doue è il
tempo vi è
tanto annetta la
mutatione, che fi
ftima ancor efTet òpra
da fapientc il
faperfi mutare d'opinione,
6*^ di giuditio
; onde l'ifteflà Poeta dille-.
« Per tanto variar
Natura è bella. Se
bene ricorda l'Apoftolo,
che chi dà
in piedi con
le virtù/opra le
quali non può ne
tempo, ne moto,
deue auuertire molto
bene di non
cafeare in qualche Vitio, acciò
poi non fi
dica : Stultus,
vt Luna mutatur . STABILIMENTO. VN* Muomo
vellico con vna
Ciamarra longa da
Filofofo,che ftia a
federe in mezzo di
due anchore incrociate,
che tenghi la
deftra mano pofata iopra
l'anello dell'vna dcirancOre,e
il fimiletaccia con
la finiftra dai'altra
parte. Si verte con
detta Ciamarra da
Filofofo, fi come
viene deferi tto Socrate,e
tal habito conuienfi appunto
a lo Stabilimento,
il quale fuole
elTere in tali
perlone togate j e
Filolofiche pìu,che in
altri d'habito fuccinto, et men
graue del toga* to,
ilquale è graue,
(labile, et di
ceruello . Soleuano gli Egitti)
per lignificare lo
ftabilimento dimoftrarlo con
due anchore infieme, et faceuano
di quello comparatione
alla naue, laquale
all'hora fpre^a la furia
de' venti, e
dell'acque da elfi
commofla, che cfsri
due anchore è fermata,
e di quella
comparatione fi fèrue
Ariftide ne Panatenaici,
Se Pindaro nell'lfthmia vfa
per denotare fermezza, et ftabilimento,
vn'anchora,dicendo Mancherà ha
fermato per la
felicità fua, cioè
è ftabiiico in
vita tranquilla-., GC felice^* '
R a Sta* 'stt
Stabilità . DOnna, clic ftia
a federe fòpra
d'vn piedeitallo alto,
tenendo fatto a
ì pie* di ~vna
palla di colonna
in grembo molte
medaglie . Stagioni. CAuafi
la Pittara delle
ftagioni, da i
quattro *verf?*che pone
GiofefFo Scaligero in fecondo
libro Catale&orum . Carpit blanda
fuis Ver almum
dona rofetis. Torrida colle&is
exultat frugibus Aeftas . Indicai Autumnum
redimitis palmite ~vertex. Frigore pallet
hiems defignans alite
tempiis . Fumo quefte da
Gentili adeguate a
particolari Dei loro .
La Primauera a Va*
nere, l'Eftate a
Cerere, l'Autunno a
Bacco, l'Inuerno a
ti venti • Vere
Venus gaudet florentibus
aurea fèrtis . Flaua Ceres
asftatis habet fua
tempora regna : Vinifero
Autumno fumma eft
tibi Bacche poteftas . Imperium feuus
hyberno tempore ventis . Vegganfi altri
dodici tetraftici ne
gli opufculi di
Ve rgilio, doue
in varij mo» èi
fi deferiuono gli
frutti, et effetti
delle quattro ftagioni . STAGIONI DELL'ANNO,
"Primauera. VN A Fanciulla
coronata di mortella,
e che habbia
piene le mani
di varij fiori, hauerà
appreflb di sé
alcuni animali giouanetti,che firher^ano . Fanciulla fi
dipinge, perciochc la
Primauera fi chiama
l'infamia dell'anno, per eflere
la terra piena
d'humori generatiUi >
da quali fi vede
crefeere frondi, Bori, et frutti
na g! arbori, et nell'herbe . Le fi
dà la ghirlanda
di mortella, percioche
Horatio nel libro
primo Ode*, 4* coli
dice • Nunc deeejt
aut viridi nitidum
caput impedire royrto, Aut
f lorae, terrae quem
ferunt folutae . I fiori, et gl'animali,
che fche* ^ano,
fono conform^a quello,
e! dio nel Uh. primo de
Fafti, Omnia tuncflorent, tunc
eft noua temporis
artas, Et noua de
grauido palmite gemma
tumet. Et modo formatis
open tur frondibus
arbor, Prodit,& in fummum
feminis herba folum. Et
tepidum volucres concentibus
aera mulcent • Ludir,i& in
pratis,luxuriatq; pecus .
Tunc blandi foles,
ignotaq; prodit hirundo, Et
Iuteum cella lub
trahe fingit opus Tunc
patitur cultus ager, et rènouatur
aratro ; Ha?c anni
nouitas iure vocanda
fuit . Si
dipinge anco per
la Primauera Flora,
coronata di fiori,
de'quah ha anco piene
le mani, &C
Ouidio poi deferiuendo
la Primauera, dice
nel a. libro
delie Metamoi foli . Gli 2 **
Sparca di bianchi
fior, vetmigli » et gialli. v,
Di rote, e
latte, è la
fua facci* bclla_>
> Son perle i
denti, * le
labbra coralli, E ghirlande
le fan di
-vari^ fiori, Schermando (èco
i &oi laìciui
amori ESTATE VNA Giouane
d'afpetto robufto, corona ta di
Spighe di grano,
veftita dì color giallo, et che
con la delira
mano tenghi "vna
face! la acce
fa. Giovinetta, et d'afpetto
robufto fi dipinge,
petcioche TEftatc fi
chiama la, gtouentu dell'anno,
per eflere il
caldo della terra
più forte, et robufto
a maturate i fiori
prodotti dal la
primauera % il
qua! tempo defciiuendo
Gnidio Bel i $♦
Jib. delle metamorf.cofi
dice. Tranfit in^eftatem poft
*ver robuftior annus, Fitqj
valens iuuenis, nequeenim robuftior
xtas Vlla, nec vberior,
nec qua? magis
ardeat vlia eft. La
ghirlanda di fpighc
di grano, dimoftra
il prinapaliflìmo frutto,
che rende quefta (ragione. Le
fi da il
'veftimento -del color giallo,
per la {ìmilitudinedel color
delle-* tuade mature^. Tiene con
la deftra manolafacella
accefà, per dimostrar
il gran calore, che rende
in quefto tempo
il Sole, come
piace à Manilio
libro quinto cofi
dicendo. Cum vero in
vaftos furgitNemams hiatus Exoriturq; caiiis,latratq; canicuia
fkmmas Et rapir igne
A.io,gemìnatqj incendia Solis Q«aiubdentefacemterrisradiosq,'moue;ite. t Et
Ouidio cofi la
dipinge nel 2.
libro delle metamorfosi, Vna donna
il cui ^vifo
arde, cV rifpiende Vedi varie fpighe
il capofad cinto., .Con
'vnfpecchio, che al
Sol il fuoco
accende \ -> Doue
il fuo raggio
è ribattuto, e
fpinto . Tutto quel che
percuote in mondo
offende, Che certa fccco,
ftrurto, arfo, et eftinto, Ouunque fi
riuerberì, 6\^ allumi Cuoce l'herbe, arde i bofehi, sfocai fiumi
k Soleuano anco gli
Antichi ( come
dice Gregorio Giraidi
nella fua operadelh
dei w;aip,ngere per
ltitate Cerere in
habito di Matrona
con vn ma«o
di fp^he di grano, et di
papaucro con altre
cofe a lei
appartenenti > AVTVNNo VN A
Dònna di età
virile, grada, 8C
veftita riccamente, hauerfl
in capo -vna ghironda d
~vue conie f«e
foglie. et con
|a dcftfa J^
hl vn cornucopia di
diucifi frutti. Dipin'ìt» Dipinger!
di età virile,
pcrcioche la ftagione
dell' Autunno fi
chiama la virilità deh*
anno per ettère
la terra difpofta
à rendere i
frutti già maturi
dal calore eftintoj et diporre
i Temi, et le
foglie quali franca
del generare, come
fi le*gè in
Ouidio Uh. xv.
Metamorf. Excipit autumntis polito
femore iuuenta Maturus mitifq;
inter iuuenemq; fenemq/ Temperie medius
(parfus quoque tempora
canis « Graffa, et veftita
riccamente fi rapprefenta,
pereioche l'Autunno è
più ricco dell'altre ftagioni . La
ghirlanda di vue, et il
cornucopia pieno di
diuerfi frutti, fignifieano
che l'Autunno
èabbondantiflìmodi "vini, frutti,
&C di tutte
le cole per
l'vibdc^ mortali, Et Ouidio Iib.2.
Metamorf tfofi Io
dipìnge a ncor'eglu Staua vn'huomo
più maturo da
man manca, Duo de
tre mefi à
quai precede Agofto, CheTvifo ha
rotfo>é'già la barba
imbianca» E ftà fordido,e
graftb,e pien di
mifto, Via il fiato
infetto, e tardi
fi rinfrefea, Che vien
dal fuo venen
nel letto porto, Di
vue mature fono
le fue ghirlande, Di
fichi j e
ricci di caftagne,
e ghiande^. Sì pub
ancora rapprefentare per
l'Autunno Bacco carico
dVue con la
Tigre, che faltando, gli
voglia rapire l'vue
di mano, ouero
dipingerai!! vna Baccante* nella guifa,
che fi fuole
rapprefentare,come anco Pomona. 1NTVERNO HVOMO, b
donna vecchia, canuta,
e grinta, veftita
de panni, SC di
pelle^che ftando ad
vna tauola bene
apparecchiata appretto al
fuoco,mo iìri di mangiare, et fcaldarfi
# Si rapprefenta vecchia,
canuta,e grin^a,percioche Tlnuerno
fi chiama •"vec* chieda dell'anno,
per ettère la
terra già latta
delle fue naturali
fatiche,& attione annuali> et rendefi
fredda,malinconicaje priua di
belle^za,il qual tempo
defcriuendo Ouidio nel
xv.libro delle Metamorf.
cofi dille. Inde fenilis
hyems tremulo venit
horrida patta, Auc /pollata
fuos, aut quos
habet alba capillos
; L'habito de panni,
di pelle, et tauola
apparecchiata appretto al
fuoco, lignifica, ( come narra
Picrio Valeriano )
perche il freddo,
e la quiete
doppo i molto trattagli dell'Eftate, et le
ricchezze dateci della
terra, pare che ci inuitino à
viuere più lautamente
di quello >
che fi è
fatto delle ftagioni
antecedenti ; Se Oratio
nell'Ode 9. lib.primo,
cofi dice . Vides,vt alta
ftet niue candidum
Dittblue frigus ;
ligna fuper foco Soraéte;
nec iam fuftineant
onus Large rrp 3nens
: atq; benignius, Sylua laborantes,
geluque Deprome quadrimum
Sabina Flumina conftitennt acuto
Ì O Thaliarchc
merum dy ota. Ouidio Gnidio ancor'egli, dipingendo
rinuerno, nel %, libro
delle Metaimofofi, (Cofidicc-* Vn
vecchio v'è, che
ognWn d'horrore eccede, E
fa tremar ciafeun,
che à lui
pon mente . Sol per
trauerfo il Sol
taluolta il.vede, Bi (là
rigido, e freme,
e batte il
dente, E gh iaccio
ogn ì fuo
p el d
al capo, al
p iede. Ne men
brama ghiacciar quel
raggio ardente, Etnei fiatar
tal nebbia fpirariuole-, Cheoffufca quali
il fuo fpiendoce
al Sole, Dipingefi anco
per rinuerno Vulcano
alla fucina, come
Anco Eolo con i
>venti, perche quefti
fanno le temperie,
chenelTlnuerno fon più
frementi che aie gì
Altri tempi.. STAGIONI., Le quattro
flagionì dell'anno nella Medaglia
d\,Antmwo Car acalla* SI
rappréfentano le fopradette
ftagioni per quattro
bellùTime ligure di
fan* ciulii vn maggior
dell'altro, Il
primoportalopraJefpalle vna ceda
piena di iiori . 11 fecondo
tiene con la
delira mano vna
falce . Il ter^o con
la iìniftra porta
vn cefto pieno
de varij frutti
* et con
la deftrau vn*animale morto,
&quefti tre fanciulli ibno ignudi, Il
quarto è veftito, et ha
velato il capo,
JSe porta fopra
le fpalle vn
baftone— » dal quale
pende vn' vccello
morto, bC con
la iìniftra mano
parimente porta-» un'altro vccello
morto vn differente
dall'altro. Stagioni . Come
rapprefentatein Fiorenza da
Francesco Gran Duca
di Toftana in un
beili/simo apparato. PRIMAVERA. TR
E Fanciulle con
bionde 4 Se
crespe treccie, fopra
le quali vi
erano bel* Jifiìmi adornamenti
di perle, et altre
gioie, ghirlandate di
varij, et vaghi fiori,fi
che effe treccie
facevano acconciatura,& baia
a i fegni
celefti, et la 1>rima
rapprefentaua Marzo, et come
habbiamo detto, in
cima della tefta
fra-* e gioie, et fiori,
era il fegno
dell'Ariete La feconda Aprile, et haneua
il Tauro . La tet^a
Maggio con il
Gemini,& il veftim ento
di ciafeuna era
di color verde, tutto
ricamato di varij
fiori, com anco
d'eflì ne teneuano
con ambe le
mani, Se ne i
piedi iti ualet ti d'oro . .
ESTATE. T"1 R E
Giouane ghirlandate de
fpighe di grano, A
La prima era
Gi ugno. Se
hauea fopra il
capo il (ègno
del Granchio • La feconda
Luglio con il
Leone . La ter^a Agofto,
Se poruua la
Vergine ; il
colore del veftimento
era giallo, R 4
con*f+ conteftodi gigli •, et ne
i piedi portauano
fri «alerti d'oro. AVTVNNO.
TR. E
Donne-d'età virile, che
per acconciatura del
capo haueuano adornamenti di gio;e,
cV ghirlandate di
foglie di "vice,
con vue, Ót^ altri
fi ut ti . La
prima era Settembre, et per
il fegno haueua
la Libra * La
feconda Ottobre con
il Scorpione ► La
terza Nouembre, et banca
il Sagittario ;
it colore del
veftimento era dì cangiante
rodò, fed et f»mina« infecundas efficit . La
Triglia tenuta dalla
finiftra mano in
"vna tac^a dì
"vino da "vgual
fegno della fterilità . Atheneo
curiofe cofe riferifce
della Triglia nel
fettimo libro,pet autorità di
Platone poeta comico
in Faonedice,che è
cafto>,& pudico pefcc,
Se pero confacrato a
Diana in quelli
verfi . Dedignatur mullus, nec
amat -virilfa Eft enim
Dianar fiicer, proptereaqj
arre&um pudendum odit. Se
bene Egcfandro Delfo
nelle felle di
Diana dice, che
fé le offèrifce
> perche perfeguita, et vccide
il 'venenofo, Se
mortifero lepre marino
: facendo ciò
per fallite dell'huomo alla
Dea Cacciattice, la cacciatrice
Triglia fi dedica-. .
Ma Apollodoro vuole, che
per edere Diana
ftata detta (òtto
nome di Hecate
Dea-» 1 riformerà Triglia
per fimiiitudine del
nome a lei
fifacrificalfe: onde in
Athcre vi era
vn luogo detto
Triglia, perche "vi
fi vedeua la
ftatua di Hecate Triglanthina*
diche Heraclite poeta
nella catena dilfe . O
hera Reginaq, Hecate
Triuiorum pnefes, Triformisi triplici
facie fpeótabilisi qua:
Triglis propitiaris. II quaf
pefee è anco
detto da poeti
latini Barbatus Mullus,
fi come fu
chiamato da Sofrone greco .
Ma noi non
lo pigliamo per
figura della Stetilità,
come pefee dedicato alla
Cafra Diana, per
la tua honeita
continenza : ma
perche fé "vn'huomo
beue il vino,
nelquale fia (lata
Soffocata ia Triglia,diuenta impotente alli piaceri
venerei, 6Cle lo
beue vna Donna,
come fterile non
concepirà, il che conferma
Atheneo con 1*
Autoriti di Terpfide
nel libro delle
cofe Veneree . Vinum/n
quo fufTocatus Mullus
fuerit, fi ~vir
bibat ad Venerem
impotens erit, fi
Mulier non concipiet,
vt refert Terpfides libro
de Venereis . STVPIDITA, OVERO
STOLIDITA. VN A Donna,
che ponga la
man dritta fopra
la tefta d'vna
capra, laquale tenga in
bocca l' herba detta
Eringior.; nella man finiftra
habbia vn fior di
Narci(ò,& del medefimpfia
incoronata, ì La ftupidita
è vna tardanza
di mente, ò
di animo tanto
nel dire, quanto
nel fare qualche cofa,
cofi definita da
Theofrafto nelli caratteri
ettìci, la cui
definitone, non è didimile
alla deferittione fatta
da Arili, fuo
maeftro fopra lo
ftupido nelli morali
grandi lib, primo
cap. 27. in
tal forma di
paiole . Stupidus, fé a
attonitus, S: cunda, et cun&os
veritus tam agendo,
tam dicendo felertia*
expers, talis eft
qui in cundis
obftupefcit . Lo ftupido,
ouero attonito impaurito d'ogni cofa,
Se dognVno \
tanto nel fare,
quanto nel dire,
priuo d mduftria, e
cale STVPIDTTA, O V'ERO
STOLIDIf A è tale
che in ogni
cofa retta ftupido
; &T altroue
nell'Ethica dice, che
Io ftolido d trattiene
anco douenon occorre:
fecondo l'autorità del
medefimo Filofofo lo ftupido
da vn canto
è contrario nel
bene alla diligenza, et industria,
dall'altro canto nel tinaie
alla sfacciatezza, perche
lo sfacciato, è
temerario,& ardito iru ogni
luogo contro ogni
cofa, et contro
ogn'vno nel parlare,
òC nell'opetare.,. ma lo
ftupido è freddo,
e timido tanto
nel bene, quanto
nel male, per
la limpidità del fuo
animo, e tardanza
della fua mente .
La Stupidità nelle
perlone, b per natura,
b per accidente,
per natura è
tardo di mente
quello, ch'è d'ingegno groflb, e
d'animo timido ;
per accadente auuiene
in varij modi,
b per infermiti, b
per marauiglia, e
ftupefattione d'vna cofa
infolita, che s'oda,
fi vegga in-# altri,
ò-fi proui in fé, ouero
dalla contemplatione de
ftudij, ftando quelli
cho ftudiano per l'ordinario
tanto indenti alle
materie, che paiono ftupidijinfenlat^ attratti ;
ìk però meteoria
in Greco tanto
fignifica fpeculatione di
cofe (ublirni, guanto ftaprditàjOLiero ftolidità.
Sueconio nella vita
di Claudio cap.30.vold>» do cipri ì .
**!> do efprimere, che
Claudio Imperadore era
{memorato attratto Cupido, et iniConfiderato
dirle . Inter cetera
in eo mirati
funt homines, et obiiuionem,
cv" inconfiderantiam,
vel vt grecè
dicam meteoriam, chie
Aulcpfian, id eft,
ftupi* ditatem, et inconfiderantiam .
Superafi lafìoliditJ, ò
ftupidità naturale ccru l'efercitio delle
virtù> fi.come con
l'otio 11 accrefee,
poiché l'ingegno in
quello fi rnarcifee, e
diuiene più obtufo, et offuicato
dalla caligine dell'ignoranza Zopiro
Fifonomico eflendofegli prefentato
auanti Socrate Filofofo
da lui non
coJiofciuto guardandolo in
faccia difiè, coftui
è di natura
ftupido, balordo *,
li cir« ;Coftanti, che
fapeuano la fapienza
dì Socrate, e
che difeorreua con
accorto giudicioj et folleuato
intelletto, fi mifero
à ridere :
ma Socrate rifpofe,
non vene-, ridete, che
Zopiro dice il
vero, et tale
ioero,lc non haueffi
fuperata la mìa
vi* vtiofa natura con loftudiodellaFiloiofia, vi
e vn detto
prefo da Galeno
. 7{e MtYcmim ipfe
quidem cum Mufisfanarit.
Jlquale fi dice
verfojvno,chc fiaokra anodo ftupido, et ignorante,.voiendo inferire*che
è tanto iìolido,e
ftupido,ch* •non lo fanarebbe
Mercurio inuentore delle
icieu^e con tutee
le mufe :
talché lo ^efercitio delle
fcieni(e,c delle virtù
catto ad aflòtti^liarc
l'intelletto, e toglierne /Via la
ftupidità, et ftolidità.. Lacapra tenuta
dalia-man dritta è fimbolo della
ftolidita. Ariftor. nel
cap. ideila fi fon
orni a diceche,chi
ha gli occhi
limili al color
di vino, è
ftoIido,perche taliocchi fi
riferifconoalla capra. Quibus
autem vino colore
fimiles funt, ffiolidi funt
referuntur ad caprss .
11 medefimo Ariftotile
lib. o. cap.
5. d'animaledice che
fé dalla greggia
delle capre fé
ne piglia vna
per li peli
che gli pendano dal
mento, chiamato arunco,
tutte le altre
ftanno, come ftupide
con gli occhi fidi
'verfo quella :
veggafi parimenti Plin.
lìb. 8. e.
50. L'erba JEringion, che tiene
in sboccala il
gambo alto vn
cubito con li
nodi, et le
foglie {jpinoiè,d« la cui
forma veggafi più
didimamente nel Mattiolo, et in
Plinio lib. 2
i.cap.i 5. &C hb.22,
cap. 7. Plutarco
nel trattato,che fi
debbia difputare con
Principi da vn Fiiofofo,
riferifee, che fé
vna capra piglia
in bocca l'Eringio* ella primieraftiente, cVTdapoi
tutta la g reggia ftupefatta
fi forma, fin
che accoftandofi il Pallore
gliela leui di Wca
. 11 Naccifo,che porta
nella finita mano,
come anco In
capo, è finre,c!ic
aggraua,& balordifce latefta, et però
chiamati Narcifo,non da
Narcifo rauolofo
giouanetto,come dice Plinio
lib. 21. cap. ip. ma
da Narce parola
greca, che fiarce,
perhelanftupore, et tofto
languifce: mentre lì
ftupiuapareua vn fimulacro
di marmo, come
canta Ouidionel ?
delle Metrmorf. Ac ftupet
ipfe fibi, 'Yukuq;
immotus eodem Hiret, vt è pario
formatum marmore figmim . Plutarco nel
ter^o fimpofio queftione
prima conforma, che
il Narcifo fioro Odetto
da Narce parola
greca, perche ingenera
ne i nerui
torpore. et grauez^a ftup.da rpeiilche
Sofocle lo chiama
antica corona de
gli gran Dei
Infermi Ji,cioè de morti.
Narcifum dixerunr, quiatemporem
(qui narce graxiscft)
neruis . mcutiat, grauediiiemo^torpidaìn: vnde,&
fophocies eum vtterem
ma^rorum Dtoium Yéì fatà 4 federerò!! la
firiiftra mano terrà
*vn libro aperto
>nel quale mici
attentamente* Cótt la ddtitst
vna penna da
fetiuere > &~
gli farà a
canto vn tome
accefo 1 óc^ ttìGalIo'.Gìòùanè fi
dipinge i péfaocfie
fi gióuafie e
atto alle fatiche dello
Audio * Pallido, perche
quelle fogliono eftenuare '$
é^ impedire il
cotpo, come di lliaftra
Giouenale fatira V* At
te nóci jrnis
Viuat inipallefcere Catti** Si
velie d'habito modeftOjperciochegli ftudiofi
foglioftó attendere alle
cote moderate i Sc^
fode t Si dipinge^
che dia a
federe* dimourando la
quiete, 6^ sfHduità*che
t icerca lo Audio
« L*attentione £>prà il
litro apèrto, dimoerà
che lo Audio
e *Vna vehèrfiente», applicr tioné
d'animò alla cognit'óne
delle cofe * La
penna,che tiene con
la dèftra mano,
fignifica l'operatione * S^ l'inten* tìone di
lafeiare ì fcriuendo
> memoria di
sé fteflo, come
dimoltra Perfio/atira primari
Scire tùum nihil
eft, nifi té feire
hoc alter* Il lume
accefo* dimoftràj che
gli ftudiofi confumano
più oliojche vino *
Il Gallo
fi pone da
diuerfi per la
follecitudine, et per
la Vigilanza »
ambedue con uè a
icnti, et uccellane
allo (t lidio
« SVPPLICATIONÈ, Tacile
Medaglie di perone
* VN A '"verginella coronata
di lauro, con
la finiftra mano
tiene -vn cesello pieno
di varij fiori,
e frondi odorifere»
i quali con
la deftra mano
fparga fopra d'vn' Altare
con gran fcmmiilione,
al pie del
quale Altare vi
è vn letto con
grandi, et varij
adornamenti . Hauendo i Komani
in *>lo per^
fupplicare i Dij,i
lettifternij, che etano
alcuni letti, i quali
ftcndcuano ne i
te mpij, quando
^oleuano pregare gli
Di), gli follerò . DJCESJ'RB
%1?~À~. s*3 Becero propiti
j, e quefte
fupplicationi, et letcifternij
fi faceuano,ò per
allegrezza, ò per placare l'ira
ideili Dei, nclqual
tempo gli Senatoricon
le mogli, et figliuoli andauanoA i
tempi j,.&alli altari
delli Dei,.& alcune
volte foleuano anco in
tale occasione andare
i nobili fanciulli,,& li
libertini, et anco
le 'vergini tutte coronate
portandola laurea, li
aUerudo {eco con
.pompa iiàcri Carri
delli Dei, et foleuano
dimandala, fk pregarecon
{acri verfi la
pace a quelli,
e fi ftcn.deuano
i lettifternij approdò
gli altari ideili
fàei con varij
ornamenti, et Ipargeiiano
., come riabbiamo
.detto ver di
^odorifere fronda fiori
d'ogni forte* et \&
verbene auanti, et dentro
delli Jtempij, 5VBLIMIXA D£lLA
GLORIA. PONG AS 1 vna,ftatuafopravnagrancok)nnafr anco mediarite
la eccellenza delle
d/fciplina militare, s'arrìua
alla Sublimità della Gloria; s
ò spiai. \ÌTÀRÌE figure
fi poìlono formare
fopra ì fofpiri
;perche vari) fonò
gli af* retti
dell'Animo, è le
paffionf,da quali fono
fomentati . Nafcono i
fofpiri dalla memòria delle
afrìittioni,& pércolTe riceuùte.dàl
pentimento de* falli
còmmeffi,del tempo, et delle
accattoni perdute, dalla
rimembranza dèlie reÙ^ fcìtà
pofledute ; dalle
berturbationi prefenti per
il dolore, e
deììderiò di qualche èóiàjtalffònoì foipiri
degl'amanti, che fofpirano dal
defiàerio della cola
amata l dal defiderió
di gloria, et di
trouare -vn fublìme
ingegno fimile ad
HomèJOj chi cantane
le fue lodi
fofpirò il gran
Macedone . Giùnto AlefTandro allafamofò
tomba Del fiero Achille
fofpirando dille ', O
fortunato, che fi
chiara tromba Trouafti, et chi
di te fi
alto fcriire^ », .
Ne (blamente da'cafì
paffati, et prefenti
li fofpiri deriuano
» tria anco
da'faturì, poiché dalTopinione,e timore
de'mali auuenire,che la
perfona fopraftar fi «■vede
fofpira ; ne
Tempre i fofpiri
fono veri, alle
volte fono feriti
j come i
fofpiri delle meretrict,^^ delli
falli traditori Amici
: Alcune volte
fono per accidenti d'infirmiti, alcune
volte quafi naturali,
per vna certa
confuetudine,ch'elTer £iole in quelli,
che fpeffo fofpirano,
dal penfare alli
negotij,& a gli
ftudij loro,fi come fpciTo
Virgilio fofpirar folea( per
quanto narra il
Sabellico, lib.7. capito* lo
quarto} onde e
quel faceto motto
d'Augufto, il quale
fedendo in mezzo
a Virgilio» che fofpiraua, et ad
Horatio,che come lippo
patiua di lacrimatione ^'««cKi/uaddinwndato da
vii' amico,che cofa
faceua,rifpofe,feggo^ra le 1
acri* '■ ' mei* .
27 s **j> frpfpiri Se
bene qui li
fofpiri fono dalle
lacrime^patati, nondimeno,1
pianto è
fempre col io!
piBo accompagnato, peto
con molta gru»
gli amorfi Poeti fpeflb
l'vnifcono J U
Montemagno Coetaneo dei
Petrarca . Mille lagrime poi,
mille fofpiri Piangendo fparii Il
Petrarca ifteflo Quel
vifo liete Che piacer
mi facea i
fofpiri,e'l pianto
jMonfignor della Cafa .
Et gì? non
haue Schermo miglior, che
lacrime, &^_ fofpiri . Jlmedefimp p
non ^han loco Lacrime,& fòfpir,
iiquì ò frefehi
affanni > Si pub ben
fofpirar fen^a piangere,
ma non piangere
ferina {pfpirare, nt&> -gonp a
punto le lacrime
con i fofpiri,
come
pioggiaj&Tcatoinfiemc^^Bemi^ Et
nubi lofo tempo Sol l'ire,
e*l pianto pjogga,
iJoipir -venti, Che moac
(pefìfo in me
ramato lume . ' tOgnì
fofpìrodi goal forte
fi :fia, figurili alato
nelle tempie, 6airo
: nella fi
niltra poi pongali
cofa atta adenotar Metto, per
il. quale fi fo/pira^
che M quefto.ifteflbnoftro libro
pender fi può £
fùoi luoghi particolari,jquali però
non accade ripetere . AI
fofpiro d'infirmità ppngafi
nella finiftra vn
ramo.d'Anemone,perche feri
jleOroEgìttio ne i fuoi gieroglifici,
che gli Antichi
per queft' erba
fignificauaHP la malati» 5
£à il, fiore purpureo,
belIo,ma poco dura
iliìorc^ et l'erba, et per
quefto denotauano i'infirmità.. Il fofpiro
quafi naturale nutrito
da -vna consuetudine,, effendp^glifpetie di malinconia
hauerà in xapo vnaghirlanda
d*4&?ntio, alludendpquellp, che au
e^uefto propofito dille
il Petrarca.. Lacrimar fempte
è il mio
fbmm.0 diletto,J1 rider
doglia, il cibo
altcntio, e tofeo. 3i
che quella perfona,cne
penfàndo allinegotij,e ftudij,eche,coittinuameHte fofpirando
ftà malenconico,per rimedio
di elfo fi
rapprefenterà,che fia per la
man fini/tra congiunto
con la delira
di Bàccoi, chetali' altramano habbia
la-, fua lolita ta^a,
percioche altro temperamento
nota ci è^
che vn'allegiia di cui
n'è {imbolo Bacco
da Poeti, 6C
Filofbfi tenuto per .figuràdi fpirito
diuino.&T fublime
intelletto., Difilo Comico
in Atheneo lib.
fecondo chiama Iacee
(che col fuo liquore
rallegra il cuore
) làpientiffimo fpaue,
Amico.a prudenti, é^ anicnofi, il.quale efeita l'animo
degli abiettix& 'vili,
perfuade.li feueri a rìdere, |
i poltroni apreadere ardire, et i
timidi ad.eiTer forti. Prudentibus, ac
cordati? omnibus amiciffime
* Bacche.,
ata^fapientiflìme,;
quam.fuauis.es.. v Abietti magnificè
vt fentiant, de
fé tu folus
efficìs; Superciliofis, et tetricis
perfuades vt rideant
: il, Jg^auis vt
audcant : vtfortes
fi nt timidi. Si €ke.
é?4 Cherernone Tragico
afferma* che col
"vino fi concilia
il rifo, lafapien^a,
fa docilità, Se il
buon configlio :
non è marauiglia, che Homero
nella nuoua Iliade induce
pes/òne di gran
maneggio nella dieta
Imperiale di Agamenone
Im* peratore,auanti fi configli,
e tratti di
negotij militari, farfi
molti brindifi i'vru l'altro
idb poi tanto
più è lecito
a perfòne di
ftudij f fpetialmente
a Poeti, dey cjuali
è Prefidenti Bacco;
fcriue Fllocoro,che gli
Antichi Poeti non
fetfipre can tauano i
Dithirambi : ma
foto quando haueuano
beuuto : all' h ora
infocando Bacco, ouero Apollo
ordinatamente cantauano odafi
Archilocho . Bacchi Regis canticum
elegans Dityrambicum aufpicàri
feio, Vini fulmina percutfa
mente . Pero Demetrio Alicarnafièo
fotto il titolo
di Nicerate chiama
il vino cauaf* io
del Poeta, ferina
il quale non
fi pub far
viaggio in Painafo . Vinum equus
eft lepido promptus
veloxque Eoetej Si potantur
aqux nil paris
egregium . Più
Volte riabbiamo noi
'veduto eflcr confolato
con òttimi,* coldiali
vini d* Amici Torquato
Tano,cfie era (èmpre
penfofò,pieno di ma!eneonia,e
fofpiri» Al fofpiro finto
delle Meretrici,• et delli
falfi traditori amici
ftrìnee infieme i nerui
del petto, fi
diftfmge, et congela»! cuore:cofi a*. line
hfg 'amanti, oper
troppa gclofia,che reftringe
Iota lo fantt*» ree
trop o anTor Amore, cheWiil
cSore, concepifconopaffiom u
w che fouenteWorzati a trar
fuora dal petto
lorofofpiriamme.am.Me.de q«»l'
P^co»(t gì* Amanti,
il Petrarca. Pafco il
cor di fofpir,ch
altro non chiede. Rerb
gli fuol chiamar
hot dolci, hor
foaui,&TerchL'^Jmatox?Q(|utney& l'inquieta conditione
degli Amanti» cWqttòn*:
tJ^UJW^^ più portano
la mente' cinta d'acuti
mirti, cioè c^e'
penììen a.mjorc^ ;
ne quali s'imbofcano,
e per quali' ftangendoje fpfpira^
in qutfta vita
vn perpetuainferno
ri'amòroiopenfiero, che hanno
in tefta fomminifTra
loro materia di' fofpirare
prefa da ogni minima
cofani* rimembranza
d*^nauolifaconfurnav fe,^diitrqg^erev
M . Ardòmf, et ftruggò
ancor, com' io
folia :' Làura rjùvolue
: Sc.Con pur
quel ch'io m'eraV Qui
tutta humije^qìii%ivi(li a,ltera
; Hor afpra,riot piana^nor
dilpietata, hofpiav Et quel
cHefegue per fin
l'vltimo terzetto1.
Qutdiffévna parola *>*K^
quìfbmie:' Qui càngio'! yifo .
In quefti penfier
laflb lSlott£,& dì tienimi
il Signor rioftro Amore ". I] veder
luoghi, doue con
diletto habbiano veduto
vna volta lalordama
g$ fa (pfpirare: Il
Petrarca rimirando l'amenità
di Sorgale le
acqucdentrodequaiIlla
fuadonria'ignuda
viddé,fofpiVarido,così cantò .•
Ghiarejfreiche^ó*^ dólci' acque' ^.^ Que
le belle memorai. jPòife colei,cheTo la a me parDònnly Gentil ramo,
-oue piacque fCort /olirmi
rimembra ) A lei
di far al
bel fianco colonna. EopSmtìntfd;^ g£>efofpira_,..
Io ho
pien di (ofpir
qiiéiV aer tuftby D'afori còili
mirandoil dolce piano
? Oue qacque còlei,ch'hatfendo in
mano' Kil o covi
in (ù\ fiorire,
coronata Mq*,ro,ch*
gemmeingran copia, nella
deftra mano tiene
'Vn pallone, et nel
Ui?ojftra "\tnoTpecchio,.ncl quale.miri,
6C contempli fé
ftcfla . . La Superbia,
come dice San
Bernardo, « ^n'appetitoolifordinatodellapro!"
pia eccellenza, cV^.però
fuolcadereper lo fatine
gli animi gagljatdi,&:.d'ingegnoinftabile, quindi
è che iì dipinge bells,& altera,©^ riccamente -vcftita.,. fio {pecchiariì
dimoftra, che il
fupetbofirapprefcnta buono, ót"~
bellq,v" '■'=••
.Acadt-r ~và chi
troppo in alto
{ale-.. ' ìl^eftimento rofl,
ci fa conofeere, che la
Supe*bia$troua particolarmente
ne gli
.[vuotami colerici', &^
fangmgrfi, lùquali (empcè
frmaftrano alteri,
sfòrrjtfKroiì mante-rière tjueftd.Opiriione di ft
^itejTi.còn gli ocnattienti
citeriori idei' corpo £ ? •,;•> ?
; La Superinone è
natadalla Tofcàtfa, la cjnale da
Africbio libr. 7. ehiamafi -madre
della hiperllitione . Neq;
genitrix, S: mater
fupérftitionis Exittuia opi-monem
eius ncim M
famam r è
horniriata fuperftitiòne dalla
vece fuperftice latina, che
lignifica fopauiuente, Onde
Marco Tullio nel 2
. iib.de .nat.DeoS 4
rum, .&• SVPERSTIT1O ti
È* rum, dke,che fi
ftìperftitiofi fono cori
chttmau,pefche tutto il
dì pregano Dio* che
li Tuoi figlinoli
fopraui uano a loro j ma
Latca litio fir m iano lib. 4-cap
2 8 .dice, che quefti
non fono iiipctftitiofi, perche
ciaicun© dtfìdera t che* Cuoi
figli foprauiuano, OC quelli
chiamaaa fnperftition, i
quali riuefiuanola memoria
y che fopraftaua de
morti » onero
quelli, che fopraui
(luci al padre,
Se al Ta
madre tene uano, 5c
celebrauano le immagi
ni loro in cai
4,come Der penati
: lmpercioche quelli,
che pigliauano nuout
riti y oche
in luogo de'
Dei honorauano t morti,
erano chiamaci fupef
ftitroft . Religiofi poi
chiamane cftieHi, che
hpnorauano i Pubblici,
Se antichi Dei, et ptoùa
eie Latiantio da
quel veri© di
Vccgilio nel lib .
8. dell'Eneide . Vana fuperttitio,
veteromq; ignara ©eorurn
» Meglio di tutti
Seruio,fopra il detto
ver(o,dice che la
iuperftitione ì vn
fuperfluo, 3c feiocco
timore nominata ftìpe
riti t ione
dalle "vecch e,
perche moke foprauùTute,
dall'età delirano $
Se ftoitt fono
% onde per
tal cagione "vecchia
U dipingemo . E chiara . *8t flt
chiara cofa è,che
le vecchie fono
più* fuper ftitioie
>petche fono pia
timide, ti Tiraquello nelle
leggi Connubiali pare,
p.dice che le
vecchie fono fpctialmen te
dedite alla fuperftitiune, et però
Cicerone in più
luoghi la chiama
Anilo » riputandola cofa
particulatc da vecchia,
quindi è che
le donne fono
dedite alle ftregonarie» et alla
magia, arti familiari
alle donne» come dice
Apulco nel o, lib.
del fuo Afino
d'oro * Le ponemo
"vna Ciuetta in
tefta, perche e
prefa dalle timide,
e fuperftiofè perfone per
animale di cattiuo
augurio, &c come
notturno è fatto
(imbolo della morte nelli
Gieroglifici di Pierio
Valeriano, il quale
dice, che col
canto fuo notturno fempre
minaccia qualche infortunio
» et narra
l'infelice cafo di
Pirro Rè de gli
Epiroti, ilquale reputò
per fegno cattiuo
della fua futura,e
ignominio fa morte,quando andando
a efpugnare Argo,vidde
per viaggio vna
Ciuetta pò nerfi fopra
l'afta fua, impcrcioche
ne fcgni,che giunto
a dar Palìàlto
fu leggiermente ferito da
vn figliuolo d'vtìa
veccniarella, la quale
vedendo da alto.che^, T>irro perfeguitaua
detto ftìo figliuolo,
gli buttò in
tefta vnà tegola
co tutte due le
irùni,per ilqual colpo
cade morto, et quefta
è fuperftitione a
credere, che tal morte
dì Pirro futTe
agurata da quella
Ciuettà JPer il
medefimo rifpetto fé
le pò re aili
piedi il gufo, et cornacchia
animali, che foglione
ellcre tenuti di
male augurio da fuperftitiofi
ancor hoggi, della
Cornacchia Vcrg. Eglola
prima . Saepc finiftra caua
prafdixic ab ilice
conix « Et Plinio
la tiene per
augello d'infelice canto,
quando nel x.
li. ci 2.dice
di lei. Ipfa Ales
cit inaufpicata'garrulitatis*
Del Gufo
neirutdlo loco, dice
Plinio,che è animale
di peffimo prodigio» Bubofunebtis j
òC maxime abominatus, et piùabaflo.
Itaq; in
vrbibus aut omninoin luce
vifus, dirum oitentum
eft . L'iiteiìo riferifee
Ifidòro arrecando li
feguenti 'verfi d'Ouidio
nel 5. delle
Metamorf. Ecedaque fit volucris
venturi nuntìalu&usj
Ignauus Bùbo dirum
mortalibus omen « Nel
Confolato di Seruio
Fiacco, et Q.Calfurnio,
fu vditO cantare
-vn Gufo ìopra il
Campidoglio, et aliborà
appreflb Ncmantia le
cofe de Romani
andana,"0 rna!e«&percheera
cofi abomineuot«concetto,narra Plinio.che
nel Coràenttò nellaw penfieri .,, .,_... ihabbia da eiiere
da qualche fegno,il
quale naturalmente non
paia denotare tìmil
co(à, dico naturalmente, perche
ci fono animalità'
quali naturalmente fi
preuedo yna concerne la
ficura tranquilliti del
mare dall'Alcione *il
quale augello fi il
nido d Inuerno,
cV^ mentre coua
per fette giorni,
ficuramentc, il Ma*e
ftà tranquillo, di che
n'e teftinoonio Santo
Ifidoro lib. 1
a.cap.y. Aicyon pelagi
volucris difta quafi ales
Gceanea, eo quod
Hyeme in ftagnis
Oceani nidos facit, pullpiq,-educir,qua excubante
fei tur extentoarquorepelagusfilentibusventis
continua feptem dierum
tranquillitate miteicere, $C
eius feetibus educandis ©bfequium rerum
natura prabere. Et
perciò Plutarco de
Solerti» Animalium djce,che niuno
animale merita d'eflère
più amato di
quefto, Alcyoni auterru circa \St JCONO LOG 1*4 trirca 'bramarti partenti totum mare
Deusflu&uum,c^ pluuiarum vacm £r*bet,
vt iam alitici
animalfit nullum,quod homines
ita merito ament:hui
ma da Ciuetta» -CornacchiaGufo5& altri
animali non.fi può
ién^afupei itirione predirebenejO
male aIcunOj«oa hauen.doefftnaturaUttfakunacol bsne, o
còl m al e,jchejci:ha,4a venire,
mali fiìperltitiofi timidi
attendono a leggerezze limili, &:moftranod*hauereil,ceruello di
Ciuetta, che in tefta
alla fupeifhtione habbiamo
pofta,.e d'euere.come inienlàterCor.nacchie,e come
Gufi goffi» &fcÌQCchi, che
li;ftannofint0rnoal[ipicdi,poiche pongono i
Ioroftudij,e' penifierì
fopra di quelli, et fondano
fopra loro.cofi vane
ofieiuationi . Onde Budeo nelle
Pandette, dice, Propterea
factum, ^tfuperftkioproinani etiam
obiervuafione ponatur,; amentis
eft enim iùpetftitioneprejceptorum.contra naturasti caufe trahi,.
An^i Santo Ifidoro
non iòlo tiene tale
fuperfticione infenfata, OC vana,
ma anco teputa.cofa
nefanda a ccedece^cHe
Dio faccia partecipi de*
Tuoi difegnì le Cornacchie,
Magnurfioiefa^ ha?. credere nvt
Dms confilia fua
corni cibus martdet %
Porta al collo
mókijpoli^mi,»elfcndo
coftume.di pedone (uperditioie,
timide di -mak^ortaoo^d'cllo caratteri
-. lettere^ parole
perianjtà, perarml, per
Ì5fuggire;pericoliv&'/per altre
co/e à'qualinon poffono recare giovamento alcuno,
perche non hanno
rvirtù, ne forila
alc«na . MapiaceUè.a Dio,che {insili fuperlHtiofe
cofefullèro eftirite con la gentilità; poiché tuttavia ne
fanoanco.traVCniwJjtiam, ne fnatacwfto
di quelli., che -aggrauano bene
ipello il peccalo deHa
fuperititione
con'&tuirfi in co'ry
he non fi
conultne4.cl1e
paroJedella'fiLrictura^crajlequaliffi
dauerio portare
/tjmpHcemente per d
uotione, .come Ci "auuertifoe nel
Manuale dclNauanro i
Qui,confulunr,fingunc, ve) por-..tant
c'urn certa fpe.
quedasn^nominalltiipti ad aliquid
habendwn, vei ftfgien dum
peceat mortaliter,ex quo
metti fairoSifibiDeosimagina*
tur, quos veneietur, aceolàt, «fcgle&o interim
vnius veri Dei
hoDore,& cultu,* Impius autem eft,qui
nuUòs omnino Deosselte
cre.dirjl che ficonfontìa
coldct to di Seneca',
citato dalBeroaldofbpra Suetonio
nella-vka d'Qthone cap.4. Superftitìo eft error
irtfanus; » fupedtkio autem nthil
aliudeft5quarhfalfi Del cultus,
6lit Deum,icarupe*ftiuQyiolat.
Talcofa deuefi tanto
più abbonire da
ogni Ghriftiano» quanto che
ècefta-me deriuato da
fugerikiofì Gentili y fi com&conita-appiciro antichi
Poeti .. Tibullo nella feconda
elegia?. Et me ltiftrauit
taedìsV(Dilidio nel 7.
della Metamorfosi .• 1,
Multi fidafq; faces
in folla fanguinis
atra1 TingitycVf
infe&asgeminiisaccendkin aris, Terq»
fenem fiamma,tèr aqUa,ter
lulphute purgat.£c Luciano
nel dialogò dì
Menippo. Medio nacl:Ì&
(ìlentioad'Tigridèrarfte Mimiarn
duce»s^urgàuk,r1mularq^abfter^tyfaceqy;ilRiftrauit . Più
a baffo . interim accertarti
faeem tenenr, foàttd
amplius iam fummiuo
rnurure, ied Vocexjuaift ppteratmarima
clàmitans funul omnes conuoeat Erynnes,HecateniiQ#arnaSb;e:*£eètamq;Proferpinam
.. Ellendó già laGfhtilki fpentadàl>.
l»«eteite^&iì»lu*ìr«:»iuc« del noftro
Saluatore, fpengan anco
in tutto,> et pet
tutto da
noi la di
lei petnkiofa, et •
infèrnal face della
fuperftkione» La religione hon'oraA
©tìerua ii culto
diti ino, la;
fuperftitione-violà il culto di
Dio ; il
reiigkjfo dal fuperftkìofo
con quefta diftintion*
fìdifèerrte y il-lupetftkiolb Ha pautfa'di Bio,ma
il Religiofolo teme
con riuetèn^a come
padre,non Gorne nemico,
bellini m-a diftintione.pofta dà
Budèo iópra le
Pandette, per*au> tonta di
Varrone . Quale
autem tlltìd eft crucd
Vario rel/giofum a
mperftftipfo ea dillin* tem
vereri 'Vt parentesynon
vf hoites tirtiere.Grrei fnpcrfti
rioia étti dindèmo-i 'niam appellarti, et dindajmonas
fuperftkioios, abinconiulta, et ablurda
diui-, ti£ potenti»
formi di ne,
huiufmodi meticuios . Scrupulòsnunc
appaiane non '•jitìepro
verbo,& inde fupeTmfiofos
fcrupu)ofòs,inctVenirr)
iempei? aliqìiid,^trod
.itìoaleeos habeat, &fanquaitì lapillus.
ideftfcrupulus
incalcé^,f4entidem
pun&ket ; Si
che li fuperìfcitiofi per
tal
fpauento,ch,harm^dd)a^etì^4i«iaa> 2Ì+
fi penfano d*e(Fere
giuftamente timorati di Dio,
et ardenti
nelfa baona religìone
» ma s'ingannano,
perche totalmente fono
agghiacciati, et freddi
nel culto diuino cofu
etti dal gelido
timore,che hanno, impercioche
non bada adorare^ Iddio per
timore, ma fi
deue temere, et amare
infieme, et con
ardente amore hanorarlo, àC
riuerirlo : Ancora
li tiranni, et huomini
facinorosi fi temeno . cernendoli non
s'amano, ma fi
odiano» cVT* con
tutto ciò per timore
fi fa loto honore,
ne per quello
quel!' honore è
volontario dato di
buon cuore, perche.* non
il porta a
quelli amore, ma Iddio
fi deue ben
temere, ma con
amore, do* uendo noi
conforme ai principale
precetto dell'ardente cariti
amare Dio fopra ogni
colà ? Onde
li fuperftitiofi temendo,
&^ non amando
Dio,ancorche per tal timore
esercitino digiuni, et s'occupino
in oratione, 8e
altre religione opere,non
per quello fono
ardenti nella religione,
fi come in
apparenza raoftrano d'elTere, ma
fono più collo
fpenti, e morti,
«(Vendo priui del
zelante amore verfo
Iddk>,contto il quale
per timore còmettono
facrilegij bene fpeiTo,feruendofi di cofe
facre, SC benedette
in empio» Se
mal adetto vfo
applicandole a loro
fuperfticioiè imaginationi per
fuggire quel che
temeno, o per
ottenere quel che defiderano per
commodo, &? vtil
loro in quella
vita mortale j Onde
con moU ta ragione
il Tiraquello dice, che
s'accolli all*Hippocrifia, an^i
Bude » aflèrifee nelle Pandette,
che fi piglia
ancora per PHipocrifia
. "Ponetur
etiam a do&is fuperftitiaproeo quam
he/efim vocamus. Plutarco nel
trattato della fuperftitione
proua, che per
il dannofo,vitiofò, Se
fpaucnteuole timore di
Dio chiama* ta da
Greci Diddemonia, li
fuperftitiofi fieno nemici
di Dio é
Neceffe eli fuperftitiofum, &^
odilfe Deos, Se
metuere, quid ni
enim, cuoi ab
ijs maxima fibi illata
e(le; illatumque iri
mala exifti medium
qui Deum odit»&
metuit eiui ed inimicus,
Ncque interim mirum
ed, quod eos
timens adora t ac
facris veneratine et ad
tempia alTidet, Nam
tyrannos quoque coli
~videmui,& faiu.
tari,ijfq> aureas (lataas
poni ahijs, qui
tacite eos odcrunt,oderetur, et execra» runt,e
nel medefimo trattato
prouaxbc li luperftitiofi
fono piò empi)
degl'empi}, e che la
fuperlUtione è origine
deli'impietà ; dimodo
che non pollòno elicla altrimenti ardenti
di zelo di
religione ancorché moftrino
d'edere infiammati nel culto
di ella, eflendo
la fuperlUtione feparata
dalla religione,coroe proua Santo
A golii no
de Ciuitate Dei.
lib,^ cap. 50.
Se a lungo
ne difeorre per
tutto il (erto Hbr,
impercioche la religione
ollerua il "vero
culto, Se la
imperlimene il falfo . dice
Lattando Firmiano. Nimirum
religio veri Cultus
eft#;uj erftitio falli . Habjbiamo
pollo (ateo il
medefimo braccio finiftro,
che tiene la
Candela accefa,il lepre ver
fa il feno»
per inoltrare, che
il zelo apparente
di religione del fupetftitiQiò è
congionto con il
vietalo timore, Se
lo tiene celato
dentro del (uo feno,
del qual timore
né fìmbolo il
lepre, che le
ftà nel lato
manco del cuore, ellèndo che ajli
timidi luperftitiofi palpita
il cuote,comealli timidi
lepri ; Cornificio
poeta, chiamar foleua
i loldati p-urofi,
che fuggiuanojleporcs galcatos
» lepri con la
celata, ESuidarifecifce, che
li Calabrefi da
Reggio erano, come timidi,
chiamati lepri Timiduraanimalculum eft
lepus: vnde Regi
ni lepores dicti funt.
tanquam timidi, olcré
di ciò'» timidi
fupcrllitioij, quando s'incontrano per viaggio
in "vna lepre
la iogliono pigliare
per male augurio, et tenerlo per .
sSj iti finiftro incontro,
onde è quel
veifo greco riportato
da Suida* Phanis o
lagos dyftychispij Cribus Cofpcclus lepus
infelices facit calles
. t/incontro del lepre
fa le ftrade
infelici. Nella man dritta
tiene vn circolo
di fte!le,e d;
pianéti, ver fo li
quali tìfgua*-da con
timore* perche, fecondo Lueretio'*
la fuperrtitioneè vn
fupcrfluo. e vario timore
d'elle cofe, che Iranno
fopradi noi, cioè
rìe!?e celeri, edcliediuine Autorità allegata
da Sermone! luogo fopra citato,* Secundurn
Lucrelium Superili tio eft
fuperftancium rerum, id
eft Otlefiium, et diuinarum,
qu;e fuper hosftantinartis j et fuperfluus
timor.* ^propiocoftume de'tupetftkiafi di
haUere timore delle
Stelle, Coftellationi, Ò(T
fegni delCielo,& di
regolarli! con li Pianeti,
Se fate vna
cofa più torto
di Mercordì, e
Giouedì, che di
Venerdì, àC Sabbato *
Se più d'vn
giorno, che d,vn'altro,& farla
àllhora,che con ordine
retrogrado fi deputa al
giorno del pianeta,
che corre ;
del quale errore
n'è cagione l'Aftrologià, dallaquale
è deriuata la
fupcirtitionc;(l coinè afferma
Celio Ho digihO lib.
5iCap.3£>. per autorità
di Varron«_, Ex
Aftrologice porto finii
prò fluxille fuperftitionù
omnium vanitates, locupletiilìmus au&or
Vartc teftatur, Ma li
timidi fuperftitiofi, ladino
pure la vana
fuperftitione, et il
vano timote, che
hanno delle ftelle,
coftellationi, Pianeti, ót
del li fegni
» che nel
Cielo ùpparifeono, poiché non
poflonoa loro fare,
ne bene, ne
male » 6^
dieno pit\ torto credenza
a Dio padre
della verità, che
a gli Aftrologi
figli della bugia
» il quale in
Gieremia cap.x. ci
ammonifcrjche non li
temiamo . luxta vias
gentium nolite dìfcere, et a
fignis Cedi nolite
metuere, qua? timent
gentes» quia*» leges populorum
"vana* iunt» et poco
più abaflò ♦
Nolite ergo timere
ea, quia fìec male
poftunttacere, nec bene : 6C
però San Gregorio
nell'homi! i« X.dillè Neque enim
ptopter rtellas homo,
fed ftella? propter
hominem faéte funt. L'huomo
non è nato
per ftar fottopofto
alle influente delle
Stelle^ ma le
ftelle^. fono fatreper feruitio
deirhuomo . §fRAfAGEMMA M1ttfARI BelSìg.
Giouarmi Zar aitino
Cafiellinot, PÌN G A
S ì vn'hùomó
armato, che porti
in teftà né*
Cimièro quefto mot to
Gre co,he doloihe
bibhìiterrà lo (tocco
cintò al fìhìftrò
lato, e dal
braé* ciò firiiftro -yha
rotella, rieliaqùàle Ila
dipìnta yna ftahòcchià>ché porti
in bocca per trauerfo
vh pe^zò di
canna -, incóntro
ali* HidrÒ animale
aquatile fatto a girila
di lerpéiìlquàle con
la bocca apèrta
cerchi diùb'rarla »
apjyo'ggieià la mari Vlèftrà
al fiancò toh
braùura, gli federi
préilo li piedi
da vh canto
vn Leopardo ardito con
la tetta àlca,&
ih cima del
Cimiero pongali Vh
Delfino^ Quèfta figura è
totalmente contrària ài
parete di Alefiahdrò
Màghójiìqual* àbiYorrì oltrambdò
!ó Stratagèmma, et perciò
ertendò égli perfuafo
da Parme* hiónè, che
àffàlràile àH'improdifo li
hemici di hotte,rifpofe,che tra
brutta cofà, ad vn
Capitanó.rubbare la vittoria;,
e che ad
Vh AlefF. fi
cèuenrua vincere lenita ihgàn.
ni. Vielor iam
furati^ ihCjUititurpe tft
rfcahifefte>ac fitte "dòlo
Alesati dtutfi sincere i86 IC ONO
L 0 G I*A
STRATAGEMMA MILITARE, "vincere oportet, riferifce
Arriano ., non ottante
quefto altiero detto eeniìderando,
che Alellandro Magno
hi nelle attioni
fue precipitoio,& hebbe
per l'ordenario più
temerità, et ardire,che
«irta di fattela,
la quale vuole
eliere congiunta con la
prudenza, Se col
configlio . Habbiamo
coluto/ormate la preiente
figura de lo
Stra.tagéma,come atto conue»icnte,an^i necertaxioad
y.n Ca pitanio, al
quale s'appartiene non
tanto con for^a, et brauura
eipugnareii nomici, quanto all'occorrenze per
la falute propia
della patria, 8^
deirefercito fuo fuperarli col
conleglio, 6C~ con
l'ingegno, nel quale
confitte lo ftratagem* ma
: perche lo
ftratagemma non è
altroché 'vn fatto
egregio militare trattato più
col confcglio,& ingegno,
che eoa il
'valore, ciotte, impercioche
forte^a e (è alcuno
con valore combattendo,
lì nemici vince
: Conieglio pofeia
oltrc^ al combattere con
arte, *& con
aftutiaconfeguir la "vittoria .
Fortitudo enim e&Jì quis
rubare pugnante* hoiles
deuincit : Confiiium
vero extra prxlium. arte, BICESA%E%IPA. tS7 ite
i atq'ie djlo
Vi&oriam àdipifci :
Dice Policno Macedonio
ne! proemio de ;li
(boi ftiatàgemmi, Autóre
greco molto graue* et antico,
che fiorì nel
temidi Antonino* 3^ Vero
imperatori, dal quale
hanno apertamente rubbato rèrti
Autóri volgari de
i noftri tempi
* Soggiunge il
medefimo Autore,che la^. jnncipàl
Fa|>;cn^i de* fingulari
Capitante certamente lenivi
periglio acquiftar a ^vittoria,
ottima cofa è
poi andare ìmaginaiìdo
qualche cofa »
accioche col >iuditio,é configho
fcorgendò auanti il
fine della battaglia
fi riporti la
v teoria . Dptirhum 'vero
eft ( dice
egli bufando il
tefto greco, per
non arrecar tedio)
in pfa acie quiddariì
machinari j~vt cohfilio
prsueniente finem prxlij
*"viófcoria-> paretùr .
Ilche pare ancona
nfe perfiiada Hsmerò*
che (pelle volte
dice, he dolo he
bijphi j feu
dolo,] féu vi
; cio^j ò con ingannò>ò
con for^a, e
quefto è il
mot co, che
habbiamò poftò fopra
ii Cimiero del
noftró Stratagemma, che
pari mente fi
lègge in Potieho,
dal cui detto
fi deiiua quello
di Vergilio nel
2. dtlle Eneide in
perfoha di Coirebo
* Mùtenius Gypeos
; D^naUmq; infìgnia
nobis Apteiiius dslus, ah
virtusj quis ih
hofte reejuirat ? qtt
Vfi dice
dica procuriamo pur noi
di cótìfegùir vittoria
con tal ftratagemma,
mutiamo gli ftud;
j, accoramodiànci gli
elmi >& l'infcgne
de' Greci,* chi
poi vorrreUàle alla
forìa, 8^*vnoftraìagemma
01'dfto prudentemente, fuperagran
copia difoldati,dice Euripide
in Antiope. Confilium (apientér
initium multa's maiius
vincit : impetitia
vero cum multi cudinte
defcerms mahim eit,&
il medefimo in Bolo .
Exiguum eft 'viri
xobur, prarualeat autem aiiimi
induftrià, femper enim
virum imperitHm>& robufturn corpore min'u's
timeo, qUam imbeciUem, et veriatum
. Veggafi circa ciò il fermònè
54, di Stobeo,
doue ci fonotnolte
fentenzo in fauor delio
Stratagemma, Quindi è.che
Lifandto
e(fendoglÌTinfacciato,che con
inganni facell'e molte
cofe indegne, ri'fpoie,che
quando non baftaua
la pelle del Leone,
faceua di meftièrò
cucirla con la
pelle della Volpe,*
Vbi Leonina pellis non
fufrtìrit,j;bi
adfuer>da«eft
Vulpina,dice Plutarco negli
Apofcemmi,volendo inferire-, che
dduenoh bàftando le
forze ydeuòno fupplirePaftutie de lo
ftràtagemma ; Ij
primo che ì'^vfàlìè
tra Greci yrirerifee Mienofu
Sififo figli uolo
di Eolo, il
fecondo Autolieo figliuòlo
di Mercurio» il
terzoiPròteo, ó\^ il quarto
Vlillè che Hcmèro
chiamò poylcrétòsj, cioè
vafer, attuto., et dipkVfà th'egiiAÉfib nella
nona Odiirea Guanti
^eflere àftuto,^ fraudolente. Sum Vlyfles^aertiadesjquì òmnibus
dolis •Hominibus curi fum,vtmea
gloria cejum àttingifc Vlillè io fon del
granLaertc figlio, Che per
gl'inganni miei, de'
quali abbonda Dillimàfònoatuttiglìmortaliv, E la
mia gloria giùnge
Minò al £ièh>. Mutiffi tuo
Capitano fu anco
Ambile Caf tàgitìefeje
moltoleft© inrrirroti& nuoui
2SS noui
(Iratagemmi, e come
Tenue Emilio Trobo
nella Tua vita,
quando non era eguale
di for^e,combatteua con
i'ingegno,e congl'inganni,e per
venire alTef plicatione della
noftra figura, rapprefèntiarno
lo ftratagemma turco
armato perche iìafì ilCapitanio
inferiore, o fuperiore
di for^e,(ìafi egli
per combattere con for^a,o
con inganni, fa me(tiero,ch'egli fia
Tempre prouifto, onde
Cinctuti, acciw&i,& pra?cinóri
Milites : detti
Tono quelli "vaiorolì, e
vigilanti fbldati che mai
non (tanno fènz'arme,
e come deuc
fare ogni accorto
(oldato, hanno Tempre la
Tpada alla cinturai
la mano pronta,
ed apparecchiata al
combattere fi come difeinci
Tono li poltroni
inubili alla militia,
di che Seruio
(opra Vergilto nel fine
dell'Ottauo, Onde Augufto
daua per ignominiofà
pena a* soldati
tra* (curati,che ftelfero diTcinti,
Ten^a cinta militare
diTarmati . RappreTentiamo
lo ftratagemma tutto
armato con lo
flocco al fianco
: perche fiali il Capitano inferiore,o
Tuperiore di forze;
fiali egllper combattere
con forza,o con ingannila
me(ricre,ch'egli (ìa Tempie
prouifto; onde è
che da latini cinéti
cinétuti, pra.*cindti,& accincii
milites Tono detti
quelli 'Valorofì, 6^ "vigilanti fòldatijche
ftanno cinti con
le lor»armi,eilèndoche ogn'accorto
Toldato deue Tempre
tenere Tarmi Tue
con Te, la Tpada
alla cinta,e la
mano pronta, ed apparecchiata
a combattere :
per lo contrario
Difcincli fono detti
li poltro* ni, inabili
alia militia, diche
Seruio Topra Verg.
nel fine dell'Ottauo
; però Augullo
daua per pena
ignominioTa a*To!dati delinquenti,
che ftello diTcinti,
fèn» ^a cinta militare, e iTarmati, come
indegni di portare
armi : ma
caftigati più (etienmentc
erano quelli foldati,che
volontariamente per pigri tia,ò
dapocaggì* ne hauedero la
(là ce le
armi, maflimamente la
Tpada . Corbulone
Capitano di Claudio Imperadore,
fece morire vn Toldato,che Tenza
Tpada» ed vn'altro
che_* col pugnale Tolamente
^appaila intorno ad
vn Baftione, Cornelio
Tacito libr, xi, Ferunt
militem quia valium
non accinctus, et alium
quia pugione tantum accinóìus foderet,
morte punitos . E
Te bene rifteflò
Hiftorico non lo
può crc«dere,parendogli uoppa
Teuerkà ; nondimeno
tengo,cheCorbulone3ilqualpto meua
in riformar la
militia, pur troppo
lo facefle ;
ne lo fece
per feuerità di fuo
capriccio, ma per
rigore della diTciplina,
e legge militare
j atteTo che
era de» bito de*
Toldati, quando elfi
zappauano, e faceuano
fofTe per fortificare
gli al» ioggiamenti del
campo, tener la
Tpada al fianco,
deporti giù gli
Tcudi,c le bagagiie
loro fbpra i
propij legni intorno
alla miTura de*
piedi ailègnata a
ciascuna-» Centuria per fcouarla,
nella guiTa che
certifica Giulio Frontino,
che Tcnllè dell'arte
militare, molti, e molti
anni inuero doppo
Tacito, ma conTot me
alli codumi de'
maggiori tratti da
diuerfì Hiftorici più
antichi: dice egli
nel ter^o hb, cap.8.Scatiuscautem caftra afflate, vel
hyeme,hofte vicino, maiore
cura, ac
labore fii mantibus . Nam lingula?
Centuria' diuidentibus campidudì:oribus,óc"
principibus,accipiunt
pedaturus,& Tcutis,ac larcinis
Tuis in orbem
circa propit fjgna difpofitis,
cin&i gladio foflàm
aperiunt : oltreché
corta per leggi,
che fi puniuano capitalmente
quelli, che haueflèrp alienata, venduca,perduta,o lalìata
la Tpada. Pauolo
GiurifconTulto nel libro
delle pene de'
ioldaci, 1. Qui
con:-* meatus .rf.de re mi liuti;
e Modellino hb.^delle
penejib. 3. rKde
re militari, Frano anco
cinti d'arme per
fine quando pian
tauano, quando poi
cenauano con I lon l'Imperadore
fciolti, e difarmati,
come narra Giulio
Capitolino ned* v uitati
(Iellate d'oro ; òC perche
diffidi cofa era
nella Corre Palatina
trouar chi ì'haueffe prefe,
i foldati quieti
fi comporta uano
la perdita, ma
di nuauoinuitati non
voleuano più fciolerfi
Le cinte . Poftea
rogati ad conui.um
cinedi accabuerunt . Cumq;
ab his qua?retetur,
cur non fòluerenc
cingulum, «{ponchi fé
dicuntur Salonino deferìmus,
atque hinc .traftum
moterp, vt deinceps
cum Imperatore cin&i difeumbetent, In quanto
a gii animali
figurati,prima ch'io venga
alla loro efpofitioncmetv terò in
confideratione, che il
Capitano per due
effetti fi ferue
dello ftracagemma,alle "Volte
per faluar
feftefibfolamente^iiandoèpouerodifoi^e^en^a curarli dì
fuperareii nemico, riputando
aliai guadagno ma
ntenerfi in vita
insieme col fuo efferato .
Altre volte poi,
quando è più
potente, fé ne
ferue-r per sbaragliare f
esèrcito nemico con
rifeluto penfiero di
rimanere vincitore $ t
quella due effètti
fono rapprefen tati
dalla natura degli
animali propoflhe pec venire
al primo, Racconta
Éliano Hiftorico nel
primo lib, cap.
2. che in
Egitto la Rana è
dotata di particular
prudenza » impercioche
fé s'incontra neh'Hi«* dro
alunno del Nilo
nemico fno,conofi:endofi inferiore
di for^e,fubbito prende vn
pe^o di canna
in boccale la
porta ftretta per
trauer/ò,ondef Hidro non U
può inghiottire, perche
non ha tanto
larga !abocca,cuianto fi
(tende la Canna* ed
in quefta guifa
la ranocchia con la fila
aftutia fcampa dalla
for^a del-Hidro, il quale
è ferpe di
bella vifta, ma
di atroce veneno,
di cui Plinio
iib.2.p.cap.4 dice, In
orbe terrarurn pulcherrimum
anguium genius ed,
quod m aqua
"viuif Hydri vocantur, nullius
ferpentium inferiores veneno:
fotto quefto effetto
cade quello ftratagernma de'Britann^ò
vogliamo dire Ingiefi,i
qu3ji ritrouanduft inferiori di
Cefare, tagliorno buona
quantità d'arbori, e
li attrauerforno molti fpeflì
in vna fclua,pet
la quale parlar
doueua Cefare,e ciò
fecero per impedirgli i'ingrellò ;
Vn'altro ftratagernma vsò
/Pompeo in Btundufio
turbato dalla ve* nuta,
che intefe di
Ceiare, donde Collo
fi pani, e per
ritardar l'impeto di
CeGire, fece murar
le porte, e
fece fare fatò
a trauerfo le
vie, pia ntandoui
leoni àgu*' %i coperti
di terra . Il
fuo figliuolo ancora
Scfto Pompeo in
Ifpagnaad A te» uà
cernendo la venuta
di Cefare fece
attraueifare Carri ver
le fede per
trattenere l'efèrcito nimico,«d hauere
più tempo di
ritirarfi,e foftificatfi in
Ccrdotìa doue egliandò; Anibale
fimìlmente vedendoli con dtfauantaggio cMufi
qusfi tuli i palli
da Q.Fabio Mzffimo
; lo tenr
e a b?.da
ruttori giòrnetvénendo poi
la notte iceeh certi
(armenti in fu
fé corna di
moki bouijgJi'muiò yeifo
il monte,ifona!e pettacolo sbigottì
di forte Tefercito
Rornano,che ncn fu
alcuno, -ch'hau? Ile -ài jire
d'vfcirc de' riparie
con tale ftratagéma
trattenuto il Campo'nemico.
fé ne uggì fèr^a
detrimento del fuo
effercito.fi fecondo effetto
^quando, il Capitano itrouandofi ptouiffo
di for^ma però
con qualche difauantaqcjo.penfad' ki-lire
con l'ingegnò,* con
l'aftutie indurre Pìnimicp
à qualche paffò
nò penf to, Qi
girarlo in mediche
con fua ficure^i
verga a fotiomctteilo
per inaizra !e T alia àpi
alla glornfa vittoria
: Di ut
natura è il fiero Leopardo,
il quale non
fidandoft nelle fue for^s
contro il leone,
cerca di metterli
al (ìcuro con
si ratta altutia
: fà: egli vrta
cauernaych'habbia due bocche,l'v,na
penwntrare, l'altra per
vfcìre larghe am'bédue,ma (trette
nel mezzo»quarido Ci
vede perfeguitato dal
leone fugge nelU caiierna,oue
il leone dal
defìderio di trionfar
di lui lottentra
con tanto' impeto, che
per la groife^a
del fuo corpo
s'inalba in modo
nella ftrettura di mezzo* che
non può andare auanti,ilchefapèndo il
Lcopardo,che per la
/ottiglie^a del fuo
corpo' palla veloce la
buca fatta, ritorna
dalla parte oppofuaj dentro la
fbflà\e con li denti,' e
iVnghiè lacèra,e sbrana
il leone dal
canto di die tro.
Et fìc ixpe
artépotius,quarrì viribus de
leone obtinét vicloriam
leopardus,' dice Bartolomeo Anglico,'
De proprie tatibus rerum
lib. i 8.capi6$; 5imili aftutié
onò di quelli
accoréi guerrieri, che
fanno dare nelle
fue imbofcate le
nemiche iqù'adre,come fece
Anibale a Tito
SempronoGracco,e Celare a gli
Heluetij; 6 dir
vogliamo Sùi^zeri,iquali guereggiando con lui
entrarono ne i confini
de ifran^efié de'Romani
con numero intorno
a ottanta milia,de* quali io.
miiia poteuano poi tat
l'armi ; Cefaré
Tempre ritirandoli cedeua
loro,vn giorno, i
Barbari perciò maggior
ndutia prendendo lopetfeguitauano,mi voléndofi eiii
pallàr il fiume
Rodano, Céfare non
molto inan^i accampò.ondc i Barbati
hauendo palpato cori
gran fatica l'impctùbfo
fiume, ma non
tutti,volendòhé paffare ancora
il giorno féguente,
jo. riiilia,quelli, che
erano pafìatì fianchi fonìa
la' riua fi
ri pof auano *
Céfare la notte
afìalendoli * gli vccifè
quali tutti>elTendo loro interrotta
la facoltà di
ritornarféne per lo
fiume ; altri
ftratagemrrii a quéfto
propoli to recar
fi pòtriano, ma
ballino quefti,rimettendo il
lefc tore curiofó di
faper varij ftratagemmi
al fudetto Polieno,
a Giulio Frontino,
a quelli pochi dì
Valerio MaflirhOi e
di RarTaci Voiaterrano
t ed alle
éopioie raccolte de* Moderni^ 11
Delfinoifopra il Cimiero,fu
irhprefa di Vlitfe
autore duelli ftratagernmì,e fé bene
lo por taua nello
feudo per grata
memoriajch'vn Delfino liberò
Telemaco fuo figliuolo daH'onde,nelle quali
era caduto,fecondo la
cagione éfpofta la Più
tare© per autorità
di ZacintOicd Crirehò;
nondimeno potiamo dlre,che
ftia be ne ad
Vliile il Delfino
animale aftUto,e lcaitro,come
fimboio dello flratagethaj ed attinia
conueniente ad vn
Càpitanojperchè il Delfino
è capo,e Rè degl'aqua
tili,ve]oce,pronto,iagace,ed
accoitojcome deue èfltre
ógni Re,Gemralé,è Capitano
d'ellerciti; fagace,ed accorto
in lapet pigliai
partiti in ardue
oceafìòhì t vcloce,C pronto
in eseguirli: Ha
l'attuto Delfino molto
conofeimento* e confila quando è
per ccrhbatttre coi)
il C tocodillo
fcroce,e pcfhfera beftia,a
cui egli e inferior
di for^a* ftnrlo
nella parte piti
debile ien^a (uo
periglio: Vuol egli
dal Mareencrar nel Nilo,il
Crocodrillo non Io potendo compoitare,come le
gli oc cupalleil iuo
regno, cerca di
cacciarlo via jdcUeil
Delfino non potendo
con la fòr^a, lo
vince con l'altutiàieilo ha
fui dolio penne
taglienti come coitelli,e
pct che la natura
ha dato ad
ogni animale, che
non iolo conofea
le cole a
lui gioueu iaeo
fc^ atterriti immergunt Delphini,
fubeuntefque ajuum illa
lecantfpina; poiche chiaramente
apparifee,che il Delfino
'"vinceil fuo nemico
mediante j'a« ihitia, totalmente
pernia di ftratagemma;
con ragione lo
veniamo a figurare (ìmbolodeirifteflro ftratagemma
nel cimiero in
tefta, per dimoftrare
la tolleri tud ine.,
j&iprefte,^a, xonla.quaJe ne'
cali argenti fi
.deuexol penfiero immaginare
lo Itracagemma, ed
immaginato con |a
jnedefima iollecitudine, e-, prefte^a
ponerlo in eflecutione:
come ì Delfini,
fanno quelli Capitani
di giù -ditio, i
quali informatilldel (ito,
Se dell'ordinanza del
capo.nemjco, i*atìàltano da
quella banda, doue
conofeono da più.dtbile,
e facile a
romperlo, et metterlo in
sbaraglio.: emendo il
Delfino minoredi foi^a,
e di llatura.del
Croeodiflojche perl^rdinariopaila ventidue;braccia dilungherà, imperandolo, e vincendolo,
può feunre perfimbolo
a quelli,ehe (ono.rninoii^di/ion temere i
nemici maggiorivd> loro
: però quelli,
che fononi più.polto,
e di .maggior nerbo _, ftiano
auuertiti dinon andar
ta.nto.aItieri perle for^e loro, che_> fpre^inolirminQri, exonbrauure,
ed orgoglio facciano
Iqro oltraggjo^perche non vi
è
hiuno,per^rande,che.fia,.che,CQn:lo;ftratagernma;giunger non
fi po£. fa da
quallluoglia infima perfona. A
cane non magno
fa?petenetur aper.. 5peflo il
Cignal da picciol
can s'afferra,, Piccf^o è
èo Scarabeo, jSc^
nondimeno con aftutia(ì
mendica delf Aquila, nella
gui fa* che
narra 4*Aloiato «èli Emblema,
cento {eifantaorto, piccioloè l'Ichneumone.,
da «olino chiamato
Enidro animaltttc ornile
alla Donnoia, come
n'auuertifce Hermolao Baibarofopra
Pliino libro Decimo
.capiio fetantaquatt-r© da.alcuniienuto force
d'india,^ .pure quefta
.beflioia^ attutandoli nella creta
iene-la corsia feccandofcla
al Sole, $C
contio i'Afpide combatte
riparandocon la coda
i.colpi ^finche .con
i! capo obliquo
lif guardando fi slancia -dentro le
fauci .d'eli* Afpide
; l'itilo qmndo
^cdeii Ctocod.llo con la
bocca aperta (
allettato d*l Rè
d'vccelJi detto Trochiio,
che glie la fa
tenere aperta, grattandoghela
delicatamente, 6C beccandogli le^
ianguiiughe, come dice
Hercdoto, vi fé
gli auuenta dentro,
gii rode le
interiora, e come
acuto dardo gli
trapalla ii ventre,
donde le n'e/ce
fuora. . T z
L'Egidio Wp L'Fgitho
parimenti e picciolo
augèllo da Arinotele
detto, Salo, da
Achille, •Cocchio
nell'Emblema .pìl Acanthe,
che da alcuni
pigliali per il cardello,deU •la qual
differenza Hermolad Barbaro
fopra Plinio libro
Decimo capitolo 33; 52,
6^ 74. nondimeno
fimilé augelletto fi
sfoga centra 1* Afino,
che trsu li fpini
doucl'Egitho celia, ttregolandoiì* gli
guatta il nido, perciò
gli fàlt a-» con impeto
addotto, e col
becco gli punge
gli occhi, 6^
le piaghe, che
tal 'Volta fuole hauere
fai cello, 3^
nella fchiena . Il
Delfino ancora 'vien
Cd* perato da ~vn
picelo! pefee, che per
Enigma lo propone
Bernardino Ilota n*l* i'£gloga
x. piscatoria \ Dimmi
qua! piccioltoelce 1!
Ma re accoglie, Che
col Delfi n
combatte, et vincer
potè* Quarpìcciolpefce fi 'Voglia
inferire, non so
di certo, mi
iouuien hetiCs cheli Delfino
è nemico del
Pompilo chiamato anco
da alcuni Mautilio
peice picciolo, del
quale Àtheneo nel
fectimo libro ne
tratta difufamente luogomokocuriofojoue tra
le altre dice,.
chele il Delfino
Io mangia^, non lo
mangia fen%àpen?~; atteioche
fubbito mangiato, rimane
addolorato, ed inquieto,, tanto
che fianco ed
infermo vien ributtato
dall' onde al
lito, oue_* diiienta etto
preda, e cibo
d'altri -, ma
fiafi che pefee
picciolo fi voglia .
La concilinone è, che
li maggiori pottònoettère
fupcrati dalli minori,
cmalfiuoglia pec abietto»che fia,
è da temerfi,
Publio ne i
mimi « Inimicum qtaamuis
fiumi lem, doétè
efì: metutre v Quelli
dunque, che nelle
forile loro fi
confidano, nelle proue
di crudeltà, €■ misfatti
commetti, &T fanno
del brauaccio, fi attengano
di fare ingiurie
ad altrui, e credano
pure,che quelli fteflì
infilici, ch'elfi hanno
fatto adaftri,po£ ibno efler
fatti a loro,
e fi ricordino,
che ehi non
può efler *vinto
con egual for^a, è
-vinto con aftutie,
e ttratagemmi ; et chi
non pub eflere
fuperato da 'vno-, è
fuperato da più ; motto
che fu detto
in Greco a
Maflìmino Imperatoi feioce f
che per la Aia robutte^a,
c\^ grande tiratura
II teneoa inuincibile.. Qui ab
vno non poteft
occidi, a rnultis
occidkur > Elephas grandis
eft, et occiditur, Leo
fortis eft, et occidicur,Caue
mulcos, fi fingulos
non times . Il
fenfo de* quali
verfi porti da
Giulio Capitolino fu
da Ludouico Ùolce
ae* conciamente tradotto, ma noi lattato
c'a parte ogni
acconcio, e pompatile
paiole folamente ci tederemo . Quel,che non
pub da vn fol efier
vecifo i Da molti
ben soccide, E grande
l'Elefante, e pur
soccide, Fort'é il L eon, ed
egli ancor sWecide, Guardati pur
da più, s'vn
fol non temi *
$en lo
prouò l'infoiente Mattìmino,
il quale ripoiandofi
infiefflé col figlio lui
mezzo giorno all'attedio
d'Aquile* nel fuo
padiglione, fu da'
ibi dati amnu^DI CESeARM
%IFJ. 293 ammanito colimedefimo
figlio » mandatane
le.tefte d'aro becitte a
Roma ; uà folamen^e
da.moltitudi»e,di persone,,ma da
yn jntaigio jblorogni
alto peri©, naggio pubelTere/uperatqjCQme ilCtocodrillo
dal Delfino per
via di ftratagem ima . Aod,
nel ter.^o de' giudici,
portando premènti adfiglon
Rè de Moabiti
f iinfe d'hauergli a dir parola
di Cedreto, entrato
folo dal Rè
lo.percoflè a^moitc*,nel
yentrecon vncpltellq,cbe tagliaua d'ogni canto: caforinoua toaVterapi.no;ftri nel
1 580. da.
FraGiacppo Clemente dell'
Qxd. de* Pred.
chefotto colore iì sprefentare alcune
lettere adHenrico Ter^o
Rèdi Francia,nel porgerle
chinaivr idofi a fargli, riueren^a.inginoccbione, lo
ferì parimenti con
ynfimile colteli© suel pcttignone;iebène il
fuo^ sfai uo,. ed.
egli fu* fubbitp da
circoftanti.yccifò, auanti
che fpiraiTe ìhRè.
Salirafiìmilrnente l'animofa,vedoua Gjudith
alla Patria fuatornò
con la tefta
d'HoIor fferne Principe degli
Adiri}. Paufania giquane
di niuno folpett©
( comedicft* sGiufHno) e'fendofipM
^Ite querelato a
Filippo .Rè di
Macedonia del|a~y:ÌQ» iJen^a fattajli,
da Attalo, 'Vedendo^tie(il;Rè!nonIo puniua,
an-^i fé ne
ridejua»^ inanoraua
rauuerfario, lafTato il Reo, prefe
vendetta dall'iniquo G judice,
ara.magandolo in. vno ftretto
palio lontano dalla
fila guardia . Vna,vepe,f :
liberare il figliuolo
dal pericolo, butto
addotto a Pirro
«ynja tegola,. che/vccife, per
.quaJìtonarra Plutarco "vln ^erfi,ano(.aftutam ente. con ~vr?aft:a
trafirte-Qiuijiano Apoftata Imperatore GiopSatt^Egnatio . Perfis(adepto
imperio ) feellura Jndixit, *\bi
duni inconfultius agir,
Perfce, viri dolo
in defèrta cum
exetcitu dii-,#us, conto
tratec'tusperijt,
Stefano.Procuratore,comefefuireinfermoìCpmrparue col
braccio: fini ftro
infafciato
auanti;Pomitiano„ImperatQre,ilqua(e
rnea Jtreilau aintento a
leggere certi, memoriali,xhc gli
diede,fu da luiferito
nell'in;guinagliacon.vn
coltello: con ta]e
a.ftutja *yn 'Procuratore
domò vnmoftxo di .crudeltà
formidabile a tutti
pertanto fangue di
nobili, eh' egli fece
fpargere;,4i manieracene li-torti,egi1ngiuriofì oltraggi
public*, e priuati
fattila' Grandi* vVengono
vendicati etiamdio da
'vn mjnjmo folo
per via di
(tratagemma.. •Ponemoil De!£no fopra
iLCimiero,fi perche il
Delfino(come cofta ne
li ge.aials diAleirandro
ììb.6. cap»2j . )
fu imprefadi Vliffe
Autore di Stratagemmi^ tae fenza
ragione, perche il
Delfino jcapo,e Rè
degl'aquatili/è animale lagace-» accorto,:pronto,-e,veloce,come decedere
ogni Rè, Generale,e
CapitanodV: feccia, fagace,j&
accorto in faper
pigliar partiti in
ardue. occanoni, veloce, òC pronto
in e{feguirli.:vsì ancopercheil
Delfino è di,mo!to,conofcimentq,;& considera quando èper combattere coni! Crocodìllo
feroce,&,venenofa beftia ferirlo nelle
partepiu debile ^n?a
fuo periglio,, non
gli va incontrp
per hauere il Cocodrillo
grande apertura di
bocca munita di
cetnbili.dkn.tj .ordini a
guiladi pettini, et perche
anco è armato
dVnghie.fpauenteuolU ne
Io#(Talta di fopra^
» perche ha la
fchiena,& la pelle
dura,che refifte ad
ogni colpo, ma
come accorto, et deliro
palla veloce fotto acqua, et va
con l'acute penne,che
fui dorfo tie»e
à ferirlo rei
*\*ntre, perche sì
che in tal
parte è tenero,molie,$: facile*
trapalarlo, et con tal
fìratagemma l'vccide riferifee
Solino in tal
guifa .. 1 Capitaai
di giuditioinfoimatifi del
filò, et dell'ordinanza
del campo nemico
lo ai|alT 3
un© àpf. tano da
quella banda, doue
conofconafia più debole, facile a
romperlo, e me** terlo
in sbaraglio, fi
che il Delfino,fe
bene minore di for^e, e
di ftatura al
Cocodrillo,che per l'ordinario
palla ventidue braccia
di grandezza,!© fupeia,&
l'vccide, dal che
ponno prendete ardire
quelli, che fono
minori, di non
temere de' nemici maggiori
di ìoro,e qa*Mi,che
fono di pur
polio, et di
maggior nerbo,ftij che
con lo Itratagemma
giunger non fi
polla da qualfiuoglia
mimmo A cane non
magno fa? pe tetaetur
Ape* Speffo il Cignal
da piceiol can
s'afferra * Picciolo è
riebneumone da Solino chiamata
Enidro animafetto fintile
aila-r donnola, cotne auuertilee
Hermoiao Barbaro fopra
Plinio lib.x^ap.^^^da aleuv »i
tenuto per force
d'Indiale pure quefta
befriola attufandofi nella
Creta, fé ne fa
corata feceandofela al
Sole •,& co-ntra TAfpide combatte
riparando con lau coda
i colpi nemici,
-finche ton il
capo obliquo riguardando,
fi slancia denteo le
fauci dell* afpide, et quando
vccffc il Cocodrillocon
la bocca aperta
allettato» dal Rè d'^Yceelli
detto Throchilo, et da
Suetonio in Cefare
Regaliolo, che glie la
fa tenere aperta
grattandogliela
delicatamente, fé gli
auenta dencro,gli rode le
interiora, et come
acuto dardo gii
trapalila il ventre,
donde fé n'cfcc
fuoia » L*£githo è
anch'egli piccioli Augello
da Ariftotrle detto
Salo ; òa
Achille Bocchio nell'Emblema
elfino ancor» fuol eflcre
fuperaco da vn
piceiol pefee, et pei
enigma laprepone Becnardiru Rota nella x.pifcatorJa* Dimmi qual
piceiol pefee ri mar accoglierne
col Delrm combatte*,
e vince* pUote *
Ch'io per me
credo, che (ìa
il -Pompilo detto
anco Nautilio, pefee
inimicilTimodel
Delfinoidelquale AtheneO nel
7. li. ne
tratta molto copiofamente,
degno d'enere dagli
ftudiofi veduto* Quelli
adunque* che nelle
for^e 'oro fi confidano,
e fanno del
bravaccio, fi aftenghino
di non fare
ingiuria a niuno, ancorché inferiore
dì forj&a, -e di
peribna, et fi
ricordino, che chi
non pubcilèi *Vinto con
vgual for^, è
-vinto con afìutic,
e ftratagemmi,©^ chi
non pub etfere
fuperato da vno,
e vinto da
più } motto
che fu detto
in greco a
Mammine Imperatore, che per
la fua robufte^aj
e gran ftatura
di corpo fi
teheua per im« mortale, et inuincibite
* Qui ab vno
non poteft occidi
a mukis occiditur* Blephas grandi
s etti òC
occiditur Leo fortis elt, 6^
occiditur. Cauc multos, fi
fingulos non times
» Il fenfo de*
quali -vern polli
da Giulio Capitolino
nella "vita del
detto Impe latore è
quello a verfo,
per veriò • Chi .
2?j Chi non {j pub da
vn Solida più-sVccide, E
grande rEefante»e par
s'vccide. Forte è il
Leon,ed'egli ancor s'vccide
Se vn Coi
nontcmùhabiji timor di
motti, E ben lo
prono l'infoiente Maffimino,iIquale ritrouandofi
a l'afledio di
Aqui eia,mentre fui mezzo
giorno fi ripofàua
infieme eoi uWfiglio
nel 'tao Padigliofie.fu da*
Tuoi propij (bldati
Romaniche erano da lui (frappatati,vccifofcoi me defimo
figlio, mandatene d'ambedue
le tefte a
Roma, in tal
maniera fi ©prime t'infolen padelle genti
peruerfè, mediante lo
ftratagemma. Si come
anco fu Domitiano imperatore
percoffb, et morto
da Stefano procuratore
con attuto (Itatagemma, fingendoti
ammalato, portando il
braccio (ÌKÌftro irauoko
confafcie di lana,
tra' quali afcofeil
coltello per leuare
ogni fofpetco di
macchinato (Irata p-m ma
TARDITÀ DONNA veftita di
beret tino, Se
hauerà la faccia, et la
fronte grande, darà a
cauallo fopra vna
gran Te(tuggine,Jaquale regga
con la briglia,
&y^ (ari coronata di
giuggiolo» attero tardiflìmoà
frutta. TEMPERANZA, DONNA
-veftitadi porpora* nella
deftra mano te»ga "vn ramo
di patos a, et n
elk fin i
(t ra vn
freno* La temperanza è vna mediocrità
determinata con vera
ragione circa? gt*eeri,
o\^ difpiaceri del
corpo* per conto
delgiufto.» -Si. del
tatto, v(ando(ì come fi conuiene
per amor delf
heneftojóc^ dcll'vtrle; che
"fia -mediocrità fi mo«
fka col
veftimentodi porpora comporto
di due dmer^ì (Timi
colori, li cjualicofi porli infieme
fanno apparire vna
diletteli© le, &T
vaga cornpo&tione,come due eftr-emi
guardati 4& ~vn
fagace-, éc^_ accorto
intelletto, ne nafee
vn'idea, Ó^^ vn concetto
di molta perfettione,laquale poi
tmnifeirata nelPopere dimandiamo con ometto
nome di temperanza
-, per moitrace,
che £a circa
i piaceri, cV^ difpiaceri del
corpo, Leiì dà la
palma in mano,
firnfeolodel premicene hanno
ki cielo ^uelli,che dominando
alle paffioni, hanno
fogg'ogati fe$eili. La palma
non fi piega, ancorché le
ftiano fopra giandilTimi
peli, an^i fi
fol}eua* come dicono
liicrittoriycon" anco l'animo
tempera per dimoftrart-# . officio
iella temperanti, Che è
di raffrenare, e
moderare gli appetiti
dell'ani » feo,> fecondo
i tempi,
lignificandoli anco per lo
tempo la mifuta
del raotOiS^ Seda quiete,'perche
con la-temperanza fi
mifufanoi mouim^i ti dell'animo»
j{ fi danno r
termini ddì'v'riay& dall'altra
b.inda>da'quali vfeendo la
temperane*, £ guaita come
ì fiumi', che
vanno fuori delle
fponde loro . L'Elefante dal
T^ieiio nel 2.
libro, e porto
perla temperanza, perche
eflènds» i'fluefatto* advna certa
quantità di cibo,.
non vuol mai
paflare il (olito,!
prendendo tolo' tanfo,
quanto è fua
"vfart:£a per cibarfi
•>' Ed a
queltopropofito1 Plutarco
raceoìifaiChe hr Sigia hauendb^oieriiidareot dine dal
filo Signore di:
dare vna'mifa*adiftóadail-gÌ€)?no'ad:vno
Efcrante> chebaueuja *
il iètuidorepef moki giofni' fece
ftare dettoanrn^alefoio con me^za
mifurax che fon©
collegate mfierne per
alrùriè for^e occulte
*nonv(atitffcó di efprimerto
co» pi» manifèflo
fegno -, e più ìròpio
gier onirico, che figurate
\t fopradette due
herbe, o piante,
che dir 'vociamo,ciéjè rhelitrop*os
e'lSeHnot*opÌ0*percioche quella
fi muoue,egira fev rorido
il Mèi e
r|fleftà feeOfi*d#la Luna * e
éicefi^he ci fono
de gj altri fiori
tan0 d'alberi, quanto
d'herbe « che
dimeftrano far il
rnedefimo>ma non già
pia rtfidéntemeh tè di
cjtìéfteilu* ^on4e è
da fapere, che
gl^Egittij teneuano, eh e
urte le
cofe batìeilero Vito
ifteilò ofcii nettando
falche haueiferadipcnden^a
iaile Superiori, e
con qaelfe folTero
c»llega*e^naper for^a dell'in teletto,v« 'aifa pét
for^a della ragione,
vn Wa 4elìa
iiàttira» vn'alwa delfcnfo,
e cofi ciaD 2?$
ièuna feguifTe la
Tua, con la
quale beni/limo fi
confacele. TEMPESTA NINFA DELL'ARIA, Vedi a
Grandine • TEMPO. HV'O M O
vecchio, veftito di
cangiante color vario,
Se diuerfo, farà
il detto redimento riccamente
fatto"à (telle, perche
di tempo, in
tempo effe fono dominatrici
alle colè corrottiteli,
farà coronato di
rofè, di fpighe,
di frutti,e di tronchi
lecchi come Rè,
e llgnore dell'anno,
e deJle ftagioni;
(tara fo* pra il
circolo del Zodiaco,
perche la Tua
virtù è la sii nel
Cielo altamente collocata, et mifurando
a noi i
moti del Sole,
ÓY de gli
altri pianeti, ci
diftingue, 8c eftingue i meli, gli
anni, et l'età
; terrà vn
fpecchio in mano,
il quale ci
fa e nofeere, che
del tempo folo
il prefente fi
vede, et ha
Telici e, ilquale
per anco ta è
tanto breue, et inccrto»che
non auan^a la
falla imagine dello
fpecchio . A canto hauerà
vn fanciullo magro,&
macilente, da vna
banda ; et dall'ai tra
vn'altro bello,& graffo,
ambidue con lo
fpecchio:;, et fono
il tempo pallato
* che fi va
confumando nelle memorie
degli h uomini, et il
futuro, cheaccrefcc le (peran^e
tuttauia . A* piedi farà
vn libro grande,
nel quale^due altri
fanciulli fermano, tenendo l'vno
lignificato per lo
giorno,il S©Je in
tefta,& 1 altro
per la notte,
la Luna Tempo . VEcchio veftito
di varij colori,
nella deftra mano
terrà vna /èrpe
rinolta.» in circolo, mcftrer^
di andare con
la tardità', et lente^a,
hauerà il capo coperto
di vn velo
di color "veide,
fopra alla chioma
canuta, perche il
freddo, et le
neui lignificati nella
canute^a lono cagione,
che la terra
fi -vede di herbe, et di
fiori . I a Serpe,
nel modo fopradetto,
lignifica Tanno, fecondo
Topinion* de gli antichi,
il quale fi
mifura,& fi diftingue
col tempo, et è
immediatamente-* congiunto
con fé dello . Tempo . HVomo vecchio
alato,il quale tiene
vn cerchio in
mano : Se
ftà in mezzo d'vna
mina, ha la
bocca aperta, moftrando
i denti, li
.quali fieno del colore
del ferro . Sì fa
alato, fecondo il
detto Folat irreparabile
tempus, il che
è tanto chiaro per
efperien^a, che per
non difacerbar le
piaghe della noftra
miferia, non occorre farui
lungo dilcorfo . II cerchio,
è fegno,chc il
tempo Tempre gira,
ne ha per
fua natura principio, ne
fine, ma è
principio » e fine de
se folo alle
cole terrene .
àC à gli
elementi, che fono sferici . La
ruina,e la bocca
aperta,& i denti
di ferro,moftrano,che il
tempo flrugge, guafta, confuma, et manda
per terra tutte
le cole len^a
ipefa, et ien^a
fatica. Ter,) pò . HVomo vecchio,
alate, col piede
deftro fbpra dVna
ruota, de con
le bilancie, ouero coi pefb
geometrico in mano. TENACITÀ. Il pie
deliro fopra alla
ruota, laquale con
la Tua circonferenza
non tocca, fjt* non
in vn put:to,che
non ftà mai
fVrmo,ci fa comprendere,che il tempo
non ha Te non
il preterito, &il
futuro, ellendo il
preferite vn momento
indi uifìbile. Le bilancie, o«cro
pefo geometrico dimoftrano,che il
ìempo, è quello,
che agguaglia, et aggfuftf;
tutte le cofe . TENACJTA. VN A
veechia,che d'ogni intorno
ila circondata di
hellera,e de'rami della medefima pianta
ne tenga in
ambe le mani . E
attribuito di tal
maniera il nome
della Tenacità airhellera,come figniflcato
di legare, e
d'abbracciare, che già
appreflb i Romani
al Sacerdote di
Giouo non folo era
trifto augurio toccarla,
ma anche il
nominarla, accioche indi
non apparirle legato in
alcun modo, ne
in fatti ne
pur col pensiero,
e per quefta
caigi one'non gli era
pur lecito di
portarne vns anello, volendo,
che a9 Sacerdoti tallero tutte
le cole libere.
Onde appi-elfo Virgilio
fi legge, che
volendo far St» «lo far
facrifitio -Bidone > leuò
via ì legami
de i piedi,
e dìfcintefi d'ognurttofB* la vefte_, . DOnna, laqua'tacon
la deftramano tiene
vn vàfò di
fuoco,econ la Gniftt* tenendo vn
baftone loftu^ica» et maneggia,
pecche tentare „non
èal» tro,che fomentare quelk»^
che pei^jè :ftetlo?hà poca
for^a.» fé bene
èpoteote.aj hauerne aliai, et ad
accelerar l'opera, b dùcorpa,
o di mente.. TENTATlONE & AMORE.. VN A
beila ryerginella^dipaueti nàbijji-veftita, la
quale moftri dittare^ ambigua, fé
debba raccogliere alcune
collane d'oro, et gioie,&
denari^ che danno per
terra,& fi dipingerà
in vna notte
j dietro lei
fi vedrà vnavecchiji brutta, cV;
macilente.* Alia gagliarde^! delle
tentadoni molto fa
Pimportan^a delle jcofè,
che (ì promettono, ma
molto più (limola
la uccelliti, che
l'huomo fcnte in
fé fceflt delle cofe offerte,
Però fi dipinge
quefta gjouanetta pQueta,&,mal veftita,co(i l'occafione d'aricchire
inluogQ, che.colfiìentìo,.& conia
fecccte^a, par che-» inclini, et pieghi l'animo.a fario.con le perfuafioni» che nonccflano (limolare li gli orecchi, o
il cuore, vedendolo
dalla, concupifeen^a, che.per&èftefranon ceffa,
ò dalle parole
di perfonahabituata nel
vitio,che continuamente fprona,©^ tanto più*
Ce l'anitrio è
feminiìe, che per
sé fteflòconcorre a*
fomenti della natura, a
quefte inclinationi principalmente. accompagnato dalla
debolezza » che», 'Volentieri fi
lafciapartecipare., §c dalia
-verginità J% che pexja
poca efperienaj» incauta facilmente
fi lufing^. Si
tira . La vecchia macilente>ch;e "vi
iW dietro, èifiguradellaperfbnaih abituatale! ▼itio, che
perfuade a malitiqfi
amori, latconueriatione de* quali
deuefi fuggir*, e ciafeuno
deue procurare di
non ^aliarle praticare.in.cafa, eilendo
bene fpefie •agione della
perdition* delle fiimiglie, di
che nc.auuertifce Naamachio
Pecca Greco, eflòrtandòci a
difeacciare gli.efterni amori,
prima.che da altri
fivcoRo|5f il difeguo della
mente loro. Externos amoresreice;
priusquam ib,ali}» Reuera cognofeas
ftudia, mentesq; ipforunt Nec
Anum improbam tuis "vnquam
aedibusrecipiaj Multar uro bene
condkas famiiias
pelfundedcrmit Ann* 0 TEOLOGIA
DONNA con due
faccia diftìmili, guardando
con P-vna più
giouanoJ Cielo, con l'altra
pili vecchia la
terra, ftarà a
federe fopra vn
globo,oue* ro vna palla
turchina, piena di
ftelle, tenendo la
delira mano al
petto,cV la finirla fteia
verfo la taira, et foftenendo
il lembo della
vefte,ricino allaquale fi ve
de vna
ruota, che è
il propi» hioreglific©
nelle facre lettele
della feien^a Theo gica,
perche cerne la
ruoca nò tocca
la terra fé
non con l'infima
parte della in circonferenza mouend©fi,
coli il vero
Teologo fi deue
feruir del fènfo
nella lui feieja^a, Colo.
tattto»che l'aiuti a
caraiiiatc inaiai, e
nsn per allo»
dar uih dentro es Bl
CESARE %IPA. j*r Le
due faccie* con
le quali guarda
il Cielo,e la
Terra» dimoftranejCRe coinè dille
S. Àgdflìno a Vo!u
nano, tutta laTeologia è
fondata nel riguardare conti tfr ìMTStuiéi Òc
amare con perfeueran^a
Dio, et il
pro{Cmo,& pej; non fi poter
*&■ £ar l' vna, che
l'altra non fi
abballi, dimo£tra,che il
Teologo non bifbgna»
ch%# fnai tanto s'inalai
con l'ingegno, che
non fi ricordi
di edere huoaao, et dhe.là* ciìmentepuò incorrere
in molti erróri,
àC pero deue
andare catite,& ftQ*àr dcré
con autierten^a nel
riuolgerfi per la
bocca il testamento
di Dio * Si
famiglia all'età giouenìle
quello, che guarda
il ciclo, perche
le cofe aftiL/, et remote,
(òrio curiofe, et piaceuoli,
come le cofe
terrene ? §C
balle per lasXigt feco
faftidij, &C moleftié
* fono difpiaceuoli,
àC tediofe . Sta ^federe
foprail Cielo {Iellato,
perche la teologia
non fi ripoù
in cr*fa alcuna inferiore, ma
va direttamente à
ferire alla cognitione
di Dio,donde ha poi
regola, &c norma
da lapere, et intendere
tutte le cole,
che le fia
eoa facilita ordinate,
rendono marauiglia è
gl'occhi noftri in
tetri * La mano
al petto,moftra grauita,per
elìer quefta,fcien^a di
tutte fé felen^. Il
lembo dell» vede
foftenuto dalla mano,
che fta diftefa
verfo terra *
dimoftra,che vna parte
di Teologia fi
ftendealle cofe balle,
ma nÈCéllkne,che fono
il formare debitamente le
attieni noftre, regolarfi
nelle virtù, fuggire
li '\itìj,hotiorar Dio
elteriormente, dÉ~ altre
cofe fimili, le
quali fono, come
vna veitc^j folto alla
quale non penetrarlo, fé non
le menti illuminate
da Dio. TERRORE. HVOM0 con
la tefta di
Leone* veftito di
cangiante, tenendo in
man3 vh flagello, perche
par propietà del
Leone > atterrire
chi lo riguarda-/, :>erò gl'antichi
vfarf>nd al terrore
far la faccia
di quello animale* Il
flagello è indicio,
che il terrore
sforai gli ànimi,
&gii guida a
modo Caan 3c"" i
colori ancora lignificano
le "varie paifìoni*alle
quali impiega l'animo
vn'* auoifio, che dal
terrore fi lafcia
fpauentare . __ Sono ancora
o,uefté le tre
cagionÌ,che atterifeono gli
hdorninì, cioè gli
afpeti fi formidabili, i
/ucceffi nociuì, &lé
fubiùnée mUtatiorii delle
cole; l'vno è nel
irifoj l'altro nella
sferra; il ter^o
nella vefte di
eangian/e t f l
aufaina finge, che
Marte per com
miffione di Giotfé
vada.à fufeitar guerra _ra
gì* A rgiui, et i
Thebani,^ dice cne
pigliò lo fpauento,& il
terrore,^ gli fece andare
auaatì, dc^ lo
difegna in parte,&
in parte deferiue
gli erTetii,ch^ ia Ux
vengdiid, é^hì voltato
ih lingua noflra
coli é L>ella plebe
crudel, che ha
intorno elegge) Il terrdr
se à i
deftrier lo manda
inan^i AI cui poter
non è, che
il Tuo pareggi In
far temer altrui,
non che l'aiian^
ì Per coftuì par
che P'huo'm ; il
ver difpreggé^ Se nel
timido petto, auuien,che
ffeanzi Il moftro borrendo,
che ha *voci
infinite i Et maniferiipreal mal
potte* 6^ ardita Vrià
fola ridn e
fempre la faccia, Ma
molte, e tutte in 'variati
afpétri* 3$t ICO NO LO G ItA
Che fi
cangiano ogn'hor.» purché
a lui piaccia Di
accordar quei co*
fpanentofi detti. Quelli ne' cuori
humani sì forte
caccia* Che a dar
loro ogni fede
fono aftref ti, E
con tanto fpauento
fpeCo all'ale Le Città
j che poi
credono ogni male..
Ti Terrore dipinto
con la faccia
di Leone, racconta
Pau^àma, che fi
ved, fco! pi to preflb a
gl'Elei nello Scudo
di Agamennone, ma
che in molte
altre .esfieni Vi dipingeua
donna infuriata rSc
terribile, forfè per memoria
di Medu» fa, la
tefta della quale
era da Dominano
portata innanzi al
petto .neliatmatUi ra3 per
date terrore, et fpauento
a chi lomiraua,.TERREMOTO IL Terremoto
fi potrà rapprefentare
in difegno.con figura
d'huotrìo^efait, gonfiando
le guancie, c\^
(torcendo in (frana, et fiera
attitudine il viCoi moiln
con gran for^a
di vlcir.e da
vna fpelonca, ò
dalle iì(Ture deJlamraA'gM fi veda
con i crini
longhi, Se fparfi.. La
terra dintorno fi
potrà fare rotta, et folleuata
con .arbori gettati. a
terra. fracaifari, con le
radiche 1 tuolte
al del©,» Il terremoto,
è quel tremore,
che fa la
terra per cagione
delPelfalationi riftrette nelle
vincere di -ella vche. cercando l'efito
la fcuotono ., et fi
fanno (bada all'vfcire fuora
con euidente apertura
di quella.. Onde Lucretio^ilfe. Qood nifi
prorumpit tamen impetus
ire animai,, Et fera
vis venti per
crebra forami naterras .
Difpertitu» v.thorror, et incutitinde
tremolerà.. Timidità, 0 Timore* HVomo
vecchio, veftito di
giallolino, col corpo
;Curao; la faccia
alquanto pallida, gli occhi piccioli, et bianchi.,
le mani lung
he, &fo Itili, c\^ i
piedi alati ;
(tara mefto,u& (otroil
braccio 4ìn; fl.ro
terrà,vn Lepore jfebene
frj 51 timore, et la
timidità vi è
qualche poco di
differenza, non è però tanta,chc* non fi
pollano abbracciare (otto
vn'iftellà im nagine
; ondediciamo, che
il timore è vna
paflìonc dell' animo,
nata ne gì*
huomini dal dubbio, che
hanno, che l'opinioni fatte,
non 'vengono giuftificate
à bafttfn^a^ E vecchio',
perche fi genera
doue non è
abbondanza di (angue.»
ne vìuacitì di fpiriti,
il che G
'vedeauuenire ne' vecchi,
che perdono il
vigore infieme col l'età, et facilmente
temono tutti gl'infortuni) . Il già
lolino, del qual
coloreè la 'veflce
imperfetto, come il
timore moftra imoecfettione dell'
huomo non nafeendo
le non dalla
cognitione della propia» indegnità. I ledili
(ojjiadetti del corpo,
(ano ne'timorofi notati
da tutti i
fìfiognomici, et da Ariitocde
in particolare al
cap. 6$ io. II
lepre fotta al
braccio (indirò, come
dice il medefimo
Autore nel lib.
del» niiftoria de gl'animali
è amiaiilìmo di
fua natura, DC
(e ne vedono
m-micìti (cgni, et effetti . I^icdi DI CESALE
'RIPA. j& ì piedi
alati, lignificano la
fu£a,chtf nafee per
lo timore fpeflìifimo,
come ti Iettò in
altro proposito TIMOR
E. E C C
iri t O,
balìido.'veftito di pelle
di ceruió,in modo
che la teda ceruio faccia
1 acconciatura dei
capo, et ne
gl'occhi del ceruio
vi far araao molte
penne di color
rollo * i Si
dipinge pallido il
timore, perche rende
pallidi quel!;,che i'hannQ
... Veftefi di pelle
dì ceruio, perche
il ceruio è
animale tim difiirho, et fuggeno
da qualche finiftro,
fé troua correndo
delle penne rollè,
lerma il corfo,
èe fi ggira in
rnodo,che fpelfe volte
ne reftà prefo
> ii che
Vergili© nei 1 2.deli'£ncir e i
accennò con qùelte
pafole .• Inclnfi veluti
fi quando flumine
rtaclus « Cef uum i aut
punicei? feprum formidine
penna? TIRANNIDE. DÒ N
M À armata,
alquanto pallida, fuperbaj et crudele
in vifta,& riandò in
piedi,fotto all'ai matura
hauerà vna tiauerfinadi
porpora, in cao~viià corona
di ferro *nclla
delira mano Vna
ipada ignuda,ÓC conia
finiIra terra vh
giógo » Arrhataj 6^
in piedi fi
dipinge, per di
-noftràfe la vigilanza,
che è necetfaia
al tiranno per conferUare la
grànde^a dello (tato
violento ; che
però ftà ?mpré con
l'animo^ cV^ coti
le for^e apparecchiate
alla difefa di
fé iteiìo, S£"* 11'cfTefa d'altrui
i E pavida, per lo timóre
continuò, 8^ per
Pahfietà, che perpetuamente
la noléftano, et affliggono
* Dimortra crudeltà i e fùperbia
helt*afpetto, pèrche l'vna
di quefte due
peftì, e fa la
ftradà alle ingiurie
grandezze, ix. l'altra
ce la fa
edere perfeuerante . Si vede
di porpora >&
fi cotona di
ferro * per
dimoftratione di fignoria,
ma mbara, Se crudele^.
-. Ih vece dello
feettrofegrio di dominio*
Se di gotìerno
legittimo, tiene vna pàda
ignuda, come queiia
j che fi
procura l'obbedienza, de'
luciditi, con terroe,
pafcendoli, non per
il beh lord,
come fa il
buon pallore, ma
per Soggiogarli ill'atatro, Se
per icdrticarli, come
fa il bifolco
mercenario de buoi,
hauendo >er fine folo
la propia vellica
j et però
tiene il giogo
in mano è TOLÈRANZA. Sì dipinge
donna, "\eftita di
berrettino, d'a (petto
fenile k in
atto di fòpottare
(opta die (palle
vn iafio con
molta fatica >
con Vh motto,
che dica. ., fybus m
sftruvfecundis . : Tolerare, è
quafì portare qualche
pefo,diil?mtilando là graHe^za
di efT© per gualche
buon fine,& Un
p«fi dell'anima,alla quale
appai ti* ne
il fopportare,, k tollerare
per cagione di
vutù gli faftìdij, et le
aftìttueni, le quali
fi dimoftrar ao Col
iaifo, che per
la gtauiià iua,
opprime quello, che
gli ita iotto . E
vecICOXrO LOG IsA E
vecchia d'acato, perche
la toleran^a nafce
da maturità di
configlio, \i* quale è
dell'età fenile in
maggior parte de
gl'huomini mantenuta, 6^. adoEd
il motto dà
ad intendere il
fine della toleran^a,che
è di quiete,&
di ripo» f©,perdie la
fperan^a {bla di
bene apparente Q
tolcrarc,&: fopportare volendo» ri
tutti lifaftidij» TORMENTO D'AMORE. HVOMO mefto, et malinconico,
veltito di color
bruno, et fofeo,
cìn« to di {pine
; neiracconciatura del
capo porterà vn
cuore pacato da vna
fre^a con due
ferpi,che lo circondano,
inoltrerà effa figura
il petto aperto, Se lacerato
da vno Auoltore,
dando in atto
di moftrare con
le mani le
Tue pafliq* ni, et il
Tuo tormento . TRADIMÉNTO.
HV O
M O -vcftito
di giallolino, con
due tefte, Tvna
di vaga giouane, dt l'altra
di vecchio orgogliofo
; nella deftra
mano terrà vn
vafo di fuoco, et nella
finiftra vn'altro vafo
d'acqua ; {porgendo
il braccio innanzi . 1
i* tradimento è
vn "\itio dell*
animo di coloro,
che macchinano male
con-, tr alcuno, (otto
pretefto di beneuolen^a,
Se d'afFettione,o con
fatti,o conpa* itole ; et pero
la eletta figura
fi verte di
giallolino, che dimoftra
tradimento. Dipingefi con due
tede, per la
dimoftratione di due
pailìoni diftinte,"vna_/,
che inclina alla
beneuolen^a finta, l'altra
alla malauolen^a vera,che
tiene cela* ta nel
cuore per dimoiarla
con l'occafione della
mina altrui . I due
vafi l'vno di
fuoco, &C l'altro
d*acqua infegnaro che
il tradimento (1 ferue
di contrarij, perche
quanto il tradimento
deue efière maggiore,
tanto inoltra maggiore lancettione)& la
beneuolen^a ♦ L'acqua, et il
fuoco fi pcende
per lo bene,
e per lo
male,fecondo il detto
del-» l'Apocaliffe. ^ quarti y et ignem
appofttl tib'h ad
quodeunq; voluerh porrìge
manum tuam, TRADIMENTO. N* rniomo
armato, di brutto
afpetto, il quale
ftia in atte
di baciare vn." altro huomo
bello, 6^ fen^a
armi j terrà
la mano dritta
al pugnale^ dietro r.l
fianco. Si fa d'afpetto
difpìacf noie, perche
quelto vitto e
macchia enorme, e
defor* nvrj Infame della
vitadell'huomo. li b;icio è
inditio d'amici tia, et di
beneuo'é-^a ; dar
la mano al
pugnale per vccidsie, è
Jrretto d'odio, di
r.inc tenga .vna
mafeheca CcpTLr il -\ilò, et alandola
alquanto con vna
mano, faccia {coprire
in psrto kh: ■accia : joj lai
facci» macilente, et brutta,la
detta mafchera hauerì
i capelli biondi,
6^ ricci, in capo
poeterà *~vn 'velo
fottiìiflìmo, dal quale
traiparifeano li capelli Serpentini. Fingono t
Poetigliele Furìe,fieno
alcune donne nell'lnferno,deftinate a'tetmenti
altrui; et che
fieno Tempre inclinate
alla mina degli
huomini, brutte,dt* fpiaceuoli,fetenti,con capelli
(erpentini, et occhii
di fuoco, et per
quello eflènéo elle
miniftro di grandiilìmo
male, ricoperte con
la mafchera, noteranno
il tradimento, che è
vn'erTetto nociuo, e
luttuofo ricoperto con
apparenza di bene, et però
ha la detta
mafchera i capelli
biondi, e ricerche fono i penfieti
finti» per ricoprire la
propia fcéleraggine, 8c
mantener celata la
calamità, che preparano altrui »
Il che notano
i ièrpénti, che
fono tutti veleno,
8^ toflico, Sc^ i
capelli ferpentini, che
apparifeono fòtto al
velo » dimoftrano,
che ogni tradimento alla fine
fi fcuopre, &c
ogni mai pcnfi ero
fi sa, fecondo
il detto di
Chd»rr*7(vj— w ~ -™. ^r~ !sl|gv |p^ A ^^K^«9» H il
JPhjI ì *" 'IfellÉG^ fA^jjlil^^S # iJCT ^=^MyèA Mk^^yQ ^VVC®" ^ fe^lM
Jyp WsÈÉskf III 1 fflfe>J\i " o JgBÉjjife H»^ IX imitatione di
quelli calcati, con'quefta
forte di /carpe, et li
dimandauano coturni . E
dimoftra, che quefta
fotte di Poema,
ha bifogno di
parole graui, c$C di
concetti, che non
fieno plebei, ne
triuiali. Però dille
Horatio» Effutire leues indigna
Trag.-cd a"verfus,
TRANQJVILLITA. DONNA con allegro
-volto, tenga con
ambe le mani
"Vn'Alctaie, recello, il
quale Aia dentro
al fuo nido, et vn'altro
ne voli intorno
alla tetta di ella.,. Gli
Alcioni fanno il
nido alla ripa
de! mare con
mirabile artificio di
oflìcciuo li, fic^ fpinc di
pefei aliai piccioli, et in
tal modo inceduto, et fortificatotene e ficuro
ancora da* colpi
di fpada ;
ha forma limile
alla Zucca, et non
ha fé non_r vii
picciolo pertugio,per il
quale a fatica
entra, et efee
l'Alcione ifteflb, ilquale fu
p rciìo agl'antichi Egittij
indiciodi tranquilliti, perche
enVper naturale^ iftinto. 30?
ftinto conofce i
tempi, et fi pone
a far il nido,quando vede,
che fia per
conciliare molti giorni tranquilli, et quieti
$ però
tirando di qui la metafora,
dimaniauano i Romani
giorni Alcionij, quei
pochi dì, che
non era lecito
andate iru 'iuditio, et attendere
alle liti nel
Foro . Tranquillità . DOnna
bella d'afpetto, la
quale ftando appoggiata
ad -vna Naue,
con 1*_j delira mano
tenga vn Cornucopia,
èV con la
(ìniftra le falde
de* panni*, per terra
-vi farà vn'anchora
arrugginita, et in
cima all'albero della
naue fi vedrà vna
fiamma di fuoco . Sì
appoggia alla naue,
per dimoftrare la
ferme^a,5c tranquilli tà»che
condite nella quiete dell'onde,
che non là
folleuando,fanno,che
ficuramente la detta donna
s'appoggi . Il Cornucopia dimoftra,
che la tranquillità
del Cielo, 6^
del mare produ:ono
l'abbondanza, l'vna con
l'arte delie mercanzie,
l'altra con la
natura delle nfiuen^t. L'anchora è
iftromento da mantenere
la naue falda,
quando impetuofamen te è
molcftata dalle temperie,
gittandofi in mare,
3^ però farà
fègno di tran* ^uillità .vedendoli applicata
ad altro vfb,che
a quello di
mare. La fiamma del
fuoco (òpra alla
naue dimoftra quella,che
i nauiganti dimaniano
luce di S.
Ermo, dalla quale,
quando appariice fopra
l'albero della naue, clli
prendono certo prefagio
di vicina tranquillità . Tranquillità, Vedi a
Sicure^a . TRANC^VILLITA Isella
Medaglia à* intonino
Vio . DONNA, che tiene
con la man
delira vn Timone, et con
la Anidra due fpighe
di grano,moftrand© per
effe fpighe, l'abbondanza
delgrano,che fi può haucre
per mare in
tempo tranquillo, et quieto. TRIBVLATIONE. DONNA veftita
di nero/arà fcapigliata,nella delira
mano terrà tre
mar telli,& nella finiftra
vn cuore, E veftita
di nero, perche
porta neri,&ofeuri li
pensieri, i quali
continnamen te macerano l'anima, et il
cuore, non altrimente,
che fé tufferò
martelli, iquaii con percollè
continue lo tormentalTero . I capelli
fparfi lignificano i
penfieri, che diffipano, et fi
intricano infieme nel multiplicare delle
tribuLtioni, et de
trauagli . Tribulatione . DOnna
mefta,& afHitta,con le
mani,& i piedi
legati,& che a
canto vi fi*-» vn'aftamato Lupo»
in atto di
volerlo diuorar e, TRISTITIA,
O VERO Rammarico del
ben altrui . Vedi Rammarico. TREi*S T
REGVA VNA donna,che ftia
in vna ifoletta,neI
mezzo del mar tranquillo a Cede
re fbpra
vn fafcio d'armi
in afta legate,porti
il petto armato, come
Bellona;habbia (opra il
ginocchio deftro il
murione,e fopra il
murione tenga pofàto il
pugno.e con eflo
Aringa vna verga,intorno
laquale /àrà inuolto
il pefce Iup i,
e il
rnugile,o muggine, che
dir vogliamo vnici
infieme; con la
finiftra tenga le* gatì
con vn cingolo
vn cane,e vn
gatto,che pacificamente lèdano
al paro. Marco Varrone
definifce la tregua
in due modi.
Induci* funt pax
caftrenfì* pau orum dierum,vel
Induci^ funt belli
feriae. La tregua
è vna pace
diipochi di fatta nel
campo, ouero la
tregua è una
vacanza di guerra,lequali defini tiani ad'Aulo Gellio
nel pri.lib.cap.2 5.
non piacene, éc gli paiono
più tofto bre
nt 8c gioconde dtfcriuion,che perfette
definitioni : inquanto
alla feconda dice,ch': pili tofta
gratioià, che apertamente
definita, Se che
più fignificaa temente è da
Greci detta Ecechiria,
cioè, attinenza di
menar le reaai;
perche nel tempo
della tregua aoa è
lecito combattere . . ■$($ fin
quanto alla* prima dice
che noti fi;
può chiamar pace,perche
ftà anco in
piedi fa guerra, fé
ben Tattodi menar
le mani cedane
pace caftrenle dir
può,cioè fatta nel campojò
ne gli alloggiamenti
de foìdati, perche fi
fa ancoaltroue fuor
del campo, e degli
alloggia^encimilitari, ne anco
è per pochi
dì,perche fi concede parimenti a meli ;
tre mefi di
tregua diedero i
Romani a Cartagi nefi,come^. narra Liuio
nel x. lib. et fei
mefi a Nabide
Tiranno de Lacedemoni
:; Quadrigario poi
nelprimo degli Annali
lafsò feruta» che
Gaio Pbntio Sannito
dimandò al Dittatore Romano
tregua per fei
hote, fiche là Tregua
non è come
dice^ Varrone, per pochi
giórni, ma anco
per hore,e metì* an^i
leggiamo in Tito
Liuio, che a Perugia,
Cortona^ Are^o, le
quali eratìoquafi capi
della Tofcana chiedendo pace
da Romanità conceduta
tregua? pe* trenta
antìi,& in Attiene© lib.
i 5. legg'efi,Tnducias tecum
paciicor adannos criginta
*& tal tregua
di ^Ot artrti fu
fatta da gli
Àtheniefi còni Lacedemonr
foggiogata, eh* hebbero
l'£ubea ; il
medefimo Tito Liuio
riferifee^che afli Veietani
fu da Romani
conceduta tregua di io. et
40.
anni, et di
pi»! nelprimo lib.
di cento anni .
SubacTi Ve*» ie'ntès pacem
peritura Oratores Romam
mittunt, agri parte
multatis, in cerat am
annos inducile date;.
Nel intimo libro
racconta vna tregua
data a Ceripur di
centoannr, elfèndo T&
tregua' per nore,giorni>mefi,& anni
di lungo, et breue tempo,potremo direjcnela
Tregua fia "vna
conuentione di iofpenderele
arra* per vn certo
tempo determinato . Non è
da tralafciare la
definitione, ch'è nella
prima legge cap.
primo, oue fi
comprende indiamente la conciitione della^ fregila, -perche in
elFa fi dà
ficure^za alle cofe*&T
alle perfone, mentre
che anc* non' è!
finita la difeordté v
Tregua eft fectìritas
prieftita rebus,& perfonis
difeotàia rtondum finita, 8(^
quello in quantoalla definitione ? In quanto
alla Etimologia della
•voce latina Incfacia?, il
indetto Gellib,penfà Che fia
-voce comporta di
tre parole inde
> vti, iam .
Cioè*, che non
fi combatti pet fine
al giorno determ*inato,da indi
in poi fia
lecito trattare*come già
fifoleua da nemici
per via di
guerra, Aurelio Opilio
la giudica voce
deriuata,abini~ fui et introitU,perche né!
tempo della tregua
li nemici logltono
hauer cornetti»' ì'nfieme,& ciak
uno può entrare
nello ftato dell'altro
ficuramente. ' L'inuentote della
Tregua fecondo Plinio
lib. 7. cap.
5 6. fu
Licanore { Indacìas
lyCanor* feedera Thefeus .
Giiidic* tinto della
Tregua, quanro della
lega.» erano i Feciali,
perche quelli fi
deputauano fopra la
fede Public* de
popoli, co* rtìe fi
è detto nella
figura del la
lega, &Cic. pone
quefta legge» Nel
lib. 2.de^ FegibUs clic
nel tetto Greco
leggeri Horcia, *che
lignifica giurarne» tc^* ma in fpetie
laparola fedus non
lignifica altro piti
propiamente, che amiciti», A:
pace, fi come
nella figura della
lega riabbiamo con
autorit*: prouato, &T fra
certezza ne danno
gl'HiftorÌGÌ,.che fpefle volte;pongon
Tamicitia, et la pace
fotto nome di
fedus, fi, che propia, et diftintameme parlandola
tregua no» fi può
dir fodus, atte/oche
vi ..è differenza grande
tra Joeo, perche
la tregua da_» Jatini
detta ifiducia?.,sè\pace temporale,
per vncerto /patio
di tempo, et fardus è
patto d'amiciti?y^ pace
perpetua, ne è
marauiglia, che i
domani a parecchi
I oratori, che dimandaronoioro
lega, diedero phYtofto tregua»fi
romene auuertifceil Sigonio
neLppimo lib. de
Antiquo Iure Itaii^cap. primo» Et
fé la tradurtiooe
filetta dice .
Fa^deris amena efto
teftis Iuppker . Lo
dice per ifprimerc, che Agamernionelmperadore, inupcòGioue
per testimonio del.patto
giurato dell'accettar la tregua,:
:Dunque la proporla, che
fa fare Priamo
Re de Troiani da
Ideo fuo nnntio
a Greci, efièndovna
foipenficn d'ai me,
finche s'abbrucino iCadaueri, viene
ad efiere tregua
formata., poiché finito
di abbruciare detti Ctìtiaueri, dice
di voler combattere
di nuouo : ne
più antica^regua di.quefta
fi legge', ondepotemo dire,
che l'inuentorc de|Ja
tregua fia fiato
Priamo Re de 1
roiani » Il corpo
della noftra figura
Aà in vnalfokttaftel mezzo
del mar tranquillo per dimoftr;?re,che lo
(biondella tregua, e come
ilmaretranquillo, ma nonJpeX it in pre, perche
alfine psotompe in turbolenta,e
temperi?, e fi come
celiata Ila tefnpefta.dfii'ordc fi
pur ardare ficuramente
nel mezzo del
mare durante law tranquillit) »er/fi
cefi', u 1 3
tempefta delle armi,
per fin che
dura il tianqudW tempo delta
trrgua fi può
andare ficuramente nel
mezzo dello ftato nemica* &^ ciò
cadde fotto la
hidrtta Etimologia d'Aurelio
Opiiio. Ab initu,
tSc^ Jntroiru. Perche nel
tempo della tregua
s'entra acl paefè
de' nemici fen^a-, pericolo. Siede fi
pia vn fafeio
d\,rmi in afia
legate, perche le
bene nel tempo
della-» tregua fi foprafedeno
le armi, et le
riponeno » nullac
imcKo finite il
tempo del ' la tregua Di
CESA'KE %ÌPA. jrt h
fregna fi fcìogllono
le aimi, &C
ritorna in piedi
la guerra, cime
prima, e c{# cade
lotto le definitioni
di Varrone, et lotco
l'Etimologia di Gcllio
di quelle C£C parole.
Inde, vti,iam. Porta il
petto armato^come BeUona,percHe
nel tempo della
tregua ftà nel
pct to de* Popoli
Ja cura della
guerra,ancorche (1 facci
vacanza dalle armi . Tiene
fedendo il rriurione
iu) ginocchio, e
non in teda,
per lignificare maggiormente ilripofojche fT
prende nel tempo
della tregua, §CT
vi tiene laraaiw (opta
per molirare la proceda
di ponerlelo in
tefta^finko il tempo
delia tregua. 11 pefee
Lupo vnitocol Muggine,
è fimbolo delia
tregua', poi che
quelli duc^ pefei, ancorché franfo
capitali nemici, nondimencrad
vn certo determinato
tem pò fogliono interne congregatfi,per quanto
il Filolofò nella
Hiftoria d'Animali
lib.p.cap.z.cofi narra* Lupus y8c
mugils-quanquam inimici funt capitale*, (amen ftato
tempore congregantur :
fono inuolti poi
intorno alla verga,
per di* fnoftrare,chela conuentione
della tregua aikinge ".e parti • aerare
vnite fen^aof. fenderli, non
elTèndo lecito col
dar noia,òe moleftkr,
rompete la verga,
cioè la legge della
tregua^perehe chi rompe
la tregua, fa
violenta alla legge
delle genti, come fi
ha da Liuio
lib. 4$. riputandoli; fraudolenti quelliyChe
la rompen&. Omnesportas conciooabundus ipfe
Imperator cireumijt,.& quibuteuncj;
irti» tarnencis poferat, iras
militum acuebat, mine
fraudem hollium ineufans,
qui pace petite inducij's
dati:>,per ipfum induciarum
tempus, eontra Ius gentium/ jtd caftra
oppugrcanda ^enilfent . Fraudolenti
furono i Cartaginefi^che violofono la
tregua confro Romani prima, che
ìpiialTe il penultimo
giorno dell* tregua, come
riferifee Liuio lib.
20. fraudolenti furono
i Longobardi, che neU l'Imperio
di Mauritio più -\o!teromperono la
tregUain Italia * Fraudolenti furono iThraei,
i quali vìnti
dalli Boetij alla
palude Goapidefe ne
fuggirono in Helic'om,& fecero
tregua co 1
Boetij per cinque
giorni, fecondo riferifee
>uida j fcel qua!
tempo i Boetij
fatto configlio fi
patirono alfieurati dalla
Vittoria, ck dalla tregùaf: et mentre
chea Minerua Ironia,
come dire Policno antichiiìimò Amore néa'ottauo
lib. de gli
ftratagemmi, ficiificauano* et conuitì
celebraua* no/iirono di notte
da Tritaci aiìaitati,
parte vecifi, et parte
piefi viui /
I Boetij fomentandoli con
i loro nemici
della violata tiegua
* rifpofeto i
1 hraci, ch'eilì Fecero tregua
per i giorni,e
non per le
nottii con molta
ragione limili fraudolen ti
vengono meritamente vituperati
da Cicerone nel
primo «degli offitij,perche^ fotto vna
maÌitiofa,& aljuta interpretatione di
legge fanno ingiuria,come
quel lo,che hauendo lattd
Col nemico per
trenta giorni tregua,
di notte laccbegiiar M2 1 campi,
volendo che la
tregua pattili ta
fullè per li
giorni,^ non per
le notti Ve i Ile
qui curri tng.nta
dieium eflent cura
hólte pacìa? inducix, no£u popuìabatur
agros, quod dierum
eflent pad*, non
nocìium induci? . Per
meglio dirrtoltrare FobbJigationedel putto conuenuto nella
tregua vengono dalla noftra
figura temili legati
vn cane > et vn
gatto, perche il
patto della tregua
lega gh animi
de' nemici > c\_
fattioni contraricene nel
tempo delia tregua npofano,
e danno il
pace, finita la
tregua tornano ad
eflere come cani et gatti,
1 quali alle
'volte iUmie pacificamele
iuficme, ma in
bieue temi* foi fi
adunano. 'l* V 4
ViU *3« la foffoghi . • Udendo
il Valore vna
congiuntione della virtù
del corpo,."€RJP,J. PS -All'età
'virile fi appoggia
il valore facilmente,
perche (uol per
sé fletta perule la
forte ^a deli'an imo, et la
robufte^a del corpo
veftelld'oro, percicche,tì come
l'oro.neliefiamme fi aiEna,cofi ja^perrettipne
deli'huomo fi acquila nelle fiamme
deglLodij,nQdiiti,o,dall'4nuÌdia,o.dallaFortuna . -, Gli fi fa
io feemo,, pcrciie
alvalore fi.deuonodi.ragione i
gouerni, le ugnqti.e
; &C la
corona dell'Alloro, che
/empre.mantiene il verde
ien^ impallidirfi, dimoftra
i'oifitiodeH'iìiHQmo
rvalprofo^ fecondo, il .detto
d\ btcutio utile-»
Epiftolew,. . • Nil
confeire (ibi. nulla
pallefcere culpa .. Perche
la pallide^a, è
fegno ne' pericoli
di poco valore . 11
Leone,col quj.]cfi secatela
dimoftia, che t
opera di vero
-valore, fapejr : «cquiftare
gli animi de
gli hut, mini
feri,& beftiaìi,con prcuocarli
alla bene* r«okr;^a, ipogliandcgli
con ^articolar gaibo
de' eoiìumi. maligni,
&ntiiemafiliere ipiaceuolu
\VANA GLORIA. DONNA di vano
afpettocon vn paro
di corna, in
tef% nellequali fia
ratiuolto del fimo
. I fuoi
pender ti faranro due
iangujfughe,vna per orecchia, terrà nella
man delira vna
trcmbìfTlfcllafiniftra vi> filo,
al quale lu
attaccato "vna Vefpa, che
/uola^i in alto,
Gmilealle Api, ina
più grolla ^
con le-, ali maggiori.» La
VanaGlotia è immotò inordinato
dell'animo, col quale
vno deriderà la .propia
eccellenza, per enei
più de gli
altri honorato . S.
Girolamo nell'Epiftole*
dGloria inanis eft
inordinatus animi motus,
quo aliquis propriam
defiderat ex^cellentiam, vt
alios honore percellat .
La Gloria veramente
incica gl'animi de gli
huomini alla virtù, imperoiochefe
il corfo delli
cauaiii s'dcita col
fuono de! la tromba,
fé nella caccia
i Veltri con
)a voce,«& grida
de* cacciatoi! [prendono
>nimoa
confè&uirlapredajfeconlofticpito
delle; mani fi
fa, che da
gli animali jnmi fi
appetita la velocità,
quanto crediamo noi,-che
fi pollano ftimclare
gii huomini, i quali
nati fono alla
auidità della lode. et della
gloria ? QueIlo,che
fi commuoue dalla fàoe,
&: dallo ftimolo
della gloria ad
honorate impre.e,non (t ■può
dire fé non,
che habbjavn bell'animo,
peiche. beliamola è,
conseguir bucina fama per
mezzo d'honoiate imprefe^ Quid
autem pulcrius Viro, *
Quam gloriam bonam
ufto ioti fi
lènte bene fpelfb
di (gallo in
feritir lacerare le
opere fae da
inudi, da maligni,
&T dalla mofticudme" de
£>«*• diti) critici y
che in vece
d> gloria iannó
biafimo ì oltre
che dtuerfe iono
!e pf«* feilionf, àC
i profeilbri d'vna
fetenti» c^c arte,
per lo più
non fi curano
di trai* tati d'
vn altra :
trovandomi angioino in
vn circolo honoratodi
letterato ptrfoac
"vetta» a citare
ia "vui* occorenza
Tito Liuio } mi
dimandò vn Theor
lego . ìff jfftgo Spagnuolo
Eccellente nella Jua
disciplina, chi fuflè
Tito Liuio, et di chi
... irrattafle>\c.eit.o che appreflb
di lui la
gloria di sì
nobile Autore, &C
dcJ Konuai, de'
quali egli tratta,era
incognita : &C
pur Tito Liuio
( per quanto
narra iPlinio-neila Tua dedicatoria
a Vefpefiano Imperadore
) fi glciiiua,,ch
«gii hajaeua acquiltata
gloria a >b^ftanza,.6^ che
hauiebbe potuto falciai
di fcrìue£e,ièl*animo inquieto
non fi fuiTe
pafciuto ideila fatica
., nondimeno la
Tua-» l'ioria col iuo
"Vanto non è
nota a tutti i.litteratL,tattrto meno
farà nota quella-» d'altri di
minore autorità :
difficilejcojaè confeguir daziaria,
che lì sppetilce 'jpprelTb ognuno>tkf% in
ogni luogo .
I Cottigiani.cheiì gloriano
d'hsuer i prini
gradi, Oc fauori
in vna Corte,
dalla vanagloria gonfi),
penfano,, che non ci
lianoaltri,che loro al
Mondo, 6^ che
i nomi loro fianoceiebri,-eaiorida *va ìPoloaìi'altro ;
ma quanto lì aggabbano
; che
Tappiamo noi, .come
fi chiamaa© i CoKÌgianifPrinci_pali delRè
di Francia j,
di Spagna,.di Pollonia,
6^ dellTmperadore? ne
tanpoco quelli di
là fanno quefti
di qua ;
anzi ne in
RomamedeImafono da tutta
lajiobiità.conofciuti, e ftimati
: ma. che dico
iodeCortegiapì ? quanti
Principi, Marchetì, Conti, Duchi,
Bar©ni,& Prelati ci
fono al Monldo,il
nome de* quali
non fappiamo,& fé da vno
fi sa, dall'altro
non fi sa
: quante ftatue, arme
di Principi, et infegne
vediamo ne Palaci,
Tempij, et Sepolcri erettiioioper vanagloria
da noi non
conofeiute ? ne
(olo de pailati,
ma anc© idi quelìi,ch'hoggi giorno
viuono fono da
tutti,.&per tutto conofeiute. La maggior
gloria.che più oltre
fia dilatata è
quella de Romani,
&C* nondimeqo a-tempi^di
Marco Tullio la
gloria loro* chepur
haueuano riportato gorioe
vittorie d'Africa, de
Partili, cV~ d'altre.pii\
remote regioni del
Mondo, noa laneua pattato
il fiume Gange
*& afcefoìl Monte
Caucaflò., perdo che
leggefi lei fogno.di Scipione.
Ex his ipfis
cultis, notifq; terris,
nuai aut tuuro,auc
cutìfquenoflcum nomen vel
Caucafum hunc, quem
cernisjtranfcendere potuit? vel ipfum
Gangem tranfnare t poco dopo.
Cemis profecTocjuantis in
angutijs yeftrafe gloria dilatare
vejit. EtpitYabaffo, Non
modo non a?ternsm;fed ìe diuturnam
quidcm.gloriam aflèqui potTumus,
quid autem intereft
abhis, juipoftea nafeentur fermonem
fore de te
? Veggafi tutto
il tetto, che
certoi degno d'elTer veduto
io tal materia
di
Van^gioria.pcr^o(tra,confufione,&
eoa suVvcggafi Macrobio cap.x. et Bcetio
de^Conlolatione lrb.2. profe
ft ira, ilquae nel
metro eflbrta i
defcderofi della Vanagloria
a rimirar la
Gloria dei Gel© mmenfo,
incotalguifa per viJeterràciafoun© la
gloria. del Mondo, et vergo^ {aaraflj*che ìl.fuo
nome;polTa empire il.breue
fpatio della Terra.. Quicurnque folam
mente precipiti petit, Suramumque credit
gloriarci, Late patens art
heris cernat plagas . Arcumque terrarum
(itimiBreuf mque replere
non valentis ambitum . Pudcbir aneti
nominis. Vergògnmfi ben Giglio
coloro, che prendono
Vanagloria da quel
cadde, et fragil bene.
Ch'è vento, et ombra,
8^ ha' nome beltate .
Confondanfi quellf
ambitiofi, che per
gloriarli d>haue^eamiftàvde, Prencipiicon
prefcnti,e fuper-f flae iptCe
comprano l'amicitià loro
« Quelli^ che
per edere tenuti
magnanimi » &C ricchi
pongono quinto hanno*
fabbriche, gloriandofi,che vi
retti Tarme,' il nome
loro, èV 1^
£>ndatibnecol millefimo, vanità
che caralor Cotta
j fi come caropa^ar voleu*
Firne' vleretrice la
Vanagloria icllafùia'membria, poiché
il guadagno di molti
anni orferfe d'impiegarlo
in rifalle mura
deThebani, ogni volta ch'eli
hauttlèropoi't ì quella
tnfcrittione'intorna alle mura1
rfeftrutte da: Aleflandro, et tiilbrate
da lei-. Alexander
quidam lubuertit, fed
Phyine teftiJ tuit . Mefchmi,
oc infelici fi
reputino coloro, e he fi gloriano
della ricche^a, 8c potenza
loro, che in
vn punto perder
poilortor ne voggonola
morte, che flap* proiTima . Gùde
Sofifane Gìecò,ancotchegentile,nuii
tanto dapocta^uànt^ da
Chiiftianojcofi parlò .O^infelices
'"vt plurimum, minimum
v'ero felices Mbrtaies, quid gloriamini
propttr poteftates,Quas "vna
lux vel dedit
: vel abifcaiit
$ nelle ep-iit. di
Sii Paubla a gli
efeiii Homiha »i $'. Habcnt,
inquic, mulicres in Ct
quoddaoi va nas gloria
ftudiumv Gran bettiahrà è
l'eiler vanagtoriofo, perche
la Vanagloria è
vna feroce bé* flia .
Immanis beftia Vanagloria
. Dille Filone
Ebreo nella vita
deirhuoroo ciuìle :
come gran beftia
porta in tetta
le corna,le quali
appreflo altri iono
fimbo* lo della potenza, et dignità,
apprellb noi in
quefto luogo figurano
la iuperbia_ conofee,
per lo più
fi genera, et da
lei nalce la
vanagloria,che del pari
con eflaL^ fempre camina :
poiché niuno lupe bo
è leri^a vanagloria,
ne niuno vartagloriofo
è leo^i fuperbia ..
Lucifero vanamente gloriandoti
della fua bellezza, et eminen^unfuperbicofi meritò
d'etlère incoronato dal
Mondo con vn
pardi cotfna » le
quali denotano l'alterezza,
della fuperbia', d(~
della vanagforia. Al Popolo
Vloab van3glorio(b, et fuperbo
volfe Dio gli
fufie rotto if
corno delfà-* fua iuperbia,e'l
braccio della lua
potenza, Geremia cap*
48. Abfciffuftì eft
cornu Vloab, Se
brachium eiusconcritum eft
/ Audiuimusiuperbiam Moab*
8£"* altitudinem cordis tius
. CetfabitMoab elle
Pbpuius ^quoniam conerà
domi* num gioriatus eft .
Adi irael, che
pigliò vanagloria delle
fue feliciti » et deli
tic* temporali > -he
niente fono, minaccia
Dio in Amos
cap. 6, Qui
la?tattiini in-» nihili, qui
dicitis, nunquid non
in fortitudine noftra
alVumpfimus nobis cornua? DI
CESARE %ITuf. V7 mia
? ecce enim
fufcitabo fuper vos
domus Ifrael gentem,*^
conterei^ vos ab int.oitu
emath *vfq,«ad torrentem
deferti . Onde il
Regio Poeta nel
ialsno 74 (apertamente ci
ammonifce, che non
alziamo il corno
della fuperbia, òC
delia vanagloria . Nolite
exaltare in altum
cornu veftrum,ego autcm
annuntiabom ifffculum : cantabo
Deo lacob, 8c^
omnia cornua peccacorum
confringam . Beftie fono i
vanagloriofi, perche feguitano
la beftia della
vanagloria, Beftia fa Croftrato
ad abbruciare lo
ftupcndo Tempio di
Diana Efefia con
manifefto pc ricolo delia
vita fua, folo
per fai fi
nominare al Mondo
. Btiìia fu
Empedocle Filofofo riputato a
fuoi tempi di
mente faggi*, óC
auftera,il quale per
ambì* tione d'eflèr tenuto
vn Dio, come
fé ftfle fparito,
dc^ alcefo al
Celo, non fa-, pendofi
nuoua di lui,
fi difcoftò la notte
dalla V illa
» oue egli
fece la fera
vnfo. crificio, et vn
conuito ; Mentre
i conuicati dormiuano
fèparati>chi fotte vn'albero,
chi da vn
canto,e chi dall'altrojs'andb a
gettare nell'ardente voragine
del Monte Etna, malavehemenza
delia fiamma sba'^ò
in alio fuor
della voragine le fue
(carpe di bronco,
che portar folea
; in tal
grufa il fuoco
paleso f arden* te
deiì© della fua
vanagloria, Befìie fimili
fi fono vedute
a tempi notiti,
che* hanno ambito d'efler
tenuti santi, Il fieno
intorno alle corna
pollo negl'Adagij fotto
quelle parole di
Horatio li« b«*o primo
Satira quarta . Fcenum habet
in cornu, long*
fuge_> » Pigliali da
Pierio per fimbolo
della ferocità, non
lontana dalla vanagloria--, perche sì
come i Tori
per l'abbondanza del
parto ingrallàtì diuentano
più" altieri j et infoienti, così le
perlone del Mondo
per l'abbondanza delle
commodità, felicità, e potenze
loro diuengono più
fuperbi, et vanagloriofi
: contuttocio noi per
altro rifpetto ponemo
intorno alle corna
della uanagloria il
fieno;per dimoftrare, che
le graui corna
dell'altererà fi riducono
in leggicre^za di
fieno,iru "vanità, in niente,
e che i
fuperbi, ck^ alti
penfieri, che ha
in tefta il
Vanaglo» riolo reftano all'ultimo
ofFufcatijCk^ coperti da
"vna viltà abietta,
e minima : poiché
il penfiero del
vanagloriofo è apunto
come il fieno,gri
fiorii ce nella
mea te per vn
poco, ma tofto
fi rifolue in
aridità di fieno,che
in vn'arneno prato
bai* dan^ofo Verdeggia, ma
in breue fi
lecca, e'1 fior
gli cade . E/aia
cap.40. Omnis gloria
eius quali flos
agri, exiccatum ed
fcenum, et cecidit
tìos . Concetta che fi
repete da S.
Pietro,cV da S.
Iacomo nella prima
Epiftola. Glorietur autem
frater humilis in
exaltatione fua, diues
au tem iu
humiluate fua, quoniara ficut flos
fcèni tranfibit, exortum
eft enim ibi
cum ardore, Sc^
arefeit fcenum, éc^_ flos
eius decidit, poiché
anco ne gli
huomini fauij Pvltimo affetto, che fi laflì,
è il defiderio
di gloria :
la quale fottilmente
entra,ma ingordamente deuora il
bene,che fi fa,
fetida che ce
ne fèntiamo,cot»e la
fàngifuga il iangue . S.
Crifoftomo. Quo inanisrgloria
ingreditur omnia quo:
intus funt,infenfibiliter aufert .
Onde con proportionato
nome S, Gio.
Climaco chiama la 'Vanagloria fanguifuga,
il qual Santo
( per quanto
riferisce il Padre
Granata in *vna predica
del tomo fecondo
) efpugnaua l'auaritia
con la miferkordia,
l'accidia con la meditatione
della morte, et la
vanagloria col farti
veder di rado, et col
parlar poco,con la
fòlitudine > et con
la taciturnità, rimedi)
veramente atti a {laccarli
da dodo quefta
fanguifuga, che lì
tenacemente s'attracca.,, che
con-» gran difficoltà da gii animi
fìraccar fi pub : le
cui for^e Santo
Agoftin© dice, che non
fi fanno, fé
non da chi
cerca fargli refi
Ilenia : perche
fé ad alcuno
è facile il non
defiderar lode, quando
non fi porge
; diffidi cofa
è non fé ne pigliar diletto, quando
s'ofFerifce . Qu-u»
vires nocendi habeat
human* gloria; Amor non
fèntit, nifi qui
ei bellum indixerit.
Quia etfi cuiquam
facile el? laudem non
cupere, dum negatur^,
difficile tameneftea non
deleófcari, cura oflfertur .
Ma quefta fanguifuga
è tanto giotta,
che non ci
lalfa affettare» che* altri
ci offerifea lode,
ma fa che
noi l'andiamo procacciando,
perche naturalciafeheduno ha
dentro di fé
quefta fanguifuga d'amor
di gloria,però non
coli facilmente fi pub
in tutto fiaccare
dal iènfo . La Tromba,
che nella delira
tiene è ordinario
flromento della -vanagloria, con che
fa Toffitio da
fé fteflà della
fama, et lignifica
quelli, che nella
'Vanagloria efeedeno, &C che
ài propia bocca
cantano di fé
medefimi, et inalbano
con magnificenza, et fbnoro
circuito di parole
le cofe loro,
e fé fanno
qualche opera buona,la fanno
in modo,che fi
fappia, 3i acciò
fi fappia bene
la publican >
elfi . S. Chrìfoflomo
(òpra quel palio
di Santo Mattheo
cap. 6. Cum
facis Elcemofinam noli
tuba canere ante
te: dice che
la trcmba,e ogni
attione,ouero parola,per la
quale il vanto
dell'opera fi rapprefenta,
Se che il
cantar con la
tromba, è defiderar la
pompa della vanagloria .
Tuba eft omnis
acìus vel fermo,pei quam ipfa
operis ia&antia defignatur,
tuba ergo canere
efl,pompam vanat laudi* appetere :
brutta cofa è
il -vantarli, odiofa
a gli huomini,
òC a Dio
ftellò, che odiaua Moab,
perche era vanagloriofo,
fuperbo, et perche
fi vantaua oltra modo .
Ego feio, ait
dominus,iac~tantiam eius, 6\^
quod non fit iuxta ea
virtus eius . Ariflide
Orator Greco,ticne che
quando i fatti
corrifpondeno al vanto delle
parole, che fia
conueniente di lodar
fé ftefib, per
appoggiar la fua
opinione arreca le parole
d'Achille nel nono
dell'Iliade . Oppida ter quatuor
crepi naualibus armis, Terrenis 'vnum,
atq; decem circum
Vbera Troia?, Thefauros quibus
ècunóbis multofq,*bonofq, Eiipui atq;
omnes Strida: munera
feci . Soggiunge J/riftide_
. Nemo
Grccorum indignatur . cur
* quia congruunl &&a nferbis .
Ma dica pure
quel, che fi
"veglia . Non ci
è coia,chc fin i
n uifa più ". 319 tnè la
lode, che il
vantarti, et gloriarfi
delle Tue opere,
ancorché vere . Laus
in bre proprio fordefeit.
Non è d'approuare
quella fua difefa,
che fa ^riftide,
il» bjuale hauendo lodato
vna dia Oratione
fopra Minerua, perche
»e fu riprefo
: foftiene nel Paraftegmate,
che fece bene
a gloriare, con
moki eflèmpij fpetialmente
d'Homero che s' attribuita
il principato della
Poefia » òC
che Hefiodcf ancor egli
fi glori) . Mufarum
laudes infert Qua: quondam
Hefiodum docuerunt carmina
pulcra • Rifpondo,che all'esèmpio
de Poeti in
auantarfi,& gloriarli, non
lì deue parer mente,
perche è loro
propio vanocoftume, eflèndoche
cfli appe ti/cono pili la
gloria,che il cibo,
e le foftan^e,& (è
la danno bene
fpcflb con apparato
d'Hiperbole, e grande
apertura di bocca,
nel che i
poeti «i'hoggidi auanzano
quanti poeti fiano mai
flati ai Mondo,
poiché ho fentito
dire da alcuni
di loro, che^# Virgilio non
è tanto mirabile,
quanto fi tiene,
quali ch'efli habbino
più giudi * ciò,
del giuditio "vniuerfale, et che
il loro ftile
è più fònoro,
Se naturale del
fu» èn^a durerà :
altri dicono che
hanno più eulta,
dolce, Se foaue
facondia !di Satullo, Tibullo,&
Propertioi Altri nella
poefia volgare, dicono
che lo ftilo del
Petrarca non è da imitarli,
perche non s'vfa
più, quafi che
lo ftile d'vna
lin» »ua, (ìa qualche
braga alla martingalla
jo calzone allafiuigliana; et che
lo ftile ie' capi
principali non (sa
per ogni tempo
buono : ficome
Tempre farà degno i'ellère imitato
più d'ogni altro
lo ftile d'Homero,
di Virgilio, di
Pindaro, òC l'Horatio nel
genere loro, cofi
nel fuo farà
quello del Petrarca
: Se non
s'"vfa ; lon sWfà
da chi non
vuole, da chi
non può,& da chi non
sa vfarlo,non che
ariuar Io: tacciano per l'auuenire
i noftri Poeti,
ne dichino più,che
fé il Petrarcha afte viuo
mutarebbe maniera di
dire, et componerebbe
com'eflì compongo10; talmente
che il Petrarca
pigliarebbe norma da
lon 'foggi ungono,c he il Poe
na dell' Ariofto *va
terra, terrai che
quello del Taflò
Q troppo alte
cornette: 4a ch'efli hanno
trouato la vera
forte di ftile
Heroico . Io per
me correi che 0
facelTero per gloria
dell'eti noftra ;
ma non che
il diceftèro, il
dire è facil
cola ai difficulti è
fare di propria
inuentionecofè nuoue/en^a repeterecofè
volgata l'altri, et di
quelli medefimi, ch'efli
biafimano, 6 che
riconofee la tua Poefiav dalle
Mufe repatate da
Poeti diurne, dicendo
nel tetto greco
Calìn edidaxa* aoidin pulcrurn
docuerunt Carmen .
Che le Mufe
gli hanno infegnato
il bel verfo . quello
non è gloriarli,
perche non vuole
inferire, che il
fuo verfo fu
bello,ma che le
Mufe gli hanno
infegnato il bel
verfo, la bella
Poefia » Che Homo» ro
s'attribuifea il Principato
della Poefia »
confeflb di non
haucr letto doue,
pe* rò non pollo
giudicare quelle che
i\ dica :
fé l'ha fatto
non per quello
piglia lecito ellèmpìo da
lui Artide, si
quale come Oratore
non (ì conuiene
la licenza, et libertà
Poetica ì an
^i al Poeta
ideilo è biaiìrrìeuole
parlare nelle fuc
lodi* iìcome Plutarco nel
trattato di lodar
fé ftelìo net
principio biafima Pindaro
» che fi vanta, et non
fa mai fine
di magnificare la
fua facoltà : Ho ben
veduto in Homerojche le
piti principali>e faggie
perfonè delli fuoi
Poemi fuor di
decoro fi vantano, come
Vlille nella OdiiTsa,
il quale efponendo
le fue calamità
ad Alcinoo Imperatore narra
le fue •
mprefe ordinatamente in
quattro libri dall'ot tauo
al duodecimo, permetto
l'occafione di raccontare
l'impreie, le prodezze! bC
le 'Vittorie lue
dalle cofe auuerfe
conforme al parer
di Plutarco :
ma nonu» ammetto l'cfordio, et la
forma delle parole
con le quali
troppoVinnal^a.mat(imamente
ritrouandofì ali fiora
in bailo ilato>conofciuto folo
per biiognoii foraltiergli addimandò,
perche piangeua, chi
era,come fi chiamaua,5c^
di che loco.
Onde Vlille nel
principio del nono
glrrifponde. Suro Vlyllès . et quel
che fegUe . Alcinoo
poi, doppo hauerlo
vdito molto,non mo(Ira
di conofcerlo né
men per fama,
quandoché nel mezzo
dell* vndecima Od
ite a non
cónofcendolo più che
tanto,altro non dice
ad Vlille, che
quelle pa» iole,* Dairafpet'to
non pollo giudicare,
che tu fia
"vn furbo, né
vn faHario, come molti
huómini, che vanno
Vagabondi,per la terra
a piantar pa(locchie,can^one, e
menzogne, dandoli Vanto
d'hauer fatto, e
detto; perche hai
bella maniera di dire,
Se buoni penfieri
: ma dato
che anco Alcinoo
fhauefleconofcifl' to per fama,
non conueniua,che Vlille
di le ftelìo
dicetlè . Mea gloria
ccelun attingit .ne meno
a fua immitatione
l'Enea di Vergilio .
Sum piusiEneas Fa ma
fuper a*thera norus . Neftore parimente
fi gloria tròppo, et parlando
con Agamennonelmpera torè, et con
Achille Rè, Se
Capitano più degli
altri Greci principale,
nel gle riarfi 'viene
ad ingiuriarli,dicendo loro,
io hopratticato con.perione
più fot di voi,
da quali femprr
fui [limato. lam enim
alienando ego et cum
fortioribus > quam
vos Vicis , 321 Viris eonfuetudinem
habui: Se minquam
me ipfì para?
pendetunt* Pcteua ben eflàggerare
la grande$fta di
quelli, con chi
eonuersò in gioventù fua,
(èn^a venire ad
vna noìofa comparaticnew . Achille
ha dell'arrogante a dire
ad Agamennone iuo
Imperadore in prefen^a
d'altri principali Greci. Tunonhaihonorttome, che
fono il più
fotte di tutti
i Greci } et do.
lendofenecon Theti madre
(uà confi :tma l'iftelfo. Nofcatautem, Atrides
Iaredominans Agamemnon. Suam culpam
: quod fortiffimum
Achiuorum non honorauit
. Potetia ben moftrarele
Tue ragioni, 6^_
il torto Fattogli
da Agamennone», (èn^a auantarfi
d'ellère il più
forte de' Greci: certo
che limili parole
lo fanno fupeibo, èC
im modello . Parla
bene con giulla
maniera nel nono
dell'llia j de, in quel
luogo citato da
Anitide, oue ricula
Achille di non
tornare a feruire
Agamennone,che gli mandò
per .^mbafeiatori VltlFe,
Aiace, et Fenice, a
quali rifpofe, d'hauerfempre
combattuto, doucua. Tutto
quello non lo clicca
line di vantarli
delle lue mipieiè,
ma per far
vedere i giufti
meriti, della fua feruitù,
Oc"" l'i ngi
ulto torto riceuuto
in ricompenfa dal
iuo Imperadorè, attefo
che il contare
i fuoi fatti
per difefa fua 4 et fcolpar
fé Hello, è ia»#
prima cagione, che
permetta Pluratcho di
lodar fé Itelfo
. Però Ariltide
non pigìi 1 eguale
elì'empio, perche ad
Achilìe era neceifario
in tal cafo
per dir \*^ lue
ragioni, narrar le
lue prodezze veramente
fatte . Ma a
lut non era
neceCfario ne conueniua
lodar l'oratione fua
; concede lì,
bene, che fi
difendanole opere lue, et che
fi mantengano per
buone, quando da
altri fono riprefe: ma rjon
elìèndo (tata a
lui da alcuno
bufimkra, non doueua
egli lodarla, ne
fofttntare poi ch'haueflè
fatto bene ad
elleifì lodato da
le (Ulto, quando
fu ammonito, ch'egli fi
gloriaua. Il Maggiore
Orator di tutti
i Greci lo
viene aw conuneeie, dicendo,
che niuna pedona
dlfode^za.. ò(T dottrina fegnaiata»# non fy'o
non diri cofa
alcuna gloiiofamente di fé ftellb,
ma s'arrollìrà anco ièntirne
dire da altri
. Quelli poi,che
fono lontani dalia
vera dottrina, che iì
attribuifeono,& prefumono hauerla,
per non fapere
^parole noiofilllme ad dirfidifeiteflìptofenfeono. Tantum
abeft vlium ilhorumj
qui foiide docili funt»,quicquam de
fé gloriofus dicerc,-vt*alio edam
diecine, erubefeant v Qui
-vcrolongius a -vera,
quam libi "Vendicant dottrina,
abfunt, propter in-' fcitiam
verba inoleltillìme audienda
de le ipfis
proferunt. Niunodunquedeue fare
il trombetta delle
fue ledi, o
vere,b non vere,che
fiano, La Vefpa,che molala
in alto,é di
quella forte fimmalle
Api, ma più grofsa,
laquale perche manda
fuoravn fuono, che
rimbombala latini chiamafi
Bambyiiusjc inutile a
produr mele,e fi
fabrica i faui
di luco voti
dentro di lòftan^;*,, attiilirno fimbolo
deli'huomo vanagloi;iolo,che per
ordinario ha moltcparale, pj è
fa molto flrepito,
de) redo è
inutile, et fi
forma nella mente
cadetta in aruu
> chimere vuote di
ferino, e di
(apere, fabricate apunto
di loto, poiché
fi fonda fopra la
vanagloria delle cofe
terrene ;ond'è quell'adagio.
Bombylius homo. Tali fono
quelli huomini,che deferiue
Theofrafto nelli Charatteri
Eihici. cap. 57. cV
62, F netti,
ambitiofi, èV Oftentatori,
a quali s'afiìmigliano quelli,
che pieni di boria
volano col penfiero
in alto, et comparirono
(òntuofi, cV profumati con
paggi a 1
iurta, et moretti
appretto > per
e (Ter più
riguardati, et ammirati, portando adollo
perle,e gioielli,contro i quali
Plinio Iib. 3
7. cap.primo, dice, che fi gonfiano
per *vna certa
vanagloria da Pifari .
Quelli che ogni minima
cofa,che fanno cercano
di farla con
vano, òcT affettato
apparecchio, tenendofènc poi buoni
appretto le genti,
dando conto a
ciafeuno, dell'ordine che hanno
tenuto : Quelli
che con noiofe
oftentationi celebrano la
nobiltà de gli aui
loro,i gradi della
cala, le ricchezze, et facultà,
che conaitano altri
non per cortefia,ma per
vanità,accioche fi vegghino
i loro (plendidi
addobbamenti» te la loro
politia, a quali
non fi pub
far maggior difpetto,che
non accettare i'inaito,
SC non rifguardare
ciò,ch'efli reputano grande^a
loro . Quelli
che*, da tutti, et per
tutto» pigliano la
precedenza, la man
dritta, eJl primo
luogo . Quelli che fi
compiacciono d'ellèr veduti
appretto vn Principe,
e (tanno più
fui fjraue, che l'ifteflb
Principe. Quelli che
per parere d'hauer
gran negotij, maneggi,
e fecreti d'importanza
fi ritirano da
banda per ogni
poco di co/à, et s'ae
coftano all'orecchie delle
per ione, quafi
che ragionaiTero d'occulte
imprefè,ne diranno cofa,che in
paleie dir non
potettero. Quelli che
fanno moitra dSn fopraferittocon titolo
d'llluftre,o Molto llluftre,e
taluoltad'Illuftriflìmo.cV^ dicono
diriceuere continuamente lettere
hor da vn
Principe, hor dall'altro, et s'otferifeono difauorirti
appretto quelli,non come
offitiofi, ma come
vanagloriofi, per darti
ad intendere>ch'e(Iì pofibno
apprelTo Principi ; di cofi
fatte leggiere:^ fi pafeono,
SC* fono inutili
per (e, non
che vtili per
altri, ettcndo tutto il
loro Audio porto
nella vanità, che
fi rifolue alfine
in vn rimbombo,
che ia breue fuamfee
: ficome ogni
Pompa,e Gloria di
quello Mondo con
(onoro rimbombo perifee . Perij
t memoria eorum
fonitu . VANITA. GIOVANETTA,
ornatamente veftita, con
la faecia lifciata,
porti fopra alla tetta
vna v,%$x con
vn cuoie. Vanita fi
domanda nell VBR1ACHEZZ
A. DONNA ^vecchia, ro(Ta,&
ridente, vellica del
color del* rofe
fèccho, in mano terrà
vn vafo da
betiere pieno di
vino, 6^ a
canto vi farà vna
Pantera . Rapprcfentafi vecchia,
perche il troppo
vino fa, che
gli h uomini prefto
iriuecchiano, et diuentano
deboli • La Pantera
moftra,che gli vbriachi
fono furio(ì,di coftumi
crudeli,^ feroci, come
fono le Pantere,lequali, come«dice
^riftotile nella hiftoria
de gli ani-? mali,non fi
dimenticano mai . Vecchiezza.
DOnna grinta, et canuta,
veftita di nero
femplicemente, con vn
ramò di Scnicio in
mano -, perche
ì fiori di
quefta herba fono
di color pallido, et nella
loro più alta
parte diuentano come
canuti » et cadono. Vecchiezza . DOnna con
la teda canuta,
macilenta, &C con
molte crefpe per
la faccia, 'Veftita di
quel colore delle
fog'ie, quando hanno
perduto il vigore,fens^a
ornamento, tenendo heila
man finiftra vn
horologio da poluere,
ilquale llia nel fine
deli'hora, -'& "vn paro
d'occhiali, con l'altra
appoggiando ad ^n
battone, infegr»erà col
dito il detto
horologio, 8c terrà
"vn piede alto, et fofpelb iopra
vna folla, m oprando
il vicino pericolo
. Vecchie^a è quella
età deli'huotno,che tiene
da cinquanta fino a /èttanta anni, nelìa
quale l'huomo, che va in
declinatione per la
fredderà del fangue, diuiene inhabile
a!le fatighe corporali-, et eflercitij
mentali, i quali
per la debolezza de*
fenfi, non puh
fare fèn^a difficoltà,
e quefla età
è tutta declinatione. Che la
-v^cchie^za fminuilcala vifta,
le forze, rambitione,Ie
belle^ejd^1 le fperan^e, fi
moftra con gli
occhiali, col baftone,
col veftimento, con
la faccia, Ó\_
con l' horologio, che
ftà in fine,ouero
dal color della
verte fomigìiante à
quello delle frondi
de gli alberi
neirAutunno,ouero dalla folla,
nella quale ita per
cadere. Si potrà ancora
dipingere, che tenga
in mano le
fpine, ouero la
pianta d'alcune rofe, le
quali fiano sfrondate
in gran parte, et languide
. Vecchiezza. VN A vecchia,
magra, pallida,coperta d'-yn
manto nero,& che
fi appoggi ad vna
Crocciola, e con
la finiftra mano
tenga -vn ramo
lèccho lenza foglie da
vna parte 'vi
fia vna tartaruca,
e dall'altra vn
horologio dapoluere, e che
moftt.» che la
detta poluere fia
al fine . VELOC1TA DONN A con
f ali alle
fpalle, in atto
di correre, tenga
vno Sparuiero ìtu capo
con l'ali aperte,
il che è
conforme ad vn
detto di Homero,
doue fi ci^ime^m gran
velociti col volo
dello Sparuiero, K z
V&> D 32+ Velocità .
DOnna con habito,
con Tali alle
(palle, portando i
Talari, oueto ftlualctti fìm ìli a
quelli di Mercurio, et nella
delira mano -vna
faceta . I catari fono
indicio di velocità,
però dirte Virg.
di Mercurio . Aurea,qua: fublimem
alij fiuè a?quora
fupra Seu terram rapido
pariter cum flumine
portant . La faetta ancora
nel tuo moto
veloci llimo meri
e a3 che
fé ne faccia
memoria in quefto propofìto. Appretto hauerà
vn Delfino > et vna
Vela, quella perche
fa andare veloce
la naue: quello, perche muoue
fé flcflo velocemente
» VELOCITA DELLA VITA
HVMANA. SE dipìnge per
la velocita della
vira humana vn
Centauro > il
quale animale fino
alle patti ertreme
del ventre hanno
forma humana, OC
il retto del corpo
fi finge fìmile
a vn Cauatlo . Racconta Pierio
Valeriano, che il
termine della noftra
vita con 'veloce
cor* (o faprauuiene, Se
quefto,percioch« noi con
vna rnarauigliofa lubricità
cadendo, fìamo dalla
morte rapiti . VENDETTA.
DONNA armata, Se
veflita di rollò,
nella^deftra tiene vn
pugnale ignudo, Se fi
morde vn dito
della finiftra, a
canti? ha vn
Leone ferito con vn
dardo, il quale
fi veda in
detta ferita, et il
Leone ftia in
atto fpauenteuole . La vendetta
d rapprefènta con vn pugnale
in mano, per
dimoftrare quello atto fpontaneo
della "volontà, che
corre a vendicare
le ingiurie, con
lo fpargtmento del
/angue, et però
ancora fi verte
di rodò . Si dipinge
armata, perche per
mezzo delle priopie
for^e facilmente pub rhuomo
vendicare l'ofFefe . _^,
E fi
morde il dito,perche
chi è inclinato
a vendicarfi,per hauer
memoria pili (labile, fi
ferue cofi del
male fpontaneo, che
fi fa da
sé fleflò, per
memoria del male violento,
che pruoua per
lo sforzo degl'altri . II Leone
effondo ferito oflèrua
mirabilmente il percuflorc,
Se non lafcia
mai occafione di vendicarfi
. Onde il
Pierio racconta, che
vn giouane compagno di
Giuba Re de*
Mori, mentre il
detto Re a'ndaua
con l'Esèrcito per
li defèrti dell'Africa per
cagione di prouedere
alle fue cofè,
incontrandofi in vn
Leone, lo percofie con
vn dardo, et l'anno
dapoi ripafTando il
detto Re già
Ipedito per quel medefìmo
luogo, comparue il
detto Leone, Se
ofleruando il giouane, che l'haueua ferito,
andando con velociflìmo
corfofra la gran
moltitudine de' Soldati, miferabilmente lo
lacerò, partendoli (en^a
offendere alcun'altro t
folo' fodisfacendofi d'hauer vendicata
la vecchia offefa .
Però gli Egitti)
dipingeuauano nel detto
modo il Leone
per la vendetta . Vendetta . DOnna armata,
con vna fiamma
di fuoco fopra
all'elmo, haueri mo^za_»: la
finiftra mano!, Se
tenendo gli occhi j
fifsi al tronco
del braccio dimo-v (tri
con l'affetto tubato,
malinconia A rabbia: dall'
altra mano temi
il pugna* le in
. 3ìj le
in atto dì
voler ferire, farà
veftita di roflb, et a
canto hauerà vn
Coruo, coi vno Scorpione
in becca,ilquale punga
co la punta
della coda il
Coruo nel collo. L'armatura dimoftra
il valore, fic
la foriera del
corpo efler ucceflario
alla ^vendetta de' danni
riceuuti .,u 11 fuoco è
inditio del moto,
&C del feruore
del fangue intorno
al cuore » per
ira,8c per appetito
di "vendetta, a checorrifponde i'afpetto
turbato . E guarda il
tronco del braccio,
perche non è
cofa alcuna, che
inanimi maggiormente alla
'"vendetta, che la
memoria frefea de' danni
riceuuti, E però è
dimoftrata col Coruo
punto dallo Scorpione,
dal che l' Alciato
tira vn fuo emblema
dicendo . y^ptibat
volucrescaptum pede Corms
in aura;, Scorpion, audaci
premia parta gul£ . \A
fi tilt infufofenfim
per membra veneno, P&ptoreminftygias compulitvltor
aquas, -* 0 rifu
res digna ;
aliis qui fata
parabat, lpfeperit,proprijsfuccubuìtq\
dolis, VENVSTA.' Del Signor Giouanni
Zarattino Cafìellino . NINFA bella
di gratiofo afpetto
veftita di cangiante,
cinta con vn
cingolo,nel quale vi
fiano ricamati intorno
Cupido, le faci
ardenti,& il caduceo di
Mercurio, porti in
tetta vna corona
di rofe, tenga
nella deftra mano l'Helichrifo fiore
gialio,& lucido come
1 oro.nella finiftra
laugelletto chiamato da Greci
Tinge . La Veriufta è vna certa
gfatia, che arreca
perfetto condimento alla
bellezza: perche non ogni
perfona bella ha
venuftà. Suetonio deferiuendo
le fattezze di Claudio
Nerone,fece differenza nel
cap, 5 1. dalla
bclle^a alia venuftà,
in quel le parole.
Fuit vultu pulcro
magis,quam venufto . Fu
di volto più
tofto bello, che venufto,e
gratiofo. Catullo facendo comparatione
di Quintia con
la fua diletta Lesbia,concede,che Quintia
fufle bella,non però
totalmente bella,perche non haueua
alcuna venuftà, maproua,
che Lesbia fua
era tutta bella,
perche^ toaueua ogni 'venufti . Quintia formofa
e fi multìs
mihi candida >longa, B^tla e
fi. bat egofic
fmgula confiteor . Tetum illud
formofa nego, nam
nuUa Vtnufìas . Trulla in
tam magno efl
corpore micafalis. Lesbia formofa
e fi, qu£
cum puleberrima tota
efl, Tum omnibus vna
omnes furripuit Venens . Dalquaìe Epigramma
fi raccoglierne oltre
alle fattezze d*vn
corpo grande, ben fotmato,e
d'vn color cand'do,
bifogna hauer anco
Venufta,e quefto lo
dimoftra Catullo non tanto
in quella (uà
voce Venuftas, quanto
in quella . Mica ialis.
ciocche Quintia era
infipida>non hautua niente
di venufta,e grafia .fopra di che
Aleflaiidro Guarino Atauo
del Caualier Guai
ino autore dei
Paltor fìo\>, dice . Quemadmodum
cibi fine fale
minime deleótant, ita
Quintia quoque 8 fcilacct
longa, o\_ candida
eilet, fine 'veuultaie
non ^idtbatur formola . X
i Siconac 32* VENVSTA. i Sieomc il
cibo fen^a Tale
non gufta, con*
ancoQu'ntia, ancorché fullè
bella-;, grande, e candidi,
nondimeno non pareua
bella /èr^j Venufta,
la quale non è
altroché vna certa gratis,
ficome nell' vltimo verfo
efpone il fudetto
Autore in quel mezzo
pentametro, Omnesfurripuit Veneres.
Videtur,ii>quit,ceteris mulieribus
omnes *venuftates furripume,
cum ©mnis gratia
in ipfa fola
appaYéàfTcioè pare, che
Lesbia habbia rubbato
tutte le venuftà
alle altre donnesche in
lei fola apparifeeogni
gratia : a
guifa del ritratto
di Zeuxide Pitture,
che per figurate a
gli Agrigentini in
Sicilia Giunone La.
inia, fcielfe le
più belle belfe@p
dalle più belle,
e gratiofe donzelle,
ch'haueflero : fi
conferma da Lucrctio
Poeta, che ~vcrfb
il fine del
4. lib. chiama
la gratia, mero
fale. Tarmila Tumilio, ChaYÌtonia
tota) mrumfal. Volendo inferire,
che a tal
amante accecato dall'amore
vna Dama piccola', di
bada datura da lui amata
parerà vna delle
Gratìe, tutta faporita.e
tutu graliofa, impercioche
Chariton ia feno
due parole in
aleuti Celti malamente
congionte,che in greco
lignificano gratiarom vna**vna
delle grat ie,
laqua le gratta fotto
nome di fale
'"vienoa molli Autori
comprefa, perche la
Venuftà,c3^ la gratia è il condimento
delia befie^a.come il
Tale d'ogni 'viuanda
. Plutarco nel quinto
Simpofio nella queftionc
decima . Fa&um
eli vt gratiarum
nomen falibus imponeretur a
quibufdam . Et
più a bado .
Atq; hac fortalfe
de caufk pulchritudinem mulierisnon
ociofàm,aut tnuenuftam, fed
gratiofam,8£" ad
promouendum aptam/alfam vocant.
Per quefta cagione,dice
egli la belle^a d'vna
donna, che non
fia otiofa, feiapita, et fen^a
venuftà,ma che da
gratioià» ÓC^ atta a
commuouere gli animi,
è chiamata faIf2,cioè
fàporita »& gratiofaj et però
Venere riputata Dea
della belle^a fi
finge nata dal
Mare,che è folio
: fi che la
Venuftà, che dice
Catullo, il Sale,&
le Veneri, altro
non fono,che la
gratia, 6^ la
gratia non è altro,che la
Venuftà, parola deriuata
da Venere j
a Venere enim (
vt inquit Cicero )
dieicur Venuftas, perciò
ditte Catullo,che Lesbia rubbb
tutte le Veneri,
cioè ogni gratia, et Venuftà,
perche Ven ere,
come Dea delle bellezza, et capo
delle gratie, oltre
la bellezza del
corpo hebbe in
fé tutte legratie, che
fi ricercano ad
vna perfetta Venuftà,
fa quale contiene
due doti principali :
la gratia dell'ai
petto, et la
gratia della voce
; circa l'afpetto
confitte nel grato, et gratiofe
colore, nel gratiofo
moto, nel gratiofo
rifo, et nel
gratiofo {guardo . Circa
la voce confitte
nel gratiofo parlare,
nel quale fpetialmente fi ricerca
il faporito fale
delle faggie, foaui, angeliche parole,e
però ditte Quintiliano Iib.5. cap.3.
che la Venuftà
è quella coia,
che fi dice
con vna certa
gratia . Venuftum eft,
quod cum gratia
quadam, et Venere
dicitur. Et nei
x.lib. capitolo primo dille .
Ifòcrates omnes dicendi
Veneres fècutus eft
. Volendo efprtmere, che
Mocrate hebbe nel
dire ogni gratiofa
maniera . Tutte le
fudette parti della Venuftà
vengono confederate più
volte dal Petrarca
nel caro oggetto dell'amata Laura
: confider ò
il grato colore
di gratia, &T
di dolcezza pieno in
quello quadernale . T0B0 che
del mìo flato fujjì
ai c&rta, *é me
fi mi fé
in sì nuouo
colore, Ch'baurebbe a Ciotte
nel maggior furore Tolto
l'arme ài mano, et l'ira
morta . In quel terzetto
poi confiderò il
candido colore del
"volto, la biondezza
del capello, la negrezza
delle ciglia, lo
fplendore de gli
occhi,la bianchezza delli denti, et la
rottela delle labbra,
colori che arrecano
gratia, et Venuftà,
quando con proportione comporti
fi ritrovano tutti
in vn fuggerto. Latefla or
fino » et calda
nette il volto, Hebeno
i cigli,, e
gl'occhi tran due
Belle Qnd'+Amor l'arco non
tendeua in fatto. Terte, et rof
e vermiglie. Et
quel che,iegue. Confiderò il
giatiofo moto, e
lguardo,quando ditte . Che dolcemente
i piedi, e
gli occhi muoue. Et
nel fonetto in
qual parte del
Cielo confiderò infiemccon
Io /guardo il gta
tiofo parlare, e'i
dolce rifo . X 4
ter Ter diuina
bellezza indarno mira Chi
gli occhi di
cosleigiamai non yide Come
foauementr ella ti
gira • 7{on sa
coni ^imorfana, et come
ancide Chi non sa
come dolce ellafofpira, E come
dolce parla, e
dolce ride, £ nel
Seguente Sonetto . *4mor, et io
sì pien di
merauigliat Come chi mai
cofa incredibil vide Miriam
coflei, quando ella
parla, o ride . Nell'altro Sonetto
confiderò medefimamente il
gtaciofo paltò, et moto *£
Et nel
Sonetto, foglia mi
fpróna . Nel cui
primo terzetto particolarmente rono raccoMutte
le tre fudette
forti di bellezza
deli animo del
corpo,& deUa voce, nelle
quali è la
Venufta, et grafia . yirtute, honor,
be UeTtfa > att0
ffntiU 9 Dolci parole
a i bei
rami m'han giunto
• Oue foauemente il
cuor m'inuefea . Virtute, honor,
ecco la bellezza
dell'animo, che ne
gli animi conciliali
gratia . Belletta, atto gentil
; Ecco la
gratia del corpo
. Dolci parole
i ecco la gra
eia della voce .
*A i bei
rami mhan giunto . Oue
foauemente il cuor
m'iuuefca ; ecco
la portanza della
gratia, che in* uefea,
commuoue, alletta, e
tira l'animo per
mèzzo della mente,
1 occhiy; nes aetatis
gradus venufHflìma ;
di tal venuti*
per tutti i
gradi d'età vien
ano da Greci lodato
Alcibiade r M
Tullio ifteflbloda il
voltoyche arreca dignità» *verruf!à infìerne .
Vultus multum afrert
rum dignitatena, tum
Venuftatem Talché la Venuftà
in vn huomo
è lodabile, e
conueneuole r Nella
donna no ne ragiono,
poiché più torto
(1 amerà ~vna
men bella, chefìa
virtuosa ^gentile grattala nel
camminare* ragionare, à(T conuerfare, che
vnapiùbelk di volto» fenza
venuftà, fen^A virtù
alcuna*rum"ea net procedere»
fciocck.nell andare >6c •nfrpida nel
parlare * Habbiamo cinta
la noftra figura
d'ella vendila col
fijdetto cingolo da
Greci chiamato cello, ouero
baltheo, che Venete
di natura Madre
d'ogni Venufttf,Sc gratia portar
Talea per comparire
graliofà>.nel quale vi
era tanta virtù,
che negli amor oh*
(tfegnè plaeaua per fine
l'iracondo, e furibondo
Marce,& col medefimo
Giunone riceuutolb imprefto
da Venere puotè placare l'Altitonante
Gioue : fcher:£o
grafiofamente fopra cioMartiale
nel 6". lib.
'volendo lodar Giulia di
gratia» òC bellezza, a
cui dir1e,ch'era tanto
bella,& gratiofà,che da
lei Giù» none,é Venere
i fretta farebbe
venuta a dimandare
impfeftoilgratiofocingolQ> Vt
Marti* reweeturamor: fummiq;
tonanùs* *A te luna
petat ceflum, et rpfa
Venus* Queflb pretìofo cingolo
è deferittoj ficome
rhabbiamo figurato da Homeio nel
xiii. della fua Iliade,
ouea Giunone Venere
l'imprcrìa • *A pefioribus
foluitacu piftum eingulurrr
Jfarium : ibiautem
in eoiltecebm omnesfacla
erant.9 jbiinerat quidem\Amor, et
defiderium, et colloquiarti $landi[oquentic> qua
decepit mentem valdeetiamprudentium, Hoc eiimpojmt
manibut, verbumq; dixit>& nominami* Recipe nunc
hoc cingulumt tuoq;
impone fìnuì tontex tum
varie in quo
omnia fuclafitnttneq\ tibiput* Inefficaxfuturum effe}quodcunq
metttibus tuiscupis * Appanfce
da quelto tetto
d'Homero, che in
detto cingolo vi
erano ricamati a ponta
d'acci Amore, i
defiderij, eia foaue
eloquenza del parlar
dolce . Amore i'habbamo prefentato
con la folita
imagined: fanciullo alato,
i dcfiderij con |c faci
ardenti,i quali fono
quelli, che a
gu fa di
ficelle accefe ardeno
continuamente i cuori degli
amanti . La fòaue
el quen^a, et il
dolce parlare col caduceo
di Mercurio riputato
da Poeti padre
d t ila
eloquenza, cX^ ancora
caco delle etatie, come
dice il Giraldo
nel Sinu^mate xiii.
Metcurium infuper veDI . SS*
reteres gratiamm Ducem
conilìtueroiìt . E
però Luciano antico
Fiiofofo nel dialogo ampolline, et Vulcano
dice, che Mercurio
rubbò il cingolo
a Venere, dalla quale
fu abbracciato per
la vittoria, che
riportò mediante la Tua gratia:
ne lènza cagione gli
Atheniefi pofero {
per quante narra
Paufania ) nell'andito della rocca
la ftatua di
Mercurio infieme con le gratie
. Siche il
Caduceo» come linimento di Mercurio
ferue per fimbolo
della foaue eloquente
della gra tiofà facondia
del parlare ;
nel qua! cingolo
Homero ci volle
dare ad intendere (a
for^a della gratta,
fen^a la quale
la bellezza non
vai nienterbelta era
Venere, ma lènza il
cingolo (imbolo della
gratia non poteua
addolcìre,& allettare Marce ì
bella era Giunone,
ma lènza il
cingolo di Venere,
cioè lenza la "venufta, 8c ^iatia
non potè mitigar
Gioue,mediantc laquale pur
J.o mitigò, iìcoirc
Venere Marte, volendo inferire,
che la bellezza
congionta con la
gratia può adefearc^ ogni per
fona, ancorché fia
di fiero cuore,
come Marte, e
d'animo ajbhme,©^* alto come
Gioue ; ma
che la bellezza
non ha quella
virtù lenza la
grati a, laquale induce Amore,
6^ defiderij con
la foauità del
parlare nelle menti
de* pili prudenti huomini,
allettandoli in tal maniera, che
lì ottiene da
loro ciò, che-, fi
sa deli derare. Libanio Filofofo
Greco fopra il
cello, e fopra la
rofa finge vn
belliflìmo fchet ^ocifegnato da
Angelo Pollano neUa
Centuria prima csp.
xi.& narra che
Pallade, ex Giunone,
elTendo comparite auanti
il pallore Giudice
delle bellezze loro, difièro
a Venere,che fi
leuafieil detto cingolo,
perche le daua
unta grazia che incantaua
le perfòne :
rifpoiè Venere, eh
era contenta di
deponetlo,ma che era ben
douere, che (è
vna di loro
haueua il Murion
d'oro, et l'altra
vna diadema pur d'oro,
ch'ella ancora fi
procacia(Iequalch*altro
adornamento gratiofòj rimafer
d'accordo Palla de,
e Giunone. Venere
difeoftatafi da loro
fé n'andò in vn
belliflimo prato, oue-colfe
gigli, 'viole, et altri
fiori per addornarfehe,ma parlando auanti
fentì l'odore della
ro(à, alla quale
accoftatafi,vedendola fopra-.
ogni altro fiore
bella, et gratiofa,
buttò tutti gli
altri, e fecefi
vna corona di
rofe, con la
quale comparì auanti
il Giudice, ma
Pallade,& Giunone vedendola-, citta modo,
con tal corona
di rofegratiofà, non
afpettorno il giuditio,
ma ammedue fi
chiamarono vinte, Se
coderò ad abbracciar
Venere, &C baciar
la corona di rofe,&
poftafela ciafeuna fopra
il crine loro
di nuouo la
rfpofeio in e? pò
a Venere, da
quello noi ci
fiamo molli ad
incoronare la Venuftà
con corona di iofe,&
con ragione inuero,
perche la rofa
per la venufta
/uà è regina
delli fiori, tempi dehnifee il
Murtola. Anacreonte Poeta
Greco la reputa
honor deFle gratie . Bgfa,flos, odorqtte
dìuum,• HominMfiYoja eSì
voluptas . Decus
illa gratiarunf^i Conuienfi dunque
alla Venuftà, perche
la rofa dedicata
da Poeti a
Venere è (imbolo della
gratia, et della
bellezza, nella quale
fé fi deue
i icercare,fecondo i Platonici
le tre fudette
parti, che rendeno
gratia, cioè la
Virtù, il proportionato
colore, et la
foauità della voce,
certo,che cella rofa
vi è tombolo
di tuttcw quelle . c] utile
partì, vi è
la virtù fua
in confortare i
corpi noftri con
tante fòrti di
liquori di ìoCc, vi
è il color
grato incarnatino rnifto
di bianco, e
di rotto, come
fingono i poeti fparfo
dal fangue di
Venere (òpra la
rofa già totalmente
bianca : "vi
è la fua fragranza
di odore (imbolo
della (òauità della
voce,atte(òche tengono al. cuiii
Filofofi, che )'odore,ed
il colore della
rofa deriui dalla
gratio(à (Iella di Ve*
nei e
: qnindi è
quel prouerbio, Rofas
loqui, e poeticamente
dicefi, che Vene* te
parli con bocca
di ro/e . Virgil.
nel i% dell'Eneide . Rofeoq; fise
infuper addidit ore . Cioè, con bocca
gratiofa > per
la (òauità del
parlare, 11 Petrarca. Perle, t
rofe vermiglie, oue
l'accolto Dolor formaua ardenti
voci, e belle . Ed
vn'aitra volta; l a
bella bocca, angelica
di perle Piena, e di rofe,
e di dolci
parole. Oue in tal
tenore efprime il
Petrarca ~vna bocca
al tutto gratiofa,
pigliando le j erle
per li candidi
denti, e le
rofe per le "vermiglie labbra,
da' quali vfciua* no
pretiofi detti efpofti
con foaue eloquenza, et gratia
di parlare . Torquato Tallo ancora, £
nella bocca, ond4efce
aura amorofa § Sola
roiTeggia, e fèmplice
t la ro(i« L*Helicrifo, che
porta in mano
> è *vn
fiore così nominato
da Melicrifà Nia« fa
.che primiera lo
colie, per quanto
fcriiTsThemiftagoraEfefio,
maioten» go, cht (la
detto,perche il (ùo
nome è comporto
da Helios, che
lignifica Sole, e da
Chrylòsjche lignifica oro,
attelòche l'ombrella di
quella pianta piena
di pea denti corimbi,
che mai non
fi putrefanno, quando
è percofla da'
raggi del Sole, rifpìende come
fufle d'oro, la
onde fi conilumaua
da' Gentili incoronarne
gli Dei, ilchc con
grandiflima diligenza oilèruò
Tolomeo Re di
Egitto, ficomo narra Pìin., lib.
2 1 . cap. 2 5
. oue
dice^che ha i
fufti bianchi, e
le frondi bianchiccie limili a
quelle dell'abrotano, e
più (opra nell'vndecimo
capitolo, dice, che*» che
l'Helicrifo ha il
flore limile all'oro,
la foglia gentile, et il
gambo fottile, ma lodo
; e quello
(la detto,perche (1
(appia>come s'habbia a
figurare,e per moftra» re
la fua forma
eflère differente dal
Chrifanthemoje
dall'hmarantOjpercioche, fé
bene con tali
nomi è (tato
anco chiamato l'Helicrifo
» come riferifee
Diofco* ride lib. 4. cap.
50. nondimeno la
forma è differente,come fi
comprende dalle figure imprelle
dal Mattinolo Aio
Efpofitore : Habbiamo
dato quello flore
io mano alla Venufta,pcrche è
fior gratiofo, che
prende il nome
dall'oroj e dal Sole,lotto
Ji cui raggi,
è vago, e lucido come
Toro * né
più gratiofa vna
cofa dir fi può,
che quando è
tifplcndente, e lucida,
come l'oro ripercoflo
dal Sole :
di pit hanno olleruato
gli inueftigatori de'
naturali lecreti, che
quello flore rende
la. pedona graciolà, a
tellerne ghirlande portate
nella guifa, che
dice Plinio, ec t/ztheneo
autore Greco antichilfimo,
il quale nel
XV. libro cofi
lafsò fcritto. Ad gratiam, et gloriam
"vita? pertinere fi
quis (è coronet
Helichryfo . Val» ali; gratia,
e gloria della
vita, fé alcuno
s'incorona con l'Helicnfio .
Tiene dunqui in mano
quella noflra figura
della Venulla i'Hclicrilo,
come lini bolo
delia gta tu, e :
333 tra, et della
glori a popolare,
perche Whi ha
in Te venuftà,
6^ grafia, ha per
l'ordinario-aiico ra appreflo gli
altri a/pplaufò, fatto,
gloria, fauore, et gratiaT^S^
perche la Venuftà
concilia la gmia.
mediante la quale
fi oitengo'no le
cofe, s*è detto
da* Latini pieno
dì Venuftà, et fortunato
*vro, che !gli fiano
fuccedute bene le
cofe > fecondo
la Tua intention«_
. Panfilo nel1
Tatto quinto delTHecira
eflèndogli fucceflc fuor
di fperan^a cole
bramate l circa la
moglie difle 5 Quis
me eft fortunatjof
r >enuftatiiq; adeo
ptenior £ Per Io
contrario inuenufto s*è
detto^vno, che fia
dilgr aliato, al quale non
iucce dono cofe defidcratt.
: l'altro Panfilo
neHVfridria Scena quinta, Atto
primo parlando delle
no^e, che non
defideraua, dille, Adcon* hominem
elle inuenuftum, aut
infelicem quemquam vt ego fum ?
Icci niuno huomo
coli inuenisfto,difgratiato, ed
infelice, come fon
io t onde «hi
ha in fé
gratia, chiamar fi
può felice, perche
truoua anco facilmente
pregiò altri fauori, éc^
gratia, di eoe
facciamo (imbolo l'Helicrifio,
il quale*, come fiore
nobile,*vago, 6^ gratiofo,
puòeiTere d'ornamento, yaghe^2a,
6^_ graue a
chi lo porta,
non che "veramente quefto
fiore polla, come dicono i
ìuddetti Autori, fare
acquiftar gratia, cVfauoie;
Sicome gli Indiani feioccamente teneuano,
che la roia
poterle far conciliare
grafia appref* ibi Principi,
ciò ritolta "vanità.
Vanità fimilmente è di coloro,
che pcnfano, la
lepre faccia gratioie
quelle perlone, che
[mangiano della fu
a carne_ > ne
poco marapigliomi di
Pierio Autore graue,
che lo afFeimi,
c\T s'aflfatighi di perfuadere
altri a crederlo,
corrompendo il tefto
di Plinio nel
28. lib. capitolo decimonono, ouc
dice Plinio .
Somniofos fieri lepore
fumpto in cibis Cato
arbitiatur . &C
Pierioìn "vece di,
fomnìofos, vuol piti
torto leggere, formofos. Plinio
"vuol dirjecondo Catone,
che Ja carne del
lepre fale^ genti fonnacchiofe,
àC Pierio^v^ole, che
faccia le genti
gratiofe, cVT belle, òC foggiunie j ^ Vulgo
etiam perfuafum conciliari
ex co corporì
gratiam . E oppinione del
'vulgo, che dia
gratia"alli corpi, detto
prefo da Plinio, ma
non l'arreca lealmente
intiero, perche Plinio
Io mette per
di/prcrsrj», rigittando in
quanto a fé,
fimile folle oppinione . Vulgus, ^^
gratiam corpori in
fepcem dies friuclo
quidem ioco, Cioè, il
vol^o crede, che
a mangiare il
lepre dia per
fette giorni gratia con
ifcher^o inucro friuolo
; quafi dica,
che fia ~vna baia
j ma Pie» rio
quafi che tale
oppinione fuflèw 'vera,
fa, che il
lepre fia verace
firnbolo della venuftà,
X_ gratia; Laquale
non fi deue,
per l'antica,^ feiocca perfuafione
del «volgo rche (opra
niuna certa caufa
1 c\^ ragio. ne
fi fonda, rapprefentare
/òtto figura del
lepre, 6^xfe in
quelli medefimi tempi,
mentre la detta
perfuafione era nel
volgo ipaifa, comoda fauij
fchernit*, non fi
truoua da niuno
Autore tenuto il
lepre per (imbolo della
venuftà, Unto meno
adeflb tener fi
deue, poiché il
volgo d'hoggidì non
ha fimile diceria^
. ~ Si véla
Sì vate Pierio
in fauor Aio
di vna figura
di Filoftrato, che
dipinte Cotto vn
arbore di melo i
Pargoletti timori »
che fcher^auano con
vn lepre, ma
ciò non ha, che
fare con la
VenufhJ, poiché di limili
fcher^i, mille fi
veggiono in fregi
pò-, (ti nelle facciate
di cafe .
e Palaci, in
Giardini di Roma
pargoletti v/tf mori
> e fanciuli*,che fcherzanocon
opre, martini, et altri
animali di giuoco
: cita anco per
teitimc nio Marciale
nell'Epigr. fcritto a
Gellia nel 4,
libro. Si quando leporem
mittis, mihi Gellia
dicis ; Formofus ièptem
Marce diebus eris :
Si non
derides : fi
verum Gellia narras Editti
nunquam Gellia tu
leporem . In quanto
che i pargoletti
Amori non voleflero
ferir la lepre
con dar di.
o faet te ;
ma pigliarla viua,
come ibauiflima offerta
a Venere :
foauidìma a Venere-, dille Filoftrato
» non perche
nella lepre fu
(imbolo di VenulU,
ma perche è ani
male fecondo, Venereo
;an^i Fiioltrato in
detta figura apertamente
giudicar per feiocchi quelli
amanti » che
tengono nella lepre
fi a forza
d'incitamento di Amore ;
Inepti autem amatores,
amatorium quoddam lenocinium
in ipfo elle exiitimauerunt :
peto in damo
anco cita Pierio
Martiate nell'Epigramma fcritto a
Gellia nel quarto
libro . Si quando
leporem, &c. Ma in
quefto Martiale fi
burla di Gellia
donna brutta, la
quale gli mandò
a donare vn lepre, con
direfe mangiallè di
quello egli farebbe
bello, egratioi» per fette
giorni : a
cui Martiale, tenendo
ciò per feioccheria,
rifpofe, Gellia >
le tu non burli,
(e tu dici
da -vero, tu
moftri non hauer
mangiato lepre ;
perche^ fei (èmpre brutta .
Fa mentione anco
Pierio di Aleflandro
Scucio, ch'era gratiofo
Imperadore, e mangiaua
fpeflb de' lepri
» ma certo,chc
la gratia non
procedeua dal cibar
di lepre, ma
dalla gratia Aia
naturale : mangi
vno, che non
fi* di natura gratiofo,
quanti lepri, che vuole, che
mai non rarù
acquiUo di gratia alcuna
: la gratia
è data gratis
dalla Natura, ne
fi pub comprare,
ne acquetare con rimedi},
e cibi conditi .
Arreca oltracciò Pierio
certi verfi d'vn
Poeta, che fcher^ò (opra
il (udetto Imperadore,
pigliando materia dal
Aio gratiofo lepore, e
dal lepre, che
fpello mangiar folea,
quali che il
lepore, e la
gratia deli* Imperadore procedei! e da*
lepri mangiati . Tufcrum quod
vides elle noftrum
Regem» Qucm òyrum fua
detulit propago, Vcnatus feci
t, et lepus
comefus, Ex quo continuum
capit leporem • Mt
Lampridio nella vita
di lui dice,
che 1* I
mpcradore elfendogli moff
rad detti vera rifpondefle
in greco per
dilprezzo del Poeta
con tal fentimento . Pulcrum, quod
putas elle velhuai
Regem Vulgari miserande de
fabclla, Si verum putas
elle, non irafeor, Tantum tu
comedas 'velini lepufculo*,
* Vt fias animi
malis repulfis, Pulcher, ne
inuideas liuore mentis . Ne*
quali vcifi chiama
miicrando il Poeta,
che A mo«c(te
a credere, dalli volgaf DI CES
vi RE %IPJ.
33 J voìgar diceria,
ed opinione, ch'egli
fuflè bello, perche
mangiato lepri .
Se tu credi quefto,
rifponde l'Imperadore, io
non me n'adiro,
Solamente voglio da te,
che mangi ancor
tu lepri, accioche
(cacciati i mali
affetti dell' animo
diventi gratiofo tc non
rh'habbi più inuidia.dal
tenore di talerifpofta,fi conofee» quanto l'Imperadore
tenefle per cofa
ridicola quella volgata
diceria, perlocho chiama il
poeta miferando, e
mefehino : L'Imperadore,
fé mangiaua i
lepri, li mangiaua non
per diuentare gratiofojchegid era
di natura,ma perche
gli gu« ftaua il
lepre, ch'egli dello
pigliaua nella caccia,
della quale molto
fi dilettaua, come fcriue
Lampridio . Che i
poeti riabbiano fch erbato
Sopra iHcpre »
ed il lepore, lo
hanno fatto per
Io pronto bisticcio,
che fé ne
forma . Si non
vis edere leporem,
sede Uporern ;
dille vn'altro poeta
ad vno, che
ftaua a tauola,
ne mangiaua del leprc,che
vi era, ne
diceua niente :
ma quefta conformità
di voce detta Annominatione, o
Paronomafia,non bafta ad
includere il firn
bolo del lepore, e
della gratia .-perche
il lepre non
fi forma dal
lepore, ne il
lepore dal lepre, ma
fi dice lepus,
quafi (ìt leuipes,
perche è leggiero
di piede, come
tiene Lucio Elio preflo
M, Varrone lib.j.
de re runica
cap. i a.ouero
come pii\ tofto
vuole Varrone è
detto dall'antica voce
Greca Eolica, leporin,
perche è fimo ì
di nafo Liporjs,
ouero Liporrhis, fignifica
fimo, per quanto
n'auucrtifce Gioi Seppe
Scaligero : ma
il lepore della
gratia, e venuità
non fi deriua
da limili vo! ci, diuerfè
di lignificato :
dunque per niuna
via, ne per
etimologia, ne per
na« ! turale intrinseca
virtù, ne per
vaga eftnnfèca ferobianza,
il lepre, che
più torto ; brutto
è, può feruire
per Gieroglifico della
Venuttà, e gratia
; alla quale
riabbiamo dato noi la
corona di rofe,
e l'Elichrifo fiori
al tutto belli,
vaghi, e legi
giadri, che fpirano
tanta fòauità, e
gratia,che diedero occafione
a gli antichi
di i penfare,che fulTero
atti allo acquifto
della gratia ;
i quali, come
gratiofi fiori pofiono
arrecare adornamento, e
gratia a chi
li porta, perche
la gratia naturai* Igiene accrefeiuta
da gli artifitiofi
adornamenti, pero fingefi
conforme al verisimile da
Libanio, che il
Mutione d'oro delle
gratia a Pallade,
e il diadema
a-» Giunone, per quello
anco Venere di
natura bella,e gratiofa
portar volle il
detto cingolo ricamato,* Scelfe
la corona di
rofe per comparire
più gratiofa con
fi; mili artifitiofi
adornamenti, iquali fi
conuengono a Dame,ma però Séruatri
ter ì mini dell'honeftà,
e modeftia, ellendo difdiceuole ad
honorate Dame lalfarfi t
trafportarc dal fbuerchio
defidcrio di farli
"vedere belle, e
eratio fé con
fuperbi, m*m hpm »>~aw,w *h
wKinw \, f»w
v****r«»vr*«> VIUVIVVf llML/lkW
HA TUA lì
il II» v»
i»» Igufto, che quello
di hieri :
e fé bene elTa nipote,
hoggi mi fono
adornata per gli jtcchij
di mio Padre,c
hieri per gli
occhij di mio
marito, nondimeno fi
conuerria più alle
Dame andare adorne
in guifa tale,che
hauclfero da piacere
più tolto ì gli
occhii de' padre,
che a gli
occhij degli huomini .
A Cauàlieri poi
in netCun modo
conuengonfi gli artifitiofi
adornamenti, fé non
tanto, quanto comporta la
virilità caualierefea, perche
la belle^a virile
poco deue tller
coltiuata, { puidio, Pie* coli
modico forma virili»
amat . NafcondanJfi quelli
Cauàlieri, che per parer
gr? tiofi pongono
cura,ed arte particolare
di fpatTeggiar fuora
co» cium, ricci, e
"vedimeli ti iafeiui,
e profumaci, affettando
tanto il portar
della vita, i getti
del volto, con i
(torcimenti di tetta,
e ghigni sforzati,
il parlar melato
con parole ttentate,
e ttudiate >
che in vece
di gratiofi diuengono
più cotte con la
loro affettinone odiofi,inuece
di
virili,efreminati,rnoibidi,e
delicati, pen fano d'ettere ftimati
» e lodati,
ma fono fprc^zati,e
biafimati : Sicome
il Cali iliero Mecenate,
le ben da'
Poeti per la
fua liberalità celebrato»
da Seneca Hlofofo
per la fua
affettatone vilipeio nella
Epittola 1 1 }t
oue dice, Quomodo Ma^cenas vixerit,
notius eft, quam
vt narrari nunc
debeat, quomodo ambu* lauerit, quam
delicatus fuerit, quam
cupierit videe i,quam *vitia
fua lacere vo» luerit .
Quid ergo ?
non oratio eius
a?que foluta eft,quam
iple difeinctus f*
non : Cam insignita
illitis verba iunt,
quam cultus, quam
comitatus, quam domus, quam
vxor ? E
più jbaflb.r Ma?cenas
in euleu fuo
quid purius amne,
filuilq; ripa comant bus .
vide vt alueum
lintribus arene, verfoq; vado
remittant ho: tos: quid
fi qais femina
cirro crifpat, ^/C
labris columbatur ì fono quelli
affettaci Caua'ièri
fpiaceuoli a ti^tti,
edam dio a'
loro affettionati »
Difpiacque ad Au» gufto
Taffettà to parlare ^elfiftefTo
Tofcano Mecenate, ancorché
per altro da lui
fulfe amato, per
quanto fi narra
da Suetonio nel
cap. 86.. nella
"vita d' Augufto, e
da Macrcbio in
quel tenore di
lettera in/erta nel
primo libro de
Saturnali cap 4. nella
qua le facendoli
beffe della fua
aftèttatione dice . Sta
fano me ■ le delle
genti, meluccio, auorio
di Tofcana* la-fero
Aretino» Diamante del
Mar inferiore Tirrheno, gioia
Tiberina, Smeraldo di
C2fa Ci^nia, Diaipro
de* figoli, brillo di
Porfenna habbi il
carbonchio,accioche pOifi congregare
tutti i fomenti delle
adultere . In quefta
maniera i Caualieri,
che vogliono affettare
la Venuftà, e
grafia, con artificieri
componimenti di peifona,d'habito, edi
parole* vengono fcherniti, e
burlati per fino
dalli propi j
amici, con gran
perdita di ripiitatione.e gratia
apprettò ogni perfona
graue, e prudente-. L'augclletto j
che nella finiltra
mano della notti
a figura fi r iene,da*
Greci, 1 dal nottro
Plinio chiamato linge
non è altrimenti
la cod^in^ola da'latini
det ta Motacilla, ficome
malamentealcuni autori hanno
tradotto in Pindaro,
il Snida, e l'interprete
di Theocrito nella
Farmaceutria, errando inneme con
lo» ro molti altri
principali feri ttori, tra* quali
Gregorio Giraldi Syntogmate
8. Natal de* Conti
nella Mithologia Jib.8.
cap. 18. E
l'Alciato nell'Emblema 1 78
Erra parimenti 1
hedòro Gazza a dir, che
la linge dal
volgo fia chiamata
torquilla,e da gli
Antichi Turbo, come
ne auuertifce Gio.
fLctifta Pio ne
gli annoiamenti capit. 2.chiaroafi
rettamente da alcuni
Torcicollo, percrie fi inge
è 'vn'augelletto, che torce
il collo, riandò
fermo il reftante
del corpo, fecon
do Ariftotile nel a. hb. cap. 1
2.de natura d'Animali,doue ragiona delli
fpartim enti delle dita, dice
ndo, che cucci
gli augelli hanno
4. dita tre dauanci,
vno dietro, pochi hanno
due dica diuife per
ogni banda, come
ha l'augelletto lingd grande
poco più del
fringuello, di color
"Vario, ha la
lingua fimile a
quella delle ierpi, la
caua fuora quattro
dita, e di
nuouo la ritira
dentro, torce il
collo contro di le,
tenendo il retto
del corpo quieto
. Paucis quibufdam
vtrinque bini vt auicula:,
quam lyngcm vocant
: h«cpaulòauior frigilla
eft, colore vario
' habec •habet fibì própriam
digitotum * quam
modo disi jdifpdfitioaem ;
.S&* linguam
ferpentibusfimilem ;quippequam in
>longitudinem tmenlura quattuor
digir tortini
ìporrigatjTurfumq^ contrahat intra
rciftrum jcolkimetiam icircumagit
in auerfum, reliquoquielcentc corpore
modo fèrpentum :: E queifto*
il tefto d' A*liftotele* al
quale aderifce Plinio
lih. xi. quefto gratiofò augelletto, e
che lo donò
a Giafòne, tper
far i nnamorar M edea ...
Domi* na autem velociffimorum telorum
verficolòr-em Motaeillam.e cario
cum alligaf /et rotar
quatuorradiorum indiflolubili
furiofamauem Cypris attulit
primuni ad homines, fupplicatricésq; incantationes^docuit fapientem
Aefonidem „^t Medea? eximeretreuerentiam erga
.parentes,
defiderabilifque^jrsciaipfam in
peétore ardentem verfaretsfiagdlonerfualianis .. Per tal
cagione fu dagli
antH chi 'Greci tenuta
idonea a gPincantamen
ti amorofi .. Theocrito nella
Fatmaceutria Edillo fecondo
introduce Sineta Ninfa
innamorata di Uelfide
-Miudù># cefi cantando.
Sicut harsc ceram
ego, Deo adiuuantr, liquefaci©,
Ita .prar amore (lati m liquefeat
Myndius Delphisj Vtq; voluitur
hic arneusOrniVopè Veneris
^ Sicilie voluatur ante
noftrasfores, lynx trahe tu
illuni meam ad
domum Virum.. per metafora,
fi chiamano Iyn« ges
tutte le gratiofecofe,
che incitanoad amore,eche
fonoatte a perfuadere, per vigore
dellagratia, e venulU;
Zezze le parole
gratiofelechiama, Vei borum
lynges, perche le
parole tirano gli
animi, ancorché duri,
e difficili a
piegarli, et d'Helenadicono i
Greci,che haueua cofi potente Iinge.cioè
coli potentc^ratia, e VenurU,che allettaua
Priamo ifteflò.Re di
Troia, ancorché cqnofceflc,ch'elia era la
rùina del fuo
Regno, ne fi
poteua concilo lei
adirare, ma con
paterno amore la chiamaua
figlia : e
Suida narra di
Cleopatra, ch'ella penfaua
di poter adekare, e
tirare all'amor (uo
Augufto Impcradore con
ia medfcfima Iirge, Y
cioè Ì3? cioè gratile
venuftà efficace con
la quale a
defio, e tirò
Ccfare, e M.
Antoni», Hora, fé ripigliamo
il miftico parlar
di Pindaro *
che Venere portafie
dal Cele Minge, fotto
adombrata figura, chiaramente
-vedremo efpreflo, che
la Venuftà »
e gratia è
dono particolar del
Cielo, e della
Natura, donata poi
a Giafone > che
fu bello, e nobile
Caualicre, accioche poteife
commuouere ad amore
Medea, e perfuaderla contro
la voglia del
Re de Colchi
Tuo padre, e
della Regina madre a
pigliarlo per Tuo
fpoio, come fece
; fi manife(ta,che
la nobiltà, e
la beile^a non
ha -vigore di
difponete gli animi
fen^a la gratia,
perà Suetonio mo-. Ara
di (prezzare la
bellc^a di Nerone
imperatore, perche era
fenza gratia, e come
priuo di amabil
gratia, e cólmo
di odiofi coftumi
era da tutti
odiatogliene, non auuiene in
quelli, che hanno
*venuftà> e gratia,
laquale è di
migliore con* dicione, che
la belle^a ;
perche la belle^a
per fé ftellà
non ha vehemenza
di allettare gli animi
fen^a la gratia,
ma la gratia,e
venuftà ha anco
efficacia gran' de fen^a
la bellezza, fìcome
habbiamo di fopra
moftrato con Tcllèmpio
d' Vi» (fé, Socrate,e Quinto
Rofcio, i quali
ancorché brutti, mediante la
gratia,e verni. ala loro
tirauano a fé
gli animi delle
pedone, e faceuano
acqui Ilo dell'altrui
gra tia. Onde prouerbialmente dicefi .
lyngemhabet. D'vno, che
habbia tal gratia, e venufta,che pare,
che incanti le
perfone, e le sforai
ad amarlo ; però
predo di
noi la linge
è f imbolo,
e figura della
for^a, ed efficacia
della gratia, o .
VcnulU. VÈNTI, Eolo I{e de*
Venti . HVOMO con vn
manto regio, e
veitito con Tali
a gli homeri,
e capelli rabbuffati,cinti di
""vna corona, le
guancie gonfie, e
con arabe le
man; tenga in fi-ra
attitudine *vn freno
* Si dipinge, che
porti la corona, et il
freno,percioche i Poeti
lo chiamano R de
venti) e per
quanto riferifee il
Boccaccio hb.xiii. coli* Venne
in Eolia alla
Città de* Venti, Oue
con gran furor
fon colmi i
luoghi t D'Auftri irati,
quinci in lagran
caua Eolo preme i
faticofi venti « E la
fonante Tempe,e come
Rege Per lor legami,
e gli raffrena
chiufi » Ou'eflì difdegnofi
d'ogni intorno, Fumano, ed
alto ne rimbomba
il monte * 8
VergUio ancor defcriuendolo
nel primo dell'Eneide,
coli dice . Talia fiammanti,
fecum Dea corde
volutans Nimborum in patriam,
loca feta furentibus
auftris Aeoliam venit, hic
vafto Rex Aeolus
antro Luctantes ventos> tempeltatefq;
fònoras. Imperio promic ac
vindis, de*" carcere
frenat ' Uh indignante;
magno cum murmurc
montis Circum cìauftra fremutati
celfa (edet Aeolus
arct-, « Sceptra teuens,
moliicq; animos, et temperai
it« .EOLO, Cerne fi pofia
dipingere d'altra maniera. HVOMG m
habito di Re,
con vna fiamma
di Fuoco in
capo, terrà eoa vna
mano vna vela
di Naue,e con
l'altra vno Scettro . Si
rapprefenta in quella
guifa, perche Diodoro
Siculo nel 6.
libro delle lue-* kiftorie.dice, che
Eolo regnò nelle
Iiole chiamate da
gli antichi dal
fuo nome, Eolie, che fono
nel mare di
Sicilia,efu Re giuftillìmo,
humano,e pietofo,ed in/ègnò
aili Marinari l'vfo
delle vele, e
con la diligente
ofleruatione delle fiamme «lei
fuoco conoiceua i
Venti, che doueuano
tirare, et li pt
tdictua > onde
hebbe luogo la fauola,
che egli era
Re de' Venti. VENTI. ANCORCHÉ di
molti venti fi
faccia mentione, nondimeno quattr* fono li
principali, e di
quelli faremo pittura,
i quali Ternano
dalle quattro parti del
mondo ciafeuno dalla
Aia parte ;
ed Ouidio nelle
MetamoifoJì di fora tulk
«lice, mettendo ciafeuno
al fuo luogo
nel libro primo
• Euro "verfo l'Aurora
il regno tolie, ;
Che al raggio
mattutin fi fottopone
• FauonioneirOccaio il feggio
-volle Oppofto al ricco
albergo di Titonc,
xVer la fredda,
e crudel Scitìa
fi volle L'horribil Borea
nel Settentrione . Tenne l\vf
uflro la terra
a lui contraria, Che di
nube, e di
pioggie ingombra i'aih. EVRO. HVOMO con
le gote gonfiate,
con l'ari a
gli homcri, di
carnagione m« refea, hauerà
in capo vn Sole rollo
• Qucfto vento loffia
dalle parti dell'Oriente
* Si dipinge di
color nero, per
fimilitudine de gli
Ethiopi, che fono
in Lcuafc. te, donde
egli -viene, et cofi
è flato dipinto
dagli antichi . L'ali fono
inditio della velocità
de' -venti, e
circa l'ali quello
baderà per dichiaratione
di tutti gli
altri venti . Si rapprefenta
col Sole rodo
in cima del
capò, perche Ce
il Sole quando
tra. wonta è roflo,ed
infocato,moftra,che qi erto
vento ha da
forfore il dì,che
vie» dietro, come moftra
Vcrgilio nel libro
primo della Georgica
fcriuendoli fegni, che ha
il Sole delle
ftagioni,dicendo. Ca?r uleus
pluuiam e enunciai
igneus Euru* « FAVONIO O
ZEFFIRO che dir vogliamo . VN
Giouane di leggiadro
afpetto, con Tali,
e con le
gote gonfiate, come communemente fi
fingono i venti,
tiene con bella
gratia vn Cigno
eoa i ah aperte}
ed in atto
di cantar*. V
z Haotfà $4» te
O NOLO G !*A Hautrl in
«pò vna ghirlanda
con teftadi *vaiij
fiori, cori èdipmtoda
Philoftrato nel libro
dell'imagini, doue dice,
che quando viene
quefto ve nto,
i Cigni cantano più
foauemen te del
foli toy et il
Boccaccio nel quarto
libro della Gè neologia
delli Dei dice,
che Zcphiro è
di compleflìone fredda, et humida,nondimeno tempera tame
n te, et che
ri folue i
'verni . et produce
l'herbe, et i fiori,
e perciò^li fi
dipinge là ghirlanda
in capo ., Vien
detto Zephiro da
Zephs, che volgarmente
Tuona vi ta,
*\ien de tto
po| Fauonio, perche fauoriice
tutte le piante,
fpira foauemen te,
e con piaceuo
lecita da mezzo giorno^
fino a notte,.
de dal principio
di Primauera fino
al fintai
«iell'Eitate.BOREA, OVERO AQVILONF; VOMO horrido,
con la barbavi
capelli, eie ali
tutte piene di' néue, et i
piedi come code
di ferpi; coli
viene dipinto da Paufania r
&T Cuidio»
H^^librdeflcMetamorfofi, di lui
coti dice. l Deh
perche Tarme mie
pofte ho in oblio
r ..• E come
alla mia rabbia
alento il freno Apro
rimar fino al
fuo più cupogrembo» E
per rendere al
mondo il ciel
fereno Scaccio dall'aere ogni
vapore, e nembo, E
quando in gioftra
incontro, e che
percuota, » Yincoi& abbatto
il nero horrido
NotOr Quando l'orgoglio' mio
per l'aria irato \ Scaccia i
nembi vers'Au{h:o, e
loftia, e ftemer E'ì
forte mio frate
1 dall'altro lato. Altre
n ubi ver
me ributta, e
preme, • E che
quello, e quel
nuuolo è forcato
> Nel mezzo del
camind'vrtacfi infieme, Io pur
quel fon, che
con horribil fuono EòyfeirilfuocOylafatita, e'1
tuono. ] Non folo
il foftìo mio
gl'arbori atterra, Ma fi
a palalo pur
fondato, e forte, E
fé tal'hor m'afeondo,
e ftò foteerra
.-*»• ■'* Nel tetro
career delle genti
motte, £b d'intorno tremar
tutu la terra, Se
io TX l . $4* Se
io trouo aliWfcir
mio chiule Je
porte, E fin die
io non èfalo
all'aria il Tento,
f Di tremor empio
il mondo, e
di fpauento. AVSTRO. Come de
dritto da Ouidio
nel primo libro
delle Metamorf, Con l'ali
humide su per
l'aria poggia i Gl'ingombra
il volto molle
o/curo nembo Dal dorfo
horrido Tuo fccnde
tal pioggia, Che par,che
tutto il mare
tenga nel grembo Piouon
fpetlè acque in
fpauentofa foggia * La
barba, il crine,
e il Tuo
piumofo lembo » 1
Le nebbie ha
in fronte, i
nuuoli alle bande Ouunqne
Tale tenebrone fpande .' Per
quanto riferifee il
Boccaccio nel lib.
4. della Geneologia
delli Dei, dice_^ che
quello •vento è
naturalmente freddo, Se
(ecco, nondimeno mentre
vene?do a noi,
paffa per la
zona torrida > piglia
calore, dC dalla
quantità dell'acqu, che confitte
nel mezzo giorno
; riceue Thumidità, et con"
cangiata natura, pe;
uiene a noi
calido, &CT humido, et con il fuo
calore apre la
terra, et per
lo pir è armeno
a moltiplicar Thumor,
ck^ indurre nubi, et pioggie
j et Ouidio
dt» fcriuendoli tuttequattro ne)
primo lib.Triftium eleg.
2. coli dice, Nam
modo purpureo vires
capit Eurus ab
ortu, Nuac Zephyrus fero
vefpere miflus adeft. Nunc
gelidus ficca Boreas
baccatur ab ardo :
NuneNotusaducrfapra?lia fronte gerit.,'. AVRÀ. VN A
fanciulla con i
capelli biondi, fparfi
al vento], con
bella acconcia* tura di
varij fiori in
capo . 9 II vifo
farà alquanto graflb,
cioè con le
gote gonfie limili
a quelle de'
venti, ma che fieno
tali, che non
disdicano agli homeri,
porterà l'ali, le
quali faranno di più
colori, ma per
lo più del
colore dell'aria, 6^
fpargeri con ambe
lc^ mani diuerfi fieri . ^
L'Aure fono tre,
la prima è
all'apparire del giorno,
la feconda a
mezzo giorno, óX^
la ter^a verfo
la fera . Furono pinte dalli
Poeti fanciulle, piaceuoli,
feminatrici di fiori
con Toccai fione di
quei -venticcioli, che
al tempo della
Primauera vanno dolcemente^ fpì rgendo
gli odori de'
fiori, com e
dice il Petrarca
in vna fedina,
doue dice . Là ver
l'Aurora, che fi
dolce l'Aura Al tempo
nuouofuol mouere i
fiori. * E nel
Sonetto 162. «
"'L'Aura gentil, che
raffèrena i poggi,
« Dettando i fior
per queftòombroiò bofeo
» Al fuaue fuo
fpirto riconofeo, &c.
* . Ciouane,e con
l'ali Ci dipinge,
per rapprefenure la
yelocità del fuo
moto ; Y f
VERGOGNA HONESTA, DON^A eli
gratìofo afpettOjCol •volto,e
gli occhi badi,
con la fòmmità deH'orccchie,&guancieafperfa diroilore,
vettafi di rollo,
habbia in capo vna
tetra d'Elefante, porti
ne la deftra
mano "N-n Falcone,
nella finiftra terga vna
cartella, nella quale
"vi Ha fcritto
queftomotto. DYSOPU PROCVL. La
Vergogna, ancorché non
fia virtù, è
lodata da ^f
riftoti'e, dellaquale no ragiona
fufleguentemente doppo le
virtù", ed a
guifa di virtù
è da lui
pofta tra due eftremi
vitiofi, tra la sfacciatezza, e
la paura . Lo
sfacciato non fi
-"vergogna di cofà alcuna
j il paurofo
fi vergogna d'ogni
cola : il
vcrgognolb è in
mezzo di quefto>che
fi vergogna di
quel!o,che vergognar fi
deue : (opra
che vegg,£ nel 2t
libr. cap.7. dell'Etìlica
a Nicomacho,il medefimo
nelli morali grandi
pone la vergogna tra
la sfacciatela, e
lo ftupore, circa
li fatti, e le paiole .
Vereenndia inter impudentiam, et Uuporem
medietas, in a&ionibus
colloq.uiisquc conditura . Zenone
diiTe,che la Vergogna
è timore d'ignominia
> conforme^, alla difìniticne
d'*é[iftotele nell'Etnica lib.
4. cap. vkirr.o,
oue dice il
Filofofo, Ve* Verecundìa
timor quidam infamile
defìnitur ;però da'
Latini e, detta
verecundia a vercndo,dal dubbitare,
òC hauer paura
di qualche fallo,
e d'ellèr tiprefò nelle
attioni fue :
perche la Vergogna
è vna moleftia,e
per tu rbatione
d'animo, nata da quelli
mali, che pare
ci apportino difonore,
o dalle cofe
prefenti, o paf* iate,o
d'auuenirc . cofi definita
da ^rift. nel
2. della Ret.
fecondo la traduttione
del Mureto. Pudor eft
moleiliaquaedam, et perturbano animi orta
ex ijs malis, qua;
ignominiam inurere "vidsntur, aut
prelentibus, aut prcteritis
> auc rìituris . ^ìcuni
hanno fatta differenza
tra, Pudor,& Verecundìa,
dicendo,che Verecundia fìa la
Vergogna, che lì
ha, ed il timore di
non commettere qualche errore, che
poi gli dia
infamia, ed ignominia, et Pudor
fìa il rollbre,
che fi ricette doppo
qualche errore commetto
: ma truouafi
predo gli autori
indifferente-; mente prefa "Vna
voce per l'altra,
e Verecundia dicefi
tanto auanti, quanto
dopo l'errore commefio,& cofi
Pudor fari '"veìlcm, fed
me prohibet pudor,
dic«L* Alceo 3 Saffo, et quello
è auanti il
fatto prima che
parli : ne più ne
meno,corac in Italiano Vergogna
dicelì, fendali commetta
alcun fallo, vna
certa modeftia, ed honeità
lodabile,Iaqualefuorcifere
nelle donzelle,e ne' giouani
modefli,che per honeìlà fi
vergognano pallarese parlare
doue è moltitudine
di gente, e d'ek
Fere veduti da
Ioro:il Petrarca moitra
l'honelta vergogna della fua
modella Dama, quando fu
da lui veduta
nuda. Stetti a mirarla
: ond'ella hebbe
"vergogna. E nel Trionfo
della Cadila celebra
la di lei
vergogna . Hon citate, e Vergogna
a la fronte
era Nubile par de
le 'virtù diurne, 1
Che fan coftei
fopra le donne
altera . Vergogna anco dicefi
il roflore, dolor
interno, e pentimento
jch'habbiam» di qualche cofa
mal fatta . Il
Petrarca vergognandofi de* Tuoi
^iouan.ii errori, cofi cantò
tutto dolente ; Ma
ben veggio hor,
licerne ai popol
tutto Fauola fui gran
tempo : onde
fornente Dimemedefmo meco mi
vergogno: E del mio
vaneggiar vergogna è
il frutto, : E'I
pentirfì, ci conofeer
chiaramente, Che quanto piace
al Mondo, e
breue fogno. Ma quella
vltima forte di
Vergogna è di
minor lede, che
la prima, perche
I* prima fa, che la per
fona s'aftenga dall'trrare
per timor di
biafìmo,e quella è
dimoflratione di Virtù
chiamata da Valerio
Mafiìmo madre d'honéfta
rifoiutiolse,e d'ottimo configlio,tutela de'
folcnni orati), maeflra
dell'innocenza, cara a" proflìmi, ed
accetta alli flranieri,
in ogni luogo,
in ogni tempo
porta feco'vrt
grato,efauorabilefembiante. S. Bernardo
la chiama iorella
della continenza, eSant' Ambrogio,
compagna della pudkitia,
per la cui
compagnia Meliaca^ ftità èficura.
-' L'altra vergogna, che
nafee dall'errore commeflo,
è certamente lodabile-,-» ma meno
commendabile della ptima,
perche molto meglio
è non errare
per la vergogna, che
vergognarli pei l'errore,
aUeiochc la vergogna
fé bene e
legno di Y 4
virtù» **9 virtù, nondimeno qurllo,
che induce la
vergogna è vi
tio . Il
fudetto Akc& quando diHè
a Saffo, vorrei
parlare, ma vergogna
mi ritiene . Saffo
gli rifpoie,
fcifùflecofahoneftanontivergognarefti
dirla. Si tjuidquam bonetti
méns fèrat, ac
boni, Ne Iingua-quìdcruam turpe
pare* tua Nullo impedireris
pudore . E però molto
più lodabile e
a non far
cofà, perla quak
ci habbiamo* fognare, che
il 'Vergognarci :
pur tal ^vergogna
a^ccr effa non è fen^a
tintura ili virtù, 'perche è
bene vergognarfì,doletfi, pentirfi,
ed arroffirfi degli
errori tommeflì . Diogene in
I aertio dice,
che il roflbre
è colore della
"Virtù » Sam# Ambrogio vuole, chela
colpa lì accrefea
col difendere le
colè malfatte, 6^ che
fi 'frninui/ca col
rofiore, « con
Ja vergogna e
fugge la fua
vecs : mai
non via pei
vergogna Tatto venereo
irw palcie. >*£ ©atefe, come
fanno le beftie sfacciate, -ma
in occulto . Se
bene i'huomo, "comò H
più perfetto degli
altri animali >
deue non Colo
vergoguatfi in palefe,
ma anco m occulto .
Pithagora moralismo Hlofofo,
diede queftó ottimo
precetto, Turpe quippiam nunquam
facies nec cum
alijs, nec tecum,fcd
omnium maxime te ipfum
rcuereare . Non commettere cofa
dishonefta ne con
a!trui,ne da te
lìeflò, ma principalmente rifpetta, e
riutrifei te fteflc^fenten^a molto
conforme a quella
di Democrito . Ancorché
fij folo non
fare ne dire
cola, che fia
cattiua, impara a
riueri*c più te
fteflo > che
gli altri »
che fi vergogna
de' luoi difetti,
ne 'vuole comparire nel
cofpetto delle perfene,
fi può comprendere,
che gli animali
nobili, a' quali preme
più l'honore, che
a gli altri,concepiicono maggior
vergogna quando incorrono in
qualche errore, il
che non fanno
gli animi vili
T baili, e poco
honorati, che le
bene commettono errori
grollì, ed infami>
nondimeno non f» ne
"vergognano, ma come
non fia fatto
loro,sfacciatam*ute
compari/cono pec tutto» Auguftolmperadore di
gran fentimento d'honoie
adirolTi fortemente, quando
fèppegli itupri, e'
misfatti di Giulia
fua figUuola,ed in
quell'ira fece pubblicare vn
procedo dal Qucftore
ad alta voce
al Senato pieno
de' vituperi) di lei
con animo di
farla punire,e morire,ma
dipoi celiata l'ira
sì vergognò d'ha uer
fatto pubblicare il
procedo, perche intiero
ad vn Principe,come
ìaì non con ueniua
tanto di palefare,
e vendicare g*i
lìupri di fua
figliuola, quanto di
tacerle ricoprirli,perch«
labruttei(£a,e macchia d'alcune
cófe, ritorna (opra
di ch'i fi vendica .
Quia quarundam rerum
turpitudo etiam ad
'vendicantem redit * dice
Seneca nel Selto
de'benefitij cap. 32.
Confiderando ciò Augufto,
pianle ài non hauere
opprene col filentio
le attioni dishonefle
di fua figliuola, et dalla vergogna
per molti giorni
non fi lafsò
vedere . De filia
abfens, ac libello
pec Qucftorem recitato notum
fenatui fecit »
abitinui.rq; cengreifu hominum
prae pudore, dice Suetonio
cap. 65. nella
vita d' Augufto . Ma con
tutto ciò deuefi
auuertire di non
incorrere nell'cftremo, cioè
di non prendere fouerchia
vergogna > perciò
.riabbiamo pollo nella
fin idra mano
quel motto. DYSOPIA PROCVL.
cioè ftia lontano
la fouerchia, e
vitiofa vergogna > perche
douemo fi bene
hauere in noi
vergogna, ma ferina
Diioria à coli detta 1 949
cofi detta da*
Greci la fòprabbondante, et *vitiofa
vergogna, nella quale
fi efee* de il
termine del roflbre^ettendo a
terra gli occhij
inficine con l'animo
; impercioche, fi
come chiamati Catefia
vn meftitia, e
dolore, che butta
a terra gli ecchij,
cofi la vergogna,
per laquale non
riabbiamo ardire guardare
in faccia a_. niuno,
chiamafi Diforia, alla
quale chi facilmente
fi da in
preda, inoltra d'efler d'animo troppo
delicato, ed effeminato
; ne gli
gioua di coprire
h fua morbidezza d'anime con
Thonerto nome di
vergogna, per laquale
fono forcati a
cedere a' pili animofi,
ne fi fanno
rifoluere a metterli
innanzi, e fare
niuna atrio* ne honefta
in pubblico, ma
iranno Tempre ritirati
in vn cantone
dalla vergognonefe ne
partono punto fen^a
(limolo d'altrui . lfocrate
Oratore ^thenieie hatteua
due fcolari Theopompo
troppo ardita, ed
Eforo troppo vergognofo
eoa* quello foleua dire,
che adoperaua il
freno per ritenerlo,
e con quelto
lo fprone per incitarlo,
e rimouerlo della
vitiofa vergogna, perniciofa
a tutti, maifimamente
a poueri,che hanno
bifogno dell'aiuto d'altrui .
Vlilìè,nella 1 y.Odiilea, tornando a
cafa fua traueftitoin
babitodi mendico, come
poiiero vcigognolo « erifpettofo
moftra di non
hauere ardire d'entrare
doue fannoilconuito li
Proci, Telemacho, penfando fia
veramente vn pouero,ordina
ad Eumeo,che dica a
quel pouer'huomo, che
non fi vergogni,
ma fi faccia
auanti a dimandare
il vitto a' Proci,
attefoche la vergogna
è nociua a'
poueri bifognof « Da
huic hofpiti hajc
£erens, ipfumque iube Petere
vi&um "Valde omnes
adeuntes procos Pudor autem
non eft bonus
indigenti viro,vt adfit. Perloche, fi
come la difcreta,e
moderata "vergogna è
lodabile,ed vtile,cofi la indifcreta,ed immoderata
vergogna è biafimeuole,
e nociua,e quello
è quello» che volle
inferire Hefiodo, quando
dille ; Veiecundia,quaj viros
multum hedit, et iuuat . La
vergogna, che molto
gli huomini offende,
e gioua, hauendo
rifguardo ai debito modo
: gioua i'honefta,
e conueneuole vergogna,
offende la diforia
fuperfìua, e vitiofa vergogna,
della quale ne
tratta Plutarco in
quel brcue,ma fag gio,ed
accorto difeorio intitolato,
De vitiofo pudore
« VERITÀ. VN A belliflìma
donna ignuda, tiene
nella delira mano
alta il Sole,
ilquale rimirae, con
l'altra vn libro
aperto,e vn ramo
di palma, e
fotto al de* ftro piede il
globo del mondo . Verità è
vn'habito dell'animo difpofto
a non torcere
la lingua dal
drittOj&T propio eflere deile
cofe, di che
egli parla, e
fcriue, affermando folo
quello, che è àC
negando quello,che non
è ien^a mutar
penfiero. Ignuda fi rapprefenta,
per d'inorare, the
la fimplicità le
è naturale j onde
Euripide in PhamilfiSjdice elfer
(emplice il parlare
della "verità, ne
gli fa bifogno
dì vane interpretationi ;
percioche ella per fé fòla
è opportuna . Il
medefimo dice Efchilo, et Seneca
nell'Epiftola quinta, che la verità
è femplice oratione,
però fi fa nuda,come
riabbiamo detto» et non
deue haucie adornamento
alcuno, Tiene il fole,
per lignificare, che
la verità e
amica della luce,
ancella è luca cbiaiiffima5chedimoitraquel,cheè»
Si può
anco dire,che riguarda
il iolc,cioè Dio,
/è n^a la cui
luce non è
verità alcuna ; an^i
egli è l'itìefla
verità j dicendo
Chriilo Noiìro Signore .
Ego fura Via, v€rtas,&
Vita. Il libro aperto
accennarne nelibri fi
truoua la verità
delle cofe,& perciò
è lo lludio delle
feien^e . lì ramo della
palma ne può
lignificare la fila
for^a, peteioche, fi
come è no* io,
che la palma
non cede al
pelo, coli la
verità non cede
alle cofe contrarie, et ben
che molti la
impugninojnondimenofi felieua,ÓV crefeeinako. Oltre a
ciò lignifica la
rorte^a,& la littoria
; tfchine poi
centra Timarcp dice, la verità
hauer tanta forila,
chefupera tutti i
ptnlìeri humani. Bacchilide chiama
la aeriti onnipotente
fapien^a nell'Efdra al
4., cap. E la
Tentenna di Zerobabel
Giudeo dice, la
verità efier più
forte d'ogni altra «ofa, et che
valle più di
tutte l'altre preflo
al Re Dario . Ma
che dico io
delle fenten^e ?
poiché li fatti
de' nofiri Chrifliani
ampliflìinamente ciò hanno
prouato, eflendofi molte
migliaia di pei
ione d'ogni eti, d'ogni
fello, àC quafi
d'ogni paele efpotìe
al fpargere il
fangue, C\_ latita per
mantenere la verità
della fede Chriftiana
; onde riportando
gloriclo trionfo de' crudelillìmi
tiranni, d'infinite palme,
flc^ corone hanno
la verità Chriftiana adornata* Il mondo
lotto i pie,
cenota, che ella
è iuperiore a
tutte le cofe
del mondo, ÒC~ di
loro più pretioia,
an^i che è
cofa diuina, onde
Menandro in Nannis^licc,che la
'Verità è cittadina
del cielo, Se
che gode Io
lo Ita re
tra' Dei. Verità . DOnna rifplendente,
Se di nobile
afpetto, veftita di
color bianco pompofamente,
con chioma d'oro,
nella delira mano
tenendo vno /pecchi© ornato di
gioie, nell'altra vna
bilancia d'oro . La
conformità, che ha
l'intelletto con le
cofe intelligibili, fi
domanda da Fi* lolofi
con quella nome
di vcrità,& perche
qucl,che è vero,è
buono,& il buono è
priuo di macchia,
Se di lordura,
però fi velie
di bianco la
verità, aggiungendoli, che
è limile alla
luce, 6X_ la
bugia alle tenebre, et a
quello alludeuano le parole
di Chritìo S.
N. quando dille,
quel,ehe vi dico
nelle tenebre, narrate-, .nella luce,
cioè, quel, che
io dico innanzi
alla pianeta del
tempo, che lìa
feoperta la verità
delle profezie in
me ditelo voi
quando laro fatico
al cielo, chefarà
riuelato, 6^_ aperto
il tutto, Se
però egli ancora
è dimandato,& luce,
Se verità : onde
lo fplendore di
quella figura, et il
veltito fi può
dire, che fi
conformino nel medefimo lignificato . E lofpecchioinfegna,che la
verità allora e
in fua perfettione,
quando,corne fi è detto* l'intelletto fi
conferma con le
cofe intelligibili, come
lo fpecchio è buono
quando rende la
vera forma della
cofa, che vi
rii^ lende, et è
la bilancia ifidicio di
quella egualità. Vmtk . 14-* ICO
NO LOG I&t ferità. F Annulla
Ignuda, con alcuni
veli bianchi d'intorno,
per dimoftrare, ctt^ ella
deue efTer ricoperta, et adornata
in modo con
le parole, che
non fi le* li
l'apparenza del corpo
Tuo bello, àC
dilicato,e dì fé ft
elio più,chc d'ogn'altn »
adorna, cV^ s'arricchiice . Verità. Gnuda come
fi è detto,
nella deftra mano
il Sole, et nella
finiftra vn tempo I d'horologio . Il Sole
le lì dà
in mano, per
ridetta ragione, che
fi è detta
di fopra dello
iblea dorè ; et il
tempo nella man
fini ftra lignifica,
che % lungo
andare la verità
ne» ceflariamente fi fcuopre, et apparifee,
e però è
addimandata figliuola del
tempo,& in lingua
Greca ha il
lignificato di cofa,che
non (là occulta . Verità. Glouanetta ignudacene
nella deftra mano
vicino al cuore
vna Perfìca,c vna fola
foglia, et nella
finiftra vn'horologio da
poluere. La Perfica è
antico Gieroiifìco del
cuore > come
la Tua foglia
della lingua, fi è
vfàto tempre in
molti fìmili propofiti
la fimilitudine, che
hanno con l'vno,
accioche quello, che
fi dice habbia
forma, óX^ apparenza di
verità . E l'horologio è
in luogo del
tempo, che fi
è detto nell'altra . VIGILANZA DONNA con
vn libro nella
deftra mano, 6c^
nell'altra con vna
"verga, &C"
vna lucerna accefa,
in terra vi
farà vna Grue,
che fo fregna vn
fallo *ol piede^. E tanto
in vfò, che
fi dica vigilante,
cV fucgliato vn'huomo
di fpirito viuace,
che fé bene
ha prefò quefto
nome della Vigilanza
de gli occhi
j -corporali, nondimeno il
continuo vfo fé l'è quali
conuercito in natura, et fatto
fuo, però l'vna, et l'altra
vigilanza, et del
corpo, et dell'anima
vien dimolìrata nella
premènte figura, quella dell'animo
nel libro, nel
quale apprendendofi le
faenze fi fa l'huomo
vigilante, òC defto
à tutti gl'incontri
della Fortuna, et l'agitatione .della mente
contemplando, 6^ la
verga fucelia il
corpo addormentato,com« il libro,&
ia contemplatione dettano
li f piriti fonnolenti
; però del
corpo, e deU l'animo,
s'intende il detto
della Cantica, Ego
dormio, et cor
meum uigilat. E le
Grue infegnano, che
fi deue ftar
vigilante in guardia
di fé medcfimo,& della propia
^vita ; perche,
come fi racconta
da molti, quando
vanno infieme per ripofarfi
deliramente, fi aiutano
in quefto modo,
che tenendo vna
di elle I vn
fallo col piede
raccolto, l'altre fin,
che il fàlTo
non cade, fono
ficure di elTere
I cuftodite per la
vigilanza delle compagne,
6^ cadendo, che
non auuien» fé non
nel dorimire di
dette guardie, che
al rumore fi
dettano, àC fé
ne fug«» gonoviaw.,( La Lucerna
dimoftra i che la vifilan^a
propiamente s'intende in
quel tem* po,che DI CB$jì%E
%IP;A* Hi ' VIOILANZA. fo cfteè
pia concernente al
ripofo, et al
fònno, pero fi
dimandauano da gli
an* lichi! Vigilie alcunehore
della notte, nellequali
i Soldati erano
obligati a ftar
vii— -itantì per ficure^a
delfeffercitio, e tutta
la notte fi
pactiua in quattro
vigilie» " ' orne dice
Gelare nel primo
de'Tuoi commentari}.. Onna veftita
di bianco, con
vn Calia, e
co» vna Lucerna
in manoipercri* il gallo
fi deftaneirhore della
notte, all'eflercitio del
fuo canto, ne
tralascia mai di obbedire
allioeculti arai maceramenti
della Ha*ura,cofi infegna
* grbuomini la 'Vigilanza . E
1 a
Lucerna moftra quefto
m edefimor vfiindofi
da noi Ȉccioche
le tenebre 'non
fiano impedimento all'attioni
lodeuofi r E pernii
legge,cheDemoftene interrogato, come
haueua fatto a
diventare * ralente Oratore,
ri fpofe di hauerofato
più olio, che
vino, intendendo co» quello
la -vigila n^a de
gli ftudi j,
con que ito la
fonnolcn^a delle delitie. Vi»*
>£éòdv *2 DOnna, che
ftia in piedi
con vn campaneHb
in mane» Se
con vn Leone
vU cinoin atto di
dormite con gli
occhii aperti . La campana
è inftromento facro,
c¥"~ fi è
ricrouato per déftar
non menogli animi dal
Tonno degli errori
con la penitenza,
allaquale c'inuit a,
chiamandoci al tempio, che
i corpi dalle
pia^e,e dalle commodità
del dormire . Il Leone
fu pretto a
gli Egitti) inditio
di 'vigilanza, perche,
come racconta il Pierio,
non apre mai
intieramente bene gli
occhij, fé non
quando fi addormenta, et però
Io fìgtirauano alle
porte de' tempi
j, moftrando, che
in Chiefa deve vegliare
con l'animo nell'orario
ni, /e bene
il corpo par,
che dorma alle-, attioni del
mondo . VìpUma
perdifenderfii&
eppttgnare altriDONNA, che
nella delira mano
tiene nrnaferpe, ÓC^
con la linift» nrn
dardo.' V w.;| LT
Jt* DONNA mal veftita,
giacendo per terra
in luogo fangofo,
e brutto ; te-'
nendo in
mano lVcello Vpupa, et inoltri
non hauer ardire
d'aliare gli oc chi]
da terra, ftan
dole gppreffò ~vn
Coniglio . Vile fi domanda
l'h'uomo, che fi
ftima meno di
quel, che* vale, et non
ardi 1 /ce quello, che
potrebbe conieguife con
Tua lode,fen^a muouerfi
a tale opinione di
fé (teflo dalla
cretìen^a, cheìcgli habbia
di operare con
virtù, 6c^ però 6
rapprefenta la viltà
in vna donna,
che giace per
terra, et mal
veftita, eilèndo
•rdinariamente le donne
più fàcili de
gli huomini a
mancar di animo
neh" at tioni d'importanza . Il veftimento
{tracciato nota, che
in vn vile
non vi fia
penfiero di addobba* re
il corpo Tuo,
per dubbio di
non poter foiientare
quella grauità, e
quei cortami, che richiedono
i panni, ouero
per quel detto
triuiale,che fi (uoldire . w/udaces fortuna
iuuat, timidofque repellit . E
nr>n hauendo ardire
l' huomo per 'viltà
offerirvi ad impreie
grandi, fé ne_* fta
fra il fango
d'vna fordida vita,fen^a
venir mai a luce, ed
a cognitione de gli
Jkuominijche lo polìono
fouuenire delle cole
neceflarie . V Vpupa lì
deferì uè da
diuerfi authori per
vccello -vilifsimo, nutrendoli
di fterco, SCT altre
fporcitie, per non
hauer' ardire metterfi
a procacciare il
ciba ton difficoltà . Il
tenere gli occhii
badi dinota poco
ardire,come per l'effe
tco fi uede. li
coniglio è di
fua natura vili
(limo » come
chiaro fi fa
da molti, che
hanae fcritu la natura
de gli animali, VIOLENZA. DONNA armata,
che al finiftro
fianco porti vaa
(cimi carri, nella delira vn
battone, e con
la fini lira
teng* vn fanciu!
lo,e lo percuota. Violenta è
la for^a, che
fi adopera, contro
i meno potenti
» e però
fi dipinge armata alTotifeia
di vn fanciullo
debole, t fen^a
aiuto d'alcuna parte.
Cofi diciamo e (Ter
violento il moto
della pietra gittata
in alto contro
ai moto datole— dilli
Batata dei fiume^ke
akend«s& anca* altro
cote limili, le
qtuù in q
ueiìi mori :. VIRGINITÀ. 5Ì>*>'3 SJt moti poco
durano, perche la
naturatila quale l'arte,e
la for^a finalmente
vbUr iifce,lc richiama, e
le fi facilmente
fecondare la propia
inclinatione., j { G V£RGINITA IOVAN E
pallida, et alquanto
magra,di be!lo,& gratiofo
afpetto,co« — . vna ghirlanda
di fiori in
capo, *veftita di
bianco, éfT fuoni vna
cerata, jmoftrandofi piena d'allegrezza,
feguendo vn' Agnello in
mezzo d'vn prato. Si
dipinge giouane, perche
dalla fua giouentù
fi mifura il
fuo trionfo, ed il
Elio pre^o,per la
contraria inclinatone di
quell'età . -a pallide^a,
ed allegrerà fono
inditi] di digiuno,
e di penitenza,*
fono due particolari cuftodi
della Verginità . Ha
il capo cinto
di fiori, perche,
come dicono i
poeti > la
verginità non è
a\« : jero, che
vn fiore, il
quale fubbito,che è
colto, perde tutta
la gratia, e
beitela . Segue l'agnello, perche
unto è lodeuole
la verginità, quanta
fé ne va
feguen-t ffi f
«^ ' do l'orme
di Chrifto,che fiì
il/veroellèmpio della verginità,
Se il w:ro
AgneU k>,che coglie li
peccati del mondo . Il
Prato verde dimoftra
le deline della
vita lafciuia, la
quale comincia, e
fini* /ce inherba,per non
hauerio sé frutto
alcuno di vera
contente^a,ma folo vna fcmplice
apparenza, che poi
lì fecca, et fparifee,
laquale è dalla
-vergini là «al* eata
con animo generofo,
e allegro, e
però tuona la
cetara . Verginità . Glouanetta, la
quale accare^i con
le mani vn' Alicorno,
perche, come al» cuni
fcriuono, quello animale
non li iafeia
prendere, fé non
per mano di Vergine.
Verginità. VH A belliuTma
giouanetea, "veftita di
panno lino bianco, con
vna ghicvj landa di
fmcraldi, che le
coroni il capo,
e che con
ambe 1 emani
lì cinge •on bella
grafia *vn cintolo
di lana bianca
* Lo fmeraldo, per
quéllo,che narra Pierio
Valetiano lib 41 è
fegno di vergi I uità,e fuconfecratoa
Venere
eele(te,credutaallhora Dea dell'Amor
puro, dal epale non
poflono nafeere fé
non puri, e
candidi effetti ;
percioche da lei
viene ejuel puro,e fincero
amore, che in
tutto è alieno
dal congiortgi mento de*
corpi} e perb lo
fmeraldo da molti, et in
particolare da gli
Aftrologi è pofto
per fegno della verginità, Si
dipinge col cintolo
di lana nella
guifa, che dicemmo*
percioche fu antice? eoftume, che
le Vergini fi
cingefl'ero col cinto,
àn fegno di
'Verginità 9 la
quale f\ foleua (ciorre
dalli Spolì la
prima fera, che
elle doueuano dormire
con elfi, ce me
ferine Fedo Pompeo» et a
quello allude Catullo iletl
epitalamio di Manlio, A lejj andrò, DONNA bella,
armata, òC d'afpetto
-virile, che in
vna mano tiene
il mondo, de con
l'altra vna lancia.
Significando,\ he la
virtù domina», tutto il
mondo. Armata fi dipinge,
percioche continuamente combatte
col vitio . Si rapprefenta
d'afpetto virile, perche
il fuo nome
viene ( fecondo
Tito Liuiò nel
lrbr. 27: et Valerio
Malli mo lib. 1
.cap. 1 . )
a viro vel a viribus, et moftra la
forte:re-,cne conuiene al
virtuofo . VIRTV. Isella
Medaglia di Domitiano
Galjeno et in
quella di Galba . SI
rapprefentaua ~vna donna
in guifa d'vn'Amazzone, con. la
celata, e Parazonio,
che e vna
fpada larga fetida
punta,& con la
Iancia,polando il piepiede
fopra *vnà celata,
ouero fopra vn
mondo . VIRTV. Tacila
Medaglia di Lucio
Vero, PE R Bellerofonte
bellillimo giouane a
cauallo del Pegafeo,che
con vn dardo in
mano -vecide la
Chimera, fi rappre/ènca
la -virtù * Per
la Chimera allcgoricamente,s*intende vna
certa moltiforme "varieti
de* vitij »laquale vecide
Bellerofonte, il cui
nome dall'Etimologia fua
vuol dire vccifione
dei vitij, c¥~l'Aiciati
nelli fuoi Emblemi
cofi dice . Bellerophon, vt
fortis eques fuperare
chimarram, Et lycij potuit
fremere monftra foli,, Sic
tu Pegafeis -ve&us
petis atthera pennis, Confilioq; animi
moftra fupetba doma . Moftrano 'ssj Moftrano i
detti verfi, che
col configlio, e
con la *virtù,
fi filpera la
chimera* cio ma non
percoMa dal fulmine
» con vn motto
che dice :
Nec forte ',
nec futo . La virtù
come guerriera, che di continuo
col viti© fuo
inimico combatte, (i dipinge
armata, et col
fulminc,il quale, come
racconta Plinio,non pub
con tutta la fua
-violenta offendere il
lauro, come la
virtù non può
cfler ofteia da
qualfiuoglia accidente difordinato. L'elee, che
è dipinto dentro
allo feudo, altro
non fignifica,che virtù
ferma, e cofrante, come
quefto albero,che hauendo
le radici profonde,
i rami, e
le foglie ampie, verdeggiante, quanto più
vien recifo, tanto più germoglia,^
prende^ maggior "vigore ; an^i quanto
più è feoflo, et trauagliato,
tanto più ere/ce,
Se con maggior ampie^a
fpande i rami,
però fi aftòm.alia
alla virtù, la
quale nelle trioulationi, Se
ne' trauagli principalmente fi
fcuopre . Le fi pub
dipingere a canto
ancora '"vn'Iftrice, il
quale non fa
altro preparamento per difender
la vita fua,
che di ritirarli
in fé medefimo,
Se difenderli con Ce
ftello, come la
virtù da fé
fteftà fi difende,
Se in fé
medefima confida, per
iuperare ageuolmente ogn'incontro
di finiftro accidente,
Si for^e, a
ciò alludeua, Horatio dicendo
di nafeonderfi nella
propia virtù : Virtù . DOnna veftita
d'oro, piena di
màefU, con la
deftra mano tiene
vn'haftx/ » SC con la finiftra
vn cornucopia pieno
di "vari j
frutti, con vna
teftudine fotro a
i piedi • Il
veftimento d'oro lignifica
il pregio della
virtù, che adorna,
6^ nobilita tutto i'huomo. Tiene l'hafta
in mano, perche
ella impugna, 6ppofitieni
de' contrarij auucnimenti . Z 2
Per m VIRTV. Per fignificato
del lauro, ne feruira
quello, che duerno
nella feguente figura* che
nell'vna, e nell'altra
fi rapprefenta la
detta pianta . Il motto
dimoftra, che quelle
attioni, folo fono
depen denti dalla virtù,lc • quali hanno
la loro eftremità,
che lo no,
come folle oue
Triuomo cade, e
s'immerge cadendo dal Tuo
dritto fentiero, però
dille Oratio . Ed modus
in rebus funt
certi denique fines Quos
vltra citra quenequit
confiflere return » Vìrth.
VNa giouane bella,
6^ gratiofa, con
Tali alle fpalle,
nella delira mano tenga
*W hall* >
8^ con la
lìniftra -vna corona
di lauro, e
nel petto habbia vn
fole_, . • Si dipinge
giouane, perche mai
non inuecchia, ant^i
più Tempre vien
vigo* rola, et gagliarda,
poiché gl'atti fyoi
conftituifeono gli habili,&,durano quanto la
^ita de gli
huomini * . .
Bella \ 3SK Bei!»
fi rapprefenta, perche
la virtù è
il maggior ornamento
dell*animo . L'ali
dimortrano,che è propio
della -virtù l'al^arfi
a volo fopra
il eommune •vfo de gli huomini
'volgari, per guftare
quei diletti, che
folamem e premano
«Wiiiornini più'virtuofi, i
quali, come dilTe
Vergilio, fono albati
fino alle., delle dall'ardente
mietile diciamole s'inalba
al cielo, che
per^ mezzo dellavirtù
fi fa chiaro,
perche diuenta Ornile
a Dio, che
è l'ideila virtù,e
bontà. Il fole dimoftra,che
come dal cielo
illumina elfo la
terra, cofi dal
cuore la-, virtù difende
le fue potente
regolare a dar
il moto, Se
il vigore a
tutto il corpo uoftro,
che è mondo
piccolo, come dilfero
i Greci, e
poi per la
virtù s'illumina, /calda, et auuigora in
maniera, che buona
parte de f
ilofofi antichi la
Itimorno ballante a fupplire
alle fodisfattioni, ed
a' gmfti, che
nella vita humana
pofloiio defiderarfi,& perche
Chrifto S. N.
d dimanda nelle
facre lettere fole
di giù* ftitia, intendendo
quella giuditia vniuerialiflìma, che
abbraccia tutte le
-virtù, però fi dice,
che chi porta
elfo nel cuore,ha
il principal ornamento
della vera, e perfetta
virtù. La ghirlanda dell'alloro'
ne lignificarne fi
come il lauro
e fempre verde,
8c non è mai
tocco dal fulmine,cofi
la virtù moftra
fempre vigore,e non
è ma» abbattuta da
qualfiuoglia auuerfario, come
anco ne per
incendio, ne per
naufragio fi perde, ne per aduerfa
fortuna, o forte
contraria. Le fi da
i'hafta per fegno
di maggioranza, la
quale da gli
antichi per quella era
lignificata. Dimoftra anco la
forza, e la
poteftà.che ha fopra
il vitio,il quale
fempre dal* la virtù
e fottopofto, e
"vinto . VITA HVMANA. T"X D
N N A
veftita di verde,
con vna ghirlanda
in capo oli
fempreuiur», ro+ ■jLJ pia
laquale vi Ila
*vna fenice, àC
nella ieftra mano
terra vna lira
con il pletro, e con la
finidra tiene vna
ra^a, dando da
bere ad vn
fanciullo. Quello, che da
Latini fi diceneli'huomo -viuere,
fi dice nell'herbe
c}^ nel» le piante
Virére, et la
medefima proportione, che
e fra le
parole * è
ancora fra le cofe
lignificate da effe,
perche non è
altro la -vita
dell'huomo, che vna
-vi* ridirà, che mantiene,
ed accrefee il
ca'ore, il moto,
e quando ha
in fé di
bello, • di buono,
e la "vitidità nelle
piante, non è
altro,che vna vita *
la quale man* cando,
manca il nodrimento,
il calore, le
fiamme, §C la
vaghezza, però i'her» ba,che
tiene nel capo
quell'immagine,(i dimanda lèmpreuiua,
oX l'età prò* fpera
neh" huomo fi
chiama 'viridi tà, 6^ da Virare
parola latina, fi
fono chiamati gli huomini
-viri, però fi
farà non fen^a
proposito inghirlandata di queft'herba. Quafi il
medefimo dimoftra il
veftimento verde, Se
come dall' herbe
non li attende altre,che
la viric ita,
coli neU'huomo non
è berte alcuno
(parlando hun attamente.
) che fi
debbia, anteporre alla virtù
ideila. fi L'hiftoria, o
fauola, che fu
della Fcmce,è tanto
nota, che non
ha bifogno m Z
i di moke >j*
di molte parole
3e fi prende
per la vita
lunga, et ancora
pei l'eternici, tinouando
femedefìma, come fi
è decto „ Tiene
con la delira
mano la lira
cor» il plerro,percioche narra
Pierio Valeriano nel
lib,quarantafettefImo,che
per gieroglifico della
lira per quello
s'incende l'ordine della vita h
umana, percioche eilcndofi
ritrouato da alcuni,
che nella lira fieno
celebrate fette differente
di voci, hanno
da quelle conosciuto,
che la flato della
vita h umana
èdallamedefima varietà continuamente
agitato; percioche la Settima fettimana ilmafchioc formatone!
ventre; Sette hore doppo il parto
dà manifeftt fegnr
della morte, o
della vita, Sette
giorni dipoi il
bellico fi ftrìnge, e
falli fodo, Doppo
due volte fette
dà manifeftQ legno
di vedeie,dop pò fècce
volte fecce ha
la fermerà dello
fguardo,e la cognitione
: Vediamo poi doppo
il fecefmo mefe
cominciare a meteere
i denci, doppo
due voice fette
fé* dere ficuiamente, doppo
tre volte fette
cominciare a formare
le parole >doppo quactro voice
fette cominciare ad
andare, doppo cinque
volte fecce comincia* re
a difpiacergli il
lacte » Pòfcra
doppo fetc'ann* dilacerando
i primi denti,
nascere più gagliardi, e
farli pieno il
Tuono della *vote,
Nel fecondo fettennario nafcer e i peli helle
parti vergogno fc»
venire là virtù
di generare, et incaminarfì alla robultc^i
virile. Nel ter^o
apparire la prima
bai ba,efacfi fine
di crefecre. Nel quarto
"venire la robufte^a,
e la pienezza
delie membra . Nella
quinta-», effondo a ppienocrefciu
co le
for^e y quanto
a eia/cono fono
concedute è da PU^
Ione determinato il
tempo accommodato alle noz^e,
come fi vede
nel fettim» libro delle
leggr . La fetta
conjerua intiere l*a&: raccolte
for^e, &C amminiftra copiofamente
il rigore della
prouiden^a . La
lettima ha diminuì tione
delle for^e,ma ~vn pieno
accrefeimento dello intelletto,e
della ragioni,» Onde vogliono
ifoldati in quefta
età elfer liberati
dalla militia, con et
kruu,con
due piccole alette in
capo. Contemplatione è fruire,
e conofeere Dio,
imaginando la perfetti
one,delIaejuale confitte in
creder bene, cioè
nella ìftefia fede
pura >e viua, Lali,che tiene
in
capo5fignificanoreJeuationedeirinteilcuo,laquale non
Ia«* feia abballare^ penfieri
alle cole corrottibili,
oue s'imbratta bene
fpefio la nobiltà dellanima,& la
purità delle voglie cafte,
però fi dipinge,
che miri ti
eie!» donde efee lo
fplendore che l'illumina,
perche i'hauer l'anima
atta alla contcn* platione,è dono
particolare di Dio,
come affermò Dauid,
dicendo; Domine-, adiuua me,
òC meditabor in
iuftificationibus tuis t .^tà
con humiltà, perche
Iddio refifte a'
/upeibi, òT fa
gratìa a gli humili
. L'vna mano fteia,&
alta, e l'altra ferrata,e
balìa, dimoftrano la
uJaflationcw della mente ne
gli alti penfieri
del Cielo, 6^
la paicità intorno
alle baile -voglie terrene. Z 4
VITA CONTEMPLATIVA. DONNA ignuda» che
ftenda vna mano
aperta verfò il
Cielo » $t^
cotu l'altra tenga vn
libro, nel quale
fiafericto il motto tratto
dai Cimo Mihi inhxrére
Deo bonum eft . Michel' Angelo, come
fi è detto
della attilla, fa
vna ftàtua di
Rachele, forel-la di
Lia, et figliuola
di Laban per
la contemplatili*, con le
mani giunte,con vn ginocchio
piegato,^ col volto
par che dia
leuata in fpirito, et ambedue
quefte ftatue mettono in
mezzo il Moife
tanto famofo del
già detto le
poi;, o . VITA
HVMANAi DONNA, che fi
poti co* piedi
nei mezzo di
vna Ruota di
Tei raggi, laquale
dia in piano
rotondo,fopra vn piedeftallo
in modo formato,
che non pieghi, ne
dalia deftra, ne
dalla finiftra parte»
terrà in vi
a mano il Sole, e «eli
altra la Luna. Sono
ianti,e tanto i
varij cafi dell'humana
"vita^he per la
moltitudine,^^ nelle penne, che
fcriuono,e ne gl'intelletti
fteflì, che discorrono,
fanno confusione, parendo impedìbile
atriuare a tanti
indiuidui, che con
molti vniformt attioni podbno
generar feien^a di
fé fteflì ;
pur da tutti
quelli fi raccoglie
quali vn'epil. go, che la vita
è incerta, volubile, et pero
fi moftrano nella
Luna, e nel Sole
le cagioni fuperiori
neceifarie, e nella
ruota gl'inferiori accidentali
; 8^ le bene
la forte »
oueto la fortuna
non ha cola
alcuna fuor de
gli auuenimentt fteflì,che vengono
di rado, et fuor
dell* intencionc di chi opera,
con tutto ciò l'animo
noftro per lo
più troppo credulo
in quello oue
fi truoua intet eflato,
ha dato facilmente luogo
di fignoria particolare
in sé (itilo
a quella imaginata
dei cà di quelle
cofe,allequali non sa
allenar la cagione,ne
ila alla fortuna
o la colpa, o
la lode, e
diciamo,che la ruota
lignifica gi'auuenimenti,che hanno
cagione inferiore, e accidentale,cioè di
fortuna, la quale
con la ruota
fi dipingea dau* gli
antichi come colei, che
riuolgeflèa fuo piacete
li fiat', e
le grandezze, VITA INQVIETA.
LA vita
de' mortali edèr foggetta
ad vna perpetua
inquietudine,rio porri
fignìficare la figura
di Sififo, il
quale fecondo le
fintioni di: molti
Poeti f tnài ceda
di riuolgere verfò
la cima di
vn gran monte
vn graue fallò, et da alto
tornando a ricadere,nuoua, et perpetua
fatica fi ag^ionge
al mifero huomo, per
ricondurre di nuouo
in cima al
monte il fallo,
oue non è
badante di fermarlo, onde Ouidio
nel lib.4. cofi
dice . Sififo *vn graue
fallo ogn'hor tormenta . Il
monte è (imbolo
della vita noftra. La
cima di elio,
denota la quiete,
6T~ tranquillità dì
quella, alla quale
ciafeuno afpira . lì
fafio è lo
Audio, e la
fatica, che ciafeuno
prende per potetui
strinare . Sififo è ( per quanto
narra Gio. Battifta
R inaldi ne
i fuoi Teatri
•) "fignifica torc
dell'anima, la quale
mentre è qui giù, tempre
a qualche quiete
ipira, de che . }
e (ecche diutntano
• Alie foglie
Simonidc^ effimigliò la vita
noftra in que*
verri. „
VnamfèntentiamoptimevirChiusprotulit a
Quod hominum generatiotalisfit,qualiseftfoliorurttt'
„ Har.c
^aucishominesperceptamauribus »,
In pec1;orecondunt,nec intelligunc „
Quarti breue (ic
muentutisacvits tempusdatum
0 Mortalibus . L'Hemerobio è
vno animaletto volatile
maggiore dVna molca:
ha le ali,t» quattro piedi,
nafee (ficomedice Plinio
lib.xi.cap. 36+) m
Ponto ; nel
fiumc_* Hipane,che circa il
Solititi© porta ctrte
bacche di gufa
teneri, dalle quali
n*e« (cel'Hemerobio, che può
feru.'re per figura
della breuità della
vita : poichc muore
nel medefimo giorno, che
nafee ; e
noi cominciamo a
morire nello fteffo giorno,che
nafeemo ; e
fé bene in
quello noti moriamo,
nondimeno, perchè la vita
noftra è breue
; vita d'vn
giorno fi chiamarcofi
la-chiamò Antifontc* » Vita
fimilis cft carceri
vnius dici, et totum
vita; (pacium *vni
diei xquAe prò* pemodum
dixerim, per quem
intuiti lucem polteris deinde "vitam traiemus* Ed
il Petrarca nel
trionfo del Tempo . £
quanto pollo alfine
m'apparreccrno, Penlando*!
bretfeviiier mìo, nei
quale StaWni'era vn f&neiullo,ed hór
ion vecchio j) " Che più
d'vn giorno è
la uita mortale Nubilo, breue,
freddo, e pien
di noi* Che può
bella parer, ma
nulla vale ? E
perche la vita è
coli
breue,e corta li
Greci la paragonano
al dito.a! paJmòi Se
al cubito :da
Mimnèrmo Colofonio >e
daGmnione dicefi, cubitale
tempus, da Diogeniano, Vita:
palmus,da Alceo Poeta
greco, Digitus eft
dies, per fignw ficaie
la breuità della
vi ta,laqual e, quando a>.co
a molti anni
fi-diltcnda» nondi-j naca»
}*+ meno alfine
vna breue hora
l'annulla, ciò 'viene
molto bene conf*
dento i vna antica
infcrittionc, che fi
conferita nel Pai;
%$j dei Cardinale
Ce is e© u
li ver fi •
d; m. Ca?fìus arquidicus
iameentum clsuferat annoi Felices
annos toc tulit
hora breuis* P. P. Onde il
Petrarca nel trionfo
della Ominidi ditfe, „
O mente vaga
alfin Tempre digiuna 9»
*A che tanti
penfieri ? vn*
hora fgombra » Quel,
che'n molt'anni a
pena fi raguna
• L'ifteflb nel sonetto .
Rott'è l'alta colonna . O
noftra vita, ch'è
fi bella in
villa Com perde ageuolmente
in vn mattino Quel
» che'n molti
anni a gran
pena s'acquifta* Di quella
noftra fragile conditione,
n'é Gieroglifico la
rofa vltìma a
nafte re doppo tutti
gli altri fiori,
ed è prima
a mancare, fecondo
Athcneo lib. 1 5.
No* uiffima rofa poli
alios nafcitur,eademq; prima
deficit, e con
molta conuenienX* la
vita noftra s.'aflìmiglia
alla rofa, che
vaga, et gratiofa
languifce tofto nel medefimo
giorno, che nafee come
fi ef plica in
quel motto, ch'habbiamo
pollo intorno alla rofa,
che è verfo
di Vcrgilio, il
quale della rofa
cofi cantò circa
la* (uà bellezza, efragi
li là . », Tot
fpecies,tantofq;
ortus,uariofq; nouatus „ Ipfa
dies aperit, conficit
ipfa dies .]] „ Conquerimur,natura,breUis quod grada florum'eft „ Oftentata
oculis illieo dona
rapis . „ Quamlonga vna
dies, astastamlongarofàrum }, „
Qiiaspr?befcentesiuxtafene6lapremit.
j Ben fu la
rofa alli mefi
palliti fimbolo della
breue vita nel
Pontificato d**4t Jeflandro Cardinal
de' Medici Papa
Leone XI. che
per imprefà portò
Tempre U rofa con
quello motto . SIC
FLORVI. Imprefa, che
di corpo, e
d'animai li conuiene più
doppo la morte
fua, che in
vita, poiché fiorì
colmo di gratia,
e maeftà nel Pontificato
breuillìmo tempo» come
la rofa, lattando
al mondo foauiilìmo
odore di fé . La
Seppia, ed il
Calamaro detto da'
Greci Theutis, e
da' Latini, Loligo
fi pongono fimilmente per
figura della vita
breue, perche pochiflìmo
tempo campano, come rifer ifee
Atheneo libr. 7.
per autorità del
Filofofo. Ariftoteles lib. 5
.cap. 1 8. de
animalibus Theu ti,
ac Sepia: yitam
elle breuern alTcri
t . VITA LONGA. VN A
efnnna di 'vecchio
afpetto, vedila all'antica»
e che tenga
la dcdtsu mano fòpra
vna Cerua, ch'habbia corni grandifErai con moki
rain /parli nella man
finillra vna cornacchia
• Il ve&imeac» all'antica
dimoila il tempo
pattato di molt'anni
» Tiene A. VITA L0NGA. Tiene li
mano foprala teda
della vecchia cerna}che
ha le corna
folte di molti ramijper moftrare
con effa la
lunghezza della vita
eflendo.che quefto anima le
è di lungi
vita,e o^ni anno
mette vn ramo
fecondo alcuni, quefto
è certo.chev più che
s'inuecchia gli s'ingroflàno
le corna con
più bozzi, e
punti'di cornette, . Campa
3oo.anni,e più. Plinio
lib.8 c.^.cofi dice,
vita ceruis in
confetto lcnga:' e
foggiunge, che doppo
cento anni ne
fono (tati prefi
alcuni con li
collari d'oro poftaui da
Aletìandro Magnò coperti dalla
pelle crefciuta, il medcfimo
fi riferifce d'^gathoclea
Tiranno di Siracufa
ch'ammalò in caccia
*vn cerilo, chfi haueua
intorno al collo
"vn collare di
bronco, nel quale
vi era intagliato
quefto nome DIOMEDE ARTE
MI DE riabbiamo
in hiftòriapiù frefca
» che Carlo Sefto
Rè di Francia
prefè in caccia
nella felua Senliana
vn ceruo,cho haueua il
collo cinto d'vn
collare di metallo
indorato con tale
infcrittionc • HOC OESAR
ME DONAVlT, da
cui n'èderiuato quel
detto comeproucrfcuOiCefaris fuminoli
me tangere;onde il
Petrarca anch'eli 'dille
nel Tonetto. Vna candida
cerua fopra Therba Ncliun .\ /// VITA,
E L'A N
i M O, tita NeflTun mi tocchici
bel collo d'intorno Scritto hauea
di diamanti» e
dì Topati, Libera farmi
al mio Cefare
partse . EiTempfj,che
denotano la lunghe^a
della uita de'
cerui j :
fi come lunga
« la .ita della
cor*ucchia,dà moki autori
latirii cognominata A
ntìofa>perche campa
raolt'anni, &C però
l'habbiamo aggiunta alla
mano fi niftra
di quefta figura, Ja
cui età insieme
con quella del
ceraio n'c fatta
mcntione in quelli
eilàme* tri, che fi
credono di Vergili
o, De «tati
bus animalium • Ter
btnos, deciefq; noucm
fuperexit in anno* Iuftafe»efcentum,quos implet
ritaYÌroruar Hos nouics fuperat
viuendo garrula cornix, Et
quater egTedi tue
cornicis fxcula Ceraio*. VITA, E
L'A N I
M O. VN A
gìouanetta veftit* di
rtede, eie c«bI»
ddba mano tenga
con bella «aria m
lucerna accefa. Si vette
dì ve rde, per
dimoftrare la fperanzji,
che rhuomo feà
ài longa vita. Le
fi da la
lucerna accefa per
lignificare la vita,nellaquale l'olio
infufo pe. fai *iuo il
lume,ne dimoftra quel
vital humore.del quale
il calor fi
pafee per dar
vita al corpo, ilquale
mancando, è neceflario,che infieme,
e*l caldo, e'i
corpo s*t* ftmgua, et manchi .
Di qui è,
che appreiTo Euripide
in molte delle
Aie Tragedie, quelli, che
hanno a palTare
di quefta vita,
dicono quelle parole .
Dìo ti iàlui
òcara luce, laquale
opinione feguitò Plutarco,
dicendo, la lucerne
effere fi « mile
al corpo, che
è dell'anima ricettacolo . VITI O, Vedi
a Scelleratezza vittoria; Isella Medaglia
di Dominano \ PE
R la vittoria
fi dipinge vna
donna alata,che nella
deftra tiene vn
cottiti copia, et nella
finiftra vn ramo
di palma. E qui
fono le due,
forti di bene, che
por tafeco la
vittoriarcioè la fama,ouero rhonore,6c la
ricche^za,e l'vna,e l'altea
per ragione di
guerra, fi toglie
per for7ja di
mano all'inimico • y.ttoria. DOnna veftita
d'oro, nella deftra
mano tiene vn pomogranato,
et nella-* finifira vn'clmo,cofi
iadefcriue Eliodoro. Perche due
cofe fono necelTarie
per conseguire la
vittore, cioè la forzji, et la
concordia, q uè
fi a per
ritrouar la via,
che le d
naiccnde,quella per aprirla
coru animo corraggiofo ;
La fot^a fi
moftra nell'elmo, che
refi-ite a colpi,
che vanno per offender
la teda, 6C
l'ingegni vniti nel
pomo granato, il
quale è riftret^ to
ceri l'vnicne de
Tuoi granelli, come
gli huomini di valore,reiiringono ili
vna (bla opinione tutti
i penfieri di
molti ingegni . VITTORIA. Isella Medaglia
di Ottani* . SI dipinge
donna, alata,che fta
fopra vna^bafe in
piedi, conia palma
in vna mànn,& nell'altra
con vna corona,e
due ierpewi dall'vna, et dall'altra
par pe, e con
vn'altra ferpe,che giacendo
fi auuolgà intorno
a gli altri
due, con lettere ASIA
RECEPTA, cofi fi
vede nella Medaglia
di ^ugutto. Vittorie degl'antichi. DOnna di
faccia verginale, et voli
per l'aria, con
la deftra mano
tenga vna ghirlanda di
lauro, ouero di
oliuo,, et nella
finiftra vna palma,
conl'Auila fotto a'
piedi,laquale tiene nelle
z^ampe vn ramo
pur di palma, et il
vcftinento fi farà
di color bianco,con
la clamidetta gialla. Il lauro,
l'oliuo, e la
palma, furono da
gli antichi v/ati
per legno di
honore, ;I quale voleuano
dimoitrare douerfi a
coloro, che hàucflèro
riportata vittoria le nemici
in beneficio della
Patria, e le
ragioni fono dette
da noi altroue,
de ono tanto chiare
per, fé flette,
che non hanno
bifogno di effere
replicate ph) 'vna voltai Si
fa in atto
di valorejperche tanto
è cara la
vittoria, quanto fignifica
più ma iféftamentc valore
eminente, et dominatore
. QuelW 1 &S ICONOLOGICA
Quello me defimo
lignifica ancora L'aquila,
8c però augurando
buona Fortuna alle loro
imprefe gli antichi
Imperadori neh" Infegne
la ipiegauano, fic^ la
porcauano innanzi, per
nudrire la fpetan^a
della 'vittoria ne
gli animi de.' Soldati . Ti
*vefti mento' bianco e
nelià (ini (tra vna
palma,con lettere, Victoria naualis,&
S.C. VITTORIA NAVALE, come dipinta
da Hpmaaù QV A
N D O
la vittoria, è
[opra vna prora
deIl'inimico,ouero quando fti a
canto a -vn
Trofeo,doue fiano ftromenti
nauali, come fono
TimoMi, Anchore, Remi,
fi chiama vittoria
nauale,onde hauendo i
Romani hauuto vittoria di
quelli dì Antio
nel fiume del
Teuere, tagliorno le
prore delli loro Nauilij,
8^ fecero vn
pulpito nel foro
Romano, che chiamorno
Roftri, doue orauano le
caufe, 5C nelle
Medaglie di Vefpefiano
per la -vittoria
nauale vi è s
vna colonna roftrata,
fi che volendo
dipingere la "vittoria nauale
ncll'vno, 6c nell'altro modo
ftarà bene .. littoria nella
medaglia di Tito ♦
DOnna fen^a ale,
con vna palma,
&C corona di
alloro ; In
quello modo moftrauaTito non
voler, che ella
fi partillè mai
da lui, cofi
la dipinsero . anco
gli Ateniefi, come
racconta Paufania nelle
fue antichità per
la rnedefinu ragione éi
Tito . VITTORIA tfella
medaglia d'^ingufto . DONNA ìopra
vn globo, coniali
aperte per volare,
con vna corona
di alloro in 'vna
mano,& nell'altra il
Labaro Infegna dell'
Imperatore, che '{ i
Francefi hoggi dicono
Cornetta, (olita a
portarvi innanzi al
Prencipe, quando in perfona
fi truoua alla
guerra, come moftrano
le lettere, che
fono intorno alla Medaglia
IMPERATOR CAESAR. VITTORIA
come dipinti dagli
antichi GV A N
T fcC H I
dipingo la -vittoria
in forma y 9>C
bene ìpelfo a
federe /òpra le
fpoglie de i
nemici con Trofèo
dinanzi ai petto con
vna palma, &vno
Scudo, et parole,
che dicono VICTORIA kquando dice . Ipfa .
$*% Ipfa Duci facras
vittoria panderetalas, £t palma
viridi gaudens, et amica
Tropharis Cuftos Imperij virgo,
quae fola mederis Vulneribus: nullumq;
docesfentire dolorem • Et
Plinio. Laborcm in vi&otia
nemofentit* vittoria; Ofelia
Medaglia di Seuero DONNA ^ che
fiede fopra di vn Scudo, et tiene
vn*eImo Mi tmm
» che debbc eflèr
quello del Vincitore . D H V VITTORIA JfyUa Medaglia di
Lucio Vero. VOMO con
vn'elmo in tefta,
che porta con
la delira vn'hafta,
8c eoa la unifica
vn trofeo in
fpalla con le
fpoglie in fegno
di vittoria. Vittoria, come
rapprefenta nella Medaglia di
Vefpefiano . N A donna
alata in piedi,
che fcriue entro
ad vno feudo,
che fta appreffo
ad vna palma, VOLONTÀ. depinta con
•vcftitopoueto, fé bene Ze
notante, conforme all'
altra opinione, la dipinte
molto ricca» come
diremo poi . 11 color
rollo, et giallo,
cagionati prelTo al
Sole per l'abbondanza
della luce, potranno in
quello luogo, fecondo
quella corrifponden^a dimcftrar
la verità, che è
chiare^a, lume, e
fplendore dcirintelletto. Si dipinge
con Tali ;
perche fi domanda
col nome di
volontà, &C pèrche
con *vn perpetuo
volo difeorrendo inquieta
fé fteflà per
cercar la quiete,
laqual non ritrouando, con
volo ordinario 'vicino
alla terra, ingagliardifce il
fuo moto in ^verfo
il cielo, òC
-verfo Iddio, et però
ancora a i
piedi tiene l'ali,
che l'aiutano (minuendo la
timidità, e l'audacia . La cecità
le conuiene, perche
non vedendo per
fé ftelfa cofa
alcuna, v^quafi tentone dietro
al fenfo >
fc e debole, et ignobile,
o dietro alla
ragione, fé e
gagliarda, e dipresso. Volontà,
Orina veftita di
cangiante, farà alata,
6^, con ambe
le mani terri
vn* l_ tenga nella
mano dritta vn
ramo d'oluia^ inuolto con
ramo di mirro,
nella mano lini
(tra tenga vn
pefce detto Scaro. L'vnione è tutrice della
Citta, attefbehe fecondo
S. Agoftino nel
i.lìb. della Città di
Dio. cap.xv. La
città non è
altro,che vna moltitudine
d'huqmini concordemente
vnita :
dato che quella
moltitudine d'huomìni fi
difunifca, n'elce dalla difunione
Tederminio delle Città
: di quanta
for^a fia l'vnione
lo dimo (Irò Sciluro
Re degli Scithi,
il quale ftando
vicino a morte
fi fece uenire
intorno ottanta figli,che haueua,
d^ a ciafcuno
fece prouare fé
peteuano rompere va fafcetto
di verghete niuno
potè, Egli lòlo
moribondo ad vna,
id vna le
rompe, auuertendoli con tal
mezzo, che vniti
infieme (ariano flati
potenti ; difuniti, deboli,e fen^a
for^e. Docens eos, ( dice
Plutarco ne gli
^poftemmr) Iun&os quidem inter
fé vires habiturosj
fin vero difiungerentur,& difcordijs
agitarentur infìrmos fore
: Quello configlio
di Sciluro dato
a i figli
per mantenimento del Regno,
che a loro
lafiaua, vale anco alli Cittadini
per conferuatione della** Republica, e
Città loro . L'vnione
de* Cittadini alle
Città arreca fempre
dolce^a,e foauità ne
piu,ne meno,come vno
inftrométo di molte
corde vnifone, ed vn
concerto di molte
voci ad vn
tono corrilpondente, che
rende foaue,e dol ce
armonia . Concetto di
Scipione Africano riportato
da S.^goftino nel
2.1ib. della Città di
Dio, Cap.xxi. Moderata
ratione Ciuitatem confenfu
'diflimillimorum concinere ; et quae harmonia a
muficis dicitur in
cantu,eam effe in
Ciuitateconcordiamar&illimum,
atqj optimum omni
in republica vinculurrw incolumitatis . L'oliuo auuolto
con il mirto,
è Simbolo del
piacere, che fi
prende da l'vnioS ne, et amica
pace de' Cittadini,
attefochc fono arbori
di natura congiunti
di fcambieuole amore, le
radice loro con
fcambieuoli abbracciamenti s'vnifcono, e
li rami del
mirto per quelli
dell'olmo con grata
vnione fi fpargono,e
tengono protcttionedel
frutto dell'oli uà,
poiché lo ripara
dalla gagliarda tor^a
del Sole, e lo
difende dall'ingiuria del
vento > acciò
conlèguifca la fua
tenera, et dolce» maturità, ficomeriferifèeTheofcaftonell' hiftoria delle
piante libr. 3.
cap.xv Cofi li Cittadini
deueno con amicheuoli
abbracciamenti d'amore, e
fraterna^ carità vnirfi, et protergerfi
tra loro ;
in tal maniera
fi confeguifee poi la dolco quiete,
e profperità non
tanto priuata, quanto
publica . Lo Scaro pefce,
ci efibrta anch'elfo
a l'vnione,a lo
fcambieuole amore, ed alla pronte^a
d'animo in porgere
aiuto a gli
altri; Notano i
pefei Scari vniti
infieme,t fé vno
di loro deuora
l'hamo^l'altri Scari corrono
fubbito a rompere
eoa morfi 3 VNIONE CIVILE. Ì73
morfi la
len^a, &^_ a
quelli,che fono entrati
nella rete,porgono loro
la coda»», allaquale elfi
co' denti s'appigliano, 6^
frappano fuor della
rete : de' quali ne
tratta Plutarco, De
Solertia Animalium in
quefto modo. Alia
flint, quibus cum prudentia
coniunctus mutuus amor,fccietatifque ftudium
declarant. Scarus ubi
hamum vorauit, reliqui
Scari adfiliunt,& funiculum
morfibus rumpùr, ijdem fuis
in reteillapfiscaudss tradunt,
mordicusq; tenentes alacritercxtrahunt, Con
fimile fcambieuole amore, et affetto
deueno eijeregli animi
ciuili tra loro
vniti, et pronti
non a fòmmergere
altri, ma a
leuarli, òC~ liberarli dalla tempefta
delle tiibolationi, iquali
pietofi offici j
legano i cuori
degli huomi ni, cV^
fi vnifcono maggiormente
gli animi :
onde tutto il
corpo della Città felicemente prende accrcfcimcnto, òtT
'Vigore mediante la
Ciuilc Vniono «ie'fuorCittadini.
Aa j VGVAsu VGVALIT
A'* -% DONNA, che con
la deftra mano
tenga vn paro
di bilancile con
)a finiftra vn
nido, che vi
fia vna Rondine
con i fuoi
figliolini,a i quali
porga Per le bilancie
fi denota la
retta, e -vera
giuftitia, che dà
a ciafeuno quanto deue^ .,, Per la
Rondine nei nido,
come (opragli Egittij
intendeuano vn nuomo quando
a Tuoi figliuoli
vgualmente diltabuifce l'Eredità.
E parimente vn
Principiando nel vittojvellito, e
commodi propij non
voglia fuperare,ma vguaoliarfi
a quei de'
Tuoi Cictadiai . A guifa
della Rondine,che mai
non raddoppia il cibo a chi
lo habbia -vna
volta dato, ma
egualmente pafee, e mitrine con vT
jmalitd tutti i Tuoi rondinini .
tir Di quella vgualiU
talmente ne fu
ftudiofo Adriano Imperatore,
che neiiu© ni CESA ItE
'RIPA. 37 J famigliar vitto
voi fé ofleruar
quel coftume d'Homero,
che a mimo
mancato il rnedefimo cibo
ordinando ben fpeflò,
che alla Tua
Menfa furTero polli
cibi co» munì, e
propri) di pouere
perfone per leuar
ogni occafione a
qtìei,che fec©mangiauano,di fuperbia
a ò d'altro
fimile, che dalla
delicatezza delle viuande-» haueflèro potuto
arguire regnare in lui
. Che
fapeua molto bene,
che per conciliarli gl'animi de' Popoli niente
più giouaùa al
Principe, che cól
decoro,c-r Maeftà" dello
Scettro vnire, e
far moftra con
tutti di fimil
vgualità . Sendo
la-» potenza di Tua
natura odiofa, che
moderata come fopra
fi fa amabile,
e benigna . Per
quefto Fatea Cartaginefe
gratidiflìmo amatore dell*vgualit*i icere perciò
ben fpeflb riffe,
e brighe fra
loro V Ma fé
fi confiderà rettamente*; oue fi
cerca rVgualità per
fommo bene della
Città, ò Republica
ne fegue, che cib,che
eccede detta vgualità
fia di danno
alla detta Cittiio
Republica. Onde
fuftimato>chevn huomo di per felli
flìttia Virtù fufle
nociuo per la
fila fuperiot\tà\ e
fopreffiflen^a degli altri.
Che perciò i
Greci' inuentori dVgni
bel cofluine ciuile,.e
particolarmente gli Atheniefffàùehdo, che
per eiTer nociuo
meri-; laua caftigo, ma
il caftigare vn'huomòpltr
fue troppe virtù,
farebbe flato 'Vn commettere peccato
? Perciò ritrouatfóno
vna pena honoreuole
condeniente a reprimere il
loro giudo yo ingiurio
fofpetto, che hauelTerodell' Eccellenza dì quel
virtuofò, e la
dimandarono Oftracifmo v
Come fé alcuno
conofeendofi pieno di molto
fangue, e di
gagliardiflìma cenplefìione fi
feemaflè del cibo,
8c hauefle per vfb
di cauarfi del
fangue per non
cadete in que'
difetti, ne' quali Cogliono cadere
molti per la
moka robufte^za di
loro for^e . Cauandofi
qùafi dà Plutarco, mentre
parlando.delL'Oikaciimo
dice,che di quefto
come medicamento foleua feruirfi
il Popolo a
certo tempo ordinato,
confinando per X* Anni
fuor della Città
quel Cittadino, che
auan^aua gli altri,
ò di gloria,
ò di ricche^e, o
di reputatione, per
la quale era
hauuto per fofpetto
nella Città». Punendo di
quella pena folo
le perfone ffiuflri
. An^i il
medefimoAutore^ foggiungendo
dice, che Iperbolo
huomo fcellerato cercando
di far punire
di fimil pena vno
de'tregrart Cittadini i/f
teniefi Feace, Niccia',
e Alcibiade cad|» de
contro fua natura
la pena fopra
il capo di
detto Iperbolo inaiente
fimili genti ignobile, e
baffe ad elle
punite di fimil
pena,. anq[j accorti»" eflèr
fiata.» •violata tal pena
nella detta per
fona leuarono poi
^via l'"vfan^a di
quella. F(ì detta Oftracifmo
da vna pietru^a
chiamata Oftraco fopra
la quale fcriueua- no
i Cittadini il
nome di quello,
a cui voleuano
dar bando della
Città, e la
get- tauano in -vn
luogo della piazza
chiufo di cancelli,
il numero delle
quali do- ueua parlare fei mila
a vincere il
partito, L'Autore fopradetto
nel 2. della.» Vita
d'Alcibiade moftra detta
pena d.'Oft racifroo
non eflere fiata
ordinata per punire i
trilli . Ma per
moderare la troppa
grandezza altrui, e
perciò con al- tro vocabolo detta
Moderaùone, .fìtta à,
dell' inuidiofì, che
per dieci anni non
vedeuano prefentc quel
tale, della cui
lontananza mitigauano al- quanto il
dolore, che col
vederlo giornalmente li
fi accrefceua, e
s'internaua malignamente
negl'animi, loro. Il medefimo
Ariftotile più largamente,
e di proposito trattando
di quefta pena
nel fopradetto lib.
2. al cap.
9. dice . Qua- propteràCiuitatibus,cjuaspopuloregunturOftracirmus repertus
eft, ha: fi- quidem
ciuitates a^qualitatem maximecomplectuntur .,-Itaq; qui
fuper excel- leie videtur
vélpropter diuitias, vel
propter Amicos,vel propter
aliquara aliam Ciuilem potentiam
extra Giuitatem relegatur
adTempus aliquod ordinatum. Doue fi
vede, che lo
approua, ma non
fi riftringe al
Tempo, e va
feu/àndo il Configlio di
Periandro dato aTrafibulo
il tagliare le
fpighe maggiori del- l'altre . Piacque
ad Augufto quefta
forte di punitione
moderandola conaltro nome, e
parole, come dice
Tacito nel lib.
3 .in propoli
to di Sillano
della^ami- glia de' lunij,
che haueua comméflb
adulterio con vnafua
Nipote, al quale non
fece altroché farli
intendere, che lo
priuaua della fua
Amici eia, per
lequa- li parole^ e
feparatione d'amifti, intendendo
Sillano ellerli in vn certo
modo accennato l'Efilio . Exilium
fibi demonftrari intellexit,
fènica metter indugio in
mezzo fe'l prefe
da fé medefimo,*ne
prima, che fotto
l'Imperio. di Tiberio fu reftituito
alla Patria. Molte
cofe fi potrebbono
dire, àC molte
autorità li potrebbono addurre,ma
per àbbceuiareil noftró
ragionamento concluderemo,
che fi
vede all'aperta effèrida
tuttiamata>&
abbracciata quefta vguàlità,
tal- mente, che nella natura
ftefla, ciò beni/limo
fi confiderà ancora
nelle temperie de' corpi
humani, che mentre
Hanno yriiti, e
non alterati da
foprabondan^a d'huomini, o fuper ior ita -eccelli uà di
vno d'ellì *
il corpo fi
mantiene fino, t-. perfetto
nell'cffer fuo con la jdifereta
diftributione.dél /angue alle
profiline, et, alle
più remote parti
di e/lì 4 VSANZA. Vedi Confuetudine . VSVRA DONNA vecchia,
macilente, et brutta,
terrà fotto il
piede manco *vn bacile
d'argento, &C nella
mano il boccale,
con alcune catene
d'oro, òC* con l'altra
mano fporgendola in
fuori, moftri di
contare alcune monete piccole, nel
che fi accenna
quellojin che confifte
Tvfura, cioè il
prefto de de- nari con
certezza di maggior
guadagno, che conuiene,
6tT fen^a pericolo
di perdita j però
tiene gli argenti,
che fono di molto pre^o
tiretti lotto al
brac- cio, et pagati con
poco prc^o, con
pregiuditio al proiiimo
dellVtile, et a sé
dell'honore, ellèndo quefta fòrte di
gente, come infame
condennata dalle leggi di Dio,
et da
quelle degl'kuomini . VTILITA DONNA veftita
di veftimento d'oro, in'vra
mano terri vn
ramosi quercia con le
ghiande, &^ con
le frondi, l'altra
mano ftarche più ci riuefte, %C
ci nudrifce con
la carne, $C~
con latte proprio .
Il medefìmo fa
l'oro } che fi tramuta
per tutti gli
vii » 5^ per
ogni forte di
vtilità, però fi
manifefìa nel veftimento ► Et
perche fl grano
è la più
vtil cofa, che
creaiTe Iddio per
l*huemo,delle fue fpighe fi
corona, et il
ramo di quercia
con i iuoi
frutti de- nota quefto medefimo >
per hauer fcampati
dalla fame gli huomini
ne' primi tempi
fecondo l'opinione de*
Poe»* ti, et piaceffe
al Cielo, che
non fi potette
dire, che gli fcampi
negl'vltimi noflrija tan- te calamità fìamo
ridotti per colpa de*
noftii 1 errori ~ r, m l£*JL~ *$?* JCONO L
O GlsA 7. E LO HVOMO in
habito di Sacerdote, che nella
deftra mano tenga
vna sfer- ra, &C
nella finiftra vna
lucerna accefà . Il ^clo
è vn certo
amore della religione
col quale fi
defidera,che le cofe
appat tenenti al culto
diuino fiano eilèquite
co ogni iincerità,
prontezza, e diligenza. *A che
fare due cofe
accennate in queft'imagine
fono neceflarijffìmccioè in- segnare a
grignoranti,&
correggere,& caftigare gl'errori
jambedue quefte par- tì adempì ChriftoSaluatore, fcacciando
quei che faceuano
mercato nel Tem- pio di
Gierufalemme, et infegnando
per tutto quel
giorno in cflò
la Tua dottri- na, aflìmigliandofi quefta,
&C quello conuenientemente con
la lucerna, &-
col flagello, perche doue
ci percuote non
è chi fani,&
oue fa lume
non è chi
ofeuri, in nome del
quale dobbiamo pregare,
che fiano tutte
le noftrc fatiche
cominciate, et finite
felicemente . Laus DEO, et Beafce
Virginis MARIAE. Cesare Ripa. Ripa.
Keywords: Grice, deutero-esperanto, icon, eikon, iconologia, Grice’s lectures
on Peirce, Oxford, iconic. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Ripa”. Ripa.


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