Luigi Speranza -- Grice e Sasso: la ragione
conversazionale da Crotone a Velia – la potenza e il atto in Gentile – Gentile
megarico -- Lucrezio e Machiavelli – allegoria e simbolo in Vico – la scuola di
Roma -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo romano. Filosofo lazio. Filosofo
italiano. Studia a Roma. Si laurea sotto
ANTONI e CHABOD con Machiavelli. Studia con CARABELLESE, RUGGIERO, SCARAVELLI,
NARDI, PETTAZZONI, SAPEGNO, GABETTI, PERROTTA, E SANCTIS. Insegna ad Urbino e
Roma. Studia l’idealismo italiano (CROCE) e MACHIAVELLI. Si occupa di
ontologia, ALIGHERI, Platone, Polibio, LUCREZIO, GUICCIARDINI, Shakespeare e
Mann. Presidente della "Fondazione GENTILE", Lincei. Altri saggi: “Machiavelli
e Borgia. Storia di un giudizio” (Roma, Ateneo); “Machiavelli” (Napoli,
Morano); “La storia della filosofia” (Bari, Laterza); “La ricerca della dialettica”
(Napoli, Morano); “Lucrezio: progresso e morte” (Bologna, Mulino); “L'illusione
della dialettica” (Roma, Ateneo); “Guicciardini” (Istituto Storico Italiano per
il Medio Evo, Roma); “Essere e negazione, Napoli, Morano); “Machiavelli e gl’antichi”
(Milano, Ricciardi); “Tramonto di un mito: l'idea di progresso” (Bologna,
Mulino); Per invigilare me stesso. I Taccuini di lavoro di Croce, Bologna,
Mulino); “L'essere e le differenze nel "Sofista” (Bologna, Il Mulino); “Variazioni
sulla storia di una rivista italiana: "La Cultura"; Mulino); “Machiavelli,
Bologna, Il Mulino, Comprende: Il pensiero politico, Napoli, IISS, Bologna,
Mulino, Premio Viareggio di Saggistica, La storiografia. La fedeltà e
l'esperimento, Scarpelli, Trincia e Visentin interrogano S. (Bologna, Mulino); Filosofia
e idealismo, Napoli, Bibliopolis, Comprende: Croce, Gentile, Ruggiero,
Calogero, Scaravelli, Paralipomeni, Secondi paralipomeni, Ultimi paralipomeni, Tempo,
evento, divenire” (Bologna, Il Mulino); “Gentile: La potenza e l'atto” (Firenze,
La Nuova Italia); Le due Italie di Gentile, Bologna, Il Mulino); “La verità,
l'opinione, Bologna, Il Mulino, Martino fra religione e filosofia, Napoli, Bibliopolis);
Il guardiano della storiografia. Profilo di Chabod (Bologna, Il Mulino [Napoli,
Guida, del Profilo di Chabod, Bari, Laterza); Dante. L'imperatore e Aristotele,
Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio Evo); Fondamento e giudizio. Un
duplice tramonto?, Napoli, Bibliopolis); Il principio, le cose, Torino, Aragno,
Delio Cantimori. Filosofia e
storiografia, Pisa, Edizioni della Scuola Normale Superiore); “Dante, Guido e
Francesca, Roma, Viella); “Le autobiografie di Dante, Napoli, Bibliopolis, Discorsi
di Palazzo Filomarino, raccolti da Herling, premessa di Irti, Napoli, IISS, Il
logo, la morte, Napoli, Bibliopolis); “Ulisse e il desiderio. Il canto XXVI
dell'Inferno, Roma, Viella); “La voce dei ricordi, Napoli, Bibliopolis); “Decadenza”
(Roma, Viella); “Machiavelli: I corrotti e gli inetti” (Milano, Bompiani);
“Allegoria e simbolo” (Torino, Aragno); “La lingua, la Bibbia, la storia. Su
"De vulgari eloquentia" (Roma, Viella); Su Machiavelli. Ultimi
scritti, Roma, Carocci, Croce. “Storia d'Italia” Napoli, Bibliopolis, La 'Storia d'Italia' di Croce. Napoli, Bibliopolis. "Forti cose a pensar
mettere in versi". Studi su Dante, Torino, Aragno, Purgatorio e Anti-purgatorio.
Un'indagine dantesca, Roma, Viella,. Croce e le letterature, Napoli,
Bibliopolis, Biografia e storia. Saggi e variazioni, Roma, Viella,. Mulino Riviste
La Cultura, su mulino. Premio letterario Viareggio-Rèpaci, Croce. Dibattito, Il
Cannocchiale, Arnaldi, Calabrò, Jannazzo, S., Stella, F. Valentini, Visentin. Arnaldi,
S.: uno specialista di più specialità, in Id., Conoscenza storica e mestiere di
storico, il Mulino, IISS-Napoli, A. Bellocci, Verità e doxa: la questione dello
sguardo e della relazione ne Il logo, la morte; Bellocci, Laicismo della
verità, della doxa e tolleranza; Leussein, Bellocci, L'impossibilità della
differenza e i paradossi dell'identità; Archivio di filosofia, Bellocci, Il
problema della 'non' relazione ne Il principio, le cose, Giornale critico della
filosofia italiana, Bellocci, La verità, l'opinione. Lo ''specchio'' della
verità e l'eterna opinione metafisica, Filosofia italiana, R. Berutti, Annotazioni critiche sull’essere ovvero
sul non essere essere del discorso che lo concerne. Il problema dell'ontologia,,
Pólemos, Capati, Paragone. Letteratura, Cardenas,
L'auto-noema. Il giudizio tra attualismo e neo-eleatismo, Filosofia italiana, Cesa, “S. interprete di Gentile”, Archivio di
storia della cultura, Vicentiis, Storiografia e pensiero politico nelle
"Istorie fiorentine" di Machiavelli: Bullettino dell'Istituto Storico
Italiano per il Medio Evo, F. Fronterotta, L'essere e le differenze. In margine
al Sofista, Novecento, Herling Reale, Storia, filosofia e letteratura. Studi in
onore Bibliopolis, Napoli, G. Inglese,
Machiavelli: una storia del suo pensiero politico, Bullettino dell'Istituto
Storico Italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, Enciclopedia
machiavelliana, Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, Roma, Enciclopedia
filosofica (a cura del Centro Studi Filosofici di Gallarate), Milano, Maschietti,
Dire l'incontrovertibile. Intorno all'analisi filosofica, Giornale di
filosofia, Mignini, Essere e negazione. Giornale critico della filosofia
italiana, Crisi e critica" dello storicismo. Filosofia e storiografia, Novecento,
Filosofia e storia della filosofia, Filosofia italiana, Parise, Sulla
relazione. Critica della metafisica, L. Passerino Editore, Gaeta. Parise,
Figure della scissione. A proposito di Allegoria e simbolo, filosofia, Parise, L’aporia del nulla, Filosofia italiana,
Perazzoli, Il concetto di laicità. in G. Perazzoli, Miligi, Laicità e
filosofia, Mimesis, Milano Udine, Pietroforte, Problema del nulla e principio
di non contraddizione. Intorno a "Essere e negazione" Novecento, Salina, Neoparmenidismo e teorie della verità,
Filosofia italiana, F. Scarpelli, Nulla, anamnesi, riflessivita (Il Cannocchiale,
Tessitore, interprete di Croce, in Id., La ricerca dello storicismo. Mulino, IISS-Napoli,
Vander, Critica della filosofia italiana
contemporanea. Dialettica e ontologia: i termini di una contrapposizione,
Marietti, Genova; Visentin, Tempo e giudizio. La Cultura, Visentin,
Sull'identità e sull'essenza del laicismo italiano. A proposito del "Le
due Italie di Gentile", Giornale critico della filosofia italiana, Visentin,
Il parmenidismo (VELIA). Considerazioni intorno alla verità, l'opinione', in
Id., Il neo-parmenidismo italiano. Dal neoidealismo al neoparmenidismo, Bibliopolis,
Napoli, Visentin, Aletheia e doxa oltre
Parmenide, in Id., Onto-Logica: sull'essere e il senso della verità, Bibliopolis,
Napoi, Zanetti, Critiche al divenire. Filosofia italiana, X S. Zurletti, Lo
specchio di Perseo, Chaos Kosmos, Vico e il simbolo», «Atti dell’Accademia
Nazionale dei Lincei. Memorie della Classe di Scienze morali, storiche e
filologiche», costituzione mista, Croce, Dante, Discorsi sopra la prima deca di
Livio, eternità del mondo, Sanctis, Lucrezio in Machiavelli, in Enciclopedia
machiavelliana, S., Istituto dell'Enciclopedia Italiana Treccani, Roma Dalla
concordia discors alla polemica: filosofia e psicologia di una vicenda,
Ripensando la Storia d'Europa, Ripensando la Storia d'Italia, in Croce e
Gentile, la cultura italiana e europea, Ciliberto. LE RAGIONI DI UN DISSENSO. La polemica
Croce-Gentile Intervista a Gennaro S.
1 di Gianluca Miligi Nelle vicende della cultura italiana della
prima metà del Novecento assume una
particolare rilevanza la polemica tra Benedetto Croce e Giovanni Gentile. Tra i due grandi filosofi e
intellettuali, i quali avevano collaborato
assiduamente nella rivista “La Critica”, matura nel 1913 un contrasto teoretico, che si manifesta su “La Voce”
diretta da Giuseppe Prezzolini. Più
tardi, alla fine del 1924, si assiste invece alla drammatica rottura dal
punto di vista politico-ideologico. Professor S., come si presentavano le figure
di Croce e Gentile, e quali erano le
loro rispettive posizioni? Innanzi tutto
credo che si debba forse risalire a un periodo precedente. La polemica del 1913 fu provocata da Croce.
Croce scrisse una lettera aperta a
Gentile e ai suoi allievi palermitani - Gentile era allora professore di
Storia della Filosofia dell’università
di Palermo -, pubblicata non su “La Critica” ma
su “La Voce” di Prezzolini in modo che l’eventuale polemica potesse
avere luogo su un territorio neutro.
Ricevette poi da Gentile, all’inizio del 1914, la replica, sempre su “La Voce”, ma la polemica
fra loro era già sostanzialmente in atto
da tempo, una polemica, in questo periodo, sempre amichevole. Direi comunque che fin dall’inizio, fin da quando
Gentile entra in contatto con Croce
(Gentile era ancora studente all’università, alla Scuola Normale di Pisa), fra i due si verificò un
contrasto di opinioni o perlomeno emerse
una differenza che di volta in volta fu superata, integrata, risolta ma che era destinata a risorgere per una ragione
che occorrerà definire in termini
generali una volta per tutte.
Gentile era un discepolo diretto della scuola di Spaventa; naturalmente non aveva potuto conoscere
quest’ultimo, che era morto quando
Gentile cominciò gli studi filosofici, ma era stato allievo di un
allievo di Bertrando Spaventa, Donato
Jaja, professore di Filosofia teoretica
all’università di Pisa. Quindi aveva in un certo senso assorbito fin
dall’inizio quel particolare modo di
intendere la filosofia moderna che trovava nei filosofi dell’idealismo tedesco il suo punto di
riferimento principale, e poi di riflesso
L’intervista, riveduta e corretta, è stata realizzata per RAI
EDUCATIONAL, “Enciclopedia Multimediale
delle Scienze Filosofiche” (2001) e pubblicata sul sito Caffeeuropa altro punto
di riferimento nella filosofia di Rosmini e Gioberti, due importanti pensatori dell’Ottocento italiano che,
secondo lo schema spaventiano della
“circolazione della filosofia europea”, ripetevano nelle forme culturali
in cui essi si erano definiti, l’uno,
Rosmini, il pensiero di Kant e, l’altro, Gioberti, il pensiero di Hegel. La formazione di Gentile è perciò una
formazione filosofica in senso stretto,
spaventiana in senso filosofico e storico. E da questo punto di vista quando Gentile si presenta a Croce, gli
appare con un volto molto ben definito,
laddove il volto di Croce era, allora, quello di uno studioso giovane
anche lui, sebbene di otto, nove anni
più vecchio di Gentile, dagli interessi molteplici non ancora perfettamente chiusi in un sistema o
anche in una circolazione coerente di
idee: da una parte, infatti, c’era l’erudito, lo storico, e dall’altra, ancora,
il critico del marxismo. Gentile colse
nella figura di Croce non soltanto, come è
ovvio, la grande intelligenza, la libertà di opinioni, la
spregiudicatezza critica, ma, in
particolare, il modo in cui Croce, attraverso la critica che rivolgeva al marxismo, veniva elaborando – sul campo si
direbbe oggi, e non più in laboratorio –
una serie di criteri filosofici particolarmente interessanti anche se discutibili dal punto di vista di Gentile:
essi stimolavano fortemente questo
giovane studioso all’elaborazione del suo stesso pensiero. Quali sono gli esordi della polemica tra
Croce e Gentile e su cosa verteva
precisamente? La prima polemica
riguardo al marxismo fu una polemica non indifferente perché riguardò questo punto: se il marxismo
fosse, come riteneva Gentile, una
filosofia della storia e quindi da interpretarsi filosoficamente, anche
se in modo critico, oppure se fosse,
come pensava Croce, non una filosofia della storia – sotto quel punto di vista lì non aveva molto
rilievo e molta importanza – ma
piuttosto un canone empirico per la comprensione della società del
capitalismo moderno, quindi uno
strumento di lavoro particolarmente utile da usarsi secondo lo spirito realistico che a suo
giudizio era effettivamente l’anima del
marxismo. Su questo punto avvenne la prima polemica, la quale sostanzialmente non si chiuse né a favore
dell’uno né a favore dell’altro, perché
entrambi rimasero con la loro idea. Con questa differenza: la presenza
di Marx fu molto profonda in Croce fino
a un certo periodo e forse sempre, sotto alcuni
aspetti; in Gentile molto meno, tanto che Marx ritornò a un certo punto,
come all’improvviso, nel suo pensiero: quando
Gentile rimise insieme i suoi vecchi
studi sul materialismo storico e li unì ad altri che intanto aveva composto sulla dottrina dello Stato etico, e
poi a quell’altra sua piccola opera che
si chiama I fondamenti della filosofia del diritto. La seconda polemica si
svolse sempre nel chiuso della loro corrispondenza privata quindi senza che il pubblico ne
sapesse niente e senza che “La Critica”,
che, dal 1903 fondata da Croce, aveva in Gentile il principale
collaboratore, registrasse questa
polemica. Questa seconda polemica si svolse sul tema della storia della filosofia, cioè se ci fosse un
nesso, un circolo, come Gentile
riteneva, tra la filosofia e la storia della filosofia oppure se questo
circolo, come riteneva invece Croce, non
si desse. Anche quella fu una polemica piuttosto rilevante che toccò punti profondi e che mise
in luce il diverso temperamento
intellettuale dei due studiosi: quello più sistematicamente filosofico
di Gentile, più legato anche ai modi
dell’hegelismo napoletano – che a lui erano mediati da Bertrando Spaventa come ispiratore, ma da
Donato Jaja e da Sebastiano Maturi, il
suo grande amico professore di un liceo di Napoli, come elementi “minori” di questa costellazione – e quello
di Croce, che si muoveva in modo molto
più libero nel riferimento alle fonti e traeva la sua ispirazione più che
da Spaventa, che, tra l’altro, era suo
zio, da Francesco De Sanctis, il filosofo o il
critico letterario al quale egli di preferenza si rivolgeva. Professor S., vediamo più in dettaglio la
cruciale polemica. La polemica è una
polemica che nasce proprio nel momento in
cui la filosofia dello spirito di Croce era giunta alla sua compiutezza,
nel senso che Croce aveva scritto anche
il quarto volume inizialmente non previsto della “Filosofia dello spirito” ossia la Teoria e
storia della storiografia, pubblicata
prima in Germania e poi in Italia. Quindi il sistema crociano era assolutamente definito quando egli aprì la
polemica con Gentile. Che cosa era
accaduto? Era accaduto che Gentile aveva pubblicato nell’“Annuario
della Biblioteca Filosofica” di Palermo
una serie di scritti, in modo particolare il
famoso L’atto del pensare come atto puro che è del 1911, e poi gli
altri, Il metodo dell’immanenza e La
riforma della dialettica hegeliana che si
legavano al primo volume del Sommario di pedagogia: anche lui,
quindi, mentre Croce concludeva il
sistema della filosofia dello spirito, aveva prodotto una serie di scritti che davano fondamenti
molto forti al sistema che
inevitabilmente di lì in poi sarebbe stato scritto. Croce si accorse sùbito che il vecchio
conflitto che lo divideva da Gentile
ormai aveva preso delle forme assai più nette, si era come solidificato
in articoli, scritti o volumi eccetera.
Pensò quindi che fosse giunto il momento di
prendere le distanze dal suo principale collaboratore, non perché
volesse arrivare a una rottura ma perché
era necessario chiarire che tra la sua filosofia, che era fondamentalmente una filosofia della
distinzione-unità, e la filosofia di
Gentile, che a parere suo era una filosofia dell’unità senza
distinzione, non c’era possibilità di
accordo sul quel punto specifico. Questo anche perché le conseguenze che
derivavano dai due modi di intendere la realtà erano profondamente diverse, quella di Croce
essendo una concezione della realtà
articolata e storicamente determinata dalle forme che la costituiscono,
quella di Gentile essendo una concezione
della realtà interamente culminante
nell’atto del pensiero senza possibilità di distinzione e quindi senza
possibilità di riconoscere ‘autonomia’
alle forme dello spirito, autonomia alla quale Croce, invece, attribuiva grande importanza. Quindi
la polemica ha questo fondamento; lo ha
anche nella dichiarazione esplicita di Croce che per questa ragione disse di “essere sceso in
campo”. La polemica fu comunque
dirompente nella esperienza dei due,
soprattutto in quella di Gentile che accolse malissimo il fatto che
Croce avesse messo in pubblico il loro dissenso.
La rottura rischiò di avvenire non per quello
che nell’articolo di Croce si diceva, ma perché l’articolo era stato
reso noto anche a lettori diversi da
lui, Gentile: qui interveniva anche quella sua natura siciliana un po’ sospettosa, un po’ gelosa
della privatezza. Ma in ogni caso la
polemica fu dirompente perché i due personaggi, che ai più erano
sembrati sostanzialmente “una sola
persona”– all’interno di “La Critica” avevano
lavorato insieme, si erano divisi il campo, gli oggetti polemici erano
gli stessi, la tonalità fondamentale
della polemica era la medesima –, improvvisamente invece si presentavano come due persone
diverse, in un certo senso l’una armata
contro l’altra, cosicché il “fronte unico dell’idealismo”, come allora si diceva, parve di colpo spezzato. Professor S.,
cosa si deve dire in generale riguardo alla “sostanza” strettamente filosofica della polemica tra
Croce e Gentile? A tale riguardo ho
un’idea che forse non è né ortodossa né in linea con l’autoconsapevolezza che i due autori della
polemica ebbero. Croce non aveva il
minimo dubbio che quella di Gentile fosse una filosofia dell’unità senza distinzione, Gentile da parte sua non aveva
il minimo dubbio che quella di Croce
fosse una filosofia della distinzione che non riusciva a conseguire l’unità, e questo era il tema esplicito del loro
dissenso. Croce controbatteva che non era
per niente vero che la sua filosofia fosse una filosofia della
distinzione senza unità; Gentile controbatteva
che anche lui aveva un’idea della distinzione,
sebbene diversa da quella di Croce: ma sostanzialmente erano d’accordo
nel riconoscersi in queste due
caratterizzazioni del loro pensiero. Perché dico che sono d’accordo fino a un certo punto con
l’uno e con l’altro in quanto si
rappresentassero, autorappresentassero così? Perché io non ritengo che
la filosofia di Croce – potrà sembrare
un paradosso – sia in re, cioè “nella cosa
stessa”, non dico nelle intenzioni del suo autore, veramente una filosofia
della distinzione, e non credo che
quella di Gentile sia soltanto una filosofia
dell’identità o dell’unità. La
distinzione si presenta nella filosofia di Croce come una distinzione assoluta. La conseguenza è che non ci può
essere differenza o distinzione fra ciò
che è stato distinto, perché ciò che è stato distinto è stato identicamente distinto, e l’identità appartenendo a
entrambi i distinti, questi non riescono più
a esser tali, in quanto sono, in realtà, identici. Ciò lo si vede se si
considera che tutti i distinti crociani
sono “sintesi a priori”. Ora, come si fa a distinguere una sintesi a priori da una sintesi a priori? La
si potrà distinguere in base a elementi
empirici, cioè in base ad elementi che rispetto alla sintesi siano stati scissi dalla sintesi stessa e considerati di
per sé; ma se gli elementi sono,
viceversa, considerati nella fusione sintetica in cui sono
effettivamente reali, non c’è nessuna
possibilità di distinguere distinto da distinto. Per quanto riguarda Gentile, la questione si
presenta per un aspetto identica per un
altro diversa da come si presenta in Croce, soprattutto se la filosofia di Gentile venga considerata non
come appariva nel 1913 quando la
polemica avvenne, ma come si presenta oggi a noi che possiamo
considerarla in tutto l’arco del suo
svolgimento, quindi, direi, essenzialmente valutandola nel primo e nel secondo volume del Sistema di
logica, e poi anche nella Filosofia
dell’arte, che in un certo senso conclude il
sistema dell’attualismo. Per un
aspetto la filosofia di Gentile, l’atto puro gentiliano, su cui così violentemente i due polemizzarono, se si
guarda dentro la sua struttura, lo si
trova costruito in modo analogo, ma io mi spingerei fino a dire
identico, a come è costruito il distinto
crociano: anche l’atto è una sintesi! Di che cosa? Nel linguaggio gentiliano – mediato dalla
filosofia di Fichte, probabilmente, e
anche dai modi seguiti da Spaventa nell’interpretare la filosofia
di Hegel – l’atto puro è Io sintetico di
Io e di non-Io. Di che cosa è sintesi il
distinto crociano? È sintesi, per esempio, del bello che opponendosi al
brutto, viene sintetizzato dal bello. Se
noi consideriamo questa struttura, che è
triadica, sia nell’ambito del distinto crociano sia nell’ambito
dell’atto gentiliano, vediamo che la
struttura della filosofia dello spirito di Croce e della filosofia dell’atto di Gentile è la
stessa. Professor S., quanto e come
incide nella polemica tra Croce e Gentile
il fattore politico-ideologico che subentra in primo piano, in
particolare, a partire dal 1924? Abbiamo visto che la questione del confronto
tra Gentile e Croce, tra Croce e
Gentile, si presenta molto più complessa di quanto i due pensatori non ritenessero che fosse, o diversa da come essi
ritenessero che fosse, nel corso della loro polemica. Ad aggravarla poi – Lei
ha ricordato il 1924 – naturalmente era
intervenuta la Prima guerra mondiale, era intervenuto il fascismo. La distanza dei due personaggi sia
sulla Prima guerra mondiale sia,
soprattutto, sul fascismo si fece sempre più netta. L’iniziativa fu presa da Croce, che scrive a
Gentile una lettera che non era in
realtà di rottura ma di constatazione di un
allontanamento definitivo delle loro posizioni sul terreno delle scelte
etico politiche. Gentile rispose con una lettera “accorata” ma di fatto i due
non si incontrarono più: erano destinati
a non parlarsi più. C’erano poi intorno a loro
i gentiliani da una parte, i crociani dall’altra. In particolare gli
allievi gentiliani di Gentile ebbero
anche, direi, una responsabilità piuttosto pesante nel determinare una serie di equivoci e di
ulteriori tensioni tra i due. Il risultato fu
che dopo vari tentativi di riconciliazione, operati soprattutto da
Adolfo Omodeo, falliti miseramente, nel
1928, in Storia d’Italia dal 1871 al 1915¸
precisamente nel capitolo in cui Croce parla di “La Critica” e quindi
anche dell’opera di Gentile, su
quest’ultimo pronunziò una parola durissima,
terribile: disse che l’attualismo era un “cattivo consigliere pratico”.
E a questo punto, naturalmente, la
rottura fu irreparabilmente segnata, sebbene poi negli ultimi anni ogni tanto ci fossero delle
aperture, soprattutto da parte di Gentile:
che nascessero dalla malinconia dell’amicizia perduta o da altro, è
molto difficile determinarlo. Croce in
ogni caso respinse sempre, fino all’ultimo
momento, ogni possibilità che con Gentile si potesse riavere, non dico
un accordo, ma comunque anche
semplicemente un contatto. Non so – è
una curiosità che nessuno mi ha saputo togliere – se quando si incontravano in Senato si rivolgessero un
cenno di saluto o si evitassero
completamente, ma pare che Croce ignorasse sempre Gentile, cioè non gli rivolgesse assolutamente più né lo sguardo né
la parola ogni volta che gli capitava di
incontrarlo.Gennaro Sasso. Sasso. Keywords: Potenza ed atto in Gentile – Lucrezio
in Macchiavelli, Lucrezio, simbolo ed allegoria in Vico, la scuola di Velia,
veliati, veliani, parmenide, scuola di Crotone. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e
Sasso” – The Swimming-Pool Library.
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