Luigi Speranza -- Grice e Spadaro: all’isola – la
ragione conversazionale e la conversazione coll’angelo – la scuola di Messina
-- filosofia siciliana -- filosofia italiana – Luigi Speranza (Messina), Filosofo siciliano. Filosofo italiano.
Messina, Sicilia. Laureato a Messina, entra subito dopo nel noviziato della compagnia
di Gesù. Insegna lettere a Roma. Riceve l'ordinazione presbiterale e pronuncia
i voti solenni nella compagnia di Gesù. Consegue la licenza in Teologia, il
diploma in comunicazioni sociali, il dottorato di ricerca in teologia presso la
pontificia università gregoriana di Roma. Completa la sua formazione negli stati
uniti d’America, nella Provincia dei gesuiti di Chicago. Comincia a scrivere
per la rivista “La Civiltà Cattolica” e entra a far parte in maniera stabile
della redazione. Si occupa soprattutto di teoria della letteratura e di critica
letteraria, in particolare legata ad autori contemporanei italiani (tra questi,
PAVESE, BASSANI, LUZI, TONDELLI. Tra le materie che tratta vi sono anche la
musica, l'arte contemporanea, il cinema e le nuove tecnologie della
comunicazione e il loro impatto sul modo di vivere e pensare (in particolare su,
Second Life, sulla lettura digitale, sui vari social networks, sulla filosofia
hacker o sulla cyberteologia). Ha
fondato Bomba Carta, un progetto culturale che coordina iniziative di scrittura
creativa, produzione video e lettura anche su internet. È curatore della
collana di poesia L'Oblò delle edizioni Ancora. Insegna presso il centro inter-disciplinare
di comunicazione sociale della pontificia università gregoriana -- è a capo del comitato scientifico "La
sfida e l'esperienza" che raccoglie docenti e manager interessati ai temi
della spiritualità e dell'innovazione. Viene incaricato di co-ordinare le
attività culturali della compagnia di Gesù in Italia. -- è il relatore
principale al primo evento organizzato dai Gesuiti sulla musica rock nel quale
riabilita la dignità musicale (non liturgica) del genere nel suo complesso,
limitandone la condanna alla valutazione di rari e singoli casi. Diviene
Rettore della Comunità dei gesuiti de La Civiltà Cattolica. -- è annunciata la
sua nomina a direttore della rivista. Nel numero del 1º ottobre della rivista è apparso il suo articolo di
presentazione nella nuova veste di direttore.
La sua attività in Rete è legata, oltre alla presenza nei social
network, anche allun sito personale e di due blog: uno dedicato alla
CyberTeologia e uno dedicato a O'Connor. Benedetto XVI lo nomina consultore del
Pontificio Consiglio della Cultura e anche consultore del pontificio consiglio
delle comunicazioni sociali. Riceve a Caserta il prestigioso premio "Le
Buone Notizie Civitas Casertana", uno dei più importanti premi di
giornalismo italiani, unico nel suo genere a livello internazionale. Incontra
più volte papa Francesco per conto de La Civiltà Cattolica e di altre 15
riviste della Compagnia di Gesù. Il contenuto delle conversazioni è stato
pubblicato sotto forma di intervista a settembre ed ampiamente ripreso dalla stampa
internazionale. Dedicato un articolo all’utopia.
L'articolo analizza il significato di utopia
nel contesto culturale italiano, ne analizza la storia, e ne mette in evidenza
pregi e limiti. La sua conclusione è che
dalla descrizione e dalle valutazioni compiute comprendiamo bene come rappresenti un sogno illuminista di
descrivere il mondo, che però si scontra con le difficoltà di accreditarsi come
compendio di sapere credibile, mantenendo nel contempo anonimato, flessibilità
e continua apertura a nuovi collaboratori. Nello stesso tempo questa utopia
rovescia il sogno dell'enciclopedia tradizionale, intesa come costruzione
autorevole, organica e integrata del sapere. Infatti è come un organismo vivente: cresce (al ritmo
del 7% ogni mese), si ammala, è sottoposta a composizioni e scomposizioni
interne, ad accrescimenti e riduzioni continue. Ma soprattutto nasconde un'altra utopia, a suo modo, ambigua.
La democrazia assoluta del sapere e la collaborazione delle intelligenze
molteplici che dà vita a una sorta di intelligenza collettiva. Questa utopia
potrebbe nascondere una nuova forma di torre di Babele, che ha il suo tallone
di Achille non solo nell'inaffidabilità, ma anche nel relativismo. Concede
un'intervista a Wikinotizie, Intervista
al gesuita 2.0, nella quale commenta l'articolo e spazia sulle tematiche
inerenti e il mondo della rete internet.
Altri saggi: “Tracce profonde. Il viaggio tra il reale e l'immaginario” (Roma,
Città Nuova); “Radio on. Tra le colonne sonore
(Napoli, Giannini); “Lo sguardo presente. Una lettura teologica dell’amore”
(Rimini, Guaraldi); “Attraversare l'attesa” (Reggio Emilia, Diabasis);
“Laboratorio″. La nuova narrativa italiana (Reggio Emilia, Diabasis); “Un'acuta
sensazione d'attesa” (Padova, Messaggero di Sant'Antonio); “A che cosa «serve»
la letteratura?” Leumann (To)-Roma, Elle Di Ci La Civiltà Cattolica, Premio Capri per la sezione Letteratura e
Premio Crotone sezione Giovane critici italiani); “Lontano dentro se stessi.
L'attesa di salvezza” (Milano, Jaca). Connessioni. Nuove forme della cultura al
tempo di internet” (Bologna, Pardes); “La grazia della parola. La poesia,
Milano, Jaca); Nella melodia della terra” (Milano, Jaca); “Abitare nella
possibilità. L'esperienza della letteratura” (Milano, Jaca), “L'altro fuoco.
L'esperienza della letteratura” (Milano, Jaca); Alla ricerca del lupo. Genio,
tensioni, vanità (Bologna, Pardes); “Nell'ombra accesa. Breviario poetico di
Natale (Milano, Ancora); Web 2.0 Reti di relazione, Milano, Paoline,. “Svolta
di respiro. Spiritualità della vita” (Milano, Vita et Pensiero). Cyberteologia.
Pensare il cristianesimo al tempo della rete, Milano, Vita et Pensiero); “Lasciami
correre via, Padova, Messaggero); “Traversate di un credente, Milano, Jaca); “La
dodicesima notte (Milano, Ancora); La freschezza più cara. Poesie (Milano,
Rizzoli); Canto una vita immense (Milano, Ancora); “Un Dio sempre più grande.
Pregare” (Milano, Ancora). obio, su laciviltacattolica. Saggi su "La
Civiltà Cattolica", su antoniospadaro.net. Antonio Spadaro, BombaCarta, su
bombacarta.com. accesso=16 agosto. Antonio
Spadaro, L'OblòAncora, su ancoralibri. Orazio La Rocca, I gesuiti benedicono il
rock: "La musica di Springsteen et Co parla all'anima", Repubblica. cogliere
pienamente la sfida digitale. Cyberteologia, Nomina di consultori del
Pontificio Consiglio della Cultura, Rinunce e nomine, su Bollettino della Santa
Sede, Bollettino della Santa Sede. Su La
Civiltà Cattolica la mia intervista a Papa Francesco, su cyberteologia, Intervista
a papa Francesco. Cyberteologia, sul RAI
Filosofia, su filosofia.rai. Antonio Spadaro. Keywords: conversazione
coll’angelo. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Spadaro” – The Swimming-Pool
Library. Spadaro.
Luigi Speranza -- Grice e Sparti: la ragione
conversazionale e il ri-conoscimento – filosofia italiana – Luigi Speranza (Roma). Filosofo romano. Filosofo lazio.
Filosofo italiano. Roma, Lazio. Insegna a Siena, Pisa, Milano e Bologna. Fonda
“Studi culturali. Collabora a "Iride", "Paradigmi",
"Rivista di estetica", "Rassegna italiana di sociologia", ed
"Intersezioni". Concentra la sua attenzione sull'estetica
dell'improvvisazione. Saggi: Se un leone
potesse parlare. Indagine sul comprendere e lo spiegare” (Firenze, Sansoni); Sopprimere
la lontananza uccide” “Interpretazione” (Firenze, Nuova Italia) “Epistemologia
delle scienze sociali” (Roma, Nuova Italia); “Soggetti al tempo. Identità
personale fra analisi filosofica e costruzione sociale” (Milano, Feltrinelli);
“Identità e coscienza” (Bologna, Mulino); “Wittgenstein politico” (Milano,
Feltrinelli); “Epistemologia delle scienze sociali” (Bologna, Mulino);
“L'importanza di essere umani: etica del ri-conoscimento” (Milano,
Feltrinelli); “Suoni inauditi. L'improvvisazione nel jazz e nella vita quotidiana”
(Bologna, Il Mulino); “Musica in nero. Il campo discorsivo del jazz” (Torino,
Bollati); “Il corpo sonoro: oralità e scrittura nel jazz” (Bologna, Il Mulino);
“L'identità incompiuta: paradossi dell'improvvisazione musicale” (Bologna,
Mulino); “Sul tango: l'improvvisazione intima” (Bologna, Mulino). Davide
Sparti. Sparti. Keywords: identita personale, interpretare, improvvisare nella
vita. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Sparti” – The Swimming-Pool Library.
Luigi Speranza -- Grice e Spaventa: la ragione
conversazionale e l’origine italico dello spirito filosofico – la scuola di
Bomba -- filosofia italiana -- Luigi Speranza (Bomba). Filosofo abruzzese. Filosofo italiano. Bomba, Chieti,
Abruzzo. Nasce da un'agiata famiglia borghese. Sua madre èpro-zia di CROCE.
Studia a Chieti. Ottenuto l'incarico di docente di matematica, si trasfere a
Montecassino. La
sua formazione continua a Napoli. Studia i filosofi tedesci in tedesco – Grice:
“Which is the right thing to do – and which Ryle, or Strawson, for that matter
– are unable to!” Si avvicina ai circoli liberali e a pensatori come COLECCHI
e TARI. Fonda una scuola di filosofia.
Inoltre partecipa alla redazione de “ Il Nazionale”. Dopo l'abrogazione della costituzione
da parte di Ferdinando II, e costretto a lasciare Napoli. Si trasferire prima a
Firenze, quindi a Torino. Divenne giornalista scrivendo su Il Progresso, Il
Cimento, Il Piemonte, Rivista Contemporanea. Si avvicina al pensiero di Hegel.
Polemizza con La civiltà cattolica, rifiutando l'idea del sacro come passo
necessario per lo sviluppo umano. In tal modo condivise con altri esuli
napoletani gli stessi fermenti patriottici e liberali che avevano
nell'idealismo hegeliano il loro motivo ispiratore. In Napoli la filosofia
di Hegel penetra nelle menti de' cultori della scienza, i quali mossi come da
santo amore si affratellavano e la predicano. Né i sospetti già desti della
polizia, né le minacce e le persecuzioni valsero ad infievolire la fede in
questi arditi difensori della indipendenza del pensiero. I numerosi studenti
raccolti da tutti i punti del Regno nella grande capitale disertano le cattedre,
ed accorrevano in folla ad ascoltare la nuova parola. Era un bisogno
irresistibile ed universale, che li spinge ad un ignoto e splendido avvenire,
all'unità organica dei diversi rami della cognizione umana. I filosofi,
partecipavano al general movimento, ed ambivano soprattutto, come gl’antichi
italiani, di essere veri filosofi. Chi può ridire la gioia, le
speranze, l’entusiasmo di quel tempo? Chi può ridire l’affetto col quale
si amano i maestri e gli allievi, e insieme procedeno alla ricerca della
verità? E un culto, una religione ideale, nella quale si mostrano degni nepoti
dell'infelice Nolano. BRUNO (si veda). “Studii sopra la filosofia di Hegel” (Torino)
«Rivista Italiana». Insegna a Modena, Bologna e Napoli. Vuole liberare la
cultura filosofica italiana dal suo provincialismo, attraverso la diffusione
nella penisola dell'idealismo di Hegel. Sostene una politica laica e legata ad
un forte senso di un stato unitario, considerato come sorgente dei princìpi e
dei valori ispiratori di un armonioso sviluppo di civilita, da cui la comunità dei
cittadini devono trarre l'alimento necessario per una crescita ordinata e
corretta. Circola l’idealismo, che dimostra il percorso dinamico della
filosofia e il suo ritorno in Italia dove ha origine. Riforma la dialettica
hegeliana per salvare l'identità di essere e pensiero escludendo ogni
presupposto oggettivo esterno al pensare. Recupera l'aspetto pratico nel
processo conoscitivo che evita la caduta in un astratto idealismo. La filosofia
italiana del Rinascimento, connotata dal naturalismo e dall'immanentismo, ha
precorso la filosofia, giungendo attraverso Spinoza agli idealisti tedeschi
Fichte, Schelling, Hegel. il ritorno in Italia della filosofia con la terza
Roma e con la riappropriazione dei
filoni spiritualistici europei da parte di ROSMINI e GIOBERTI. Mentre per la
critica tradizionale la filosofia italiana e caratterizzata dalla sua
ininterrotta fedeltà alla linea platonica, S. cerca di dimostrare, con gli
studi dedicati al umanesimo rinascimentale che la filosofia, laica e
idealistica, generalmente associata alla riforma in realtà e nata in Italia. Interpreta
con chiave di lettura hegeliana questo progressivo passaggio dello spirito
filosofico italiano e il suo ritorno, sottolineando la continuità del
razionalismo di Cartesio col principio innatistico di CAMPANELLA della cognitio
abdita, dell'empirismo di Locke con la campanelliana cognitio illata o nozione
acquisita, dell'immanentismo Spinoza col panteismo di BRUNO, del criticismo con
la metafisica della mente di VICO. Poi GALLUPPI e ROSMINI si sarebbero
riappropriati inconsciamente di quello stesso spirito permeato dal kantismo,
come GIOBERTI di quello dell'idealismo. Ripigliare il sacro filo della nostra
tradizione filosofica italiana, ravvivare la coscienza del nostro libero
pensiero nello studio dei nostri maggiori filosofi, ricercare nelle filosofie
delle altre nazioni i germi ricevuti dai primi padri della nostra filosofia
italiana e poi ritornati fra noi in forma nuova e più spiegata di sistema,
comprendere questa circolazione del pensiero italiano, della quale in gran
parte noi avevamo smarrito il sentimento, riconoscere questo ritorno del nostro
pensiero a sé stesso nel grande intuito speculativo del nostro ultimo filosofo
Hegel, sapere insomma che cosa noi fummo, che cosa siamo e che cosa
dobbiamo essere nel movimento della filosofìa, non come membri isolati e
scissi dalla vita universale del popolo, nè come avvinti al carro trionfale
d'un popolo particolare, ma come nazione libera ed eguale nella comunità universale.
Tale, o signori, è stato sempre il desiderio e l'occupazione della mia vita. Prolusione
alle lezioni di Storia della filosofia a Bologna (Modena, Tipografia
Governativa) Uno dei suoi propositi, giustificato dalla stessa tesi della
circolazione della filosofia italiana, e il tentativo di far uscire gli
intellettuali italiani dal provincialismo stagnante in cui versavano,
apportando loro gli elementi più innovativi del pensiero idealistico
d'oltralpe, per dare un fondamento filosofico-culturale al processo rivoluzionario
dell'unificazione nazionale. La rivoluzione storica da attuare non e il
programma neo-guelfo del primato morale e civile di GIBERTI che ripudia in
blocco la filosofia moderna, ma anda intesa hegelianamente come sttoria della
libertà, nella quale lo spiritualismo non significa un'involuzione, bensì un
riallineamento alle nazioni più avanzate. Son molti ancora in Italia i
quali tacciano di astratta e oscura la filosofia alemanna e, reputandola
contraria alla natura speculativa dell'ingegno italiano, si accontentano di una
maniera di sapere che non ha nessuna connessione con la nostra tradizione
filosofica -- è un perpetuo oltraggio alla memoria de' nostri sommi ed infelici
pensatori, e la principal cagione del decadimento della scienza tra noi.
Costoro dimenticano la storia della filosofia italiana, della quale furono gli
eroi e martiri i nostri filosofi. Non ricordano i roghi di BRUNO e di VANINI,
la lunga prigionia di CAMPANELLA, e l'umile pietra che, nel tempio de'
Gerolomini in Napoli, ricopre le ceneri di VICO, luce del nostro mondo
intellettuale. Non i nostri filosofi degli ultimi duecento anni, ma Spinoza,
Kant, Fichte, Schelling ed Hegel, sono stati i veri discepoli di BRUNO, di
VANINI, di CAMPANELLA, di VICO, ed altri illustri. – “Principii di Filosofia”. Non
si limita a recepire passivamente l'hegelismo, ma da avvio ad una sua profonda revision.
Introduce temi originali che cerca di riprendere dalla tradizione autoctona italiana.
In particolare, cerca di rispondere alle critiche di Trendelenburg, il quale
non vede come dal primo momento della logica hegeliana, quello dell'essere puro
e indeterminato, puo scaturire il divenire dialettico dello spirito, se non
tramite un'indebita intromissione dal di fuori. Per dimostrare l'identità
dell'essere col spirito, e quindi che l'Idea è intrinseca alla realtà storica,
avente come scopo la libertà, sostenne l'esigenza di mentalizzare o
kantianizzare» la logica di Hegel, unificando quest'ultima con la fenomenologia,
cioè col percorso conoscitivo del singolo individuo umano, che diventa
progressivamente auto-cosciente di avere in se stesso, nello proprio spirito,
tutta la realtà assoluta logicamente articolata. Riforma così la
dialettica hegeliana nell'ottica di Kant e Fichte, ritenendo prevalente l'atto
soggettivo (no inter-soggetivo) della coscienza trascendentale rispetto ad ogni
presupposto oggettivistico o inter-soggettivistico), valorizzando inoltre il
momento finale dello spirito rispetto alle fasi precedenti della logica e della
natura, situate fuori dall'auto-coscienza. È lo spirito la protagonista di ogni
originaria produzione. In maniera simile a Fischer, infatti, la deduzione
hegeliana, che dalla contrapposizione di essere e nulla faceva scaturire il divenire,
venne intesa in senso kantiano e fichtiano dando il primato alla sintesi
unificatrice del divenire: è lo spirito, nel suo perenne fluire, che dà luogo
all'essere, il quale, originariamente indeterminato e perciò in-concevibile, si
rivela un non-essere, essendo posto all'interno dello spirito stesso. Per
questo primato assegnato all'atto del concivere, fa da apripista all'idealismo
attuale di GENTILE. Per contrastare l'avanzata del positivismo che e penetrato
in Italia dopo la raggiunta unità nazionale, di fronte all'esaurirsi delle
spinte ideali che caratterizzano il Risorgimento, si impegna nella
valorizzazione dell'aspetto pratico del processo spirituale, per evitare la
caduta in un «stratto idealismo, che non cura né pregia lo sperimento. In
particolare riprende da VICO una concezione pratica e storica della metafisica
dell'assoluto, intendendo l'auto-coscienza hegeliana (quale Begierde, cioè
appetizione) come umanità, ovvero impeto che agisce nel soggetto
umano. Analogamente puo sostenere, nel tracciare LA STORIA DELLO SPIRITO
ITALIANO che è il soggetto umano a dare concretezza e coscienza di sè al
processo storico. La Riforma della modernità che abolisce i vecchi principi
della filosofia scolastica si basa per l'appunto sull'immanenza di Dio e sulla
capacità della coscienza umana di auto-determinarsi e di accedere direttamente
all'Infinito, come enunciano BRUNO e CAMPANELLA. Il riconoscimento del valore
infinito dell'uomo ha ripercussioni anche sulla concezione etico-politica, stimolando
studi e interessi sulla filosofia hegeliana del diritto. Permase una viva
concezione etica dello stato italiano, che lo indusse a rinvenire
nell'idealismo hegeliano la sintesi tra la corrente post-illuministica, basata
sull'arbitrio individuale soggetivo e su una concezione meramente
contrattualistica dello stato, ed il cattolicesimo liberale, fondato viceversa
sull'arbitrio divino e sull'aderenza dogmatico-confessionale al principio
d'autorità. Il suo liberalismo rigetta l'individualismo o soggetivismo che
privilegia l'interesse del singolo portandolo a servirsi dell'organismo
universale per i propri fini, distruggendo la società. Allo stato italiano
spetta dunque la funzione pedagogica di promuovere gli interessi DI TUTTI, di
ogni italiano, tutelando la famiglia, in cui si forma l'individuo o soggeto, e
al contempo la società civile. La famiglia e la società civile hanno la
loro verità nello stato. Dove lo stato italiano non è altro che famiglia (lo stato
patriarcale italiano), o una istituzione di pubblica sicurezza (polizia
italiana), non solo lo stato italiano non è il vero stato, ma né la famiglia né
la società civile esistono nella loro vera forma. Lo stato italiano è l'unità
del principio della famiglia e del principio della società civile (della
naturalità umana e del libero volere, del diritto e della moralità). Non è una
semplice associazione fondata mediante il libero arbitrio soggetivo, o il patto
inter-soggetivo etc, né una associazione puramente naturale. È tutto ciò
insieme. È assoluta soggettività etica dei individui.. Assoluta, perché è
sostanza; soggettività, perché è saputa e voluta dagli individui liberamente
come la loro stessa essenza etica e universalità. Dove manca tale sapere e
volere, lo stato italiano non è libera soggettività, e l'individuo non ha vero
valore (individualismo moderno). In altri termini, è la sostanza nazionale,
conscia veramente e realmente di se medesima; lo spirito del popolo (come tale,
come spirito etico) nella sua vera e perfetta esistenza – “Studi sull'etica
hegeliana”. Poiché il potere stesso dello stato italiano può essere utilizzato
da un individuo o da una classe in vista dei suoi interessi di parte, accetta
il modello costituzionale, sebbene non privo di conflitti tra particolarità e
universalità, nel quale la personalità dello stato italiano e elevata sopra la
lotta sociale. Ripudiando l'astratto cosmopolitismo, lo stato italiano va dunque
inteso come l'immanenza di dio, dell'universalità dello spirito italiano calato
nella concretezza della nazionalità del popolo italiano, tutti uguali, ratelli dell'umana
famiglia. È con S. soprattutto che la filosofia in Italia cessa d'essere
esercitazione accademica e vacua speculazione, si avvia a diventare organica
visione del mondo, da cui derivi e consegua una morale, si avvia cioè a
diventare religione laica, dando inizio a quel largo movimento di distacco di
intellettuali dalla chiesa cattolica. -- Arfé, L'hegelismo napoletano e S., in
«Società», Firenze. E uno dei maggiori teorici che si sforzarono dare un
un'impronta ideale e spirituale al percorso risorgimentale verso l'unità d'Italia,
non limitata all'ambito filosofico, come riconobbero in seguito storici e
studiosi del Risorgimento. Con lui e SANCTIS e giunta al culmine quella
motivazione politica della nazione italiana che e la caratteristica in forza
della quale il movimento sorto a Napoli supera i limiti di un episodio
regionale. Da noi, gl’italiani, al contrario che in Inghilterra e in Francia, l'hegelismo
non è stato solo una filosofia ma un elemento della vita civile della nazione italiana
nel momento culminante del suo Risorgimento. Landucci, L'hegelismo in Italia
nell'età del Risorgimento, Studi storici, Roma. Influsce profondamente, attraverso
la mediazione di JAJA, anche l'idealismo italiano di GENTILE, il quale porta a
termine il lavoro di kantianizzazione o mentalizzazione di Hegel avviato da lui,
trasformando la sua dottrina in un compiuto attualismo o filosofia dell'atto,
basata cioè sul perenne dinamismo dell'atto del pensiero. GENTILE cura
inoltre la pubblicazione della spaventiana prolusione e introduzione alle
lezioni di filosofia a Napoli, ri-nominandola significativamente La filosofia
italiana, ritenendola un saggio di carattere non solamente storiografico, ma
soprattutto fenomenologico, in cui cioè lo spirito della filosofia italiana
esprime la sua ritrovata coscienza di sè. GENTILE si confronta ampiamente con
lui nella propria riforma della dialettica hegeliana, oltre a raccogliere e
sistemare alcuni suoi scritti inediti, tra cui un frammento giudicato uno snodo
importante verso la genesi del proprio attualismo, contribuendo alla riscoperta
e alla rinascita degli studi intorno alla dottrina spaventiana. Anche
l'idealista CROCE, che dopo la morte dei genitori anda a vivere da S., segue le
sue lezioni, apprezzandone soprattutto lo spirito profondamente liberale. Altri
di suoi scolari, o allievi sono FIORENTINO, MATURI, JAJA, MASCI, TOCCO,
LABRIOLA, ed ALFONSO. Nuovi studi sono sorti in occasione del bi-centenario
della nascita di S. e SANCTIS. Altri saggi: La filosofia di Kant e la sua
relazione colla filosofia italiana, Tipografica, Torino; Principii di filosofia,
Ghio, Napoli; Studi sull'etica di Hegel, Università, Napoli; La filosofia di GIOBERTI,
Tasso, Napoli; Saggi critici di filosofia, politica e religione, Bruno, Roma, La
dottrina della conoscenza di BRUNO, Università, Napoli; Principi d’etica” (Pierro,
Napoli); “La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea” GENTILE,
Laterza, Bari. “Logica e metafisica” Gentile, Laterza, Bari. Opere, Gentile,
raccolte e aggiornate da Cubeddu e Giannantoni, Classici della Filosofia,
Sansoni, Firenze. Opere, saggio introduttivo, prefazioni, note e apparati di
Valagussa, postfazione di Vitiello, Bompiani, Milano. Articoli sulla filosofia
tedesca (Kant, Fichte, Schelling, Hegel), Petrone, Il Prato, Edizione critica delle Opere psicologiche
inedite Orsi, Lezioni di antropologia, Psiche e metafisica Elementi di psicologia speculativa, Sulle
psicopatie in generale. Cit. in S., Antologia degli scritti, Vacca, Bari,
Laterza. Gentile: la filosofia italiana tra idealismo e anti-idealismo, Angeli,
Gentile e S., su treccani. Il contributo
italiano alla storia del pensiero, su treccani. Nel tempo che gl’ustriaci — ‘i tedeschi’
dicemo generalmente in Italia — dimorano non solo nelle contrade lombarde e
venete, ma anche in Toscana, io non ho il coraggio di dire: filosofia tedesca. (nota
di S.). Principii di Filosofia, Napoli,
Ghio. Le tradizioni filosofiche nell'Italia unita, di Rota. Perone,
Ferretti, Ciancio, Storia del pensiero filosofico, Torino, SEI, Cit. di Gentile in Della vita e
degli scritti di S., Scritti filosofici” (Napoli, Morano). Altri saggi: “Sulle
psicopatie in generale, o La legge del
più forte, in cui si confronta tra l'altro col darwinismo. Studi sull'etica hegeliana, Napoli, R.
Università, Il concetto di nazione (nazionalità) segna in lui un superamento
della filosofia hegeliana della storia basata sul susseguirsi di popoli-guida
(cfr. Carratelli, Storia e civiltà della Campania (Napoli, Electa); Studii sopra
la filosofia di Hegel; Unificazione nazionale ed egemonia culturale, Vacca (Bari,
Laterza); Garin, La fortuna nella filosofia italiana, in L'opera e l’eredità di Hegel, Bari, Laterza; Cubeddu,
Da S. a Gentile: Kant e l’idealismo, in La tradizione kantiana in Italia, convegno
della Società filosofica italiana, Messina, G. B. M.; La raccolta gentiliana
delle sue opere venne riedita e curate da Cubeddu e Giannantoni, e ri-stampata
da Valagussa e Vitiello. Coscienza nazionale, treccani. Gentile, S. (Firenze,
Vallecchi); Vacca, Politica e filosofia (Bari, Laterza); Bartot, L'hegelismo di
S. Firenze, Olschki; Cubeddu, Edizioni e studi (Firenze, Sansoni); Serra, Etica
e politica (Roma, Bulzoni); Franchini, Dalla scienza della logica alla logica
della scienza” (Napoli, Pironti); Garin, Filosofia e politica, Tognon, Napoli,
Bibliopolis; Garin, Napoli, Bibliopolis, Gentile, Coscienza nazionale, Chieti,
Noubs; Origo, Perpetuazione e difesa della filosofia italica (Roma,
Bibliosofica); Savorelli, Il contributo italiano alla storia del Pensiero
Filosofia (Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana); Attualismo Hegelismo
Idealismo italiano Idealismo tedesco Treccani. Istituto dell'Enciclopedia Italiana. Dizionario di storia, Dizionario biografico
degl’italiani, Fusaro, “S.: Il far intendere Hegel all'Italia, vorrebbe dire ri-fare
l'Italia”. Gentile e S., su treccani.
Scritti filosofici. Gentile. Gli hegeliani di Napoli e il Risorgimento. SAGGI
DI S. SAGGI PUBBLICATI DA S. Sulla quantità considerata nella sua espressione,
Giornale abruzzese, Napoli. Allo stato attuale delle ricerche, è il primo saggio
pubblicato da S. Un manoscritto dell’articolo — datato: Montecassino, e
firmato: B. De Laurentiis — è conservato nella Biblioteca civica di Bergamo. Il
saggio non sviluppa argomenti di carattere filosofico; tratta dell'oggetto e
dei metodi dell’analisi matematica, richiamando l’attenzione del lettore sulla
cosiddetta “serie di Taylor”, introdotta dal matematico Brook Taylor nello
scritto Metbodus incrementorum diretta et inversa. Il saggio Sulla quantità è
stato ristampato da Orsi nella raccolta degli Scritti inediti e rari di S.
Pensieri sull'insegnamento della filosofia, Il Costituzionale, Firenze. È il
primo scritto di S., fin quI conosciuto, che tratti di un argomento filosofico.
E scoperto da GENTILE dopo la pubblicazione del suo S., sicché non comparve
nella riordinata e accresciuta bibliografia inserita nella monografia
gentiliana. I Pensieri indicano nella filosofia della storia la dottrina capace
di introdurre i giovani ad una retta comprensione della filosofia hegeliana; e
costituiscono un documento importante per la ricostruzione del primo
“programma” filosofico di S. Sono stati ristampati da Gentile nel Giornale
critico della filosofia italiana”, Opere. II Socialismo e il Comunismo -- supplemento
alla storia del secolo per Stein Professore in Kiel. Prima versione
dell'originale tedesco di S., Il Nazionale, Firenze, Rivista italiana, Torino. È
un avviso scritto da S. allo scopo di raccogliere sottoscrizioni per la sua
traduzione — forse mai pubblicata — della nota opera di L. von Stein, Der
Socialismus und Communismus des heutigen Frankreichs (ampliata e ripubblicata
nel 1850 col titolo: Geschichte der sozialen Bewegung in Frankreich vom 1789
bis auf unsere Tage). Il testo dell’avviso pubblicato nel “Nazionale” di
Firenze è stato rintracciato e ristampato da Sergio Landucci, nel saggio S. fra
hegelismo e socialismo; quello apparso nella “Rivista italiana” di Torino, è
stata, ripubblicato da Orsi, nella sua edizione degli Scritti inediti e rari di
S. Studi sopra la filosofia di Hegel, Torino. In questo estratto sono raccolti
due saggi apparsi sulla “Rivista italiana” Torino, nuova serie, novembre e
dicembre 1850. Sono firmati: S.; non sono stati mai ristampati integralmente. Gli
Studi sono un documento di primaria importanza per intendere la direzione in
cui si muovono le idee filosofiche di S. Offrono al lettore, nella prima parte,
una “idea generale” del sistema hegeliano, costruita attraverso brevi riassunti
delle opere di Hegel; nella parte seconda, propongono una traduzione — che è
una parafrasi, e, sia pure in modesta misura, un commento — della Vorrede alla
Fenomenologia dello spirito. La rivoluzione e l’Italia: Diritto della
rivoluzione -- I filosofi -- Le conquiste della rivoluzione, in “Il Progresso” Torino.
Con questa serie di articoli si apre la collaborazione di S. al giornali
torinese “Il Progresso”, un foglio di sinistra, del cui consiglio di direzione
faceva parte Agostino Depretis. Un primo, importante gruppo di scritti ali S.
dedicati alla polemica sulla libertà di insegnamento in Piemonte, e pubblicati
sullo stesso giornale, è stato identificato e ristampato da Gentile nel volume
La lbertà di insegnamento; nello stesso anno, Gentile ristampava nella rivista
“La Critica” le False accuse contro l hegelismo, due articoli del “Progresso”
dei quali l’a. aveva annunziato la ristampa, con quel titolo, nella raccolta
dei suoi Saggi di critica, interrotta dopo il primo volume. A questi scritti
rintracciati da Gentile (il quale, nel 1924, scriveva che molti altri articoli
anonimi dello S. sono nello stesso giornale “Progresso”, facili a identificare
per la materia e per la forma”), si aggiungono ora, con La rivoluzione e
l’Italia, altri articoli identificati da I. Cubeddu, che rende conto del suo
lavoro nello scritto S. pubblicista (giugno-dicembre 1851) Nello stesso
articolo sono elencati alcuni scritti del “Progresso” che, per il contenuto e
per lo stile, potrebbero attribuirsi a S., ma per i quali non è stato possibile
trovare ragioni più persuasive della loro paternità. Gli articoli scritti per
il “Progresso” costituiscono il documento più interessante delle convinzioni
etico-politiche del filosofo; in quelli identificati da Cubeddu sono più
evidenti le tracce della lettura del libro di Stein, Der Socialismus und
Communismus, che S. si propose di tradurre. Oltre quella gentiliana, già
citata, degli scritti sulla libertà di insegnamento e delle False accuse, si
veda, in “Giornale critico della filosofia italiana”, la ristampa, con il
titolo Rivoluzione e utopia, della serie La rivoluzione e l’Italia, della serie
Le utopie, e dell’artiilo Rousseau, Hegel, Gioberti. L’Armonia e l’Assemblée
Nationale: I. L'idea, ILL L’uomo, in “Il Progresso” Torino. Scritti in polemica
con il quotidiano cattolico torinese “L’Armonia”, questi due articoli sono
apparsi anonimi, e non sono stati fin qui ristampati. Il sedicente partito
cattolico, in “Il Progresso” Torino. Articolo non firmato; non è stato mai
ristampato L'Accademia di filosofia italica, in “Il Progresso” Torino, II, n.
147, 24 giugno 1851. Articolo identificato da Gentile nel suo S. 204, p. 38 sg.
nota (= Opere), ma non incluso poi da lui nella biblioorafia degli scritti di
S. Non è stato mai ristampato; ma cfr. n. 9. Una riunione dell’Accademia di
filosofia italica, in “Il Progresso” Torino, II, n. 150, 27 giugno 1851.
Seguito dell’articolo precedente. Lo scritto è stato ristampato da Gentile nel
volume La libertà di insegnamento 108,135-138 (Opere). La libertà di
insegnamento. Gli scritti raccolti sotto questo titolo furono identificati dal
Gentile, e da lui ristampati. Sono tredici articoli, tutti dedicati alla
polemica sulla libertà di insegnamento in Piemonte, che apparvero nel
“Progresso. I primi cinque portano le date: 27 e 31 luglio, 7, 20 e 24 agosto;
altri due articoli, destinati Az corzpilatori della “Croce di Savoia”, sono del
3 e 12 settembre; gli ultimi sei, scritti in polemica col giornale
“Risorgimento” (Filosofia politico-offaciale), sono del 5, 8, 11 e 30 novembre,
e del 3 e 11 dicembre. Sono probabilmente di S. altri tre articoli che
riguardano la stessa materia, e che apparvero sul “Progresso” (Ura lezione ai fautori della libertà di
insegnamento), il 4 ottobre (La lbertà di insegnamento e il ministro della
Pubblica istruzione) e il 28 ottobre (La lbertà dei gesuiti) dello stesso anno.
Cfr. I Cubeddu, S. pubblicista, nota. False accuse contro l’hegelismo 1851. È
il titolo sotto il quale S. intendeva raccogliere e ristampare, nei Saggi di
critica, gli articoli: L’hegelismo messo in croce, in “Il Progresso” Torino,
II, n. 204, 29 agosto 1851. Lettere filosofiche. Lettera prima, in “Il
Progresso” Torino. I due articoli, firmati: Uro studente di filosofia,
enunciano o riprendono questioni discusse da S. dalle colonne del giornale
torinese: la distinzione di socialismo, comunismo e hegelismo; il problema del
rapporto tra il cosiddetto “panteismo” hegeliano e la libertà dell’individuo;
quello del rapporto di religione e filosofia; l’idea della filosofia “come
principio di rigenerazione nazionale”, ecc. Sono interessanti anche perché
contengono molti riferimenti a testi di Hegel, di Schelling, di Giordano Bruno,
di Karl L. Michelet, ecc. Il primo articolo è una risposta allo scritto di D.
Berti: I/ diritto individuale e il panteismo in politica, apparso nel giornale
“La Croce di Savoia”, di ispirazione cavouriana. S. non giunse a ristampare
questi articoli, che furono ripubblicati dal Gentile nel 1920, con il titolo
voluto dall’autore. Le utopie, in “Il Progresso, Torino. Si tratta di sei
articoli non firmati che, riprendendo da L. Stein la distinzione di “utopie” e
“idee storiche”, discutono il significato delle lotte politiche e sociali degli
ultimi sessant’anni. La serie è stata ripubblicata nel “Giornale critico della
filosofia italiana”, La scienza de’ fratelli della dottrina cristiana, in “Il
Progresso” Torino, II, n. 298, 17 dicembre 1851. Anonimo, mai ristampato.
Rousseau, Hegel, GIOBERTI, in “Il Progresso” Torino, II, n. 305, 26 dicembre
1851. Pubblicato anonimo, questo articolo è dedicato alla discussione del
rapporto che si istituisce tra “libertà oggettiva” e “libertà soggettiva” nelle
dottrine di Rousseau, di Hegel e di Gioberti; e contiene interessanti riferimenti,
oltre che a testi hegeliani, al Rinzovamento civile d'Italia. Le argomentazioni
di S. si sviluppano secondo una linea identica a quella con cui lo stesso tema
è introdotto nei precedenti Studi sopra la filosofia di Hegel 4; lo stesso
discorso svolgerà S. nel 1855, in un articolo di risposta al Tommaseo. Lo
scritto Rousseau, Hegel, Gioberti è ristampato nel “Giornale critico della
filosofia italiana”, Principii della filosofia pratica di Giordano Bruno, in
Saggi di filosofia civile, tolti dagli Atti dell’Accademia di filosofia
italica, Genova. S. aveva dato pubblica lettura di questo saggio a Torino, la
sera del 24 giugno 1851, nel corso di una riunione dell’Accademia di filosofia
italica, fondata da T. Mamiani. Il lavoro su Bruno - ispirato alle idee di
rinnovamento politico e sociale, che S. sosteneva negli articoli pubblicati dal
“Progresso” — è stato ristampato dall’a. nei suoi Saggi di critica Una lunga
recensione dei Princìpî è apparsa
nell’Appendice alla filosofia delle scuole italiane di A. Franchi, Genova (la
recensione è ricordata da G. Vacca, 141 bis, p. 10). Si legge a p. 217 sg. (e
cfr. p. 234 sg.): “il discorso di S., l’unico in cui la filosofia apparisca
trattata da un filosofo, l’unico di cui avrebbero potuto gloriarsi gli At
d’un’Accademia, diventa la censura più severa, per non dire la satira più
acerba, dell’Accademia italica e della sua filosofia; poiché le dottrine
dell’ardito discepolo di Bruno distruggono ad una ad una le teorie monche,
zoppe, tisicuzze, eunuche di Mamiani e Boncompagni”. Ma v. anche235 sgg., dove
si nega l'esattezza “storica” del giudizio per il quale principio del cristia
nesimo sarebbe l'identità di natura divina e natura umana; Franchi vuol
sottolineare la totale divergenza di cristianesimo e “razionalismo”, l’abisso
che separa le dottrine teoriche, morali, sociali del cristianesimo e la
“democrazia moderna”, figlia della Rivoluzione dell’89 e della filosofia. Frammenti
di studii sulla filosofia italiana del secolo XVI, in “Monitore bibliografico” Torino
Nella sua bibliografia delle opere di S., Gentile segnala che lo scritto era
preceduto dalla seguente avvertenza: “L'importante articolo che pubblichiamo è
parte di un lavoro dell’egregio filosofo sig. S. sopra la filosofia del secolo
XVI, particolarmente su quella di Giordano Bruno”. Lo scritto non è stato mai
ristampato; ad esso accenna lo stesso S., citandone qualche brano, nella
prefazione ai Principi di filosofia. La filosofia neo-cristiana e il
razionalismo in Alemagna, in “Il Cimento” Torino È il primo scritto di rilievo ma
cfr. n. 35 stampato nel periodico “Il Cimento”, rivista di scienze, lettere e
arti diretta da Zenocrate Cesari e pubblicata a Torino fino alla fusione con la
“Rivista contemporanea”, diretta da Luigi Chiala. Del “Cimento” S. fu assiduo
collaboratore: vi stampò, oltre a numerose recensioni, e a polemiche assai note
(come quella con la “Civiltà cattolica”), studi di ampio respiro sulla
filosofia italiana del Rinascimento. Il saggio La filosofia neo-cristiana e il
razionalismo in Alemagna, firmato con la sigla D. L. De Laurentiis, fu scritto
in occasione della traduzione italiana, a cura di Pietro Torre, della Storia
della filosofia del diritto di Fr. J. Stahl (Torino); è importante per il
rapporto che S. istituisce tra il pensiero di Gioberti e — attraverso Stahl —
gli sviluppi della filosofia classica tedesca. Il saggio è stato ristampato da
Gentile in Da Socrate a Hegel 98, 213-245 (= Opere, II, 207-236). Recensione:
Studi sopra Gans relativi al DIRITTO ROMANO, di A. Tarchiarulo Napoli; in “Il
Cimento” Torino, 31 marzo 1854, Recensione anonima, non segnalata da Gentile, e
attribuita a S. da A. Plebe. Campanella. Recensione delle Opere di Campanella,
precedute da un discorso sulla vita e le dottrine dell'autore per Alessandro
D'Ancona, Torino 1854; in “Il Cimento” Torino, Recensione, non firmata,
dell’edizione D'Ancona delle Opere di Campanella. Nell’indice del fascicolo
l’autore della recensione è indicato con la sigla B. S. Lo scritto è stato
ristampato da S. nei suoi Saggi di critica, come introduzione agli altri studi
campanelliani, raccolti nello stesso volume. Congratulazioni e quistioni alla
“Civiltà cattolica”, in “Il Cimento” Torino. Articolo, non firmato, con il
quale si apre la serie degli scritti polemici contro la “Civiltà cattolica”. È
stato ristampato da Gentile nel volume La politica dei gesuiti, (= Opere,
Campanella. Teoria della cognizione, in “Il Cimento” Torino, Dopo la recensione
al D'Ancona 19, che intendeva inquadrare la personalità di Campanella nella
storia del pensiero moderno, questi saggi sulla gnoseologia campanelliana —
apparsi nel “Cimento” con la firma: S. — offrono un raffronto della dottrina
del pensatore italiano con gli sviluppi della nuova filosofia (in particolare,
Cartesio, Kant, Fichte, e Hegel). Lo scritto è stato ristampato da S. nei Saggi
di critica 77, pp.33-101. Schelling, in “Il Cimento” Torino, 15 ottobre 1854, 521-532.
Articolo non firmato, scritto in occasione della morte del filosofo tedesco. È
interessante come documento delle letture che S. andava utilizzando in questi
anni (tra l’altro, lo Hegels Leben di K. Rosenkranz), e per i riferimenti ai
motivi “rivoluzionari” presenti nella filosofia del giovane Hegel e del primo
Schelling; infine per il giudizio — negativo - sugli ultimi sviluppi del
pensiero schellinghiano. Larghi brani dell’articolo sono citati da Sergio
Landucci, Il giovane S. tra begelismo e socialismo 282, 684- 686, 688-690; il
saggio è ora ristampato per intero, a cura di D. D’Orsi, negli Scritti inediti
e rari di S. Recensioni: De immacolato Deiparae semper Vitginis Concepiti
Caroli Passaglia e Societ. Jes. Commentarius Pars I, Romae; (Della concezione
immacolata di Maria Vergine ecc.); Elementi di filosofia del prof. Pier Antonio
Corte, vol. Etica e storia della filosofia, Torino, Tip. Favale e Comp., 1854;
Che cosa è il Diritto, ossia Introd. alla scienza della filosofia del diritto
per Antonio Bartoli Avveduti, Firenze 1854. Dispensa 1; in “Il Cimento” Torino.
Scritti non firmati, ristampati in parte (con esclusione del discorso sugli
Elementi di filosofia di P. A. Corte) in La politica dei gesuiti 101, 219-239
(= Opere, Nuove congratulazioni e quistioni alla “Civiltà cattolica”, in “Il
Cimento” Torino, 16 novembre 1854, 689-704. Articolo firmato con la sigla: S.;
ristampato in La politica dei gesuiti, (= Opere, 763-796). Recensioni: Proposta
di alcune difficoltà, che si oppongono alla definizione della immacolata
concezione della B. Vergine Maria, Torino, Tipografia del Progresso, 1854;
Lettera di un sacerdote cattolico ai Vescovi della Chiesa di Dio per rappresentar
loro, che la sentenza dell’immacolata concezione della B. Vergine Maria non può
essere definita dottrina di fede cattolica, Torino, Tipografia del Progresso,
1854; in “Il Cimento” Torino. Le recensioni sono firmate: SS.; e sono state
ristampate dal Gentile in La politica dei gesuiti 101, 241-252 (= Opere, II, 964-975).
Recensione: L’origine e l’ufficio della filosofia dimostrati col fatto da
Epifanio Fagnani, Torino 1854, Pelazza, tipografia Subalpina; in “Il Cimento” Torino,
30 novembre 1854, 866-871. Recensione firmata con la sigla: SS.; non è stata
mai ristampata. Recensioni: Questioni di Stato del conte Clemente Solaro della
Margarita..., Torino, tipografia Speirani e Tortone, 1854; Della responsabilità
dello scrittore, orazione recitata nella ... Università di Torino al 3 novembre
1854 dall'avvocato D. Pier Alessandro Paravia..., Torino, Stamperia Reale,
1854; in “Il Cimento” Torino, 16 dicembre 1854, 986-996. Queste recensioni,
firmate: SS., sono precedute da una breve nota intitolata: Le rostre riviste e
la “Civiltà cattolica”. La recensione del libro del Solaro è stata ristampata
da Gentile in La politica dei gesuiti 101, 253-267 (= Opere, Il, 976-988);
sull'argomento della seconda recensione S. ritorna in un numero successivo del
“Cimento” 34. I Sabbati de’ Gesuiti. Si tratta di articoli stampati — anonimi —
dallo S. nell’appendice del giornale “Il Piemonte”, quotidiano politico diretto
da Luigi Carlo Farini, in due serie, tra il 16 gennaio 1855 e il 28 marzo 1856
(il 30 marzo dello stesso anno, “Il Piemonte” cessava le pubblicazioni). I
primi tre Sabbati sono stati ristampati dal Gentile in La politica dei gesuiti
(Opere); ma l’intera raccolta degli articoli si può leggere ora negli Scritti
inediti e rari di S. a cura di D. D’Orsi 123, 213-489. Ci limitiamo qui a
riprodurre le date degli articoli: “II Piemonte”, Prospetto filosofico della
storia del mondo umano di Cesare della Valle, duca di Ventignano, Napoli,
Alberto Detken libraio editore, 1854; in “Il Cimento” Torino, 16 gennaio 1855, 66-70.
La recensione è firmata con la sigla: SS.; è stata ristampata in Da Socrate a
Hegel 98, 277-286 (= Opere). Del principio della riforma religiosa, politica e
filosofica, in “Il Cimento” Torino, 31 gennaio 1855, 97-112; 15 marzo 1855, 369-384;
15 ottobre 1859, 568-577. È un ampio studio, che apparve, firmato, nel
“Cimento”, e che l’a. ristampò nei suoi Saggi di critica, con la data: Torino.
II saggio, che riprende e sviluppa il tema della genesi del pensiero moderno
nell’età del Rinascimento, appare interrotto con la terza puntata; nel
ristamparlo, S. osservò che esso può considerarsi ancora valido come
introduzione alla “moderna filosofia italiana”, e che se ne debbono considerare
prosecuzione e compimento le lezioni napoletane del 1861 68. Una nota della
“Civiltà cattolica” contro “Il Cimento”, in “Il Cimento” Torino, 31 gennaio
1855, 144-146. Articolo firmato con la sigla: S.; è stato ristampato dal
Gentile in La politica dei gesuiti 101, 55-61, con il titolo: Lazzenti della
“Civiltà cattolica” (= Opere, II, 797- 803). Principi elementari di filosofia
morale ad uso delle scuole secondarie, 2a edizione, Torino, tip. Paravia e
comp., 1854; in “Il Cimento” Torino, 31 g. La recensione, firmata: SS., non è
stata mai ristampata. Del sistema della Curia romana opposto all'autonomia
dello stato, in “Il Cimento” Torino. L’articolo, firmato SS., fu scritto in
occasione della stampa della A/locuzione della Santità di Nostro Signore Pio IX
del 22 gennaio 1855, seguita da una esposizione corredata di documenti, ecc.,
Torino, tipografia Franco, 1855. È stato ristampato dal Gentile in La politica
dei gesuiti (Opere). Ancora dell’orazione sulla Responsabilità ecc. del prof.
Paravia; Maria Teresa e Maria Adelaide. Squarci di lezioni del prof. Paravia,
Torino, tip. Marietti, 1855; Il governo di Piemonte e la corte di Roma, per Massimo
d’Azeglio, Torino, Tip. Franco, 1855; in “Il Cimento” Torino, 28 febbraio 1855,
336-344. Recensioni firmate: SS. Per la prima, cfr. n. 27. La recensione al
D'Azeglio è ristampata in La politica dei gesuiti (Opere). La nostra polemica
con la “Civiltà cattolica”, in “Il Cimento” Torino, 15 marzo 1855, 438-445.
L’articolo — firmato con la sigla: S. — appartiene alla serie dedicata alla
polemica con la “Civiltà cattolica”. Non fu segnalato da Gentile: lo ha
identificato e ristampato Domenico D’Orsi, nella raccolta degli Scritti inediti
e rari di S. Al D’Orsi (op. cit., 181 sgg.) sembra che il contenuto di questo
articolo (e quello di uno scritto successivo, anche questo da lui identificato:
cfr. n. Presenti una sostanziale affinità con l’argomento di una “lettera”
pubblicata dalla rivista torinese nel 1852 (A/ direttore del giornale “Il
Cimento”. Frammento di una lettera sulla “Civiltà cattolica”, “Il Cimento”),
lettera della quale dovrebbe essere considerato autore lo stesso S.. Corso
d’estetica, letto nell'Università di Padova nell'anno 1844-45 dal prof.
Vincenzo De Castro, seconda edizione, Milano, Borroni e Scotti, 1855, vol. I;
in “Il Cimento” Torino. La recensione, firmata con la sigla: SS., non è stata
mai ristampata. Opere complete di Emm. Kant tradotte in francese da G. Barni,
con introduzioni analitiche e critiche. 1. Critica della ragione pratica ecc.
2. Elementi metafisici della dottrina del diritto, Parigi, 1848-1854; G. Barni
(Esposizione critica della filosofia pratica di Kant); in “Il Cimento” Torino,
16 e 30 aprile 1855, 653-659, 746-752. Recensione, firmata SS., delle traduzioni kantiane
di Jules Barni, e dell’ Exazzen des Fondements de la métaphysique des moeurs et
de la Critique de la raison pratique dello stesso Barni (Parigi). Lo scritto è stato ristampato da Gentile nella
raccolta Da Socrate a Hegel 98, 123-150, con il titolo: La filosofia pratica di
Kant e Jules Barni (= Opere. Alcune considerazioni intorno alla separazione
dello Stato dalla Chiesa, del sacerdote Giacomo Margotti, dottore in teologia,
Torino, tip. Deagostini, 1854; in “Il Cimento” Torino, 16 maggio 1855, 849-855.
Recensione firmata con la sigla: SS.; ristampata da Gentile in La politica dei
gesuiti 101, 287-300 (= Opere, Gli scolastici immaginarii della “Civiltà
cattolica”, in “Il Cimento” Torino Breve risposta alla “Civiltà cattolica” —
firmata con la sigla: S. — a proposito della interpretazione delle dottrine
politiche di Suàrez e di Mariana. Lo scritto segue immediatamente, nelle pagine
del “Cimento”, alla recensione del libro del Margotti. Non è stato segnalato da
Gentile; lo ha ristampato D. D’Orsi negli Scritti inediti e rari di S. 123, 205-206.
Hegel confutato da Rosmini. Saggio primo, in “Il Cimento” Torino L’articolo —
firmato: B. S. — denuncia i fraintendimenti sostanziali che stanno alla base di
alcune critiche di Rosmini alla filosofia di Hegel. La seconda parte del
saggio, che avrebbe dovuto illustrare la soluzione — dal punto di vista
hegeliano — delle difficoltà sollevate da Rosmini, non fu mai pubblicata. Ma la
critica di S. ebbe un seguito in un articolo contro il Tommaseo. Lo scritto su
Rosmini è stato ristampato da Gentile in Da Socrate a Hegel 98, 151-191 (=
Opere, Storia di uno studente di filosofia, di Giuseppe Piola, Milano, tip. G.
Bernardoni, 1855; in “Il Cimento. Torino. Recensione firmata con la sigla: SS.;
è stata ristampata da Gentile in Da Socrate a Hegel (Opere). Lo scritto ha suscitato di recente
qualche interesse, per i severi rilievi di S. alle acritiche osservazioni del
Piola sul socialismo (cfr. ad es. i saggi di Berti e di Landucci. L'Accademia di filosofia italica e Terenzio
Mamiani. Recensione dei Saggi di filosofia civile tolti dagli atti
dell’Accademia di filosofia italica, Genova, Grondona, 1855, vol. 2; in “Il
Cimento” Torino. Articolo firmato: B. S.. Contiene, in fondo, un indice dei
lavori pubblicati dall'Accademia, che non compare nella ristampa della
recensione, inserita dall’a. nei suoi Saggi di critica. Dell’importanza civile
del teatro drammatico, in “Il Cimento” Torino Il saggio è attribuito a S. da
Domenico D’Orsi, che ristampa l’articolo nella sua raccolta degli Scritti
inediti e rari del filosofo. Alla base dell’attribuzione sta il fatto che
l’articolo è firmato con una sigla (= S.), che l’autore soleva apporre ad
alcuni scritti pubblicati nel “Cimento”. Il saggio sembra peraltro presentarsi
come stravagante, per dir così, nella produzione spaventiana di questo periodo:
non tanto per l'argomento trattato, quanto per le idee che vi sono espresse (e,
più che espresse, insinuate) e per la forma in cui tali idee vengono offerte al
lettore. Il tema non è, di per sé, sconcertante: l’autore vuol sostenere il
valore del teatro drammatico come strumento di educazione intellettuale, morale
e sociale, in quanto esso è capace di presentare in veste sensibile l “idea”,
di avvicinare il “popolo minuto” al mondo del sapere. Ma l’autore, nel
giustificare la funzione mediatrice della letteratura drammatica, sembra
inclinare verso una convinzione che mi appare alquanto distante dalle tesi
difese altrove dallo S., in questi stessi anni: finisce infatti col suggerire
la superiorità della “fantasia” e del “sentimento”, del “cuore” e della “fede”,
sulla “ragione” e sull’ “intelletto”. E, similmente, il beneficio che la
letteratura drammatica può arrecare alla società, vien fatto derivare dalla sua
naturale capacità di insegnare le “vedute medie”, di additare una via che è
egualmente distante da ogni estremismo. Corso sommario di filosofia razionale,
del P. Vittorio Mazzini. Filosofia speculativa e filosofia morale, vol. due,
Genova La scienza della lingua di Guglielmo di Humboldt e la filosofia
hegeliana, per Enrico Steinthal, Berlino; in “Il Cimento” Torino Recensioni
firmate con la sigla: SS. Non sono state mai ristampate. Metodo della “Civiltà
cattolica” nel rispondere al “Cimento”, in “Il Cimento” Torino Articolo firmato
con la sigla: SS., e ristampato da Gentile in La politica dei gesuiti 101, 63-78
(= Opere, II, Campanella. III. Metafisica, in “Il Cimento, Torino. L'articolo,
che fa seguito alla recensione al D'Ancona e al saggio sulla gnoseologia di
Campanella, è firmato: B. S.; è stato ristampato dall’autore nei Saggi di
critica È un esame della metafisica campanelliana, della quale S. intende
cogliere e sceverare gli elementi nuovi, attraverso un raffronto con gli ultimi
sviluppi del pensiero moderno. L'analisi viene spinta fino al tentativo di un
confronto con il problema della logica e della fenomenologia di Hegel.
L’articolo doveva essere seguito da un saggio sulla Teoria della volontà; ma
l’ultima parte di questi studi campanelliani non fu mai pubblicata (cfr. Saggi
di critica, p. 135 nota). La nostra
polemica con la “Civiltà cattolica”. La teocrazia, in “Il Cimento” Torino. Articolo
firmato con la sigla: SS.; ristampato da Gentile in La politica dei gesuiti 101,
79-96 (= Opere, La logica o il problema della scienza nuovamente proposto
all'Italia da Paolo Morello, in “Il Cimento” Torino Recensione del libro del
Morello (La logica ecc.), pubblicato a Firenze (Barbera, Bianchi e Comp.). È
firmata: B. S.; è stata ristampata da Gentile in Da Socrate a Hegel 98, 299-321
(= Opere, Una diversa redazione della recensione è stata rintracciata da P. C.
Masini; cfr. Ur “pamphlet” antidemocratica...I trionfi dei gesuiti, in “Il
Cimento” Torino, 30 settembre 1855, 494-500. Articolo firmato con la sigla: AA.
È ristampato in La politica dei gesuiti
(Opere, II, 837- 848). La nostra polemica con la “Civiltà cattolica”.
Gli Scolastici, in “Il Cimento, Torino. Articolo firmato con la sigla: SS.
Ristampato parzialmente (manca una breve parte introduttiva) in La politica dei
gesuiti Joi, 111-28 (= Opere, II, 849-864). Sopra alcuni giudizi di N.
Tommaseo, in “Il Cimento, Torino. L’occasione a questa risposta di S. venne
offerta dalla commemorazione di Rosmini, che Tommaseo aveva pubblicato nel
1855, in più puntate, nella “Rivista contemporanea” di Torino (cfr. ad es., nel
fascicolo di settembre, 25 sg., una chiara allusione alle argomentazioni
sviluppate da S. in Hegel confutato da Rosmini 40). L’articolo — che è firmato:
B. S. — è importante anche perché ribadisce il raffronto tra Hegel e Gioberti —
già proposto dalle colonne del “Progresso” — a proposito dei concetti di legge,
volontà generale, ecc. Rousseau, Hegel, Gioberti: 14; e perché riprende il
motivo dell’accostamento Gioberti-Stahl. Lo scritto è ristampato in Da Socrate
a Hegel (Opere). Gli Scolastici. Suarez, in “Il Cimento” Torino, Articoli
firmati con la sigla: SS., e ristampati in La politica dei gesuiti (Opere). Gli
Scolastici. Concetto e metodo della dottrina tomistica, in “Il Cimento, Torino.
È l’ultimo degli articoli di S., apparsi sul “Cimento”, dedicati alla
interpretazione delle teorie politiche dei gesuiti del XVI secolo, in polemica
con la “Civiltà cattolica”. Gentile lo aveva ristampato già nel 1905, in Da
Socrate a Hegel 98, 51-64 (con il titolo: Concetto e metodo della dottrina
tomistica del diritto = Opere), prima ancora di raccogliere gli altri scritti
di S. sull'argomento nel volume La politica dei gesuîti. Dell’amore dell'eterno
e del divino di G. Bruno, in “Rivista enciclopedica italiana” Torino dispensa
prima, Il saggio è dedicato alla esposizione del contenuto degli Eroici furori.
È stato ristampato dall’a. nei Saggi di critica La “Civiltà cattolica” e la
“Rivista contemporanea”, in “Il Piemonte” Torino. L’articolo è stato ristampato
dal Gentile nell’appendice (Le tribolazioni di B. S. giornalista, 183-193: dove
sono riprodotti alcuni documenti delle vicende capitate allo S. in seguito alla
fusione del “Cimento” con la “Rivista contemporanea” di Luigi Chiala) del suo S.
204, 189-193 (= Opere, Della filosofia dopo Kant, ragionamenti di Michele
Baldacchini, Napoli 1854; in “Il Cimento” Torino Recensione firmata con la
sigla: SS.; è stata ristampata da Gentile in Da Socrate a Hegel (Opere), La filosofia dopo Kant secondo
Baldacchini. Saggi sulla filosofia del Mamiani (Critica dell’infinità
dell’attributo), in “Il Cimento” Torino. Nell’articolo S. critica
l’interpretazione proposta da T. Mamiani — nella prefazione alla traduzione
italiana del Bruno di Schelling, a cura di M. Florenzi Waddington 1844 — della
dottrina spinoziana della relazione sostanza- attributi. È da collegare agli
studi che S. andava svolgendo in questi anni sulla filosofia di Spinoza, e di
Giordano Bruno. L’articolo è stato ristampato dall’a. nei Saggi di critica 771,
367-403. La Enciclopedia scientifica, per T. Mora e F. Lavarino, Torino 1856;
in “Il Cimento” Torino, febbraio 1856, 212-220; e in “Il Piemonte” Torino, II,
n. 51, 28 febbraio 1856. Recensione, firmata con la sigla: SS., e pubblicata
nell'ultimo fascicolo del “Cimento”, che quindi fu assorbito nella “Rivista
contemporanea”. Nel “Piemonte”, lo scritto è firmato con la sigla: Z. Non è
stato mai ristampato. Il SENSUALISMO, Recensione di Études morales sur le temps présent, par E.
Caro, prof. ecc. (Paris 1856,
Hachette éditeur); in “Rivista contemporanea” Torino, maggio 1856, anno III,
vol. VI, 780-793. Recensione firmata con la sigla: S.; è stata ristampata da
Gentile in Da Socrate a Hegel 98, 247-273 (= Opere, Compendio di logica,
secondo l’ultimo programma, ecc., del prof. Giuseppe Tesio (Torino, Tip.
scolastica di Sebastiano Franco e Comp.); in “Rivista contemporanea, Torino. Recensione
firmata con la sigla: S. Non è stata mai ristampata. Philosophie sensualiste au
dix-buitième siècle par M. Victor Cousin (troisiîme éd. revue et corrigée,
Parigi 1856); in “Rivista contemporanea, Torino. La recensione è firmata con la sigla: S. È stata
ristampata da Gentile in Da Socrate a Hegel (Opere, Considerazioni sulla
dottrina di Socrate del prof. G. M. Bertini (estratte dalle “Memorie della R.
Accademia delle scienze” di Torino, serie II, torno XVI); in “Rivista
contemporanea, Torino. Lo scritto, come molte altre recensioni di S., è in
realtà un ampio studio; e tratta del pensiero di Socrate secondo i principi
dell’hegelismo. A questo articolo — che è firmato: B. S. — doveva seguirne un
secondo, mai pubblicato: cfr. le notizie di Gentile premesse alla ristampa del
saggio, da lui ripubblicato in Da Socrate a Hegel; La dottrina di Socrate
(Opere). Logique, par A. Gratry Paris);
in “Rivista contemporanea” Torino La recensione è firmata: S.; non è stata mai
ristampata. Della logica o della teoria della scienza, libri tre di Vincenzo
Garelli, Oneglia, Tip. Tasso, 1856; in “Rivista contemporanea” Torino.. È
l’ultimo scritto pubblicato da S. nella “Rivista contemporanea”. Non stato mai
ristampato. Articoli per la Nuova enciclopedia popolare. L’'editore Pomba
prepara una nuova edizione — che cominciò a pubblicarsi in quell’anno, ed ebbe
diverse ristampe — della sua Erciclopedia popolare, Torino. A proposito della
collaborazione di S. a questa iniziativa, riassumiamo in breve le notizie
fornite da Gentile nella bibliografia degli scritti del filosofo inserita nel
suo S. Quando, con lettera del 7 dicembre 1858, Francesco Predari, direttore
dell’opera, propose a S. di collaborare all’Enciclopedia, si stava preparando
il materiale relativo alla lettera E. Il primo articolo fornito da S. fu:
Ellenismo; l’ultimo — a quanto pare — fu l’importante scritto su Kant. S.
collaborò all’Enciclopedia fino ai primi mesi del 1860. Sul verso della lettera
d’invito del Predari, S. ha annotato le “voci” — articoli interamente rifatti,
oppure corretti sul testo della prima edizione dell’opera — via via consegnate
all'editore. Ecco l’elenco delle voci annotate: E/leziszo, Empirismo, Ente
supremo, Epicuro, Epitteto, Facoltà dell'anima, Fanatismo, Fantasma, Fatalismo,
Fede, Felicità, Fenomeno, Ferecide, Fichte, Ficino, Filosofia, Galluppi (un brano
di questo articolo si può leggere in G. Gentile, S. 204, 95 sg. = Opere, Ig 83
sg.), Germanica filosofia, Giamblico, Gioberti (corrisponde in parte al
capitolo su Gioberti delle lezioni napoletane), Giudizio. È probabile, scrive
Gentile, che S. abbia anche provveduto alla stesura di qualche altro articolo,
compreso tra gli esponenti Giudizio e Kant. Come risulta dalla stessa lettera
del Predari, S. avrebbe dovuto compilare anche gli articoli: Italica filosofia,
Ermeneutica, Errore, Esegesi, Esistenza, Esoterico, Esperienza, Essenza,
Essere, Eudemonismo, Evidenza. Gentile dà notizia, infine, di una lettera di
Luigi Pomba allo S. del 2 gennaio 1861, che conteneva un invito a continuare la
sua opera per l’Enciclopedia; e di una lettera di Antonio Tari del 28 luglio
1861, che proponeva a S. di trattare per una eventuale sua collaborazione alla
stessa opera. La filosofia di Kant e la sua relazione colla filosofia italiana,
estratto dalla Nuova enciclopedia popolare, Torino 1860, 72. Cfr. n.
precedente. L’articolo, che si ispira largamente all’interpretazione hegeliana
di Kant, contiene un ampio raffronto, assai articolato, degli sviluppi del
criticismo in Germania e in Italia. Era stato scritto da S. già nel 1856, come
risulta da una sua lettera del 10 dicembre di quell’anno al fratello Silvio
(Silvio S.); ma probabilmente, prima di darlo alla stampa, il filosofo ebbe
modo di integrarlo e correggerlo. È stato ristampato da Gentile negli Scritti
filosofici di S. 96, 1-79 (= Opere, I, 173-255); il saggio è composto di una
breve introduzione, e di tre parti, intitolate rispettivamente: I) Principio
speculativo della filosofia di Kant; 2) Il kantismo in Italia (Galluppi e
Rosmini); Il CHITICISINO. Carattere e sviluppo della filosofia italiana,
prolusione alle lezioni di storia della filosofia nell'Università di Bologna,
Modena 1860, pp.39. È la nota prolusione in cui viene proposta la tesi della
“circolazione del pensiero italiano” nel pensiero europeo, e vengono offerti i
primi risultati dei nuovi studi sulla filosofia contemporanea in Italia,
collegati ai lavori torinesi su Bruno e Campanella, e integrati da una nuova
valutazione della dottrina di Giambattista Vico. Il discorso di S. è ristampato
negli Scritti filosofici (Opere).Prolusione e introduzione alle lezioni di
filosofia nella Università di Napoli. È il testo che raccoglie i risultati
fondamentali delle ricerche di S. intorno al “carattere” e allo “sviluppo”
della filosofia italiana dall’età del Rinascimento fino al Gioberti. La prefazione
è datata: Napoli, ottobre 1862. Il volume contiene: I) la prolusione Della
nazionalità nella filosofia (con una appendice sulla filosofia indiana); 2) le
dieci lezioni sulla storia del pensiero italiano, dai filosofi del XVI secolo
ai contemporanei; 3) lo Schizzo di una storia della logica, che rende conto
dello sviluppo “della filosofia occidentale” (i.e. della filosofia tedesca)
considerato “dal punto di vista logico” (sono protagonisti di questa storia
Kant, Fichte, Schelling e Hegel). Una nota allo Schizzo contiene un breve
scritto su Spizoza e Cartesio, che riprende alcuni temi dei primi studi
torinesi su Spinoza (l’interpretazione di Mamiani, la controversia
Erdmann-Fischer sul concetto di attributo, ecc.). Per il “manifesto” che
annunziava la pubblicazione dell’opera, proponendone la vendita per
sottoscrizione, cfr. n. 69. Il volume è stato ristampato da Gentile nel 1908 e,
in terza edizione, nel 1926, sempre con il titolo: La filosofia italiana nelle
sue relazioni con la filosofia europea (99 = Opere, IL 405 sgg.). La filosofia
di Gioberti, Napoli Alla prima parte dell’ampio studio, considerato da molti
critici a partire dal Gentile, che lo definì il “capolavoro” di S.) l’opera
maggiore del filosofo, doveva seguire un secondo volume, che non fu mai pubblicato.
Questo “primo” volume è diviso in quattro libri, che sottopongono a critica: 4)
la dottrina della conoscenza di Gioberti; 5) il carattere dogmatico della
costruzione della formula ideale: l’ente crea l’esistente; c) il contenuto
della formula, identico al contenuto del panteismo (Gioberti = Spinoza); d) il
tentativo di Gioberti di ricorrere alla “rappresentazione” religiosa, per
scongiurare l'esito panteistico della dottrina. Un quinto libro, che avrebbe
occupato l’intero secondo volume, doveva dimostrare il passaggio dell’ultimo
Gioberti (soprattutto dell'autore delle Postuzze) all’idealismo. Nella
prefazione dell’opera, datata: Napoli, ottobre 1863, l’a. dichiara che i
risultati dello studio su Gioberti costituiscono il presupposto e il fondamento
delle tesi esposte nelle prime lezioni napoletane cfr. n. precedente, e che il
seguito del suo lavoro sarebbe stato costruito attraverso un raffronto
minuzioso tra la dottrina di Gioberti e quella di Ilegel. Della Filosofia di
Gioberti usciva, nel 1870, una curiosa “edizione”: Bernardo sic S., La
filosofia di Gioberti, volume unico, Napoli, Tipografia del Tasso (le copie del
1863 recavano l’indicazione: Napoli, Stab. tipogr. F. Vitale). Ma in questa
“edizione” appare cambiato solo il frontespizio; e lo stesso deve dirsi della
“seconda edizione”, Napoli, Domenico Morano, 1886. Come la Prolusione e
introduzione, e insieme ad essa, la Filosofia di Gioberti fu pubblicata per
sottoscrizione, e annunziata con un manifesto, che riproduciamo qui dalla
bibliografia gentiliana del 1924 204, 206-208: “I. La Prolusione tratta della
Nazionalità della Filosofia. — Sono possibili, dopo il medio evo e ne’ tempi
moderni, tante filosofie nazionali, quanti sono i popoli civili di Europa? O
invece quelle che si dicono filosofie nazionali non sono altro che momenti
particolari dello sviluppo comune della filosofia moderna nelle diverse
nazioni? Si può dire, p. e., che ci sia una filosofia italiana essenzialmente
diversa da una filosofia francese, inglese, tedesca, come si dice che ci è
stata una filosofia greca essenzialmente diversa da una filosofia indiana? E in
generale, il genio proprio originario d’una nazione, il quale si specchia e
riconosce così nettamente nella lingua, nella letteratura e nell’arte in
generale, e ne’ costumi, deve e può discernersi anche — oggigiorno e in Europa
— in quella forma e attività universale dello spirito, che si chiama filosofia?
E discernersi in essa, non già come differenza e carattere naturale, letterario
o artistico, ma come intuizione universale o pensiero della realtà delle cose:
come problema, indirizzo, soluzione? “L’autore, compendiando gli ultimi
risultati della storia della filosofia, ed esponendo la differenza essenziale
della nazionalità moderna dall’antica, mostra che — se è vero che la filosofia
indiana e la greca sono, più o meno, intimamente nazionali — comune, invece, ed
unico è il carattere, lo sviluppo e l'indirizzo generale della filosofia ne’
popoli moderni; che, se ci ha una differenza tra il genio filosofico italiano e
quello delle altre nazioni, o in altre parole se esso ha o almeno ebbe un
privilegio sopra gli altri popoli — questo fu solo l’aver precorso due volte i
due principali periodi della filosofia moderna: cioè il cartesiano ne’ filosofi
del Risorgimento e specialmente in Bruno e Campanella, e il kantiano in Vico; e
val quanto dire il nuovo Nazuralismo e il nuovo Spiritualismo; e che se noi
vogliamo ancora e possiamo avere un privilegio, questo è quello di precorrere
ed effettuare un nuovo e più largo indirizzo, una nuova e più ampia soluzione
del problema dello spirito. Ma ciò a un patto; e questo è di non rigettare
tutto quel che si è fatto da un gran pezzo fuori d’Italia o meglio che in
Italia, ma studiarlo, comprenderlo, appropriarcelo; e solo così, entrati in più
largo orizzonte, conosciuto meglio noi medesimi e ritemperata la nostra vita
nella perpetua corrente della vita universale, fare un gran passo innanzi, non
nel vuoto, ma colla piena coscienza delle nostre forze, del nostro cémpito, del
compito comune. “E posto anche, che ci sia stata o ci sia una filosofia propria
italiana, distinta essenzialmente o opposta a quelle delle altre nazioni, quale
è e dove si trova ella mai? Si sa, che di libertà filosofica in Italia ce n'è
stata sempre poca o niente, e chi se l’ha presa, gli è costato assai caro.
Dov'è dunque la filosofia italiana, ne’ libri delle vittime o in quelli de’
persecutori? Il problema più difficile per noi — quello senza la cui soluzione
noi non possiamo fare e progredire davvero — è il riconoscere qual sia e dove
sia il vero pensiero italiano. Finché non si fa ciò — e il farlo non è cosa
così agevole — il gridare nazionalità in ogni cosa servirà bene a eccitare e
intorbidare il sentimento e talvolta anche le passioni, ma non produrrà niente
di serio nella scienza. “La Introduzione è lo sviluppo e la dimostrazione della
intenzione principale della Pro/ustone. L'autore espone il carattere e il
progresso del pensiero italiano nei maggiori nostri filosofi dal secolo XVI
sino al nostro tempo: Campanella, Bruno, Vico, Galluppi, Rosmini, Gioberti; e
dimostra come questo pensiero non solo non si oppone al pensiero europeo, ma
concorda schiettamente con esso; che Campanella e Bruno sono i precursori di
Cartesio e Spinoza (e in parte di Locke e Leibniz); che Vico, esigendo una
nuova Metafisica e fondando la filosofia della storia, anticipa il nuovo
antropologismo, quello che il Gioberti chiama trascendente e identico al vero
ontologismo; che Galluppi, Rosmini e Gioberti rappresentano in Italia questo
nuovo indirizzo; e che Gioberti specialmente non è, come si crede, l’antitesi
di tutta la filosofia moderna, ma differisce dall’ultimo gran filosofo europeo
in tutt'altro che nel vero principio, metodo e risultato della sua filosofia.
“IL Questa breve storia del pensiero italiano, considerato in sé stesso e nella
sua intima connessione col pensiero europeo, è come una naturale introduzione
alla seconda opera di maggior mole: la Filosofia di Gioberti. “Quest'opera è
divisa in cinque parti; la prima delle quali concerne la teorica giobertiana della
conoscenza, e le altre quattro il sistema propriamente detto. “Nella prima
parte l’autore espone gli elementi del conoscere secondo Gioberti: intuito,
riflessione (psicologica e ontologica), parola, sovrintelligenza; e dimostra
come il concetto di questi elementi e della loro relazione (del conoscere)
cangi e si sviluppi nella mente del Gioberti di maniera, che la teorica sembri
una continua contradizione. E pure ciò che pare contradizione non è altro nel
Gioberti, che una determinazione sempre più schietta e profonda del proprio
pensiero. “Secondo l’autore, ci è nel Gioberti davvero una contradizione,
radice di tutte le altre, la quale si manifesta chiaramente nella prima forma
del sistema; e tutto il progresso della speculazione del nostro filosofo consiste
nel risolverla. Così quel che pare contradizione e non è, è appunto la
soluzione della vera contradizione. “Conforme a un tal concetto l’autore espone
nelle tre altre parti questa contradizione, e considera il sistema nella sua
prima forma. L'ultima parte comprende la soluzione più o meno reale della
contradizione, e la seconda forma del sistema. “Tutta questa esposizione — così
della teorica della conoscenza come del sistema — è fatta di maniera, che la
vera e nuova forma della filosofia giobertiana apparisca come il risultato
necessario della critica della prima: come una nuova posizione, che deriva per
una dialettica necessaria dall’antica. Quel che nella storia della filosofia si
vede comunemente solo nella successione de’ filosofi, cioè che l'uno compia
l’altro risolvendo le contradizioni del suo predecessore, qui si vede in uno
stesso filosofo: Gioberti nella seconda forma non fa che compiere e quasi
ricreare sé stesso. Tutta l’opera è corredata di documenti, specialmente dove
l’interpretazione e la critica possono parere arbitrarie e forse troppo lontane
dal modo comunemente ricevuto d’intendere il Gioberti”. 70. Le prime categorie
della logica di Hegel, in “Atti della Accademia di scienze morali e politiche”
di Napoli. È il testo che racchiude il primo — e assai noto — tentativo
spaventiano di interpretazione delle prime categorie della logica hegeliana cfr.,
per gli altri scritti di S. sull'argomento, i nn. 76, 93, 103. Suscitò già
qualche interesse in ambiente hegeliano cfr. n. 1441; doveva essere discusso
più tardi da Gentile come documento della nascita del “nuovo idealismo. Il
saggio, preceduto da una breve introduzione, si divide in tre parti: i)
Esposizione de’ concetti: essere, non essere, divenire, esserci; 2) Obbiezioni
e risposte; 3) Il movimento come primo (Trendelenbnrg). Fu letto all'Accademia
napoletana in tre sedute, il 16 agosto, e il 6 e 30 settembre 1863. Un
riassunto della memoria fu pubblicato nella “Rivista napoletana di politica,
letteratura e scienze”. Lo scritto si può leggere ora nella raccolta gentiliana
degli Scritti filosofici di S. (Opere, Spazio e tempo nella prima forma del
sistema di Gioberti, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia
di scienze morali e politiche” di Napoli. Nella concezione giobertiana dello
spazio e del tempo appaiono manifeste le difficoltà e le contraddizioni della
formula ideale, e, quindi, dell’intero sistema. È questo il tema della “nota”,
letta all'Accademia di Napoli il 7 agosto 1864, e ristampata più tardi negli
Scritti filosofici, (= Opere). La
dottrina della conoscenza di Giordano Bruno, in “Atti dell’Accademia di scienze
morali e politiche” di Napoli. Ristampato dall’a. nei suoi Saggi di critica.
Tema centrale dello scritto è l’analisi del concetto di “mente” in G. Bruno: S.
si propone di mostrare che non è legittimo identificare l’intuito intellettuale
di Bruno con un atto di fede, o con una forma di apprensione nondiscorsiva,
mistica, dell’assoluto. Ma il saggio è noto anche perché contiene una
importante e assai discussa digressione sul tema della separazione dello stato
della chiesa. Il concetto dell’infinità
in Bruno, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori dell’Accademia di scienze
morali e politiche” di Napoli. Sul concetto di infinito in Bruno e Spinoza (e
Hegel). L’avvio al discorso di S. è dato da una osservazione contenuta nella
Storia della filosofia moderna di H. Ritter: in Bruno vi sarebbe confusione di
infinito e indeterminato. Lo scritto di S. risale certamente, nel suo nucleo
originario, al periodo torinese: nel ristamparlo nei Saggi di critica 77, 256-267,
l’a. vi appose la data: “Torino 1853. Napoli 1866”. 74. Il concetto
dell’opposizione e lo spinozismo, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori
dell’Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli, VI (1867), 89- 98. In
Spinoza è già presente l’esigenza di attribuire alla sostanza una negatività
interna, che consenta di superare gravi difficoltà della dottrina (il
parallelismo degli attributi). Questa esigenza è soddisfatta dalla logica
hegeliana, con il concetto di opposizione; il tema è, per l’a., ancora attuale,
e viene riferito alle discussioni sul metodo delle scienze comparate. Il saggio
fu letto all'Accademia napoletana il 7 luglio 1867; lo ha ristampato Gentile
negli Scritti filosofici (Opere). La
Scolastica e Cartesio, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della
Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli. È una nota letta
all'Accademia di Napoli il 18 agosto 1867. L’autore l’ha ripubblicata nei Saggi
di critica, in appendice alla ristampa del saggio Del principio della riforma.,
come “chiarimento” tratto dalle lezioni bolognesi di storia della filosofia (1860-
61), e dalle lezioni napoletane del 1864-65. Principii di filosofia, vol. I,
Napoli L’opera, che si pubblicava a dispense, è rimasta interrotta. Comprende
una prima sezione (La conoscenza) che riassume parzialmente il contenuto della
Feromzenologia (è caduta tutta la parte cosiddetta “storica” del testo
hegeliano), e una seconda sezione (La logica), che riproduce liberamente il
contenuto della Wisserschaft der Logik, fino alla prima parte della logica
dell’essenza (capitolo secondo della prima sezione: la differenza).
L'esposizione della logica hegeliana accoglie i risultati del saggio sulle
Prizze categorie 70, e si appoggia spesso ai manuali più noti, circolanti in
ambiente hegeliano (Kuno Fischer, Karl Rosenkranz ecc.). Nelle “aggiunte” che
S. introduce nel corso dell’esposizione sono frequenti i riferimenti e i
confronti con i filosofi italiani, anche contemporanei. S. aveva esposto, e
continuò ad esporre più volte la Logica di Hegel nei suoi corsi napoletani:
secondo una testimonianza di Maturi, raccolta da Gentile. In base a un
manoscritto affidatogli da Maturi, Gentile poté pubblicare l'esposizione completa
della logica di Hegel fatta dallo S. (Opere). Interessante — e assai nota — la
prefazione dei Principi; nella quale l’a. rifà la storia del proprio cammino, e
ribadisce le ragioni del suo idealismo, in un clima filosofico ormai mutato o
prossimo a mutare radicalmente. 77. Saggi di critica filosofica, politica e
religiosa, vol. I, Napoli. L’a. cominciò a raccogliere e a ristampare i suoi
scritti in questo primo volume di Saggi, rimasto poi unico. Una “seconda
edizione” della raccolta porta la data del 1886; ma anche in questo caso, come
per la Filosofia di Gioberti 69, è mutata solo l’indicazione dell’editore
(Morano, anziché: Stab. tip. Ghio), e quindi il frontespizio. Nel volume sono
ripubblicati Campanella), Bruno, Del principio della riforma, Mamiani) di
questa bibliografia. L’a. ci offre un elenco generale dei saggi che si
proponeva di ristampare nei prossimi volumi. Oltre a quelli già compresi in
questo primo, avrebbero dovuto essere ripubblicati — raggruppati, anch’essi,
sotto diversi titoli — gli scritti che in questa bibliografia compaiono
Roswzini, Kant, Gioberti, Hegel, Socrate, Carattere e sviluppo ecc. Scorse
bibliografiche). Un ultimo gruppo di saggi, sotto il titolo: Polerzica con la
“Civiltà cattolica”, comprende una scelta degli articoli pubblicati nel
Cimento; ma i titoli forniti in questo elenco non corrispondono sempre a quelli
originali. L’elenco dei saggi compilato da S. fornì a Gentile un valido
strumento per rintracciare molti scritti del filosofo, ed un primo criterio
generale per la sua edizione delle opere del maestro 96. La raccolta
spaventiana dei Saggi di critica è stata ristampata con il titolo:
Rinascimento, Riforma, Controriforma. Paolottismo, positivismo, razionalismo,
lettera a Meis, in “Rivista bolognese di scienze e lettere. La “lettera”, che
porta la data: 8 maggio 1868, è una chiara testimonianza dell’ “umanismo” di
S.;} ed è anche un attacco violento rivolto contro certe alleanze strette in
quegli anni tra cattolici e positivisti. Ricca di “sarcasmo heiniano”, come
notò il Gentile, ha conservato gran parte della sua freschezza, ed è uno dei
documenti che più hanno attirato l’attenzione dei critici. È ristampata negli
Scritti filosofici (Opere), con una serie di note che ne chiariscono la genesi
e i numerosi riferimenti. 79. Studi sull’etica hegeliana. L’assoluto, il
relativo e la relavione assoluta, in “Rivista bolognese di scienze e lettere. È
il “proemio” agli Studi sull’etica hegeliana cfr. n. seg., del quale l’a. ha
anticipato qui la pubblicazione. Il proemio ha, del resto, una sua autonomia: è
destinato ai sostenitori del positivismo, per mostrar loro che nell’idealismo
hegeliano sono già accolte, anzi soddisfatte, le esigenze fondamentali della
filosofia positiva. 80. Studi sull’etica hegeliana, in “Atti della Accademia di
scienze morali e politiche” di Napoli. Cfr. n. precedente. Libera esposizione
dell’etica hegeliana, che ripercorre i motivi centrali della Filosofia del
diritto. Occasione esterna dello scritto fu un rilievo di T. Mamiani, il quale
osservò che la filosofia di Hegel comporta la negazione della vita morale.
L’esposizione di S. si apre con un esame dei presupposti metafisici dell’etica;
e contiene, nel suo sviluppo, interessanti riferimenti a questioni attuali
(alle polemiche sulla pena di morte, per esempio, e alle difficoltà interne
alla monarchia costituzionale). Lo scritto è stato ristampato da Gentile nel
1904 (Opere). 81. De’ limiti della cognizione, in “Rendiconto delle tornate e
dei lavori della Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli; e in
“Giornale napoletano di filosofia e lettere”, diretto da S., F. Fiorentino e V.
Imbriani. Nel “Giornale napoletano” alla ristampa, col titolo Su limiti della
cognizione, della nota del 1871 (pp. 43-47) è aggiunta la discussione di
un’opera del Savarese del 1856 (pp. 47-56). L’intero saggio è ristampato negli
Scritti filosofici (Opere). 82. Recensione: La vita di Giordano Bruno, scritta
da D. Berti, Torino Giornale napoletano di filosofia e lettere”, diretto da S.,
F. Fiorentino e V. Imbriani, 1872, vol. I, 1-25. Severa recensione dell’opera
del Berti; ripubblicata da Gentile in Da Socrate a Hegel 98, 65-102 (= Opere,
II, 71-105). 83. Sulle psicopatie in generale, in “Giornale napoletano di
filosofia e lettere”, diretto da S., F. Fiorentino e V. Imbriani. A proposito di una lezione di Salvatore
Tommasi Sulle psicopatie, il cui testo fu pubblicato nel “Morgagni, Napoli. Con
questa serie di articoli S. interviene anche nella polemica nata dalle
osservazioni di Luigi De Crecchio (pubblicate dallo stesso “Morgagni”), alle
quali rispose Tommasi in due lettere che replicano ad altrettanti scritti
polemici del De Crecchio. La lezione Sulle psicopatie e le due risposte si
possono leggere in S. Tommasi, I/ naturalismo moderno, scritti vari a cura di
A. Anile, Bari. La discussione sulla natura delle psicopatie è ripresa da S.
sul piano di un discorso che abbraccia il problema generale del rapporto tra
fatti organici e funzioni psichiche; il filosofo vuoi mostrare che l’idealismo
hegeliano ha già superato le difficoltà “metafisiche” che sembrano rinascere
sul piano della scienza. L’anima si distingue certo dal corpo, non però in
virtù di una distinzione reale, sostanziale, ma come “funzione” e “processo”
psichico, come “senso di sé” irriducibile ad una somma di elementi fisici o
chimici: in questo senso le psicopatie non possono ridursi ad una semplice
alterazione fisica o chimica dell’organismo. Gli articoli di S. sono ristampati
in Da Socrate a Hegel 98, 339-430 (= Opere, II, 321-404). La citata raccolta di
scritti del Tommasi contiene in appendice un saggio di G. Gentile, La filosofia
di Salvatore Tommasi (pp. 273-298), in cui sono accostate la prolusione del
medico-filosofo: Il naturalismo moderno (del 15 novembre 1866), e alcune pagine
dei Principi di filosofia di S4 76: 84. Note sulla metafisica dopo Kant, in
“Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia di scienze morali e
politiche” di Napoli. È una nota che riprende l'argomento già introdotto nel
proemio agli Studi sull’etica begeliana 79, e che fu letta all Accademia
napoletana il 17 ‘agosto 1873; è stata ristampata da Gentile nella raccolta
degli Scritti filosofici 96, 333-338 (= Opere, I, 523-529). 85. La legge del
più forte, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia di scienze
morali e politiche” di Napoli. Saggio breve, ma importante, che discute dal
punto di vista idealistico la dottrina di Darwin. Fu letto all'Accademia
napoletana il 3 settembre 1874; lo ha ristampato Gentile nella raccolta degli
Scritti felosofici 96, 339-352 (= Opere, I, 531-544). 86. Idealismo o realismo?
Nota sulla teoria della conoscenza: Kant, Herbart, Hegel, in “Rendiconto delle
tornate e dei lavori della Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli.
La nota, letta all’Accademia di Napoli il 6 settembre 1874, è stata ristampata
negli Scritti filosofici 96, 353-366 (= Opere, I, 545-559). 86 bis. Una delle
principali difficoltà della Fenomenologia dello spirito, in “Rendiconto delle
tornate e dei lavori della Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli,
XV (1876), 10-14. Riproduce, con lievi modifiche, alcune riflessioni che si
leggono in una lettera al fratello Silvio dell’ottobre 1857 (cfr. Silvio S., .
Gli spaventiani S.ti, in “Fanfulla” Roma, 26 marzo 1876. È uno scritto
satirico, in forma di lettera, documento della polemica nata dalle critiche di
F. Acri allo scritto di F. Fiorentino: Considerazioni sul movimento della
filosofia in Italia dopo l’ultima rivoluzione del 1860 (1874). La lettera si
può leggere in F. Fiorentino, La filosofia contemporanea in Italia 158, 467-471.
88. Kant e l’empirismo, in “Atti della Accademia di scienze morali e politiche”
di Napoli. È un ampio studio (ristampato da Gentile negli Scritti filosofici 96,
= Opere, nel quale si intrecciano motivi tratti da antiche riflessioni,
rinnovate a contatto o in polemica con gli sviluppi del “nuovo” empirismo, nato
in Germania come revisione o come critica radicale dei risultati della
filosofia di Kant. Il saggio anticipa una serie di argomentazioni e di
conclusioni che saranno elaborate in un manoscritto del 1881, edito nel 1915
dal Gentile con il titolo: Introduzione alla critica della psicologia empirica.
Osservavi ioni del socio S. sulla interpretazione letta dal socio Bonghi di un
luogo di Platone (Repubblica, X, 611a), in “Atti della Accademia di scienze
morali e politiche” di Napoli, XVI (1881), 7. Le Osservazioni sono ristampate
in Scritti filosofici 96, 367-376 (= Opere, I, 561-569). Nella ristampa,
Gentile fornisce chiarimenti sulla discussione sorta attorno alla memoria del
Bonghi: Una prova dell'immortalità dell'anima nella “Repubblica” di Platone
(pubblicata nello stesso volume degli “Atti”). 90. La sintesi a priori e il
nesso causale, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia di
scienze morali e politiche” di Napoli, XXI (luglio-agosto 1882), 14-16; e in
“Giornale napoletano della domenica”, I, n. 18, 30 aprile 1882. È il sunto di
una memoria letta all’Accademia di Napoli il 2 aprile 1882. È ristampato negli
Scritti filosofici 96, 379-382 (= Opere, L 573-576); nel pubblicarlo, Gentile
osserva che il sunto anticipa in forma contratta gli argomenti sviluppati nel
secondo capitolo di Esperienza e metafisica 94, sicché la memoria intera si
identifica con quel capitolo dell’opera di S. pubblicata postuma, nel 1888. 91.
Un luogo di Galilei, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia
di scienze morali e politiche” di Napoli, XXI (luglio-agosto 1882), 5-8. Sunto
di una memoria letta all’ Accademia napoletana il 3 luglio 1882; è ristampato
in Scritti filosofici (Opere). Cfr. le notizie date da Gentile intorno a questo
breve scritto: il luogo di Galilei riguarda il rapporto tra intelletto divino e
intelletto umano, ed è tratto dalla Giornata prima, in fine, dei Dialoghi sui
massimi sistemi; il sunto (e quindi la memoria) ha una evidente relazione con
il capitolo XII di Esperienza e metafisica 94. 92. Un fatto logico e un
problema metafisico, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori della Accademia
di scienze morali e politiche” di Napoli, XXI (settembre 1882), 3-10. La logica
formale ci insegna che da ogni determinazione del pensiero è possibile derivare
sempre una nuova (anche solo formalmente) determinazione; ma è incapace di
attingere il principio di questa “generazione”, di cogliere quella
“produttività più alta e originaria” che sembra identificarsi con la
“produttività del pensiero in generale”: così conclude S. questa nota letta
all’ Accademia di Napoli il 4 settembre 1882, e ristampata poi dal Gentile
negli Scritti filosofici 96, (Opere). Esame di un’obbieione di Teichmiiller
alla dialettica di Hegel, in “Atti della Accademia di scienze morali e
politiche” di Napoli. Questa memoria apparve negli Atti dell’Accademia
napoletana dopo la morte di S., ma era già uscita in estratto — riferisce
Gentile, ristampandola negli Scritti filosofici (Opere) — l’anno stesso della
scomparsa del filosofo; il quale ne aveva letto un sunto il io dicembre 1882,
che fu pubblicato nel “Rendiconto delle tornate e dei lavori dell’Accademia di
scienze morali e politiche” di Napoli, XXI (novembre- dicembre 1882), 23-24. La
memoria riprende il problema della interpretazione della logica hegeliana, già
impostato nel saggio sulle Prize categorie, ampliandone e in parte rinnovandone
la discussione sotto lo stimolo delle riflessioni, maturate negli ultimi anni,
sui progressi delle scienze naturali e della nuova psicologia. L’obbiezione
alla dialettica di Hegel, a cui S. si riferisce, è nello scritto Die wirkliche
und scheinbare Welt, 1882, dell’herbartiano G. Teichmiller; il quale ricorda lo
scritto e la figura dello S. nella sua Religronsphilosophie. SAGGO PUBBLICATI
DALLA SCUOLA. Esperienza e metafisica. Dottrina della cognizione, Torino. Importante
lavoro, pubblicato postumo a cura di Jaja, il quale rende conto dei criteri
adottati per l'edizione nella prefazione indirizzata a Silvio S.. Jaja accenna
agli ultimi studi di S., che, a partire dal 1870, si interessò esclusivamente
della nuova filosofia dell’esperienza (p. VII), e vide e volle mettere in
chiaro il concetto di una “nuova” metafisica, che non è quella avversata dai
positivisti. Su questa idea e sul problema della nuova metafisica Jaja
ritornerà, con un riferimento diretto a S., nella sua prefazione agli Scritti
filosofici 96 curati da Gentile. Il manoscritto di Esperienza e metafisica fu
elaborato da S. tra il 29 novembre 1881 e i primi di dicembre del 1882;
rifluiscono in esso alcuni brevi scritti dati alle stampe in precedenza cfr.
nn. 90, 91. Nel volume è ristampato, in appendice, l’abbozzo di un saggio su
Protagora del giugno- luglio 1880, che ha una evidente relazione, per la data
della composizione e per il contenuto, con il frammento sulla dialettica
hegeliana edito da Gentile. L’introduzione dell’a. all'opera, per la quale
sembra avesse scelto egli stesso il titolo con il quale fu poi pubblicata, è un
interessante bilancio della storia della filosofia negli ultimi vent'anni. La
domanda, che presenta in forma semplificata il problema implicito in tutte le
discussioni e in tutte le polemiche più recenti, riguarda la possibilità di una
metafisica, dopo la critica kantiana. Il tema è trattato da S. attraverso una
serie di riferimenti a Kant, in primo luogo, poi alla Ferorzenologia e ai problemi
della logica hegeliana, a Darwin, a Spencer, a Stuart Mill, e, in generale,
alle correnti e alle dottrine che confluiscono nel cosiddetto positivismo; il
lavoro appare interrotto in quelle pagine nelle quali l’a. riprende il tema già
abbozzato in Ur luogo di Galilei. Una legione di S. pubblicata da Maturi, Napoli. Sul rapporto tra
scienza (= scienze particolari) e filosofia (“quella sola che realizza
l’umanità del sapere”). La lezione non è stata mal ristampata. SAGGI EDITI DA
GENTILE. Scritti filosofici, raccolti e pubblicati con note e con un Discorso
sulla vita e sulle opere dell'autore da Giovanni Gentile e preceduti da una
prefazione di Donato Jaja, Napoli. Nella raccolta sono ristampati (= Opere) gli
scritti di S. ordinati in questa bibliografia.La breve prefazione di Jaja (pp.
VII-XVII) condensa in poche pagine una decisa — e chiara, nella sua tematica
semplificata — interpretazione della filosofia di S., interpretazione che
costituìù per lo stesso Jaja un presupposto del proprio pensiero, e che era
destinata a passare nella rielaborazione attualistica della problematica
spaventiana. Il punto di partenza della nuova filosofia è nell’idealismo
kantiano (preparato da Vico: secondo la “scoperta” di S.); è, chiarisce Jaja,
nel tentativo di “spiegazione o intellezione, prima che degli avvenimenti che
la storia registra, del grande, unico, perenne e perpetuo avvenimento, che è
l’atto stesso dell’intellezione, l’atto del conoscere, il conoscere. Questa è
l’eredità, questo il problema dell’idealismo “nuovo” (o post-kantiano o
assoluto). La filosofia si riduce all’analisi della “potenza conoscitiva”;
analisi iniziata da Kant, completata, nelle linee essenziali, da Hegel, ma
“aperta sempre al pensiero speculativo”, giacché “per la difficoltà sua e per
la nuova soluzione che prepara a tutti i problemi della vita, deve essere un
farsi e rifarsi perenne nella umana coscienza”. Conclude Jaja: “Se analisi è
luce, non poca è la luce di cui si ha bisogno, perché la potenza conoscitiva,
così varia e complessa nei suoi elementi e nella costituzione sua, e nondimeno
una sempre e identica a se stessa in tutti i periodi di sua storica esistenza,
in tutta la sua sterminata esistenza, passi dallo stato iniziale dell’esser suo
al suo stadio finale, non sopprimendo alcuno dei suoi interni stimoli, ma dando
a tutti una più ordinata e sana e compiuta soddisfazione. Di quest’analisi
splendono gli scritti, che in questo volume si ripubblicano, di S., e tutti gli
altri suoi”. Il “discorso” di Gentile Della vita e degli scritti di S.
(ristampato con integrazioni e modifiche nel 1924, cfr. 204), che si conclude
con la prima bibliografia delle opere del filosofo, è diviso in sette
paragrafi. Il primo raccoglie le notizie intorno agli studi e alle vicende di
S. fino al 1850; va notato l’accenno all’influsso esercitato da O. Colecchi, il
rilievo dato alla figura di S. Cusani (e alla sua “retta” interpretazione del
concetto kantiano di categoria), infine l’assunzione delle idee espresse da
Silvio S. sul “Nazionale” (“un giornale... politico filosofico arieggiante in
qualche modo quelli della sinistra hegeliana tedesca) come documento delle
prime convinzioni etico-politiche di S. Il secondo paragrafo (pp. XXXV sgg.)
tratta degli esordi di S. scrittore a Torino (Studi sopra la filosofia di Hegel,
primi lavori su Bruno, ecc.), con qualche riser va sul carattere “tra
l’enfatico e il declamatorio” di questi scritti. Agli articoli contro la
“Civiltà cattolica” è dedicato il terzo paragrafo: fornisce le notizie
essenziali intorno alla polemica, e ai periodici “Il Cimento” e “Il Piemonte”,
che l’ospitarono; e qualche indicazione sulle rassegne e sulle recensioni
apparse sul “Cimento” e sulla “Rivista contemporanea”, nel decennio torinese di
S. G. sottolinea il pregio anche letterario degli scritti polemici di S., nei
quali l’a., “ingegno satirico”, Si serve con bravura dell’ “ironia”: un’ironia
che coincide con la stessa “ironia della storia”, che veniva “ineluttabilmente
trionfando degli antichi pregiudizi e interessi” della “vecchia reazione”
contrapposta alle “nuove libertà. Il quarto paragrafo, il più ampio di tutti
(pp. LV-XC), è dedicato alla teoria della “circolazione del pensiero italiano”:
che è — giudica ora G. — “il maggior titolo” di S. storico e filosofo, un’
“intuizione geniale”, “che è, ripeto, la parte più originale dell’opera sua. G.
distingue due parti o momenti nella costruzione della teoria, analizzandone
minutamente l’elaborazione: gli studi sul Rinascimento (Bruno, Campanella, e il
loro rapporto con Cartesio e Spinoza), poi quelli su Galluppi, Rosmini e
Gioberti (con particolare attenzione al volume del 1863) e la posizione del
rapporto Vico-Kant (che, malgrado Jacobi, non ha veri precedenti, e resta una
“scoperta” autentica di S.). G. ricorda le vicende relative alla chiamata di S.
a Napoli, introduce una rapida, netta caratterizzazione dell'ambiente
napoletano (sono rimaste le pagine su “il tipo del giobertiano di Napoli”: XCIII
sgg.), riassume la polemica con L. Palmieri sulla “nazionalità” della
filosofia. Passa quindi a trattare dei corsi di S. e dei suoi studi hegeliani,
in primo luogo della memoria su Le prize categorie “dove si agita e risolve in
maniera originale il problema fondamentale della dialettica hegeliana, che è
pure il problema fondamentale di tutta la filosofia di Hegel. Lo studio di S.,
qui riassunto, è giudicato “assai rilevante”; G. ne richiama i precedenti (K.
Werder, K. Fischer), lamentandosi — con Labriola — della scarsa attenzione che
questi lavori hanno destato fuori d’Italia. Si occupa poi dei Prizcipi di
filosofia e degli Studi sull’etica hegeliana, battendo sul carattere non
dommatico dell’idealismo di S. (“non si chiuse mai in quell’astratto idealismo,
che non cura né pregia il sapere sperimentale”, p. CVII), ricordando
l'affermazione — contenuta nei Principi — del carattere pratico del sapere (“la
chiave d’oro della nuova gnoseologia dopo Kant”, già individuata da Marx, e
ancora da sviluppare convenientemente, p. CVIII sg.), e riferendo estesamente
le discussioni sulla pena di morte e la posizione assunta da S., diversa da
quella del Vera (distinto da S., secondo uno schema ormai corrente, come
campione dell’ “ortodossia”). Ricorda, G., il corso di antropologia del
1863-64, e conclude: “Di tal fatta erano tutti i suoi corsi. L’anima
ispiratrice era sempre l’hegelismo; ma la sentenza hegeliana riceveva il
conforto della storia ed era posta a cimento con le più recenti dottrine;
infine raffrontata sempre a quelle dei nostri filosofi e come italianizzata e
fatta nostra” (p. CXIII). Con le notizie intorno alla fondazione del “Giornale
napoletano di filosofia e lettere” e alla lotta contro il “paolottismo”
fiorentino si apre il sesto paragrafo; che discute ampiamente lo scritto sulle
psicopatie, l’interpretazione del darwinismo (“e anche in questa accettazione
del trasformismo naturale il Nostro opponevasi agli insegnamenti di Hegel”),
infine Esperienza e metafisica (con i testi connessi), analizzando la tematica
della “nuova metafisica” (il concetto di apriori, del trascendentale, ecc.;
interessante la saldatura tra questi studi e il saggio sulle Prizze categorie:
“Questa sintesi i.e. la sintesi apriori “presupposta” da Kant da Hegel è
rintracciata nella sua prima origine, nella forma più astratta, indeterminata:
nel concetto del divenire dell'essere che è non essere, in quanto è pensiero,
come l’autore aveva dimostrato nella memoria sulle Prizze categorie”). Un paragrafo
tratta dello scritto contro Teichmuller sulla dialettica hegeliana, e si chiude
con un “ritratto” del filosofo (G. si richiama anche alla commemorazione di
Fiorentino: cfr. n. 163) e con una dedica “ai giovani” del volume: che imposta
«i problemi fondamentali del pensiero moderno” e offre un sicuro orientamento
per il futuro sviluppo degli studi filosofici, riassumendo l’opera di S. “le
nostre tradizioni genuine, donde bisogna trarre gli auspici”. Dopo la
bibliografia degli scritti di S. — che G. ripresenterà, corretta anch’essa e
accresciuta, nella monografia del 1924: cfr. n. 204 — il curatore introduce una
breve nota per chiarire i criteri della raccolta, tracciando anche il piano dei
prossimi volumi. Gl Scritti filosofici raccolgono per ora i saggi più rilevanti,
e “originali”, dell’a., dispersi in atti accademici e riviste non facilmente
reperibili. L’elenco dei saggi spaventiani, introdotto dal filosofo nella
raccolta del 1867 cfr. n. 77 costituì per G., oltre che una guida per la
ricerca, un criterio di scelta (G. rispetta l’esclusione dalla ristampa degli
Studi sopra la filosofia di Hegel, e dei Frammenti del 1852); e un criterio,
infine, per l'ordinamento degli scritti. 97. Principi di etica, Napoli. Ristampa
degli Studi sull’etica hegeliana (80 = Opere, I, 595 sgg.). Alle 173-181, G.
inserisce due brani tolti dai Principi di filosofia: dalle 94-97 (Concetto
della filosofia. Relazione della filosofia con l’esperienza) (Il processo
dell’autocoscienza riconoscitiva). Nella prefazione (ristampata in G. Gentile,
Saggi critici, serie prima, Napoli), dopo aver difeso lo stile e il linguaggio
filosofico di S., G. si sofferma su due punti di qualche importanza; il
rapporto tra diritto e moralità in Hegel (e in S.), il concetto e la
collocazione del “sopramondo” (arte, religione, filosofia) nel sistema.
Particolarmente interessante l’intervento sulla prima questione: la precedenza
— ideale — del diritto (del diritto “astratto”, che non va confuso col diritto
positivo, col diritto come legge) rispetto alla morale, come suo elemento
costitutivo, non autorizza l’identificazione della dottrina hegeliana con
quella “associazionistica”, che fa del sentimento del dovere un semplice
effetto della sanzione. La discussione di questo punto consente a G. di toccare
la questione dello “stato etico”, e di respingere l’interpretazione secondo la
quale Hegel fa dipendere la morale dallo stato. È lo stato, anzi, che si fonda
sulla morale; “né può dirsi, che Hegel torni col suo ideale dello stato al
concetto pagano, per cui l’uomo esisteva per lo stato, e non lo stato per
l’uomo... perché uomo e stato sono unu et idem” (Opere). G. risponde così,
senza nominare l’autore, a un rilievo di F. Masci (“Kant aveva considerato lo
stato come mezzo, Hegel lo concepì come fine. Retrocesse così fino al concetto
pagano, che l’uomo esiste per lo stato, non lo stato per l’uomo...”: La libertà
nel diritto e nella storia secondo Kant e Hegel, Napoli). Da Socrate a Hegel,
nuovi saggi di critica filosofica, Bari. Ristampa (cfr. ora Opere, II, 1-104)
degli scritti ordinati in questa bibliografia. La prefazione di G. (ripubblicata in G.G.,
Saggi critici, serie prima, Napoli 1921, 167-175) spiega, in primo luogo, il
sottotitolo (“nuovi saggi”): la raccolta viene presentata come “compimento” del
“disegno dell’autore”, parzialmente realizzato con i Saggi del 1867 77. Un
volume a sé costituiranno gli articoli ristampati poi sotto il titolo La
politica dei gesuiti 101; altri scritti (le False accuse contro l’hegelismo,
11) non sono stati ancora rintracciati dal curatore; G. dà notizia, infine,
della scoperta dello studio Sulla quantità I. Non era prevista da S. la
ristampa de La filosofia neocristiana e il razionalismo in Alemagna, ma il
curatore ha voluto includere l’articolo, per il suo pregio intrinseco, e per la
diffusione che ebbe in Italia la filosofia del diritto di J. Stahl, criticata
qui da S. Concludono la prefazione alcune osservazioni sulla “forma
clandestina” che ebbe l’attività letteraria del filosofo, e l'invito a
riannodare, attraverso S., il “filo prezioso” della tradizione filosofica
italiana; degna di rilievo la proposta — già introdotta, in forma diversa, nel
Discorso — di un parallelo S. — De
Sanctis: “quello che furono per la letteratura i Saggi critici del De Sanctis,
furono per la filosofia i Saggi di critica dello S.” (p. XIV = Opere, II, p.
8). Tra le recensioni, va ricordata quella, positiva, di M. Losacco (Pagine
sparse di S., “Fanfulla della domenica”, 20 maggio 1906; poi in M. L.,
Educazione e pensiero, Pistoia 1911, 195-201), che sottolinea l’importanza
degli articoli sulle psicopatie (de La frlosofia neocristiana e il razionalismo
inAlemagna e di altri scritti spaventiani dedicati a Schelling discorre M.
Losacco nella rassegna: La filosofia dello Schelling in Italia, in “La cultura
contemporanea, Roma. Una stroncatura di Giuliano il Sofista = Giuseppe
Prezzolini, in “Leonardo”, III (1905), ottobre-dicembre, 204-209, denuncia il
“profondo e fondamentale misticismo, accompagnato da forme teologiche e da
espressioni religiose”, della dottrina di Hegel e di S.. La filosofia italiana
nelle sue relazioni con la filosofia europea, nuova edizione con note e
appendice di documenti, Bari 1908, XXII-307; terza edizione, Bari 1926, XXIII-307.
Ristampa, con il titolo cambiato dal curatore “in quello più determinato che
era suggerito dallo stesso argomento del libro”, della Prolusione e
introduzione del 1861-62 (68 = Opere, II, 405-719); con l’aggiunta, in
appendice, delle lettere (anch’esse del 1861-62) tratte dal carteggio tra
Silvio e S., e già pubblicate da G. nel 1901 127. La prefazione di G.
(ristampata con il titolo La filosofia italiana e B.S. in G. G., Saggi critici,
serie seconda, Firenze 1927, 197-208) è particolarmente importante, per due
motivi. Primo, perché G. ribadisce la continuità tra il programma spaventiano
del1862 e il compito attuale della filosofia (sua giustificazione come “sapere
assoluto”). La ricostruzione dei momenti attraverso i quali S. conquistò per
sé, in queste lezioni, l’unità del punto di vista storico e del punto di vista
scientifico (“il libro pare una polemica, ed è una ricerca; pare una mera
storia, ed è una fenomenologia dello spirito, cioè vera e propria filosofia”) introduce
G. alla discussione (allargata attraverso un rinvio esplicito allo scritto del
1907 I/ circolo della filosofia e della storia della filosofia) del secondo
punto: identità di filosofia e storia della filosofia (grande storico è chi
realizza, come S., la legge dell’identità di filosofia e storia della
filosofia), identità e distinzione di storia delle idee e storia biografica, di
storia delle idee e storia della civiltà. Se una riserva si può avanzare contro
questa “storia” di S., essa riguarda la denuncia della responsabilità della
chiesa cattolica, che avrebbe impedito il libero sviluppo del pensiero italiano
del Rinascimento, e determinato il “vuoto” tra Campanella e Vico, tra Vico e
Galluppi. Ma la prospettiva storiografica di S. resta, agli occhi di G., salda
e valida tuttora. L’edizione del 1926 si avvale di un accurato raffronto con il
testo del 1862 e scioglie e rende espliciti molti riferimenti di S. ai filosofi
del Rinascimento. Tra le edizioni scolastiche della Filosofia italiana, va ricordata,
in primo luogo, quella curata dallo stesso Gentile per la casa editrice
Sansoni, Firenze 1937; poi un'edizione a cura di G. Tarozzi, Torino 1937; una a
cura di E. Vigorita, Napoli 1938; una a cura di G. Ponzano, Padova 1941; e
quella più recente curata da B. Widmar, Roma 1955. 100. Due frammenti di uno
scritto inedito di B. S. contro il positivismo (I. La relatività della
conoscenza secondo E. Littré; II. La smaterializzazione del cervello), in “La
Critica.. Si tratta di due frammenti dell’Introduzione alla critica della
psicologia empirica, pubblicata per intero nel 1915 105. La politica dei
gesuiti nel secolo XVI e nel XIX. Polemica con la “Civiltà cattolica”
(1814-T1), Milano- Roma-Napoli 1911, XXXIV-312. Sono ripubblicati qui,
nell’ordine, gli articoli e le recensioni contrassegnate in questa bibliografia
(ctr. Opere, II, 721-1020). Molto
importante la prefazione (si può leggere anche in G. G,, Saggi critici, serie
seconda, Firenze 1927, 173- 196, dov'è ristampata con il titolo Gt scritti
politici di B. S.) anche come documento della presa di posizione di Gentile, in
questi anni, sulla questione dei rapporti tra lo stato e la chiesa. La
prefazione si può dividere in due parti. La prima contiene una analisi delle
opposte ragioni che si scontrano nelle polemiche sulla separazione della chiesa
dallo stato, in Piemonte, nel decennio di preparazione. Sono due logiche che si
oppongono; quella dei gesuiti, più stringente, ma 2456 formale (la logica
“della morte”), e quella della politica di Cavour, la logica “della vita”, una
logica forse “zoppicante”, ma conforme alla realtà, che “non è così
impeccabilmente logica, come la vorrebbe la logica dei gesuiti; e si contenta,
anzi vive di contraddizioni che è atta essa stessa a risolvere” (p. XI = Opere,
II, p. 727). La vera religione dello Statuto era quella consentita dalla
eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la religione dello stato “che
non riconosce se non se stesso, e nel cittadino non vuole se non il cittadino:
la religione immanente al luogo della cattolica apostolica romana” (Opere).
Nella seconda parte, G. chiarisce le occasioni delle polemiche di S.,
ricostruisce il programma del “Cimento”, traccia un profilo dei suoi
collaboratori, e riconosce a S. un gran merito: “B. S. con la sua filosofia
diede alla politica cavouriana la coscienza della logica che vi era immanente:
che non era propriamente la logica della separazione della chiesa dallo stato,
ma della negazione (e conservazione) della chiesa nello stato” (pp. XXIX sg. =
Opere). La fede nella immanenza del divino in tutte le forme della vita, e
quindi nello stato, in quanto tale, consentì a S. di muovere, fin dal 1854-55,
“in soccorso della politica emancipatrice dello stato”; la lotta non ebbe
allora pieno successo, ma dagli scritti di S. è possibile trarre ancora serie
indicazioni. “E poiché la lotta non è terminata e c’è sempre una chiesa, in
Italia, contro lo stato, e questo ha sempre bisogno di acquistare la coscienza
distinta della propria laicità, che è la infinità stessa, di cui parlava S.,
quel che la sua opera politica non ottenne nel decennio, l’otterrà senza
dubbio, senza fretta, lungo il cammino della nostra democrazia nella libertà”
(Opere). Da La politica dei gesuiti edita da Gentile dipendono due edizioni più
recenti di questi articoli di S.: la scelta a cura di 2457 F. Fergnani (B. S.,
Polemiche coi gesuiti, Milano), e quella curata da F. Alderisio (B. S., Lo
stato moderno e la libertà di insegnamento, Firenze). Agli studi di S. sulle
dottrine dei gesuiti, anticipatori, nel secolo XVI, di Rousseau e della
sovranità popolare, si riferisce in più luoghi G. Saitta, La scolastica del
secolo XVI e la politica dei gesuiti, Torino 1911, XI-311, soprattutto nella
seconda parte (pp. 113 sgg.), in cui sono esaminate le dottrine di Suàrez,
Bellarmino, Mariana. Va segnalato infine un articolo pubblicato sull’ “Avvenire
d’Italia” (I/ domina dell’immacolata e B.S.) che contiene un aspro attacco
contro il filosofo (ma anche grossolani errori a proposito del testo
spaventiano; cfr. La leggenda dell’idealismo, “Giornale critico della filosofia
italiana”, XVI, 1935, 426 sg... 102. Logica e metafisica, nuova edizione con
l’aggiunta di parti inedite, Bari 1911, XI-456. Ristampa dei Principi di
filosofia (76 = Opere) con l’aggiunta dell’ultima parte, rimasta fin qui
inedita. Maturi — che ebbe modo di ascoltare più volte, tra il 1862 e il 1869,
il corso di logica di S. — fornì a G. una copia dell'intero testo spaventiano.
“Così abbiamo finalmente in Italia una esposizione completa di questa logica, e
una esposizione magistrale, che viene incontro al bisogno sempre più vivo e
sempre più largamente sentito, di essere guidati a penetrare nel segreto
processo di questa nuova intuizione del mondo (ancora da conquistare nella sua
integrità), che è risoluzione assoluta della natura nello spirito, della realtà
nella sua coscienza, dell'esperienza nella logica pura” (p. X = Opere, III, p.
6). 2458 Gentile ha curato anche una edizione scolastica di Logsca e
metafisica, Firenze 1933; un’altra edizione per le scuole è quella a cura di E.
Vigorita, Torino 1940. 103. Frammento inedito, in G. GENTILE, La riforma della
dialettica begeliana, Messina; ora in G. G., Opere, a cura della Fondazione
Giovanni Gentile per gli studi filosofici. Il frammento, come ha stabilito
Gentile, risale al 1880- 1881. Riprende, e conclude — anche attraverso
riferimenti polemici alla Logigue de Hegel di A. Vera — la discussione sulle
Prizze categorie, del 1863-64 70, correggendo la prima interpretazione o
“riforma” della dialettica hegeliana (“prima non appariva bene che il pensare
è, per dir così, l’essere stesso dell’essere; appariva quasi come una funzione
meramente soggettiva”, Opere) e richiamando nel discorso altri studi (più
recenti, come lo scritto sulle psicopatie 83, 52 sg., e La legge del più forte 85,
p. 53; ma anche l’analisi della distinzione giobertiana di riflessione
psicologica e riflessione ontologica, 54 sgg). Il testo spaventiano (ora in
Opere, III, 431-462) è stato pubblicato da G. in appendice al primo scritto (La
riforma della dialettica hegeliana e B. S., con appendice; porta la data: 1912)
della raccolta, che da quel famoso studio prese il titolo generale; e viene
presentato come il documento che giustifica lo schema di derivazione: Hegel- S.-Gentile.
Il frammento presenta una impostazione del problema della dialettica hegeliana
molto prossima alla soluzione attualistica (anche nella espressione verbale:
“In altri termini, lo spettatore è anco attore. O, come dice Hegel in generale:
la categoria non è soltanto essenza o semplice unità dell'ente, ma è tale unità
solo in quanto è attualità 2459 mentale. E attualità vuoi dire atto: l’essere è
essenzialmente atto del pensare”, 47 sg.; cfr. 55, 60 sg.); nei paragrafi
settimo e ottavo del suo studio, G. ripercorre l’intero sviluppo della
riflessione di S. sull’argomento, dallo scritto del 1863-64 (dove la soluzione
del filosofo sarebbe identica a quella di Fischer) alla risposta a Teichmiiller
93, e, finalmente, a questo inedito che, pur vicino all’attualismo, è gravato
ancora da oscurità (cfr. p. 39: “Ebbe lo S. consapevolezza della portata di
questa sua scoperta? L’oscurità stessa della sua esposizione fa pensare di
no...”). 104. La materia della sensazione, Palermo. È un breve frammento
dell’Introdugione 4/la critica della psicologia empirica 105, pubblicato in un
opuscolo nuziale. 105. Introduzione alla critica della psicologia empirica,
estratto dagli “Annali delle Università toscane”, Pisa. È il testo - completo —
di un manoscritto che, secondo G., fu composto da S. nell’estate del 1881: come
primo abbozzo di Esperienza e metafisica 94, e come sviluppo delle indagini già
avviate nella memoria Kant e l’empirismo 88. Gentile ne aveva già pubblicati
alcuni frammenti nel 1909-10 100 e nel 1913 104. Interessante il giudizio di G.
su questa — pur non completamente svolta — critica dell’empirismo; nella quale
è documentabile l'accostamento dell’a. “alla concezione del formalismo
assoluto, ossia dell’impossibilità di postulare una materia fuori dell’atto o
forma del conoscere” e quindi l'intenzione sua di “risolvere... la matura,
l’antico presupposto dello spirito, nell’atto spirituale... Così gli 2460
ultimi capitoli di questi frammenti cessano evidentemente di essere una
polemica, e mostrano come per necessità la psicologia empirica, attraverso la
teoria della conoscenza, vada a finire nella metafisica dell'anima come atto” (cfr.
ora Opere, e, per il luogo cit. della presentazione di Gentile, p. 469). 106.
L’anima e l'organismo, in “Giornale critico della filosofia italiana.. È il
testo delle prime lezioni di un corso di antropologia, tenuto da S. nell’anno
1863-64. Per l’esposizione
dell’antropologia hegeliana — riferisce Gentile — S. teneva conto anche di
sviluppi posteriori della dottrina; in particolare della Psychologie
dell’hegeliano J. Schaller. Cfr. n. 115 e v. Opere. False accuse contro
l’begelismo, in “La Critica. Ristampa dei due articoli ordinati in questa
bibliografia con il n. 11. Nella breve introduzione, Gentile pubblica anche una
lettera di S. a Eugenio Camerini, dell’11 febbraio 1860; lettera che ha
consentito di rintracciare questi articoli nel quotidiano torinese “Il
Progresso”, ora Opere. La libertà d'insegnamento. Una polemica di settant'anni
fa, Firenze 1920, 187. Alle 41-131 sono ristampati (e in Opere) gli articoli
ordinati in questa bibliografia con il n. lo. Nell’appendice, 135-138, si può
leggere l’articolo già 2461 indicato qui con il n. 9; altri documenti della
polemica, in gran parte articoli di Domenico Berti, apparsi sui giornali “La
Croce di Savoia” e “Il Risorgimento”, sono ristampati alle 139 sgg. I documenti
essenziali che servono a ricostruire le polemiche sulla libertà di insegnamento
in Italia, dal 1840 fino a questi interventi di S., sono raccolti e illustrati
nell'ampia prefazione di Gentile (pp. 7-40 = Opere, III,, il quale dà anche
importanti notizie sul programma e sui col-laboratori del giornale torinese “Il
Progresso”. Una edizione più recente dei tredici articoli sulla libertà di
insegnamento ha curato nel 1962 F. Alderisio 272. 109. Pensieri
sull’insegnamento della filosofia e lettere inedite, in “Giornale critico della
filosofia italiana”, VI (1925), 91-105. Ristampa (pp. 91-99) dell’articolo
ordinato in questa bibliografia col n. 2. Seguono (pp. 99 sgg.) sei lettere o
frammenti di lettere di S. a De Meis (cfr. n. 126 e Opere, III, 831-855). D. SAGGI
PUBBLICATI DA ALTRI AUTORI Una prolusione inedita di S. a un corso di diritto
pubblico, a cura di A. Guzzo, in “Giornale critico della filosofia italiana”, V
(1924), 280-296. È il testo della prolusione di Modena del 25 novembre 1859.
Alle 293-296 è riprodotto uno schema delle lezioni modenesi, tratto da un altro
manoscritto di S. Cfr. n. 122, 2462 111. Lezioni inedite di B. S., a cura di A.
Guzzo, in “Giornale critico della filosofia italiana”, VI (19295), 198-222,
291-295, 360-369. Il primo gruppo di questi inediti è costituito dagli appunti
— di mano “di uno o più scolari modenesi” — relativi a cinque lezioni sulla
filosofia greca dettate da S. per la parte storica del suo corso del 1859-60
(v. lo schema pubblicato da Guzzo nel 1924: cfr. n. precedente). Il secondo
gruppo (pp. 360-369) raccoglie gli abbozzi, di mano dello S., di tre lezioni
tenute nell'università di Bologna il 10 maggio e il 16 dicembre 1860, e 11
marzo 1861. 112. Rinascimento, Riforma, Controriforma e altri saggi critici,
Venezia 1928, 363. Ristampa dei Saggi di critica del 1867 77 nella collana
“Storici antichi e moderni” della Nuova Italia} con l’aggiunta di un indice dei
nomi. 113. Uno scritto inedito di S. sul problema della cognizione e in
generale dello spirito (1858), a cur. ALDERISIO, in “Rendiconti dell’Accademia
dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche”, serie VI, vol.
IX, fasc. 7-10, luglio- ottobre 1933, 564-667. . Alderisio descrive e commenta
(pp. 564-583) l'importante inedito da lui scoperto in una delle buste dei
manoscritti di S. conservati presso la Biblioteca Nazionale di Napoli,
identificandolo con l’abbozzo in “parentesi” scritto 2463 tra il gennaio e il
marzo del 1858, di cui S. dà notizia al fratello Silvio in una lettera dell’8
febbraio dello stesso anno (cfr. S. S., Dal 1848 al 1861 125, 19232, 248 sgg.).
Una più recente edizione dell’inedito a cura dello stesso Alderisio è: B.S.,
Sul problema della cognizione e in generale dello spirito, Torino 1958, XLIII-156
cfr. n. 266. 114. Rime satiriche di B. S. sul connubio Sella- Nicotera, in
“Rinascita”, XI (1954), p. 32. Queste “rime” sono conservate nel fondo S. della
Società napoletana di storia patria. 115. E. GARIN, Felice Tocco alla scuola di
S., in “Giornale critico della filosofia italiana”, XXXIV (1955), 489-495. Si
tratta di alcuni estratti di F. Tocco, relativi a lezioni sulla filosofia della
natura di Hegel, tenute da S. nel 1863 (i primi appunti sono del 1° gennaio).
E. Garin, nel pubblicare questi estratti da lui scoperti, discute anche dei
rapporti di Tocco con il maestro. Gli estratti sono stati poi ripubblicati in
E. Garin, La cultura italiana tra ‘800 e ‘900, Bari 1962, 67-76. Cfr. anche n.
106. . Un “pamphlet” antidemocratico inedito di S. (1880), a cura di P. C.
MASINI, in “Rivista storica del socialismo”, II (1959), 304-326. Alle 316-326 è
riprodotto — con l’aggiunta di note 2464 esplicative — il testo di un pamphlet
scritto da S. nell’agosto 1880 contro Pietro Siciliani; è intitolato: Le
conferenze pedagogiche a Firenze. Lettera a Fanfulla di Minchione Chiappanuvole
maestro elementare inferiore a Peretola. L’opuscolo, già pronto per la stampa,
come risulta dalle bozze corrette rinvenute (insieme al manoscritto originale)
nella Biblioteca comunale “Angelo Mai” di Bergamo, doveva essere pubblicato
anonimo; rimase inedito per una “indiscrezione dello stampatore’, come attesta
una dichiarazione sul frontespizio del figlio di S., Camillo. Presentando il
testo spaventiano, che contiene aspre invettive non solo contro Siciliani, ma
anche contro De Sanctis, P. C. Masini propone un riesame della collocazione
politica di S., “difensore del vecchio ordine culturale e politico di stampo
moderat”. Il pamphlet contribuirebbe a rivedere la proposta della “linea”
S.-Labriola-Gramsci, lanciata a partire dal 1952, e a smentire il rilievo di
una evoluzione dell’ultimo S. verso il positivismo o il materialismo . La
scoperta dell’opuscolo del 1880 è il frutto di una esplorazione delle carte
spaventiane conservate presso la Biblioteca comunale di Bergamo; alle 304-310
sono riportate notizie su manoscritti editi e inediti del filosofo, dei quali
M. fornisce un primo inventario. V. su questo l’introduzione premessa a questa
bibliografia, 863 sg. Sul lavoro di M. cfr. E. Garin, Un ‘pamphlet’
antidemocratico inedito di B. S., “Giornale critico della filosofia italiana”,
XXXVII (1959), 572-574. Discutendo del testo di S. e della interpretazione di
M., Garin rende noto l’annuncio di una traduzione spaventiana dell’opera di L.
Stein, Der Socialismus und Communismus 2465 des heutigen Frankreichs, diffuso
nel 1850 da una “Stamperia degli artisti tipografi” di Torino. Interessanti
anche i rilievi di Garin sui rapporti di S. con i positivisti (in particolare
con P. Siciliani). Il lavoro e le macchine, a cura di D. D'ORSI, in “Sophia”; e
in “Dialoghi”. Rivoluzione e utopia, a cura di I CUBEDDU, in “Giornale critico
della filosofia italiana. Ristampa di articoli, pubblicati nel 1851 nel
giornale “Il Progresso” di Torino, e elencati in questa bibliografia. L'essenza
metempirica del filosofare, a cura di D. D’ORSI, in “Dialoghi”, XII (1964), n.
1-3 (gennaio- ), 39-50. Cfr. n. 123. 120. II Socialismo e il Comunismo in
Francia — supplemento alla storia del secolo per L. Stein Professore in Kiel.
Prima versione dall'originale tedesco di S., a cura di S. LANDUCCI, in “Annali
dell'Istituto Giangiacomo Feltrinell”, VI (1963), Milano. Ristampa del n. 3 di
questa bibliografia. Cfr. n. 282. 121. Uno scritto ignorato e una lettera
inedita di B. 2466 S., a cura di D. D’ORSI, in “Rivista abruzzese, Lanciano, n.
I, 4-19. Contiene: un annuncio della traduzione di Stein 3, e una lettera di S.
a Villari. Della libertà e nazionalità dei popoli, a cura di D. D’ORSI, in
“Rivista abruzzese, Lanciano. Edizione critica della prolusione di Modena. Scritti
inediti e rari, con prefazione e note a cura di D. D’ORSI, Padova 1966, XVI-590.
Questa raccolta di testi editi e inediti di S. si divide in tre parti, più
un’appendice di documenti. La prima parte (Scritti rari o ignorati o inediti, 1-88)
comprende la ristampa dello scritto Su/la quantità 1, un annuncio della
traduzione dell’opera di Stein sul socialismo e il comunismo in Francia (3;
pubblicato dal D’Orsi anche nella “Rivista abruzzese”, 1965 cfr. n. 121), il
frammento I/ lavoro e le macchine (già pubblicato dal curatore nel 1963; cfr.
n. 117), scritto sotto lo stimolo della lettura di Stein, l'articolo su
Schelling, e finalmente un articolo sul teatro drammatico apparso anonimo nel
“Cimento” 43 e qui attribuito a S. Nella seconda parte sono raccolti tre
scritti filosofici inediti: una Fenomenologia; pubblicata contemporaneamente in
“Sophia”; e v. sopra, p. 864), uno scritto del 1880, Esperienza e coscienza
(pp. 157-162), e uno del dicembre 2467 dello stesso anno, L'essenza metempirica
del filosofare, tratti entrambi dalle carte S. della Biblioteca Nazionale di
Napoli (le prefazioni del curatore a questi tre inediti erano state già
pubblicate nel 1965 285, il testo dell’ultimo inedito nel 1964 119). La parte
terza (Scritti polemici ignorati e rari) raccoglie: due articoli pubblicati nel
“Cimento”, e i ventinove articoli della serie I Sabbati dei gesuiti, pubblicati
nel “Piemonte” cfr. n. 28. Nell’appendice (pp. 491 sgg.) sono riportate
trentasette lettere di S. cfr. n. 141. Delle singole prefazioni ai testi
spaventiani, è da vedere in particolare quella dedicata alla Ferorzerologia, un
testo che, secondo D’Orsi, “finirà col modificare il tradizionale canone
esegetico, invalso dal Gentile, secondo cui la lettura dell’ultimo Gioberti
avrebbe indotto lo S. a mutare o estinguere i suoi più radicati e appassionati
interessi per la Ferorzenologia di Hegel e per le conseguenti interpretazioni
via via formulate dagli esegeti tedeschi della destra hegeliana” (p. 95;
sull'importanza che il curatore attribuisce al testo spaventiano, cfr. anche 99
sg.). Nella prefazione generale alla raccolta, D’Orsi anticipa le linee di una
sua lettura di S., molto distante dalle interpretazioni più recenti, e dalla
stessa interpretazione di Gentile (si può qui segnalare l'utilizzazione di
testi spaventiani nel volume di D’Orsi Lo spirito come atto puro in Giovanni
Gentile, Padova. Il curatore intende
rivalutare una fondamentale dimensione “spiritualistica” del pensiero di S., il
quale risulterebbe, nell'intero arco della sua attività, un “moderato”, sia in
politica che in filosofia. Nelle polemiche contro i gesuiti, S. combatte le
“esagerazioni pratiche” dell’ortodossia (dommatismo, fanatismo), non il
principio cattolico (p. XII sg.); la suapolemicapuòdefinirsi “anticlericale”,
ma “non antireligiosa o, peggio, ateistica; per i Sabbati, cfr. p. 208: essi
“stimolano la riflessione sui problemi della Politica e della Religione e
assicurano come un duplice antidoto agli opposti inconvenienti della fragile
fede e dell’intransi genza dommatica”; cfr. inoltre la prefazione alla terza
parte della raccolta, 181 sgg.). Nella prefazione a I/ lavoro e le macchine, 33
sg., dichiarando la dipendenza dello scritto dall’opera di Stein, D’Orsi parla
di un “chiaro atteggiamento etico-politico che, per equilibrio e serietà
d’indagine, può ritenersi, nell’ambito della vexatissima questione sociale,
‘una voce di ragione tra tante grida”” (con questo titolo apparvero sul
“Lucifero” di Napoli, nell’aprile-maggio 1848, alcuni articoli firmati con la
sigla: Sp., che il D’Orsi attribuisce senz’altro a S.; sul “Lucifero”, giornale
moderato e giobertiano prima del 15 maggio 1848, e, in seguito, conservatore,
cfr. A. Zazo, I/ giornalismo politico napoletano nel 1848-9, “Archivio storico
delle province napoletane. Orsi rende nota (p. XVI) la sua intenzione di
portare a compimento una edizione critica di tutte le opere, edite e inedite,
di S., a cui seguirà la pubblicazione di una monografia sul filosofo
napoletano. A p. 88 n. è annunciata intanto la prossima pubblicazione di un
volume che raccoglie le Lezioni inedite di Filosofia del diritto (1859- 1860).
Su questi Scritti inediti e rari curati dal D’Orsi, cfr. P. Piovani in
“Giornale critico della filosofia italiana”, XLVI (1967), 160-161. 124. Un
articolo inedito di B. S. circa l’unità organica della filosofia di Bruno e
circa l’attinenza di questa con la filosofia di Spinoa, a cura di F. ALDERISIO,
in “Giornale critico della filosofia italiana. Alle 222-224 è riprodotto il
testo fin qui inedito dell’ “avvertenza” di S. a un suo articolo su Giordano
Bruno, mai pubblicato. Il manoscritto dell'articolo non è stato rintracciato.
Secondo A., 1’ “avvertenza” è del 1870-1872; insieme all’articolo, avrebbe costituito
l’ultimo lavoro di S. dedicato a Bruno, scritto, probabilmente, per il
“Giornale napoletano di filosofia e lettere”. CARTEGGIO S. S. Lettere scritti documenti pubblicati da
B. CROCE, Napoli 1898, TX-314:; Bari. I rinvii alle pagine si riferiscono alla
seconda edizione. Fondamentale raccolta di materiali — lettere, articoli,
frammenti di studi ecc. — che illuminano le vicende personali e la biografia
politica e intellettuale dei fratelli S. I documenti sono collegati da brevi
narrazioni, chiarimenti e giudizi di Croce, che spesso riguardano da vicino
anche B. S. Una aggiunta all’avvertenza del curatore nella seconda edizione —
notevolmente accresciuta — porta la data: agosto 1917, Di B. S. sono riprodotte
nel volume: quarantadue lettere al fratello, la prima del 22 dicembre 1847,
l’ultima del 16 dicembre 1861 (p. 361, nota 2); una lettera al ministro sardo
Cristoforo Mameli; una lettera a Mamiani; una lettera al padre; due lettere
alla moglie. A p.5, n. I, 2470 si legge un brano di una “confessione” del
filosofo, a proposito della sua ordinazione sacerdotale. Le lettere di Silvio
al fratello sono più di ottanta. Si segnalano in particolare le lettere
“filosofiche” (sul pensiero italiano del Rinascimento, su Rosmini, Gioberti,
sulla Ferorzenologia di Hegel, ecc.) che i fratelli si scambiarono. La raccolta
comprende anche: una lettera di P. Villari a B. S., dell’ottobre 1850 (p. 77
sg., nota); due lettere allo stesso di Antonio Ciccone; due lettere a B. S. di
A. C. De Meis, del 23 luglio e del 10 novembre 1860, 346 sg., 355 sg. Ovidio
presentò il libro di Croce all Accademia di scienze morali e politiche di
Napoli il 26 giugno 1898, con un discorso che è ristampato alle 86- 96 della
raccolta intitolata: Rirzpianti, Milano-Palermo- Napoli 1903, XVI-464. Dal
discorso di D’Ovidio si può ricavare qualche aneddoto o qualche coloritura
diversa di notizie riguardanti la biografia di B., oltre che di Silvio, e i
rapporti tra i due fratelli. Ma sul libro di D’Ovidio v. B. Croce, “La Critica.
Lettere di A. Camillo De Meis a B. S., pubblicate da G. GENTILE, Napoli 1901, 32.
Quattro lettere, del 9 febbraio e 4 giugno 1868, del 22 gennaio e 6 aprile
1869. Ristampate in G. Gentile, A/bori della nuova Italia, varietà e documenti,
parte seconda, Lanciano. GENTILE, Per la storia aneddota della filosofia
italiana nel secolo XIX, in Raccolta di studi critici dedicati 2471 aAncona,
Firenze 1901, 335-358. Quattordici lettere del 1861-62, tratte dal carteggio
dei fratelli S. Le lettere di B. sono undici: del 27 novembre, dell’8, 17 e 28
dicembre 1861, dell’8, lo, 21, 22 febbraio, del 22 marzo, del 16 giugno e I
luglio 1862. Vedile anche ristampate in appendice a B. S., La filosofia
italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea (99; e in Opere, II, 679-719).
Cfr. anche n. 139. 128. Documenti inediti sull’hegelismo napoletano. (Dal
carteggio di S.), a cura di CROCE, in “Ia Critica.. Lettere a S. — corredate di
notizie e schiarimenti — di F. Hoffmann (12 ottobre 1865: tentativo di
promuovere in Italia la divulgazione della filosofia di F. v. Baader), di A.
Angiulli (15 dicembre 1862), di H. F. Amiel, di K. L. Michelet (6 agosto 1870),
di A. Labriola, di R. Hamerling, di T. v. Varnbiiler (17 maggio 1879), di G.
Teichmiller (9 agosto 1882). 129. Documenti inediti sull’hegelismo napoletano.
(Dal carteggio di S.), a cura di G. GENTILE, in “La Critica, 397-410, 483-496.
Nella prima parte, una lettera a S. di F. del Zio, lettere e brani di lettere
allo stesso di M. Florenzi Waddington, una lettera di S. a De Meis del 13
luglio 1880. Nella seconda parte, lettere e brani di lettere di F. Fiorentino
allo S., scritte tra il 1863 e il 1871. Con notizie e 2472 schiarimenti del
curatore. I Documenti sono ristampati, con aggiunte, in G. Gentile, Frammenti
di storia della filosofia, serie prima, Lanciano CROCE, Ricerche e documenti
desanctisiani, VII, Dal carteggio inedito di Francesco De Sanctis (5865- 28(9),
puntata quarta, 32; IX, Dal carteggio inedito di A. C. De Mess, 36; in “Atti
dell’Accademia Pontaniana” di Napoli, XLV(1915). Nel primo fascicolo sono
pubblicate, in appendice (pp. 29-32), tre lettere di S. a De Meis, del zo
novembre cfr. n. 133 e del 16 dicembre 1851, del 5 agosto 1855. Nel carteggio
inedito di De Meis si leggono (pp. 1-16) dodici lettere di S. allo stesso. ZAGARIA,
Per la biografia di Pasquale Villari, in “La Rassegna” già “Rassegna
bibliografica della letteratura italiana”, fondata da A. D'Ancona, serie III,
vol. V, n. 6, dicembre 1920, 333-379. Riporta (pp. 343-355) tredici lettere di
Villari a S., le prime dodici scritte tra il 1861 e il 1869, l’ultima del 1881.
Cfr. n. 140. 132. G. GENTILE, S., Firenze s. d. Cfr. n. 204. Nell’appendice (=
Opere) sono pubblicate: una lettera di S. a Meis, una lettera di L. Chiala a
S., due lettere di S. a T. Mamiani (13 luglio e 10 ottobre 1854), due di
Mamiani a S. (3 giugno 1852, 12 ottobre 1854). Nel testo: a 55 sg. (= Opere, I,
48 sg.) si legge una lettera di B. al fratello Silvio sull’abolizione delle
facoltà di teologia, del io febbraio 1876; a 94 sg., nota 2 (= Opere, I, p. 83)
una lettera di De Meis a S. del 2 marzo 1863; alle 162 sgg. (= Opere, I, 140
sgg.) la lettera di S. a De Meis del 13 luglio 1880 cfr. n. 129, e due lettere
di De Ivleis a S.: la prima, s. d., in risposta alla precedente. Due lettere
allo S., di L. Pomba (2 gennaio 1861) e di A. Tari sono segnalate nella
bibliografia. B. S., Pensieri sull’insegnamento della filosofia e lettere
inedite, a cura di G. GENTILE, in “Giornale critico della filosofia italiana”,
VI (1925), 91-105. Cfr. nn. 2, 109. Alle 99-109, sei lettere o frammenti di
lettere di S. a De Meis: del 30 marzo 1850, s. d., del zo novembre 1851 ma cfr.
n. 130, del 16 dicembre 1852, del 14 dicembre 1872, del maggio 1880 (= Opere,
III, 847-855). 134. S. S., Lettere politiche, edite da CASTELLANO, Bari. Continuazione
del carteggio pubblicato da B. Croce. Il nucleo più importante è costituito da
lettere o brani di lettere di Silvio a B. S.; contengono interessanti ragguagli
e giudizi, oltre che sulle vicende e sugli uomini politici del periodo, su
alcuni casi più minuti della vita dei due fratelli (reazioni ai tumulti
nell'Università di Napoli, del1862; rapporti col giovane Labriola, nel 1863;
ecc.). Sono anche riprodotte dieci lettere di B. S. al fratello. Interessante
la lettera-prefazione (datata: giugno 1925) di B. Croce al curatore, pubblicata
anche su “La Critica. Croce dissocia gli ideali politici di Silvio dal
“concetto speculativo dello stato” elaborato dal fratello “senza particolare
esperienza e intelligenza della materia, estraendo e compendiando la Filosofia
del diritto dello Hegel” (p. 7). E intende soprattutto respingere, così, il
recente tentativo di “presentare Silvio S. come luomo e il pensatore politico
al quale dottrinalmente risalgono la teoria e la pratica del partito ora
dominante in Italia. ROMANO, La vita culturale italiana dopo il 1860 dal car
teggio degli hegeliani meridionali, I. Un isolato: Vittorio Imbriani, in
“Civiltà moderna. Da un complesso di settantanove tra lettere e biglietti, 2475
scritti dall’Imbriani a S., l'a. sceglie e riproduce brani che contengono
notizie sull'ambiente hegeliano. Le lettere riportate vanno dal dicembre 1871
al dicembre 1879. 136. B. CROCE, Voci da un ergastolo politico. Lettere inedite
di Silvio S., in “Quaderni della Critica”, Il (1946), quad. 4, 99-109. Undici
lettere di Silvio al fratello, ritrovate fortunosamente dal Croce; integrano la
raccolta. Lettere inedite di Labriola a S. a cura di G. BERTI, in “Rinascita,
supplemento, supplemento al n.,pp.65-87. La prima lettera è del 1870-71,
l'ultima del 6 gennaio 1883. Importante l’introduzione del curatore: le
lettere, che contribuiscono a chiarire i modi e i tempi del passaggio di L. al
socialismo, sono la testimonianza di un che corrisponde perfettamente, sul
piano delle relazioni personali e private, a un rapporto di “filiazione
spirituale”. Gli originali sono conservati nel fondo S. della Biblioteca della
Società di storia patria di Napoli. 138. Carteggi di Vittorio Imbriani. Gli
hegeliani di, a cura di N. COPPOLA, Roma. Sono pubblicate qui lettere di S. a
V. Imbriani, e lettere o biglietti di Imbriani a S., spesso non datati, ma
scritti anch'essi a partire dal 1869. Si leggono anche qui, indirizzate allo
stesso S., una lettera di F. Tocco, una lettera di D. Jaja, e una di D. Marvasi
del 9 gennaio 1875 (p. 143). Le altre lettere indirizzate all’Imbriani sono di
Silvio S., A. Vera, G. B. Passerini, A. C. De Meis, P. Siciliani, Tocco, Fiorentino,
Marvasi, Tari e Toscano. Le lettere qui raccolte fanno parte di un
blocco di autografi scoperti da C. nel 1935, e la cui pubblicazione era stata
già iniziata in “Accademie e biblioteche d’Italia.. Per diversi riferimenti ai
fratelli S. cfr. anche Vittorio Imbriani intimo. Lettere familiari e diari
inediti, a cura di N. Coppola, Roma 1963, 402. Cfr. n. 135. 139. Lettere
inedite di Bertrando a Silvio S., a cura di V. MASEL-LIS, in “Critica storica”,
IV (1965), 691-710. Da un fondo spaventiano conservato presso l’archivio
provinciale De Gemmis di Bari sono tratte le lettere qui pubblicate. Sono da
collegare soprattutto alla raccolta, curata da Gentile, e pubblicata. VACCA,
Nuove testimoniane sull’hegelismo napoletano, in “Atti dell’Accademia di
scienze morali e politiche della Società nazionale di scienze, lettere e arti
inNapoli. La memoria è divisa in due parti. Nella prima sono riprodotte circa
cinquanta lettere o brani di lettere — la maggior parte inedite, o pubblicate
solo parzialmente da precedenti editori, soprattutto da Croce — di S. al fratello Silvio. Le lettere
contengono giudizi e informazioni politiche, notizie relative alla attività
didattica di S. (soprattutto a Modena), ai rapporti del filosofo con P. Villari
(lettere di Villari a S.; e cfr. n. 131), a un intervento di A. Tari in favore
di Labriola (v. una lettera di Taxi a S.), ecc. Nella seconda parte del lavoro
sono riprodotte lettere o brani o citazioni tratte da lettere a S. di P.
Siciliani, di F. Masci, di F. D’Ovidio, di Labanca, di F. Del Zio. 140 bis.
Dodici lettere inedite di Antonio Labriola a S., a cura di VACCA, in “Studi
storici. Sono lettere sritrovate nell'Archivio De Gemmis di Bari. B. S.,
Scuitti inediti e rari, con prefazione e note a cura di ORSI, Padova. Chin:
123; Nell’appendice di documenti sono pubblicate trentasette lettere di S.: a)
a Villari; b) a Monnier); a Camerini; d) a Gubernatis; e) a Imbriani; alcune
date coincidono con quelle di lettere già pubblicate da N. Coppola: cfr. n.
138); a Mamiani. A p. 170, n. 6, è riportato un frammento di lettera “ad un
amico”, del quale non è indicato il nome. 141 bis. VACCA, Gli hegeliani di
Napoli nella politica e nella scuola. Carteggi, estratto dagli “Annali della
Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Bari. Le lettere qui pubblicate
sono state ritrovate nella biblioteca provinciale De Gemmis di Bari. La
raccolta comprende: otto lettere di Bertrando al fratello Silvio, sei del
1850-54, una del 1859, una del 1862; due spezzoni di lettere del filosofo a
Labriola; una lettera dello stesso a D. Tartaglia, del 1861; una lettera di S.
alla moglie. Inoltre: lettere allo S. di Mamiani, di P. Villari, di F. Selmi,
di D. Marvasi, di A. Ciccone, di Tommasi, di Tartaglia, di Labriola cfr. 140
bis, di P. Acri, di V. Imbriani, di F. Masci, di F. Tocco, di L. Miraglia, di
L. Barbera, di P. Siciliani, di F. Fiorentino, di D. Jaja. Infine, lettere di
P. Villari a D. Marvasi, di L. Settembrini a Silvio S., di Silvio S. a E.
Pessina, di F. Selmi e C. Monzani a Silvio S., di L. Barbera a R. De Cesare, di
F. Tocco a F. Fiorentino, di P. DelGiudice a L. Miraglia, di F. Fiorentino a
Silvio S.. 142. Trenta lettere inedite di S. al fratello Silvio, a cura di G.
VACCA, in “Atti dell’Accademia di scienze morali e politiche della Società
nazionale di scienze, lettere e arti in Napoli. Le lettere qui pubblicate sono
tratte da copie di mano di Beltrani, conservate nella biblioteca comunale
Giovanni Bovio di Trani; il nucleo più importante è del 1854-56, sicché la
raccolta integra soprattutto il carteggio “filosofico” dei fratelli S., noto
attraverso l’edizione curata da Croce. Le lettere offrono nuovi dati
sull’attività di S. nel periodo torinese, indicazioni sugli studi, su lavori
inediti e sull'attività giornalistica del filosofo, e contengono giudizi su
avvenimenti e uomini politici. I documenti più interessanti sono analizzati dal
curatore; importanti i chiarimenti di Vacca sulla complessa vicenda dell'archivio
epistolare del filosofo, venduto dal figlio Camillo e solo in parte recuperato
da Croce cfr. anche 136. 2480 PARTE SECONDA SCRITTI SU S. LUCIANI, Del libro di
B. S. intitolato “La filosofia di Gioberti”. Considerazioni, Napoli 1864,
pp.21. Non è un’analisi minuziosa del libro di S., né vuole esserlo (p. 44);
per affrontarla, l’a. aspetta la pubblicazione del secondo volume. Ma intanto,
secondo L., va segnalata subito la minaccia di “intedeschimento”. S. accoglie
da Hegel gli strumenti della sua critica e finisce col travisare completamente
il pensiero di Gioberti. Non ha capito, soprattutto, il significato e la
funzione dell’ “intuito”, perché vuol risolvere tutto nel “soggetto”; sicché
gli sfugge il senso delle “formula ideale”, e vede dappertutto contraddizioni. MICHELET, S. uber Hegel in der
Akademie zu Neapel, in “Der Gedanke” Berlino. Recensione del saggio: Le prime categorie della logica
di Hegel 70, condotta sul testo del sunto pubblicato dalla “Rivista napoletana
di politica, letteratura e scienze”, novembre-dicembre 1863. Nel corso
dell’esposizione M. introduce due rilievi particolari. Afferma che è sbagliato
attribuire a Hegel, come fa Trendelenburg (e S. seguendo Trendelenburg),
l'intenzione di ricavare l'identità di essere e nulla dalla loro
indeterminatezza (l’essere è il nulla = l’indeterminato è l’indeterminato); e
rimanda, per questo punto, ad un suo intervento pubblicato nella stessa rivista).
Osserva ancora che Hegel ha già posto in rilievo quella “differenza” nella
indeterminatezza o identità di essere e nulla, di cui S. è andato in cerca nel
suo saggio. Eccellente sembra tuttavia a M. la confutazione di Trendelenburg
fatta da S. (da un “non hegeliano”); ma il recensore non capisce a quali
rappresentanti della scuola alluda il filosofo napoletano, quando afferma che
alcuni hegeliani pretenderebbero che l’essere si muova da sé, senza il pensare.
La memoria di S. è giudicata assai acuta, e ingegnosa; se tondo M., S. si
muoverebbe, in questa sua interpretazione e apologia di Hegel, verso
conclusioni simili a quelle raggiunte da K. F. Solger nei suoi Gespriche tber
Sein, Nichtsein und Erkennen. SALVIA, La più bella questione surta non ha guari
dalla Università di Napoli, in “Il Campo dei filosofi italiani” Napoli.
L’articolo non è firmato, ma il nome dell’autore si ricava dall’intervento
successivo di Tuddone. La “più bella questione” è quella della “nazionalità”
della filosofia. Le prime pagine riproducono i tratti essenziali della
prolusione di L. Palmieri del 16 novembre 1861, e una prima parte della
prolusione spaventiana Della nazionalità nella filosofia 68; le 323-328 sono
dedicate ancora alla esposizione del discorso di S.; nelle puntate successive,
sono svolte le considerazioni dell’a. sulle due
prolusioni.Sostenerela“nazionalità”dellafilosofia (come fa Palmieri) è
questione di logica o di dialettica? Sembra che non ci possa essere “nazional
filosofia” con le regole del ragionare, ma solo con quelle del disputare. L’a.
vuole evidentemente salvare le argomentazioni di Palmieri, 2482 correggendole
tuttavia e riproponendole sul piano della scienza: “Mi viene dunque in mente di
cangiare, se io potessi, l'espediente dialettico in argomentazione scientifica,
trovando in certa guisa il passaggio dagli argomenti suoi = di Palmieri, presi
44 borzinerm, e senza più individuati, agli argomenti che vi corrispondono in
uso non pur della logica ma della scienza, che val sicuramente generali. E
corregge il discorso di Palmieri distinguendo “tre capi” dell’argomentazione:
1° “impronta” e l' “indole nazionale”, le “tradizioni”, e l “atteggiamento non
servile” delle arti e delle scienze. Ora, per quel che ci riguarda, l’
“impronta” e l “indole” sono “cattoliche” entrambe. La “tradizione” è quella
antichissima “delle ripruove e delle discussioni” (la tradizione degli
eleatici). Quanto all’ “atteggiamento non servile”, che nasce dalla piena
adesione della coscienza, anche per questo motivo l’hegelismo non può essere
importato tra noi (come può Hegel aver detto in coscienza che l’essere è il nulla,
il bene male, e il sì no? STRAETER, Briefe tber die italienische Philosophie,
in “Der Gedanke” Berlino. Sono, in tutto, nove lettere scritte da Napoli. La
prima offre un ritratto dell'ambiente universitario napoletano (si parla anche
di F. Tocco, che disserta in sede di esame sulle prime categorie della logica
di Hegel). L’a. esprime la convinzione che la filosofia moderna può trovare
nuova vita solo a Napoli; indica poi nella teoria della “circolazione” di S. lo
strumento più efficace per eliminare dalla coscienza degli italiani i residui
di cattolicesimo medievale, e per 2483 favorire la costruzione di uno stato
moderno. La seconda lettera (1865, fasc. 1), tratta del Volksgeist napoletano
(avverso per sua natura ad ogni forma di assurda e fantastica
trascendenza)eparla della prolusione spaventiana del 1861; si conclude con un
ritratto del filosofo: “Er ist dabei eine màachtige, imposante Persònlichkeit,
gross und stark gebaut und von jenem phlegmatisch kraftigen Temperament, dem
Hegel bekanntlich die gròsste Energie und Griindlichkeit vindicirt”. Nella
terza, quarta e quinta lettera, l’a. ritorna ancora sull'ambiente napoletano
(Vera, S.-Vera, ecc.), e ricorda la prolusione bolognese di S. È nella terza
lettera che Strter introduce un raffronto fra Vera e S. (e Tari), assai
fortunato (Gentile lo cita nel Discorso del 1900; Croce lo ricorda nel suo
panorama della vita letteraria a Napoli dopo il 1860; ecc.): S. e Tari
rappresentano a Napoli quella corrente a cui appartengono in Germania K.
Fischer e i suoi scolari, e che si orienta verso una revisione della dialettica
hegeliana su basi kantiane; Vera è la copia dignitosa, italo-francese, del
“vecchio hegeliano” tedesco, degli “ortodossi” di stretta osservanza (p. 123).
La sesta lettera (1869, fasc. 3) riassume la “circolazione” del pensiero italiano,
loda il saggio sulle Prime categorie, e espone l’interpretazione spaventiana di
Gioberti. Le lettere settima, ottava e nona (1865, fasc. 4), sono dedicate agli
scritti di S. su Bruno e Campanella. LUCIANI, Gioberti e la filosofia nuova
italiana, 3 voll., Napoli. Tutti gli scritti di Gioberti — le opere
“essoteriche” (miranti “più a rinverdire il passato, che a gittare i semi 2484
dell'avvenire”; che riguardano la pratica piuttosto che la teoria, e oppongono
il “nazionale” al “forestiere”) e le opere “acroamatiche” (le opere postume:
hanno “carattere più scientifico che pratico”; riguardano l “avvenire” della
filosofia, della religione, della civiltà, e mirano a “scoprire il nuovo
aspetto della scienza e del cattolicismo, la nuova forma civile d’Italia, la dialettica
del secolo ventesimo”) — appaiono composti secondo un disegno ben preciso e
trovano una collocazione esatta entro un edificio armonico, perfettamente
coerente. Negando che vi sia contraddizione, in Gioberti, tra filosofia
essoterica (esposta e analizzata da L. nei primi due volumi) e filosofia
acroamatica (studiata nel terzo volume), l’a. intendetogliere alla
ricostruzione critica resa pubblica da S. il suo fondamento: non è vero che
Gioberti si è arrestato a metà strada, lungo la via che porta a Hegel (di qui
deriverebbero le contraddizioni — in realtà, inesistenti — denunciate da S.),
ma, anzi, è andato “oltre” Hegel. Se si perde di vista il carattere unitario e
armonico del pensiero di Gioberti, se ci si arresta al Gioberti “essoterico”
(al Gioberti in apparenza “clericale”, “regressivo”, ecc.) si favorisce lo
sviluppo dell’hegelismo in Italia. Se si coglie il vero senso delle Postuzze,
si capirà che Gioberti è coerente, non solo, ma supera Hegel nella dottrina di
Dio, dell'uomo e dell’universo; e v. per
un confronto Hegel-Gioberti, che va tutto a vantaggio del secondo; così come è
superiore il “moto civile” italiano a quello tedesco). S. ha giudicato Gioberti
dall’alto di alcuni presupposti hegeliani (identità di pensiero divino e
pensiero umano; dottrina del sensibile e dell’intelligibile, e del loro
rapporto, ecc.) e si è preclusa la via al retto intendimento del pensiero
giobertiano; S. non capisce la soluzione “platonica” di Gioberti, non capisce
la dottrina dell’ “intuito”, capace di superare lo psicologismo inaugurato da
Cartesio e “concluso” da Hegel, travisa — da psicologista — la distinzione
giobertiana di psicologismo e ontologismo, attribuisce falsamente a Gioberti
un’oscillazione tra due diversi concetti di intuito e di riflessione, non
intende l’affermazione di Gioberti: l’ente è concreto, non intende il concetto
di creazione, non riesce a capire quale posto occupi la Protologia nel sistema,
stravolge la teoria giobertiana dell’intelligibile. Queste le critiche
principali mosse dall’a. a S.; su di esse, e sul giobertismo di L., v. ora G.
De Crescenzo, La fortuna di Vincenzo Gioberti nel mezzogiorno d'Italia, Brescia
(la prima parte del volume, Luciani e il giobertitmo meridionale, è un
rifacimento e approfondimento di uno studio pubblicato a Napoli nel 1960, con
il titolo Pietro Luciani e il giobertismo). Si legge qui qualche riserva sul
tentativo di confutare“speculativamente” Hegel in base al Gioberti; ma “... i
lavori storiografici di Pietro Luciani
sul Gioberti costituiscono il validissimo precedente, purtroppo ignorato, di
tutta quella odierna storiografia filosofica che ha reagito opportunamente alla
artificiosa interpretazione idealistica del Gioberti, la quale, iniziatasi con S.,
si è poi continuata col Fiorentino, col Gentile, col Saitta, con l’Anzilotti e
col Caramella. La questione della nostra Università superiormente lasciata a
mezzo che si ripiglia qui e si termina da TUDDONE, in “Il Campo dei filosofi
italiani, Napoli. L’autore del
precedente intervento è G. Salvia. Bisogna dargli un seguito, perché “quello
che rende monca finoggi la trattazione, e bisognevole di un supplimento, si
riduce a chiosare e discutere in simil guisa, per la logica un poco ma più per
la dialettica le cose replicate in contrario a Palmieri da S. Per far questo
l’a. divide la prolusione di S. in tre parti: “’’esordio con la proposizione”
(concetto di filosofia nazionale), la “confermazione” (le prove storiche), la
“conclusione” (la vera filosofia attuale è europea). La discussione è molto
faticosa, ma la conclusione è chiara: “questo discorso sulla nazionalità della
filosofia nostra è un cavalletto ben tormentoso per l’autore; il quale avria
certo preferito ad essa ogni altro tema, mettendosi al sicuro dai
divincolamenti, che gli convenne sopportare, e più o meno nascondere, questa
prima volta che ascendea in cattedra. Per l’hegeliano S., è impossibile
accettare l’idea di una filosofia “nazionale” italiana. MARIANO, La pbilosophie
contemporaine en Italie. Essai de philosophie hégélienne, Parigi. Si occupa di Galluppi, Rosmini, Gioberti, A.
Franchi, e, nella conclusione, di A.Vera. Ma nell’introduzione discute (pp.
13-22) la questione della filosofia “nazionale” e la tesi spaventiana della
“circolazione” del pensiero italiano, per rigettarla; v. in particolare la
lunga nota alle 14-20. S. subordina — falsamente — l’oggetto della filosofia
allo spirito nazionale, costruisce un’assurda equazione: Gioberti=Hegel,
introducendo un elemento di confusione; 2487 travisa Hegel, non solo, ma la
storia della filosofia e la stessa filosofia. A_p. 20 qualche riga sui Princìpi
di filosofia 76, appena pubblicati: quello di S. è un linguaggio tortuoso e
ambiguo, un hegelismo che non è hegelismo, una logica che vuol essere nuova, ma
lo è in modo pericoloso: genera l'equivoco, la confusione e l’indisciplina
delle menti. Molti anni dopo, nel vol. X degli Scritti vari (Dall’idealismo
nuovo a quello di Hegel, Firenze) M. accenna a S. come responsabile dei nuovi
sviluppi dell’idealismo in Italia (cfr. la recensione di B. Croce, in “La
Critica. Un tono diverso nei giudizi di M. si coglieva nelle pagine di Uorzini
e idee (vol. VII degli Scritti vari), Firenze 1905. A p. 16 sg., S. è elogiato
per gli studi su Bruno; alle 313 sgg. (nel “saggio biografico” su A. Vera Napoli
1887, qui ristampato) si legge che S. è stato “un logico e un metafisico di
prima grandezza”, sordo alle tentazioni positivistiche, scettiche o
neokantiane. La sua figura è inseparabile da quella del Vera; ma non riconobbe
lo S., col Vera, il carattere solo universale della filosofia; se è vero che il
pensiero moderno nasce col Rinascimento, l’interpretazione di Gioberti è
tuttavia audace. Di Uomini e idee scrisse F. Tocco (Fra biografie e quadri
storici, “Il Marzocco”, Firenze, 25 giugno 1905), cogliendo l’occasione per
discutere dei rapporti di S. col Vera, e per ricordare l’insegnamento del
maestro: v. l'introduzione di questa bibliografia. MORGOTT, Hegel in Italia, in
“Il Campo dei filosofi italiani” Torino. Si ricava da una nota che l’a., allora
professore di filosofia a Bichstadt, in Baviera, stava lavorando a una storia
della 2488 fortuna di Hegel in Italia, da pubblicare in tedesco. La traduzione
dell’articolo è del prof. F. Rossi. La prima parte è un’esposizione del
pensiero di Vera (pp. 68 sgg) e di S.; per S. l’a. si serve — e lo dichiara —
dei Briefe di Straeter 146. M. si rammarica che ci siano in Italia filosofi che
hanno abbandonato la tradizione, abbracciando una filosofia straniera. Segnala
tuttavia con o cimento — nella seconda parte — il vasto moto di reazione
all’idrillilnto liano guidato da V. De Grazia, da M. Liberatore, dalle riviste
“La scienza e la fede” e “Civiltà cattolica”, e, ancora, da T. Mamiani, da N.
Toni da V. Di Giovanni, da G. Allievo e A. Galasso, da A. Conti. SICILIANI, GX
begeliani in Italia, in “Rivista bolognese di scienze e lettere. È un’ampia rassegna, in cui si discorre dei
Principi di filosofia di S., del libro di De Meis: Dopo la laurea, del saggio
sull’immortalità dell'anima di M. Florenzi Waddington, del Pietro Pomponazzi di
F. Fiorentino, A proposito della “circolazione”, pur respingendo, almeno in
soluzioni di S. (la relazione Gioberti-Hegel è estrinseca), l’a. loda l’
“accortezza” e la “prudenza” del filosofo, che ha saputo introdurre l’idealismo
assoluto in Italia presentandolo come il frutto della nostra più autentica
tradizione. Nel saggio sulle Prizze categorie 70, S. ha certo contribuito a
rendere più “logico” il sistema di Hegel, ma non l’ha reso,perquesto, più vero;
l’a. si dichiara suo conto incapace di penetrare quel buio dell’
“indeterminato”, da viti vrebbe svilupparsi la logica. Sulle Prize categorie,
Siciliani ritorna anche nel libro Su/ 2489 rinnovamento della filosofia
positiva in Italia, Firenze 1871, XVII-542, nel quale propone “via di mezzo”
tra i due estremi rappresentati dall’hegelismo e dal positivismo, appellandosi
a Vico (v., ad es., Il, 31). Per le Prize categorie, cfr. 396 sgg.: quando S.
risponde a Trendelenburg, “giusto nel momento che s’hanno a decidere le sorti
della logica obbiettiva, giusto nell’istante supremo in cui la logica dee poter
rivestire natura e valore di metafisica, egli cangia bruscamente posizione, e
invoca il pensiero, invoca l’astraente, invoca l’astrazione, e così dileguatasi
a un tratto l’obbiettività, ci fa divagare nel mondo delle pure forme, ed
eccoci di bel nuovo ricacciati e ravviluppati per entro alle fitte maglie della
tela di ragno! Il libro è da vedere
anche per molti altri riferimenti a S.: nell’avvertenza, sul tema del
“rinnovamento” della filosofia italiana, è discussa, accanto a quelle di
Mamiani, Rosmini e Gioberti, la posizione di S. (specialmente della Filosofia
di Gioberti. Si discute l’interpretazione spaventiana di Vico; sul rapporto
Vera-S.; sulla “circolazione”; sull’interpretazione di Rosmini 368 sgg.
Siciliani fa comparire S. tra gli interlocutori della “giornata sesta de La
critica nella filosofia zoologica del XIX secolo. Dialoghi, Napoli. Il dialogo
si svolge tra rappresentanti, sostenitori e critici di tre scuole: quella dei
cuvieristi, quella dei trasformisti e quella degli idealisti. Nel dialogo si
colgono allusioni all’intervento di S. nella polemica sulle psicopatie 83, e
alla sua discussione sul metodo delle scienze comparate; ma la conversazione
investe soprattutto le teorie esposte da De Meis ne I tipi animali; e, più in
2490 generale, il valore metodologico della dialettica hegeliana. TAGLIAFERRI,
Ur saggio della modestia e serietà filosopra dei nostri filosofi hegelisti, in
“Il Campo dei filosofi italiani” Torino; e in A. T., Saggi di critica
filosofica e religiosa, vol. I, Firenze 1882, 1-28. Lo scritto di T. è una
pronta replica alla “lettera” Paolottismo, positivismo, razionalismo 78. Il
tono è indignato e predicatorio; l’a. definisce “indegno” di un filosofo lo
scritto di S., respinge l’aggettivo “paolotto”, denuncia l’altezzosità di S.
nei confronti di Mamiani, accetta — ma a disdoro dell’hegelismo — la continuità
(anzi, per T., l'identità) tra materialismo del Settecento eFiosofiahegeliana,
condanna l’adorazione del Dio-stato. Respinge, ancora, il nesso Vico-Kant
stabilito da S. (Vico distingueva tra intelletto divino e intelleno umano, e il
verumz ipsum factum non è accettabile fuori di quella distinzione), e si duole
delle “nebbie teutoniche” trapiantate in Italia. Nelle ultime pagine, si scusa
della “vivacità” del proprio intervento, provocata del resto dal tono
“beffardo” di S.; e dichiara di riconoscere la parte di vero che c’è in Hegel:
“l'universalità e la comprensione del concepire” (ma l’universalità è
dall’armonia del cosmo, non dall’unità di Dio e mondo) e la “presenzialità” del
divino nel mondo e nell’uomo (che non va intesa, tuttavia, né come assoluta
immedesimazione né come assoluta separazione). MEIS, Deus creavit, in “Rivista
bolognese di scienze e lettere. È un dialogo, in cui si discute il problema
studiato da S. nelle Prize categorie della logica di Hegel; uno degli
interlocutori (Giorgio) espone e soomene la soluzione spaventiana. Gentile
interpreta il Deus creavit — nelle sue Origini della filosofia contemporanea in
Italia (v. nell'edizione e nel volume
citato più avanti le 61 sgg.) — come una disputa ideale tra i due filosofi; per
A. Del Vecchio Veneziani (La vita e l’opera di Angelo Camillo de Meis, Bologna)
il dialogo è nato probabilmente da una conversazione realmente avvenuta. Il
volume della Del Vecchio Veneziani è utile per seguire alcune vicende di S.
attraverso la biografia dell’amico (e, per un confronto tra S. e De Meis). Due
pagine dell’opera di De Meis Dopo la laurea (2 voll., Bologna) sono dedicate a
un elogio di S.; del De Meis si veda anche il discorso tenuto a Bologna per
l’inaugurazione dell’anno accademico, Darwin e la scienza moderna (Bologna), in
cui l’a. aderisce alla nota tesi spaventiana secondo la quale l’idealismo
hegeliano è la “profezia”, cioè l’ “organismo” e la “correzione” anticipata
dalla scienza moderna. Cfr. FERRI, Essaz sur l’histoire de la philosophie en Italie au
dix-neuvième siècle, 2 voll, Parigi 1869, IX- 496, 359. S. ha ragione come filosofo, quando cerca di trovare
nell’ultimo Gioberti un punto d’incontro con la filosofia 2492 tedesca: questo
punto d’incontro, di fatto, c'è (F. ne tiene conto: la discussione dell’ultimo
Gioberti fa da introduzione all'esposizione dell’idealisimo italiano; il libro
quinto, dedicato ai filosofi idealisti, si intitola: Derrière philosophie de
Gioberti). Ma ha torto come storico, perché, come Hegel, procede del tutto
apriori; la storia è, per lui, una generazione o genealogia di sistemi; S.
predilige le ipotesi e ignora i fatti, l’osservazione dei fatti: di qui la
debolezza della teoria della circolazione e della ricostruzione storica
proposta nelle prime lezioni napoletane. Nella Filosofia di Gioberti 69 S. non
discute le dottrine del filosofo tenendo conto del loro sviluppo storico; le
diverse fasi del pensiero giobertiano sono per lui compresenti, e S. ha buon
gioco nel moltiplicare le contraddizioni del sistema. A S. sono dedicate in
particolare le 193-206 del secondo volume (capitolo terzo del libro quinto). SICILIANI,
Su/ rinnovamento della filosofia positiva in Italia, Firenze. Choi.
TAGLIAFERRI, I/ materialismo plebeo e il materialismo aristocratico; in A. T.,
Saggi di critica filosofica e religiosa, vol. I, Firenz. L’articolo è datato:
agosto 1872; ma non ho rintracciato indicazioni relative alla prima
pubblicazione. È un’analisi della polemica sulle psicopatie. Tra l’idealismo di
S., il “semi-materialismo” di Tommasi e il “puro materialismo” di De Crecchio,
le differenze sono solo accidentali (quello di De Crecchio è, semmai, un
materialismo “plebeo” o “schietto”; il materialismo di S. è “aristocratico” e “ipocrita”). Gli autori della polemica sono
concordi nel riconoscere che l’anima senza il corpo non è, e riducono l’uomo
alla sua pura “esistenza fenomenica”: tanto basta a qualificarli. S. critica, e
con validi argomenti, il materialismo volgare; ma il suo idealismo non gli
fornisce un principio capace di scongiurarne le conseguenze morali, religiose,
e sociali (l’a. accenna anche ai “comunisti” di Parigi, che hanno senz'altro
ragione, se si nega l’al di là). L'hegelismo ha una parte vera e buona cfr. n.
152, ma è viziato alla base dalla identificazione di Dio e mondo. Per
avvalorare il rilievo della insufficienza della morale idealistica, T. esamina,
nelle ultime pagine, la recensione di S. a La vita di G. Bruno scritta da D.
Berti. E conclude: “Nel vostro aristocratico materialismo, non vi lasciate
vincere di lealtà e sincerità da’ materialisti plebei, che voi combattete, ma
che pur sono i vostri fratelli carnali”. Dei Saggi di T. v. la recensione di B.
Labanca in “La filosofia delle scuole italiane. ACRI, Critica di alcune
critiche di S., Fiorentino, Imbriani su i nostri filosofi moderni. Lettera...
al prof. Fiorentino, Bologna. FIORENTINO, La filosofia contemporanea in Italia.
Risposta... al professore F. Acri, Napoli. Nel volume è ristampato, alle 1-89,
il testo italiano di uno scritto di F. del 1874: Considerazioni sul movimento
della filosofia in Italia dopo l’ultima rivoluzione del 7860, già pubblicato in
tedesco nel secondo volume del periodico Italia edito da K. Hillebrand (un
estratto dell’articolo che era probabilmente posseduto dallo S., è conservato
presso la Biblioteca civica A. Mai di Bergamo: F. F., Die philosophische
Bewegung Italiens seit 1860, Separatabdruck aus K. Hillebrands Italia, Bd. II,
Lipsia, s. d., 56). Alla Philosophische Bewegung Italiens replicò F. Acri con
una Critica di alcune critiche... v. oltre; e cfr. n. 157; a cui F. fa seguire
ora, alle 91- 464 de La filosofia contemporanea in Italia, una Risposta al
prof. F. Acri. La polemica ebbe ancora un seguito con la pubblicazione
dell’opuscolo di F. Acri I critici della critica... v. oltre; e cfr. n. 159;
Acri ristamperà tutti i suoi interventi nella vicenda, in una raccolta
intitolata Dialettica turbata 186. Nelle Considerazioni sul movimento della
filosofia in Italia pubblicate anche in F. Fiorentino, Scritti vari di
letteratura, filosofia e critica, Napoli 1876, 1-75), l'a. ricorda che la
ricostruzione di tutta la storia della filosofia italiana, dal Rinascimento a
oggi, è opera di B. S., il cui lavoro “sta a capo di tutto quel movimento
storico e critico, che dura tuttavia, e che è il carattere precipuo della nostra
filosofia presente” (p. 12). Parla del gruppo dei primi hegeliani, e riassume i
risultati dei lavori storici di S., soffermandosi sugli studi bruniani, sulla
Filosofia di Kant, del 1860 (“il miglior modello di critica filosofica, che
vanti l’Italia contemporane”, p. 23), e sull’interpretazione di Galluppi,
Rosmini e Gioberti; la critica di S. a Gioberti è la più ampia e la “più
profonda” tra quelle elaborate dal maestro. S. non è un ripetitore di Hegel, ma
ne ha compreso lo spirito;l’a.accenna all’originalità delle Prime categorie (p.
31), alla valutazione positiva della scuola di Herbart, per la psicologia (p.
32), e al riconoscimento della “ragionevole 2495 esigenza” del positivismo “per
lo studio dei fatti storici” (ivi). S., ribadisce Fiorentino, non è un
hegeliano ortodosso, e crede in una “nuova” metafisica, i cui caratteri sono
delineati nella lettera del 1868 Paolottismo, positivismo, razionalismo. Alle 33
sgg., F. tratta di Vera (e dei suoi rapporti con S.), di Mariano, di Franchi,
di Mamiani (e del “mamianista” L. Ferri; l'a. coglie l’occasione per ribattere
le obbiezioni a S. contenute nell’ Essai del 1869 cfr. n. 154), del Fornari,
ecc. Il giudizio decisamente negativo espresso, nelle Considerazioni, sul
Fornari (già attaccato da V. Imbriani per la sua “estetica”), e, più ancora,
l'adesione incondizionata alle tesi storiografiche di S., provocarono la prima
reazione di F. Acri. Nella Critica di alcune critiche (il libro è stato
recensito favorevolmente da T. Mamiani in “La filosofia delle scuole italiane;
v. la ristampa della recensione in Dialettica turbata), Acri sostiene che il
panorama delineato da Fiorentino è altrettanto sbagliato quanto lo è la
ricostruzione spaventiana della filosofia moderna: l’interpretazione di
Galluppi, l'interpretazione di Rosmini (pp. 40-68) e quella di Gioberti (pp.
68-113). Acri cerca di mostrare l'infondatezza delle conclusioni di S.,
contrapponendo ad affermazione negazione e a negazione affermazione (come dice
lo stesso a.). Va segnalato anche, in queste pagine, il tentativo dell’Acri di
provare che la “lettura” spaventiana di Spinoza discende direttamente dalle
pagine della Geschichte der neuern Philosophie di K. Fischer (sull'argomento
Acri ritornerà in uno scritto del 1877 edito a Firenze: Una nuova esposizione
del sistema di Spinoza, ristampato; vedine la recensione in “La filosofia delle
scuole italiane. Alle 135 sgg. della Critica, Acri si occupa 2496 dello scritto
di Imbriani su V. Fornari estetico, apparso nel “Giornale napoletano” del 1872.
Nella Risposta di Fiorentino al prof. Acri (La filosofia contemporanea) sono
ribattuteuna per una le obbiezioni di Acri a S. S. non intervenne direttamente
in questa polemica contro Acri; cfr., nella Filosofia contemporanea, una sua
lettera a Fiorentino del 10 marzo 1876 (pp. IX-XV; a p. XVI, una lettera allo
stesso di V. Imbriani). Nello stesso volume, è ristampato tuttavia l’articolo
scritto da S. contro Fornari e pubblicato nel 1876 dal “Fanfulla” di Roma 87.
Dell’opuscolo di Acri in risposta alla risposta di Fiorentino cfr. n. 159va
detto che l’a. racconta, nella prima parte, un sogno, in cui S., Fiorentino e
Imbriani compaiono in veste di filosofi che bisticciano (il caposcuola rampogna
i discepoli per l’imprudenza dei loro attacchi); nella seconda parte
l'argomento è continuato sotto forma di dialogo tra l’a. e un amico. La
polemica tra gli hegeliani e F. Acri è ricordata da diversi autori (v. sopra,
introd., 871 sg.); ma v. le pagine di Croce ne La vita letteraria a Napoli dal
1860 al 1900 cfr. n. 185 e, soprattutto, il volume di L. Russo su F. De Sanctis.
ACRI, I critici della critica di alcune critiche, cioè i professori S.,
Fiorentino e Imbriani apparsi in sogno al professore Acri, Bologna. SICILIANI,
La critica nella filosofia zoologica 2497 del XIX secolo. Dialoghi, Napoli.
Christi. dl CESARE, S., in “Fanfulla della domenica” Roma, V (1883), n. 9, 4
marzo; ristampato da G. Gentile in “Giornale critico della filosofia italiana”,
VII (1926), 378-382, con il titolo: Una notizia biografica di B. S.. Necrologio
del filosofo. De Cesare afferma, tra l’altro, che B. collaborò con articoli al
giornale di Silvio, il “Nazionale”. Nel ristampare il breve profilo biografico
di S., Gentile segnala l’importanza di quella indicazione, ma anche alcune
inesattezze dell’a. (p. 382). Qualche anno dopo, Gentile renderà nota la fonte
dell’articolo (e delle inesattezze): il testo di alcuni appunti di De Meis,
consegnati a De Cesare per la pubblicazione del necrologio (A. C. De Meis,
Ricordi di B. S., in “Giornale critico della filosofia italiana. MEIS, S., in
“Gazzettadell'Emilia. Il testo di questo necrologio è riprodotto a p. XVII n. I
della bibliografia degli scritti di De Meis raccolta nel volume di A. Del
Vecchio Veneziani. FIORENTINO, Commemorazione di B. S., letta nell'aula magna
dell’Università di Napoli, in “Rendiconto delle tornate e dei lavori
dell’Accademia di scienze morali e politiche” di Napoli. È il primo ampio
saggio biografico su S.; citato come fonte dal Gentile nel suo Discorso. F.
ricorda, oltre alle vicende del filosofo, le sue opere principali, delineando
in breve anche la tesi dello scritto, ancora inedito, Esperienza e metafisica 94.
Tratto fondamentale del filosofo, l’ “ingegno critico”, e l'indipendenza del
pensiero; doti che ben corrispondono alla fermezza del carattere, alla
severità, all’austerità e alla franchezza, talvolta “ruvida”, dell’uomo. La
commemorazione è pubblicata anche nel “Giornale napoletano di filosofia e
lettere”, “Atti” dell’Accademia di Napoli, con una bibliografia e indicazioni
su lavori inediti di S.), nelle Onoranze funebri a S. Vedila ora in Fiorentino,
Ritratti storici e saggi critici, Firenze. Onoranze funebri a S., Napoli.
Contiene: una premessa di D. Jaja, il testo dei discorsi pronunciati da A.
Vera, da E. Pessina, da R. Bonghi, da L. Miraglia, da D. Jaja, da G. Abignente,
da R. Cotugno, da O. Testa. A p. 27, il frammento di un discorso di F.
D’Ovidio; la ristampa della commemorazione di F. Fiorentino WERNER, Die
ttalienische Philosophie des neunzehbnten fabrbunderts, Vienna. La seconda
parte (Die pantbeistischhe Transformation des Ontologismus im italienischen
Hegelianismus, del terzo volume (Die kritische Zersetzunr, und speculative
Umbildung des Ontologismus) è dedicata agli hegeliani. L’a., ricorda le tesi
delle prime lezioni napoletane di S.,eillustra i caratteri che distinguono le
due principali correnti dell’hegelismo, rappresentate da Vera e S. (Vera
ortodosso; S. media Hegel con la tradizione idealistica italiana, e con le
esigenze del realismo contemporaneo, antiidealistico). A_S. sono dedicate in
particolare le 264-287; per esporne la filosofia, W. riassume gli Studi
sull’etica hegeliana. MASCI, Relazione per la proposta di un monumento a S., s.
1., s. d. Napoli. Ribadisce un giudizio sul quale concordano gli scolari di S.:
il filosofo napoletano fu soprattutto un ricercatore, uno spirito critico, che
non trasmise dogmi ai suoi discepoli, ma volle e seppe sviluppare in loro
l’attitudine alla ricerca. S. ebbe il merito di far conoscere all’Italia la
filosofia di Kant, e l’idealismo assoluto; agli occhi dell’a., quest'ultimo
appare come un semplice momento, certo necessario, ma ormai superato dal
“ritorno” a Kant e della “vigorosa ripresa dell’empirismo. Una recensione dello
scritto di M. si legge nella “Filosofia delle scuole italiane. KERBAKER, Per
l'inaugurazione dei monumenti a L. Settembrini e B. S., Napoli. Nel discorso di
K., Settembrini e S. sono riavvicinati e elogiati: a) per l’ “indipendenza” del
loro pensiero (pp. 5 sgg.; in S. “la libera attività del pensiero era più
inquisitiva che ermeneutica”; l’a. sottolinea il temperamento socratico, la
capacità critica del filosofo; il miglior frutto di questa virtù è
rappresentato dalle lezioni sulla filosofia italiana: “comprese pel primo lo S.
l’importanza del problema storico, quello cioè di scoprire le vere e genuine
tradizioni filosofiche del genio italiano e quindi la sua propria attitudine e
vocazione scientifica); b), per “il senno moderato e moderatore, il senso della
giusta misura nel giudicare i fatti del mondo reale e trarne le norme
regolatrici della civil convivenza.: S. “non credeva che il riscatto morale del
popolo italiano fosse compiuto pel sol fatto della sua emancipazione civile e
politica. Scorgeva invece e predicava la necessità che si rifacessero
faticosamente i materiali dell’edificio, si sostituisse cioè a poco a poco, nella
coscienza pubblica, il concetto dello stato organico, operaio, intraprendente a
quello dello stato meccanico, stazionario, pacifico”). LAUREANI, Giordano Bruno e S., Lanciano.
Sembra promettere, all’inizio, un discorso sulle interpretazioni spaventiane di
Bruno; ma si esaurisce in un generico profilo del pensiero di S. FERRI, Ur
Zibro postumo di S.. La dottrina della cognizione nell’Heghelianismo, in
“Rivista italiana di filosofia; Il problema della coscienza divina in un libro
postumo di S., in “Rivista italiana di filosofia. Due saggi su Esperienza e
metafisica. Nel primo, F. dichiara di accogliere la critica spaventiana del
realismo ingenuo, ma di dover rigettare la concezione idealistica della “natura
del vero, ossia della relazione del pensiero con l'essere. S. difende contro i
kantiani il concetto dell’ “assoluto metodologico inseparabile dall'andamento
del pensiero in quanto esso è guidato... dalla... presunta e dimostrabile
unità” di “assoluto naturale, dialettico e religioso; respinge l’idea spenceriana dell’inconoscibile, il concetto
di “posizione assoluta” di Herbart, e la soluzione darwinistica, che poggia
“sopra fatti esteriori e dati empirici. Crede di aver dimostrato che l’uomo è
“capace di pareggiare col pensiero l'essere”, che è capace di “conseguire il
pensiero assoluto, l'assoluto sapere. Ma il timore del dualismo spinge S. “a
diminuire da una parte l’ingerenza dell'esterno, e accrescere talmente quella
dell'interno nella funzione conoscitiva, che alla fine la seconda rimane sola”
(cfr. tutta la discussione di 151 sgg., dove si denuncia l’indebita
identificazione idealistica di processi della coscienza e processi della
conoscenza, che conduce all'affermazione della presenza dell'essere infinito
nell'uomo: F. pensa che si debba mantenere un concetto “ben circoscritto” dell’
“immanenza divina, per salvare sia la personalità divina, sia quella umana.).
Per F. si deve continuare a riconoscere la presenza di dati irriducibili
all’attività psichica; la relatività della conoscenzanonva intesa semplicemente
in relazione alla sua estensione, giacché si fonda sulla “materia” stessa del
conoscere. Nel secondo saggio, riprendendo il tema, già affrontato nella prima
parte, del rapporto tra pensiero divino (“inconscio”, secondo S.) e pensiero
umano (nel quale soltanto si realizzerebbe il sapere come coscienza), F.
difende contro S. le ragioni del teismo. S. S., Lettere scritti documenti
pubblicati da Croce, Napoli; Bari. GENTILE, Della vita e degli scritti di S.,
in B. S., Scritti filosofici, raccolti e pubblicati... da G. Gentile,
Napoli. JAJA, Prefazione a B. S.,
Scritti filosofici, raccolti e pubblicati... da G. Gentile, Napoli. VARISCO,
Razionalismo e empirismo, in “Rivista di filosofia, pedagogia e scienze affini.
L’a. si propone di “esporre e di criticare i concetti fondamentali del
razionalismo kantiano e dell’hegeliano; e di dimostrare la possibilità d’un
empirismo, soddisfacente alle esigenze, che queste due dottrine hanno avuto il
merito di mettere in luce”. Nella sua ricerca, V. tiene presenti i saggi
spaventiani raccolti negli Scritti filosofici. L’a. riconosce a S. il merito di
aver sostenuto le ragioni del “meccanismo”, di averne ammessa la necessità per
la conoscenza dei fenomeni psichici. Ma al di là di alcuni parziali
riconoscimenti, va detto che è fallita la “correzione” di Kant, tentata da
Hegel e da S. L'esigenza di salvare l’oggettività del conoscere non può
ritenersi soddisfatta attraverso la “prova” dell'identità di essere e pensiero,
escogitata da S. nelle Prizze categorie. E la radice della difficoltà va
ritrovata, in fondo, nello stesso Kant, che ha considerato la sensazione come
un fatto soltanto soggettivo, e non come un dato che si “impone” a noi.
All’articolo di V. replica prontamente Gentile, rivendicando a sé il diritto di
rispondere in nome di S., e ribadendo, tra l’altro, la necessità di riprendere
la tradizione rappresentata dal filosofo napoletano. La risposta alle
difficoltà di V. è già contenuta nel saggio sulle Prize categorie. Il critico
fraintende S.(eHegel), perché confonde fenomenologia e logica, confonde una
questione di ordine gnoseologico con una questione di ordine logico ©
metafisico. Un argomento, su cui Gentile insiste per avvalorare questa sua
osservazione, consiste nel rilievo della impossibilità di richiamarsi al
principio di contraddizione, nella discussione del rapporto essere-nulla:
impossibilità ben nota, oltre che allo S., allo stesso Trendelenburg, ma non
intesa da Varisco. Alla risposta di Gentile, V. replica con lo scritto: Per /a
critica, sulla stessa rivista, nel fascicolo di ottobre del medesimo anno.
Gentile chiude la discussione con: Polemica hegeliana, Napoli. I due scritti di
Gentile vedili anche ristampati in Saggi critici, serie prima, Napoli. GENTILE,
Filosofia e empirismo, in “Rivista di 2504 filosofia, pedagogia e scienze
affini. PIANO, L’begelismo a Napoli, Potenza. Nel saggio sono indicate le
ragioni — politiche e religiose, oltre che filosofiche — della fioritura
dell’hegelismo a Napoli, e quelle del suo arresto o della sua “mancata
diffusione”. Il secondo tema è trattato — tra l’altro — attraverso il ricorso a
note argomentazioni (cfr. p. 68: “Alla mente italiana, dotata da natura di
forme troppo originali per soffrire qualunque maniera d’imitazione; al pensiero
italiano, naturalmente bisognoso di realtà e di vita, mal si convengono le
astrazioni, spesse volte, troppo vuote dei Tedeschi”); ma proprio questo taglio
del discorso consente all’a. di lodare in S. la figura del mediatore (v. il
paragrafo, Ragioni del maggior credito e fama dello S. rispetto agli altri
begeliani; e cfr. p. 69: “Ha seguito Hegel non da noioso ripetitore, né da
fedele e servile interprete, ma se ne è assimilato lo spirito più che le
formule e le parole. È l’anello di congiunzione tra l’idealismo di Gioberti e
quello di Hegel; è un moderatore o meglio il termine medio tra la filosofia
esclusivamente nazionale e l’hegelismo puro. Nei paragrafi decimo e undicesimo
l’a, riassume Ia storia della filosofia italiana elaborata da S., la sua
interpretazione delle prime categorie della logica di Hegel, e le tesi di
Esperienza e metafisica; in alcuni punti (v. ad es. p. 55, per il parallelo
S.-Marx) il saggio sembra riflettere — ma senza espliciti riferimenti — qualche
indicazione contenuta nel discorso premesso da Gentile all’edizione degli
Scritti filosofici di S. GENTILE, Prefazione a B. S., Principi di etica, Napoli.
SCHIAVONI, Silvio e S., lettera a Crisafulli; in Onoranze al prof. Vincenzo
Lilla, Messina. È un “ricordo” dei fratelli S.; ma riguarda soprattutto Silvio.
GENTILE, Prefazione a B. S., Da Socrate a Hegel, Bari. MARIANO, Uorzini e idee
(Scritti vari), Firenze. TOCCO, Fra biografie e quadri storici, in “Il Marzocco,
Firenze. CROCE, Giovanni Bovio e la poesia della filosofia, parte prima, in “La
Critica. Contiene alcune pagine su Vito Fornari e B. S., ristampate più tardi
in B. C., La letteratura della nuova Italia. Saggi critici, qui le citazioni
sono tratte dalla seconda edizione del primo volume (lo scritto: V. Fornari-B.
S.. Fornari viene incontrato da C. in “una visita di congedo, se non proprio di
riverenza, alla prosa italiana del buon vecchio tempo, con le sue avvizzite
graziette e moine. S. Si schierò contro la tradizione dei “linguai e frasaioli,
in forza del suo atteggiamento critico (anche rispetto a Hegel), e della sua
attenzione alle nuove forme di pensiero. È un merito che gli va riconosciuto,
“quale che sia il giudizio che si porti sulla sua filosofia. A Fornari S.
oppone l’ “asciuttezza del discorso, che aborre la divagazione e la
chiacchiera, e una eloquenza, che è tuttavia “virilmente semplice”. Croce
ricorda il vigore polemico del vecchio hegeliano, precisando che il “suo
temperamento lo portava non all’ironia, ma al sarcasmo e alla rappresentazione
grottesca”. Di questo tratto del carattere di S. costituisce un documento la
lettera contro Fornari, G/ spaventiani S.ti BARZELLOTTI, Due filosofi italiani,
Augusto Conti e Carlo Cantoni, in “Nuova Antologia”e in G. B., L’opera storica
della filosofia, Milano. Nelle ultime pagine dell’articolo, B. muove alcune
obbiezioni al “programma” degli hegeliani di Napoli — e, in particolare, di S.
— che provocarono una risposta di Gentile. GENTILE, Per la sincerità della
critica e per l'esattezza storica. Risposta al prof. Barzellotti, in “La
Critica”; e in G. G., Saggi critici, serie seconda, Firenze, con il titolo:
False accuse contro lo S.. Risposta...). La risposta di G. all’articolo di B. è
una difesa della tesi della “circolazione” e un richiamo a una più corretta
lettura degli scritti di S. Secondo B., S. avrebbe voluto trapiantare in Italia
il sistema di Hegel, questo prodotto “nazionale” della Germania,
senzatenerconto delle differenze specifiche dei due linguaggi e delle due
mentalità, italiana e tedesca; avrebbe mostrato, ancora, di mancare affatto di
“senso storico” nella sua interpretazione di Rosmini e di Gioberti, e con la sua
affermazione del carattere “solamente europeo” della filosofia moderna. Nella
sua risposta, G. mostra che le accuse di B. si fondano su di una
interpretazione affrettata de La filosofia italiana; e che, in particolare,
l’attribuzione a S. del giudizio: la filosofia è solamente europea, nasce da un
errore materiale di lettura. GENTILE, prefazione a B. S., La filosofia italiana
nelle sue relazioni con la filosofia europea, Bari 1908; terza edizione, Bari. MARIANO,
Dall’idealismo nuovo a quello di Hegel (Scritti vari), Firenze. CROCE, La vita
letteraria a Napoli, in “La Critica. Ampio panorama (ristampato in B. C., La
letteratura della nuova Italia. Saggi critici; qui si cita la sesta edizione,
Bari, della cultura universitaria e extrauniversitaria di Napoli nella seconda
metà dell'Ottocento; con indicazioni ancora preziose sulla vita delle accademie
e delle biblioteche, sulle riviste, sul teatro e sul giornalismo; sulla Società
di storia patria, ecc. Il nome di S. vi compare più volte, e subito (S. rappresentò “nel modo più visibile” la
“trionfante rivoluzione intellettuale”); qui il filosofo è legato al Sanctis (e
al Tari e al Settembrini) con un giudizio (erano, più che insegnanti,
“educatori ed eccitatori di tutte le forze morali) che sarà poi ripreso e variamente
accentuato da altri studiosi. Le 271 sgg. offrono un quadro assai
particolareggiato delle reazioni all’hegelismo di S. da parte dei giobertiani,
dei seguaci di V. Fornari, e di alcuni “ultraprogressisti” in filosofia e
politica (più o meno influenzati dal Mazzini). Degli scolari di S. (ma la sua
scuola fu tutt'altro che una “chiesa. Oltre alle pagine (con richiami alle
testimonianze degli stranieri: di T. Straeter, di Monnier, di I. Taine, ecc.)
sulla vita dell’università napoletana, e sulla sua decadenzadopoil1, sono da
vedere in particolare quelle dedicate alle riviste, che contengono le
indicazioni essenziali sugli scritti polemici di hegeliani e antihegeliani
(polemiche di Fiorentino, Imbriani, S., con V. Fornari, F. Acri, ecc.). ACRI,
Dialettica turbata, Bologna. Nella prefazione l’a. dichiara i sentimenti (assai
delicati, e malinconici) che prova nel ristampare i documenti della disputa.
Ripubblica qui: 1) con il titolo La disputa con Fiorentino e S. e l’Imbriani,
la Critica di alcune critiche; col titolo Un sogno di B. S., la lettera di S.
Gl spaventiani S.ti, con commenti in parentesi; 3) col titolo: Sogno di F.
Acri, e Un dialogo dopo il sogno, lo scritto del 1876: I critici della critica,
la recensione di Mamiani alla Critica; alle 133-243, la Nuova interpretazione
dello Spinoza, seguita da: I/ Fiorentino e lo spirito dello Spinoza celato
entro una fiammella. GENTILE, prefazione a B. S., La politica dei gesuiti.
Polemica con la “Civiltà cattolica, Milano-Roma-Napoli. GENTILE, prefazione a
B. S., Logica e metafisica, nuova edizione con l’aggiunta di parti inedite,
Bari. CROCE, Noterelle di critica hegeliana. I. Il “primo” o il
“cominciamento”, in “La Critica”, La
nota (ad essa si può collegare, per un riferimento esplicito a S., la discussione
dello studio di A. Moni, La dialettica positiva ossia il concetto del divenire,
Teramo, apparsa nella stessa annata della “Critica”; i due scritti di C. sono
stati poi raccolti nel Saggio sullo Hegel, Bari, più volte ristampato) precisa
in termini chiari e definitivi la distanza che l’a. volle frapporre fra sé e il
vecchio hegeliano (per altri giudizi di C. su S., formulati per lo più
incidentalmente in pagine non dedicate al filosofo, v. l’introduzione di questa
bibliografia). C. non attribuisce dignità di problema alla questione del “primo
scientifico” o del “cominciamento”, e rifiuta come vana ogni esercitazione, per
ingegnosa che sia, sul tema delle prime categorie della logica di Hegel. Dando
credito alla richiesta di una “prova” per il principio della scienza, S. ha
finito con l’escogitare una soluzione davvero insostenibile: quella che fa
nascere la filosofia da un dato immediato epperò non provato (il “primo” della
fenomenologia), e che indica poi nell’ “idea”, assunta come maximum di intelligibilità
(il “più che intelligibile”), il risultato ultimo del suo processo; sicché può
dirsi che S. si muove sul piano di un duplice empirismo, “un empirismo del
fenomeno e un empirismo del soprafenomeno o misticismo”. L’errore sta nel
continuare a mantenere — pur dopo aver negato l’esistenza di una verità esterna
al pensiero — la distinzione empirica o didascalica della fenomenologia dalla
logica, e del non filosofo dal filosofo; distinzione che appare, ancora,
indebitamente presupposta, quando S. indica nella “risoluzione” del ZIL1
soggetto la possibilità di un cominciamento necessario per la filosofia. RUGGIERO,
La filosofia contemporanea, Bari. Sullo S.,
(nella quinta edizione in due volumi, Bari. Qui il giudizio di De
Ruggiero è positivo, in linea con l’interpretazione di Gentile. Nelle Prime
categorie S. svolge, attraverso Hegel, tutta la ricchezza del cogito
cartesiano; della logica di Hegel conserva “lo scheletro”, sviluppandone il
significato “più profondo”, intendendola cioè nel suo “motivo storico”, come
preparazione dell’ “assoluto psicologismo” o “assoluto empirismo”. S. mantiene,
certo, la partizione del sistema, distingue ancora la fenomenologia dalla
logica, i.e. la verità “per noi” dalla verità “in sé”, e Si mostra, in questo
senso, “platonico”, al di qua del “nuovo” idealismo. Ma c’è anche lo
S.immanentista, lo S. della lettera Paolottismo, positivismo, razionalismo, e
dell’introduzione ai Principi di etica, che raggiunge l'identità di pensiero in
sé e di pensiero in noi, di conoscenza e scienza, e che afferma la coincidenza
dell’e eterna soluzione” con l “eterno problema”: un motto, che è “linsegna
della nostra vita speculativa”. Da confrontare anche l’articolo di De Ruggiero:
Echi platonici nella filosofia italiana contemporanea (in “La Voce”), che
accetta la linea di sviluppo: Rosmini- Gioberti-S.. A S. sono dedicate le
ultime pagine di G. De Ruggiero, I/ pensiero politico meridionale, Bari. Quello
di S. (e di De Meis) è “uno stato liberale secondo ragione”, che differisce
dalla concezione che ne ebbe il “classico” liberalismo europeo, fondato sui
diritti e la libertà dell’individuo. Ma Y “astratto razionalismo” di S. e De
Meis “venne in buon punto incontro alla prassi politica dei ‘patrioti’ e formò
la filosofia della Destra liberale italiana. Una dottrina che deduceva
l’autorità e la legge dalla libertà, celando in un nembo la dea generatrice,
doveva esser propizia all’azione storica di quelle minoranze che compirono
l’unificazione ed a cui solo una finzione razionalistica poteva attribuire un
titolo di rappresentanza universale. L’energica affermazione dell'autorità
dello stato, dedotta dai principi stessi dell’autocoscienza, corrispondeva alla
pratica dell’accentramento e della burocratizzazione; il legalismo e il
costituzionalismo come criteri superiori per dirimere tutti i conflitti degli
interessi particolari, erano le armi appropriate a un ceto di proprietari,
cosiddetti liberali, una volta pervenuti al potere. Sicché “la dottrina
filosofica ribadiva un complesso d’interessi conservatori e, in certa misura,
reazionari”; la “grandezza storica” (compimento dell’unità) della Destra appare
“quasi del tutto estranea a ciò che le ha conferito la qualifica liberale”. Nel
volume della sua Storia della filosofia moderna dedicato a Hegel (Bari 1948),
De Ruggiero ricorda S. solo per affermare che la sua opera è affatto inutile in
un “riesame storico-critico del sistema hegeliano”. S. conserva “L’intonazione
teologica” di Hegel, e non importa che il suoteologismoassuma i toni di un
teologismo “laico”. La critica moderna rompe l’involucro del sistema hegeliano,
per coglierne e svolgerne l’interna ricchezza; S. si muove nella direzione
opposta, “verso l’involuzione del sistema. FAZIO ALLMAYER, I/ compito della
filosofia italiana, in “La Voce. L'articolo di F. A. è il primo di una serie di
scritti su La filosofia contemporanea in Italia, tema a cui è dedicato questo
numero de “La Voce” (gli altri contributi sono di G. Gentile, F. Momigliano, A.
Carlini, G. Natoli, L. Salvatorelli, G. Lombardo-Radice, Croce, Parodi, Ruggiero,
Saitta). L’impianto dell’articolo — scritto con indubbia decisione e chiarezza
— riflette le —linee’essenziali del programma spaventianogentiliano (e
dell’ultimo Gioberti), accentuando una tematica (necessità di riassorbire la
filosofia della natura e la logica nella fenomenologia dello spirito) che l'a.
ha sviluppato per suo conto nell’elaborazione del proprio idealismo. Con S. e
Gentile, F. A. legge nell’autentica tradizione italiana “la più forte tendenza
verso l’immanenza e la libertà”; “noi siamo avviati alla concezione della
logica come storia, sviluppo dello spirito umano concreto, e quindi al
rifacimento della Feromzenologia dello spirito in cui, oltrepassato il
dispiegamento della coscienza particolare riferentesi all'oggetto naturale,
mostrata l'identità di coscienza ed autocoscienza fin nel primo atto dello
spirito, si abbia il dispiegamento della coscienza umana come atto concreativo
della storia umana, del mondo umano, quindi come storia e logica allo stesso
tempo. Così riporteremo ai concreti problemi della vita e della storia quell’idealismo
che altrove svapora nel misticismo o si deposita nel naturalismo”. Per questo
articolo, l’a. fu chiamato in causa nel corso della polemica Boine-Prezzolini;
e intervenne con una breve risposta ne “La Voce. Il compito della filosofia
italiana apre la raccolta degli studi ristampati nel volume di F. A. Ricerche
hegeliane, con prefazione di G. Saitta, Firenze; il saggio è qui pubblicato con
un titolo diverso, (S. e l’hegelismo) e “con alcune lievi modifiche dove era
invecchiato per la contingenza di certe affermazioni”. Nelle Ricerche è
ristampato anche, con il titolo Genzile e la riforma della dialettica
hegeliana, 20-42, uno studio già apparso nel “Giornale critico della filosofia
italiana: la riforma gentiliana non si trova già in S., il quale “è ancora
legato alla partizione della Enciclopedia hegeliana e ciò a cui è arrivato è
che non ci è categoria senza pensare (mentalità) oggettivo, e che il pensiero
oggettivo è presente al pensiero soggettivo, senza di che questo non è
pensiero. Si potrà ancora sostenere perciò che per lui c’è una esigenza
realistica qui l’a. introduce un riferimento agli studi spaventiani di F.
Alderisio, la quale invece è superata dal Gentile per cui tutta la realtà si
identifica con quella vita del soggetto, in cui il mondo vive, e rivive; e
rivivere è vivere. RODOLAN, Ieri e oggi. Bertrando e Silvio S., in “La Nazione”
Firenze, 7 aprile 1912. Sulle ragioni che hanno portato lo S. al sacerdozio, e
sulla riconoscenza di Silvio per l’ “olocausto” del fratello. GENTILE, La
riforma della dialettica hegeliana e B. S., con appendice (1912), in G. G., La
riforma della dialettica hegeliana, Messina 1913, 1-71; ora in G. G., Opere, a
cura della Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici, Cfr. GENTILE,
La filosofia in Italia dopo il 1850. Gli hegeliani. V. La riforma dello
hegelismo (S.), in “La Critica. Dei saggi gentiliani sulla filosofia italiana
della seconda metà dell’Ottocento, raccolti poi dall’a. sotto il titolo: Le
origini della filosofia contemporanea in Italia, viene tenuta presente in
questa bibliografia l’ultima e definitiva edizione (nelle Opere complete di G.
G. a cura della Fondazione Giovanni Gentile per gli studi filosofici) costruita
attraverso il confronto delle edizioni
(migliorate nello stile, ma mutilate di molti riferimenti ai testi e
delle bibliografie) con il testo apparso ne “La Critica. Il saggio su S. è
ristampato nelle Opere complete; ma sono da vedere anche i volumi precedenti:
per alcuni riferimenti ai rapporti tra Mamiani (e il mamianista Ferri) e S., il
XXXII, che contiene, nelle pagine sul Tommasi, indicazioni sulla polemica
intorno alle psicopatie, e notizie sui rapporti di Angiull i e Siciliani con lo
S.; infine, nel vol. XXXIII, sono da vedere il capitolo su F. Fiorentino, le
pagine su F. Masci e le pagine che introducono alla storia degli hegeliani di
Napoli. Il saggio su S. del 1913-14, scritto quando erano oramai acquisiti
(soprattutto con la pubblicazione del Framzzzento sulla dialettica) i documenti
fondamentali su cui si basa l’analisi di G., fissa in termini conclusivi
l’interpretazione avviata nel Discorso del 1900 96. Le pagine su S. e la
riforma dell’hegelismo sono precedute da due capitoli, intitolati: Ceretti e la
corruzione dell’hegelismo (con paragrafi dedicati a P. D’Ercole, A. Tari, e
alla Florenzi Waddington) e: Mess e la filosofia della natura (sono da vedere
le 59 sgg., sui rapporti De Meis-S., dove si ragiona come e perché il primo non
intese “il motivo segreto e le conseguenze” degli studi spaventiani sulla
logica hegeliana); e precedono l’ultimo capitolo delle Origizi, dedicato agli
Scolari di S., S. Maturi e D. Jaja, da vedere anch'esso, per il rapporto
istituito tra maestro e discepoli: Maturi subisce l’influsso anche di Vera, e
dà un peso eguale alle due posizioni, distinte anzi opposte nella
interpretazione corrente; Jaja “s’afferra al filo che già aveva porto lo S. per
uscire da quel labirinto del congegno della logica hegeliana, determinato dal
rapporto delle prime categorie” e lavora all’elaborazione della metafisica
della mente (p. 208). L’ultimo paragrafo dello scritto su S.riprendeeconclude
il giudizio avanzato nella dedica degli Scritti del 1900 961: la filosofia di
S. accoglie e compone “tutte le esigenze varie ed opposte che s’eran venute
agitando nel pensiero italiano nella seconda metà del secolo XIX”, dando ad
esse “legittima soddisfazione e additando la via dell'ulteriore progresso. La
ricostruzione del “punto di vista spiritualistico raggiunto dallo S.” (p. 186)
è preparata, in primo luogo, da una breve presentazione della figura del
filosofo, lodato come “uomo di parte” orientato “verso la concretezza” storica,
e opposto, così, all’ortodosso Vera (sui diversi interessi — per la filosofia
della natura e della religione in Vera, per la logica e la teoria della
conoscenza in S. — dei due filosofi, e per la presentazione della loro
opposizione secondo lo schema: metafisica dell’ente-metafisica della mente) e
ai mistici Tari e Ceretti; in secondo luogo, da una riesposizione degli studi e
scritti spaventiani sul Rinascimento, su Spinoza e sulla filosofia italiana
contemporanea: soprattutto della Fy/osofia di Gioberti, qui giudicata il
“capolavoro” di S. Nel corso di questa riesposizione, e già a proposito dei
primi studi bruniani di S., G. osserva che “questa sua storia della filosofia,
che qui si viene studiando, non è che una prima immagine della sua filosofia;
richiama cioè un problema affrontato nella prefazione a La filosofia italiana
già dato per risolto, in quella stessa prefazione, attraverso la costruzione
teorica della identità di filosofia e storia della filosofia. Nelle Origzzi,
questa teorizzazione riaffiora in più punti, e soprattutto dove si parla della
“perfetta fusione di trattazione storica e filosofica” che solo può realizzare
chi, come S., ha interesse di “intendere tutto il processo, come il processo
genetico del risultato. Ora, approfondito e conosciuto veramente il “risultato”
(e cioè “rivalutata” via via la filosofia di Galluppi, Rosmini, Gioberti), è
abbandonato da S. l’astratto appello al sistema di Hegel: il problema non era
più quello “dei rapporti tra i filosofi del secolo XVI e la posteriore
filosofia europea” (i.e. l’enciclopedia di Hegel), bensì “quello dei rapporti
degli ultimi tre filosofi italiani... con la filosofia tedesca da Kant a
Hegel”. La teoria della “circolazione del pensiero” nasce quando il processo
della filosofia moderna appare a S. non più “rettilineo e centrifugo, rispetto
a noi”, ma anzi “come un moto circolare, che ritorna al suo punto di partenza. Ora,
l'abbandono o la correzione del programma era reso possibile — sottolinea G. —
dall’atteggiamento indipendente assunto da S. nei confronti dello stesso Hegel;
“S., avendo fatto suo succo e sangue la sostanza del pensiero hegeliano, non
pensava né scriveva col modello innanzi, né si faceva dei paragrafi
dell’Erciclopedia la regola del proprio giudizio; e G. si compiace di additare
almeno un luogo della Filosofia di Gioberti in cui S. mostra di avere, del
pensiero, “un concetto conforme bensì alla Ferorzenologia hegeliana, ma non
forse alla Enciclopedia, in cui il pensiero nostro, libero, personale,
presuppone la logica in sé, nella stessa relazione che la riflessione
giobertiana ha con l’intuito come sua base autorevole.. Il vero significato
della “circolazione” sta allora nella critica o meglio “autocritica” del
processo storico del pensiero italiano che in S. si compie: “la vera importanza
della critica dello S. sul Galluppi, sul Rosmini e sul Gioberti è di
rappresentare il progresso del pensiero italiano dopo Gioberti. Con questo
riconoscimento — e qui G. si discosta dai suoi precedenti studi, e
approfondisce un’obbiezione avanzata nella prefazione a La filosofia italiana —
cade tuttavia lo stesso concetto della “circolazione”: “concetto, diciamolo
pure, alquanto fantastico, implicando quello di una nazionalità come una sfera
chiusa di vita spirituale: che, a sua volta, è concetto non sostenibile né
storicamente, néfilosoficamente, fondato su una rappresentazione fantastica
della nazione, come qualche cosa di esistente in sé, in conseguenza di certi
dati naturali. Certo, lo schema “rigido” della “circolazione” fu reso da S. più
flessibile con la “scoperta” del nesso Vico-Kant, anche se il filosofo non
riuscì a individuare la vera origine storica della dottrina vichiana (gli
sfuggì l “aspetto incontestabilmente kantiano del Deantiquissima) e della
esigenza metafisica che pure ad essa riconobbe. Tuttavia, l’obbiezione di G.
all'idea spaventiana del “circolo” resta: e viene giustificata, a) sul piano
storico, attraverso numerosi riferimenti che mostrano come la “circolazione”
sia stata “continua, e h) sul piano filosofico, in virtù dell’equazione:
nazione=spirito=universale (“e se la concretezza dell’universale importa le
differenze, queste non cancellano mai quello: e la varietà della storia non è
che l’eterna variazione dell'uno e l'eterna unificazione del vario). La
“circolazione”, per G., è “continua”, perché coincide col dialettismo del
pensiero in atto. Le pagine, già richiamate, che chiariscono il rapporto
Vera-S. avviano G. allo intelligenza” dell’hegelismo spaventiano. Unico
problema di S. quello della logica o teoria del conoscere, sviluppato nella
linea della sinistra hegeliana così come l’intende G., nella linea cioè di una
ricerca volta all’ “affermazione dell’essere come mente” contro le concezioni
imperniate sulla rappresentazione religiosa del logo. Ma il “problema della
mente” come problema del conoscere diventa centrale in S. non attraverso una
mera “riduzione” della filosofia a gnoseologia; è, infatti, sul piano storico —
sul piano di quel reale processo storico che va da Kant a Hegel — che la
critica del conoscere si è rivelata a S. nel suo valore: non pura gnoseologia,
ma metafisica. G. ripercorre allora le pagine dello Schizzo di una storia della
logica 68 dedicate allo svolgimento del problema della conoscenza in Kant,
Fichte, Schelling, Hegel; insistendo per suo conto — ma con l’indubbio conforto
dei testi — sull'importanza della lettura spaventiana di Kant (della Critica
della ragion pura, non della Critica della ragion pratica né della Critica del
giudizio; e, all’interno della prima Critica, dell’Analitica piuttosto che
della Dialettica), che offrì al vecchio maestro un criterio fondamentale per
orientare la sua ricerca teoretica e la stessa sua interpretazione di Hegel. Il
Kant di S., il Kant “inteso a dovere” (i. e. il Kant della “vera sintesi a
priori”, “unità del senso e dell’intelletto, in cui consiste l’atto
deiconoscere), “rimase per lui sempre la vera pietra di paragone dello stesso
hegelismo”), e di ogni altro idealismo; il cui problema, come è noto, è
presentato, nello Schizzo, secondo questo semplice schema di sviluppo: l’unità
(di senso e intelletto, di essere e pensiero) richiesta da Kant, “pensata” da
Fichte (ma solo “pensata”, come processo formale) e intuita da Schelling (ma
solo intuita) come processo reale, fu “provata” da Hegel. O meglio: Hegel si
accinse alla “prova” (a “pensare il pensiero come l’in sé della realtà”, p.
159); S., sottolinea G., non ci appare mai persuaso che Hegel fosse riuscito
nell’intento attribuitogli, così come non ci appare mai convinto di essere
riuscito a condurre a termine la “prova” richiesta. G. può procedere ormai alla
individuazione del “vero” hegelismo di S., il quale accenna in più luoghi — e a
volte dà inizio — ad un reale progresso da compiere rispetto a Hegel, spesso
restando impigliato in difficoltà delle quali gli rimase per lo più ignota la
radice. Un primo tipo di difficoltà si rende manifesto già nell’ambito delle
riflessioni emergenti nello Schizzo, e sviluppate in Logica e metafisica,
intorno al tema del “primo scientifico”. La “prova dell’identità” si scinde in
S. (come già in Hegel) in due prove, quella della fenomenologia (la “mente” non
è semplice soggettività, ma è processo reale, è mente assoluta) e quella della
logica (il processo della mente è logico; il logo non è oggetto d’intuito). La
distinzione delle due prove comporta la separazione della logica dalla
fenomenologia, e rende necessario l'abbandono del pensiero fenomenologico per
attingere il pensiero logico, l’ “in sé della natura e dello spirito, destinato
a non coincidere mai col “per sé” o col “per noi” (p. 165). S. volle certo
affermate l’ “unità originaria” di fenomenologia e logica (pp. 166 sg.), e
questo è un merito che gli va riconosciuto; ma la particolare soluzione da lui
ora proposta (il principio della scienza — il “primo scientifico”, immediato in
quanto primo — è mediato, provato, in quanto si identifica con l’ultimo grado
della fenomenologia) appare “illusoria” e accolta solo “per effetto d’una mera
abitudine scolastica”(si ricordi un’obbiezione simile di Croce, che definisce
“didascalica” la distinzione accolta da S. Il rilievo di G., che individua,
senza appesantirne le conseguenze, l'accettazione da parte di S. del sistema
hegeliano nella sua architettura fondamentale (implicante perciò l'esclusione
della Fezorzenologia come semplice “propedeutica”), sembra confortato da
un’osservazione precedente, in cui si parla delle “difficoltà insormontabili
che S. incontrava sempre nel concetto della natura che non è per lui, come il
logo, reale soltanto nel pensiero (ossia, analogamente, nel concetto della
natura) ma in se stessa, benché non per se stessa. Su questo punto però, G. si
affretta a ricorrere ai testi, in particolare alla lettera Paolottismo, per
documentare l’avversione del filosofo al teismo e al naturalismo, egualmente
travolti “dalla sua tendenza al più schietto e assoluto idealismo spiritualistico
e umanistico. E a gettare una miglior luce su quelle riflessioni di S. intorno
al rapporto di pensiero logico e pensiero fenomenologico, interviene l’analisi
degli studi sulle prime categorie della logica hegeliana: lo scritto, preparato
dalla critica di Gioberti, e, soprattutto, il Frazzzzento inedito del 1880-81 103,
dove l'essere è finalmente colto come “atto del pensare”; con questa “nuova
soluzione lo S. toccava il più alto segno a cui era indirizzata fin da
principio la speculazione dell’idealismo trascendentale; e iniziava una
radicale riforma dello hegelismo, ricollocando la logica al suo natural posto,
al fastigio della fenomenologia, ma nella stessa fenomenologia; scrollando
dalle fondamenta la nuova fortezza in cui con Hegel s’era andato a chiudere il
vecchio ente — il trascendente — sotto nome di logo, sovrastante alla natura e
allospirito. Un altro gruppo di paragrafi, che prepara la conclusione del
saggio, è dedicato da G. agli studi di S. sul positivismo, o sul “nuovo
empirismo”: l’ultima fatica del filosofo. G. vuoi giustificare la “affinità
sorprendente” dell’idealismo spaventiano con l’empirismo “raccomandato” dai
positivisti; ci ricorda che lo stesso filosofo nella prefazione ai Principi del
1867 si dichiarò positivista, e volle essere riconosciuto come tale, in forza
di una concezione dell’uomo (l’ “uomo è essenzialmente storia”) che ha il suo
sviluppo più conseguente negli Studi sull’etica hegeliana, del 1869: dove S.
oppone alle anime sensibili — a chi si compiace di separare il dover essere
dall’essere, la legge dal fatto, e così via — una concezione “rigorosamente
immanentista”, che si presenta con un “aspetto pauroso di cruda storicità,
ossia di schietto naturalismo. In che senso si muove la critica di S. al
positivismo, se il suo idealismo immanentistico toglie l'opposizione di
assoluto e relativo, apriori e aposteriori ecc.; se può apparite, come apparve
ai difensori della tradizione, una sorta di “materialismo aristocratico”? Dove
s’era dunque cacciato lo spirito coi suoi imprescrittibili diritti”? Alla
domanda, osserva G., si può rispondere solo se si sappiano collocare i concetti
filosofici nel contesto del loro ptocesso storico: materialismo, naturalismo e
empirismo sono momenti dell’idealismo “vero”, “storico”, introdotto da Kant
come “sviluppo” dell’empirismo di Locke e di Hume (e già, per quanto riguarda
S., va rilevato che la sua critica dell’intuito fatta nella Filosofia di
Gioberti “è, per indiretto, la celebrazione dell’empirismo lockiano).
L’empirismo avversato da S. è quello che non riconosce la propria origine
storica (e quindi la propria giustificazione speculativa) nello sviluppo
dell’idealismo cartesiano, come critica dei “residui platonizzanti e
scolastici” di quella filosofia; è l’empirismo che non riconosce più la propria
funzione nella critica dell'esperienza, contro la vecchia metafisica dell'ente.
S. ha contribuito (soprattutto in Kant e lempirismo, e negli scritti postumi
Esperienza e metafisica 94 e Introduzione alla critica della psicologia
empirica) a svelare l'equivoco (astrazione dal processo storico) per cui si
contrapponevano ancora, dai contemporanei, idealismo e positivismo; tenendo
fede, per suo conto, a quel “principio della certezza del vero o della
storicità dell’eterno, che era stato il primo motivo della filosofia cartesiana
e l’idea madre del Saggio di Locke. Di qui l’interpretazione spaventiana di
Galileo, ripresa in Esperienza e metafisica, nel contesto della sua critica
dell’ “ontismo: della filosofia che concepisce la realtà come ente o enti
(materia o idea)”; di qui l’affermazione di un “fenomenismo” assoluto (la
realtà è “fenomeno a se stessa, fenomenizzarsi eterno”, p. 184), che accoglie e
legittima le esigenze del vero idealismo e del vero positivismo. Il “nuovo
fenomenismo” di S., conclude G. M), fu “annunziato”, più che “svolto”,
nell'opera pubblicata postuma nel 1888; ma qui il vecchio maestro giunse a
rivendicare l’ “essenza spirituale del mondo, meccanizzatasi nell’astratto
spiritualismo platonico e cartesiano. Agli occhi di G., S. raggiunse proprio in
queste pagine quel “punto di vista spiritualistico” che l’attualismo era
destinato a svolgere, sviluppandone coerentemente il principio. Il
“preattualismo” di S. è disegnato con estrema chiarezza e decisione: per il
“nuovo” fenomenismo, “gli enti son negati nella loro astrattezza, dove non è
dato scorgerne se non l’ombra fissa e fallace: ma riaffermati nella vita
concreta che essi vivono in seno alla realtà spirituale, come saldi momenti del
pensiero. La storia è la teofania di questa filosofia: ma questa storia non è
la dura storia che l’uomo si trova innanzi, già realizzata e diventata una
necessità che allo spirito simponga come limite naturale; è invece la storia
che l’uomo non trova mai innanzi a sé, come un passato, ma che egli realizza,
creandola. Tutto quello che è già, è ente. E l'ente come tale nasce dalla
riflessione e dall’analisi della vera realtà, che non è, ma diviene, facendosi
da sé. MISSIROLI, La monarchia socialista. Estrema destra, Bari. Della
Monarchia socialista v. anche la seconda edizione, Bologna. Su S. Si veda
specialmente il quinto capitolo (I/ pensiero della Destra, prima edizione;
seconda edizione, 71-79), che ricorda gli scritti sul problema del rapporto
dello stato con la chiesa, quello contro Tommaseo sul tema:
Rousseau-Hegel-Gioberti, ecc. La tesi è riassunta in modo chiaro nella
prefazione alla seconda edizione: “lo stato moderno, inteso come stato etico,
non è realizzabile, se non nelle nazioni, che abbiano superato l’idea cattolica
mediante la Riforma protestante”. S., e con lui De Meis e Gioberti,
nell’alternativa: ritorno al puro cattolicesimo e rinuncia alla rivoluzione,
oppure riforma religiosa, ha scelto la
seconda via. Cfr. la recensione di G. Gentile alla prima edizione della Monarchia
socialista in “La Critica”, XII (1914), 234 sg. 195. Un giudizio di Bovio su B.
S., in A. CARLINI, La mente di Giovanni Bovio, Bari. Ristampa di uno scritto
(Augusto Vera) pubblicato nel 1885 sul “Giordano Bruno” di Napoli. S. è
elogiato da Bovio, come il filosofo che seppe rendere esplicito il “lato nuovo”
di Hegel. Il “giudizio” offre nelle prime righe una nuova presentazione del
rapporto Vera-S.: “S., geometra; Vera, dotto...” (nello stesso volume, p. 185,
Si legge il testo di un’epigrafe dettata da Bovio per lo Sl. GENTILE,
Prefazione a B. S., Introduzione alla critica della psicologia empirica,
estratto dagli “Annali delle Università toscane “, Pisa. CIPRIANI, La
psicologia di B. S., Bologna. Rapida esposizione e analisi delle vedute di S.
intorno alle origini della percezione, ai rapporti tra fisiologia e psicologia,
ecc.; il saggio segue il testo della Introduzione alla critica della psicologia
empirica, pubblicato dal Gentile. FAZIO ALLMAYER, I/ problema della nazionalità
nella filosofia di B. S., in “Giornale critico della filosofia italiana. Ricostruisce,
con numerose citazioni dalle opere di S. e molti riferimenti e raffronti con le
dottrine dei suoi contemporanei (Gioberti, in particolare, e Mamiani, Luigi
Ferri, ecc.), la genesi e lo sviluppo dell’idea di nazionalità in S.: dalla
primitiva negazione (contrapposta alla “boriosa” affermazione dei sostenitori
di una tradizione propria, perché esclusiva, del pensiero italiano), al
riconoscimento della necessità di una filosofia italiana nella lotta per
l’unità nazionale; infine, al pieno superamento del concetto naturalistico di
nazione (la nazione come “destino”) nell’idea dello “spirito che si crea in una
forma determinata”. Un momento decisivo in questo itinerario di S. è
rappresentato dalla elaborazione di un nuovo concetto di universale-concreto,
che supera ad un tempo le posizioni di Gioberti e di Hegel; Hegel pensava “che
il mondo germanico dovesse assorbire la nazionalità in quanto rappresentante
della verità, e non intendeva lo spirito degli altri popoli né la personalità
autonoma di ciascuno di essi”. Sono “indizi luminosi” di questo processo di
superamento la riforma della dialettica hegeliana, le “lunghe meditazioni sulla
Fenomenologia”, il rifiuto della filosofia della natura, la criticadelrealismo
e del positivismo in funzione di un idealismo “che è storia, vivezza di
problemi, vera ricerca dell’identità del reale col razionale e del razionale
col reale. L’articolo è ristampato in V.F.A., Il problema morale come problema
della costituzione del soggetto e altri saggi, Firenze. GENTILE, prefazione a
B. S., La libertà d'insegnamento. Una polemica di settant'anni fa, Firenze. Cfr.
VENEZIANI, La vita e l’opera di Angelo Camillo De Meis, Bologna. CARAMELLA, Il
liberalismo hegeliano del Mezzogiorno. I. S., in “La Rivoluzione liberale. Il
saggio, completato con due articoli su De Meis e Silvio S. già pubblicati nello
stesso periodic, è ristampato nel volume: La filosofia dello stato nel
Risorgimento, Napoli.. Come si conciliano la sovranità dell'idea e l’autonomia
dell’individuo? Qual è, cioè, “la libertà propria dello stato liberale?”.
Questo il problema di S., problema che investe “la legittimità del
liberalismo”. Per Hegel resta incerto se lo stato integra o disindividua il
singolo. La richiesta spaventiana di una “mediazione tra il singolo e
l’universale, tra la storia e l'assoluto” è studiata attraverso la lettura
delle polemiche coi gesuiti 101, della Libertà d'insegnamento e dei Principi di
etica (97; e C. attribuisce senz'altro a S. un articolo del “Nazionale” del 5
marzo 1848). S. non riesce a conciliare i due termini, e resta fermo alla 2528
conclusione “che l’individuo trova nello stato valori più alti del suo spirito
pratico, e nel suo aderire allo stato riconosce in esso raturaliter il suo più
vero sé. Si son fatti molti passi innanzi e chiarite molte relazioni: ma la
domanda non ha avuto né avrà pià da S. una risposta diretta. Lo stesso
conflitto tra libertà e tradizione, stato di diritto e stato di fatto, viene
risolto senza nessun riguardo all’individuo (che invece lo sente più che mai),
ma solo in rapporto allo stato per sé preso”. Ma S. è anche il critico del
costituzionalismo; e quando afferma che la costituzione non è uno schema
astratto che sisovrappone alla vita dello stato storico, positivo in quanto
storico, indica una via che sarà seguita “con più coerenza” dal fratello
Silvio. “L'opposizione del singolo e della collettività, della coscienza e
dell’autorità, rimasta impigliata nelle maglie della dialettica in S., troncata
imperiosamente a favore del secondo termine dal De Meis, appare nel nostro =
Silvio meno ardua perché storica...”. 202. G. DE RUGGIERO, Il pensiero politico
meridionale, Bari. Cfr. CURCIO, I/ pensiero politico di S., Napoli. È una
rapida ricostruzione e, per lo pè, nella stessa intenzione dell’a., una
parafrasi delle tesi esposte da S. nei Principi di etica, nella Politica dei
gesuiti, nella Libertà d'insegnamento, ecc., a sostegno di un ideale di stato
liberale, che il C. ripropone in questa forma “per mostrare... quale sia il
pensiero di un liberale autentico... del cui nome si son fatto scudo molti e
molti per dire cose assai diverse, nonché tra loro, da quello che fu lo spirito
del filosofo meridionale”. 204. G. GENTILE, S., Firenze. Nuova presentazione
del Discorso premesso agli Scritti filosofici di S. (cfr. n. 96 = Opere). G.
dichiara nella prefazione di ristampare il saggio del 1900 “con nuove cure e
parecchie aggiunte, ma senza mutare una linea a quello che una volta dissi, o
sapevo dire” (p. 9 = Opere, I, p. 7). L'aggiunta piè rilevante è costituita da
un nuovo capitolo (Contro la nuova corruzione italiana, = Opere), costruito con la riproduzione di
una lettera di S. a De Meis, e di due lettere dello stesso De Meis a S.: tre
denunce amare — e, a giudizio di G. ( = Opere), parziali — del “positivismo”
ormai imperante nella vita politica italiana, dopo l’avvento della Sinistra al
potere. Va segnalata inoltre, nell’Appendice (= Opere), la pubblicazione —
sotto il titolo Le tribolazioni di B. S. giornalista —di documenti relativi
alla collaborazione di S. alla “Rivista contemporanea” (una lettera a De Meis,
un promemoria di S., una lettera a S. di L. Chiala, infine la ristampa
dell’articolo di S. La Civiltà cattolica e la Rivista contemporanea, apparso
sul “Piemonte” del 16 gennaio 1856; su queste “tribolazioni” di S. giornalista
vanno confrontate ora le integrazioni e precisazioni di S. Landucci, De Sanctis
e Tommaseo. Lettere inedite, “Belfagor”); e, sotto il titolo B.S. e
l’Accaderzia di filosofia italica, la pubblicazione di due lettere di Mamiani a
S., e di due lettere di S. a Mamiani. La Bibliografia degli scritti di B. S.,
accresciuta e corretta. Le “nuove cure” e le aggiunte minori (o le variazioni
introdotte nel testo del 1900) sono dovute alla pubblicazione di nuovi
documenti (come le Ricerche e documenti desanctisiani di Croce), e alla
scoperta dei nuovi testi spaventiani editi dallo stesso G. tra il 1900 e il
1920 (il Framziento inedito sulla dialettica, l’Introduzione alla critica della
psicologia empirica, ecc.). Così, si legge ora che la teoria della
“circolazione” del pensiero italiano è “uno dei maggiori titoli scientifici del
nostro filosofo” ( = Opere) e non più, senz'altro, il maggiore (com’era detto
nel testo); appare modificato il giudizio sulle Prize categorie (tentativo di
soluzione, rispetto al Framzzzento); e così via. Degna di rilievo è infine la
prefazione della monografia (= Opere; per la ripresa dell’accostamento S.-De
Sanctis (già sottolineato nella prefazione a Da Socrate a Hegel), che si
specifica ora nel senso di una preminenza del primo sul secondo (“lo S., dalla
parte sua, ridusse a concetto filosofico quello che in De Sanctis fu intuito
largo, comprensivo, luminoso, ma non sempre coerente e fermo”); perle riserve
mantenute a proposito della teoria della “circolazione” (cfr. allora i rilievi
nelle Origini della filosofia contemporanea in Italia: n. 193; e, prima ancora,
i rilievi della prefazione a La filosofia italiana); per il compiacimento,
infine, con cui G. può annunciare, dopo venti anni, il “successo” della lezione
spaventiana. PICCOLI, Storia della filosofia italiana, Torino. Su S. cfr. in
particolare alcune pagine del ventisettesimo capitolo (La lotta delle
tendenze.). Malgrado alcuni riconoscimenti parziali, è respinta la
ricostruzione spaventiana della storia della nostra filosofia, il cui carattere
fondamentale va ritrovato, afferma l’a., nell’ “esigenza di un
trascendentalismo che è, necessariamente, antihegeliano” (p. 282). Il nome di
S. è ricordato nel primo capitolo (La tradizione filosofica nazionale); anche
qui si leggono analoghi rilievi, che interessano soltanto come documento della
più ampia discussione sul problema della tradizione del pensiero italiano.
CROCE, Documenti di vita italiana. V. Silvio S., in “La Critica. È la
prefazione di C. alle Lettere politiche di S. S., a cura di G. Castellano. LICITRA,
La storiografia idealistica. Dal “programma” di B. S. alla scuola di G.
Gentile, Roma. Nel primo capitolo (I/ programma di S.), la. ribadisce che lo
schema delle lezioni napoletane di S. è ancora valido come “programma di tutta
l’attività storiografica e filosofica del nostro secolo” (p. 26); si tratta
tuttavia di uno schema, che nasconde in forma contratta i suoi possibili sviluppi.
Si veda allora il terzo capitolo (La filosofia italiana attraverso gli studi di
Gentile), in cui si mostra come Gentile abbia ZII portato a compimento il
disegno del maestro, superandone le residue incertezze (e, per l'impostazione
teorica del discorso dell’a., cfr. il quinto capitolo, Criteri storiografici
dell’idealismo assoluto. SAITTA, S., in “Il Giornale della cultura italiana” Bologna.
Scritto dopo la pubblicazione della monografia gentiliana, l’articolo mette in
rilievo la solidità e la “serietà” del pensiero di S., e l'attualità delle
opere del filosofo meridionale. GENTILE, Una notizia biografica di B. S., in
“Giornale critico della filosofia italiana, Cfr. RUSSO, Francesco De Sanctis e
la cultura napoletana, Venezia. Lavoro fondamentale per la ricostruzione
dell'ambiente, degli schieramenti, delle polemiche, delle varie relazioni —
scontri, alleanze— tra le diverse “culture” che si incontrano nello sviluppo
della cultura nazionale italiana. Dell’opera viene qui seguita la terza
edizione, Firenze. Sono da vedere le pagine della prefazione alla seconda
edizione — qui riprodotte, XI-XIV — dove sono indicati i motivi ispiratori e le
conclusioni generali della ricerca, in termini suggestivi e ancora stimolanti
(De Sanctis riformatore “di uomini, cioè di indirizzi mentali e spirituali”;
con lui la “cultura dell’Italia in esilio”, maturatasi, trionfa a Napoli;
collocazione della cultura napoletana nella geografia culturale d’Italia;
contributo di Napoli alla formazione di una “cultura nazionale”; ragioni del
successo della cultura vichiana napoletana nel Novecento; ecc.). Nel primo capitolo
(La decadenza dell’Università borbonica e la riforma del De Sanctis), alle 30
sgg., sono rievocate le sommosse studentesche contro la nuova università, che
toccarono da vicino lo S. Sul carattere dell’insegnamento e sull’
“antiaccademismo filosofico” di S. si veda il capitolo La nuova cultura e gli
hegeliani; di seguito, alle 202 sgg., è ripreso il tema dell’antitesi Vera-S.
Nel sesto capitolo (Gli scienziati e la reazione alla metafisica) è ricostruita
la polemica sulle psicopatie, tra il Tommasi e S. (accostati, poi: l’ “unità
scientifica” promossa da Tommasi “poteva dirsi analoga a quell’altra che lo S.
realizzava nel campo della filosofia”). S., De Sanctis, De Meis sono
riavvicinati fra loro, 197 sg. (nel capitolo: La cultura extrauniversitaria),
in virtù del più avveduto e critico “positivismo” (“essi, che agli ebbri
gerarchi del nuovo movimento, parevano già filosofi oltrepassati, ‘metafisici
estetici’, ‘idealisti’, forse restavano ancora i più illuminati veggenti e
teorizzatori e interpreti della nuova filosofia, maestri che, nella coscienza
dei limiti di quella, precorrevano già alla sua correzione e al suo
svolgimento”); dopo aver ricordato i difficili rapporti degli hegeliani con il
“transfuga dell’idealismo”, P. Villari (pp. 214 sgg.), sono ribadite da R. le
ragioni “morali” dell’avversione (condivisa dall’a..) di S. al “facile”
positivismo, alleato ai paolotti (pp. 217 sgg.). Il capitolo ottavo (Conflitti
tra il vecchio e il nuovo) è in gran parte dedicato alla battaglia degli
hegeliani contro V. Fornari, e alle polemiche con F. Acri. I capitoli nono
(Polerziche politiche), decimo (Silvio S. e il liberalismo di Destra),
undicesimo (L'educazione nazionale e il pensiero dei napoletani) e dodicesimo
(I/ De Sanctis educatore politico) sono dedicati alla ricostruzione delle
posizioni assunte dagli esponenti della cultura napoletana sul terreno dei
conflitti etico-politici; sono pagine che tendono a concludersi con un elogio
di quella “medietas” politica che De Sanctis seppe dimostrare, e il cui senso
mancò agli altri hegeliani, fatta eccezione per Silvio S. (“il solo napoletano
che possa stare accanto a De Sanctis” per l’ampiezza delle vedute politiche).
Silvio S. è del resto salvato dall’accusa di statolatria, e lodato (come fece
già Croce) per la sua battaglia intesa “a frenare l'eccessiva ingerenza
autoritaria dello stato. Sul De Meis, e su B. S., per le opinioni espresse da
loro sul tema dell'educazione religiosa e del rapporto dello stato con la
chiesa, cade un pesante giudizio di “astrattezza” e un’accusa di “confusione”.
S. “dialettizzava le relazioni tra la chiesa e lo stato, come fossero due
concetti puri, e si trattava invece di due istituzioni storiche; e la
separazione giuridica egli interpretava come separazione dialettica.. S. non
vedeva “il pericolo dello stato etico” da lui teorizzato: “intesa la dottrina
dello stato etico, come s'intende per lo più, come uno stato che dirige, che
insegna, che moralizza, che ordina culti, avremmo uno stato pedantesco e
autoritario e, in fatto di religione, avremmo lo stato teologo, lo stato
calvinista, o, per rimanere nell’ambito della tradizione italiana, una specie
di potere temporale, in laico ammanto” (e mazziniani, democratici e
neoriformatori avrebbero ragione di considerare loro maestri lo S. e il Meis).
Il “senso etico” nello stato moderno appare meglio salvaguardato dai politici
che adottarono la formula cavouriana, intuendo (come intuì Silvio S.) che “la
migliore soluzione del conflitto” era la “perpetuazione del conflitto stesso”,
garanzia a un tempo della libertà religiosa e della libertà di pensiero. Il
nome di S. torna ancora nelle pagine conclusive (Napoli e la cultura nazionale,
che riassumono i caratteri generali della cultura napoletana, “lontana e comune
genitrice della nostra presente cultura nazionale. E vi torna in ogni
paragrafo: sia che si tratti di ribadire la “tendenza antiletteraria e
antiaccademica” di quellacultura(tendenza condivisa da S. nella sua concezione
della filosofia come “consapevolezza”, “riflessione di vita”); sia che si
tratti di sottolinearne l'esigenza “cosmopolitica” (ma in senso nuovo, e
moderno; la scienza e la filosofia diventano veramente nazionali “per la
mediazione di una coscienza europea”) o la “tendenza critica e razionalistica”;
sia che si tratti infine di lodare 1’ “antiteocratismo” dei vecchi maestri —
fondato su una nuova fede religiosa, immanentistica — o il loro “animus
critico” (come “senso storico dei problemi”: la “riforma del sistema hegeliano
avviene allora più che per trasmutati sillogismi, per energica espressione
della sua sostanza storica). Tra le recensioni, si ricorda qui quella di A. Omodeo,
in “La Critica” ristampata in A. O., Difesa dei Risorgimento, Torino). Omodeo
raccoglie e ripete le obbiezioni allo “stato etico”, che può rovesciarsi in
stato autoritario; la moralità è, kantianamente, “forma”, che vive nella
coscienza dell’individuo. MAZZANTINI, Lo begelismo in Italia, in Hegel nel
centenario della sua morte, supplemento speciale della “Rivista di filosofia
neoscolastica”, Nello sviluppo interno del pensiero di S. è prefigurato
l’intero svolgimento dell’hegelismo in Italia; di quel movimento che, nato con
un orientamento umanistico- storicistico, sembra destinato a rovesciarsi in un
positivismo integrale. Come attestano i più recenti sviluppi del neohegelismo:
malgrado le resistenze dei maestri (di Croce, con la sua distinzione di teoria
e pratica, e di Gentile, con la distinzione di io empirico e io
trascendentale), gli ultimi seguaci della dottrina tendono verso un fenomenismo
puro o assoluto positivismo. A S. sono dedicate specialmente le M. richiama i
motivi centrali del suo pensiero (la storia della filosofia italiana — che
viene respinta, soprattutto l’interpretazione di Rosmini —, la dottrina svolta
nelle Prizzze categorie, ecc.), e pone in rilievo la naturale convergenza dell’
“umanismo” di S. col positivismo. S. sperò di poter costruire un “positivismo
idealistico assoluto su basi hegeliane”; ma ci sono, per l’a., antitesi
inconciliabili tra idealismo e positivismo, anche se appaiono facili e
suggestive certe concordanze (carattere “mondano” del filosofare, ecc.). 211
bis. D. CANTIMORI, Sulla storia del concetto di Rinascimento, in “Annali della
Scuola Normale Superiore di Pisa”, Su S. vedi in particolare il paragrafo sesto
(La circolazione del pensiero italiano e l’importanza del Rinascimento per la
filosofia europea); e per un raffronto col De Sanctis, il paragrafo successivo.
Scrive l’a. che per S. la filosofia del Rinascimento “non è soltanto | ‘aurora’
della Riforma religiosa, vero sole meridiano della civiltà e della filosofia,
ma costituisce di per sé la ‘riforma filosofica. L’unilateralità schematica e
sistematica dello 2538 Hegel e del Brucker è superata. La valutazione positiva
della Riforma infatti è mantenuta, in quanto il Rinascimento acquista il suo
valore dal paragone con essa, edèconsiderato come un altro aspetto storico di
quella ‘rivoluzione degli spiriti’, che si manifestò come protesta e come
Riforma in altri paesi. Così il concetto di ‘Riforma’ è allargato, ed il suo
valore non è più derivato dalla sua significazione per la storia ecclesiastica,
ma dalla sua importanza per la storia del pensiero. Anche se permangono qua e
là, in S., suggestioni hegeliane (il Rinascimento come “germe indistinto e
incosciente”, “torbido e inconsapevole”), il filosofo italiano ha colto, meglio
di Hegel, l'intimo nesso di riforma religiosa e rivoluzione filosofica; nella
storia della filosofia il pensiero del Rinascimento è “equivalente” — e non
“subordinato” — alla Riforma: due aspetti di un'unica “rivoluzione spirituale”.
Nello stesso paragrafo, utili indicazioni sui riflessi di questa prospettiva e
“scoperta” spaventiana nella teoria della “circolazione”, e in tutta la
ricostruzione storica del pensiero italiano elaborata dall’hegeliano di Napoli.
GUASTALLA, Gioberti nella critica di B. S., in “Archivio di storia della
filosofia italiana”. Ricostruisce con accuratezza i termini in cui si esprime
la critica di S. alla filosofia di Gioberti. Si tratta della nota
interpretazione che, dopo aver denunciato la contraddizione tra il principio o contenuto
(lo spirito) e la forma o metodo (l’intuito) della metafisica giobertiana,
ritrova, nelle Postume, i germi del superamento idealistico del dualismo di
ente e esistente, Dio e mondo. A questa interpretazione vengono mossi
dall’autrice due rilievi. In primo luogo, S. sopravvaluta le opere postume, che
sono un complesso di appunti frammentari, di materiali disorganici. In secondo
luogo S., chiuso come è in una sua “visione unitaria” e semplificatrice dei
problemi, perde di vistatutta la ricchezza e la vitalità di quel dualismo, che
è certo presente in Gioberti. “Lo S. non intende ‘il fuori’ dello spirito
umano, e gli sfugge quell’elemento che si oppone allo schematico dottrinarismo
ed è senso naturale e spontaneo, per cui l’Uno si moltiplica ed ha due lati,
l'oscuro e sovrintelligibile ed il chiaro e intelligibile: quello oggetto di
fede; questo, di ragione. L’idealismo di Gioberti non ha mai abbandonato del
tutto “il suo carattere ontologico-obbiettivo”, il riferimento all’essere
immutabile, “principio fondamentale del teismo, base della distinzione
sostanziale di Dio e mondo”. Il motivo profondo che si esprime nella doppia
formula giobertiana è l'affermazione del valore e della necessità
dell'’immanentismo e del trascendentismo, al di là di ogni tentativo di
concludere per la sola trascendenza o per la sola immanenza. CARAMELLA,
Urnzversalità e nazionalità nella storia della filosofia italiana, in S. C.,
Senso comune, teoria e pratica, Bari. Il saggio era stato già pubblicato negli
“Annali dell’Istituto superiore di Magistero di Messina. La teoria della
“circolazione” è viziata dalla “concezionedella storia della filosofia come
concatenazione dialettica di sistemi fondati sul problema della conoscenza e
come derivazione di essi e dei loro problemi l’uno dall’altro”. L’a. si
dimostra molto sobrio nel porre in rilievo le forzature e gli squilibri cui il
disegno storiografico di S. ha dato luogo, e preoccupato piuttosto di
sottolineare la necessità, che da 2540 quella critica risulta, di allargare le
maglie dello schema spaventiano, tra l’altro rinsanguando la storiografia filosofica
con quella politica e culturale; il che consentirebbe di presentare in forma
nuova il problema spaventiano del rapporto di nazionalità e filosofia, e di
prospettare una più ampia continuità tra Rinascimento e Risorgimento,
individuando i caratteri distintivi della tradizione italiana nella storia del
pensiero europeo (umanismo e laicismo, ma non antiteologismo, cioè
conciliazione, “nel contrasto”, di filosofia e religione; storicismo, coscienza
dei valori storici, piuttosto che scientismo, ecc. GENTILE, Hegel e il pensiero
italiano, in “Leonardo”; e in Verbandlungen des dritten Hegelkongresses in Rom,
a cura di B. Wigersma, Tùbingen-Haarlem 1934, 9-20. È il discorso inaugurale
del terzo congresso hegeliano (Roma); vedilo anche ristampato in G. G.,
Merzorie italiane e problemi della filosofia e della vita, Firenze. L’a. vuol
chiarire in che senso noi italiani siamo hegeliani, “a modo nostro”. E si
appoggia alla ricostruzione storica fatta da S. nelle lezioni napoletane del
1861 (la “prima storia della filosofia italiana”), ne ripete le grandi linee, e
loda la scoperta di Vico, e la nuova concezione della dialettica introdotta da
S. Interessante la presentazione del parallelo S. — De Sanctis, che offre
alcune varianti rispetto a precedenti formulazioni del G. “Entrambi hegeliani,
sebbene il De Sanctis, ingegno più geniale e robusto, dopo i primi passi si
muovesse poi sempre con maggiore originalità e franchezza; ma entrambi
sollevati dallo studio di Hegel al concetto della 2541 vita, che fu il nerbo di
tutto il loro pensiero. Uno scritto inedito di S. sul problema della cognizione
e in generale dello spirito (1858), a cura di ALDERISIO, in “Rendiconti
dell’Accademia dei Lincei. Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Cfr. BARTOLOMEI, S., in “Acta Pontificiae Academiae Romanae S. Thomae. Per S.
l’uomo “è l’assoluto, l’unico e vero spirito, miscuglio d’eternità e di tempo,
d’istantaneo e di successivo, d’intuito e di discorso. È questo il cavallo di
battaglia di tutti i panteisti, ma anche il lato debole del loro sistema. Il
lato debole consiste nell’ “accozzaglia di attributi contraddittori”
(finito-infinito, atto potenziale-atto puro, ecc.). Gliidealisti moderni
propongono, sia pure in forma rinnovata, gli stessi argomenti già in uso presso
i neoplatonici, presso i panteisti indiani ecc.; e cadono sotto le stesse
obbiezioni e la stessa condanna. Alle 105 segg., si legge una critica di S.
storico della filosofia. 217. S. CONTRI, Per una nuova interpretazione della
storia dell’hegelianesimo in Italia, in “Sophia”. L’a, ricerca le ragioni,
storiche e no, dell’atteggiamento 2542 negativo assunto dal neoidealismo
italiano nei confronti del problema della costituzione della scienza, per
confortare una sua tesi, qui accennata, che concilia e accorda la scienza con
la filosofia (i. e. con la metafisica aristotelico-tomistica). In Hegel il
problema si presenta come difficoltà del rapporto fenomenologia-logica; di
fronte alla soluzione “arbitraria”, “dogmatica” dell’Hegel della maturità
(autofondazione della logica o metafisica), S. scelse una posizione di
“centro”, quella per cui si cerca di dimostrare la derivazione della logica
dalla fenomenologia, ovvero la “coordinazione in ordine sistematico di
gnoseologia e metafisica”. Ma l'esigenza rimase insoddisfatta (Logica e
metafisica è una mera ripetizione della logica di Hegel). Gli epigoni
imboccarono la strada della “sinistra”: “soppressione della logica a
profittodella gnoseologia” (mentre la “destra”insiste nella presentazione
“dommatica” della logica). Se è vero lo schema, l’a. spera di aver indicato “il
senso di una nuova linea d’interpretazione della storia delle correnti
idealiste in Italia. GENTILE, S. nel primo cinquantenario della sua morte, in
“Annali della Scuola Normale Superiore di Pisa. È il testo di un discorso letto
nell'aula magna dell’Università di Torino
(vedilo anche in G. G., Memorie italiane e problemi della filosofia e
della vita, Firenze. Il discorso ripropone e chiarisce i “concetti originali”
introdotti dallo S. nella filosofia italiana: la teoria della “circolazione del
pensiero”, la riforma della dialettica hegeliana e il nuovo concetto
dell'esperienza come “esperienza attiva”, raggiunto attraverso il superamento
del positivismo e dell’empirismo e naturalismo posthegeliani. GUASTALLA, La
fortuna di S. nell’idealismo attualistico, in “Archivio di storia della
filosofia italiana”, Richiama i temi e i motivi che giustificano lo sviluppo
della linea: Hegel-S.-Jaja-Gentile. Ma l’autrice vuole soprattutto mostrare la
necessità di abbandonare l’idealismo mistico o dogmatico per riguadagnare il
senso di una problematicità più ricca e articolata (l’a. sembra rifarsi ad
alcune indicazioni di A. Banfi, del quale v. l’articolo Lineamenti della
tradizione speculativa italiana, in “Archivio di storia della filosofia
italiana. La lettura attenta e diretta delle opere dello Hegel ci mette di
fronte ad una implicita problematicità del reale, che scompare del tutto nello
Hegel dello S., ma è appunto a quella implicita problematicità dello
Hegelchedobbiamo volgere l’occhio attento. PASTORE, Sulla “Parentesi” inedita
di S., in “Archivio di storia della filosofia italiana; e in A. P., Scritti di
varia filosofia, Milano. A proposito della recente pubblicazione della
“parentesi” cfr. Le riflessioni spaventiane del ‘58, posteriori alla prima
edizione della Protologia, costituiscono il primo documento fondamentale della
scoperta del vero Gioberti da parte di S. Ma questa scoperta, secondo P., si
deve interpretare nel senso che fu proprio la Protologia ad 2544 “aprire la
nuova via ai pensiero di S., destandolo dal suo anti-giobertismo che era un
equivoco e sostanzialmente portandolo a prendere maggiore e migliore notizia di
sé”. L’a. rivendica la necessità di guardare al pensiero giobertiano come a un
tutto unitario; non ci sono due Gioberti, il vecchio, e quello delle Postuzze,
ma uno solo: ed è quello che S. cominciò a scoprire nel 1858, scoprendo se
stesso. ALDERISIO, L'esigenza realistica nell’idealismo di B. S., in “Archivio
di storia della filosofia italiana. L’autore riprende e sviluppa alcuni temi,
da lui già introdotti nella presentazione della Parentesi, e che ora vengono
approfonditi attraverso l'esame delle ultime opere di S., soprattutto
l’Introduzione alla critica della psicologia empirica e Esperienza e metafisica
94. Nei suoi ultimi lavori, S. si domanda in che senso il pensiero possa
ammettersi come causa delle cose. E la risposta è complessa: ci sono per S.
“due fasi dell’essere (le mezze cose, e la vera realtà attinta dall’essere rel
pensiero e co/ pensiero)”; e c'è anche “un duplice porre la realtà da parte del
pensiero (prima inconsapevole enaturaleepoicosciente: sintesi apriori primitiva
e sintesi secondaria. L’attualismo ha avuto il torto di assolutizzare —
peccando così di unilateralità — l’ “esatto e importantissimo senso spirituale
e idealistico” della soluzione spaventiana; amputandola della affermazione
realistica, del riconoscimento della realtà delle “cose”, che S. non avrebbe
mai negato, perché riteneva di non poter sacrificare “la innegabile diversità
della realtà (il che di essa) dal pensiero”, da quel pensiero che ne ricerca e
afferma il cos'è, e che in tal modo trae il reale alla sua verità. S., secondo
Alderisio, sarebbe più vicino a Hegel di quanto non faccia pensare la lettura
gentiliana: questa convinzione verrà ribadita dall’a. in un più ampio lavoro
del 1940 232 nel quale è ristampato anche il presente articolo. FIORENTINO,
Ritratti storici e saggi critici, raccolti da Giovanni Gentile, Firenze. Cfr.
BRUERS, Pensatori antichi e moderni, Roma. Contiene la ristampa di uno scritto
nel quale si contesta la soluzione data da S. al problema della nazionalità
della filosofia. Il “genio italiano”, dichiara B., è “sintetico”, ed ha una
“tradizione specifica” che si esprime nella “formula” del “trascendentalismo”;
nell’affermazione cioè della trascendenza come “legame potenziatore di tutte le
dottrine e attività umane. ALDERISIO, Revisioni e orientamenti idealistici, in
“Archivio di storia della filosofia italiana. Sono i primi due capitoli di un
lavoro, che l’a. continuò a pubblicare nella stessa rivista, e che ristampò poi
in un volume del 1940: l’Esazze della riforma attualistica dell’idealismo in
rapporto a S. e a Hegel. CARABELLESE, L’idealismo italiano. Saggio 2546
storico-critico, Napoli; Roma. Tesi centrale del saggio: l’Italia “ha una sua
originalità speculativa”, che si manifesta soprattutto nel nostro “idealismo
storico”; si tratta di un idealismo “oggettivo” (affermazione dell’ “immanenza
dell’Oggetto vero nei soggetti certi”), che si deve distinguere e opporre
all’idealismo soggettivo, così come è lecito distinguere e opporre,
storicamente, il Rinascimento alla Riforma e Rosmini a Fichte e a Hegel. Per S.
va tenuto presente, allora, il capitolo sesto (Caratteri dell’idealismo storico
italiano) e, in particolare, il paragrafo: L’idealismo italiano nella filosofia
europea: inversione e integrazione delle tesi di S.. S. ha voluto dimostrare il
carattere europeo della filosofia italiana, e si trattava di fare proprio il
contrario, di commisurare la filosofia straniera a quellaitaliana; di affermare
la “vitalità” del nostro pensiero nel pensiero filosofico moderno, non la
“circolazione” del pensiero italiano in quello tedesco. Annotazioni particolari
contro S.: non è vero che dalla Controriforma in poi non ci sia stata libertà
filosofica in Italia), a (S. e Gentile
hanno costruito una interpretazione sbagliata di Vico: il vero Vico sta nel De
antiquissima), (sul rapporto
S.-Gentile-Croce: nei primi due è presente almeno l’esigenza dell’oggettività,
a Croce sfugge persino il senso del problema), sul rapporto S.-Gentile; per C.
tra i due filosofi c'è una linea di sviluppo perfettamente coerente). DONATI,
L'insegnamento della Filosofia del diritto e l’attività didattica di S. alla
Università di Modena, in “Rivista internazionale di filosofia del diritto. L'articolo
è, in gran parte, frutto di ricerche di archivio. Sono raccolti qui e
illustrati i dati relativi al conferimento, a S., della cattedra di Filosofia
del diritto nell’università di Modena, al programma del corso e all’attività
didattica del filosofo, al suo trasferimento a Bologna e all’insegnamento
“interinale” a Modena, in relazione alla nomina del fratello Silvio. Importante
l’analisi del discorso, e il rilievo della sua autonomia rispetto alle altre
prolusioni di S.: il discorso di Modena è il tentativo di costruire e di
sostituire la “biografia della nazione” a quella delle grandi personalità.
PELLEGRINI, Nazionalità e universalità della filosofia nel pensiero di B. S.,
Firenze 1938, 45. Due modi di intendere lo svolgimento storico della filosofia:
Hegel e Vico. “In Hegel, la preoccupazione che nella sua filosofia sistematica
si esprime col concetto dello spirito obbiettivo dà luogo alla tipizzazione di
gradi o momenti o atteggiamenti dello spirito in singole e diverse nazioni. Nel
Vico la sistematicità delle forme acquista una sua concretezza nella vita di
ciascun popolo. Nel concetto della “circolazione” del pensiero S. fa rivivere
la prospettiva vichiana, che sola offre la possibilità di conciliare l’universalità della filosofia con la sua
“nazionalità”. Ma in S. è presente anche (per motivi polemici, e di
“accondiscendenza storica”, p. 45) la visione hegeliana; e i due motivi non
giungono a fondersi. “In lui c’è la salda preoccupazione di affermare
l’elemento universale come costitutivo della filosofia e, nello stesso tempo,
lo sforzo di rendere giustizia alla esigenza storicistica che è nel concetto,
si potrebbe dire, nazionalistico della filosofia. Non si può dire che agli
abbia potuto dare la vera risoluzione del problema, la quale avrebbe trasceso i
limiti generali entro cui è contenuta tutta la speculazione spaventiana. La
vera risoluzione suppone una filosofia dello spirito che faccia consapevolmente
centro lo spirito come atto, e che in questo veda il determinarsi delle forme
che sono della storia effettiva” (p. 42 sg.). La “realtà” della nazione va
cioè, attualisticamente, “dedotta” dal pensiero, che solo può presentarla come
“fatto necessario”. Sull’opuscolo v. una nota del “Giornale critico della
filosofia italiana, che richiama in breve i termini della discussione del
problema dal punto di vista dell’attualismo. VIGORITA, S., Napoli Di22 Cfr. VIGORITA, Gerovesi, Galluppi, S.,
Napoli. A S. sono dedicate le 87-173. Lo scritto vuol soddisfare una duplice
esigenza: a) quella di “delineare lo svolgimento e illustrare le conclusioni” —
“con maggior chiarezza e ampiezza che non si sia fatto fin qui dagli studiosi
del filosofo abruzzese” — delle ricerche che condussero alla tesi della
“circolazione”; b) quella di mostrare che, se S. non giunse a dare unità
sistematica al suo pensiero, ci sono tuttavia nella sua opera “motivi
originali” o “originalmente elaborati” che sono ancora da mettere in luce (p.
134). Quanto al primo punto, l’a. trascrive 2549 diligentemente dalle lezioni
sulla filosofia italiana, dagli studi su Bruno e Campanella. Per il secondo
punto, riassume accuratamente Logica e metafisica, le Prime categorie, il
frammento sulla dialettica, i Principi di etica. Ne vien fuori l’immagine di
uno S. che non si discosta molto da quello presentato da Gentile, sia nella
valutazione della teoria della “circolazione” (equilibrio di “universalismo” e
“nazionalità”), sia nel giudizio complessivo sull’hegelismo del filosofo
napoletano. S. si mostra indipendente da Hegel almeno in quattro punti: 1)
rielaborazione in senso attuali neo della dialettica hegeliana; 2) concetto
dell’apriori come “attività immanente allo spirito”, i. e. come “potenza
umana”; 3) riconoscimento del valore dell’attività pratica dello spirito nel
costituirsi della conoscenza; 4) risoluzione del dualismo di logica e
fenomenologia sul piano di un «empirismo assoluto”: l'identità di pensiero
edessere non è meramente logica, ma “viene ad identificarsi con lo stesso
processo genetico della coscienza. Il testo di un opuscolo di V. (S., Napoli
presenta in forma abbreviata il contenuto dei primi tre paragrafi del saggio su
S. pubblicato nel Gerovesi, Galluppi, S. BECCARI, Nazionalità e circolazione
della filosofia italiana, in “Atti della Società italiana per il progresso
delle scienze”, Cfr. MONTALTO, Carattere nazionale della filosofia italiana nel
pensiero filosofico di B. S., in “Atti della Società italiana per il progresso
delle scienze. È il testo di una relazione presentata nella ventisettesima
riunione della Società italiana per il progresso delle scienze, Bologna. S.
avrebbe scoperto che “il genio italico è precursore’; l’a. sviluppa questa tesi
riferendosi direttamente alla situazione politica italiana del momento (qualche
richiamo a S. anche nel libro di Montalto L’intuizione e la verità di fatto,
Roma, specialmente nel terzo capitolo). Nello stesso fascicolo è pubblicata una
relazione di A. Beccari (Nazionalità e circolazione della filosofia italiana),
nella quale si afferma che S. non appare libero da pregiudizi universalistici,
e dal “fanatismo per gli oltremontani” (oggi “l’esperienza storica... ci ha
abituati a rifiutare simili intimità universali con nazioni con le quali
preferiamo non identificarci”). S. ebbe anche il torto di affermare che la
religione cattolica ha ostacolato il progresso del sapere. ALDERISIO, Esazze
della riforma attualistica dell’idealismo in rapporto a S. e a Hegel, Todi;
seconda edizione accresciuta, Napoli. Nella prima edizione — che viene tenuta
presente qui — è ristampato il saggio del 1935: L'esigenza realistica.. L’a. si
domanda se S. sia soltanto un precorritore dell’attualismo, oppure se il suo
pensiero “possa e debba... essere rivendicato a se stesso”, come “riviviscenza”
— non come ripetizione — dell’hegelismo, del quale il filosofo corregge qualche
punto, ma intende tuttavia e fa suo e conserva “il motore dialettico. Quello di
S. è “il miglior punto di vista filosofico” guadagnato dal pensiero italiano;
ma venne frainteso, oltre che da Gentile e dai gentiliani, da Benedetto Croce,
del quale l’a. respinge i giudizi negativi (capitoli primo e secondo). Neppure
gli attualisti hanno colto l’esatto senso del rapporto S.-Gentile, e cioè il
carattere tutt'altro che lineare e pacifico dello “svolgimento” prospettato in
quel rapporto. Solo A. Carlini ne ha tentato una revisione, accentuando il peso
della trasformazione del pensiero di S. operata da Gentile, ma in un senso per
cui il nesso viene pur sempre riaffermato come passaggio “da attualismo ad
attualismo. L’analisi delle pagine dedicate da Gentile all’interpretazione di
S. conferma, secondo l’a., che ci fu un “rivolgimento del pensiero del
Gentile”, che rimane oscuro, ma che non è, in ogni caso, imputabile a S.,
proprio perché consiste nella trasformazione dell’originario idealismo
realistico, hegeliano e spaventiano, a cui Gentile rimane ancora fedele nel
discorso La rinascita dell’idealismo, in un idealismo empirico o
soggettivistico di stampo berkeleyano. Lo scritto di A. prosegue con un esame
della Interpretazione e critica del Gentile al dialettismo hegeliano delle
prime categorie; qui si osserva che il “pensare”, in S. e in Hegel, ha un
significato “cosmico, prespirituale e presoggettivo”, che Gentile volle poi
negare), passa allo studio della Interpretazione gentiliana del dialettismo del
Fischer (quarto capitolo, 51 sgg.), poi alla discussione della Interpretazione
gentiliana del dialettismo di S. L’a.
osserva che Gentile ha “isolato” le pagine di S. da lui analizzate nella
Riforzza della dialettica hegeliana sciogliendole dai testi ai quali sono di
fatto ZIIR collegate, da Esperienga e metafisica e dall’Introduzione alla
critica della psicologia empirica, due scritti nei quali risulta evidente
l’esigenza realistica dell'autore. Segue un capitolo sul Frazzzzento (capitolo
sesto, 80 sgg.). L'ultimo capitolo si intitola: Senso e valore della memoria su
le prime categorie. La “dichiarazione” finale di S. in Esperienzae metafisica.
Nella “dichiarazione finale” S. riesce a correggere il carattere
soggettivistico della soluzione, mostrando “una intelligenza acutissima ed una
rielaborazione e ripresentazione, insieme personale e fedele, del punto di
vista della logica di Hegel. Nell’epilogo, A. indica le prospettive che vengono
aperte da questa nuova interpretazione di S., che ne afferma il
“real-idealismo”, e che lascia prosperare tutta la ricchezza del pensiero del
filosofo napoletano e di Hegel: l'abbandono dell’equivoca critica alla
tripartizione del sistema hegeliano, e la ripresa o la rielaborazione di tutte
le “categorie logiche, naturali, spirituali” in funzione della possibile
“fondazione razionale di una dottrina tanto della filosofia che della scienza. Nella
seconda edizione sono aggiunti: un “discorso preliminare, nel quale l’a.
ripercorre la storia dei suoi studi spaventiani, e una “postilla” all’epilogo,
che discute testi crociani. MEIS, Ricordi di B. S., in “Giornale critico della
filosofia italiana. GRILLI,
The Nazionality of Philosophy and S., in “Journal of the History of Ideas. Contro le posteriori distorsioni
“ultranazionalistiche” dell'idea di filofia nazionale, l’a. avvia qui un
tentativo di chiarificazione, seguendo gli sviluppi del concetto di nazionalità
della filosofia nel pensiero italiano del Risorgimento, e, in particolare,
negli scritti di S. L'articolo riassume le posizioni dei protagonisti della
nota discussione (Mamiani, Gioberti, Rosmini, Vera, Silvio S. riferendosi allo
scritto del 1844, reso noto da Croce, Stanislao Gatti, e, infine, S.), dopo
averne individuato i motivi ispiratori in Herder, Fichte, Hegel (concetto di
Vo/ksgeist e sua necessaria relazione al Weltgeist). Una distinzione
preliminare guida l’analisi dell’a.: quella che oppone le vedute dei negatori
della nazionalità della filosofia (“the universalists”, Vera) alle ragioni dei
nazionalisti di stampo giobertiano, e che da entrambe dissocia “the
cosmopolitan view”, affermazione della “traducibilità” delle idee pur nel
riconoscimento della varietà della loro applicazione nei diversi paesi. L’a.
ripercorre le fasi della formazione del pensiero di S. sull'argomento,
soffermandosi sulla prolusione bolognese e, soprattutto, sulle prime lezioni
napoletane. Il filosofo, sottolinea G., non fa cadere l’accento sulle
differenze delle filosofie nazionali, ma cerca di individuare “la speciale
funzione assegnata a ciascuna di esse nel contesto del pensiero europeo: la via
di S. è quella del cosmopolitismo. “From the national to the international and back again
— in the resolution of this dialectical antithesis — S., the Hegelian, sees the
development of philosophy”. Era
una prospettiva destinata al successo, efficace; al di là dei limiti in cui si
restringe il programma di Mamiani, al di là dell’ “esagerato” patriottismo di
Gioberti e della “sterilità” di Rosmini, S. “dared to propose a clear-cut
program of thoroughgoing reorganization for the future of philosophic studies
in Italy. E nella linea indicata da questo programma si muoveranno Gentile e
Croce, consapevoli degli errori di un vacuo universalismo, ma anche della
necessità di partecipare al più largo moto della filosofia mondiale. MUELLER, La pensée
contemporaine en Italie et l’influence de Hegel, Ginevra. La prima parte del libro (La tradition hegélienne en
Italie è dedicata agli hegeliani dell'Ottocento (S., Vera, De Sanctis,
Labriola). La seconda e la terza parte, rispettivamente, a Croce e a Gentile;
l’ultima (Philosopbie et culture en Italie) alle scuole di Croce e Gentile, e
alle relazioni del neoidealismo con la vita politica e sociale italiana. Su S.
si vedano in particolare i capitoli primo (La philosophie è Naples et le
Risorgimento), secondo (B. S. interprète de la philosophie italienne, e terzo
(S. contre le posttivisme) della parte prima; che contengono, nell’ordine, una
rapida presentazione del filosofo e delle sue vicende, una esposizione delle
tesi de La filosofia italiana (che l’a. non intende discutere singolarmente e
in modo specifico), e finalmente un riassunto degli studi sulla dialettica
hegeliana; qui l’a. consente nel giudicare la soluzione di S. come
una“véritableébauche” dell’attualismo. Le opere di S. sono il frutto di uno
spirito critico, più che di un pensiero veramente costruttivo; l'originalità
del filosofo si manifesta soprattutto nella 2399 ricostruzione della storia
della filosofia italiana. A distanza di anni, S. ci appare come un vero
precursore, il cui programma risulta pienamente giustificato e confermato dalla
rinascita e dal successo del nuovo idealismo, nei primi anni del nostro secolo.
SCIACCA, La filosofia italiana, Milano 1941, 150. Cfr. in particolare i
capitoli secondo (La filosofia italiana secondo B. S. e G. Gentile) e terzo
(Critica della tesi S.-Gentile), 9-37. Per l’a. “non bisogna commisurare la
filosofia italiana a quella europea, ma la filosofia europea a quella italiana,
perché siano messi in luce e fissati nei loro momenti inconfondibili e precisi
il carattere e il valore del nostro pensiero, la perenne e potente vitalità di
esso entro il pensiero filosofico europeo” -- è discussa la tesi di P.
Carabellese. Il rifiuto degli schemi artificiosi di S. (e di Gentile) e il
rilievo dell’antitesii tradizione italiana (anti immanentistica, cristiana) —
idealismo tedesco, acquistano un significato più specifico nelle pagine
dedicate dall’a, a Rosmini (cfr. p. es.: La filosofia morale di A. Rosmini,
Roma 1938, 165; Antonio Rostrini nella storiografia italiana, in AA. V V.,,
Studi rosminiani, Milano), che respingono l’interpretazione soggettivistica
sostenuta da S.- Gentile. Cfr. anche n. ALLINEY, I pensatori della seconda metà
del secolo XIX, Milano 1942, 423. Nel capitolo terzo (GL hegeliani) della
seconda parte (Gt oncologi) sono dedicati a S. (e al rapporto S.-Gentile) tre
paragrafi. Il paragrafo settimo (S.) espone gli studi del filosofo napoletano
su Kant e sulla filosofia italiana, su Gioberti e sulle prime categorie della
logica di Hegel (i saggi sulla dialettica hegeliana documentano, secondo l’a.,
la persistenza di un’oscillazione tra fichtismo dialettica del pensare e
hegelismo “magia” del sistema). L’ottavo paragrafo (S. e Gentile) richiama le
difficoltà — per l’a., insuperabili — intorno a cui si affaticano invano gli
epigoni di Hegel: la “condanna” dell’idealismo sta nella perdita dell’
“oggetto. Nel paragrafo nono (Urzanismo dello S.) è respinta la teoria della
“circolazione” e, con essa, il giudizio per cui S. riassumerebbe in sé tutta la
problematica filosofica del secolo scorso; l’a. richiama i tratti dell’
“umanismo” di S. (il suo crudo storicismo, la sua fede immanentistica) e accentua
il rilievo della sua vicinanza alle posizioni dei positivisti. Collocata una
bibliografia degli scritti di e su S., che non aggiorna completamente la
bibliografia gentiliana. BERTI, Materiali in preparazione del centenario di
Antonio Labriola, in “Stato operaio” New York. L’a. cominciò a pubblicare
questi Mazerzali nel fascicolo di “Stato operaio” (la stampa dei Materiali si
arresta col numero del dicembre 1943). Qui sono indicati i fascicoli in cui si
discute di S., e del rapporto S.-De Sanctis e S.-Labriola, in una prospettiva
che anticipa il disegno dell’ampio studio pubblicato dal B., 2091 nel 1954,
sulla rivista “Società. BUCCELLATO, Di un saggio sulla dottrina di Socrate di
B. S., in “Sophia”, Analisi del saggio pubblicato da S. a proposito delle
Considerazioni sulla dottrina di Socrate di G. M. Bertini 62. L’a. sostiene che
lo scritto di S. non fornisce nessun contributo originale, giacché dipende
direttamente e passivamente dalle pagine di Hegel e, soprattutto, di Zeller (un
accenno alla nessuna originalità di S. storico della filosofia si trova nello stesso
fascicolo di “Sophia”, in un noto articolo di A. Tilgher sulle fonti
dell’attualismo. GUZZO, Maturi, Brescia. PAPA, La storiografia filosofica
hegeliana in Italia nella seconda metà del secolo XIX, in “Rivista di storia
della filosofia” in seguito: “Rivista critica di storia della filosofia. Gli
autori studiati nell’articolo sono: S., F. Fiorentino, F. Tocco. All’interno
della stessa scuola hegeliana si è determinata una reazione ai canoni storiografici dell’idealismo, con l’abbandono
delle esigenze e preoccupazioni speculative che caratterizzano la posizione di
S., e con il maturarsi di una “tendenza filologica” che affiora già in
Fiorentino e appare ulteriormente sviluppata da F. Tocco. CARAMELLA, La
filosofia dello stato nel Risorgimento, Napoli. Cfr. FAZIO ALLMAYER, La riforma
della dialettica hegeliana, in “Giornale critico della filosofia italiana. Cfr.
GARIN, Storia dei generi letterari italiani. La filosofia, Milano Cfr.
RUGGIERO, Hegel, Bari. SCIACCA, La filosofia nell'età del Risorgimento, Milano
1948; seconda edizione con il titolo: Il pensiero italiano nell’età del
Risorgimento, Milano. Su S. v. in particolare le L’a. Ripete i rilievi contro
l’interpretazione “tendenziosa” di Rosmini, di Gioberti, e, in generale, contro
gli schemi della ricostruzione della storia della filosofia italiana proposta
da S. Acuta e sottile, ma discutibile, è giudicata l’analisi spaventiana della sintesi
apriori; incerta, la riforma della dialettica tentata nelle Prize categorie 70.
Il filosofo 2999 continua a oscillare tra soluzione soggettivistica e soluzione
realistica, tra la riduzione della logica a psicologia e il riconoscimento dei
diritti della metafisica. BATTAGLIA, L'insegnamento di S. a Bologna, in
“Giornale critico della filosofia italiana. Chiarisce e precisa, in base a
documenti d’archivio, le vicende del passaggio di S. da Modena a Bologna, e
illustra la sua attività nell’ateneo bolognese; soffermandosi tra l’altro sulla
nota prolusione del 1860 67, che nonfu letta, qui si dimostra come è stato
detto per una confusione col discorso proemiale alle lezioni di storia della
filosofia. GAETANO, Machiavelli e alcuni discepoli della scuola idealistica. La
politica e lo stato dei fratelli S., in “Italica” The Quarterly Bulletin of the
American Association of Teachers of Italian, Menasha, Wisconsin. Si vedano le
pp., per un raffronto tra le teorie politiche di S. e quelle di Machiavelli, un
autore mai discusso negli scritti del filosofo meridionale. Le conclusioni si
leggono a p. 218: “Quanto ai fini, non vi sono divergenze per lo S. e il
Machiavelli. Entrambi vogliono uno Stato forte e libero dal clero. I mezzi
possono essere anche gli stessi, e S. cerca di giustificarli. Le disparità si
riscontrano nel confrontare due concetti diversi della verità, cioè il concetto
della verità razionale dello S. col concetto della verità effettuale del
Machiavelli”. FERGNANI, L’opera e l'eredità di S., in B. S., Polemiche coi
gesuiti, Milano. Cfr. n. 101. L'introduzione di Fergnani è divisa in due parti.
Nella prima (La posizione filosofica), l’autore indica la necessità di
allargare l’ “angolo visuale piuttosto ristretto” con cui Gentile guardò al
filosofo hegeliano, lasciando “in ombra” la relazione S.-Labriola. S. ci appare
sempre orientato verso la “concretezza”, sia quando si tratti di cogliere il
nesso di riflessione teorica e situazione storica, sia quando si tratti di
considerare lo sviluppo storico della filosofia, o di impostare il problema del
rapporto: filosofia nazionale-filosofia europea. Tanto basterebbe per
comprendere perché “linsegnamento dello S. sia entrato quale importante
coefficiente nella elaborazione del materialismo storico compiuta da Antonio
Labriola”. Ma cisono punti di contatto più specifici. Risentono della lezione
spaventiana l’ispirazione “strettamente monastica della concezione labriolana
della storia”, le critiche di Labriola a E. v. Hartmann e a Spencer, e ancora
l'affermazione dell'identità di lavoro e di storia, di teoria e prassi. Nella
formulazione dell’identità di “conoscere e fare, e nella critica dell’Assoluto
trascendente che lascia fuori di sé il relativo, sono, certo, i motivi più
vitali dell’insegnamento dello S. passati nel Labriola e confluiti poi nel
ripensamento gramsciano della filosofia della prassi. Solo che S. sembra
restaurare nell’ “al di qua” quella trascendenza che la vecchia metafisica
aveva collocato in un mondo soprannaturale e sovrintelligibile: è questo il
limite dell’ “immanentismo idealistico” di S. Nella seconda parte (La
concezione politica, l’autore afferma la profonda unità e continuità tra opere
teoriche e opere polemiche di S., e il carattere progressivo della sua
concezione dello stato e del rapporto stato-chiesa, politica- filosofia. Per
aver innestato “la concezione dello stato etico nelle sue esperienze e
convinzioni di liberale del Risorgimento italiano, S. sembra anche in grado di
superare i limiti “burocratico-corporativi” della filosofiastatuale di Hegel.
La dottrina della eticità dello stato prospetta, naturalmente, una inversione
mistificata del rapporto società civile-stato; una inversione che va rovesciata
e che sarà rovesciata solo da un movimento “radicalmente innovatore”. Ma allora
si renderanno plausibili ed effettivamente operanti le istanze di immanentismo
e laicismo assoluto, di organicità ed unitarietà del convivere umano, che sono
implicite nella concezione degli S. Nelle ultime pagine, l’autore segnala la
profonda attualità delle polemiche spaventiane: oggi, dopo la “capitolazione
ideologica della borghesia”, la solidarietà dell'ordine borghese con la chiesa
cattolica può essere denunciata con le stesse accuse che S. rivolgeva contro la
collusione di ancien régime e gesuiti, di chiesa romana e movimenti reazionari.
ARFÈ, L’begelisno napoletano e S., in “Società. Gentile ha deformato la figura
di S., lasciando sullo sfondo o travisando il ruolo svolto dal filosofo nella
cultura italiana del secolo scorso. La prospettiva gentiliana va rovesciata:
l’originalità del filosofo “non è grande”, la sua opera teorica “di secondo
piano”, ma importante è la battaglia politico-culturale condotta dal vecchio
hegeliano, che ebbe “alta e sicura fede nella libertà”, fu animato da una
“profonda religiosità laica”, e combatté per l’affermazione di un ideale
giacobino dello stato, concepito come strumento per la realizzazione delle più
moderne e progredite forme di vita sociale. “In S. le formulazioni teoriche
restano confuse, ma gli atteggiamenti pratici affermati con appassionata
decisione. Se la posizione teorica di S. è ambigua, lo è anche nel senso che
poteva dar luogo a sviluppi diversi: Labriola fu «spaventiano di sinistra. Gli
hbegelianid’Italia. Vera, S., Jaja, Maturi, Gentile, a cura di A. Guzzo e A.
PLEBE, Torino Antologia di testi di Vera, S. (pp. 39-72; da Logica e
metafisica), Jaja, Maturi, Gentile. La scelta dei testi è curata da A. Plebe,
autore anche dei brevi profili di Vera, di S., di Jaja, di Gentile. Guzzo ha
firmato la presentazione di Maturi, la prefazione e la prima parte
dell’introduzione, conclusa da Plebe. Il volume è completato da una rapida nota
bibliografica. L’antologia è costruita con l’intento di mostrare i tratti
originali — e, complessivamente, poco “hegeliani” — dell’hegelismo italiano
dell'Ottocento, fino a Gentile. Guzzo ricorda una conferenza di Gentile, “che
purtroppo egli non scrisse” (cfr. l’introduzione alla raccolta La filosofia
italiana fra Ottocento e Novecento, scritti di Tarozzi, Alemanni, Carlini,
Marasca, Scatturin, Plebe, Torino; cfr. inoltre A. Guzzo, Cinquant'anni di
esperienga idealistica in Italia, Padova 1964, 203: il libro è utile anche per
diversi accenni a S., e ai suoi rapporti con i discepoli), e nella quale fu
espressa forse la valutazione più serena di quei pensatori, e della loro
importanza per il pensiero italiano: “gli hegeliani nell’ultimo ventennio
dell’Ottocento raccolsero dai loro maestri e trasmisero ai loro discepoli
alcuni concetti delicati e difficili che, estranei alla mentalità positivistica
trionfante, sarebbero andati perduti se essi non li avessero affermati così a
lungo da riuscire a dar la mano ai giovani che contribuirono alla rinascita
dell’idealismo nel primo decennio del Novecento”. Tra questi concetti, in primo
luogo, quello del “trascendentale” (per igiudizidiGuzzo su S.). Plebe individua
due caratteri specifici dell’hegelismo italiano: “il desiderio di studiare
Hegel per ‘riformarlo’; l'interesse limitato ad alcuni problemi, che fa sorgere
un'immagine convenzionale di Hegel, propria degli interpreti italiani; e cfr.:
abbandono dei “grandi problemi della metafisica hegeliana” — con qualche
eccezione in Vera —, attenzione esclusiva per alcuni temi della logica, ecc.).
Con questo programma e con questa eredità si spiega la scarsa o nessuna
incidenza, nell’Italia del primo Novecento, degli studi di Dilthey, di Lasson,
ecc. Nella presentazione di S., Plebe accenna alla discussione di alcuni temi
(accettazione, da parte di S., dello schema: Kant- Fichte-Schelling-Hegel;
impianto fenomenologico- gnoseologico della logica, ecc.) che sono sviluppati
in uno scritto dello stesso anno. Plebe attira l’attenzione del lettore su una
caratteristica oscillazione del vecchio maestro, che si presenta ora come
riformatore, ora come ripetitore di Hegel; e sottolinea il forte interesse di
S. per il positivismo. Sui rapporti degli hegeliani fra loro, sono da vedere in
particolare le 4 sg. (Vera e S.), (Jaja più vicino al gnoseologismo
spaventiano), (Gentile erede di S. e dell’hegelismo italiano dell'Ottocento).
Le pagine di Guzzo su Maturi ricordano l’evoluzione del filosofo dal
gnoseologismo spaventiano a un idealismo non del tutto concorde con la lettura
attualistica di S. e di Hegel. Su questo punto si veda anche il volume di Guzzo
Maturi, Brescia; in particolare dove è impostato il problema del rapporto tra
Maturi e S., nel quadro di un più ampio discorso che chiama in causa Hegel e
Vera, e che è svolto in funzione di una “possibilità di sviluppo critico” del
pensiero del Maturi. PLEBE, S. a Torino, in “Filosofia. S. a Napoli, in
“Filosofia. Il saggio è stato ripubblicato dall’a. nel volume S. e Vera, Torino
(aggiuntovi uno studio su Vera, a cui si accenna più avanti); e nella raccolta:
La filosofia italiana fra Ottocento e Novecento. In queste pagine, P. ha voluto
“delineare la figura di S. come hegeliano e come filosofo”, muovendosi al di
fuori dello “schema di derivazione” Hegel-S.-Gentile, “che è uno dei non pochi
preconcetti inesatti che ancora dominano la storia della filosofia. In base ai
risultati raggiunti dall’a., lo “schema di derivazione” appare meno
giustificato nella prima parte (l’hegelismo di S. è assai distante dalle
intenzioni e dai testi di Hegel) che nella seconda: motivi spaventiani passano
senz’altro in Gentile. Ma S. non sta tutto nel Frazzzento inedito, né si può dire
che Gentile “abbia ereditato lo spirito e l’anima di S.. S. fu un logico,
Gentile un’anima intimamente religiosa; S. amava guardare il positivo, mentre
Gentile amava guardare lo spirito puro, e cfr.: Gentile “preferirà ignorare” quegli
aspetti del pensiero dell’ultimo S., che documentano il suo
orientamentoversouna forma di “idealismo positivo”, che trovò la sua migliore
espressione nell'opera di D. Jaja Sentire e pensare). Le conclusioni di P. sono
raggiunte attraverso vari confronti, spesso dettagliati, di scritti di S. con
pagine di Hegel, o con pagine di note esposizioni o rielaborazioni del sistema
hegeliano. Si tratta di raffronti operati successivamente all’interno di
diverse fasi di sviluppo del pensiero di S., e che tendono pertanto a misurare
la persistenza di alcuni fraintendimenti, passati definitivamente nel disegno
di un idealismo soggettivistico o gnoseologistico, più fichtiano che hegeliano.
Il saggio S. a Torino si apre con un'analisi degli Studi. Dalla lettura della
Vorrede della Feromenologia (la sola opera di Hegel che, secondo P., il
filosofo mostra di conoscere direttamente, in questi anni) S. ricava già
un’idea assai personale delle intenzioni dell'autore: l’opera di Hegel sta
tutta nella polemica antikantiana e antischellinghiana della Vorrede, e la
logicahegeliana è, o sarà, un semplice sviluppo della fenomenologia. Le False
accuse del 1851 documentano il persistere e il radicarsi di un’idea mai abbandonata
da S.: l’idea “della soggettività dell’essere logico hegeliano”; e registrano
ancora, come già gli Studi, l'accettazione convinta dello schema di
derivazione: Kant-Fichte-Schelling-Hegel. L'articolo su Schelling mostra un
notevole arricchimento delle letture spaventiane, e segna anche l’inizio di un
“caratteristico ondeggiamento per cui S., da una parte, vuol riformare Hegel,
dall’altra si mostra come suo docile e fedele espositore. In una recensione,
non segnalata da Gentile, S. manifesta la sua “fiducia illimitata” in Gans e
negli altri hegeliani tedeschi. Nello Hegel confutato da Rosmini, S. appare
ormai padrone della Scienza della logica edell’Erciclopedia, ma la distinzione
di Denken e Gedanke, da lui sostenuta, è ancora ispirata da preoccupazioni
gnoseologistiche che non possono trovare giustificazione in Hegel. E il
gnoseologismo di S. diventa sempre più dominante nella recensione al Barni;
“Sin da ora egli è convinto della continuità di sviluppo da Kant a Hegel. Che
questa sia un'idea molto suggestiva è dimostrato dal successo che ebbe non solo
in Italia, ma anche in Inghilterra, ad opera dello Stirling The secret of Hegel;
ma che essa sia una via molto pericolosa, che può portare ad un completo
fraintendimento di Hegel, è stato mostrato da cinquant'anni in qua, attraverso
la pubblicazione degli scritti inediti hegeliani) e, in generale, nelle pagine
e negli studi di S. dedicati a Kant. Degli influssi degli hegeliani tedeschi P.
tratta diffusamente; segnalando le citazioni da Werder, da Erdmann, da
Weissenborn, Rosenkranz, ecc., le probabili suggestioni esercitate da Karl
Philipp Fischer (autore della Speculative Charakteristik und Kritik des
Hegelschen Systeras, e dei Crundgtige des Systems der Philosophie), e, infine,
la utilizzazione, da parte di S., della Logik und Metaphysik di Fischer, citata
ben diciotto volte in Logica e metafisica, e seguita anche in pagine che semplificano
eccessivamente o addirittura travisano la Scienza della logica (P. riporta
alcuni esempi, tratti dall’esposizione della dialettica della parvenza, e della
dialettica delle forme del giudizio). Di Fischer, S. condivide l'entusiasmo per
Kant, e da Fischer accoglie le “forzature” del testo hegeliano che tendono ad
attenuare o addirittura a mutare in lode la polemica antikantiana di Hegel. È
nota poi l’affermazione di Fischer, secondo la quale la logica “comincia” con
il Willensakt des Denkens: qui S. trova una conferma per il proprio
soggettivismo, e qui siamo anche alle origini dell’attualismo gentiliano. A
conforto della interpretazione soggettivistica della logica hegeliana, S. trae
dai suoi studi sui filosofi italiani (soprattutto Campanella) quella idea della
“mente” o “mentalità” che passerà senz'altro nella caratterizzazione
spaventiana del problema della filosofia moderna. La seconda parte del saggio (S.
a Napoli) è dedicata, in primo luogo, all'esame della riforma dell’hegelismo
tentata da S.; al tentativo cioè di “chiarire e sviluppare un hegelismo di tipo
italiano (cioè di tipo gnoseologico-soggettivistico), sistemandolo con più
rigore di quel che fece Gioberti. Persiste anche ora l’oscillazione tra lo S.
riformatore e lo S. ripetitore di Hegel, una oscillazione forse inspiegabile,
ma che non impedisce, in ogni modo, di ricostruire con chiarezza le linee della
singolare impresa di S. L'analisi delle Prize categorie è preparata: 4) da un
paragrafo, in cui P. mostra la fedeltà di S. alla “logica del giudizio” (la
critica che S. muove a Kant — necessità del passaggio dal giudizio al
sillogismo — “non esce essa stessa dalla mentalità diadica ed è una critica
rivolta da un punto di vista non meno soggettivistico di quello kantiano”,
perché “quel che importa a S., a differenza di Hegel, non è già la circolarità
logica, bensì l’attività dello spirito”, p. 603); b), da alcune pagine
sull’interpretazione spaventiana della logica dell'essenza, che occupano una
posizione centrale nel saggio di P.; qui si rende manifesta, nella sua intera
misura e nelle sue gravi conseguenze, la distanza che separa la logica di S. da
quella di Hegel. Il movimento che conduce dall'essere all’essenza è visto da S.
come un processo gnoseologico, e qui è l'origine del fraintendimento radicale:
“se ... come voleva Hegel, S. avesse visto il passaggio dall’essere all’essenza
come processo di auto-internamento, di auto-giustificazione dell'essere, il
problema delle prime categorie sarebbe passato in secondo piano di fronte a
quelli della logica dell'essenza, che ne sono il fondamento. Coerente con
questo fraintendimento è l’introduzione dell’attualità mentale nella logica
dell’essenza, ravvisabile, secondo P., nelle pagine di S. dedicate al concetto
di “esser-posto», alla discussione dell’ “identità” e del “fondamento. La
fedeltà alla logica del giudizio, l’ “incomprensione” della logica
dell’essenza, e l’assunzione dell’ “identità” come “atto” illuminano il
significato delle Prize categorie, che confermano il carattere soggettivistico
e gnoscologistico della logica spaventiana, di quella logica per la quale il
filosofo ha richiesto, fin dal 1850, una fondazione gnoseologica. Le ultime
pagine dell’articolo sono dedicate ai rapporti di S. col positivismo (pp. 616
sgg.) e, soprattutto, a Esperienza e metafisica. Due convinzioni sempre più
radicate nella mente di S., e già rese pubbliche negli scritti polemici:
“l’affermazione dell’assoluta immanenza della ragione (e quindi la sua
identificazione con la mente umana), e l’affermazionedella naturalità del
principio di ogni cosa, preparano il maturarsi di un orientamento assai
favorevole al positivismo, o almeno a quella forma di “idealismo positivo” che
fu poi condiviso da Jaja. Anche questa evoluzione è spiegabile con il
particolare impianto dell’interpretazione di Hegel: il kantismo (o neokantismo)
e il “fenomenologismo gnoseologico” che stanno a fondamento di Esperienza e
metafisica hanno un’origine assai lontana. E l “aporia fondamentale”
dell’ultimo scritto di S. (come può giustificarsi una metafisica che deve
“stare” al “dato”?) coincide con quella dell’interpretazione spaventiana di
Hegel (come è possibile fondare la logica sulla fenomenologia, “lassoluto sul
relativo, l’unità sul dualismo”? . Se questi rilievi sono esatti, Esperienza e
metafisica costituisce il vero “testamento spirituale” di S.; il Frazzzzento
sulla dialettica non aggiunge nulla, secondo P., alla riforma, anzi oscura in
più punti quella soluzione. Che è stata una soluzione feconda, per un certo
aspetto (per lo sviluppo dell’attualismo), ma anche piena di pericoli: “S.,
identificando l’essere con l’atto del pensare, rende impossibile (senza
accorgersene) il consistere delle determinatezze, che vengono tutte affogate
nell’unità dell’atto. Dell’a. si veda anche il saggio:
AugustoVera,filosofodella mediazione, in “Filosofia. Vera accoglie da Hegel il
problema di una mediazione “metafisica” di reale e razionale, che in S. vive
solo nella forma ristretta della mediazione “concettuale”; il saggio è
ristampato in A. P., S. e Vera, cit.). P. accenna ancora a S. (e a Esperienza e
meta-fisica) nello scritto: L’empirismo come filosofia e come antifilosofia, in
“Giornale critico della filosofia italiana. Cfr. inoltre di Plebe la voce “S.”
in Enciclopedia filosofica, vol. IV, Venezia-Roma. ALDERISIO, Cownoscenza
scientifica e conoscenza filosofica, Napoli. Del libro esiste una seconda
edizione riveduta e accresciuta, Napoli. Per S. è da vedere soprattutto il
capitolo settimo (La gnoseologia vichiana e galileiana nella rivalutazione
critica di B. S., prima edizione). L’a. discute in particolare: la “lettera”
Paolottismo, positivismo, razionalismo; Un luogo di Galilei; Esperienza e
metafisica. In questi scritti spaventiani, e specialmente nell’ultimo,
“risultano vigorosamente illustrati non solo il vero significato del
collegamento gnoseologico tra il Vico e il Galilei, ma anche la verità e il
senso più alto che si possa dare all’altro rapporto... tra la gnoseologia e
metafisica del Vico e quelle tedesche del periodo da Kant a Hegel. ARFÈ,
Labriola e S., in “Mondo operaio. È riprodotta qui in breve la tesi già
prospettata dall’a. in un articolo precedente. BERTI, S., Labriola e
l’hegelismo napoletano, in “Società. La tesi centrale dello scritto di B. si
lascia riassumere agevolmente: da S. (“la mente filosofica dirigente
dell’hegelisrno napoletano) al Labriola si delinea uno sviluppo dello
storicismo italiano — certo complesso, ma coerente nel suo interno svolgimento,
e conforme alle tendenze già dominanti negli hegeliani più avanzati — che trova
il suo naturale punto di arrivo nella prima elaborazione del marxismo, in
Italia. Gli intellettuali che si raccolsero attorno a S. e a De Sanctis
costituirono un gruppo omogeneo, legato da tre caratteristiche: “lo stretto
legame con la vita, con la lotta politica, con la storia”; l’avversione per l’
“idealismo dommatico, ortodosso...”; infine “il tentativo, nel gruppo a tutti
comune, di un superamento dell’hegelismo che avveniva in tutti in una ZIFA
analoga direzione: dall’astratto al concreto, dalla metafisica delle idee a un
tentativo di filosofia dell'esperienza, di filosofia del reale. Nella prima
parte del lavoro, B. studia soprattutto le riflessioni di S. sulla “grande
questione della filosofia: materialismo-idealismo. Sono riflessioni in cui si
rispecchia lo sforzo di comprendere la necessità del passaggio dal “vecchio” al
“nuovo” (v. Esperienza e metafisica), anzi lo sforzo di favorire questo
passaggio, pur tra incertezze che finirono per arrestare il cammino di S. (e di
Sanctis: sull'indirizzo e sui limiti comuni al De Sanctis e allo S. Il discorso
sui “limiti” di S. non è mai abbandonato dall’a. “Dare un giudizio d’insieme su
B. S. non è semplice” (p. 428), proprio per le “contraddizioni” che permangono
nella sua opera. E come è giusto sottolineare “la contraddizione tra il
drastico radicalismo del suo pensiero e il suo moderato liberalismo, così è
necessario respingere l’idea di una evoluzione chiara ed esplicita di S.
dall’idealismo al materialismo. Tuttavia i limiti di S. si collocano ai confini
estremi di una posizione già prossima al suo rovesciamento. Allo S.
“giacobino”, rappresentante di un “Illuminismo sui gezeris”, di un “illuminismo
dopo Hegel”, bastava avvertire “che il prius doveva consistere non nella
educazione della plebe e nella sua elevazione a popolo, ma nel cambiamento dei
rapporti sociali (che avrebbe esso di conseguenza portato a questa
elevazione)”, per trovarsi nella posizione che fu poi di Labriola, e, per il
“cauto” atteggiamento di S. nei confronti dell'illuminismo francese. Allo
stesso modo, S. appare assai prossimo al materialismo nella polemica col
Tommasi: “è nello studio Sulle psicopatie in generale che S. arrivò alla
formulazione ultima della sua filosofia, allorquando, ZITZ criticando
radicalmente la definizione spiritualistica della psicopatia del Tommasi,
combattendo il concetto di una esistenzasostanziale dell'anima, affermò che lo
spirito era ‘nulla senza la materia’, gli parve cioè, lo spirito, materia e
nient'altro che materia, ma materia che nega e supera se stessa, ‘ed è quella
che è solo in quanto la supera. Lo scritto Si colloca nel punto estremo di “un
momento decisivo” della evoluzione di S., che ha inizio nel 1864. In questi
anni, guidando Labriola, S. “riprese a considerate Feuerbach” (p. 422; e B.
ritorna spesso sulle tracce di un incontro S.-Feuerbach, che gioverebbe, tra
l’altro, a spiegare le ragioni di un rifiuto, l’identificazione di tutto il
materialismo con il materialismo settecentesco). Anche qui, B. nega di voler
“puramente e semplicemente instaurare un parallelo storico-filosofico tra S. e
Feuerbach”; suggerisce tuttavia che un tale parallelo “sarebbe... forte di
molte solide ragioni. In nessun modo, comunque, sarebbe possibile negare
l’energica tendenza del filosofo “a non lasciarsi incasellare... nell’una
scuola o nell’altra, sotto l'una o l’altra denominazione. In lui, in altri
termini, l'assoluto non era più lo spirito come in Hegel... e ... nemmeno la
materia ...: l'assoluto, per lui, era il divenire — ma profondamente
differenziato — dell’ ‘una e unica sostanza’. Qui non regge più il paragone con
gli hegeliani spiritualisti o con Feuerbach. Qui è S.. La seconda parte del
saggio è dedicata alla interpretazione neoidealistica di S. L’a. discute in
breve i giudizi incerti — e viziati, in ultima analisi, “da una antipatia
preconcetta” — di Croce, per affrontare partitamente i tre temi — teoria della
“circolazione”, riforma della dialettica, “tentativo di una filosofia
dell’esperienza come esperienza attiva” — su cui si sofferma l’interpretazione
di Gentile. Quanto al primo punto: Gentile tendearovesciare la prospettiva
spaventiana, attribuendo alla “circolazione” quella priorità che spetta invece
al “nesso dialettico vita sociale-pensiero-storia”; sicché l’idea di S. diventa
“una banale teoria dei vasi comunicanti” (pp. 589- 591). Secondo punto. La
riforma della dialettica tentata da S. si costruisce in due momenti ben
precisi: a) riconoscimento che “il processo dialettico avviene interamente
nella natura”, dando luogo al differenziarsi di spirito e materia come forme
distinte di un’unica sostanza; b) su questa base, ma solo su questa base,
affermazione dell'autonomia del pensiero e trascrizione “logica” delle leggi
del divenire naturale. Dato l’impianto del suo discorso, S. non avrebbe mai
potuto concludere, come Gentile, che il divenire è solo divenire del pensare
(e, per un confronto S.-Engels). Infine: nel concetto di “esperienza attiva”
Gentile vede anticipata la costruzione attualistica della identità di teoria e
prassi. Ma la forte accentuazione spaventiana del “lato attivo” dell’uomo va
interpretata tenendo presenti le indicazioni di Esperienza e meta-fisica:
l’esperienza è storia, ed è storia in quanto è lavoro; qui s'incontrano S. e
Labriola. Nell'ultima parte del saggio, B. richiama, in primo luogo,
l’attenzione del lettore sulle dimensioni politiche delle polemiche sostenute
da S. negli anni dell’esilio torinese. Sono vicende non trascrivibili
interamente sul piano di una storia delle idee; non si intendono appieno, se
non si ha presente il quadro dell’ “accerchiamento ideologico e politico”, il
quadro delle “generali e minacciose ostilità che colpirono gli hegeliani
meridionali, a Torino. B. ricorda soprattutto l’attacco di Gioberti ai giovani
hegeliani (democratici, quindi socialisti, comunisti) dalle pagine del
Rinnovamento. La risposta di S. (nell’articolo contro Tommaseo) è “abile”, se
si vuole; ma va notato che mai il filosofo si difende dissociandosi dagli
hegeliani di sinistra, e sottoscrivendo una professione di “fede moderata. Un’altra
importante testimonianza di questo atteggiamento è offerta dalla recensione
alla Storia di uno studente di filosofia di Piola. Sono fatti che trovano la
loro giusta interpretazione in Gramsci, e che indicano una diversa collocazione
politica degli intellettuali meridionali, rispetto a quella dei liberali
piemontesi e lombardi. Da “Hegel gli hegeliani napoletani avevano elaborata
tutta una dottrina sulla funzione degli intellettuali ai quali sarebbe spettato
il compito di elevare la plebe a popolo e di creare, quindi, le condizioni
pregiudiziali per una futura democrazia: che essi vedevano possibile soltanto
proiettata in un lontano avvenire. Sarà, anche questo, un limite del loro
democratismo; ma intanto sta a indicare la presenza di una ispirazione
democratica, che B. trova confermata nel programma politico degli hegeliani
(“utopistico, ma non certo conservatore”) e nelle prime formulazioni dello
“stato etico. Le originarie convinzioni progressiste di un De Meis non si
oscureranno mai del tutto, neppure nel Sovrano; e i Princìpi di etica di S. confermeranno,
ancora, la presenza vitale di un disegno rivoluzionario (e sia pure di una
“rivoluzione intellettuale”). Bertrando più di Silvio sentì la necessità di
conservare al liberalismo il suo slancio rivoluzionario, il suo momento di
rottura col passato” (p. 780). E mantenne una pur “inconfessata collaborazione”
con i positivisti più avanzati, lungo una strada percorsa anche dal Labriola,
che seppe distinguerci positivismo da positivismo. Anche su questo piano
Labriola si incontra col vecchio maestro, e meglio di ogni altro scolaro di S.
Le ZITI ultime pagine dello studio di B. fissano le tappe del progressivo
distacco di Labriola dallo illuminismo posthegeliano” dello S. e dalla
concezione dello stato etico. In una lettera B. individua il momento in cui,
agli occhi di Labriola, appare ormai “rovesciata”, con la subordinazione della
rivoluzione intellettuale alla rivoluzione sociale, la posizione del maestro.
Negli anni in cui Labriola veniva via via precisando il suo orientamento verso
il socialismo, non venne mai meno tuttavia l’amicizia per il vecchio hegeliano
(come non venne meno, più tardi, l'amicizia per Silvio). Anche questo dato
esterno conferma in qualche modo i risultati di tutta la ricerca. Sui rapporti
personali di Labriola e S., cfr. le lettere pubblicate a cura di B. Per alcune pagine dello stesso autore che
anticipano il discorso. La filosofia italiana fra Ottocento e Novecento,
scritti di TAROZZI, ALEMANNI, CARLINI, MARESCA, SCATTURIN, PLEBE, Torino. Contiene
la ristampa, col titolo S. hegeliano e filosofo, del saggio pubblicato da A.
Plebe in “Filosofia. Accennano variamente a S. i saggi qui raccolti (e
anch'essi già pubblicati nella rivista “Filosofia”) di V. Alemanni (Ceretti),
di A. Carlini (Acri), di M. Maresca (I/ pensiero filosofico di Nasci. SALVUCCI,
Di alcuni recenti interessi per i neohegeliani italiani dell'’800, in “Studi
Urbinati. La rassegna è dedicata all’antologia a cura di A. Guzzo e A. Plebe 251,
ai saggi di A. Plebe, all’articolo di Arfè, allo scritto di Battaglia. TOGLIATTI,
Per una giusta comprensione del pensiero di A. Labriola, in “Rinascita”. Per
S., si veda il quarto paragrafo (Movimento e crisi del pensiero italiano
dell'Ottocento. L’a. rileva gli aspetti
“contraddittori” della posizione del filosofo (S. afferma che la filosofia
nasce dalla storia, ma tenta poi una deduzione logica del processo storico; ci
offre una corretta valutazione del naturalismo, e di Darwin, ma resta
imbrigliato nell’interpretazione “kantiana” di Hegel e precorre, nelle Prize
categorie, l’attualismo, ecc.); ma conclude segnalando quelle pagine
spaventiane (in particolare, la p. 138 di Esperienza e metafisica, dove è
affermata l’identità di storia e lavoro) che ci consentono di comprendere come
dalla scuola del “più grande dei filosofi hegeliani d’Italia” sia potuto uscire
Antonio Labriola. ALDERISIO, R:presa spaventiana, in “Il Saggiatore. Il saggio
di A. (vedilo anche ristampato in volume: Ripresa spaventiana. Considerazioni
sull'idealismo assoluto, sul materialismo evoluzionistico e sul materialismo
storico,Napoli; in questa edizione “riveduta e ZIaccresciuta” l’aggiunta più
notevole è lo scritto: Ri/lessioni di A. Gramsci sul concetto della finalità
nella filosofia della prassi) è una rassegna assai minuziosa di recenti studi
spaventiani. Nella prima parte, dopo un breve accenno al giudizio negativo sul
filosofo napoletano espresso da G. De Ruggiero nel suo Hegel, l'a. ripropone le
linee della propria interpretazione di S., costruita in una serie di scritti
ordinati in questa bibliografia. S., secondo A., non fu, né volle essere, un
“riformatore” della dialettica hegeliana, nel senso voluto dall’attualismo;
intese semmai proporre una migliore interpretazione della deduzione delle prime
categorie della Scienza della logica. Gentile costruì il proprio idealismo
attuale indipendentemente da S.; la sua lettura del Frammento inedito è sostanzialmente sbagliata, e costituisce,
in ogni caso, un riconoscimento post festum. A. discute due scritti: quello di
Berti, e il saggio di Togliatti. A. respinge la tesi di una evoluzione di S.
verso il materialismo, anche nella sua formulazione più cauta (S. avrebbe
“vissuto” la contraddizione di idealismo e materialismo). Ma è giusto poi,
secondo l’a., rivalutare, nell’opera di S., gli aspetti di un orientamento
politico progressista; lo stesso Gentile, individuando nel riconoscimento
spaventiano della natura “pratica” dell’autocoscienza la “chiave d’oro” della
“nuova” gnoseologia, di Marx e di S., ha fornito una prima indicazione sul
carattere “progressivo” di questi sviluppi paralleli di pensiero, nati da una
comune ispirazione hegeliana. Su questo punto, l'a. si sofferma nel paragrafo
intitolato: Breve indagine sul pensiero etico politico di S. riguardante lo
sviluppo storico della coscienza sociale. La terza parte della Ripresa è
dedicata allo studio di Plebe: un saggio, a giudizio dell’a., “troppo denso e
forse scarsamente elaborato”, che si riassume “in una critica negativa ed
acerba”. Contro le stesse intenzioni del suo a. (rottura dello schema:
Hegel-S.-Gentile), lo scritto di Plebe finisce per dar credito
all’interpretazione gentiliana di S., solo rovesciando il giudizio di valore
sui motivi dell’apprezzamento di Gentile per il vecchio maestro. A. discute e
respinge via via le conclusioni di Plebe, difendendo l’autentico hegelismo di
S., la sua corretta lettura dei testi e la sua interpretazione del sistema, per
nulla ispirata dal proposito di una vistosa “riforma”. Né sembra giustificato,
per A., assumere Esperienza e metafisica come il testo di un “idealismo
positivistico”. La revisione delle analisi di Plebe, condotta attraverso una
ricostruzione diversa ma altrettanto particolareggiata dei testi in
discussione, e qui non riproducibile nel dettaglio, si conclude con la
riaffermazione della “profonda hegelianità” del filosofo napoletano. BADALONI,
La filosofia di Giordano Bruno, Firenze. Si veda soprattutto il capitolo quinto
(Intorzo alla fama del Bruno), nel quale sono ricordati gli studi spaventiani
sull’argomento. Gli scritti di S. sono accostati a quelli di Labriola e di De
Sanctis (i quali seppero cogliere il “messaggio di liberazione umana” racchiuso
nelle pagine del filosofo); ma all’a. sembrano poi viziati da un’analisi svolta
in termini speculativi, e sorda alla comprensione del “fondo materialistico”
del pensierobruniano. Si vedano anche sull’interpretazione, in S., del mito di
Atteone) e sulla ricostruzione spaventiana della morale e della politica di
Bruno. CUBEDDU, Interpretazioni di S., in “Rassegna di filosofia”. Resoconto
degli scritti di Arfè, di Berti; limitato alle prime due parti del saggio, e di
A. Plebe. GARIN, Cronache di filosofia italiana, Bari; ristampa in due voll.,
Bari. Cfr. GARIN, Felice Tocco alla scuola di S., in “Giornale critico della
filosofia italiana. Cfr. FICHERA, Il problema del cominciamento logico e la
categoria del divenire in Hegel e nei suoi critici, Catania. I critici di Hegel
studiati dall’autore sono K. Fischer, S. e Gentile. Sullo S., v. in particolare
il capitolo quarto, L’interpretazione spaventiana, che discute le Prime
categorie e il Frammento inedito. Tesi centrale: nell’impostazione del problema
del cominciamento c’è, in Hegel, un vizio di fondo, che riaffiora e permane nel
discorso degli interpreti. Si vedano le pagine in cui l’autore conclude su S.:
“la soluzione spaventiana vale, a nostro avviso, solo a chiarire l’insolubilità
del problema del cominciamento logico e l’inconcepibilità dell'Essere, del
Nulla e del Divenire come categorie, nella cui determinazione è implicito
l'equivoco hegeliano di isolare i momenti strutturali della dialettica’ del
pensiero (l’affermazione, la negazione, il superamento), per farne altrettante
determinazioni categoriali che, come tali, presuppongono e non pongono il farsi
o il dialettizzarsi del pensiero logico. Ecco perché S., allorché vuol
mantenere la posizione hegeliana circa il problema del cominciamento, e parte
dall’Essere come il puro Immediato, si avvolge nelle medesime aporie hegeliane
di presupporre al processo del pensiero ciò che dovrebbe essere invece un suo
prodotto. E quando = nel Framzzento inedito chiarisce l'equivoco, assumendo
l’Essere come pensiero, deve sostanzialmente abbandonare il problema della
deduzione del divenire: il divenire non può essere dedotto, ma è se mai
implicito nell’autoriflessione dell'Essere, come pensare, essendo il pensare
T'Essere stesso dell’Essere. Sviluppi dello begelismo in Italia. Sanctis,
Tommasi, Labriola. Una antologia dagli scritti a cura di M. Rossi, Torino. A S.
sono dedicate in particolare l’introduzione di Rossi, precedute da una
ricostruzione dell'ambiente napoletano del 1840-48, in cui sono indicate le
ragioni del prevalente interesse dei primi hegeliani per i problemi
teoretico-gnoseologici, e quindi per l’interpretazione fischeriana del pensiero
tedesco. All’a. la “circolazione del pensiero” appare una veduta “ingenua,
semplicistica e unilaterale”, che ha avuto tuttavia il merito di
sprovincializzare la nostra cultura, ponendola a contatto col pensiero europeo.
Manca però in S. una reale esperienza e quindi una giusta valutazione
dell’illuminismo. La riforma della dialettica hegeliana proposta da S.
costituisce senz'altro la premessa da cui discende l’attualismo di Gentile.
L’a. osserva che “il tentativo estremo di eliminare ogni residuo ontologico
oggettivo, per quanto possa sembrare legittimo in quanto si operi sul vuoto e
astratto primum che è l’essere”, si allarga fatalmente ad ogni determinatezza.
Il tentativo può sembrare giustificato rispetto a Hegel, perché in Hegel c’è,
appunto, anche questo aspetto; ma c’è anche l’altro, per cui la dialettica deve
provarsi con il contenuto determinato delle scienze, della natura e della
storia. Dall’attenzione per il lato formale nasce l’attualismo, dall’attenzione
per i contenuti la nuova dialettica, della sinistra hegeliana e di Marx. S.
anticipa, dunque, Gentile. Ma non trae tutte le conclusioni della sua riforma,
e lascia vivere il sistema. Questa contraddizione, “positiva”, dal punto di
vista di R., è il riflesso di un’altra contraddizione: tra lo S. prcattualista
e lo S. liberale, l’esule, l’antigesuita, il filosofo attento all’evoluzionismo
e al positivismo. L’accoglimento di Hegel corrispondeva alla volontà di uscire
dal marasma intellettuale di Napoli. Ma S. “cercava la libertà e incontrò la
monotriade dialettica”; “i suoi interessi etici di liberale procedettero
paralleli ai suoi interessi teoretici, vi rimasero giustapposti, e con essi non
s'incontrarono mai”. Tant'è vero, che nei Principi di etica S. lascia cadere la
deduzione della monarchia ereditaria e ignora tutte le pagine reazionarie della
Filosofia del diritto: “liberalizza” Hegel sopprimendo — semplicemente — il
reazionario (a p. LIX cfr. anche un’annotazione particolare a proposito della
polemica sulle psicopatie: S. ci offre una “stranissima soluzione”. che
“contamina” il realismo herbartiano con la dottrina hegeliana
dell’autocoscienza). Dalla linea S.-Gentile divergela linea De Sanctis-
Tommasi-Labriola, la linea “umanistica” dell’hegelismo italiano già proposta da
F. Lombardi nel suo Ludovico Feuerbacb e ribadita in scritti posteriori. Degli
Sviluppi dell’hegelismo cfr. la recensione di N. Merher, in “Società”; e, per
un successivo dibattito: G. Mastroianni, M. Rossi, N. Mediar, A proposito di
alcuni studi recenti sul Labriola, in “Società. ALDERISIO, Introduzione a B.
S., Sul problema della cognizione e in generale dello spirito, Torino. Nuova
presentazione dell’introduzione al testo spaventiano, qui ritoccata e adattata
a “finalità didattiche”. L’a. riafferma la “piena e congeniale aderenza” dello
scritto di S. “col principio e senso fondamentale dell’assoluto razionalismo di
Hegel. FAZIO ALLMAYER, Ricerche hegeliane, con prefazione di G. Saitta, Firenze.
Cfr. MARCIANO, Storia della filosofia italiana, Romza. A S. sono dedicate le
ultime pagine dell’ottavo capitolo, che espone il pensiero italiano. Ma il nome
del filosofo è citato spesso nell’introduzione, che riprende e dibatte la
questione della “filosofia nazionale”, e quindi del “carattere” della filosofia
italiana. La tesi di S. (e di Gentile) vien fatta reagire con quelle di M. F.
Sciacca cfr. nn. 236, 246, di P. Carabellese, e con le vedute di F. De Sarto,
che l’a. è incline ad accettate (la filosofia italiana è filosofia
dell'esperienza, è sperimentalismo, ha carattere realistico, ecc.). 269. Un
“pamphlet” antidemocratico inedito di S., a cura di P. C. MASINI, ir “Rivista
storica del socialismo”, Cfr. GARIN, Ur “pamphlet” antidemocratico inedito di
B. S., in “Giornale critico della filosofia italiana”. Cfr. BERTONDINI, Irtorno al “Socrate” di Labriola
e S., in “Studi Urbinati. Dalla lettura dello scritto di Labriola su Socrate è
possibile far affiorare il rifiuto della impostazione speculativa che
caratterizza l’analisi spaventiana 62 delle Considerazioni di G. M. Bertini.
ALDERISIO, Introduzione a B. S., Lo stato moderno e la libertà d'insegnamento,
Firenze. L'’introduzione contiene utili indicazioni per favorire una prima
lettura delle due polemiche di S., i cui testi — si legge nella “postilla”— ben
si prestavano, per la loro “affinità” e “complementarità”, per la “comune
ispirazione filosofica ed ideologica,tuttaprotesa verso l'ammodernamento della
cultura e dell'educazione e verso il rinnovamento più profondo della filosofia
e della vita politica in Italia”, ad essere presentati in un’unica raccolta
antologica (tra le recensioni dell’antologia cfr. S. C. Landucci in “Critica
storica”; e L. Pinto, in “Il Baretti”, MAZZILLI, L’hegelismo in Italia, in
“Cynthia”. È l'undicesima puntata di un lavoro, che ha come sottotitolo
costante: La problematicità. Qui sono avanzate esplicite riserve contro la
teoria della circolazione e contro l’interpretazione spaventiana di Hegel (cfr.
il saggio precedente, intitolato I/ divenire Iriadico: non è vero che Hegel
volle “provare l'identità”, come pretende S.; ma v. anche le pagine dedicate a
L’attualismo: è vero che S. ebbe una concezione intellettualistica dell’“atto”,
ne vide l'impotenza ad autodeterminarsi; questo, che a Gentile apparve un
limite, è per l’a. un pregio della posizione di S., il quale sembra offrirci
una confutazione anticipata dell’attualismo). ZAMBELLI, Tradizione nazionale
italiana e sovranità etica razionale nel’ideologia degli hegeliani di Napoli,
in Problemi dell’unità d'Italia, atti del secondo convegno di studi gramsciani,
Roma. Contiene una minuziosa analisi e ricostruzione — con ricchi riferimenti
bibliografici - del pensiero etico-politico di S.: dai primi documenti
(Pensieri sull’insegnamento della filosofia; l’a. tocca con la dovuta cautela
la questione della collaborazione di S. al “Nazionale” del fratello Silvio) ai
Principi di elica. La posizione di S. appare all’a. assai “avanzata”, pur nei
limiti suggeriti dalla lettura delle pagine dedicateda Gramsci al Risorgimento
italiano. Muovendo da una primitiva avversione al Cousin, e dai suggerimenti
del fratello Silvio, S. sviluppò il disegno di una storiografia fortemente
critica, ispirata da una corretta concezione del nesso che collega la filosofia
con il processo storico (va riconosciuto, del resto, che “per la provincia
filosofica italiana lo ‘storicismo’ hegeliano non trovò superatori fino al
primo saggio di Labriola); altrettanto progressive appaiono le vedute di S. sul
problema della “nazionalità” della filosofia. Se è lecito riconoscere la
disinvoltura “speculativa” dell'equazione: Gioberti = Hegel, assai più
importante è individuare e ribadire il valore pratico, efficace,
dell’operazione compiuta da S. Nella Libertà d'insegnamento è disegnato il
concetto della moralità autonoma dello stato, i. e. il concetto dello
stato-guida, che prepara il momento della libertà, difendendo e promuovendo gli
interessi dei cittadini; ci muoviamo qui su di un piano ben diverso da quello
su cui Gentile affermerà il suo ideale dello “Stato forte” (cfr. p. 568: appare
equivoca all’a. l'annessione di S. all’attualismo fascista; ai principi di S.
si è potuto richiamare il gruppo liberale borghese più avanzato, rappresentato
da Gobetti). L'analisi dei Principi di etica consente di concludere che nella
prospettiva di S. “i problemi della tradizione nazionale e della autonomia
razionale e etica dello stato vengono a convergere con un'impostazione che (se
mantiene ovviamente il limite di classe di tutte le ideologie borghesi, che non
prendono in considerazione le classi subalterne ed i loro specifici problemi,
fittiziamente ridotti e dissolti nell'unità nazionale) pur rappresenta la
raggiunta maturità della ideologia liberale in Italia; essa venne condivisa da
tutto il gruppo d’opinione che faceva capo ai due S., a De Meis e a Francesco
Fiorentino. Negli scritti della maturità non tornano più le rivendicazioni
democratiche (l’appello alla “ragione”, che si identifica con la richiesta del
suffragio universale e della gestione repubblicana dello stato); ma resta e si
afferma ancora l’idea dell’ “evoluzione progressiva delle costituzioni. S. Si
muoverà certo entro prospettive “borghesi”, e nutrirà forse eccessiva fiducia
negli “espedienti” costituzionali; ma vi sono, nel suo pensiero, spunti e
riconoscimenti che meriteranno di passare negli scritti e nell’opera del suo
allievo Labriola. Nello studio della Z. si dà notizia di una lettera inedita di
S. a G. Del Re, del 12 ottobre 1850, che costituisce un altro documento
relativo al progetto di traduzione del volume di L. Stein sul socialismo e il
comunismo in Francia. CUBEDDU, S. pubblicista, in “Giornale critico della
filosofia italiana”, Lo scritto presenta la ristampa dei testi ordinati in
questa bibliografia. L’autore rende note le ragioni che consentono di
attribuirne la paternità allo S.; riproduce i titoli di altri articoli
pubblicati sul “Progresso” di Torino e attribuibili anch'essi, ma con qualche
dubbio residuo, al filosofo; indica nello scritto di L. Stein Der Socialismus
und Communismus des beutigen Frankreichs la fonte di alcuni articoli
spaventiani L'autore conclude (pp. 62 sgg.) con una cauta valutazione di questi
testi “democratici” di S., nei quali il filosofo esprime convinzioni
successivamente attenuate o abbandonate. LANDUCCI, Di un celebre paragone tra
Rivolnione francese e filosofia classica tedesca, in “Belfagor”. Analisi della
formulazione spaventiana del nesso: Rivoluzione francese-pensiero tedesco (in
Paolottismo, positivismo, razionalismo, 78), estesa dall’a. all'esame della
presentazione del paragone nel discorso di De Meis Darwin e la scienza moderna.
L’a. conclude per la derivazione da Heine (fonte anche del Carducci) del paragone
spaventiano; e ne individua, attraverso le varianti introdotte da S., gli
elementi di originalità. Si legge che S. — con Meis — volle prospettare e
sostenere un “idealismo filosofico” che è “il corrispettivo teoretico delle
possibilità pratiche di razionalizzazione dcl mondo, di umanizzazione della
realtà, potentemente messe in luce dalla Rivoluzione francese. TESSITORE, Crisi
e trasformazioni dello stato, Napoli. Si veda in particolare, nel primo
capitolo (I compiti dello stato), il quinto paragrafo (I/ significato dello
stato per Silvio e S., che contiene un raffronto delle posizioni di Silvio e di
B. sul concetto dello stato libetale e sul problema delle garanzie
costituzionali (e cfr., per B., un’osservazione.: lo S. “trascurava, quasi
subito, l'interesse generoso di Hegel, che pur a tratti lo attirava, per le
manifestazioni ‘oggettive’ del diritto, della moralità, dell’ethos, e
seguiva... la via meno certa, meno hegeliana: quella di formulazioni nell’intimo neogiusnaturalistiche, che
ritrovano un’assonanza, certo non fortuita, con lo statalismo di Fichte. CUBEDDU,
Berztrando S., Firenze. Il libro si divide in quattro capitoli. Nei primi due
(La nazione vivente; Ragione e libertà) sono studiati gli scritti spaventiani,
dal programma degli Studi sopra la filosofia di Hegel e dei Pensieri
sull'insegnamento della filosofia, al frammento sulla riforma filosofica,
politica e religiosa nel XVI secolo; attraverso gli articoli pubblicati sul
“Progresso” (è ripreso qui., il tema del rapporto S.- Stein), le polemiche con
la “Civiltà cattolica”, gli scritti sulla libertà di insegnamento, i saggi su
Bruno e Campanella. Un riepilogo di questa prima parte discute l “ampiezza e la
struttura specifica... della problematica nella quale si compongono e prendono
rilievo gli interessi più vivi del filosofo”, in quegli anni; si allarga “alla
considerazione del rapporto di S. a Hegel e agli hegeliani, del significato che
è possibile attribuire agli studi sul Rinascimento, e all’atteggiamento
genericamente negativo nei confronti dei filosofi italiani contemporanei”; e si
conclude “con qualche osservazione sugli orientamenti pratici e politici del
giovane filosofo. Quantoalprimopunto,l’a.indica in che senso e entro quali
limiti le prime riflessioni e polemiche di S. presentino “uno sviluppo affine
alle grandi linee della polemica di Hegel contro Schelling, contro l’empirismo
e contro le filosofie della riflessione in genere.. Nei saggi sul Rinascimento,
viene messo in rilievo un “duplice orientamento” del filosofo, il quale, per un
verso, tenta di rielaborare in modo autonomo i temi speculativi individuati in
Bruno e Campanella, per un altro verso impegna quegli autori in un confronto
esplicito con gli sviluppi dell’idealismo tedesco; con risultati non del tutto
convincenti, o non ancora convincenti, prima che S. abbia raccolto i frutti
degli studi su Spinoza e Jacobi, e della nuova lettura di Gioberti. I lavori
sui Rinascimento vanno ricondotti tuttavia alla “più estesa prospettiva nella
quale si inquadrano le esigenze e le convinzioni etico-politiche del giovane S.”,
che tenta di cogliere e di elaborare i primi germi di una concezione “organica”
della società, nella quale sia dato finalmente “al’uomo di conciliare la
propria individualità, la soggettività dei suoi impulsi e dei suoi bisogni, con
la necessità della legge. In quella prospettiva appaiono all’a. semplicemente
riaccostati elementi attinti da diverse matrici (come per es. la critica di
Rousseau, che coesisteconlapienaaffermazione della sovranità popolare). All’a.
non sembra dubbio, tuttavia, che le formulazioni di S. “non costituiscono né
vogliono costituire un vero e proprio programma politico chiaramente e
concretamente articolato, e quindi valutabile e criticabile in quanto tale. Il
quadro programmatico di quelle dichiarazioni
va trasposto e interpretato su quello stesso terreno sul quale fermentano i
propositi di una rigenerazione morale e intellettuale del popolo, che deve
attuarsi attraverso una totale rivoluzione filosofica. Se è possibile ascrivere
alla concezione di S. un limite, “che deriva dal carattere parziale della
prospettiva in cui si muove il filosofo”, non sarebbe giustificato “svalutare i
contributi particolari che S. ha voluto apportare nella discussione di problemi
concreti e attuali, come è risultato dall'esame delle polemiche sostenute in
questi anni dalle colonne dei periodici piemontesi. Il terzo capitolo (Fede e
sapere) esamina gli scritti spaventiani Tra i lavori studiati in queste pagine
vanno segnalati, oltre ai primi saggi su Bruno e Spinoza, l'importante articolo
su La filosofia di Kant e la sua relazione con la filosofia italiana, un
manoscritto inedito intitolato a Jacobi e qui datato: (per l’analisi dell’inedito),
e la cosiddetta “parentesi, pubblicata da Alderisio e qui discussa. L’ultimo
capitolo (La metafisica perplessa) è dedicato all'esame delle prime lezioni
napoletane e della Filosofia di Gioberti, il “capolavoro” di S., minuziosamente
ricostruito dall’a.; segue un ampio paragrafo dedicato agli scritti sulla
logica e sull’etica di Hegel; dedicate a Esperienza e metafisica, e agli
scritti sulla psicologia empirica. Un riepilogo (pp. 290 sgg.), che discute tra
l’altro lo scritto: Kart e l’empirismo, chiude anche questa seconda parte del
lavoro. Per una presentazione sintetica delle conclusioni, si vedano le 290-291:
“Se volessimo indicare in breve, trasponendo queste considerazioni sul piano di
un bilancio complessivo, quale sia il limite che ci sembra risultare
dall’analisi della produzione scientifica di S., dovremmo parlare di una
riflessione critica che ha spunti e accenti fortemente originali, che abbiamo
visto maturarsi sul terreno di una sostanziale armonia con gli interessi e con
le esigenze espresse nel programma, ma che non è riuscita a tradursi — e a
placarsi — nella elaborazione di una dottrina altrettanto autonoma e originale.
Nel corso dell’ultimo capitolo abbiamo sottolineato di volta in volta quali
siano le oscillazioni, le suggestioni, e soprattutto le esitazioni che è
legittimo porre in rilievo attraverso la lettura delle opere più fortunate ed
anche più mature di S. La considerazione non ci dispensa dal compito di
giustificare, almeno in forma sintetica, il titolo che abbiamo voluto dare
all’ultima parte di questo lavoro. In esso si esprime la convinzione che
l’interpretazione di S. data da Gentile sia sostanzialmente aderente ai motivi
fondamentali e alle esigenze autentiche del pensiero del maestro. Accentuando
il tema della perplessità, abbiamo inteso indicare quali e quanti tributi il
filosofo ha voluto pagare all’enciclopedia hegeliana, pur continuando a
prospettarsi la necessità di prolungarne e di rielaborarne, in forma originale,
i risultati e l'insegnamento. Non ci è sembrato proficuo ricercare
minuziosamente quali fraintendimenti si frappongano fra l’analisi di S. e il
testo di Hegel. L’adesione del filosofo al programma della prefazione alla
Ferorzenologia e, più in generale, alle pagine nelle quali Hegel sviluppa con
maggiore asprezza la sua critica dei filosofi contemporanei, avrebbe dovuto
consentire al maestro — tale era l'intenzione di S. — la ricostruzione della
vera ‘enciclopedia giobettiana. Ma il filosofo, a nostro avviso, si è
dimostrato consapevole, e fin nelle sue ultime pagine, che questo programma non
era giunto al suo perfetto compimento”. I risultati ultimi della ricerca sono
resi anche più espliciti nella prefazione: “il proposito di ricondurre a unità
l'insieme dei motivi che si innestano nella speculazione di S., di ricostruirne
la fisionomia complessiva e di riprodurne la problematica in un linguaggio non
troppo distante dalla nostra sensibilità, riesce a raggiungere il proprio scopo
— è una conclusione certamentenonnuova, della quale intendiamo tuttavia assumerci
la nostra parte di responsabilità — soltanto accogliendo la critica spaventiana
di Gioberti come l’unico strumento che ci consenta di penetrare agevolmente il
senso riposto fin nelle pagine più disperse e frammentarie del filosofo, e più
lontane, fra loro, nel tempo, dai primi scritti torinesi del 1850 alle ultime
polemiche contro il positivismo. Svuotata dei toni e degli accenti ormai
estranei al nostro gusto e ai nostri interessi, liberata dalle incrostazioni
che costituiscono l’inevitabile residuo nella produzione di un autore dotato di
una personalità per molti versi fortemente recettiva, la critica di S.,
largamente imperniata sulla polemica con il giobertismo, è in grado di
restituirci l’esatta misura dello hegelismo di cui si nutrì il filosofo; il
quale seppe mostrarsi hegeliano, per quel tanto che riuscì a tenere insieme le
innegabili doti e tentazioni sistematiche con una polemica aderente al
“carattere” e allo “sviluppo” proprio del pensiero moderno, italiano e europeo.
Questo convincimento implica che si ritenga ancora esatto e accettabile, nelle
sue linee essenziali, il giudizio che sull’opera di S. volle dare Giovanni
Gentile; il che non significa, ovviamente, accogliere anche le conclusioni
teoriche dell’attualismo, ma, più semplicemente, attribuire a S. il merito o la
responsabilità di aver avviato — tra incertezze e perplessità che sono pure
messe in luce in queste pagine — un’interpretazione di Hegel alla cui storia il
suo nome ci appare tuttora indissolubilmente legato”. CRESCENZO, La fortuna di
Vincenzo Gioberti nel mezzogiorno d’Italia, Brescia. Cfr. GUZZO, Cinquant'anni
di esperienza idealistica in Italia, Padova. Cfr. LANDUCCI, Cultura e ideologia in Francesco De
Sanctis, Milano. Cfr. LANDUCCI, S. fra
hegelismo e socialismo, in “Annali dell'Istituto Giangiacomo Feltrinelli”, Milano.
Il titolo non vuole indicare un’incertezza o un’oscillazione che sia da
addebitare al giovane S. democratico, collaboratore del “Progresso” e autore
degli Studi sopra la filosofia di Hegel. La ristampa degli articoli su La
rivoluzione e l’Italia e Le utopie, scritti negli stessi mesi in cui il
filosofo combatteva dalle colonne del giornale torinese la sua polemica sulla
libertà d’insegnamento, offre ormai — secondo L. — il materiale necessario per
ricostruire nella sua intera e coerente fisionomia un momento ben preciso della
biografia di S.; quel momento in cui si intrecciano, sostenendosi e
confermandosi a vicenda, un hegelismo “assai preciso e articolato” (anche se “‘interpretato’
o fortemente sollecitato”, e una autentica fede democratica e repubblicana,
traducibile in termini di “démocratie sociale, alla francese; per cui gli
scritti spaventiani vanno a collocarsi “accanto alle opere dei repubblicani non
mazziniani fiorite in questi stessi anni e caratterizzate dal continuo
riferimento alle vicende francesi. Sullo stesso terreno in cui si incontrano
hegelismo, democrazia e socialismo, fermentano i propositi di rigenerazione
civile e intellettuale della società italiana, che caratterizzano il primo
“programma” di S.; alle discussioni di questo tema L. contribuisce anche
ripubblicando un “annuncio” della traduzione spaventiana di Stein, rimasto
finora ignoto. L’ampio saggio di L. offre al lettore,in sessanta pagine, tante
analisi, riflessioni, suggerimenti,non riproducibili qui nei particolari. In
generale, il discorso è sviluppato con la preoccupazione di aderire alle varie
utilizzazioni — da parte di S. — delle due fonti, Hegel e Stein, nella
specifica situazione politica e culturale di quegli anni; sicché il rilievo di
residue “astrattezze” non nasce da un impianto già “ideologico” della lettura
(cfr. p. es.: “tutte le rappresentazioni dell’hegelismo italiano che partono da
pregiudiziali equazioni ‘ideologiche’ (hegelismo = speculazione, o hegelismo =
conservatorismo, ecc.), talvolta non distinguendo sufficientemente neppure tra
Hegel e i vari ‘hegeliani’, non possono che fallire il bersaglio. Nelle prime
pagine del saggio, L. difende le convinzioni democratiche e repubblicane di S.
(anche contro le riserve di altri interpreti; e v. ancora, per questi dissensi
interpretativi, accettando la derivazione steiniana degli articoli sul
“Progresso, ma rivendicando l’autonomia della lettura spaventiana in molti
punti. Nel democratismo di S. cè un’ “indubbia precarietà”; c'è una
“astrattezza teorica” nella posizione del filosofo che comincia a orientarsi
verso un atteggiamento da ultimo conservatore-autoritario. Gioverà tener
presenti i due aspetti dell'ideologia di S. (e di molti hegeliani, con lui):
l’aspetto, appunto, “conservatore” dello stato etico, e quello giacobineggiante
e antidottrinario, che ha la sue radici nelle polemiche torinesi, e che
continuerà ad operare anche dopo. Ma c'è, poi, “astrattezza” e “astrattezza”;
c’è il socialismo “escatologico” e “universalistico” di La rivoluzione e Le
utopie, c'è il più corposo antidottrinarismo della polemica sulla libertà
d'insegnamento, in cui la prospettiva escatologica, a contatto con problemi
attuali e reali, si precisa come “tentativo di sollecitare da sinistra
un’evoluzione in senso più democratico della politica del Regno sardo. Gli
articoli sul socialismo hanno certo un “carattere tutto teorico, ideologico’:
“la formula democraticorepubblicana del popolo oppresso” non coglie gli effetti
specifici del “meccanismo del profitto industriale; ma da Stein S. mostra di
ricavare anche indicazioni sul rapporto tra das Gesellschaftliche e das
Wirtschaftliche. Nella ricerca delle dimensioni reali, storiche, che
strutturano gli orientamenti del giovane S., acquistano allora particolare
rilievo, per il L., le prime battaglie del filosofo: la sua critica della
religione; e cfr. sull’uso “non speculativo” della dialettica hegeliana dello
spirito assoluto), gli scritti sul problema della libertà d’insegnamento
(contro le tesi del “Risorgimento”, organo dei cavouriani), e la polemica
contro la “Civiltà cattolica”, e contro la critica cattolico-reazionaria
dell’hegelismo (matrice del socialismo, del comunismo ecc.). Se si tiene
presente il contesto storico (anche sotto il profilo della diffusione delle
idee) da cui emergono questi primi scritti di S., sarà possibile trovare una
collocazione reale per il socialismo “astratto” del loro autore; la prospettiva
“escatologica”, espressa in termini “ideologici”, “speculativi”, non si traduce
mai in mera esercitazione “retorica”: sicché non sarebbe giusto sommergere le
formulazioni spaventiane sotto il peso dell’Ideologia tedesca, né sarebbe
esatto, neppure filologicamente, rintracciarne i limiti nel peso esercitato
dagli schemi di una filosofia della storia già distorta in senso speculativo.
Giacché l’hegelismo del primo S. è tutt’altro che “accademico”; il rapporto
filosofia hegeliana-democrazia francese si costruisce, in S., attraverso il
richiamo alle pagine più “progressive” di Hegel (e alle pagine della Filosofia
della storia, prima ancora che a quelle della Filosofia del diritto): si vedano
i rilievi di L. a proposito della concezione della libertà come libertà
“categoriale”, dell’ “assunzione estremamente seria, e praticizzata, dei
concetti hegeliani di Fresbeitsbewusstsein e di freie Personlichkeit”, della
giustificazione delle rivoluzioni in base allo “scarto” tra “ragione” e
“esistente”, tra la realtà e le (nuove) idee, tra la realtà e gli istituti
giuridico-politici ormai superati. Nella critica spaventiana di Rousseau —
sviata, in certa misura, dagli equivoci giudizi di Hegel — va dato rilievo all’
“intenzione giacobina, contro i criteri formalistici di rispetto delle forme
liberaldemocratiche. Nella critica degli appelli alla natura va letto il
rifiuto di quella “tipica commistione del naturalismo biblico teologico con il
naturalismo ideologico della moderna economia politica” che è prospettata nel
Rirzovamento di Gioberti. In queste prese di posizioni, non si ha se non
un’accentuazione estremamente progressiva della concezione hegeliana della
storia: è del tutto superata l’identità settecentesca di ratura e ragione; tra
i due termini è istituita una scissione radicale, e quella razionalità reale
che domina nella storia universale è considerata foto coelo diversa e opposta
alla immediata natura. Questo è il grande acquisto intellettuale ormai
raggiunto dallo S.. È l'acquisto “vichiano” e “hegeliano” di S., la scoperta
del “lato attivo” dell’uomo, nel suo rapporto con la natura; scoperta celebrata
da Marx, e da Labriola. Tutto questo implica l'abbandono del naturalismo
illuministico, in una prospettiva ancora illuministica “se per ‘illuminismo’ si
vuoi semplicemente intendere, categorizzando il termine, il particolare
radicalismo di una critica razionalistica dell’esistente storico. In che senso
le pagine di Hegel riescano a confortare questo orientamento di S. — che si
sostiene, tra l’altro, in base a numerosi richiami a Kant, e al Kant della
Critica della ragione pratica —, L . lo ricava da un’analisi (pp. 683-693)
dell’articolo su Schelling, del 1854, qui largamente riprodotto. Nel necrologio
diSchellingvengono alla luce le origini della riflessione di S., l’ispirazione
rivoluzionaria, francese, l'ispirazione della Filosofia della storia e la polemica
contro l’intuizionismo irrazionalistico, la rivendicazione della ragione e
delle determinatezze in contrasto col formalismo insieme intellettualistico e
mistico’ (i. e. l'ispirazione della Prefazione alla Fenomenologia): i due temi
che strutturano gli Studi sopra la filosofia di Hegel e che rappresentano i due
aspetti di una stessa polemica, contro Gioberti v. anche alcune osservazioni
sulle radici del parallelo Rivoluzione francese — filosofia tedesca in S. Nell’ultima parte del saggio. L. riproduce e
commenta l’ “annuncio” della traduzione di Stein, da lui 2598 scoperto; un
testo più “moderato” degli articoli del ‘51, ma che interviene anch’esso a
confermare il quadro delle “origini” del pensiero di S.: le — prime — fonti
hegeliane (Feromenologia e Filosofia della storia) confluiscono in una
Weltgeschichte, la cui prospettiva universalistica appare anche come il riflesso
del riconosciuto “carattere internazionale dei fenomeni economici e dei
problemi sociali in età moderna” (p. 698). A p. 696 si legge questa
osservazione: “In certo senso si potrebbe dire che la lettura dello Stein tenne
il luogo, per S., di quegli studi degli economisti moderni che lo Hegel aveva
compiuto in gioventù e dei quali il nostro autore poteva avere qualche sentore
solo attraverso la biografia del Rosenkranz”. Ora L. conclude: “Così,
attraverso questa presentazione scil. l’ “annuncio, l'interesse di S. per lo
Stein appare tutt'altro che estemporaneo nella biografia intellettuale del
filosofo: in qualche modo parallelo a quello per Hegel. Da un lato una
traduzione dal francese, dall’altro una traduzione dal tedesco; ma traduzioni
che volevano essere interpretazioni, non ‘calchi’. Non provincialismo, ma
neppure vacuo cosmopolitismo. Dunque queste “origini” forniscono indicazioni
concrete anche rispetto agli sviluppi posteriori del programma degli Stud::
alla teoria della “circolazione” e alle tesi sulla “nazionalità” della
filosofia. Resta il problema del passaggio di S. (e deglialtri hegeliani) dal
democratismo avanzato degli inizi al più tardo conservatorismo, “certo
illuminato ma anche assai chiuso e non di rado arcigno. Lo studio di L. si
chiude con un richiamo alle indicazioni di Gramsci sulle ragioni di “classe”
che determinarono l'assorbimento nelle file dei moderati di quegli
intellettuali democratici. OLDRINI, Gt begeliani di Napoli. Vera e la corrente
ortodossa, Milano. La figura di Augusto Vera merita “la più attenta
considerazione e il più attento esame” per “la complessa natura delle
intersezioni della sua filosofia con i problemi della società contemporanea
lungo tutto l’arco del Risorgimento europeo, in paesi chiave (Francia,
Inghilterra, Italia) e in nodi storici culminanti (il 1848, l’unificazione
italiana, la Comune, i prodromi dell’imperialismo. L'impostazione e il metodo
della ricerca, che tiene conto delvario e complesso intreccio di prospettive
filosofiche e atteggiamenti pratici, sotto la spinta degli eventi via via
maturati nella storia italiana e europea, consentono di offrire allo studioso
di S. (e della sua scuola) nuove prospettive: in primo luogo, la presentazione
del rapporto S.-Vera (del rapporto tra idealismo “critico” e idealismo
“ortodosso”) al di fuori dello schema tradizionale, che oppone i due filosofi
come rappresentanti di due diversi orientamenti speculativi, in ultima analisi
come due diverse “personalità” filosofiche. Interessa lo studioso di S. e della
scuola spaventiana soprattutto il secondo capitolo della parte seconda,
intitolato: Le lotte filosofiche interne del circolo di Napoli. L’unità
apparente (e necessariamente apparente, se si bada alle diverse “radici della
formazione hegeliana di Vera”, che “non sono le stesse di quelle del gruppo
spaventiano dei fuorusciti”; ma su questo punto, si veda tutta la prima parte
del lavoro, dedicata alla “genesi dell’hegelismo napoletano”, alla “formazione
filosofica” e alla svolta hegeliana di Vera) che caratterizza il “fronte hegeliano”
di Napoli, comincia a incrinarsi visibilmente nei primi scontri tra “ortodossi”
e “critici” sul problema della nazionalità della filosofia; la portata e le
ragioni del dissidio che contrappone l’uno all’altro i due orientamenti si
rendono più esplicite attraverso l’analisi delle divergenze rilevabili nella
presa di posizione di S. e di Vera sulla questione del rapporto
fenomenologia-logica: dal momento che S. nella fenomenologia “non sottolinea
come Vera — o non sottolinea accentuatamente come V era — il momento della
denegazione del processo di elevazione della coscienza a scienza in favore
dello sbocco nel‘sapereassoluto’, può anche mantenere nei confronti della
riforma ‘auspicata da Trendelenburg un atteggiamento molto più elastico e
libero... può... scorgere nel ‘movimento’ assunto come ‘primo’ ... il lato
realmente attivo, positivo, che lo assimila al ‘pensiero’, poiché anche il
pensiero, in se stesso, è movimento: movimento logico”). Il contrasto tra le
due scuole si approfondisce sotto la spinta di nuove tendenze (naturalismo,
positivismo...) che si impongono come riflesso del “progresso impetuoso
dell’attività pratica, e che contribuiscono alla formazione di una “terza
scuola” (Siciliani; Fiorentino, Tocco, poi Masci; ecc.), ancora in qualche modo
controllata o almeno ispirata da S.; la nuova scuola si presenta come “fronte
unico” contro l’ortodossia, e costringe gli ortodossi ad arroccarsi “in una
strenua difesa a qualunque costo della filosofia della natura di Hegel. La
paura del positivismo e del materialismo spinge sempre più decisamente Vera
sulla strada che sbocca nella presentazione della scienza e della metafisica
“come rigidi estremi contrapposti. Ma se il destino di Vera e degli ortodossi
si consuma, attraverso il progressivo “isolamento” del gruppo, nella totale
autodissoluzione della dottrina, il profilarsi di una “sinistra materialista”
come espressione di una spinta popolare sempre più minacciosa e temuta blocca
gli intellettuali borghesi meridionali più avanzati su posizioni di difesa. Per
2601 l’analisi del fenomeno, allargata all’individuazione dei suoi fattori
economici e politici. Gli intellettuali borghesi meridionali si stabilizzano
sulle proprie posizioni egemoniche di classe, cessano di rappresentare, sia nei
confronti dell'evoluzione sociale del paese, sia nei confronti della classe
borghese in generale, una forza viva, attiva,storicamente progressiva, e
preoccupati più di non cedere terreno, di non farsi soverchiare dalla pressione
popolare in crescita, che di promuovere una spinta in avanti, perdono in
capacità di iniziativa, organizzazione, penetrazione. Matura così la formazione
di una “nuova destra” (Maturi, Jaja) nel circolo di Napoli. “Come le pericolose
oscillazioni della struttura quanto mai instabile della società spingono la
borghesia a puntare sulla dissoluzione dei vecchi partiti politici, così
altrettanto, in filosofia, la vecchia destra ‘ortodossa’ e la vecchia sinistra
‘critica’sono travolte e dissolte dal movimento della nuova generazione
intellettuale; e come gli ideologi borghesi giustificano l’operazione dell’
‘endosmosi istorica” e del ‘trasformismo’ col pretesto di sbarrare la via alla
marea montante del proletariato e di salvare in questo modo il patrimonio di
libertà e di civiltà faticosamente acquistato nei lunghi anni delle lotte
risorgimentali, così col pretesto di salvare tutt’intera l'eredità culturale
dei vecchi maestri del circolo, di Vera e di S., la tendenza trasformistica del
tardo idealismo filosofico napoletano giustifica il rilancio del loro
insegnamento in guisa volutamente così truccata... da presentarne l’apporto in
sostanza come identico, come due facce della stessa medaglia. Ma né S. né De
Sanctis appaiono travolti in questo processo involutivo: si vedano le pagine
dedicate al loro “tentativo di un superamento ‘critico’ interno dello
hegelismo, seguite da un paragrafo sulla “eredità spaventiana di Antonio
Labriola. Riprendendo, tra l’altro, la proposta di Berti, l’a. scrive: “Contro
la chiusura filosofica della ‘nuova destra’, contro l’involuzione
trasformistica, in politica, della Sinistra storica, De Sanctis e S. attuano in
filosofia e in politica, per quanto riescono, rimedi lungo un arco che va,
politicamente, dalla fondazione di una ‘giovane sinistra’ costituzionale...
alla lotta per la moralizzazione e la riforma dello ‘spirito di consorteria
prevalente nell’andazzo di una politica governativa che alimenta
discriminazioni e privilegi in favore delle classi agiate, e a una linea
programmatica di rinnovamento profondamente democratico del paese, di ricambio
dei quadri dirigenti, di irradiazione e diffusione della libertà, della
civiltà, della cultura, di una moderna concezione laica del mondo; e che ha
d’altra parte il suo correlativo, sul piano delle idee, in un forte movimento
di pressione per una svolta anche filosofica a sinistra, inaugurata proprio dal
tentativo di S. e De Sanctis di un superamento ‘critico’ interno dello
hegelistno, che in loro avviene, come si è detto, nella stessa
direzione:dall’astratto al concreto, dalla metafisica delle idee a un
assorbimento della metafisica nella ‘filosofia del reale. Oltre ai rimanenti,
numerosi richiami a S., si veda il testo di una lettera inedita di Vera a S.
sul rapporto di politica e religione, lettera che è l’“unico documento
epistolare che ci resta” dei rapporti tra i due filosofi. Di Oldrini v. anche
La crisi della cultura filosofica napoletana sul declino dell'Ottocento, in
“Rivista critica di storia della filosofia. WIDMAR, Antonio Labriola, Napoli.
Viene citato qui soprattutto per il primo capitolo della seconda parte,
dedicata a Labriola e i suoi critici; il capitolo presenta un’ampia rassegna di
studi, fra i quali il saggio di Berti, lo scritto di Togliatti, gli articoli di
Plebe, la Ripresa spaventiana di F. Alderisio 259, gli Sviluppi dell’hegelismo
di M. Rossi, ecc. Per i rapporti S.-Labriola vedi anche il primo capitolo della
parte prima (La giovinezza di A. Labriola, . L’a. tende ad attenuare il nesso
S.-Labriola, rifiutando la tesi proposta da G. Berti (per il rilievo dei limiti
della posizione di S., cfr. anche l’introduzione di W. All’edizione de La
filosofia italiana, da lui curata. D'ORSI, Uxa scoperta di notevole importanza;
il testo inedito della “Fenomenologia” di S., in “Sophia”. GARIN, Antonio
Labriola e i saggi sul materialismo storico, introduzione a A. LABRIOLA, La
concezione materialistica della storia, Bari, LANDUCCI, L’hegelismo in Italia
nell’età del Risorgimento, in “Studi storici. Alcuni temi già individuati in
precedenti analisi sono ripresi qui e riproposti nel più ampio disegno di “un
problema autentico nostro, di noi italiani: un problema di “tradizione”, nei
confronti di quell’hegelismo che “non è stato solo un movimento accademico, di
professori, ma è stato un elemento della vita civile della nazione nel momento
culminante del suo Risorgimento. C'è una duplice “eredità teorica” dello S. La
scoperta delladimensione“pratica” dell’autocoscienza, nella rielaborazione
della Ferorzenologia; la rivalutazione del positivo umano; la reinterpretazione
della logica hegeliana nei termini di una metodologia imperniata sulla
“definizione genetica” e il disegno di una antropologia filosofica, non
naturalistica: questa è l'eredità ripresa da A. Labriola. C’è anche l'eredità
dell’ultimo S., raccolta da Jaja e da Gentile: la “rivendicazione dell’apriori
gnoseologico”, che mette capo a “una forma di umanismo spiritualistico;
l’ultimo S. lavora alla “conservazione del sistema hegeliano con modificazioni
al suo interno”; sul “riformismo” di S. in sede di logica, e relativa nota).
Più complesso appare il discorso sullo S. politico. Per lui (come per De
Sanctis, De Meis, ecc.) si “fanno subito avanti problemi di sviluppo ideologico
legati allo sviluppo politico del nostro paese”; problemi che non si risolvono
registrando -— semplicemente — la “conversione” di alcuni intellettuali
democratici a posizioni di moderatismo variamente colorato, o rubricando, per
S., le polemiche contro la “Civiltà cattolica” e le riflessioni sul rapporto
stato-chiesa sotto la voce: “anticlericalismo” di moda. L’hegelismo italiano
acquistò un vigore civile” che non andò perduto. “Se nacque in provincia e finì
poi come fenomeno ‘europeo’, nel suo momento di maggior vigore l’hegelismo
italiano fu altro: un fatto nazionale — come interpretazione della rivoluzione
‘nazionale’ che s'andava compiendo e sollecitazione per uno sviluppo moderno,
avanzato, di essa; e come teoria, in una parola, della connotazione
eminentemente politica che avrebbe dovuto assumere il concetto di nazionalità.
Riaffiorano ora nel discorso di L. temi già emersi nello scritto su S. :
l’appello alla Filosofia della storia, il motivo hegeliano-illuministico della
ragione che “rovescia l'esistente”, il superamento del cosmopolitismo astratto
(Vera) e del cosmopolitismo reazionario, controriformistico (Gioberti), nelle
prime lezioni napoletane. Nella teoria della “circolazione”, al di là degli
schemi e delle forzature, va letto “l’avvertimento di un problema reale, e di
ungrande problema, anzi la prima esatta presa di coscienza di esso in senso
critico, il problema stesso al quale si ritroverà di fronte anche il Labriola
in rapporto al materialismo storico”: il problema della tradizione nazionale.
“Che l’hegelismo di S. non sia stato solo teoria della rivoluzione nazionale,
ma anche, in connessione, posizione del problema stesso della ‘tradizione
nazionale’, comporta di nuovo ch’esso non risulta chiuso nella sua epoca
storica, bensì lascia un’altra eredità che attraverso una linea precisa torna a
giungere a noi. Inoltre, della concreta ricostruzione spaventiana rimangono
indicazioni non più smentite: Bruno, Campanella, Vico. E restano la battaglia
contro il giobertismo, contro l’ “abito retorico” e la “mentalità retrograda”
dei secoli bui, resta la rivendicazione dell’Italia del “libero pensiero”
contro l’Italia “dei carnefici e degli oscurantisti. Le ultime pagine (622
sgg.) ribadiscono il “carattere accentuatamente radicale” che l’hegelismo di S.
seppe mantenere anche negli ultimi scritti dedicati alla discussione di
questioni etico-politiche; i motivi ispiratori del “giovane” S. continuarono ad
operare nella difesa dello stato laico, che trae “la sua legalità dalla
sovranità popolare anziché dal diritto storico o da consacrazioni superiori”, e
nella delineazione di un ethos nuovo. Questa è l'eredità che rimane, malgrado
le formulazioni “ideologiche” di cui pur appare rivestita; “se una memoria
tragica si è storicamente interposta fra noi e la formula dello ‘stato etico’,
ben di qui si impone di riattingere nella sua genuinità il contenuto di
quell’eticità reale che allora rivendicarono, quando si costruiva una realtà
nuova, i nostri hegeliani. Dello stesso autore va segnalato anche il volume:
Cultura e ideologia in Francesco De Sanctis, Milano. Il nome di S. è avvicinato
più volte a quello del De Sanctis, per indicare i numerosi punti di contatto
tra i due autori, sul piano di un comune impegno culturale sviluppato in una
direzione “nazionale” e non astrattamente intellettualistica o
anacronisticamente cosmopolitica, con.
la piena consapevolezza del compito “politico-pedagogico” che spetta al lavoro
degli intellettuali. ALDERISIO, Ur articolo ineditodi B. S. circa l’unità
organica della filosofia di Bruno e circa l’attinenga di questa con la
filosofia di Spinga, in “Giornale critico della filosofia italiana”. ORSI,
prefazione a B. S., Scritti inediti e rari, Padova. GARIN, Storia della
filosofia italiana, Torino. Da vedere l’ “avvertenza, per il raffronto tra
questa edizione e la precedente. La seconda edizione presenta integrazioni e
correzioni soprattutto nell’apparato delle note, “trasformato in un inizio di
bibliografia essenziale ma sistematica”, che rende conto di nuove e mutate
prospettive storico-critiche. Le pagine che riguardano direttamente S. appaiono
sostanzialmente identiche nelle due edizioni. Si vedano, dell’introduzione,
dedicate alle tesi delle prime lezioni napoletane di S. (con qualche riserva
sulla storiografia spaventiana “fatta di precorrimenti”, ma anche col
riconoscimento della sua fecondità), nel corso di una rassegna delle diverse
interpretazioni e valutazioni della tradizione filosofica italiana nella
storiografia illuministica e risorgimentale, fino a Croce e Gentile e agli
storici più recenti. Nel capitolo sugli hegeliani italiani, a S. sono dedicate
dieci pagine. L’itinerario di S. si snoda, secondo G., senza fratture lungo una
linea la cui coerenza risulta soprattutto se si tengono presenti il programma
di rinnovamento culturale e i bersagli polemici del maestro; le pagine sulla
nazionalità, la tesi della “circolazione”, la ricerca di un hegclismo
“autonomo” (S. “intendeva ascendere alla sua logica attraverso una sv4
fenomenologia”) si accordano bene con le ultime indagini sul “valore
dell’esperienza”, rivalutata appieno in nome di un “assoluto umanismo”, che è
“rigida aderenza all'attualità spirituale nella sua storica concretezza”. Un
“epilogo” (rinascita e tramonto dell’idealismo) aggiunto nella edizione del
1966, indica già nel titolo il taglio con cui è condotto il discorso sulla
filosofia italiana del Novecento. Si conclude accennando a una
“problematicanuova”, ispirata alla lezione di Gramsci; e si apre con un
richiamo alle reali, autentiche esigenze di S., filosofo “della rivoluzione”
negli anni giovanili, aperto più tardi a una problematica ‘positiva’, anche se
antipositivistica, mai chiuso entro “limiti provinciali”; interprete, sì, di
Galluppi, Rosmini e Gioberti, teorico certo della “circolazione”, ma “sotto la
doppia urgenza di un processo politico in atto, e di una presa di posizione
polemica all’interno di quel processo politico medesimo”. La figura di S.
appare nella sua giusta luce, più che nelle interpretazioni “speculative” dei
suoi scritti, nella lettura attenta delle sue pagine polemiche, contro la
tradizione platonizzante della filosofia italiana, contro il “rinnovamento” del
Mamiani; si disegna chiara nella «più sfumata discussione del positivismo: una
discussione, questa, ben consapevole dell’importanza dell’avversario”. Qui, S.
si incontra con De Sanctis. Questa insistenza sull’umanismo di S., sul
carattere “positivo”, “critico” del suo filosofare; questa nuova presentazione
del parallelo S.-De Sanctis (e del rapporto S.- Labriola), rimandano alla
lettura di altre pagine di G. Intanto, al primo capitolo delle Cronache di
filosofia italiana (nell'edizione Bari. Poi,
allo scritto Antonio Labriola e i saggi sul materialismo storico,premesso a
Labriola, La concezione materialistica della storia, Bari. Sono da vedere, qui,
sull’insegnamento di S. e sul peso che ebbe, quell’insegnamento, nella
formazione di Labriola. Il “rapporto fra Labriola e S., così come l’hegelismo e
l’herbartismo coesistenti dialetticamente in Labriola, e il suo atteggiamento
tanto duramente polemico contro il positivismo, e poi il suo movimento verso il
marxismo, non si intendono se non si restituisce il suo volto al magistero
napoletano di S. dal ‘62 in poi, così poco hegeliano ‘ortodosso’, ma anche così
lontano dalle vie percorse, attraverso l’esperienza feuerbachiana, dai ‘giovani
hegeliani” tedeschi. L'incontro S.-Labriola ha avuto un significato decisivo,
che va ribadito, non certo “ai fini di più o meno artificiose genealogie
(Hegel-S.-Labriola) o di improponibili simmetrie (Hegel-S.-Labriola, corze
Hegel- Feuerbach-Marx). Quel che importa sottolineare è altro: è la
trascrizione della ‘circolazione’ operata da Labriola sul terreno storico, nel
senso che nell’Italia comunale si individua l’avvio della società borghese
(‘comincia prima che altrove... e poi si arresta’), ponendosi così il problema
dei motivi di quell’arresto, e l’esigenza di una consapevolezza, necessaria per
rientrare nel circolo del processo politico europeo. Non basta, però: c’è un
passaggio reale, un legame che resta, tra il rigore critico e scientifico del
maestro, e quello dello scolaro, avviatosi poi su altra strada. Da S., Labriola
eredita l’ “immagine della filosofia come ‘scienza’, come elaborazione di
concetti, come coscienza critica”, “contrapponendola alla ‘filosofia
scientifica”; con S., Labriola vede in Hegel “un punto fermo, ma non un sistema
definitivo”; più tardi, “vedrà analogamente in Marx una conquista in campi
determinati, una tappa necessaria, un’acquisizione metodica essenziale, non un’
‘onniscienza’, una enciclopedia da ripetere per sempre. In questa prospettiva
si può parlare di un nesso S.-Labriola, presentato qui in pagine che vogliono
servire a illuminare la figura e l’opera di entrambi i filosofi. RASCHINI,
Validità e limiti dell’interpretazione spaventiana del Rosmini e del Gioberti,
in “Giornaledi metafisica. S. afferma che la coscienza o unità originaria del
conoscere come puro conoscere, in quanto è sintesi, è relazione tra i termini
ad essa immanenti. In questo concetto fondamentale di relazione sta il problema
attraverso cui cercare l’incontro; esso è veramente il centro della
problematica post-kantiana e, per quel che ci interessa, spaventiana,
rosminiana, giobertiana”. Su questo piano, che fissa i limiti entro i quali è
autentico l’incontro di S. con Rosmini e Gioberti, può svilupparsi un discorso
che indica nel concetto di “relazione” proposto da S., e nella dialettica che
dovrebbe esprimerla, la “contrazione di una tesi più ampia”, di una più valida
“mediazione” che, in Rosmini e Gioberti (e sia pure con qualche differenza tra
i due autori), è aperta alla ricerca di una fondazione ontologica. VACCA,
Recenti studi sull’hegelismo napoletano,
in “Studi storici. L’ampia rassegna prende in esame tutti gli studi apparsi
nell’ultimo quindicennio, ma si richiama anche a lavori e prospettive meno
recenti (Croce, Gentile, L. Russo...) per presentare un preciso raffronto delle
diverse linee in cui si svolgono, convergendo o divergendo fra loro, le varie
interpretazioni. Il discorso critico di V. — sviluppato in forma autonoma nella
ricerca condotta dall’a. sul nesso di politica e filosofia nello S.— è ispirato
dalla esigenza di riconoscere nel momento etico-politico e politico-culturale
il filo conduttore di tutta l’opera del filosofo napoletano. Tra le opere
richiamate o esaminate dall’a. interessa qui segnalare: gli studi di Arfè,
Berti, Zambelli, I/ giovane S. di S. Landucci; ma anche il lavoro su De Sanctis
e la relazione), lo S. e Vera di A. Plebe, i lavori di I. Cubeddu e di Oldrini.
AGRIMI, S. e l'eredità hegeliana, in “Trimestre. Ampia nota, che prende l’avvio
dal recente volume di Vacca, “un lavoro rigoroso e certamente il più completo
ad articolato sull'argomento, che inquadra l’accurata informazione critica e la
dettagliata e lucida ricostruzione dello svolgimento del pensiero spaventiano
in una più ampia prospettiva storiografica. A proposito del libro di Vacca,
l’a. conclude: “Una così energica rivalutazione di S. non può comunque non
determinare un riesame della linea di svolgimento del pensiero italiano
contemporaneo: linea peraltro in più parti indistinguibile o appena
tratteggiata. Può muovere da S. un filone di pensiero in direzione di una
filosofia della prassi? Non è facile ammetterlo, e comunque si dovrebbe passare
per mediazioni e recuperi molto difficili. Ma sono ancora ammissibili ricerche
di genealogie filosofiche ‘nazionali’, in cospetto di eventi storici che ci
costringono a ‘pensare mondialmente’? Gramsci, come si sa, su questo terreno
urtava non di rado in contraddizioni e incertezze. Per l’a., resta aperto il
problema di “stabilire le ragioni per cui, malgrado l'appassionato sforzo
spaventiano, l’hegelismo non riuscì a divenire l’ideologia politica e culturale
del nuovo Stato nazionale.: cfr.“lhegelismo spaventiano esce dalle pagine del
Vacca ricco di una carica innovatrice e progressista, che non sembra però
incidere sulla vita nazionale del tempo”). Per qualche suggerimento offerto
dall’a., si veda, tra l’altro, 148. sg.: la teoria spaventiana della
circolazione, l'adattamento dell’hegelismo “all’antica tradizione italiana”
finisce col ricongiungersi — o comincia a ricongiungersi — con le intenzioni di
uno storicismo pacificatore, che ha perduto il senso della lezione
illuministica, il senso della “insopprimibile distanza” e dello “scontro
dialettico tra ‘razionale e reale’, tra ‘verità’ e ‘storia’, tra ‘pensiero’ e
‘realtà’, condizione indispensabile di una tensione costruttiva e progressiva
rivolta a trasformare la realtà.. ONUFRIO, Lo “stato etico” e gli hegeliani di
Napoli, in “Nuovi Quaderni del Meridione. Ampia rassegna degli studi sul
pensiero politico degli hegeliani napoletani, pubblicati (l’a. esamina tra gli altri i lavori di De
Ruggicro, Caramella, Russo, il S/vz0 S. di Romano Alatri, gli studi della
Zambelli e di G. Berti, il volume di Oldrini su Vera. Onufrio affronta un
riesame degli articoli del “Nazionale” (anche in connessione con le indicazioni
di Vacca); e offre al lettore una analisi degli scritti politici di S. — dagli
articoli sul “Progresso” ai Principi di etica — che, pur accogliendo diverse
indicazioni dei più recenti studi sull'argomento, si conclude con il rilievo
dell’ispirazione sostanzialmente liberale della filosofia politica del vecchio
hegeliano. VACCA, Politica e filosofia in S., Bari. Tutti gli scritti di S.
sono sorretti da “un’intenzione politico-culturale, risalente ad una precisa’
visione dell’unificazione nazionale e della necessaria ricostruzione culturale.
La curvatura ideologica con cui S. visse i fatti e le passioni del Risorgimento
italiano, si delinea dunque come il filo rosso della sua filosofia”. L'analisi,
condotta attraverso il continuo riferimento al terreno in cui si incontrano
passione politica e riflessione teorica, restaura la connessione “genetica”
dell’ “intero impianto” della filosofia di S. e consente la presentazione di
uno S. “modernissimo e ‘europeo’, che andava smarrito nella prospettiva
attualistica. La monografia di V. è sviluppata nella linea dei recenti studi,
che tendono a recuperare la dimensione etico-politica dell’opera di S. (per una
discussione di questi scritti impostata dall’a. del libro. V. disegna tuttavia
con tratti più decisi la figura del primo S. democratico, ricollegando gli
scritti sul “Progresso”, anche quelli ristampati, all’attività del “Nazionale”,
e restaurando le linee di una “formazione politica militante” dei due S.; e
rimette in discussione l’opera dello S. maturo, dello storico, del riformatore
della dialettica e del critico del positivismo, che nasconde “a livelli sempre
nuovi e a volte estremi di mediazione, senza però abbandonarla, l’ispirazione e
le esigenze originarie (l’ultimo capitolo si intitola: Storicismo e
antropologia. La filosofia come fondazione metafisica della prassi). Il primo
capitolo (Il “Nazionale” e il ‘48 napoletano nella formazione degli S.) si
conclude con un’importante appendice, in cui l’a. affronta il problema della
formazione di B., riprendendo l’ipotesi della sua collaborazione attiva al
“Nazionale” e alla rivista di Silvio. È evidente lo stretto rapporto (identità
di temi, e finanche di espressioni letterali) che lega gli articoli di B. a
quelli del “Nazionale”, attribuiti a Silvio. Le origini delle convinzioni
democratiche e repubblicane degli S., la fonte — non libresca — del socialismo
(si parla però di “una non ben precisa forma di socialismo) di B., piuttosto
che nella lettura del noto libro di L. Stein sul socialismo e comunismo in
Francia, vanno ritrovate nell’azione politica dei due fratelli, nella loro
appartenenza ad “uno schieramento politico che concepiva la lotta per
l'indipendenza strettamente intrecciata alla lotta per l'emancipazione politica
e costituzionale, senza ancora una precisa subordinazione della seconda alla
prima. Contro il vecchio giudizio di Croce, V. parla dello schietto liberalismo
democratico. (e non, semplicemente, “progressista”) degli S.; i quali, quando
cederanno all'iniziativa piemontese, rimarranno tuttavia sempre fedeli alla
loro concezione dello stato come formazione storica destinata ad evolversi
sotto la spinta di nuove idee e dì nuovi bisogni. AI di là di una prima
caratterizzazione degli schieramenti politici e delle varie correnti
compresenti, anche contraddittoriamente, nella stessa redazione del
“Nazionale”, la ricostruzione della linea seguita dagli S. viene precisandosi
attraverso la lettura del giornale di Silvio: V. documenta le “simpatie
repubblicane” del “Nazionale, ravvisa nei suoi articoli la difesa di una
democrazia “piena, politica e sociale’, contro il contrattualismo
giusnaturalistico, chiarisce il carattere “strumentale” dell’ “albertismo” di
Silvio e dell’accostamento al programma neoguelfo, distingue dall’ “unitarismo”
e dal “gradualismo” tattico un complesso di richieste illuminate da principi
più avanzati. E l’analisi si concentra su due temi che saranno costantemente
presenti nei primi scritti di B. a Torino: l’idea di nazione e di stato, e la
sovranità popolare. Quanto al primo: il rapporto fra Stato e nazione è
costruito secondo una dialettica idea-esperienza, dover essere-essere, che comporta
e mantiene una polarità, per cui giammai l'essere annichila il dover-essere. E,
per il secondo punto, V. spiega la coesistenza della difesa della sovranità
popolare con la critica della “volontà generale”, riadducendo quest’ultima non
ai paragrafi antigiacobini della Filosofia del diritto di Hegel, ma alla
convinzione che la legge del numero, meccanicamente intesa, serve a
contrabbandare una forma particolare di volontà, in luogo della volontà del
popolo. Emergono ancora, a chiusura del capitolo, tre punti importanti: il
rilievo di una prima critica del diritto di proprietà come diritto innato;
quello dell’apertura alle masse popolari, come sostegno indispensabile della
rivoluzione; infine, in connessione con il punto precedente, la “formulazione
di una teorica politico- pedagogica dello stato — che sarà compito degli S.
maturi sviluppare —, nella quale è sempre più chiaramente visibile la
preoccupazione di accompagnare la fondazione del nuovo Stato alla fondazione di
una reale egemonia borghese. Il capitolo (Politica e filosofia nel primo S.),
studia gli scritti spaventiani, rilevando il carattere “pratico” dell’hegelismo
di S., accolto in origine come strumento di rottura dell’egemonia eclettica
operante nel liberalismo moderato napoletano. Questa genesi dell’idealismo
spaventiano va tenuta presente per una corretta lettura delle pagine
“hegeliane” di questi anni. La difesa, dalle colonne del “Progresso”, della
democrazia repubblicana e l'affermazione della necessità della “riforma
sociale”, condizione anch'essa della pacifica convivenza di libere nazioni,
vanno ricondotte ad un’autonoma concezione della storia, in cui è accentuato
“laspetto deontologico del principio della libertà e della razionalità del
reale. La funzione degli intellettuali così come è prospettata da S. richiama
l’immagine illuministica del philosophe, piuttosto che la figura dell’ “eroe”
hegeliano. La distinzione di “utopie” e “idee storiche”, e la critica delle
“utopie”, si sviluppa in virtù di “un criterio di discriminazione fra filosofie
teologiche e filosofie scientifiche”, conformemente al “principio di una
perfetta rispondenza, sempre, del pensiero con determinate posizioni della
vita. Quello di S. è uno “storicismo avanzato”; la realtà è storia in quanto
“opera umana”, “lavoro”; e 1° “assoluta mediazione” coincide col processo
infinito della prassi. La concezione politico- pedagogica dello stato, primo
nucleo dello “stato etico”, nasce da una critica degli stati liberali sorti
dalle rivoluzioni borghesi; nella polemica spaventiana sulla libertà
d'insegnamento è posto in primo piano il problema “dell’eguaglianza materiale
delle condizioni sociali dei destinatari dell’insegnamento. S. mira ad “una
egemonia ideale laica come portato e cemento di una moderna costruzione
pubblica dell’organizzazione della cultura; la richiesta si fonda sulla
“concezione della filosofia come coerenza e rigore di principi, come unità
logica del pensare e dell’operare degli uomini”: un “dato permanente del
‘carattere’ di S. La fedeltà a Hegel è apparente; nel processo di “adattamento
dell’hegelismo alle lotte rivoluzionarie del Risorgimento. Si determina una
elaborazione autonoma di temi hegeliani che tocca questioni di principio e di
metodo. L’a. torna ora sulla “caratterizzazione deontologica del nesso
reale-razionale”, che distingue la filosofia di S. dalle ricostruzioni speculative
del processo storico; l'identità di pensiero e essere affermata negli Studi
implica che la riflessione possa “spaziare fino ad identificarsi con tutta la
storia degli uomini, nel senso di costituirne e rivelarne l’unità,
l’intercompenetrazione e la conoscibilità da parte dell’uomo, come conseguenza
dell’essere quella opera sua. La riflessione non è abbandonata al gioco
dell’astrazione indeterminata; S. sa che la concretezza del nesso delle
determinazioni astratte (ma non, appunto, generiche) fissate dalla riflessione
non riposa su una mera “autoconsapevolezza dell’unità dell'esperienza, che
rifiuti, in ultima analisi, la differenza; lo sa “per un’originaria
intelligenza della dialettica come nesso del pensiero come riflessione con
l’essere come lavoro umano”, come mostrano proprio le sue pagine sul tema del
lavoro, visto sempre alla luce di rapporti e relazioni concrete. Le pagine
conclusive del capitolo offrono un primo quadro dei motivi che caratterizzano
l’autonomia dell’hegelismo spaventiano (uso determinato della astrazione,
consapevolezza del nesso storico di filosofia e vita, critica della metafisica
teologica, teorizzazione del primato del fare, rifiuto, in ultima analisi,
della “scissione hegeliana degli opposti. I mutamenti che affiorano nel
programma di S. sono studiati nel terzo capitolo (Etica e politica della
maturità), che si conclude con un’analisi degli Studi sull’etica hegeliana.
Negli anni in cui il filosofo dà la sua adesione alla politica ufficiale del
Piemonte, va registrato un atteggiamento più distaccato — ma sempre “oggettivo”
— nei confronti del socialismo. La democrazia difesa da S. perde molti contorni
specifici; il riferimento alle lotte sociali in Francia sembra abbandonato per
il richiamo a un liberalismo di tipo inglese. È cambiato, del resto, il
bersaglio della polemica: ora S. combatte i clericali, i fautori
dell’assolutismo, anche a difesa delle “grandi conquiste della civiltà
borghese”, ma “senza identificarsi”, sottolinea V., “specie sotto il profilo
delle matrici culturali — con i valori della civiltà liberale. S. si mostra del
resto ancora un giacobino nella nota discussione del rapporto
religione-filosofia, stato-chiesa (e qui V. respinge i rilievi di “astrattezza”
avanzati da Croce e da L. Russo. S. difende una “concezione dello stato ‘in
termini di egemonia’, destinata ad una resa dei conti critica con l'ideologia
liberale” e che “non ha nulla a che spartire con le successive ideologie
totalitarie” dello stato etico; è in questa prospettiva — di “critica dei
limiti formalistici della democrazia liberale — che vanno letti gli articoli
sulla politica dei gesuiti e il rifiuto della rousseauiana volontà generale. Ed
è ancora questa prospettiva che consente di far riaffiorare tutti i contorni
del “disegno politico” implicito negli studi sulla filosofia italiana e sulla
filosofia classica tedesca, disegno che presenta ormai in forma molto mediata,
ma non stravolta, l’originaria ispirazione democratica del suo autore.
“L’unificazione reale della società, che ancor il ‘51 era un compito politico,
per Bertrando, è divenuto, al momento dell’unità, un compito di i/luminazione
culturale e ideale. S. Si limita ora a “vagheggiare una missione
pedagogicopolitica della scienza in quanto tale” (p. 180); elabora temi e
affina strumenti “ideali” di unificazione (l’ “unità dello spirito”, della
“mente”, 1’ “identità di conoscere e fare”, l “autonomia del pensiero” e la sua
“infinità”) che valgono come premesse di una realtà ancora da costruire; ma
abbandona, anche, le analisi storiche in termini di dialettica delle “classi”,
e accorda la sua preferenza a categorie come “nazione”, “spirito nazionale”,
ecc. Senza riprodurre le numerose osservazioni che riguardano gli altri scritti
spaventiani (soprattutto le lezioni napoletane) vediamo come l’a. si serve di
questi rilievi per la lettura degli Studi sull’etica begeliana. La preferenza
accordata a certe categorie (la comunità nazionale, identificata senz'altro con
la comunità etica) può condurre e di fatto conduce S. ad un uso non corretto
della astrazione (assunzione di strutture particolari dello stato nazionale
moderno come contenuto “puro” dell’ethos). Un caso macroscopico è offerto dalla
deduzione della “eternità” delle classi e della divisione in classi in base
allo schema generico della divisione del lavoro. Tuttavia nelle riflessioni
sullo stato, ‘organoessenziale del disegno egemonico di S., Si assiste “ad una
più corretta combinazione del metodo dialettico. con. un uso relativamente
determinato dell’astrazione. Lo stato è la “mediazione vivente dei processi
storici che maturano nella società civile”, è l’unità-risultato “della più
ampia e libera partecipazione dei singoli a formare la volontà politica che
nello stato si fa soggetto. La concezione dello stato come funzioneverità della
società civile è costruita proprio attraverso la denuncia di una serie di
mediazioni mancate: come mostrano, p. es., le pagine sulla “costituzione”,
nelle quali si legge la condanna di chi vorrebbe mantenere lo stato al di sopra
delle lotte sociali, “mentre il problema è di fondare uno stato etico, capace
di interpretare e di tradurre in istituzioni, al limite sempre nuove, tutta
l’eticità di un popolo: i suoi bisogni materiali e spirituali, le sue ragioni,
le ragioni della sua storia. Certo, l'esigenza di un legame più stretto dello
stato con la società civile è in primo luogo, in questi anni, ricerca di un
“consenso ideale delle masse popolari italiane al nuovo stato”, su di un piano
“culturale; ma la critica del contrattualismo e della concezione
sostanzialistica dello stato, costruita in virtù di una logica che sa vedere la
matrice comune delle opposte teorie, liberale e assolutistica, corrisponde
ancora a una concezione democratica: purché con tale aggettivo si intenda non
già riferirsi alle esperienze storiche degli stati liberal-democratici”, ma ad
“una forma di stato, se si vuole originale, che abbia una funzione attiva e
motrice verso la società civile, nell’intento di superare la propria scissione
da essa, prodotta dalla civiltà borghese. L’ultimo capitolo è dedicato
all’interpretazione della “metafisica” di S., i. e. della sua filosofia della
“relazione” o “mediazione assoluta”, sviluppata attraverso una critica sempre
più approfondita di Hegel e nella prospettiva di una nuova impostazione del
rapporto teoriaprassi, scienza-filosofia. Sono anticipate le conclusioni
generali, attraverso un diretto riferimento ai risultati acquisiti nei capitoli
precedenti. La costruzione della filosofia come fondazione metafisica della
prassi avviene in varie tappe. La prima è individuata nella cosiddetta
“parentesi”, che studia il rapporto fenomenologia-logica, giungendo tuttavia a
un risultato ancora “idealistico” (nel senso dell’idealismo soggettivo: il
soggetto è, immediatamente, autocoscienza, e non viene superato il parallelismo
di natura e pensiero. Le riflessioni sullo stesso tema raccolte nelle prime
lezioni napoletane rappresentano un secondo momento della costruzione: qui S.
continua ad avvertire l’insufficienza dell'identità logica di essere e pensiero
(tutto è logico, ma la logica non è tutto) e cerca, invano, di uscire dallo
schema della mera pensabilità attraverso “il sistema della logica e della
fenomenologia, combinate”; invano, giacché la fenomenologia, che dovrebbe
fondare la logica, non riesce a fondare neppure se stessa, dato che la
coscienza è assunta originariamente come un fatto che non siprova. L'identità
(e l'opposizione) immediata — e quindi “inerte” — che si presenta nella
coscienza, come fenomeno, si riproduce come tale sulla soglia della logica;
Trendelenburg rischia di avere ragione. Tra le riflessioni e il saggio sulle
Prize categorie (quarta fase) si collocano le lezioni di antropologia, e la
Filosofia di Gioberti: in queste pagine V. rintraccia l'acquisizione di un
punto di vista (è il “vario sensibile” che “discrimina” l’esperienza del
soggetto; il vero immediato-mediato è la natura, non la coscienza; e il
rapporto di materia e idea è un rapporto di “continuità e compenetrazione dialettica”)
che prepara la soluzione delle Prize categorie. Qui S. afferma l’ “identità del
puro pensiero-essere con il puro pensiero-volere”: autocoscienza, certo, ma
come “risultato e espressione formale di quell’eterna mediazione con se stesso
che è il soggetto pratico-storico”, cioè come “il più alto attributo” dell’
“uomo storico concreto”. Il pensiero dal quale non si esce, che nella massima
astrazione (l’astrazione da sé) ritrova se stesso e la conferma di sé, “non è
se non la prova della infinità e della processualità del pensiero come esserci,
esistenza, esperienza, la necessità, pensata, dell’infinita attività umana:
attività, i. e. “risoluzione”, “deliberazione”, “e non certo solo giudizio. Ai
due momenti immediatamente precedenti — che rappresentano la “fase più
acutamente evolutiva” degli studi hegeliani di S. — si ricollega Logica e metafisica: la
lettura del manuale conferma la analisi degli scritti sull’antropologia e sulle
Prizze categorie. “Le categorie che S. deduce dialetticamente attraverso tutta
la logica, partendo dal puro essere, sono quelle delle scienze nei loro diversi
gradi e momenti. Tutte queste categorie culminano nella posizione della diade
logica per eccellenza: la posizione del soggetto e dell’oggetto; e una volta
posta questa, provano di dipendere da essa, che è la posizione del nesso
dialettico assoluto capace di comprenderle (produrle) tutte in quanto posizione
dell’uomo storico concreto. La logica prova allora la storicità di tutto il sapere,
nel duplice senso che esso dipende e riceve senso e valore dalla posizione
storica del soggetto umano. E la prassi umana, che è tutto il reale, è
veramente tale in quanto si conosce: si fa sistema, logismo, scienza (certezza
di sé)”. E questa è l “istanza umanistica” di S. “Il suo problema è di
costruire scientificamente la certezza umana del mondo in quanto mondo
naturale-umano. E tale disegno la sua filosofia esegue provando questa
certezza, in ultima analisi, in uno schema logico risultante dalla suprema
astrazione di cui il pensiero come tale è capace rispetto a se stesso in quanto
determinato. La filosofia come mediazione o “relazione assoluta” è
“intelligenza del contesto umano nel quale le scienze particolari ricevono
significato; non dissoluzione delle scienze, ma esigenza “di una loro
integrazione umanistica, presentata in maniera speculativa; non “sistema” come
“riduzione delmondo a filosofia” (= auto-coscienza), ma “sistema
dell’esperienza in ogni momento del suo farsi”, “critica della ragione storica
e scientifica. Come risulta dalla lettura di Esperienza e metafisica, e degli
scritti ad essa collegati, le riflessioni sul rapporto scienza-filosofia, che
caratterizzano l’ultima fase del pensiero di S., confermano i risultati fin qui
acquisiti: S. ricerca i “princìpi che presiedono all'elaborazione delle scienze
umane nella loro autonomia e distinzione dalle scienze naturali, sul piano di
una metafisica delle e idee che non rinnega la continuità-distinzione di physis
e psiche, ma solo colpisce le “rozze” metafisiche che vorrebbero ricondurre la
psicologia, dal terreno delle scienze storico sociali, su quello del
naturalismo meccanicistico. La polemica antipositivistica e antinaturalistica e
la critica a Hegel appaiono, del resto, complementari: si vedano (a proposito
del rapporto scienza- filosofia) le indicazioni. L'appello a Kant e la difesa
del “trascendentale” — in Esperienza e metafisica 6 non’ rappresentano una
“ricaduta nell’epistemologismo”, ma continuano a ribadire “la posizione della
conoscenza come assoluta produzione”. In che senso poi le ultime opere di S.
accentuino e specifichino la distanza che ormai separa il filosofo da Hegel, si
legge. Nello scritto contro Teichmiiller, la “negazione” è difesa come semplice
“ipotesi” dell’ “unità razionale” di una esperienza non defraudata dei suoi
nessi empiricoprammatici. Ancora: la nota critica a Hegel — che rifiutò
l’evoluzione naturale — investe uno dei caposaldi del sistema hegeliano: l’
“opposizione” di natura e spirito. Riflessioni altrettanto eterodosse si
leggono in Esperienza e metafisica, a proposito di Aufhebung e salto
qualitativo. Da queste pagine, e da quelle precedentemente esaminate, V. ricava
due osservazioni: l'accoglimento del meccanismo, che scongiura la
trasfigurazione dei processi naturali in processi ideali, “è la premessa di
quel definitivo ripudio della filosofia come sistema analizzato in Esperienza e
metafisica”. Ma è anche vero che S. non conclude senz’altro per la risoluzione
della filosofia nelle scienze, “senzaresidui”;e continua a mantenere
l’hegelismo come termine di confronto con le scienze. Le due osservazioni si
fondono e autorizzano una conclusione: “il problema filosofico di S. è sempre
più chiaramente quello di provare l’unità razionale dell’esperienza e l’unità
critica del sapere. “Vi è perciò, in S., lo sforzo di esprimere nella filosofia
il senso della scienza moderna, di rendere esplicito, in quella, l’interno
problema di questa. S. ha scritto che la metafisica hegeliana è la “profezia”
della “scienza della moderna esperienza”. Ma Hegel “avrebbe certo ricusato una
tale lettura della sua filosofia. Tra le pubblicazioni apparse ci limitiamo a
segnalare qui: BORTOT, L’hbegelismo di S., Firenze; ONUFRIO, Vico maestro di S.,
in “Nuovi Quaderni del Meridione”; I/ primo begelismo italiano, a cura di G.
Oldrini, con prefazione di E. Garin, Firenze
(riproduce testi di Mazzoni, Passerini, Cusani, Gatti, Sanctis, Vera e
B. S.. Di S. sono ristampati i Pensieri sull’insegnamento della filosofia e, in
parte, gli Studi. Molto. importante l'introduzione, che offre un quadro assai
chiaro delle vicende dell’hegelismo italiano; ricchissime le indicazioni
bibliografiche); S., Unificazione nazionale ed egemonia culturale, a cura di G.
Vacca, Bari (nell’antologia sono
ristampati: un brano degli Studi sopra la filosofia di Hegel, alcuni articoli
apparsi sul “Progresso”, lo scritto I/ lavoro e le macchine, una scelta dalla
Politica dei gesuiti, lo scritto Del principio della riforma, brani della
corrispondenza tra i fratelli S., la prolusione di Modena no, lo scritto
Paolottismo, positivismo, razionalismo, una scelta dai Princìpi di etica.
Seguono tre-dici lettere inedite di Meis a B. S. e Ricciardi, già pubblicate in
“Il pensiero politico”; nella stessa annata della rivista, era già apparsa, con
il titolo Introduzione alla riflessione politica di B. S., l'introduzione
all’antologia); VACCA,Lo hegelismo a Napoli, in “Rinascita. Alcune Lettere
inedite di B. S. a Imbriani ha pubblicato A. Pellicani in «Realtà del
mezzogiorno», Pagine di Gentile sullo S. si leggono ora in GENTILE, Storia
della filosofia italiana, a cura di E. Garin, Firenze (con una notevole introduzione, che discute
tra l’altro della interpretazione gentiliana dell’opera e delle tesi
storiografiche di S.). Importanti, anche per seguire le vicende della stampa
degli Scritti filosofici, le lettere di Croce a Gentile pubblicate nel
“Giornale critico della filosofia italiana”; e i due volumi delle lettere
Gentile-Jaja (in GENTILE, Opere, a cura della Fondazione Gentile per gli studi
filosofici, Carteggio a cura di M. Sandirocco, Firenze). Si ricordano infine i
saggi di Garin, Problemi e polemiche dell’ begelismo italiano, di V. A.
Bellezza, La riforma spaventiano-gentiliana della dialettica hegeliana, di I.
Cubeddu, B. S. riformatore di Hegel nella cultura italiana del 900, raccolti
nel volume Incidenza di Hegel (Napoli), a cura di F. Tessitore -- v. anche,
nella stessa opera, la bibliografia a cura di G. Cacciatore Hegel in Italia e
in italiano, S., La filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia
europea, MARCHESI (cur.), Minerva italica, ISTE: Opere, CUBEDDU I. (a cura di),
Sansoni, Firenze. Un frammento inedito di S. su Vico e Darwin, SAVORELLI A.
(cur.), in “Bollettino del Centro di studi vichiani. La filosofia italiana
nelle sue relazioni con la filosofia europea, OTTONELLO (cur.), Marzorati,
Milano. Opere psicologiche inedite, in D. D’ORSI, Contributi alla ricostruzione
integrale del pensiero di B. S.: inediti, accertamenti filologici, nuovi
itinerari e assetti critici, in “Le ragioni critiche”. Lezioni di antropologia,
ORSI (cur.), Casa editrice G. D'Anna, Messina-Firenze. Psiche e metafisica,
ORSI (cur.), Casa editrice G. D'Anna, Messina-Firenze. Una lettera di S. a
Pasquale Villari, RASCAGLIA (cur.),
Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli. Lezioni inedite di
Filosofia del diritto. Modena. TOGNON (cur.), in “Archivio storico bergamasco.
Esperienza e metafisica, SAVORELLI (cur.), Morano, Napoli. Prolusione di B. S. al
corso di Filosofia del diritto (Modena), G. TOGNON (cur.), in GARIN, Filosofia
e politica in S., Bibliopolis, Napoli. Testi di S., in Rivoluzione, partiti
politici e stato nazionale, ATTILIO (cur.), Giuffrè, Milano. LOTZE, Elementi di
psicologia speculativa, Traduzione italiana di S., ORSI (cur.), Casa Editrice
G. D'Anna, Messina-Firenze. Epistolario, RASCAGLIA M., (a cura di), Istituto
poligrafico dello Stato, Roma. Lettera sulla dottrina di Bruno: scritti
inediti, SAVORELLI A e RASCAGLIA M. (cur.), Bibliopolis, Napoli, Bruno edizioni
per la scuola, La città del Sole, Napoli. Sulle Psicopatie in generale. Con
appunti e frammenti inediti, D. D'ORSI (a cura di), Cedam, Padova. Studi sopra
la filosofia di Hegel. Prime categoriedella logica di Hegel, E. COLOMBO (a cura
di), CUSL, Firenze. Le “Lezioni” sulla storia della filosofia italiana
nell’anno accademico RIZZO (a cura di), Siciliano, Messina, La filosofia
italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea, SAVORELLI A. (cur.),
Storia e letteratura, Roma. La filosofia del Risorgimento: le prolusioni di S.,
La scuola di Pitagora, Napoli. Saggi di critica filosofica, critica e
religiosa, DE GIOVANNI B. (a cura di), La scuola di Pitagora, Napoli. SAGGI SU
S. FRANCHINI, La cultura a Napoli, in AAVV, Storia di Napoli, Napoli
contemporanea, E.S.I., Napoli, ora anche in I/ diritto alla filosofia, SEN,
Napoli. Nella prima parte del saggio, dedicata alla cultura filosofica
napoletana, si mostra grande attenzione alla prolusione, con cui iniziò
l'insegnamento napoletano di S., sulla Nazionalità della filosofia. Oltre a
ricordare le numerose contestazioni subite da S. orchestrate dall'abate Vito
Fornari, da Capocelatro, Mola e Crocchetti, si precisa che l’opposizione al
pensiero del filosofo abruzzese era assai forte persino nelle aule
universitarie, citando il caso di Tulelli, Professore di filosofia morale ed
allievo di Galluppi e dallo stesso Tari, benché legato a S. da una amicizia di
vecchia data, per finire con il caso di Vera, hegeliano di prospettive
radicalmente differenti da quelle di S.. La superiorità di S. rispetto a questi
suoi rivali si manifesta, secondo, Franchini, se si tiene conto della
discepolanza del filosofo di Bomba, nella quale si possono annoverare
personalità come Angiulli e Labriola, quest’ultimo influenzato poi dalla
corrente degli herbartiani. Franchini ricorda anche l’altra figura di grande
levatura della tradizione classica napoletana, Sanctis, che però non viene mai
posto in conflitto o in contrapposizione rispetto a S.. Viene menzionata,
inoltre, l’esperienza del “Giornale Napoletano di filosofia e lettere”, diretto
da S., Imbriani e Fiorentino. Il saggio prosegue poi analizzando le altre fasi
dello sviluppo culturale della città di Napoli, affrontando la prima e la
seconda scuola crociata, oltre al tema della filosofia nell'Università. GARIN,
La “fortuna” nella filosofia italiana, in AAVV, L'eredità di Hegel dopo due
secoli dalla nascita, “Terzoprogramma”, Nell’intervento di Garin la “presenza”
di Hegel viene giudicata non neutrale né accademica e proprio per questa
vittima di alterne fortune. Se Romagnosi non esitava a definire nebulosa la
nozione di “spirito del mondo”, benché nemmeno Mazzini svalutasse a tal punto
l’hegelismo, S. e De Sanctis terranno una posizione diversa, se non addirittura
opposta. A ragione si precisa quale fosse l’importanza della Filosofia della
storia nella stesura per la penetrazione del pensiero hegeliano in Italia: da
Passerini, che ne curò la prefazione, a Cattaneo, molti intellettuali si
accorserodelgenio del filosofo di Stoccarda. All’Hegel rivoluzionario di
Napoli, segue, nel percorso spaventiano, una più attenta lettura della
Fenomenologia, che lo porterà ad una nuova interpretazione della filosofia
italiana ed europea: Garin ripercorre con puntualità le tappe di questa
evoluzione, dai primi studi, fino alla prolusione napoletana del °61, passando
per le crisi e le svolte (comuni a S. e Sanctis. L’autentica esigenza di creare
una ideologia di supporto alla rivoluzione italiana condusse
all’interpretazione della filosofia hegeliana come alternativa al neotomismo in
Italia. Garin sostiene che ai tempi eroici dei primi hegeliani si scivolò
nell’aneddoto pittoresco: non solo Maturi, ma nemmeno Jaja riuscì a recuperare
la forza di S. o Sanctis. Soltanto grazie a Croce e Gentile Hegel tornò ad
essere studiato e commentato, dando vita poi nel corso del Novecento alle
correnti più disparato, citato a sostegno sia dell’esistenzialismo, sia della
teoria dello Stato etico. MALUSA, S. interprete della filosofia di Vico, in
AAVV, Saggi e ricerche su Aristotele, Marsilio da Padova, M. Eckhart, Rosmini, S.
etc, Editrice Antenore, Padova. La rilevanza di S. nel panorama culturale
italiano si coglie anche considerando la sua influenza sul modo di fare storia
della filosofia. Il suo scontro con Palmieri sul ruolo della scolastica
all’interno della tradizione italiana. Venendo all’analisi di Vico, si deve rilevare
che l’indubbia affinità con Vico sulle questioni relative alla distinzione del
mondo in natura e spirito trovano però un luogo di scontro a proposito del
ruolo del cogito, sostenuto da S. e avversato dal filosofo napoletano. Avendo
come obiettivo quello di guadagnare grazie all’analisi del pensiero filosofico
italiano progressiva indipendenza dall’autorità della Chiesa, non stupisce che S.
abbia svalutato il ruolo della grazia e della Provvidenza presente in Vico. Se
la linea Vico- Kant-Hegel divenne quasi un dogma della filosofia neohegeliana
italiana, ciò è dovuto indubbiamente all'influenza di S. che per primo percorse
le tracce di questo rapporto. GARIN, Hegel nella storia della filosofia
italiana, in “De Homine. Garin rileva il che “il nome di Hegel è
indissolubilmente legato alla storia d’Italia, considerando non solo
l’hegelismo napoletano, ma anche i successivi sviluppi legati al fascismo.
Riferendosi a Orestano, Gentile e Gemelli, Garin mostra l’influenza della
filosofia hegeliana nel dibattito culturale italiano, accennando a quel
singolare destino per cui il filosofo di Stoccarda che aveva inteso la
filosofia come nottola di Minerva inaugurò quella stagione in cui la filosofia
contribuì ad influenzare direttamente gli eventi storici e non solo a
comprenderli ex post. Proprio su questo punto decisiva è la figura di S., che
rivisitò il sistema hegeliano in chiave antigesuitica. Garin cita anche
Passerini come precursore e Villari come compagno dello S. in questa difficile
operazione intellettuale: riportando un lungo intervento di S. Garin vuole
trasmettere il clima di entusiasmo che caratterizzò l'avvento dell’hegelismo
nella Napoli prequarantottesca. L'esigenza di un’ideologia del Risorgimento,
avvertita da Mamiani e Gioberti, fu soddisfatta proprio da S. con l’immagine
del “sacro filo della tradizione”, benché Garin rivaluti la posizione di
Rosmini e Gioberti rispetto al giudizio negativo di S., il quale fu molto
tentato—a giudizio di Garin — dalla soluzione dell’attualismo ed del
soggettivismo. L’articolo prosegue sottolineando l’atteggiamento sarcastico
assunto da S. di fronte al tentativo di accostamento di Hegel a Comte: proprio
l’importanza del ruolo del positivo rendeva del tutto contraddittoria la
posizione del positivismo. L'intervento di Garin termina citando le posizioni
di Labriola, Gentile e Croce di fronte al sistema hegeliano. M. QUARANTA,
Posttivismo ed hegelismo in Italia, in GEYMONAT, Storia del pensiero filosofico
e scientifico, vol. VI, Dall’Ottocento al Novecento, Garzanti, Milano. Le
sezioni VII e VIII del saggio di Quaranta sono dedicate rispettivamente alla
vita e opere di S. e al suo pensiero. Nella prima si analizza la vita del
pensatore abruzzese e si elencano gran parte delle sue opere, nella seconda ci
si concentra sui tre contributi essenziali: un riesame della tradizione
filosofica italiana, in particolar modo con la teoria della circolazione; una
reinterpretazione di Hegel tale da escludere qualsiasi intento materialistico o
teologico; la proposta di una serie di strumenti concettuali contro il
positivismo, attraverso la figura di Kant, al fine di rivalutare umanesimo. CANTIMORI,
La circolazione del pensiero italiano e l’importanza del Rinascimento per la
filosofia europea, in Storici e storia, Einaudi, Torino. Il capitolo
dedicato all’interpretazione del
Rinascimento di S. mostra il tentativo di superamento della visione neoguelfa
di Gioberti e di maggiore profondità rispetto a quelle di Mazzini e Ferrari. In
particolare si evidenzia quanto stretto sia il nesso tra la teoria della
circolazione ed il concetto di nazionalità: se è vero da un lato che S.
definisce la filosofia moderna come europea, ciò non significa l’eliminazione
del concetto di nazione, anzi, proprio dal contributo delle diverse nazioni si
può parlare della modernità all’insegna dell'Europa. Naturalmente il Rinascimento
italiano in quanto per primo ha turbato l’uniformità di pensiero imposta dalla
Scolastica. In tal senso si rileva una dipendenza profonda da schemi
illuministici più che dalle tesi hegeliane, che continuano comunque ad essere
il panorama di riferimento. Il pensiero di S. viene dunque definito come quella
consapevolezza di sé che era mancata al pensiero italiano al suo primo sorgere
e che fu assunta dal pensiero tedesco grazie alla Riforma protestante. Problema
di S. non era solo quello di superare Rosmini e Gioberti, bensì di assegnare un
senso e uno scopo alla tradizione filosofica italiana. La rivendicazione
dell’Italia come nazione e come tradizione filosofica mirava ad un inserimento
all’interno del contesto europeo. TARALLI, S. tra Stato etico e democrazia, in
“Trimestre. Il grande problema del rapporto tra nazionalità e libertà, già
posto da Mazzini, tormenta anche il pensiero di S., con l'aggravante di una
piena consapevolezza della debolezza delle istituzioni democratiche, elemento
che rese assai difficile il governo della Destra storica. Taralli
esponecomechiaveinterpretativa forte l’acattolicesimo spaventiano, derivante
senz’altro dalla mondanizzazione dello spirito di matrice hegeliana: le aporie
presenti nel pensiero spaventiano dipenderebbero in tal senso dalle tensioni
irrisolte tra Illuminismo ed hegelismo; se da un lato è vero che la ragione
storica avrebbe dovuto assicurare una risoluzione delle contraddizioni, il
conflitto tra S. e la corrente socialista testimonia una tensione irrisolta tra
Stato e società, tra governo e rivoluzione. E. GARIN, Rassegna di studi
spaventiani, in “Rivista critica di storia della filosofia”. In questo
intervento Garin sottolinea l’importanza dell’interpretazione del pensiero di S.
proposta da autori quali Battaglia, Cubeddu, Landucci e Masini, per concludere
citando i due volumi del Vacca.. ONUFRIO, Lo “Stato etico” e gli hegeliani di
Napoli, Celebes, Milano. Il testo ripropone gli interventi di Onufrio apparsi
sui “Nuovi quaderni del Meridione e sulla “Rassegna di Politica e storia, già
parzialmente presenti nella bibliografia di Italo Cubeddu. Il primo capitolo
riepiloga lo status quaestionis, mediante una rassegna delle tesi di De
Ruggiero, Santino Caramella, Russo e Tagliacozzo. Il secondo capitolo è
dedicato alla storiografia marxista e al tentativo di sostituire a Gentile la
figura di Labriola come autentico discepolo ed erede di S.. Il terzo capitolo
si concentra sugli sviluppi della concezione dello Stato in S. dall’attività
giornalistica piemontese ai Principi di Etica. Il capitolo quarto prende in
considerazione il tema dello Stato etico nelle riflessioni della Destra
storica. L’ultimo capitolo esamina il rapporto tra Stato e nazionalismo oltre
alle reazioni della Destra storica dopo l'avvento della Sinistra storica al
potere. Il libro si conclude con tre appendici: Vico e il liberalismo moderato;
Vico maestro di S.; Unificazione nazionale ed egemonia nazionale (commento al
testo di Vacca). I. CUBEDDU, Bibliografia in B. S., Opere, Sansoni, Firenze. L’amplissimo studio di Cubeddu è suddiviso in
duesezioni, la prima è dedicata alle opere edite di S., la seconda elenca le
opere scritte sul pensiero del filosofo abruzzese; si compone di un’ampia
introduzione, una prima parte sugli scritti di S. ed una seconda parte relativa
ai saggi e gli studi sulla figura del pensatore abruzzese. TESSITORE, La
cultura filosofica tra due rivoluzioni, in Storia di Napoli, vol. IX, Dalla
restaurazione al crollo del Reame, E.S.I., Napoli. Il saggio di Tessitore si
articola in quattro sezioni, la prima dedicata all’eco vichiana in Cuoco,
Salfi, Jannelli e Delfico, all'insegna di quella umanologia che tenta di
recuperare l’ “uomo intero”, secondo differenti prospettive; alla trattazione
dell’eclettismo napoletano legato ai nomi di Manna, Piccolini, Borrelli e
Bozzelli, segue una rapida presentazione di Galluppi e del suo rivale
Collecchi. La terza sezione si concentra sul passaggio dall’eclettismo
all’hegelismo e affronta le figure di Cusani e Gatti, precisando l'influenza
francese nella scoperta dell’idealismo tedesco in Italia. L’ultima parte del
lavoro è esplicitamente legata all’hegelismo e allo storicismo: un ruolo di
primo piano è svolto da De Sanctis, di cui si sottolinea l’esigenza di purismo
e la tensione verso la semplicità della lingua, atteggiamenti che lo portarono
a respingere, sulla scorta della lezione vichiana, l’apriorismo del sistema ed
il panteismo hegeliano. Alcuni brevi cenni alle teorie del Gioberti (che
ricevettero la benedizione di Papa Pio IX) introducono la personalità di S.,
fiero sostenitore di Hegel, tanto da considerarlo una sorta di demiurgo del
mondo, in polemica con il Palmieri. CUMIS, Herbart e Herbartiani alla scuola di
S., in “Giornale Critico della Filosofia italiana. De Cumis non vuole solo
mostrare l’ormai indiscutibile legame, confermato da più parti, tra S. e
Herbart, ma in particolare anche l’attenzione di cui questi è oggetto anche da
parte del Fiorentino e del Labriola, fino a suggerire l'ipotesi che S. sia
stato un caposaldo nella formazione del Labriola proprio per averlo introdotto
allo studio del filosofo tedesco, quasi vi fosse una “curvatura herbartiana
dello hegelimso nel Labriola”. La stessa contrapposizione tra S. e Herbart
vorrebbe essere se non attenuata per lo meno sfumata e a sostegno di queste
tesi De Cumis indica un’ampia raccolta di luoghi nei quali S. parla
esplicitamente delle tesi herbartiane, per sottolineare l’accordo tra i due per
lo meno su alcune istanze dell’hegelismo. E. GARIN, Noterella spaventiana, in
“Rivista critica di storia della filosofia. Il testo appare quasi come una
recensione delle Opere di S. curate da Cubeddu, sottolineandone anche alcune
carenze, come ad esempio il mancato inserimento del testo Esperienza e
metafisica. A questo proposito si sviluppa il tema del rapporto tra S. e le
nuove scoperte scientifiche del suo tempo, prima tra tutte la teoria della
selezione naturale. Per rafforzare la sensazione della problematicità del
rapporto si cita un frammento. Obiettivo di Garin è mostrare che in S. non si
accetta il meccanicismo, ma vi si vuole contrapporre l’idea di disegno, di
teleologia, senza con questo dover ammettere l'intervento soprannaturale. G.
OLDRINI, La cultura filosofica napoletana dell'Ottocento, Laterza, Bari. Nel
volume di Oldrini il nome di S. risulta il più citato dopo quello del De
Sanctis. Alcune sezioni del testo, che tuttavia affronta un tema assai vasto,
sono dedicate specificamente al filosofo, ad esempio come modello paradigmatico
di intellettuale fuoriuscito da Napoli che contribuisce ad alimentare focolai
rivoluzionari e liberali nel Piemonte. Si segnala anche il peso dell’autore
nell’evitare qualsiasi compromesso tra hegelismo ed ideologie, nella ricerca di
una terza via tra realismo e idealismo. PIOVANI, I/ pensiero idealistico, in
AAVV., Storia d’Italia, I documenti, Einaudi, Torino. La figura di S. viene
posta in risalto soprattutto in relazione al primo punto della trattazione,
dedicato alla predicazione dell’idea hegeliana e nel terzo, in cui si mostrano
i tentativi di superare l’hegelismo in nome del realismo, anche per contrastare
lo strapotere del positivismo. Da ultimo, nel quinto punto, si evidenzia la
differenza di interpretazione del pensiero spaventiano proposta da Croce e
Gentile. BROCCOLINI, Finamore e le origini dell’hegelismo in Italia, in “De
Homine”. Per evitare di conformarsi alla vecchia interpretazione dell’idealismo
napoletano secondo cui all’ortodossia di Vera si contrappone il criticismo di S.,
si deve tentare, secondo Broccolini, di leggere l'evoluzione della cultura
filosofica napoletana indipendentemente dai suoi sviluppi economici e sociali.
Broccolini sostiene l’analogia tra la legittimazione hegeliana dello Jurkertum
prussiano e quella napoletana della nuova classe egemone; il parallelismo
prosegue individuando in De Sanctis, Tommasi, Villari e Labriola gli Strass,
Bauer, Feuerbach e Marx napoletani. Il retroterra da cui emerge l’hegelismo
napoletano deve essere comunque ricercato nelle vicissitudini: l’intelligentia
partenopea sfrutterà Hegel per “patinare di nuovo l'antico”. Non sono
risparmiate le critiche alla conoscenza frammentaria di Hegel da parte di S.,
di contro alla conoscenza integrale che poteva vantare Vera. L’analisi della
Napoli prequarantottesca attraversa le figure di Colecchi, Cubani e Gatti,
rispetto ai quali le elaborazioni di S. sono giudicate “tardive”. Finamore sl
inserisce in questa rassegna e si ascrive immediatamente a questa figura la
paternità della teoria della circolazione del pensiero e dell’analisi della
logica hegeliana, al fine di mostrare quanti e quali punti oscuri si possono
ancora rintracciare nello studio dell’hegelismo italiano. SERRA, Oltre la
lettura idealistica di S., in “Giornale critico della Filosofia italiana. La
possibilità di un superamento dell’interpretazione idealistica di S. si basa,
secondo Teresa Serra, su una rivalutazione storicisticadell'autore.L'ombra
nella quale rimase S. anche rispetto a Rosmini e Gioberti non si può spiegare
soltanto con la clandestinità della sua attività di pubblicista peraltro
giustamente segnalata da Gentile: se è vero che il legame S. Hegel non può
essere radicalizzato, d’altra parte non può nemmeno svaporare, eliminando il
carattere sistemico e logico del pensiero spaventiano. La versatilità di S. ne
fa un precursore dell’attualismo Gentiliano da un lato e un anticipatore del
Labriola dall’altro: certamente sottolineare la forte laicità, il rigore
scientifico ed il vigore storicistico consente a Teresa Serra di mostrare come
il pensiero del filosofo di Bomba si presti a diverse interpretazioni. S.
supera l’astratto coscienzialismo, ma senza giungere alle conseguenze che la
Serra definisce antispeculative, di Feurbach e Marx. Persino l’ultima fase,
legata alla polemica con il positivismo, mira a riproporre l’istanza e la
concretezza del sistema. OTTONELLO, Introduzione a S., La filosofia italiana
nelle sue relazioni con la filosofia europea, Marzorati, Milano 1974. Nella
breve presentazione vengono sottolineati i caratteri salienti del programma di
riabilitazione della filosofia italiana agli occhi del dibattito filosofico
europeo: mostrare l'originaria presenza di temi filosofici tipici della
modernità europea nel pensiero rinascimentale voleva produrre il duplice
effetto di rivalutare la filosofia italiana e di aggiornarla al dibattito
europeo. A. SAVORELLI, Ux frammento inedito di S. su Vico e Darwin, in
“Bollettino del Centro di Studi vichiani. Il frammento, recuperato nella
Biblioteca civica “A. Mai” di Bergamo, testimonia gli intensi studi spaventiani
degli anni ’70 attorno a Vico e al problema dellascienza. È Savorelli a
segnalare che S., come ogni buon hegeliano, esclude l’intervento
soprannaturale, ma senza con ciò cedere ad una mera dimensione evoluzionistica,
da inserire in quella totalità spirituale di cui le scienze naturali fanno
parte. Duro è l’attacco verso la critica tradizionalista a Darwin, legata a
Vera e alla sua scuola. Del manoscritto di diciotto pagine è riportata soltanto
la seconda parte. CAMILLERI, Problemi inediti dell'ultimo S., Scuola salesiana
del libro, Catania. Il primo ed il secondo capitolo del libro sono dedicati
rispettivamente alla biografia e alla bibliografia dell’autore, mentre il terzo
si dedica all’analisi di Esperienza e metafisica all’interno della parabola del
pensiero spaventiano, ricordando il silenzio editoriale e la polemica con i
positivisti che caratterizzerà i suoi ultimi dieci anni di vita. La
rivalutazione del ruolo dello spirito, come attività che ricrea l’oggetto
rappresenta l'elemento essenziale del pensiero spaventiano, capace di
conciliare, in tal modo, teoretica e pratica. Obiettivo centrale della polemica
sono teismo e materialismo, analizzati nel quarto capitolo in relazione alla
nuova teoria dell’evoluzionismo: è nota la volontà di conciliare dialettica
hegeliana e darwinismo, superando da un lato il dualismo proposto dal teismo,
dall’altro l’insano monismo su cui si basa la concezione materialistica. Il
problema della conoscenza trova nel quinto capitolo un’ampia trattazione,
grazie alla quale si evidenzia l’affinità di S. con la filosofia idealistica ed
il suo rifiuto dell’origine biologica e psicologica del pensiero: tale tema
impone di ritornare sul rapporto tra darwinismo e metafisica, già nel capitolo
successivo. Attraverso un uso abbondante di citazioni da Esperienza e
Metafisica Camilleri ripercorre l'itinerario di S., disposto ad accogliere
quanto vi sia di valido anche nella posizione dell’avversario, senza alcun
pregiudizio di carattere teoretico. Oltre alla figura di Darwin, obiettivo
della critica spaventiana è il positivismo di Spencer, colpevole di concepire l
Assoluto come separato dalla realtà e quindi totalmente inconoscibile: il
capitolo settimo mostra l’inconciliabilità di questa posizione con l’hegelismo
di S.. La prospettiva si allarga sulla critica dell’empirismo in generale, dove
emerge la crescente influenza della filosofia kantiana sul pensiero dell’ultimo
S.: si tratta quasi di un prologo al capitolo nono in cui si affronta il
problema della coscienza e della conoscenza, da intendere all'insegna del
processo come attività assoluta. Le considerazioni critiche finali sono
precedute da una introduzione al manoscritto inedito dal titolo Che cos'èè il
materialismo, riportato al termine del I. CUBEDDU, S.. Edizioni e studi,
Sansoni, Firenze. Il testo ripropone per intero la bibliografia curata da
Cubeddu per l'edizione Sansoni delle Opere di S. Si mantengono le stesse
scansioni: un’ampia introduzione, seguita da una prima parte sugli scritti di S.
e una seconda sui testi scritti sulla figura di S.. Si deve aggiungere,
inoltre, una appendice dedicata a S. come riformatore di Hegel nella cultura
italiana del Novecento, in cui sono presentate le differenti interpretazioni,
da quella di Gentile a quella di Vacca, passando per Berti, Garin e Landucci.
T. SERRA, S.. Etica e politica, Bulzoni Editore, Roma. Il volume, introdotto da
una breve presentazione di Negri nella quale si sottolinea l’immanentismo
dinamico di S., mira a ridimensionare il durogiudiziodi Benedetto Croce secondo
il quale l’autore abruzzese sarebbe stato soltanto un purus logicus,
concentrando l’attenzione sul rapporto conoscere-fare. Innanzitutto un tratto
essenziale viene individuato
nell’attenzione al religioso, benché assunto nell’immanenza del divino:
per questo la visione logico-metafisica della mente viene valutata senza
perdere la ricchezza dell'orizzonte storico. Si vuole rimarcare l’idealismo di S.,
avverso ad ogni degenerazione materialista e determinista, senza dimenticare
però la sua attenzione per la scienza e la storia. Se troppo spesso il
logicismo hegeliano viene interpretato come foriero di una insuperabile
staticità del reale, l’interpretazione spaventiana mostra l’insostenibilità di
tale tesi. Eterno è il dualismo che genera e assicura una continua evoluzione
sul piano storico, scientifico e politico: in questo senso il dualismo
dell’autore è contrapposto al monismo del suo più grande divulgatore e allievo
(benché indiretto) Gentile. La seconda parte del testo è dedicata
specificamente a problemi di carattere politico, legati soprattutto alla
contraddizione tra Stato etico ed purzanitas: il tentativo di divinizzare lo
Stato da parte del filosofo di Bomba non giunge mai ad un profetismo
metafisico; si mantiene sempre un atteggiamento di grande umiltà nei confronti
della storia. Opere psicologiche inedite, in ORSI, Contributi alla
ricostruzione integrale del pensiero di B. S.: inediti, accertamenti
filologici, nuovi itinerari e assetti critici, in “Le ragioni critiche. Il
primo articolo si apre con una presentazione di D’Orsi nella quale si rivendica
il profilo antidogmatico del pensiero spaventiano, fortemente debitore nei
confronti dell’hegelismo; si evidenzia la discontinuità tra il corso sulla
Filosofia della natura rispetto a quello sull’antropologia, che raccoglieva una
serie di appunti e di riflessioni cui l’autore non aveva mai dato una forma
sistematica. Elemento essenziale del corso, secondo D’Orsi è la distinzione tra
la meccanica ripetitività dell'animale e la possibilità di mutazioni da parte
dello spirito. Citando un passo di Gentile, dove si presenta S. come uomo dal
pensiero tormentato sino agli ultimi giorni di vita, si sottolinea che
l’inesausto tentativo di conciliare analisi e critica concerne non solo il suo
ruolo di filosofo e di storico della filosofia, bensì anche quello di pensatore
che si interroga di fronte ai progressi del pensiero scientifico. Il primo
articolo prosegue riportando la prima parte del testo originale di S. dal
titolo L’arnzzza universale; i due articoli successivi, riportano il secondo
capitolo Animali e uomo, e il capitolo terzo intitolato Dall’universalità alla
particolarità dell'anima. ROSA, La cultura, in AAVV., Storia d'Italia, IV, 2.
Dall’Unità ad oggi, Einaudi, Tornino. S. viene citato, insieme a Villari, come
uno dei maggiori responsabili della rinascita di Campanella e Bruno. Rosa
presenta anche un breve estratto di S. tratto dagli Studi sopra la filosofia di
Hegel, ma il tema cardine rimane l'influenza dell’autore abruzzese nel
dibattito sull’hegelismo all’interno della Destra storica: alla sintesi
speculativa per un certo verso raggiunta tra il sistema hegeliano e il
liberalismo di sicuro non seguì una attuazione pratica e politica. RASCHINI,
L’idealismo anglosassone, francese e italiano, in Grande antologia filosofica,
vol. XXII, Il pensiero contemporaneo, Milano 1975, 607-614. S. è qui presentato
come autore di grande vigore, all’insegna della continuità tra Kant e Hegel, a
differenza di Vera. L’opera di S. viene giudicata come fenomenismo che tuttavia
non riuscì né a rinnovare il sistema hegeliano, né ad instaurare un proficuo
dialogo con il positivismo. GENTILE, La Scolastica, Cartesio e S., Filosofia. Dal
parallelismo tra Cartesio e S., entrambi contestatori della scolastica, ma
altresì allievi dei Gesuiti, Gentile individua proprio nel dualismo
intelletto-verità il luogo di dissidio tra S. e la filosofia scolastica.
Rivendicando il ruolo attivo del soggetto e l’immanenza del reale, S. critica
aspramente la prova ontologica di Anselmo preferendovi quella cartesiana,
benché anche quest’ultima risulti imperfetta. Gentile tende a rilevare che il
punto di vista dal quale S. polemizza contro la Scolastica prima e Cartesio
poi, può inficiare la validità stessa della critica, dal momento che l’idea di
Dio come mediazione assoluta non sarebbe accettata da nessuno dei due
avversari. CAVALLO, Note sulla cultura filosofica napoletana dell'Ottocento, in
“Protagora”. Il saggio di Cavallo tratteggia per sommi capi il panorama
culturale napoletano, all'insegna di una rivisitazione del ruolo e della figura
del Sanctis, mediante la quale si rivaluta anche S., Meis, Vera, Imbriani e
Villari. Concentrandosi sul libro di Oldrini, del quale si sottolinea la
visione organica che evita di proporre trattazioni isolate dei diversi autori,
un ruolo di primo piano viene ravvisato nell’analisi dell’arretratezza
culturale di Napoli nell’ultima parte del XVIII secolo, dovuta alla mancanza di
personalità di spicco e ad una ripresa dell’autorità religiosa
appoggiatadaiBorboni per evitare il dilagare di movimenti rivoluzionari.
Cavallo cita due passaggi di S. sul tema della rivoluzione proprio per
rilevarne la stretta relazione con la filosofia hegeliana, e affermata
definitivamente solo negli anni ’60. L’articolo si conclude sottolineando la
reinterpretazione in chiave speculativa del darwinismo offerta da S.. D.
D'ORSI, Introduzione a S., Lezioni di antropologia, Casa editrice G. D'Anna,
Messina-Firenze. Per avvalorare l’immenso lavoro filologico svolto sulle carte
S. al fine di correggere in alcuni tratti la versione gentiliana, D’Orsi
ricorre ad una vera e propria comparazione dei luoghi in cui sono poste le
differenze più significative, con l’intento di rilevare che la tensione al
vero, anche in un senso filologico, contribuisce a mantenere aperto il sistema
spaventiano. Oltre all’analisi di alcune interpretazioni storiche offerte da S.,
l’attenzione si concentra sugli effetti che il materialismo provocava nel
filosofo abruzzese, sempre impegnato nell’affermare una discontinuità tra
natura e spirito, non certo nell’ottica di una separazione tra le due sfere, ma
nella consapevolezza che la nascita della coscienza non potesse essere spiegata
in soluzione di continuità rispetto alla natura animale. S. LANDUCCI, Hegelismo
e positivismo in Italia, in AAVV., Storia della filosofia contemporanea, vol.
IX, Vallardi, Milano L’intervento di Lancucci si apre con una rassegna della
traduzione spiritualistica, cui segue la trattazione dell’hegelismo napoletano,
capitolo nel quale si nominano oltre a Passerini, S., De Meis e Vera, anche gli
eredi di quella tradizione come Jaja e Gentile. Un'attenzione particolare è
dedicata a S. e al suo primo corsonapoletano nel quale viene presentata in
forma compiuta la teoria della circolazione. Gli inizi della ripresa del
pensiero scientifico sono affrontati proprio attraverso la figura di S. che nel
’67 individua proprio il positivismo ed il materialismo quali nuovi avversari
dell’idealismo al posto dello spiritualismo. Si accenna ‘anche alla polemica
sull’eredita di Galilei, nominando la figura di Villari e Gabelli. Le sezioni
successive sono dedicate al pensiero di Ardigò in connessione alla morale dei
positivisti, alla psicologia e all'evoluzione cosmica. Sergio Landucci conclude
con la presentazione della cultura positivistica e con il marxismo di Antonio
Labriola, di cui si ricorda l'appartenenza alla scuola spaventiana. VILLA, S. in Piemonte, in “Studi piemontesi. La
rassegna del clima culturale del Piemonte degli anni ‘40, in cui si evidenzia
la censura di giornali e libri, le difficoltà di Gioberti, il domino
incontrastato di Rosmini, contribuisce a mostrare perché l’attività di S. si
stata particolarmente tormentata durante il decennio torinese. Lo scontro con
il teismo di Bertini farà di S. il campione della nuova filosofia hegeliana,
sui principi della quale giungerà a proporre persino una modifica dello
Statuto, in nome dell’istanza nazionale. Il filosofo abruzzese studia le
relazioni tra Risorgimento italiano e idealismo tedesco; individuando nella
libertà assoluta il principio della modernità, S. potrà avvalorare la tesi di
un pensiero italiano costretto in catene nel XV secolo e rinato in Germania nel
XIX secolo. In questa ottica sono collocate le dispute contro la logica di
Rosmini, il teismo di Schelling e la disputa con i Gesuiti. MALUSA, La
storiografia filosofica italiana nellaseconda metà dell'Ottocento, I Tra
positivismo e neokantismo, Marzorati, Milano. Il volume di Malusa contiene una
prima parte interamente dedicata alla scuola di S. e a Fiorentino. Di S. si
parla già nell’Introduzione, individuando nella sua opera uno dei maggiori
contributi all'elaborazione dell’hegelismo. Degno di nota è il fatto che,
insieme a Gentile e Fiorentino, S. è l’autore più citato nel testo di Malusa. I
primi due capitoli della prima parte, esplicitamente incentrati su S., lo
presentano come il maggior pensatore del Meridione della seconda metà
dell'Ottocento: indubbi restano i meriti per aver elaborato la tesi della
circolazione del pensiero italiano. Il compito di aggiornare il dibattito e la
cultura della penisola per dare vita ad una unità autentica viene considerato
sia un impegno speculativo, sia una missione civile. S., che combatteva senza
posa il dilettantismo e ogni tendenza divinatoria, non pretese mai di aver
concluso la scienza, ma si sforzava sempre di sviluppare una critica capace di
riaprire il sistema. Se è vero che nessun allievo seguì S. sulla via troppo
ardua di una storiografia speculativa, si deve ammettere che la serietà
speculativa dei suoi discepoli, pur allontanando i consensi, mantenne vivo il
suo pensiero, ancorché in un circolo assai ristretto di pensatori. PICCONE, From S. to Gramsci, in
Telos. A Quarterly Journal of Radical Thought. Nel tentativo di far risalire le influenze esercitate
sul pensiero di Gramsci non più soltanto ad Antonio Labriola, ma all’hegelismo
napoletano della seconda metà del XIX secolo, l’autore mostra quale peso
abbiano avuto le speculazioni di S. sullo storicismo assoluto di Gramsci, poco
incline alle grandi astrazioni, incapaci di cogliere la multidimensionalità
della vita reale. Dopo una rapida panoramica sulla ricezione di Hegel in
Europa, ad esempio in Gran Bretagna grazie ai lavori di James, Stirling e
Green, si sottolinea come in Italia l’hegelismo abbia avuto un impatto non solo
accademico, ma socio politico assai profondo. Per sottolineare il legame S.-
Gramsci si cita la famosa lettera dell’8 ottobre del 1851 in cui dice di temere
di più le idee e l'influenza del papato che non i cannoni austriaci. Il
pensiero hegeliano, giunto in Italia grazie alla mediazione francese (viene
citato naturalmente il nome di Victor Cousin) fu bollato subito come pensiero
della Rivoluzione francese, precursore dell’ateismo e del socialismo: contro
questa tesi si è battuto S., cercando di mostrare la continuità tra il
Rinascimento italiano e l’idealismo tedesco. Se è vero che il nazionalismo
spaventiano verrà poi strumentalizzato da Gentile e dal fascismo, è anche vero
che la tesi della circolazione del pensiero era l’unico modo per non presentare
Hegel come pensatore straniero “piovuto dal cielo”, come afferma Piccone. Il
parallelismo S.- Gramsci viene ribadito sottolineando che entrambi hanno
vissuto il fallimento di una rivoluzione, hanno cercato di interpretare la
sconfitta in senso concettuale negli anni successivi, e sono stati apprezzati
soltanto due decenni dopo la morte. L'articolo si conclude sottolineando la
differenza tra hegelismo ortodosso di Vera e hegelismo critico di S.,
continuato idealmente da Gramsci. SAVORELLI, Da Darwin a Vaihinger; scienza e
filosofia nell'ultimo S., “Atti dell’Accademia di scienze morali”, Napoli. Tema
di fondo dell’articolo è la volontà spaventiana di garantire alla metafisica
una funzione all’interno dello studio scientifico. Nonostante la fase
sistematica si fosse già conclusa, sarebbe errato interpretare il cedennio
successivo se non alla luce di una esigenza di sistematicità. Lo stesso
antipositivismo cui si ispira da principio il “Giornale napoletano di filosofia
e lettere” non mirava alla rigida contrapposizione, bensì a mostrare lo
sviluppo interdipendente di filosofia e scienza. Savorelli sottolineacome gli
appunti di S. testimonino la lettura di Leclair, Schuppe, Goring, Bagehot e
Vaihinger, quest’ultimo in particolare criticato proprio perché le sue
categorie empiristiche potevano essere ottenute mediante un procedimento
dialettico. L’esigenza del fenomenismo di Vaihinger di trovare la legge
fondamentale della realtà contraddiceva, secondo S., l’idea della sensazione
come posizione assoluta. La rivisitazione persino dell’evoluzionismo in chiave
hegeliana mostra un intento preciso: eliminata la trascendenza, si doveva recuperare
una prospettiva teleologica per non cedere al mero determinismo meccanicistico.
Savorelli segnala come l’attenzione alla scienza verrà segnalata anche dal
Gentile, per il quale però soprattutto certe tematiche non costituiscono più
motivo di interesse. CESA, Hegel in Italien. Positionen im Streit um die
Interpretation der Hegelschen Rechtsphilosophie, in “Allgemeine Zeitschrift
fur Philosophie. A differenza che in Francia, in Italia lo studio
dell’hegelismo fu recepito solo all’insegna del rinnovamento della nazione e
dell'idea di Sato. La prima traduzione italiana di Hegel apparve in Svizzera
e i Lineamenti di filosofia del diritto
furono tradotti a Napoli, città simbolo degli studi hegeliani in Italia. Dopo
aver rilevato che in S. e Meis la perspicacia speculativa si univa ad una
incapacità pratica (ovviamente diverso è il giudizio su Sanctis), Cesa mostra a
quali opere si deve la diffusione del pensiero politico di Hegel. Si sottolinea
la l’attività giornalistica di Silvio S., anche al fine di dimostrare la
differenza di opinione dei due fratelli sul concetto di Rivoluzione. Dopo aver
analizzato l'influsso e la diffusione del pensiero hegeliano sulla prima
generazione (significativi in tal senso gli accenni al pensiero di Vera), ci si
concentra sulla seconda generazione, in particolare su Croce e Gentile. D.
ORSI, Introduzione a B. S., Psiche e metafisica, Editrice G. D'Anna,
Messina-Firenze. Nell’introduzione al volume D’Orsi sottolinea le significative
variazioni al testo spaventiano in seguito al suo lavoro filologico, anche
attraverso una valutazione comparata con i testi editati dal Gentileeutilizzati
poi da Cubeddu. Si sottolinea la sfortuna delle vicende editoriali di S.,
benché in chiave filosofica si possa interpretare questo fenomeno come tensione
che anche a livello filologico e non solo contenutistico contribuisce a
mantenere aperto il sistema. Venendo specificamente al testo, S. appariva
turbato dal materialismo, a motivo del fatto che l’anima doveva essere
mantenuta come garante dell'unità organica e sistemica del mondo spirituale. La
continuità scimmia-uomo era un elemento inaccettabile per l’autore abruzzese,
sempre preoccupato di opporre al mero meccanicismo l’idea di una unità viva,
tipica della concezione organicistica. TESSITORE, S. e il “Giornale napoletano
di filosofia e lettere”, Bibliopolis, Napoli. Presentando le vicissitudini
dell’organizzazione si un giornale filosofico a Napoli, tentativo più volte
fallito e più volte tenacemente ripetuto fino alla sua definitiva riuscita,
soprattutto in risposta alla “Nuova Antologia” nata a Firenze, Tessitore si
concentra sulle polemiche suscitate dall’articolo piuttosto polemico di S.
sulla Vita di Bruno scritta dal Berti. Elemento essenziale per comprendere il
senso e l’intento con cui venne fondato il “Giornale napoletano di filosofia e
lettere” è comprendere l’espressione di S. secondo il quale si rendeva
necessario “ripigliare il sacro filo della nostra tradizione filosofica”. Al
termine del volume sono inserite sei lettere di S. (Carte Fiorentino) e quattro
lettere di VImbriani (Carte Filosofiche, busta. BRESCIA, Editori e autori
dell’idealismo. LL S. postumo nel carteggio del fratello Silvio, Donato Jaja e
Benedetto Croce, in “Rivista di studi crociani”. L’articolo rileva come alla
complicata vicenda della stesura degli appunti da parte di S., che secondo
Gentile scrupolosamente scriveva i suoi testi senza mai pubblicarli, sia
seguita una seria problematica anche nell’editarli. Il Loscher fu editore
soltanto di nome, perché l'onere della pubblicazione dei manoscritti di S. fu
assunta dal Vecchi di Trani, con il quale si avviò una fitta corrispondenza da
parte di Silvio S., Jaja e Croce. Il travaglio editoriale angustierà S. e Croce,
anche a motivo dello smarrimento della pagina ventuno del manoscritto nella
tipografia del Vecchi, puntualmente ricordata da Brescia. FRANCHINI, La
storiografia filosofica da S. a Gentile, in “Nord e Sud, I/ diritto alla
filosofia, SEN, Napoli. La “Rivista di filosofia” avviata da Silvio S. viene
considerata da Franchini come anticipazione della teoria della circolazione che
sarà poi affermata con ben altro tenore dal fratello Bertrando quasi vent'anni
dopo. Anche Silvio, non solo Bertrando, vedeva una strettissima connessione tra la rinascita
della tradizione filosofica e la rinascita nazionale. Introdurre Hegel
all’interno del dibattito filosofico italiano rappresentava un azzardo, a causa
delle forti resistenze del neoguelfismo e del neotomismo; l’unico modo per
inserire l’idealismo tedesco in Italia, rendendolo accettabile senza farlo
percepire come elemento straniero, consisteva nel rivalutare il pensiero
rinascimentale italiano come anticipatore degli sviluppi della filosofia
moderna. In particolare Bruno come antesignano di Spinoza ed Hegel da una parte
e Vico come precursore di Kant dall’altra. Si ricorda anche lo sfortunato
episodio del rifiuto dell'editore Le Monnier di pubblicare l’opera di S. su
Bruno, nonostante l’influenza e l’insistenza del Villari. Nazionalità e
precorrimento sono i tratti tipici del pensiero di S. secondo Franchini. La
seconda parte dell'intervento riguarda Gentile e la sua assimilazione del
concetto di storia della filosofia mutuato da S., che tuttavia non viene mai
citato esplicitamente: Gentile attribuirà piuttosto molto peso all’influenza di
Windelband. Il saggio si trasforma poi in una valutazione del pensiero stesso
di Gentile, il cui errore principale, secondo Franchini, sarebbe stato quello
di non aver distinto tra teoretica e pratica, tentando di mostrarne la profonda
identità. MICHELI, Scienza e filosofia da Vico ad oggi, in Storia
d’Italia-Annali, 3. Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal
Rinascimento ad oggi, Einaudi, Torino. Alla figura di S. sono dedicate alcune
pagine in cui si tratta la sua critica ai principi della filosofia vichiana
sulla scorta del pensiero hegeliano. Si accenna anche alla sua teoria della
nazionalità della filosofia, rimasta in Gentile. Forse un po’ troppo
sbrigativamente si annovera il pensatore abruzzese tra coloro che adattarono il
pensiero kantiano ed hegeliano alla cultura napoletana, in parte tradendone gli
effettivi contenuti. Brevi cenni sull’attività di S. sono presente anche nella
trattazione del rapporto tra Illuminismo e positivismo. SAVORELLI, Le carte S.
della biblioteca nazionale di Napoli, Bibliopolis, Napoli. Il preziosissimo
lavoro di catalogazione delle carte S. eseguito da Savorelli trova una
testimonianza editoriale in questo volume nel quale l’autore lamenta
l’incompiutezza del lavoro fino a quel momento eseguito sulle carte ed in
generale mostra il livello di dispersione dei lavori del filosofo abruzzese, dovuto
non tanto, come voleva il Gentile, alla sua attività pubblicistica su giornali
e alla mancata pubblicazione in vita dei suoi studi, quanto piuttosto ai litigi
occorsi tra il fratello Silvio e il figlio Camillo. Un secondo momento di
dispersione riguarda il periodo successivo alla morte del Maturi. Si accenna
anche al ritrovamento di alcune carte presso la Biblioteca civica “A. Mai” di
Bergamo da parte di Masini. Sicuramente, però, la situazione più complessa è
legata alla Biblioteca Nazionale di Napoli. Se si tiene conto del lavoro
filologico di Jaja, Masci e Maturi, oltre a quello di Gentile (che sicuramente
occupa un posto di eccezione nella riscoperta del pensiero di S.) e quello di Orsi
nel dopoguerra, risulta frustrante che vi siano ancora delle notevoli lacune
nello studio dell’autore: soprattutto per quanto riguarda il primo periodo di
Torino. GUZZO, Hegel in Italia, in “Filosofia. Nell’articolo l’importanza del
Cousin per la diffusione di Hegel in Italia viene avvalorata dall’interesse del
Galluppi per l’intellettuale francese. Non si dimentica la lettura di Hegel da
parte di Rosmini e Gioberti, ma ci si concentra soprattutto sullo studio
dell’autore tedesco, approfondito a più riprese, da parte di S.: da Torino, a
Modena, a Napoli. Guzzo collega la lettura di S. alla nuova corrente europea
inaugurata dallo Zeller con la formula “Zurick zu Kant”; in dialogo ed in
polemica con questa tesi, S. non accentuò mai le differenze, quanto piuttosto
la continuità tra Kant ed il movimento dell’idealismo tedesco. Nella seconda
parte dell’articolo l’attenzione si concentra su Gentile e Croce (di cui Guzzo
riporta l’incontro con Nyman e Martinetti): le divergenze di pensiero tra i due
non intaccheranno la solida amicizia, compromessa solo dopo il delitto
Matteotti e la presa di posizione di Gentile a favore del fascismo. LANDUCCI,
Scienza, cultura e ideologia nello stato unitario, in Storia della società
italiana, Milano. Fin dalle premesse emerge il contributo portato da S. alla
riforma dell’università avviata da De Sanctis, precisando l’importanza della
prolusione e l’opposizione al darwinismo, appoggiata dall’amico Meis. Due
fattori sono individuati come caratteri imprescindibili del pensatore
abruzzese: il riferimento alla nazionalità e la strenue lotta contro ogni forma
di materialismo. Al positivismo dilagante De Sanctis e S. opposero la validità
della critica e della dialettica come metodo del conoscere. La presentazione
della riforma intellettuale avviata dal De Sanctis precede una disamina dello
scritto postumo Esperienza e metafisica, nel quale si ribadiva il rifiuto ad
ogni concezione che affermasse l’inconoscibilità o peggio l'assenza
dell’assoluto. S. al termine è definito “l’intelletto filosofico più dignitoso
che l’Italia unita aveva avuto. SAVORELLI, Alla vigilia di un centenario dieci
anni di studi su S., Cultura e società. Nel suo breve articolo Savorelli
ripercorre le linee guida della diffusione del pensiero di S., dominata per
tutta la metà del XX secolo dalle tesi gentiliane, criticate soltanto nel
secondo dopoguerra da interventi militanti, con l’intento di recuperare la
linea S.-Labriola-Gramsci. Il lavoro di Teresa Serra del ’74 mostra già
l’infondatezza delle interpretazioni marxiste, mentre la lettura di Oldrini è
ricordata a proposito della distinzione tra hegelismo ortodosso di Augusto Vera
ed hegelismo critico di S.. Si accenna all’articolo di Cumis sui rapporti tra S.
ed Herbart e alle Lezioni di Antropologia curate da D’Orsi. Al termine
Savorelli propone la tesi secondo cui l’originalità ed insieme il limite di S.
sarebbe stato quello della rinuncia all’eclettismo in favore di un sistema che
tenesse insieme le differenze. OLDRINI., L’hegelismo italiano tra Napoli e
Torino, in “Filosofia. Volontà dichiarata di Oldrini è mostrare la linea di
continuità tra il periodo napoletano prequarantottesco e gli sviluppi torinesi,
soprattutto in virtù dello stretto rapporto tra la scientificità come
metodologia filosofica e la cultura dell’Italia unita, nel senso che si
reputava necessaria una trattazione scientifica del pensiero per farne emergere
la nazionalità. Oldrini individua nel coscienzialismo di Galluppi e
nell’eclettismo di Cousin il retroterra dello sviluppo dell’hegelismo a Napoli;
dopo l’esperienza del “Museo di letteratura e filosofia” di Gatti e Cubani, il
tenore culturale della città subì, se non un tracollo, per lo meno una drastica
involuzione. Il processo di sviluppo dell’hegelismo continuò a Torino,
soprattutto grazie all’apporto degli esuli meridionali tra i quali spiccano S.
e De Sanctis. TOGNON, S. Lezioni inedite di filosofia del diritto. Modena e in
“Archivio storico bergamasco. L’articolo di Tognon illustra le disavventure
della biblioteca dei fratelli S., trasferita a Bergamo, divisa tra Silvio e il
figlio di Bertrando, Camillo, con riferimento alle carte recuperate da Croce e
donate alla Biblioteca di Napoli. Si elogia il lavoro di riordino e
catalogazione di Savorelli. Si riporta poi il testo parziale delle lezioni di
“Filosofia del diritto” e di “Storia della filosofia” tenuti a Modena e
Bologna. Alla difficoltà nel ricostruite il calendario delle lezioni supplisce
una notevole chiarezza del progetto steso da S. all’inizio dei corsi. Si
riporta il manoscritto per i primi sei fogli. TOGNON, S.. Lezioni inedite di
filosofia del diritto. Modena, Archivio storico bergamasco”. L’introduzione di
Tognon ribadisce l’influenza di Hegel sulle lezioni di S., in particolare
l’Hegel della Fenomenologia e dei corsi sulla Filosofia della storia. S. coglie
l'occasione per sottolineare che in Italia manca completamente la coscienza del
diritto. Secondo Tognon “mai filosofo straniero divenne più italiano di quanto
lo fu lo Hegel dello S.”. Segue lo scritto di S. che completa la pubblicazione.
SAVORELLI, Note sul Vico di S., in “Bollettino del Centro Studi Vichiani. Vico
costituisce un caso quasi unico di riscoperte e abbandoni continui da parte
degli studiosi, ed è in questo senso che Gentile poteva parlare di storia a
doppia faccia, di sporadici omaggi in uno sfondo di completa dimenticanza.
Merito di S. è quello di aver rivalutato la figura di Vico agganciandola al
panorama europeo, in quanto precursore dell’idealismo. Savorelli tende comunque
a ridimensionare l’importanza della lettura spaventiana di Vico, in quanto si
appoggia in larga misura a canoni e modelli di critica vichiana ottocentesca;
la stessa lezione del corso dedicata a Vico, sembra inserita di getto in uno
schema completamente indipendente ed autonomo. Savorelli riconosce, d’altra
parte, il ruolo essenziale che la lettura di Vico ebbe nello sgretolamento
delle teorie hegeliane sulla filosofia della storia: nel frammento del 1875 S.
giunge a considerare addirittura Vico e non Hegel come filosofo della storia.
La crisi dell’idealismo cui S. assiste nell’ultimo decennio della sua vita lo
portò a rivalutare Vico, ma non come radicale critica dello Hegel, bensì
piuttosto come interpretazione alternativa della filosofia della storia che
tuttavia mantiene imprescindibile la distinzione tra mondo della natura e mondo
dello spirito. M. BISCIONE, Rinascimento, Riforma, Restaurazione cattolica nel
pensiero di S., Clio. A partire dalla scarsa diffusione all’estero come tratto
che accomuna l’opera di De Sanctis e di S., Biscione tenta una messa a fuoco
del personaggio in quanto storico della filosofia, anche per smarcarlo
dall’interpretazione in chiave esclusivamente idealistica proposta da Gentile e
dominante almeno per tutta la prima metà del Novecento. Se da un lato hanno un
valido fondamento le critiche del Croce relative ad una trascuratezza da parte
di S. verso i dettagli storici in favore della prospettiva teoretica, bisogna
precisare che non si tratta di puro razionalismo, bensì piuttosto di una fede
moderna nella storia. Benché si tenda ad accentuare l’influenza di Michelet e
di Mazzini, non si può negare una larga concessione nei confronti delle
suggestioni hegeliane. La filosofia della storia proposta da S. coincide, in
sostanza, con la teoria della circolazione del pensiero italiano: ruolo
principale è svolto dalla figura di Campanella, senz'altro tra le più studiate
da S., insieme a quella di Bruno. L’interpretazione che S. propone del
Rinascimento e della restaurazione cattolica assume una notevole distanza
rispetto alle teorie hegeliane, anzi, per certi versi le sue tesi sulla
soggettività liberata anticipano di qualche anno le tesi di Burckhardt. Dal
lavoro di Campanella del 1854, che l’autore definisce poco più che una
osservazione supportata da alacre speranza, furono necessari anni di studio
prima di giungere alla teoria della circolazione intesa come autentica metafisica
della storia. GARIN, Filosofia e
politica in S., Bibliopolis, Napoli. Il testo di Garin si apre con la citazione
di una lettera del Labriola che informa Engels della connessione trovata da S.
tra hegelismo e darwinismo. Se è vero che negli sviluppi successivi della
tradizione hegeliana la nottola lascia il posto alla talpa che trasforma il
terreno lavorando nel sottosuolo, risulta inefficace l’idea di Passerini
secondo la quale la filosofia della storia di Hegel non tiene conto del futuro:
piuttosto lo spirito che si diffonde nel mondo mostra il potere del concetto
che vuole ricreare la realtà. Garin precisa che S. non tradì mai il suo
autentico maestro, lo Hegel, a differenza di quanto accadde per il De Sanctis,
cui Hegel aveva seccata l’anima: l’interpretazione originale del pensiero
hegeliano, mai allinsegna di una mera ripetizione meccanica, portò S. ad
utilizzare gli strumenti della dialettica per ribadire l’importanza dei due
soli (Rinascimento italiano e Idealismo tedesco) e per legittimare l’intima
affinità tra i due, accomunati da una intrinseca avversione a qualsiasi forma
di dogmatismo. In appendice è riportato un intervento di Tognon, la prolusione
bolognese, di cui si sottolinea una correzione e infine una lettera di Bertando
S. al fratello Silvio. OLDRINI, U/tizzi contributi alla storia della cultura
filosofica napoletana dell'Ottocento, in “Rivista critica di storia della
filosofia”, XXXVIII, 1983, 325-357. Mostrando l’interconnessione tra la storia
della vita reale e la storia della cultura nella Napoli dell'Ottocento, Oldrini
si sofferma sul centralismo della classe dirigente italiana e sulla
malformazione dello sviluppo del meridione come fattori della crisi della città
negli anni ’30. Oldrini lamenta numerose lacune della storiografia sulla
pubblicistica e sul vichismo napoletano, contestando la tesi di Broccolini,
secondo cui S. sarebbe un epigono di Finamore. Veri snodi critici sono i legami
tra hegelismo e Destra storica da un lato e ridimensionamento dell’hegelismo e
del vichismo in favore del positivismo dall’altro. Per questi motivi si
apprezza il monumentale lavoro di Malusa, dedicato al positivismo e al
neokantismo, benché alcuni limiti siano rintracciati per esempio nell’eccesso
di analisi espositive e in alcuni difetti di interpretazione sul pensiero del
Fiorentino. FRANCHINI, Cozze riscoprire S., Il Tempo, Roma. Di contro
all’interpretazione comune di S. come bieco immanentista, Franchini rivendica
tutto il criticismo del filosofo abruzzese, sottolineando che “non credette mai
all’unicità e alla definitività della costruzione hegeliana”; oltre allo
straordinario sforzo di chirificazione del pensiero di Hegel, si deve
aggiungere la capacità di elevare il dibattito italiano ai livelli di quello
europeo, tratto che dovrebbe delegittimare ogni tentativo di interpretare la
sua esperienza filosofica all’insegna del provincialismo. Alla base del
pensiero spaventiano Franchini individua l’unità del sapere, esposta nella
prolusione. MARTANO, S. e la filosofia del Rinascimento, in “Discorsi. La
nomina di S. a Professore di Logica e Metafisica a Napoli, voluta da Sanctis,
scandalizza il resto del corpo docente, a causa dell’elogio del panteismo
germanico proposto dal filosofo abruzzese: suo autentico obiettivo, d’altro
canto, era mostrare l’intima affinità tra il pensiero idealistico tedesco e
quello rinascimentale italiano. L’assunzione della realtà soltanto nel suo
essere pensata costituiva il nucleo dell’insegnamento spaventiano, per cui
Cusano, Valla, Pomponazzi, Telesio e lo stesso Leonardo con il suo richiamo
alla sperienza dovevano essere visti quali precursori di Kant ed Hegel.
Privilegiato fu il rapporto con Bruno e Spinoza, che S. associò tra loro, ma
non sulla base di interpretazioni teologizzanti. Da ultimo Campanella viene
certamente considerato come filosofo della Restaurazione cattolica, ma non di
può dimenticare il suo senzzr di sentire, l’importanza del ruolo della soggettività,
benché ancora compromesso da un residuo naturalistico. Il carattere precursore
di Vico rispetto all’idealismo tedesco è dichiarato da S. con il preciso
intento di mostrarne le affinità nella trattazione del materiale storico. Tutto
questo percorso deve essere valutato alla luce della profonda fede che S.
nutriva verso il progresso, alimentato da costanti e continui sforzi umani. P.
DI ATTILIO, Rivoluzione, partiti politici e stato nazionale. Nuovi testi di S.,
Giuffrè, Milano. Analizza la formazione del giovane S., riferendosi
all’influenza di padre Testi al monastero di Montecassino; proprio in quegli
anni emerge già una vocazione più pratica del fratello Silvio rispetto
all'anima teoretica di Bertrando. Il capitolo secondo si concentra sulla
prolusione di Modena del 1859, dove si mostrava la nuova scienza storica in
contrapposizione al puro arbitrio della libertà da un lato e alla bieca
necessità meccanicistica dall'altro. Nella disamina degli articoli pubblicati
sul “Progresso”, all’interno del capitolo terzo, si sottolinea l’importanza e
la superiorità delle idee nel creare l’unità, laddove al Dio Cannone veniva
contrapposta la Dea Ragione. A. SAVORELLI, Riforma della dialettica, riforma
del sistema: crisi e trasformazioni dell’'hegelismo in S., in B. S., Esperienza
e metafisica, Napoli, Morano. Savorelli sottolinea che la prima fase degli anni
’60 è legata ad un utilizzo della filosofia hegeliana nel senso di una filosofia
della storia che attraverso la teoria della circolazione del pensiero italiano
consolida su basi metafisiche l'indipendenza e l’unità d’Italia, mentre invece
S. dove affrontare la cosiddetta crisi dell’idealismo (già un quegli anni
Zeller si faceva promotore dell’esigenza di ritorno a Kant). I temi sollevati
dalle teorie di Darwin e dal positivismo imponevano un serio confronto con il
sistema della dialettica: il progressivo sgretolamento del sistema comportò per
S. non un abbandono del pensiero hegeliano, quanto piuttosto il consolidamento
di un nucleo originario di verità metafisiche idealistiche, non certo nel senso
di una rigidità dogmatica, quanto piuttosto di apertura del sistema a nuovi
sviluppi che tuttavia, lungi dallo smentire, contribuivano a confermare la
logica dialettica correttamente interpretata. M. LEOTTA, La filosofia di Tari,
Istituto italiano per gli studi storici, Napoli. L’opera, che analizza il
pensiero di Tari secondo una triplice scansione, ossia Metafisica, Estetica e
Filosofia della natura, prevede un’ampia Introduzione dove si presenta una
biografia molto dettagliata dell’autore: in queste pagine il riferimento a S. è
assai frequente. Si ricorda la passione per la matematica che accomunava i due
pensatori, l'amicizia nata nel soggiorno a Montecassino nel soggiorno durante
il quale Tari insegna a S. i rudimenti della lingua tedesca ed infine la
collaborazione all’Università di Napoli dopo la riforma avviata da De Sanctis.
Nell’introduzione sono anche riportate due lettere di Tari a S., nelle quali si
ringrazia il filosofo abruzzese per l’aiuto offerto in occasione della nomina
di Tari rispettivamente a Professore straordinario e la ben più sofferta ed
attesa nomina del ‘73 a Professore ordinario. Nell’ultima parte
dell’Introduzione si riportano anche alcune parti della lettera con cui Tari
raccomandava a S. Antonio Labriola, allora giovane studente di filosofia notato
da Tari per la sua vivacità intellettuale. ORSI, Introduzione a LOTZE, Elementi
di psicologia speculativa, Casa Editrice G. D'Anna, Messina- Firenze. La
prefazione di Negri elogia Orsi come il più fedele studioso di S..
L’Introduzione di D’Orsi interpreta il binomio Lotze-S. come anticipazione di
quella collaborazione tra filosofo e psicologo tanto comune nel Novecento. Di
entrambi si sottolinea l’anticonformismo rispetto al positivismo e al
materialismo imperanti. Lotze in Germania e Maine de Biran in Francia adottano
una visione non riduzionistica della mente umana, privilegiando
l’impenetrabilità dell’intimità dell'anima. Il recupero di un'ottica
speculativa e metafisica, precisa Orsi, implica una ripresa della prospettiva
teleologica ed una esaltazione della valenza critica della soggettività.
L’affinità elettiva e speculativa tra S. e Lotze è dovuta al medesimo
atteggiamento di rifiuto della trascendenza e insieme di rifiuto del mero
materialismo; nel caso di S. D’Orsi sottolinea quanto la vicenda personale di S.,
che è stato prete per circa un decennio prima dell’esilio torinese. Questa
psicologia speculativa — secondo D’Orsi — appare quale autentico gioiello
speculativo. All’Introduzione segue la traduzione di S. degli Elementi di
psicologia, preceduta da una serie di appunti e preliminari che costituiscono
il materiale preparatorio. R. ROMEO, Cavour e il suo tempo, Laterza, Bari. Nell’ampio
studio di Romeo sulla figura di Cavour, articolato in tre libri, alcune pagine
dedicate esplicitamente a S. si trovano nell’ultimo volume, dove lo si presenta
come autore di una nuova interpretazione di Hegel come filosofo
dell’innovazione, contro le tesi che circolavano a Napoli prima del ’48 per cui
il filosofo tedesco era considerato filosofo del fatto compiuto. Altri cenni
sporadici a S. riguardano la sua attività di scrittore su “Il Cimento”, assieme
a De Sanctis ed il suo giudizio negativo sulla situazione piemontese espresso
in una lettera al fratello Silvio. BARONE, S. e il positivismo, in “Libro
aperto”, Barone ricorda di aver attraversato il pensiero di S. nei suoi studi
sul positivismo, riferendosi in particolare alle opere psicologiche edite dal
Gentile. Prendendo spunto dalla famosa lettera del Labriola ad Engels in cui S.
viene presentato come conciliatore tra Darwin e Hegel, Barone concorda con
l’opinione di Gentile secondo la quale S. fece sempre i conti onestamente con
il positivismo, benché lo stesso Gentile svaluti troppo il ruolo ed il peso
della scienza nel suo sistema: certamente il gran valore assegnato alle
riflessioni politiche e metafisiche contribuisce a porre in secondo piano il
rapporto di S. con la scienza. L’elemento che ogni autore tende a sottolineare,
da Cubeddu a D’Orsi passando per Vacca, è la volontà di evitare ogni
riduzionismo fisiologico a proposito della psichicità, rivendicando la
superiorità dell’atto rispetto al fatto da cui prende avvio ogni analisi
scientifica. Barone non risparmia critiche
all’interpretazione superficiale dell’evoluzionismo darwiniano proposta
da S., ma concorda sull'efficacia e l’attualità delle analisi critiche di S. ai
concetti utilizzati dalla fisiologia. L'articolo confluirà poi nel volume Dalla
scienza della logica alla logica della scienza. FOCHER, S. di fronte al
positivismo, Criterio. Dopo aver presentato S. come uno di quegli intellettuali
convinti che la propria epoca coincidesse con la piena manifestazione del regno
dello Spirito, Focher precisa che le riflessioni del filosofo abruzzese, nel
tentativo di rendere popolare Hegel e non volgare, come scrisse al Villari,
risultano ancora assai attuali sul piano politico, molto meno su quello
scientifico, a causa delle grandi novità della scienza del XX secolo. Per
recuperare il valore della critica spaventiana al positivismo, si deve quindi
porre in risalto il valore che assume l’uomo nel contesto storico: la storia è
positivismo, è l'assoluto fare umano. In questa chiave è possibile vedere in S.
un elemento di stringente attualità in quanto esalta l’uomo in quanto essere
libero e assoluto. L’articolo di Focher sarà inserito tra gli interventi che
compongono il libro Dalla scienza della logica alla logica della scienza. SAVORELLI, Hegel e Gioberti: Prime
reinterpretazioni e revisioni in S., Annali della Scuola Normale Superiore di
Pisa. Il rapporto tra S. e Gioberti ha subito numerose modifiche nel corso
degli anni: Savorelli rileva che al superamento di una lettura e di una
comprensione generica dell’hegelismo segue una rivalutazione da parte di S. del
pensiero italiano ed in particolare di Gioberti. Se è vero che nel ‘49 Gioberti
viene denigrato da S., già nel ’55 si assiste ad una parziali rivalutazione del
suo pensiero, in quanto conciliatore della nuova visione del mondo hegeliana
con il cattolicesimo. Nel ’57, tuttavia, Gioberti è di nuovo “un fanfarone” e
soltanto negli anni ’60 ‘anche per consolidare la tesi di circolazione del
pensiero italiano Gioberti viene definitivamente rivalutato. Savorelli,
tuttavia, non accetta l’idea che l'apprezzamento per il teorico del
neoguelfismo sia dovuto solo ad una esigenza del momento, ma tende piuttosto ad
inserirlo all’interno di una più vasta operazione di aggiornamento del
dibattito filosofico italiano. Gioberti verrebbe rivalutato anche come risposta
ad Hegel: la stessa riforma della dialettica mira ad un superamento della
dicotomia arbitrio/necessità all’interno della filosofia della storia. A questo
proposito Savorelli avanza l'ipotesi che anche lo Schelling sia stato
utilizzato da S. non tanto per confutare, quanto piuttosto per integrare e
consolidare le tesi hegeliane. La medesima integrazione e difesa di Hegel
avviene sul campo politico: Savorelli tende a precisare che la soluzione
individuata da S. in questo campo è il calco di quella attuata sul piano logico
e metafisico. AAVV., S. Dalla scienza della logica alla logica della scienza,
Pironti, Napoli. Il volume raccoglie una serie di saggi ed è introdotto da
Franchini con un analisi sui caratteri del pensiero spaventiano in rapporto al
tema della nazionalità. Il saggio di Francesco Valentini riguarda il rapporto
Hegel-S. in relazione alla Scienza della logica. L'intervento di Italo Cubeddu
si concentra sul binomio Gentile-S. e sull'importanza della circolazione a
proposito della riforma della dialettica hegeliana. Vittorio Stella
contribuisce a mostrare l'influenza di S. sul pensiero di Gentile e di Croce,
pur nella diversità delle loro interpretazioni sulla vicenda del filosofo
abruzzese. Martano presenta S. storico della filosofia, la cui teoria della
circolazione si muove all’insegna della fede nel progresso della storia
(articolo apparso in “Discorsi”). Mentre Verra approfondisce i nessi tra S. ed
il trio di logici tedeschi Trendelenburg- Werder-Fischer, Tessitore si occupa
del nesso decadenza-rinascenza, evidenziando due linee di continuità,
Machiavelli-Lutero e Cartesio-Lutero, nella quale si inserisce anche la figura
di Galileo. D’Orsi si sofferma sui criteri ecdotici nella ricostruzione
filologica del pensiero di S.. Barone e Focher specificano il rapporto tra S. e
la scienza della seconda metà dell'Ottocento (rispettivamente in “Libro aperto”
e Criterio. Cotroneo distingue all’interno della scuola spaventiana la
direttrice Maturi-Jaja da quella di Tocco e Masci. Roehssen esamina la figura
del fratello di S.. A questi saggi si aggiungono interventi di Pasquale Socco,
Attilio, Savorelli, Reda e Brescia. Al termine del volume è presentata una
bibliografia di testi scritti su S., curata da Savorelli, Rascaglia e Reda,
come prosecuzione della bibliografia ragionata di Italo Cubeddu. CUBEDDU, Da S.
a Gentile: Kant e il neotdealismo, in La tradizione kantiana in Italia, Atti
del convegno della Società filosofica italiana (Messina Edizioni G. B. M.,
Messina. Secondo Cubeddu l’interpretazione del pensiero kantiano offerta da S.
dipende nelle sue linee essenziali dalle critiche presenti in Fede e sapere,
benché il difetto del dualismo e della “tenerezza per le cose del mondo” non
impedisca al pensatore di Bomba di ammirare l’idea dell’unità della coscienza e
della sintesi a priori. Assai apprezzato risulta il capolavoro su Gioberti, nel
quale Kant, pur non essendo un protagonista assoluto, non è mai relegato al
ruolo di semplice comprimario. Passando al Novecento, Cubeddu si sofferma sulla
posizione gentiliana che aveva proposto un ritorno da Kant a Hegel, ravvisando
nell’intrascendibilità del pensare il guadagno comune di entrambi. A tal
proposito si cita il saggio sulla Riforzza della dialettica, dove si tenta di
correggere la posizione kantiana mediante l’hegelismo, corretto esso stesso nel
Sistema di logica, nel quale si propone una categoria unica del pensare.
Cubeddu precisa come S. non abbia mai compiuto quella riforma neohegeliana di
Kant, in quanto non considerò la conoscenza come pura unità analitica della
mente. MARCHI, S. e Popper, in “Criterio. Molti sono i preamboli necessari a
Marchi per introdurre questo insolito parallelismo: nonostante la diversa, per
non dire opposta, interpretazione che i due autori offrono di Hegel e
dell’idealismo tedesco in generale, l’elemento comune ai due pensatori è il
rifiuto di qualsiasi prospettiva riduzionistica. Non è certo necessario precisare
quanto S. sia sensibile alle sollecitazioni delle scienze del proprio tempo,
senza però mai rinunciare all'importanza dell’analisi critica, possibile solo
tramite il pensiero filosofico: le sue tesi contrarie ad ogni riduzionismo
dell'anima (del pensiero) al semplice cervello o ad un insieme di elementi
materiali sono ben note. A partire da un percorso intellettuale decisamente
differente, anche Popper si oppone alla “chiusura del mondo fisico”,
dimostrandosi non molto lontano, su questo punto, dallo S. di Psiche e Metafisica.
Popper, particolarmente, rinvia all'esistenza di tre mondi, quello materiale,
quello della coscienza e quello della cultura, interagenti tra di loro, ma di
certo non riducibili al primo. Infine, mediante alcune citazioni dall'opera di
Popper Lio e #/ suo cervello, si tende a sottolineare come l’autore sia
convinto che l’io possieda il cervello e non viceversa, avvicinandosi molto in
tal senso alle tesi spaventiane del “senso di sé” come nucleo profondo del
pensare. Gli begeliani di Napoli e la costruzione dello stato unitario,
Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli Già nell’Introduzione al
volume il ruolo svolto dai fratelli S. assume un'importanza centrale nella
costruzione teorica e pratica dello stato unitario. Se il lungo intervento di
Croce si riferisce spesso alla figura di S., nella lettera di Strater,
pubblicata per intero nel volume, appare evidente l'ammirazione nei confronti
del filosofo di Bomba per aver posto in relazione pensiero italiano e pensiero
europeo. La prima parte dell’opera, curata da Saverio Ricci, sottolinea il
declino culturale di Napoli causato dalle emigrazioni degli intellettuali nel
’99 e nel ’21; altro elemento cruciale è la sostanziale inefficacia del
tentativo di educazione delle masse che portò alla repressione. La seconda
sezione, di Maria Rascaglia, mostra quale fosse l’arretratezza del Piemonte in
campo culturale rispetto a Napoli e quindi le difficoltà di De Sanctis e S.,
costretti all’attività di giornalisti. Ben diversa la situazione al ritorno a
Napoli dove ai due protagonisti si aggiunge anche la figura di Vera. La terza
parte è dedicata alla scuola di S., in particolare a Fiorentino e Labriola. Una
quarta sezione è dedicata al fratello Silvio. Il volume si conclude con due
appendici di Giampiero Griffo e Piera Russo. SAVORELLI, S. e Galileo, in
Galileo a Napoli (LOMONACO e TORRINI cur.), Guida, Napoli. L’intervento di
Savorelli tende a precisare che le letture spaventiane e le sue tesi sui
precorrimenti, benché segnate da forti deformazioni e distorsioni,
rappresentano un contributo originale e sempre innovatore rispetto al dibattito
storico-filosofico dell'Ottocento. Galileo non solo non è un autore classico
della trattazione spaventiana, anzi, viene citato raramente nei suoi lavori e
viene studiato in maniera specifica. Spesso S. attenuò il lato di modernità
attribuito dalla critica a Galileo, che fu pertanto escluso dalla ricostruzione
del pensiero italiano, in quanto considerato un uomo di scienza piuttosto che
un intelletto speculativo; ben nota è la ritrattazione a pochi mesi dalla
morte. Essenziale, secondo Savorelli, l’influenza di Natorp nella riscoperta di
un Gelileo criticista e non semplice empirista: sotto questa luce Galileo fu
assimilato forse troppo frettolosamente da S. alla linea Kant- Hegel,
accentuandone alcuni tratti, come ad esempio lo studio dell'a priori che lo
distingueva dall’ingenuità dei positivisti della seconda metà dell'Ottocento.
Forse eccessive sono le tesi di un Galileo precursore di Kant, anche perché lo
studio di S. assume un taglio speculativo più che storico, avendo come
obiettivo la confutazione di alcune tesi di Vaihinger. G. OLDRINI, Filosofia e
coscienza nazionale in Bertando S., Quattroventi, Urbino. L’idea che l’assoluto
avesse definitivamente perso il proprio carattere trascendente non deve
condannare al determinismo immanentista, bensì aprire la strada all’idea della
ragione come autentica creatrice di storia. Le due anime che si mostrano in S.,
ossia il demone speculativo da un lato e la necessità di una diffusione di
Hegel sul piano filosofico e politico, determinano il contrasto con il
neotomismo che in quegli anni voleva proporsi, grazie al sostegno di Corinaldi
e Liberatore, come autentico erede della tradizione filosofica italiana.
Oldrini non manifesta particolare entusiasmo per le continue alterazioni del
testo spaventiano dovute a ricerche filologiche proposte da D’Orsi e sottolinea
che il cuore del discorso dell’abruzzese era l’affermazione dell’hegelismo di
contro al cattolicesimo neotomista. Nel volume sono presenti interventi di
Alessandro Savorelli, Franco Ottonello, Luciano Malusa, Oldrini, Tognon, Mastroianni
e Racinaro. TESSITORE, M:nghetti, S. De Sanctis: le trasformazioni del
liberalismo, in AAV., Marco Minghetti statista e pensatore politico dalla
realtà italiana alla dimensione europea, GHERARDI e MATTEUCCI (a cura di), Il
Mulino, Bologna. Nella triade citata il nome S. si riferisce al fratello
Silvio, ma la perspicacia di alcune analisi lasciano intravedere un pensamento
profondo della forma Stato, nel quale non si può non ravvisare l’influenza del
pensiero del fratello Bertrando. La posizione di Silvio è riassunta mediante
alcune citazioni sull'unità di Italia e la necessità di una forte attività
amministrativa, che si conciliava non molto bene con le tesi di Minghetti di
restringimento dei compiti dello Stato. Tessitore assegna a De Sanctis il
maggior rigore nel trattare la contraddizione tra libertà e governo, nella
quale si ravvisa il pericolo della decadenza della cultura e dello spirito
d’iniziativa della neonata nazione italiana. OTTONELLO, Pasquale Galluppi nell’
“infedele” interpretazione di S., in “Rivista Rosminiana di Filosofia e Cultura..
L'infedeltà dello S., “senza cui non si viene a capo di nulla”, è presente
anche nel commento alla filosofia del Galluppi, che il filosofo di Bomba
strappò dall’oblio in cui era piombato. La critica alla teoria dell’oggettività
della sensazione è fondata sull’impossibilità di percepire una esistenza
esterna, benché in senso hegeliano si debba parlare di un “oggetto dell’atto
chiamato coscienza”. Nella presenza di una sostanza esterna da percepire S.
vede ripresentarsi il fantasma del noumeno kantiano: proprio estremizzando i
tratti del Galluppi, però, S. riesce a trarne i germi di uno sviluppo futuro;
non ripetendo mai in modo meccanico il pensiero altrui, S. riesce a valorizzare
le tematiche trattate, come ad esempio nel caso del famoso “luogo d’oro”. A.
MARTONE, Lo scarto del linguaggio: eredità vichiane in S., in Furor verba
ministrat. Eredità vichiane e Illuminismo in alcune teorie linguistiche della
cultura napoletana, Angeli, Milano. S. viene qui presentato come pensatore
intimamente legato a Vico, in quanto filosofo della storia, nello sforzo di una
riunificazione del sapere e persino nel tentativo di dotare il pensiero
filosofico italiano di una propria autonoma tradizione. Vico stesso fu inserito
da S. nella sua teoria sulla circolazione del pensiero. Rimane tuttavia una
incolmabile distanza tra Vico e S., il quale sembra non essere molto sensibile
alla glottogonia vichiana. SAVORELLI, Bruno Tulliano’ nell’idealismo italiano
dell'Ottocento (con un inedito di B. S.), “Giornale critico della filosofia
italiana. Savorelli ribadisce il merito di S. di aver dato impulso agli studi
bruniani, seguito dai suoi discepoli Felice Tocco e Francesco Fiorentino: lo
spiacevole episodio con l’editore Le Monnier testimonia, d’altra parte,
l’arretratezza culturale in cui versava all’epoca l’Italia, nella quale non
riuscì a trovare spazio il primo studio scientifico sulla figura del Nolano.
L’inedito di S., infatti, rimane il primo saggio che tenti di analizzare il
pensiero bruniano in chiave sistematica. Proprio in questo senso assume valore
l’attenzione dedicata da S. alle opere cosiddette lulliane o mnemotecniche, che
secondo Brucker e Buhle erano da considerare la parte più oscura dei testi di
Bruno. Il testo di S. si fonda su una critica del Ritter e su un confronto
costante con il pensiero di Lullo, Cusano e Spinoza. Certamente di grande
importanza è stata l'influenza di Barholméss, la cui interpretazione indica in
Bruno un anticipatore dell’idealismo tedesco: è noto quanto questa tesi sia
essenziale anche rispetto alla teoria della circolazione del pensiero italiano.
Savorelli precisa che ogni tentativo di porre in luce il misticismo di Bruno è
considerato vano ed errato da parte del pensatore abruzzese, che dedica
attenzione alle opere lulliane proprio per mostrarne la relazione con la teoria
della conoscenza proposta da Bruno. Il carattere di precursore della modernità
attribuito al pensatore di Nola, tuttavia, subirà lungo l’itineratio
spaventiano anche drastiche limitazioni, dovute, per esempio, alla sua errata
comprensione del cristianesimo. Nella trattazione Bruno non è più lullista e
l’ultimo vestigio lulliano del saggio torinese è un breve saggio dei Principi
di filosofia: le differenze sono dovute ai diversi intenti interpretativi
secondo Savorelli. Un segno dei tempi è il progressivo disinteresse da parte di
S. e De Sanctis nei confronti di Bruno. Al termine dell'intervento di Savorelli
si riporta una sezione del Saggio inedito di B. S. su Bruno, Manoscritto
conservato alla Biblioteca nazionale di Napoli. MALUSA, L'idea di tradizione
nazionale nella storiografia filosofica italiana dell'Ottocento, Tilgher,
Genova. La figura di S. è presente in tutto il testo, dedicato nella prima
parte all'idea di “tradizione nazionale” nella storiografia filosofica e nella
seconda ai rapporti tra la tradizione filosofica italiana e la “Civiltà
cattolica”: ben si comprende come la personalità di S. svolga un ruolo di primo
piano in entrambe. Nelle pagine centrali della prima parte si sottolinea il
ruolo che S. attribuì al genio italico nella distruzione dell’immobilismo cui
per secoli la Scolastica aveva costretto il pensiero. Il “primato” della
filosofia tedesca nel panorama europeo dipendeva strettamente da quel
criticismo che per la prima volta trovò in Italia la propria espressione.
Inutile ribadire quali furono i risvolti politici di una tale prospettiva
filosofica: il pensiero spaventiano era in grado di assicurare l'immanenza del
pensiero, superando le istanze clericali, senza cadere nell’aridità dell'Illuminismo.
Si citano le ricostruzioni storiografiche di Garin e la progressiva
appropriazione del pensiero spaventiano sulla linea S.-Labriola-Gramsci (e
Togliatti), che consentì di sottrarre l’autore abruzzese all’esclusivismo
dell’interpretazione attualistica. Nella seconda parte si definisce S.
autentica “bestia nera” del periodico gesuita: la critica della filosofia
hegeliana, principale obiettivo della rivista, non poteva esimersi da ripetuti
attacchi anche nei confronti del pensatore abruzzese, quando ancora questi non
aveva elaborato il proprio pensiero in maniera sistematica. Non sfugge
all'analisi che all'origine dello scontro si poneva la convinzione che Tommaso
d'Aquino e non Hegel dovesse essere il modello della filosofia italiana. MOSSANO, S. e la psicologizzazione dell’a priori nel
neocriticismo italiano, Accademia di scienze morali e politiche, Napoli. L'intervento
di Mossano analizza la sostituzione dell’incantesimo idealistico mediante
l’incantesimo psicologico, ossia quella comprensione della critica kantiana che
scivola dall’appercezione trascendentale all’a priori come funzione ordinatrice
dell’esperienza. Se ancora in S. il problema critico è inteso come problema
della conoscenza sul piano trascendentale, nella generazione successiva molti
sono i tentativi di fornire interpretazioni differenti della tesi kantiana.
Mossano ricorda come S. avesse cercato ci riassorbire il positivismo
nell’hegelismo, dal momento che il soggetto è ciò che letteralmente “fa”,
costruisce il proprio oggetto. Dalle analisi del pensiero di Masci, tuttavia,
si deduce come già in S. “le forme kantiane siano intese in senso dinamico ed
evolutivo, reale e non ideale. Questa tesi viene però corretta attraverso una
lunga citazione tratta da La filosofia di Kant e la sua relazione colla
filosofia europea grazie alla quale si vuole dimostrare come la concezione di S.
intenda il giudizio non soltanto come formativo, ma costitutivo dell'oggetto.
Mossano ricorda come Masci abbia apprezzato il tentativo di sintesi del maestro
tra hegelismo e darwinismo, soprattutto nelle opere dell’ultimo decennio di
attività. È importante sottolineare come il nuovo empirismo proposto da S.
(fondato cioè sul superamento della contrapposizione tra realismo e idealismo)
non distrugga il lato attivo e originario della soggettività, ma lo possa
riconfermare, in una accezione in cui Kant si incontra con Hegel. Ciò che deve
essere tenuto fermo, secondo il pensatore abruzzese, è il carattere non
biologico, né psicologico del problema della conoscenza, che è essenzialmente
critico. Analizzando il dibattito critico, Mossano individua in Tocco e Cantoni
due assertori del limite intrinseco della prima Critica legato alla mancanza di
una psicologia nell’architettura kantiana; diversamente Chiappelli tenta una
mediazione, cercando quale tendenza psicologica si conformi maggiormente al
problema del criticismo. Non mancano i riferimenti, in questo caso, alle tesi
di Spencer, contro il quale, però, più volte S. si espresse negativamente. Al
termine si citano i giudizi del Gentile sulla errata interpretazione del
criticismo offerta dal Masci. In conclusione si torna a ribadire l’esigenza si
stabilire una radicale distinzione tra il lato empirico- evolutivo e quello
trascendentale, ricordando come solo dopo il 1945 a psicologia si sia
affrancata dalla filosofia. RASCAGLIA., Venti lettere inedite di Meis a S.,
Giornale Critico della Filosofia italiana. Nella presentazione di questo nuovo,
ennesimo impegno di ricostruzione del carteggio spaventiano, Maria Rascaglia
indica come preciso intento la ricostruzione delle vicende biografiche di De
Meis e S., in relazione al ventennio coperto dalle venti lettere inedite. Molti
sono i temi trattati, dove autentico protagonista romane la figura di De
Sanctis, oggetto di continue polemiche sia sul piano politico sia sul piano del
suo mestiere di critico letterario. Si sottolinea anche la tormentata vicenda
della pubblicazione dell’articolo di S. Paolottismo, positivismo, naturalismo:
nelle lettere De Meis giustifica le correzioni apportata prima della stampa per
ammorbidire almeno in parte i toni e la satira pungente dello S.. Viene posta
in risalto dalla Rascaglia anche la lettera
in cui Meis si difende dalla accusa dell’Imbriani di “non far
deduzione”. Sullo sfondo rimane una sfiducia nella gestione politica dell’unità
di Italia, soltanto a volte mitigata da un cauto ottimismo, come in occasione
del governo Minghetti. OLDRINI, Napoli e i suoi filosofi. Protagonisti,
prospettive, problemi del pensiero dell’Ottocento, Angeli, Milano. Il volume
raccoglie una serie di interventi di Oldrini sulla cultura filosofia napoletana
dell'Ottocento. Il ruolo di S. appare con grande chiarezza nel VI capitolo,
dedicato all’hegelismo italiano tra Napoli e Torino (saggio apparso in
“Filosofia” ) e nel capitolo sull’hegelismo ‘critico’ del filosofo abruzzese. Il
capitolo IX, sulle ragioni dello Stato etico, inedito, confronta le posizioni
di Vera con quella dei fratelli S., mostrando la loro progressiva
interpretazione dell’hegelismo da supporto alle teorie rivoluzionarie a sfondo
teorico del concetto di Stato etico, inteso come ciò che dà direzione, unità e
senso alla dimensione economico- sociale. V. VITIELLO, S. e il problema del
cominciamento, Guida, Napoli. Punto focale dell’interpretazione di Vitiello è
il dualismo di essere e pensare che S. eredita dalla tradizione filosofica.
Acquisita la novità kantiana di una conoscenza che non è più fatto, bensì
attività, S. mostra come Hegel sia la sintesi tra il soggettivismo radicale di
Fichte e l’oggettismo schellinghiano. Punto focale proposto da Vitello è
l’indeducibilità del pensare dall’essere nella filosofia antica e
l’indeducibilità del reale dal possibile nella filosofia moderna: la filosofia
hegeliana vuole dar ragione a Fichte senza smentire Schelling; su questo punto
l’interpretazione di S. raggiunge un'intensità che verrà persa nei suoi eredi,
persino in Gentile, che rimane chiuso nella logica fichtiana. Il circolo
Fenomenologia-Logica deve essere intepretato alla luce della separazione del
sapere dal suo contenuto come atto di volontà: il puro essere che ne risulta,
come pura relazione a sé del pensare, dovrà mostrarsi capace di dedurre da sé
l’intera ricchezza degli enti. Di fronte al pensare si erge dunque un Essere
che è prima e fuori del pensare Qui si apre l'enigma della “genesi del No, dopo
e nonostante il sì. CALABRÒ, La concezione etica dello Stato in S., in Silvio S.
(S. RICCI a cura di), Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli. L’intervento
di Calabrò riassume innanzitutto il contributo kantiano alla filosofia del
diritto, in particolare sul rapporto tra morale e diritto nella cornice dello
Stato. Il problema di Hegel, invece, riguarda proprio la conciliazione tra
diritto e Stato in ordine al tema della volontà libera del singolo individuo. S.
rientra in questa trattazione, come scolaro di Hegel, definito “tutt'altro che
inerte”: le sue speculazioni acquistano uno spessore mai più raggiunto dalla
tradizione liberale. S. sostiene che l’equilibrio di ragione e storia si trova
proprio nella prospettiva dello Stato nazionale, anzi, sostiene esplicitamente
che la pluralità degli Stati in quanto espressione della naturalità dovrà
essere risolta in una figura ulteriore che non sarà lo Stato degli Stati, bensì
è l’umanità, già attiva e perfettamente concreta. Per S., ancor più
esplicitamente che in Hegel lo Stato è delimitato sia dall'alto che dal basso;
centrale, sia in S. che nel suo maestro ideale rimane il problema del rapporto
tra individuo e Stato. Se da un lato il filosofo di Stoccarda mostra la
concretezza della libertà nella prospettiva etica universale, il pensatore
abruzzese rimane ad un livello più schematico e astratto, benché egli stesso
avverta l'esigenza di una conciliazione tra sovranità statale e libertà
individuale. MORETTI, Savio S. e Villari, in Silvio S. (S. RICCI a cura di),
Istituto italiano per gli studi filosofici, Napoli. L’intervento di Moretti individua
le tappe salienti che hanno caratterizzato il rapporto intellettuale e politico
tra Silvio S. e Villari, di cui si hanno notizie dettagliate grazie al loro
scambio epistolare. Uno dei momenti di maggiore tensione tra i due si verifica
dopo la lettera al De Meis scritta da S., tensione che verrà acuita in seguito
al progetto di far eleggere Bertrando nel collegio di Gesso Palena nel 1870. Le
frizioni tra Silvio S. e Villari rientreranno già verso la fine del 1870,
mentre il rapporto con Bertrando rimarrà in gran parte compromesso. Il testo
prosegue sottolineando le differenti prospettive dei due autori sul problema
meridionale, sul ruolo dell'educazione e sulla riforma universitaria. SERRA, S.
interprete di Galluppi, Studi galluppiani. Atti del convegno galluppiano di
Tropea, Brenner. Il kantismo del filosofo di Tropea viene individuato da Teresa
Serra quale autentico punto di riferimento dell’interpretazione spaventiana:
tenendo presente che Galluppi lavora in totale isolamento dal mondo, ritirato
nelle “nuvole filosofiche”, per approdare poi a Napoli nove anni prima
dell’arrivo dei fratelli S., non è difficile supporre una lettura dei suoi
testi da parte di Bertrando già prima dell’esillio torinese. La nota
ammirazione per il Colecchi porterà ad uno scontro con il filosofo di Tropea,
che pure aveva il merito di aver superato un certo provincialismo della
filosofia italiana. I giudizi su Galluppi non appaiono lusinghieri: l'influenza
hegeliana porta S. ad una radicale svalutazione dovuta alla mancata
comprensione di Kant ed alla inaccettabile prossimità con Locke. Tale
prospettiva sarà sconfessata, nella prolusione in cui si annunciano Galluppi,
Rosmini e Gioberti quali autentici filosofi italiani, ma le radici di un tale
ripensamento devono essere rintracciate proprio nella svolta hegeliana del ’56,
che offrì la possibilità a S. di recuperare in una luce innovativa l’intero
percorso del pensiero europeo: Galluppi rientra così nella filosofia cristiana,
benché i tre autori dell'Ottocento non possiedano l’originalità del loro
precursore Vico, di cui rappresentano soltanto una maturazione. La
riabilitazione della sensibilità di Galluppi implica un suo riavvicinamento
alle posizioni kantiane: in questo consiste, secondo Teresa Serra, la novità
dell’ottica spaventiana, che non fu comunque immune da polemiche. CAPUTO,
Prospettive real-idealistiche per una nuova metafisica, Morano, Napoli. Il
testo, suddiviso in sei capitoli e una conclusione, si apre con il problema di
rivalutare l’umanesimo, superando il dualismo tra scienza e filosofia, non però
in senso fenomenologico, come è stato suggerito da più parti nel corso del
Novecento, o mediante teorie crociane, bensì alla ricerca di un umanesimo
integrale che riabiliti Vico e Hegel. Il secondo e terzo capitolo propongono
una critica serrata delle principali esegesi spaventiane: dal giudizio di
Garin, all’'errata comprensione del rapporto tra politica e teoresi proposta da
Vacca; non viene apprezzata né l’interpretazione dualistica di S. offerta da
Teresa Serra, né quella di Vito Bellezza, dipendente dalla visione gentiliana.
Anche il volume di Cubeddu viene svalutato. Sui risultati dell’indagine
storiografica su S. si citano i lavori di Savorelli sulle riserve
antignoseologiche del filosofo abruzzese; le edizioni di alcune opere curate da
D’Orsi per mostrare il legame con il pensiero di Lotze, i mutamenti di
prospettiva di Cubeddu. Superate, nel quarto capitolo, le interpretazioni sul
teologismo di S. proposte da Croce e sul misticismo legate all’opera di De
Ruggiero, il capitolo quinto mostra come unica possibilità di intendere il
pensiero di S. il real-idelismo di Felice Alderisio, che rivaluta l’unità di
realismo e idealismo soprattutto nell’ultima fase del suo pensiero, segnata dal
confronto con Kant. L’attualismo gentiliano, le tesi di Guzzo, Carabellese e
Calogero sono considerate deviazioni rispetto alla strada tracciata da S..
L’esame delle teorie di Berti sull’assoluto di S. ed i vari tentativi di
interpretazione marxista da parte di Togliatti e Plebe si rivelano
insufficienti secondo Caputo, almeno tanto quanto le proposte di analisi
dell’hegelismo proposte da Kojève e Vitiello. La polemica contro l’indirizzo epistemologico di Barone, il
convenzionalismo di Geymonat, l’irrazionalismo di Abbagnano e l’antiidealismo
proposto da Filiasi-Carcano è affrontata nell'ultimo capitolo. La conclusione
propone un superamento di attualismo, marxismo e positivismo facendo
riferimento ai testi cardine del pensiero di S. quali Logica e metafisica da un
lato ed Esperienza e metafisica dall’altro. LANDOLFI PETRONE, Un inedito di S.
sul Concetto di Filosofia, Studi filosofici. La breve presentazione dello
scritto Sopra Kant (Carte S.) di Petrone si concentra sulla novità assoluta
della trattazione spaventiana di Kant nel 1851-52, sottolineando che la linea
Kant-Hegel rafforza l’idea dell'impronta tedesca della filosofia europea. La
tematizzazione di Kant avviene circa tredici anni dopo la prima lettura della
Critica della ragion pura, primo testo filosofico cui l’autore si avvicinò. S.
rileva come la dialettica sia già in Kant il tratto centrale della riflessione
come insieme di identità e non identità. Petrone sottolinea anche il rilievo
dato da S. alla distinzione kantiana tra filosofia e senso comune. Alla
recensione segue poi il saggio spaventiano. BERTOLETTI, Dialettica del
cominciamento. Un saggio di Vincenzo Vitiello su S., in “Humanitas, Il commento
di Vitiello si concentra sul problema del Primo, diversamente interpretato a
seconda che ci si trovi in Fenomenologia o in Logica. Al di là delle singole
polemiche con Trendelenburg, nelle quali tuttavia S. dimostra grande padronanza
della materia logico-metafisica, l’intervento di Vitiello risulta interessante
perché proietta il pensiero di S. oltre lo stesso Hegel, verso un Essere che è
prima e fuori dal pensiero. Lungi dall'essere la rivisitazione di un
presupposto realistico, Vitiello interpreta questa posizione collegandola alla
presenza di un limite del pensiero che è volontà. Esaltata la fecondità del
ripensamento di S. offerto da Vitiello, Bertoletti considera le prospettive
ermeneutiche che si aprono a partire da questa lettura, prospettando in S. un
anticipatore di Wittgenstein e Adorno. F. M. DE SANCTIS, Lorenz von Stein e il
giovane S., in Dall’assolutismo alla democrazia, Giappichelli editore. Il
settimo capitolo del testo di De Sanctis mostra l’interesse di S. per il testo
di von Stein I/ socialismo e il comunismo in Francia: la petizione per la
traduzione del testo in italiano fu sostenuta dall’abruzzese in un articolo
apparso sul “Nazionale” di Firenze. Si avanza l'ipotesi che i nuclei teorici
dello Stein siano lo sfondo concettuale di molti articoli apparsi sul
“Progresso”. E. GARIN, Tra due secoli. Socialismo e Filosofia în Italia dopo
l’unità, De Donato, Bari. Non molti nomi sono citati quanto quello di S., a
dimostrazione dell'importanza e della rilevanza dell'autore nel contesto
italiano dopo l’unità. Soprattutto nella prima parte, dedicata agli hegeliani
dell’Ottocento, S. occupa un luogo centrale, anche per l’influenza esercitata
sul pensiero di Labriola. OLDRINI, La “Rinascita dell’Idealismo” e il suo
Retroterra Napoletano, in “Giornale Critico della filosofia italiana. Oldrini
comincia con il rilevare che il destino comune dei due grandi leader della
tradizione classica napoletana, De Sanctis e S., fu quello di non avere una
scuola in grado di continuare e diffondere i loro insegnamenti. La rinascita
dei due autori è dovuta, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX,
all'operato, rispettivamente di Croce e Gentile. Di contro all’atrofia culturale
che imperava in quegli anni a Napoli, questi ultimi rivendicano un ruolo
decisivo all’idealismo storico, nonostante le differenze, anche radicali, sui
singoli temi: in questa ottica sono interpretati da Oldrini anche gli attacchi
ai letterati ed eruditi dell’epoca. L’involuzione della cultura napoletana è
intesa come conseguenza del parassitismo della classe borghese e della boria
accademica, cui l’idea di un idealismo storicistico promossa da Gentile e Croce
impresse certamente una svolta. TUOZZOLO, Schelling e il “cominciamento”
begeliano, Città del sole, Napoli. Significativo è il fatto che i titoli di ben
due capitoli su tre 2689 nel libro recano il nome di S.. Il punto di partenza è
la valutazione della critica schellinghiana al pensiero hegeliano: da qui si
mostra il profondo legame Werder- Fischer-S., in quanto linea di pensiero che
recupera le critiche di Schelling. La tendenza di autori come S. consiste
nell’identificare il primo della logica con il Dio di Schelling: non vuoto e
astratto cominciamento, bensì atto di volontà pura. Si evidenzia anche l’interpretazione spaventiana del passaggio
dallo Spirito Assoluto presente al termine della Ferorzenologia e l’Essere
astratto da cui comincia la Scienza della Logica: l’inizio della logica non è
il depotenziamento del risultato della Fezorzerologia, bensì l’essere già ricco
di differenze, dalle quali si può effettuare l’astrazione. Il problema concettuale
ravvisato da Tuozzolo in S. è l'impossibilità di conciliare la dottrina
creazionista di Schelling con l’incrollabile caposaldo hegeliano della identità
tra logica e metafisica. Per questo l'operazione di molti studiosi di Hegel,
tra cui anche S., sarà quella di tentare una conciliazione ed integrazione del
pensiero di Hegel mediante le ultime speculazioni di Schelling. RASCAGLIA,
Introduzione a Epistolario, Istituto poligrafico dello Stato, Roma 1995. La
premessa di Oldrini è seguita da un intervento di Maria Rascaglia che include
un apparato bibliografico relativo alle fonti e alle prime edizioni dei
carteggi. Rivendicare l’importanza del patrimonio epistolare come punto di
osservazione privilegiato per comprendere la vita e l'evoluzione intellettuale
dell'autore assume senso soprattutto nel caso di S., a causa della dispersione
editoriale subita dagli scritti. Se nei carteggi, in cui il fratello Silvio
rimane sempre un interlocutore privilegiato, si può recuperare lo stile arguto
e la vis polemica del filosofo, si deve aggiungere che emergono anche una serie
di nuovi progetti editoriali, mai portati a termine, oltre alla ben nota
traduzione dell’opera dello Stein. Nelle lettere rivolte al fratello
soprattutto è possibile specificare meglio lo stato d’animo di S. nel decennio
piemontese e soprattutto le preoccupazioni dovute alle ristrettezze economiche.
Maria Rascaglia rivendica l’importanza di uno studio attento dell’epistolario
anche per comprendere il legame tra S. e Fiorentino ad esempio, sviluppato su
due livelli: al rapporto maestro- allievo ormai conosciuto, si aggiungono anche
dettagli importanti sulla collaborazione in campo pubblicistico. Oltre agli
attacchi e all’ironia nei confronti della “colonia romana” composta da Berti,
Mamiani e Ferri, emergono anche le considerazioni sulla situazione politica e
amministrativa in cui S. fu coinvolto, prima come membro della Commissione di
indagine del consiglio superiore della Pubblica istruzione, poi come deputato
dal "70 fino alla caduta della Destra storica. In realtà molte sono le
occasioni nelle quali si possono rilevare atteggiamenti di sconforto e di
sfiducia nell’attività politica, rispetto alla quale il fratello Silvio diventa
simbolo di una battaglia anche morale. Sulla dispersione dell’epistolario hanno
influito certamente la morte prematura dello S. e i diversi orientamenti
assunti dai principali allievi della scuola. SICILIANI DE CUMIS, Il “tecnico” e
l’ “educativo” da S. a Labriola, in Scuola e città. De Cumis affronta da subito
la vexata quaestio dei molti e diversi S. proprio al fine di valutare i nessi
tra S. e Labriola in rapporto alla “politica immanente”. Evidenziare le
conseguenze della lezione spaventiana, proprio a partire da Labriola, di cui si
riporta uno stralcio della famosa lettera del ’94 indirizzata a Engels, è
essenziale per mostrare la relazione tra i due. La prospettiva tecnica e
meccanica in S. si spiega soprattutto in rapporto alla dimensione
etico-sociale, che sarà decisiva anche per la dimensione educativa del pensiero
di Labriola. In realtà entrambi concordano sul carattere antipositivistico
dell'educazione e sulla necessità dell'incrocio di politica e scienza. Pur
sottolineando la diversità di esiti cui sarà condotto il Labriola marxista, a
motivo del materialismo, della mutata concezione della storia e delle
differenti concezioni metodologiche ed epistemologiche, De Cumis nota una certa
affinità tra le tesi di Labriola e quelle di S.. Certamente non si possono
dimenticare le influenze del liberalismo sullo S. giovane giornalista de “Il
Progresso”, rispetto al diverso orientamento assunto da Labriola, per cui non
si può liquidare quest’ultimo semplicemente come “allievo”. Non solo S. già
aspira a quella universalità delle intelligenze quale compito essenziale della
filosofia politica, ma sul piano etico-politico-pedagogico le sue affermazioni
risultano addirittura più ardite di quelle di Labriola: De Cumis precisa che
anche S. analizza la dialettica servo-signore in chiave rivoluzionaria,
rintracciando in questa dinamica una lotta contro l’egoismo naturale, mentre
Labriola si schiera già nell’ottica di una maggiore passività nei confronti
della storia, il cui ritmo è già scandito da leggi universali ben individuate.
LOSURDO, Da fratelli S. a Gramsci: per una storia politico sociale della
fortuna di Hegel in Italia, Città del sole, Napoli. Il testo si compone di sei
capitoli nei quali si analizza l’influenze della filosofia hegeliana sul
pensiero politico europeo ed in particolare su quello italiano, avendo sempre
come riferimento la figura dei fratelli S.. Il primo capitolo si concentra sul
declino della filosofia hegeliana e sul suo totale fallimento registrato nel
‘48. Se è vero che Hegel aveva trasmesso al mondo l’assoluta mondanità e
politicità dell’uomo, le vicende di Napoli saranno decisive per confutare
l’interpretazione di Hegel come filosofo dello status quo. Il fallimento porta
ad un abbandono della politica e ad un ritorno tra le braccia della natura, dal
quale poi sarebbe scaturito il positivismo. Il secondo capitolo è dedicato al
rapporto tra rivoluzione e nazione, di cui si seguono parallelamente il filone
tedesco, con Strauss e Vischer, quello francese di Thiers e Guizot, ed infine
quello italiano, proprio tramite i fratelli S., che mai accetteranno l’idea di
una scienza positiva, ma rintracceranno nella storia l’autentico fare positivo
dell’uomo, strettamente connesso alla sua nazionalità. Risultato di un tale
“nazionalismo” è la teoria della circolazione del pensiero, che da un lato
assume lo sfondo di filosofia della storia proposto da Hegel, dall’altro
anticipa i germi del moderno, rintracciandoli nel Rinascimento italiano, più
che nella Riforma,nonostante le resistenze di neoguelfi e mazziniani. Il terzo
capitolo mostra il recupero europeo in chiave politica della tradizione inglese
in contrapposizione allo stato etico hegeliano dopo le rivoluzioni del 48, cui
si contrappone in Italia un’esperienza liberale che invece ha in Hegel, più o
meno consapevolmente, il proprio teorico. Comincia in queste pagine il lavoro
di Losurdo teso a smantellare la linea Hegel- S.-Gentile a favore della linea S.-Labriola-
Gramsci. Nel quarto capitolo si riassumono i motivi principali dell'opposizione
della Chiesa alle tesi hegeliane, contro cui S. dovrà lottare scrivendo
numerosi articoli. Soprattutto nelle tesi di Rosmini è rintracciata una teoria
che, svalutando lo Stato in favore del ruolo della Chiesa, ripropone le tesi
liberiste dello Stato minimo, fieramente osteggiato dai fratelli S.. Il quinto
capitolo si concentra sull’adesione di Gentile al fascismo intesa come
progressiva separazione proprio dalle idee di S., soprattutto rispetto all’idea
del valore assoluto del singolo. Il sesto capitolo contesta alcuni stereotipi
secondo cui il pensiero tedesco rappresenta una china che da Lutero giunge ad
Hitler, mostrando come, più che Gentile, Gramsci ed il suo “comunismo critico”
accolgano l'eredità spaventiana. A. SAVORELLI, S. e la via stretta tra Bruno e
Hegel, in “Giornale critico della filosofia italiana. Il confronto
Bruno-Spinoza era un luogo privilegiato del dibattito filosofico
dell'Ottocento. S. può associare i due sulla scorta della lezione hegeliana,
evidenziandone anche i rispettivi limiti, come ad esempio l'eccessivo
formalismo e l’assenza del ruolo del soggetto come fonte di movimento della
realtà. Anche Fischer influenzò le tesi di S. che, contro Hegel, vide in
Spinoza il filosofo della differenza: Savorelli suggerisce di legare questa
differente interpretazione alla riforma della dialettica hegeliana, benché
rimanga alta la considerazione di Spinoza come superamento del presupposto neoplatonico
e naturalista. L’idealismo, rafforzato da questi confronti tra Bruno e Spinoza,
permette di affrontare con risultati migliori il positivismo che si diffondeva
in quegli anni. Anche Sigwart esprime opinioni simili a quelle di S. sul
rapporto Bruno-Spinoza, benché il dibattito che in quegli anni animava la
Germania non avrebbe poi trovato altrettanta fortuna in Italia, che pure
avrebbe dovuto prestare verso tali autori un’attenzione anche maggiore di
quella tedesca. MALUSA, I filosofi e la genesi della coscienza culturale della
Nuova Italia. Stato delle ricerche e prospettive dell’interpretazione, Istituto
italiano per gli studi filosofici, Napoli. Benché la figura di S. sia presente
in molti dei saggi di cui il libro è costituito, sono essenzialmente due gli
interventi dedicati esplicitamente al pensatore abruzzese. Innanzitutto il
testo di Oldrini S. e l'Europa, che anticipa il saggio dal titolo L’idealismo
italiano tra Napoli e l’Europa. Al testo si deve aggiungere una breve postilla
di Enrico Rambaldi. L'altro saggio di Nicola Siciliani De Cumis riprende
l'articolo apparso nel 1996 I/ “tecnico” e | “educativo” da S. a Labriola. M.
FERRARI, I/ primo volume dell’epistolario di S., in “Giornale critico della
filosofia italiana”,Oltre a sottolineare l’indubbio merito di aver raccolto 181
lettere, Ferrari si riferisce soprattutto alla lettera indirizzata al Villari,
in cui S. ribadisce l’importanza dello studio del pensiero tedesco. Ferrari
sottolinea quale sia il vantaggio che l’epistolario può offrire per ricostruire
la vita dell’autore, soprattutto nel caso di una vita particolarmente
travagliata e sconosciuta come quella di S.. Il corpus dell’epistolario
sembrerebbe confermare l’ipotesi dei “molti S.”. OLDRINI, L’idealismo italiano
tra Napoli e Europa, Guerini, Milano. La figura di S. è presente in quasi tutti
i capitoli del libro: si ricorda l'amicizia con De Meis, il rapporto col
fratello Silvio, il confronto con il positivismo (suo e del suo allievo
Angiulli), l’ultimo capitolo ripropone l’articolo del °94 La “rinascita
dell’idealismo” e il suo retroterra napoletano, apparso sul “Giornale critico
di filosofia italiana”. In particolare il capitolo quinto è dedicato alla
figura di S., nel suo rapporto con l’idea di Europa. Oldrini introduce alcune
premesse per analizzare la figura del filosofo abruzzese: innanzitutto
l’arretratezza politica e sociale nella quale fiorisce l’hegelismo napoletano;
la sfasatura cronologica e il ritardo storico nell’assimilazione
dell’idealismo; la necessità di superare il ritardo culturale dell’Italia;
l'esigenza di applicare le categorie di Hegel al Risorgimento italiano; la
lotta contro il provincialismo ed il materialismo; il confronto polemico con il
positivismo. Oldrini critica molte delle interpretazioni del pensiero
spaventiano proposte da Gianni Micheli, Asor Rosa, Franchini, Marchi e
Vitiello. L'intervento di Oldrini si conclude con l’idea che l’indagine
storiografica su S. si trovi in un periodo di stallo e si auspica un rilancio
degli studi. M. RASCAGLIA, Bruno
nell’epistolario e nei manoscritti di S., in Brunus redivivus: momenti
della fortuna di Giordano Bruno nel XIX secolo, E. CANONE (a cura di), Istituti
editoriali e poligrafici internazionali, Pisa Roma 1998. Maria Rascaglia
rintraccia negli Studi sopra la filosofia di Hegel il primo nucleo embrionale
della ben nota tesi della circolazione del pensiero italiani, progetto
confermato in una lettera a Villari del ‘51: in quelle occasioni Bruno è
presente come autore di riferimento ed eroe della libertà del pensiero italiano
nella fase rinascimentale. L’idea di uno studio approfondito della figura del
Nolano è confermata dalla lettura di Bartholméss e Ritter, benché
l’interpretazione hegeliana sarebbe rimasta dominante. Rascaglia analizza in
maniera approfondità la relazione tra S. e Mamiani, che comincerà a
deteriorarsi proprio a causa dei dissensi sul panteismo, finché Mamiani divenne
uno dei bersagli preferiti di S. nelle sue polemiche. Rascaglia mostra come la
lettura stessa degli scritti di Bruno segua un preciso ordine logico: il
confronto tra Bruno e Spinoza obbliga S. ad anticipare la lettura di De /a
causa, principio et uno e di De l'infinito, universo e mondi rispetto al De
rzirim0, De mondo e De immenso; tutte queste indicazioni sono essenziali se si
tiene conto che l'intento di S. era proprio quello di ricostruire in maniera
sistematica il pensiero bruniano. Al progressivo interesse di Villari
corrisponde l’indifferenza di Mariani. Dopo aver citato il famoso tentennamento
di S. ed il rifiuto di Le Monnier di pubblicare i tre studi su Bruno, Rascaglia
precisa che il primo studio sarà pubblicato a Napoli nel 1866, il secondo su
“Il Cimento” e l’ultimo sarebbe rimasto inedito. Se nel primo quinquennio
dell’esilio torinese la figura di Bruno sarà oggetto di attenzioni sempre
maggiori, negli ultimi anni il confronto con Gioberti, la parentesi
fenomenologica e la riscoperta di Kant e Vico allontaneranno S. dal filosofo di
Nola, salvo una sua riscoperta nei primi anni ’60. All’intervento di Rascaglia
seguono circa sessanta pagine di analisi dei contributi allo studio di Bruno
presenti nei manoscritti di S., di cui si riportano interi brani. CHIMIRRI,
cur. La filosofia morale italiana tra neohegelismo, attualismo e spiritualismo,
Mimesis, Milano. Nella presentazione di Chimirri si fa riferimento
all’attualità dell’idealismo senza dimenticare la pluralità di prospettive da
cui l’idealismo può essere inteso e sviluppato; dopo aver tematizzato i motivi
di frizione tra l’idealismo e la scolastica, si mostra quale sia il ruolo
dell’etica nel pensiero dell’idealismo, per concludere con alcune riflessioni
critiche. Si riporta, proprio per esemplificare il rapporto tra etica ed
idealismo, un brano dai Principi di Etica. TUOZZOLO, Dialettica e norma
razionale, Giuffrè, Milano. Rispetto alle diverse polemiche sul presunto
monismo spaventiano, anticipatore in qualche modo delle tesi gentiliane sulla
dialettica hegeliana, Tuozzolo vuole ribadire insieme il carattere di un
“pensiero incapace di sfiducia in se stesso”, ma insieme la capacità di S. di
non compiere mai il passo, di mantenersi nel guado, approfondendo il nucleo
problematico, consapevole che ogni soluzione torna ad essere problema. Si
presenta un’analisi dei principali scritti di logica di S., il saggio su Le
prize categorie della logica di Hegel e Logica e Metafisica, per mostrare come
progressivamente torni la meditazione sulla scienza e sul ruolo di Kant. La
logica e la fenomenologia dell’ultimo S. seguono la linea di interpretazione di
Alderisio, secondo cui, se è vero che S. eliminò progressivamente le differenze
tra Denken e Nachdenken, non giunse mai alla pura identificazione dei due, come
accadde in Gentile. L’ultimo capitolo è dedicato alla presenza di un ineffabile
come dimensione precedente al sistema della scienza. SAVORELLI e RASCAGLIA,
Introduzione, in S., Lettera sulla dottrina di Bruno. Scritti inediti,
Bibliopolis, Napoli. La costruzione dell'immagine di Hegel come profeta del
nuovo immanentismo è il risultato di un lungo lavoro da parte di S..
L'intenzione di trattare la personalità di Bruno affiora già in una lettera al
Villari, ma verrà iniziato concretamente soltanto, grazie alla disponibilità da
parte dell’editore Le Monnier di pubblicare un’opera in tre tomi, di cui due
dedicati ai testi del Nolano ed uno all’interpretazione spaventiana del
filosofo di Bruno. Quello che sarebbe stato il primo studio italiano su Bruno e
uno dei primi a livello europeo verrà poi rifiutato dall'editore, e rimarrà
sostanzialmente sconosciuto persino alla filologia spinoziana tedesca, da
sempre molto sensibile ai precorrimenti bruniani. Le fonti principali di S.
furono il manuale del Ritter e il testo Jordazo Bruno di Bartholmèss, ma
certamente dominante è la prospettiva hegeliana: obiettivi prioritari di S.
furono la ricostruzione del pensiero di Bruno in chiave sistematica e
anticipatrice della dialettica di Hegel. In contrapposizione alla storiografia
dominante che presentava Bruno come un autore oscuro, S. ne sottolinea i tratti
di eroe e martire, marcando le differenze rispetto alla figura di Nicola
Cusano. Indugiando sul rapporto Bruno-Spinoza, un classico filosofico
dell’Ottocento, se ne rileva l’affinità, di contro all’interpretazione corrente
sostenuta da Hegel e Cousin. Gli studi su Bruno si inseriranno poi nella teoria
della circolazione, in cui saranno tenute insieme da un lato la continuità del
pensiero italiano con quello europeo, dall'altro la valorizzazione della
filosofia italiana del XIX secolo, due linee che nell’introduzione, sono
definite non sempre convergenti. Da segnalare, infine, è l'evoluzione nel
giudizio sulla figura di Bruno: gli studi sulla Ferorzenologia ed il recupero
di Kant non consentiranno più di vedere nel filosofo di Nola una anticipazione,
ma soltanto la preistoria della dialettica, analisi sulla quale si verifica una
significativa convergenza con la filologia tedesca ed in particolare con
Sigwart. Alla presentazione seguono la Lettera sulla dottrina di Bruno e Della
coincidenza degli opposti entrambi presenti nella Biblioteca Nazionale di
Napoli. L. GENTILE, Coscienza nazionale e pensiero europeo in S., Edizioni
Noubs, Chieti. Il libro si articola in cinque capitoli, il primo dei quali
mostra come filosofia e cultura non siano mai disgiunte nel pensiero di S.: la
rigorosa riflessione di carattere metafisico sul reale non è mai astratta dai
concreti problemi storici e dalla situazione politica. L'analisi del rapporto
tra oggettività storica e soggettività filosofica occupa l’intero secondo
capitolo, nel quale si tematizza uno dei problemi maggiori dello S., ossia
l'armonizzazione tra genio italiano e modernità europea. Il tentativo di
rivalutare la tradizione rinascimentale italiana come anticipatrice degli
sviluppi europei fino all’idealismo tedesco non poteva che sviluppare
un’avversione nei confronti della scolastica. A proposito della volontà di
aggiornare il dibattito filosofico italiano, nel terzo capitolo si mostra
l’itinerario spaventiano, dagli studi sulla fenomenologia dello Spirito ai
rapporti con Gans e Michelet, per arrivare a Darwin ed Herbart. Nel capitolo
successivo si prendono in esame soprattutto le influenze di Werder e Fischer
sul pensiero spaventiano, al fine di contribuire alla vexata quaestio sulla
riforma della dialettica hegeliana. A conclusione si evidenzia l’attenzione che
l’autore nutriva per le nuove correnti come il positivismo, lo scientismo,
l’evoluzionismo, nello sforzo di reintrodurre un principio teleologico dopo il
definitivo abbandono di qualsiasi fattore soprasensibile, carattere che
accomuna tanto la scienza dell’apoca, quanto l’hegelismo. D. D'ORSI,
Introduzione a B. S., Sulle Psicopatie in generale. Con appunti e frammenti
inediti, Cedam, Padova 2001. L'introduzione avvia una disamina del nuovo
materiale ritrovato da D’Orsi, relativamente ai cinque nuovi foglietti
recuperati, alle voci dell’Erciclopedia Popolare italiana ed altri contributi.
Vi è anche spazio per una polemica con Tessitore a proposito della misteriosa
figura di Basilio Scalzi, che secondo D’Orsi altro non era che uno pseudonimo
di S., mentre per Tessitore si trattava di un epigono della scuola di S..
D’Orsi si occupa anche di stabilire un possibile nesso tra gli studi di
Bertrando sulle Psicopatologie e la Psicopatologia generale di Jaspers, dal
momento che entrambi si concentrano sul problema dell'unità psichica come
autentico problema di carattere filosofico. Il testo include la riproduzione
dei cinque foglietti stampati, le voci curate da S. per l’Enciclopedia, alcuni
appunti autografi e la riproduzione dei 4 articoli sulla Gita a Montecassino.
G. ORIGO, Crisi e trasformazione della metafisica nel maturo S., Edizioni FERV,
Roma. Tema centrale del libro è il testo postumo Esperienza e Metafisica, nel
quale S. tenta non solo di arginare la nuova ondata di scientismo che
attraversava il suo tempo sotto il nome di positivismo ed evoluzionismo, ma
anche di confrontare queste due nuove linee di pensiero con la dialettica e la
riflessione speculativa. Origo sottolinea che il tentativo di S. non è
arroccarsi nella fortezza della metafisica, quanto piuttosto evidenziare
l’ingenuità dei presupposti filosofici. da cui queste nuove correnti dipendono.
L’intrascendibilità del pensiero, quella stessa che S. ribattezzerà ‘metafisica
della mente” costituisce il patrimonio filosofico di cui l’autore abruzzese non
è in alcun modo disposto a privarsi. RIZZO, S. Le lezioni sulla storia della
filosofia italiana, Siciliano, Messina. Rizzo analizza la dipendenza
dell’interpretazione del pensiero di S. dalle figure di Gentile e Croce, autori
delle principali pubblicazioni con le quali l’autore abruzzese venne
letteralmente riscoperto tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento.
Pur prendendo in considerazione le critiche relative alla mancanza di valore
storico della teoria della circolazione, troppo legata ad un accanimento
speculativo, Francesca Rizzo rivendica la possibilità di sviluppare un
europeismo più maturo proprio a partire dalla inattualità del pensiero di S.,
ingiustamente accusato di provincialismo e di eccessiva dipendenza dal sistema
hegeliano. Il capitolo secondo si apre con una contestualizzazione del clima
culturale nel quale S. tenne la sua prima lezione presso l’Università di
Napoli: la trasformazione di ogni nazione in una stazione del progresso dello
spirito, il cui agere non abita nessun luogo non comportano il rischio della
fantasia al potere, ma si presentano come l’unico modo per evitare di costruire
la storia della filosofia quasi fosse un inventario. Il capitolo terzo rifiuta
l'accusa di deduttivismo storico e ripercorre le prime lezioni del corso nel
quale viene stigmatizzata la dogmaticità del pensiero italiano, capace di
soffocare i grandi del Rinascimento. Il capitolo quarto ripercorre le lezioni
su Campanella, Bruno e Vico. Molto saggiamente il nome di Galileo è posto tra
parentesi, dal momento che S. ne tratterà soltanto in Esperienza e metafisica.
Il capitolo quinto è dedicato all’ultima filosofia italiana, in particolare le
lezioni su Galluppi, Rosmini e Gioberti, fortemente svalutati rispetto alla
genialità delle intuizioni dell’idealismo. Essenziale novità per S. rimane il
problema della conoscenza, tema principe della filosofia da Kant in poi. Il
testo prosegue con l’analisi delle interpretazioni del pensiero di Vico
proposte da Francesco Fiorentino e Giovanni Gentile e si conclude riportando il
testo della prima lezione del corso tenuto da
S. PORTA, Recensione a G. ORIGO, Crisi e trasformazione della metafisica
nel maturo S., Edizioni FERV, Roma, in “Rinascita della scuola. La recensione
tende a sottolineare il rapporto tra criticismo kantiano e neoidealismo
italiano. GENTILE, S., V. A. BELLEZZA (a cura di), Le lettere, Firenze. Il volume
riporta quasi tutti i testi prodotti da Gentile come commenti alle opere di S.
in occasione delle varie pubblicazioni. La prima parte raccoglie tre complessi
studi sulla figura del filosofo abruzzese: il primo coincide con la biografia
inserita anche nella edizione delle Opere, il secondo riguarda la riforma
dell’hegelismo, il terzo è un bilancio a cinquant'anni dalla morte del
filosofo. La seconda parte riprende le prefazioni e le note di Gentile a
diversi scritti spaventiani, per la maggior parte inseriti già nelle Opere del
‘72. Al termine è inserita una Appendice che raccoglie altri interventi di
Gentile. Una breve nota di Vito Bellezza conclude il testo. E. COLOMBO,
Introduzione a B. S., Studi sopra la filosofia di Hegel. Prime categorie della
logica di Hegel, CUSL. Il saggio mostra i motivi di scontro con le obiezioni di
Trendelenburg che tendevano a mettere in discussione la concretezza del sistema
hegeliano. Anche con l’aiuto della logica di Fischer, S. vuole ribadire il
nucleo centrale della sua visione ossia che la logica è metafisica. L’autore
sottolinea anche il ruolo essenziale che nel pensiero di S. svolge la
Fenomenologia quale “ancilla scientiae alla soglia del tempio”. SAVORELLI,
Gentile editore e interprete di S.. L'ultimo volume delle “Opere”, in “Giornale
Critico della filosofia italiana. Savorelli attribuisce la riscoperta di S. a
merito esclusivo del Gentile, il quale costrinse gli italiani a cibarsene. La
mancanza di una scuola capace di sostenere e diffondere l'insegnamento di S.
contribuì ad un inesorabile declino: la polemica tra Gentile e Croce contribuì
quantomeno a risollevare le sorti del filosofo abruzzese. È stato Gentile a
interpretare in chiave squisitamente filosofica la teoria della circolazione
del pensiero, benché la riforma avviata dallo S. sia stata interpretata come
inizio dell’attualismo più che come crisi dell’hegelismo. Savorelli aggiunge
una appendice sul libro di Francesca Rizzo in cui S. è presentato come un
classico della cultura italiana dell’unità assieme a De Sanctis, Labriola e
Villari. P. DE LUCIA, Donato Jaja e il significato teoretico e storico della
filosofia rosminiana, in “Filosofia oggi. Il saggio propone una disamina del
rapporto tra lo spiritualismo rosminiani e l’attualismo gentiliano, anche con
l'intento di valutare la consistenza della tesi sul presunto carattere
cattolico del suo idealismo sottolineata già da Noce e Carabellese. Punto focale
della ricerca è mostrare la dipendenza degli studi jajani dall’interpretazione
spaventiana secondo la quale Rosmini sarebbe il Kant italiano. Elemento
centrale che accomuna i due pensatori è la cosiddetta mentalizzazione del
fondamento. S. riconobbe a Kant il merito di aver risolto il problema della
conoscenza in base ad un principio superiore (l’unità sintetica originaria cui
equivale il rosminiano sentimento fondamentale). S. denuncia poi l’imperfezione
dualistica che caratterizza tanto Kant quanto Rosmini, Jaja riprende nei suoi
studi la critica spaventiana al Rosmini, il quale non colse il superamento
kantiano della concezione della estraneità dello spirito rispetto alla realtà
esterna. Bullia criticherà Jaja per non aver tenuto conto, all’interno di
questa sua valutazione, della dottrina della creazione che svolge un ruolo
essenziale nella teosofia rosminiana. Rimane dunque la possibilità di istituire
un parallelo tra i due sulla base del fatto che per entrambi pensare equivale a
giudicare, ma senza dimenticare le differenze nel rapporto con la realtà
esterna: il giudizio di Jaja e gi sviluppi gentiliani hanno salde radici,
dunque, nella lettura spaventiana. A. SAVORELLI, Introduzione a S., La
filosofia italiana nelle sue relazioni con la filosofia europea, Storia e
letteratura, Roma. Savorelli ricorda che il testo non solo è il più discusso ed
il più innovatore degli scritti di S., ma è anche l’unico che l’autore abbia
condotto a termine, date le disavventure editoriali di opere quali Logica e
Metafisica e la dispersione dei suoi saggi filosofici. La scelta di Gentile di
modificare il titolo originario nell’attuale tende a sottolineare che
l’interpretazione storica fornita da S. è innanzitutto una operazione
filosofica, anzi, forse l’unica autentica storia della filosofia italiana.
Savorelli tenta di ricostruire le fonti cui S. si è ispirato, dai testi di
Cattaneo alle tesi di Gatti e Cusani, dovendo però riconoscere che l'apporto di
S. in termini di chiarezza e originalità è stato determinante, soprattutto
grazie alla conoscenza profonda dei testi hegeliani che i suoi contemporanei
non possedevano. Savorelli concentra la propria attenzione su alcuni aspetti
decisivi del contributo spaventiano come la capacità di agganciare la filosofia
italiana al pensiero europeo e di contrastare le tendenze neoguelfe. Dopo aver
messo in luce che l’eroe della Rinascenza italiana è senz'altro Bruno,
Savorelli chiarisce che l'elaborazione di una nuova prospettiva storica
mediante la quale comprendere il Rinascimento non segue un percorso lineare, ma
subisce una drastica rivoluzione dovuta all’approfondimento del pensiero
hegeliano. A motivo della sua sincera ammirazione per l’idealismo tedesco S.,
benché rivaluti la filosofia italiana dell'Ottocento a integrazione della sua
teoria della circolazione, non smetterà mai di evidenziarne le lacune.
Savorelli conclude mostrando come Gentile abbia manifestato un chiaro dissenso
su diversi punti rispetto alle tesi spaventiane, in alcuni casi fino a tradire
le intenzioni del filosofo abruzzese: vero merito di S. rimane in ogni caso
quello di aver fornito all’Italia una chiave di lettura della modernità, o
meglio una alternativa al neoguelfismo da un lato e all’empirismo dall’altro.
VITIELLO, Hegel in Italia. Dalla storia alla logica. Guerini, Milano.Vitiello
individua l’hegelismo di fondo di S. nell’attenzione dedicata al problema della
relazione. Hegel si pone, nel pensiero del filosofo abruzzese quale risposta ad
una domanda: come dare ragione a Fiche senza smentire Schelling? Tale la
questione filosofica che coinvolge in realtà l’intero pensiero moderno. La
risposta si trova nella reciproca fondazione di Fenomenologia e Logica (benché
in realtà profonda sia la differenza tra il “primo” dell’una e dell’altra),
fondazione rimasta incompresa tanto da Gentile quanto da Croce. Servendosi
anche dei contributi di Fischer e Werder in quanto oppositori di Trendelenburg,
Vitiello mostra quale sia lo sfondo storico di quella identità tra pensiero e
realtà che si trova oltre la relazione medesima. Alla base della Logica si
trova la volontà. L'analisi della contraddizione intrinseca all'essere conduce
alla consapevolezza che l’Essere dell'inizio della logica non è interamente
riconducibile al pensiero. Qui si avverte l’intima prossimità di S. a quel
Prius di Schelling che non è pensiero, bensì volontà. Al fondo rimane l’enigma
della vita, senza ragione. ORIGO, S.. Interprete della circolazione filosofica
italiana, Edizioni FERV, Roma Obiettivo dichiarato di S. e quello di creare un
autentico spirito nazionale rifacendosi alla tradizione filosofica
rinascimentale e mostrandone il carattere precursore rispetto al pensiero
europeo moderno. Il pensiero moderno non è nazionale, ma innanzitutto europeo:
nel testo si sottolinea la distanza su questo punto tra Vico e Kant: benché
alcune riflessioni del filosofo napoletano possano essere lette come
anticipazioni del pensatore tedesco, rimane al fondo una differente
consapevolezza, dal momento che Kant è conscio di inserirsi in un dibattito
europeo, non così Vico. La dimensione europea del moderno non significa rinuncia,
bensì valorizzazione delle componenti nazionali: il carattere della
circolazione filosofica italiana è intrinsecamente hegeliano. Il progetto di
una connessione tra Rinascimento e idealismo matura progressivamente durante il
periodo torinese, ma trova il suo pieno e compiuto sviluppo soltanto nel
periodo napoletano, anche grazie alla posizione accademica dello S., prima
costretto a brevi interventi sottoforma di articoli di giornale. Oltre alla
necessità di una rivalutazione del pensiero di Rosmini e Gioberti al fine di
portare a termine una sorta di rivincita sul genio germanico, essenziale è
individuare nelle meditazioni spaventiane un problema di logica della storia
per cui furono i fatti a condannare Bruno. A. SAVORELLI, Croce e S., Giornale
Critico della Filosofia Italiana. Se già nel 1907, in occasione del confronto
diretto con Hegel, Croce “dovette riprendere in mano anche i testi dello zio
Bertrando”, la sintonia si deteriorerà progressivamente negli anni, benché
secondo Savorelli Croce non sarebbe mai giunto ad una rottura definitiva, né a
pronunciare una condanna senza appello. L’ambiguità dell’atteggiamento di Croce
è legato da un lato alla critica della dialettica hegeliana che dal 1912
investirà non solo Hegel, ma anche S., dall’altro alla sostanziale
accondiscendenza di Croce all’interpretazione di Vico proposta da Bertrando S. S.
è ancora un “gagliardo tentativo di alta cultura”, ma si avrà, secondo Savorelli, una accelerazione
critica nei suoi confronti: sottolineando le origini “clericali” e la
statolatria (presupposto dell’adesione di Gentile al Fascismo), Croce prenderà
le distanze dal filosofo abruzzese, benché nel ’48 la rilettura di Hegel
passasse nuovamente dagli scritti di S.. A. SAVORELLI, Croce e S., in SAVORELLI,
L’aurea catena. Saggi sulla storiografia filosofica dell’idealismo italiano, Le
lettere, Firenze.Il testo riprende le tesi dell’articolo apparso sul “Giornale
critico della filosofia italiana”, Ja-A23 La filosofia del Risorgimento. Le
prolusioni di Bertrando S., La scuola di Pitagora editrice, Napoli Il libro
presenta la lezione proemiale al corso di filosofia del diritto letta all’Università
di Modena e le due prolusioni alle lezioni rispettivamente al corso di storia
della filosofia tenuto all’Università di Bologna nel 1860 e al corso di
filosofia teoretica dello stesso anno, tenuto all’Università di Napoli, oltre
alla “Nota alla prolusione. Introduzione alla filosofia indiana”. I testi sono
preceduti dal già menzionato saggio di Garin Filosofia e politica in Bertrando S.;
al termine sono riportati due brevi interventi di T. Stràter e di B. Croce.
ROTA, La circolazione del pensiero secondo S. Rivista di Storia della Filosofia.
Gramsci, che certo non stimava S., a motivo della sua provincialità e della
mancanza di stimoli da parte del suo tempo a pensare in maniera epocale,
attribuisce comunque al filosofo di Bomba una certa importanza in relazione
alla teoria della circolazione del pensiero. “Siamo arrivati tardi dopo essere
stati i primi” è una formula che riassume con incisività e concisione il
pensiero di S., che voleva superare la miseria delle gare di parte che ancora
caratterizzavano il dibattito italiano per elevarlo sulla scienza europea. Per
attualizzare Hegel in Italia non si poteva utilizzare la figura di Lutero,
destinato comunque sempre a rimanere un forestiero. La Chiesa cattolica che per
Hegel era ormai passiva nella storia, risultò per S. una zavorra estremamente
attiva: abbandonato Lutero, dunque, si guarda a Bruno e Vico. Rota accenna
anche alla polemica con Mariano, secondo il quale il genio italico non era un
tema che potesse assumere rilievo scientifico. Rota conclude precisando che,
sebbene si debba a Gentile la riscoperta di S., questi non condivideva la
filosofizzazione della storia attuata dal suo maestro ideale su due punti:
Gentile non accettava la diagnosi di encefalogramma piatto dell’Italia del XVI
e XVII secolo, rifiutando altresì la concezione ancora troppo naturalistica del
concetto di nazione formulata dal filosofo abruzzese. CAPUTO, S. e la sua
scuola. Saggio storico-teoretico, Istituto italiano per gli studi filosofici,
Napoli. Il libro si divide in tre parti. La prima dedicata alla delicata
sintesi che Spaventa tentò di sviluppare tra hegelismo e liberalismo, in cui si
sottolinea l’importanza del Collecchi nella formazione del filosofo abruzzese,
l’importanza di una esegesi unitaria degli scritti spaventiani, l’importanza
dell’attività di pubblicista nel periodo torinese e la parentesi sulla logica
di Hegel. La seconda parte riguarda la linea mediana tra realismo e idealismo
che S. cerca, dove si segnala l’importanza di una interpretazione originale
della dialettica hegeliana anche rispetto al confronto con le correnti
scientiste dell’epoca, senza dimenticare l’intenso studio sulla politica
hegeliana e sul problema del sopramondo. L'ultima parte è dedicata alla scuola
di S., in particolare in riferimento alla crisi dell’hegelismo e al binomio
Croce-Gentile, cui l’autore contrappone il real-idealismo diAlderisio. Si
menzionano anche le interpretazine materialistica di Labriola e l’hegelismo
critico di Maturi, per concludere con una disamina dell’idealismo di Jaja e
dello spiritualismo critico di Masci. RASCAGLIA, Paolottismo, positivismo,
razionalismo (la stesura originaria di Maria Rascaglia), in “Giornale Critico
della Filosofia Italiana. Una brevissima introduzione, dove si ricorda
l’importanza del riordino dei materiali scompigliati dai bombardamenti nella
sede della Società Napoletana di Storia Patria e l’importanza della figura di
Meis nella corrispondenza dei fratelli S., accompagna il testo della lettera
indirizzata prima a Fiorentino e poi in un secondo tempo proprio al De Meis da S.
Lettera nota poi con il titolo di Paolottismo, positivismo, razionalismo. Oltre
alla versione iniziale della lettera, sono state inserite i passi della minuta
che consentono di comprendere il lavoro di revisione compiuto da S. G. ORIGO,
Da Bruno a Spaventa. Perpetuazione e difesa della filosofia italica,
Bibliosofica, Roma. L’obiettivo dichiarato di Origo è una rivalutazione della
filosofia italica, mentre nell’Introduzione si rivendica l’opera di
ricomposizione della tradizione italiana operata da S. di contro ad una arbitraria
dissoluzione a causa della quale si sorvola troppo spesso sui nessi che legano
Bruno, Campanella, Galilei e Vico. Innanzitutto mettere a fuoco il concetto di
conato in Bacone e in Bruno consente a Origo di evidenziare subito l’opera di
disincantamento attuata da Bruno nei confronti della teologia dogmatica che non
compie alcuno sforzo filologico: l’universo come articolarsi che trascende se
stesso prepara la via a Galilei, oggetto di studio del secondo capitolo del
testo. La medesima volontà di superare le visioni dogmatico- esaustive muove
Galilei verso una trasformazione epocale, di portata senz’altro europea: la
ricostruzione dello scienziato è sempre anche costruzione, anticipando così la
lezione dello stesso Vico; di nuovo l’articolazione discorsiva delle forze
costituisce la chiave di lettura del gran libro della natura, benché Origo
tenga a precisare come l'equilibrio tra lo scienziato ed il filosofo sia
destinato a rimanere precario. L'esigenza di scandagliare ancora più a fondo i
contributi scientifici del Rinascimento conduce Origo a esaminare nel terzo
capitolo il ruolo di Vico, Bacone e Grozio. Vico è citato non solo per l’idea
di mutamento che si realizza nelle tre età della storia, ma anche per la
concezione della pubblica giurisprudenza, in connessione con la figura di
Grozio e con la sua destabilizzazione ermeneutica che conduce ad una
preponderanza del diritto umano su quello naturale. A tali studi, come precisa
Origo, si ricollegherà Spaventa anche nella sua polemica con i Gesuiti, ulteriore
occasione per sostenere l’unità riflessiva di verocerto di contro al monismo
scolastico. Prima di affrontare, nel quarto capitolo, il rapporto tra
storicismo vichiano e spaventiano, Origo presenta alcune indicazioni per una
ricostruzione filologico-giuridica del rapporto Vico- Grozio. L’affinità tra
Vico e Spaventa implica sempre, tuttavia, il riconoscimento di una essenziale
distanza, dovuta all'influenza hegeliana: il progetto vichiano appare sotto
molti aspetti innovativo, ma rimane incompiuto. A conclusione si vuole
rimarcare la capacità della filosofia italica di scardinare la dogmatica
scolastica di stampo accademico. ORIGO, Bruno visto da S., Bibliosofica, Roma.
Nella prospettiva di Origo Spaventa incontra Bruno come l’allievo si imbatte nel
vecchio Maestro, ponendo in evidenza in particolare le categorie del
precursionismo e dell’eroicità del pensiero. Il parallelismo tra le due figure,
non solo su un piano intellettuale, bensì coinvolgendo anche quello biografico,
percorre i cinque capitoli in cui si snoda il testo. Essenziale è comprendere,
innanzitutto, la posizione di Bruno sulla posizione fede-ragione, laddove 1°
“intellego ut credam” è pensato come sforzo e tensione continua del pensiero
contro ogni pregiudizio alla ricerca di Dio: già in questa luce è possibile
individuare l’eroismo come tratto che caratterizza gli sforzi umani e la
vittoria della filosofia sulla teologia, nel senso preciso del dubbio che
inquieta il dogma. Il terreno dello scontro, attorno a cui ruota il secondo capitolo,
viene individuato nell’ambito accademico, che attraversava una forte crisi in
Italia già durante il XIV secolo, proprio a motivo dei contrasti tra teologia e
filosofia: di fronte alla rigidità istituzionale imposta dalla Chiesa anche in
ambito culturale, Origo vede in Bruno il nuovo “filologo”, capace di analizzare
la realtà partendo da punti di vista differenti; inevitabile, anche in questo
caso, come in quello della tolleranza accademica, discusso nel terzo capitolo,
la ripresa del parallelismo tra Bruno e S. Origo pone addirittura un
parallelismo esplicito tra l'università di Padova e quelle di Torino, Bologna e
Modena. Superare i limiti imposti dall’autoritarismo accademico accomuna S. e
Bruno, presentati come menti eroiche, di contro all’intolleranza prevaricatrice
di quei grammatici e pedanti che Bruno non esita a chiamare asini, assuefatti
ed abituati alla stabile quiete del reale, perché incapaci di cogliere la
coincidenza degli opposti. Il progresso filosofico, reso possibile appunto da
quegli sforzi eroici di pochi pensatori, rivela, all’interno del quinto
capitolo, il ruolo della magia come ricerca sconfinata ed inesausta. GARIN, S.,
Bibliopolis, Napoli. Il testo si compone di una serie di saggi. Oltre al già
menzionato Filosofia e politica in Bertrando S., Noterella spaventiana e
Rassegne di studi spaventiani è presente un intervento dal titolo Da ur secolo
all’altro, che si apre con la famosa lettera in cui si associa Napoli alla
filosofia, continuando poi citando l’altrettanto nota lettera del Villari
sull'importanza della filosofia per creare l’unità d’Italia. Nel testo Tocco
alla scuola di S., l’alllevo è considerato come il maggior storico della
filosofia del suo secolo, non solo per la vastità delle sue nozioni ma anche
per l’approfondimento su questioni come la logica e l’anima intesa come intimo
fonte della conoscenza del reale. A questo intervento si deve aggiungere Ur
“pamphlet” antidemocratico inedito di S., incentrato sullo scritto destinato al
“Fanfulla”. Di qui l'occasione per approfondire il rapporto polemico tra
Spaventa e molta parte della sinistra hegeliana. Di argomento più vasto è lo
scritto Filosofia a Bologna fra Ottocento Novecento, dove si mostrano pregi e
difetti dell’interpretazione del Rinascimento proposta da S., anche in polemica
con alcuni suoi contemporanei, desiderosi di annunciare la definitiva
liquidazione di ogni metafisica. Bertrando Spaventa. Spaventa. Keywords: italianita,
Englishry, Englishness, English nation, the English, the English tongue, the
tongue of the English, the tongue of the Anglians, the English spirit, the
English ghost. Refs.: Luigi Speranza, “Grice e Spaventa” – The
Swimming-Pool Library. Spaventa.
No comments:
Post a Comment